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1 Giuseppe Dalfino SANTA MARIA DI GALLANA IN AGRO DI ORIA ARTICOLO LIBERAMENTE TRATTO DALLA PUBBLICAZIONE DI CUI SONO AUTORE: DALFINO G., MELE G., Santa Maria di Gallana in Agro di Oria. Storia e architettura, Mario Adda Editore, 2005. Tutti i diritti riservati Introduzione S. Maria di Gallana è una chiesa che si trova nelle campagne appena fuori Oria sulla lungo la Strada Provinciale 71 che da questa porta a Latiano. Rientra nell’ambito del fenomeno delle Chiese a cupola di Puglia per cui necessita una premessa. Data l’importanza storico-architettonica, questo tipo di edifici di culto è stato ampiamente studiato dalla moderna storiografia d’arte. Purtroppo però nonostante interesse e curiosità abbiano prodotto studi anche approfonditi sull’argomento, aleggiano ancora alcuni punti oscuri e molti luoghi comuni da sfatare. Quello più diffuso è l’uso comune per cui tutte le chiese di Puglia che adottano il sistema di copertura a cupola sono definite chiese a cupole in asse (o addirittura a cupola in asse) e quasi sempre ne viene attribuita la paternità ai bizantini, se non in alcuni casi addirittura ai longobardi 1 . All’attento osservatore invece non sfuggirà che, così come vi sono numerosi modelli con due o più cupole poste sull’asse longitudinale Est-Ovest, definibili pertanto chiese a cupole in asse, vi sono altrettante chiese a pianta centrale, quadrata o circolare, coperte da un’unica cupola che non potrebbe non essere in asse, per considerare solo il fattore determinante della statica. Di conseguenza è più corretta la definizione generica di chiese a cupola. Per quanto riguarda le presunte origini longobarde poco rimane da dire se si considera che questa antica razza germanica era di tipo nomadico e quindi non aveva una tradizione architettonica. Questi infatti solo dopo aver fondato il ducato a Benevento ed essersi convertiti al cattolicesimo ivi costruirono la chiesa a due cupole in asse di Sant’Ilario a Port’Aurea. 1 Nella maggior parte dei siti web alle chiese a cupola di Puglia sono effettivamente attribuiti questi natali.

Santa Maria DI Gallana in Agro DI Oria Storia e Architettura

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Giuseppe Dalfino

SANTA MARIA DI GALLANA IN AGRO DI ORIA

ARTICOLO LIBERAMENTE TRATTO DALLA PUBBLICAZIONE DI CUI SONO AUTORE:

DALFINO G., MELE G., Santa Maria di Gallana in Agro di Oria. Storia e architettura, Mario Adda

Editore, 2005.

Tutti i diritti riservati

Introduzione

S. Maria di Gallana è una chiesa che si trova nelle campagne appena fuori Oria sulla lungo la Strada

Provinciale 71 che da questa porta a Latiano. Rientra nell’ambito del fenomeno delle Chiese a

cupola di Puglia per cui necessita una premessa.

Data l’importanza storico-architettonica, questo tipo di edifici di culto è stato ampiamente studiato

dalla moderna storiografia d’arte. Purtroppo però nonostante interesse e curiosità abbiano prodotto

studi anche approfonditi sull’argomento, aleggiano ancora alcuni punti oscuri e molti luoghi comuni

da sfatare.

Quello più diffuso è l’uso comune per cui tutte le chiese di Puglia che adottano il sistema di

copertura a cupola sono definite chiese a cupole in asse (o addirittura a cupola in asse) e quasi

sempre ne viene attribuita la paternità ai bizantini, se non in alcuni casi addirittura ai longobardi1.

All’attento osservatore invece non sfuggirà che, così come vi sono numerosi modelli con due o più

cupole poste sull’asse longitudinale Est-Ovest, definibili pertanto chiese a cupole in asse, vi sono

altrettante chiese a pianta centrale, quadrata o circolare, coperte da un’unica cupola che non

potrebbe non essere in asse, per considerare solo il fattore determinante della statica. Di

conseguenza è più corretta la definizione generica di chiese a cupola.

Per quanto riguarda le presunte origini longobarde poco rimane da dire se si considera che questa

antica razza germanica era di tipo nomadico e quindi non aveva una tradizione architettonica.

Questi infatti solo dopo aver fondato il ducato a Benevento ed essersi convertiti al cattolicesimo ivi

costruirono la chiesa a due cupole in asse di Sant’Ilario a Port’Aurea.

1 Nella maggior parte dei siti web alle chiese a cupola di Puglia sono effettivamente attribuiti questi natali.

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I Bizantini al contrario la tradizione architettonica ce l’avevano eccome, e la cupola aveva un ruolo

importante che si concretizzò soprattutto in edifici a pianta centrale.

Potrebbe anche capitare di seguire delle improvvisate guide che diranno che la chiesa di S. Pietro di

Crepacore in territorio di Torre S. Susanna è il più bel monumento bizantino che la Puglia possiede,

senza contare che tale ruolo se mai va affidato alla chiesa di S. Pietro ad Otranto.

Tali confusioni non sono altro che il risultato di quella che definirei una forzata scansione del

tempo artistico, condivisa concettualmente da D’Elia che l’attribuisce al tentativo di accostare “[…]

forzatamente edifici e oggetti lontanissimi nello spazio, cucendoli col filo di ferro del rapporto di

causa ed effetto univoco, con l’intenzione di ritessere la trama della storia; con l’effetto di ottenere

un cattivo rammendo”2. E che pertanto ritagliare le epoche suddividendole in romanico, gotico,

gotico fiorito, analizzare l’evoluzione delle volte, dei portali, dei timpani: sono forse tutti lavori

utili, ai quali molti eruditi si sono dedicati, ma sono destinati soltanto a soddisfare la nostra

curiosità intellettuale3.

E’ diffusa poi la confusione che regna sovrana nell’opinione comune secondo cui le chiese rurali

sono scambiate per chiese rupestri.

Nella pagina in rete dedicata agli Itinerari Culturali del Medioevo Pugliese, dell’Istituto Centrale

per il Catalogo e la Documentazione, si trova la scheda dedicata alla chiesa di S. Lucia nel

territorio di Massafra definita “Chiesa rupestre” ma poi si fa riferimento alla scheda di catalogo

di tipo A ovvero Bene Architettonico, e come se non bastasse ubicata in una fantomatica “SS.16

Bari - Taranto”4.

Stessa sorte è capitata alla chiesa di S. Pietro ad Otranto5.

Questi episodi se ripetuti nel tempo contribuiscono a creare pura disinformazione, infatti in tutti i

casi non si tratta di habitat rupestre bensì rurale e in particolare S. Lucia, non si trova sulla SS16

bensì sulla SS7.

In conclusione invito il lettore a considerare solo le evidenze, contestualizzando le emergenze

rispetto al periodo storico in cui nacquero e si svilupparono in una visione d’insieme rispetto anche

a tutto il vissuto medievale dei secoli VII-XIV in cui sono comprese.

2BELLI D'ELIA P., Alle sorgenti del Romanico, Puglia XI secolo, Bari 1975 p. 246. 3JACQ CHRISTIAN, Il segreto della cattedrale 1999 Milano p. 50 4http://www.iccd.beniculturali.it/medioevopugliese/index.php?it/82/catalogo-iccd/103/massafra-chiesa-rupestre-di-s-

lucia 5 http://www.iccd.beniculturali.it/medioevopugliese/index.php?it/82/catalogo-iccd/366/otranto-chiesa-di-s-pietro

3

Le vicende di un casale medievale e della sua chiesa

Sfatati i miti passiamo quindi a raccontare la storia del casale di Gallano e all’analisi della chiesa di

Santa Maria di Gallana di cui faceva parte.

Viabilità e Territorio

La via Appia nel segmento finale che congiungeva Taranto a Brindisi passava nelle immediate

vicinanze della chiesa6, ancora in parte utilizzata in età altomedievale, contribuì sicuramente alla

nascita del villaggio.

Casale e chiesa sorsero nella zona allora occupata dall’ager uritanus”, la Foresta di Oria, che

cominciava a nord del tratto costiero tra S. Pietro in Bevagna e S. Isidoro e che s'inoltrava sino a

raggiungere le foreste di Lecce e di Brindisi. Da sempre una zona molto popolata grazie alla

particolare fertilità del suolo, all'abbondanza d'acqua e alla mitezza del clima che favorì il sorgere di

molti piccoli centri rurali alcuni dei quali ancora documentati nel XIII e XIV secolo come Afra,

Bagnara, Aquarolo, Monticello, Pucciano, Materano, Campi dei Longobardi, Cutrino, Firmiliano,

S.Lorenzo, S.Giovanni Monicantonio, S.Stefano de Goffredis, Terenzano, Hispanis, S.Benedetto,

Aliana, Pasano e Cotonato, destinati poi, nella seconda metà del XIV sec. all’abbandono causato

dal venir meno di tutti quegli elementi che ne avevano determinato la scelta o per il verificarsi di

situazioni di emergenza che fecero spostare gli abitanti delle zone rurali in città.

E’ probabile che la nascita del casale di Gallano sia collegabile ad un discorso di continuità rispetto

al periodo in cui la città di Oria era organizzata come una agrotown da dove gli abitanti partivano

per andare a coltivare i campi, e che quindi sia sorto come nucleo abitativo intorno alla zona di

lavoro. Il rinvenimento dei resti di ville rustiche nella zona della chiesa, confermerebbe quella

continuità di cui sopra.

Inoltre il villaggio sorgeva nello stesso ambito territoriale del cosiddetto “Limitone dei greci”, un

supposto confine lungo i versanti longobardo a nord e greco a sud con funzioni difensive creato dai

bizantini fra la seconda metà del VII e l'VIII secolo a protezione dell'istmo salentino dalle mire

espansionistiche dei longobardi beneventani in terra d'Otranto.

Dato che il toponimo “Limitone dei Greci” compare esplicitamente nella tavoletta dell’IGM relativa

a Torre S. Susanna nel tratto che comprende la chiesa anch’essa a cupole in asse dedicata a S. Pietro

anticamente del casale di Crepacore, a pochi chilometri da Gallana, si è pensato all’edificazione

delle due chiese in contemporanea della costruzione del Limes dove i due villaggi avrebbero potuto

svolgere quindi funzione strategica di controllo del territorio.

6 Vedi I.G.M. F.203, IV S E Francavilla Fontana

4

Il casale

Quando lo studio di un villaggio rurale totalmente scomparso avviene senza l’ausilio di scavi

sistematici la ricostruzione dei processi d'insediamento e del conseguente loro abbandono risulta

difficile per la quasi completa assenza di documentazione in questo caso anche archeologica.

Rare infatti le indicazioni colorite poi dalle testimonianze scritte dei raccoglitori di memorie oritane

e nelle storie leggendarie tramandate dalla tradizione locale, per quanto utili alla ricostruzione delle

trame della storia del villaggio. Racconti che contengono personaggi reali e temi epico-

cavallereschi, che attribuiscono fascino alle origini della chiesa e del casale.

La frequenza dei toponimi di origine prediale e le importanti testimonianze fornite dai numerosi

resti di strutture architettoniche riferibili a ville rustiche e ad un calidarium, rinvenuti in “Contrada

Madonna di Gallano” negli anni ’60 del XX secolo, dimostrano la presenza di un grande

insediamento del I secolo a.C.

La zona archeologica si estende per almeno tre ettari di terreno ad 1 km dalla contrada Sciersi,

insistendo su una porzione di territorio all’epoca arricchito da fonti di acqua e da terreni fertili, e

servito dall’importante collegamento fornito dalla via Appia7. Non è da escludere l’ipotesi che ai

ruderi corrispondesse una delle mansiones o mutationes presenti lungo tutto il percorso tra Oria e

Mesagne, considerando anche la vicinanza con la località Scamnum (Muro Tenente).

Stiamo parlando quindi di un processo di continuità territoriale iniziata con la villa e il fundus

romano.

La ricostruzione delle vicende legate al casale, sebbene fornite da fonti frammentarie, è risultata alla

fine articolata e complessa. Lo spazio di tempo in cui si svolge occupa cinque secoli, dal IX, data

attribuita dallo scrivente all’edificazione del monumento e quasi sicuramente alla nascita del casale,

al XVI8, con ovvi periodi oscuri.

Le notizie sul casale di Gallano in nostro possesso partono da leggendarie origini raccontate in

antiche memorie oritane, di cui sono protagonisti fantomatiche regine e personaggi appartenenti alle

Chanson de geste, con particolare riferimento alla Chanson de Roland9, che creano un’attenzione

che va al di là del mero studio storico artistico per condurci nel pieno delle tradizioni che vogliono

le chiese fondate da personaggi illustri.

7 20Archivio della Soprintendenza Archeologica Ta, cartella Oria-Chiesa di Gallana. Di seguito, si riporta la relazione

svolta nel 1965 dall'Ispettore Onorario Ing. Francesco Vitto al momento del ritrovamento: I resti del calidarium

consistono in un colonnato di m 1,10 con piastrelle in terracotta, dal diametro di m 0,30 le prime e di m 0,25 di lato le

seconde[…].Pagliara ci informa che, sempre nel 1965, il Geometra Vincenzo Alfieri di Latiano durante lo scavo di un

pozzo a S. Maria di Gallana, rinviene un’altra stele funeraria di cui però non fornisce la datazione, cfr. PAGLIARA 1970,

p. 101. 8 L’abbandono del casale avvenuto nel XVI secolo è documentato da MARSELLA B. P., Ricordi storici di Oria

messapica, Roma, 1934, p. 71; ID Il marchesato dei Bonifacio in Oria e il processo dell'Università oritana contro

Gianbernardino, Oria 1943, p. 8.

9 MATTEO MARIA BOIARDO, Orlando Innamorato, Libro I.

5

E’ probabile ma non documentato che il casale esistesse già all’epoca delle drammatiche

circostanze relative l'assalto del 925 durante il quale Oria fu presa e saccheggiata dai saraceni “che

ammazzarono le donne e portarono via gli uomini per venderli come montoni in Africa” come

riportato nelle cronache di Lupo Protospata pubblicate dall'Arditi10. L’ipotesi risulta plausibile se si

tiene conto anche del teminus ante quem garantito da un documento di età normanna11, emesso da

Roberto il Guiscardo duca di Puglia e Calabria datato al 1063, in cui questi dichiarava di restaurare

la chiesa “diruta a malis habitatoribus” detta di S. Eufemia “a Grecis vocabatur Lametinum” sita

nella valle di Nicastro in Calabria in prossimità della costa.

Nel documento il duca normanno convalida tutti i beni donati a questa chiesa tra cui cinque

monasteri in pagus oritanus con tutte le proprietà annesse tra i quali figura il Monastero di Santa

Maria di Gallano insieme a S. Pietro di Episcopio, S. Gregorio, S. Vesenatus e S. Nicola.

Si tratterebbe di un monastero italo-greco, così come testimonia la tabella pubblicata da Poso

relativa ai 18 monasteri presenti in territorio salentino in età normanna12. Nel 1310, ritroviamo il

monastero censito nelle Rationes Decimarum del Vendola menzionato come Monasterii S. Marie de

Calerani e nel 1325 S. Marie de Gallano13.

In aggiunta a queste testimonianze si cita il Tanzi il quale fa riferimento alla fondazione basiliana in

una breve citazione sull'Archivio di Stato di Lecce secondo cui la chiesa sarebbe stata una grancia

dei Basiliani in cui vi tenevano le loro feste e i loro mercati more graecorum14.

La fioritura del monachesimo bizantino italo-greco in Terra d’Otranto fu garantita da figure

straordinarie come Nicola di Otranto, abate col nome di Nettario e igumeno dal 1220 al 1235 del

Monastero di S. Nicola di Casole. Nel monastero Otrantino fondato da Boemondo I principe di

Taranto e Antiochia, figlio di Roberto il Guiscardo, nel 1071 e dedicato al Santo, convissero

pacificamente cultura greca e latina in un momento storico delicato in cui da pochi anni dalla

fondazione vi era stato lo scisma d’occidente (1054), tra la Chiesa Romana e quella Orientale. Il

monastero fu distrutto dai Turchi durante il sacco di Otranto nel 1480.

10 ARDITI G., La corografia fisica e storica della provincia di Terra d’Otranto, Lecce 1879-1885, p. 416; la stessa

notizia è riportata da MATTERELLI PAGANO M., Raccolta di notizie patrie dell'antica città di Oria nella Messapia 1729

(a cura di E. Travaglini), Oria 1976, cit. p. 112 11 MENAGER L. R., Recueil des actes des ducs Normands d’Italie (1046-1087). I Les premier ducs (1046-1087).

In “Società di Storia Patria per la Puglia. Documenti e monografie, vol. XLV, Bari 1981, pp.38-47

12 POSO C.D., Il Salento normanno, territorio, istituzioni, società. Galatina 1988, p.69 13 VENDOLA D., Rationes decimarum italiae, nei secoli XII e XVI, Apulia, Lucania, Calabria, Studi e testi, Città del

Vaticano 1939. 14 TANZI FERRANTE G., L'Archivio di Stato di Lecce, Lecce 1902 p. 133. Si veda a questo proposito quanto si afferma in

merito all'Ordine Basiliano: APOLLONJ-GHETTI B., Mostra Documentaria di Giovinazzo, Conversano e Turi, Bari 1969,

p. 35.

6

Il monachesimo così organizzato continuò a perdurare per tutto il IX-X secolo in una Puglia sempre

più bizantinizzata, dove la Chiesa faceva da tramite fra Roma e Costantinopoli. Un rapporto che

rimarrà fortemente radicato nella tradizione culturale e che contribuì a determinare l'ellenizzazione

di una parte della Chiesa durante l'Alto Medioevo, soprattutto nelle aree costiere e nel basso

Salento.

La conquista normanna che negli anni sessanta dell’XI secolo seguì al dominio bizantino, avrebbe

dovuto avvicinare le comunità locali al culto di tipo occidentale, e lo fece, ma fu sufficientemente

liberale da lasciare che la cultura bizantina permanesse e permeasse molti scriptoria.

Tornando al casale, l’età angioina costituisce il momento di massimo fervore in cui la comunità di

Gallano risplende di luce propria grazie alla sua ormai famosa chiesa, rispetto al più grande centro

abitato di Oria a soli 2 km di distanza.

Ma la sua fortuna dura poco, infatti agli inizi del XIV secolo comincia la crisi tanto che nel 1316

Gallano non può pagare le sue tasse e il vicino centro di Latiano ne viene aggravato.

Probabilmente la vita continua arrancando per altri 70 anni finché il re Ladislao, all'epoca ancora

decenne, sotto la reggenza della madre Margherita di Durazzo, diminuisce le imposte del casale che

comincia a spopolarsi forse anche a causa dell'espansione urbana della limitrofa Francavilla e in

seguito viene abbandonato.

Nel XVIII secolo il centro abitato di Gallano si riduce ad una Masseria che ne porta il nome.

La chiesa

La “contrada Madonna di Gallano” si raggiunge dalla Strada Provinciale 71 che da Oria conduce a

Latiano e oggi comprende solo la chiesa di Santa Maria, unica emergenza sopravvissuta al centro

abitato di cui serviva le poche anime.

Le ricerche ed analisi approfondite condotte dallo scrivente soprattutto sulla struttura architettonica,

hanno permesso una ricostruzione attendibile delle sue alterne fasi di ampliamento ed abbandoni.

Descrizione architettonica

La chiesa si sviluppa longitudinalmente in senso NNE / SSO, è a pianta rettangolare a navata unica

conclusa da un’abside semicircolare con copertura a due cupole in asse, con cappella sul lato Est

dell’edificio voltata a botte. All’esterno nell’angolo a N/E sorge un corpo di fabbrica a pianta

circolare.

Già da un primo sguardo rivolto all’inconsueto orientamento, ci si rende conto dell’aspetto

“assemblato” con elementi giustapposti.

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Questo singolare edificio sembra infatti costruito su antiche vestigia e preesistenze architettoniche

rappresentate probabilmente dalla sola conca absidale15.

I numerosi interventi di restauro operati nel tempo e in modo più o meno ortodosso, hanno

sicuramente garantito di evitarne il crollo lasciando a vista una muratura che mostra un forte

contrasto tra un’opera irregolare ed integrazioni con blocchi in tufo perfettamente squadrati.

Esterni

Una facciata monocuspidata con ingresso lunettato di epoca seicentesca, introduce alla chiesa.

A destra un altro ingresso, simile al primo ma più piccolo conduce ad una abitazione privata

(Ambiente A).

Appare chiaro nella visione d’insieme una stratificazione muraria che lascia intendere come in

origine la chiesa fosse molto più grande, con planimetria a croce latina con tre navate, lì dove il

piccolo ingresso descritto conduceva a quella destra.

Questa interpretazione viene infatti confermata dopo aver confrontato i lati sinistro e destro

dell’edificio dove subito appare evidente la mutilazione del primo rispetto al secondo e un antico

assetto a tre navate. Lo confermano una serie di archi ormai semi interrati che comunicavano con la

navata centrale nonché i resti di una volta a botte che copriva l’ultimo tratto della navata.

Sul lato destro invece l’antica navata è ormai casa privata. Rimane accessibile dall’interno della

chiesa il braccio superstite di un antico transetto che comunicava con ambienti di servizio oggi

murati. Staccato dal resto, un corpo di fabbrica cilindrico porta alla memoria la Trulla della

Cattedrale di Bari.

Lato Est-Corpo di fabbrica a pianta centrale E

Posizione a N/E, alla destra della conca absidale.

Questo corpo è quello che conferirebbe maggior lustro alla chiesa se si potessero confermare certe

teorie che sfiorano la tesi, con appropriati scavi archeologici.

Si tratta di una costruzione a pianta circolare di m 6,85 di diametro, che si trova a m 3,5 di distanza

dall'abside, attualmente occupata dai locali coloni che ne hanno fatto abitazione privata, con

pavimento di cemento e pareti imbiancate a calce.

Si accede attraverso un ingresso ricavato dalla distruzione di una bifora sormontata da un rosoncino

realizzato in laterizi e affiancata da quelli che sembrano due contrafforti monchi della base.

E’ evidente come la coppia bifora/rosone si ripeta sotto lo spesso strato di calce che le rende

invisibili.

15 Lo studioso Jurlaro definiva l’edificio “come sorto su antichi resti romani e barbarici cfr JURLARO R., Le origini

romane e la vita bizantina di una scomparsa città del Salento, in: “L'Osservatore romano”, 7. IV, p.5

8

L’ingresso così ottenuto introduce ad un vano circolare voltato a cupola sulle cui parete si notano

due coppie di nicchie, sicuramente bifore murate attualmente invisibili dall’esterno.

Di fronte all'ingresso attuale vi è un passaggio che conduce ad un piccolo vano creatosi con

l’aggiunta di muri che chiudono l’ambiente E con gli ambienti C e D (Tavola 1, tratti evidenziati in

giallo). Se proviamo ad eliminare i muri recenti troveremo che questo avrebbe dovuto essere

l'accesso originale in posizione frontale rispetto agli ambienti C e D (Tavola 1/A).

Secondo le testimonianze raccolte, anticamente la quota del piano di calpestio era più bassa di circa

m 1 sotto il piano di campagna, ed erano visibili dei gradini che conducevano alla quota originale.

Considerando l’icnografia e la posizione a NE della chiesa, la sua funzione originaria potrebbe

essere stata quella di battistero16. E’ vero infatti che la forma a pianta centrale della maggior parte

dei battisteri s’ispira ai mausolei e agli heroa classici, e in particolare la pianta circolare coperta da

cupola rimanda ai martyria o memoriae17, luoghi sacri legati alla memoria dei martiri e

all’Anastasis.

Il rito battesimale

Se di battistero si trattasse ci troveremmo di fronte ad un complesso chiesa-battistero, ossia una

ecclesia baptismalis o plebs: una pieve con funzioni di chiesa battesimale all'interno di una

comunità rurale e matrice rispetto alle altre del distretto.

Nella tavola 2 ho ipotizzato la sequenza di passaggi attraverso i quali avrebbe potuto svolgersi il rito

battesimale, tenendo conto degli ambienti presenti.

Il rito comprendeva tre fasi distinte:

L’esorcismo e la rinuncia a Satana

Il battesimo,

L’unzione con il crisma.

Dall’esterno i catecumeni si recavano nel catechumenion (Ambiente C), dove ricevevano

l’istruzione e venivano preparati spiritualmente a ricevere l’acqua lustrale. Solo dopo questa

preparazione potevano recarsi nel battistero (Ambiente E) per il rito.

A questo punto pronunziavano la rinuncia a Satana rivolti ad occidente, sede del peccato e della

morte, e la professione di fede volti ad oriente.

16 Vedi posizione del battistero del complesso chiesa - battistero - sepolcreto ad Altamura in località Belmonte. IORIO

R., Presenze bizantine-longobarde a Belmonte In: Altamura Bollettino dell’Archivio. Biblioteca-Museo Civico 1977-

78, pp. 47-81. 17 L’opera fondamentale a proposito dei Martyria è quella di GRABAR A., Martyrium I, Parigi 1946; vedi anche TESTINI

P., Archeologia cristiana. Nozioni generali dalle origini alla fine del sec.VI. 1980 p. 607s., a cui si rimanda per la

bibliografia.

9

Successivamente venivano unti con l’olio ed entravano nella vasca per la triplice immersione.

Questo rituale ricordava i tre giorni trascorsi dalla morte di Gesù sul Golgota, alla resurrezione.

Dopo il battesimo attraversando ancora una volta l’ambiente C, giungevano al consignatorium

(Ambiente B), dove i battezzati venivano unti con olio sulla fronte, ovvero il chrisma-la cresima.

Ricevuta la benedizione potevano passare nella chiesa per ricevere l’eucaristia.

La forma circolare, a simmetria accentrata, permetteva visibilità totale ed uniforme verso il punto

centrale ove era collocata la vasca battesimale18. Questa aveva di frequente la forma geometrica

dell’ottagono, dove il numero otto rappresentava le otto persone che si salvarono nell’arca, e le otto

Beatitudini. Ma soprattutto evocava l’ottavo giorno, cioè il giorno della risurrezione, della nuova

creazione operata da Dio nel Cristo. Lo schema ottagonale diviene quindi simbolo di risurrezione e

rigenerazione, l’elemento che lega il mausoleo dal punto di vista tipologico al battistero come luogo

simbolico di risurrezione.

L’abside

E’ sicuramente l’elemento più antico di tutta la struttura, appartenente ad un preesistente edificio

probabilmente di età romana e quindi non cristiano. Tale interpretazione nasce dall’osservazione

della posizione a Nord Est e non ad Est come ci si aspetterebbe per un edificio di cult cristiano non

apparteneva ad una chiesa preesistente altrimenti sarebbe stato rivolto ad Oriente.

Questo avanzo di fabbrica quindi è realizzato con un tipo di muratura mista che ricorda l’opera

listata19 con la quale non può trovare diretto confronto in quanto molto più irregolare.

L'origine di questo tipo di tessitura è tardo antica, poi ereditata dall'architettura bizantina del

periodo definito dal Mango "costantinopolitano”20.

Le coperture

La chiesa appartiene al gruppo degli edifici a due cupole in asse, che comprende quelle chiese con

due cupole a copertura della navata centrale. All’esterno le stesse (C1 e C2 Tavola 1) sono

dissimulate da tiburi che ne lasciano emergere la calotta. Dei due solo il primo conserva la struttura

originale, con tre monofore dal profilo rettangolare che si aprono sul corpo troncoconico per fornire

18 Tra le diverse forme utilizzate per i battisteri, è particolarmente significativa quella ad otto lati, approvata da S.

Ambrogio, che simboleggia l’alba dell’ottavo giorno dall’ingresso a Gerusalemme quando Cristo risorse e ai popoli

venne concessa la vera salvezza. 19 AA.VV I Longobardi, Milano 1992, Cfr. anche ROTILI M., Benevento romana e longobarda. L'immagine urbana,

Napoli 1986; BERTELLI Cultura longobarda nella Puglia altomedievale. Il tempietto di Seppannibale presso Fasano,

Bari 1994.

20 MANGO C., Architettura Bizantina, Milano 1989, pp.7-8

10

luce alla navata. Il secondo tiburio in prossimità dell’abside è visibilmente più alto del primo di

quasi 1 m, situazione determinata da un’integrazione seguita al crollo della calotta descritto più

avanti.

Tra i due un posticcio campanile a vela del XVII secolo.

Interni

Oltrepassata la soglia dell’ingresso a Sud Ovest, un arco precede quattro gradini che conducono ad

una quota di m 1,00 sotto il piano stradale. Si arriva così al piano di calpestio dove un vestibolo

voltato a botte lungo m 4 precede l’arco d’imposta della prima campata. Nello spazio perimetrale

del vestibolo, sulle pareti a sinistra e a destra vi sono archi, oggi tamponati che costituivano

l’accesso alle navate laterali. Alla destra della seconda campata si apre una cappella (Ambiente B),

corrispondente al braccio superstite dell’antico transetto. Dopo un piccolo presbiterio si apre la

conca absidale coperta da calotta emisferica.

Le cupole

Le due cupole (C1-C2) sulla navata centrale sono in realtà volte a vela con un profilo a

pseudocupole, entrambe realizzate con filari di conci squadrati posti a cerchi concentrici.

La prima campata è delimitata dai pilastri a sezione quadrangolare su cui s’imposta una cupola dalla

sezione leggermente ellittica con un diametro massimo di m 5,10.

La seconda campata dal diametro massimo di m 5,20, presenta un’anomalia strutturale che interessa

la calotta, attraversata nell'invaso centrale, da nervature di laterizi posti a guisa di meridiani e

alleggerita con tubi fittili.

Quella che ho definito “anomalia strutturale” è in realtà il risultato di un antico restauro

consolidativo seguito ad un collasso della calotta e della parte superiore del tiburio, avvenuto in un

tempo imprecisato.

Dal momento della fabbricazione, infatti, ad un certo punto si cominciò a sviluppare in essa un

quadro fessurativo, di cui si può ancora seguire il disegno dall’interno, dovuto forse ad infiltrazioni

di acqua piovana o a difetti di costruzione, che si aggravò lentamente nel tempo e che ne causò

quindi il crollo.

Cappella lato Est

Alla destra della cupola C2 si apre una cappella coperta da volta a botte, che come abbiamo detto,

corrisponde ai resti del transetto.

11

Misura m 3,70 x m 5,14, e conserva un altare con il gruppo litico della natività ad opera di Nunzio

Barba, scultore galatinese cui si deve anche il sepolcro monumentale di Giulio Antonio Acquaviva

in Santa Maria dell'Isola, presso Conversano.

Abside

La conca absidale coperta da calotta emisferica, più ampia rispetto alla navata centrale cui si

appoggia senza alcun’immorsatura attraverso i muri del presbiterio, giustifica l’idea della

preesistenza alla chiesa a due cupole.

Il ciclo di affreschi

Dopo il restauro curato dalla Soprintendenza nel ’91, siamo oggi in grado di apprezzare nuovi

frammenti pittorici, mai menzionati prima lì dove altri sono irrimediabilmente perduti.

Molte delle figure superstiti sono state deturpate dai colpi di martello inferti sulla parete per

aumentare la superficie di contatto e favorire l’aderenza dei successivi strati d’intonaco e le muffe

hanno disciolto in vari punti il colore o hanno provocato la caduta di larghi frammenti.

In alcuni casi quello che è rimasto è un contorno evanescente o poche macchie di colore; il che

rende difficile, se non impossibile, tentare un’analisi soddisfacente.

Nonostante le lacune si riconoscono alcuni temi dal ciclo mariano come due “Annunciazioni”, una

Dormitio Virginis, la Vergine in trono, una Deposizione e la Deesis.

Quest’ultima si trova nella calotta dell’abside insieme ad una teoria di santi rappresentata nel catino,

rappresentata in modo canonico con Cristo Pantocratore benedicente all’uso orientale, al centro tra

la Madonna e San Giovanni Battista. Il gesto di benedire “alla greca”, di origini bizantine è stato

trasferito poi alla cultura latina per cui le prime tre dita distese della mano indicano la Trinità e le

due ripiegate la doppia natura divina ed umana di Cristo.

Un angelo in atto di arrotolare il cielo insieme agli astri affianca il Pantocratore, visione proveniente

dall’interpretazione dell’Apocalisse (6,14), che simboleggia il tempo terrestre ormai trascorso.

La colomba dello Spirito Santo, secondo l’immagine evangelica della teofania del battesimo di

Gesù, scende entro un cerchio bordato di rosso e bianco, tangente all’aureola del Cristo, chiudendo

il vertice ideale della composizione.

Quasi tutta la scena è incorniciata da una banda decorata da tralci e girali dipinti in bianco, ai quali

si sovrappone una linea ondulata campita alternativamente di blu e di rosso.

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La dedicazione

Per quanto riguarda l’inusuale, o piuttosto unica, dedicazione alla Madonna di Gallana il primo

riferimento va alle leggende, da cui si possono estrapolare i nomi Galerana e Gallus, che hanno in

comune il tema Gall, a cui se aggiunto il suffisso “-ana” o “-ano”, si ottiene un classico dei

toponimi di origine prediale, molto diffusi nell’area salentina, che riflettono l’antica organizzazione

agraria del territorio.

Tale origine prediale viene confermata dal rinvenimento in zona, di due epigrafi funerarie rinvenute

rispettivamente l’una durante i lavori di consolidamento del 1991 all’abside della chiesa, e l'altra in

un luogo imprecisato nei pressi di Francavilla Fontana, dedicate ad un tale Gerellanus21. E’ quindi

evidente come il termine Gallana derivi sicuramente dalla traslazione del nome Gerellanus, il quale

apparteneva ad una Gens d’età tardo-imperiale, famiglia di latifondisti, proprietaria del territorio

che in seguito assumerà la denominazione “Contrada Madonna di Gallano” con chiaro riferimento

al nome della gens.

Conclusioni

Attraverso l’indagine condotta si è cercato di recuperare un quadro organico della vita del casale di

Gallano, nonostante l’insufficienza delle fonti documentarie e le vicissitudini legate alla chiesa

dedicata alla Vergine nonché la mancanza assoluta di scavi archeologici programmati.

Rilevante è il confronto con altri edifici “a cupole in asse”, coevi o immediatamente posteriori,

presenti nel Salento come in tutta la Puglia da cui S. Maria di Gallana si discosta insieme con S.

Pietro di Crepacore compresa nel territorio tra Mesagne e Torre Santa Susanna per alcune

peculiarità architettoniche.

Possiamo affermare con un margine di sicurezza che siamo di fronte ad una ecclesia baptismalis,

che attraverso varie fasi tra cui una ad impianto basilicale a tre navate e a croce latina forse parte di

un Monastero italo-greco omonimo, rimane oggi l’unica testimone di un villaggio dove si

svolgevano mercati more graecorum.

Tutta la vita religiosa e sociale che si svolgeva secondo costumi orientali e occidentali nel casale è

oggi solo ipotizzabile grazie alle rare tracce documentali rinvenute. Conferme e disdette potranno

venire solo se la zona verrà scavata sistematicamente così da risolvere una serie di enigmi legati ad

un piccolo importante frammento della storia salentina e pugliese.

21 SILVESTRINI SILVESTRINI M., in Ricognizione delle testimonianze archeologiche nella valle dell’Ofanto, Le epigrafi

romane I a cura di Marcella Chelotti, Rosanna Gaeta, Vincenza Morizio, Marina Silvestrini, Bari 1990, p.52;

Ricognizione delle testimonianze archeologiche nella valle dell’Ofanto, Le epigrafi romane II a cura di Marcella

Chelotti, Vincenza Morizio , Marina Silvestrini, Bari 1990, pp.216-217, 239.

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