37
NUOVA SERIE Rivista del Dipartimento di Scienze dell’antichità Sezione di Archeologia Fondatore: GIULIO Q. GIGLIOLI Direzione Scientifica MARIA PAOLA BAGLIONE, LUCIANA DRAGO, ENZO LIPPOLIS, LAURA MICHETTI, GLORIA OLCESE, DOMENICO PALOMBI, MASSIMILIANO PAPINI, MARIA GRAZIA PICOZZI, FRANCESCA ROMANA STASOLLA Direttore responsabile: DOMENICO PALOMBI Redazione: FRANCA TAGLIETTI, FABRIZIO SANTI Vol. LXVI - n.s. II, 5 2015 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER - ROMA

Un'area di culto nella necropoli etrusca di San Cerbone a Baratti (Populonia, LI)

Embed Size (px)

Citation preview

nuova serie

Rivista del Dipartimento di Scienze dell’antichità

Sezione di Archeologia

Fondatore: giulio q. giglioli

Direzione Scientifica

maria paola baglione, luciana drago, enzo lippolis, laura michetti, gloria olcese, domenico palombi,

massimiliano papini, maria grazia picozzi, francesca romana stasolla

Direttore responsabile: domenico palombi

Redazione:franca taglietti, fabrizio santi

Vol. LXVI - n.s. II, 52015

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER - ROMA

ISBN CARTACEO 978-88-913-0923-5ISBN DIGITALE 978-88-913-0926-6

ISSN 0391-8165

© COPYRIGHT 2015 - SAPIENZA - UNIVERSITà DI ROMAAut. del Trib. di Roma n. 104 del 4 aprile 2011

Volume stampato con contributo di Sapienza - Università di Roma

Archeologia classica : rivista dell’Istituto di archeologia dell’Università di Roma. - Vol. 1 (1949). - Roma : Istituto di archeologia, 1949. - Ill. ; 24 cm. - Annuale. - Il complemento del titolo varia. - Dal 1972: Roma: «L’ERMA» di Bretschneider. ISSN 0391-8165 (1989)

CDD 20. 930.l’05

Comitato Scientifico

pierre gros, sybille haynes, tonio hölscher, mette moltesen, stéphane verger

Il Periodico adotta un sistema di Peer-Review

p. 1

» 189

» 41» 225

121» 253

» 319» 345

» 75

» 289

» 377

» 417

» 547

» 493

» 615» 519

» 429

acconcia v., Riflessioni sullo sviluppo degli spazi funerari nell’Abruzzo inter-no in età preromana (con un’appendice di ferreri s.l.) ..............................

ambrogi a., Marmi riscolpiti: da rilievo funerario tardo-classico a ritratto tole-maico ...............................................................................................................

biagi f., camilli a., magliaro t., milletti m., neri s., pitzalis f., Un’area di culto nella necropoli etrusca di San Cerbone a Baratti (Populonia-LI) .........

ghisellini e., Due ritratti di bronzo tolemaici nel Museo Archeologico di Firenze .....lejars th., L’épée laténienne du sanctuaire de Junon à Gabies. Les témoigna-

ges archéologiques d’une présence celtique dans le Latium (avec la collabo-ration de bernadet r., conservateur-restaurateur) .......................................

palombi d., Gabii, Giunone e i Cornelii Cethegi ................................................papini m., Augusto tra testi e monumenti: gli ornamenti del santuario di Apollo

Palatino e un serpente sull’Ara Pacis..............................................................pavolini c., La musica e il culto di Cibele nell’Occidente Romano ...................poli n., Per una definizione dello stile tarantino di età arcaica: la piccola plastica

fittile ................................................................................................................vallori márquez b., cau ontiveros m.á., orfila pons m., The Tuscan

temple of Pollentia (Mallorca, Balearic Islands) ............................................Weissl m., «Fuori dalle solite rotte già tracciate». Emanuel Löwy dopo

il 1915..............................................................................................................

NOTE E DISCUSSIONI

anzalone r.m., Kretikon Keimelion. Nota su una testa fittile da Agrigento ...... battistin f., Abitare nella Roma dei Severi. Studio delle tipologie abitative dai

frammenti della Forma Urbis marmorea ........................................................bevilacqua g., Phileros e gli altri: una nuova defixio greca da Roma (con

un’appendice di colacicchi o.) ...................................................................de leonardis v., Ferdinando Mariani: note archeologiche relative all’area set-

tentrionale della pianura subaventina ..............................................................fusco u., A New Mithraic Relief from Veii (with an introduction by boitani f.) ....gilotta f., Da Capua a Marzabotto. Qualche (discussa) testimonianza della

civiltà urbana di epoca tardo-arcaica in area etrusco-italica ...........................

INDICE DEL VOLUME LXVI

articoli

indice del volume lxvi

p. 511» 447» 441

» 575

» 467

» 481» 407» 595

» 661

» 650» 653

» 635

» 655

» 666

» 673

» 657

» 643

» 678

» 646

» 683

giovagnoli m., Due nuove iscrizioni urbane relative al mondo degli apparitores ..graells i fabregat r., Herakles’ Thorax .........................................................paolucci g., Un canopo semiedito al Museo Archeologico Nazionale di Atene ......pensabene p., Marmi pubblici e marmi privati. Note in margine ad un recente

volume di Ben Russell ....................................................................................piccinini j., Between Epirus and Sicily: an Athenian Honorary Decree for Alcetas,

King of the Molossians? ......................................................................................pulcinelli l., Monete e circolazione monetaria in Etruria Meridionale nel

III sec. a.C. .............................................................................................sassatelli g., Noterelle su Felsina .....................................................................vismara c., Dalla cremazione all’inumazione (?) ..............................................

RECENSIONI E SEGNALAZIONI

acconcia v., Ritualità funeraria e convivialità. Tra rigore e ostentazione nell’Abruzzo preromano (g. melandri) .......................................................

babbi a., peltz u., La tomba del Guerriero di Tarquinia. Identità elitaria, con-centrazione del potere e networks dinamici nell’avanzato VIII sec. a.C.; Das Kriegergrab von Tarquinia. Eliteidentität, Machkonzentration und dynami-sche Netzwerke im späten 8. Jh. v. Chr. (P.G. guzzo) ...................................

barbet a., Peintures romaines de Tunisie (I. bragantini) ...............................benseddik n., Esculape et Hygie en Afrique, vol. I: Recherches sur les dieux

guérisseurs; vol. II: Textes et images (c. vismara) ......................................boislève j., dardenay a., monier fl. (éd.), Peinture murale et stucs

d’époque romaine. De la fouille au musée. Actes des 24e et 25e colloques de l’AFPMA (I. bragantini) ............................................................................

boldrighini f., La casa di Properzio ad Assisi. Aristocrazie municipali e cul-tura urbana tra la fine della Repubblica e i primi anni dell’età imperiale (f. zevi) ......................................................................................................

brandon c.j., hohlfelder r.l., jackson m.d., oleson j.p. et Al., Buil-ding for Eternity. The History and Technology of Roman Concrete Enginee-ring in the Sea (E. felici) ..............................................................................

cornini g., lega c. (a cura di), Preziose antichità. Il Museo Profano al tempo di Pio VI (B. palma venetucci) .................................................................

pera R. (a cura di), Il significato delle immagini. Numismatica, arte, filologia, storia, Atti del secondo incontro internazionale di studio del Lexicon Icono-graphicum Numismaticae (A. polosa) ..........................................................

spadea r. (a cura di), Kroton. Studi e ricerche sulla polis achea e il suo territo-rio (F. zevi) ....................................................................................................

zuchtriegel g., Gabii I. Das Santuario Orientale in Zeitalter der Urbanisie-rung. Eisenzeitliche und archaische Funde der Ausgrabungen 1976/77 (l. cerchiai) .......................................................................................................

Pubblicazioni ricevute ............................................................................................

UN’AREA DI CULTO NELLA NECROPOLI ETRUSCADI SAN CERBONE A BARATTI (POPULONIA-LI)

La Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ha diretto, dal 2004 al 2011, un progetto di ricerca a Populonia, in località Fonte San Cerbone nel Golfo di Baratti, in seguito al rinvenimento di alcune tombe di epoca etrusca (Fig. 1)1.

L’area cui in questo saggio facciamo riferimento è al centro del golfo, all’estremità della necropoli. Questo tratto di costa è stato oggetto di una serie di recenti indagini archeologiche, che hanno visto protagonisti da un lato lo scavo di una villa romana, di una via glareata e di una necropoli tardoantica2, dall’altro una serie di interventi di scavo gestiti direttamente dalla Soprintendenza3, per lo più motivati da esigenze di emergenza, ma che hanno permesso, nell’ar-co di alcuni anni, il recupero quasi integrale dei depositi archeologici accessibili nell’area4.

Il saggio presso la Fonte San Cerbone, posto ad una quota inferiore di circa 3 m dal piano della Strada comunale, le cui sostruzioni lo delimitano verso S e verso O, si estende per soli 180 m2, interrotto verso E da una struttura di epoca contemporanea nota come “cisterna dei Francesi” e minacciato sul lato settentrionale, a pochi metri, dalla presenza sempre più incombente del mare, che, insieme all’acqua di risalita della fonte perenne, rappresenta un costante ostacolo alle operazioni di ricerca.

Le indagini, che si inquadrano in un più ampio programma di ridefinizione della topo-grafia populoniese e di edizione sistematica dei dati finora raccolti nell’area5, hanno per-messo di appurare l’esistenza in quel punto di una porzione quasi intatta della necropoli antica, che la presenza di lavatoi ottocenteschi ha fortunatamente sigillato, preservandola sia dall’azione dei clandestini che dagli interventi di recupero delle scorie.

La conservazione dei depositi per un’area così estesa come quella interessata dallo sca-vo, in effetti, è quanto mai anomala nel quadro più generale del nucleo centrale delle necro-

1 Le sepolture sono venute alla luce nel corso dello scavo condotto dalla Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università degli Studi de l’Aquila (Fabio Redi).

2 Effettuati in collaborazione con la Società Parchi Val di Cornia e l’Università degli studi di Siena, sotto la direzione di Franco Cambi, AcconciA, cAmbi 2009.

3 Per un quadro generale degli interventi finora coordinati dalla Soprintendenza, RomuAldi 2005; cAmil-li 2007, c.d.s.b.

4 Per alcune notizie preliminari sulle indagini: cAmilli et Al. 2006a; cAmilli et Al. 2013. Gli interventi sono stati possibili anche in virtù della collaborazione di numerosi studenti della Cattedra di Etruscologia della “Sapienza” Università di Roma (prof.ssa Gilda Bartoloni), e del supporto del Comune di Piombino, che coglia-mo l’occasione per ringraziare.

5 Il progetto, in via di definizione, prevederà una sistematica edizione dei dati di archivio, raccolti in una collana di volumi disponibili anche on line come supplemento della rivista Gradus. I primi contributi dovrebbero vedere la luce entro l’estate 2015.

ArchCl, LXVI, 2015, pp. 41-73

42 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

poli del Golfo di Baratti: la Soprintendenza, infatti, ha condotto un programma di ricerca che ha riguardato l’identificazione e la ricollocazione degli interventi di cava della scoria, riconsiderati sulla base dei mezzi impiegati e sull’entità dei movimenti di interro, e dal quale sono emerse alcune situazioni che risultano illuminanti per comprendere e quantificare la percentuale di danneggiamento e di distruzione dei contesti; senza eccedere è infatti possibi-le ritenere che la percentuale di sopravvivenza dei contesti monumentali (per lo più tumuli) sia di poco inferiore al 50%, mentre per i contesti “minori” (sepolture “a cassone” di vario genere) soprattutto se più tardi e quindi fondati sulla scoria, o per le strutture residenziali di età successiva (che pure sappiamo esserci state) difficilmente raggiunga il 15-20% dell’o-riginale.

Le attività moderne di cava, essendo rivolte al recupero delle scorie, seguivano a fron-te il livello “sterile” del terreno (vale a dire il piano di calpestio “arcaico”) una volta iden-tificato, ed andavano a rimuovere quanto incontravano, spesso in assenza di sorveglianza, “spazzando via” contesti monumentali senza alcuna documentazione, e sostanzialmente

Fig. 1. golfo di bARAtti. Posizionamento dell’area di scavo di Fonte San Cerbone.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 43

Fig.

2. S

ezio

ne ri

costr

uttiv

a pe

r mac

roat

tività

del

l’are

a co

mpr

esa

tra c

asal

e Sa

n Ce

rbon

e, F

osso

del

Con

chin

o e

Pogg

io d

ella

Por

care

ccia

; dal

ba

sso:

a) V

I-V se

c. a.C

., or

ogra

fia ip

otiz

zabi

le a

ll’in

izio

del

lo sf

rutta

men

to d

ella

scor

ia; b

) dep

osito

di s

corie

pos

t II s

ec. a

.C. e

freq

uent

azio

ni d

i et

à “r

oman

a”. L

’oro

graf

ia d

i que

sta fa

se è

sosta

nzia

lmen

te c

oinc

iden

te c

on q

uella

imm

edia

tam

ente

ant

eced

ente

le a

ttivi

tà d

i cav

a; c

) situ

azio

ne

ante

cede

nte l

e ope

razi

oni d

i cav

a (ca

. 191

0); d

) situ

azio

ne at

tual

e com

pren

siva d

elle

ope

razi

oni d

i “sis

tem

azio

ne” d

el 1

956-

57 (c

Am

illi

c.d.

s.b).

44 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

trasformando in modo sensibile il paesaggio (Fig. 2). Di questi “rinvenimenti”, o presunti tali, rimane esile traccia nei registri di ingresso del Museo di Firenze, nella documentazio-ne sulle quote-parte ancora in possesso alla famiglia Gasparri, in pochi disegni e schizzi non posizionati, e soprattutto in una serie di foto scattate nel corso dei lavori di cava.

Le attività di cava vere e proprie erano invece accuratamente documentate con plani-metrie e posizionamenti relativamente precisi. Scopo dell’attività di ricerca è stato, quindi, quello di localizzare topograficamente la sequenza degli interventi di scavo il più esatta-mente possibile, in modo da poter tentare la localizzazione di contesti “scomparsi” o mai posizionati ma soprattutto di materiali “sporadici” dei quali spesso si conosce a mala pena la data di consegna.

Mentre solo in alcuni casi eclatanti le operazioni di cava hanno comportato la com-pleta distruzione di intere sezioni della necropoli monumentale, questo non si può dire per quanto riguarda gli altri tipi di edifici; strutture non monumentali, anche di considerevole estensione, sono note per l’intera area e, tranne che in alcuni rarissimi casi, non sono quasi mai sopravvissute alle operazioni di recupero delle scorie; le motivazioni di questa siste-matica distruzione vanno cercate in due direzioni: gli edifici di fase ellenistica e romana, interamente fondati sugli accumuli di scoria, con essi devono essere stati completamente asportati; gli edifici di fase arcaica o classica, invece, se indirizzati a lavorazioni di forgia analoghe agli edifici sulla spiaggia o a quelli “industriali” di Poggio della Porcareccia, dovevano essere caratterizzati proprio da quelle elevate concentrazioni di ferro che rende-vano più appetibili le attività di recupero.

Un’approfondita campagna di ricerca nell’archivio disegni SBAT, unitamente alla fortuita scoperta di una cartella “fuori posto”6 contenente alcuni documenti di un certo rilievo, ha permesso quindi la rielaborazione di una prima planimetria generale dei rinve-nimenti effettuati nell’area di San Cerbone-Casone nel corso delle attività di cava delle scorie. La planimetria generale ottenuta, che qui si presenta in una forma non definitiva, è il prodotto dell’esame preliminare di queste cartografie, incrociato con corrispondenze dell’archivio fotografico e con notizie ricavate dai diari di scavo. Al posizionamento delle emergenze “scomparse” non è stato inoltre indifferente quanto effettuato per ristabilire la cronologia degli sterri per la cava delle scorie, del quale si è in parte trattato. L’esito del lavoro è, come si può notare dalla planimetria generale (Fig. 3), a dir poco sorprendente; il numero dei contesti collocati supera di larga misura i contesti già ricostruiti, per non parlare di quelli visibili, e consente, seppure nella sua effettiva incompletezza, una prima ipotesi di rilettura topografica dello sviluppo della necropoli e la sua logica “urbanistica”; nella quale sembra di cogliere una organizzazione – non siamo ancora in grado di ipotiz-zare quanto pianificata o determinata da fattori contingenti – della necropoli per nuclei topografici distinti7, caratterizzati da differenti sviluppi sia architettonico-topografici che rituali, visibili già dalla osservazione della planimetria.

Tutto questo non fa che confermare la rilevanza delle indagini effettuate, che, oltre alle implicazioni derivate dalla diretta interpretazione dei rinvenimenti, assumono un considerevole valore aggiuntivo nell’ausilio che possono fornire alla comprensione delle

6 Si tratta di un gruppo di disegni e tavole raccolti erroneamente in una cartella dedicata al relitto del Poz-zino di Baratti, fino a poco tempo fa in studio da parte del defunto dott. Nicosia.

7 Forse su nuclei gentilizi, caratterizzati da proprie specifiche caratteristiche comportamentali: cAmilli 2014.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 45

dinamiche di deposito e accumulo dei residui “industriali” in presenza di anomalie (quali i depositi archeologici) in una area estesa, in assenza del fattore di disturbo costituito dalle asportazioni dovute alle operazioni di cava. È necessario inoltre, in ultimo, ricordare l’estrema vicinanza del contesto indagato con il deposito votivo scoperto e recuperato da Antonella Romualdi e recentemente riesaminato in seguito ai nuovi interventi di restauro8. La fossa, delimitata da cippi, ha visto almeno tre deposizioni successive di armi defunzio-nalizzate, a partire dal V almeno fino alla metà del IV secolo a.C.; l’ultima deposizione, volumetricamente più consistente, è costituita dalla dedica e dalla consacrazione, tramite

8 RomuAldi 2009.

Fig. 3. Planimetria ricostruttiva delle presenze archeologiche nella bassa vallata di Baratti (Necropoli di Porcareccia, San Cerbone, Casone). In nero le presenze note e visibili; in grigio le presenze e le sepolture identificate e rilocalizzate con le ultime ricerche di archivio (rielaborazione da cAmilli c.d.s.c).

46 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

un rogo, principalmente di lance e giavellotti spezzati9. Il deposito, in qualche modo con-nesso con alcune strutture la cui interpretazione è ancora in corso, era fisicamente separato dagli scavi che si trattano in questa sede solo dalla fonte perenne, che comunque doveva collegare in qualche modo i due contesti.

A. C.

Nell’area di scavo, compresa nell’ampio nucleo centrale delle necropoli populoniesi, corrispondente ai toponimi di San Cerbone-Casone-Porcareccia sono stati portati alla luce fino ad ora più di ottanta contesti, che hanno confermato una continuità di occupazione dal pieno IX secolo a.C., indiziata per il momento dalla presenza di numerosi materiali in posizione residuale, almeno fino all’inoltrato IV sec. a.C., quando l’area viene abbandona-ta per un lungo periodo con la conseguente obliterazione più o meno completa delle strut-ture, a cui segue, in coincidenza con la romanizzazione, un deciso cambio di destinazione d’uso e l’impianto di attività produttive.

Le modalità di formazione del deposito stratigrafico, non ancora esaurito, rendono perfettamente leggibili non solo le deposizioni e i diversi piani di vita del sepolcreto, ma anche tracce consistenti dei rituali funerari e dei culti praticati, riconoscibili soprattutto nell’erezione di strutture, generalmente di modesto impegno costruttivo e destinate allo svolgimento delle pratiche religiose, nella presenza di piccoli roghi, accesi talvolta al di sopra delle coperture delle tombe, e nella deposizione di offerte o di oggetti utilizzati nel corso delle cerimonie e poi per lo più defunzionalizzati attraverso la frammentazione.

Il nucleo indagato, sebbene topograficamente inserito nella trama della necropoli, presenta sin dalle fasi più antiche tratti peculiari, che lo connoterebbero come destinato ad un segmento specifico della comunità, la cui esatta composizione rimane tuttavia ancora non del tutto chiarita. Almeno fino al periodo arcaico, ciò che si può rilevare, dietro l’ap-parente mancanza di norme rigidamente codificate, è un’evidente pluralità di soluzioni, sia sul piano strutturale che rituale, ed un’ampia disponibilità ad accogliere usi ed elementi allogeni, provenienti sia dal versante tirrenico che dal mondo greco e orientale, in misura tale da far supporre almeno un coinvolgimento diretto dei defunti nei traffici del Medi-terraneo, se non la presenza di stranieri, che tuttavia necessiterebbe di analisi specifiche per essere confermata10. Anche se l’ornamento è, quando presente, molto essenziale, e la composizione dei corredi non supera quasi mai le cinque unità, né include generalmente oggetti di assoluto pregio, le modalità di deposizione denunciano nella maggior parte dei casi un indubbio impegno, non solo economico, che si rinnova nella celebrazione di rituali sulle tombe anche fino a diverse generazioni dopo la morte, traducendo una volontà di mantenere e sottolineare alcuni legami, probabilmente non solo di tipo familiare ma anche

9 cAmilli, cAselli 2014; cAmilli c.d.s.a. con ipotesi circa la connotazione gentilizia del deposito con-nesso a rituali di passaggio o a offerta di spoglie nemiche, con riferimento al caso dell’arce di Vetulonia (mAg-giAni 2012) e a un passo di Livio: « … Fabius dimissis ad quaerendum collegae corpus spolia hostium coniecta in aceruum Ioui Victori cremauit» (liv. 10, 29).

10 Sul dibattito relativo alla possibilità di riconoscere individui provenienti dall’esterno della comunità nei sepolcreti, si vedano tra gli altri: guidi 2013, con bibliografia; cuozzo, guidi 2013, pp. 22-23 e 72-100; toRelli 2014.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 47

ideologico, che in epoca classica, troverà riscontro nel rispettoso riutilizzo delle sepolture. In quest’ultima tendenza si potrebbe forse leggere il tentativo, da parte di un ceto emerso con le fiorenti attività industriali e commerciali della città, di trovare una legittimazione delle proprie conquiste sociali attraverso la valorizzazione delle ascendenze, secondo sti-lemi tradizionalmente legati alle élites.

T. M.

In attesa dell’edizione completa dei materiali e dei dati di scavo, alla quale si rimanda anche per la descrizione della stratigrafia e per le analisi della composizione del campione demografico e dell’ideologia funeraria, si è scelto in questa sede di focalizzare l’attenzio-ne sulle fasi più recenti di frequentazione della necropoli, comprese tra il pieno arcaismo e l’ellenismo, sia in virtù dello stato più avanzato di elaborazione dei dati, sia per la possi-bilità di individuare, poco dopo la metà del VI sec. a.C., un piano di “ristrutturazione” del sepolcreto, che contempla l’elaborazione di un codice funerario più omogeneo rispetto ai periodi precedenti, basato su scelte largamente condivise, sia nella tipologia tombale che nei rituali connessi (Fig. 4).

A partire dal 540-530 a.C. circa, infatti, i sarcofagi, nelle loro diverse declinazioni strutturali, divengono la presenza nettamente dominante nel paesaggio della necropoli e la scelta del rituale inumatorio concede poche eccezioni. I corpi sono normalmente adagiati in posizione supina, con gli arti allungati e gli elementi di corredo, quasi sempre poco numerosi, posizionati principalmente in corrispondenza della testa o dei piedi. Le sepol-ture infantili condividono, almeno nelle linee generali, le stesse modalità di deposizione degli adulti.

In questa fase, la razionalizzazione dello spazio funerario, ottenuta mediante la dispo-sizione tendenzialmente ortogonale delle sepolture, non si sottrae, tuttavia, al condiziona-mento dettato dalla presenza di alcuni complessi più antichi, verso i quali sono evidente-mente ancora sentiti la volontà o il dovere di venerazione.

Ben più che occasionale e solo in parte connesso alla prassi di riutilizzare strutture precedenti per nuove sepolture, risulta il fenomeno delle deposizioni secondarie, singole o multiple, ovvero la riduzione dei corpi decomposti, o parti di essi. Nelle modalità generali di espressione dell’ideologia non si percepisce alcuna cesura fino al periodo ellenistico, quando decade la destinazione funeraria del luogo.

Come accennato, quindi, la ristrutturazione dell’area poco dopo la metà del VI secolo, in sincronia con quanto avviene nelle vicine aree funerarie di San Cerbone e del Caso-ne, coincide con la diffusione della tomba a sarcofago in panchina11, cui si accompagna, almeno nel campione in esame, la tendenziale fedeltà alla pratica inumatoria. Delle tombe a sarcofago portate in luce, oltre la metà risultava oggetto di violazioni, che nella maggior parte dei casi avevano determinato la perdita completa del corredo.

Dal momento che i riempimenti infiltrati nelle strutture a seguito della manomissione dei coperchi appaiono simili per composizione agli strati di abbandono ricchi di scorie ferrose depositatisi all’esterno, appare plausibile che gli interventi di ruberia abbiano avu-

11 Spesso i sarcofagi in panchina sono indicati anche con il nome di cassoni.

48 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

to inizio con il mutamento di destinazione funzionale dell’area.

Per quanto concerne la cronologia, l’u-so delle tombe a sarcofago si generalizza poco dopo la metà del VI (540/530 a.C.) e si protrae fino al IV secolo a.C. inoltrato, malgrado nel modesto campione in esame l’impianto di nuove strutture sembri arre-starsi attorno alla metà dello stesso secolo.

Da un punto di vista strutturale, le solu-zioni costruttive risultano piuttosto essen-ziali. Nel sepolcreto della Fonte, così come nel vicino Casone, l’impiego di blocchi monolitici di panchina è limitato soprattut-to alla realizzazione di piccoli contenitori per cremazioni; una comprensibile deroga è rappresentata da un esemplare di grandi dimensioni in nenfro, materiale certo più resistente e compatto12. In armonia con quanto annotato da F. Fedeli nel suo esa-me topografico, anche alla Fonte le casse sono realizzate mediante l’accostamento per il lato breve di due blocchi speculari o dall’assemblaggio per semplice contrap-posizione di lastre, variamente disposte a formare le pareti e rivestire il fondo13. La stabilità delle strutture è generalmente garantita da uno zoccolo esterno composto da un numero variabile di spezzoni. Tale elemento doveva risultare nella maggior parte dei casi lievemente aggettante rispet-to al piano di calpestio, come ha rivelato la straordinaria conservazione degli origina-ri livelli pavimentali nel settore in esame e come ha confermato un piccolo saggio stratigrafico realizzato nel 2005 all’inter-no della necropoli del Casone, nella zona posta tra l’edicola del Bronzetto dell’Offe-rente e la Strada comunale di Populonia14.

12 fedeli 1983, p. 229, n. 95, fig. 126.13 Ibid., p. 121; sui sarcofagi di panchina da ultimo: AldeRighi 2015.14 Il sondaggio, localizzato immediatamente a N di un grande sarcofago in panchina con tetto displuviato, già

interessato da indagini SAT negli anni ’70 del Novecento (fedeli 1983, p. 246, n. 130), ha permesso sia la scoperta di un nuovo sarcofago ricavato da un piccolo monolite di panchina (108 × 54 × 34 cm), utilizzato forse solo secon-dariamente per la riduzione di almeno tre inumazioni associate a pochi vaghi di pasta vitrea, sia la comprensione

Fig. 4. fonte sAn ceRbone. Pianta composita delle evidenze (in bianco: strutture preesistenti al riassetto di epoca arcaica; in grigio: strutture di metà VI-V secolo a.C.; in grigio scuro: strut-ture di IV secolo a.C.; campite: strutture non databili. Elab. di F. Biagi e M. Milletti).

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 49

Presso la Fonte, le coperture sono costituite soprattutto da lastre poste in piano; solo la tomba XII (2,5 × 0,7 m ca) presentava una chiusura displuviata, anche se non si può escludere che le peculiari modalità di conservazione della panchina, degradata fino a riacquistare consistenza pari alla sabbia, abbiano in talune tombe appiattito la sommità delle casse.

F. P.

Poco numerose risultano le deposizio-ni singole, cui probabilmente era origina-riamente destinata la maggioranza delle casse. Esemplificativa a riguardo è la tom-ba XIV (2,4 m × 0,8 m ca), costituita da un sarcofago orientato in senso NE-SO com-posto da due monoliti, che accoglieva la deposizione di un inumato, probabilmente di sesso maschile (Fig. 5). Il ridotto corre-do di accompagno, composto da una cuspi-de di lancia in ferro e da una coppa ionica di tipo B3 (Fig. 6)15, che colloca peraltro la sepoltura tra le prime attestazioni della categoria nell’area, adombra probabilmen-te il ruolo militare del defunto, improntato alla sobrietà e alla solidarietà di corpo.

Assai frequente è l’impiego della stessa cassa per inumazioni doppie, non solo pre-vedibilmente per deposizioni cronologicamente vicine, come nel caso della tomba XV (2 × 0,70 m ca.), ma anche e soprattutto per defunti sepolti a decenni di distanza. È il caso delle ricche dame deposte nella tomba VIII (2,4 × 0,7 m ca.), che presentavano un corredo ceramico piuttosto esiguo, ma anche parures di ornamento personale. La prima inumazio-ne, databile nell’arco della seconda metà, forse terzo quarto del VI secolo a.C. in base alla presenza di una kylix dei Piccoli Maestri, classe piuttosto ben rappresentata a Populonia16, e di una coppia di orecchini d’oro a bauletto, venne poi ridotta per permettere la seconda ed ultima deposizione, che nella seconda metà del IV secolo a.C., si distingue per una maggiore

delle reciproche relazioni e delle differenze costruttive tra le strutture: la più grande era alloggiata all’interno di una profonda fondazione dalla quale emergeva per circa 15 cm lo zoccolo, la più modesta e recente era direttamente appoggiata sul terreno con la lastra di basamento sporgente lungo tutto il perimetro (cAmilli et Al. 2006b).

15 boldRini 1994, Gravisca tipo V/2, pp. 172-173, in particolare vicino all’esemplare n. 404, tav. 16 (550-530 a.C.), con equivalenze con precedenti tipologie; sulla presenza delle coppe ioniche a Populonia e, più in generale, nell’Etruria settentrionale: mARtelli 1978, pp. 195-204, con aggiornamenti in ciuccARelli 2004, pp. 128-136.

16 mARtelli 1981, p. 414.

Fig. 5. fonte sAn ceRbone. Tomba XIV, deposizione, foto di scavo (foto F. Biagi).

50 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

articolazione sia dell’ornamento personale, al quale appartengono tra l’altro una coppia di orecchini d’oro a grappolo17 (Fig. 7), che del corredo di accompagno, nel quale si segnala la presenza di una kylix a vernice nera vicina al tipo Morel 425318, di una glaux di produzione locale19 (Fig. 8) e di due oinochoai sovraddipinte, anch’esse di fabbrica etrusca.

Una simile dinamica di deposizione ricorre anche nella tomba II (2,1 × 1,2 m ca.), un sarcofago del tipo a lastre orientato in senso NE/SO. Leggermente più recenti, rispetto alla tomba VIII, risultano l’impianto della struttura e la prima deposizione, come indica la presenza di una lekythos attica a figure nere con ritocchi paonazzi, databile alla fine del VI secolo a.C.20; a questo stesso corredo è attribuibile un eccezionale vaso plastico conformato a delfino (Fig. 9). Il vaso è inseribile nel Randazzo group individuato da Barbara Heldring nel suo studio dedicato ai vasi plastici della Sicilia21 ed in particolare esso è riconducibile alla serie dei rospi, posta all’inizio della produzione, nella prima metà del V secolo a.C. Della serie, rappresentata da due soli esemplari conservati a Berlino, l’uno facente parte del-la collezione Dorow-Magnus con provenienza da Tarquinia22, l’altro acquisito dal mercato antiquario svizzero e originario della Sicilia, sono sottolineati i caratteri anomali, che com-prendono la raffinatissima fattura e che, pur vicini alla fabbrica di Siracusa, li distanziano dal resto della produzione siceliota. Questi tratti, assieme alla provenienza tarquiniese di uno degli esemplari, suggeriscono alla studiosa un’origine esterna alla Sicilia, forse medio-tirre-nica, accantonata tuttavia per l’assenza, fino ad ora, di vasi anche lontanamente confrontabili

17 coen 2011.18 moRel 1981, p. 299, tav. 121.19 bRuni 1992, pp. 70-71 (II gruppo, databile tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C.).20 Vicina per forma e generale sintassi decorativa ad alcune lekythoi del gruppo hoplite leaving home: cAl-

deRone 1985, p. 21, tav. 43.1, 3 (da Agrigento, 520-500 a.C.); giudice 1974, p. 5, tav. 8.1-2 (Gela, Collezione Navarra, 530-520 a.C.).

21 heldRing 1981, pp. 50-68. Sulle serie del Randazzo Group, vd. anche eAd. 1991.22 Kunish 1971, tav. 179.6.

Fig. 6. fonte sAn ceRbone. Tomba XIV, coppa ionica (foto F. Biagi).

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 51

al di fuori dell’isola. Al corredo ceramico della deposizione più recente della tomba II appar-tiene invece l’associazione di una pelike del gruppo Sokra (Fig. 10) e di un kantharos tipo St. Valentin23 (Fig. 11), databili, come ormai acquisito, nella seconda metà del IV secolo a.C.24.

23 La stessa associazione ricorre anche nella Tomba X.24 bRuni 1992, pp. 70-71, in part. nota 105 per i kantharoi tipo St. Valentin e la loro dibattuta cronologia.

Fig. 7. fonte sAn ceRbone. Tomba VIII, seconda deposizione, orecchini d’oro a grappolo (foto F. Biagi).

Fig. 8. fonte sAn ceRbone. Tomba VIII, seconda deposizione, glaux (foto F. Biagi).

52 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

Il fenomeno delle duplici deposizioni appare oltremodo interessante poiché, se da un lato conferma la pertinenza familiare delle tombe protratta nel tempo, dall’altro sembra indicare, come accennato, la volontà di sottolineare le ascendenze familiari che si concre-tizza nel pieno IV secolo, fase in cui si datano tutte le deposizioni più recenti.

Nella stessa ottica possono essere lette, forse, le deposizioni plurime, che, se la verifica dei rapporti di parentela tra gli individui desse esito positivo, sembrerebbero quasi assimilare nell’uso il sarcofago alla tomba familiare a camera. I resti scheletrici di oltre dieci individui, al vaglio degli antropologi, si ammassavano nella tomba X (2,4 × 1,3 m ca.), un ampio sar-cofago a lastre orientato in senso NE-SO, pregiudicando la puntuale distinzione dei corredi di accompagno tra le singole deposizioni, al di là di una suddivisione in base ai livelli di rin-venimento e alle differenze cronologiche macroscopiche. I reperti indicano per la tomba un arco di utilizzo di circa cinquant’anni, nella seconda metà del IV secolo a.C. Ad un orizzonte più antico rinvia un pendente in pasta vitrea blu e gialla a testa maschile con benda ritorta, riferibile al tipo Spanò Gemellaro C, prodotto a Cartagine e generalmente in area punica

Fig. 9. fonte sAn ceRbone. Tomba II, prima deposizione, vaso conformato a delfino (foto M. Milletti).

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 53

tra 500 e 400 a.C.25, che toglie dall’isolamento il coevo pendente sporadico già segnalato a Populonia da Marina Martelli26; alla seconda metà del IV secolo sono riferibili una glaux e una pelike con figura di ammantato del gruppo Sokra27, e una lekythos a vernice nera vicina al tipo Morel 541628. Di cronologia meno puntuale risultano invece un’olpetta acroma ovoide29 e un’oinochoe in depurata con becco a cartoccio di forma VII30.

In via preliminare sembra forse possibile individuare una linea di tendenza nello sviluppo e nell’evoluzione delle tombe a sarcofago: all’inizio della serie sono plausibil-mente da porsi gli esemplari formati da due monoliti accostati di dimensioni contenute, con larghezza mai eccedente i 90 cm; tali strutture, probabilmente concepite per il sin-golo defunto, restano in voga anche nei secoli successivi e rivelano due orientamenti preferenziali in senso NO-SE e soprattutto NE-SO; con la tomba II, agli inizi del V, compare il tipo del sarcofago a lastre, con larghezza crescente, comunque superiore al metro, rappresentato alla fine dello stesso secolo anche dalle tombe VI (2,4 × 1,4 m ca.),

25 spAnò gemellARo 2008, tipo C, p. 119, n. 64, fig. 2, tav. IX (Birgi); p. 119, n. 65, fig. 2, tav. IX (Erice, collezione Pepoli).

26 mARtelli 1981, pp. 418-419, fig. 9; de Agostino 1963, p. 74, fig. 31.27 Avvicinabile a piAnu 1982, p. 21, n. 21, tav. XVI.c-d, esemplare privo di linea graffita, a differenza della

pelike populoniese.28 moRel 1981, p. 361, tav. 168 (IV secolo a.C.).29 Veio, Portonaccio, cisterna S. Angelo: AmbRosini 2009, tipo 5, pp. 178-180, fig. 32, tav. XLIII; Tarqui-

nia, Gravisca: goRi, pieRini 2001, pp. 335-338, tav. 65, con diffusione della forma in Etruria meridionale e nel Lazio tra il V e il III secolo a.C.

30 Di recente sulla forma, in uso tra la fine del IV e il III secolo a.C.: AmbRosini 2009, oinochoe tipo 2, variante b, pp. 193, 196-197, n. 468, fig. 39, tav. XLVI, p. 193 (Veio, Portonaccio, cisterna S. Angelo).

Fig. 10. fonte sAn ceRbone. Tomba II, seconda deposizione, pelike del gruppo Sokra (foto M. Milletti).

Fig. 11. fonte sAn ceRbone. Tomba II, seconda deposizione, kantharos tipo St. Valentin (foto M. Milletti).

54 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

X, della quale si è già parlato, e XXIII (2,4 × 1,2 m ca.), che condividono anche l’orien-tamento NE-SO31.

S. N.

Come anticipato, la fisionomia del sepolcreto arcaico e classico risulta condizionata da alcune emergenze monumentali edificate nell’Orientalizzante recente ma rimaste visi-bili e, come vedremo, in uso fino all’abbandono della necropoli.

Sul finire del VII secolo, in quest’area, già occupata come accennato dalle sepolture, sorge un polo cultuale articolato in un sistema di altari di varia planimetria, cui si accom-pagnano tracce di devozione e offerte protratte nel tempo. L’altare principale (XXV), posto approssimativamente al centro dell’area di scavo, presenta un tamburo cilindrico del diametro di circa 5 m, foderato esternamente con un paramento di grosse pietre e lastre sbozzate di macigno e arenaria disposte irregolarmente su cinque filari dall’allineamento piuttosto irregolare (Fig. 12). Il basamento originariamente doveva apparire coronato da un modesto tumulo di ciottoli marini di dimensioni costanti, interrotto da un breve cam-minamento delimitato da lastre infisse verticalmente che, accessibile dal lato meridionale, si dirigeva verso il culmine della struttura dove si apriva una cavità artificiale definita da grosse pietre disposte ad anello.

Circa due metri a SO dal precedente si erge un secondo altare simile per impianto e con-formazione, ma di dimensioni più modeste (XXIV); il profilo del tamburo (diam. 2 m ca.), rivestito da pietre disposte con maggiore regolarità per circa quattro filari, si rettifica sul lato meridionale in corrispondenza del sistema di accesso al monumento, composto da una gran-de lastra di panchina alloggiata al livello del piano d’imposta con funzione di gradino (Fig. 13). Sulla sommità del tamburo è risparmiato un ampio incavo rettangolare, lungo poco più di un metro, largo circa 40 cm e conservato per una profondità di appena 10 cm.

Completano il quadro un altro piccolo altare circolare del diametro di circa 1 m il cui basamento, preservato per due filari, è stato messo in luce solo parzialmente presso il limite S di scavo (LXXXVI), e un altare rettangolare, localizzato a meno di un metro a est della struttura XXV, emerso nel corso della campagna 2011 (LVII; Fig. 14). Quest’ultima struttura, estesamente compromessa da successivi interventi di età romana, presenta anche in questo caso un paramento esterno in lastre di macigno a cui si associa un nucleo interno di ciottoli regolari, ma diverge da quelle finora trattate appunto per la forma rettangolare, disposta in senso E-O, e per la preesistenza al di sotto di essa di un più antico altare ligneo.

La cronologia delle evidenze è ancorata saldamente alle stratigrafie esterne, ben con-servate e puntualmente databili grazie alla presenza di alcuni depositi sigillati. Scavata nello strato di sabbia gialla, che costituisce il piano d’imposta delle fondazioni di gran parte delle strutture appena descritte, e obliterata dal più antico livello di vita relativo alle stesse, si trovava la deposizione entro buca di un’anfora del Gruppo degli Archetti Intrecciati32 (Fig. 15), associata ad alcuni frammenti di bucchero pertinenti a calici o kya-

31 L’uso dello stesso sarcofago per diverse sepolture non è esclusivo dell’area indagata, si veda ad esempio la tomba 47 della necropoli del Casone presso l’edicola cd. del Bronzetto dell’Offerente, come riscontrabile nella nota della planimetria 1400 (1957) dell’Archivio SBAT (cAmilli c.d.s.c).

32 Sulla diffusione delle anfore del Gruppo, da ultima: gAbRielli 2010, pp. 252-253.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 55

Fig. 12. fonte sAn ceRbone. Altare maggiore (Struttura XXV). Foto di scavo (foto F. Pitzalis).

Fig. 13. fonte sAn ceRbone. Altare minore (Struttura XXIV). Foto di scavo (foto F. Pitzalis).

56 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

thoi33; l’intero apprestamento (XXI) era poi segnalato da un piccolo recinto di cui si sono conservate solamente le tracce lasciate dai pali. Lo scavo in laboratorio del vaso, sigillato all’origine da un ciottolo sulla bocca, non ha rivelato la presenza di resti umani, rendendo plausibile invece contenesse offerte deperibili. In base alle relazioni reciproche è inoltre possibile rilevare una leggera recenziorità della struttura XXV rispetto all’altare maggio-re; tuttavia, la creazione degli altari in pietra va necessariamente compresa tra i decenni finali del VII e gli inizi del VI secolo a.C.

Si sottolinea che mentre l’indagine della cavità centrale dell’altare principale, rinve-nuta colma di argilla sterile, non ha restituito alcun elemento datante, nell’incavo rettan-golare posto sul secondo altare circolare, nonostante le operazioni di scavo siano state disturbate purtroppo da un intervento clandestino, sono stati recuperati numerosi fram-menti ceramici che abbracciano un arco cronologico compreso tra la fine del VII e il VI secolo a.C. Tra i reperti più significativi si segnala un’anfora di impasto la cui forma è già nota a Populonia in contesti di fine VIII secolo a.C.34 (Fig. 16, 1), un alabastron del corinzio antico con galli affrontati attorno ad un doppio fiore di loto35 (Fig. 17), una coppa

33 Di recente sulla produzione del bucchero a Populonia: AcconciA et Al. 2010, in part. pp. 14-19, tavv. III-V per le forme in discussione e bARtoloni et Al. 2015, pp. 61-65.

34 RomuAldi 1994, p. 174, tav. III.1, cui si aggiungono i recenti rinvenimenti dall’abitato di Poggio del Telegrafo (AcconciA et Al. 2006, p. 22, n. 18, fig. 11.5).

35 cRistofAni mARtelli 1973, p. 7, comm. a tav. 14.1 con bibliografia.

Fig. 14. fonte sAn ceRbone. Altare rettan-golare (Struttura LVII). Foto di scavo (foto F. Pitzalis).

Fig. 15. fonte sAn ceRbone. Struttura XXI, anfora del Gruppo degli Archetti Intrecciati (foto S. Neri).

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 57

Fig. 16. fonte sAn ceRbone. Altare minore (Struttura XXIV), 1: anfora in impasto; 2: sauroter (disegno S. Neri).

Fig. 17. fonte sAn ceRbone. Altare minore (Struttura XXIV), alabastron (disegno di F. Biagi).

58 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

Fig. 18. fonte sAn ceRbone. Altare minore (Struttura XXIV). 1: coppa ionica; 2: skyphos attico a figure nere (disegno di S. Neri).

ionica di tipo B236 (Fig. 18, 1), il piede di uno skyphos attico a figure nere avvicinabile a produzioni della fine del VI secolo37 (Fig. 18, 2) e la significativa presenza di un sauroter in ferro trovato ancora infisso all’interno dell’incasso (Fig. 16, 2).

M. M.

Confronti puntuali per i monumenti in esame non sono al momento frequenti in Etruria, i paralleli più interessanti sono di certo forniti dall’area sud di Pyrgi, anche se si tratta di un complesso di natura diversa e di cronologia recenziore38. L’altare λ, costruito negli anni intorno al 480-470 a.C.39, mostra notevoli affinità strutturali con il nostro altare maggiore XXV, con il quale condivide la conformazione a basso tamburo di pietre nel quale si apre il foro circolare al centro e la presenza di un camminamento di accesso, benché in questo caso proteso all’esterno della struttura. L’altare ζ, costituito da un semplice ammasso di pietre,

36 boldRini 1994, tipo IV, pp. 162-163 (580-520/500 a.C.), con discussione e relativa bibliografia sulle inter-ferenze morfologiche con le coppe A2, emergenti anche nell’esemplare populoniese; si rinvia inoltre alla nota 15.

37 A titolo d’esempio, si veda un esemplare da Orvieto della cerchia del Pittore di Antimenes (525-500 a.C.): WójciK 1989, p. 169, n. 88.

38 Da ultimo bAglione, gentili 2013.39 Da ultimo belelli mARchesini 2013, p. 26, fig. 11.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 59

rievoca, invece, nella forma subcircolare con un lato rettilineo, l’altare XXIV40; mentre per il piccolo altare circolare LXXXVI parzialmente emergente a sud della nostra area di scavo un confronto puntuale è offerto dall’altare posto nel piazzale vicino l’edificio β di Gravisca41.

In generale, gli altari circolari risultano piuttosto rari in Etruria; per la collocazione in area funeraria va ricordato anche il celebre altare di Grotta Porcina, nei pressi di Vetralla, situato al centro di un’arena quadrangolare con scalinate per assistere alle cerimonie fune-bri e datato attorno alla metà del VI sec. a.C.42.

Diverso è il quadro offerto dall’area coloniale, dove gli altari circolari sono ben docu-mentati, soprattutto in Sicilia: a fronte di talune divergenze strutturali, va rilevata la ricor-renza della cavità centrale, come, tra i tanti, è riscontrabile negli altari di VI secolo a.C. di S. Biagio e di Demetra e Kore ad Agrigento, di piazza della Vittoria a Siracusa, a Morgan-tina o a Megara Hyblaea43.

La struttura quadrangolare, invece, troverebbe un suggestivo confronto per dimensio-ni e per modalità costruttive nell’altare-eschàra dal Tesmophorion di contrada Parapezza a Locri, datato all’inizio del V secolo a.C44.

La continuità dei culti nell’area di Fonte San Cerbone è testimoniata dall’offerta reite-rata di armi tra VI e IV secolo a.C. Tra queste testimonianze rientra la deposizione (XLV), avvenuta tra la fine del VI e gli inizi del V a.C., di una panoplia in bronzo composta da un elmo Negau del tipo Vetulonia45, trovato adagiato su due schinieri disposti orizzontal-mente e affiancato da un sauroter all’interno di una buca, quest’ultima segnalata, anche in questo caso, da un piccolo recinto, di cui rimanevano buche di palo disposte anularmente.

Nella stretta fascia compresa tra gli altari XXV e XXIV, in età classica l’offerta di armi è praticata in relazione ad un piccolo sarcofago monolitico in panchina tardo orientalizzante, elevato al di sopra di una pavimentazione di grosse lastre di alberese e panchina (XX). Il coperchio del sarcofago presentava un ampio incavo rettangolare, con superfici fortemente arrossate, all’interno del quale sono stati rinvenuti numerosi frammenti pertinenti ad armi sia in ferro che in bronzo, intenzionalmente spezzate e combuste; tra questi si segnalano alcuni elementi, quali una piastra di protezione per le orecchie a spirale (Fig. 19) e una cannula per l’inserimento di piumaggi (Fig. 20), pertinenti a elmi a calotta del tipo Pflug A, diffusi tra la fine del V e la prima metà del IV secolo a.C.46.

Un terminus ante quem per la cessazione del culto, e più generalmente per l’utilizzo della necropoli, è offerto dal crollo della copertura dell’altare maggiore, che, scivolato in direzione del mare, laddove plausibilmente cominciava il declivio della duna antica, sigillava la por-zione centrale del sepolcreto. Particolarmente indicativa per la ricostruzione della cronologia e delle attività cultuali è la consistente quantità di frammenti ceramici e metallici, tuttora in corso di studio e di restauro, recuperata tra i ciottoli della collassata struttura. Spicca il rin-

40 colonnA 1994, p. 75, fig. 19; da ultimo belelli mARchesini 2013, pp. 38-39, fig. 20.41 fioRini 2008, pp. 157-158, fig. 213.42 colonnA 2006a, p. 138, fig. VIII.11.43 Per un quadro di sintesi degli altari in Magna Grecia e Sicilia, con distribuzione e relativa bibliografia,

si rinvia a hinz 1998 e de miRo 2008.44 sAbbione, milAnesio mAcRì 2008, pp. 193-220.45 egg 1986, pp. 181-216, tavv. 142-146.46 Per le cannule: sAnnibAle 2008, pp. 222-226, n. 136, fig. 33 (fine V-prima metà IV secolo a.C.); per le

piastre di protezione: ibid., pp. 219-221, n. 135, avvicinabile ai nostri esemplari (ultimo quarto V secolo a.C.); Pflug 1988, pp. 278-280, figg. 3-4 (intorno al 400 a.C.), con particolare riferimento agli elmi di pertinenza.

60 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

venimento di un’armatura anatomica in bronzo, databile tra la fine del V e il IV secolo a.C., il cui cattivo stato di conservazione non impedisce né di apprezzarne i dettagli, come la resa dei muscoli addominali e dei pettorali con i capezzoli a bottoncino, né di coglierne gli aspetti tecnici, quali la conformazione dei bordi, leggermente rialzati e sottolineati da piccoli fori per consentire la cucitura del rivestimento interno in cuoio, e la presenza di due anellini mobili sui fianchi per assicurare l’allacciamento con la valva inferiore. Altamente significativa appare, inoltre, la presenza di circa 200 frammenti pertinenti a puntali di armi da getto in ferro47.

I dati presentati impongono, inoltre, una rilettura delle evidenze note nel settore, primo fra tutte l’imponente deposito di armi all’interno di una fossa segnalata da cippi, con analoga fun-zione dei recinti rinvenuti presso la Fonte, posto a circa 20 m di distanza, al quale si è già fatto riferimento48. A. Romualdi, che ha curato la prima edizione del complesso, ne ha suggerito il valore sacrale, proponendone la relazione con un tempio, la cui presenza poco più a monte è stata ipotizzata sulla scorta di documenti di archivio, e ne ha avanzato al contempo la relazione con un evento bellico, la cui esatta identificazione è al momento ancora problematica49.

F. B.

47 cAmilli c.d.s.a.48 Vd. note 8 e 9.49 RomuAldi 2009; cAmilli c.d.s.a.

Fig. 19. fonte sAn ceRbone. Struttura XX, piastra a spirale di elmo (foto di T. Magliaro).

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 61

Alla luce dei dati presentati, dunque, il primo nodo da sciogliere riguarda l’identi-ficazione del destinatario o forse dei destinatari dei culti. Al momento appare plausibile la natura ctonia delle divinità venerate, suffragata non solo dall’ovvia collocazione in necropoli, ma anche dall’adozione generalizzata dell’altare circolare, di preferenziale per-tinenza infera, e dalla presenza nella struttura più grande della cavità centrale destinata a convogliare le libagioni verso il sottosuolo. Anche la deposizione dell’anfora etrusco-corinzia infissa profondamente nel terreno con la sola imboccatura affiorante dal piano di calpestio risulta compatibile con questa lettura.

Nella devozione sembra chiaro che abbiano rivestito un ruolo centrale le armi, che ricorrono per oltre due secoli come offerte privilegiate. Come è noto, nei santuari etrusco-italici e in quelli greci la presenza di armi è diffusa e, in un certo modo, trasversale, in virtù del valore fortemente simbolico ed evocativo che esse rivestono, sia quali attributi di divinità sia nell’ambito dei momenti fondanti dell’ingresso dei giovani nella comunità, specie in relazione a divinità femminili50.

50 Si ricordano ad esempio le lance dal santuario in località S. Biagio a Metaponto dedicate ad Artemide, le lance e le frecce per Demetra al Malophoros di Selinunte o la stipe, contenente lance, elmi, schinieri e scudi, dedicata a Per-sefone a Hipponion nel santuario di Scrimbia (per una disamina complessiva sulle offerte di armi in Magna Grecia e in Sicilia si veda: lA toRRe 2011). Estremamente interessante è il quadro restituito dal grande santuario di Pyrgi, dove il rinvenimento di frecce, punte di lancia ed in particolare di un giavellotto nel deposito κ nell’area sud è stato messo in relazione da G. Colonna con la capacità fulguratoria di Suri (colonnA 2009, pp. 118-119, sull’argomento da ultimo id. 2012, con ricca bibliografia), mentre per l’occultamento di taluni sauroteres e lance M.P. Baglione ha proposto un

Fig. 20. fonte sAn ceRbone. Struttura XX, cannula di elmo (foto di T. Magliaro).

62 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

Nel caso in esame, almeno per gli ammassi di armi più cospicui, comprendenti, come accennato, puntali, lance, spade, schinieri, elmi e un’armatura, non sembra di poter esclu-dere la relazione, piuttosto che con riti di passaggio, con offerte collettive dal forte signifi-cato celebrativo51. Armi sottratte ai nemici e accatastate all’interno di un’area consacrata sono state riconosciute in località Imbelli nel territorio di Temesa nelle 70 lance deposte all’interno di un edificio di culto tra il 580 ed il 480 e interpretate da G.F. La Torre come un trofeo, frutto di una contesa della città tra locresi e crotoniati52.

La natura e la reiterazione delle offerte, le tracce rituali, la durata dei culti per oltre trecento anni, nonché la molteplicità e la varietà tipologica degli altari suggeriscono la pertinenza delle evidenze di Fonte San Cerbone alla sfera pubblica, esemplificata dai santuari di necropoli della Cannicella ad Orvieto53 e di Fondo Patturelli a Santa Maria Capua Vetere54, più che alla sfera del culto privato, di stampo familiare e gentilizio, ben noto nelle aree funerarie, basti ricordare tra gli esempi più conosciuti, oltre la già citata Grotta Porcina, gli altari nella necropoli di Pontecagnano55 o i casi di Cortona56 e Tuscania57.

Infine, può rivelarsi utile rievocare la cornice ambientale del nucleo in esame, parzial-mente ricostruibile anche sulla base dei depositi di formazione naturale indagati nell’area. Il complesso si ergeva sulla cresta di una bassa duna sabbiosa, sulla quale plausibilmente si estendevano le ultime propaggini della necropoli monumentale, con gli altari posti proba-bilmente agli estremi confini. Grazie alla centralità quasi perfetta nel Golfo, l’area doveva essere visibile sia dalle zone pianeggianti che dalle alture circostanti, comprese tra l’acropoli di Poggio del Telegrafo e del Castello, la Guardiola e Poggio San Leonardo, oltre che dal mare, in origine distante alcune decine di metri. Quest’ultimo fattore, assieme alla disponibi-lità di acqua dolce, affiorante ancor oggi, ma molto probabilmente presente anche in antico58 deve aver rappresentato un elemento di richiamo per i molti marinai e mercanti stranieri che frequentavano occasionalmente la città bassa. La presenza dell’area sacra, con la sua collo-cazione fuori dal pomerio59 e sotto la tutela divina, deve del resto aver rappresentato un cata-lizzatore per l’incontro e per forme diversificate di integrazione nel corpo urbano dei gruppi stranieri e, conseguentemente, aver favorito la permeazione di costumi e rituali altri60.

Tali elementi suggestivamente rievocano i grandi complessi santuariali di Pyrgi61, del Saturo di Taranto62, anch’esso stretto tra i confini di necropoli e città, della Malophoros di

richiamo a Demetra (bAglione 2004, p. 95, nota 53; eAd. 2008, pp. 310-311; eAd. 2009, p. 220). Sull’offerta di armi in relazione a fonti perenni, non necessariamente connesse alla sfera femminile, si veda nAso 2012.

51 Sulla possibilità di una lettura quale trofeo dell’altare circolare si rinvia a Camilli c.d.s.a.52 lA toRRe 2011, pp. 74-75. 53 G. Colonna in colonnA 1985, pp. 116-118; stopponi 2008.54 bonghi jovino 1985, pp. 121-123.55 cuozzo 2003, pp. 210-211.56 zAmARchi gRAssi 2005, pp. 165-167.57 moRetti sgubini, RicciARdi 2010, p. 69.58 La presenza in profondità di spessi depositi di ossidi ferrosi, la cui formazione è stata causata della len-

tissima percolazione di grandi quantità di acqua attraverso i letti di scorie, testimonia la disponibilità di acqua dolce anche stagnante almeno a partire dalla fine del III secolo a.C.

59 ziffeReRo 2006.60 È eclatante il caso del’emporio di Gravisca per il quale si rinvia a fioRini, foRtunelli 2011, p. 44.61 colonnA 2000, p. 260; bAglione 2009, p. 217.62 lippolis et Al. 1995, pp. 83-87, tav. XXVI.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 63

Selinunte63 o il santuario oracolare di Sura in Licia, già avvicinato da G. Colonna a Pyrgi per affinità topografiche64.

I dati emersi dalle cinque campagne di scavo a Fonte San Cerbone, alle quali si sono aggiunti nel corso degli anni recuperi in aree limitrofe, ad ovest in località Ficaccio65 e ad est nei pressi dell’edificio del Casone66, apportano, quindi, un nuovo tassello alla ricostru-zione storica di Populonia. Benché lo studio dei contesti sia ancora in pieno svolgimento è, tuttavia, possibile proporre alcune considerazioni di carattere generale.

Il quadro tracciato nell’ormai lontano 1981 da Marina Martelli, ancora oggi punto di rife-rimento per chiunque voglia confrontarsi con i temi dell’archeologia populoniese67, rimane certamente valido nel suo impianto complessivo ma, alla luce di questa e di altre importanti scoperte succedutesi negli ultimi decenni68, appare meglio precisabile in alcuni aspetti, soprat-tutto quelli legati allo spettro e alla natura dei contatti con le altre realtà del Mediterraneo, e alle forme di organizzazione della compagine sociale populoniese. Tralasciando la Prima Età del ferro, durante la quale si colgono già i prodromi degli indirizzi di sviluppo che caratteriz-zeranno il centro etrusco nei secoli successivi, nel VII secolo la vitalità di Populonia sembra legata da un lato allo sviluppo di una metallurgia ancora dei solfuri misti69, dall’altro alle sue potenzialità come scalo marittimo, posto lungo le direttrici transmarine di collegamento tra la penisola, le grandi isole del Tirreno e le altre stazioni del Mediterraneo occidentale. Se le nuove acquisizioni evidenziano il ruolo autonomo e determinante delle singole componenti locali nella gestione delle tratte settentrionali durante il periodo orientalizzante70, non deve essere trascurata nel contempo l’incidenza degli agenti non solo etrusco meridionali ma anche greci, il cui esatto peso nell’economia generale resta tuttavia da definire.

In bibliografia, inoltre, è forte il richiamo all’importanza della componente ligure e, nello specifico, al ruolo prima di Chiavari71, area che denuncia contatti non episodici

63 Sulla topografia del santuario, si veda gAbRici 1927, pp. 6-7; un recente riesame, con esauriente biblio-grafia in Antonetti, de vido 2006.

64 colonnA 2009.65 biAgi, neRi 2015.66 milletti, pitzAlis 2013; iid. 2015.67 mARtelli 1981.68 Per le indagini dell’Università La Sapienza (Cattedra di Etruscologia e Antichità Italiche, prof. G. Bartolo-

ni) a Poggio e Piano delle Granate (2001-2005): bARtoloni et Al. 2001; bARtoloni et Al. 2005; biAgi et Al. 2006; ten KoRtenAAR, neRi, nizzo 2006, ten KoRtenAAR et Al. 2007; per le indagini della stessa cattedra su Poggio del Telegrafo in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, bARtoloni 2004; eAd. 2007; eAd. 2011a; eAd. 2015; pitzAlis et Al. 2011 con bibliografia; bARtoloni, milletti, pitzA-lis 2015. Per le indagini dell’Università degli Studi di Milano (Cattedra di Archeologia dell’Italia Preromana, prof. C. Chiaramonte Treré) nel Golfo di Baratti, alla Pineta del Casone: bARAtti 2010; moRdegliA, lA teRRA 2011 con bibliografia.

69 AcconciA, milletti 2009 con bibliografia.70 Su Populonia in epoca orientalizzante, fedeli 1983, pp. 107-117; RomuAldi 1994, bARtoloni, mil-

letti, pitzAlis 2015 con bibliografia; sui traffici di Vetulonia, vd. ancora cAmpoReAle 1969 e di recente cygielmAn 2010, pp. 46-54 con bibliografia, oltre ad alcune mostre, tra cui Vetulonia 2007 e 2013. Sul sistema di scali marittimi afferenti a Pisa, bonAmici 1996, pp. 24-26; bRuni 1998, pp. 153-155, 173-191 e eAd. 2006. Su San Rocchino, in particolare, mAggiAni 1990; bonAmici 2006a; eAd. 2006b. Per il sistema volterrano alla foce del Cecina, incentrato su una serie di centri posti sulla prima fascia di colline dominanti la pianura costiera: cAteni, mAggiAni 1997, pp. 74-76; mAggiAni 2006, p. 436.

71 de mARinis 2004, pp. 197-202; pAltineRi, leonARdi, mAggi 2006 con bibliografia; pAltineRi 2010; leonARdi, pAltineRi 2012.

64 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

con la realtà populoniese72, poi di Genova, sede di un fondaco etrusco sorto sul Colle del Castello dalla fine del VI secolo, ma attiva e vitale come scalo marittimo già almeno dalla fine del secolo precedente73. È evidente che nell’ottica dei traffici medio e alto tirrenici avrà rivestito un ruolo importante il controllo dell’isola d’Elba che, almeno da un punto di vista della cultura materiale, denuncia fin dalla fine dell’Età del bronzo una matrice populoniese, soprattutto negli aspetti legati alla bronzistica74.

Una complessiva rivalutazione del peso populoniese è, del resto, ormai necessaria anche alla luce dei risultati delle indagini sull’abitato di Poggio del Telegrafo, che, oltre ad aver consentito d’inquadrare almeno agli inizi dell’Età del Ferro il processo di occupazio-ne delle sedi della città storica, hanno rivelato forti fermenti della società locale, nettamen-te stratificata già nel periodo precedente, testimoniati dal deposito delle 100 tazze, che, databile entro il primo quarto del VII secolo a.C., marcherebbe un cambio di leadership in seno alla comunità locale75, già indiziato probabilmente dal seppellimento del ripostiglio di Falda della Guardiola a ridosso delle mura urbiche76.

A partire dal VI secolo a.C., la vocazione “emporica” di Populonia, termine da inten-dersi ovviamente in senso lato, testimoniata tra l’altro dal variegato mosaico delle sepoltu-re di San Cerbone, può dirsi indipendente ma complementare a quella di importante polo siderurgico. Lo sfruttamento sistematico del ferro elbano sembrerebbe avviato nel corso del VI secolo: in armonia con quanto appurato dalle indagini condotte nella città bassa a partire soprattutto dagli anni ’70 del Novecento, s’intravede proprio nella riorganizzazio-ne del sepolcreto il riflesso di un’autorità, la stessa capace di stimolare e di gestire l’estra-zione dei minerali e tutte le attività correlate, favorendo l’affermazione di un’ampia classe sociale di livello “medio”. È questo il ceto che elegge come modello prediletto di sepoltura il sarcofago77, la cui diffusione è significativamente concentrata nel settore centrale, a for-te vocazione monumentale, delle necropoli del Golfo di Baratti. Il tenore dei corredi presi in esame in questa sede, elevato ma non eccellente, bene si accorda con questa lettura, così come la loro eterogenea composizione, con materiali di pregio provenienti da tutto il Mediterraneo, che confermano il ruolo centrale di Populonia nello scacchiere tirrenico nuovamente definito dopo la battaglia del Mare Sardonio78. Le importazioni denunciano così contatti con le altre realtà etrusche, elleniche, soprattutto greco-orientali dalla metà del secolo79, e puniche, con particolare riferimento agli ambienti sicelioti e sardi80. Con l’arcaismo, emerge definitivamente l’importanza strategica dell’isola d’Elba, sia per sue mineralizzazioni ferrose, sia per la sua posizione geografica, che le stesse fonti ci traman-

72 AcconciA et Al. 2010, pp. 58-60; pAltineRi 2010, pp. 41, 323 con riferimento ad alcune fogge di ceramica vascolare.

73 milAnese, mAnnoni 1986, pp. 139-146; milAnese 1987; melli 2004a; eAd. 2004b, pp. 183-184; eAd. 2006, pp. 609-627; eAd. 2007 con bibliografia.

74 bARtoloni 1991, pp. 4-5; fedeli, gAlibeRti, RomuAldi 1993, p. 85; bARtoloni 2004, p. 237.75 bARtoloni, AcconciA 2007; bARtoloni 2011b; bARtoloni, coRdAno 2013, pp. 16-18.76 bARtoloni 1991; lo schiAvo, milletti 2011; bARtoloni 2013. Il contesto è inquadrabile nel terzo

quarto dell’VIII secolo a.C.77 cRistofAni 1981, p. 486.78 cRistofAni 1983, pp. 63-71, 84-89; id. 1993; bAts 1998, pp. 626-628; mAggiAni 2006, pp. 445-447.79 Sulla presenza di Greci a Populonia tra VI e IV secolo: mARtelli 1981, pp. 410-416; mAggiAni 2004;

RomuAldi 2004.80 Per l’epoca ellenistica e in relazione all’iscrizione neopunica su di un piattello a vernice nera dalla necro-

poli delle Grotte: RomuAldi, AmAdAsi 2007.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 65

dano come continuamente contesa dai principali agenti del comparto tirrenico81. Anche la colonia etrusca di Aleria, rifondata dopo la battaglia con i Focesi, appare un referente tutt’altro che occasionale per la compagine populoniese, con cui consolida i propri rap-porti nel corso del V secolo82. Il centro corso si connota come una comunità di frontiera, anch’essa a forte vocazione emporica: nei territori insulari limitrofi, gli indigeni non sem-brano subire particolarmente il fascino dei colonizzatori, mantenendo pressoché immutate le proprie usanze, continuando, ad esempio, a seppellire i propri defunti con rituale collet-tivo e deponendo materiali di cultura prettamente locale; nella grande grotta sepolcrale di Lucciana o in quella dell’Ordinacciu, poste in prossimità della costa e a poche decine di chilometri da Aleria, una certa incidenza di materiale allogeno, spesso però non etrusco, si riscontra solo nelle parure di ornamento, mentre, tranne rarissime eccezioni, la ceramica è sempre pertinente a fogge insulari; la stessa “costante resistenziale”, secondo la felice definizione adottata da G. Lilliu per definire la ritrosia delle genti sarde nei confronti delle varie ondate d’invasori83, si può riscontrare anche nei pochi contesti abitativi di seconda Età del Ferro attualmente indagati84. L’isolamento di Aleria in territorio corso, quindi, trova la sua giustificazione in una sua proiezione verso il Tirreno, come trading post e centro di smistamento di merci e uomini, mentre rimane incerto se si sia effet-tivamente mai evoluta come vera colonia di popolamento, anche considerando quanto siano limitate le nostre conoscenze sull’abitato etrusco85. Populonia emerge in ogni caso tra i suoi interlocutori privilegiati, instaurando un proficuo e reciproco dialogo con la colonia inizialmente di matrice ceretana, con la quale è evidentemente partecipe delle medesime correnti commerciali. In entrambi i centri, dunque, il crollo delle importazioni attiche nei decenni centrali del IV secolo coincide con un progressivo aumento del volume di ceramiche laziali ed etrusco meridionali, dovuto alla crescente potenza di Roma, che consente ai principali centri del Lazio di acquisire nuove fette di mercato, con un consi-derevole afflusso, ad esempio, di prodotti del gruppo Sokra, frequenti sia nelle necropoli populoniesi, e nel caso specifico nelle deposizioni a sarcofago di Fonte San Cerbone, sia nella necropoli corsa di Casabianda86. Alle numerose testimonianze di questi rapporti, lo scavo presentato in questa sede può aggiungere il rinvenimento di una spada di ferro tipo machaira dalla struttura III che, affiancandosi all’esemplare già da tempo noto da San Cerbone87, può fornire un ulteriore spunto di dibattito sul tema della circolazione di queste armi, frequenti ad Aleria, in relazione al ruolo del mercenariato italico nella mobilità di età classica e ellenistica88. Questa intensa circolazione di uomini e di merci tra le opposte

81 Sull’isola d’Elba nel periodo arcaico: mAggiAni 2006, pp. 440-444 con bibliografia; cibecchini 2006.82 mAggiAni 2006, pp. 445-446; milletti 2013, pp. 249-251 con bibliografia.83 lilliu 2002.84 milletti et Al. 2011, pp. 380-385; Atti Serra-di-Scopamène 2012 con bibliografia; cesARi, leAndRi,

pêche-Quilichini 2014; milletti et Al. 2015.85 jehAsse, jehAsse 2004 con bibliografia; gRAn AymeRich, jehAsse 2007, pp. 158-163.86 mARtelli 1981, pp. 421-423; gilottA 2001, pp. 10-11; RomuAldi 2001, pp. 15-16; AmbRosini

2007, pp. 379-385; moRel c.d.s.87 «Corredi funebri da tombe distrutte, IV gruppo», minto 1943, p. 206, tav. 60.3; colonnA 1992, p. 29, nota 34.88 Sulla distribuzione di spade di ferro tipo machaira in Italia peninsulare: colonnA et Al. 2001, p. 158,

fig. 123 con bibliografia; per alcune riflessioni sull’argomento connesse con le presenze nelle tombe di Aleria: colonnA 2006b, pp. 17-18; cheRici 2007, pp. 225-231 con bibliografia; sulla tematica del mercenariato nell’I-talia preromana, da ultimi Atti Orvieto 2013.

66 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

sponde del Tirreno è rivelata, inoltre, dalla presenza ad Aleria dei pocola deorum, come uniche attestazioni di questa caratteristica classe ceramica al di fuori dell’Italia, insieme a quelle cartaginesi di Byrsa89, strettamente legata ai prodotti del Gruppo dei Piccoli Stam-pigli, il cui arrivo e l’ampia fortuna in terra corsa sono stati messi in relazione proprio con la mediazione populoniese90. I pocola, realizzati da officine romano-laziali operanti per i santuari e destinati a essere offerti dai pellegrini alle divinità in loco o altrove, conoscono una significativa concentrazione in Etruria settentrionale proprio a Populonia, con una decina circa di esemplari dall’area dei templi sull’acropoli, e costituiscono quindi un indi-zio della progressiva inclusione nell’orbita dell’Urbe delle due comunità, come fenomeno di acculturazione o come prova della presenza stabile di cittadini romani91.

Populonia, dunque, anche alla luce dei dati presentati in questa sede, appare piena-mente inserita nei traffici del Mediterraneo e il suo carattere cosmopolita, costantemente riaffermato nel corso dei secoli, connette saldamente la storia della città con i progressivi riassetti degli equilibri commerciali del Tirreno.

Folco biAgi, AndReA cAmilli, tommAso mAgliARo, mAtteo milletti, sARA neRi, fedeRicA pitzAlis

BIBLIOGRAFIA

AcconciA, cAmbi 2009: V. AcconciA, f. cAmbi, «Lo scavo della spiaggia di Baratti a Populo-nia», in cAmbi et Al. 2009, pp. 171-179.

AcconciA, milletti 2009: v. AcconciA, m. milletti, «Pratiche metallurgiche e circolazione dei saperi all’origine di Populonia», in cAmbi et Al. 2009, pp. 141-147.

AcconciA et Al. 2006: v. AcconciA, A. di nApoli, g. gAlAnte, m. milletti, f. pitzAlis, «Poggio del Telegrafo (Piombino, LI): saggi di scavo sull’acropoli di Populonia (PDT 2003)», in RassAPiomb 21B, 2006 (2004-2005), pp. 9-44.

AcconciA et Al. 2010: v. AcconciA, e. biAncifioRi, g. gAlluzzi, m. milletti, s. neRi, s. picucci, s. ten KoRtenAAR, «Il bucchero di Populonia dalle ricerche dell’Università di Roma “La Sapienza”: nuove acquisizioni e problemi», in Tra centro e periferia. Nuovi dati sul bucchero nell’Italia centrale tirrenica, Officina Etruscologia 3/2010, pp. 9-96.

AldeRighi 2015: l. AldeRighi, «Rotte commerciali nel distretto minerario tirrenico tra VI e V secolo a.C: i corredi delle tombe a sarcofago di Populonia», in Atti Bastia 2015, pp. 461-482.

AmbRosini 2007: l. AmbRosini, «La ceramica etrusca e falisca a figure rosse da Aléria», in Atti Orvieto 2007, pp. 365-403.

AmbRosini 2009: l. AmbRosini, Il santuario di Portonaccio a Veio III. La cisterna arcaica con l’incluso deposito di età ellenistica, MonAnt LXVII, s.m. XIII, Roma 2009.

AmbRosini 2014: l. AmbRosini, «Le divinità dei Pocola Deorum: un nuovo pocolom di Voluptas del Volcani Group», in RendPontAc lXXXv, 2014 (2012-2013), pp. 337-363.

Antonetti, de vido 2006: c. Antonetti, s. de vido, «Cittadini, non cittadini e stranieri nei santuari della Malophoros e del Meilichios di Selinunte», in A. nAso (a cura di), Stranieri e non cittadini nei santuari del Mediterraneo antico, Atti del Convegno (Udine 2003), Udine 2006, pp. 410-451.

89 michetti 2007, pp. 327-328 con bibliografia.90 RomuAldi 1992, p. 129.91 fAcchin 2008 con bibliografia; AmbRosini 2014.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 67

ApRosio, mAscione 2006: m. ApRosio, c. mAscione (a cura di), Materiali per Populonia 5, Pisa 2006.

Atti Bastia 2015: La Corsica e Populonia, La Corse e Populonia, Atti del XXVIII Convegno di Studi Etruschi e Italici (Bastia, Aleria, Piombino, Populonia 2011), Roma 2015.

Atti Enna 2008: c.A. di stefAno (a cura di), Demetra. La divinità, i santuari, il culto, la leggen-da, Atti del I Congresso Internazionale (Enna 2004), Pisa-Roma 2008.

Atti Firenze 1981: L’Etruria mineraria, Atti del XII Convegno di Studi Etruschi e Italici (Firenze, Populonia, Piombino 1979), Firenze 1981.

Atti Firenze 1992: A. RomuAldi (a cura di), Populonia in età ellenistica. I materiali dalle necro-poli, Atti del Seminario (Firenze 1986), Firenze 1992.

Atti Marsiglia, Lattes 2006: Gli Etruschi da Genova ad Ampurias, Atti del XXIV Convegno di Studi Etruschi ed Italici (Marsiglia, Lattes 2002), Pisa-Roma 2006.

Atti Orvieto 2004: I Greci in Etruria, AnnFaina XI, Roma 2004.Atti Orvieto 2006: Gli Etruschi e il Mediterraneo. Commerci e politica, AnnFaina XIII, Roma 2006.Atti Orvieto 2007: Etruschi, Greci, Fenici e Cartaginesi nel Mediterraneo centrale, AnnFaina

XIV, Roma 2007.Atti Orvieto 2013: Mobilità geografica e mercenariato nell’Italia preromana, AnnFaina XX,

Roma 2013.Atti Roma 2008: X. dupRé RAventós, s. Ribichini, s. veRgeR (a cura di), Saturnia Tellus.

Definizione dello spazio consacrato in ambiente etrusco, italico, fenicio-punico, iberico e cel-tico, Atti del Convegno Internazionale (Roma 2004), Roma 2008.

Atti Serra-di-Scopamène 2012: K. pêche-Quilichini (éd.), L’Âge du Fer en Corse: acquis et per-spectives, Actes de la Table Ronde de Serra-di-Scopamène (Serra-di-Scopamène 2009), Ajac-cio 2012.

bAglione 2004: m.p. bAglione, «Il santuario Sud di Pyrgi», in m. bentz, c. ReusseR (hrsg. von), Attische Vasen in etruskischem Kontext. Funde aus Häusern und Heiligtümern, Beihefte zum CVA Deutschland II, München 2004, pp. 85-106.

bAglione 2008: m.p. bAglione, «Esame del santuario meridionale di Pyrgi», in Atti Roma 2008, pp. 301-318.

bAglione 2009: m.p. bAglione, «Culti e culture dal santuario dell’area Sud di Pyrgi», in s. foRtunelli, c. mAsseRiA (a cura di), Ceramica attica da santuari della Grecia, della Ionia e dell’Italia, Atti del Convegno (Perugia 2007), Venosa 2009, pp. 217-232.

bAglione, gentili 2013: m.p. bAglione, m.d. gentili (a cura di), Rifllessioni su Pyrgi. Scavi e ricerche nelle aree del Santuario, ArchCl Suppl. 11, n.s. 8, Roma 2013.

bARAtti 2010: G. bARAtti, «Un sito per la produzione del sale sulla spiaggia di Baratti (Area Centro Velico) alla fine dell’età del Bronzo», in g. bARAtti, f. fAbiAni (a cura di), Materiali per Populonia 11, Pisa 2010, pp. 243-260.

bARtoloni 1991: g. bARtoloni, «Populonium Etruscorum quodam hoc tantum in litore», in ArchCl XLIII, 1991, pp. 1-37.

bARtoloni 2004: g. bARtoloni, «Populonia: l’insediamento della prima età del Ferro», in l. guAlAndi, c. mAscione (a cura di), Materiali per Populonia 3, Firenze 2004, pp. 237-249.

bARtoloni 2007: G. bARtoloni, «Considerazioni sull’inizio del processo di formazione urbana emerse dalle ricerche in corso a Poggio del Telegrafo e nel Golfo di Baratti», in ScAnt 12, 2007 (2004-2005), pp. 45-55.

bARtoloni 2011a: g. bARtoloni, «Il popolamento dell’Etruria settentrionale tra l’età del Bron-zo finale e la prima età del Ferro: una proposta di lettura», in s. cAsini (a cura di), Il filo del tempo. Studi di preistoria e protostoria in onore di Raffaele Carlo de Marinis, NotABerg 19, 2011, pp. 229-246.

bARtoloni 2011b: g. bARtoloni, «Un rito di obliterazione a Populonia», in d.f. mARAs (a cura di), Corollari. Scritti di antichità etrusche e italiche in omaggio all’opera di Giovanni Colonna, Pisa-Roma 2011, pp. 102-110.

bARtoloni 2013: g. bARtoloni, «Le fortificazioni e la rioccupazione del territorio: l’esempio di Populonia», in s. bRuni, g.c. ciAnfeRoni (a cura di), Δόσις δ’oλίγη τε φίλη τε. Studi in onore di Antonella Romualdi, Firenze 2013, pp. 81-92.

68 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

bARtoloni 2015: g. bARtoloni, «Populonia e le isole del Tirreno centrale tra VIII e VII secolo a.C.: riflessioni dagli scavi e ricerche in corso», in Atti Bastia 2015, pp. 337-356.

bARtoloni, AcconciA 2007: g. bARtoloni, v. AcconciA, «La casa del Re», in l. botARelli, m. coccoluto, m.c. mileti (a cura di), Materiali per Populonia 6, Pisa 2007, pp. 11-29.

bARtoloni, coRdAno 2013: g. bARtoloni, f. coRdAno, «Si propone di bere secondo il costume greco (Cicerone, Verrine 2, 1, 66). In memoria di Horst Blanck», in RM 119, 2013, pp. 13-32.

bARtoloni et Al. 2001: g. bARtoloni; v. AcconciA, f. biAgi, A. di nApoli, t. mAgliARo, m. meRlo, s. neRi, s. ten KoRtenAAR, «La ripresa degli scavi nella necropoli di Poggio delle Granate (Piombino-Livorno)», in RassAPiomb 18A, 2001, pp. 103-125.

bARtoloni et Al. 2005: g. bARtoloni; v. AcconciA, m. meRlo, s. ten KoRtenAAR, A. di nApoli, s. neRi, t. mAgliARo, f. pitzAlis, v. scipinotti, f. biAgi, g. gAlAnte, m. milletti, v. nizzo, l. RellA, d. sARRAcino, «Populonia (Piombino, LI), the necropolis of Piano e Poggio delle Granate», in P. AttemA, p. nijboeR, A. ziffeReRo (eds.), Papers in Italian Archaology VI. Communities and Settlements from the Neolithic to the Early Medieval Period, Proceedings of the 6th Conference of Italian Archaeology (Groningen 2003), BAR IS 1452, Oxford 2005, pp. 164-177.

bARtoloni, milletti, pitzAlis 2015: G. bARtoloni, m. milletti, f. pitzAlis, «Poggio del Telegrafo: l’ultima fase residenziale», in V. di colA, f. pitzAlis (a cura di), Materiali per Populonia 11, Pisa 2015, pp. 59-78.

bAts 1998: m. bAts, «Marseille archaïque. Étrusques et Phocéens en Méditerranée nord-occiden-tale», in MEFRA 110.2, 1998, pp. 609-633.

belelli mARchesini 2013: b. belelli mARchesini, «Le linee di sviluppo topografico del san-tuario meridionale», in bAglione, gentili 2013, pp. 11-40.

biAgi, neRi 2015: f. biAgi, s. neRi, «Populonia-Baratti, località Ficaccio: nuovi dati dalla necro-poli», in Atti Bastia 2015, pp. 483-500.

biAgi et Al. 2006: f. biAgi, t. mAgliARo, m. meRlo, s. neRi, v. nizzo, d. sARRAcino, c. signoRetti, s. ten KoRtenAAR, R. vARgiu, «Populonia (LI). Necropoli di Piano Poggio del-le Granate. La campagna di scavo 2003», in RassAPiomb 21B, 2006 (2004-2005), pp. 45-95.

boldRini s. 1994: s. boldRini, Le ceramiche ioniche, Gravisca 4, Bari 1994.bonAmici 1996: m. bonAmici, «Contributo sulle rotte arcaiche dell’Alto Tirreno», in StEtr LVI,

1996 (1995), pp. 3-43.bonAmici 2006a: m. bonAmici, «Lo scalo portuale di San Rocchino in Versilia», in Atti Marsi-

glia, Lattes 2006, pp. 497-511.bonAmici 2006b: m. bonAmici, «Anfore pitecusane dello scalo di San Rocchino», in Atti Orvie-

to 2006, pp. 483-503.bonghi jovino 1985: m. bonghi jovino, «Capua. Il santuario del fondo Patturelli», in colon-

nA 1985, pp. 121-123.bRuni 1992: S. bRuni, «Le ceramiche con decorazione sovradipinta», in Atti Firenze 1992, pp.

58-109.bRuni 1998: s. bRuni, Pisa etrusca. Anatomia di una città scomparsa, Milano 1998.bRuni 2006: s. bRuni, «Pisa e i suoi porti nei traffici dell’Alto Tirreno: materiali e problemi», in

Atti Marsiglia, Lattes 2006, pp. 513-534.cAldeRone 1985: A. cAldeRone, CVA Agrigento, Museo Archeologico Nazionale I, Italia LXI,

Roma 1985.cAmbi et Al. 2009: f. cAmbi, f. cAvARi, c. mAscione (a cura di), Materiali da costruzione e

produzione del ferro. Studi sull’economia populoniese fra periodo etrusco e romanizzazione, Borgomanero 2009.

cAmilli 2007: A. cAmilli, «Introduzione: sulle ricerche in corso a Populonia (e dintorni)», in ScAnt 12, 2007 (2004-2005), pp. 13-21.

cAmilli 2014: A. cAmilli, «Introduzione», in p. pumA (a cura di), Contributi per il rilievo archeologico di Populonia. La necropoli monumentale, Firenze 2014, pp. 13-16.

cAmilli, cAselli 2014: A. cAmilli, e. cAselli, «Il recupero delle armi votive del Fontino, Populonia. Il secondo blocco», in Gradus 9.1, 2014, pp. 36-39.

cAmilli et Al. 2006a: A. cAmilli, f. biAgi, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis,

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 69

«Intervento di scavo di tombe e strutture sulla spiaggia di Baratti, Fontanile di S. Cerbone», in NotATos 1/2005, pp. 242-244.

cAmilli et Al. 2006b: A. cAmilli, f. biAgi, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis, «Necropoli di S. Cerbone. Interventi di scavo presso la tomba del Bronzetto di Offerente», in NotATos 1/2005, pp. 242-244.

cAmilli et Al. 2013: A. cAmilli, f. biAgi, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis, «Località Fonte San Cerbone: ripresa delle indagini (campagne 2010-2011)», in NotATos 8/2012, pp. 460-462.

cAmilli c.d.s.a: A. cAmilli, «Offerte di armi dalla spiaggia di Populonia», in A. nAso (hrsg. von), Waffen für die Götter. Krieger, trophäen, Heiligtümer, Atti del Convegno (Innsbruck 2013).

cAmilli c.d.s.b: A. cAmilli, «Metallurgia e necropoli: convivenza, obliterazione, distruzione», in A. cAmilli (a cura di), Populonia 0. Il progetto di Ricerca. 0.1 Il progetto. Primi strumenti per la ricerca, Quaderni di Gradus.

cAmilli c.d.s.c: A. cAmilli, «Scavi in archivio: Appunti preliminari sulla topografia “storica” della necropoli di San Cerbone», in A. cAmilli (a cura di), Populonia 0. Il progetto di Ricer-ca. 0.1 Il progetto. Primi strumenti per la ricerca, Quaderni di Gradus.

cAmpoReAle 1969: G. cAmpoReAle, I commerci di Vetulonia in età orientalizzante, Firenze 1969.

cAteni, mAggiAni 1997: G. cAteni, A. mAggiAni, «Volterra dalla prima età del Ferro al V secolo a.C. Appunti di topografia urbana», in Aspetti della cultura di Volterra etrusca fra l’età del Fer-ro e l’età ellenistica e contributi di ricerca antropologica alla conoscenza del popolo etrusco, Atti del XIX Convegno di Studi Etruschi e Italici (Volterra 1995), Firenze 1997, pp. 43-92.

cesARi, leAndRi, pêche-Quilichini 2013: j. cesARi, f. leAndRi, K. pêche-Quilichini, «L’âge du Bronze de la Corse», in m. milletti (éd.), Les lingots “peau-de-boeuf”” et la navigation en Méditerranée centrale, Actes du IIème Colloque international (Mariana 2005), Patrimoine d’une île/Patrimoniu isulanu 3/2013, Ajaccio 2014, pp. 51-66.

cheRici 2006: A. cheRici, «Sulle rive del Mediterraneo centro-occidentale», in Atti Orvieto 2006, pp. 221-269.

cibecchini 2006: f. cibecchini, «L’arcipelago toscano e l’isola d’Elba: anfore e commerci marittimi», in Atti Marsiglia, Lattes 2006, pp. 535-551.

ciuccARelli 2004: m.R. ciuccARelli, «La ceramica greco-orientale nell’Etruria settentriona-le», in ’Αγωγή. Atti della Scuola di Specializzazione in Archeologia I/2004, pp. 123-210.

coen 2015: A. coen, «I rapporti commerciali di Aleria attraverso l’analisi delle oreficerie», in Atti Bastia 2015, pp. 111-134.

colonnA 1985: g. colonnA (a cura di), Santuari d’Etruria, Catalogo della mostra (Arezzo 1985), Milano 1985.

colonnA 1992: G. colonnA, «Praeneste arcaica e il mondo etrusco-italico», in La necropoli di Praeneste. “Periodi orientalizzante e medio-repubblicano”, Atti del II Convegno di Studi Archeologici (Palestrina 1990), Palestrina 1992, pp. 13-52.

colonnA 1994: g. colonnA, «Altari e sacelli. L’area sud di Pyrgi dopo otto anni di ricerche», in RendPontAc LXIV, 1994, pp. 63-115.

colonnA 2000: g. colonnA, «Il santuario di Pyrgi dalle origini mitistoriche agli altorilievi fron-tonali dei Sette e di Leucotea», in ScAnt 10, 2000, pp. 251-336.

colonnA 2006a: g. colonnA, «Sacred architecture and the religion of the Etruscans», in n. thomson de gRummond, e. simon (eds.), The religion of the Etruscans, Austin 2006, pp. 132-168.

colonnA 2006b: g. colonnA, «Il commercio etrusco arcaico vent’anni dopo (e la sua estensio-ne fino a Tartesso)», in Atti Orvieto 2006, pp. 9-28.

colonnA 2009: g. colonnA, «L’Apollo di Pyrgi, Śur/Śuri (il “Nero”) e l’Apollo Sourios», in StEtr LXXIII, 2009, pp. 101-134.

colonnA 2012: g. colonnA, «Ancora su Śur/Śuri. 1. L’epiteto ⃰⃰Eista (“il dio”); 2. L’attributo del fulmine», in StEtr LXXV, 2012 (2009), pp. 9-32.

colonnA et Al. 2001: g. colonnA, m.p. bAglione, n. lucentini, «Gli Etruschi e il Piceno», in l. fRAnchi dell’oRto (a cura di), Eroi e Regine. Piceni Popolo d’Europa, Catalogo del-la mostra (Roma 2001), Roma 2001, pp. 157-161.

70 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

cygielmAn 2010: m. cygielmAn, «Vetulonia: tra la prima età del Ferro e l’Orientalizzante», in m. celuzzA, g.c. ciAnfeRoni (a cura di), Signori di Maremma. Elites etrusche fra Populo-nia e Vulci, Catalogo della mostra (Firenze 2010), Firenze 2010, pp. 45-54.

cRistofAni 1981: m. cRistofAni, «Geografia del popolamento e storia economico-sociale», in Atti Firenze 1981, pp. 429-441.

cRistofAni 1983: m. cRistofAni, Gli Etruschi del mare, Milano 1983.cRistofAni 1993: m. cRistofAni, «Il testo di Pech-Maho, Aleria e i traffici del V secolo a.C.»,

in MEFRA 105.2, 1993, pp. 833-845.cRistofAni mARtelli 1973: m. cRistofAni mARtelli, CVA Gela, Museo Archeologico Nazio-

nale, Collezione Navarra II, Italia LIII, Roma 1973.cuozzo 2003: m. cuozzo, Reinventando la tradizione. Immaginario sociale, ideologie e rappre-

sentazione nelle necropoli orientalizzanti di Pontecagnano, Paestum 2003.cuozzo, guidi 2013: m. cuozzo, A. guidi, Archeologia delle identità e delle differenze, Roma 2013.de Agostino 1963: A. de Agostino, Populonia. La zona archeologica e il museo, Roma 1963.de mARinis 2004: R.c. de mARinis, «I Liguri tra VIII e V secolo a.C.», in Genova 2004, pp.

197-211.de miRo 2008: e. de miRo,«Thesmophoria di Sicilia», in Atti Enna 2008, pp. 47-105.egg 1986: m. egg, Italische Helme. Studien zu den ältereisenzeitlichen Helmen Italiens und der

Alpen, Mainz 1986.fAcchin 2008: g. fAcchin, «Frammenti di pocola deorum dal Tempio C», in v. AcconciA, c.

Rizzitelli (a cura di), Materiali per Populonia 7, Pisa 2008, pp. 135-144.fAcchin, milletti 2011: g. fAcchin, m. milletti (a cura di), Materiali per Populonia 10,

Pisa 2011.fedeli 1983: F. fedeli, Populonia. Storia e territorio, Firenze 1983.fedeli, gAlibeRti, RomuAldi 1993: F. fedeli, A. gAlibeRti, A. RomuAldi, Populonia e il

suo territorio. Profilo storico-archeologico, Firenze 1993.fioRini 2008: l. fioRini, Topografia generale e storia del santuario. Analisi dei contesti e delle

stratigrafie, Gravisca 1.1, Bari 2005.fioRini, foRtunelli 2011: l. fioRini, s. foRtunelli, «Si depongano le armi. Offerte rituali

di armi dal santuario settentrionale di Gravisca», in c. mAsseRiA, d. loscAlzo (a cura di), Miti di Guerra e di Pace. La guerra e la pace: un confronto interdisciplinare, Atti del Conve-gno (Torgiano, Perugia 2009), Bari 2011, pp. 39-50.

gAbRici 1927: e. gAbRici, «Il Santuario della Malophoros a Selinunte», in MonAnt XXXII, 1927.

gAbRielli 2010: R. gAbRielli, Ceramica etrusco-corinzia del Museo Archeologico di Tarquinia, MAT XIX, Roma 2010.

Genova 2004: R.c. de mARinis, g. spAdeA (a cura di), I Liguri. Un antico popolo europeo tra Alpi e Mediterraneo, Catalogo della mostra (Genova 2004-2005), Milano 2004.

gilottA 2001: f. gilottA, «Aleria», in Piombino 2001, pp. 7-13.giudice 1974: f. giudice, CVA Gela, Museo Archeologico Nazionale III, Collezione Navarra,

Italia LIV, Roma 1974.goRi, pieRini 2001: b. goRi, t. pieRini, La ceramica comune II. Ceramica comune di argilla

figulina, Gravisca 12.2, Bari 2001.gRAn AymeRich, jehAsse 2007: j. gRAn AymeRich, o. jehAsse, «Les îles du monde étru-

sque: le cas de la Corse et Alaliè», in Mediterranea III, 2007 (2006), pp. 141-171.guidi 2013: A. guidi, «L’etnicità nella documentazione archeologica delle necropoli italiane

dell’età del ferro», in L. guidi, M.R. pellizzARi (a cura di), Nuove frontiere per la Storia di genere, V Congresso della Società Italiana delle Storiche (Napoli 2010), vol. II, Salerno 2013, pp. 25-35.

heldRing 1981: b. heldRing, Sicilian plastic vases, Utrecht 1981.heldRing 1991: b. heldRing, «A Ram-askos from Lipari and other sicilian plastic vases», in m.

gnAde (ed.), Stips votiva. Papers presented to C.M. Stibbe, Amsterdam 1991, pp. 73-75.hinz 1998: v. hinz, «Der Kult von Demeter und Kore auf Sizilien und in der Magna Graecia»,

Palilia 4, Wiesbaden 1998.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 71

Innsbruck 2012: Waffen Für Die Götter. Krieger Trophäen Heiligtümer, Catalogo della mostra (Innsbruck 2012), Innsbruck 2012.

Kunish 1971: n. Kunish, CVA Berlin, Antiquarium 4, Deutschland 33, München 1971.jehAsse, jehAsse 2004: j. jehAsse, l. jehAsse, Alèria métropole, les remparts pré-romains et

l’urbanisation romaine, Ajaccio 2004.lA toRRe 2011: g.f. lA toRRe, «Le lance di Temesa e le offerte di armi nei santuari di Magna

Grecia e di Sicilia in epoca arcaica», in Quaderni di Archeologia I.5, 2011, pp. 67-104.leonARdi, pAltineRi 2012: leonARdi g., pAltineRi s., «La necropoli di Chiavari nel quadro

della prima età del ferro in Liguria. Relazioni culturali e forme di organizzazione sociale», in m.c. RoviRA hoRtAlà, f.j lópez chAcheRo, f. mAzièRe (dirs.), Les nècropolis de incineració entre l’Ebre i el Tíber (segles IX-VI): metodologia, pràtiques funeràires i societat, Atti della Tavola Rotonda Internazionale (Barcellona 2008), Barcelona 2012, pp. 293-304.

lippolis et Al. 1995: e. lippolis, s. gARRAffo, m. nAfissi, Culti Greci in Occidente. Fonti scritte e documentazione archeologica I: Taranto, Taranto 1995.

lilliu 2002: g. lilliu, La costante resistenziale sarda, (a cura di A. Mattone), Nuoro 2002.lo schiAvo, milletti 2011: f. lo schiAvo, m. milletti, «Una rilettura del ripostiglio di Fal-

da della Guardiola (Populonia, LI)», in ArchCl LXII, 2011, pp. 309-355.mAggiAni 1990: A. mAggiAni, «S. Rocchino (Massarosa)», in e. pARibeni (a cura di), Etrusco-

rum ante quam Ligurum. La Versilia tra VII e III sec. a.C., Catalogo della mostra (Pietrasanta 1990), Pontedera 1990, pp. 69-96.

mAggiAni 2004: A. mAggiAni, «I Greci nell’Etruria più settentrionale», in Atti Orvieto 2004, pp. 149-180.

mAggiAni 2006: A. mAggiAni, «Rotte e tappe nel Tirreno settentrionale», in Atti Marsiglia, Lat-tes 2006, pp. 435-453.

mAggiAni 2012: A. mAggiAni, «Das Helmdepot von Arce, Vetulonia», in Innsbruck 2012, pp. 63-67.mARtelli 1978: m. mARtelli, «La ceramica greco-orientale in Etruria», in Le céramiques de la

Grèce de l’Est et leur diffusion en Occident, Actes du Colloque (Naples 1976), Napoli 1978, pp. 150-212.

mARtelli 1981: m. mARtelli, «Populonia: cultura locale e contatti con il mondo greco», in Atti Firenze 1981, pp. 399-427.

melli 2004a: p. melli, «Genova. Dall’approdo del Portofranco all’emporio dei Liguri», in Geno-va 2004, pp. 285-297.

melli 2004b: p. melli, «Lo scavo di Luigi Bernabò Brea nella necropoli preromana di Genova», in Dalle Arene Candide a Lipari. Scritti in onore di Luigi Bernabò Brea, Atti del Convegno (Genova 2001), BdA 124, 2004, pp. 177-186.

melli 2006: p. melli, «L’emporio di Genova. Riflessioni e problemi aperti alla luce dei nuovi ritrovamenti», in Atti Marsiglia, Lattes 2006, pp. 609-637.

melli 2007: p. melli, Genova preromana. Una città portuale del Mediterraneo tra il VII e il III secolo a.C., Genova 2007.

michetti 2007: l. michetti, «Scambi e interferenze culturali tra ambiente etrusco-italico e mondo punico: alcuni esempi nell’artigianato artistico di età recente (IV-III sec. a.C.)», in Atti Orvieto 2007, pp. 325-363.

milAnese 1987: m. milAnese, Scavi nell’oppidum preromano di Genova, Roma 1987.milAnese, mAnnoni 1986: m. milAnese, t. mAnnoni, «Gli Etruschi a Genova e il commercio

mediterraneo», in StEtr LII, 1986 (1984), pp. 117-146.milletti 2013: m. milletti, «Etruria and Corsica», in j. mAcintosh tuRfA (ed.), The Etru-

scan World, London 2013, pp. 244-258.milletti, pitzAlis 2013: m. milletti, f. pitzAlis, «Populonia, sepolture in località Casone»,

in NotATos 8/2012, pp. 462-465.milletti, pitzAlis 2015: m. milletti, f. pitzAlis con appendice di v. AmoRetti, «Località

Casone: scavo di tombe alto-ellenistiche», in Atti Bastia 2015, pp. 501-506.milletti et Al. 2011: M. milletti, K. pêche-Quilichini, s. Amici, e. biAncifioRi, s.

delvAuX, t. lAchenAl, c. mottolese, v. pAlone, s. pAlmieRi, g. pRettA, v. py, e. sARtini, «Cuciurpula, Serra-di-Scopamena/Sorbollano (Corse-du-Sud): nuovi dati su un

72 f. biAgi, A. cAmilli, t. mAgliARo, m. milletti, s. neRi, f. pitzAlis

insediamento protostorico corso (campagne 2008-2011)», in fAcchin, milletti 2011, pp. 377-444.

milletti et Al. 2015: m. milletti, s. Amici, c.c. cARRARo, c. mottolese, A. volpi, K. pêche-Quilichini, «L’età del Ferro in Corsica e in Sardegna: riflessioni alla luce delle nuove indagini condotte a Puzzonu (Quenza, Corse-du-Sud)», in v. di colA, f. pitzAlis (a cura di), Materiali per Populonia 11, pp. 331-365.

moRdegliA, lA teRRA 2011: l. moRdegliA, l. lA teRRA, «Gli scavi 2009 dell’Università di Milano nel Golfo di Baratti, Area Centro Velico», in fAcchin, milletti 2011, pp. 185-200.

moRel 1981: j.p. moRel, Céramiques campanienne: les formes, Rome 1981.moRel 2015: j.p. moRel, «Les céramiques à vernis noir entre Étrurie et Corse», in Atti Bastia

2015, pp. 157-176.moRetti sgubini, RicciARdi 2010: A.m. moRetti sgubini, l. RicciARdi, «Ricerche nella

necropoli di Guadocinto», in A. giAnfRottA, A.m. moRetti (a cura di), Archeologia nella Tuscia, Atti dell’Incontro di Studio (Viterbo 2007), Daidalos 10, Viterbo 2010, pp. 49-100.

nAso 2012: A. nAso, «Waffenweihungen in Italien von der Eisenzeit bis zur Orientalisierenden Periode», in Innsbruck 2012, pp. 44-50.

pAltineRi 2010: s. pAltineRi, La necropoli di Chiavari. Scavi Lamboglia (1959-1969), Bordi-ghera 2010.

pAltineRi, leonARdi, mAggi 2006: s. pAltineRi; g. leonARdi; R. mAggi, Progetto necropo-li di Chiavari, in Atti Marsiglia, Lattes 2006, pp. 641-652.

pflug 1988: h. pflug, «Italische Helme mit Stirnkehle», in Antike Helme. Sammlung Lipperhei-de und andere Bestände des Antikenmuseums Berlin, Mainz 1988, pp. 276-292.

piAnu 1982: g. piAnu, Ceramiche etrusche sovradipinte, Roma 1982.Piombino 2001: A. RomuAldi (a cura di), Le rotte nel Mar Tirreno: Populonia e l’emporio di Ale-

ria in Corsica, Catalogo della mostra (Piombino 2001), Suvereto 2001.pitzAlis et Al. 2011: f. pitzAlis, e. biAncifioRi, c. de Angelis, c. fAnelli, s. pAlmieRi,

v. pAlone, e. sARtini, «Populonia-Poggio del Telegrafo (campagne di scavo 2009-2010): nuovi dati sui periodi I e II», in fAcchin, milletti 2011, pp. 17-59.

RomuAldi 1992: A. RomuAldi, «La ceramica a vernice nera», in Atti Firenze 1992, pp. 110-151.RomuAldi 1994: A. RomuAldi, «Populonia fra la fine dell’VIII e l’inizio del VII sec. a.C.», in

La presenza etrusca nella Campania meridionale, Atti delle giornate di studio (Salerno, Pon-tecagnano 1990), Firenze 1994, pp. 171-180.

RomuAldi 2001: A. RomuAldi, «Populonia», in Piombino 2001, pp. 14-17.RomuAldi 2004: A. RomuAldi, «Riflessioni sul problema della presenza dei Greci a Populonia»,

in Atti Orvieto 2004, pp. 181-200.RomuAldi 2005: A. RomuAldi, «La Soprintendenza Archeologica della Toscana e la ricerca a

Populonia e nella Val di Cornia: l’edizione dei risultati delle ricerche pregresse», in c. mAR-cucci, c. megAle (a cura di), Rete Archeologica. Provincia di Livorno. Valorizzazione e ricerche, Atti del Convegno (Livorno 2004), Pisa 2005, pp. 21-28.

RomuAldi 2009: A. RomuAldi, «Un deposito di armi da Populonia», in MEFRA 121, 2009, pp. 373-380.RomuAldi, AmAdAsi 2007: A. RomuAldi, m.g. AmAdAsi, «Cartaginesi a Populonia. L’iscri-

zione neopunica dalla necropoli delle Grotte», in Atti Orvieto, 2007, pp. 161-175.sAbbione, milAnesio mAcRì 2008: c. sAbbione, m. milAnesio mAcRì, «Recenti scoperte al

Tesmophorion di Contrada Parapezza a Locri Epizefiri», in Atti Enna 2008, pp. 193-220.sAnnibAle 2008: m. sAnnibAle (a cura di), La Raccolta Giacinto Guglielmi II. Bronzi e Mate-

riali vari, Roma 2008.spAnò gemellARo 2008: A. spAnò gemellARo, I vetri della Sicilia punica, Roma 2008.stopponi 2008: s. stopponi, «Un luogo per gli dei nello spazio per i defunti», in Atti Roma

2008, pp. 559-588.ten KoRtenAAR, neRi, nizzo 2006: s. ten KoRtenAAR, s. neRi, v. nizzo, «La necropoli di

Piano e Poggio delle Granate», in ApRosio, mAscione 2006, pp. 325-358.ten KoRtenAAR et Al. 2007: s. ten KoRtenAAR, R. vARgiu, c. signoRetti, j. de gRossi

mAzzoRin, c. ceRminARA, «Le ricerche dell’Università di Roma “La Sapienza” nella necro-poli di Poggio delle Granate (Piombino, LI)», in ScAnt 12, 2007 (2004-2005), pp. 105-131.

un’AReA di culto nellA necRopoli etRuscA di sAn ceRbone A bARAtti 73

toRelli 2014: m. toRelli, «Conclusioni», in “Origines”: percorsi di ricerca sulle identità etniche dell’Italia antica (MEFRA online, 126-2), messo online il 12 dicembre 2014 (http://mefra.revues.org/2431).

Vetulonia 2007: m. cygielmAn, s. RAfAnelli (a cura di), Vetulonia e le altre. Tappe del com-mercio etrusco, Catalogo della mostra (Vetulonia 2007), Grosseto 2007.

Vetulonia 2013: s. RAfAnelli (a cura di), Vetulonia, Pontecagnano, Capua. Vite parallele di tre città etrusche, Catalogo della mostra (Vetulonia 2013), Roma 2013.

WójciK 1989: R. WójciK, Museo Claudio Faina di Orvieto. Ceramica attica a figure nere, Peru-gia 1989.

zAmARchi gRAssi 2005: p. zAmARchi gRAssi, «Il tumulo II del Sodo», in S. foRtunelli (a cura di), Il museo della Città Etrusca e Romana di Cortona. Catalogo delle collezioni, Firen-ze 2005, pp. 164-169.

ziffeReRo 2006: A. ziffeReRo, «Confini e luoghi di culto nel suburbio e nell’agro populoniese: un contributo alla ricerca», in ApRosio, mAscione 2006, pp. 391-427.

SUMMARY

Between 2004 and 2011 the Archaeological Superintendence of Tuscany 1 investigated a por-tion of the Fonte San Cerbone Etruscan necropolis in the Baratti Gulf, Populonia. The excavation revealed a continuous frequentation of the cemetery from the 9th to the end of 4th century B.C., when, after a period of abandonment, the area was occupied by production activities. The over eighty con-texts brought to light are characterized, especially in the earlier phases, by a great variety, in terms of both the rituals and burial structures. The grave goods, never excellent, include objects from the Tyrrhenian area, the Greek World and the Eastern Mediterranean. The paper focuses on the phase after 540 B.C., when this part of the necropolis underwent radical restructuring, implying a gen-eralized use of the panchina sarcophagus, but which nevertheless respected certain cult structures, including three circular altars and one rectangular, in use since the end of the 9th century B.C., where worship continued much longer. The perfect preservation of ancient life levels, the variety and articulation of contexts, the heterogeneous finds and especially the careful documentation of rituals helped enhance our knowledge of the Etruscan city and its role in Upper Tyrrhenian traffic.