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PIERO BELLOTTI & PUBLIO VALERI L'influenza dell’ ambiente sedimentario sull’assetto elicoidale delle strutture a Zoophycos Estratto da Boll. Soc. Geol. It., 97, (1978), 675-685, 10 ff. ROMA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA 1978

L’influenza dell’ambiente sedimentario sull’assetto elicoidale delle strutture a Zoophycos

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PIERO BELLOTTI & PUBLIO VALERI

L'influenza dell’ ambiente sedimentario

sull’assetto elicoidale delle strutture a Zoophycos

E stra tto da

Boll. Soc. Geol. It., 97, (1978), 675-685, 10 ff.

R O M ASOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA

1 9 7 8

Boll. Soc. Geol. It.,97 (1978), 675-685, 10 ff.

L'INFLUENZA DELL'AMBIENTE SEDIMENTARIO SULL'ASSETTO ELICOIDALE DELLE STRUTTURE A ZOOPHYCOS

Nota dei Soci P iero B e l l o t t i(* ) & P u b lio V aleri (* )

RIASSUNTO

Le ricerche condotte dal gruppo di studio, di­re tto dal Prof. A n g e l u c c i , sui sedim enti terrigeni e sulle tracce organiche in essi presenti, hanno consentito di avanzare alcune ipotesi nuove sulle s tru ttu re a Zoophycos presenti nella facies emi- pelagica serravalliano-tortoniana dell'Appennino la­ziale-abruzzese e nota in le tte ra tu ra come form a­zione delle M arne ad Orbulina.

Lo studio delle tane a Zoophycos presenti in questa form azione ha evidenziato una relazione tra s tru ttu re delle tane e am biente deposizionale del sedimento. Parallelam ente ad una variazione granulom etrica si è osservata una variazione nell'al­tezza della spira delle tane, che è maggiore in quelle scavate nei sedim enti più grossolani. Si è cercato di spiegare tale fenomeno con una ipotesi di lavoro che m ette in relazione la quantità di m ateriale in sedim entazione e la velocità di scavo dell'anim ale.

ABSTRACT

The researches carried out by us under the guidance of Prof. A n g e l u c c i on terrigenous sedi­m ents and on their organic traces, allowed to put forw ard some new hypoteses on Zoophycos struc­tures appearing in the emipelagic facies serraval­liano-tortoniana of the Appenine of Latium and Abruzzi, which is known in lite ra tu re as a form a­tion of “M arne ad O rbulina''.

The study on Zoophycos burrow s appearing in this form ation has pointed out a relationship bet­ween burrow s structu res and the depositional en­vironm ent of the sedim ent.

Parallely w ith a grain-size change it has been observed a change in the lenght of the burrow coil, which is g reater in those excavated in the coarsest sedim ents.

We are trying to explain such a phenom enon by a w ork hypothesis putting in relation the quantity of sedim enting m aterial w ith the digging speed of the anim al.

(*) Is titu to di Geologia e Paleontologia del­l'U niversità di Roma.

GENERALITÀ' SULLE MARNE AD ORBULINA

La formazione emipelagica delle Marne ad Orbulina poggia, per lo più direttamen­te ed in concordanza, su una facies carbo- natica detritico-organogena, con Pecten, Briozoi, Echinodermi, Pettinidi, Litotamni di età langhiano-serravalliana conosciuta co­me formazione dei « Calcari a Briozoi e Li­totamni ». A tetto della facies emipelagica è presente, invece, una facies torbiditica are- naceo-argillosa variamente articolata in ap­parati conoidali, attribuita al Tortoniano, che chiude quasi ovunque il ciclo sedimen­tario miocenico.

Le Marne ad Orbulina, esposte per lo più in affioramenti allungati secondo le dor­sali carbonatiche, frequentemente erose e deformate dalle spinte tettoniche, pur nella loro uniformità generale non si presentano del tutto omogenee essendo possibile os­servare in esse dei caratteri sedimentologi­ci diversi procedendo dal basso verso l'alto.

Il letto di questa formazione è rappre­sentato a volte, da un livello calcarenitico о conglomeratico, con glauconite, denti di pesci, coproliti fosfatiche qualche pettinide e rarissimi celenterati isolati. Tale livello presenta uno spessore variabile da alcuni centimetri a poco più di un metro; la sua presenza (Z a l a f f i, 1963) evidenzia uno hiatus non legato però, ad una vera e propria emer­sione. Il passaggio tra il livello glauconitico e la sedimentazione marnosa avviene, in ge­nere, in modo graduale per aumento della componente micritica e della frazione argil­losa a scapito di quella detritica e sabbio­sa; l'incremento della frazione pelitica pro­segue verso l'alto fino a dare una facies ar­

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gilloso-marnosa francamente emipelagica. Il tetto delle Marne ad Orbulina è caratteriz­zato dai primi episodi torbiditici; il passag­gio tra le due facies è a volte graduale con comparsa nelle emipelagiti di letti più sab­biosi о di lenti di brecciole calcaree, spesso più netto con grossi banchi arenacei che chiudono in modo evidente la sedimenta­zione emipelagica.

La stragrande prevalenza delle peliti di facies G (M u t t i & R ic c i L u c c h i , 1972), diret­tamente giacenti su sedimenti formatisi in ambienti prossimi alla costa (calcareniti a pettinidi, livelli glauconitici) e che solo ver­so l'alto sono, a volte associate a corpi len­tiformi di brecciole (facies A), fa supporre, per le Marne ad Orbulina, un ambiente de­posizionale di piattaforma per ciò che con­cerne i livelli più bassi della formazione, nonché di scarpata per la restante parte. In sostanza la successione verticale di que­ste litofacies consente di individuare abba­stanza chiaramente un fenomeno di appro­fondimento del bacino di sedimentazione.

Per quanto riguarda l'età, le Marne ad Orbulina vengono ascritte nell'insieme al Serravalliano superiore-Tortoniano inferiore, ciò in base alle abbondanti faune che vi si rinvengono.

In effetti, A l b e r t i et al, nel rilevamento del foglio Anagni al 50.000 (1975), ripren­dendo una suddivisione già effettuata da A n g e lu c c i (1966), differenziano tali sedimen­ti in una unità serravalliana superiore (zona ad Orbulina s.l.-subzona a Globigerinoides obliquus) definita « Calcari e Marne a Ci- lyndrites », ed in una unità tortoniana infe­riore (zona a Globorotalia menar dii — sub­zona a Globorotalia ventriosa e Globorotalia nepenthes) caratterizzata da argille marnose, e definita « Marne ad Orbulina ».

Il nome delle unità, nella divisione di Al b e r t i, evidenzia la frequenza che i cilyn- drites hanno nella parte più bassa della for­mazione terrigena serravalliano-tortoniana.

In effetti le impronte organiche, sempre abbondanti in questa formazione, diminui­scono in media, come già notato da Accordi, An g elu cci & S irna (1967), dagli strati più bassi a quelli più alti.

Lo studio delle tracce organiche, in par­ticolare delle tane a Zoophycos, è stato svol­to osservando un cospicuo numero di affio­ramenti emipelagici (oltre venti) sparsi nel- l'Appennino laziale-abruzzese, otto dei quali

ricadono nel F° 145 Avezzano (fig. 1), tuttavia riportiamo il dettaglio sedimentologico sol­tanto dei tre affioramenti che per bellezza ed importanza delle tracce о per chiarezza di esposizione, riteniamo si prestino meglio a porre in evidenza le basi sulle quali fon­diamo la nostra ipotesi di lavoro. Gli affio­ramenti riportati in dettaglio ricadono tutti nel F° 145 e sono stati denominati:affioramento 1 - Autostrada Roma-L'Aquila

A24affioramento 2 - Sante Marie affioramento 3 - Monte Aquilone.

CARATTERI SEDIMENTOLOGICI E STRATIGRAFICI

DEGLI AFFIORAMENTI STUDIATI

Affio r a m en to 1

L'affioramento è sito all'uscita per Taglia- cozzo dell'autostrada Roma-L'Aquila ed in esso è possibile osservare l'intera formazio­ne emipelagica (fig. 3) esposta in strati la cui giacitura varia, a causa della tettonica presente nella zona, da N30°W imm.SW e pendenza di circa 15°, al contatto con le fa­cies carbonatiche di letto, a N60°W-imm.NE e pendenze intorno ai 45°, al passaggio con le facies torbiditiche di tetto.

Il passaggio dalle facies carbonatiche a quelle marnose avviene in modo abbastanza netto con la comparsa di livelli calcarenitici grigiastri a glauconite e coproliti fosfatiche che in breve spazio assumono l'aspetto di sedimenti pelitici laminati di colore grigio­azzurro e con piani di strato assai poco evi­denti.

Nella parte alta, intercalati a tali sedi­menti compaiono sottili livelli sabbiosi ed un livello lentiforme di brecciole calcaree dello spessore di una cinquantina di centi- metri.

Gli elementi di questo livello sono tutti a spigoli vivi ed hanno dimensioni minori di un centimetro; a nostro avviso tale livel­lo, intercalato alle peliti della facies G, rap­presenta un episodio di frana sottomarina che seppure di dimensioni assai modeste, è un chiaro anticipo della sedimentazione tor- biditica le cui prime testimonianze si rin­vengono solo 5 metri più in alto.

Le impronte fossili si rinvengono in di­screte quantità nella prima parte dell'affio-

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Fig. 1 - Localizzazione degli affioram enti che ricadono nel F° 145, i num eri nei cerchietti individuano gli affioramenti i cui cara tteri sedimentologici sono schem atizzati in figura 3.

ramento, in particolare dove è ancora pre­sente la frazione carbonatica e sabbiosa; esse sono costituite da tracce di Fucoidi, Cilyndrites e frammenti di « Spreite » di Zoophycos non più grandi di 7-8 cm. Proce­dendo verso l'alto le tracce organiche ten­dono ad essere meno frequenti fino a scom­parire in prossimità delle torbiditi.

Su questo affioramento sono state effet­tuate due serie di campionature, la prima a 10 metri dal letto della formazione e l'al­tra a 8 metri dal tetto. Sui campioni prele­

vati è stata effettuata l'analisi granulome­trica e micropaleontologica e se ne è deter­minata la quantità di СаС03. I campioni del­la serie più bassa mostrano in genere una curva unimodale (moda 31(jl), mesocurtica, abbastanza simmetrica, indice di un sedi­mento siltitico poco classato, deposto in un ambiente con debole energia ma abbastan­za definita; il tenore medio di CaC03 risulta intorno al 70% e nel residuo insolubile è presente, tra l'altro, la glauconite.

L'associazione microfaunistica, di seguito

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riportata, ha permesso di attribuire i sedi­menti campionati al Serravalliano superiore e ad un ambiente neritico che la presenza di foraminiferi a guscio ialino (Uvigerina, Bolivina) fa supporre di clima temperato freddo.

PlanctoniciGlobigerina bulloides D 'O rbigny Globigerina pachyderma E hrenberg Globigerinoides trilobus (R e u s s ) Globorotalia incompta (C if e l l i )Globorotalia mayeri C u s h m a n n & E l l i s o r Globorotalia praemenardii C u s h m a n & S ta in -

FORTHGloborotalia ventriosa O g n iben Orbulina universa (D 'O rb ig n y )

BentoniciBolivina antiqua D 'O rbigny Robulus cultratus M ontfort Uvigerina rutila C u s h m a n

Le analisi sui campioni prelevati nella parte più alta dell'affioramento e più pove­ra di tracce organiche, mostrano trattarsi di sedimenti siltitico-argillosi con frazioni prevalenti di 16p, e minori di 4p„ deposti in un ambiente molto calmo e privo di ener­gia definita. Il tenore di CaC03 si aggira intorno al 30% e nella frazione insolubile sono presenti tra l'altro, la pirite e la mica bianca.

L'esame microfaunistico ha messo in evi­denza la seguente associazione:

PlanctoniciGlobigerina apertura C u s h m a n Globigerina pachyderma E hrenberg Globoquadrina dehiscens (C h a p . P arr &

Co ll .)Globorotalia menar dii (D 'O r b ig n y )Orbulina universa (D 'O rb ig n y )

BentoniciBolivina antiqua D 'O rbigny Cibicides dertonensis (Ruse.)Nonion pompilioides ( F ic h . & M o ll .) Uvigerina rutila C u s h m a n n

essa ha consentito di attribuire questi sedi­menti al Tortoniano e ad un ambiente neritico.

E' possibile osservare la schematizzazio­ne delle caratteristiche descritte nella fig. 2.

Affio r a m en to 2

L'affioramento di Sante Marie non pre­senta la bella esposizione del precedente, sia a causa della morfologia che della tet­tonica assai intensa nella zona (la struttura carbonatica carseolana si accavalla in que­sta zona sui sedimenti terrigeni della de­pressione Sante Marie-Tagliacozzo).

La successione, che non può essere se­guita con continuità mostra a letto un livello calcarenitico dello spessore di poco supe­riore ad un metro, con glauconite e coproliti fosfatiche e privo di significative impronte organiche. L'affioramento, (fig. 4) che rive­ste una particolare importanza per il tipo di tane a Zoophycos rinvenute in alcuni li­velli siti tra il campo sportivo e l'imbocco della galleria ferroviaria di Monte Bove è costituito dalle peliti di facies G, di colore variabile dal grigio azzurro al bruno, con frattura scagliosa о lamellare, stratificate N40°W imm. NE con pendenza intorno ai 10°. In questi sedimenti oltre alle tane a Zoophycos, che hanno una forma piatta e palmata (figg. 6 e 7), sono abbondanti le tracce di Cilyndrites e di Fucoidi; tutte le impronte tendono a scomparire nei livelli più alti e più prossimi alla sedimentazione torbiditica.

Le analisi granulometriche, effettuate su campioni raccolti nei livelli a Zoophycos, mostrano trattarsi di sedimenti assai fini (circa il 30% ricade nelle frazioni minori di 4|jl) e mal classati, tipici di ambienti a bassissima energia. Questi dati, unitamente all'associazione microfaunistica sotto elen­cata, collocano i livelli a Zoophycos nella parte alta della formazione emipelagica.

PlanctoniciGlobigerina bulloides D 'O rbigny Globigerina pachyderma E hrenberg Globigerinoides quadrilobatus (D 'O rb .) Globigerinoides trilobus (R e u s s ) Globoquadrina dehiscens (C h a p . P arr. &

Coll .)Globorotalia menar dii (D 'O rb ig n y )Orbulina universa (D 'O r b ig n y )

BentoniciAnomalina helicina Costa Bolivina antiqua D 'O rbigny Cibicides pseudoungerianus (C u s h .) Martinottiella communis D 'O rb.

Fig. 2 - Schema dei cara tteri sedimentologici dei tre affioramenti studiati in dettaglio. С - basam ento carbonatico; CG - calcari glauconitici e calcareniti a glauconite; E - emipelagiti, più calcaree alla base, più argillose verso l'alto; В - brecciole calcaree; T - torbiditi.

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Fig. 3 - Nella foto è visibile una bella esposizione di parte della formazione emipelagica (E) e dei p ri­mi sedim enti torbiditici (T) ad essa sovrapposti. Nella parte alta delle peliti di facies G è presente un corpo lentiform e di brecciole calcaree (B). La presenza di questi corpi in associazione con le peliti di facies G è tipica di un am biente di scarpata. La foto è s ta ta ripresa lungo lo svincolo dell’A24 uscita per Tagliacozzo.

Pullenia bulloides (D ’O rb .)Uvigerina rutila C u s h m a n n

Le caratteristiche dell'affioramento 2 so­no schematizzate in fig. 2.

Affio r a m en to 3

Questo affioramento (fig. 5) è situato al­le falde orientali di Monte Aquilone, lungo la strada che da Longone Sabino porta a Vallecupola; in esso è ben visibile solo la parte basale della formazione terrigena che

poggia sui calcari a Briozoi e Litotamni tra­mite un livello calcarenitico a fecal pellets di qualche centimetro di spessore. Litologi­camente l'affioramento è costituito da mar­ne calcaree di colore grigiastro in strati E-W subverticali con una grande quantità di tane a Zoophycos di notevoli dimensioni con api­ce rivolto verso l'alto; oltre a queste tracce si rinvengono tracce di Cilyndrites, con dia­metri fino a 5 cm, di Baculites e alcuni Fucoidi.

L'esame granulometrico ha mostrato tra t­tarsi di sedimenti non molto classati, con

Fig. 4 - La foto m ostra i livelli emipelagici conte­nenti le tane a Zoophy­cos p iatte e palm ate. Que­sti livelli sono siti nei pressi del cam po sporti­vo di Sante Marie. Si tra t­ta della parte della for­mazione caratterizzata dal­le frazioni più sottili.

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Fig. 5 - Veduta dell’affioramento di Monte Aquilone. Nella parte alta sono visibili i calcari a Briozoi e L itotam ni (C), in quella bassa, la parte basale della formazione m arnosa (E) ove sono presenti le tane a Zoophycos con forte sviluppo verticale. Il livello glauconitico presente al passaggio tra le due facies non è individuabile nella foto a causa del suo spessore estrem am ente ridotto . S trada Longone Sabino-Vallecupola.

la frazione di 31p, più rappresentata delle altre, depositatisi in un ambiente con una energia piuttosto bassa. Il tenore di CaC03 è risultato intorno al 60%, maggiore che nei sedimenti dell’affioramento 2 e simile solo ai valori registrati nella parte bassa del­l'affioramento 1.

Anche l’associazione microfaunistica è si­mile a quella rinvenuta nella parte basale Jell'affioramento 1, come mostra il seguente elenco:

PlanctoniciGlobigerina pachyderma E h r e n b e r g Globigerinoides obliquus B o l l i Globigerinoides trilobus ( R e u s s ) Globoquadrina altispira (C u s h m a n & J a r v i s ) Globorotalia incompta ( C i f e l l i ) Globorotalia mayeri C u s h m a n & E l l i s o r Globorotalia praemenardii C u s h m a n &

S t a i n f o r t h Orbulina suturalis B rò n n im a n n Orbulina universa (D 'O rb ig n y )

Fig. 6 - E ' visibile una « Spreite » di Zoophycos rinvenuta nei livelli emi- pelagici di Sante Marie. A destra e in basso è vi­sibile il tubo m arginale che cinge l'im pronta; il passo della spirale è p ra ­ticam ente nullo.

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BentoniciAmmobciculites agglutinans (D 'O rb .) Bolivina antiqua D 'O rb ig n y Planulina ariminensis (D 'O rb .)Pullenia bulloides (D 'O rb .)Siphonina reticulata (C z jz e k )Uvigerina rutila C u s h m a n n

Lo schema dei caratteri di questo affio­ramento è riportato in fig. 2.

STRUTTURE DELLE TANE IN RELAZIONE ALL’AMBIENTE

Le strutture di Zoophycos studiate nelle zone prese in esame possono fondamental­mente ricondursi a due distinti modelli ; il primo è caratterizzato da una estensione piatta e palmata, bordata da tubo margi­nale, il cui spessore, difficilmente misura­bile, non supera i duc-tre millimetri; tale tipo di impronte ( figg. 6 e 7) è ben osser­vabile nell'affioramento di Sante Marie, ed è reperibile solamente nella parte alta del­la formazione delle Marne ad Orbulina, ov­vero dove questa è caratterizzata dalle gra­nulometrie più sottili. Questa stru ttura pre­senta inoltre, i caratteristici raggi radiali.

Il secondo tipo (figg. 8 e 9) è presente nella parte bassa della formazione, ovvero dove questa è caratterizzata dalla granulo­metria più grossolana, ed è stato studiato

nell'affioramento di Monte Aquilone, dove tale traccia presenta una forte densità. Essa presenta un evidente assetto spiralato con spirale che si allarga procedendo verso l'al­to, e l'angolo formato dalla lamina con la verticale (angolo zenitale) maggiore di 90°; anche in questo tipo sono visibili i raggi radiali e il tubo marginale, mentre lo spes­sore della lamina può superare il centimetro. In questo ultimo tipo, tuttavia, l'altezza del­la spirale elicoidale può raggiungere il mez­zo metro. Ambedue i tipi di tana sono clas­sificabili, sulla base delle loro caratteristi­che morfologiche, come Echinos pira pauci- radiata G i r o t t i 1970.

L'ultimo tipo di tana è inquadrabile nel modello proposto da B ello tti & V aleri (1976) (fig. 10) con spirale visibile e con angolo zenitale maggiore di 90°; l'altro mo­dello, non inquadrabile in alcuno dei due tipi proposti da questi Autori, è da conside­rarsi una forma intermedia, con angolo ze­nitale assai prossimo a 90° e con passo della spirale praticamente nullo.

Un'analisi statistica delle forme rinvenu­te nei ventitré affioramenti studiati ha rive­lato una correlazione tra granulometria del sedimento e sviluppo verticale delle tane; gli affioramenti di Sante Marie e di Monte Aquilone ne costituiscono un esempio ti­pico.

Nella fig. 2, sono riportate le composi­zioni granulometriche dei due tipi di sedi-

Fig. 7 - La figura m ostra delle parti di « Spreite » delle tane di Sante Ma­rie. Anche qui è visibile il tubo m arginale che bor­da i lobi delle tane il con­to rno delle quali si p re­senta particolarm ente si­nuoso. Anche in questo caso non è possibile os­servare lo sviluppo verti­cale.

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Fig. 8 - Ancora u n ’im pron­ta nei sedim enti di Monte Aquilone, è ben visibile il suo sviluppo verticale e la lam ina superiore che ricopre quella più interna. Su am bedue le lamine sono chiaram ente d istin­guibili i raggi radiali.

Fig. 9 - Questa foto m ostra u n ’im pronta di tana a Zoophycos nell’affioram ento di Monte Aquilone. Si nota chiaram ente la form a a cappello con l’apice rivolto verso l’alto, sono anche visibili i tipici raggi radiali m entre non è possibile scorgere il tubo marginale.

mento; ai sedimenti dell'affioramento 2 cor­rispondono le impronte piatte e palmate vi­sibili nelle figure 6 e 7, mentre ai sedimenti delFaffioramento 3 corrispondono le impron­te spiralate visibili nelle figure 8 e 9.

Come è possibile osservare, esiste tra i due sedimenti una diversità di granulome­tria media; il sedimento in cui sono scavate le impronte piatte (vedi affioramento 2) pre­senta una dimensione media prossima ai 10 [x; il mean size del sedimento in cui sono scavate le impronte con maggiore sviluppo verticale (vedi affioramento 3) è invece di 24 p, circa. Osservando inoltre, che lo svi­luppo verticale medio delle tane di Monte Aquilone è di circa 20 centimetri, e quello delle tane di Sante Marie di 3 millimetri circa, si nota che la granulometria più gros­solana nei casi osservati, è sempre abbinata al tipo di tana che presenta il maggior svi­luppo verticale.

Tale fenomeno si spiega considerando che l'organismo scavasse una tana piatta; essa si sviluppava verso l'alto man mano che il sedimento si accumulava sul fondo rendendo sfavorevoli le condizioni endo- bionti.

Sapendo che la zona di alimentazione era la stessa per tutto il periodo di tempo necessario alla sedimentazione della for­mazione, è ragionevole ritenere che con il progressivo approfondimento del bacino la frazione grossolana non giungesse più nella

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> 90 °

Fig. 10 - Il disegno mo­stra i due modelli di ta­ne a Zoophycos già pro­posti da B e l l o t t i & V a­l e r i (1976). Le tane rinve­nute neH'affioramento di Monte Aquilone possono ricondursi al modello b, le im pronte p iatte e pal­m ate rinvenute nei livelli di Sante Marie possono considerarsi una form a interm edia tra i due mo­delli proposti.

zona; in conseguenza di questo fenomeno, nella parte bassa della formazione, dove la sedimentazione non era soltanto emipelagica, l'organismo scavava una tana con un passo spirale evidente. Nella parte alta, dove giun­geva solamente la frazione pelitica, l'organi­smo proseguiva indisturbato lo scavo su una superficie approssimativamente piana, at­tuando una spirale con passo estremamente ridotto. Il rapporto tra le spire ci fornisce allora una misura del diverso apporto di materiale in due momenti dell'evoluzione del bacino. Tuttavia altri fattori influiscono su tale rapporto, quali ad esempio la riduzione differenziale di spessore operata dalla dia­genesi in sedimenti a diversa composizione granulometrica, ed altri ancora difficilmen­te individuabili.

Su questa base possiamo ritenere che nel caso di Monte Aquilone la quantità di ma­teriale in sedimentazione fosse molto più elevata: ciò è confermato dall'evoluzionepaleogeografica del bacino, infatti le tane di Monte Aquilone sono scavate in sedimenti deposti nella fase iniziale della evoluzione del bacino, nel periodo in cui questo non si era ancora approfondito e la linea di co­sta non doveva ancora essere lontana.

Le tane reperibili a Sante Marie sareb­bero state, invece, scavate in una fase suc­cessiva in cui il bacino era più profondo e dalla linea di costa, ormai lontana, giungeva solo la frazione più sottile dei sedimenti.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Lo studio delle tane a Zoophycos pre­senti nella formazione delle Marne ad Orbu­lina dell'Appennino laziale-abruzzese ha evi­

denziato una variazione nella struttura delle tane in concidenza con un cambiamento dell'ambiente deposizionale del sedimento.

Attraverso un esame sedimentologico del­la formazione prevalentemente costituita da sedimenti emipelagici depositatisi in un ba­cino in via di approfondimento, si è notato che la parte basale della stessa è costituita da clasti aventi diametri medi compresi tra i 22 ed i 26 p,, mentre nella parte alta il campo si sposta tra i 9 ed i 13 p,.

Parallelamente a questa variazione gra­nulometrica si è osservata una variazione morfologica delle tane, il cui sviluppo ver­ticale aumenta procedendo verso le granu­lometrie maggiori.

Si è cercato di spiegare tale fenomeno con una ipotesi di lavoro che mette in rela­zione la quantità di materiale in sedimenta­zione e l'altezza delle spire della tana. Se­condo tale ipotesi il rapporto tra l'altezze delle spire nei due tipi di impronte ci for­nisce una misura approssimata circa la quan­tità di materiale in sedimentazione in due momenti della evoluzione del bacino.

Tali conclusioni sono confermate dallo studio dell'evoluzione bacino che, approfon­ditosi progressivamente dal Serravalliano su­periore, ha consentito di passare dai sedi­menti di piattaforma, rintracciabili alla base della formazione delle Marne ad Orbulina, a quelli di scarpata che rappresentano la maggior parte della formazione stessa; in­fatti, nella fase iniziale del fenomeno, quan­do dalla linea di costa non lontana giun­geva anche la frazione più grossolana del sedimento, venivano scavate le tane con mag­gior sviluppo verticale. Successivamente in

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una fase di approfondimento più avanzata, l’organismo, scavava la sua tana nel limo molle, condizionato dal minor apporto di materiale.

M anoscritto consegnato il 16 marzo 1979 Ultime bozze restituite il 25 ottobre 1979

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C a rta G e o l o g ic a d ' I t a l ia (1966) - F° 159 Frosinone al100.000 Roma.

C arta G e o l o g ic a d ’I t a l ia (1966) - F° 160 Cassino al100.000 Roma.

C arta G e o l o g ic a d ' I t a l ia (1975) - F° 389 Anagni al50.000 Roma.

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