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Open government e Stato sociale - La funzione sociale della smart economy

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"Signori che pensate d'insegnarci la strada delle grandi verità,

dovete prima darci da mangiare: allora solo si ragionerà!

O voi che a pancia piena amate l'ordine e vi credete d'esser chi sa chi

queste parole non scordate più: prima la trippa vien e poi la virtù!".

( B.BRECHT, L'opera da tre soldi )

"Se gli uomini di scienza non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si

limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà che fonte

di nuovi triboli per l'uomo". ( B.BRECHT, Vita di Galileo )

INDICE

INTRODUZIONE

1. I movimenti "dal basso" e la crisi dello Stato.......................12. Open data: un metodo di studio costituzionalmente

orientato.................................................................................83. Interpretare il diritto alla privacy in funzione dello Stato

sociale?................................................................................124. Open government e forma di Stato in transizione...............16

CAPITOLO PRIMOFONDAMENTO ECONOMICO-SOCIALE DEL NUOVO

WELFARE STATE

1. Premessa. Principio lavorista, cittadinanza sociale, welfare state.....................................................................................221.1. Il riferimento al lavoro nella Assemblea Costituente...23

1.1.1. (Segue): il trittico lavorista................................301.2. Rapporto bilaterale tra reformatio sociale e Stato

sociale..........................................................................332. Dall'art. 41 Cost. all'obsolescenza dell'art. 43 Cost............38

2.1. La pianificazione economica.......................................442.2. Il rifiuto della dottrina sociale di Keynes e la dottrina

neoliberale...................................................................502.3. Costituzione economica e processo di integrazione

europea.........................................................................542.4. Crisi dello Stato e riscoperta del mutualismo..............60

3. L'accentuazione del modello d'impresa nell'open government: dal cittadino-consumatore al prosumer..........66

CAPITOLO SECONDOPARTECIPAZIONE E OPEN GOVERNMENTGLI OPEN DATA REALIZZANO I PRINCIPI

COSTITUZIONALI?

1. Open data e partecipazione: la trasparenza come rapporto sostanziale tra cittadino e Stato...........................................721.1. Il welfare state come pre-condizione della democrazia:

dalla cittadinanza sociale alla cittadinanza attiva........792. Gli open government data permettono di allargare il

processo decisionale? Il nuovo welfare è basato sulla partecipazione degli utenti alla creazione di servizi pubblici.............................................................................................872.1. Differenze tra open data e scopo mutualistico.............94

2.1.1. (Segue): open data, mutualismo, lavoro..........1002.1.2. (Segue): mutualismo e ruolo dello Stato.........104

2.2. Solidarietà, partecipazione, funzione sociale.............1082.2.1. (Segue): la solidarietà al di fuori dello Stato-

nazione: la creazione dello spazio collettivo non pubblico...........................................................115

3. La trasparenza e la partecipazione politica.......................1183.1. (Segue): I limiti della smart economy rispetto alla

partecipazione politica...............................................122

CAPITOLO TERZOACCOUNTABILITY E OPEN GOVERNMENT

LA FUNZIONE SOCIALE DELLA SMART ECONOMY

1. Capire la smart economy per ragionare su una nuova governance pubblica.........................................................1281.1. Big data e patrimonio informatico pubblico..............130

1.1.1. (Segue): il Public sector information come mate-ria prima della smart economy........................136

1.2. Nuovo assetto economico: monopolio dei grandi dataset e piccole start up...........................................143

1.3. Sfruttamento della attività extra-lavorativa per generare

valore: il prosumer........................................................1521.3.1. (Segue): il prosumer tra fattualità economica e cit-tadinanza attiva.............................................................156

2. Critica alla configurazione dei dati come beni comuni.....1612.1. Il PSI come bene comune: la privatizzazione dei dati come risultato inatteso......................................................1652.2. Lo spazio collettivo non pubblico e il rinnegamento dello Stato.........................................................................170

3. Il criterio costituzionale di funzione sociale. La fattualità deldiritto come origine della crisi dello Stato........................1763.1. I rapporti sociali come fattualità economica, tramite la

loro proiezione come dati...........................................1833.2. L'emergere del giuridico. Differenza tra

funzionalizzazione e finalizzazione dei diritti...........1863.2.1. (Segue): la finalizzazione delle modalità di ge-

stione delle risorse negli articoli 41 e 43 della Costituzione.....................................................194

3.3. La funzione sociale come inclusione della società civilenello Stato. La reformatio sociale negli articoli 44 e 46 della Costituzione.......................................................1973.3.1. La funzione sociale e il Politico.......................2003.3.2. Open government e funzione sociale...............202

3.4. Accountability e articolo 4 della Costituzione............206

CAPITOLO QUARTOCOLLABORAZIONE E OPEN GOVERNMENT

LA SMART CITY COME APPLICAZIONE DI UN PROCESSOPRODUTTIVO CONSAPEVOLE

1. Premessa. Smart city e principio di sussidiarietà: il collettivismo alla prova della pianificazione urbanistica..2121.1. Smart city e open data................................................218

2. Smart city e modelli urbanistici di welfare a confronto. La collaborazione come risultato del funzionalismo..............2212.1. Smart city come città sociale?....................................228

3. La città come luogo di produzione della fattualità............235

3.1. Lo “Statuto della cittadinanza intelligente” tra pluralismo e autorità indipendenti.............................242

3.2. Bilanciamento tra modello di custodia e modello pluralista.....................................................................248

4. Smart communities e sussidiarietà orizzontale..................2544.1. L'accentramento della pianificazione della smart city tra

sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale. La c.d.“chiamata in sussidiarietà”.........................................259

5. Fondare lo spazio pubblico nella smart city: bilanciamento tra autonomia e funzione sociale......................................2675.1. Forma di Stato, sovranità e rappresentanza: ordinare il

rapporto tra privati in uno spazio di costituzionalità diffusa........................................................................273

5.2. Il superamento della dicotomia di libertà negative e diritti sociali. I bill of rights oltre l'auto-evidenza di Internet.......................................................................2885.2.1. Il prosumer quale individuo e lavoratore teoreti-

co: l'open government come Stato preventivo. 2945.3. Prosumers e Enti locali per un processo produttivo

consapevole................................................................302

CONCLUSIONI

1. L'open government nel contesto dell'involuzione dello Stato sociale...............................................................................321

2. L'attrazione dell'In-governabile nello spazio collettivo non pubblico............................................................................329

3. Sollecitare una nuova teoretica costituzionale..................333

Bibliografia...............................................................................341

CAPITOLO TERZO

ACCOUNTABILITY E OPEN GOVERNMENT

LA FUNZIONE SOCIALE DELLA SMART ECONOMY

SOMMARIO: 1. Capire la smart economy per ragionare su una nuova

governance pubblica. - 1.1. Big data e patrimonio informatico pubblico. -

1.1.1. (Segue): il PSI come materia prima per la smart economy. - 1.2.

Nuovo assetto economico: monopolio dei grandi dataset e piccole start up. -

1.3. Sfruttamento dell'attività extralavorativa per generare valore: il

prosumer. - 1.3.1. (Segue): il prosumer tra fattualità economica e

cittadinanza attiva. - 2. Critica alla configurazione dei dati come beni

comuni. - 2.1. Il PSI come bene comune: la privatizzazione dei dati come

risultato inatteso. - 2.2. Lo spazio collettivo non pubblico e il rinnegamento

dello Stato. - 3. Il criterio costituzionale di funzione sociale. La fattualità

del diritto come origine della crisi dello Stato. - 3.1. I rapporti sociali come

fattualità economica, tramite la loro proiezione come dati. - 3.2. L'emergere

del giuridico. Differenza tra funzionalizzazione e finalizzazione dei diritti. -

3.2.1. (Segue): la finalizzazione delle modalità di gestione delle risorse

negli articoli 41 e 43 della Costituzione. - 3.3. La funzione sociale come

inclusione della società civile nello Stato. La reformatio sociale negli

articoli 44 e 46 della Costituzione. - 3.3.1. La funzione sociale e il Politico.

- 3.3.2 Open government e funzione sociale. - 3.4. Accountability e articolo

4 della Costituzione.

1

1. Capire la smart economy per ragionare su una nuova

governance pubblica.

Fino ad ora, si sono usati i termini smart economy e

economia digitale come sinonimi, e non si è affrontata

compiutamente la differenza tra open data e open government

data. E' necessario, perciò, soffermarsi su queste definizioni, -

anche se, bisogna dirlo, le categorie utilizzate per descrivere il

fenomeno delle tecnologie informatiche nel suo complesso, si

moltiplicano al crescere dei commentatori, dei bloggers, delle

conferenze -. Non riuscire a orientarsi nel grande numero di

sinonimi può recare danno alla comprensibilità del fenomeno1. Si

può definire la smart economy come l'economia intelligente, che

utilizza la raccolta di dati da dispositivi, anch'essi smart. Se

finora si è sempre utilizzato quest'ultimo termine, operando una

semplificazione a favore della comprensibilità del fenomeno, è

per mettere in risalto un fatto: la smart economy sta diventando il

1 Per esempio, per economia digitale si potrebbe utilizzare il relativotermine inglese digital economy, per intendere le tecnologie utilizzate per fa-vorire gli scambi commerciali. Per Internet economy si intende invece l'eco-nomia che utilizza il web come megafono per la conoscibilità del marchio, oper approntare strategie di marketing, indifferentemente dal fatto che l'azien-da operi nel settore informatico o meno. Sinonimo di quest'ultima accezioneè la new economy, il quale termine rimanda però alla bolla speculativa di in-ternet della fine degli anni 90. Open data economy è invece l'economia ba-sata sulla liberazione dei dati, siano esseri appartenenti al settore pubblico,cioè open government data, o del settore privato, per i quale basti utilizzareil termine open data. Economic of personal data si intende invece l'econo-mia che si basa sulle attività di estrazione di dati personali (c.d. data-mining).

2

paradigma capace di comprendere tutti gli altri, in quanto la

moltiplicazione dei dispositivi informatici, consente una raccolta

diffusa di dati di diverso tipo, e la loro elaborazione,

indifferentemente dal tipo di riuso commerciale che se ne vuole

trarre.

Come sarà più chiaro nel prossimo capitolo, le discussioni

attuali sulla smart city, suggeriscono che attribuire l'aggettivo

"intelligente" a un numero sempre più esteso di oggetti, financo

di interi spazi pubblici urbani, avrà delle ripercussioni non banali

sul modo in cui questo tipo di economia potrà realizzare o meno i

principi dello Stato sociale. Per questo motivo, a prescindere

dalle valutazioni tecniche che distinguono i dati personali dagli

open data, bisogna dire che essi hanno un unico destino, e cioè

quello di generare un controllo diffuso sull'economia e sui

rapporti sociali. Se il termine "diffuso" vada poi inteso nel senso

che molti soggetti siano in grado di controllare il processo

economico, o che pochi soggetti siano in grado di controllare le

relazioni sociali, dipenderà dalla contingenza e

dall'approfondimento costituzionale del ruolo della smart

economy.

Rispetto alla distinzione tra il settore pubblico e quello

privato, per delineare una governance dell'economia digitale che

realizzi veramente i principi di trasparenza e partecipazione, è

necessario affrontare il fenomeno nel suo complesso.

3

Innanzitutto, cercando di cogliere le relazioni dello sfruttamento

dei dati aperti, con l'attività di raccolta dei dati personali da parte

delle grandi aziende di informatica. In secondo luogo,

chiedendosi se ricondurre la fisionomia dei dati del patrimonio

informatico pubblico, alla categoria dei beni comuni, sia idoneo a

promuovere un sistema nel suo complesso inclusivo.

1.1. Big data e patrimonio informatico pubblico.

Capire il funzionamento dell'economia digitale, vuol dire

analizzare i modelli di business, cioè le logiche secondo le quali

il valore viene creato, catturato, distribuito. Alla base della

costruzione sono i dati, anzi, le banche dati: è la creazione di

datasets che attribuisce valore ai dati, e ne consente lo

sfruttamento2. Il passaggio da un'economia dei beni fisici a

un'economia dell'informazione, comporta che i dati vanno

considerati un fattore di produzione, tanto quanto la terra, il

lavoro, il capitale3. A differenza di tale tripartizione

dell'economia classica, la Scuola Austriaca prima, e l'economia

2 S.ALIPRANDI, Open licensing e banche dati, in Informatica e di-ritto, 2011, p.26.

3 A.PRUNESTI, La cultura digitale: valori e ruolo nella societàdell'informazione, p.8 consultabile su www.blog.indigenidigitali.com: "Si ècosì passati dall'industrialismo all' informazionalismo: un paradigma tecno-logico basato sull'accrescimento della capacità umana di elaborare, ricombi-nare e distribuire le informazioni. E' così emersa la network society comeforma dominante di organizzazione socio-economica della nostra epoca".

4

neoclassica poi, introdussero un quarto fattore:

l'imprenditorialità4. La funzione dell'imprenditore è quella di

aggregare e organizzare gli altri fattori produttivi per generare

valore, assumendosi il rischio economico che tale attività

comporta.

Proprio con riguardo alla categoria del rischio, è necessario

domandarsi su chi ricada la responsabilità, il rischio, dell'attività

di produzione del valore che considera i dati come base del

meccanismo economico. Infatti, la caratteristica peculiare della

smart economy è quella di generare un ecosistema multiattoriale:

la produzione di beni immateriali, quali dati e datasets, non ne

impedisce la fruizione da parte di altri soggetti. Il concetto di

scarsità dei beni viene meno: i dati anzi sembrano moltiplicarsi in

modo esponenziale, tanto da essere disponibili tanto per le

imprese, quanto per la società civile5. La catena del valore dei

big data, si basa sul valore secondario delle informazioni

4 J.SCHUMPETER, The theory of Economics Development: an inqui-ry into profits, capital, credit, interest, and the business cycle, Transactionpublishers, New Brunswick, 2007, p.128; P.GROSSI, Il diritto nella storiadell'italia unita, p.17 consultabile su www.lincei.it : "L'impresa non è unsoggetto nuovo, bensì una concezione nuova della relazione tra proprietà egestione efficiente della dinamica economica, che dà vita a una collettivitàdi persone cose servizi completamente interagenti. (...) Rappresenta il pri-mato della dimensione economica, l'abbandono totale della dimensione eti-co/politica e la subordinazione di interessi individuali alla funzionalità delcomplesso organizzativo".

5 M.CINI, Scienza, tecnologia e democrazia nell'era dell'economiadella conoscenza, in Governare la scienza nella società del rischio, Atti delIV Convegno Nazionale sulla Comunicazione della scienza, Polimetrica,Milano, 2006, p.16.

5

generate da qualsiasi attività che sfrutti un dispositivo

informatico: ogni informazione, anche apparentemente banale, se

correlata nel modo adeguato, è idonea a generare valore e essere

impiegata per vari utilizzi6.

Ciò comporta una trasformazione, soprattutto culturale,

sull'importanza che viene assegnata alle tecnologie informatiche:

non solo un mezzo di facilitazione delle attività organizzative

dell'impresa, ma un mezzo idoneo a generare valore futuro in sé e

per sè considerato. Per questo motivo, il valore dei dati non è

quantificabile nel loro primo utilizzo, ma è idoneo a crescere

innumerevoli volte. E' chiaro che un'economia improntata al

riutilizzo dei dati, si affida all'apporto creativo delle imprese e

della società civile. Questi soggetti devono sapere interpretare il

valore dei dati che generano o che raccolgono durante la loro

attività principale. L'innovazione è quindi il carisma principale

che devono dimostrare di possedere, facendo così venire meno la

differenza tra settore commerciale e settore no profit: per poter

estrarre valore, per promuovere l'innovazione, entrambi devono

comportarsi come soggetti economici7.

Ora si può meglio comprendere perché si è ipotizzata la

6 V.MAYER-SCHÖNBERGER, K.CUKIER, Big data, una rivolu-zione che trasformerà il nostro modo di vivere – e già minaccia la nostra li-bertà, Garzanti, Milano, 2013, p.73.

7 P.DARDOT, C.LAVAL, La nuova ragione del mondo. Critica allarazionalità neoliberista, DeriveApprodi, Roma, 2013, p.424: "La razionalitàneoliberista spinge l'io a mutare per rinforzarsi e sopravvivere nella compe-tizione".

6

moltiplicazione delle forme di impresa, come il paradigma

tramite il quale la società civile genera dati per realizzare

un'alternativa di welfare state8. Cambia il ruolo dei consociati

rispetto al processo economico: improprio sarebbe parlare di

consumatore, visto che i dati permettono la fruizione da parte di

tutti i soggetti. E' perciò il prosumer a inserirsi nel processo

produttivo, in quanto, sebbene consumi i servizi ultimi, egli

contribuisce ai medesimi generando dati9, o partecipando

direttamente alla creazione e al miglioramento dei servizi.

Questa forma di partecipazione, che come si è visto, ha

radici nelle categorie della solidarietà e dell'imprenditorialità,

comporta anche l'assunzione del rischio in capo al prosumer,

riguardo alla responsabilità della mancata generazione dei dati o

della scarsa lungimiranza nella loro implementazione.

8 Nella società dell'informazione, mettendo al centro il flusso dei datiper garantire coesione sociale, si pone automaticamente l'agire economicocome categoria metodologica per ogni settore dell'agire umano, sia in ambi-to commerciale, che nel settore no profit. Questa governa-mentalità è poten-zialmente in contrasto con le tendenze di recupero della rappresentanza poli-tica tramite gli strumenti della sussidiarietà. P.LÉVY, L'intelligenza collet-tiva. Per un'antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano, 2002, p.32:" Questa visione dell'avvenire si organizza intorno a due assi complementa-ri: quello del rinnovamento del legame sociale tramite il rapporto con la co-noscenza e quello dell'intelligenza collettiva. (...) Fondare il legame socialesul rapporto con il sapere significa dare impulso alla diffusione di una civiltàdeterritorializzata".

9 D.PEDRESCHI, La ricchezza della socio-diversità, in IlSole24Ore,7-02-14: "Comprendere più a fondo i meccanismi sociali attraverso il micro-scopio dei big data, le briciole digitali generate dalle nostre attività quotidia-ne. (...) Finalmente i big data ci danno la possibilità di osservare la rete dellerelazioni sociali e dei movimenti, mettendo a nudo il tessuto sociale in cuisiamo immersi".

7

Il movimento open insiste nell'affermare il valore della

trasparenza proprio per limitare tale effetto negativo10. Tuttavia,

essa va considerata come effetto collaterale, in quanto l'apertura

delle banche dati pubbliche o private, ha un valore solo

strumentale, mentre il fine ultimo è il riuso commerciale delle

stesse11. Fondare la trasparenza come valore cardine dell'open

government, dovrebbe dire, invece, attribuire un valore politico al

contributo che il prosumer porta alla smart economy, non essendo

sufficienti le ricadute positive assicurate dalla benevola

collaborazione dell'open society12. La presunta non conflittualità

tra imprese commerciali e comunità, è determinata proprio

dall'inclusione del prosumer, e perciò del secondo welfare, nelle

categorie dell'imprenditorialità, secondo le quali vengono poi

modulate le categorie della solidarietà e della partecipazione.

10 G.MANCOSU, Trasparenza amministrativa e open data: un bino-mio in fase di rodaggio, p.3 consultabile su www.federalismi.it.

11 Alla luce di questa considerazione, appare più pregnante la distin-zione, proposta nel secondo capitolo, tra la nozione di trasparenza e la no-zione di dati aperti, e i diversi interessi coinvolti. AA.VV., Libro bianco peril riutilizzo dell'informazione del settore pubblico, p.7 consultabile suwww.evpsi.org: "Ma l'accesso è solo una precondizione – con desiderabilieffetti collaterali sulla trasparenza! - e non lo scopo finale del processo diapertura. Lo scopo finale è il riutilizzo dei dati. (...) Se il riutilizzo commer-ciale è vietato, i dati non sono veramente aperti".

12 A.BHUSHAN, R.BOND, Open data, Transparency and Internatio-nal development, p.7 consultabile su www.nsi-ins.ca: "Transparency mat-ters, but is not enough on its own. Transparency, in particular donor datatransparency, is a necessary but insufficient precondition for effective deve-lopment. For open aid data initiatives to have a significant impact we needto move towards a clearer articulation of the terminology. In particular, weneed to unpack what we mean by transparency and how transparency leadsto accountability".

8

Il passaggio da un'economia della proprietà, a un'economia

dell'accesso, impone una riflessione sulla responsabilità che tutti

gli attori di tale ecosistema devono portare13. La governance

dell'economia dell'accesso all'informazione non può non

considerare i diversi interessi degli stakeholders. Non si può

infatti nascondere il fatto che l'attività di appropriazione dei dati

tramite i dispositivi smart degli utenti, sia idonea ad essere

integrata dagli open government data. Ma l'attività della p.a., al

fine della liberazione dei dati, ha un costo, e sottintende un

determinato tipo di governamentalità: l'accesso all'informazione

deve essere perciò inteso come disposizione di materia prima per

la smart economy, o deve poter garantire l'inclusione sociale e il

livellamento delle disuguaglianze?

Pertanto, comprendere il funzionamento della catena del

valore del dato, consente di sciogliere il pregiudizio secondo il

quale, al venir meno della scarsità dei beni informatici, consegue

una condivisione dei fini e dei benefici, sia per i riutilizzatori

commerciali, sia per la società civile. E' una visione economica

viziata dall'idea dell'assenza di contrasto tra i vari agenti

economici che partecipano all'economia digitale.

13 J.RIFKIN, L'era dell'accesso: la rivoluzione della new economy,Mondadori, Milano, 2001, p.101.

9

1.1.1. (Segue): il Public sector information come materia prima

della smart economy.

Il Public sector information ( c.d. PSI ) rappresenta una

grande riserva di valore, in quanto la pubblica amministrazione, e

le istituzioni in genere, producono un'enorme quantità di dati

nell'esercizio delle proprie attività14. Lo scopo del movimento

open, è vincere la ritrosia, che viene imputata allo Stato,

nell'aprire le proprie banche dati per assicurare trasparenza e

innovazione sociale15. Tale operazione di apertura, non è da

considerarsi semplicemente collaterale all'attività istituzionale: la

catena del valore del dato pubblico, costituisce una vera e propria

filiera produttiva, che richiede competenze, organizzazione,

14 La Direttiva 2003/98/CE incentivava gli Stati membri a implemen-tare i propri patrimoni informatici pubblici, al fine di renderne possibile ilriutilizzo. La direttiva fornisce, inoltre, un quadro comune a tutti gli Statimembri per il riutilizzo dei dati. Recentemente la Direttiva PSI è stata modi-ficata dalla Direttiva 2013/37/UE, al fine di estendere la metodologia opendata alle banche dati di biblioteche, archivi, musei, armonizzando ulterior-mente le discipline nazionali sul riuso del PSI. Una riflessione sulle implica-zioni della nuova Direttiva è presente in T.ZIJLSTRA, K.JANSSEN, Thenew PSI Directive – as good as it seems?, consultabile suwww.blog.okfn.org: "The general principle for re-use has been revised.Where the old directive describes cases where re-use has been allowed (ma-king it dependent on that approval and thus leaving the choice to the Mem-ber States or the public bodies), the new directive says all documents withinscope shall be re-usable for commercial or non-commercial purposes. (...)In summary, the new PSI Directive does not seem to take the bold steps theopen data movement has been clamoring for over the past five years".

15 K.JANSSEN, J.DUMORTIER, Towards a European Frameworkfor the Re-Use of Public Sector Information: a long and Winding Road, inInternational Journal of Law & Information Technology, 2003, p.192.

10

norme, appositamente previste16.

In questo senso, la p.a. sarebbe chiamata a svolgere due

funzioni in modo parallelo: da una parte, lo svolgimento delle

classiche attività burocratiche, e dall'altra, l'attività di produzione

e metadatazione dei dati. Per una corretta rielaborazione dei dati,

è infatti necessario che questi rispondano alle specifiche tecniche

degli open data, e che la p.a. ne garantisca la qualità. La qualità

dei dati viene assicurata dal lavoro delle amministrazioni, al fine

di contestualizzarli tramite l'allegazione di metadati.

Lo sfruttamento del PSI può perciò essere considerato un

nuovo modello di business, proprio perchè è la pubblica

amministrazione ad occuparsi della pubblicazione dei dati e, al

contempo, a curarne la qualità. Questa materia prima deve essere

disponibile, secondo il paradigma open, in modo gratuito17;

tuttavia sarebbe scorretto sostenere che la p.a. debba,

semplicemente, rendere accessibile al pubblico qualcosa che già

16 Linee guida nazionali per la valorizzazione del patrimonio infor-matio pubblico, il cui documento è consultabile su www.agid.gov.it. Il docu-mento indica i principi secondo i quali rivedere i processi e i modelli dei si-stemi informativi delle p.a.. A tale scopo vengono previste varie figure pro-fessionali. Il Team open data ha la funzione di sensibilizzare l'amministra-zione di appartenenza sull'open government e razionalizzare i processi diapertura del dato. All'interno del Team, viene nominato un Data Manager,responsabile della redazione delle linee guida e della pianificazione dellestrategie di apertura dei dati. Altre figure professionali, di cui ogni p.a. devefornirsi, sono: il responsabile della banca dati, il referente tecnico della ban-ca dati, il referente tematico della banca dati, un Team comunicazione.

17 J.RIFKIN, The Zero marginal cost society, Palgrave Macmillan,New York, 2014, p. 135.

11

possiede nelle proprie banche dati. Si tratta, invece, di una vera

attività produttiva di creazione di materie prime, per lo

svolgimento della quale la p.a. incorre in costi aggiuntivi18.

Sotto quest profilo, si può perciò comprendere

l'intersezione tra smart economy e sfruttamento degli open

government data: si tratta di un'unica filiera produttiva19. Tale

catena di creazione del valore non va considerata esente da

valutazioni discrezionali: l'uso delle tecnologie informatiche non

è un'attività neutra.

L'attribuzione di senso al dato, tramite la

18 La necessarietà di un investimento per garantire la qualitàdell'implementazione dei dati, è spesso richiamata dagli esperti, nonostantel'art. 51 del d.lgs. 33/2013 reciti "Dall'attuazione del presente decreto nondevono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Leamministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con lerisorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente".

19 Perciò l'amministrazione pubblica, nel momento in cui, tramite re-golamenti o linee guida, indichi le finalità cui tende l'apertura dei dati delproprio PSI, dovrebbe poter valutare le ripercussioni sull'uso dei dati perso-nali degli utenti, da parte degli stessi utilizzatori degli open data. E.FERRO,M.OSELLA, Modelli di Business del riuso dell'informazione pubblica, con-sultabile su www.osservatorioict.piemonte.it: " Lo studio PIRA formulauna proposta di catena del valore relativa al PSI individuando quattro stadisequenziali che riflettono la trasformazione del contenuto grezzo a materialepronto all'uso: creazione del contenuto; raccolta ed organizzazione del con-tenuto; elaborazione e confezionamento; marketing e consegna. Mentre ilprimo stadio a monte è presidiato da enti pubblici detentori della PSI, nellefasi susseguenti l'interpretazione è meno ovvia giacché i loci possono essereoccupati da attori eterogenei, comunque facenti parte dell'articolata costella-zione del valore che gravita attorno alla PSI, il cui operato risulta spinto daforze dissimili. Ad un estremo del continuum si trovano le iniziative com-merciali il cui successo è determinato dal mero responso del mercato men-tre, all'estremo opposto, si collocano le iniziative spontanee aventi un con-notato non-profit".

12

contestualizzazione approntata dalla p.a. sotto forma di metadati,

genera un valore aggiuntivo che deve essere attribuito alle

professionalità e competenze della p.a.. Se si considera il

passaggio dal dato grezzo al dato raffinato tramite la

metadatazione, e infine la sua appropriazione per il riuso finale,

si individuano i tre passaggi dell'elaborazione della filiera di

raffinazione del dato, che corrispondono a "leve decisionali a

disposizione dei business developer per plasmare il modello di

business"20.

Pertanto, anche la pubblica amministrazione va considerata

business developer, e questo le permette di incidere sia sul ruolo

che riveste all'interno della filiera, sia sul ruolo degli utilizzatori

finali, e sul meccanismo del prezzo. I tre passaggi di valore della

filiera sono quindi degli snodi decisivi per decidere secondo quali

finalità, e secondo quali criteri, produrre i dati.

In sintesi, si afferma, in applicazione della filosofia open,

che il ruolo dello Stato è unicamente quello di aprire le banche

dati, garantirne la qualità, metterle a diposizione in modo

gratuito, per poi farsi da parte. Si realizza un'ideologia unica,

debitrice della percezione di neutralità della tecnologia, con la

quale si escludono le scelte dei cittadini sulla gestione del PSI.

20 V.MAYER-SCHÖNBERGER, K.CUKIER, Big data, una rivolu-zione che trasformerà il nostro modo di vivere – e già minaccia la nostra li-bertà, cit, p.178: "E con molte sue attività, Google trae beneficio dall'inte-grazione verticale che caratterizza la catena del valore dei big data, dove oc-cupa contestualmente tutte e tre le posizioni".

13

L'applicazione del canone classico di liberazione dei dati,

potrebbe non essere opportuno in tutti i casi e in modo

indiscriminato21.

Non per perseguire un fine reazionario, ma in conseguenza

a un dubbio si porta questa opinione: come si può affermare che

il paradigma open sia capace di assicurare l'inclusione sociale, se

escludendo il Politico dalla filiera di produzione del valore del

dato, si omette ogni riferimento alla accountability22? D'altronde,

quali responsabilità possono essere imputate alla società civile, o

alle imprese, che applichino pedissequamente un modello

economico, ritenendolo privo di margini di discrezionalità23?

21 I riferimenti alla libertà di espressione e di accesso alla conoscenza,come valori da garantire costituzionalmente, collidono con la natura econo-mica dei datasets: parlare di economia dell'accesso implica considerare laconoscenza e l'informazione come un bene commerciabile. L'art. 97 dellaCarta da solo non basta a assicurare tale accesso, in quanto la logica dellatrasparenza amministrativa deve coesistere con la logica dell'accesso ai fat-tori di produzione, e ai limiti posti dalla legge per garantirne la funzione so-ciale. Su una apertura diffusa dei dati in ragione dell'art.97 Cost, si veda in-vece G.DE MINICO, Gli open data: una politica "costituzionalmente ne-cessaria"? consultabile su www.forumcostituzionale.it

22 Il termine accountability viene sovente utilizzato come sinonimo diresponsabilità. Tuttavia è bene precisare che esso nasce nell'ambito del lin-guaggio informatico per indicare la capacità di un sistema informatico diidentificare, determinare azioni e comportamento, dell'utente, tramite il con-trollo dell'accesso. In seguito, ha indicato la responsabilità informativadell'azienda, all'insegna della trasparenza e della rendicontazione degli esiti,cioè del rendere conto quando si utilizzino risorse non proprie. Sul piano po-litico, l'accountability trasferisce tale esigenza di trasparenza della gestionedelle risorse pubbliche in riferimento alle scelte politico-amministrative, le-gando i temi della rappresentatività e della comunicazione.

23 M.CINI, Scienza, tecnologia e democrazia nell'era dell'economiadella conoscenza, cit, p.17: " La riduzione a merce di un bene implica sem-pre che ad esso venga attribuito un valore quantitativo ( di scambio). Si vede

14

L'open government prevede che la società civile e le imprese

collaborino con la p.a. al fine dell'integrazione dei servizi, della

loro fornitura, nonché alle attività di integrazione dei dati. Questo

schema di relazioni continue, si basa su un modello solidaristico

per il quale, tanto il settore commerciale quanto quello no profit,

sono mossi dalla stessa volontà di produrre innovazione e

benessere. La descrizione della ricchezza e del benessere

generato da una società aperta, implica che essa sia libera di

occuparsi del bene comune in quanto priva di contrasti ideologici

e/o di interessi.

Pare questo un assunto ottimista, dal momento che gli

interessi degli enti economici vanno considerati in contrasto, nel

momento in cui la società civile, oltre agli open government data,

offre alla smart economy anche i dati generati con i propri

dispositivi, ma senza che le siano garantite maggiori prerogative

in sede di gestione dei dati24. Ciò si traduce in una doppia

dunque che il riduzionismo epistemologico è il prerequisito per poter proce-dere al riduzionismo mercantile. L'esempio più ovvio è il riduzionismo ge-netico. Soltanto attribuendo a un gene una proprietà specifica indipendentedal contesto esso può essere privatizzato per mezzo di un brevetto ed essereimmesso sul mercato con un valore determinato. Se invece si riconosce, chele proprietà di un gene dipendono dal contesto intracellulare e dai messaggiprovenienti dal resto dell'organismo e dal mondo esterno, la pretesa di farneoggetto di proprietà intellettuale perde la sua giustificazione scientifica e ri-vela la sua vera natura di appropriazione privata di un bene comune".

24 Inoltre, è bene ricordare che la Direttiva 2003/98/CE riconosceespressamente come suo limite di applicabilità, i principi relativi alla prote-zione dei dati personali contenuti nella Direttiva 95/46/CE. Questo si riflettesul regime del riutilizzo del PSI: i dati sensibili sono del tutto esclusi dal no-vero dei dati riutilizzabili. Viceversa, i dati personali sono suscettibili di es-

15

dazione di dati, da parte del cittadino: oltre ai dati prodotti dalle

istituzioni, e perciò sovvenzionati con i propri tributi, anche i dati

personali in essi contenuti, oltreché i dati prodotti con i propri

dispositivi personali. Il conseguimento di un ipotetico bene

comune è vuoto di significato, se si considera che alcune aziende

informatiche possiedono dei datasets tali da poter incidere

significativamente nei processi decisionali online. La maglia

delle relazioni reciproche dei prosumers, può essere in ogni

momento interrotta dall'appropriazione di dati da parte dei

soggetti economici, che sfruttino i dati senza ripercussioni

sere riutilizzati. La direttiva 95/46/CE dispone l'obbligo di adozione dellemisure tecniche organizzative appropriate per assicurare un livello di sicu-rezza adeguato a tutelare i dati in relazione ai rischi connessi al loro tratta-mento. Le procedure di anonimizzazione consentono un primo bilanciamen-to tra le esigenze di tutela della privacy e fornitura di materia prima infor-matica, rispondente al paradigma della privacy by design. Ciò si rileva utileper la gestione dei dati riguardanti i registri anagrafici, le imprese, i veicoli,i dati occupazionali e previdenziali, dati statistici e giudiziari. Tuttavia, L.-SWEENEY, Simple demographics often identify people uniquely, p.2 inData Working Paper, 2000. ha rilevato come "Data holders often collectperson-specific data and then release derivatives of collected data on a pu-blic or semi-public basis after removing all explicit identifiers, such asname, address and phone number. Evidence in this document that this prac-tice of de-identifying data and of ad hoc generalization are not sufficient torender data anonymous because combinations of attributes often combineuniquely to re-identify individuals. (...) Combinations of characteristics cancombine to narrow the number of possible people under consideration. Ho-wever, knowing that there exist a one or a few people that share particularcharacteristics and explicity identifying those people are not exactly thesame. These combinations of charateristics must be linked to explicitly iden-tified information to reveal the identifies of the individuals". Per un appro-fondimento sul concetto di privacy by design si rimanda a E.BASSI, PSI,protezione dei dati personali, anonimizzazione, in Informatica e diritto,2011; S.RICCI, Note in tema di "riutilizzo dell'informazione pubblica" e di-ritto alla privacy, consultabile su www.federalismi.it.

16

positive per la comunità che ha generato quei dati.

La governance della smart economy non deve perciò

trovare fondamento nelle esperienze di partecipazione dal basso,

che da sole non assicurano il rispetto dei principi democratici.

Il fondamento può essere individuato solo nell'implementazione

dell'accountability, tramite una riflessione sulla funzione sociale

che utilizzatori commerciali e società civile rivestono, nel

momento in cui contribuiscono alla smart economy.

1.2. Nuovo assetto economico: monopolio dei grandi dataset e

piccole start up.

Il funzionamento della smart economy è idoneo a

trasformare il ruolo dei soggetti economici nel processo

produttivo: la distribuzione della ricchezza tra i soggetti

partecipanti, non avviene infatti in modo uguale. Il passaggio da

un'economia della proprietà a un'economia dell'accesso, favorisce

coloro che più facilmente riescano a gestire una quantità

esponenziale di dati e renderli intelligibili. Si è detto che la

tecnologia ha reso possibile la raccolta di grandi quantità di dati a

basso costo, come pure è a basso costo la loro archiviazione.

Questo ne rende auspicabile la conservazione25. I dati vengono

considerati dagli economisti un bene non competitivo, in quanto

25 V.MAYER-SCHÖNBERGER, K.CUKIER, Big data, una rivolu-zione che trasformerà il nostro modo di vivere – e già minaccia la nostra li-bertà, cit, p.138.

17

l'utilizzo di un soggetto non ne impedisce l'uso da parte di un

altro.

Tuttavia, l'abbassamento dei costi di raccolta, gestione,

conservazione, consente ad alcune imprese, che svolgono un

determinato ruolo nella filiera di produzione del valore del dato,

di raccogliere una quantità di dati non paragonabile a quella di

cui dispongono gli altri soggetti, e di conseguenza, di sviluppare

esclusive modalità di utilizzi ulteriori26. Questo squilibrio

comporta uno spostamento di valore nei confronti del soggetto in

grado di riutilizzare i dati, rispetto al soggetto che semplicemente

possegga i dati, ma non li sappia sfruttare se non per il loro

utilizzo primario. Per questo motivo, il ruolo determinante

all'interno della catena del valore dei dati, è rappresentato dagli

intermediari, cioè da quei soggetti che sappiano porsi al centro

della rete di gestione dei dati.

Immaginando lo scambio e la circolazione delle

informazioni come una infrastruttura, si potrebbero paragonare

tali imprese ai centri nei quali sono più intensi i flussi

informativi27. Il ruolo di tali soggetti economici è strategico, in

26 V.MAYER-SCHÖNBERGER, K.CUKIER, Big data, una rivolu-zione che trasformerà il nostro modo di vivere – e già minaccia la nostra li-bertà, cit, p.146: "Alcune imprese, grazie alla posizione che occupano nellacatena del valore, potrebbero essere in grado di raccogliere ingenti quantitàdi dati. (...) Per esempio, gli operatori di telefonia mobile raccolgono i datisull'ubicazione dei propri abbonati per istradare le chiamate. Ma [questidati] diventano preziosi quando vengono riusati da aziende che distribuisco-no messaggi pubblicitari e promozionali personalizzati e localizzati".

27 D.PEDRESCHI, F.GIANNOTTI, L'Europa della privacy e della

18

quanto gli permette di aggregare più datasets al fine di estrarre

maggior valore dai dati28. In futuro pertanto, a prescindere dalla

capacità di possedere i dati, saranno proprio gli intermediari a

svolgere le attività più redditizie.

Attualmente, si evidenzia come la posizione favorevole di

questi soggetti, unita alla loro capacità innovativa e alla quantità

di banche dati possedute, sia idonea a determinarne un ruolo

centrale, tanto da delineare una forma di monopolio29. Si pensi a

partecipazione, in IlSole24Ore, 27-10-13: "Il modello Gafa (Google, Apple,Facebook, Amazon) (...) non è l'unico, né il migliore. Esiste un approccioeuropeo, che i data scientists europei e non stanno sviluppando dal basso.Non è necessario, e neanche utile, centralizzare i dati di tutti nei databasedei giganti. E' possibile prendere un'altra strada, sviluppare ecosistemi digi-tali basati sulla partecipazione e sulla trasparenza. Democratizzare i bigdata, attraverso alcune idee forti: la privacy by design e il new deal dei datipersonali".

28 V.MAYER-SCHÖNBERGER, K.CUKIER, Big data, una rivoluzioneche trasformerà il nostro modo di vivere – e già minaccia la nostra libertà,cit, p.182: "Un esempio emblematico è Inrix, un'azienda specializzatanell'analisi del traffico che ha sede nei dintorni di Seattle e aggrega dati intempo reale sulla geolocalizzazione inviati da cento milioni di automezzi inviaggio sulle strade del Nordamerica e dell'Europa. I dati vengono, tral'altro, da vetture BMW, Ford e Toyota, nonché da veicoli commercialicome i taxi e i furgoni adibiti alle consegne. Inrix riceve dati anche dai tele-fonini di singoli automobilisti (ecco dove sta l'importanza delle sue app gra-tuite: gli utenti possono accedere a informazioni sul traffico e forniscono incambio le proprie coordinate) e combina queste informazioni con dati storicisugli andamenti del traffico, sulle condizioni atmosferiche e altri elementicome le fiere, le manifestazioni e gli eventi sportivi: tutto questo per fareprevisioni sui flussi di traffico. Il prodotto che esce dalle sue linee di mon-taggio va a finire sui sistemi di navigazione dei veicoli, e viene usato dai go-verni e dalle flotte commerciali. Inrix è il paradigma dell'intermediario didati indipendente".

29 Naturalmente, tra i soggetti in posizione di vantaggio, ci sono an-che le p.a., che detengono dataset notevoli. Da questa considerazione, si po-trebbe ragionare sulla capacità dei soggetti pubblici di avviare percorsi di

19

Google, a Facebook, o a Amazon: la quantità di dati esponenziale

cui hanno accesso, non paragonabile a quella di un semplice

prosumer, li favorisce nella logica della smart economy, e

consente loro di operare alcune forme di controllo30.

La particolare capacità di elaborare ottimamente i dati,

assicura loro un ruolo preferenziale rispetto ai concorrenti,

generando in tal modo una divisione tra un utilizzo di massa dei

dati da parte di alcune grandi imprese, e di converso, la creazione

di nicchie di mercato per soggetti più piccoli e agili.

Non solo l'utente dei servizi internet viene a trovarsi in una

situazione di soggezione dell'algoritmo, ma con esso, anche le

start up che provino a entrare nel mercato dei servizi web.

Difficilmente troveranno modo di espandersi in un regime di

concorrenza viziato dal forte potere distorsivo di cui sono capaci

valorizzazione in modo simile a quanto avviene nelle grandi imprese infor-matiche, anziché ridursi semplicemente al ruolo di Stato minimo.

V.MAYER-SCHÖNBERGER, K.CUKIER, Big data, una rivoluzioneche trasformerà il nostro modo di vivere – e già minaccia la nostra libertà,cit, p.178: " La visione creativa degli individui e delle imprese che formanola catena alimentare dei big data ci aiuta a ricalcolare il valore delle impre-se. (...) Google raccoglie dati come la parole-chiave delle queries, ha la bril-lante idea di usarle per creare un correttore ortografico. (...) Se vengonosfruttati sapientemente, i big data possono trasformare i modelli di businessdelle imprese e le modalità d'interazione tra partner storici. (...) La capacitàdi raccogliere dati sull'utilizzo effettivo dei componenti si sta rilevando ungrosso vantaggio competitivo".

30 M.RUSSO, In Italia i big data non servono, consultabile suwww.blog.debiase.com: "La conoscenza di queste correlazioni può portare amodelli predittivi di comportamento e a segmentazioni della popolazione inbase a caratteristiche qualitative e comportamentali. Nei fatti, molte delletecniche di data mining sono oggi associate a volumi di dati sempre mag-giori, magari ottenuti da strumenti di big data".

20

le grandi aziende31. Le start up hanno limitate possibilità di

creare business in questo tipo di mercato, e la loro sopravvivenza

dipende dal fatto di essere sufficientemente piccole e flessibili

per mantenere bassi i costi. Inoltre, sempre più spesso, le start up

del settore sono delle imprese a tempo: molti giovani investitori

contano di creare un app mobile, o un servizio, che susciti

l'interesse delle grandi aziende. In seguito, la start up viene

rilevata, i suoi soci talvolta retribuiti per proseguire lo sviluppo

del programma o del servizio32. L'attività d'impresa non viene,

quindi, intrapresa con la prospettiva di creare una realtà che si

imponga sul mercato e si espanda rispetto ai concorrenti, creando

occupazione e crescita economica.

L'impresa start up è un investimento, un'idea di alcuni

innovatori che, una volta sviluppata, può essere venduta per

ottenere una rendita o per continuare l'attività "d'impresa" senza

accollarsi il rischio. Si potrebbe parlare di una sorta di

finanziarizzazione dell'impresa33, dal momento che questa non

31 A lungo Google è stata sottoposta a indagini da parte dell'AutoritàGarante della concorrenza e del mercato europea, con l'accusa di abuso diposizione dominante. Il sistema di indicizzazione delle ricerche di Googlefavorisce, nei primi risultati di ricerca, i servizi offerti dal motore di ricercastesso, rispetto a quelli dei concorrenti.

32 S.COSMI, Facebook compra Whatsapp per 19 miliardi di dollari:è la rivoluzione dei messaggi, in La Repubblica, 19-02-14; C.DAGRADI,Google si compra Nest: dai motori di ricerca ai termostati. Ma perchè? , inFocus, 15-01-14; J.MARKOFF, Google adds to its menagerie of robots, inThe New York Times, 14-12-13; Google compra la startup che separa il la-voro e la vita privata, consultabile su www.repubblica.it;

33 A.SALENTO, La finanziarizzazione delle imprese italiane, consul-

21

venga più percepita come realtà duratura, capace di creare

ricchezza per la società, ma come un investimento personale, o di

un gruppo, in cui l'attività concretamente svolta ha poco

importanza, in quanto lo scopo è quello di ottenere una rendita.

Questa tendenza è ampia, alcune aziende hanno cominciato a

finanziare i dipendenti, dando loro la possibilità di lavorare negli

orari di lavoro, per sviluppare i loro progetti senza la necessità di

creare delle imprese concorrenti: gli uni ottengono finanziamenti

e tempo per sviluppare il progetto, gli altri evitano il formarsi di

concorrenza, e anzi sfrutteranno tali idee al proprio interno34.

Alcuni commentatori non riconoscono il contrasto di

interessi tra grandi corporations e individui, segnalando il ruolo

pubblico di soddisfacimento di bisogni diffusi che tali aziende

private ricoprono35. Tuttavia, lo stesso autore poi commenta "gli

tabile su www.economiaepolitica.it: "Per finanziarizzazione dunque, non vaintesa nè soltanto una modalità di azione economica, né una modalità di ac-cumulazione. Si può proporre, invece, di indicare con questo termine un va-sto fascio di mutamenti della regolazione dell'azione economica. Nella pro-spettiva che abbiamo proposto, in definitiva, finanziarizzazione è un termineche individua alcuni connotati basilari di quel generalizzato ritorno al mer-cato – a un mercato deregolamentato e deistituzionalizzato". A.SALENTO,Finanziarizzazione e regolazione del lavoro: un'alternativa analitica allevulgate del postfordismo, TAO Digital Library, Bologna, 2012, p.66: "Natu-ralmente, a questa debolezza dell'impresa come dispositivo di produzione –che vede quotidianamente rimessa in discussione la sua stessa esistenza –non corrisponde affatto una debolezza della grande proprietà: proprio la ca-pacità della grande proprietà azionaria di modificare costantemente – e inmaniera sostanzialmente inafferrabile e incontrollabile – i connotati dei con-testi produttivi, ne fa un dominus assodato dell'economia contemporanea".

34 IPPOLITA, Luci e ombre di Google, futuro e passato dell'industriadei metadati, Feltrinelli, Milano, 2007, p.26.

35 J.LANIER, La dignità ai tempi di internet, Il saggiatore, Milano,

22

attuali modelli di commercio online creano una nuova divisione

di classe tra chi partecipa appieno all'economia e chi partecipa

solo in parte. E questo vuol dire che non c'è una condivisione di

interessi economici sufficiente a supportare nel tempo la

democrazia"36.

Questa contraddittorietà tra elementi di condivisione e

meritocrazia, processi bottom up e centralizzazione

dell'informazione, trasparenza e controllo, rappresenta un inedito

mescolamento di categorie e culture non pienamente

intelligibile. Dalla lettura di alcuni influenti esperti di

informatica, a parte rilevare un evidente ottimismo per

l'imminente rivoluzione digitale37, si potrebbe comprendere che

la coesistenza di tali categorie, rispecchia una cultura ben

definita, lungi dal rappresentare il punto di vista di commentatori

solitari, o una mera contraddizione. La cultura della rete nasce

dalla cultura studentesca dei campus americani degli anni

settanta38: la tecnologia non è neutra, e i suoi sviluppatori,

2014, p.274: "[Facebook] è un'infrastruttura di cui la persone hanno biso-gno, e quando le persone hanno bisogno di qualcosa chiedono allo stato digarantire che non scompaia. (...) Anche i privati si attendono di avere un ac-cesso costante e sicuro a tali infrastrutture: non è una questione di grandicorporation contro individui".

36 J.LANIER, La dignità ai tempi di internet,cit, p.272.37 E.MOROZOV, L'ingenuità della rete, Codice, Torino, 2011.

L'autore si pone invece in controtendenza, negando che le tecnologie sianodi per sè capaci di favorire un cambiamento politico.

38 M.CASTELLS, Galassia Internet, Feltrinelli, Milano, 2006, p.33:"Gli studenti laureati hanno svolto un ruolo decisivo nel progetto ARPA-NET. Alla fine degli anni sessanta, il Network Working Group, che ha rea-

23

nell'ambito delle proprie ricerche, legittimamente manifestano i

valori che gli appartengono.

La mancata comprensione di quanto questo processo sia

idoneo a influenzare l'evolversi delle relazioni sociali, è foriero di

creare l'accumularsi di forme di potere39, senza che i cittadini o le

piccole imprese possano incidere sull'approccio culturale con il

quale la tecnologia viene proposta. Una volta prospettata tale

divisione tra grandi imprese informatiche e piccole start up, è

necessario chiedersi quale ruolo possa essere attribuito agli open

data. Se si assume che l'economia digitale è foriera di creare

disuguaglianze, e la logica della collaborazione solidaristica

capace di lasciare sola la persona di fronte a una macchina che

non comprende, l'apertura dei dati, da sola, non è idonea a creare

lizzato la maggior parte del progetto dei protocolli di ARPANET era compo-sto principalmente da studenti laureati (...). La maggior parte di questi stu-denti non aveva un approccio controculturale come gli attivisti dei movi-menti sociali dell'epoca. La straordinaria avventura tecnologica che li vede-va protagonisti occupava troppo la loro vita, e non lasciava spazio e tempoper impegnarsi più di tanto nel mondo esterno ai computer. (...) E tuttaviaerano permeati dai valori della libertà individuale, del pensiero indipendentedella condivisione e cooperazione con i loro pari, tutti valori che caratteriz-zavano la cultura dei campus degli anni sessanta. (...) I movimenti di base diinternet, creando reti autonome e sistemi di conferenza, hanno influenzato inmaniera decisiva lo sviluppo dei servizi commerciali negli anni ottanta,mentre le imprese hanno imitato i sistemi di comunicazione creati dalle retialternative".

39 J.LANIER, La dignità ai tempi di internet, cit., p.332: "Talvolta ilmondo trasparente tanto caro ai techies più idealisti potrebbe tenere a bada igoverni, ma rafforzerà anche nuove forme di potere in rete, proprio comerendere open l'informazione e i codici di programmazione ha sostenuto lanascita dei Server Sirena quali i motori di ricerca. Non preoccupiamoci solodelle forme di potere del passato: ci sono anche quelle future".

24

un'economia rispettosa dei principi del welfare state40. Il

paradigma della apertura dei dati, vede con sfavore le norme che

limitano il riutilizzo dell'informazione pubblica, considerandole

formule di enclosures41. L'open government non offre risposte al

consolidamento dei grandi datasets privati. Se con la metafora

delle enclosures, si vuol fare riferimento alle recinzioni delle

terre demaniali dell'Inghilterra del XVII sec., allora si potrebbe

dire che i nuovi latifondi informatici, non vanno individuati nel

PSI, ma in un numero ridotto di aziende, aventi le capacità

tecniche per l'utilizzo dei big data42.

40 S.RODOTA', Il mondo nella rete, quali i diritti, quali i vincoli, La-terza, Roma, 2014, p.38: "Alle tecnologie dell'informazione e della comuni-cazione, infatti, è stata attribuita una virtù, quella di rendere la società piùtrasparente proprio per quanto riguarda la possibilità di controlli diffusi sulpotere. Ma quando l'algoritmo diviene il fondamento stesso del potere eser-citato da un soggetto, com'è nel caso assai enfatizzato di Google, e tutto ciòche lo riguarda è avvolto dalla massima segretezza, allora siamo di fronte auna nuova versione degli arcana imperii, che non tutelano soltanto l'attivitàd'impresa, ma si impadroniscono, direttamente o indirettamente, della vitastessa delle persone".

41 F.CORTIANA, Premessa all'edizione italiana, in C.HESS, E.O-STROM, La conoscenza come bene comune, Mondadori, Milano, 2009, p.XVI: "Fidelizzazione come costrizione: se non puoi recintare i commons re-cinta gli utilizzatori. I latifondisti del copyright e dei servizi di accesso aicontenuti configurano, secoli dopo, una nuova tragedia dei beni comuni".

42 M.RUSSO, In Italia i big data non servono, cit.: "Le società cheimpiegano strumenti che possono inquadrarsi nei big data sono molto po-che; ad esempio Facebook, Twitter, Amazon, Microsoft e Google. In Italia,spesso, l'etichetta big data viene associata a operazioni più tradizionali qualibusiness intelligence e data mining".

25

1.3. Sfruttamento della attività extra-lavorativa per generare

valore: il prosumer.

Per comprendere quanto la smart economy non consideri il

valore dello Stato sociale novecentesco, e come i diritti che

riguardano la gestione dei dati abbiano una natura ottriata, è utile

guardare al soggetto principale dell'economia digitale e della

logica open: il prosumer. Già si è detto che esso viene concepito

come un individuo "imprenditore di se stesso", operoso e attivo

nel tessuto della comunità di appartenenza43. Allo stesso modo, si

è detto che nella costruzione del prosumer ancora si vedono gli

elementi dell'homo oeconomicus, l'essere razionale capace di

attuare un'ottima allocazione delle risorse44. Il tentativo di

affrancamento intrapreso dalla logica della proprietà, a favore

della riscoperta della comunità e della logica del dono, muta di

significato questo modo d'essere del cittadino dell'era

contemporanea45. La catena del valore del dato, a prescindere che

la materia prima si tragga dal PSI, dai dispositivi informatici dei

43 M.FOUCAULT, Nascita della biopolitica, Corso al Collegè deFrance, Feltrinelli, Milano, 2005, p.246: "Non ci troviamo dunque all'inter-no di un meccanismo o di un sistema di scambio dei diritti. Siamo invecedentro un meccanismo della moltiplicazione immediata, che ha la stessa for-ma della moltiplicazione immediata del profitto nella meccanica puramenteeconomica degli interessi".

44 L.VON MISES, Human action: a treatise on Economics, Fox &Wilkes, San Francisco, 1996, p.19: " Human action is necessarily alwaysrational. (...) The ultimate end of action is always the satisfaction of somedesire of the acting man".

45 A.ARVIDSSON, N.PEITERSEN, The ethical economy, ColumbiaUniversity Press, New York, 2013.

26

privati, o dalle banche dati delle aziende, trova comunque alla

sua origine proprio la persona. Persona, e non individuo, perché

viene riconosciuta la dimensione sociale entro la quale questo

opera, per contribuire, tramite la condivisione dei dati, alla vita

della comunità.

Se si considera il dato come fattore produttivo, diventa

evidente un fatto, e cioè che il prosumer, nella sua quotidianità, è

sempre sottoposto a un'attività economicamente rilevante46. Ogni

utilizzo di uno smartphone, tablet o computer, genera dati che

vengono tracciati da società di marketing, o dagli stessi

intermediari che offrono il servizio di cui il soggetto si giova.

Internet non è gratis, si paga con la produzione continua di dati47.

46 C.FORMENTI, Felici e sfruttati, Egea, Milano, 2011, p.38.47 Si riporta di seguito un articolo, che riporta una proposta che si sta

diffondendo, e cioè quella di pagare i prosumers per la loro produzione didati. I termini della discussione vertono sulla possibilità di prevedere dei mi-cro-pagamenti, come sostiene Lanier, o tramite un meccanismo di royalties,o di abbonamenti, che è la proposta dell'articolo che segue. A chi scrive,pare che questa proposta risolva solo marginalmente il problema: il nodo dasciogliere non è tanto il riconoscimento economico dell'attività del prosu-mer, quanto la sua emancipazione rispetto al processo continuo della catenadi valorizzazione del dato, cioè le ripercussioni di tale processo produttivorispetto alla vita democratica. F.GUERRINI, Datacoup, la startup che pagain cambio dei tuoi dati, in La Stampa, 16-02-14: "Datacoup, una startup diNew York, promette a coloro che adoperano i suoi servizi di pagare 8 dollarial mese in cambio dell'accesso alle informazioni provenienti dai loro ac-count di Facebook, Twitter e all'elenco dei movimenti delle loro carte di cre-dito. Secondo quanto proclamato dalla stessa azienda, Datacoup intende"dare potere agli individui democratizzando l'accesso ai dati personali e con-sentendo alle altre persone di trarre dei benefici da un capitale che creanoogni giorno". (...) La startup sarebbe in grado di attingere, a differenza di al-tri, sia ad informazioni ricavate dai social, che a dati finanziari. La correla-zione fra queste due variabili darebbe un valore aggiunto ai report compilati

27

In quest'ottica, anche parte dei dati posseduti dalla p.a., e di cui si

chiede la liberazione nella logica degli open data, non sono altro

che dati generati dal prosumer48. Lo scarto esistente tra il mondo

reale e il mondo virtuale, mira poi a ridursi con la

moltiplicazione dei dispositivi smart, applicati a un numero di

ambiti crescente della quotidianità. L'internet of things e il cloud

computing, vanno perciò intesi nell'ambito della creazione di una

infrastruttura che rende più fluidi i flussi informativi, al fine di

generare interconnessioni e allargare l'acquisizione di materia

prima processabile come big data.

Dal punto di vista del soggetto, si attua una rivoluzione: il

tempo di cui il soggetto dispone al di fuori delle attività

lavorative si riduce notevolmente. Se tradizionalmente, la

distinzione tra il tempo lavorativo e il tempo del riposo indicava

la quantità della vita biologica che ciascuno mette a disposizione

del processo produttivo per contribuire alla vita associata, il

prosumer resta in contatto costante con tale processo di creazione

del valore. Proprio questa è la differenza principale tra il

lavoratore, costituzionalmente garantito rispetto alla sua funzione

nell'economia fordista, e il prosumer, il quale non viene

riconosciuto come soggetto inserito nella dialettica dei fattori

produttivi49. Non solo l'uso delle tecnologie informatiche per lo

da Datacoup".48 IPPOLITA, Open non è free, Feltrinelli, Milano, 2005, p.60.49 Storicamente, la contrattazione collettiva è stata lo strumento con il

quale i lavoratori hanno affermato il diritto al riposo e a un'equa retribuzio-

28

svolgimento dell'attività lavorativa, ma anche le attività ludiche e

ricreative sono soggette alla produzione di dati passibili di essere

riutilizzati. Non si può qualificare tale attività come lavoro, in

quanto, da un punto di vista soggettivo, il prosumer non avverte

la gravosità di tale impiego. Non si può negare che,

oggettivamente, egli crei qualcosa di inesistente fino a poco

prima, immettendo un dato suscettibile di migliorare il futuro

dataset al quale sarà destinato50.

In questo modo, l'attività biologica e intellettuale del

prosumer, è perennemente a disposizione della filiera di

valorizzazione del dato. L'attività extra-lavorativa si riduce

sensibilmente, con ciò intendendosi gli ambiti del quotidiano nel

quale il soggetto è libero di determinare la propria personalità, al

ne. Tuttavia, nello Stato sociale, l'azione sindacale non viene consideratasufficiente, e perciò viene affiancata dalla previsione dell'art.36 della Costi-tuzione, come viene chiarito in G.PERA, Scritti in onore di Giuseppe Pera,Giuffrè, Torino, 2007, p.19: "Potrà quindi ben verificarsi che il contrattocollettivo non realizzi l'optimum sociale, bensì sia il frutto di un contingenterapporto di forza sfavorevole alle avanguardie sindacaliste". Perciò la meto-dologia attuata dall'art. 36 della Carta, viene ricondotta "a tutto quel com-plesso di principii coi quali la nostra Costituzione ha inteso additare una de-terminata soluzione della questione sociale".

50 F.CORTIANA, Premessa all'edizione italiana, in C.HESS, E.O-STROM, La conoscenza come bene comune, cit, p. XVI: "Nell'era digitale,nella società della conoscenza, il vero capitale è costituito dalle persone edalla loro qualità, fatta di esperienza, impegno, idee e modalità relazionali.E' comprensibile che di fronte a una sollecitazione così profonda dei nostrimodelli di relazione sociale e di sviluppo prendano corpo, con consapevo-lezza o meno, approcci di natura omeostatica a salvaguardia di un sistemache ci accompagna da secoli. Sono reazioni di natura normativa e tecnologi-ca finalizzate a ripristinare le condizioni di scarsità relativamente ai conte-nuti informazionali scambiati e scambiabili in rete".

29

di fuori di un processo di creazione del valore avente una

metodologia esogena. Ciò comporta una progressiva estensione

delle categorie economiche a quelle del quotidiano, in una logica

conflittuale con il paradigma dello Stato sociale pluralista.

1.3.1. (Segue): il prosumer tra fattualità economica e

cittadinanza attiva.

La Costituzione e la partecipazione democratica,

necessitano di momenti di aggregazione che siano esenti dalla

logica della produzione del valore. Un tema questo ricorrente,

nell'interpretazione della Costituzione secondo il modello

industriale classico, ma assente nella riflessione rispetto a quella

che è stata denominata la terza rivoluzione industriale51.

Il paradigma open ha trasformato la trasparenza e la

solidarietà in valori non solo strumentali alla realizzazione di una

cittadinanza attiva, ma funzionali a un'attività economica

perenne52. Questa invasione di campo della fattualità economica

51 J.RIFKIN, La terza rivoluzione industriale, Mondadori, Milano,2011. Secondo l'autore, la democratizzazione della comunicazione è idoneaa estendersi al resto dell'economia, con particolare attenzione alle forme diproduzione dell'energia. Questa teoria, estremamente ottimistica rispetto allacapacità di internet di generare uguaglianza, concepisce il prosumer come ilsoggetto virtuoso della bonaria collaborazione, di per sé idoneo a trasforma-re il potere in un'ottica orizzontale.

52 M.FOUCAULT, Nascita della biopolitica, Corso al Collège deFrance, cit., p.240: "La teoria giuridica non è capace di farsi carico di que-sto problema e di risolvere la questione: vale a dire, come governare in unospazio di sovranità popolato da soggetti economici, visto che proprio la teo-

30

nella sfera d'azione della fattualità sociale53, comporta un rischio

per il soggetto, che viene privato di ambiti della vita portatori di

altre istanze, rispetto ai valori dell'autorità cui è sottoposto54.

Esemplificando, si pensi al fenomeno della

personalizzazione, cioè all'utilizzo dei dati del prosumer da parte

delle aziende informatiche, per modulare i servizi in aderenza

alle aspettative o ai bisogni. Questa sorta di personalizzazione di

massa, segue una logica scalare e determina una particolare

invasività della macchina rispetto all'uomo. La maggior parte

degli utilizzatori di internet, ben disponibili ad offrire i propri

dati in cambio di servizi gratuiti per ottenere maggior comodità,

non ha il controllo e non comprende il funzionamento degli

ria giuridica non si adatta, e non può adattarsi all'idea meccanica, alla stessadesignazione e alla caratterizzazione dell'homo oeconomicus. (...) In quantosoggetti di diritto, popolano lo spazio della sovranità, ma all'interno di que-sto spazio sono anche, nello stesso tempo, uomini economici. (...) Risultanogovernabili solo nella misura in cui sarà possibile definire un nuovo insiemeche li comprenderà sia a titolo di soggetti di diritto sia a titolo di attori eco-nomici. (...) questo nuovo campo di riferimento è la società civile".

53 P.GROSSI, Società, diritto, stato: un recupero per il diritto, Giuf-frè, Milano, 2006, p.195.

54 La personalizzazione di massa offerta da Google, si basa sul con-cetto di intelligenza predittiva: grazie al filtraggio di email, post, dati perso-nali, canzoni e video, query, l'algoritmo del motore di ricerca è in grado direstituire all'utente un servizio calibrato sulla base dei suoi bisogni. Lo sco-po è di anticipare le richieste dell'utente, ma non mancano le criticità sulleripercussioni etiche di tale sistema. In E.PASIER, Il filtro. Quello che inter-net ci nasconde, Il saggiatore, Milano, 2012, p.15, si evidenzia come il siste-ma si basi su una "bolla dei filtri" che tende a dare sempre ragione all'utente.Tuttavia, essendo invisibile il metodo usato dall'algoritmo per generare il ri-sultato, l'utente perde in parte il controllo sulla scelta dei propri contenuticulturali.

31

algoritmi che regolano le operazioni di filtro dei contenuti. Il

funzionamento di tali filtri non è trasparente, ma il prosumer non

intende la portata del discostamento, in quanto ritiene che

l'algoritmo restituisca una realtà oggettiva.

Alcuni casi ben documentati, hanno invece evidenziato

come i risultati delle ricerche dei motori di ricerca55, o i contenuti

dei social network56, possano essere soggetti a attività

55 IPPOLITA, Luci e ombre di Google, futuro e passato dell'industriadei metadati, cit., p.18: "Poco prima della causa con American Blind, Goo-gle aveva deciso di rimuovere alcune AdWords acquisite dal gruppo di attivi-sti Oceana. La colpa di Oceana era stata la pubblicazione di denunce ecolo-giste circa l'attività di un grosso investitore di Google, la Royal CarribbeanCruise Lines, usando come keywords dei propri annunci parole come "crui-se vacation" o "cruise ship", normalmente utilizzate per cercare pagine ri-servate a vacanze in barca o simili. La motivazione ufficiale sostiene cheGoogle è un canale neutro, e non vuole essere veicolo di campagne propa-gandistiche atte a discreditare altre aziende".

56 Facebook ha recentemente rivelato i risultati di uno studio condottonel 2012, pubblicato in A.D.I. KRAMER, J.E.GUILLORY, J.T. HAN-COCK, Experimental evidence of massive-scale emotional contagion throu-gh social networks, in Proceedings of the National Academy of Sciences ofthe United States of America, vol.111 n.24, 2014. Tramite l'alterazione deinewsfeed di 689mila profili, è stato possibile alterare lo stato d'animo, posi-tivamente o negativamente, dei soggetti coinvolti. Lo studio parla di "conta-gio emotivo" per evidenziare come l'interazione all'interno del social net-work sia in grado di influenzare le emozioni degli utenti. Lo studio è statoapprovato da due commissioni etiche, non essendo invece stato integrato ilconsenso informato degli utenti coinvolti, sostenendo che sono gli utentistessi a regolare le impostazioni sulla propria privacy, a prescindere dallapresenza di clausole espresse. Si sono perciò sollevate criticità, sul fatto chenon sia possibile per l'utente scoprire se il proprio newsfeed sia stato altera-to. Uno esperimento sociale simile è già stato praticato nel 2010, durante leelezioni di metà mandato negli Stati Uniti d'America. Le evidenze dello stu-dio pubblicato in R.M.BOND, C.J.FARISS, J.J.JONES, A.D.I. KRAMER,C.MARLOW, J.E.SETTLE, J.H.FOWLER, A 61-million-person experimentin social influence and political mobilization, in Nature, 489, 2012, p.295,dimostrano che i messaggi sul social network da parte delle persone che

32

discriminatorie, cioè a scelte determinate dal perseguimento di un

certo scopo. Inoltre, i software che vengono utilizzati

quotidianamente, sono strutturati in modo da prevedere o

escludere determinate azioni. L'assenza di un comando impedisce

al soggetto di esprimersi in un determinato modo (banalizzando,

è possibile dimostrare gradimento utilizzando il tasto "mi piace",

ma non esiste un tasto "non mi piace"), pertanto la generazione di

dati dipende anche dall'interfaccia che il soggetto può utilizzare.

Il prosumer è stato definito come, insieme e

alternativamente, produttore e consumatore57. Egli non è

produttore solo quando utilizza i dati per elaborarli e ottenere

servizi da offrire alla vita associata. Il prosumer svolge sempre

una funzione positiva, di miglioramento del meccanismo,

pertanto sarebbe meglio dire che egli produce fintanto che

consuma. Senza qui riprendere il tema dell'alienazione del

lavoro, caro alla dottrina di derivazione marxista, si vuole porre

l'attenzione sul modo in cui l'uomo si relaziona con lo Stato e le

imprese.

La moltiplicazione delle forme di impresa all'interno del

avevano già votato, erano in grado di influenzare i propri amici generando340mila voti aggiuntivi a livello nazionale. I 600mila utenti coinvolti nellostudio furono divisi in due gruppi: i primi visualizzarono dei banner che ri-cordava loro di presentarsi ai seggi elettorali, affiancando i messaggi degliamici che avevano già votato. I componenti del secondo gruppo non visua-lizzarono i messaggi degli amici, o addirittura, non visualizzarono nessunbanner.

57 D.TAPSCOTT, A.D.WILLIAMS, Wikinomics 2.0, Bur, Milano,2010.

33

corpo sociale, come fondamento dell'open government inteso

come secondo welfare, crea una società del rischio, nella quale

l'uomo è chiamato a liberarsi dal bisogno ricorrendo alla propria

intraprendenza58. Con lui, gli altri consociati sono chiamati a

intraprendere lo stesso gesto culturale di condivisione dei dati,

per permettere all'innovazione di creare nuove opportunità59.

L'apporto del cittadino, in quanto prosumer, viene riconosciuto

nel paradigma della cittadinanza attiva, ma non in quella della

cittadinanza sociale: egli provvede a sè stesso, non chiede allo

Stato di intervenire per lui. Tale attività fondamentale, non trova

un riconoscimento costituzionale capace di rendere incisiva la

partecipazione democratica; manca la responsabilità che, nello

Stato sociale, viene determinata dalla dialettica tra diritti e

58 M.BERGAMI, L'identificazione con l'impresa. Comportamenti in-dividuali e processi organizzativi, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1996,p.36: "L'identificazione con l'impresa spinge le persone ad atteggiamenti im-prenditoriali e proattivi. (...) La fisionomia delle imprese post-industriali, in-fatti, richiede un nuovo modo di intendere il ruolo dei dipendenti: non piùsubordinati, ma collaboratori, cioè persone che utilizzano personalità per ilconseguimento degli obiettivi dell'organizzazione, utilizzando le classichetecniche manageriali".

59 R.JEREMY, Un nuovo mondo? Nelle mani di Mr "Prosumer", inCorriere della Sera, 23-01-12: "Nelle prime due rivoluzioni industriali iconsumatori erano solo clienti che passivamente attendevano di acquistarel'ultima novità, e non erano mai preoccupati delle modalità produttive odell'impatto ambientale. Il capitalismo distributivo significa conferire poterealla gente, milioni di persone possono produrre in proprio informazioni. (...)Il produttore e il consumatore si incontrano, creando la figura del prosumer.(...) La Terza Rivoluzione Industriale porta con sé la democratizzazione del-la imprenditorialità, ma necessita di un approccio profondamente collabora-tivo nel condividere informazioni".

34

doveri, e che rende effettiva la cittadinanza sociale60.

L'esistenza di asimmetrie informative e concentrazioni di

potere, viene poi contrastata tramite elementi che vengono

ricondotti anch'essi a una certa fattualità, anziché utilizzare

un'interpretazione costituzionalmente orientata dei diritti presenti

nella costituzione economica. Ci si riferisce alla dottrina dei

commons, che considera l'informazione come un bene comune.

2. Critica alla configurazione dei dati come beni comuni.

Autorevole dottrina si è chiesta se l'accessibilità della

proprietà, principio contenuto nel secondo comma dell'art. 42

della Costituzione, debba "tradursi nella libera appropriabilità di

determinati beni per via elettronica, secondo una logica dei

commons che tende anche a escludere l'identificazione personale

dei soggetti che accedono"61. Più in generale, la dottrina dei beni

comuni, che coinvolge non solo i dati informatici, ma anche i

beni naturali, nasce in risposta alla dottrina neoliberale delle

privatizzazioni62. Il movimento dei commons, considera l'uomo

60 A.D'ANDREA, Studi in onore di Pierfrancesco Grossi, Giuffrè,Milano, 2012, p. 1080: "Il passaggio dallo Stato liberale di diritto allo Statosociale, oltre che affiancare ai diritti civili quelli sociali e di prestazione, hadeterminato anche una significativa evoluzione della struttura degli stessi di-ritti civili. Nello Stato sociale di diritto, la persona a cui i testi costituzionalifanno riferimento non è l'individuo isolato, bensì la persona considerata nel-la sua proiezione sociale, nella sua esistenza storica e materiale".

61 S.RODOTA', Il mondo nella rete, quali diritti, quali i vincoli, cit.,p.70.

62 Sebbene negli ultimi anni il tema sia particolarmente trattato dalla

35

che agisce razionalmente per ottenere il profitto, la causa del

sovrasfruttamento ed esaurimento delle risorse. Al fine di

perseguire tale risultato egoistico, il costo di produzione viene in

parte o interamente lasciato in capo alla comunità63. Non solo le

criticità rivolte al sistema economico capitalista, e con particolar

riguardo alla finanza, ma anche la crisi dello Stato nel gestire i

beni pubblici, è all'origine delle rivendicazioni del movimento

dei commons: le istituzioni hanno tradito la fiducia dei cittadini,

non sapendo tutelare l'appropriazione egoistica di ciò che è di

tutti. In questa crisi, l'idea su cui poggia tutta la teoria dei beni

comuni: essi originariamente appartengono alla comunità, e a

questa devono ritornare, dal momento che lo Stato non è stato in

grado di gestirli in modo opportuno64.

Questa aspirazione alla riappropriazione, porterebbe a una

dottrina, bisogna rilevare come ai beni comuni sia affidata una forte chiavepolemica, quasi che essi siano la nemesi autogeneratasi dalla dottrina neoli-berale stessa. Volendo rimarcarne la portata rivoluzionaria e utopica rispettoalla contingenza della teoria economica, si rischia di svilire tale fenomeno,che è invece ben più risalente. La riscoperta della categoria dei beni comunicome anomalia del moderno, e il loro tentativo di rimozione durante l'Otto-cento, è invece oggetto di studio in P.GROSSI, Un altro modo di possedere.L'emersione di forme alternative di proprietà alla coscienza giuridica po-stunitaria, Giuffrè, Milano, 1977. Da questa prospettiva, i beni comuni assu-mono una veste deideologizzata, ma si scoprono essere profondamente cala-ti in una realtà storica che a lungo ha tentato di sopprimerli, in quanto segnodi un sistema di valori antico e ancora oggi non compiutamente compreso.

63 G.HARDIN, The Tragedy of the Commons in Science, vol.162,nº3859, 1968, pp.1243–1248.

64 G.GROSSI, Il problema storico-giuridico delle proprietà collettivein Italia, in F.CARLETTI, Demani civici e risorse ambientali, Jovene, Na-poli, 1993, p.20: "Cosa chiedono oggi gli assetti collettivi? Chiedono soltan-to comprensione".

36

gestione ottimale, e rappresenta un'istanza carica di aspettative,

una nuova utopia65. Proprio i rapporti collaborativi reciproci di

cui si compongono le comunità, sarebbero idonei a garantire una

gestione dei beni comuni che realizzi la trasparenza66.

La scarsità e l'iniquità nella distribuzione delle risorse, ha

imposto nell'epoca moderna, una riflessione sulla migliore

modalità della loro gestione67: la dottrina dei beni comuni si

caratterizza per rappresentare un'alternativa, tanto dalle logiche

del mercato, quanto a quelle dello Stato68. La carica utopica dei

65 A.ALGOSTINO, Riflessioni sui beni comuni tra il "pubblico" e laCostituzione, p.5 in Per i dieci anni di Costituzionalismo.it, Fascicolo3/2013: "La qualifica di bene comune segnala il bisogno, e la connessa ri-vendicazione, di tutela, intesa in specie come sottrazione alla logica del pro-fitto e all'utilizzo uti singuli, ovvero, calando il discorso nell'agone politico,come forma di resistenza a fronte di politiche liberalizzatrici e privatizzatri-ci".

66 E.OSTROM, Governare i beni collettivi, Marsilio, Venezia, 2006.L'autrice, insignita del Premio Nobel per l'economia nel 2009 per l'analisidella governance dei beni comuni, rappresenta la dottrina più autorevole cuiè necessario far riferimento per trattare dei beni comuni come terzo genererispetto alla gestione pubblica o privata delle risorse. Alla tesi di Hardin sul-la tragedia dei beni comuni, Ostrom risponde indicando che tale tragedia èevitabile date due condizioni: la valorizzazione della coscienza collettiva ri-spetto allo sfruttamento dei beni, e l'esistenza di rapporti reciproci nelle co-munità di cura dei beni stessi. La comunicazione tra i consociati rende pos-sibile la collaborazione, la quale realizza una gestione dei beni comuni sullabase di un diritto consuetudinario, in quanto questi vengono restituiti allecomunità d'origine.

67 L.BRUNI, Il significato del limite nell'economia dei beni comuni,in Sophia, 2011, p.216: "La tragedia dei commons, per emergere, ha bisognodell'esistenza e della libertà degli individui: per questo è tipicamente un pro-blema moderno".

68 L.PENNACCHI, Filosofia dei beni comuni: crisi e primato dellasfera pubblica, Donzelli editore, Roma, 2012, p. 130: "Il comune vive inuno schema triangolare, muore se pretende di divorare e fagocitare ogni al-

37

beni comuni, consiste proprio nella volontà di mettere in

discussione le due categorie alla base della riflessione

pubblicistica moderna: la proprietà e la sovranità69. Si prospetta

un terzo genere, in quanto la logica di gestione dei beni comuni,

si propone di recuperare la dimensione della vita sociale locale.

Nella riflessione giuridica moderna, l'emergere della

persona singolarmente considerata, ha legato l'appropriazione

individualistica dei beni, alla libertà del singolo70. Le forme

collettive di gestione dei beni, si fondano invece sull'oggetto, in

quanto, particolare attenzione viene rivolta all'organizzazione:

essa deve essere funzionale al perseguimento dello scopo71.

tra dimensione proponendosi come unica polarità. (...) E' auspicabile un rin-novato intervento pubblico che coinvolga una molteplicità di attori (tra iquali le banche, le imprese private, le imprese pubbliche, le imprese a parte-cipazione statale, le imprese cooperative, l'impresa europea, le public utili-ties) e di valorizzare al massimo una pluralità di sfere e di istituzioni: l'asso-ciazionismo, il volontariato, il terzo settore, le reti".

69 M.R.MARELLA, Il diritto dei beni comuni oltre il pubblico e ilprivato, in G.ALLEGRI, M.R.ALLEGRI, A.GUERRA, P.MARSOCCI, De-mocrazia e controllo pubblico dalla prima modernità al web, EditorialeScientifica, Napoli, 2012, p.75: "[I beni comuni superano] l'egoismo pro-prietario quale paradigma fondante del diritto privato, ma anche la sovranitàdello Stato come filtro necessario nella gestione e nel godimento delle risor-se da parte della collettività".

70 G.GROSSI, Il problema storico-giuridico delle proprietà collettivein Italia, cit, p.16: "[Nell'Ottocento] a parte lo Statuto Albertino la vera Co-stituzione era nel Codice Civile. Nel Codice Civile non v'è traccia di pro-prietà collettiva, Dio ne guardi. C'è solo un grande monolito portante rappre-sentato dalla proprietà privata individuale, autentico istituto costituzionaleper lo Stato e per il diritto italiani. Il mostro, e insieme l'eresia [ il collettivi-smo n.d.r.] dovevano essere liquidati, eliminati proprio perché contrari allacostruzione dello Stato borghese".

71 G.GROSSI, Il problema storico-giuridico delle proprietà collettivein Italia, cit. p.14.

38

Questa tensione tra diritti soggettivi, la cui teorizzazione si

fonda sul paradigma della proprietà privata, e i beni comuni, pare

invece venir meno nella proposta della Commissione Rodotà,

incaricata nel 2007 dal Ministero della Giustizia di redarre uno

schema di legge delega per la modifica delle norme del codice

civile in materia di beni pubblici72. Allo scopo di fondare un

regime giuridico dei beni comuni, si indica che essi debbano

essere ordinati a realizzare i diritti fondamentali: i beni della

collettività e non di proprietà pubblica, vanno sottratti alla

gestione e titolarità delle istituzioni rappresentative, per diventare

oggetto di gestione partecipata73.

2.1. Il PSI come bene comune: la privatizzazione dei dati come

risultato inatteso.

Quello che emerge da uno studio panoramico della dottrina

72 E.REVIGLIO, Per una riforma del regime giuridico dei beni pub-blici. Le proposte della Commissione Rodotà, in Politica del diritto, 3/2008,p531.

73 Non è chiaro come si intenda costruire la categoria dei beni comunicome diritti perfetti, azionabili in giudizio, nonostante il fatto che la loro co-struzione – almeno per quanto riguarda le tecnologie informatiche - avvengaall'interno di uno spazio collettivo non pubblico, nel quale lo spazio giuridi-co è recessivo rispetto all'imporsi della fattualità economico-sociale. M.R.-MARELLA, Il diritto dei beni comuni, un invito alla discussione, in Rivistacritica del diritto privato, 2011, p.116: "Qui la categoria dei beni comuni èdisegnata a prescindere dall'appartenenza, cioè dalla titolarità della proprietàsul bene, che può essere pubblica o privata. (...) Ciascuno è legittimato adagire in giudizio lamentando la cattiva gestione del bene da parte di chi ne èformalmente titolare".

39

sul fenomeno dei commons, è uno status giuridico dei beni

comuni alquanto indefinito, poiché essi diventano categoria

giuridica omnicomprensiva di fenomeni tra loro molto diversi74.

Questa tendenza a estendere la categoria dei beni comuni a

un'orizzonte sempre più ampio di fenomeni, si riscontra pure

nella categoria delle tecnologie informatiche.

Le stesse istanze di riappropriazione, la logica

collaborativa del dono, la comunità come luogo della

trasparenza, sono condivise dal movimento open. Gli open data

condividono un'origine genetica con il movimento dei beni

comuni, e infatti non manca chi definisce internet, e i dati della

p.a., come beni comuni immateriali, o come beni pubblici

globali75. Effettivamente, quando si chiede la liberazione dei dati

al fine di realizzare il paradigma open data, non si fa altro che

rivendicare una riappropriazione dei dati. Lo Stato viene visto

come riluttante, sconsiderato, poiché i dati appartengono

originariamente alla comunità, che anzi, non se ne è mai privata.

Grazie ai dati, dice il movimento open, la società civile può

produrre quei servizi di cui ha bisogno, in quanto i dati sono

74 A.ALGOSTINO, Riflessioni sui beni comuni tra il "pubblico" e laCostituzione, cit., p.12.

75 C.HESS, E.OSTROM, La conoscenza come bene comune, cit,p.297; L.GALLINO, La conoscenza come bene pubblico globale nella so-cietà delle reti, consultabile su www.csipiemonte.it; J.E.STIGLITZ, Know-ledge As a Global Public Good, in I.KAUL, I.GRUNBERG, M.A.STERN,Global Public Goods. International Cooperation in the 21st Century, Uni-ted Nations Development Programme, New York, 1999.

40

connotati dall'assenza di rivalità nel loro riutilizzo, nonché da

bassi costi di distribuzione e di transazione ai fini dell'accesso76.

Le esternalità di rete realizzate dagli open data, sono

sufficienti a incorporare i dati aperti nel concetto di beni comuni?

Questo punto appare critico, in quanto gli open data, alla luce

della fisionomia della smart economy, si pongono in modo

contraddittorio, sia rispetto alla non rivalità in quanto beni, sia

rispetto al loro legame con la comunità. Sotto il primo profilo, i

dati informatici si considerano privi di rivalità in quanto l'utilizzo

di un dataset da parte di un soggetto, non ne limita l'utilizzo da

parte di un altro. Per questo motivo, lo strumento per garantire

l'uguaglianza è il libero accesso ai dati, che viene sovente

riproposto come il principio su cui modulare l'economia della

conoscenza77.

Ma questo accesso, pur essendo uguale per tutti gli

stakeholders, non li rende eguali: il ruolo degli intermediari

nell'economia digitale, si è visto essere capace di vanificare la

realizzazione di un'effettiva concorrenza, non essendo automatica

la riduzione delle asimmetrie informative. Se si ritiene che i costi

di liberazione dei dati del PSI siano già stati sostenuti dal

contribuente, non solo non si evita l'incorrere in una doppia

marginalità, ma non si pone nessun tipo di limite al riutilizzo

76 J.RIFKIN, The Zero marginal cost society, cit., p.155.77 T.FROSINI, Il diritto costituzionale di accesso a internet, in Rivi-

sta AIC, 2010.

41

commerciale78. In tal modo, il principio di assenza di rivalità dei

dati, diviene strumentale alla produzione di una materia prima

informatica, con un effetto contraddittorio rispetto allo scopo

iniziale di evitare le enclosures.

Sotto il secondo profilo, cioè il legame tra dati aperti e

comunità, gli open data, proprio perché beni immateriali, non

intrattengono un rapporto diretto con la comunità, se non nella

loro fase di produzione, all'inizio della filiera del valore dei dati.

Non si parla di campi da coltivare, o di beni naturali, facilmente

78 L'opinione comune, considera doverosa la gratuità degli open data,in ragione del fatto che l'utente è anche contribuente, e perciò ha già pagatola p.a.. Alcuni rilievi, si possono fare a proposito di questo pensiero. In pri-mo luogo, non è corretto dire che l'utente abbia già "pagato" i dati con laloro creazione nelle banche dati della p.a.: si è visto che lo Stato può doverinvestire molte risorse per finanziare correttamente la catena di valore deidati (si pensi solo all'assunzione di figure professionali dedicate). Il denarodei contribuenti, è perciò utilizzato, o almeno dovrebbe, per l'implementa-zione delle piattaforme open government, nonché per il personale, creazionedell'infrastruttura informatica, commissioni di lavoro ecc. Queste attivitànon sono connaturate all'attività istituzionale della p.a.. In secondo luogo,gli open government data sono estraibili da chiunque, perciò i dati del con-tribuente di uno Stato, potrebbero andare a vantaggio di un contribuente diuno Stato estero. In ragione, si dice, dell'orizzonte globale di internet, questoproblema non si dovrebbe porre: i benefici sarebbero reciproci, il prosumerun cittadino cosmopolita. Eppure, le problematiche circa il digital dividesono all'ordine del giorno, come pure i rilievi circa il ruolo delle aziende diinformatica. Sulla base di questi elementi della realtà, ha senso continuare adire che, in ogni circostanza, lo Stato, omettendo il costo sui dati, guadagne-rebbe in termini di produttività dei servizi prodotti dai prosumers, nonché intermini di crescita dell'occupazione? Il d.lgs. 36/2006, attuava una politicadi riutilizzo dell'informazione pubblica in modo tale da ottenere un utile, colquale finanziare l'attività istituzionale della p.a. Le politiche sulle tariffe delPSI rimangono un tema caldo di dibattito, ma è bene rimarcare il fatto chenon si tratta di un argomento "tecnico". Sarebbe bene includere i prosumersin tali scelte, per individuare dove stia la convenienza.

42

individuabili da parte della comunità.

Nei beni comuni classici, gli speculatori sono facilmente

estromessi dalla gestione del bene, assicurando la realizzazione

di una collaborazione solidale. L'economia digitale basata sui big

data, consente un'appropriazione indiscriminata dei dati79, senza

che il prosumer sia consapevole dello Stato in cui i server

memorizzano i suoi dati, con quali altre banche dati essi vengano

incrociati, secondo quale normativa, per quale scopo80.

Questi elementi di forte criticità, rispetto alla solidarietà

che gli open data dovrebbero creare nella comunità, limita

l'assunto per il quale la smart economy sia connotata dall'assenza

di rivalità e escludibilità nel consumo dei dati81. Anche se sono

fisicamente incapaci di venir consumati, è proprio il loro

continuo rigenerarsi nella catena del valore, a determinare una

progressiva perdita di legame con i prosumers iniziali.

79 L.LESSIG, Free culture, how big media uses technology and thelaw to lock down culture and control creativity, Penguin Press, New York,2004.

80 M.R.MARELLA, Beni comuni. Oltre l'opposizione natura/culturain Lettera internazionale, n.113, 2012, p.14: "Sul fronte della produzione edella condivisione della conoscenza in internet la tecnologia del cloud com-puting sta mettendo probabilmente in atto il terzo movimento delle recinzio-ni".

81 U.MATTEI, Beni comuni, un manifesto, Roma-Bari, Laterza, 2012.

43

2.2. Lo spazio collettivo non pubblico e il rinnegamento dello

Stato.

Nel momento in cui i settori del no profit, o quello del

commercio, siano entrambi ritenuti capaci di realizzare l'utilità

sociale, la logica del dono non è sufficiente a garantire la

perpetuità del vincolo sociale. Nulla impedisce allo speculatore

di estrarre valore dal PSI per finalità in conflitto con l'utilità

sociale, o di distogliersi dalla relazioni di rapporti reciproci, con

cui la comunità cerca di realizzare una redistribuzione equa del

valore prodotto dai dati. Configurare gli open data come beni

comuni, parrebbe riproporre la tragedia dei commons anziché

esaurirla, e l'invocazione di uno Stato che si faccia da parte per

permettere l'innovazione, è per ora strumentale alla

privatizzazione dei dati della pubblica amministrazione.

Pur sempre di una privatizzazione sui generis si tratta, in

quanto il dataset rimane a disposizione della comunità. Tuttavia,

essa non può sapere di quali dati personali sia già a disposizione

il soggetto che utilizzi gli open government data, e sopratutto,

quali conseguenze comporti l'utilizzo incrociato dei due datasets

con altri eventualmente acquisibili. Parlare di un'unica comunità,

basata su rapporti solidali e trasparenti, nega l'evidenza di una

fisionomia della smart economy, nella quale alcuni soggetti

economici sono liberi, loro si, di accedere liberamente a una

maggior quantità di informazioni. I servizi offerti dagli

44

intermediari informatici, ripropongono il teorema della mano

invisibile, forse addirittura nell'accezione di Mandeville82: il largo

utilizzo di social network, motori di ricerca, servizi online,

ingloba per il momento la maggior parte della produzione di

valore dei dati della smart economy83.

Per questo motivo, definire i diritti sociali come beni

comuni, come ha proposto parte della dottrina, tradisce la

fisionomia storica dello Stato sociale84. Esso non si limita

semplicemente a garantire l'accesso a tutti di un bene (o si si

preferisce, "l'uguaglianza formale"), ma ne permette un controllo

democratico attraverso degli strumenti di inclusione ( utilizzando

un termine con il quale gli "open data evangelists" hanno poca

dimestichezza: "l'eguaglianza sostanziale")85.

82 S.NESPOR, L'irresistibile ascesa dei beni comuni, p.3 consultabilesu www.federalismi.it: "Non vale, per questi beni, il principio sostenuto daAdam Smith secondo cui, per effetto della mano invisibile del mercato, gliinteressi personali dei singoli (anche se frutto di vizi secondo il celebre afo-risma di Mandeville) conducono sempre all'interesse collettivo".

83 E' indubbio che, sebbene inizi a farsi strada nell'opinione pubblicauna certa consapevolezza circa i profitti generati dal business dei dati perso-nali dei suddetti enti economici, la comodità che tali servizi offrono pone insecondo piano la lesione subita nella sfera della privacy. L'opinione comuneritiene che il consenso informato, sia sufficiente a responsabilizzare la per-sona sull'utilizzo dei propri dati: una piccola rinuncia alla privacy non puòche giovare al fine dell'utilizzo di servizi gratuiti. Manca perciò uno sguardod'insieme, e la comprensione del valore effettivo che ogni dato, anche il piùbanale, può assumere all'interno della smart economy.

84 T.SEPPILLI, Salute e sanità come beni comuni: per un nuovo si-stema sanitario, in ESPS, 2010.

85 Per una puntuale riflessione sul meccanismo dell'art.3 Cost. si vedaL.CARLASSARE, Conversazioni sulla Costituzione, Cedam, Verona, 2004,p.17.

45

La stessa dottrina dei beni comuni, ha sostenuto che la

Costituzione non conosce la tripartizione tra beni pubblici-

proprietà privata-beni comuni86. I limiti posti alla proprietà

privata nella Costituzione economica, sarebbero perciò un

sintomo dell'imminente superamento della dicotomia

pubblico/privato, permessa dall'avvento della categoria dei

commons. Secondo tale chiave interpretativa, la soggezione della

proprietà alla funzione sociale, come indicato negli articoli 42 e

43 della Costituzione, permetterebbe alla comunità dei cittadini

di gestire le risorse87.

La lettura dei lavori dell'Assemblea Costituente, cui si

rimanda nel primo capitolo, restituisce invece una prospettiva

parzialmente diversa. Certamente, non si parla di commons tra i

costituenti, eppure, nell'affrontare il tema della riforma agraria,

essi hanno posto al centro il tema della limitazione dei latifondi.

Tale limitazione non si è tradotta, in Costituzione, nella

86 M.R.MARELLA, Il diritto dei beni comuni, un invito alla discus-sione, cit., p.106.

87 M.R.MARELLA, Il diritto dei beni comuni, un invito alla discus-sione, cit., p.106: " (...) la funzione sociale cui la costituzione italiana subor-dina la tutela della proprietà privata sia spesso sinonimo di tutela del comu-ne. (...) E certamente è significativa un'altra norma costituzionale, l'art. 43,riportata alla ribalta dalle mobilitazioni finalizzate a ridare all'acqua lo statu-to giuridico di un bene comune". Il richiamo all'art.43 tradisce tuttavia unfatto, e cioè che la comunità, per poter gestire il servizio, avrebbe bisogno amonte dell'attività espropriativa dello Stato nei confronti dei privati. Talelettura appare perciò contraddittoria rispetto alle rivendicazioni del movi-mento open, come pure la configurazione della funzione sociale come merolimite nei confronti dei privati.

46

mera limitazione della proprietà privata operata dall'articolo 42. I

costituenti riconoscono il ruolo svolto dalle comunità nel

territorio88, la loro preesistenza rispetto al momento costituente

dello Stato89, la creazione di vincoli sociali attraverso il lavoro

del movimento mutualista. L'art.45 riconosce, perciò, un

elemento estraneo allo Stato, incorporandolo in esso, generando

in tal modo una tripartizione delle modalità di impresa. Non si

riscontra, invece, tale ottica inclusiva nello status giuridico degli

open data come beni comuni. Essi fondano la rivendicazione del

comune in uno spazio collettivo non pubblico: Internet90.

Tale pratica di cittadinanza intenderebbe sottrarre i rapporti

sociali dalla mercificazione. Si veda perciò la portata del

rovesciamento: la produzione di dati da parte del prosumer

consente un'accelerazione, anziché un calmieramento, della

fattualità economica. L'esercizio della cittadinanza sul piano

88 L'art.44 della Costituzione non solo "impone obblighi e vincoli allaproprietà terriera privata" ma "promuove ed impone la bonifica delle terre,la trasformazione del latifondo, e la ricostituzione delle unità produttive;aiuta la piccola e la media proprietà".

89 L'art.45 della Carta recita: "La Repubblica riconosce la funzionesociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazio-ne privata".

90 A.ALGOSTINO, Riflessioni sui beni comuni tra il "pubblico" e laCostituzione, cit., p.4: " I beni comuni sovvertono le strutture economiche,le sovrastrutture giuridiche, le forme di organizzazione sociale e politica esi-stenti? (...) Ragionare sul bene comune in senso astratto, espone facilmenteal rischio di strumentalizzazioni e/o approcci totalitari, accedendo facilmen-te all'idea del sacrificio del singolo, o di una minoranza, o delle differenze,sull'altare del bene comune, o mistificando la presenza di interessi divergen-ti, se non opposti, negando, in nome di un fantomatico bene comune, l'esi-stenza del conflitto":

47

della fattualità, la allontana dal territorio sicuro della cittadinanza

sociale91. Si compie così un fraintendimento del ruolo dello Stato:

anziché come comunità di comunità, ente incluso ed includente,

esso appare ancora come il Leviatano. Da critiche opportune

muovono il movimento dei commons e il movimento open,

eppure, gli open data intesi come beni comuni rischiano di

consegnare il pubblico al privato92.

La salvaguardia del bene comune non può che tradursi

nella riscoperta di un percorso condiviso, politico, di inclusione,

per recuperare le tutele approntate dallo Stato sociale. Lo Stato

deve, allora, interrogarsi sulla gestione operata dalle proprie

istituzioni, in quanto la sua crisi non è da imputarsi solo alle

difficoltà finanziarie. Sono gli stessi cittadini che rinnegano lo

Stato come spazio comune93. Delusi dalle promesse inattese,

91 P.GROSSI, Il diritto nella storia dell'Italia unita, Editoriale Scien-tifica, Napoli, 2012, p.25: "Accanto ai normali produttori di diritto, (...) altriproduttori si profilano, i protagonisti del potere economico, e, accanto ainormali canali giuridici ufficiali, altri se ne formano, canali non ufficiali, ca-nali privati ma provveduti di quel grosso privilegio che è l'effettività e dellaquale i primi sono spesso ormai carenti".

92 P.GROSSI, La formazione del giurista e l'esigenza di un odiernoripensamento metodologico, in Quaderni fiorentini, 2003, p.31: "Il monopo-lio dello Stato è messo in crisi da una proliferazione e frammentazione difonti produttrici sia sul piano ufficiale che su quello dell'effettività quotidia-na. La rigida visione potestativa del diritto, indiscutibile per i nostri padri, sista vistosamente sgretolando particolarmente nel campo del diritto privatodove il mutamento sociale ed economico, ma ancor più le mirabolanti novitàdella tecnica in continua rincorsa, rèlegano ben spesso in un paleolitico giu-ridico le previsioni contenute in autorevoli quanto inutilizzabili testi legisla-tivi, facendoci assistere al loro progressivo svuotamento ad opera di una so-lerte autoregolazione dei privati".

93 P.GROSSI, Il diritto nella storia dell'Italia unita, cit., p.11: "Occor-

48

dalla corruzione, dal depauperamento dei territori locali, essi non

compiono un atto rivoluzionario, ma un ripiegamento nella

dimensione collettiva. La proprietà pubblica, non è "di ciascuno",

e il comune diventa la categoria che si insinua negli interstizi

della dicotomia di pubblico e privato. Questa emorragia dello

Stato, comporta il rinnegamento dello Stato sociale94.

Al fine di recuperare le categorie della solidarietà e del

mutualismo nell'originaria inclusione costituzionale, è necessario

perciò leggere nel principio della funzione sociale, non un mero

limite, ma il meccanismo della sintesi inclusiva di tre sistemi di

valori dell'agire economico. La riscoperta del collettivo, può

garantire negli open data uno degli strumenti dell'estensione

della partecipazione democratica. Perché tale operazione abbia

successo, è necessario che l'open government valorizzi

positivamente il pluralismo. Se l'accountability si riducesse solo

alla propaganda dell'impenditorialità del prosumer, gli enti che

maggiormente godono delle opportunità della smart economy,

continuerebbero a creare rotture nei legami coesivi di cui si

re che lo Stato riscopra la complessità della società e se ne nutra; il rischio è,altrimenti, l'inaridimento e il distacco dalla vita, ossia dalla storia".

94 G.TIEGHI, Fiscalità e diritti nello Stato costituzionale contempo-raneo. Il contribuente partner, Jovene, Napoli, 2012, p.103: " La crisi che laforma di Stato contemporanea sta attraversando, denominata con i più sva-riati epiteti ed espressioni metaforiche che rinviano alla situazione di stresscui è sottoposto lo Stato di diritto, dà conto, infatti, oggi più che mai, di dueinconfutabili devianze: da un lato, dell'incompiutezza delle grandi idee libe-rali e, dall'altro, dell'infrangersi del sogno che gli uomini siano governatidalle leggi, e non dal volere incontrollato di altri uomini".

49

compone l'open society95.

3. Il criterio costituzionale di funzione sociale. La fattualità del

diritto come origine della crisi dello Stato.

La tensione tra lo Stato e il collettivismo, è una caratteristica

della modernità, e l'elemento che determina il continuo

peregrinare dello Stato verso la ricerca di una nuova forma96.

Sotto questo punto di vista, l'obiettivo polemico della teoria dei

commons, ovvero la dottrina economica neoliberale, sebbene

individui l'origine concreta delle politiche di privatizzazione, non

coglie il fenomeno con respiro più ampio. Le istanze pluralistiche

della società, allora rivolte allo Stato monolitico, sono già state al

centro del dibattito giuspubblicistico di inizio Novecento97.

95 M.BERTOLISSI, Contribuenti e parassiti in una società civile, Jo-vene, Napoli, 2012, p.25: "Se la politica è venuta meno ai suoi compiti rego-latori (...) ciò è dipeso da numerose circostanze, senz'altro, ma anche dallaperdita delle idee che stavano alla base, ad esempio, dei dibattiti di Putney:alla base di un discorrere che aveva, quale suo termine ultimo e radicale diriferimento, la limitazione e la responsabilizzazione del potere, che deve ne-cessariamente avere, come sbocco, la resa del conto".

96 P.GROSSI, Mitologie giuridiche della modernità, Giuffrè, Milano,2007, p.158: "Lo Stato moderno, anche nella sua oggi usuale strutturazionedemocratico-parlamentare, è sempre apparato di potere, è sempre un nodoscorsoio che soffoca il sociale frenando e contenendo il suo spontaneo plu-ralismo.(...) E si capisce perché lo Stato si armonizzi bene con l'individuo eassai meno con la persona; perché l'individuo ha una sua proiezione econo-mica e, ove sia protetto in questa sua proiezione, non ha invadenze e nonmette a rischio la compattezza del potere".

97 S.ROMANO, L'ordinamento giuridico, Sansoni, Firenze, 1977.L'illustre autore, ebbe il merito di svincolare le fonti del diritto dalla logicaStato-legge, per recuperare il ruolo dello Stato come emanazione della so-cietà. Santi Romano riconosce, perciò, le istanze della società civile comeorigine della crisi dello Stato. E' chiaro, infatti, che il dato fattuale da cui

50

E' necessario, perciò, inserire la contingenza della

discussione sui beni comuni e sul PSI, all'interno di tale dibattito.

Il recupero, da parte dello Stato, della complessità della

compagine sociale, è al centro del fenomeno di transizione della

forma di Stato: tale processo continua a determinare, ora come in

passato, movimenti storici di inclusione ed esclusione, o di auto-

organizzazione da parte della società civile, in un continuum di

plurimi tentativi di equilibrio, di cui difficilmente si comprende

la direzione unitaria.

All'origine di tale rivendicazione della fattualità del

diritto98, vi si potrebbe riconoscere il medesimo nucleo

problematico del liberalismo economico ottocentesco, e perciò,

muove l'analisi dell'autore, è l'avanzare dei partiti di massa e del sindacali-smo. Sul punto, si rimanda a P.MARCHETTI, L'essere collettivo: l'emersio-ne della nozione di collettivo nella scienza giuridica italiana tra contrattodi lavoro e Stato sindacale, Giuffrè, Milano, 2006, p.164. Tuttavia, non bi-sogna confondere la dottrina di Romano per una teoria sociologica, egli in-fatti rimane un giurista puro, come ben espresso in R.TREVES, Introduzio-ne alla sociologia del diritto, Einaudi, Torino, 1977, p.62; S.CASSESE,Ipotesi sulla formazione de "l'ordinamento giuridico" di Santi Romano inQuaderni fiorentini, 1972, p.244.

98 G.ZAGREBELSKY, Premessa, in C.MORTATI, La costituzione insenso materiale, Giuffrè, Milano, 1998, p.XXVII: "Innanzitutto, la centralitàdella costituzione rispetto a quella dello Stato. La scienza costituzionale cheproveniva dal passato liberale assumeva come fulcro delle sue concezioni loStato, nella sua visione metaforica ma piena di significato giuridico, di per-sona sovrana. (...) La crisi dello Stato a cavallo dei due secoli, di cui parlavail famoso saggio di Romano, non permetteva più questa tranquilla certezza.(...) Tutti i concetti della scienza costituzionale del passato vengono polariz-zati in modo nuovo, dallo Stato come obiettività, neutralità, unità, sovranità,ecc., alla politica, come soggettività, parzialità, conflitto. La politicizzazionedel diritto costituzionale si accompagna alla consapevolezza del necessarioarricchimento del contenuto materiale della costituzione".

51

come reazione, del costituzionalismo liberale novecentesco.

Autorevole dottrina ritiene che "il liberalismo economico è al

cuore dello Stato così come è architettato dalla Rivoluzione e

realizzato da Napoleone e dalle democrazie parlamentari

ottocentesche99; il Codice Civile, dove trovano salvaguardia

proprietà e contratto, è la vera costituzione, ossia la vera norma

fondamentale di quell'ordine. (...) L'ampio liberalismo economico

non può non tradursi sul piano giuridico in un autentico

assolutismo, ossia in un regime che non dà spazio a

modificazioni della strutturazione borghese di Stato e società"100.

Non si vuole qui proporre un paragone, che sarebbe certamente

inappropriato, tra l'esperienza giuridica liberale ottocentesca, e la

smart economy. Tuttavia, riconducendo il tema in esame

nell'alveo dei rapporti che hanno connotato lo Stato e la società

nell'epoca moderna, a prescindere cioè dalla contingenza, emerge

un elemento comune ricorrente.

La problematicità della fattualità economica, si impone

99 Su questo punto, è bene precisare che tale tensione tra Stato e so-cietà civile, è propria dell'esperienza europea continentale. Il diverso percor-so costituzionale del costituzionalismo liberale negli Stati Uniti d'America èinvece descritto in G.TIEGHI, Fiscalità e diritti nello Stato contemporaneo.Il contribuente partner, cit., p. 63: "Una diversa sensibilità che porta a pen-sare allo Stato da una parte, in Europa, "come guardiano del pubblico inte-resse, al di sopra dell'interesse dei cittadini" e, dall'altra, invece, negli StatiUniti – ma anche in altri paesi di common law come l'Australia -, come enti-tà identificata nel gruppo di individui che "non riconosce alcun pubblico in-teresse al di là degli interessi aggregati degli individui che formano la socie-tà" e, dunque, lo Stato stesso".

100 P.GROSSI, Il diritto nella storia dell'Italia unita, cit., p.9.

52

ora, attraverso le pratiche di cittadinanza promosse con gli open

data. Ragionare sull'open government, non vuole dire forse,

interrogarsi su quale sia il rapporto contemporaneo tra cittadino e

Stato? Di conseguenza, come individuare un nuovo fondamento

della cittadinanza, a partire dalla conformazione della cultura

sociale, politica, economica101? Si può perciò condividere una

metodologia: le istanze di trasparenza, solidarietà,

partecipazione, se non lette alla luce della costituzione

materiale102, sono anch'esse foriere "di tradursi sul piano

giuridico in un autentico assolutismo". La società ottocentesca

trovava il suo fondamento genetico nella proprietà e nel

contratto, tanto che il Codice Civile veniva considerato "la vera

costituzione".

Per il cittadino dello Stato-nazione liberale ottocentesco,

l'uguaglianza aveva una valenza meramente formale: la

101 A.BARBERA, Dalla Costituzione di Mortati alla Costituzionedella Repubblica, in C.MORTATI, Una e indivisibile, Giuffrè, Milano,2007, p.14.

102 D'altro canto, è bene accostarsi a tale concetto fondamentale dellagiuspubblicistica, con la dovuta cautela. Troppo spesso il pensiero di Morta-ti è stato travisato, o usato in modo inappropriato. L'autore stesso, è chiaronei suoi intenti in C.MORTATI, La costituzione in senso materiale, Giuffrè,Milano, 1998, p.33: "La presente ricerca, non è diretta a spiegare il mododel sorgere e del sussistere di un diritto sociale, distinto o contrapposto aquello dello Stato, diritto che può senz'altro ammettersi sulla base del princi-pio della pluralità degli ordinamenti giuridici e quindi della separabilità delconcetto di diritto da quello di Stato, e neppure è diretta a rinvenire fonti di-verse da quelle legali positive, da giustapporsi dualisticamente a queste, madi trovare invece il principio che conferisca giuridicità ad esse e le unifichiin un'entità più comprensiva".

53

mancanza di ostacoli giuridici all'acquisizione della proprietà; la

parità giuridica all'interno del contratto.

Il proprietario si può considerare il protagonista della

civiltà moderna103. Allo stesso modo, il prosumer non vedrebbe in

alcun modo tutelata, dall'ordine costituzionale, la sua

partecipazione ai flussi informativi, se non mediante il

riconoscimento dell'accesso all'informazione, al fine di garantirne

l'uguaglianza formale. La divisione, vertiginosa, che l'economia

digitale comporta tra gli agenti economici, è funzionale solo a

determinati soggetti: si assiste a una fattualità economica che

emerge, soverchiando la fattualità della società104. L'analisi della

smart economy, come economia dell'accesso, evidenzia una

capacità informante nei confronti dei rapporti sociali, generando

conformismo anziché incentivare, come dovrebbe fare una

governamentalità open, una partecipazione sociale complessa.

La regressione del pluralismo dello Stato sociale, a forme

di liberismo più marcato, deve perciò interessare il giurista, e non

solo lo studioso di storia o di scienze sociali105. La regressione

103 P.BARCELLONA, L'individualismo proprietario, Bollati Borin-ghieri, Torino, 1987, p.13.

104 G.GROSSI, Società, diritto, Stato: un recupero per il diritto, cit.,p.309. L'era attuale è un'era del postmoderno giuridico, un'epoca di transi-zione, nella quale la crisi delle fonti è provocata pure dalla forza che le mul-tinazionali esercitano nello spazio pubblico di sovranità dello Stato.

105 D'altronde, la particolarità dei fattori produttivi, ha già imposto inpassato un cambiamento, nella direzione del recupero di un pluralismo giu-ridico. E' il caso del diritto agrario e del diritto del lavoro, nati dalla necessi-tà di descrivere un rapporto tra l'uomo e le cose differente, rispetto alla logi-ca della proprietà omnicomprensiva, del Codice civile dello Stato liberale

54

dello schema classico della proprietà, nell'economia digitale, e

l'avanzare del paradigma dell'accesso ai dati, sta producendo un

sistema economico connotato da forti squilibri, sia informativi,

che di ricchezza, nonostante le previsioni, in senso contrario,

suggerite dai testi classici106.

Gli open government data non sono, perciò, concepiti per

svolgere una funzione di calmieramento delle dinamiche della

smart economy. Sono invece un meccanismo di approntamento di

materia prima di alto valore a basso costo, poiché il ruolo di

calmieramento viene individuato nel mercato in sé e per sé

considerato107. Nonostante l'open government richiami le

categorie del pluralismo e della complessità, quali la solidarietà,

la comunità, la cittadinanza attiva, la smart economy racchiude in

sè un'impostazione economica tipicamente liberale. L'analisi

della fisionomia della catena della creazione del valore, delle

asimmetrie informative a favore delle grandi aziende, e della

trasparenza crescente nella vita della persona, rilevano

ottocentesco.106 K.MARX, Il capitale, Newton Compton, Roma, 2008.107 E.FERRO, M.OSELLA, Modelli di business nel Riuso dell'Infor-

mazione Pubblica, cit., p.11. Si pensi alla normale concezione dello sfrutta-mento del PSI: l'informazione downstream, secondo i commentatori, è capa-ce di raggiungere un equilibrio grazie alla mano invisibile del mercato, men-tre l'informazione upstream, detenuta solo nel PSI, non è soggetta a concor-renza. Ciò comporta che, se si richiede al PSI di disaccorpare informazioneupstream dall'informazione downstream, si vuole per la p.a. un ruolo dimero fornitore nel gestire l'informazione upstream all'inizio della filiera. Intal modo, la p.a. non concorre con i fornitori di informazione downstreamche si trovano in un momento successivo della catena del valore del dato.

55

l'incapacità di attuare una transizione compiuta verso una forma

di Stato che realizzi l'eguaglianza sostanziale. Non è sufficiente il

richiamo alla collaborazione, alla trasparenza, per assicurare la

democratizzazione dell'imprenditorialità108. E' necessario

l'interessamento della dottrina giuspubblicistica, affinché i dati

vengano considerati quali fattore produttivo da includere nel

sistema della Costituzione economica, in modo analogo a quanto

avvenuto per il collettivismo con le costituzioni della seconda

metà del Novecento.

Nel primo capitolo si è analizzata l'origine dello Stato

sociale, e la sua caratteristica principale: l'inclusione del

collettivismo, della società civile, in uno spazio pubblico che

garantisse il pluralismo. Riconoscendo, nella fattualità sociale, il

fondamento della fattualità del diritto, si è resa possibile

l'inclusione dei gruppi sociali in una sintesi complessa. Alla luce

della trasformazione del sistema economico, ci si chiede come - e

se - applicare tale metodologia costituzionale ai nuovi problemi.

108 P.BARCELLONA, L'individualismo proprietario, cit., p.42:"L'eguaglianza sostanziale non può non essere un correttivo dell'eguaglianzaformale; è anzi il suo contrario proprio perché ripropone il primato della so-stanza sulla forma. (...) Il principio di eguaglianza sostanziale è la negazionedella positività del diritto".

56

3.1. I rapporti sociali come fattualità economica, tramite la loro

proiezione come dati.

Nell'economia del secondo dopoguerra, si garantì un accesso

costituzionalmente tutelato ai fattori produttivi, e anzi, il venir

meno delle concentrazioni di potere del sistema previgente, era

condizione dell'esercizio democratico. Nella transizione da

un'economia della proprietà a un'economia dell'accesso, il

contenuto dell'articolo 42 diventa di più oscura previsione, in

quanto la locuzione "renderla accessibile a tutti109" apparirebbe

un pleonasmo: la liberazione dei dati, l'approntamento della

banda larga, renderebbero effettivo, di per sè, l'accesso alla smart

economy, se si volesse ragionare secondo la vulgata della

filosofia open. Eppure, i rilievi che si sono sollevati sul ruolo di

109 Naturalmente, l'art. 42 della Costituzione si riferisce alla proprietàprivata, ma qui si propone di vedere tale elemento nel suo significato stori-co. La ratio di affermare il principio dell'accessibilità alla proprietà, ha loscopo di individuare nella proprietà privata, una funzione economica centra-le dell'ordinamento previgente l'entrata in vigore della Costituzione. Di con-seguenza, garantendo la legge, e quindi lo Stato, i modi d'acquisto e godi-mento, si estende potenzialmente tale funzione economica a tutti i consocia-ti, scardinando il vecchio sistema cetuale-borghese. Ragionare sulla centrali-tà che i dati hanno per la smart economy, vuol dire riconoscere in essi lastessa funzione economica che fu per la proprietà privata. In seguito, si ve-drà come applicare la medesima ratio all'art. 45. Solo riconoscendo nell'art.42 un articolo di sistema, si può giustificare il paragone qui teorizzato traproprietà privata e dati informatici. Diversamente, certificando l'inconcilia-bilità dei due elementi, non sarebbe possibile andare oltre il teorema, larga-mente condiviso dal movimento open, per cui l'economia dell'accesso, sem-plicemente, virtù sua, comporti la fine della proprietà privata. E' la posizionedi J.RIFKIN, L'era dell'accesso: la rivoluzione della new economy,cit.; R.-BOTSMAN, R.ROOGERS, What mine is yours: the rise of collaborativeconsumption, Collins, Glasgow, 2011.

57

alcune aziende dell'informatica, sono sufficienti a avanzare più di

un dubbio su tale ottimistica previsione: se tali aziende

rappresentano per l'economia digitale, ciò che il latifondo

rappresentò nel dopoguerra, nessun strumento soccorre il

prosumer.

La lettura della Costituzione diventa perciò difficoltosa, in

quanto mutati sono i rapporti tra i fattori produttivi: non più un

impianto industriale connotato dalla dialettica tra capitale e

lavoro, ma una open society, per la quale i dati sono, non solo

materia prima dell'economia, ma elemento fondante la coesione

sociale110.

La costituzione economica, per la quale il lavoratore è la

base dell'architettura dello Stato sociale, appronta il meccanismo

del trittico lavorista a salvaguardia della vita democratica.

L'applicazione di questo meccanismo alla figura del prosumer,

appare invece non immediata. Lo si priva, infatti, dell'inclusione

nello Stato sociale, dal momento che non si riconosce il

significato costituzionale dei dati, quali fattori produttivi, di

stabilire "equi rapporti sociali"111. Il paradigma della

110 C.INFANTE, Prosumer: il produttore – consumatore d'informa-zione, in L'Unità, 13-04-2011.

111 P.LÉVY, L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyber-spazio, cit., p.49: " Si è fatto credere che l'economia, dopo essere stata im-perniata sull'agricoltura, poi sull'industria, sia ora pilotata dal trattamentodell'informazione. (...) L'economia verterà intorno a ciò che non si potrà maiautomatizzare completamente, intorno all'irriducibile: la produzione del le-game sociale, l'ambito relazionale. Non parliamo solo di un'economia delleconoscenze, ma di una economia dell'umano, più in generale, che includa

58

collaborazione all'interno della comunità, nonché il concetto di

trasparenza, appaiono voler rifondare la divisione tra spazio

pubblico e spazio privato, riconsegnando il cittadino a una

dimensione locale di auto-sostentamento. E' lo spazio ibrido che

si è definito spazio collettivo non pubblico. Nell'economia

dell'informazione, avviene infatti un rovesciamento: sono i

rapporti sociali stessi a diventare oggetto, fattore produttivo,

tramite la loro proiezione come dati. L'assoluta originarietà di

tale elemento, produce un'identificazione della fattualità sociale

nella fattualità economica112. In tal modo, nello spazio collettivo

non pubblico, il prosumer è abbandonato all'esercizio di una

pratica di cittadinanza.

Sembra, così, ancora tradita la fiducia del collettivismo, e

della cittadinanza attiva, per i quali l'open government dovrebbe

rappresentare un riconoscimento del loro operato. Perché non si

cada nel nichilismo, o nella prospettazione, da parte della solita

letteratura, di scenari distopici circa l'utilizzo delle nuove

tecnologie, è necessario individuare un meccanismo che rinnovi

l'inclusione nella cittadinanza.

l'economia della conoscenza come uno dei propri sottoinsiemi".112 Tale sovrapposizione, appare ancora più inedita alla luce di A.LE-

VI, Teoria generale del diritto, Cedam, Padova, 1967. L'autore, il quale teo-rizzava il diritto non come istituzione, ma come rapporto, distingueva in tresfere separate il diritto, la morale, l'economia. Il primo, rappresenterebbe ilrapporto di un soggetto con un altro; la morale il rapporto con se stessi;l'economia si caratterizza come rapporto con le cose. Al diritto, l'onere dicollegare la sfera morale con la sfera economica.

59

Per spiegare l'origine della fisionomia neoliberale della

smart economy, è stato necessario ricondurre il fenomeno delle

nuove tecnologie informatiche, all'interno di una storia ben più

risalente nel tempo. Il problema della governance di un'economia

concepita nei termini descritti, può essere ben sintetizzato da

autorevole dottrina, in tal modo: "(...) giacché la nuova

economia, cavalcando speditamente il pegaso alato delle tecniche

informatiche, è insofferente alle spesso economicamente

irragionevoli frontiere dei differenti Stati. Il che provoca il

complicarsi del paesaggio giuridico: accanto ai normali

produttori di diritto e le organizzazioni internazionali e sovra-

statuali, altri produttori si profilano, i protagonisti del potere

economico, e, accanto ai normali canali giuridici ufficiali, altri se

ne formano, canali non ufficiali, canali privati ma provveduti di

quel grosso privilegio che è l'effettività e della quale i primi sono

spesso ormai carenti"113.

3.2. L'emergere del giuridico. Differenza tra funzionalizzazione e

finalizzazione dei diritti.

L'analisi della fattualità del diritto, non si limita a

individuare un'origine pregiuridica nelle norme derivanti dalla

società civile, ma permette di risalire al fine dello Stato, ovvero

113 P.GROSSI, Il diritto nella storia dell'Italia unita, cit., p.25.

60

alla sua idea fondamentale, che ne permea la forma114. Il

collettivismo che caratterizza la comunità degli open data, nel

momento in cui esclude il momento Politico dalla catena di

valore dei dati, estromette l'emergere della dimensione giuridica,

non permettendo così di incidere sulla fattualità economica115.

Al centro della nozione di costituzione in senso materiale,

è infatti il recupero del Politico, che permette il riconoscimento

della giuridicità della fattualità sociale. Solo in questo modo, è

possibile determinare a quali scopi lo Stato debba essere

preordinato, al fine di includere la complessità della società116.

Tale operazione, è quindi pre-condizione del rendere effettivi i

concetti di solidarietà, trasparenza, partecipazione, e assegna alle

comunità quella effettività, tipica della giuridicità, che deriva

114 C.MORTATI, La costituzione in senso materiale, cit., p.91: "Im-possibilità di trarre dal riferimento all'interesse generale, all'utilità pubblica,ecc., una disciplina qualsiasi dell'attività non regolata, senza indagare se e inche modo questi concetti generici potevano acquistare il grado di determina-zione necessario per desumerne una regola di condotta. Escluso, che questopossa avvenire, come sostengono le teorie istituzionalistiche, le quali fannoriferimento ad un ordine concreto inteso in senso sociologico, esistenziale,la soluzione del problema sembra possa trovarsi solo se si risale al fine delloStato".

115 C.MORTATI, La costituzione in senso materiale, cit., p.58: "Am-messo che, attraverso questa differenziazione e specificazione nel seno dellacomunità, riesca possibile cogliere il sentimento del popolo (...) questo do-vrebbe ritenersi rivestito di diretta efficacia giuridica e ritenersi inoltre giuri-dico il soggetto da cui esso emana".

116 G.ZAGREBELSKY, Premessa, cit., p.XXX: " Nel pensiero diMortati, ciò che è essenziale, il fattore costituzionale sine qua non, è la dif-ferenziazione. (...) Se non ci fosse predominio differenziatore, ci sarebbe ocaotica anomia o spontanea armonia: due esiti opposti, concordi tuttavianell'escludere la (possibilità o la necessità della) Costituzione":

61

dalla consapevolezza di volersi ordinare, di imporre un dover-

essere. La forma di Stato, dunque, lungi dall'essere mera

descrizione dei rapporti fattuali esistenti, si pone come principio,

diretta a dare ordine, al non adeguamento alla realtà117.

In questo modo, ai fini dell'indagine sull'open government,

si potrebbero raggiungere due risultati apprezzabili: in primo

luogo, rendere responsabile la comunità grazie al recupero del

Politico, facendo venir meno l'opinione circa la neutralità delle

tecnologie informatiche. In secondo luogo, una partecipazione

alla realizzazione di un secondo welfare che non si ponga come

spazio autonomo, col rischio di espropriazione dei diritti cui si

assiste nello spazio collettivo non pubblico. Solo tramite questo

recupero della complessità, è possibile creare un criterio di

bilanciamento di interessi tra gli stakeholders della smart

economy, in quanto risulterebbe chiaro a quali manifestazioni di

volontà, debba essere attribuita effettività118.

Tale operazione, di limite della fattualità economica

rispetto ai fenomeni sociali, è stata peraltro soggetta, in passato, a

differenti dottrine. In primo luogo, si fa riferimento alla teoria

della finalizzazione dei diritti, che ha connotato la società

117 C.MORTATI, La costituzione in senso materiale, cit., p.85.118 G.ZAGREBELSKY, Premessa, cit., p.XXVIII: "Nella società ci-

vile valgono rapporti di sovra- e sotto-ordinazione che si stabiliscono fat-tualmente e che le conferiscono già un ordine, basato sul dominio e orienta-to a certi fini politici.(...) [ La società civile è ] strutturata sulla base delladifferenziazione fondamentale tra dominanti e dominati".

62

contemporanea come una "età dei diritti"119. La matrice

giusnaturalistica, è evidente nelle carte dei diritti, fenomeno che

ha assunto una dimensione internazionale in seguito al secondo

conflitto mondiale120. Il valore posto al centro è l'uomo, i cui

diritti sono affermati come realtà innegabile, e il doveroso

rispetto, impone alla fattualità e al diritto positivo, di conformarsi

a un ordine di valori più alto121. Il riferimento ai diritti dell'uomo,

si è rivelato lo strumento principale, nel tentativo di porre dei

limiti al progresso economico e tecnologico, al fine di finalizzarli

al rispetto della dignità dell'uomo122.

Il valore evocativo della finalizzazione dei diritti, come si è

visto, è quello utilizzato dalla Commissione Rodotà, nella

proposta di articolo diretto inglobare nel codice civile la logica

dei beni comuni123. L'art. 1, co.3 c) della proposta emersa dai

119 N.BOBBIO, L'età dei diritti, Einaudi, Torino, 2014.120 N.BOBBIO, L'età dei diritti, cit.,p.45.121 T.MARTINES, Diritto costituzionale, Giuffrè, Milano, 2007,

p.23: "Lo Stato di diritto è anch'esso un prodotto del diritto naturale e, infi-ne, la garanzia internazionale dei diritti dell'uomo è un'applicazione contem-poranea del diritto naturale contro le minacce ricorrenti dello Stato totalita-rio".

122 F.ZANUSO, Il filo delle Parche. Opinioni comuni e valori condi-visi nel dibattito biogiuridico, FrancoAngeli, Milano, 2009, p.22: "Comune-mente si ritiene impossibile disconoscere il valore del richiamo alla dovero-sità del rispetto dei diritti umani, che in ambito bioetico impone di agire inmodo che ogni ricerca sia finalizzata all'uomo e che mai l'uomo sia assog-gettato alla tecnica".

123 La stessa logica del diritto nell'accezione di "libertà da", è pure ri-conducibile alla maggior parte delle proposte circa la partecipazione degliutenti alla rete internet. Si pensi alla proposta di diritto di accesso a internet,o al diritto all'oblio, o ancora al principio habeas data. Tutte queste propo-ste, di cui per una puntuale spiegazione si rimanda a S.RODOTA', Il mondo

63

lavori della commissione124, invita a riconoscere la "categoria dei

beni comuni, ossia delle cose che esprimono utilità funzionali

all'esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo

della persona". Inoltre, nel medesimo testo, si dice che "sono

beni pubblici sociali quelli le cui utilità essenziali sono destinate

a soddisfare bisogni corrispondenti ai diritti civili e sociali della

persona.(...) Vi rientrano tra gli altri (...) le reti locali di pubblico

servizio". Pertanto, la categoria dei beni comuni viene ricondotta

alla logica delle carte dei diritti, finalizzando l'utilizzo dei beni

alla logica dei diritti fondamentali125. I diritti dell'uomo usati,

nella rete, quali i diritti, quali i vincoli,cit., seguono la logica di preservarel'individuo dalla fattualità economica, riaffermandone il valore intrinsecodella dignità. Non diversamente, anche il principio open data by default, vainserito nella logica della "libertà da", in quanto si propone di porre limiti alpotere esercitato dalla dicotomia pubblico/privato, per lasciare spazioall'innovazione generata dalla comunità grazie all'elaborazione dei dati.

124 Per il testo integrale, si rimanda alla sezione "Strumenti-Pubblica-zioni, studi, ricerche" su www.giustizia.it; E.REVIGLIO, Per una riformadel regime giuridico dei beni comuni. Le proposte della Commissione Rodo-tà, in Politica del diritto, 3/2008, p.531.

125 A livello internazionale il dibattito pubblico, per quanto riguardale ICT, si sta concentrando sulle proposte di una Carta dei diritti per inter-net. Tim Berners-Lee, inventore del World Wide Web, nonchè del linguaggiodi formattazione HTML, ha recentemente auspicato la redazione di una"Magna Carta" per proteggere l'indipendenza del web. F.PELLEGRINOLISE, Internet fa 25 anni e Berners Lee chiede una carta dei diritti, consul-tabile su www.iltempo.it. Una Carta dei diritti per internet, è stata recente-mente approvata dal Congresso brasiliano. Il testo della Lei n° 12.965, de 23de Abril de 2014, consultabile suwww2.camara.leg.br/legin/fed/lei/2014/lei-12965-23-abril-2014-778630-norma-pl.html, indica all'articolo 2 che "A disciplina do uso da internet noBrasil tem como fundamento o respeito à liberdade de expressão", ricono-scendo in tal modo "os direitos humanos, o desenvolvimento da personali-dade e o exercício da cidadania em meios digitais; (...) a livre iniciativa, alivre concorrência e a defesa do consumidor; (...) a finalidade social da

64

perciò, come il grimaldello capace di emancipare la società civile

dalla divisione tra pubblico e privato126, sradicando in questo

modo i diritti dalla loro origine individualistica, lo schema della

proprietà privata127. La medesima dottrina, ha indicato l'origine

della finalizzazione dei beni comuni, nell'art. 42 della Legge

fondamentale, dal momento che esso prevederebbe, come limite

per la gestione delle risorse, la loro corrispondenza con la

funzione sociale128.

rede". L'elenco, continua nell'articolo 4, che stabilisce "do direito de acessoà internet a todos". L'articolo 7 pone invece internet come strumento essen-ziale per l'esercizio della cittadinanza, e riguardo alla gestione dei dati "in-violabilidade da intimidade e da vida privada; (...) inviolabilidade e sigilodo fluxo de suas comunicações pela internet; (...) inviolabilidade e sigilo desuas comunicações privadas armazenadas".

126 Il rischio di questa operazione, è di consegnare i diritti a una di-mensione di scarsa giuridicità, nella quale l'assenza dello Stato di diritto nonpermetta la tutela dei diritti, che ad esso sono legati in un vincolo genetico, apartire dal paradigma della proprietà privata. S.RODOTA', Beni comuni:una strategia globale contro lo human divide, in M.R.MARELLA, Oltre ilpubblico e il privato, Ombre corte, Verona, 2012, p.312: "Diritti fondamen-tali, accesso, beni comuni disegnano una trama che ridefinisce il rapporto trail mondo delle persone e il mondo dei beni. Questo, almeno negli ultimi duesecoli, era stato sostanzialmente affidato alla mediazione proprietaria, allemodalità con le quali ciascuno poteva giungere all'approvazione esclusivadei beni necessari. Proprio questa mediazione viene ora revocata in dubbio.La proprietà, pubblica o privata che sia, non può comprendere e esaurire lacomplessità del rapporto persona/beni. Un insieme di relazioni viene ormaiaffidato a logiche non proprietarie".

127 A.CHECCHINI, G.AMADIO, Lezioni di diritto privato, Giappi-chelli, Torino, 2008, p.434 : "La proprietà rappresenta tuttora (...) lo schema,attorno al quale si è costruita tutta la teoria classica del diritto soggettivo".

128 S.RODOTA', Beni comuni:una strategia globale contro lo humandivide, cit., p.313. Tra l'altro, l'autore indica nell'art. 43 il riferimento perfondare l'emergere del collettivismo dei beni comuni, visto il richiamo, ope-rato nel testo, alle comunità di lavoratori o di utenti.

65

Si opera, perciò, una sovrapposizione tra la finalizzazione

dei diritti e la funzione sociale. In larga misura, i due termini

vengono utilizzati come sinonimi, eppure essi rappresentano due

tradizioni giuridiche ben distinte. Parte della dottrina, ha infatti

chiarito che la funzionalizzazione e la finalizzazione dei diritti

sarebbero due concetti inconciliabili. "La teoria della

finalizzazione riconosce l'esistenza di un valore unitario, che si

colloca alla sorgente di talune disposizioni e ne costituisce

intrinsecamente la ratio fondativa. In questa visione i diritti,

lungi dall'essere indipendenti l'un l'altro, formano un corpo

organico tra loro, facendo sistema attorno al fondamento da cui

scaturiscono. (...) La funzionalizzazione, invece, nel nostro caso,

coglie un principio superiore alle libertà, ma estrinseco delle

libertà medesime e, così facendo, più che porre le libertà come

scaturenti da una medesima sorgente, le ritiene semplicemente

inferiori a un valore altro e quindi cedevoli di fronte a esso"129.

La logica della finalizzazione, perciò, è riconducibile alla

tradizione liberale delle carte dei diritti, che individuano, come

fine, il pieno sviluppo della persona umana e la tutela della sua

dignità130. Tale logica, di derivazione giusnaturalista, tuttavia

descrive un rapporto tra l'individuo e lo Stato, che non considera

129 F.PIZZOLATO, Finalismo dello Stato e sistema dei diritti nellaCostituzione italiana, Vita e Pensiero, Milano, 1999, p.121.

130 Sull'influenza della filosofia tomista nei lavori della Costituente,si rimanda a F.PIZZOLATO, Finalismo dello Stato e sistema dei diritti nellaCostituzione italiana, cit., p.54.

66

i fenomeni di inclusione sociale che sono alla base, ieri come

oggi, delle istanze dei movimenti collettivisti.

Il limite a favore della dignità umana è rinvenibile, in

primo luogo, nell'art. 2 della Carta, che finalizza la Repubblica a

riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo, sia come

singolo, sia nelle formazioni sociali. Il criterio di funzione

sociale, risponde invece a una necessità diversa, cioè

all'inclusione delle formazioni sociali suddette.

In Assemblea Costituente, forte era il desiderio di superare

la logica delle libertà negative131, al fine di fondare uno Stato

sociale132. Seguendo il ragionamento dei costituenti, gli articoli

131 F.PIZZOLATO, Finalismo dello Stato e sistema dei diritti nellaCostituzione italiana, cit., p.63: "Nemmeno ci si può attendere che, dalla di-namica dei diritti individuali, scaturisca spontaneamente il bene sociale;tutt'altro: contro l'illusione liberale, Dossetti assegna allo Stato un ruolo atti-vo in un progetto di reformatio sociale, che cerchi di sciogliere le situazionidiseguali, le "cristallizzazioni, fonti di emarginazione. Coerentemente, Dos-setti contesta la pratica tipicamente liberale dell'elencazione e dell'afferma-zione generica delle libertà".

132 Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, consultabilesu www.legislature.camera.it. L'onorevole La Pira, nella seduta del 11Marzo 1947 ebbe a dire: "Vi sono poi le comunità di lavoro: mi richiamo al1789 e domando: ma scusate, quando la Costituzione del 1789 e le altredicono che la proprietà è sacra e inviolabile dove è il rapporto fra laproprietà e le comunità di lavoro? Vedete una convergenza di sforzi verso ilbene comune, vedete diversità di funzioni; non una struttura meccanica, ma,come si dice, una struttura finalistica. Da ciò una visione finalizzata dellaproprietà e dell'impresa. C'è un libro molto importante del Renard, il qualedice così: l'impresa va concepita in maniera istituzionale, non secondo lacategoria del contratto di diritto privato, ma secondo, invece, quella visionefinalistica per cui tutti coloro, che collaborano ad una comunità di lavoro,sono membri, sia pure con diverse funzioni, di quest'unica comunità chetrascende l'interesse dei singoli; quindi gli strumenti di produzione siproporzionano a questa concezione: e allora avete una concezione della

67

della costituzione economica che richiamano il fenomeno

collettivistico, rispondono all'esigenza di risolvere la questione

sociale tramite l'inclusione delle masse dei salariati133.

3.2.1. (Segue): la finalizzazione delle modalità di gestione delle

risorse negli articoli 41 e 43 della Costituzione.

E' perciò diversa la logica che sottintende la Costituzione

economica, rispetto a quella proposta dalla dottrina dei beni

comuni: non la previsione di una terza via, ma l'inclusione nello

spazio pubblico. Il riferimento all'utilità sociale dell'art. 41, o

all'utilità generale dell'articolo 43, andrebbero ritenuti sinonimi

della locuzione "interesse generale" contenuta nel medesimo

articolo 43134. E a cosa corrisponde l'interesse generale?

proprietà, che pur essendo presidio della libertà umana, tuttavia diventastrumento di questa opera collettiva, quindi dà dignità al lavoratore, che nonè più un salariato, ma, come le Encicliche pontificie ricordano, deve tenderea diventare il consociato, il compartecipe di questa comunità di lavoro".

133 Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, consultabilesu www.legislature.camera.it. Nel medesimo discorso, La Pira conclusedicendo: "Se guardiamo alla comunità economica e vediamo tutte questeimprese, e le vediamo in senso cooperativo – vedi i richiami agli articoli 42e 43 – vediamo questa grande famiglia umana che nel campo produttivocrea queste cellule vive, attraverso le quali viene risolta la questione sociale:le comunità di lavoro".

134 Difatti, l'articolo 43 della Carta, indica l'utilità generale come fine,già nel suo incipit, attuabile mediante il ricorso all'espropriazione. Con rife-rimento ai servizi pubblici essenziali, si individuano quelli che "con caratte-re di preminente interesse generale" giustificano il ricorso all'espropriazio-ne, e perciò la coincidenza tra il fine dello strumento espropriativo con loscopo cui i servizi espropriati devono servire. S.CASSESE, Manuale di di-ritto pubblico, Giuffrè, Milano, 2009, p.166: "[L'articolo 43] riguarda non

68

Mantenendo la specularità tra i due articoli, laddove utilità

sociale e utilità generale siano sinonimi, l'interesse generale

andrebbe individuato nel richiamo alla libertà e alla dignità

umana operato dall'articolo 41135. Non è questione di poco conto.

Si ritiene che gli articoli 41 e 43 rispondano alla logica della

finalizzazione dei diritti, in quanto individuano due modalità

concrete di gestione dei beni: l'iniziativa economica privata l'uno,

la gestione pubblica o cooperativistica l'altro136.

In tal modo, però, non è più fondata la sovrapposizione tra

finalizzazione e funzionalizzazione dei diritti, poichè il richiamo

alla funzione sociale è contenuto in altre sedi. La logica del

tutte le imprese, ma solo quelle che si riferiscono a servizi pubblici essenzia-li (ad esempio, i trasporti) o a fonti di energia (ad esempio, energia elettrica)o a situazioni di monopolio (che dipende dalla condotta monopolisticadell'imprenditore) e hanno carattere di preminente interesse generale".

135 D.VELO, L'impresa europea di interesse generale, in G.ROSSI,L'impresa europea di interesse generale, Giuffrè, Milano, 2006, p.108: "Nelmodello liberale, così come si è strutturato nell'esperienza inglese, l'interessegenerale è dunque garantito dall'impresa che, massimizzando il profitto, fal'uso migliore delle risorse. (...) Con il New Deal si avvia il superamento delparadigma classico liberale. (...) L'allocazione ottimale delle risorse può es-sere perseguita nel modo più efficace facendo sentire nel processo decisio-nale delle imprese la voce dei poteri pubblici".

136 S.CASSESE, Manuale di diritto pubblico, cit., p.140: "Di questoproblema si occupa, innanzitutto, la Costituzione all'art. 4: "La Repubblicariconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni cherendano effettivo questo diritto". Anche tale norma – come molte altre chesono state richiamate – è una disposizione programmatica: fissa un obietti-vo, più che garantire un risultato. Per raggiungere l'obiettivo che si è indica-to, la Costituzione prevede programmi e controlli per indirizzare e coordina-re a fini sociali l'attività pubblica e privata (art. 41) nonché l'espropriazione,a favore dello Stato o di comunità di lavoratori o di utenti, di imprese di pre-minente interesse generale che riguardino servizi pubblici essenziali, fonti dienergia o situazioni di monopolio (art.43)".

69

limite, perciò, necessità di essere coordinata con gli altri articoli

della Costituzione. Tale separazione, ha delle immediate

conseguenze pratiche rispetto all'inclusione degli open data quali

beni comuni. Tale dottrina individua in Internet, e quindi in

generale nei dati informatici, un bene non connotato da scarsità,

con ciò esprimendone la differenza rispetto agli atri beni comuni.

Tuttavia, continua l'autore, "è il modo stesso in cui il bene viene

costruito a renderlo accessibile a tutti gli interessati"137.

Si scorge in tale assunto, l'opinione comune che determina

il sovrapporsi della funzione con il fine: i dati del PSI, una volta

resi aperti, sarebbero di per sé idonei a determinare la

partecipazione, la funzione sociale. Non è necessario fare altro,

se non porre limiti e doveri allo Stato, al fine della liberazione dei

dati. Sottrarre i dati alla logica proprietaria delle licenze,

promuovere il paradigma della trasparenza, finalizzare i dati alla

creazione della cittadinanza attiva: sottraendo i limiti all'accesso,

i dati sarebbero, di per sè, capaci di svolgere una funzione

sociale. Le argomentazioni che si sono proposte, circa l'esercizio

della cittadinanza attiva nello spazio collettivo non pubblico,

impongono una riflessione ulteriore. Al fine di individuare il

significato, fondante la cittadinanza sociale, del criterio di

funzione sociale rispetto all'ordinamento costituzionale.

137 S.RODOTA', Beni comuni: una strategia globale contro lo hu-man divide, cit., p.320.

70

3.3. La funzione sociale come inclusione della società civile

nello Stato. La reformatio sociale negli articoli 44 e 46

della Costituzione.

Se si volesse individuare il nucleo essenziale della funzione

sociale, si potrebbe utilizzare la formula del costituente: "non

avere paura dello Stato"138. Con tale formula, si faceva

riferimento all'opera di ricostruzione che il periodo post-bellico

imponeva, rendendo ineludibile la creazione di un'ampia

coesione sociale: da ciò, il rifiuto di ogni timore verso il

finalismo dello Stato. Il risultato, tipico della Costituzione

repubblicana, è proprio il riconoscimento dei corpi sociali

intermedi: non più l'uomo considerato nella sua astrazione

individuale, ma l'uomo calato nella storicità, nella quotidianità.

Tale reformatio sociale, che sottintende un'opera attiva da

parte dello Stato per incentivare il cambiamento, è ben visibile

negli articoli 44 e 46 della Costituzione. L'articolo 44, nel

delineare i principi che la più volte citata riforma agraria avrebbe

dovuto seguire, indica che tale operazione dovesse consentire "il

razionale sfruttamento del suolo" nonché di "stabilire equi

rapporti sociali". Il superamento del latifondo, viene perciò

direttamente collegato, quale elemento necessario, per consentire

una pacificazione nazionale: la questione era assolutamente

138 G.DOSSETTI, "Non abbiate paura dello Stato!" Funzione e ordi-namento dello Stato moderno. La relazione del 1951: testo e contesto,Vita epensiero, Milano, 2014, p.268.

71

pragmatica, ovvero ridistribuire il principale fattore produttivo

dell'epoca139. Al contempo, l'art. 46 della Legge fondamentale,

indica il criterio della "elevazione economica e sociale del

lavoro", a giustificare il diritto dei lavoratori alla partecipazione

alla gestione delle aziende, naturalmente "in armonia con le

esigenze della produzione". In questi due articoli, viene perciò

espresso un collegamento tra i due fattori produttivi

dell'economia del 1948, con una modalità che realizzasse

un'ampia partecipazione delle masse: la partecipazione, l'accesso,

non come elenco di diritti, ma all'interno di uno schema

complesso di diritti sociali140. La dignità dell'uomo, viene attuata

139 La redistribuzione della terra, in favore della piccola e media im-presa, doveva permettere l'accesso ai bisogni primari (ottenere cereali per lacottura del pane, l'allevamento del bestiame, vendita dell'eccedenza per noncreare una mera sussistenza) in modo disponibile per il lavoro di un numeroconsiderevole della popolazione. Sul punto, si veda G.G.BOLLA, L'art.44della Costituzione italiana e la sua interpretazione organica, in Rivista didiritto agrario, 1949, p.2: "Il diritto di proprietà che ha per oggetto la terratende a riformarsi nella sua struttura; la questione dei limiti assume impor-tanza e rilievo data la natura stessa della cosa, qualificata bene e strumentodi produzione, sede di un’attività specifica. I limiti interessano il diritto e in-sieme la cosa e sono quindi limiti esterni oltreché interni; provenienti da esi-genze dell’ambiente economico e sociale. La norma mira a restringere i po-teri del proprietario, determinando lo spazio in cui la sua attività è reputatasocialmente utile; e il modo in cui quello spazio dev’essere utilizzato affin-ché l’uso esclusivo di esso non degeneri in disuguaglianze inique, lesive de-gli interessi dell’intera comunanza. Il nuovo diritto fondiario, manifestata-mente ostile, alla proprietà individuale, assume le direttiva, il principio della«socializzazione» della terra. Il principio è destinato ad agire come limite, atrasformare la proprietà individuale in proprietà sociale".

140 Si veda, perciò, negli articoli 44 e 46 della Carta i fini cui devonotendere i fattori produttivi, sovrapponibili all'interesse generale che le moda-lità di gestione degli articoli 41 e 43 deve assicurare. Il valore dell'uomo vie-ne perciò garantito, ma nulla può salvaguardarne la dignità e la libertà, se

72

offrendo degli strumenti di emancipazione, evitando il più

possibile la situazione di soggezione dell'uomo rispetto all'altro

uomo141. In questo senso, gli articoli 44 e 46, si possono

considerare modulazione concreta del principio indicato dal

secondo comma dell'articolo 3142.

Tale reformatio sociale, affida dunque allo Stato un ruolo

delicato, nel momento in cui debba trasformarsi da Leviatano, a

comunità di comunità, da Stato monoclasse, a Stato pluriclasse143.

Sarebbe apologetico, proporre tale processo virtuoso come il

processo concretizzatosi storicamente in Italia. In realtà, ben noti

sono i punti della Carta realizzati solo anni dopo la sua

promulgazione144. Tuttavia, vale la pena di soffermarsi

ulteriormente sul programma contenuto nella Costituzione,

perché nel susseguirsi degli articoli, dal 41 al 46, è contenuto

tutto il senso della funzione sociale.

non attraverso l'equità dei rapporti sociali e l'elevazione economico sociale,cui non si deve venire meno neanche nel rapporto tra il soggetto e i beni.

141 In questa impostazione, è chiara l'influenza della dottrina socialedella Chiesa, dal momento che il costituente ha istituzionalizzato gli stru-menti della lotta di classe, quali il sindacalismo e lo sciopero, per salvaguar-dare le rivendicazioni proletarie all'interno dello spazio pubblico dello Stato.L'impostazione non è poi diversa dall'enciclica Rerum Novarum, che pur ri-conoscendo la proprietà privata, ne riconosceva pure la dimensione sociale.Un richiamo più incisivo alla funzione sociale della proprietà privata, verràinvece molto più tardi, nel 1961, ad opera dell'enciclica Mater et Magistra.

142 S.CASSESE, Manuale di diritto pubblico, cit., p.146.143 L.ELIA, La Costituzione materiale di uno Stato pluriclasse, in

Parlamento rivista di vita politica e sociale, 1979, p.7.144 Sulla mancata attuazione degli articoli 43 e 46, Si rimanda a S.-

CASSESE, Manuale di diritto pubblico, cit., p.142 e S.CASSESE, Legge diriserva e art.43 della Costituzione, in Giur. Cost., 1960, p.1344.

73

3.3.1. La funzione sociale e il Politico.

Con la condivisione della funzione sociale, non si volle,

semplicemente, porre un limite alla proprietà privata, o al

collettivismo, ma promuovere l'inclusione tramite un valore:

quello dello Stato pluriclasse145. Tale funzione del criterio

costituzionale in analisi, ovvero quello di creare un terreno

comune di discussione democratica, è tanto più evidente se si

coglie la ratio degli articoli nel quale esso è espressamente

richiamato. In primo luogo, l'articolo 42, quindi, l'articolo 45.

Non è un caso che, sia la proprietà privata, sia il cooperativismo,

vengano riconosciuti a condizione della loro sottoposizione alla

funzione sociale146. Lo scopo del costituente, è la creazione di

uno spazio comune, dove la fattualità può divenire

giuridicamente rilevante, perché sottoposta al momento Politico.

Tale momento è ineludibile, in quanto le conformazioni sociali

del tempo, erano portatrici di valori contrapposti, che non

145 C.MORTATI, La costituzione in senso materiale, cit., p.51: "UnoStato concreto, a meno che non si voglia mutilarne il concetto e rappresen-tarne con tale nome solo uno degli elementi della sua realtà non può pensar-si esistente se non come organizzazione politica e quindi contenere in sè,come sua parte costitutiva, questa collettività".

146 C.MORTATI, La costituzione in senso materiale, cit., p.57: "Esseinfatti non solo non contengono, di per sè nessuna differenziazione interna,nessuna di quelle specificazioni di poteri e di funzioni che possano far pen-sare ad un'organizzazione sia pure rudimentale, se non autoritaria, paritaria,ma non sono concepibili neppure come capaci di esprimere un complesso difini unitari, riferentesi cioè ai rapporti sociali, visti nella loro coordinazionee nel loro svolgimento, a fornire un criterio atto a qualificare le azioni rile-vanti per la consociazione e quindi ad attribuire ad esse giuridicità".

74

permettevano nessuna auto-evidenza circa la finalità da attribuire

ai diritti. Lo Stato sociale nasce, perciò, dalla sintesi democratica

della complessità: i soggetti in conflitto, in seguito alla battaglia

politica, definiscono, in Costituzione, a quali valori fare

corrispondere il processo produttivo.

La finalizzazione dei diritti, ha perciò un momento

logicamente antecedente nell'incorporazione dei contrasti sociali

in seno allo Stato. La funzione sociale è quel criterio, che unisce

la società civile nella sua complessità, nello Stato. Da tale

coesione, è possibile indicare il fine che si vuole dare ai fattori

produttivi: l'elevazione economico sociale, tramite l'instaurazione

di equi rapporti sociali147. Quello operato dal Welfare State, è il

recupero della "emorragia" della società civile, che all'inizio del

secolo XX si separava dalla cosa pubblica per unirsi nelle

dimensioni particolari del collettivismo. Il welfare

147 Questo carattere fondativo della funzione sociale, e preordinato ri-spetto alla finalizzazione dei diritti, si può cogliere anche nella struttura del-la Costituzione. L'articolo 1 si apre proprio con un riferimento al fondamen-to della Repubblica nello Stato sociale, anziché nell'esprimere una formulacome quella contenuta nell'articolo 2. Si apre con il riconoscimento della di-gnità dell'uomo, per esempio, il primo articolo della Costituzione tedesca,cui segue l'elencazione dei diritti di libertà. L'incipit è frutto di una sceltapolitica, risultato di dibattito in seno alla Commissione dei 75. M.OLIVET-TI, Articolo 1, in R.BIFULCO, A.CELOTTO, M.OLIVETTI (A cura di),Commentario alla Costituzione, vol.1, Utet giuridica, Milanofiori Assago,2006, p.10: "Nella seduta del 30.7.1946 furono esposte le diverse opinioni diMoro, che aveva proposto uno schema in cui la forma dello Stato era defini-ta solo dopo una presa di posizione sull'uomo e la famiglia, e di Grassi, Bas-so e Cevolotto, i quali ritenevano che proprio gli articoli dedicati allo Statodovessero aprire il nuovo documento costituzionale".

75

rappresenterebbe, non solo lo strumento per la realizzazione

dell'individuo, ma la condizione prima alla democrazia sociale148:

lo Stato preventivo.

3.3.2. Open government e funzione sociale.

Attualmente, il movimento open si propone come

strumento di secondo welfare: nuovamente, la società civile si

pone come alternativa allo Stato per contrastare gli egoismi, in

risposta alla crisi dello Stato sociale. Si potrebbe perciò affermare

che l'open society, si propone di svolgere una funzione sociale in

senso ampio. Riconoscere questa condivisione di valori, tra Stato

e società civile, non vuol dire disconoscere il valore del secondo

welfare, mantenendo l'alternativa tra pubblico e privato. Il terzo

settore può rappresentare un'opportunità149, ma per quanto

148 G.CORDINI, Ambiente e salute: il valore comunitario del princi-pio di democrazia nel pensiero di Mortati, in M.GALIZIA, Forme di stato eforme di governo: nuovi studi sul pensiero di Costantino Mortati, Giuffrè,Milano, 2007, p.427: "Per "democrazia sociale" Mortati intende un concettoche si pone in contrapposizione con quello di "democrazia liberale". Secon-do il principio della democrazia sociale lo Stato deve intervenire a modifica-re i rapporti economici a favore dei soggetti più deboli".

149 Si rimanda al primo capitolo per quanto riguarda la tripartizione,già avvertita dal costituente, delle modalità d'impresa. In tal senso, si puòdire che il costituente riconoscesse il valore dell'impresa cooperativistica,paragonandola a quella privata e a quella pubblica, dal momento che tutte etre svolgessero una funzione pubblica. Non è invece opportuno voler indivi-duare in Costituzione l'esistenza di uno spazio ibrido tra pubblico e privato,dal momento che è lo spazio pubblico suscettibile di divenire uno "spaziolaico" nel quale la società civile può trovare espressione attraverso la tremodalità d'impresa costituzionalmente riconosciute.

76

riguarda le tecnologie informatiche, date le loro peculiarità, è

necessario indicare dei riferimenti costituzionali che

salvaguardino i prosumers dalle contraddizioni della smart

economy.

A tale scopo, è possibile riqualificare le categorie della

solidarietà, della trasparenza, del mutualismo, riconducendo tali

esperienze all'articolo 45 della Costituzione. In questo modo, la

società civile non deve rivendicare uno spazio collettivo non

pubblico, ma può ritornare nello spazio pubblico dello Stato150.

Non è un ritorno allo Stato assistenzialista, ma il recupero di uno

spazio laico, di giuridicità, in cui i rapporti sociali tra cittadini e

imprese siano ordinati. La condivisione di uno spazio, di una

funzione sociale, permette la finalizzazione dei diritti sulla base

di un momento Politico, democratico, antecedente.

Questo momento è tanto necessario, se si considera che i

movimenti collettivistici, quali il movimento open, pongono al

centro l'oggetto da tutelare, in questo caso i dati del PSI, e non il

soggetto, come verità auto-evidente. La tutela della dignità

dell'uomo, la risposta ai suoi bisogni, viene raggiunta

indirettamente, tramite la finalizzazione dei diritti ai valori

corrispondenti alla dommatica della rete: net neutrality,

150 C.MORTATI, La costituzione in senso materiale, cit., p.57: "Lanazione, la Volksgemeinschaft, o quelle altre entità sociali spontanee comun-que denominate, non potrebbero raffigurarsi neppure fornite di quel gradominimo di giuridicità attribuibile in ipotesi alle comunità ora dette".

77

accessibilità, trasparenza151. Manca perciò, il riferimento saldo al

diritto naturale, che permeava la Costituzione.

La finalizzazione dei diritti rispetto ad una certa fisionomia

del bene, anziché direttamente al soggetto, appare in definitiva

un'attività discriminatoria, corrispondente all'imporsi di una certa

fattualità152. Riconoscendo, invece, che il nuovo welfare si basa

151 I fini cui tende la rete, o il prossimo web semantico, sono conside-rati di per sè neutri, e quindi positivi per la maggior parte degli utenti. Tutta-via, se si considera che la sua fisionomia risponda a una certa struttura, a uncerto insieme di valori, bisognerebbe dire che la funzione che la rete svolge,è quella di realizzare tale dommatica. Sul punto, ben nota è la dottrina dellaScuola di Francoforte, ad esempio in M.HORKHEIMER, Eclisse della ra-gione, Einaudi, Torino, 1969, p.66: "Nonostante le sue proteste di non meri-tare le accuse di dogmatismo che gli vengono mosse, l'assolutismo scientifi-co, come l'oscurantismo che esso attacca, deve appoggiarsi a principi di persè evidenti". Di conseguenza, i fini stessi che si attribuiscono agli strumentiopen, sarebbero coerenti rispetto alla funzione autonoma che viene attribuitaai noti principi. Sul rapporto tra semantica e ragione si veda M.HORKHEI-MER, Eclisse della ragione, cit., p.26: "Il linguaggio è diventato uno stru-mento come gli altri, nel gigantesco apparato di produzione della societàmoderna. Tutte le frasi che non equivalgano ad operazioni nell'ambito diquell'apparato appaiono al profano tanto prive di senso quanto lo appaionoai contemporanei teorici della semantica secondo i quali sensata è la frasepuramente simbolica e operativa, cioè puramente priva di senso. Il significa-to è soppiantato dalla funzione, dall'effetto sul mondo delle cose e dei fatti.Nella misura in cui le parole non vengono usate per calcolare porbabilità oper altri fini pratici – fra i quali è compreso anche il riposo, l'evasione – essesi espongono al sospetto di avere fini propagandistici, perchè la verità non èpiù un fine sufficiente a se stesso".

152 M.HORKHEIMER, Eclisse della ragione, cit., p.26: "Chi puòdire che uno qualsiasi di questi ideali sia più vicino alla verità del suo oppo-sto? Secondo l'intellettuale medio del tempo nostro esiste solo un'autorità,cioè la scienza, intesa come classificazione dei fatti e calcolo delle probabi-lità. (...) Gli interessi costituiti, che negano i tradizionali valori umanitari,fanno appello in nome del "senso comune" alla ragione diventata neutrale eimpotente. Questa "devitalizzazione" di concetti fondamentali si può seguirenella storia politica".

78

sull'imprenditorialità del prosumer, ad esso deve essere

riconosciuto un ruolo politico, sovrano, nella gestione dei dati153:

l'impresa informatica deve condividere la funzione sociale con il

prosumer, non può distogliersi dalla filiera del valore del dato154.

L'inserimento del Politico nella filiera del valore del dato,

vuol dire funzionalizzare la produzione dei dati, ai criteri

costituzionali del Welfare State: la tutela non si dovrebbe solo

porre come libertà negativa, ma come diritto sociale155. Ciò

153 In questo senso, si potrebbe operare un paragone tra il prosumer eil contribuente onesto, di cui parla M.BERTOLISSI, Contribuenti e parassi-ti in una società civile, cit., p.62: "Il Regno d'Italia prima e la Repubblicapoi se ne sono disinteressati; e la seconda continua a farlo, senza avvedersidella lesione progressiva che sta producendo alle fondamenta dell'edificiocostituzionale, quando non impedisce che "il contribuente italiano" paghi"bestemmiando lo Stato", dal momento che – forse non per colpa esclusiva-mente sua, ma a causa dell'irragionevolezza di molte leggi e, ancor più, perun eccesso di disorganizzazione amministrativa, "non ha coscienza di eserci-tare, pagando, una vera e propria funzione sociale". La stessa frustrazionepuò essere riconosciuta nel prosumer, che sebbene veda moltiplicarsi le mo-dalità di estrazione dei dati, non veda la stessa moltiplicazione nelle modali-tà di gestione dei medesimi. La privacy by design, l'ulteriore aggravio di re-sponsabilità, appare perciò limitare il suo raggio d'azione alla propria di-mensione individuale, non creando una coscienza delle implicazioni socialie costituzionali della scelta di utilizzo dei dati.

154 O.POLLICINO, Google rischia di "vestire" un ruolo para-costi-tuzionale, in IlSole24Ore, 15-05-2014. Sull'imprenditore come organo col-lettivo, la tecnostruttura, si veda J.K.GALBRAITH, Il nuovo Stato indu-striale, Einaudi, Torino, 1968.

155 G.B.FERRI, Constantino Mortati "civilista", in M.GALIZIA,Forme di stato e forme di governo: nuovi studi sul pensiero di ConstantinoMortati, cit., p.543: "Mentre rispetto ai diritti di libertà e rispetto alla stessaproprietà, riferita ai beni di consumo, il limite per essi stabilito attiene soloalla necessità della coesistenza delle varie sfere di libertà fra di loro e quindiassume carattere negativo, nel diritto di proprietà viceversa si esige il condi-zionamento del godimento del bene ad una funzione sociale, si impongonocioè comportamenti positivi, obblighi di fare, di imprimere una certa dire-

79

comporterebbe una diversa dinamica delle politiche attuate nei

confronti degli open data, e più in generale di internet. Non solo

la ricerca di strumenti per salvaguardare la privacy dell'utente,

ma sviluppare una coscienza critica su ciò che i dati comportano

nella sfera pubblica. Ad esempio, oltre a ragionare

esclusivamente sugli open government data, sarebbe possibile

aprire all'opinione pubblica la questione della trasparenza degli

algoritmi e dei corporate data.

Se il prosumer, producendo dati, e quindi valore, svolge

una funzione sociale ai fini del secondo welfare, non sarebbe

possibile chiedere anche alle imprese maggior trasparenza sulla

destinazione dei flussi informativi? La loro funzione sociale si

esaurisce con l'implementazione di servizi gratuiti, anche se in

verità "pagati" dagli utenti tramite i dati personali e del PSI?

3.4. Accountability e articolo 4 della Costituzione.

Questa interpretazione della Costituzione economica,

anzichè certificare lo spostamento della cittadinanza attiva nella

logica dell'homo oeconomicus156, permetterebbe di recuperare il

valore della cittadinanza sociale. E' possibile riscoprire il valore

zione all'attività rivolta alla produzione".156 S.CARUSO, Homo oeconomicus. Paradigma, critiche, revisioni,

Firenze University Press, Firenze, 2012, p.53: "L'homo oeconomicus vabene come strumento concettuale per analizzare l'aspetto economico dellavita umana, ma non va bene affatto per descrivere l'uomo in quanto tale".

80

dello Stato sociale, nel momento in cui lo Stato, anziché Stato

assistenzialista o Stato minimo, sia lo spazio pubblico che

permetta la sintesi della complessità della smart economy.

Nell'economia fordista, "fondata sul lavoro" aveva il

significato di includere, in uno spazio giuridico, l'elemento primo

del sistema, il lavoratore, tutelandolo dalla fattualità economica.

Allo stesso modo, per quanto riguarda l'economia digitale, è

necessaria la stessa operazione nei confronti del prosumer:

l'articolo 1 va perciò inteso come "fondata sul valore dell'uomo in

società, non sulla fattualità delle relazioni sociali"157. Il trittico

lavorista, non ha esaurito il suo compito: rimane centrale

restituire dignità e valore politico al soggetto che, pur essendo il

più rilevante e indispensabile per l'economia digitale, è anche

quello con il minor potere di incidere sui fini del processo

produttivo. Ieri, tale reformatio sociale trasformava da oggetto a

soggetto il lavoratore subordinato, oggi, si tratta del prosumer

intraprendente. Il trittico lavorista dovrebbe permettere, perciò, il

passaggio dalla cittadinanza attiva, alla cittadinanza sociale.

Gli open government data non devono contribuire alla

creazione di uno spazio collettivo non pubblico, ma favorire

l'implementazione di uno spazio pubblico, nel quale la società

157 M.HORKHEIMER, Eclisse della ragione, cit., p.66: "Nella scien-za moderna non esiste nessuna netta distinzione fra liberalismo e autoritari-smo; anzi, essi tendono a integrarsi in modo tale da contribuire ad affidareun ancor più rigido controllo razionale alle istituzioni di un mondo irrazio-nale".

81

civile, il terzo settore, possano esprimersi democraticamente: un

effetto calmieratore nei confronti della smart economy158.

La finalizzazione dei diritti, necessita perciò della

condivisione di cittadini e imprese, di una funzione sociale. Tale

operazione consente il passaggio, dalle forme di protezione

sociale offerte dal collettivismo, richiamato nell'art.45, al

riconoscimento dei diritti inviolabili dell'articolo 2.

Si noti che l'articolo 2, non parla di Stato, ma indica la

Repubblica, come l'ente chiamato a riconoscere e garantire i

diritti dell'uomo. La Repubblica, come l'insieme dei cives, dei

soggetti che si uniscono in un processo di sintesi politica, per poi

finalizzare i propri istituti in modo coerente alla coesione sociale

così conquistata. L'articolo 2 tuttavia, non richiama solo i diritti,

ma anche i doveri. La Repubblica, infatti, "richiede

158 E.GALLO, Lectio magistralis Democrazia 2.0. La Costituzione, icittadini e la partecipazione, p.9, consultabile su www.cortecostituzionale.it:"L'obiettivo è quello di tutelare il diritto fondamentale di informazione, evi-tare possibili strumentalizzazioni del flusso di informazioni da parte di terzi.(...) Non mi convincono quelle tesi riconducibili al pensiero di GuntherTeubner. Secondo tale autore, la regolamentazione della Rete dovrebbe esse-re solo il frutto della stessa società civile e delle dinamiche sociali ed econo-miche da essa prodotte, dalle quali dovrebbero emergere "costituzioni civili"che prevalgano come fonte normativa sui tradizionali poteri politici e costi-tuzionali. Nella mente di tale autore, queste forme di autoregolamentazionedovrebbero superare la logica politica degli Stati per imporre nella sostanzail dominio dei regimi privati globali, vale a dire di quel diritto prodottoesclusivamente dagli stessi portatori degli interessi settoriali del mercato.(...) Se si seguisse la via della spontanea autoregolamentazione indicata daTeubner, si correrebbe infatti il rischio di concentrare i poteri e le risorsenelle mani delle società multinazionali e degli Stati dominanti, i quali avreb-bero così il vantaggio di utilizzare Internet solo per i propri interessi".

82

l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,

economica e sociale", con ciò esigendo il continuo rinnovamento

dell'inclusione sociale. Tramite il dovere, il soggetto perde lo

stato di individuo e acquisisce lo status di persona, e in

riconoscimento di questa sua dimensione sociale, gli strumenti

della costituzione economica permettono l'inclusione nella vita

dello Stato, comunità di comunità, delle formazioni sociali.

Come a dire, che è possibile garantire i diritti, solo laddove vi sia

una partecipazione al bonum humanum simpliciter159.

Sempre la Repubblica, non lo Stato, richiede ai cittadini di

prestare il loro lavoro, cioè una "funzione che concorra al

progresso materiale e spirituale della società"160. Rispetto

all'economia digitale, l'apertura indiscriminata del PSI, come

pure la produzione di dati personali, appare tutt'altro che attività

priva di discrezionalità. Riconoscere la logica del dovere,

vorrebbe dire riconoscere al prosumer, non un'attività accidiosa o

neutra, ma un contributo al processo produttivo che può svolgersi

in armonia con lo spazio pubblico. Solo riconoscendo il dovere,

come categoria della cittadinanza promossa dall'open

government, è possibile parlare veramente di accountabiliy. La

responsabilità, esiste solo laddove si siano operate delle scelte.

Restituire al prosumer la scelta sulla sorte del PSI, attraverso gli

159 F.PIZZOLATO, Finalismo dello Stato e sistema dei diritti nellaCostituzione italiana, cit., p.61.

160 Art. 4 Cost.

83

strumenti suddetti, è l'unico modo per creare un sistema sociale

che ponga al centro la responsabilità come categoria etica,

anziché una trasparenza a senso unico161.

Tale opportunità, è resa tanto più urgente, se si pensa al

luogo in cui l'appropriazione dei dati, nell'immediato futuro, avrà

i più evidenti risvolti pratici: la smart city. Nell'ultimo capitolo si

analizzerà come applicare tale interpretazione costituzionale

degli open data alla smart city, al fine di evitare una

privatizzazione dei flussi informativi, che si traduca in

privatizzazioni di spazi pubblici urbani.

Comprendere le contraddizioni della smart economy, ha

permesso di slegare gli open data dal concetto di bene comune.

La smart city, potrebbe perciò essere, non il luogo della fattualità

economica e delle pratiche di cittadinanza, ma un fattore

moltiplicatore di democrazia e di cittadinanza sociale.

161 A.MORO, Relazione su I principi dei rapporti sociali (culturali),consultabile su www.nascitacostituzione.it: "Una costituzione la quale, dopoaver affermato che ragion d'essere e criterio di misura di ogni potere ed atti-vità sociale è l'uomo, omettesse di garantire il diritto al raggiungimento del-la libertà responsabile dell'uomo cosciente di sé e del mondo, sarebbe incontrasto con se stessa. (...) I momenti strettamente autorizzativi e di garan-zia si fondono con gli altri di obbligo, determinando in ordine a questi dirittiuno spostamento dallo schema astratto della facoltà che si può esercitare onon esercitare, verso lo schema più complesso e significante del potere adesercizio doveroso. Infatti indubbiamente è dovere svolgere la propria per-sonalità in modo adeguato alle possibilità soggettive e di ambiente, per at-tingere la pienezza della propria umanità e rendere alla società un utile ser-vizio".

84

CONCLUSIONI

SOMMARIO: 1. L'open government nel contesto dell'involuzione dello

Stato sociale. - 2. L'attrazione dell'In-governabile nello spazio collettivo

non pubblico. - 3. Sollecitare una nuova teoretica costituzionale.

1. L'open government nel contesto dell'involuzione dello Stato

sociale.

All'inizio di questo lavoro ci si è chiesti quali relazioni di

cittadinanza scaturissero dalla crisi dello Stato sociale. L'analisi

interdisciplinare svolta si è rivelata feconda sotto molteplici punti

di vista, ma è il metodo costituzionale a essersi rivelato cruciale

per orientarsi nel panorama delle numerose pratiche di

cittadinanza che si fondano sugli open data. Questo approccio ha

consentito di evidenziare alcuni aspetti contraddittori insiti nella

materia. Infatti, nonostante il movimento open ambisca a un

coinvolgimento attivo del cittadino nel curare il bene comune,

l'evocazione di forme di democrazia diretta si è tradotta

inaspettatamente in un sostanziale disconoscimento del principio

pluralista e del principio di eguaglianza.

Anziché ragionare all'interno di percorsi consolidati,

tracciati più da informatici, attivisti, e sociologi, che da giuristi,

si è proposto di creare un collegamento tra l'open government e

85

lo Stato sociale. Lo studio dell'open government, a partire dalle

sue relazioni con il Titolo III Parte I della Costituzione, si

afferma essere un approccio metodologico a partire dal quale

interpretare le dinamiche di internet nel loro complesso, perché

legate alla "vita reale", alla trasformazione del flusso di dati in

servizi a disposizione dei cittadini. Lo scopo è affermare che la

costruzione dell'open government, come sistema di welfare,

debba valorizzare il pluralismo nella filiera del valore dei dati,

tramite un processo produttivo consapevole tra Stato, cittadini,

enti economici. Uno studio degli open data costituzionalmente

orientato ha permesso, perciò, di creare un contesto di analisi

giuridica in un campo che è, in gran parte, dominato dalla

fattualità, dalle pratiche di cittadinanza.

Sulla base di questo metodo si è cercato di valorizzare la

connessione indicata nell'articolo 9 del decreto legge 18 ottobre

2012, n.179, che obbliga le p.a. a rendere disponibili i dati

pubblici in formato aperto, non solo in relazione all'accesso, ma

anche al fine del riutilizzo commerciale dei dati stessi1. Sotto

questo profilo, gli open data non sarebbero valorizzati se limitati

a un'attività di monitoraggio civico, di controllo della

responsabilità politica. Il legame tra responsabilità e crescita

economica è invece interessante, considerando una visione dei

concetti più ampia: creare una responsabilità diffusa nel rapporto

1 La medesima ratio trova poi una modulazione più ampia all'internodel d.lgs 33/2013.

86

società civile-imprese-Stato per creare i servizi a partire dai dati

del patrimonio informatico pubblico. Il problema è il seguente: se

non si analizzano le forme di cittadinanza attiva che si fondano

sulla liberazione dei dati, unitamente ai modelli di business della

smart economy, non è possibile comprendere l'influenza che il

dato economico esercita sullo Stato sociale. Da questa

convinzione emerge una nuova prospettiva: il paradigma

tradizionale dell'open government non è esente da critiche circa

la sua automatica aderenza ai valori democratici. Le pratiche di

cittadinanza subirebbero la fattualità dell'economia digitale,

perché si negherebbe un ruolo di responsabilità ai cittadini nel

processo decisionale.

L'esigenza di creare uno Stato preventivo è finalizzata a

rendere libero l'uomo, non con il mero riconoscimento di diritti

astratti, ma tramite strumenti egualmente disponibili di

inclusione nel processo decisionale e gestionale del welfare2. Lo

studio dei modelli di business della smart economy è soprattutto

il tentativo di proporre una interpretazione della Costituzione

2 L'utopia di una società fondata sul lavoro ha, perciò, l'ambizione diallargare il più possibile il processo decisionale, rispetto alla reformatio so-ciale: se l'imporsi di un determinato sistema economico comporta sempreuna reformatio della società in coerenza alla tecnica di governo, la novitàdel costituzionalismo delle democrazie sociali del secondo dopoguerra con-siste nell'affermare che tale reformatio avvenga tramite un processo orizzon-tale, anziché verticale. Lo Stato preventivo non è, infatti, in questa prospetti-va, mera elargizione di servizi pubblici, bensì creazione di servizi funzional-mente volti a garantire la vita democratica nello spazio pubblico. G.ZA-GREBELSKY, Fondata sul lavoro, Einaudi, Torino, 2013, p.28.

87

economica incisiva, ma coerente alle dinamiche dell'economia

dell'accesso. A tale scopo, si è operato un confronto tra i tre

pilastri del paradigma open - trasparenza, partecipazione,

collaborazione - con il dettato costituzionale.

A partire da questa metodologia, lo studio dell''open

government quale tendenza contemporanea verso una nuova

forma di Stato ha creato un percorso che si può così riassumere:

a) il confronto con i documenti dei lavori dell'Assemblea

Costituente ha evidenziato la volontà dei Padri costituenti di

invertire il rapporto tra proprietà e lavoro quale fondamento dello

Stato sociale3. L'open government quale forma di secondo

welfare si fonderebbe, invece, sul paradigma dell'impresa

mutualistica.

b) i servizi vengono creati per soddisfare i bisogni dei

cittadini, e non già per essere funzionali a valorizzare le loro

decisioni in un processo democratico4. Alla trasparenza si affida

3 L.CARLASSARE, Conversazioni sulla Costituzione, Cedam, Vero-na, 2004, p.81.

4 M.BERTOLISSI, Il bilanciamento tra solidarietà e responsabilitànell'ambito del federalismo fiscale, in F.PALERMO, E.ALBER, S.PARO-LARI, Federalismo fiscale: una sfida comparata, Cedam, Padova, 2011,p.22: "La responsabilità di cui si discute non è quella strettamente giuridicae neppure quella politica, riconducibile a un qualche mandato elettorale. E'qualcosa di più ampio e coinvolgente, perché sorge con la vita e ha a chefare con la dignità della persona. Mi sono chiesto più volte: ci può essere di-gnità senza responsabilità? La dignità è un "condizione di onorabilità e dinobiltà morale. (...) Il diritto di solidarietà e il corrispondente dovere di soli-darietà, invocati prescindendo dalla responsabilità, finirebbero per essere, insenso opposto, privi di una causa petendi".

88

il compito di colmare il vuoto creato dalla sfiducia per la politica,

comportando lo spostamento del significato della partecipazione

in uno spazio deputato alle pratiche di cittadinanza, privo degli

strumenti della cittadinanza sociale. La cittadinanza sociale

assume un significato recessivo, poiché è recessivo il valore del

lavoro all'interno di questo tipo di sistema economico; al

contrario, assume importanza la cittadinanza attiva, quale

capacità del singolo di ricoprire il ruolo che fu dello Stato: porre

un limite agli egoismi dei privati. Lo Stato non è più l'orizzonte

cui tendono i movimenti che rivendicano l'eguaglianza.

c) riguardo all'open government, il valore recessivo del

Politico è stato riscontrato tramite un'analisi dell'economia

digitale5, quale spazio collettivo non pubblico6. Da tale studio si

5 E.FERRO, M.OSELLA, Modelli di business nel riusodell'Informazione Pubblica, consultabile su www.osservatorioict.piemonte.it

6 Per descrivere compiutamente questo fenomeno, di cui il movimentoopen è solo l'ultimo interprete di una storia ben più risalente, si è proposto diutilizzare il termine "spazio collettivo non pubblico". A chi scrive, pare chequesto concetto sia meritevole di essere indagato ancora in futuro, perchécapace di descrivere le relazioni che le comunità collocano in uno spazioche avvertono come "bene comune", ma sul quale non hanno nessun dirittodi incidere. M.MANCARELLA, La società dell'informazione traegovernment e principio di sussidiarietà, in Rivista elettronica di diritto,economia, management, 2010. Non si tratta di uno spazio privato, opubblico, o di un tertium genus, quanto, piuttosto, di uno spazio di manieracollettivistica - nei suoi intenti evocatrice di un ordine di rapporti solidali -che si identifica inconsapevolmente in uno spazio privato. Talefraintendimento, avvantaggia il soggetto che riesca a esercitare un potereeffettivo in tale spazio, libero di controllare sostanzialmente le decisioni chesi collocano al suo interno: venendo meno la rappresentatività, il Politico siesercita in forme ottriate, quali consultazioni, sondaggi, e altri strumenti nonrappresentativi del pluralismo. G.MORO, L'attivismo civico e le pratiche di

89

sono evidenziati quattro elementi caratterizzanti: il valore

prettamente commerciale degli open data, rispetto alla

produzione del welfare; il carattere recessivo del lavoro; il

diverso ruolo dello Stato rispetto alla regolazione delle pratiche

di cittadinanza; il ruolo involontario della teoria dei beni comuni

nel favorire lo spostamento della smart economy in uno spazio

non democraticamente controllabile.

Lo studio qui condotto propone, altresì, la possibilità di

individuare alcuni momenti, nella catena del valore del dato, nei

quali prevedere delle alternative a tale paradigma. La tecnologia

non è neutra, e i momenti individuati nella filiera permettono una

scelta dei dati da liberare, delle modalità di metadatazione, dei

soggetti verso cui promuovere i dataset, delle norme sui costi di

apertura. Sono solo alcuni esempi di attività che influiscono

sull'impoverimento o sulla valorizzazione del patrimonio

informatico pubblico7.

d) il recupero della ratio del trittico lavorista per una nuova

cittadinanza, in Atti del convegno XXIV, Convegno SISP, 2010.7 Uno strumento utile per definire tali politiche, è stato individuato nel

Programma per la trasparenza e l'integrità, prescritto dall'art.10,co.8, lett.adel d.lgs.33/2013. Il documento, aggiornato annualmente, può contenere leindicazioni degli organi di indirizzo politico-amministrativo, e definire gliambiti di competenza dell'apertura dei dati rispetto alle esigenze della tra-sparenza. A tal fine, in modo opportuno, in AGENZIA PER L'ITALIADIGITALE, Linee guida nazionali per la valorizzazione del patrimonioinformativo pubblico (anno 2014), consultabile su www.agid.gov.it, sichiarisce che il Responsabile dei dati del Team open data, deve esserepersona fisica diversa rispetto al Responsabile della traparenza, in quanto idue sono deputati a curare interessi diversi.

90

dialettica diritti-doveri e un ritorno alla cittadinanza sociale.

Riconoscere che il prosumer svolge una funzione sociale

permette di aggiungere un quarto pilastro all'open government:

l'accountability.

e) l'individuazione di un nesso tra sussidiarietà verticale e

orizzontale, attraverso il quale il prosumer, nella filiera del valore

del dato, possa esercitare la sua funzione sociale attraverso

strumenti pregnanti. Questo nesso riconosce la smart city quale

spazio di costituzionalità diffusa, anziché come spazio collettivo

non pubblico. Ciò permette a tutti gli stakeholders di condividere

uno spazio nel quale valorizzare al meglio gli open data quali

strumenti di welfare, anziché di benessere ottriato.

All'interno di questo percorso è emerso chiaramente che i

cittadini, in risposta alla crisi dello Stato, disconoscono il

paradigma dello Stato preventivo in favore di nuovi paradigmi,

reputati più efficaci perché espressione della solidarietà della

società civile. Questa dinamica è causata dal venir meno di un

equilibrio tra rappresentanza e sovranità all'interno dello Stato-

nazione. Il progressivo prolasso dello Stato-nazione, quale

categoria della giuspubblicistica moderna capace di assolvere il

compito di ricondurre al fenomeno giuridico le fattualità degli

ordini trans-nazionali, non può che portare alla crisi dello Stato

sociale.

Si comprende quanto sia problematico, da una parte,

91

certificare lo spostamento della produzione di welfare in uno

spazio lasciato alla solidarietà dei privati, e dall'altro, mantenere

fermo il valore energico della Costituzione rispetto alla

regolazione di tali fenomeni, dal momento che essa perde, con lo

Stato-nazione, il suo strumento più efficace. La perdita di

efficacia, da parte dello Stato-nazione, nella regolazione delle

tecnologie informatiche quali strumenti del welfare comporta una

secolarizzazione dei valori del mercato rispetto alle categorie

della solidarietà, della cittadinanza attiva, della partecipazione,

del bene comune. Per riqualificare tali categorie, si è operata una

lettura della Costituzione economica alla luce delle caratteristiche

dell'economia dell'accesso, al fine di trovare un contesto

materiale che esaltasse l'aspirazione del movimento open di

realizzare un nuovo rapporto di cittadinanza, ma incentivandone

un ritorno all'interno dello spazio pubblico.

Si auspica che il metodo costituzionale, e in prospettiva il

metodo dell'analisi economica del diritto, possano nuovamente

essere utilizzati per una riflessione sul ruolo dello Stato - e

soprattutto delle autonomie locali come luoghi di gestione

concreta del PSI - nell'ambito delle politiche di valorizzazione

degli open data.

92

2. L'attrazione dell'In-governabile nello spazio collettivo non

pubblico.

Da queste riflessioni si evince l'aspetto più problematico di

una costruzione della dialettica diritti-doveri a partire dagli open

data: per il momento, lo spazio di sovranità che viene rivendicato

dai movimenti dal basso è lo spazio collettivo non pubblico, e

non lo spazio pubblico della rappresentanza pluralista.

E' innegabile, infatti, l'influenza della cultura hacker nei

confronti dell'approccio libertario di internet. La libertà viene

interpretata come accesso totale e gratuito alla conoscenza;

pertanto la società sarebbe in grado di auto-regolarsi senza la

presenza di intermediari, che anzi, avrebbero solo la funzione di

rallentare il libero scambio di informazioni. La democrazia come

un libero scambio di informazioni è un paradigma che considera

il rapporto governati-governanti come un ostacolo da superare,

così da realizzare al massimo la capacità di internet di attuare la

trasparenza e il bene comune8.

Questi richiami, seppur solo contiguamente, collegano

l'assiologia della rete al dibattito biopolitico9. In termini sommari,

8 P.HIMANEN, L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione,Feltrinelli, Milano, 2003, p.21.

9 M.CASTELLS, Epilogo, L'informazionalismo e la network society,in P.HIMANEN, L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione, cit.,p.122: “L'idea di informazionalismo: un paradigma tecnologico basatosull'accrescimento della capacità umana di elaborazione delle informazioni,il cui fulcro sta nella doppia rivoluzione della microelettronica e dell'inge-gneria genetica”.

93

gli attivisti di internet non giungono a conclusioni troppo diverse

rispetto agli autori che hanno condotto un'analisi, ben più

accurata e secondo altre prospettive, in merito alle relazioni della

governamentalità biopolitica. Ciò che si vuole evidenziare è che

entrambe le dottrine auspicano la necessità di individuare uno

spazio libero dalla governamentalità10.

10 In primo luogo, la problematicità dell'atto stesso di governare, vie-ne posta da Foucault nei seguenti termini: "Ho cercato di analizzare il libe-ralismo non come una teoria o un'ideologia e ancor meno, beninteso, comeun modo di "rappresentarsi" da parte della "società", bensì come una pratica,vale a dire come un "modo di fare" che è orientato verso determinati obietti-vi e che si regola attraverso una riflessione continua. (...) La razionalizzazio-ne liberale parte dal postulato secondo cui il governo non può essere un finein sé e per sé. (...) Anziché fare della distinzione tra stato e società civile ununiversale storico e politico che permetterebbe di interrogare tutti i sistemiconcreti, si può cercare di considerarla come una forma di schematizzazionepropria di una particolare tecnologia di governo". M.FOUCAULT, Nascitadella biopolitica, Corso al Collegè de France, Feltrinelli, Milano, 2005,p.261. In corrispondenza a tale governa-mentalità, per cui il potere va coltoin termini di esercizio di molteplici rapporti di forza, la libertà si pone alloracome possibilità di profanazione dei dispositivi, al fine di restituire all'usocomune ciò che era stato distolto "per portare alla luce quell'Ingovernabile,che è l'inizio e, insieme, il punto di fuga di ogni politica". G.AGAMBEN,Che cos'è un dispositivo?, cit., p.34. Autori più marcatamente libertari, tra iquali Nozick o von Hayek, hanno invece inteso questo spazio disalvaguardia dell'uomo dal potere come lo spazio al di fuori dello Statominimo, escludendo perciò ogni strutturazione finalistica dello Stato.G.DUSO, Il potere. Per la storia della filosofia politica moderna, Caroccieditore, Roma, 2000, p.486: "Nozick sostiene che l'unica forma statale chepossa superare il test dei diritti sia lo Stato minimo, per cui ogniorganizzazione che abbia scopi più estesi della protezione dei dirittiindividuali è moralmente ingiustificata". Il pensiero di questi ultimi autori,risponde polemicamente alla carica omogeneizzante insita nelfunzionalismo del sistema fordista, e sul meccanismo della coesione socialetramite la divisione del lavoro. M.HORKHEIMER, T.W.ADORNO,Dialettica dell'illuminismo, Einaudi, Torino, 2010, p.260. In letteratura, iltema della salvaguardia di uno spazio primordiale, preesistente il potere, ècaro a Pasolini, che molto ha scritto riguardo il rapporto esistente tra società

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L'In-governabile quale spazio primordiale, intimo di ogni

uomo, da salvaguardare dalle maglie del potere11. La spinta

libertaria, propria della cultura di internet, ha senz'altro il merito

di aver stimolato un dibattito sull'incisività dei dati rispetto al

processo democratico, quali strumenti di una determinata

governa-mentalità, trasformando il corpo stesso del prosumer in

oggetto delle relazioni di potere12.

dei consumi e mutazione antropologica dell'Italia contadina. Questamutazione consiste in un impoverimento dello spazio fisico entro il qualevive l'uomo, provocato da una ricchezza portatrice di volgarità, incontrapposizione all'autenticità della vita delle borgate condotta daisottoproletari. La rappresentazione della dialettica tra spazi funzionalizzatialla governamentalità economica, e spazi ancora occupati dall'In-governabile, si riscontra soprattutto nei suoi primi film, Accattone e MammaRoma. In quest'ultimo, la costruzione iconografica della scena della fuga delfiglio dalla città, e con ciò dall'inclusione nel lavoro, contrappone lo sfondocittadino della Magnani, allo sfondo contadino e brullo verso cui il figlio sidirige, come un vagabondo, con il branco degli amici. L'impraticabilità diraggiungere tale orizzonte porta alla morte del figlio legato a un letto dicontenzione, similmente al Cristo morto del Mantegna. Lo sguardo d'odiodella Magnani, dalla borgata, verso la città, è carico del risentimento versole promesse della modernità, e racchiude il pensiero di Pasolini riguardo ilprocesso di inclusione sociale: l'intromissione della governamentalità nellospazio dell'In-governabile, non può emancipare i miserabili, che da taleprocesso vengono irrimediabilmente schiacciati.

11 Questa soluzione non soddisfa pienamente i canoni dello Stato so-ciale, dal momento che l'imporsi di uno spazio collettivo non pubblico rendedocile la società civile, trasformando l'In-governabile da elemento inafferra-bile a tecnica di soverchiamento della fattualità economica nei confronti del-la fattualità sociale.

12 G.AGAMBEN, Che cos'è un dispositivo?, Nottetempo, Roma,2013, p.29: "Ogni dispositivo implica infatti un processo di soggettivazione,senza il quale il dispositivo non può funzionare come dispositivo di gover-no, ma si riduce a un mero esercizio di violenza. Foucault ha così mostratocome, in una società disciplinare, i dispositivi mirino attraverso una serie dipratiche e di discorsi, di saperi e di esercizi alla creazione di corpi docili, laliberi, che assumono la loro identità e la loro "libertà" di soggetti nel proces-

95

Riguardo alla smart economy è evidente che i tentativi del

legislatore e della dottrina di individuare uno spazio esente, di in-

governabilità, tramite il ricorso a istituti quali il diritto all'oblio,

il diritto di accesso a internet, la net neutrality, rispondono a tale

logica. Tuttavia, si palesa una contraddizione: non è la persona

l'orizzonte del diritto, ma internet come realtà di per sé capace di

realizzare un equilibrio trasparente tra governati, estromettendo i

governanti e i portatori di interessi commerciali.

Allo stesso tempo, questo “diritto naturale” della

tecnologia è un limite, perché mette in crisi il principio pluralista

e il principio personalista propri dello Stato costituzionale

contemporaneo. In attuazione a tale modello culturale, la

rivendicazione della sovranità sui propri dati – che è all'origine

dell'attivismo in materia di privacy – non colloca mai il prosumer

all'interno di un contesto economico-sociale. L'influenza della

cultura di internet tende a realizzare le tutele su un piano

individualista di “protezione” dei dati, tramite strumenti tecnici,

propri della pratica, e non già nel riconoscimento di diritti-doveri

in funzione della realizzazione della coesione sociale13.

Se la “protezione” avviene su un piano di pratiche di

so stesso del loro assoggettamento".13 Questi elementi fattuali sono alla base dell'incomprensione tra giu-

risti positivi e attivisti: i primi tentano di costruire diritti sulla basedell'assiologia propria dei secondi; il “diritto naturale” di internet, di con-verso, non può adattarsi al ragionamento giuspositivista senza provocareuno spostamento della tutela dei diritti nello spazio collettivo non pubblico.

96

cittadinanza viene a mancare la capacità dei doveri di attrarre i

soggetti in uno spazio di condivisione di responsabilità, anche

qualora i diritti vengano tradotti in norme positive. Manca perciò,

nell'economia digitale, una dialettica tra diritti e doveri che renda

effettiva la cittadinanza sociale, e in definitiva, una riflessione da

parte della giuspubblicistica, al fine di rinnovare la metodologia

dello Stato preventivo senza cedere a categorie meramente

applicative della tecnica.

3. Sollecitare una nuova teoretica costituzionale.

Si viene così a creare una impasse: il giurista tenta di tradurre

in termini positivi le categorie del “diritto naturale” della

tecnologia, ma senza fornire al cittadino degli strumenti incisivi

rispetto al processo produttivo, se non il mero riconoscimento di

una falsa libertà di “spegnimento del dispositivo”. Sulla base di

queste critiche, attraverso l'indagine delle categorie dell'open

government, si è tentato di superare la dicotomia tra libertà e

partecipazione al processo economico. Anziché in difesa di uno

spazio In-governabile, si è individuato uno spazio di creazione

del diritto nelle stesse pratiche di cittadinanza, al fine di

riqualificarle in uno spazio di costituzionalità.

Di conseguenza, i diritti non dovrebbero essere dedotti

dalla fisionomia di internet – tra l'altro, ci si chiede da parte di

quale autorità, filosofo, attivista, tecnico, giurista ecc. - ma

97

fondati nel contributo che ogni prosumer dà alla smart economy

con i propri dati. Infatti, l'analisi operata sui tre pilastri dell'open

government, porta a pensare che gli open data e i dati personali,

abbiano un unico destino: il passaggio a un'economia

dell'informazione comporta la necessità del riconoscimento dei

dati quali fattori produttivi, e del prosumer quale soggetto

teoretico del sistema.

Il principio lavorista può essere re-interpretato quale

riconoscimento dell'attività dell'uomo nel processo produttivo,

qualsiasi sia tale contributo funzionale, e qualsiasi sia il tipo di

economia.

Per questo motivo, lo spazio di ingovernabilità non

dovrebbe essere salvaguardato solo da modalità elitarie quali

sono l'hacking, il leaking, o tramite il riconoscimento di Carte dei

diritti non supportate da un apparato applicativo14. L'approccio

costituzionale consente di aprire una discussione nello spazio

pubblico con modalità da tutti esercitabili, ripetendo la fortunata

intuizione dell'Assemblea costituente: porre a fondamento della

Repubblica il lavoro dell'uomo come elemento di sintesi di

sovranità e rappresentanza, in funzione di co-gestione della

reformatio sociale del sistema economico.

Questo riconoscimento costituzionale dell'attività

14 G.TIEGHI, Fiscalità e diritti nello Stato costituzionale contempo-raneo. Il contribuente partner, Jovene, Napoli, 2012, p.361: “Catalogo deidiritti e principi sull'organizzazione dei poteri non costituiscono due parti di-stinte della Costituzione, bensì due profili connessi”.

98

fondamentale del prosumer si traduce in strumenti giuridici

pregnanti nei confronti della fattualità economica, ciò, poiché si

riporta il soggetto nell'ambito della cittadinanza sociale,

distogliendolo dalla cittadinanza attiva che egli esercita nello

spazio collettivo non pubblico15. La cittadinanza sociale diviene

così il meccanismo di realizzazione della Costituzione, anche in

settori della produzione del diritto che si collocano al di fuori del

paradigma dello Stato-nazione, perché trovano nell'attività del

prosumer una nuova sintesi tra sovranità e rappresentanza,

capace di estendersi anche nell'inedita sovrapposizione di spazi

pubblici e privati operata dall'open government.

Per questo motivo, la smart city si è verificata essere lo

spazio più idoneo dove affrontare la sintesi tra reformatio sociale

e libertà: è lo spazio più vicino alla quotidianità del prosumer, nel

quale i rapporti tra Stato, imprese, cittadini, non si escludono

bensì si riconoscono, grazie agli strumenti della sussidiarietà, in

funzione della realizzazione di una eguaglianza sostanziale16. Se

15 Il riconoscimento nella funzione sociale del prosumer rende più in-cisivo il suo coinvolgimento alla funzione amministrativa effettiva, perché siestende l'incisività della Costituzione economica attraverso gli strumenti diregolamentazione e consultazione. “Quindi l'attuale frammentazione delquadro istituzionale di governance influenza la stessa organizzazione dellaregolazione. Inoltre impone una riconsiderazione della funzione regolatoriache si ripartisce tra soggetti sempre più numerosi, diversi da quelli tradizio-nali, e utilizza strumenti sempre meno a carattere coercitivo”. L.AMMAN-NATI, Governance e regolazione attraverso reti, p.5, in L.AMMANNATI,P.BILANCIA, Governance dell'economia e integrazione europea. Gover-nance multilivello regolazione reti, Giuffré, Milano, 2008.

16 Nel momento in cui l'In-governabile si trasforma in spazio colletti-

99

si intende costruire lo Stato sociale sulla welfare society del terzo

settore, è chiaro che all'aumentare della funzionalizzazione del

soggetto alla creazione di benessere, deve corrispondere una pari

responsabilità per tutti i soggetti, e non solo per i più deboli e non

qualificati verso le tecnologie informatiche17.

I rapporti di cittadinanza, all'interno dell'open government

quale Stato sociale, sciolgono così la contraddizione tra individuo

e produttore di dati. Questa metodologia può essere attuata in più

settori. Per quanto riguarda la valorizzazione del patrimonio

informatico pubblico, allargando il processo decisionale che

interessa l'apertura dei dati, al fine di limitare i richiami retorici a

strumenti meramente consultivi. Per quanto riguarda la creazione

dei servizi nella smart city, valorizzando un collegamento tra

creatori e fruitori di servizi, per evitare una privatizzazione dei

rapporti urbani. Infine, in materia di gestione dei dati personali,

vo non pubblico, e nessun ambito della vita del soggetto è esente dall'impor-si di autorità esogene, è tanto più necessario riscoprire questi strumenti pre-gnanti di emancipazione dello Stato sociale, anche all'interno di spazi che,sebbene privati, atteggiandosi a spazi collettivi non pubblici, assumono unruolo para-costituzionale. G.DUSO, Il potere. Per la storia della filosofiapolitica moderna, cit., p.452: "Il tentativo di un rinnovato pensiero della co-munità vuole reagire all'astrattezza e alla debolezza dell'impianto del libera-lismo, e al livello privato a cui la neutralità dello Stato relega i cittadini, manon riesce a non poggiare sulle fondamenta della soggettività dei singoli edella necessità del potere politico, che costituiscono i due poli della costru-zione della moderna forma politica".

17 Tale inclusione di movimenti preesistenti lo Stato per mezzo dellaCostituzione economica viene attuato ricorrendo al concetto di funzione so-ciale degli articoli 42 e 45 della Carta, i quali pongono un momento politico,di patto tra cittadini e enti economici nello spazio pubblico, quale momentologicamente antecedente la finalizzazione dei diritti.

100

non limitandosi a condurre l'analisi delle problematiche sulla

privacy in ottica individualistica18.

Il riconoscimento dei dati quali fattori produttivi, e del

prosumer quale lavoratore teoreticamente inteso, conseguono a

un'ottica funzionale della privacy nei confronti del processo

produttivo. Il problema, dunque, non è "quanti" dati personali o

open data mettere a disposizione della smart economy, ma

"perchè"19. L'inserimento del Politico nella filiera del valore del

18 Si pensi solo all'acquisto di servizi negli app store: l'acquirente nonha nessun potere di trattativa, in quanto tali compravendite rispondono alloschema del contratto di massa. Recentemente la Corte di Cassazione consent.17080/2013, chiamata a decidere su una controversia sull'acquisto di unbiglietto aereo su internet, ha chiarito che in caso di lite, il giudice di pacesarà chiamato a decidere secondo diritto – applicando il contratto di massa -,e non secondo equità. La problematicità di tale disciplina, si può evincere sesi considera il potere invasivo di tali applicazioni. La maggior parte delleapp, permette a queste di inviare SMS, leggere, modificare, cancellare datisull'archivio USB, leggere i contatti, leggere la cronologia del browser,estrarre la posizione geografica, accedere alla casella di posta Google, ac-quisire foto e video tramite fotocamera autonomamente. Perciò, il soggettonon solo non può trattare su quali dati trasmettere o mantenere privati, mauna volta accettate le condizioni di contratto, nessuno strumento lo assisterà.L'ottica del diritto privato non è perciò sufficiente, perché il cittadino dasolo non è capace di tutelarsi da tecnologie che non capisce, che agiscono inmodo subdolo. E' necessario che sia riconosciuto il suo diritto alla gestionedei dati in quanto è egli stesso che contribuisce, in vari modi, alla loro im-plementazione. Con le dovute differenze, sarebbe il caso di muoversi versouna tipologia contrattuale più vicina all'esperienza della contrattazione col-lettiva che al contratto di massa.

19 Art.8, St.lav.: "È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assun-zione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuareindagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sinda-cali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazionedell'attitudine professionale del lavoratore". Il recupero della ratio dell'arti-colo 8 dello Statuto dei lavoratori consegue al riconoscimento costituzionaledel prosumer, così che la tutela dei dati personali o pubblici scaturisca indi-

101

dato, deve funzionalizzare la produzione dei dati ai criteri

costituzionali del Welfare State, di modo che il cittadino sia

soggetto e non oggetto del potere20.

Concludendo, si vuole porre nuovamente l'attenzione

sull'aspetto che ha reso più problematica l'individuazione di

strumenti in soccorso del prosumer: la costruzione di diritti sulla

base di categorie nate nell'ambito della tecnica informatica. Al

fine di riqualificare le categorie della solidarietà, della

partecipazione, del mutualismo della società civile nello spazio

pluralista dello Stato, è necessario sollecitare una riflessione

verso una nuova teoretica costituzionale. Non si può dimenticare

che l'architettura della Costituzione economica si fonda su un

assetto di rapporti sociali, politici, economici, che trovava la sua

sintesi in un orizzonte assiologico tomista: il valore

imprescindibile della dignità dell'uomo. E' dunque necessario

chiedersi se, nel realizzare l'open government, si stia ancora

tenendo fermo quel sistema di valori o, piuttosto, si auspichi la

transizione verso un paradigma che, se adeguatamente realizzato,

collateralmente, porti al benessere dell'uomo.

Questa sfida si traduce per il giurista nell'operare una

sintesi tra la metodologia dello Stato preventivo e la velocità con

rettamente dall'inclusione del soggetto nel processo democratico. 20 M.FOUCAULT, Nascita della biopolitica, Corso al Collegè de

France, cit., p.258: "Che cos'è in fondo la politica se non il gioco di questediverse arti di governo, con i loro criteri diversi, e al tempo stesso il dibattitoche esse suscitano? E' qui, mi sembra, che nasce la politica".

102

la quale si affermano nuove forme di welfare, tramite l'impiego di

tecnologie sempre più invasive. Il prosumer non deve farsi

abbagliare dalla terminologia anglofila delle nuove tecnologie e

svelare, dietro al linguaggio elitario – per cui il suffisso smart è

di per sé capace di esplicare ogni bene per i cittadini -, una

fattualità che vuole imporsi in modo verticale. Le pratiche di

cittadinanza spingono il giurista ad uscire dallo spazio

consolatorio del diritto positivo formale per sciogliere il nodo

gordiano dell'intricarsi delle relazioni tra oikonomia e sovranità,

generato dalla divisione illuminista tra Stato e società civile21.

Le evidenze portate in questo studio dimostrano che,

attualmente, l'open government mira a una disintermediazione

della società civile, con ciò venendo meno il riferimento dello

Stato pluriclasse alle formazioni sociali nella produzione di un

welfare emancipatore. Il prosumer è solo sia di fronte allo Stato,

sia di fronte alle imprese commerciali informatiche. Al fine di

21 Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, consultabile suwww.nascitacostituzione.it. La Pira, il 28 Novembre 1946, prima Sottocom-misione della Commissione per la Costituzione: "Riconosce che oggiesistono effettivamente due tipi di democrazia: una limitata al campopolitico, derivata dai principî liberali del 1789, ed una estesa al campodell'economia. Questo nuovo tipo di democrazia deve essere specificato edaffermato, come del resto ha già fatto la Sottocommissione approvando gliarticoli in tema di lavoro. Se sono giuste le osservazioni dell'onorevoleCaristia, ha anche ragione l'onorevole Marchesi di preoccuparsi che ilconcetto di democrazia venga specificato in rapporto alla situazione attuale.Ritiene pertanto che si debba accogliere la proposta dell'onorevole Moro,che mira ad integrare il concetto di democrazia contenuto nella formuladell'onorevole Cevolotto, estendendolo al campo economico”.

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riportare le istanze del movimento open all'interno di uno spazio

di giuridicità, fuori dallo spazio collettivo non pubblico, è

necessario promuovere, in definitiva, una consapevolezza22,

riconoscendo la centralità del prosumer, in quanto uomo,

nell'economia digitale.

L'open government non può essere latitante rispetto

all'esigenza dello Stato sociale di permettere "l'effettiva

partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica,

economica e sociale del Paese"23.

22 L.GALLINO, La lotta di classe dopo la lotta di classe, Laterza,Roma, 2011, p.83.

23 Art.3, co.2 Cost.

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