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A08 - Aracne2.2.2 Le strutture in cemento armato pag. 73 2.2.3 Le strutture prefabbricate pag. 77 2.2.4 Gli arredi pag. 91 3. La Bibliografia pag. 121 7 Introduzione Il tema dell’edilizia

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Università degli Studi di PalermoDipartimento di ArchitetturaVolume pubblicato con fondi di Ateneo F.F.R. 2012-13, relativi alla ri-cerca “La riqualificazione degli edifici scolastici di Palermo”, respon-sabile prof. Silvia Pennisi

primepagine1:Layout 1 15/11/2013 08:44 Pagina 4

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Silvia Pennisi

La conoscenza e la manutenzione degli edifici scolastici

Le scuole a Palermo dal secondo dopoguerra

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Copyright © MMXIIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

isbn 978–88–548–6556-3

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: ottobre 2013

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Si ringraziano per la disponibilità: il prof. Antonio Cottone per i preziosispunti e consigli, l’arch. R. Romeo e l’ing. S. Romano del Comune diPalermo Edilizia Scolastica, la dott.ssa M. Vassallo dell’Ufficio RisorseImmobiliari del Comune di Palermo, i Dirigenti Scolastici dei plessi og-getto di studio.

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Indice

Introduzione pag. 91. La scuola in Italia dal secondo dopoguerra pag. 112. L’edilizia scolastica a Palermo pag. 352.1. Le tipologie pag. 382.2 Le tecniche costruttive pag. 532.2.1 Le strutture in muratura pag. 542.2.2 Le strutture in cemento armato pag. 73 2.2.3 Le strutture prefabbricate pag. 772.2.4 Gli arredi pag. 913. La manutenzione ed il recupero degli edifici scolastici pag. 109Bibliografia pag. 121

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Introduzione

Il tema dell’edilizia scolastica a Palermo, ed in particolare degli edificidestinati a scuole elementari, è stato oggetto della pubblicazione “Lescuole a Palermo - Tipologie e tecnologie delle realizzazioni dal 1860al 1940” del 2011 che ha permesso di intraprendere un percorso cono-scitivo sulla storia costruttiva di una tipologia che rivestiva, e rivesteanche oggi, importanza fondamentale nella vita quotidiana dei cittadinie nello sviluppo socio-culturale di una città. Continuare il percorso intrapreso con ulteriori ricerche è sembrato op-portuno ed interessante, soprattutto perchè il periodo seguente alla se-conda guerra mondiale sino agli anni ottanta ha segnato latrasformazione concettuale e fisica della scuola, in particolare quella ele-mentare.Le teorie pedagogiche provenienti da altri paesi europei e dagli StatiUniti vennero finalmente assimilate anche in Italia influenzando la pro-gettazione degli edifici scolastici, un processo di rinnovamento ideolo-gico fortemente influenzato dal periodo storico, il ‘68, che vide intensidibattiti sull’educazione e sul significato stesso della scuola.Inoltre una maggiore apertura verso le potenzialità del cemento armatofu accompagnata dalle sperimentazioni di tecniche di prefabbricazione,già utilizzate soprattutto nei paesi anglosassoni.A Palermo si rimase spesso ancorati alle tradizioni sia dal punto di vistadistributivo che costruttivo, per varie ragioni che si è tentato di analiz-zare, ma non mancarono esempi di innovazione e sperimentazione. Percorrere la storia degli edifici scolastici assume ulteriori significaticonsiderando i risvolti sociali e politici che la scuola ha sempre avut epermette quindi di riflettere su tematiche trasversali ed uniche per la cittàela sua storia.Infine si è scelto di toccare il tema della conservazione e manutenzonedegli edifici studiati, attraverso considerazioni basate, oltre che sull’ana-lisi diretta, su documentazione relativa agli interventi resisi necessarinegli anni, relazionando le dinamiche di degrado con le tecniche costrut-tive adottate.

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1. La scuola in Italia dal secondo dopoguerra

Gli utimi cinquant’anni del secolo scorso segnarono anche in Italia ilsuperamento della concezione di scuola come luogo deputato al merotrasferimento di nozioni, per lasciare spazio ad una visione più apertasia nei confronti della formazione completa del fanciullo come studentee come persona, sia nei confronti della comunità e delle famiglie, lascuola «...sta finalmente affermando la sua reale funzione, la sua veraragione di essere...».1

Dopo gli anni del regime, si sentiva forte l'esigenza di democratizzarela scuola italiana epurando insegnamenti e ideologie dalle forti influen-zesubite.In particolare la scuola elementare fu organizzata in modo che costi-tuisse una preparazione al lavoro ed alla democrazia.Alla tendenza forte alla scolarizzazione di massa si accompagnò, in lineacon gli influssi portati dagli occupanti e “liberatori”, una particolare at-tenzione a concetti quali la responsabilità, la possibilità di esplicitare at-titudini individuali, la differenziazione del lavoro a seconda del gruppodi alunni. I nuovi programmi per la scuola elementare emanati nel 1945 incorag-giavano la formazione di una scuola che rispondesse ad un bisogno disicurezza del bambino, con l'educatore unico, una scuola che assumessela forma di una comunità-educativa, nella quale l'alunno fosse compar-tecipe del progresso sociale.2L'ambiente scolastico diventò così il luogo della formazione per eccel-lenza, dove i ragazzi potessero apprendere e crescere, in un processoeducativo completo.Per realizzare ciò gli spazi dovevano risultare adeguati «...psicologica-mente, oltre che funzionalmente...»3 dunque si iniziò a studiare l'edificioscolastico anche in base all'evoluzione psicologica e fisiologica dei bam-bini, assecondando le diverse fasi evolutive.Il metodo che nel nostro paese risultò più adatto a fornire le basi per laprogettazione degli edifici scolastici vide come studi preliminari delleindagini di tipo:- ambientale

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- pedagogico- economico.Tali fattori influenzarono le realizzazioni di almeno un decennio, conpesi che, vedremo, assunsero importanza decisiva a seconda del mo-mento vissuto dalla nazione e dalle diverse città.In seguito ad una indagine svolta nel 19514 che metteva in risalto la si-tuazione disastrosa degli edifici scolastici in Italia, sia dal punto di vistaquantitativo che qualitativo, il Ministero della Pubblica Istruzione no-minò una Commissione che coinvolse pedagogisti, architetti, medici edamministratori per valutare ed eventualmente rivedere il metodo fino adallora utilizzato per progettare gli spazi della scuola.Ciò che immediatamente emerse fu l'uso di locali "di fortuna" adibiti ascuole e la totale corrispondenza degli edifici scolastici esistenti alloschema a "caserma" utilizzato negli anni precedenti, con corridoi a di-simpegnare le aule, fulcro e unico ambiente dove si svolgeva la didat-tica.Il principio informatore di tutti i lavori della Commissione fu quello difornire ai progettisti indirizzi che rispondessero il più possibile alle esi-genze della moderna pedagogia.La sintesi dei lavori svolti fu pubblicata sui quattro Quaderni del CentroStudi della Pubblica Istruzione, servizio Centrale per l’edilizia scolastica,nel 1953, dai quali si evince innanzi tutto il definitivo superamento delconcetto di aula come unico ambiente deputato alla didattica, con l'ac-quisizione del concetto di "unità funzionale".Questo fondamentale passo verso una nuova idea di scuola prese lemosse dal Concorso del Ministero della Pubblica Istruzione del 1949che precedette di due anni la nomina della succitata Commissione.Il vincitore del Concorso fu l'architetto Ciro Cicconcelli, che espose am-pliamente le teorie sulle quali si basava il suo progetto. L'unità funzio-nale secondo il Cicconcelli era costituita da 5 aule disimpegnate da unasala comune, con lo scopo di stimolare la comunicazione sia tra inse-gnanti e allievi che tra allievi ed allievi di aule distinte ma che occasio-nalmente condividevano esperienze.Più unità funzionali avrebbero costituito un aggregato scolastico, condifferenti combinazioni spaziali a seconda del contesto urbano.Molta importanza venne pure data agli spazi esterni ed alle attività ivi

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- pedagogico- economico.Tali fattori influenzarono le realizzazioni di almeno un decennio, conpesi che, vedremo, assunsero importanza decisiva a seconda del mo-mento vissuto dalla nazione e dalle diverse città.In seguito ad una indagine svolta nel 19514 che metteva in risalto la si-tuazione disastrosa degli edifici scolastici in Italia, sia dal punto di vistaquantitativo che qualitativo, il Ministero della Pubblica Istruzione no-minò una Commissione che coinvolse pedagogisti, architetti, medici edamministratori per valutare ed eventualmente rivedere il metodo fino adallora utilizzato per progettare gli spazi della scuola.Ciò che immediatamente emerse fu l'uso di locali "di fortuna" adibiti ascuole e la totale corrispondenza degli edifici scolastici esistenti alloschema a "caserma" utilizzato negli anni precedenti, con corridoi a di-simpegnare le aule, fulcro e unico ambiente dove si svolgeva la didat-tica.Il principio informatore di tutti i lavori della Commissione fu quello difornire ai progettisti indirizzi che rispondessero il più possibile alle esi-genze della moderna pedagogia.La sintesi dei lavori svolti fu pubblicata sui quattro Quaderni del CentroStudi della Pubblica Istruzione, servizio Centrale per l’edilizia scolastica,nel 1953, dai quali si evince innanzi tutto il definitivo superamento delconcetto di aula come unico ambiente deputato alla didattica, con l'ac-quisizione del concetto di "unità funzionale".Questo fondamentale passo verso una nuova idea di scuola prese lemosse dal Concorso del Ministero della Pubblica Istruzione del 1949che precedette di due anni la nomina della succitata Commissione.Il vincitore del Concorso fu l'architetto Ciro Cicconcelli, che espose am-pliamente le teorie sulle quali si basava il suo progetto. L'unità funzio-nale secondo il Cicconcelli era costituita da 5 aule disimpegnate da unasala comune, con lo scopo di stimolare la comunicazione sia tra inse-gnanti e allievi che tra allievi ed allievi di aule distinte ma che occasio-nalmente condividevano esperienze.Più unità funzionali avrebbero costituito un aggregato scolastico, condifferenti combinazioni spaziali a seconda del contesto urbano.Molta importanza venne pure data agli spazi esterni ed alle attività ivi

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espletabili. Queste teorie vennero viste con diffidenza dai più, ma ser-virono per gettare le basi verso un nuovo cammino di studi ed esperienzeprogettuali.Un elemento nuovo e ripreso dai successivi regolamenti fu quellodell'"apertura" delle scuole verso la comunità, decisamente opposto allachiusura fino ad allora perpetrata dallo schema delle scuole tradizionali.Ricordiamo che in quegli anni il celebre architetto Scharoun illustrò,durante una conferenza a Darmstad sul tema "L'uomo e lo spazio", lesue teorie sull'argomento scuola con riferimento ai "distretti" che carat-terizzano lo sviluppo dei bambini.5Un altro elemento di base di questa progettazione è la fluidità tra l'in-terno e l'esterno: passaggi, materiali, percezioni come fondamenti pe-dagogici; dunque diventa prioritaria l'esigenza di progettare ambientiscolastici attenti alle diverse esigenze psicologiche dei bambini nelledifferenti fasce di età. E' evidente il distacco netto con quanto applicato sino ad allora. Il ri-sultato di tale dibattito fu infatti un nuovo concetto di edificio scolasticoche diventò un "organismo scolastico" composto da più unità:- unità funzionali (composte da unità-aule)- unità aule-complementari- unità laboratorio- unità auditorium e palestra- unità refettorio- unità uffici.La combinazione di queste unità costituiva l'edificio scolastico, con l'eli-minazione dei corridoi in favore di una sala comune che servisse al con-tempo da disimpegno e da punto d'incontro per gli alunni e le famiglie.Gli architetti che in questa fase si distinsero per il contributo al dibattitoattraverso le loro opere furono, oltre a Ciro Cicconcelli, Mario Ridolfie Ludovico Quaroni.Il primo segnò un passo fondamentale nel cammino verso una nuovaconcezione di scuola con l'articolo “Lo spazio nella scuola moderna”pubblicato su "Rassegna critica di Architettura" nel quale indicò lachiave per la progettazione ideale di una scuola: «dare al bambino nonuno spazio metrico ma uno spazio psicologico in quanto forma del co-nosciuto».6

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Inoltre Cicconcelli, attraverso il suo impegno al Centro Studi in tuttigli anni Cinquanta e poi alla XII Triennale di Milano, individuò alcunielementi caratterizzanti questa nuova concezione di scuola:- la scuola come servizio pubblico che deve svolgere un ruolo primarionella formazione delle nuove generazioni,- il superamento dell’aula, predisposizione di spazi attrezzati e specia-lizzati, individualizzazione e democratizzazione dell’insegnamento, - flessibilità degli spazi per adeguarsi al mutare delle strategie di inse-gnamento; questo in linea con quanto si stava sperimentando soprattuttonegli Stati Uniti, in Inghilterra e in Germania,- il ruolo dall’ente pubblico quale promotore della qualità attraverso lesue istanze tecniche.Quindi il sistema normativo doveva svolgere un ruolo fondamentalenella gestione delle modalità di appalto e di verifica delle opere realiz-zate e di promozione dell’industrializzazione.Il programma strategico che Cicconcelli sviluppò e articolò con piùprecisione dal 1958 sarà alla base del suo operato come Direttore delCentro Studi.7Alcuni progetti di quegli anni sembrano sintetizzare appieno i concettiche vennero elaborati: per quanto riguarda la scuola elementare sicura-mente il progetto di Ludovico Quaroni per la scuola di Ivrea, del 1959,frutto della collaborazione tra l’architetto ed Adriano Olivetti nel piùampio lavoro per la città di Ivrea. Anche la scuola, come le altre realiz-zazioni, rispecchia la visione di una mente illuminata che riuscì con suc-cesso a dedicarsi, circondandosi di esperti, a molteplici aspetti di unarealtà lavorativa.Nella scuola di Ivrea sono evidenti sia le concezioni della coeva peda-gogia, nella ricerca del contatto interno-esterno e nella distribuzionedelle unità funzionali intorno ad una sala comune multifunzionale, siail linguaggio ispirato all'architettura povera, con l'uso di materiali trattidalla tradizione.La scuola venne successivamente scelta nel 1960 come modello per l'al-lestimento di un'aula ed una sala comune della XII Triennale di Milano.Il regolamento del 19568 sanciva questi principi ed in alcuni passaggipresentava delle assolute novità rispetto ai regolamenti precedenti, moltoattenti alle norme igieniche ed alla funzionalità, ma carenti nelle tema-

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Inoltre Cicconcelli, attraverso il suo impegno al Centro Studi in tuttigli anni Cinquanta e poi alla XII Triennale di Milano, individuò alcunielementi caratterizzanti questa nuova concezione di scuola:- la scuola come servizio pubblico che deve svolgere un ruolo primarionella formazione delle nuove generazioni,- il superamento dell’aula, predisposizione di spazi attrezzati e specia-lizzati, individualizzazione e democratizzazione dell’insegnamento, - flessibilità degli spazi per adeguarsi al mutare delle strategie di inse-gnamento; questo in linea con quanto si stava sperimentando soprattuttonegli Stati Uniti, in Inghilterra e in Germania,- il ruolo dall’ente pubblico quale promotore della qualità attraverso lesue istanze tecniche.Quindi il sistema normativo doveva svolgere un ruolo fondamentalenella gestione delle modalità di appalto e di verifica delle opere realiz-zate e di promozione dell’industrializzazione.Il programma strategico che Cicconcelli sviluppò e articolò con piùprecisione dal 1958 sarà alla base del suo operato come Direttore delCentro Studi.7Alcuni progetti di quegli anni sembrano sintetizzare appieno i concettiche vennero elaborati: per quanto riguarda la scuola elementare sicura-mente il progetto di Ludovico Quaroni per la scuola di Ivrea, del 1959,frutto della collaborazione tra l’architetto ed Adriano Olivetti nel piùampio lavoro per la città di Ivrea. Anche la scuola, come le altre realiz-zazioni, rispecchia la visione di una mente illuminata che riuscì con suc-cesso a dedicarsi, circondandosi di esperti, a molteplici aspetti di unarealtà lavorativa.Nella scuola di Ivrea sono evidenti sia le concezioni della coeva peda-gogia, nella ricerca del contatto interno-esterno e nella distribuzionedelle unità funzionali intorno ad una sala comune multifunzionale, siail linguaggio ispirato all'architettura povera, con l'uso di materiali trattidalla tradizione.La scuola venne successivamente scelta nel 1960 come modello per l'al-lestimento di un'aula ed una sala comune della XII Triennale di Milano.Il regolamento del 19568 sanciva questi principi ed in alcuni passaggipresentava delle assolute novità rispetto ai regolamenti precedenti, moltoattenti alle norme igieniche ed alla funzionalità, ma carenti nelle tema-

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tiche psico-pedagogiche.La famiglia entrava a pieno titolo tra gli utenti della scuola, e l'edificioscolastico aveva il ruolo di «...promuovere gli indispensabili incontricon le famiglie...».Inoltre si sottolineava l'importanza di prevedere spazi che consentisserole attività di gruppo e permettessero alla "comunità scolastica" «...sciol-

tezza di movimenti e possibilità dilibere iniziative».Per la prima volta la scuola non fubasata sull'esclusivo rapporto mae-stro-alunno ma si apriva ad unmodo nuovo di apprendere e for-marsi, fondato sull'esperienza esulla condivisione. Inoltre si ini-ziava a fare strada un concetto chedopo qualche decennio diventeràimperativo nella progettazioneFig. 1, 2 - Scuola di Ivrea, L. Quaroni.

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delle scuole: la flessibilità degliambienti.Dal punto di vista distributivo il re-golamento distingue le tipologie inbase al numero di aule, dall'edificioad un'aula sino a quelli a quattro ocinque aule.L'edificio scolastico non potevaavere più di due elevazioni, e do-veva essere «adeguatamente e uni-

formemente illuminato, razionalmenteareato».Venivano fornite poi indicazioni detta-gliate sulle caratteristiche costruttivedegli elementi, con attenzione anche alcomfort «...l'illuminazione artificiale,deve essere anch'essa adeguata ed unifor-memente distribuita; occorre assicurareal piano dei tavolini una intensità lumi-nosa di almeno 80 lux».L'alluvione nel Salernitano di quegli annioffrì l'occasione di sperimentare le indi-cazioni contenute nel regolamento, con

la redazione di 12 progetti di edifici scolastici, riportati su un noto fa-scicolo dei Quaderni del Centro Studi della Pubblica Istruzione.Tra questi si distinsero quello di Cicconcelli, che mirava a illustrare lospirito della normativa, ma di difficile applicazione pratica, e quelli diAlberto Gatti e Diambra de Sanctis, che invece divennero degli stereotipida adottare per i progettisti degli anni a venire.Il concetto che sta alla base di questi progetti è la variazione nell'asso-ciare elementi compositivi scelti come base, dunque unità funzionalicombinate a formare schemi, che soddisfacessero il concetto di scuolaformativa ed attiva e ponessero alla base degli spazi la fluidità e l'elasti-cità. «Dal dopoguerra ho combattuto contro il corridoio nella scuola, ilplotone di allievi non esiste più».9

Ma negli anni che seguirono la loro emanazione, le norme del 1956 in-

Fig. 3 e 4 - Scuole degli arch. DeSanctis e Gatti fonte: www.uni-roma3.it, 3 scuole a Roma, Comunedi Roma

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delle scuole: la flessibilità degliambienti.Dal punto di vista distributivo il re-golamento distingue le tipologie inbase al numero di aule, dall'edificioad un'aula sino a quelli a quattro ocinque aule.L'edificio scolastico non potevaavere più di due elevazioni, e do-veva essere «adeguatamente e uni-

formemente illuminato, razionalmenteareato».Venivano fornite poi indicazioni detta-gliate sulle caratteristiche costruttivedegli elementi, con attenzione anche alcomfort «...l'illuminazione artificiale,deve essere anch'essa adeguata ed unifor-memente distribuita; occorre assicurareal piano dei tavolini una intensità lumi-nosa di almeno 80 lux».L'alluvione nel Salernitano di quegli annioffrì l'occasione di sperimentare le indi-cazioni contenute nel regolamento, con

la redazione di 12 progetti di edifici scolastici, riportati su un noto fa-scicolo dei Quaderni del Centro Studi della Pubblica Istruzione.Tra questi si distinsero quello di Cicconcelli, che mirava a illustrare lospirito della normativa, ma di difficile applicazione pratica, e quelli diAlberto Gatti e Diambra de Sanctis, che invece divennero degli stereotipida adottare per i progettisti degli anni a venire.Il concetto che sta alla base di questi progetti è la variazione nell'asso-ciare elementi compositivi scelti come base, dunque unità funzionalicombinate a formare schemi, che soddisfacessero il concetto di scuolaformativa ed attiva e ponessero alla base degli spazi la fluidità e l'elasti-cità. «Dal dopoguerra ho combattuto contro il corridoio nella scuola, ilplotone di allievi non esiste più».9

Ma negli anni che seguirono la loro emanazione, le norme del 1956 in-

Fig. 3 e 4 - Scuole degli arch. DeSanctis e Gatti fonte: www.uni-roma3.it, 3 scuole a Roma, Comunedi Roma

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contrarono delle aspre critiche, soprat-tutto per quel che riguarda l'impostazionerazionalista, «la norma [...] non diventapiù uno strumento di approfondimentoadattabile in modo creativo a realtà di-verse e diversamente relazionabile allevarie scale d'intervento, ma richiede soloun'applicazione automatica».10

Le indicazioni troppo dettagliate sem-bravano infatti limitare la libertà proget-tuale e guidare verso schemi precisi, conla suddivisione in base al numero di aule. Inoltre, come osserverà Visalberghi11, ilregolamento in alcuni punti rende diffi-cile l'applicazione di alcuni principi edu-cativi assodati in altri paesi del mondo ,ad esempio il servizio igienico in fondo

alla classe, esigenza legata «all'igiene mentale oltrechè all'educazione».12

Ciò risulta essere uno spunto di riflessione circa la necessità di collabo-razione interdisciplinare tra architetti, igienisti, psicologi, pedagogisti almomento della redazione di progetti e regolamenti. Collaborazione in-tesa come scambi di istanze e rielaborazioni successive, fermo restandola responsabilità di scelta dell'architetto.La XII Triennale di Milano del 1960, dedicata al tema "La casa e lascuola", rappresentò un avvenimento fondamentale nell'evoluzione dellescelte tipologiche relative alla scuola.Molte idee provenivano dall'esempio inglese, infatti venne allestito unprototipo di scuola inglese a titolo esemplificativo.Un tema affrontato alla Triennale e poi dibattuto negli anni a seguire fuquello del rapporto scuola-quartiere, e più in generale la necessità di«compenetrazione» tra la funzione educativa e le atre «espressioni dellavita sociale».13

Tale prospettiva non è facilmente traducibile in soluzioni architettoni-che, ma richiede una riflessione soprattutto a monte di un progetto sul-l'età degli allievi, in base alla quale cambia il modo di impostare talerapporto. I temi sviluppati furono quelli dell'accentramento degli spazi

Fig. 5 - Locandina della XII Trien-nale di Milano

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attorno a spazi comuni, con la definitiva abolizione di corridoi e ridu-zione dei disimpegni, e degli accenni ad una didattica differente, «an-tiautoritaria».14

La manifestazione fu divisa in tre sezioni riguardanti l'ambiente urbano,quello periferico e il centro storico, con tre concorsi di progettazione diedifici scolastici e la costruzione di un prototipo di scuola inglese.La visione dell'edilizia scolastica inglese favorì il confronto e la speri-mentazione di metodi costruttivi basati sulla industrializzazione e pre-fabbricazione.Nell'ambito della Triennale fu bandito un concorso di progettazione diuna scuola che rappresentò un'ottima occasione di confronti culturali,che però non fu colta al massimo, secondo quanto si legge dalle pagine

della rivista Casabella, che dedicòampio spazio a tale concorso nelnumero monografico 245.I progettisti concentrarono l'atten-zione sull'aula comune, che di-ventò il perno per la distribuzionedelle aule, la cui differente dispo-sizione costituiva l'unica variantetra i progetti.Le premesse su cui si basarono iprogettisti mirarono ad una consi-derazione dell'edificio scolasticocome un caso unico con la nega-zione delle “scuole tipo”.In realtà le problematiche da af-frontare, in linea con l'evoluzionedelle teorie pedagogiche e del con-cetto stesso di scuola erano ben piùcomplesse; come scrisse il dott.Vi-salberghi: mentre «la scuola del-l'ascoltare non poneva grandiesigenze, [...] la scuola dello sco-prire e del cooperare vuole un suospazio, fisico e psicologico, oppor-Fig. 6 - Schema del Dewey

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attorno a spazi comuni, con la definitiva abolizione di corridoi e ridu-zione dei disimpegni, e degli accenni ad una didattica differente, «an-tiautoritaria».14

La manifestazione fu divisa in tre sezioni riguardanti l'ambiente urbano,quello periferico e il centro storico, con tre concorsi di progettazione diedifici scolastici e la costruzione di un prototipo di scuola inglese.La visione dell'edilizia scolastica inglese favorì il confronto e la speri-mentazione di metodi costruttivi basati sulla industrializzazione e pre-fabbricazione.Nell'ambito della Triennale fu bandito un concorso di progettazione diuna scuola che rappresentò un'ottima occasione di confronti culturali,che però non fu colta al massimo, secondo quanto si legge dalle pagine

della rivista Casabella, che dedicòampio spazio a tale concorso nelnumero monografico 245.I progettisti concentrarono l'atten-zione sull'aula comune, che di-ventò il perno per la distribuzionedelle aule, la cui differente dispo-sizione costituiva l'unica variantetra i progetti.Le premesse su cui si basarono iprogettisti mirarono ad una consi-derazione dell'edificio scolasticocome un caso unico con la nega-zione delle “scuole tipo”.In realtà le problematiche da af-frontare, in linea con l'evoluzionedelle teorie pedagogiche e del con-cetto stesso di scuola erano ben piùcomplesse; come scrisse il dott.Vi-salberghi: mentre «la scuola del-l'ascoltare non poneva grandiesigenze, [...] la scuola dello sco-prire e del cooperare vuole un suospazio, fisico e psicologico, oppor-Fig. 6 - Schema del Dewey

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tunamente articolato».15

Tali concetti richiamavano le teorie del pedagogista John Dewey, chenel libro pubblicato nel 1897 “Il mio credo pedagogico” immaginavaun apprendimento "attivo", in ambienti che in sé rivestivano un ruolopedagogico, e per aiutare nella progettazione delle scuole elaborò deidiagrammi e degli schemi che, se da una parte sintetizzavano e garanti-vano una buona comprensione del significato di "didattica attiva", dal-l'altra non erano facilmente leggibili come indicazioni progettuali. Con l'introduzione della scuola media unica nel 1962 venne nominatauna Commissione nazionale di studio sull'edilizia della nuova scuolamedia, che rappresenta comunque per la scuola in generale l'abbandonodefinitivo del conteggio per aule sostituito dal conteggio per "postoalunno".Tali intensi dibattiti trovarono riscontro anche nelle iniziative legislative,come il "Piano decennale per la scuola" presentato da Fanfani nel 1962,che oltre a diventare molto più breve in termini di tempo (divenne trien-nale) non produsse molti cambiamenti e fu seguito immediatamente dauna legge: "Provvedimenti per lo sviluppo della scuola nel triennio1962-1965".Si trattava soprattutto di interventi a livello quantitativo, sul numerodelle scuole, e funzionale, sullo snellimento delle procedure di appro-vazione.Nonostante la riflessione avviata nei primi anni sessanta su nuovi rego-lamenti per la compilazione di progetti di scuole, sino agli anni settantanon ci fu alcun regolamento ufficiale in sostituzione di quello del 1956. Il prof. Visalberghi scrisse che «...ci si cura assai poco che la scuola siadavvero un ambiente atto ad accogliere bambini».16

Tra le motivazioni, che generarono il divario tra il fertile dibattito e leeffettive realizzazioni di edifici scolastici, una è sicuramente da ricercarenel ritardo nel coordinamento tra riforme generali e politiche di settoree l’altra nella gradualità di ruoli e funzioni assunta dallo Stato nei de-cenni seguenti la seconda guerra mondiale.Dapprima lo Stato si sostituì agli enti locali utilizzando il Ministero deiLL.PP, successivamente assunse il ruolo di coordinazione attraverso ilMinistero della P.I., ciò comportò una separazione tra problemi legatialla costruzione delle strutture edilizie e problemi legati all'istruzione.

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«Per questi motivi non si ha traccia, se non occasionale e rara, negliedifici scolastici e nei relativi provvedimenti dell'epoca, di esempi dovesia leggibile un tentativo di ricerca di relazione tra tipologie edilizia edindirizzi scolari, tra spazi caratteristici per nuove didattiche o per nuovitipi di attività svolte».17

Nel 1962 venne nominata, ai sensi della legge 24 luglio 1962 n. 1073,una Commissione sulla pubblica istruzione, sul cui lavoro fu richiestodal Ministero un parere del C.N.E.L. (Comitato Nazionale sull'economiae sul Lavoro).Nella relazione del C.N.E.L. redatta nel 1964 si definirono «impressio-nanti» le carenze dell'edilizia scolastica in Italia e si pose il problema di«interventi massicci» necessari per migliorare la situazione.18

In entrambi i casi le indagini, eseguite a campione, non riuscirono a for-nire dati realmente attendibili ma, dovendo comunque fornire strumentidi pianificazione a lungo termine, un dato risultò fondamentale per lefuture progettazioni: la flessibilità.Un passo significativo è infatti quello che puntualizza l'importanza della«...capacità di adattamento della scuola alle mutevoli esigenze della vitasociale e del mondo della produzione. Le nuove strutture non potrannoessere perfette, ma dovranno esser congegnate in modo da prestarsi afrequenti ed agevoli aggiornamenti. Si pensi solo alla evoluzione deisettori tecnologici, al regredire di certe fonti di energia (carbone ad es.)e al progredire di altre (petrolio), al rapido svilupparsi di nuove industrie,al sorgere e al fiorire di nuovi rami della scienza, per convincersi dellanecessità di dare alla Scuola strutture quanto mai flessibili. In un mondoin piena trasformazione nel quale il campo dello scibile si estende digiorno in giorno, la istruzione è obbligata a rivedere continuamente isuoi programmi e i suoi metodi».«Gli altri studi della Commissione, indispensabili per pervenire ad unavalutazione del fabbisogno finanziario hanno riguardato: a) il raggruppamento degli alunni per classe; b) la dimensione razionale della scuola;c) la superficie utile per posto-alunno; d) la quantità di area totale per posto-alunno. 1) Tenendo conto delle esigenze pedagogiche e di quelle economicheed urbanistiche si sono indicati i seguenti limiti di raggruppamento:

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«Per questi motivi non si ha traccia, se non occasionale e rara, negliedifici scolastici e nei relativi provvedimenti dell'epoca, di esempi dovesia leggibile un tentativo di ricerca di relazione tra tipologie edilizia edindirizzi scolari, tra spazi caratteristici per nuove didattiche o per nuovitipi di attività svolte».17

Nel 1962 venne nominata, ai sensi della legge 24 luglio 1962 n. 1073,una Commissione sulla pubblica istruzione, sul cui lavoro fu richiestodal Ministero un parere del C.N.E.L. (Comitato Nazionale sull'economiae sul Lavoro).Nella relazione del C.N.E.L. redatta nel 1964 si definirono «impressio-nanti» le carenze dell'edilizia scolastica in Italia e si pose il problema di«interventi massicci» necessari per migliorare la situazione.18

In entrambi i casi le indagini, eseguite a campione, non riuscirono a for-nire dati realmente attendibili ma, dovendo comunque fornire strumentidi pianificazione a lungo termine, un dato risultò fondamentale per lefuture progettazioni: la flessibilità.Un passo significativo è infatti quello che puntualizza l'importanza della«...capacità di adattamento della scuola alle mutevoli esigenze della vitasociale e del mondo della produzione. Le nuove strutture non potrannoessere perfette, ma dovranno esser congegnate in modo da prestarsi afrequenti ed agevoli aggiornamenti. Si pensi solo alla evoluzione deisettori tecnologici, al regredire di certe fonti di energia (carbone ad es.)e al progredire di altre (petrolio), al rapido svilupparsi di nuove industrie,al sorgere e al fiorire di nuovi rami della scienza, per convincersi dellanecessità di dare alla Scuola strutture quanto mai flessibili. In un mondoin piena trasformazione nel quale il campo dello scibile si estende digiorno in giorno, la istruzione è obbligata a rivedere continuamente isuoi programmi e i suoi metodi».«Gli altri studi della Commissione, indispensabili per pervenire ad unavalutazione del fabbisogno finanziario hanno riguardato: a) il raggruppamento degli alunni per classe; b) la dimensione razionale della scuola;c) la superficie utile per posto-alunno; d) la quantità di area totale per posto-alunno. 1) Tenendo conto delle esigenze pedagogiche e di quelle economicheed urbanistiche si sono indicati i seguenti limiti di raggruppamento:

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- grado preparatorio 20-35 alunni per classe - scuola elementare 20-30 alunni per classe - scuola di 2° e 3° grado 25-30 alunni per classe 2) Quanto all'aggruppamento di più classi nella stessa scuola, si è indi-cata una dimensione corrispondente al minimo livello di efficienza eduna ampiezza consentita dalle esigenze della funzionalità didattica, so-ciale ed igienica».Finalmente l'attenzione dei progettisti non venne diretta solo al rispettodi condizioni igieniche ma a considerazioni di carattere pedagogico,quale la differenza del numero di alunni per classe a seconda dell'età edella necessità di apprendimento. Questo sottolineava il definitivo ab-bandono, almeno su carta, dell'insegnamento puramente frontale, chenon richiedeva limiti sul numero di discenti, il cui solo compito era diascoltare.A proposito del costo della costruzione di nuove scuole una soluzioneche pareva non ancora sfruttata era l'industrializzazione, per questo laCommissione propose l'istituzione di un «Centro normativo per la in-dustrializzazione e tipizzazione dell'edilizia scolastica» (C.N.I.T.E.S.)con il compito di avviare ad un vero processo di industrializzazione, enon limitarsi a favorire la prefabbricazione standardizzata di organisminon funzionali. La Commissione propose inoltre, vista la situazione amministrativa-mente complessa e che fino a quegli anni non aveva dato buoni risultati,l'introduzione di un nuovo organismo, l'Azienda Statale per l'ediliziascolastica, che avrebbe dovuto in parte risolvere i problemi legati allaeccessiva complessità e frammentarietà delle competenze ed inoltreavrebbe assorbito «gli organismi di studio e normativi attualmente esi-stenti presso i due Dicasteri competenti nonché quelli di nuova istitu-zione fra i quali sono indicati: - un Comitato normativo con azione continua per lo studio dei regola-menti; - un Centro normativo per la tipizzazione e l'industrializzazione del-l'edilizia scolastica; - un Centro di aggiornamento della metodologia delle rilevazioni dellesituazioni locali e delle loro esigenze; -un Centro per la riqualificazione ed il controllo sulla manutenzione

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degli edifici esistenti».Tale azienda non fu mai realizzata ma alla Commissione si deve il con-cretizzarsi di alcuni punti fondamentali:- emanazione di una legge organica per tutta la materia;- il finanziamento diretto e totale per l'edilizia scolastica da parte delloStato;- l'istituzione di un ente che assistesse nella costruzione delle scuole(l'.S.E.S.);- le nuove norme Tecniche edilizie per il settore.Il lavoro della Commissione fu inoltre utile ad avviare quel processo di«de-specializzazione planimetrica» che neanche l'ampio dibattito deglianni cinquanta era riuscito ad innescare.Dunque finalmente «cavità nitide e fluenti, vaste e luminose, presero ilposto di vani angusti, gerarchicamente ordinati secondo sequenze stati-che e prescrittive». 19

La tecnica della prefabbricazione sembrò perfettamente adatta per rag-giungere questi obiettivi, oltre a permettere di ridurre tempi e costi direalizzazione, almeno così pensavano in molti.Il 1° giugno del 1962 venne indetto un appalto concorso, che prevedevain un primo momento la qualificazione dei sistemi di costruzione a ele-menti modulari proposti dalle Ditte partecipanti e successivamente l’ag-giudicazione delle opere finanziate dal Ministero e consistenti in 339edifici scolastici da realizzare in 35 province italiane. Furono invitate108 ditte e soltanto 24 superarono la prima fase di selezione.Tra queste 21 ebbero poi l’incarico ad eseguire le opere sotto la Dire-zione dei Lavori eseguita direttamente dall’Istituto di Sviluppo dell’Edi-lizia Sociale (ISES). Le ditte selezionate, come riportato sui Quadernidel Centro Studi n° 4-5 anno 1965, furono: Bini; Bortolaso, Ceto medio,Comansinder, Coprefel, Edilplast, Elp, Feal, Grassetto, Greppi, IPI,IRCOM, Pasotti, Pollice, Saira, Salvit, Siaro, Spred (Laingmet), Spred(Gaburri), Tecnosider, Vibrocemento.Un tentativo, non riuscito fino in fondo, di incentivare le tecniche diprefabbricazione fu l'emanazione della Circolare del Ministero dei La-vori Pubblici 6 maggio 1965, n. 5112 "Disposizioni in materia di costru-zione di edifici scolastici ad elementi modulari prefabbricati", con laquale si stanziavano 20.000 milioni di lire per la costruzione di scuole

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degli edifici esistenti».Tale azienda non fu mai realizzata ma alla Commissione si deve il con-cretizzarsi di alcuni punti fondamentali:- emanazione di una legge organica per tutta la materia;- il finanziamento diretto e totale per l'edilizia scolastica da parte delloStato;- l'istituzione di un ente che assistesse nella costruzione delle scuole(l'.S.E.S.);- le nuove norme Tecniche edilizie per il settore.Il lavoro della Commissione fu inoltre utile ad avviare quel processo di«de-specializzazione planimetrica» che neanche l'ampio dibattito deglianni cinquanta era riuscito ad innescare.Dunque finalmente «cavità nitide e fluenti, vaste e luminose, presero ilposto di vani angusti, gerarchicamente ordinati secondo sequenze stati-che e prescrittive». 19

La tecnica della prefabbricazione sembrò perfettamente adatta per rag-giungere questi obiettivi, oltre a permettere di ridurre tempi e costi direalizzazione, almeno così pensavano in molti.Il 1° giugno del 1962 venne indetto un appalto concorso, che prevedevain un primo momento la qualificazione dei sistemi di costruzione a ele-menti modulari proposti dalle Ditte partecipanti e successivamente l’ag-giudicazione delle opere finanziate dal Ministero e consistenti in 339edifici scolastici da realizzare in 35 province italiane. Furono invitate108 ditte e soltanto 24 superarono la prima fase di selezione.Tra queste 21 ebbero poi l’incarico ad eseguire le opere sotto la Dire-zione dei Lavori eseguita direttamente dall’Istituto di Sviluppo dell’Edi-lizia Sociale (ISES). Le ditte selezionate, come riportato sui Quadernidel Centro Studi n° 4-5 anno 1965, furono: Bini; Bortolaso, Ceto medio,Comansinder, Coprefel, Edilplast, Elp, Feal, Grassetto, Greppi, IPI,IRCOM, Pasotti, Pollice, Saira, Salvit, Siaro, Spred (Laingmet), Spred(Gaburri), Tecnosider, Vibrocemento.Un tentativo, non riuscito fino in fondo, di incentivare le tecniche diprefabbricazione fu l'emanazione della Circolare del Ministero dei La-vori Pubblici 6 maggio 1965, n. 5112 "Disposizioni in materia di costru-zione di edifici scolastici ad elementi modulari prefabbricati", con laquale si stanziavano 20.000 milioni di lire per la costruzione di scuole

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dell'obbligo con sistemi di prefabbricazione, ri-manendo a solo carico dei comuni le fornituredelle aree idonee per le costruzioni. Nel testosi sottolineava che «siffatti sistemi di costru-zioni sono ormai da considerarsi alla stregua diquelli tradizionali».Si legge inoltre sulla circolare : «allo stato at-tuale la prefabbricazione “per componenti” sipresenta come la tecnica costruttiva più ade-guata alle esigenze di una produzione in seriedi singoli elementi costruttivi; si tende cioè asvincolarsi da sistemi e procedimenti che for-niscono l’edificio interamente prefabbricato,orientandosi verso la realizzazione di compo-nenti edilizi (struttura portante, pannelli di pa-rete, di solaio, blocchi impianti) secondo

differenziati standards qualitativi e con il carattere della universalità diimpiego […]» .A questa Circolare seguì un secondo appalto Concorso per la costru-zione di 26 edifici scolastici.I concetti della Circolare del 1965 furono ulteriormente ribaditi nellaCircolare del 1966, n. 2345, nella quale si legge che «in relazione allaevoluzione in atto delle moderne tecniche costruttive, che le costruzioniin generale e quelle scolastiche in particolare, eseguite con il metododella prefabbricazione oltre a presentare le medesime garanzie di duratae di solidità delle costruzioni tradizionali, offrono vantaggi per quantoriguarda la rapidità di costruzione e le caratteristiche di finitura, per cuiesse possono competere con quelle tradizionali su un piano di parità direquisiti statici, fisico-tecnici e di strutturazione architettonica» sottoli-neando però che «sono da escludere mere forniture di elementi o insiemedi elementi prefabbricati».Erano ammissibili invece progetti di edifici completi e funzionali, cheprevedevano anche l'impiego parziale di elementi prefabbricati. In talcaso erano sempre da assicurare «stabilità statica, durevolezza e confortoabitativo, come in ogni altra costruzione per uso scolastico».Il punto debole della legge riguardava l'esclusivo uso della prefabbri-

Fig. 7- Copertina del qua-derno del Centro Studi sul-l’Edilizia Scolastica sullaPrefabbricazione

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cazione, e non, come aveva consigliato il Centro Studi, la sperimenta-zione "anche" della prefabbricazione, ma non solo. In tal modo sembròun modo affinchè il Centro Studi diventasse un «involontario strumentodelle industrie per sperimentare i loro stessi sistemi».20

In seguito all'emanazione della legge ventiquattro sistemi costruttivi fu-rono scelti dal centro Studi Edilizia Scolastica per la costruzione dellescuole, ciascuno appartenente ad una ditta che avrebbe poi realizzatol'edificio, sotto la direzione dei lavori ed il controllo tecnico dell'I.S.E.S,ente per lo sviluppo dell'edilizia sociale.Si intuì subito che era necessario studiare dei sistemi ad hoc per gli edi-fici scolastici, con la preferenza rivolta al più flessibile ciclo aperto eprefabbricazione leggera.L'arch. Pellegrin fu uno dei protagonisti di questo momento, ed accolsefavorevolmente la nuova tendenza di una scuola dove scoprire ed impa-rare piuttosto che ascoltare, con l'adozione, nei suoi numerosi progettidi scuole di grado differente, di spazi fluidi e flessibili, proprio graziead un uso diffuso di tecniche di prefabbricazione.Nella scuola elementare progettata da Pellegrin e realizzata dalla dittaBertolaso l'innovazione fu perseguita sia sul fronte funzionale che co-struttivo: la scuola, su due elevazioni, ruota attorno ad ambienti comuni,così le aule occupano uno spazio quasi secondario.La scuola costituì un esempio anche dal punto di vista costruttivo, unuso della prefabbricazione «non impacciato»21 ma creativo, grazie alleampie luci realizzate ed alla perfetta integrazione tra parti realizzate inopera e parti prefabbricate.Altro esempio di prototipo realizzato dall'arch. Pellegrin fu la scuola diCutro, dove il piano terra è del tutto libero e le aule si trovano integral-mente al primo piano. Dunque un'apertura verso la flessibilità visto cheil piano terra si può modificare continuamente con l'arredo.La flessibilità diventò protagonista, anche nella elaborazione delle nuovenorme, ed influenzò inevitabilmente anche i criteri costruttivi: necessitàdi ampi spazi, possibilità di spostare le tramezzature, soffitti e pavimenticontinui, ecc..La prefabbricazione sembrava fornire gli strumenti per soddisfare questeesigenze distributive, oltre a permettere, a livello produttivo, l'impiegodi componenti normalizzati di grande serie e l'utilizzazione massima dei

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cazione, e non, come aveva consigliato il Centro Studi, la sperimenta-zione "anche" della prefabbricazione, ma non solo. In tal modo sembròun modo affinchè il Centro Studi diventasse un «involontario strumentodelle industrie per sperimentare i loro stessi sistemi».20

In seguito all'emanazione della legge ventiquattro sistemi costruttivi fu-rono scelti dal centro Studi Edilizia Scolastica per la costruzione dellescuole, ciascuno appartenente ad una ditta che avrebbe poi realizzatol'edificio, sotto la direzione dei lavori ed il controllo tecnico dell'I.S.E.S,ente per lo sviluppo dell'edilizia sociale.Si intuì subito che era necessario studiare dei sistemi ad hoc per gli edi-fici scolastici, con la preferenza rivolta al più flessibile ciclo aperto eprefabbricazione leggera.L'arch. Pellegrin fu uno dei protagonisti di questo momento, ed accolsefavorevolmente la nuova tendenza di una scuola dove scoprire ed impa-rare piuttosto che ascoltare, con l'adozione, nei suoi numerosi progettidi scuole di grado differente, di spazi fluidi e flessibili, proprio graziead un uso diffuso di tecniche di prefabbricazione.Nella scuola elementare progettata da Pellegrin e realizzata dalla dittaBertolaso l'innovazione fu perseguita sia sul fronte funzionale che co-struttivo: la scuola, su due elevazioni, ruota attorno ad ambienti comuni,così le aule occupano uno spazio quasi secondario.La scuola costituì un esempio anche dal punto di vista costruttivo, unuso della prefabbricazione «non impacciato»21 ma creativo, grazie alleampie luci realizzate ed alla perfetta integrazione tra parti realizzate inopera e parti prefabbricate.Altro esempio di prototipo realizzato dall'arch. Pellegrin fu la scuola diCutro, dove il piano terra è del tutto libero e le aule si trovano integral-mente al primo piano. Dunque un'apertura verso la flessibilità visto cheil piano terra si può modificare continuamente con l'arredo.La flessibilità diventò protagonista, anche nella elaborazione delle nuovenorme, ed influenzò inevitabilmente anche i criteri costruttivi: necessitàdi ampi spazi, possibilità di spostare le tramezzature, soffitti e pavimenticontinui, ecc..La prefabbricazione sembrava fornire gli strumenti per soddisfare questeesigenze distributive, oltre a permettere, a livello produttivo, l'impiegodi componenti normalizzati di grande serie e l'utilizzazione massima dei

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mezzi di trasporto e montaggio.Dunque vantaggi sotto diversipunti di vista. Un altro professio-nista che si appassionò all'usodella prefabbricazione ed alla ri-cerca di soluzioni spaziali nuove eflessibili fu Gino Valle, collaboròcon la Valdadige, per la progetta-zione di sistemi prefabbricati perl'edilizia scolastica. Il sistema, denominato PTK, fustudiato dall'architetto in collabo-razione con la ditta e sperimentato

sull'edilizia scolastica, con l'intenzione di definire un procedimento co-struttivo «vitale»22 cioè concepito con la possibilità di evolversi ed adat-tarsi alle esigenze che mutano nel tempo.L'unico vincolo è il rispetto del modulo nella progettazione, che per-mette comunque l'organizzazione planimetrica della scuola basata su“contenitori base”23, cioè ambienti dove si svolgono analoghe attività,da coordinare in funzione dei programmi scolastici e del sito di costru-zione.Questi contenitori sono costituiti dal nucleo didattico, la palestra conservizi annessi e la mensa con accessori e tutti comunicano tra loro conpercorsi esterni coperti, soddisfacendo anche all'esigenza di scuola come

Fig. 8, 9- Scuole progettate dall’arch. Pel-legrin, colle Morino e Cutro

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porzione di tessuto urbano, apertaverso l'esterno e in grado di am-pliarsi e trasformarsi.Il vano centrale, a doppia altezza,assume, oltre alla funzione di rac-

cordo, anche la funzione di spazio per attività integrative e parascola-stiche, fornendo ai bambini la possibilità di sperimentare ed apprendereanche attraverso la fruizione di differenti spazi, così come auspicavanoi pedagogisti. Il già citato arch. Pellegrin è anche noto per la sua colla-borazione con il Centro Studi per la redazione di alcuni progetti cheavrebbero rappresentato un documento ed un utile esempio per i proget-tisti, in quanto innovativi sia nelle scelte tipologiche che nelle soluzionicostruttive.Per quanto riguarda le scuole elementari il progetto realizzato fu quellodella scuola di Segrate, un edificio composto da un unico corpo rettan-golare articolato in diversi livelli che ne definiscono gli ambienti e lefunzioni. Le aule sono tutte poste al primo piano ed il disimpegno af-faccia direttamente sulla "piazza" che costituisce il piano terra. La di-stribuzione rispecchia perfettamente quella divisioni in cicli che saràoggetto di futuri studi e riforme.Sportelloni ed armadi ruotanti rappresentano le soluzioni per la flessi-bilità richiesta.Nonostante l'impegno ed i buoni risultati raggiunti in alcuni progetti erealizzazioni, la prefabbricazione in Italia stentò a decollare, soprattuttoper il timore che potesse in qualche modo limitare la libertà del proget-tista. Così a cavallo tra gli anni sessanta e settanta si assistette senza dub-bio ad una evoluzione nei cantieri dell'edilizia scolastica, dal cantieretradizionale degli anni cinquanta ad un cantiere più evoluto per orga-

Fig. 10, 11 - Altre due immagini di rea-lizzazioni dell’arch. Pellegrin.

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porzione di tessuto urbano, apertaverso l'esterno e in grado di am-pliarsi e trasformarsi.Il vano centrale, a doppia altezza,assume, oltre alla funzione di rac-

cordo, anche la funzione di spazio per attività integrative e parascola-stiche, fornendo ai bambini la possibilità di sperimentare ed apprendereanche attraverso la fruizione di differenti spazi, così come auspicavanoi pedagogisti. Il già citato arch. Pellegrin è anche noto per la sua colla-borazione con il Centro Studi per la redazione di alcuni progetti cheavrebbero rappresentato un documento ed un utile esempio per i proget-tisti, in quanto innovativi sia nelle scelte tipologiche che nelle soluzionicostruttive.Per quanto riguarda le scuole elementari il progetto realizzato fu quellodella scuola di Segrate, un edificio composto da un unico corpo rettan-golare articolato in diversi livelli che ne definiscono gli ambienti e lefunzioni. Le aule sono tutte poste al primo piano ed il disimpegno af-faccia direttamente sulla "piazza" che costituisce il piano terra. La di-stribuzione rispecchia perfettamente quella divisioni in cicli che saràoggetto di futuri studi e riforme.Sportelloni ed armadi ruotanti rappresentano le soluzioni per la flessi-bilità richiesta.Nonostante l'impegno ed i buoni risultati raggiunti in alcuni progetti erealizzazioni, la prefabbricazione in Italia stentò a decollare, soprattuttoper il timore che potesse in qualche modo limitare la libertà del proget-tista. Così a cavallo tra gli anni sessanta e settanta si assistette senza dub-bio ad una evoluzione nei cantieri dell'edilizia scolastica, dal cantieretradizionale degli anni cinquanta ad un cantiere più evoluto per orga-

Fig. 10, 11 - Altre due immagini di rea-lizzazioni dell’arch. Pellegrin.

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nizzazione e macchinaripesanti che sostituivanouna manodopera che ini-ziava a diventare carente.Ma ciò non raggiunse ne-anche lontanamente i li-velli delle altre nazioni,dove la prefabbricazionepermise interi programmidi edificazione pubblica.Tra le motivazioni una èinsita nelle motivazionistesse dell'uso della prefab-bricazione: gli altri paesine avevano tratto indubbiovantaggio per la riduzionedi tempi, costi e manodo-pera. Malgrado tutto l'at-tenzione per la

Fig. 13, 14 - Progetti della ditta Valdadige, pianta e sezione costruttiva

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prefabbricazione incentivò riflessioni e dibattiti anche sulla distribuzionefunzionale, ed aiutò il percorso verso spazi “attivizzanti”.Il 1968 è ricordato come un periodo di sconvolgimenti culturali e sociali,che diede l’avvio ad un nuovo approccio metodologico nella risoluzionedei problemi, anche quelli riguardanti l’educazione.Infatti il 1968 lasciò il segno per la definitiva affermazione di un ap-proccio di analisi critica all’educazione ed alla pedagogia, la rivolta stu-dentesca infatti mise in discussione tutti i metodi sino ad allora applicati,non senza l’influenza di fattori politici e sociali. La famiglia entrò nei dibattiti sulla pedagogia e sulla società, la nuovaistituzione della scuola materna gratuita a servizio dei genitori che la-voravano rappresentò uno dei risultati concreti.Nel D.P.R. n. 647 del 10.09.1969 “Orientamenti dell’attività educativanelle Scuole Materne Statali 3. Scuola e famiglia, necessità della scuolamaterna nella società attuale” si affrontò il tema dell’educazione deibambini in età prescolare con una visione più ampia, rivolta alla societàed allo sviluppo della personalità dei bambini, dedicando particolari at-tenzioni anche alle caratteristiche fisiche degli edifici scolastici.Gli anni Settanta furono caratterizzati da intensi dibattiti sulla scuolapubblica, testimoni di uno scambio continuo di stimoli e condiziona-menti reciproci tra società e scuola.L'anno 1970 era stato designato dalle Nazioni unite "Anno Internazio-

nale dell'istruzione”, el'Italia, con altri paesimembri, si era impe-gnata ad avviare unprocesso di riforma erinnovamento. Ma, pa-radossalmente, per ca-renze amministrative,quali il mancato alli-neamento delle ammi-nistrazioni alledimensioni assunte dalfenomeno carenza nel-

Fig. 15 - Manifestazione delle famiglie per i doppi turni

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prefabbricazione incentivò riflessioni e dibattiti anche sulla distribuzionefunzionale, ed aiutò il percorso verso spazi “attivizzanti”.Il 1968 è ricordato come un periodo di sconvolgimenti culturali e sociali,che diede l’avvio ad un nuovo approccio metodologico nella risoluzionedei problemi, anche quelli riguardanti l’educazione.Infatti il 1968 lasciò il segno per la definitiva affermazione di un ap-proccio di analisi critica all’educazione ed alla pedagogia, la rivolta stu-dentesca infatti mise in discussione tutti i metodi sino ad allora applicati,non senza l’influenza di fattori politici e sociali. La famiglia entrò nei dibattiti sulla pedagogia e sulla società, la nuovaistituzione della scuola materna gratuita a servizio dei genitori che la-voravano rappresentò uno dei risultati concreti.Nel D.P.R. n. 647 del 10.09.1969 “Orientamenti dell’attività educativanelle Scuole Materne Statali 3. Scuola e famiglia, necessità della scuolamaterna nella società attuale” si affrontò il tema dell’educazione deibambini in età prescolare con una visione più ampia, rivolta alla societàed allo sviluppo della personalità dei bambini, dedicando particolari at-tenzioni anche alle caratteristiche fisiche degli edifici scolastici.Gli anni Settanta furono caratterizzati da intensi dibattiti sulla scuolapubblica, testimoni di uno scambio continuo di stimoli e condiziona-menti reciproci tra società e scuola.L'anno 1970 era stato designato dalle Nazioni unite "Anno Internazio-

nale dell'istruzione”, el'Italia, con altri paesimembri, si era impe-gnata ad avviare unprocesso di riforma erinnovamento. Ma, pa-radossalmente, per ca-renze amministrative,quali il mancato alli-neamento delle ammi-nistrazioni alledimensioni assunte dalfenomeno carenza nel-

Fig. 15 - Manifestazione delle famiglie per i doppi turni

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l'edilizia scolastica, l'Italia si trovò nell'impossibilità tecnica di spenderei fondi assegnati in bilancio. La conseguenza fu che l'Organizzazioneper la cooperazione e lo sviluppo economico (OCDE) definì di «inquie-tante incoerenza» l'azione italiana in questo settore.Così, mentre da una parte la società si batteva per la scuola quale dirittoper tutti ottenendo un aumento importante della popolazione scolastica,dall'altra il risultato era puramente demagogico, mancando di fatto lestrutture.La celebre "Lettera ad una professoressa" del 196724 scosse l'opinionepubblica riguardo l'opportunità di rendere la scuola più adatta ad acco-gliere istanze differenti, soprattutto quelle provenienti dalle famiglieoperaie e contadine, i cui figli, secondo la lettera, venivano discriminatida un sistema scolastico che "lasciava indietro" i più poveri e di famiglieculturalmente inferiori.La proposta era di inserire lezioni in aggiunta per gli allievi che neces-sitavano di maggiori ausili nell'apprendimento, con il tempo pieno, inmaniera da poter negli anni allineare la loro preparazione a quella deifigli delle famiglie abbienti, che potevano contare su stimoli culturaliquotidiani nettamente superiori.Il 1975 vide l'emanazione di nuove regolamentazioni, con le quali sicercò di inserire delle indicazioni che attingevano al precedente ampiodibattito sulla scuola, le pedagogia e la formazione dell'allievo. Molta attenzione fu dedicata al contesto circostante ed alla negazionedella visione, tristemente diffusa in passato, dell'edificio scolastico come"isola" estranea al contesto cittadino circostante, «allo scopo di garan-tire, per qualunque tipo di scuola, indipendentemente dalla localizza-zione e dimensione, un massimo di relazioni che permettano a tutti gliallievi, senza distinzione di provenienza e di ceto, di istruirsi, nelle mi-gliori condizioni ambientali ed educative, ogni edificio scolastico vaconsiderato parte di un "continuum" educativo, inserito in un contestourbanistico e sociale, e non come entità autonoma».25

Questo concetto derivava dalla precedente legge 30.07.1973 n. 477 cheampliava la funzione della scuola, dove non si attuava più soltanto ladiffusione della cultura ma «il continuo ed autonomo processo di ela-borazione di essa [...] per il pieno sviluppo della personalità dell'alunno[...]».

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E' inoltre evidente la volontà di lasciare maggiore libertà progettualepurchè sia finalizzata ad un'ottimizzazione della qualità del progetto del-l'edificio, così prima delle indicazioni più specificamente dimensionalisi legge: «Premesso che la scuola deve disporre di un minimo di servizie di attrezzature affinché il processo educativo sia efficiente...».Inoltre un passo interessante cita: «Per quanto riguarda la morfologiadell'edificio, si stabiliva quanto segue:1) l'edificio, qualunque sia l'età degli alunni e il programma didattico,sarà concepito come un organismo architettonico omogeneo e non comeuna semplice addizione di elementi spaziali, contribuendo così allo svi-luppo della sensibilità dell'allievo e diventando esso stesso strumento dicomunicazione e quindi di conoscenza per chi lo usa;2) la disposizione, la forma, la dimensione e le interrelazioni degli spaziscolastici saranno concepiti in funzione:a) dell'età degli alunni, delle attività che vi si svolgono, degli effettiviche ne usufruiscono;b) delle unità pedagogiche determinate dai tipi di insegnamento e daimetodi pedagogici, e formate sia dal singolo alunno, come unità fonda-mentale, che da gruppi più o meno rumorosi, fino a comprendere l'interacomunità scolastica;c) della utilizzazione ottimale degli spazi previsti (superfici costruite) edei sussidi didattici, compresi gli audiovisivi; [...]».La flessibilità d'uso e la possibilità di adattamenti nel tempo sono viva-mente consigliati e per la prima volta l'attenzione venne rivolta agli al-lievi con «minorazione fisica», che devono poter accedere a tutti i servizie gli ambienti.La "classe" rappresentava il raggruppamento convenzionale secondo iprogrammi ministeriali, ma "l'aula" spazio fino a quel momento atto adospitare la classe, doveva assumere una diversa accezione a secondadelle fasce d'età e doveva permettere «nuove articolazioni»per seguirenuovi programmi e «la formazione di nuove unità pedagogiche».La legge del 1975 e relativo regolamento diedero un importante contri-buto al settore, avviando un lento processo di rinnovamento nella con-cezione dell'edificio scolastico e della sua progettazione, oltre acontribuire a ridurre gli aspetti critici di quegli anni legati al degrado edall'insufficienza di un patrimonio edilizio così importante per una na-

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E' inoltre evidente la volontà di lasciare maggiore libertà progettualepurchè sia finalizzata ad un'ottimizzazione della qualità del progetto del-l'edificio, così prima delle indicazioni più specificamente dimensionalisi legge: «Premesso che la scuola deve disporre di un minimo di servizie di attrezzature affinché il processo educativo sia efficiente...».Inoltre un passo interessante cita: «Per quanto riguarda la morfologiadell'edificio, si stabiliva quanto segue:1) l'edificio, qualunque sia l'età degli alunni e il programma didattico,sarà concepito come un organismo architettonico omogeneo e non comeuna semplice addizione di elementi spaziali, contribuendo così allo svi-luppo della sensibilità dell'allievo e diventando esso stesso strumento dicomunicazione e quindi di conoscenza per chi lo usa;2) la disposizione, la forma, la dimensione e le interrelazioni degli spaziscolastici saranno concepiti in funzione:a) dell'età degli alunni, delle attività che vi si svolgono, degli effettiviche ne usufruiscono;b) delle unità pedagogiche determinate dai tipi di insegnamento e daimetodi pedagogici, e formate sia dal singolo alunno, come unità fonda-mentale, che da gruppi più o meno rumorosi, fino a comprendere l'interacomunità scolastica;c) della utilizzazione ottimale degli spazi previsti (superfici costruite) edei sussidi didattici, compresi gli audiovisivi; [...]».La flessibilità d'uso e la possibilità di adattamenti nel tempo sono viva-mente consigliati e per la prima volta l'attenzione venne rivolta agli al-lievi con «minorazione fisica», che devono poter accedere a tutti i servizie gli ambienti.La "classe" rappresentava il raggruppamento convenzionale secondo iprogrammi ministeriali, ma "l'aula" spazio fino a quel momento atto adospitare la classe, doveva assumere una diversa accezione a secondadelle fasce d'età e doveva permettere «nuove articolazioni»per seguirenuovi programmi e «la formazione di nuove unità pedagogiche».La legge del 1975 e relativo regolamento diedero un importante contri-buto al settore, avviando un lento processo di rinnovamento nella con-cezione dell'edificio scolastico e della sua progettazione, oltre acontribuire a ridurre gli aspetti critici di quegli anni legati al degrado edall'insufficienza di un patrimonio edilizio così importante per una na-

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zione. Uno degli aspetti fondamentali fu l'introduzione del concetto diperformance approach, che aiutò l'Italia ad allinearsi a quel processo ditrasformazione ed aggiornamento già da tempo avviato nel resto del-l'Europa occidentale.Una realizzazione emblematica che racchiude in sè molti aspetti del di-battito fu la scuola elementare di Fagnano Olona progettata da AldoRossi, nella quale si riscontrano quegli elementi cardine (l'organizza-zione delle aule intorno ad una "piazza" centrale, la flessibilità delle aulespeciali dotate di setti mobili, gli spazi esterni per svolgervi attività col-lettive), che aprirono la strada verso una nuova era di progettazione dellescuole in tutto il paese.Negli anni che seguirono i programmi scolastici videro realizzarsi quel-l'apertura verso la "scuola di massa" ed in particolare in quelli del 1985si realizzò «la migliore espressione dell'idea di funzionamento dellascuola italiana dall'unità d'Italia».29

L'apertura riguardò le persone con disabilità fisiche attraverso l'adegua-mento delle strutture e gli sforzi per rendere la scuola sempre più inclu-siva.Con l'attenzione poi rivolta verso la sicurezza il cammino normativoportò inevitabilmente verso nuove norme, Legge 11 gennaio 1996 n. 23Norme per l'edilizia scolastica, che promossero l'adeguamento di tuttele scuole a condizioni di igiene, sicurezza ed agibilità ed istituironoun'Anagrafe dell'edilizia scolastica ed un Osservatorio per l'edilizia sco-lastica.Molte proposte miravano in maniera evidente alla costruzione di banchedati ed al raggiungimento di quella conoscenza che fornisse la base ne-cessaria all'implementazione delle strutture, nell'ottica di un sistema chedi anno in anno avrebbe introdotto, è così è stato, nuovi vincoli e nuoveesigenze.

Note1. Carbonara P., Edifici per l’istruzione, Antonio Vallardi, Milano, 1947.2. D.M. del 9 febbraio 1945 n.459 e D.L.gt 24 maggio 1945 n.549.3. Carbonara P., op.cit..4. Roncacci A., Iannaccone R., L'indagine sulle Opere Pubbliche dalla costi-tuzione dell'Istituto Centrale di Statistica ai giorni nostri, Contributi e Docu-