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Ai miei genitori, Virginia e Guido,
per ognuno dei quali posso dire:
“Obiit sed non abiit”.
2
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
Corso di laurea in Filosofia
Contributo per una interpretazione
filosofica dell’opera di Franz Reuleaux
Relatore Prof. GIOVANNI MICHELI
Correlatore Prof. RENATO PETTOELLO
Tesi di laurea di ROBERTO BRAGASTINI
Matr. N° 420524
30 aprile 2003 a. a. 2001-2002
3
La più grande disgrazia che possa
capitare ad un uomo è quella di non
essere utile ad alcuno.
Le plus grand malheur qui puisse arriver à un
homme, est de n‘être utile à personne.
The greatest misfortune that can happen to
a man is to be of no use anyone.
Das größte Unglück für einen Man
ist: Niemandem nützlich zu sein.
Raoul Follereau
(1903-1977)
4
INDICE
Ringraziamenti
Premessa dell‘autore
Presentazione e introduzione
Cap. I Franz Reuleaux
Cap. II Teoria generale delle macchine e interpretazione
Cap. III I ―modelli‖ di Franz Reuleaux
Cap. IV Linguaggio simbolico cinematico
Cap. V La macchina
Cap. VI Uno sguardo alle macchine
Cap. VII Cultura e tecnica
Cap. VIII Franz Reuleaux e la filosofia
Cap. IX Analisi e sintesi della macchina
Cap. X Il linguaggio dell‘invenzione
Cap. XI Il ―triangolo‖ e l‘―attuatore a fluido‖ di Reuleaux
Cap. XII La ―collezione Franz Reuleaux‖
Postfazione
Appendici:
a. I cinematismi animali
b. Giuseppe Colombo, il traduttore e i suoi collaboratori
Riferimenti bibliografici:
a. Bibliografia di Franz Reuleaux
b. Testi di Reuleaux letti e consultati per la tesi
c. Bibliografia delle fonti di Reuleaux
d. Fonti di studio per la stesura della tesi
e. Testi ausiliari
Elenco delle tavole
5
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio particolarmente il prof. Giovanni Micheli, del Dipartimento
di Filosofia della Università statale di Milano e titolare della disciplina
―Storia della Scienza‖ che mi ha proposto la tesi di laurea (senza la
quale, come ingegnere meccanico, non avrei saputo quanto gli inge-
gneri debbano a Franz Reuleaux) e che mi ha pazientemente seguito
nella stesura con consigli, suggerimenti e correzioni; ringrazio anche il
Prof. Renato Pettoello, correlatore e cortese e attento lettore.
Un ulteriore sentito ringraziamento al Prof. Emerito Francis C. Moon,
direttore del Dipartimento di Ingegneria meccanica ed aerospaziale
della Cornell University di Ithaca, New York, non solo per l‘aiuto ma
anche per la qualità e quantità del materiale fornito che è stato deter-
minante per la completezza della tesi. Sono stato anche fortunato di
aver avuto accesso alla ―Collezione Franz Reuleaux‖ durante il sog-
giorno presso la Cornell University e ringrazio per la collaborazione la
gentile signora June Meyermann, segretaria del Dipartimento di Mec-
canica.
Il signor Sebastian Remberger merita un sincero ringraziamento per la
concessione d‘uso e doverosi complimenti per il suo fondamentale,
utilissimo lavoro sulle opere di Franz Reuleaux (v. Riferimenti biblio-
grafici e Cap. I).
E sono grato dell‘aiuto fornito al: Prof. Hanfried Kerle del Diparti-
mento di Tecnologie meccaniche all‘Università di Braunschweig;
Prof. Marco Ceccarelli del Dipartimento di Meccatronica dell‘Univer-
sità di Cassino; Prof. Ezio Iurzolla del Dipartimento di Ingegneria
meccanica dell‘Università di Padova. Per la collaborazione, le Segre-
terie delle biblioteche d‘Ingegneria di Padova, dell‘Università Statale
di Milano, dell‘Accademia di Brera di Milano, della Biblioteca centra-
6
le comunale di Milano, dell‘Istituto per la storia della Resistenza di
Sesto S. Giovanni.
Ancora un grazie cordialissimo e riconoscente a Guglielmo Duccoli,
indispensabile e prezioso amico a cui devo veramente tanto, per non
dire tutto, nella stesura di questo lavoro.
Vorrei ringraziare (in ordine alfabetico) altri che nel corso della tesi,
sia pure in modi diversi, mi hanno aiutato: Anti, Barzaghi, Fasoli,
Menna, etronio, Sortino ed anche, perché no?, Yahoo e Google. Ma,
come dicono gli inglesi, ―Errors, however, are mine‖.
7
PREMESSA DELL’AUTORE
Non sempre è facile presentare se stessi ma talvolta è necessario.
L‘autore di questa tesi “Contributo per una interpretazione filosofica
dell’opera di Franz Reuleaux” è un ingegnere meccanico (come Franz
Reuleaux), ex assistente di Disegno tecnico e di Costruzioni di Mac-
chine ed ex professore a c. di Tecnologie speciali meccaniche ed ex
direttore esecutivo di una società metalmeccanica milanese.
Pur essendo un addetto ai lavori, cioè ―machinator‖ secondo Vitruvio,
ritiene più adatta la definizione data da Jacob Leupold (figura che sarà
più nota in seguito) nella dedica alla sua opera: ―…denn was vor alten
Zeiten diese ‗mechanici‘ waren das sind heutezutage unsere ‗ingeni-
eurs‘ […] und ‗mechanicus‘ soll die Gesetze der Bewegung wissen
und verstehen wie die ausserlichen Kraefte in die Maschinen zu appli-
cieren oder die Maschinen nach der gedachten Kraefte einzurichten
wozu gehoeret dass jeder ausserlichen Kraft ihres vermoegens und Ei-
genschaften kundig…‖1 (…e dunque, ciò che nei tempi antichi erano
costoro ‗meccanici‘, ora ai nostri giorni sono i nostri ‗ingegneri‘ […] e
‗meccanico‘ è quello che deve sapere e capire le leggi del movimento
e come applicare alla macchina le forze esterne o come regolarla se-
condo le menzionate forze; cosicché egli sia pratico delle caratteristi-
che e delle possibilità di ciascuna forza applicata).
Già nella prefazione alla traduzione italiana del Mechanicorum liber
di Guidobaldo del Monte2 si trovano queste significative espressioni
che dimostrano la considerazione che si aveva per chi esercitava, ap-
punto, professioni meccaniche: ―…mechanico è vocabolo honoratis-
simo convenevole ad homo di alto affare et che si sappia con le sue
1 J. Leupold, Theatrum machinarum generale, Lipsia, 1723, Introduzione.
2 Guidobaldo del Monte, Mechanicorum liber, trad. di Filippo Pigafetta, Pisa,
1577.
8
mani et con il suo senno mandare ad esecuzione opare maravigliose a
singolare attività et diletto…‖
L‘argomento di questa tesi è stato proposto dal Prof. Giovanni Miche-
li, docente di Storia della Scienza all‘Università statale di Milano. Ov-
vio quindi, per le sopraccitate discipline acquisite dall‘autore, appro-
priarsi, con felice consenso, di una stesura ―de rebus technicis sub
specie philosophiæ‖ in chiave tecnologica. Necessaria questa premes-
sa in quanto la professione di ingegnere, esercitata fino al 1995 (do-
cente all‘Università di Padova) non può non aver privilegiato un
―esprit geometrique‖ sull‘―esprit de finesse‖ (pascalmente parlando).
Quindi sia consentita anche questa citazione di Jean Louis Vives, filo-
sofo e tutore alla corte inglese e amico di Erasmo da Rotterdam: ―Me-
lius agricolæ et fabri norunt quam ipsi philosophi‖.3
Opportuno anche un richiamo alla dialettica che si avvale di ragiona-
menti probabili nei quali la verità non sia acclarata ma possibile, vo-
lendo in questo lavoro onorare nel campo della Scienza, la Tecnica, la
Tecnologia e la Meccanica come enti a sé stanti.
L‘autore vorrebbe portare un contributo, ancorché modesto (altri l‘hanno
fatto e meglio), a dissolvere l‘idea tradizionale ed anche semplicistica
che quanto è meccanico, e quindi l‘opera dell‘ingegnere, sia subordinato
alla scienza e cioè, per non equivocare, che non sia solo e sempre una
traduzione pratica delle invenzioni (anche scoperte) scientifiche.
Tutta la tesi è dedicata ad un lavoro di un ingegnere meccanico, come
si è detto, Franz Reuleaux vissuto dal 1829 al 1905, autore di un libro
fondamentale, Cinematica teorica, e sul quale il Prof. Colombo (v.
Appendice), rettore del Politecnico di Milano scrisse, nel 1874, nella
prefazione: ―Questo libro ha intenti ben elevati ed è destinato, se non
mi inganno, a produrre una completa rivoluzione nell‘indirizzo e nei
metodi della cinematica. È una scienza nuova di cui Reuleaux getta le
3 J. L. Vives, De ratione studii puerilis, Parigi, 1531.
9
basi e che promette di essere feconda delle più inattese ed utili appli-
cazioni‖.
L‘assunto sarebbe di filosofare tecnologicamente mediante un lavoro
anche solo introduttivo che apra e non chiuda un dibattito sulle condi-
zioni di possibilità di una filosofia della tecnica e della tecnologia
(concetti ben differenti).
È importante però che l‘homo sapiens diventato homo technologicus
(come pare sia l‘attuale ma non ultimo stadio della condizione umana)
resti sapiens sapiens e che trovi nella tecnologia e nella tecnica la poe-
sia, non quella di questo o quel poeta ma la poesia: perché c‘è se la si
vuole trovare.
10
PRESENTAZIONE E INTRODUZIONE
Il presente lavoro “Contributo per una interpretazione filosofica
dell’opera di Franz Reuleaux” è costituito da finalità che sono par-
zialmente o totalmente connesse fra di loro.
La premessa introduttiva essenziale, necessaria per la comprensione di
tutte le pagine seguenti, è funzione dell‘eclettismo di Franz Reuleaux.
Come si vedrà in seguito più estesamente ma ora a titolo esemplifica-
tivo, gli argomenti ai quali ha dedicato la sua attenzione di ingegnere,
matematico, insegnante, costruttore e filosofo spaziano dal progetto di
macchine alla composizione e scomposizione delle stesse, dalla storia
delle invenzioni alla sistemazione simbolica della meccanica. È per-
tanto più che plausibile una dissertazione se proprio non a grande rag-
gio di profondità ma estesa su ampia fronte, almeno quanto lo sono gli
argomenti affrontati da Reuleaux.
Quindi le parti nelle quali sarà suddivisa la dissertazione sono indica-
tivamente le seguenti:
- esposizione dell‘opera dell‘autore (bibliografia e biografia
comprese) con riferimento ai suoi testi di carattere esclusi-
vamente cinematico e meccanico
- riflessioni sui suoi principali propositi: una completa defini-
zione della teoria generale delle macchine; una classifica-
zione degli elementi di macchine; l‘adozione di un linguag-
gio simbolico sistematico e cinematico; un approccio sulla
invenzione e sua storia, i modelli cinematici
- riferimenti connessi alla storia delle macchine, alla tecnica,
alla tecnologia ed alla meccanica
- suoi rapporti con precedenti e contemporanei
- un saggio sulle condizioni dei popoli ad alta e scarsa tecno-
logia
11
Si deve anticipare che la dissertazione tratterà elementi comuni che
potranno pertanto essere involontariamente ripetuti ed anche separati a
causa della diversità di angolazioni per lo stesso argomento. Ma sarà
organica nel suo insieme e - per usare una definizione riassuntiva nella
lingua di Franz Reuleaux - indirizzata e segnata dalla sua ―kinemati-
sche und technische Weltanschauung‖, a cui l‘autore ha praticamente
dedicato tutta la sua vita, fatta eccezione per i brevi periodi durante i
quali ha dovuto gestire l‘azienda del nonno Xaver e del padre Joseph.
In particolare, per il primo riferimento, l‘attenzione si concentrerà con
dovizia di citazioni, spunti e riassunti sul principale dei suoi numerosi
testi il cui titolo, convenientemente tradotto in italiano dal prof. ing.
Giuseppe Colombo con autorizzazione contemporanea di Reuleaux, è:
Cinematica teorica - Parte Prima: Principi fondamentali di una teoria
generale delle macchine - Parte Seconda: I rapporti pratici della ci-
nematica con la geometria e la meccanica.4
In tale opera, che abbonda di riflessioni storiche e qualcuna filosofica,
si analizza la macchina intesa come un insieme di elementi sottoposti
a forze motrici, organizzati in modo che le forze derivanti dalla natura,
costringano questi elementi a svolgere un lavoro per mezzo di specifi-
ci movimenti prestabiliti, coordinati e determinati.
È congruo che Reuleaux abbia scritto ―forze derivate dalla natura‖
perché, come esemplarmente nota il naturalista Pasini in un suo saggio
del 1934 scritto a Toronto: ―Ci sono nel mondo due fonti possenti di
forze: la natura che gelosamente le cela (e vanno scoperte) ed il genio
umano che le cerca, le svela e le applica‖.
Un elemento rilevante riguarda la collocazione storica di Reuleaux,
della sua opera svolta dal 1854 al 1899 e il giudizio circa la sua ―mo-
dernità‖. Egli scrive un‘opera totalizzante sui cinematismi (fu definito
4 F. Reuleaux, Lehrbuch der Kinematik - bd.1 - Theoretische Kinematik - Grundzüge
einer Theorie des Maschinenwesens, Braunschweig, 1875; bd.2 - Die praktischen
Beziehungen der Kinematik zu Geometrie und Mechanik - Braunschweig, 1900.
12
il ―padre della cinematica‖), anzi ne fa una scienza (―singolare‖, di-
rebbe Quine) descrivendo tutti quelli conosciuti fino allora e franca-
mente fino ad oggi e con intenti ben più elevati di una semplice de-
scrizione didattica per quanto, a questo scopo, abbia costruiti, di sua
mano e progetto, circa 800 modelli di cinematismi (per la costruzione,
come si vedrà in un prossimo capitolo, ha tratto esempi a partire da
Leonardo da Vinci, servendosi della lista di Leonardo il quale era a
sua volta risalito agli antichi). Essa rivoluziona i metodi rappresentati-
vi della cinematica presentandola e imponendola come scienza nuova,
teorizzandola e introducendo in essa uno spirito che induca a pensarla
come una composizione musicale eseguita da una orchestra i cui ele-
menti strumentali sono i cinematismi stessi.
È anche lecito dire che era un ferreo determinista che connetteva tutti i
fenomeni meccanici sotto il principio della causalità (e come poteva
essere diversamente per uno che aveva impostato tutta la sua teoria
sulle catene cinematiche, per le quali i vincoli fra un elemento ed il
successivo solo tali che il determinato movimento di uno muove i re-
stanti?); ma anche un riduzionista, il quale partendo da elementi cine-
matici (verrebbe da dire ―atomici‖) ha voluto ridurre le macchine
all‘unità, nel senso di vedere le macchine, ma ancor meglio la ―mac-
china‖, come una entità singola e contingente; ed un analitico che ri-
solve in elementi costitutivi primari la complessità della macchina ma
anche un pragmatico in senso logico che adotta nelle sue dimostrazio-
ni un rigoroso metodo cartesiano.
Da qui nasce la sua grande idea che richiede alcune considerazioni e
qualche passo indietro.
Dagli spunti di Redtenbacher5 suo professore, (che aveva affrontato la
teoria del movimento con riferimento alla ―cinematica‖ di Ampère),
Reuleaux si inserisce nell‘enorme schema di classificazione di tutte le
5 v. Cap. I - par. 3, ―Ferdinand Jacob Redtenbacher‖.
13
scienze possibili compilato da Ampère6 dove la cinematica entra nella
tradizione della trattazione geometrica dei problemi relativi alle mac-
chine, trattazione che non presta attenzione alle forze (che vengono at-
tribuite al settore della meccanica) per puntare tutto sulla analisi delle
forme del movimento. Reuleaux differisce in parte da questa posizione
perché considera le forze fuori dal contesto solo perché le parti della
macchina sono per progetto dotate di sufficiente resistenza alle solle-
citazioni.
Reuleaux assiomatizza la meccanica partendo dal presupposto che, a
differenza da quanto succede in natura, nel caso della macchina tutti i
movimenti anomali, non richiesti, sono evitati dalle forze latenti negli
elementi. In seguito l‘argomento sarà ripreso nella sua interezza ma
qui va subito anticipato che ―la macchina è movimento ottenuto trami-
te la forza‖.
La dottrina di Reuleaux (non la si può chiamare altrimenti), è la dot-
trina del movimento obbligato.7
L‘idea, originale nella sua evoluzione, è di alfabetizzare i meccanismi
semplici di ogni macchina per comporre una sequenza di questo tipo:
vocali, consonanti, sillabe, parole, frasi in senso anche logico. Nel ca-
pitolo sul linguaggio simbolico cinematico la teoria di Reuleaux verrà
elaborata esaustivamente.
Se la rappresentazione simbolica, cioè per capire il suo assunto, ha
senso compiuto non contraddittorio, la macchina deve funzionare. I
6 A-M Ampère, Essai sur la philosophie des sciences; Une exposition analytique
d’une classification naturelle de toutes les connaissances humaines, Parigi, 1834. 7 Il Prof. Colombo nella traduzione di Cinematica teorica utilizza la dicitura chiu-
sura di forza (p. 149) come una forma estesa della forza di chiusura. La dizione di
Reuleaux in tedesco è Zwanglauf, in italiano ―desmodromico‖ dal greco ό
―legame‖ e όo ―corridore‖; ma sono concetti più complessi di meccanica ra-
zionale: in altre parole ―movimento obbligato‖ (Zwanglauf) è quel particolare mo-
vimento che un organo compie, e solo quello, per adempiere allo scopo; esempio:
in un motore a combustione interna un pistone nel cilindro può muoversi obbliga-
toriamente solo in su e in giù per far sì che il moto alternativo mediante la biella e
la manovella diventi circolare. Ogni altro movimento che non sia in asse col cilin-
dro è impedito dalle forze latenti dovute alla resistenza del cilindro stesso.
14
simboli sono abbreviazione delle forme verbali tecniche (es.: C al po-
sto di cilindro): questa abbreviazione consente una migliore visione di
insieme ed anche di dare giudizi sui nessi e sulle reciprocità delle uni-
tà collegate. I componenti essenziali di un meccanismo possono essere
facilmente riconosciuti quando gli elementi che rispecchiano il mede-
simo contenuto vengano rappresentati con lo stesso simbolo. Ciò pre-
vede una concezione di collegamenti oggettivi su base concettuale.8
Franz Reuleaux attribuisce un compito costruttivo alla lingua dei se-
gni: il modo con cui una macchina viene costruita sulla carta, tramite
il disegno che si sviluppa, fa della lingua dei segni un elemento creati-
vo.
Reuleaux non può accettare simbolicamente una frase cinematica
(grammaticamente corretta) del tipo ―due giovedì sono verdi‖ perché
il cinematismo corrispondente non può funzionare. Per una compren-
sione intensiva di Reuleaux bisogna usare anche criteri estetici. Infatti
come si chiama elegante una sottile disquisizione giuridica o brillante
una soluzione matematica, si deve restare ammirati dall‘armonia com-
positiva di un cinematismo componente una macchina che può anche
essere inutile: tant‘è che uno dei più grandi artisti contemporanei,
Mondrian, è autore di congegni da lui definiti ―macchine inutili‖ ma
che però fanno parte delle più importanti mostre d‘arte moderna. Le
Figg.1 e 2 rappresentano questo concetto di Reuleaux: basta osservare
i capitelli e gli elementi di macchine accoppiati per notare la similitu-
dine.
Un altro argomento caro a Reuleaux e che nella sua opera principale è
molto evidenziato è la risposta da dare alla domanda ―come‖ o ― per-
ché‖ si è arrivati alla invenzione: egli si è interessato del percorso tra-
mite il quale si trovano le coordinate indicative che consentano ―viag-
8 Dal saggio di S. Remberger Franz Reuleaux-Ansichten (p. 55), ma anche da pa-
recchi altri delle cronache del tempo, risulta che Reuleaux usasse questo sistema
anche all‘Ufficio brevetti del quale era direttore per controllare l‘originalità e la
priorità dell‘invenzione.
15
gi tecnici‖ universalmente comprensibili per trovare ―quali sono i
principi dell‘invenzione‖ non solo ma anche per indicare la progetta-
zione di una macchina nuova che egli chiama ―perfezionamento pro-
gressivo di una invenzione‖ partendo da una idea e sviluppandola sin-
teticamente con l‘aiuto dei simboli cinematici. Da un saggio di Wol-
fgang Pircher9 risulta che questo è uno dei punti deboli della teoria di
Reuleaux che i successori hanno criticato perché il significato dei se-
gni di lingua non è univoco, preferendogli le modalità rappresentative
schematiche di A. Grashof.
In questa tesi ci si propone di leggere le opere di Reuleaux in chiave
tecnico-filosofica (se possibile) e di sviluppare argomenti che mettano
in luce i risvolti simbolici delle macchine e dei cinematismi e di ri-
chiamare alla ribalta l‘―homo technologicus‖. Questo punto va chiari-
to: si tratta di inserire nella evoluzione del nostro genere (homo abilis,
erectus, sapiens e poi sapiens sapiens - noi -) anche quello technologi-
cus in cui l‘aggettivo indica tutta la storia, dagli utensili di osso o di
pietra scheggiata ai nostri Pc odierni. Le Tavv. A e B10
adottate dallo
scrivente vorrebbero metaforicamente dare una rappresentazione visi-
va di quanto sopra; nella seconda lo stupore di entrambi è ben com-
prensibile: 9000 anni separano la face pirica dalla torcia elettrica: la
scoperta del fuoco è un argomento molto ben sviluppato nelle opere di
Reuleaux Manuale di cinematica e Libro delle invenzioni.
Con questa analisi si prende in esame la vastissima e praticamente
inesauribile miniera delle sue opere (sono circa 154 le sue pubblica-
zioni) per individuare un percorso di ricerca filosofica come da un fi-
lone. La similitudine mineraria è pertinente perché si scava senza son-
de preliminari ma con la continua ed assidua lettura di pagina in pagi-
na: dalle molle a torsione ai vulcani della Nuova Zelanda.
9 W. Pircher, Technik als symbolische Form. Ein taugliches Konzept?, al sito
―http://phaidon.philo.at/~nulleins/archiv/wolfga~1.htm‖, 1996. 10
Tav. A vignetta satirica da Internet; Tav. B da house-organ ―Esagono‖ di Roche
SpA - Italia.
16
Nella sua opera principale Manuale di cinematica mette insieme co-
noscenza teorica ed empirica e lo dimostra praticamente nella costru-
zione dei modelli cinematici nei quali ha fuso i due termini che non
possono esistere l‘uno senza l‘altro per quanto le sue preferenze vada-
no alla teoria.
Un cenno va fatto anche all‘aspetto evoluzionistico del sapere tecnico
che Reuleaux giudica molto selettivo con risvolti intellettualistici.
Il discorso di Reuleaux è molto impegnato nel tentativo di operare la
fusione fra teoria e pratica. Può costituire un esempio di questa inter-
dipendenza quanto afferma Geymonat in Storia del pensiero filosofico
e scientifico: ―Esistono forme di interdipendenza fra il sapere scienti-
fico e quello filosofico e il tentativo di cogliere implicazioni filosofi-
che nelle scienze specifiche va fatto mediante lo studio diretto delle
strutture così come si sono sviluppate nel tempo: occorre una imposta-
zione storicistica della ricerca. […] Non si può negare che le scoperte
scientifiche abbiano creato una tecnica od una tecnologia subordinata
ma è altrettanto lecito sostenere che nella storia della tecnica ci sono
state altrettante se non maggiori scoperte nate senza alcun supporto
scientifico‖. È il caso di citare George Basalla, che scrive: ―Scientific
revolution take on a special importance for the study of technological
change when technology is placed in a subordinate position to science.
This situation occurs when technology is erroneously defined as the
application of scientific theory to the solution of practical problems if
technology is nothing more than another name for applied science,
nevertheless technology is not the servant of science. Technology is as
old as humankind. It existed long before scientists began gathering the
knowledge…‖11
Reuleaux riflette più volte sull‘aspetto applicativo della scienza, tant‘è
che Gaston Bachelard, precursore di questo concetto, ha introdotto il
11
G. Basalla, The evolution of technology, Dip. di Storia dell‘Università del Dela-
ware, Cambridge, 1988.
17
termine ―fenomenotecniche‖ per indicare la costruzione effettiva degli
oggetti della conoscenza.
Si può dire che Reuleaux si inserisca perfettamente in quel tipo di ri-
cerca caratteristico dell‘età moderna, basato sulla stretta connessione
della ricerca scientifica con quella pratica in cui le scoperte di caratte-
re teorico scaturiscono dalla necessità di risolvere problemi pratici con
l‘applicazione di strumenti nati dall‘esperienza artigiana. Si pensi allo
strumento dell‘occhialaio fiammingo Lippershey (1608) ed a Galileo
Galilei fruitore di una invenzione che ha poi, per l‘uso che ne ha fatto,
sconvolto il mondo. Essendo ovvio questo esempio, è più interessante
ricordare il problema balistico degli artiglieri italiani che alla fine del
Quattrocento suggerirono al senese Francesco Giorgio Martini notevo-
li studi teorico-scientifici di meccanica e la richiesta di formule teori-
che degli artiglieri di Verona, nel 1531, fatta a Nicolò Fontana detto il
Tartaglia, che lo indusse a costruire una teoria formale, ma d‘uso pra-
tico, sulle traiettorie dei proiettili.12
12
cfr. Gilles G. Granger, La scienza e le scienze, Bologna, 2002, p. 24.
18
19
Cap. I
FRANZ REULEAUX
1 - La famiglia
Nella Tav. F si è ritenuto necessario, non descrittivamente ma essen-
zialmente, presentare l‘albero genealogico della famiglia Reuleaux,:
non tanto per una successione diacronica di padre in figlio, quanto per
una visitazione anagrafico-temporale-ambientale di una famiglia dalla
quale si stacca un Franz Reuleaux, possente nella sua unicità di inge-
gnere, scienziato, scrittore, costruttore, pedagogo, uomo pubblico e
funzionario dello Stato. Ma anche una figura che, se avulsa dalla ma-
trice familiare industriale e meccanica, non avrebbe potuto assoluta-
mente emergere se non parzialmente. Quando Oskar Reuleaux, figlio
di Franz, nel 1920 si accingerà a compilare l‘albero genealogico dei
Reuleaux, si può pensare che non a caso abbia compilato il titolo di
presentazione con le parole ―Ahnen und Manen – Stammbaum der
Familie‖, che tradotto significa ―antenati e mani – albero genealogico
della famiglia‖. Dove la parola ―mani‖ è non rara ma unica se accosta-
ta agli antenati di un ingegnere dell‘800. Si è scritto ―non a caso‖: in-
fatti bisogna fare attenzione alla parola ―mani‖ che è di origine latina.
Nella Roma antica indicava le anime dei defunti (die Geister der
Abgeschiedenen) oggetto di culto e per estensione ―simbolo delle vir-
tù dei trapassati‖ detti anche ―lari‖ divinità che vegliavano sulla fortu-
na della casa e della proprietà con i Penati, altre divinità protettrici
della famiglia. A chi, se non ai quattro antenati diretti di suo padre
Franz, poteva Oskar Reuleaux pensare come simbolo delle virtù, della
fortuna, della proprietà e della famiglia, cioè a quelli che avevano pre-
parato l‘ambiente adatto all‘affermazione di Franz?
Il cognome Reuleaux (del primo citato da Oskar, ossia Joseph), si
scrive senza la x finale e può suonare come Rolewe (che sarebbe ―ruo-
20
ta idraulica‖) e potrebbe inoltre confermare il detto latino ―nomen
omen‖: comunque è foneticamente francese.
Nell‘albero di famiglia compilato da Oskar (e del quale si trascura al-
meno il 95% perché vi sono stati inseriti, per completezza, persino i
parenti delle mogli o dei mariti, cognate o cognati, dei cugini dei figli
degli ascendenti diretti), figura per primo Joseph Reuleau e con lui so-
lo quelli che per un verso o per l‘altro hanno correlato Franz Reu-
leaux.
Joseph Reuleau nasce a Glain vicino a Lüttich (Liegi) in Belgio, sotto
il dominio franco-olandese (solo una piccola area era abitata da popo-
lazione di lingua tedesca; fra questa i Reuleau) ed esercita la profes-
sione di costruttore di pozzi e pompe; è il bisnonno di Franz ed appar-
tiene ad una famiglia di tecnici meccanici (stabilitasi a Hennegau, nel
sud-ovest del Belgio odierno) che si dedicavano, alla fine del 1600, al-
la costruzione di pompe per l‘estrazione dell‘acqua dalle numerose e
ricche miniere di carbone della zona di Hennegau. Il Belgio, dopo
l‘Inghilterra, fu il primo paese europeo ad essere industrializzato a
causa delle vaste miniere di carbone e costretto alla conseguente ne-
cessità di estrarre acqua dalle profondità: motivo questo dello sviluppo
delle macchine a vapore.
Joseph ha sei figli, dei quali ci interessa il suo omonimo Joseph, che
intorno al 1756 si trasferisce (il padre resta a Lüttich) a Eschweiler -
villaggio sottratto alla Francia nel 1814 dopo la caduta di Napoleone I
- non distante dalla città di Aachen (Aix la Chapelle in francese e
Aquisgrana in italiano) dove nel 1748 (dodici anni prima del trasferi-
mento di Joseph) era stata firmata la seconda pace di Aquisgrana con
la quale la Slesia passava alla Prussia sotto Maria Teresa. A questo Jo-
seph II succede Franz Xaver Jakob che nasce a casa del nonno a Lüt-
tich e nel 1795 dirige la ditta paterna a Eschweiler sfruttando la con-
cessione di una miniera e la autorizzazione, oltre a costruire pompe, di
estrarre acqua da una miniera di carbone vicina; si sposa ed avrà, fra
21
gli altri un figlio di nome Johann Joseph. Due fatti sono importanti per
Franz Reuleaux: il matrimonio di Johann Joseph, suo padre, con la fi-
glia del direttore della miniera Heloise Gröser e nel 1819 l‘assunzione
in ditta di due soci: un ricchissimo membro della famiglia Englert,
Franz e un tecnico inglese di nome Dobbs: i tre soci sviluppano la so-
cietà Englert, Reuleaux, Dobbs (ora Werk Ermag des EBV), che di-
venta una delle prime della Renania nella costruzione di macchine per
miniere e per il convogliamento dell‘acqua (operazione essenziale per
consentire l‘estrazione del carbone), nella zona di maggior incremento
per l‘estrazione di ferro e carbone compresa fra Aquisgrana, Eschwei-
ler, Stolberg e Düren (vedi cartina allegata in Tav. E). Nel 1833
(Franz Reuleaux ha quattro anni) muore Johann Joseph e la moglie
Heloise nel 1839 cede la compartecipazione societaria spettante al ma-
rito, al fratello Heinrich Groeser e nel 1845 si risposa con l‘ingegnere
E. F. School che aveva, anni addietro, conosciuto andando a trovare il
piccolo Franz in collegio.
Fra la morte del padre ed il secondo matrimonio della madre la vita di
Franz Reuleaux prende forma e sostanza.
2 - La vita
Franz Reuleaux nasce il 30 settembre 1829 a Eschweiler da Johann
Joseph e Heloise Gröser, quarto di sette fratelli. Nel 1833 (ha quattro
anni) muore il padre. Un paio d‘anni dopo va a scuola a Stolberg. Nel
1839 fino al 1844 frequenta la Höhere Evangelische Stadtschule a Co-
blenza, dove è particolarmente diligente con una buona formazione
generale di carattere tecnico alla quale si aggiunge lo studio del greco
e del latino. L‘impostazione generale della universalità delle attività
studentesche della famiglia è rappresentata anche dai suoi fratelli:
Carlo è ingegnere, poi scrittore narrativo (favole e racconti) e poeta
anche di sonetti in italiano; Louis prima consulente commerciale e poi
22
imprenditore a Magonza; Heinrich, ingegnere meccanico, lavora nella
società del padre.
Franz nel 1844, lasciata la Stadtschule per completare la formazione
postscolastica mediante apprendimento pratico, va nella fonderia dei
fratelli Zilken (dove si adatta anche a lavori manuali) fino al 1846; dal
novembre dello stesso anno fino a settembre del 1850 va a lavorare
dal fratello della madre. Per i primi due anni volontario non retribuito
all‘ufficio costruzioni poi, retribuito, all‘ufficio montaggio macchina-
rio (anche sei mesi in Belgio per lavoro), torna dal Belgio e gli affida-
no mansioni direttive. Nel frattempo la madre si è risposata ed il pa-
drino, interessato ai suoi studi tecnici, gli fa prendere lezioni di dise-
gno e matematica. Nel 1850 lascia lo zio e pensa di iscriversi al Poli-
tecnico di Karlsruhe dove di solito si entra a 17 anni, mentre Franz ne
ha 21. Al Politecnico di Karlsruhe ha come professore Ferdinando
Redtenbacher al quale per l‘importanza specifica nella vita di Franz
Reuleaux e per l‘intrecciarsi delle loro vicende viene dedicato un ri-
tratto a parte nella pagina che segue l‘albero genealogico della fami-
glia Reuleaux. Dopo Redtenbacher si narrerà di Robert Willis la cui
attività di pioniere della cinematica (al pari di Reuleaux) richiede un
profilo.
In quel periodo in Germania si sviluppa un ambiente di grande ottimi-
smo a carattere tecnico e Reuleaux attento e razionale osservatore,
benché giovane – 21 anni – si dedica allo studio: costruzioni, ponti,
acque, strade, fiumi, chimica, mineralogia, architettura e disegno a
mano libera (si veda a questo proposito la Tav. C) sulla quale ci sarà
occasione di commento. Dopo due anni finisce gli studi delle 13 mate-
rie del corso.
A 23 anni nel 1852 si iscrive alla facoltà di filosofia dell‘Università
Guglielmo Federico II di Berlino. Le altre discipline sono: meteorolo-
gia, mineralogia (con molta diligenza), storia della letteratura italiana
e italiano, storia, logica, metafisica, matematica superiore. Studia fino
23
al 1854, e l‘anno successivo si trasferisce a Bonn dove è insegnante di
costruzioni di macchine ed il 26 aprile 1856 sposa Carlotta Overbeck
dalla quale avrà cinque figli e fra questi Oskar. Da Bonn passa al Poli-
tecnico di Zurigo, nel 1856, come professore di costruzioni di macchi-
ne e dove incontra Gustav Zeuner. Viene nominato consulente del Re-
gio Imperiale Governo e con questa qualifica viene mandato nel 1862
alla Fiera di Londra, massima espressione dei progressi ottenuti dalla
rivoluzione industriale. Successivamente è membro per otto anni
dell‘Ufficio Brevetti del quale assumerà poi la Direzione.
Nel 1864 torna a Berlino come professore alla Gewerbe Akademie e
poi rettore della stessa dal 1868 al 1879. Dal 1879 al 1896 la Gewerbe
Akademie diventa Reale università tecnica e Reuleaux ne è il presi-
dente. L‘Università ha 3000 studenti e 300 professori. Sempre come
consulente del Governo e come capo della delegazione commerciale
tedesca frequenta: la Fiera mondiale di Parigi nel 1867; la Fiera di
Vienna nel 1873; la Fiera di Filadelfia nel 1876; la Fiera di Sidney nel
1879; la Fiera di Melbourne nel 1881; la Fiera di Chicago nel 1893.
Torna a casa ad Eschenweiler nel 1896. Nel 1899 muore il padrino F.
School.
Franz Reuleaux muore il 20 maggio 1905 a Charlottenburg all‘età di
76 anni.
3 - Ferdinand Jacob Redtenbacher
Figura essenziale nella vita di Franz Reuleaux, per quanto il rapporto
fra i due, maestro ed allievo, sia un avvicendarsi di stima e di polemi-
che anche giudiziarie. Si può comunque affermare che il progresso
compiuto dalla Germania e precisamente dai suoi costruttori di mac-
chine nella seconda metà del 1800 non sarebbe stato raggiunto senza
le scuole politecniche ma queste a loro volta, come impostazione di-
dattica, sistema e metodo di struttura istituzionale si svilupparono per
opera di due delle più eminenti figure di quel periodo. Una di queste è
24
Ferdinand Redtenbacher l‘altra Franz Reuleaux. Nessun dubbio sui
meriti di Redtenbacher ed ancora meno sulla sua influenza su Reu-
leaux (motivo per il quale si traccia questa presentazione) ma è anche
probabile che la sua fama sia dovuta di riflesso a quella di gran lunga
superiore del suo allievo, poi collega.
Resta il fatto che Reuleaux assorbì, studiò e sviluppò una parte delle
idee di Redtenbacher.
Redtenbacher nasce a Steyr (Austria) il 25.7.1809, venti anni prima di
Reuleaux, e, figlio di un commerciante di ferramenta (Alois Vinzenz),
inizia una attività commerciale che poi abbandona per iscriversi al Po-
litecnico di Vienna nel 1825 e dove studia fino al 1829. Nominato as-
sistente l‘anno stesso, resta a Vienna fino al 1833 quando si trasferi-
sce, professore di matematica e disegno geometrico, alla Scuola Supe-
riore di Zurigo; dopo di lui andrà a Zurigo anche Reuleaux. Nel 1841
è chiamato alla Scuola Politecnica di Karlsruhe, professore di Maschi-
nenbau; nel 1857 diventa direttore dell‘istituto, nel 1862 Rettore del
Politecnico. Muore il 16 aprile 1863.
Redtenbacher è riconosciuto come il fondatore della scienza di costru-
zioni di macchine non tanto perché l‘abbia creata quanto piuttosto per
la nuova impostazione data a questa disciplina. La sua impostazione si
distacca dalla scuola francese prevalentemente scientifica e matemati-
ca e da quella inglese prevalentemente pratica se non addirittura empi-
rica, anche se privilegia però la scuola francese più di quella inglese.
Nell‘esauriente libro di Merz13
sono ampiamente esposte queste tre
impostazioni didattiche ed è a quella tedesca che si farà riferimento
con qualche notizia che darà conto dell‘importanza e dell‘influsso di
Redtenbacher e di Reuleaux.
Le università tedesche erano destinate a diventare la più potente orga-
nizzazione per la diffusione della conoscenza con lo sviluppo dei le-
gami con le scuole superiori e gli istituti tecnici. Si diffonde soprattut-
25
to lo spirito dell‘insegnamento della scienza. Nessuna nazione ebbe
tante scuole di pensiero come la Germania (a differenza della Francia
in cui tutte le risorse si concentrano nella capitale Parigi e
dell‘Inghilterra in cui la posizione insulare si riverbera anche nella
scienza). L‘Università diventa non solo luogo di ricerca e di sviluppo
della conoscenza ma è soprattutto una istituzione dedicata alla diffu-
sione dell‘insegnamento oltre il compito istituzionale.
A questo tipo di attività si dedicano prevalentemente Redtenbacher e
Reuleaux (si pensi agli 800 modelli di meccanismi costruiti da
quest‘ultimo a scopo didattico, come si vedrà più avanti). Si noti l‘uso
del termine ―Wissenschaft‖ che vale più di science o science o scienza
o scientia o Weissheit: va chiarito che per la specifica situazione tede-
sca il significato di Wissenschaft include anche la filosofia; non per
niente Fiche scrisse ―la filosofia è una scienza‖ tant‘è che egli stesso
intitola il suo sistema con la parola Wissenschaftlehre. Così la parola
assume anche un significato etico quasi religioso (promosso da
Schleiermacher e dai romantici) come scrive Merz.14
Per Redtenba-
cher la tecnica è qualcosa di immanente alla cultura sia intellettuale
che industriale. Egli scrive: ―La cultura del popolo industriale mi sta a
cuore. Nell‘applicazione delle forze della natura15
si è raggiunta una
grande abilità e tecnologia ma nello sviluppo umano manca ancora
molto‖.16
Lo storico F. Schnabel così scrive: ―In Redtenbacher ecce-
zionali non furono solo i suoi libri ma soprattutto il suo insegnamento.
Egli insisteva con i suoi allievi (fra cui Reuleaux) sulla conoscenza
della matematica con il rigore scientifico della scuola di Parigi. Inse-
gnò a lavorare scientificamente nella costruzione delle macchine a va-
13
J. T. Merz, A History of European Thought in the Nineteenth Century, Dover,
1896 – rest. anastatica, New York, 1965, p. 167 segg. 14
Vol I, op. cit. 15
cfr. F. Reuleaux, Die mechanischen Naturkraefte und deren Verwentung (Le for-
ze meccaniche della natura ed il loro impiego), Berlino, 1901, edito a 38 anni dalla
scomparsa di Redtenbacher. 16
In Friedrich Klemm, Technik, eine Geschichte ihrer Probleme, Friburgo, 1954 –
tr. it. Storia della Tecnica, Milano, 1959.
26
pore e delle turbine ma senza fare affidamento sulla sola scienza, con-
vinto che fosse necessario introdurre anche risultati pratici. Il giovane
ingegnere andava tenuto lontano da una visione scientifica unilaterale
e si doveva fargli sviluppare tutte le forze che la professione del co-
struire richiedeva‖.17
Redtenbacher mostrò la via.
Dalla sua aula sono usciti i grandi ingegneri meccanici della fine
dell‘800 che hanno realizzato il suo desiderio di emancipare i tedeschi
dalla sudditanza inglese dovuta alla ―rivoluzione industriale‖ di mar-
chio esclusivamente britannico.
La scuola tedesca abbandonò grazie a Redtenbacher e a Reuleaux la
tradizione inglese praticamente empirica del ―trial and error‖ senza
cadere nell‘eccessivo teoricismo della scuola parigina; in tal modo la
Germania sviluppò nuove macchine per mezzo delle quali nacquero
l‘industria chimica, l‘elettrica e soprattutto quella dei mezzi di traspor-
to. Redtenbacher assunse un ruolo dominante nella formazione della
società industriale tedesca e nell‘orientare l‘Università verso la crea-
zione di una classe di ingegneri adeguata a sostenere lo sviluppo
dell‘industria. Queste espressioni sono caratteristiche della mentalità
di Redtenbacher ma riferite da Reuleaux: ―l‘ingegnere meccanico de-
ve sviluppare e scatenare tutte le sue energie‖. ―L‘uomo ingegnere co-
stituisce il motore più debole e costoso ma è dotato di intelligenza.
Una conoscenza accurata dei meccanismi già inventati è importante
per la costruzione di macchine: occorre il senso della forma, il senso
dell‘ordine, il senso della composizione, chi è dotato di questa facoltà
farà ingegnose invenzioni; chi ne manca non inventerà neanche il più
semplice dei meccanismi‖.
―Una macchina disegnata è una realizzazione ideale della stessa‖.18
Appare quindi più che evidente nell‘opera di Reuleaux il riflesso di
queste idee del suo maestro Redtenbacher. Con i suoi principi Redten-
17
F. Schnabel, dal sito www mach.uni-karlsruhe.de. 18
In Friedrich Klemm, Technik, eine Geschichte ihrer Probleme, Friburgo, 1954 –
tr. it. Storia della Tecnica, 1959, Milano.
27
bacher sviluppa la scienza delle costruzioni di macchine con tale rigo-
re scientifico, pratico, organizzativo che nel 1885 tale sistema viene
adottato in tutti i Politecnici tedeschi. Questo sopra descritto è il clima
che Reuleaux trova ed assorbe (si vedrà chiaramente nelle sue opere e
nella sua attività professionale).
L‘incontro Redtenbacher-Reuleaux avviene nel 1850 e per due anni
Reuleaux è l‘allievo particolarmente ―devoto e diligente‖19
. A monte
di Reuleaux sta Redtenbacher e a questi Willis e Labulaye. Le lezioni
di termodinamica non fanno molta presa sullo studente Reuleaux men-
tre, secondo il Prof. Moon della Cornell University e studioso di Reu-
leaux, lo ―interessa‖ il principio delle velocità virtuali.
Nascono nel frattempo i modelli meccanici di Redtenbacher. Da un
catalogo dell‘archivio del Deutsche Museum di Monaco appare che
l‘idea dei modelli nasce con Schröder, copiata da Redtenbacher e da
Reuleaux e da Moll (il compagno di studi di Reuleaux) e da ciò è nata
la polemica sulla paternità di alcune idee.
Redtenbacher influisce su Reuleaux per l‘elaborazione di alcuni con-
cetti che sono alla base del suo insegnamento: come il ―progetto otti-
male‖ e ―l‘estetica nel progetto di macchine‖; alla base c‘è l‘idea che
la forma più piacevole deriva da un ottimo progetto.
Nel 1854 Reuleaux assieme a Carl L. Moll pubblica un manuale di
progettazione di macchine, Constructionlehre für den Maschinenbau,
basato anche sulla resistenza dei materiali: quando il libro diventa
molto popolare Redtenbacher accusa i suoi studenti di plagio e sottra-
zione degli appunti delle lezioni: si va in tribunale il quale dà ragione
a Redtenbacher ed obbliga i due alle spese processuali.20
19
Dall‘archivio del Politecnico di Karlsruhe. 20
Da F. C. Moon, F. Reuleaux: Contribution to 19th
C. Kinematics, ed. interna,
Cornell University, Ithaca, N.Y. e da K. Mauesberger, The Development of Ger-
man Engineering Education in the XIX C., 1989, e Franz Reuleaux, der Begründer
der Kinematik, Berlino,1988.
28
Con riferimento al contributo al disegno e progetto di macchine va
detto che Redtenbacher e Reuleaux hanno scritto libri simili e nel con-
tenuto e nel titolo21
e hanno costruito modelli simili.
Gli interessi di Redtenbacher sono più vasti: resistenza dei materiali,
progetto di macchine, studio degli attriti, cinematica, scappamento de-
gli orologi, idraulica, ruote ad acqua, turbine, locomotive, motori a
vapore e macchine per miniere ma a differenza di Reuleaux non svi-
luppa la teoria delle coppie cinematiche che sarà la esclusiva teoria di
quest‘ultimo per quanto influenzato dal francese Monge e dall‘inglese
Babbage.
A Redtenbacher sia Reuleaux che Thurston devono i loro studi sulla
locomozione e struttura degli animali. Reuleaux riconosce i meriti di
Redtenbacher ma lo critica, come si vedrà, per non aver portato alcun
ordine sistematico nella diversità dei meccanismi e delle macchine che
dai meccanismi sono composte.22
Quando Reuleaux è a Zurigo, dopo aver lasciato Redtenbacher a Karl-
sruhe, nasce con il Prof. Zeuner un programma didattico secondo
un‘idea di Redtenbacher, di Schubert (a Dresda) e di Weisbach (a Fri-
burgo). In conclusione Reuleaux ha il merito di aver sviluppato, modi-
ficato (migliorandole) e propagandato alcune idee di Redtenbacher ol-
tre alle sue proprie originali.
Alcuni punti altrettanto essenziali come la sintesi cinematica, l‘analisi
e la concezione degli elementi e delle coppie ed il linguaggio simboli-
co cinematico sono propri di Franz Reuleaux. In essi si manifesta la
priorità che egli dà all‘analisi concettuale a differenza di Redtenbacher
che privilegia, almeno in parte, indirizzi più pragmatici .
21
Elenchiamo le opere di Redtenbacher, da alcune delle quali Reuleaux avrebbe
cercato di attingere: Der Maschinenbau, (3 vol.), 1852-1866; Theorie und Bau der
Wasserrraeder,1846; Prinzipien der Mechanik und des Maschinenbau, 1852; Das
dynamiden System, 1857; Luftexpansionmaschine, 1853; Die calorische Maschine,
1853; Resultate für den Maschinenbau, 1859; Die Gesetze des Lokomotiv-Baues,
1855; Theorie und Bau der Turbinen, 1860. 22
Da F. C. Moon, F. Reuleaux: Contribution to 19th
C. Kinematics, ed. interna,
Cornell University, Ithaca, N.Y.
29
4 - Robert Willis
Come Redtenbacher anche Robert Willis (1800-1875) è importante
per i lavori di Reuleaux; l‘intreccio delle loro idee è più sostanziale sul
piano teorico anche se Reuleaux non ha avuto rapporti con Willis co-
me Redtenbacher con Reuleaux. Gli sviluppi del pensiero di Willis
sono molto vicini alle concezioni di Reuleaux.23
Va anche detto però
che nella seconda metà del 700 erano emersi dall‘illuminismo approc-
ci che modificarono definitivamente il modo di fare ―ingegneria‖.
Il progetto di una macchina esce dall‘empirismo artigiano dell‘officina
affidato ai tecnici meccanici ―maestri‖ che trasmettono il loro sapere
agli apprendisti. Viene così a cadere anche la segretezza che accom-
pagna il lavoro dei maestri con i loro apprendisti.
Un formale e sostanziale inizio di questa modifica operativa nasce con
la Scuola Politecnica di Parigi (1795) e precisamente con Monge ed
Hachette e poi Ampère, Lanz e Betancourt. L‘idea passa in Gran Bre-
tagna e viene sviluppata da Willis (ed anche da Rankine) ed in Ger-
mania da Redtenbacher maestro di Reuleaux.
Alla base della storia del progetto di macchine sta l‘idea di decostruire
la macchina in elementi singoli. Questa idea appare in modo netto
nell‘opera: Principles of Mechanisms di Willis.
Robert Willis nasce nel 1800 con interessi giovanili musicali e mecca-
nici: a 19 anni progetta e brevetta un pedale per arpa. Nel 1822 entra
nel collegio Gonville and Caius a Cambridge: laureato nel 1825 resta
a Cambridge a studiare meccanica e movimenti animali. Nel 1830 è
membro della Royal Society. Nel 1837 diventa professore di meccani-
ca applicata e nel 1841 pubblica il suo famoso testo sui principi di
meccanica che esce 14 anni prima di quello di Redtenbacher a Karl-
sruhe. Diversamente da Redtenbacher non sviluppa alcun sistema di-
dattico, lascia Cambridge e concentra la sua attività nel disegnare
23
da F. C. Moon, Robert Willis and Franz Reuleaux, Ithaca, 2000. Tutti i riferi-
menti sono tratti da questo scritto.
30
macchine, sistemi meccanici, nel sezionare e studiare macchine tessili
ed a vapore.
Giudice alla grande esposizione nel 1851 a Londra e vice presidente di
quella di Parigi nel 1855, nel 1862 è presidente dell‘Associazione bri-
tannica delle Scienze avanzate. Nel libro (1841) un intero capitolo è
dedicato alle ―notazioni meccaniche‖, in quanto Willis aveva pensato
di definire un linguaggio delle macchine usando un modello di partitu-
ra musicale inserendo linee di tempo; sistema che Reuleaux respinge,
dopo averlo ben esaminato, per adottare il modello linguistico. Altri
concetti fondamentali di Willis sono il moto relativo fra elementi e
non quello assoluto cioè con sistema di riferimento esterno e i movi-
menti degli elementi di una macchina che devono essere il principale
oggetto di attenzione e non le forze o il lavoro che la macchina deve
fare.
A giudizio di Willis, Lanz e Betancourt24
hanno elaborato un sistema
piuttosto popolare malgrado l‘interessante ma apparente semplicità;
ma egli trova più interessante l‘opera di Borgnis che ha lavorato sulle
funzioni degli elementi e dei meccanismi all‘interno della macchina;
però non ha fornito indicazioni per la ricerca sistematica sulla cinema-
tica dei meccanismi.
Reuleaux sviluppa questa idea col definire un puro meccanismo come
catena di coppie cinematiche nelle quali il moto relativo è stabilito so-
lo geometricamente ed afferma che, pur essendoci errori nei Princi-
ples of Mechanisms, il lavoro di Willis è molto originale e si distanzia
dai suoi predecessori (per quanto più nello spirito che nel metodo).
Sia Willis che Reuleaux hanno interessi anche esterni alle macchine
(per Willis però l‘insegnamento è inteso in senso veramente e sola-
mente didattico non sistematico come Reuleaux), che sono educazio-
ne, architettura e antropologia.
24
José Maria Lanz (1734-1839) e Augustin Betancourt (1758-1840) sono due fran-
cesi autori di un testo di fondamentale importanza per Reuleaux: Saggio sulla com-
posizione delle macchine.
31
Con lo sviluppo delle teorie delle macchine nasce la parola stessa ci-
nematica nel 1830, coniata da Ampère per definire la nuova scienza e
Willis la studia e la assimila, sviluppando i meccanismi come pura
geometria a prescindere dalle forze applicate; egli stesso noterà quanti
pochi studi siano stati fatti in proposito ed è merito di Reuleaux di
aver esaustivamente definito l‘argomento.
Willis afferma: ―non c‘è ragione alcuna perché la costruzione di una
macchina non debba essere ricondotta sotto il dominio del matemati-
co‖. Anche se a Reuleaux viene accreditata l‘idea del meccanismo
come catena cinematica di corpi ―constrained‖ geometricamente, il
germe dell‘idea è di Willis che così scrive nella prefazione al suo li-
bro: ―…per ogni macchina si deve trovare il consistere di una sequen-
za di parti connesse fra di loro in diversi modi cosicché se uno viene
messo in moto gli altri si muovano a loro volta ed il rapporto deve es-
sere tale che il primo sia determinato dalla natura del collegamento;
inoltre bisogna ridurre le diverse combinazioni di meccanismi puri a
sistema e studiarli secondo i soli principi geometrici‖; e prosegue:
―Quando la mente di un progettista meccanico è occupata dallo studio
di un congegno di una macchina, egli deve attendere fino a che nel
mezzo delle sue meditazioni, una qualche felice combinazione si pre-
senti alla mente che può quindi rispondere alla richiesta.‖
Il prof. Moon fa notare al proposito che Reuleaux fa analoghe consi-
derazioni adoperando al posto di cinematica la parola ―foronomia‖25
ma che l‘uso di questo termine non mise radici (il che è idraulicamen-
te ovvio).
25
La parola ―foronomia‖ ha significato idraulico, almeno ai nostri giorni. Designa
quella parte dell‘idraulica che si occupa dell‘efflusso dei liquidi attraverso orifizi
aperti nelle pareti o nel fondo dei recipienti che li contengono. Essa trova fonda-
mento teorico nelle leggi generali dell‘idrodinamica e in quelle dei liquidi perfetti,
ma è soprattutto ancora oggi scienza sperimentale. Le prime ricerche risalgono a
Evangelista Torricelli (sec. XVII) ed al marchese Poleni (sec. XVIII). Reuleaux,
che la introduce, scrive (Cinematica teorica, p. 53): ―La teoria dei meccanismi è
una scienza derivata: questo ramo spesso lo si chiama foronomia, che è giusto e più
significativo di cinematica: io la chiamo ―scienza della rappresentazione geometri-
ca dei movimenti o foronomia‖.
32
Anche Willis (però antecedente) tratta storicamente le macchine par-
tendo da Vitruvio, Ramelli, Bresson, Leupold, il Politecnico di Parigi,
Monge, Hachette, Lanz, Betancourt, Borgnis.
Prima di Monge la classificazione delle macchine è fatta secondo le
applicazioni (utensili, militari, idrauliche, ecc.) poi si passa a definirle
classificandole secondo le trasformazioni di moto. Willis critica en-
trambi i metodi e scrive: ―questo sistema così tanto celebrato deve es-
sere considerato un mero arrangiamento popolare nonostante
l‘apparente semplicità scientifica dello schema. Non ci sono tentativi
di sottoporre i movimenti al calcolo o di ridurre queste leggi a formule
generali per le quali il sistema è totalmente disadatto‖.
Il libro di Willis uscì nel 1841 e quello di Reuleaux nel 1875 ma già
prima in una serie di articoli per la Società Prussiana delle Industrie
Avanzate, (intorno al 1870) Reuleaux aveva scritto sull‘opera di Wil-
lis.
Si ritiene pertanto opportuno e pertinente riportare le citazioni che
Reuleaux fa su Willis, che in assoluto è il più citato da Reuleaux:26
―L‘opera più grande e più originale pubblicata dopo Ampère fu il trat-
tato di Willis Principles of Mechanism, eccellente libro edito nel 1841,
ricco di esempi tolti dalla cinematica applicata e di nuove idee sulle
loro intime relazioni. Willis si scosta dal sistema di Monge ma trova
nel libro di Lanz-Betancourt una contraddizione con Ampère […]
mentre egli (Willis) vorrebbe considerare i corpi come puri meccani-
smi solo quelli formati da corpi solidi‖.27
―Nelle considerazioni di Willis, che in ogni modo portano l‘impronta
di uno spirito acuto e investigatore, c‘è molto di vero ma vi sono an-
che cose inesatte come, ad esempio, l‘esclusione delle macchine
26
Una curiosità a margine delle opere di Reuleaux: il numero delle citazioni fatte
da F. Reuleaux in Cinematica teorica - I parte (che è quella che contiene storia e
concetti sulla teoria generale delle macchine): I – Newton, con 15 citazioni; II –
Willis, con 11 citazioni; III – Watt e Laboulaye e Davies, con 8 citazioni; IV –
Redtenbacher e Bataille, con 7 citazioni. 27
F. Reuleaux, Cinematica Teorica, p 12.
33
idrauliche‖.28
―Sembra che Willis sia stato il primo a rivolgere
l‘attenzione su questo interessante problema delle ruote dentate cilin-
driche e ad indicarne una soluzione in Transactions of Civil-engineers
del 1837 - Vol. II - pag. 89‖.29
―Non è giusto il sistema di Willis che
esclude i meccanismi che funzionano con i liquidi […] è sorprendente
che una delle macchine più essenziali e più perfezionate, la macchina
a vapore, sia esclusa dalla cinematica come ‗impura‘; l‘opinione di
Willis non venne mai accettata ma neanche contraddetta. Per cui que-
ste macchine dal punto di vista cinematico furono pochissimo trattate
dagli scrittori inglesi‖.30
―Nei tentativi di linguaggio sistematico fatti
finora, Willis entra su questi sistemi; una delle forme a cui egli si at-
tiene è quella destinata al rotismo di un orologio a pendolo. Si tratta di
un caso isolato, particolare piuttosto che di un metodo generale oppor-
tuno‖.31
―Non mi occuperò della proposta fatta da Willis per rendere il
sistema più applicabile mediante modifiche che non servono allo sco-
po di rappresentare con simboli la catena cinematica‖.32
―La defini-
zione di macchina di Willis è una equazione a due incognite. Non ha
soddisfatto nemmeno i suoi seguaci‖.33
―È merito di Willis l‘avere
chiamato pubblicamente l‘attenzione sui meccanismi a manovella co-
nici. Egli chiama tali meccanismi ‗solid-angular link-work‘ ed accen-
na a diverse loro importanti proprietà. Siccome non conosce la catena
cinematica,34
così le proprietà fondamentali gli sfuggono‖.35
A testi-
monianza dell‘influenza di entrambi, (Willis e Reuleaux) sui loro suc-
cessori omologhi in meccanica e meccanismi si elencano: il Prof.
Alessandro B. W. Kennedy, presidente dell‘Istituto britannico degli
ingegneri meccanici (traduttore del testo Cinematica Teorica di Reu-
28
Op. cit., pp. 13-14, 226. 29
Op. cit., p. 133. 30
Op. cit., p. 154. 31
Op. cit., p. 226. L‘argomento è presentato nel cap. IV, ―Linguaggio simbolico
cinematico‖. 32
Op. cit., p. 227. 33
Op. cit., p. 545, note. 34
Che è l‘argomento fondamentale dell‘opera di Reuleaux.
34
leaux, del 1875) nel libro scritto nel 1886 Cinematica delle macchine;
il Prof. Dunkerly nel libro Mechanism, edito a Manchester nel 1904; il
Prof. Burmester nel 1888, nel libro Cinematica dei macchinari; il
Prof. Charles W. Mac Cord nel 1883; il prof. John Barr (1899) ed il
Prof. E. H. Wood (1911), i quali tutti si dichiarano debitori dei due
sopraccitati.
Robert Willis muore nel 1875.
5 - Le vicende
La carriera accademica e professionale di Reuleaux incomincia nel
1854 (a 25 anni) a Bonn, dopo che ha lasciato Berlino, con un libro
scritto da lui e da C. L. Moll, suo compagno di studi, dal titolo Con-
structionlehere für den Maschinenbau nel quale gli autori si definisco-
no ingegneri civili perché è dopo di quel periodo che l‘ingegneria
meccanica comincia ad emergere come professione separata a causa
della separazione della disciplina stessa.
Ancora studente fonda con l‘amico Carl Moll la Verein der Maschi-
nenbau – Eleven – der Karlsruhe.
Come fa notare il Prof. Francis Moon, Franz Reuleaux ―non si presen-
ta come un inventore36
tipo Watt, né imprenditore come Siemens né
scienziato come Maxwell: egli si configura come un ‗ingegnere scien-
tifico‘, professore, teorico di cinematica, responsabile di una Universi-
tà Industriale, consulente di industrie, confidente di industriali capita-
listi e ambasciatore tecnico del suo paese‖.37
Reuleaux viene ricordato come ―il padre della moderna cinematica‖
perché è il primo a porre le basi delle seguenti elaborazioni concettuali
e pratiche alle quali dedicherà tutta la sua vita:
35
F. Reuleaux, Cinematica Teorica, p. 564, note. 36
Non è del tutto vero, perché il triangolo e la pompa che si vedranno in seguito
sono invenzioni di Reuleaux. 37
F. C. Moon, Franz Reuleaux: contributo alla cinematica del XIX secolo e la teo-
ria delle macchine, Cornell University, pubblicazione interna.
35
- la macchina deve essere definita con rigore logico se si de-
sidera in seguito farne uno studio sintetico e analitico
- tutte le macchine sono composte da elementi riconducibili,
come dice la parola stessa, a parti elementari che sono le
coppie cinematiche dette cinematismi
- gli elementi componenti le macchine possono essere rappre-
sentati da simboli mediante una classificazione tipo nomen-
clatura simbolica
- gli elementi cinematici si costruiscono a scopo didattico per
la soluzione visiva di problemi fisico-matematici (ne ha co-
struiti circa 800)
- la teoria dell‘invenzione, della scoperta e della creatività
non è una folgorazione improvvisa
- la tecnica è un fattore di cultura
Questa la definizione di cinematica o teoria dei meccanismi scritta da
Reuleaux: ―Essa è la scienza che tratta di quelle speciali disposizioni
delle macchine in virtù delle quali vengono determinati i movimenti
reciproci che nelle medesime hanno luogo in quanto essi non sono che
semplici spostamenti‖.38
Evidentemente essendo la parola cinematica
dovuta ad Ampère (per sviluppare le sue teorie), Reuleaux chiarisce
quali sono le differenze e le concordanze con lo scienziato francese.
Per Reuleaux la cinematica è parte essenziale della scienza delle mac-
chine (da lui definita con Maschinenlehre e che si propone di definire
quali siano le macchine esistenti ed in qual modo siano fatte) e non
della meccanica generale come vorrebbe Ampère. Pertanto la cinema-
tica viene da Reuleaux sviluppata parallelamente alle altre scienze af-
fini (scienza della costruzione di macchine e teoria delle macchine) e
non considerata isolata come scienza astratta. Per quanto riguarda
l‘oggetto della cinematica come studio degli spostamenti l‘accordo
con Ampère è totale ma Reuleaux dissente dai seguaci di Ampère,
38
F. Reuleaux, Cinematica Teorica, p 38.
36
Haton e Labulaye che non trascurando le forze in gioco sono costretti
ad inserire la resistenza dei materiali l‘uno e la teoria degli attriti
l‘altro.
Scrive Reuleaux: ―La teoria dei meccanismi è tanto importante e per
molti aspetti deve precedere le altre, onde aprire loro la via. Quindi
passeremo a stabilire i principi generali che sono di base ai procedi-
menti cinematici‖.39
Una vicenda molto interessante che avrà conseguenze non da poco,
anche politiche, si sviluppa nel 1876 quando Reuleaux viene mandato
alla fiera mondiale di Filadelfia (dove rimase parecchi mesi) non come
un rappresentante qualunque ma, per la fama ed i meriti acquisiti, co-
me Ambasciatore Tecnico in rappresentanza ufficiale per la Germania
e capo della delegazione tedesca. Da Filadelfia scrive numerose lettere
che verranno pubblicate sul quotidiano ―National Zeitung‖ e poi rac-
colte in un libro edito nel 1877. Dopo aver attentamente osservato con
la sua notevolissima esperienza ―macchinale‖40
i prodotti esposti dagli
Stati Uniti e dall‘Inghilterra, il 2 giugno 1876 scrive un durissimo at-
tacco all‘industria tedesca molto arretrata ed al servilismo tedesco nei
confronti delle politiche inglesi di libero commercio. Nella lettera
scrive: ―…la maggior parte degli oggetti esposti dimostra che la nostra
produzione è inferiore a quella di altre nazioni […] in sostanza tutti i
biasimi che faccio si riducono a questo giudizio: ‗a buon mercato e
male‘ […] e questo è il principio fondamentale dell‘industria tedesca‖;
inoltre non manca di criticare il meschino sciovinismo della Germania
e lo stupido militarismo del Governo: infatti alla vista di un cannone
tedesco esposto dalla Krupp disse: ―ecco un assassino‖.
Tutto questo provocò un ampio dibattito nella stampa al quale prese
parte anche il quotidiano ―Volksstaat‖. Anche ai suoi allievi diceva
39
Op. cit., p. 39 40
L‘aggettivo ―macchinale” che il traduttore di Cinematica teorica G. Colombo
prende da ―maschinell‖ adottato da Reuleaux è dovuto a Leonardo da Vinci (cfr.
Cinematica teorica, p.544, nota 7).
37
che gli Stati Uniti producevano eccellenti macchine perché gli operai
erano pagati molto bene e perché venivano applicate razionali ed intel-
ligenti tariffe doganali. Nel libro aggiungerà anche un suo principio
―quando si affronta la concorrenza, bisogna perseguire la qualità non
il prezzo basso‖. Come fa notare Sebastian Remberger in un suo lavo-
ro, questa massima sarà il marchio della produzione tedesca e alla let-
tera da Filadelfia, celeberrima, ―Briefe aus Philadelphia‖ seguì un ul-
teriore ―Wie sollen wie die deutsche Industrie heben?‖ (come solleva-
re l‘industria tedesca?).
L‘impressione suscitata dalle lettere da Filadelfia fu tale che nella pre-
fazione alla prima edizione (1878) dell‘opera ―La rivoluzione scienti-
fica del signor Eugen Duehring,‖ così scrisse Federico Engels (raccon-
tando come alcuni amici lo sollecitassero a prendere posizione critica
nei confronti di Duehring - riformatore revisionista del partito sociali-
sta - sulle pagine dell‘organo del partito socialdemocratico, il ―Volks-
staat‖ appunto, per evitare divisioni settarie e confusione dopo
l‘unificazione): ―…mi sono trovato a combattere affermazioni di su-
blime sciocchezza tipica della pseudo coscienza che alligna in Germa-
nia […] sciocchezze ovunque, volgari con pretese di superiorità; que-
sto è il prodotto più abbondante dell‘industria intellettuale tedesca, a
buon mercato e scadente proprio come altri manufatti tedeschi accanto
ai quali, sfortunatamente, non è stato esposto a Filadelfia, negli Stati
Uniti, come ha riferito il signor Franz Reuleaux‖.
Reuleaux godeva certo di una fama più che meritata per i suoi studi;
infatti persino Ludwig Wittgenstein (1889-1951) dopo aver ottenuto a
Vienna la maturità nell‘anno 1906, sempre appassionato di fisica pri-
ma segue le lezioni del fisico Boltzmann ed alla morte di questo, si
iscrive il 23 ottobre del 1906 alla Technischen Hochschule in Charlot-
tenburg perché lì aveva insegnato il Maschinenbauprofessor (Profes-
sore di costruzioni di macchine) Franz Reuleaux, fondatore, argomen-
38
to interessante per Wittgenstein, della nuova cinematica.41
Per com-
pletare la notazione: nell‘aprile del 1908, dopo il diploma, Wittgen-
stein si trasferisce al Collegio di Tecnologia di Manchester, dove svi-
luppa un motore aereo che brevetta nel 1911; nel 1941 e 1942 utilizza
le conoscenze acquisite in campo aeronautico per collaborare con la
Air Force.
Nel 1867 Reuleaux era stato protagonista di un episodio in parte tec-
nico ed in parte nazionalistico: faceva parte della commissione tecnica
il cui compito era di assegnare la medaglia d‘oro della giuria alla
Esposizione Mondiale di Parigi al miglior modello di motore a com-
bustione interna fra quelli presentati.42
Anche alla Fiera di Chicago nel 1893 sorse una analoga controversia
per il suo apprezzamento sui metodi di produzione nordamericani nel-
la meccanica fine di precisione. Questa nota appare nel fascicolo
―Vorweisung einer neuen amerikanische Feinmessmaschine und klei-
ner Feinmessgeräte‖.43
La lapide che gli fu dedicata ad Eschweiler reca la scritta: ―Franz Reu-
leaux – dem Forscher und Lehrer – Ergruender des Zusammenhanges
der Technik mit Wissenschaft und Leben‖ (―Franz Reuleaux – allo
Scienziato e Maestro – a colui che investigò i legami della tecnica con
la scienza e la vita‖). È una dedica particolarmente significativa in
quanto grazie alla sua opera entrano a far parte del parlare anche co-
41
Dal saggio di Michele Nedo, ―Simposio per i 50 anni dalla morte di Wittgen-
stein‖, nel sito www.wittgenstein.com, 2001. 42
Da Moon, Remberger e altri (fra cui Mauersberger) la vicenda è così raccontata:
alla fine rimasero due concorrenti: un motore francese presentato dal belga Etienne
Lenoir (1822-1990) ed uno tedesco presentato da due progettisti Otto e Langen;
Reuleaux che faceva parte della giuria chiese una verifica chiedendo successivi
controlli sul rendimento sperimentale dei due motori mentre lui ne faceva una per
conto suo con l‘adozione del simbolismo. Le prove durarono parecchi giorni ma
alla fine il motore tedesco risultò più conveniente. La stampa francese insinuò che
Reuleaux avesse voluto favorire i connazionali perché era il consulente o voleva
esserlo della Otto-Langen. F. Klemm in Storia della tecnica si limita a dire che
Reuleaux scrisse una lettera di ringraziamento e di congratulazioni a Otto per aver-
gli mandato la descrizione del motore. 43
dalla rivista ―Verhandlungen zur Befoerderung des Gewerbefleisses‖, Berlino,
1895.
39
mune e non solo di scienziati e politici parole come ―linguaggio si-
stematico‖, ―rappresentazione simbolica‖, ―cinematismi‖, ―analisi e
sintesi degli elementi‖, ―tecnologia di sé‖ per indicare la produzione
di concetti che trovano applicazioni fuori dal settore specifico. Qual-
cosa di simile nasce, un paio di decenni più tardi con Ford e Taylor
quando il concetto di catena di montaggio e di organizzazione scienti-
fica del lavoro esondano dal settore produttivo per entrare nei più sva-
riati settori della vita sociale.
Quei termini di Reuleaux non erano più delle metafore prive di signi-
ficato fuori dal contesto tecnologico ma precisi concetti profondamen-
te stabilizzati nell‘età della macchina. Si trattava di una scienza, di un
modo di intendere la vita, di una pratica concettuale che volevano ten-
dere a trasformare anche l‘ordine sociale all‘interno del concetto di
ordine tipico della macchina statica o funzionante che fosse. Assertori
della razionalizzazione tecnologica macchinista che spaziava dal co-
munismo di Lenin al capitalismo di Rathenau, ai successi del ―fare
bene‖ di Jünger, sperarono di costruire concettualmente e praticamen-
te stabilimenti, potenze energetiche, comunicazioni sistematiche, per-
sino burocrazie governative secondo lo sviluppo di linee razionali in
accordo con i principi delle macchine e cioè secondo la canonica teo-
ria delle macchine di quel tempo che era quella di Reuleaux che con-
cepiva la macchina come una catena di parti elementari fra di loro
connesse in modo tale che ―ogni cambio di posizione di una parte col-
legata a parti limitrofe e accoppiate produce un cambio corrispondente
e fisso di posizione di ogni altro elemento della catena‖.44
Pertanto si
riteneva che l‘allineamento di strutture sociali ed economiche secondo
linee meccaniche richiedesse ad ogni parte della struttura di essere
collegata con altre ma in modo tale da controllare strettamente la fina-
lità e la modalità della connessione.
44
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 34 segg.
40
Va segnalata una particolare concomitanza tra Leonardo da Vinci e
Reuleaux. L‘accademico russo I. I. Artobolevskii45
attribuisce a Leo-
nardo da Vinci l‘intuizione che ogni macchina può essere costruita
unendo gruppi di meccanismi ed in effetti, nell‘imponente massa di
disegni pervenuti e fra questi il codice atlantico e quello di Madrid,
Leonardo riassume le conoscenze dell‘epoca sul funzionamento delle
macchine ed affianca all‘―anatomia dell‘uomo‖ la sua ―anatomia delle
macchine‖, elencando le macchine fino ad allora conosciute. Ladislao
Reti46
riporta una figura (vedi una serie di tavole G riprodotte dal testo
di Reti, dal testo di Ben Martin e di Reuleaux, nelle quali si fa la com-
parazione di alcuni di questi meccanismi disegnati nel 1500, nel 1700
e nel 1800) dove vengono confrontati 22 meccanismi che sono sia gli
elementi conosciuti da Leonardo sia gli elementi di macchine elencati
da Reuleaux nel libro Lehrbuch der Kinematik. La convergenza è sin-
golarissima: 20 sono nel codice di Madrid e 2 nel codice atlantico.
Mancano i ribattini sconosciuti all‘epoca. Gli elementi elencati sono: 1
vite – 2 cuneo chiavistello – 3 il ribattino (che manca) – 4 cuscinetto e
supporto – 5 perni, assi ed alberi – 6 accoppiamenti e giunti – 7 corde,
cinghie e catene – 8 ruote a frizione (rotolanti per attrito) – 9 ruote
dentate – 10 volani – 11 leve ed aste – 12 ingranaggi e ruote con denti
di arresto (ancora) – 13 ruote ad arresto a cricco – 14 freni – 15 ingra-
naggi ad innesto e disinnesto – 16 tubi – 17 cilindri e pistoni – 18 val-
vole – 19 molle – 20 manovelle ed aste – 21 camme – 22 carrucole
(verricello e pulegge); dalla figura, seguendo le frecce si vedono gli
elementi. Ritenere che F.Reuleaux abbia o meno consultato i due co-
dici (a Milano Biblioteca Ambrosiana ed a Madrid Biblioteca Nazio-
nale) nulla toglie al fatto che entrambi hanno elencato gli stessi ele-
menti. L‘assenza del piano inclinato in Leonardo potrebbe essere do-
vuta (condizionale d‘obbligo) al fatto che nel piano inclinato i corpi
scendono per gravità e quindi si utilizza l‘energia potenziale che i ci-
45
I. I. Artobolevskij, Theory of Machines and Mechanisms, Mosca, 1940.
41
nematismi per definizione dovrebbero escludere oppure, più probabile
per Leonardo, che non lo considerasse una parte di macchina. Resta il
fatto che, per un verso o per un altro sconosciuto, non lo elenca nean-
che Reuleaux.
6 - Le opere
I - La produzione di Reuleaux è così vasta che in prima istanza ci si
può chiedere come abbia potuto dal 1853 al 1905 e cioè in 51 anni
scrivere sui più svariati argomenti ed esercitare più professioni con-
temporaneamente e viaggiare in quegli anni quando la distanza Berli-
no – Nuova Zelanda veniva mediamente percorsa in 2 o 3 mesi.
Prima di presentare le opere di Reuleaux va detto che si deve ad uno
straordinario lavoro quanto si è potuto sapere su di lui. Sebastian
Remberger è l‘autore dell‘opera Franz Reuleaux – Ansichten und Sel-
bstverstaendis eines Ingenieurs in der deutschen Gesellschaft des
spaeten 19 Jahrhundert‖, compilata nel marzo 1999 quale saggio per
―magister artium‖ M.A. alla ―Ludwig – Maximilians Universitaet‖ di
Monaco di Baviera. Sono 164 pagine formato 210 x 250.
Nel saggio di Remberger si trovano:
- cinque vasti capitoli sulla vita di Reuleaux con ben 861 note
esplicative e relativi riferimenti bibliografici
- le fonti su Reuleaux che si trovano nell‘archivio del Deu-
tschen Museum di Monaco
- elenco delle lettere, appunti, schizzi, fotografie, documenti
da e per Reuleaux in tutti i settori anche familiari e privati
(322 reperti )
- le opere scritte da Reuleaux elencate e suddivise per anno
dal 1853 al 1904 sono 154
- gli scritti su Reuleaux fino al 1950 e dal 1950
46
L. Reti, The Unknown Leonardo, Londra, 1974. I disegni sono di Emil Buhrer.
42
Il lavoro di Remberger è stato acquisito a Ithaca, alla Cornell Univeri-
ty, dono del prof. Francis C. Moon allo scrivente, che ha soggiornato
alla Cornell.
II - Prima di fornire l‘elenco completo e la descrizione delle opere di
Reuleaux non è possibile non segnalare in quanti e quali campi dello
scibile spaziasse il veramente infaticabile ingegnere, ovviamente
escludendo, per il momento, le opere specificatamente professionali
(macchine, meccanica, cinematica, ingegneria, tecnica e tecnologia)
soprattutto per una maggiore comprensione dello spirito di conoscenza
che lo animava.
Durante il soggiorno a Melbourne nel 1881 tiene una conferenza
sull‘arte asiatica probabilmente dopo aver fatto un viaggio in Nuova
Zelanda per quanto dai disegni allegati sembra trattarsi di arte indiana;
(però in India andò nel 1881 e nel 1885). Sui vulcani della Nuova Ze-
landa scrisse nel 1887 ma l‘aveva visitata nel 1884. Nel 1897 si inte-
ressa al significato dell‘arte figurativa.
Pubblica un articolo sulla patina da dare ai modelli in ferro per evitare
la ruggine e stampa un resoconto sul campanile di Venezia. Si interes-
sa del cannibalismo (neozelandese?) e dei costumi dei popoli primiti-
vi.
Scrive sul trasporto della carne dall‘America all‘Europa e relativi va-
goni frigoriferi e sull‘uso della celluloide, sulla produzione degli oro-
logi, sull‘uso dei diamanti per lavorare le pietre dure e sulla naviga-
zione a traino. Studia le lampade a petrolio e la rete idraulica di Fran-
coforte, il traforo del San Gottardo e del Moncenisio ed i ponti
sull‘Eastriver di New York, la produzione della carta dalla pasta di le-
gno, i fusi per i telai, le miniere, i mosaici e gli smalti russi, le figure
degli scacchi e l‘astronomia.
Traduce opere quali: Hiawatha di Longfellow, I corpi animali come
macchine di Thurston, Robinson di Wyss.
43
Fra articoli, libri, trattati, pubblicazioni su riviste e quotidiani, confe-
renze, note storiche, tavole, note e atlanti ha compilato 172 lavori sen-
za contare le relazioni relative alla richiesta di brevetti che scrisse du-
rante la sua permanenza all‘Ufficio Brevetti di Berlino.
Hanno scritto su di lui quasi 70 specialisti del settore a partire dal
1864 al 2002. Tranne cinque (Colombo, Corradini, Lessona, Pagliani,
Canestrini, ma sono solo traduttori), nessun italiano.
Queste sue opere sono quelle che hanno avuto più influenza nello svi-
luppo della Germania e se ne fa qui un elenco anche descrittivo:
- 1853 Die Festigkeit der Materialen (La resistenza dei mate-
riali), un manuale di nozioni tipicamente ingegneristiche ad
uso dei progettisti di macchine, e degli elementi di macchi-
ne sottoposti a forze applicate
- 1854 Constructionlehre fuer den Maschinenbau, scritto as-
sieme al collega ed amico Carl L. Moll; un testo per la co-
struzione di macchine (questo libro sarà contestato da Red-
tenbacher)
- 1861 Der constructeur (Il costruttore), un manuale d‘uso
per progettare le macchine; ne furono fatte parecchie edi-
zioni rivedute e corrette ed è all‘origine di parecchi manuali
scolastici
- 1875 Lehrbuch der Kinematik (Manuale di cinematica) par-
te prima: ―principi di una teoria generale delle macchine‖; è
il libro fondamentale descrittivo delle sue teorie, quello che
gli ha dato il titolo di ―padre della cinematica‖
- 1876 Briefe aus Philadelphia (Lettere da Filadelfia), parec-
chie versioni. Pubblicate su quotidiani e poi raccolte in un
libro ebbero grandi conseguenze industriali e politiche
- 1883 Das Buch der Erfindungen (Il libro delle invenzioni),
circa 8 edizioni fino al 1891. Uno sguardo in tutti i campi
del lavoro umano
44
- 1885 Cultur und Technik (Cultura e tecnica) interessante
dissertazione sui popoli di notevole cultura perché tecnolo-
gicamente aggiornati
- 1900 Lehrbuch der Kinematik (Manuale di cinematica) par-
te seconda: ―i rapporti pratici della cinematica con la geo-
metria e la meccanica‖. È il seguito della prima parte edita
nel 1875, di minore importanza e molto tecnico. Solo nella
prima parte Reuleaux espone le sue teorie
- 1901 Die mechanischen Naturkräfte und deren Verwertung
(Le forze della natura ed il loro utilizzo), un libretto che fa il
punto sulla tecnologia dei suoi tempi
III - Per inquadrare meglio l‘avvio ai capitoli successivi si può anche
fare una ulteriore suddivisione delle opere di Reuleaux le quali scandi-
te per argomento e tipologia hanno una loro identità stranamente de-
clinante fra contenuto e dimensioni:
a. i libri sono tutti di carattere tecnico-scientifico-didattico di
notevole contenuto
b. i saggi di contenuto divulgativo anche scientifico, resoconti
di viaggi, descrizioni di opere di ingegneria finalizzata a
particolari tecnologie anche artistiche
c. articoli su quotidiani e periodici di categoria od associazioni
a carattere sociale, aneddotico, descrittivo, anche polemico,
ed innovativo sui temi scolastici ed universitari
d. le conferenze, non tutte di intrattenimento, con riferimenti
ad usi e costumi dei popoli visitati, resoconti di esperienze
culturali. Quasi tutte sono state pubblicate ed ampliate nelle
stesura con aggiornamenti descrittivi.
IV - C‘è un aspetto interessante che, a parere dello scrivente, si può
enucleare dai suoi scritti tenendo conto della sua attività didattica. È
45
uno schema pressoché identico in quasi tutte le sue pubblicazioni im-
portanti o no che siano:
- esposizione della tesi che si propone di dimostrare con bre-
vissimo cenno alla necessità del proposito
- investigazione storica e descrittiva delle vicende precedenti
con elenco dei predecessori e loro opere
- commento critico sulle opere investigate e, se benevolo, se-
gnalazione del modesto suo (di Reuleaux) contributo per
completare eventuali lacune
- ampia ripresa in esame del problema anticipato nella espo-
sizione preliminare e spiegazione della necessità di non la-
sciare insoluto il problema
- proposta della soluzione ed eventuale commento autorefe-
rente
Il tutto senza alcuna pretesa di superiorità se non acclarata dai fatti,
meno spesso dalle sue opinioni.
46
Cap. II
TEORIA GENERALE DELLE
MACCHINE E INTERPRETAZIONE
1
Questo capitolo riprende la stessa denominazione che Franz Reuleaux
ha dato alla sua opera principale: Lehrbuch der Kinematik – bd 1 –
theoretische Kinematik – Gruendzuege einer Theorie des Maschinen-
wesens.
Il primo volume, pubblicato anche in italiano, tradotto letteralmente
suona: ―Libro della dottrina della cinematica – cinematica teorica –
fondamenti di una teoria della scienza delle macchine‖ ma molto più
opportunamente in italiano è ufficialmente presentato come ―Cinema-
tica teorica – principi fondamentali di una teoria generale delle mac-
chine‖ nella traduzione fatta dal Prof. Giuseppe Colombo autorizzata
da Reuleaux stesso nel 1874 e che Colombo ha letto prima che fosse
edita a Berlino nel 1875.
Per una agevole comprensione si danno alcune definizioni di vocaboli
che etimologicamente derivano dai due verbi greci κινέω = muovo (da
cui κίνημα = movimento) e μηχανάω = macchino (da cui μηχανή =
macchina):
- cinematica: parte della meccanica che studia i movimenti
indipendentemente dalle cause (Reuleaux dissente dall‘uso
di questo inventato da Ampère)
- cinematico: relativo agli aspetti solamente geometrici del
moto
- cinematismo: è anche, o talvolta, sinonimo di meccanismo
quando si considera solo l‘aspetto cinematico
- meccanismo: il complesso degli elementi mobili di una
macchina collegati fra di loro
47
- macchinismo: l‘insieme dei congegni che rendono funzio-
nante una macchina (è anche un riferimento alle implicazio-
ni negative sull‘uomo dal punto di vista sociale)
- macchina: (per ora una definizione primitiva e molto sem-
plice) congegno che risponde a determinati requisiti tecno-
logici destinati alla produzione
- meccanica: studia il moto cinematico e dinamico; è la con-
figurazione di un meccanismo ed anche un complesso di
fatti tecnologici per determinati settori industriali
- meccanicismo: concezione che riduce la realtà a materia in
movimento
- meccanico: come sostantivo è l‘operatore tecnico, ma qui
indica l‘aggettivo inteso ―senza il concorso della volontà‖
In seguito, nel testo, Franz Reuleaux darà significati relativi e più
congrui.
È caratteristica di Reuleaux, forse dovuta alla professione di insegnan-
te, l‘abitudine di raccontare, spiegare, definire facendo ricorso al
cammino storico che precede l‘argomento. Valga questo esempio, da
lui descritto:47
per arrivare alla macchina a vapore ed al suo perfezio-
namento (da lui chiamato progresso come si vedrà più avanti) ed inse-
rire Watt come inventore. Egli comincia a citare per primo Galilei
(1610) con le leggi della caduta dei corpi nell‘aria e nel vuoto, poi
Torricelli (1645) calcola il peso della colonna d‘aria, poi Pascal
(1648) in Francia sul Puy de Dome misura la pressione atmosferica in
funzione dell‘altezza; in seguito a Magdeburgo dove Otto de Guericke
(1650) dimostra la forza della pressione atmosferica contrapposta al
vuoto; a Marburg, in Francia, Papin (1696) condensa il vapore acqueo
in un cilindro a stantuffo; idea utilizzata da Newcomen e Cowley
(1705) che ne fanno una soluzione pratica utilizzata nelle miniere. In-
tanto calore, temperatura e termodinamica si affermano e (1763) Watt
47
F. Reuleaux, Lehrbuch der Kinematik, Berlino, 1875, p. 8.
48
porta la macchina al più alto grado di funzionamento (per l‘epoca) con
l‘invenzione che porta il suo nome: parallelogramma di Watt: Reu-
leaux riporta persino la lettera scritta da Watt nel novembre del 1808
al figlio dove descrive la sua idea.48
2
La macchina, per ora, nel suo svolgimento storico (dai greci e per
molti secoli) con molta approssimazione può essere definita come un
congegno che utilizza le forze disponibili della natura e quelle animali
(uomo compreso): pertanto si comincia dalle prime cinque macchine
dette semplici e ritenute fondamentali e madri di tutte le altre: la ruota,
il cuneo, il piano inclinato, la leva, la vite.
Gli autori non concordano sull‘ordine cardinale e sull‘origine tempo-
rale di queste cinque: forse la ruota può trovare un maggiore consenso
per gli alberi abbattuti e rotolanti ma anche la leva non manca di inte-
ressanti appoggi per quanto concettualmente la leva sia frutto forse di
un caso razionalmente sviluppato. Anche di questo argomento si è in-
teressato Reuleaux sia in Cinematica teorica che nell‘altra sua opera
del 1886 Das Buch der Enfindungen, Gewerbe und Industrien.
Poiché la teoria generale delle macchine comprende la storia e la
scienza delle macchine, la storia dei meccanismi, la storia dei cinema-
tismi e della cinematica, questi argomenti non possono essere netta-
mente disgiunti come a sé stanti per quanto vadano visti separatamen-
te. Come se la materia stessa che si sta trattando sia di per sé stessa
una macchina che scomponibile nelle sue parti sia anche immediata-
mente ricomponibile in un tutto.
In effetti più di uno dei capitoli della teoria generale delle macchine
tratta dell‘analisi e della sintesi della macchina.
La macchina, se la inseriamo in suo habitat naturale, uno stabilimento,
può essere considerata un sotto sistema ma a sua volta essa è un vasto
48
Op. cit., p. 5.
49
sistema di altri sottosistemi che sono le sue parti meccaniche i cui suc-
cessivi sottosistemi sono i meccanismi formati a loro volta dai cine-
matismi.
3
La storia della macchina è una sequenza di nomi appartenenti a quelli
che per un verso o per l‘altro trattarono l‘argomento (l‘elenco non è
completo né vuol esserlo).
Questa storia diacronica ha una soluzione di continuità quando la
macchina, per evoluzione o involuzione che sia, viene considerata da
un punto di vista nettamente diverso: questa cesura ha una data ed un
nome: 1794 – Scuola Politecnica di Parigi. Si deve alla rivoluzione
francese e soprattutto alla necessità storico-politico-militare per la
Francia di avere un corpo di ingegneri particolarmente esperti in arti-
glieria ma non solamente.
Il primo periodo elenca: Erone (sec. I), Vitruvio (sec. I a.C.), Guido-
baldo del Monte (1577), Daniele Barbaro (1584), Ramelli (1588) Ga-
lileo Galilei (1593), Paolo Branca (1629), Jakob Leupold (Theatrum
Machinarum Generale, 1723; interessante l‘uso della parola ―teatro‖
per indicare un elenco da far conoscere, da vedere, per una presenta-
zione), Zonca (Novo teatro di machine, 1621), D‘Alembert e Diderot
(1774), Grandi (1739), Ruggero Boscovich (1763), Paolo Frisi (1777),
Papalino (1773), Giulio Mozzi (1763), Eulero (1780), Giovanni Ber-
noulli (1700), Watt (1780).
A Jakob Leupold si deve assegnare uno spazio maggiore: è un mecca-
nico costruttore di macchine a Lipsia ed ispettore alle miniere. Nasce
nel 1674 in Sassonia.
Dotato di notevole spirito didattico volle descrivere come ottenere
molle, viti, ruote, stantuffi e persino lubrificanti (era molto attento agli
attriti). Convinto assertore dell‘idea, come scrisse Reuleaux, che nelle
macchine si deve vedere la generalità nei particolari, a lui viene attri-
50
buita una svolta importante nella storia delle macchine. Incaricato dal
Re di Polonia e dal Principe elettore di Sassonia di sistemare e perfe-
zionare le macchine per le miniere, compila un programma in 10 punti
il primo dei quali dice: ―Tutti i congegni devono venire disegnati chia-
ramente in tutte le loro parti, descritti e calcolati secondo la teoria‖.
Dal 1724 (?) si dedica ad una opera colossale chiamata appunto Thea-
trum Machinarum Generale in 8 grandi volumi, dove descrive tutte le
macchine conosciute suddivise per caratteristiche d‘utilità e di ognuna
ne elenca gli elementi che le compongono, i meccanismi ed i cinema-
tismi.
Fino alla fine del sec. XVIII la macchina non ha vita autonoma e tanto
meno è ―disciplina didattica‖. L‘aspetto geometrico è centrale ma è
distinto soprattutto in base all‘uso (agricolo, bellico, costruttivo, idrau-
lico ecc.). Con Gaspard Monge (1746–1818, fondatore nel 1794
dell‘Ecole Polytecnique e inventore della geometria descrittiva e
proiettiva: metodo della doppia proiezione ortogonale per studiare un
oggetto nello spazio) nasce l‘insegnamento della macchina: la lezione
specifica. Egli ritiene che un corso sugli elementi di macchine debba
entrare nel curriculum scolastico e si distacca nettamente dalla conce-
zione tradizionale.49
Monge nel 1788 aveva scritto: ―si chiama macchina ogni strumento in
grado di trasmettere l‘azione di una determinata forza ad un punto di
applicazione che non sia sulla linea di azione, in modo tale che la for-
za possa muovere un corpo al quale essa non è direttamente applicata
e lo muova in una direzione diversa dalla sua propria‖.50
Nello stesso
anno viene edito un testo di Lanz-Betancourt51
dove si trova una clas-
49
Un collega di Monge, J. Hachette, figlio del fondatore della celebre libreria sorta
nel 1726, poi grande casa editrice, decide di preparare un testo per gli studenti
dell‘École Polytechnique dal titolo Traité élémentaire des machines nel 1811 che
sarà il primo libro sistematico dopo la svolta macchinista del 1794. Nel testo c‘è
una considerazione interessante: ―Scopo di una macchina: la variazione dei quattro
elementi di cui è dotato il movente: forza, direzione, velocità e tempo‖. 50
Da Traité élémentaire sur la statique (cit. da Reuleaux in Cinematica teorica). 51
Lanz-Betancourt, Essai sur la composition des maschines, Parigi, 1808.
51
sificazione (dovuta presumibilmente a Monge) e ripresa da Reuleaux
di quattro movimenti molto importanti nella storia dei meccanismi:
- circolare continuo
- circolare alternativo
- rettilineo continuo
- rettilineo alternativo
4
Durante il primo decennio del 1800 il carattere della classificazione
della scuola di Parigi (dovuto a Monge, Lanz, Betancourt) attira
l‘attenzione di André-Marie Ampère (1775-1836) il quale, nel 1834,
nel suo Essai sur la philosophie des sciences (nel quale introdurrà una
nuova classificazione dei meccanismi), propone la parola ―cinemati-
ca‖ indicando con questa una sottospecie dei meccanismi che prescin-
de dalle cause del moto: Ampère scrive ―cinématique‖ e Willis tradu-
ce in ―kinematics‖; questa traduzione inglese per diffusione fa diven-
tare standard la denominazione per quanto, secondo Hartenberg e De-
navit,52
l‘idea della parola ―cinematica‖ sia di Leupold e di Eulero.
Franz Reuleaux così annota: ―Il vocabolo ‗cinematica‘ non può stare
davanti al tribunale filologico. Ampère avrebbe dovuto dire ‗cinetica‘.
Non reputo però conveniente tentare un cambiamento: da quarantanni
il vocabolo è in uso e la proposta di Ampère ha l‘appoggio dell‘autori-
tà del nome‖.53
Sarebbe interessante esporre le vicende di questi studi a partire da
Newton a D‘Alembert, Carnot, Saint Venant, Kirkhoff, Mach, Poinca-
ré ed a qualche altra decina di scienziati fra i quali, per quanto compe-
te qui, soprattutto Chasles (chiamato il padre della geometria dei mo-
ti); ma sarebbero più consone ad un trattato di meccanica razionale.
Doveroso comunque un cenno a Resal che portò con i suoi dati alla
nozione di cinematica dei moti. Interessante il problema della geome-
52
R. S. Hartenberg e J. Denavit, Kinematics of Linkages, New York, 1964.
52
tria dei moti sviluppato da Chasles e da Resal che elaborò la nozione
di ―cinematica pura‖ indicando con questa disciplina i movimenti
geometrici assolutamente indipendenti dalle applicazioni pratiche ma
dotati di velocità.
Nel corso del sec. XIX si realizza la cinematica dei meccanismi come
propedeutica allo studio ormai non più procrastinabile degli elementi
di macchine e poi verso la fine del secolo si deve registrare l‘apparire
di nuovi meccanismi e macchine dovuti alla rivoluzione industriale. In
Germania anche per l‘iniziativa di Franz Reuleaux, è particolarmente
sentita la necessità di portare gli ingegneri meccanici ad impostare i
loro progetti su basi pratiche e scientifiche. Per merito delle università
e delle scuole superiori tecniche la Germania domina il mondo scienti-
fico: la macchina diventa una disciplina finalmente separata per quan-
to emergano tre differenti concezioni dal punto di vista tecnologico
che sono interessanti perché due si contrappongono a Reuleaux. In
breve: la prima appartiene a Franz Grashof (1826-1893), presidente
dell‘associazione ingegneri tedeschi, la celeberrima VDI (che è
l‘omologa dell‘ASME - American Society Mechanical Engineer) il
quale, fautore della tradizione positivista francese, vede la tecnologia
come applicazione scientifica e matematica (sarebbe piaciuta ad
Ampère) e la seconda è dovuta ad Alois Riedler (1850-1936) che vede
nella tecnologia un sistema socio-economico nel quale la teoria è sol-
tanto ma non il più importante dei componenti. Nei suoi scritti sono
frequenti parole come ―realtà, organizzazione, lavoro‖ e non mancano
le critiche alla estrema specializzazione settoriale delle Università
Tecnologiche con corsi separati e specifici estremamente rigidi.
La terza è di Reuleaux per il quale la macchina è essenziale allo svi-
luppo del genere umano ed il legante unico fra l‘uomo e la natura. Egli
è forse il primo filosofo tecnologico che propugni una scienza delle
53
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 543 (nota 5 da p. 13 dell‘introduzione)
53
macchine non solo separata ed indipendente ma determinante per di-
scriminare i popoli civili da quelli arretrati anche se ricchi di storia.54
―La cinematica – scrive Reuleaux – appartiene alla scienza delle mac-
chine (contrariamente ad Ampère per il quale la cinematica apparte-
neva alla meccanica) perché la macchina non è fatta di elementi‖.
Concetto fondamentale della teoria di Reuleaux sul quale egli appog-
gia tutta la sua opera.
5
In questo paragrafo si fa un brevissimo cenno più che all‘origine della
macchina alla storia della storiografia delle macchine che può essere
definita ―macchinale‖ con un aggettivo leonardesco (perché, in realtà,
a Reuleaux interessa il progresso della macchina nel tempo, cioè come
è stata progressivamente perfezionata).
Il primo scritto dove si trova la parola meccanismo o macchina, ugua-
le in greco, si trova in Erodoto. Secondo Aulo Gallio (150 d.C.) Archi-
ta (amico di Platone e celebre matematico) avrebbe costruito una co-
lomba volante mentre la parola appare come attrezzo del teatro antico
greco per far muovere o far apparire attori (deus ex machina si disse in
latino). E non era macchinario da poco se nell‘opera di Eschilo. ―Pro-
meteo incatenato‖ arrivarono dal cielo Oceano e le Oceanidi (15 in
tutto, con i cavalli volteggianti del peso di una tonnellata!) ed erano
macchine ben bilanciate se Aristofane scrisse che si potevano muove-
re con un dito.
Il trattato di Aristotele Meccanica discute argomenti meccanici, pro-
ponendo una spiegazione causale che fa riferimento alle proprietà del-
la figura circolare. Gli altri principali studiosi di meccanica sono Cte-
sibio e Filone, il quale espone una idea fondamentale ed importantis-
sima per Franz Reuleaux: ―Un piccolo numero di semplici elementi
costituisce le parti di ogni macchina le quali come elementi base sinte-
54
Tesi sostenuta nel saggio-conferenza Cultur und Technik (v. Cap. VII).
54
tizzano differentemente ogni macchina‖. E poi Erone, il quale intro-
duce in uno scritto (che si ha in arabo) i 5 elementi meccanici necessa-
ri per muovere un peso: ruota col suo asse, leva, cuneo, vite, verricel-
lo. Quindi, tra i romani, Vitruvio Pollione (sec. I a.C.).
La storia della storia delle macchine non registra particolari autori or-
ganici e sistematici per un lunghissimo periodo (molti secoli) per
quanto le macchine esistano e vengano costruite. Nell‘età medievale
non si hanno sostanziali sviluppi fino all‘età rinascimentale. Si arriva
a Galilei. Giusto un cenno si può fare alla descrizione di meccanismi
per orologi dovuta alla necessità di misurare il tempo nei monasteri.
Lo sviluppo nell‘età moderna trova un punto di notevole rilievo
nell‘École Polytechnique dove Hachette pensa di classificare le mac-
chine a scopo didattico e mette le basi per una diversa nomenclatura
suddividendo le macchine nei seguenti elementi: ricevitore del moto
iniziale, comunicatore del moto, modificatore del moto, supporti con
sole funzioni strutturali, regolatori per le variazioni, operatori per
sfruttare le funzioni.
Reuleaux, dopo attente osservazioni e critiche, respingerà queste clas-
sificazioni, comprese quelle di Redtenbacher e Willis; esaminerà, co-
me si vedrà, cammini noti ed ignoti portando originali innovazioni che
ne faranno il ―padre della cinematica‖.
6 - Interpretazione della teoria generale delle macchine come rap-
presentazione geometrica
L‘introduzione del testo sulla cinematica teorica – principi fondamen-
tali di una teoria generale delle macchine (fondamentale per tutta la
teoria di Reuleaux) ha, com‘è prassi tradizionale, tutte le dichiarazioni
programmatiche che il testo svolgerà per 569 pagine nella prima parte
e per 775 nella seconda.
È interessante, evidentemente nell‘interpretazione dello scrivente, no-
tare come la struttura nella quale Reuleaux inserirà metaforicamente la
55
sua tesi ha uno sviluppo non a rete o lineare ma a forma circolare ed
anche a spirale il che evidenzia un punto da raggiungere con ragiona-
menti progressivi.
Si tratta anche di interpretare cosa Reuleaux stia proponendo ma sul
significato di interpretazione si ritornerà alla fine del percorso. Le due
immagini geometriche del cerchio e della spirale non confondono il
lettore perché i cerchi concentrici stanno fra loro separati con interval-
li loro propri mentre la spirale, che sfrutta in parte le proprietà del cer-
chio, indirizza la lettura verso un centro.
Finita l‘introduzione, di cui si è detto quanto bastava, seguono i capi-
toli che non sono messi in sequenza ma secondo lo schema interpreta-
tivo che lo scrivente cerca di evidenziare.
Il primo paragrafo del I capitolo ―limiti del problema delle macchine‖
espone i limiti ma non con significato restrittivo: cioè come dire ―il
problema delle macchine ha dei limiti‖ ma è invece dichiarativo cioè
come limitare, fissare e circoscrivere i problemi da risolvere e nel se-
condo paragrafo si ha la ―scienza delle macchine‖ per poi passare al
terzo che si definisce soluzione del problema: proposizione dichiarati-
va (se così fosse il libro sarebbe finito) che verrà definita meglio in
seguito: ―Ecco tracciato il sistema per sciogliere il problema in modo
generale‖.55
Il primo cerchio è qui con esposizione di idee generali e con un ag-
gancio alla analisi ed alla sintesi. Così si esprime Reuleaux: ―Analisi e
sintesi possono restare indipendenti in parecchi rami delle scienze
esatte ma nel nostro caso non possono perché la macchina non è un
fenomeno naturale ma siamo noi che l’abbiamo creata e costruita con
un processo sintetico che comprende ciò che si chiama invenzione‖.56
Nel capitolo secondo si passa alla ―scienza della rappresentazione
geometrica dei movimenti‖, o ―teoremi di foronomia‖ argomento del
tutto autonomo; si può dire ―sistemistico‖ semplicemente inteso come
55
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 51.
56
collezione di elementi che caratterizzano l‘appartenenza all‘insieme.
Capitolo interessante interamente dedicato alla geometria del moto,
chiuso a cerchio che è anche l‘emblema dell‘insieme.
Viene poi il capitolo sulle ―coppie di elementi‖ (già annunciato in poche
parole durante l‘esposizione del problema delle macchine tutto riservato
alla definizione ―le macchine si compongono di corpi in simil modo ac-
coppiati a due a due‖); seguono quindi: elenco di coppie, descrizione dei
movimenti e soluzioni geometriche relative alle coppie di elementi indi-
pendenti. Alla fine del terzo capitolo alcune righe di richiamo ai sistemi
abbozzati nell‘involucro esterno del primo cerchio che sono: leva, tornio,
piano inclinato per dimostrare le fragili basi su cui è eretto l‘edificio della
cinematica e la necessità di un metodo rigoroso. Il quarto e quinto capito-
lo sono una a sé stante elencazione delle coppie non indipendenti e delle
catene cinematiche non indipendenti.
Dopo si entra in uno scenario che si può dire teatro alla Leupold ed al-
la Zonca che non ha riscontro prima e dopo nel testo; un teatro a cer-
chio perché parte dall‘inizio con l‘―homo erectus‖ per finire ai giorni
di Reuleaux. Il titolo è molto significativo: ―Uno sguardo alla storia
dello sviluppo delle macchine‖.
Si noti il richiamo alla storia dello sviluppo e non alla storia delle
macchine. Interessante la presentazione di Reuleaux di questo capitolo
che è uno dei più corposi del testo e questo è molto comprensibile
quando si pensi alla cultura maturata da Reuleaux in tutto il vastissimo
settore dell‘attività tecnologica umana che Reuleaux colloca fra
l‘invenzione (meglio scoperta) del fuoco fino alla macchina a vapore
simbolo della sua età.
Egli scrive: ―La storia del progresso non s‘ha da confondere con la
storia vera e propria: quest‘ultima è una serie cronologica di dati e fat-
ti relativi alle macchine (anche regressivi e decadenti); il progresso in-
56
Op. cit., p. 50.
57
vece è sempre investigazione di stadi per raggiungere le condizioni at-
tuali‖.57
In altre parti del presente lavoro lo scrivente ha trattato l‘argomento
sul piano specifico relativo ai cinematismi. Qui si parla della struttura,
del taglio dell‘opera che si fa ipoteticamente concentrica. In breve
questo capitolo, così anomalo, (anche se Reuleaux scrive: ―lo scopo
che dobbiamo proporci non è tanto quello di conoscere il numero delle
applicazioni dell‘efficacia delle macchine ma quali siano i perfezio-
namenti e per raggiungerlo dobbiamo risalire fino alle prime origi-
ni‖)58
si presenta con questi paragrafi: ―Origine e progresso delle mac-
chine‖; ―Principio cinematico del perfezionamento‖; ―Sviluppo della
meccanica moderna‖; ―Motivi impellenti dello sviluppo delle macchi-
ne‖. Di questo ultimo paragrafo ne spiega l‘impellenza: ―Io sono an-
dato contro l‘idea dominante che la macchina sia nata per impiegare la
forza motrice ed ho mostrato l‘erroneità; fu il bisogno di produrre un
movimento che ispirò l‘idea di congegnare una macchina; i motivi im-
pellenti allo sviluppo sono: il più antico, di realizzare movimenti di-
versi, il secondo è quello di avere a disposizione la forza motrice‖.59
E più avanti: ―Per realizzare il progresso bisogna sostituire la chiusura
cinematica alla chiusura forza‖.60
Il capitolo successivo è un ulteriore involucro che passa da cerchio a
spirale nel senso concettuale perché, dedicato al linguaggio simbolico
cinematico, vernicia, per così dire, permea tutti i cinematismi presi in
esame da Reuleaux e si insinua in tutta l‘opera percorrendola verso il
57
Op. cit., p. 179. 58
Op. cit., p. 180. 59
Op. cit., p. 220. 60
Op. cit., p. 222. Il concetto va chiarito ancora una volta a causa di una definizio-
ne a pp. 149-150 del libro di Reuleaux: le coppie di elementi possono essere chiuse
o mediante due elementi o mediante forze applicate. Quando si applicano le forze
queste si chiamano ―forze di chiusura o chiudenti‖ e si definisce ―chiusura di for-
za‖ quella chiusura che si è ottenuta con la forza (di chiusura, ovviamente). Si può
avanzare l‘ipotesi lessicale che fra le parole Kraft e Schluss l‘uso tipico tedesco del
genitivo anteposto non abbia contribuito alla chiarezza della proposizione. Resti
fermo comunque che una forza che chiude una porta fa si che la porta sia stata
chiusa con la forza.
58
centro. Formulato il linguaggio la spirale si incammina verso l‘analisi
suddivisa in quattro importanti settori descrittivi: cinematica, dei cap-
sulismi, dei rotismi e degli elementi costruttivi delle macchine per poi
passare ad esondare nell‘analisi della macchina completa. Con questa
si arriva al penultimo stadio della spirale/cipolla e come conclusione
resta il tema centrale, ampiamente presentato nell‘introduzione ma an-
che ritenuto il fine ultimo quasi in posizione teleologica: la sintesi che
fra diretta e indiretta si spartisce tutta la storia della ―teoria generale
delle macchine‖.
Reuleaux scrive a chiusura: ―L‘altezza a cui con la sintesi siamo per-
venuti ci permette di abbracciare con lo sguardo in tutti i sensi tanto
quella parte di campo che abbiamo esplorato quanto quella che ci ri-
mane. Però ci sentiamo rinfrancati dalla convinzione che il molto che
rimane si può fare con pochi mezzi e che le leggi ci sono perfettamen-
te note. Eccomi arrivato alla fine a cui avevo accennato
nell‘introduzione: l‘invenzione dei meccanismi che si risolve con la
sintesi cinematica che però facilita l‘invenzione solo a colui che si è
fatto un concetto scientifico dello scopo cui mira. La sintesi non circo-
scrive il lavoro dell‘inventore ma lo eleva‖.61
Il che va perfettamente a calzare la ipotesi presentata all‘inizio di un
percorso ad anelli e a spirale. La sintesi è il centro dell‘inventore e da
qui ci si eleva con lo sguardo a 360° come dice Reuleaux, perché il
centro non è raggiunto da un percorso in salita alla fine di una via in-
dicata ma come un punto focale sul quale erigere l‘invenzione.
Una ultima riflessione sulla interpretazione: meglio chiamarla con Pla-
tone ―ermeneutica‖ (v. Repubblica, 523 b e Teeteto, 209 a), con il
concetto di afferrare qualcosa dal mondo esterno. Non delucidazione
di significati oscuri, ancor meno richiamo a Schleiermacher (saperne
più dell‘autore), tanto più che il problema della traduzione implica
non poche difficoltà particolarmente filosofiche di significato e signi-
61
Op. cit., p. 539.
59
ficanza e quindi solo una collocazione storica inevitabile:62
da Reu-
leaux e la sua opera sono trascorsi 129 anni ed anche qui si potrebbe
―interpretare‖ nel poco e nel tanto ma è innegabile la validità di en-
trambi. C‘è un Reuleaux datato (e non può storicamente essere altri-
menti) quando fa il contemporaneo di se stesso ed un Reuleaux gigan-
tesco, eterno se lo si prende come punto di partenza di ulteriori e spe-
rabili studi di approfondimento e di interpretazione. Perché se si eccet-
tua la traduzione in italiano di due opere, Reuleaux è ignorato nella
bibliografia italiana.63
Fig. 1
62
L‘interpretazione di tipo geometrico come è raffigurata nel disegno soprastante è
nata per lo scrivente dalla lettura dell‘indice. 63
Salvo errori od omissioni nella ricerca.
60
Cap. III
I MODELLI DI FRANZ REULEAUX
1
Conviene premettere che la parola ―modello‖ si presta a più d‘una in-
terpretazione:64
il concetto risulterà chiaro dal contesto.
È indubbio che una attenta lettura, anche se non dedicata al ―particula-
re‖, delle centinaia di pagine del manuale di cinematica con così nu-
merosi scenari ed ancor più numerosissime citazioni storiche dedicate
ai cinematismi porti ad evocare più che a spiegare quali siano stati i
modelli di Reuleaux, i suoi riferimenti, i suoi precedenti. Tanto più
che il sottotitolo di cinematica teorica è: ―Teoria generale delle mac-
chine‖. Conviene ripetere quanto egli stesso scrive nella presentazio-
ne: ―La teoria forma l‘oggetto della seguente pubblicazione e differi-
sce essenzialmente in gran parte dalle teorie fino ad ora comunemente
accettate‖;65
―La scienza della composizione delle macchine, che sto
tentando di fondare su nuove basi, se vuol destare interesse deve pro-
durre qualcosa di nuovo: rendere solubili i problemi che finora coi
metodi sistematici sono rimasti insoluti‖;66
―Credo con ciò di aver di-
mostrato l‘insufficienza delle teorie cinematiche finora conosciute e di
aver provato la necessità di una riforma, di una trasformazione; per
operare questa trasformazione occorre attenersi ai principi logici ma
semplici. Si tratta di applicare alla teoria delle macchine il metodo de-
duttivo: con il che non voglio dire che il metodo induttivo sia meno
valido, anzi, ma il lavoro fatto finora mancava di metodo (deduttivo o
induttivo che sia); non si è basato lo studio della cinematica su princi-
64
La dizione ―pattern‖ è più significativa di contenuto ma non si vuole anglicizzare
il testo, salvo le parole originali degli autori. 65
F. Reuleaux, Cinematica Teorica, p. 3.
61
pi sicuri, nonostante le affermazioni di molti autori che hanno fatto ri-
suonare ripetutamente le loro ‖.67
Sono affermazioni forti che non possono essere lasciate fine a se stes-
se; non si può dire che Reuleaux si sia tagliato i ponti alle spalle, ma è
più che lecito asserire che si è impegnato su due fronti: la critica alle
lacune dei suoi predecessori con la narrazione storica degli eventi e la
presentazione di una nuova teoria delle macchine. Ovviamente per ot-
temperare alle anticipazioni fatte ha preso dei modelli i quali sono di
due specie: quelli che si richiamano all‘analisi cioè, analizzando la
macchina o descrivendone i meccanismi cinematici e quelli che si ri-
chiamano alla sintesi e che hanno visto la macchina come un tutto
unico composto di elementi fondamentali e come tale l‘hanno descrit-
ta. Non è facile e non può esserci una divisione netta fra le due catego-
rie tant‘è che anche Reuleaux dedica alla sintesi ed alla analisi (v.
Cap. IX) pagine storicamente alternate. In questo modo egli evoca la
storia dei suoi precedenti il che gli consente di affermare che una in-
venzione non è frutto di un lampo improvviso dell‘ingegno ma il natu-
rale decorso di un concetto diacronico che di passo in passo arriva, per
approssimazioni successive, alla sua ultima definitiva elaborazione.68
Tenuto conto che migliaia di autori di ogni epoca si sono interessati
all‘argomento, è necessaria una selezione limitata, appunto, ai modelli
citati da Reuleaux diretti ed a qualcuno degli indiretti ma pertinente.
2
I modelli di Franz Reuleaux sono praticamente tutti quelli che nel suo
libro Lehrbuch der kinematik hanno avuto una citazione specifica; al-
tri sono citati solo per nome ma non è difficile arguire che ne abbia
66
Op. cit., p. 18. 67
Op. cit., p. 24. 68
Op. cit., p. 10 segg. È una posizione dogmatica poco accettabile da Reuleaux; se
lui stesso scrive che una invenzione è un insieme continuo di perfezionamenti non
può avere una ultima definita elaborazione (se non intesa come temporalmente
62
letto qualcosa o abbia avuto notizie di seconda mano. Non deve stupi-
re l‘eterogeneità dell‘elenco perché è Reuleaux stesso che parte da
Omero per trattare del trapano, derivato dalla bacchetta per
l‘accensione del fuoco:
―E come allor che tavola di nave
il trapano appuntito investe e fora…‖
(Odissea)69
Per poi passare alla costruzione della ruota:
―…ma di bronzo le salde lame
dei lor cerchi estremi…‖
(Iliade)70
Ed alle macchine per trasporto citate da Vitruvio.71
Vanno ricordati:
- Villard de Honnecourt, autore di un testo di meccanica nel
1225
- Ibn al Razza al Jazari, non menzionato da Reuleaux, ma
portato in Europa da Fibonacci, che compila nel 1200 un li-
bro di disegni di meccanismi ripresi da Borgnis e Hachette,
quindi da Reuleaux
- Gerolamo Cardano, citato più volte da Reuleaux; il suo
giunto verrà utilizzato per spiegare un esempio di simboli-
smo cinematico (Cap. VII) e farà parte anche dei modelli
costruiti da Reuleaux e custoditi a Ithaca (Usa)
- Fausto Veranzio, autore del volume Machinae novae, Ve-
nezia, 1616
provvisoria); sarebbe la morte della macchina e per estensione di tutto. Fortunata-
mente Reuleaux dopo affermazioni nette e categoriche scrive: ―Sto tentando‖. 69
Op. cit., p. 188. 70
Op. cit., p. 188. 71
Op. cit., p. 546, dove si cita il trasporto delle colonne del tempio di Artemisia a
Efeso effettuato dall‘architetto Chersifone (cfr. Vitruvio, De architectura).
63
- Antonio Cordini detto Sangallo, che descrive macchine da
sollevamento riprese da Agostino Ramelli
- Guidobaldo del Monte, autore del Mechanicorum liber,
1577
- Agostino Ramelli, che scrive Diverse ed artificiose macchi-
ne, 1588. Va ricordato soprattutto perché con Ramelli72
fini-
sce quello che Reuleaux considera un vecchio modo di ve-
dere la macchina come un tutt‘uno e solo secondo l‘utilità,
senza parzializzare gli elementi componenti; però, oltre a ci-
tarlo frequentemente, va detto che alla Cornell University di
Ithaca c‘è un modello funzionante della pompa di Ramelli
ricostruita da Reuleaux. La Tav. H rappresenta una macchi-
na per il sollevamento delle bocche da fuoco descritta da
Ramelli e merita attenzione tecnica ed artistica per
l‘esecuzione e la struttura. La pompa di Ramelli (Fig.15),
utilizzando il linguaggio simbolico (che si vedrà nel Cap. IV
e di cui si anticipa solo una formulazione per l‘occasione),
ha questo aspetto:
3[(C'')ª – d – —]
- Branca, autore di Machine
- Carlo Ignazio Giulio, Cinematica applicata alle arti,
1847,73
basata sulla geometria descrittiva di impronta mon-
giana con cui inizia una attenzione ai meccanismi
- Jacob Leupold,74
di cui si scrive nel Cap. II
Contemporaneamente nasce una straordinaria diffusione di testi e di-
segni di studiosi che sono sensibili alla nuova era della macchina de-
72
Reuleaux cita Ramelli in Cinematica teorica, p. 336, 349, 377, 559. 73
cfr. F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 14: ―Egli [Giulio] ha legato alla sua pa-
tria [Italia] una eredità preziosa. L‘autore annoda con molto talento la cinematica
alla meccanica. Aleggia nel libro uno spirito fino tanto più degno in quanto suppo-
ne solo una cultura matematica elementare‖. Quindi è da dedurre Reuleaux ne ha
fatto una lettura più che attenta. 74
J. Leupold, Theatrum machinarum generale, Lipsia, 1723.
64
scritta per elementi che culminerà con la rivoluzione industriale nei
suoi aspetti: costruttivo, teorico, scientifico ed anche sociale.
Fino al 1600 ogni disegno veniva trattato come unica figura della
macchina; era del tutto mancante il concetto della composizione per
meccanismi per necessità di qualsiasi genere.75
Il progetto era una ge-
niale riflessione di singoli e non un sistema a monte. Per avere una
idea dei disegni, v. Tav. I. A Leupold si deve anche la definizione di
macchina che Reuleaux riporta e che si trova nel Cap. V, e la discus-
sione-commento di Reuleaux.
Un notevole precedente di Reuleaux è Ignazio Borgnis, professore di
meccanica all‘Università di Pavia. Scrisse nel 1818, a Parigi, due testi
importanti per Reuleaux: Traité complet de mécanique e Mécanique
appliquée : composition des machines.
Altri autori dei quali Reuleaux terrà conto sono i seguenti
- Jean Bernoulli (1667-1748) autore di un De centro sponta-
neo rotationis, antesignano dei centrodes di Reuleaux
- Mc Quorn Rankine (1820-1872), che nel 1869 scrive Man-
ual of Machinery
- Il citatissimo André-Maria Ampère (1775-1836)
- Gaspar Gustave Coriolis (1792-1843)
- Lanz (1734-1839)
- Betancourt (1758-1840)
- Lazare Carnot (uno dei fondatori dell‘École Parisienne)
(1753-1832)
- Gaspard Monge (1746-1818)
- Bernard Hachette (1769-?); la Tav. J rappresenta alcuni
meccanismi elencati da Borgnis, la Tav. K alcuni di Hachet-
te
- James Watt (1736-1819), che verrà più volte segnalato da
Reuleaux, è un antesignano del controllo automatico di ri-
75
Con Jakob Leupold nasce la svolta della decomposizione delle macchine.
65
sposta-ritorno (feedback) e del concetto altrimenti detto
predictor-corrector (trial and error)
- Chasles (1793-1880), professore all‘École Polytechnique,
autore di uno studio sui centri istantanei ripreso da Reu-
leaux con i centrodes
- Burmester (1840-1922), di Dresda, autore di Lehrbuch der
Kinematik, Lipsia, 1888
- Belanger, nel 1864 scrive Serie de traités sur la mécanique
- Andreas Schubert (1808-1870), professore a Dresda dal
1828 al 1868, progettista del primo battello a vapore
sull‘Elba
Dopo questa carrellata storico-meccanica (non si vuol fare un elenco
di notizie che si trovano in qualunque testo di storia delle macchine
ma solo segnalare i riferimenti specifici di Reuleaux) ci sono altri
―modelli‖. Come Carlo Linneo (1707-1778), il naturalista svedese che
si dedicò alla classificazione degli esseri viventi, più volte citato da
Reuleaux come esempio da imitare per il simbolismo cinematico.
Questi ed altri denotano un periodo di convogliamento verso la classi-
ficazione ordinata (ed in questa tendenza si inserisce più che autore-
volmente anzi definitivamente Reuleaux) ed anche verso la teoria di
Auguste Comte (1798-1857), il fondatore del positivismo, allievo
dell‘École Polytechnique, legato a Saint-Simon (v. Cap. VIII, dedicato
a ―Reuleaux e la filosofia‖ con cenno a Saint-Simon) ed autore di Pia-
no dei lavori scientifici necessari per organizzare la società.
Indubbiamente, senza fare eccessivi richiami filosofici e storici,
l‘esplosione (sembra la parola più adatta) dall‘illuminismo alla rivolu-
zione industriale porta l‘umanità a subire uno sconvolgimento totale.
Questa fase devastante, nel disordine venutosi necessariamente a crea-
re, ha infine un bisogno di ordine in tutti i sensi; ordine che matura in
campi non strettamente specifici e che richiama gli elementi sensibili a
quelle dichiarazioni che anche Reuleaux semina nella sua opera per
66
classificare e quindi ordinare macchine, meccanismi, cinematismi e
così via. Su questo clima vanno visti i ―modelli‖ di Reuleaux. Anche
la produzione industriale, espone tecnologicamente il fare e chiede la
suddivisione del lavoro, e la produzione di serie, e quindi quantità e
qualità a parametri costanti. Altro suggerimento a Reuleaux perché
realizzi un‘opera il cui ―modello‖ è la necessità di fare il punto della
situazione. Un esempio che si può prendere dalla lettura delle sue ope-
re: c‘è confusione nella definizione di macchina?, sembra chiedersi
Reuleaux. Allora vediamo tutte le definizioni, comprendiamole, com-
mentiamole. Fatto questo esprime la sua, che ritiene conclusiva e met-
te ordine nelle definizioni stesse.
Adesso, forse, è stato chiarito il significato di modello presentato
all‘inizio: si chiama ―modello di una teoria‖ se si intende per teoria
(quella di Reuleaux) un insieme di formulazioni di un linguaggio for-
malizzato (il simbolismo cinematico) ed una conseguente interpreta-
zione che diventa il ―modello della teoria‖ (le formule di Reuleaux per
ordinare i cinematismi).
67
Cap. IV
LINGUAGGIO SIMBOLICO CINEMATICO
1
Il titolo è preso dal Cap. VII dell‘opera Lehrbuch der Kinematik (Ma-
nuale di cinematica) che è di capitale importanza per la conoscenza
del pensiero di Reuleaux sul simbolismo e pertanto più di una volta
verranno citate le sue proposizioni. L‘idea fondamentale è ricondurre i
principi generali agli elementi essenziali utilizzando simboli: combi-
nare i termini per facilitare la descrizione sintetica della macchina che
è composta di meccanismi, a loro volta composti di catene cinemati-
che a loro volta formate da coppie di elementi. Non si tratta di un pro-
cesso inventivo teso a risolvere ma piuttosto a porre le basi per siste-
mare simbolicamente le coppie cinematiche adottando analisi e sintesi
in un percorso di andata e ritorno dalle coppie cinematiche alla mac-
china e viceversa.
Il processo alle intenzioni è del tutto fuori luogo per motivi cognitivi e
storici però il ―percorso‖ di Reuleaux, pur nella sua stringente logicità,
pone le condizioni di possibilità di chiedersi se la struttura del lin-
guaggio simbolico sia solo strumentale.
Si leggano in sequenza le sue affermazioni:
- ―Per inviluppare un corpo in movimento occorre almeno un
altro corpo‖76
- ―Sono sempre due i corpi che hanno relazione fra loro‖77
- ―I corpi accoppiati a due a due costituiscono i veri elementi
cinematici‖78
76
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 40. 77
Op. cit., p. 41. 78
Op. cit., p. 41.
68
- ―Le parti elementari di una macchina sono sempre impiega-
te a due a due; quindi la macchina non è composta da ele-
menti ma da coppie, la cui vastità di numero è talmente
grande che il loro esame è sempre più difficile‖79
- ―È diventato più vivo il bisogno di poter comprendere a
colpo d‘occhio le relazioni dei meccanismi fra loro‖80
- ―Dobbiamo cercare un mezzo per facilitare il linguaggio
[…] è indubbio il vantaggio di rappresentare con un simbo-
lo un linguaggio complesso. Noi ci muniremo di questo im-
portante strumento‖81
- ―Ogni linguaggio simbolico nella scienza non è che un me-
todo di abbreviazione e non un segreto inaccessibile ai non
iniziati. L‘esposizione porgerà l‘occasione di gettare molta
chiarezza sopra parecchie catene cinematiche‖82
In precedenza altri, non per introdurre simboli ma per classificare,
proposero opere nelle quali le macchine sono state elencate. Si citano,
perché Reuleaux ne ha fatto delle derivazioni: Leonardo da Vinci, il
―codice di Madrid‖ del 1493 nel quale menziona gli ―elementi mac-
chinali‖; Ramelli che scrive le Diverse et artificiose machine nel 1588
e, fondamentale per Reuleaux, Jacob Leupold con Theatrum machi-
narum generale del 1723. Fondamentale perché con Leupold, come è
stato ripetuto più volte, ha inizio la descrizione compositiva decostrui-
ta delle macchine nei singoli elementi.
Ovviamente Reuleaux ripete che per inserire il linguaggio simbolico si
devono studiare solo i puri meccanismi cioè le geometrie del moto
(non la ―mécanique pure‖ di Resal).
A titolo esplicativo si anticipa l‘argomento: gli elementi primi vengo-
no indicati con le lettere dell‘alfabeto o altri simboli; attraverso tante
79
Op. cit., p. 81. 80
Op. cit., p. 225. 81
Op. cit., p. 226. 82
Op. cit., p. 227.
69
possibili combinazioni si ottengono formulazioni tipiche contenenti i
principi costruttivi. L‘arte di Reuleaux si presenta come scienza che
unifica i cinematismi con un cammino che può sintetizzarsi così: lette-
re alfabetiche – sillabe – parole – proposizioni.
Ancora una volta si evidenzia il concetto importantissimo che la mac-
china è qualcosa di composto unicamente dalle catene cinematiche.
Ma la vastità, la varietà e la ricchezza di forme di una catena cinema-
tica rende difficile un rapido esame e contemporaneamente è vivo il
bisogno di comprendere le intime relazioni fra i meccanismi: ―Mate-
matica e chimica hanno da sempre adottato l‘eccellente mezzo del lin-
guaggio simbolico e pertanto anche noi ci muniremo di questo impor-
tante strumento‖.83
Nel capitolo precedente si è visto come i concetti di Reuleaux lo ab-
biano portato ad elaborare, sviluppare ed analizzare il suo concetto di
sistema basato su principi che contengono i fondamenti della cinema-
tica. Si sa dalla sua biografia che nel biennio trascorso a Berlino ed a
Bonn si è dedicato anche alla filosofia. Non ci è dato di sapere con
certezza se in questo approccio ha ―incontrato‖ Leibniz ma ci sono
delle sottili affinità concettuali indubbiamente dovute agli studi da lui
effettuati più in campo filosofico che in quello matematico.
Si sa comunque che prima di proporre e divulgare la sua teoria ha fat-
to notevoli ricerche sui precedenti e sui relativi tentativi (come lui li
chiama).
E dedica un intero paragrafo per descriverli.84
Egli nota che soprattutto
gli orologiai si servirono di una specie di notazione per rappresentare
la successione delle ruote dentate e degli assi di un rotismo di orologio
e copia da Robert Willis (di cui si è vista l‘importanza per Reuleaux
nel Cap. I ) che riporta, senza alcuna citazione della fonte, un gruppo
di ingranaggi di un orologio a pendolo, i cui numeri sono i numeri dei
83
Op. cit., p. 226. 84
Op. cit., p. 226, par. 53.
70
denti, i tratti lineari i collegamenti (assi) delle ruote ed i numeri so-
vrapposti indicano gli ingranaggi accoppiati:85
Ruota grande 48
Pignone 6 ══════ 45 Seconda ruota
Pignone 6 ═══════30 Ruota di scappamento
Sempre da Willis, Reuleaux presenta altri esempi di autori diversi
(Oughtred, Derham, Alexandre) ma che ritiene del tutto insufficienti
per il sistema sostitutivo che ha in mente.
Giustamente Reuleaux non ritiene ―simbolici‖ gli esempi sopraccitati
ma ugualmente li riporta insieme agli altri sistemi di notazioni allo
scopo di evidenziare e privilegiare la sua opera. Segue poi, ma am-
piamente trattato, l‘inglese Babbage, inventore della macchina da cal-
colo logaritmica (doppiamente caro a Reuleaux come inventore per i
suoi appunti speculativi sull‘invenzione e come autore di un testo
sull‘uso dei simboli in una macchina).86
Titolo che giustifica più che notevolmente l‘interesse di Reuleaux, il
quale però sottolinea che l‘utilità pratica di Babbage va ricercata solo
nella facilità di lettura in quanto si tratta di una descrizione abbreviata
delle funzioni di una macchina ma non di una trattazione sui principi.
Il linguaggio che Reuleaux vuole adottare ha in comune con la mate-
matica l‘indicazione delle operazioni e con la chimica l‘indicazione
della qualità degli oggetti ma poiché i corpi cinematici devono essere
completi (quelli matematici forniscono solo grandezza) ogni lettera
darà anche una indicazione geometrica con il nome del corpo e con
indici appropriati per l‘esatta identificazione.
85
Op. cit., p. 226 e segg. 86
C. Babbage, A Method of Expressinng by Signs the Action of Machinery, Londra,
1826.
71
Quindi una lettera sarà un simbolo di ―specie‖87
(una vite verrà indica-
ta con la ―V‖, una ―P‖ indicherà un prisma, ecc.), ma bisogna aggiun-
gere anche un simbolo di ―forma‖ (cilindro pieno o cavo) ed ancora un
simbolo di ―relazione‖ per indicare se i due elementi sono accoppiati o
collegati, mobili o fissi.
Per i simboli di specie sono impiegate le lettere maiuscole:88
- S vite (superficie spirale)
- R corpo di rotazione (rotonde)
- P prisma
- C cilindro
- K cono
- H iperboloide
- G sfera (globo)
- A arco
- Z dente, risalto
- V vaso recipiente
- T organo di trazione
- Q organo di comprensione o di pressione
87
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 229. 88
Necessità linguistiche di traduzione non possono mantenere l‘iniziale del corri-
spondente vocabolo tedesco, ma d‘altra parte una corrispondenza univoca in italia-
no avrebbe comportato una riparametrazione di quasi tutte le espressioni simboli-
che. È anche molto probabile che la tecnica contemporanea possa utilizzare un
maggior numerosi di simboli in quanto quelli elencati appartengono alla metà del
sec. XIX. Tutto ciò non ha importanza per l‘approccio simbolico alla classificazio-
ne sistematica dei cinematismi. Qualche simbolo è di origine latina, lingua che in
più occasioni Reuleaux ha dato prova di conoscere molto bene avendola studiata a
Coblenza.
72
Sono invece simboli di forma:89
- + per i corpi pieni (da applicarsi in piccolo carattere al di
sopra e a destra dei simboli di specie)
- ° per i corpi piani (da applicarsi in piccolo carattere al di so-
pra e a destra dei simboli di specie)
- – per i corpi cavi (da applicarsi in piccolo carattere al di so-
pra e a destra dei simboli di specie)
- ˘ per i corpi a profilo curvo (da applicarsi in piccolo caratte-
re al di sopra dei simboli di specie)
- C+ cilindrico pieno
- C- cilindrico cavo
- S+ viete piena o maschio di vite
- S- madrevite
- K+ cono pieno
- K- cono cavo
- K° cono piano (cono con angolo al vertice di 180°)
- Č+ cilindro a base secondo una curva qualunque
- Č+ lo stesso cilindro, pieno
- Č- lo stesso cilindro, cavo
- P prisma a base secondo una curva qualunque
- C ruota dentata cilindrica
- C+ ruota dentata cilindrica a dentatura esterna
- C- ruota dentata cilindrica a dentatura interna
- K+ ruota dentata conica a dentatura esterna
89
Occorre distinguere il concetto geometrico di forma dal termine opposto a mate-
ria. Lo spazio di un corpo è la forma geometrica che è racchiusa dalla superficie ma
niente ci impedisce di pensare anche alla superficie esterna della forma stessa: da
un corpo pieno al quale è stato tolto un cilindro pieno: si hanno due cilindri uno
pieno ed uno cavo; al primo si dà segno +; al secondo –. Le precisazioni di questa
nota sono state oggetto di studio del prof. Ingvar Johansson, docente di Filosofia
della Scienza (cfr. The Unnoticed Regional Ontology of Mechanism in ―Axioma-
thes‖ VIII, p. 4. ―Regional‖ va inteso in senso husserliano come ―regionale‖: è una
ontologia fenomenologia che descrittivamente coglie i differenti modi di essere
delle cose; cioè le ―regioni‖ nelle quali si articola l‘essere).
73
- K° ruota dentata conica a dentatura interna
- H+ ruota dentata iperboloidica
- H° ruota dentata iperboloidica piana
- Č+ ruota non circolare, dentata all‘esterno
- Pz dentiera
- C+ ruota elicoidale cilindrica a dentatura esterna
- Tp organo di trazione prismatico (nastro, cinghia)
Sono simboli di relazione:
- , unione di coppie
- . unione di membri
- _ elemento fisso
Per esempio, C+…C
+ rappresenta due cilindri pieni uniti invariabil-
mente fra di loro, di cui uno è fisso.
Altri segni, uguali o somiglianti a quelli usati in aritmetica:
- = uguale
- maggiore
- minore
- infinito
- │ conassico
- ║ parallelo
- inclinato
- ┴ normale
- /– incrociato obliquamente
- ┼ incrociato ad angolo retto
- ╪ eguale e conassico
- # eguale e parallelo
- coincidente o congruente
- ¯ compiano o situato in uno stesso piano
- Z antiparallelo in un quadrilatero)
- isoscele (in un quadrilatero)
74
75
76
Dopo questi esempi Reuleaux propone un ulteriore perfezionamento
riduttivo con l‘introduzione di una scrittura ancor più abbreviata che si
riporta a titolo puramente indicativo:
- la coppia di viti S+ S- con (S)
- la coppia di cilindri C+ C- con (C)
- la coppia di prismi P+ P- con (P)
- la coppia di ruote dentate cilindriche Cz,Cz con (C)
- la coppia di ruote dentate coniche Kz,Kz con (K)
Il completamento di questo capitolo, particolarmente interessante non
tanto per gli esempi di simbolismo cinematico che sono stati presentati
ma per il contenuto, richiede ancora qualche esempio più generalizza-
to di scrittura delle catene composte e di catene con organi di pressio-
ne.
Una catena composta è rappresentata dal ruotismo composto da due
coppie di ruote dentate (ab e cd) con la ruota c fissa alla b; gli assi di
rotazione sono conassici.
L‘inserimento delle catene composte conduce ad un settore molto im-
portante ai tempi di Reuleaux e cioè quello che contiene un organo di
pressione che nel caso specifico è una ruota idraulica mossa
dall‘acqua (si sta andando verso la macchina) la quale, come si è visto,
77
per Reuleaux non è un elemento isolato ma fa parte della catena cine-
matica,90
al punto che può essere sostituita da una ruota dentata (v.
Fig. 10). Reuleaux (con notazioni tecniche oggi molto datate) chiama i
meccanismi delle figure:
- ruota idraulica con caduta per dislivello
- ruota a schiaffo per sollevamento dell‘acqua
- battello a ruote con acqua in quiete
La notazione concentrata (valida per tutti) dei tre meccanismi o cine-
matismi o congegni o catene cinematiche che dir si voglia, è:
C' C2λ Vλ
Reuleaux conclude affermando come questi esempi diano una congrua
idea dell‘utilità di specializzare le formule in questo modo perché con
esso si designa da una parte l‘intimo nesso delle macchine (che nella
pratica sono assai differenti) e dall‘altra si determinano chiaramente
ma soprattutto semplicemente i punti di differenza. La formula specia-
le di un meccanismo diventa particolarmente opportuna nell‘analisi
delle macchine complete.91
Il richiamo all‘analisi e quindi parallelamente alla sintesi anticipa la
composizione (assemblaggio) e la scomposizione (smontaggio) della
macchina che Reuleaux farà in seguito.
A titolo riassuntivo si riporta il simbolismo relativo ad un battello ad
elica, 92
dove a = elica (motore); b = acqua; c = battello con timone; s
= vite; p = rotoide (in altri casi anche R); c = cilindro; q = l‘organo di
pressione fluido; 5 = numero delle coppie; 1 = conassico; s = vite ver-
ticale; b = acqua sopra elica:(S5q P5q C1)b
90
Così sarà anche per la miscela combustibile e comburente per i motori a combu-
stione interna. 91
È opportuno tenere presente che, come responsabile dell‘Ufficio brevetti di Ber-
lino, Reuleaux metteva perfettamente in pratica il suo sistema di linguaggio simbo-
lico: quando doveva verificare l‘originalità e la paternità di un brevetto che gli ve-
niva sottoposto compilava con il suo sistema le notazioni relative e mediante un ra-
pido confronto poteva dare parere favorevole o meno al presentatore. 92
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 506.
78
Si deve anche segnalare che di tutti i meccanismi (centinaia) descritti
nel testo Reuleaux fornisce la formulazione simbolica cinematica.
Fig. 10 - Ruota a schiaffo.
Nella tavola seguente sono rappresentate cinque pompe: sopra, i nomi
dei costruttori; sotto, la dicitura secondo il linguaggio simbolico cine-
matico. Si osservi la prima da sinistra (Cochrane): prima della paren-
tesi nessun numero; la seconda (Minari, Stocker) differisce dalla pri-
ma per il numero 2; la terza e la quarta hanno entrambe il numero 3,
ma nella terza (Jones, Ortlieb) si vede un – b che risulta assente nella
quarta (Davies); la quinta (Ramelli) rispetto alla terza presenta in più
un 4 e un – c / 2. Si vuole cioè far notare che tranne la seconda, di
aspetto visivamente diverso, le altre quattro, seppur descritte anche
diffusamente e dettagliatamente, necessitano di un disegno per essere
distinte e identificate. Con il sistema Reuleaux ognuna è diversa e ne-
cessita di pochissimi simboli.
79
80
Cap. V
LA MACCHINA
1 - Definizioni
La macchina è ovviamente l‘argomento fondamentale per Reuleaux.
La sua opera essenziale ha come titolo Cinematica teorica ma il primo
volume che condensa le sue teorie è denominato Teoria generale delle
macchine. Ad essa dedicherà decine di pagine di notevole spessore in-
tellettuale, in quanto, come si è visto nei capitoli precedenti, egli in-
tende costruirle intorno un sistema satellitare: definizione, composi-
zione, decostruzione, linguaggio simbolico, meccanismi, cinematismi,
sintesi, analisi, sviluppo storico e progresso anche civile.
Non si deve dimenticare il suo habitat: costruttore di macchine nello
stabilimento del padre e del nonno, professore di costruzioni di mac-
chine alla Gewerbe Akademie, membro della commissione per
l‘industria e responsabile dell‘Ufficio brevetti.
La lettura del suo testo, anche fra le righe, fa capire due cose: il rive-
rente rispetto intellettuale con il quale tratta la macchina e nello stesso
momento l‘estrema padronanza con la quale affronta l‘argomento. Il
concetto macchina sarà visto più dettagliatamente in seguito ma ora e
da ora va tenuto presente che la macchina è sì un tutto ma deve essere
vista come un composto di parti elementari (coppie) ma queste non ul-
teriormente scomponibili se si adotta sua concezione che è poi la sua
teoria fondamentale.
L‘impostazione da lui data può essere definita di carattere ontologico:
in senso generale ontologia è la dottrina che studia l‘essere in quanto
tale (per Reuleaux macchina = ente); il termine moderno viene dal fi-
losofo tedesco Christian Wolff (1679–1754) che nel 1729 intitola una
sua opera Philosophia prima sive ontologia. È il periodo della tra-
sformazione dell‘ontologia da induttiva a deduttiva. Si può stabilire un
81
confronto significativo con l‘affermazione di Reuleaux: ―…credo con
ciò di aver dimostrato l‘insufficienza delle teorie cinematiche finora
conosciute e di aver provato la necessità di una riforma, di una tra-
sformazione; per operare questa trasformazione occorre attenersi a
principi logici ma semplici: si tratta di applicare alle macchine il me-
todo deduttivo; con il che non voglio dire che il metodo induttivo sia
meno valido, anzi, ma il lavoro fatto finora mancava di metodo (de-
duttivo o induttivo che sia); non si è basato lo studio della cinematica
su principi sicuri, nonostante le affermazioni di molti autori che hanno
fatto risuonare ripetutamente i loro ‖.93
Principi fondamentali dell‘ontologia sono quelli di ragion sufficiente,
della serie di coppie: qualità-quantità, singolare-universale, semplice-
composto, identico-diverso. Con le dovute omologie metaforiche
sembra di leggere Lehrbuch der Kinematik. Anche uno studio del filo-
sofo della scienza, lo svedese Ingvar Johansson afferma che
l‘esposizione di Reuleaux può essere definita ―a truly deductive treat-
ment of machines‖.94
2
Agli inizi del paragrafo 2 intitolato alla scienza delle macchine,95
Reu-
leaux fa alcune considerazioni introduttive con la premessa che i pro-
blemi relativi alle macchine si possono benissimo separare dai pro-
blemi di meccanica generale in quanto questa studia i movimenti pro-
dotti dalle forze applicate mentre la scienza delle macchine si occupa
dei movimenti dei mezzi impiegati per ottenere dei prodotti. E pertan-
to la scienza delle macchine può esistere come scienza indipendente e
come campo di studi nel quale creare un ordine sistematico nuovo:
sono gli anni intorno al 1865 e Reuleaux si propone di inserire nella
93 F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 24.
94 I. Johansson, The Unnoticed Regional Ontology of Mechanisms, in “Axioma-
thes‖, VIII, 1997.
95 F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 34.
82
scienza delle macchine un sistema di classificazione simile a quello di
Linneo, ma simbolico, come si è visto nel capitolo precedente. ―La
scienza delle macchine,‖ egli scrive, ―può essere descrittiva, speciale e
teorica: questa ultima è l‘oggetto dello studio‖.96
Va anche detto che la scienza delle macchine di Reuleaux non va con-
fusa con la tecnologia che Reuleaux non tratta mai né esplicitamente
né implicitamente in questo testo sulla cinematica. In altre pubblica-
zioni scriverà diffusamente su questa disciplina tecnica che si occupa
della lavorazione delle materie prime e seconde mediante l‘uso di
mezzi meccanici. Altra scienza è la costruzione di macchine (non il
progetto inventivo), che è il tema totalizzante dei volumi dal titolo Der
Constructeur, cioè lo studio della resistenza dei materiali degli ele-
menti di macchine che devono opporsi e sopportare le sollecitazioni
dovute alle forze applicate. Altra scienza ancora è quella che studia la
mutua dipendenza degli elementi di macchine collegati fra loro.
Ne deriva ciò che Reuleaux scrive: ―il complesso sistematico delle so-
luzioni ai problemi delle macchine è la cinematica teorica o teoria dei
meccanismi e quindi quelle speciali disposizioni delle macchine in
virtù delle quali vengono determinati i movimenti reciproci che non
sono altro che spostamenti. Tutto richiede: definizioni certe, ordine
concettuale, classificazione, nomenclatura‖.97
È il lavoro a cui si accinge Reuleaux, da lui anticipato nella introduzione del
manuale.
3
Si potrebbero annoverare centinaia di definizioni di macchine (anche
sul piano operativo), ma non si tratta di fare un corso di macchine sto-
rico o tecnico (più adatto ad una disciplina ingegneristica), quanto
piuttosto di far conoscere (nell‘ambito dei programmi di Reuleaux,
che come si è detto desidera definizioni certe) l‘ambiente nel quale
96
Op. cit., p. 34.
83
sono maturati i suoi propositi: dare una sistemazione organica combi-
natoria alla cinematica che intende condurre a scienza indipendente.
Qui si può citare Leibniz (però è un‘idea presa da Hobbes), che cercò
una ―characteristica universalis‖ per dar vita a una ―ars combinatoria‖
che ponesse le possibilità di una esecuzione quasi automatica delle
operazioni logiche. Quando si dice che la logica vuole fornire una ri-
gorosa chiarezza formale ai suoi componenti descrittivi, non ci si di-
scosta molto dai programmi di Reuleaux, tanto più che lui stesso pre-
scinde dal sensibile degli elementi cinematici (le forze applicate) per
adottare il mondo delle idee cinematiche, colmando quelle che lui ri-
tiene siano le lacune illogiche esistenti nella teoria delle macchine.
―Per rendere più chiaro il concetto di macchina dobbiamo ora stabilire
quali proprietà debba avere un sistema macchinale per meritare il no-
me di macchina. Queste proprietà sono:
- le forze latenti che devono impedire i movimenti che turbano
i sistemi in equilibrio – la macchina che deve produrre un
determinato lavoro meccanico – il conseguimento di movi-
menti perfettamente determinati. Nasce quindi un duplice
procedimento:
- negativo perché impedisce ogni altro movimento fuori da
quello richiesto
- positivo perché attua il movimento richiesto‖.98
Si può pertanto così definire la macchina: ―un insieme di corpi resi-
stenti, disposti in modo da obbligare per loro mezzo le forze meccani-
che naturali ad agire secondo movimenti determinati‖.99
A questo punto Reuleaux, con una particolare singolarità, anziché pro-
seguire nel contesto inserisce una nota che così si presenta: ―È molto
singolare ed avrebbe dovuto essere motivo di riflessione il fatto che di
rado accade di trovare due definizioni concordi su un così importante
97
Op. cit., p. 35. 98
Op. cit., p. 38. 99
Op. cit., p. 34.
84
prodotto dell‘ingegno umano quale è la macchina. Le seguenti cita-
zioni mostreranno come erano incerte e vaghe le idee finora dominanti
sulla macchina presso coloro che avrebbero dovuto conoscere perfet-
tamente la questione‖.100
Nella elencazione delle definizioni, non solo Reuleaux procede in or-
dine sparso senza alcun riferimento di carattere temporale o storico o
tecnico, ma le inserisce in una lunghissima nota a margine ed a fine di
Cinematica teorica (e precisamente la n. 8 a p. 544), accompagnando-
le da annotazioni di carattere logico e non eminentemente tecnico;
probabilmente voleva dimostrare, come aveva anticipato,101
che nes-
suno fra quelli da lui studiati aveva recepito l‘anima della macchina.
Come si è detto, nella elencazione delle definizioni di macchine, Reu-
leaux procede senza un ordine, ma solo con osservazioni di carattere
descrittivo e grammaticale.
Facendo supposizioni non verificabili, si può pensare che la colloca-
zione intenda far passare perché lacunose, in secondo ordine, le defi-
nizioni altrui oppure far maggiormente spiccare il carattere specifico
della sua definizione. Detto questo si elencano le definizioni raccolte
da Reuleaux: fra parentesi i commenti, quasi totalmente non positivi,
fatti per giustificare la necessità della riforma da lui voluta.
- Weisbach: macchine si chiamano tutti quegli apparecchi per
mezzo dei quali le forze producono un effetto diverso da
quello che senza di essi apparecchi avrebbero prodotto.
(Una matita od un bastone sarebbero una macchina?)
- Poncelet: le macchine industriali e tecniche hanno lo scopo
di compiere certi lavori con l‘aiuto dei motori o delle forze
motrici che la natura ci offre. (Spiegazione piena di riserve)
- Bresson: una macchina è uno strumento che ha lo scopo di
trasportare l‘effetto di una forza dal suo punto di applica-
zione al luogo dove essa deve operare per vincere una resi-
100
Op. cit., p. 544.
85
stenza e compiere un lavoro la cui esecuzione sarebbe diffi-
cile e talvolta impossibile se si dovessero impiegare le forze
direttamente. (Cosa ci fa un ―talvolta‖ in una definizione
scientifica?)
- Pierer: la macchina è un apparecchio per mezzo del quale
viene prodotto un movimento, cioè un cambiamento di po-
sto o un cambiamento di forma in un corpo e quindi in ge-
nerale si compie un lavoro od un effetto meccanico. (Defi-
nizione descrittiva che si adatta a tante cose)
- Leupold: la macchina è un congegno artificiale per mezzo
del quale si può effettuare un movimento utile cioè ottenere
un movimento in un tempo più breve o con una forza mino-
re. (Congegno artificiale?). A Jacob Leupold, Reuleaux ri-
serva e giustamente dedica anche un commento positivo,
essendo il primo che ha effettuato la decomposizione di una
macchina in elementi: come si è visto, il lavoro di Leupold
segna una svolta importante nella storia delle macchine e
spiana la via a Reuleaux. La definizione originale è: ―Ma-
schine ist ein kunstliche Werkzeug dadurch man zu einer
vortheilhafften Bewegung glanget, das ist, da die Bewegung
entweder in kurtzerer Zeit oder mit weniger Kraft re-
schiet‖.102
Reuleaux contesta ―congegno artificiale‖.
- Zeising: senza dare definizioni cita Vitruvio: ―Machina est
continens ex materia coniunctio maxima ad onerum motus
habens virtutes‖. Posto che per materia in latino si intende
legname d‘opera, la traduzione è: ―Una intelaiatura di legni
101
Op. cit., p. 34. 102
J. Leupold, Theatrum machinarum generale, vol. I. Filologicamente ―kunstli-
che‖ = ―ad arte‖, cioè fatto apposta; più di ―artificiale‖: c‘è uno scopo intenzionale
che travalica quello, ad esempio, di prodotti artificiali (es.: Kunststoffe = materie
plastiche). ―Werk‖ è ―l‘opera‖, ―il fare‖ (es.: Werkleute = la gente che lavora, gli
operai; Werkstelle = il luogo dove si lavora, l‘officina); Zeug = il mezzo per fare
(es.: Spielzeug = il giocattolo; Flugzeug = il mezzo per volare = aeroplano; quindi
―kunstliche Werkzeug‖ = mezzo per operare fatto ad arte, con uno scopo preciso).
86
connessi fra loro che ha eccellenti proprietà per il movimen-
to dei carichi‖. (Non è una macchina)
- Ruehlmann: con il nome di macchina noi indichiamo la
unione di corpi solidi, mobili ed immobili, in un sistema ri-
gido, invariabile, indipendente per mezzo del quale le forze
possono, mediante variazione della loro direzione e intensi-
tà, farsi reciprocamente equilibrio. (Quindi una catena so-
spesa sarebbe una macchina ma un torchio idraulico no per-
ché l‘acqua non è un solido?) Sempre di Ruehlmann: la
macchina è un complesso di corpi mobili ed immobili (qua-
si esclusivamente solidi) che serve a ricevere e trasmettere
ed anche a trasformare in direzione e grandezza, forze fisi-
che in modo che queste diventino atte a compiere determi-
nati lavori meccanici. (Due definizioni; quale la vera?)
- Kayser: le macchine sono apparecchi i quali servono a de-
terminati scopi. (Definizione che vale anche per il sartiame
di una nave)
- Schrader: una macchina è un apparecchio per produrre una
variazione in una data forza. (Breve e concisa, ma cosa si-
gnifica: variare una forza?)
- Wernicke: una macchina è una riunione di corpi i quali han-
no lo scopo di compiere un lavoro qualunque mediante una
forza disponibile. (L‘inizio è preciso ma il seguito è inde-
terminato)
- Poppe: noi chiamiamo macchine tutti quegli apparecchi per
mezzo dei quali si possono con vantaggio produrre, mante-
nere, trasmettere secondo diverse direzioni i movimenti.
(Che c‘entra il vantaggio con la scienza?)
- Delaunay: le macchine sono apparati i quali servono per
trasmettere i lavori delle forze o anche a far agire una forza
sopra un punto che non si trova nella sua propria direzione
87
(Si enumerano proprietà ma nulla di determinato e ―o an-
che‖ è fatale).
- Willis: una macchina è uno strumento con il quale si può ef-
fettuare un rapporto qualunque tra i meccanismi di due pez-
zi. (Questa definizione è un equazione a due incognite).
- Giulio: dicesi macchina ogni congegno destinato a ricevere
movimento dall‘azione di un motore, a modificare questo
movimento e così modificato a trasmetterlo ad uno strumen-
to atto ad eseguire un lavoro qualunque. (Indica le proprietà
ma non dice cosa sia una macchina)
- Laboulaye: si dà il nome di macchina ad un sistema di corpi
destinati a trasmettere il lavoro delle forze e quindi tanto a
modificare le forze stesse in rapporto alla loro intensità
quanto a trasformare il movimento provocato rispetto alla
sua velocità e direzione con riguardo allo scopo da ottenersi.
(Cos‘è un sistema di corpi? Forze anche chimiche?)
- Belanger: una macchina è un corpo o un complesso di corpi
il quale è destinato a ricevere date forze in uno dei suoi cor-
pi componenti, esercitando a sua volta, per mezzo di altri
punti del sistema, forze diverse, in generale, dalle prime tan-
to con riguardo alla intensità ed alla direzione che alla velo-
cità dei loro punti di applicazione. (Complesso di frasi che
descrive ma non definisce)
- Haton: una macchina è un apparato il quale è destinato a
porre in comunicazione un motore con una materia da lavo-
rarsi. (Apparato, materia, motore, comunicazione! Quanti
enigmi)
Dalla pagina 586 delle note che si trovano nel cap. I del testo si pos-
sono leggere i commenti diretti ed espliciti. E sempre a p. 586 e se-
guenti Reuleaux continua: ―il lettore non si meravigli se ho messo in-
sieme nomi di diversa importanza e neppure se ho omesso quelli di
88
Moseley, Redtenbacher, Jolly, Karmasch, Holzmann, Langdorf, Ey-
telwein e altri ancora. Questi scrittori non danno alcuna definizione
della macchina ed entrano o nella classificazione o nella descrizione:
le definizioni soprascritte sono quasi interamente di natura descrittiva;
l‘essenziale si trova esposto come accessorio: non vorrei essere frain-
teso; non si tratta di perdersi in sottigliezze critiche ma di accennare
all‘importanza di proposizioni con le quali porre le basi di una dottrina
scientifica nel momento stesso in cui si incomincia a definire l‘oggetto
della dottrina stessa‖.
―Mi si opporrà che la definizione ha anticipato lo studio dell‘oggetto
ma l‘esposizione di una scienza non deve essere la storia della sua in-
venzione. Ma una definizione incompleta o descrittiva riflette lo stato
della scienza della quale si tratta. Finché la scienza non ha dato una
base stabile (che è quello che vuole fare Reuleaux) non si possono
muovere rimproveri al meccanico specialista di macchine se è incerto.
Io vorrei citare ( continua Reuleaux ) Stuart Mill (1806–1873) che co-
sì esprime in Logica – I – libro I – cap.VIII – par. 4 – (però il titolo
originale dell‘opera è: ―sistema di logica deduttiva ed induttiva‖
1843).
―Ciò che è vero nella definizione di qualunque espressione della
scienza è vero anche nella definizione della scienza stessa e quindi la
definizione deve essere preventiva e progressiva. Un aumento delle
nostre cognizioni od una modificazione delle opinioni possono con-
durre ad una più o meno profonda variazione dei particolari della
scienza stessa; se l‘orditura si è venuta mutando, può darsi si trovi una
combinazione di proprietà più appropriata a definire il nome.‖
4
Se si prende in esame la definizione di Reuleaux e la si confronta con
quelle riportate verrebbe da citare Platone del Teeteto (147 a) (v. Cap.
X). In effetti Reuleaux dice: ―È un insieme di corpi resistenti…‖ e gli
altri affermano: apparecchio che serve, apparecchio per produrre, con-
89
gegno atto a, destinato a, apparecchio per mezzo del quale si può, un
congegno destinato a ricevere, destinato a porre in comunicazione, si-
stema di corpi destinati a, con lo scopo di, e così via.
È chiaro che, quando secondo Reuleaux per ―definizione‖ si intenda
―esplicitare l‘essenza di qualcosa‖, nessuno degli scrittori citati ha
esplicitato l‘essenza della macchina, ma si sono piuttosto serviti di de-
scrizioni improprie.
Se si ritorna alla definizione di macchina precedentemente data e cioè:
―una macchina è un insieme di corpi resistenti, disposti in modo da
obbligare per loro mezzo le forze meccaniche naturali ad agire secon-
do movimenti determinati‖ si ritiene opportuno citare la definizione
presa alle pp. 38 e 492 del testo originale di Reuleaux in lingua tede-
sca, nelle due versioni di pochissimo differenti ma sulle quali si pos-
sono fare riflessioni comparative con la traduzione italiana ufficiale
(fra parentesi le varianti, per altro insignificanti): ―Eine Maschine ist
eine Verbindung (von) widerstandsfaehiger (n) Koerper (n), welche so
eingerichtet ist dass mittelst ihrer mechanische Naturkraefte genoetigt
werden koennen, unter bestimmten Bewegungen zu wirken‖.
Verbindung tradotto come ―insieme‖; per il vero da binden = legare,
allacciare, ma soprattutto unire andrebbe tradotto con ―unione‖ così si
rende l‘idea di corpi fra loro collegati come intendeva Reuleaux.
Mechanische Naturkräfte non sono propriamente le ―forze meccani-
che naturali‖, che può sembrare un ossimoro, ma piuttosto le ―forze
della natura meccaniche‖ (letteralmente) o, meglio, le ―forze meccani-
che della natura‖, avvertendo una differenza fra ―della natura‖ e ―natu-
rali‖.
Wirken non sarebbe propriamente ―agire‖, quanto ―operare‖, che per
una macchina è più pertinente.
Non va comunque dimenticato che Reuleaux definisce macchine an-
che due massi che cadendo ne sollevano un altro, le lastre depositate
dagli uragani che oscillano come bilance ed i geyser d‘Islanda.103
103
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 49.
90
La definizione di macchina non è immune da critiche, come tutte le
definizioni (se non le proposizioni protocollari): infatti oltre alle anno-
tazioni precedenti che possono essere imputate al traduttore si potreb-
bero far notare i seguenti punti:
- ―di corpi resistenti‖: è ovvio che le parti di una macchina
resistano alle tensioni dovute ai carichi cui sono sottoposte,
ma non devono opporre resistenza (nell‘altro senso) alle
forze che le devono muovere per compiere un lavoro,104
quindi ―di corpi in grado di non deformarsi‖
- ―obbligare le forze ad agire‖ non è molto preciso
- ―secondo movimenti‖ vuol dire ―in funzione di‖ o ―ad ope-
rare con‖?
Con un po‘ di revisionismo si potrebbe anche scrivere: ―Una macchina
è una unione di corpi (in grado di non deformarsi ) disposti in modo
da costringere per loro mezzo le forze meccaniche della natura ad ope-
rare con movimenti determinati‖. Per concludere, anche la definizione
di Reuleaux può essere segnalata come le altre da lui respinte, per
quanto sia ineccepibile ed abilissimamente inoppugnabile ed inconte-
stabile, così com‘era nei suoi propositi dichiaratamente esposti.
Segue, a p. 54 del testo originale in tedesco, una ulteriore definizione
così traducibile: ―Un gruppo cinematico o meccanismo si mette in mo-
to quando una forza meccanica che è in grado di modificarne la posi-
zione di quiete, agisce su uno dei suoi componenti mobili: La forza
compie pertanto un lavoro che in certe condizioni procede da sé; il tut-
to è quindi una macchina‖. Molto interessante ed alternativa alla pri-
ma.
104 Il lavoro è, per definizione universale, il prodotto della forza per lo spostamento
nella direzione della forza; per chiarire: chi porta una valigia vince la forza peso ma
non compie alcun lavoro.
91
5
Dopo la definizione di macchina, Reuleaux prosegue nel suo pro-
gramma presentato nell‘introduzione e passa a stabilire quali sono i
principi generali secondo i quali i corpi, dotati di opportuna resistenza
alla deformazione ed alla rottura, vengano impediti di compiere mo-
vimenti diversi da quelli desiderati dai corpi con i quali sono in contat-
to.
Ma per studiare questi principi occorre prescindere dalle forze e dalle
tensioni, dalla resistenza delle masse, dagli attriti e considerare soltan-
to le proprietà geometriche.
Ha così inizio una successione di proposizioni meccanico-geometriche
sul problema generale delle macchine. Esse costituiscono praticamen-
te la ―summa mechanica‖ di Reuleaux:
1. le macchine si compongono di elementi connessi a due a
due
2. queste coppie sono i veri elementi cinematici
3. l‘unione di coppie di elementi è detta catena cinematica
4. una catena cinematica si dice chiusa quando tutti i suoi ele-
menti sono collegati
5. quando in una catena si tiene fisso un elemento questa è un
meccanismo
6. una catena cinematica chiusa può trasformarsi in tanti mec-
canismi quanti sono i membri da cui è composta
7. ogni cambiamento di posizione di uno dei membri rispetto
all‘altro, provoca uno spostamento di tutti gli altri ed il loro
moto sarà un moto relativo
8. un meccanismo è mosso quando uno dei suoi membri è sot-
toposto ad una forza che ne muta la posizione e compie un
lavoro
9. l‘insieme dei meccanismi costituisce una macchina
10. un meccanismo si esplicita in catene cinematiche
92
11. le catene cinematiche si risolvono in coppie di elementi
6
A chiarimento delle proposizioni sopraccitate, Reuleaux presenta due
figure (Figg. 16 e 17): nella prima si ritiene di tenere fisso un lato del
trapezio di volta in volta diverso e nella successiva è fisso sempre il
lato ab.
Il trapezio sia formato da quattro lati uniti l‘uno con l‘altro da giunti
(composti da perno ed occhiello) che consentano la rotazione e siano
b, c, f, g i quattro perni e a, d, e, h i quattro snodi; quindi le coppie
(che Reuleaux chiama die Paar) sono: ab, cd, ef, gh. Gli accoppia-
menti hanno quattro diversi modi di essere quando si tenga fermo un
lato a turno (quello sottolineato):
I bc - de - fg - ha
II bc - de - fg - ha
III bc - de - fg - ha
IV bc - de - fg - ha
La catena è chiusa ed ogni membro ha solo grado di libertà, cioè la ro-
tazione che provoca il movimento di tutti gli altri. Nella Fig. 17 un la-
to è sempre fisso, sicché i movimenti da relativi passano ad assoluti.
93
7
Seguendo Reuleaux si è visto in qual modo un meccanismo diventi
una macchina; a ritroso si può decostruire o decomporre una macchi-
na: in questa decomposizione consiste l‘analisi ed in opposizione la
sintesi, cioè l‘elencazione e la determinazione degli elementi, coppie,
cinematismi, catene, meccanismi con i quali si ricompone una mac-
china.
In questo caso sintesi ed analisi non vanno disgiunte perché, secondo
Reuleaux, con questi due processi si è costruita la macchina.
―La sintesi è il più difficile dei due procedimenti perché essa com-
prende ciò che si chiama invenzione‖. Con questa affermazione Reu-
leaux anticipa uno dei temi importanti del suo manuale sulle macchine
che si vedrà nei capitoli seguenti. ―L‘invenzione non è altro che indu-
zione, vale a dire un continuo avvicendarsi di analisi delle soluzioni
possibili e di tentativi (trial and error) che, attraverso un labirinto di
soluzioni tentate e poi respinte ma concatenate, percorrono un circolo
vizioso di faticosi esperimenti: questo lavoro, in gran parte inutile, di-
pende dal fatto che chi lo pratica non ha a sua disposizione i mezzi (di
attuare la composizione, cioè la concatenazione cinematica del mec-
canismo che cerca e che gli serve) e le leggi relative: la conoscenza di
queste gli avrebbe mostrato la soluzione e la soluzione si trova solo
conoscendo la teoria, quella vera, dei meccanismi inserendo il metodo
analitico o sintetico‖ (cfr. Cap. III, terzo capoverso). Ed infatti prose-
gue: ―Abbiamo indicato teoricamente il problema ma per arrivare alla
generalità concreta della applicazione particolare bisogna fare uno
studio speciale sui vari cinematismi o coppie di elementi o meccani-
smi e adottare il linguaggio simbolico sistematico e cinematico, non
prima di aver affrontato la storia delle macchine che ci aiuterà poi a
capire il processo dell‘invenzione.‖
94
8
A questo punto Reuleaux fa un po‘ di cronistoria, come di consueto,
elencando i nomi e le opere dei suoi contemporanei dai quali ha tratto
i convincimenti di cui sopra. Fra parentesi le date di edizione (per in-
dicazione storica): Laboulaye, Cinématique, 1849; Morin, Cinémati-
ques sur les moviments, 1851; Weisbach, Abhænderung der
Bewegung, 1841; Redtenbacher, Die Bewegungmechanismen, 1857
(essendo stato suo allievo e con rapporti alterni, spende qualche parola
apologetica, ma lo definisce un ―nichilista‖ - interessante il concetto di
Reuleaux su quel movimento politico - perché respinge totalmente i
sistemi precedenti senza fare alcuna proposta); Chasles e Poinsot,
Théorie de la rotation des corps, 1857; Girault, Éléments de geometrie
appliquée a la trasformation du moviment, 1858; Belanger, Cinémati-
que, 1864; Haton, Traité des méchanismes, 1864; Resal, Cinématique
pure, 1863.
Continua Reuleaux: ―Tutte queste opere non hanno condotto la cine-
matica sotto un solo unico concetto, anzi l‘opera di Resal che ha in-
trodotto la cinematica pura, ha fatto nascere una divisione nella cine-
matica applicata e inoltre con l‘ing. Stamm, autore di Essai sur
l’automatique pure (1861) con i suoi studi sul filatoio self-acting, na-
sce quella che definisco: scienza automatica; cioè la teoria che realiz-
za, mediante meccanismi, rapporti di movimento espressi con formule
matematiche‖.105
E così conclude: ―Dopo aver trovato una confusione
di tentativi, tanti gli autori ed altrettanti i sistemi, credo di aver dimo-
strato l‘insufficienza delle teorie cinetiche fino ad ora conosciute e la
necessità di una sostanziale e formale riforma,106
ma dove è il punto
debole delle idee oggigiorno prevalenti? La cinematica sarà una scien-
za con vita propria quando sarà descritta come fornitrice di mezzi ca-
paci di realizzare i movimenti di determinata natura. Inoltre se i pro-
cedimenti del pensiero sono esatti per i meccanismi conosciuti devono
105
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 17.
95
anche essere validi per giungere alla scoperta di nuovi meccanismi
non ancora conosciuti107
e posso quindi citare Schopenhauer (Parerga
II, Cap. III) ‗…le nostre idee migliori, più feconde ci compaiono tutto
ad un tratto come ispirazione mentre invece non sono altro che il risul-
tato di lunghe ed inavvertite meditazioni‘‖.108
9
Dopo queste considerazioni Reuleaux afferma che erroneamente la
macchina è vista come un tutto unico. L‘argomento è ripreso più volte
per arrivare alla teoria che prende le mosse da Jacob Leupold e dal suo
più volte citato Theatrum machinarum generale, oltre che dal libro di
Lanz-Betancour Essai sur la composition des machines, in cui sono
elencate 10 classi di meccanismi che trasformano il movimento:
E poiché vuole arrivare a dimostrare che la macchina è composta da
elementi costruttivi aggiunge ai soprascritti anche Borgnis, che ha
compilato il Traitè complet de mécanique nel quale si elencano le 6
classi di elementi funzionali (poi ridotte a 3, v. Cap. VI).
106
Il concetto è ribadito più volte. 107
Determinismo intellettuale. 108
Altro concetto ribadito più volte.
Rettilineo
continuo
Rettilineo
continuo
Rettilineo
alternativo
Circolare
continuo
Circolare
alternativo
Rettilineo
alternativo
Circolare
continuo
Circolare
alternativo
Rettilineo
alternativo
Circolare
alternativo
96
Ma poi, con riferimento a Borgnis, di cui ha una stima eccezionale,
scrive testualmente: ―Che il venerando Nestore della meccanica mi
perdoni ma – amicus Plato sed magis amica veritas – dobbiamo modi-
ficare sostanzialmente tutto‖.109
Modificarne sostanzialmente tutto per Reuleaux vuol dire ristudiare
tutti i cinematismi, non solo ma anche tutta la cinematica, non concet-
tualmente dalle fondamenta teoriche,ma mediante la descrizione di
tutti i meccanismi composti da coppie. I tempi sono maturi per
un‘opera del genere tanto più che nel 1841 Robert Willis, come si è
detto, pubblicava Principles of Mechanisms, del quale Reuleaux ha
dato un giudizio molto positivo perché gli ha non poco spianato la
strada.
109
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 17.
97
Cap. VI
UNO SGUARDO ALLE MACCHINE
1
Franz Reuleaux inizia il Cap. VI del Manuale di cinematica con una
citazione di Friedrich von Schiller: ―Quante creazioni dell‘arte, quanti
prodigi della assiduità umana, quanta luce in tutti i campi del sapere
da quando l‘uomo non consuma più le sue forze inutilmente nella di-
fesa di sé stesso; dacchè ha riconquistato il prezioso privilegio di di-
sporre liberamente delle sue capacità e di seguire il richiamo del suo
genio! Quanta attività, dopo il moltiplicarsi dei bisogni, prestò nuove
ali allo spirito inventivo e schiuse campi inesplorati all‘investigazio-
ne!‖.
È difficile pensare che Reuleaux abbia potuto prendere a prestito da
Schiller una frase diversa da questa che è quasi un compendio della
sua opera. Si possono, di conseguenza, abbinare alcune riflessioni.
John H. Lienhard che è, con notevole obiettività tecnica, un commen-
tatore di Franz Reuleaux, gli dedica alcune pagine. L‘introduzione ad
esse, che si riporta in originale, riecheggia Schiller: ―Today we look
for the soul of a machine. We present the machines that make our civi-
lization run and the people whose ingenuity created them‖.110
Continua Lienhard: ―Uno di questi è Franz Reuleaux. Il suo settore
erano i cinematismi che ha considerato senza tener conto delle forze
applicate e quando lo ha fatto in un secondo libro a 71 anni111
aveva
perso il consenso acquisito tanti anni prima. Però oggi lo studio dei
robots e relativi cinematismi impone la ripresa del suo lavoro e quan-
110
Professore all‘Università di Houston, Texas (College of Engineering) e autore di
Reuleaux’s Machines in ―Engines of Ingenuity‖ n. 256, 1998. Si potrebbero fare
molte considerazioni di carattere etimologico-lessicale sulla parola inglese ingenui-
ty, che significa ―abilità inventiva‖. 111
Il primo lo scrisse all‘età di 45 anni.
98
do lo facciamo, le sue parole hanno una qualità assordante (haun-
ting)‖. Poi, citando sempre Reuleaux, afferma: ―La macchina gode di
una sua vita propria tramite il movimento ed i movimenti sono
l‘anima della macchina‖.
Il richiamo all‘anima stempera la scissione dell‘uomo in sé stesso a
causa della divisione del lavoro e del progressivo inaridimento delle
coscienze, tipico fenomeno dovuto al macchinismo, ma ciò non può
avvenire se anche la macchina ha un‘anima.
Schiller è autore di un‘opera nella quale si chiede a qual fine si studi la
storia universale. Ma Franz Reuleaux non gli è da meno nella risposta
con gli otto volumi del Libro delle scoperte, nei quali dallo ―homo
abilis‖ si arriva alla macchina a vapore (v. Das Buch der Erfindungen
in Bibliografia).
Una Heimat di carattere tipico delle affinità elettive accomuna i due:
Schiller è teorico dell‘anima bella, ossia dello sviluppo armonico e or-
ganico di tutte le attività dell‘uomo e Reuleaux non si scosta quando,
in una conferenza all‘associazione degli ingegneri, dichiara che una
macchina che funziona deve essere bella e che la sua anima deve ri-
flettere l‘anima dell‘inventore.
Reuleaux, a quanto di suo si legge, non rinuncia ad affermare il carat-
tere antropologico della macchina ed è perfettamente in sintonia con la
sua epoca che vede nella macchina forse un insperato ma disperato
tentativo di ritorno all‘età dell‘oro.
2
I movimenti cinematici ( si sa quanto più volentieri Reuleaux avrebbe
scritto ―cinetici‖) della macchina sono l‘argomento preferito da Reu-
leaux, che dopo le immagini poetiche ritiene opportuno un ritorno
all‘ingegneria affrontando l‘insieme macchina.
Per far ciò si richiama a Willis, Borgnis, Poncelet (diversamente da
Monge, Hachette, Carnot) per scrivere come la macchina venga da
99
questi considerata suddivisa non in elementi cinematici-meccanici ma
in insiemi operativi in via del tutto generale e cioè: ricevitore, comu-
nicatore, modificatore, supporti, regolatore, operatore che sono poi
ridotti a tre: ricevitore, trasmettitore, operatore.
È probabile che quest‘ultimo concetto di tre componenti, molto sem-
plici, tragga la sua forza suggestiva dal concetto analogico di: princi-
pio, mezzo, fine.
Comunque siano sei o solo tre le parti, Reuleaux non rinuncia alla cri-
tica di questa suddivisione senza la quale critica egli non ritiene si
possa proseguire sulla strada della conoscenza macchinale (per chia-
rezza: ricevitore è la parte sulla quale si sviluppa la forza motrice,
mentre l‘operatore indirizza il lavoro meccanico sviluppato dalla for-
za motrice al corpo della macchina tramite il trasmettitore) e ritiene
che il terreno sia molto ―malsicuro‖; frase ovvia nella sua similitudine
edilizia per uno che vuol costruire una teoria su fondamenta solidissi-
me e certe. Prosegue notando che se una macchina è completa quando
ha il motore allora il tornio non è una macchina ma parte di macchina
e così anche i motori che non hanno a loro volta operatore.
L‘affermazione relativa al tornio è valida, ovviamente, solo per
l‘epoca della trasmissione a cinghia negli stabilimenti.
Al Cap. XII del Manuale di Cinematica, dal titolo eloquente ―Signifi-
cato della macchina nella società‖,112
che sarà commentato più avanti,
Reuleaux non manca di promuovere due indirizzi ugualmente fervidi:
la grande industria con macchine gigantesche impossibili per le picco-
le officine, e gli artigiani con piccole macchine motrici a vapore per la
parzializzazione operativa e la loro indipendenza dal capitale (v. Tav.
L: una normale fabbrica che però Reuleaux non auspicava per tutti o
dovunque). Reuleaux era un attentissimo osservatore della società in
cui era inserito nella triplice veste che lo contrassegnava: proprietario
112
F. Reuleaux, Manuale di Cinematica, p. 472.
100
di una fabbrica di macchine a vapore, ingegnere professore universita-
rio, rappresentante ufficiale dell‘industria tedesca nel mondo.
Il filatoio presenta per Reuleaux un caso interessante con riferimento
ai tre elementi elencati nel paragrafo precedente. Avendo affermato
(questo argomento fondamentale viene ripreso anche più avanti) che il
corpo da lavorare non è qualcosa che esista fuori dalla macchina, è
evidente che il filo è un membro della catena cinematica e quindi è
trasmettitore di forza ed anche nello stesso tempo operatore. Il fuso è
pure operatore ed anche le fibre sono operatrici perché se, per esem-
pio, ne prendiamo solo due comprese fra lo stiratore e la punta del fu-
so, quando si incrociano, torcendosi a spirale ogni fibra è l‘operatore
per l‘altra.
STIRATORE FUSO
due fibre appaiate e parallele
STIRATORE FUSO
le due fibre incrociate e avvolte
Sempre restando fermi al concetto che una macchina è formata da tre
parti (ricevitore, trasmettitore, operatore) Weisbach rileva qualche cri-
tica e fa notare: ―Non tutte le macchine risultano distinte in queste tre
parti: in una carriola, ad esempio, si possono pensare le impugnature
come la parte ricevitrice della forza, le braccia dell‘uomo la parte tra-
smittente e la cassa come operatrice‖.113
Il commento di Reuleaux: ―La scelta della carriola non è un esempio
felice perché essa non è una macchina‖.114
113
F. Weisbach, Lehrbuch der Ingenieur und Machinenmechanik, III parte: ―Die
Mechanik der Zwischen und Arbeit Maschinen‖, 1865, p. 258. 114
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 567.
101
Posto, come ovvio, che alla metà del sec. XIX la forza muscolare
animale godesse ancora di una vastissima applicazione e quindi che
l‘esempio della carriola consenta a Reuleaux alcune osservazioni che
gli stanno a cuore, egli continua: ―Quando se ne fa uso la carriola è
una complicata compartecipazione muscolare e niente più‖.115
E poi
termina: ―Se anche Weisbach scrive d‘ordinario si possono distinguere
tre parti, d‘ordinario non vuole dire sempre‖. Un altro caso, sempre di
applicazione della forza muscolare è l‘arrotino116
(v. Tav. M) nel quale
il ricevitore è la parte della macchina che ―riceve‖ l‘azione della forza
muscolare (uomo che fa muovere la macchina). Nel caso dell‘arrotino
il ricevitore è il pedale ed il motore è la gamba. Però Reuleaux osserva
che: ―Il processo è solo apparente in quanto la mola potrebbe essere
mossa dalla mano. La proprietà del sistema sta nel fatto che il corpo
umano forma una catena cinematica con le parti della macchina‖.117
Secondo Reuleaux una simile catena può essere definita con precisio-
ne nel linguaggio simbolico, essendo: a – la manovella, b –
l‘accoppiatore, c – l‘oscillatore, d – il castello. E precisamente:
(C''4)d.
Analizzando la figura dell‘arrotino mostrata dalla Tav. M, ritroviamo:
1’ – il centro di articolazione della coscia fisso, b’ – la gamba, c’ –
l‘oscillatore, a’ – la coscia: sono i tre membri di una seconda mano-
vella di spinta rotativa, di formula:
(C''4)d/c.
I numeri della figura indicano: 2’ la coppia formata dell‘articolazione
della gamba; 3’ la coppia del piede; 4 la doppia comune ai due, d il
ponte 4-1 e d’ il ponte 4-1’. Il meccanismo composto dalla coppia
comune 4 è:
(C''4)d/a.b.c.
115
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 567. 116
Op. cit., pp. 451 e 458. 117
Op. cit., p. 450.
102
In definitiva l‘arrotino forma col suo corpo un meccanismo che sussi-
ste da sé, concatenato al meccanismo da porre in moto e quindi una
catena cinematica.
E dunque, continua Reuleaux, anche le macchine mosse dall‘uomo
possono definirsi macchine complete, finché costituiscono ―catene ci-
nematiche chiuse‖.118
3
Stabilire un corretto concetto di macchina non è argomento da ritener-
si indifferente perché trattasi delle macchine, fattore importantissimo
della vita odierna e dei rapporti sociali per cui va stabilito con esattez-
za il concetto scientifico. A tale scopo Reuleaux cita la gru119
e chiede:
se l‘operatore è il gancio che porta il carico da sollevare e viene sosti-
tuito da una corda che avvolga il carico, la gru senza gancio (cioè sen-
za operatore) è una macchina? Sì, perché non se ne è alterata
l‘essenza. Togliendo il carico la catena va ugualmente su e giù e quin-
di come macchina lavora anche senza carico, che pure è uno dei
membri della catena cinematica.
Il caso della locomotiva120
è ancora più specioso: se il gancio di traino
è l‘operatore, una volta staccato il convoglio e fatto fare alla locomo-
tiva un percorso in salita tale che il lavoro sia uguale a quello del trai-
no del convoglio, il gancio è inutile eppure è l‘operatore; e se mettia-
mo alcuni passeggeri sulla locomotiva uno dei due componenti la de-
finizione sparisce.
È ovvio che Reuleaux mira a demolire il concetto della suddivisione
in tre parti ed anche quella in sei.
Si ricava quindi che l‘operatore non può contribuire a formare una
nuova categoria di macchine. Ma allora qual è il vero significato
dell‘operatore? Risposta di Reuleaux: ―quello cinematico‖. La risposta
118
Op. cit., p. 459. 119
Op. cit., p. 441. 120
Op. cit., p. 441.
103
serve per giustificare il simbolismo matematico e infatti si legga quan-
to segue a proposito del tornio, nel quale utensile e barra da tornire
hanno appartenenza biunivoca dell‘uno con l‘altra. Ne consegue che,
chiusa la catena cinematica, la barra non è qualcosa di esistente fuori
della macchina ma un organo della stessa al quale si dà il nome di
―prodotto‖.
Nelle macchine trasformatrici il prodotto compare come un membro
di una catena e forma con l‘operatore una coppia cinematica con la
quale il prodotto cambia la sua forma primitiva nella forma invilup-
pante corrispondente all‘accoppiamento con l‘operatore. Inoltre scatu-
risce ―un teorema importante (fecondo di applicazioni nella cinemati-
ca applicata e nella tecnologia meccanica): per generare con una mac-
china un corpo che abbia alla fine una forma determinata, bisogna da-
re all‘operatore la forma inviluppante di questa forma‖.121
Francamente, se si adottasse lo stesso tipo di giudizio che Reuleaux ha
riservato ai suoi colleghi quando ha esaminato le varie definizioni di
macchine (scartandole tutte per ovvietà o per altri motivi di carattere
lessicale o di vaghezza), anche queste affermazioni, soprattutto la se-
conda, non potrebbero essere accettate. Praticamente è come se avesse
detto: per stampare un qualsivoglia pezzo occorre che l‘impronta dello
stampo abbia la forma dell‘oggetto. Ma forse è probabile che nel 1860
questa ovvietà (?) fosse tutt‘altro che tale. Passando al ricevitore e
cioè alla parte che riceve la forza operativa (a quel tempo erano molto
scarse: acqua, vento, vapore, gas, pesi, molle ed esseri animati), le
considerazioni precedenti non variano molto. Fatto l‘esempio
dell‘arrotino, si passa all‘esotico sacerdote calmucco (che gira il tre-
spolo delle preghiere) ed alla contadina giapponese (che fa girare
l‘aspo); avendo spaziato nello studio di tutte le attività umane e viag-
giato in tutto il mondo allora raggiungibile, Reuleaux non manca (si
vedrà anche in seguito) di fare esempi piuttosto strani nonché incon-
121
Op. cit., p. 447.
104
sueti. La figura che rappresenta l‘arrotino è stata riportata se non altro
perché molti testi di vari autori ne commentano lo schema, come se
fosse emblematica di un caso che oggi non si solleverebbe nemmeno.
Detto questo, Reuleaux afferma che nemmeno il ricevitore è essenzia-
le per definire la macchina completa. Si arriva così alla definizione di
macchina: ―una unione122
di corpi resistenti123
con una disposizione
tale da obbligare, per loro mezzo, le forze meccaniche naturali ad agi-
re secondo movimenti determinati‖. Per disposizione Reuleaux inten-
de ―la concatenazione cinematica‖.
Questa definizione sta a p. 454, la prima a p. 34; fra queste due uguali
definizioni non ci sono solo 420 pagine, ma una vastissima letteratura
in merito alla cinematica teorica (per inciso, il tutto ha 557 pagine). Il
richiamo di Reuleaux, senza fare un processo alle intenzioni che sa-
rebbe impossibile, è abbastanza evidente: la definizione che è stata da-
ta dall‘introduzione non ha subito alcuna variante, malgrado gli inter-
venti descrittivi altrui e dell‘autore, e ciò ne conferma la validità.
Le macchine a vapore, la ruota idraulica, la turbina, il tornio, la pialla,
il filatoio ed altre, così come quelle mosse dalla forza animale sono
definite da Reuleaux ―macchine complete‖ perché formate da catene
cinematiche chiuse; il modo per definirle è dato dalle coppie cinemati-
che, dagli elementi da comporre e cosi via. Le successive considera-
zioni sul significato della macchina nella società sono comprensibili
nel pieno della rivoluzione industriale, quando era apertissimo il dibat-
tito se il progresso tecnologico e meccanico e industriale, che aveva
strappato milioni di individui dalla vita dei campi relegandoli nella
fabbrica (con orari pesantissimi e con tutto quel che ne seguiva: alco-
lismo e prostituzione compresi) fosse un miglioramento od un peggio-
ramento della condizione umana.
122
Op. cit., p. 454. Citazione uguale a quella di p. 34, a parte ―insieme di unione‖;
ma in originale si trova ―eine Verbindung‖, per cui è meglio ―unione‖. Il traduttore
ha adoperato due parole diverse. 123
Resistenti alle sollecitazioni applicate, naturalmente.
105
Non si dimentichi il ―santo lunedì‖: espressione sociale che indicava
le assenze del lunedì dovute non ad un particolare giorno festivo,124
ma alle libagioni domenicali.
4
Reuleaux, alla fine dell‘analisi delle macchine complete afferma: ―La
macchina più completa e più perfetta sarà quella nella quale non si
avrà altro a fare che avviare o interrompere il processo macchinale.‖125
Avendo quindi terminato l‘analisi della macchina, in particolare quella
descrittiva di macchine complete, Reuleaux, pur appartenendo ad una
società nella quale va inserito come borghese (col significato del tem-
po, cioè alla metà del sec. XIX, non quello di Longanesi) non trascura
di riflettere su due realtà interdipendenti: il significato della macchina
per la società, quindi anche nella storia dell‘industria, e la questione
operaia.
Come spartiacque nella storia dell‘industria dei popoli viene posta la
macchina a vapore. Scrive Reuleaux: ―Per quanto celebri fossero i va-
si di Egina, i prodotti di Atene e Sagunto, i vetri e le stoffe di Egitto, i
ricami della Frigia, le pecore della Calabria e le salsicce della Lucania
troviamo l‘organizzazione ben diversa rispetto al giorno d‘oggi:
l‘industria era familiare e domestica, oggi c‘è la macchina e bisogna
pure guardare in faccia questa sfinge della società moderna.‖126
Seguono riflessioni che si riportano testuali per evitare che il riassunto
dia luogo a fraintendimenti: ―Il bisogno di aiutanti gettò il germe della
costruzione di opifici‖; (ovvia l‘ubicazione presso i corsi d‘acqua sia
in montagna per sfruttare le cadute sia in pianura per la quantità a cor-
124
Dal corso ―Fabbriche, operai, ingegneri‖ del prof. Roberto Romano, in Storia
dell’industria, 2000. 125
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 472. Per interrompere il processo macchina-
le, come si deduce dal testo e dal contesto, poiché il processo è il progressivo per-
fezionamento che si deve apportare ad una macchina; tautologicamente, quando il
perfezionamento ha termine la macchina può definirsi completa e mettersi a fun-
zionare e produrre.
106
so lento) nei quali ebbe ―grandi risultati il principio della suddivisione
del lavoro‖ che avrebbe dovuto essere spinto fino ―alle più estreme
conseguenze,‖ al punto che ―l‘economista ed il legislatore si trovano
dinanzi ad un male del quale hanno favorito lo sviluppo‖.127
La lette-
ratura moderna è più cauta nel riprendere la suddivisione del lavoro
come una causa fra le tante altre, indubbiamente, del problema; ma nel
1875 il punto di vista aveva una diversa prospettiva. Comunque, Reu-
leaux non era molto ottimista: d‘altronde, come si è detto, la polemica
sul progresso, per la sua novità sociale, era molto violenta.
Continua Reuleaux ―…ci sono però trasformazioni che si possono di-
videre in due direzioni: la prima alla ‗forma del movimento‘ e la se-
condo alla ‗forza‘‖.128
Per forma di movimento Reuleaux intende il
percorso dalla produzione artistica a quella industriale, passando
dall‘aspetto estetico a quello utilitario. E cita in proposito che almeno
fino al Settecento maniglie, mobili, serrature, stoffe, armature, orologi
e ―persino gli strumenti di matematica e di astronomia‖129
(si veda ad
es. la Tav. N - Pompa pneumatica del 1710)130
erano molto artistici.
Continua Reuleaux: ―Il concetto artistico si sacrifica al realismo utili-
tario ma rimane un piccolo avanzo di sentimento‖.131
Insomma, un
Reuleaux datato, come si dice oggi. La seconda direzione, ―la forza‖,
lo porta a dire che il vapore ha messo nelle ―mani dell‘uomo una forza
praticamente illimitata‖132
e, per quei tempi, quelli ad essere storica-
mente privilegiati sono il carbone e la miniera. Dopo il carbone viene
l‘industria tessile ―con conseguenze sconsolanti‖ che sono state ogget-
to di una vastissima letteratura nell‘800, con relativi pesanti disagi so-
ciali sotto ogni aspetto, ma oggi ―in parte‖ superati. Si è scritto ―in
126
Op. cit., p. 472. Curioso l‘accostamento dei vasi di Egina con salsicce e pecore,
ma con Reuleaux tutto è possibile. 127
Op. cit., p. 472. 128
Op. cit., p. 472. 129
Op. cit., p. 473. 130
Macchina pneumatica rilevata da B. Martin, Grammatica delle scienze filosofi-
che, Venezia, 1753, tav. 1. 131
Op. cit., p. 473.
107
parte‖ perché, come è ampiamente riportato in Cultura e tecnica,133
la
suddivisione che Reuleaux fa tra ―manganisti‖ e ―naturisti‖ e quella di
Klemm in ―attivi‖ e ―passivi‖ ritorna oggi di attualità se si considera-
no i problemi sociali dei paesi nei quali la manodopera a basso e bas-
sissimo costo riporta a galla il tragico divario fra costo e ricavo, ne-
cessario per la sopravvivenza dell‘intero genere umano. Perché adesso
non vi si sottrae né il singolo individuo salariato né la più grande in-
dustria con centinaia di migliaia di operai; la differenza fra entrate e
uscite deve essere sempre positiva. Una variante lessicale: Reuleaux
suggerisce di sostituire ―manifattura‖ con ―macchinofattura‖ perché,
scrive ―ad essa dobbiamo la produzione di tutti i generi di cose e
l‘industriale, che non ha più bisogno di operai abili, si rivolge al fab-
bricante di macchine che gli fornisce ‗operai di ferro‘ e quindi gli stati
che si danno alla grande industria si avviano al sistema della macchi-
nofattura‖.134
Sono considerazioni che vanno inserite nel periodo in cui Reuleaux le
scrisse, quando la rivoluzione industriale aveva diviso la società civile
in ottimisti e pessimisti, tranne coloro che avevano un atteggiamento
di adesione critica ed attenta al nuovo sistema (come Reuleaux).
Un passaggio interessante del capitolo che Reuleaux dedica al ―signi-
ficato della macchina della società‖ è l‘appunto che si può definire an-
tropologico: ―L‘antico metodo inventivo riposava sul concetto della
filosofia naturale, sul dogma teleologico della previdenza della natura,
dell‘opportunità dei mezzi che essa impiega‖.135
Affermazione che
consente a Reuleaux di insistere sulla macchinofattura ―in quanto gli
inventori non cercano più di imitare la natura o la mano dell‘uomo per
risolvere problemi meccanici con metodi diversi da quelli naturali: ad
esempio: la macchina da cucire, il laminatoio ed il mulino sono tre tipi
132
Op. cit., p. 473. 133
F. Reuleaux, Cultur und Technik, Cap. VII. Per una completa esegesi, cfr. Cap.
VI. 134
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 476. 135
Op. cit., p. 477.
108
di macchinofattura che erano destinati al più completo insuccesso
quando furono costruiti ad imitazione della cucitura a mano, della fu-
cinatura a martello e della triturazione con i denti.‖136
Poi Reuleaux
avverte gli economisti che saranno obbligati a introdurre nei loro studi
i principi su cui poggia la scienza delle macchine ed afferma: ―Quella
scuola di economisti la quale ammette che tutti i sistemi finiscono con
l‘accomodarsi per il bene comune, non si sono resi conto dell‘influen-
za potente delle macchine e delle conseguenze che ne sorgono.‖137
Dal quadro un po‘ critico emergono anche, secondo Reuleaux, fattori
particolarmente positivi per l‘umanità, e sono principalmente i tra-
sporti che consentono spostamenti prima di allora del tutto impensabi-
li, sia per le difficoltà pratiche logistiche sia per i tempi di spostamen-
to (trasporti, locomozione, navigazione); poi le opere che la macchina
a vapore consente: navi, energia, trafori che uniscono i popoli e favo-
riscono gli scambi di ogni genere.
Seguono considerazioni di gran lunga superate ed ovvie (macchini-
smo, capitale, scioperi) ed un appello: il piccolo artigiano che vuole
resistere al capitale potrebbe riuscire se l‘industria gli fornisse la mo-
desta energia che gli serve costruendo macchine motrici piccole ed
economiche, salvando così la sua libertà ma soprattutto l‘abilità, che la
grande industria gli sottrae. Queste macchine piccole vengono definite
da Reuleaux ―le motrici del popolo‖ e sono (elenco interessante relati-
vamente all‘epoca, cioè la metà del sec. XIX): la motrice a gas, la
macchina ad aria calda, le macchine a colonna d‘acqua, le macchine a
gas di petrolio.
La chiusura del capitolo è enfatica, generosa e ottimista in un tempo:
―Quando la macchina aiuta l‘uomo, ne è serva e non padrona, allora
essa compare in tutto il suo splendore di importanza per la società e
per l‘umanità.‖138
136
Op. cit., p. 478. 137
Op. cit., p. 478. Chiaro riferimento ad Adam Smith ed alla ―mano invisibile‖. 138
Op. cit., p. 484.
109
Cap. VII
CULTURA E TECNICA
1
―Cultur und Technik‖ è una conferenza di notevoli proporzioni tenuta
da Franz Reuleaux nella sede viennese dell‘Associazione austriaca
degli industriali il 14 novembre del 1884 e poi edita a Vienna nel
1885, molto ampliata e corretta. È altrettanto nota e forse più letta una
versione in lingua inglese dal titolo Technology and Civilization,139
del 1890 con ulteriori varianti ed inserita nella enciclopedica opera
Das Buch der Erfindungen (Il libro delle invenzioni) in otto grandi vo-
lumi, che Reuleaux scrisse dal 1883 al 1891 con continui aggiorna-
menti e riedizioni.
Lo scritto fornisce la risposta a due fondamentali domande che Reu-
leaux rivolge a sé stesso ed ai convenuti; domande molto interessanti,
non esplicitamente poste ma abbondantemente sottintese: a) che posto
occupa la tecnica nella civilizzazione? b) è vero che la tecnica porta
non solo progresso ma anche cultura, nel senso che le nazioni tecni-
camente e tecnologicamente più progredite sono anche le più civiliz-
zate e colte?140
A questo punto è necessario ricordare al lettore di fare mente locale
alla situazione storico-geo-politica nel 1884.
Le risposte che Reuleaux dà nel contesto della trattazione possono es-
sere sintetizzate anticipatamente, affermando che per Reuleaux la tec-
nica è molto importante nella società civile ed anche decisiva politi-
camente e che le nazioni industrialmente evolute sono all‘avanguardia
della civiltà.
139
Riportando Cultur con civilization e Technik con technology, sembra che il tra-
duttore inglese abbia anticipato i contenuti. 140
F. Reuleaux, Cultur und Technik, p.705 dell‘edizione inglese.
110
In Cultur und Technik viene esposta l‘influenza della tecnica scientifi-
ca, oltre a quella pratica nella vita degli individui e in quella delle Na-
zioni141
ed è sua personale opinione che tale verità non sia stata rico-
nosciuta o, se lo è stata, che non abbia avuto valore sostanziale ed ef-
fettivo essendo sottovalutata. Può essere, per Reuleaux, che ciò sia
avvenuto a causa del cambiamento provocato dalla tecnologia stessa
nei costumi, nei pensieri, nella moralità e nel genere di vita,142
e che
ciò sia dovuto anche alla confusione fra il mondo cosiddetto ―tecnico‖
e quello ―non scientifico‖; oppure, altra ipotesi, al risultato del peso
dovuto ad una prevaricante massa di ―idealismo‖. E scrive: ―Non pos-
siamo non vedere le differenze attuali fra noi e gli altri popoli, persino
quelli che hanno avuto una grande civiltà: egizi, cinesi, persiani, giap-
ponesi, indiani, arabi.143
Quale è ora la nostra attuale superiorità se ri-
teniamo che la differenza sia dovuta allo sviluppo della tecnica che
noi possediamo? ed allora quali sono i nostri doveri civili, dato per
acquisito quanto anzidetto, nei confronti dei popoli arretrati?‖144
Come
risposta Reuleaux cita una quartina presa da una poesia di Goethe:
Nach ewigen, ehernen
Grossen Gesetzen
Muessen145
wir Alle
Unsere Daseins146
Kreise vollenden.
(―Con la immutabile, eterna potenza della legge, noi tutti dobbiamo completare il
cerchio del nostro esserci‖)
141
La Tav. O rappresenta il percorso formale del martello, dalla prima pietra alla
forgia di Nasmith del 1842. Il disegno, di Walter Hough, è tratto dall‘archivio
dell‘U.S. National Museum, Washington D.C. 142
L‘invasione della tecnica nel 1884 era tale da far accettare una supina e acritica
conformità. 143
F. Reuleaux, Cultur und Technik, p.706 dell‘edizione inglese. 144
Reuleaux continua nel suo proposito, non facile per noi, di considerare arretrati i
popoli senza tecnologia, intendendo per arretrati i popoli non civili. Ma è arduo, se
non impossibile, dare la definizione di popolo civile. Quali i parametri da usare? 145
Notare che Goethe adopera muessen = ―dovere categorico‖ e non sollen = ―do-
vere‖. 146
Senza citare Heidegger ed il suo Dasein, è chiaro comunque che il Daseins di
Goethe oltrepassa il concetto di ―essere‖ come ―esistere‖.
111
Questo potrebbe essere il dovere: completare il cerchio ancora incom-
pleto anche per gli altri. Quale? Quello che sta fuori dell‘uomo ma
all‘interno di quel mondo del quale la sua tecnica (inventata, scoperta,
trovata) ha modificato la natura e che gli impone come dovere morale
di completare per tutti.
Dopo la citazione di Goethe si legge una riflessione di Reuleaux
sull‘uomo e sulla tecnica: ―Se noi prendiamo corpi senza vita147
in
qualsiasi luogo ma in circostanze tali che il loro rendimento, per mez-
zo delle leggi della natura, esprima e soddisfi i nostri desideri e ri-
sponda ai nostri scopi, allora possiamo lasciar loro compiere lo stesso
lavoro per ed al posto degli essere viventi.‖148
Un concetto molto simile, contenuto in un altro saggio, Über den Ein-
fluss der Maschine auf den Gewerbebetrieb,149
consente a Reuleaux di
aggiungere, sempre a proposito della cultura e della tecnica, che spes-
so i lavoratori hanno erroneamente visto la macchina come un nemico
che sottrae posti di lavoro150
e di fare anche un riferimento storico ai
mulini che sono mossi dagli schiavi151
e di portare argomenti di con-
senso alla civiltà delle macchine che sostituiscono l‘uomo.
Per questo inserisce il mito delle ninfe delle acque con la bellissima
poesia di Antipatro,152
che suona così:
Lasciate riposare le mani, fanciulle che macinate: dormite più a lungo.
Il gallo dell‘alba non disturbi il vostro sonno.
Demetra ha affidato alle sue ninfe la vostra fatica per i giorni a venire;
esse, saltellando, balzano sulla ruota che gira,
che gira sul suo asse il quale, munito di raggi,
muove le quattro pietre che macinano.
147
Le macchine, sottinteso. 148
F. Reuleaux, Cultur und Technik, p.9.dell‗edizione tedesca. 149
Conferenza tenuta a Francoforte il 7 febbraio 1879 e poi ampliata ed edita a
Berlino. 150
Riferimento al Luddismo, movimento popolare britannico promosso da Ned
Ludd che nel 1779 ruppe per protesta il suo telaio, e riferimento agli atti di vandali-
smo compiuti in Germania dal 1811 al 1816. 151
Dalla conferenza Über den Einfluss der Maschine auf den Gewerbebetrieb,
1879. 152
Altri dicono che sia di Artifilo di Bisanzio; comunque il passaggio dal mulino
mosso dalle fanciulle a quello mosso dall‘acqua personificata dalle ninfe di Deme-
tra risulta eccezionalmente poetico.
112
Ora godiamo di nuovo la vecchia età dell‘oro
E mangiamo i frutti della dea Demetra senza pesante fatica.
2
La tecnica, dunque, come elemento di produzione della cultura. Con-
cetto che non deve stupire per la vasta cultura umanistica di Reuleaux
abbinata ai suoi studi sulla costruzione di macchine.
Dopo aver affermato che la tecnica differenzia i popoli, egli precisa
che tale differenza ha portato i popoli a prendere due diverse e diver-
genti direzioni; e per definire queste due direzioni, queste due opposte
condizioni esistenziali, chiama gli evoluti con un neologismo tutto
suo, ―manganisti‖, e gli altri non evoluti ―naturisti‖. E gli viene pure
bene, in quanto in tedesco le parole adottate sono ―Manganisten‖ e
―Naturisten‖.
Generalizzando l‘annotazione storico-linguistica, Reuleaux chiama
quindi ―manganismo‖ quel qualcosa di meccanico, di stato tecnologi-
co che, conoscendo le leggi della natura, se ne serve per propri usi
(―…se prendiamo corpi senza vita tali che…‖) e ―naturismo‖ (di signi-
ficato più immediato, o meglio non mediato, dato che il concetto di
natura è di prima mano) quel tratto tipico dei popoli che conoscono
ma difendono la natura e le sue leggi, le guardano, anche misteriosa-
mente, ma non fanno nulla.
Anche Klemm153
(ed è curiosa la combinazione) fa questa distinzione,
ma molto semplicemente definisce i due gruppi ―attivi‖ e ―passivi‖,
dando una nota di rimprovero ai passivi ed usando le stesse interpreta-
zioni di Reuleaux.
Evidentemente ci sono stati popoli manganisti154
che sono diventati
naturisti e viceversa. E per spiegare come si possa passare dallo stato
153
F. Klemm, Storia della tecnica, Milano, 1959, p.280 e segg. 154
I greci, dai quali Reuleaux ha preso la parola ―manganisti‖ (ma con notevole
deviazione storica, lessicale, letteraria e di contenuto) chiamavano μάγγανον un
congegno dal quale ottenevano cose strane, magiche; la parola indicava anche emi-
nenti tipi di maghi e magiche le cose da loro ottenute. Secondo altri con μάγγανον
(in italiano, ―mangano‖) si intende una catapulta da guerra di uso poliorcetico, do-
113
che si potrebbe definire volterriano155
a quello della civiltà tecnologica
e poi retrocedere, Reuleaux cita il popolo italiano che è passato da na-
turista a manganista per merito delle scoperte scientifiche, da solo e
con i propri mezzi; perché, scrive Reuleaux: ―Kaufen man der Man-
ganismus nicht‖156
(il manganesimo non si può comprare) ed il mac-
chinista (cioè il fautore delle macchine) non può dire: ―sesamo apriti o
chiuditi!‖ per sbarrare o aprire il passo alla tecnologia. Poi il popolo
italiano è ritornato naturista (mostrando uno scenario degno di nota)
perché essendo un popolo molto dotato anche artisticamente ha trascu-
rato il manganesimo.
Ma in questi tempi (1884) gli italiani si stanno riprendendo gettandosi
con sorprendente energia ad ampliare le industrie manganiste, malgra-
do l‘esistenza di una grande Kunstindustrie.157
Manganisti, ovviamen-
tata di corde arrotolate e attorcigliate su se stesse per attivare potenzialmente la
forza propulsiva di lancio: sulla scia di questo concetto di macchina con corde at-
torcigliate prendendo la parte per il tutto, si passa nel 1600 a denominare in questo
modo una macchina casalinga per strizzare i panni (come le corde di una catapul-
ta), da lavare o, lavati, per asciugarli facendo fuoriuscire l‘acqua. A Ithaca (N.Y.)
lo scrivente ha sentito una signora americana dire ―mangle-machine‖ per indicare
una macchina strizzapanni ed un tritatutto. La parola μάγγανον ha radice indoeuro-
pea mang* o mag*, da cui in greco μαγγάνευμα. Platone nel Giorgia scrive la paro-
la per indicare incantesimi o sortilegi e quindi nella originaria accezione del termi-
ne. Si tratta evidentemente di magie per ingannare usate dai Μάγοι, popolo asiatico
dei Medi citato da Erodoto e Stratone, la cui caratteristica sacerdotale era
l‘interpretazione dei sogni. Come si è detto, non è evidente il legame fra magia e
catapulta (ma non si dimentichi che anche la leva alle origini era vista come una
macchina ingannatrice e magica), tanto più che nel 1621 il padovano Zonca, in No-
vo teatro di machine, scriveva: ―Mangani: quelle machine con le quali si lisciano i
panni e si lustrano tele, ciambolette, rasse et altre cose e che, nell‘arte militare si
intendono come stromenti per lanciare pietre, armi et altro‖. Lisciare è la parola
veneta per lavare i panni, perché per detersivo si usava la lissia o liscia, che sarebbe
acqua e cenere del focolare filtrata. Lustrare è la parola di derivazione latina da lu-
stratio = ―lavaggio‖, ―purificazione‖, operazione alla quale si dedicavano i funzio-
nari dell‘impero romano ogni cinque anni prima di partire per il censimento; da
qui, lustro per intendere un quinquennio. 155
Da Voltaire per Candide; ma si veda la poesia di Antipatro: ―…godiamo di
nuovo la vecchia / età dell‘oro.‖ 156
F. Reuleaux, Cultur und Technik, p. 13 dell‘edizione tedesca. 157
Per Kunstindustrie Reuleaux intende l‘industria artistica non dell‘arte, ma dei
prodotti industriali; tema che gli era molto familiare per gli studi condotti sullo stile
artistico di progetto, la cui forma doveva rispettare i canoni della bellezza. Si pensi
che lo schizzo da lui fatto (v. Tav. C) sull‘arco gotico a sesto acuto rappresenta un
triangolo isoscele con angolo acuto di 36°, cioè la sezione aurea inserita nella suc-
cessione di Fibonacci.
114
te, erano i popoli europei e nordamericani, perché la loro civiltà con-
sentiva rapidi spostamenti via terra e via mare, i trafori delle monta-
gne, i messaggi da un popolo e l‘altro, le eccezionali invenzioni chi-
miche, meccaniche, elettromagnetiche, termiche, messe al servizio
dell‘uomo e quasi sconosciute da gran parte del mondo di allora.
Questa affermazione non impedisce a Reuleaux di segnalare che la
Germania stessa o, per essere più precisi, l‘industria tedesca, pur of-
frendo prodotti manganisti non aveva trovato vantaggi culturali dai
principi stessi.
Servendosi di citazioni numeriche e statistiche, Reuleaux avvalora la
propria tesi tecnica = cultura,158
indicando, su una popolazione di
1.500.000.000 di individui, 250 milioni di manganisti e 1250 milioni
di naturisti; enumera poi i consumi di carbone e le potenze installate,
ma scivola (ed è veramente incredibile) molto in basso quando raccon-
ta che poche migliaia di soldati inglesi (manganisti) poterono nel 1857
tenere a freno la rivolta di 250 milioni di indiani (naturisti), dimenti-
cando i sistemi repressivi adottati dagli inglesi: i rivoltosi legati alle
bocche da fuoco e i proiettili lubrificati con grasso di maiale.
3
Comunque la tecnologia è legata alla nostra vita, ne condiziona la cul-
tura e di conseguenza la civiltà. Cassirer, in un saggio del 1930 dal ti-
tolo Forma e tecnica, avvalora l‘idea di Reuleaux, dicendo: ―Se è vero
che la filosofia tende a presentarsi anche come critica della conoscen-
za ed in generale come critica della civiltà, avendo la filosofia per og-
getto le produzioni spirituali dell‘uomo, non di meno la tecnica, pur
sottraendosi ai valori dello spirito, offre risposte più certe di quelle
della filosofia e la filosofia non sa fare altrettanto con la tecnica‖.
Si può pensare che la certezza delle risposte della tecnica sia una for-
ma di cultura che privilegia i popoli che ne dispongono?
115
Con il concetto di ―manganesimo‖, che secondo Reuleaux si deve ri-
tenere essenziale per la civiltà dei popoli e quindi della loro suprema-
zia anche intellettuale, la tecnica scientifica si pone al centro di una fi-
losofia della cultura in generale e dei progressi tecnico-culturali in
particolare. Il Tecnico (idealizzato da Reuleaux) è un portatore di ci-
viltà e cultura.
Wolfgang Pircher riporta159
che un geografo di nome Kapp, autore di
una ―Filosofia della tecnica‖ a proposito di un riferimento a Reuleaux
abbia affermato: ―Si può pensare la tecnica come antropologica‖. Per
quel che si è potuto rilevare dal saggio di Pircher, per Kapp l‘agire
tecnico dell‘uomo proietta una immagine fisiologica data dalla sua
corporeità e dalla sua coscienza. Per affermare questo Kapp ha sicu-
ramente letto Reuleaux.
Un atteggiamento perfettamente consono con quanto Reuleaux affer-
ma e sostiene in Cultur und Technik si ha quando, nel 1884, Bismark
avvia la politica espansionistica in Africa occidentale e orientale,
promovendo una colonialità rivolta a sviluppare industria e commer-
cio tedeschi con un programma di autarchia in fatto di risorse naturali
importate dalle colonie.
Reuleaux è membro di una Società commerciale afro-tedesca e nel
suo ―manganesimo‖, come traspare dalla lettura delle pagine della
conferenza, trova una giustificazione di carattere social-darwinista (un
misto di selezione elitaria e spirito missionario) che assegna ad un se-
sto degli abitanti della Terra con il loro ―manganistico lavoro‖ un so-
vrappeso (Übergewicht)160
sui ―naturisti‖ non del tutto casuale. In-
somma, la supremazia i ―manganisti‖ se la meritano e appartiene a lo-
ro.
158
Con una popolazione mondiale di un miliardo e mezzo, il problema dello svi-
luppo compatibile non esisteva. 159
W. Pircher, Technik als symbolische Form. Ein taugliches Konzept?, al sito
―http://phaidon.philo.at/~nulleins/archiv/wolfga~1.htm‖, 1996. 160
S. Remberger, Franz Reuleaux Ansichten, München, 199, p. 126.
116
Oggi lo si direbbe un discorso razzista, ma nel 1884 il cosiddetto terzo
mondo non aveva diritti. Inoltre, ad un osservatore può sembrare che i
―manganisti‖ saranno e resteranno vincitori, ma non si può però nega-
re che i ―naturisti‖ possono diventare e diventeranno ―manganisti‖.
Basti tornare all‘esempio dell‘Italia. ―Questo missionarismo che
l‘Europa deve promuovere porterà a una civiltà che ridurrà e rimuove-
rà il cannibalismo‖. Queste ultime riflessioni non vengono da Cultur
und Technik ma da un saggio di Reuleaux appartenente ad un non ben
precisato testo,161
che compare nella mai abbastanza lodata lista com-
pilata dal Dott. Sebastian Remberger.162
Suggerimento all‘Europa: per
far arretrare a grandi passi il cannibalismo occorre inserire
l‘allevamento del bestiame. Francamente, sono noti al mondo occiden-
tale fenomeni di cannibalismo (l‘aereo precipitato sulle Ande, la Cina
durante la carestia del 1930 e altri casi dovuti alla fame), ma il canni-
balismo africano di quel tempo aveva valenze religiose, belliche e psi-
cologiche che probabilmente erano ignote o travisate nell‘800.
La chiusura di Reuleaux: ―Sono giunto al termine del mio tentativo di
illustrare la collocazione della tecnica nell‘ambito della questione cul-
turale. Se fossi riuscito a dare un apporto per chiarire i problemi che la
questione culturale comporta per chi si occupa di tecnica avrei avuto il
piacere di aver lavorato con Voi‖.163
161
F. Reuleaux, Cannibalismus “Mutter Erde”, 1900?, archivio del Deutsche Mu-
seum, München, N L 069-257. 162
S. Remberger, Franz Reuleaux Ansichten, München, 1999, p. 121. 163
F. Reuleaux, Cultur und Technik, p. 37 dell‘edizione tedesca.
117
Cap. VIII
FRANZ REULEAUX E LA FILOSOFIA
1
La collocazione di Reuleaux entro una prospettiva di carattere filoso-
fico pone non pochi problemi, in quanto l‘autore non ha esplicitamen-
te esposto argomenti filosofici in modo da intendere la sua opera ―sub
specie philosophiæ‖. In questo senso ci sono difficoltà interpretative,
come se dalla lettura dei suoi lavori nei più disparati settori
dell‘attività umana emergesse una variabile nascosta fra le righe che
potrebbe prestarsi (v. ―Presentazione‖) ad essere variamente esplicita-
ta.
Due studiosi delle opere di Reuleaux (ci si riferisce, fra le tante decine
di commentatori, ai più corposi ed aggiornati, in quanto i loro lavori
sono del 2001 e del 2002 con frequenti richiami ad una vasta letteratu-
ra precedente), Sebastian Remberger, tedesco di Monaco, e Francis C.
Moon, americano di Ithaca, lo hanno analizzato sotto 23 punti di vista
il primo e 14 il secondo (tanti sono i capitoli dei loro saggi) senza rav-
visare dirette riflessioni filosofiche. Né offrono spunti per compierne,
anche se qua e là aggiungono l‘aggettivo ―filosofico‖ a quello ―tecni-
co‖.
Si potrebbe dire che la formazione (education) fisico-matematica di
Remberger e quella meccanica ed aerospaziale di Moon, non certo per
mancanza di capacità riflessive, abbiano privilegiato i loro studi su
Reuleaux nella sua qualifica di professore universitario, di ingegnere
meccanico, di costruttore di macchine e padre della cinematica.
Non si tratta quindi di rimediare ad una lacuna (come può sembrare,
benché sia un grosso errore attribuirla ai due sopraccitati), ma di anda-
re alla ricerca della filosofia che si può far emergere dalle sue opere.
118
È noto che fra libri, saggi, conferenze ed articoli, corrispondenze
dall‘estero (tutto pubblicato), si devono attribuire a Reuleaux 154 la-
vori. Ma non si può dire che, pur spaziando fra la cinematica ed il tra-
sporto delle carni attraverso l‘Atlantico, fra i vulcani della Nuova Ze-
landa e le lezioni all‘Accademia di Berlino, abbia specificatamente
fornito aperture per interpretazioni filosofiche dirette.
Con un discorso a posteriori (non sostenibile ma lecito) e conoscendo
il suo rigore si potrebbe ipotizzare che avendo studiato filosofia solo
per due anni alla Scuola superiore politecnica di Bonn, la sua cono-
scenza sia stata relativa o da lui ritenuta insufficiente. Questa afferma-
zione ha una sua spiegazione: in tutte le opere nelle quali ha esposto le
sue idee, Reuleaux rivela una tale conoscenza dell‘argomento (indub-
bio segno di una profondità cognitiva e documentata fuori del comu-
ne) da non consentire alla sua onestà intellettuale di lasciarsi andare a
considerazioni filosofiche. Ecco perché, in mancanza di materiale di
prima mano, come si è detto in apertura, la lettura in chiave filosofica
si fa indiretta e se possibile enucleata. È ovvio che una tale vastità di
studi da lui intrapresi si presti a interpretazioni diverse. Viene in aiuto
(come sempre da 2400 anni ) una frase di Platone: ―La filosofia è
l‘uso del sapere a vantaggio dell‘uomo‖.164
Tutta la vita e gli scritti di Reuleaux sono stati una distribuzione del
suo sapere ed un conseguente uso a vantaggio dell‘uomo: si pensi al
suo saggio Tecnica e cultura, nel quale per ―tecnica‖ intende le mac-
chine che rappresentano il progresso e per ―cultura‖ la qualità della vi-
ta civile che le macchine assicurano ai popoli che le costruiscono.
Quanto sarebbe piaciuto a Reuleaux il verso di una strofa di Plauto:
―Ingenio non ætate adiscipitur sapientia‖ (La sapienza si acquisisce
per cultura, non con l‘età)!
Si cercherà di vedere se alcuni temi, tradizionalmente filosofici, pos-
sono trovare una eco, anche se indiretta, nei suoi scritti. Questi temi
164
Platone, Eutidemo, 288 e.
119
sono più d‘uno, ma non si deve pensare che si pongano diverse teorie
e vedere quali si adattino.165
Si può incominciare con il materialismo. Reuleaux scrive: ―I movi-
menti della macchina sono la sua anima.‖ Ma il materialismo da solo
non basta per circoscrivere Reuleaux e reggere la sua opera: infatti c‘è
un Reuleaux che vede nella mente la nascita e l‘invenzione di un mec-
canismo (anche se non esiste concretamente) e quando in un saggio
didattico fa opera descrittiva e prescrittiva di come debba lavorare un
ingegnere meccanico (sia pure ―pro domo sua‖), esorta all‘uso della
sapienza, della legge, del rigore tecnico e della conoscenza delle forze
della natura. Insiste però anche sulla bellezza estetica che si deve dare
alle opere dell‘ingegno umano, soprattutto alle macchine, e scrive: ―Se
una macchina funziona come richiesto, è bella‖. Ma è il positivismo
che sembra più omogeneo con le sue idee, cioè l‘atteggiamento filoso-
fico che considera il metodo scientifico come unica fonte della cono-
scenza. In particolare si può pensare che sia la prospettiva di Saint-
Simon ad aver avuto una notevole influenza su Reuleaux.
Una età positiva e scientifica, gestita da scienziati ed industriali, guide
dei lavoratori e con essi solidali, con il potere spirituale affidato agli
scienziati e quello temporale agli industriali è quanto Henri de Saint-
Simon auspica. Fonda la rivista ―L‘industria‖ avendo come collabora-
tore Auguste Comte, dal quale divergerà per accentuare una più spic-
cata, e forse utopica, visione della società (di carattere anche marca-
tamente etico-religioso), ma più ancora di una civiltà fondata sul lavo-
ro industriale. Ma ci sono altre convergenze con Reuleaux: il romanti-
cismo della scienza, l‘esaltazione ottimistica dell‘industrialismo,
l‘intera vita umana regolata dalla scienza, anzi dal metodo esatto delle
scienze trasferito anche alla filosofia.
La scienza aveva ancora, nel 1870, pretese di assolutezza (cosa che
però non traspare dalle opere di Reuleaux, in quanto non esisteva
165
Reuleaux non ha un chiodo soltanto a cui si possa appenderlo con relativa eti-
120
l‘ombra del dubbio da confermare o confutare), ma il suo fascino per
Reuleaux consisteva nell‘essere, tramite le teorie scientifiche, il mezzo
per costruire le macchine che traevano dallo studio della meccanica,
dei meccanismi, dei cinematismi, delle coppie di elementi (si sta trac-
ciando il percorso sequenziale degli studi di Reuleaux) la loro stessa
ragione di essere.
Anche se il discorso sembra apofatico, il fenomenismo di Mach e le
sue teorie non trovano alloggio negli scritti di Reuleaux, né è possibile
alcun riferimento alla ―storia critica dello sviluppo della meccanica‖.
Ma se facendo un processo alle intenzioni si volesse riscrivere il titolo
dell‘opera principale di Reuleaux, al posto di ―cinematica teorica-
teoria generale delle macchine‖ si potrebbe benissimo scrivere ―storia
critica dello sviluppo della cinematica‖, perché entrambi hanno esa-
minato criticamente ―l‘esistente‖ con un atteggiamento ―scientifica-
mente rigoroso‖ introducendo con una critica costruttiva concetti nuo-
vi e fecondi. Di Reuleaux basterebbe leggere le pagine che egli scrive
quando, per definire la macchina, ripassa le definizioni che altri hanno
fatto su macchine, meccanismi e cinematismi per trovarsi di fronte a
posizioni di una eccezionale lucidità di analista, al punto che anche un
solo aggettivo non appropriato viene da lui respinto.
Poi ci sono altre considerazioni da fare. Le posizioni epistemologiche
di grande rilevanza filosofica endogena (di carattere generale), svilup-
pate soprattutto in cinematica teorica ma anche in alcuni altri testi: Il
libro delle invenzioni, Cultura e tecnica, Le forze meccaniche della
natura, Lezioni di costruzioni di macchine, Il costruttore, L’influsso
della macchina sull’industria, che sono poi anche il compendio di tut-
ta la sua attività di professore di ingegneria meccanica.
Sono posizioni che Reuleaux ha più volte richiamate; ciò conferma la
validità che egli attribuiva ai seguenti suoi principi: l‘analisi decostrut-
tiva della macchina; la generalizzazione dei fenomeni singoli portati a
chetta.
121
paradigma costruttivo; il riduzionismo dei principi generali a elementi
essenziali; la sintesi degli elementi essenziali; il linguaggio
dell‘invenzione come processo progressivo della storia delle macchi-
ne; la ricerca di un principio logico comune che consenta una classifi-
cazione delle macchine; l‘abbandono di una funzione base della mac-
china a favore di una metodologia di base sintattica (sarebbe come uno
strutturalismo linguistico) che porta solo ed esclusivamente nel settore
cinematico.
Da quanto si è finora esposto sorge l‘auspicio che venga rivisitato, an-
che in sede speculativa, il lavoro di questo scienziato della metà del
sec. XIX, che con un ossimoro può essere definito ideal-positivista,
perché a chiusura del capitolo sulle macchine (in piena epoca minera-
ria), scrive: ―Nella regione mineraria della Saar la meccanica ha il do-
vere di alleggerire il faticoso lavoro del minatore con le macchine per
scavare, per forare, per aerare, per trasportare. Qui la macchina ricom-
pare con tutto lo splendore della sua importanza per la società e per
l‘umanità intera.‖166
166
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 484.
122
Cap. IX
ANALISI E SINTESI DELLA MACCHINA
1
Una buona parte dell‘opera di Reuleaux è dedicata all‘analisi ed alla
sintesi della macchina. Il suo percorso concettuale si può riassumere
così: si prenda una macchina (tante, tutte) e la si sezioni in parti con
riduzione fino alle coppie di elementi cinematici non più scomponibili
(ancora una volta: lo sono ma non fanno più parte della coppia sulla
quale poggia l‘intera concezione di Reuleaux), poi si descrivano e si
studino e successivamente si mettano insieme per costruire una mac-
china (tante, tutte).
Quanto sopra viene così enunciato da Reuleaux: ―Per mezzo del lin-
guaggio simbolico possiamo rappresentare il risultato della scomposi-
zione in modo da esprimere la legge di formazione. Per occuparci di
simili ricerche vediamo l‘applicazione del metodo e quegli argomenti
dominanti nella scienza delle macchine ma tutt‘altro che chiari al pun-
to che saremo costretti a distruggere principi imperituri: in compenso
riusciremo a stabilire un fondamento scientifico importante e fecon-
do‖.167
È una delle frequenti ―dichiarazioni programmatiche‖ che seguono
uno schema che si potrebbe definire esclusivamente di matrice didatti-
ca; tipica e normale in Reuleaux: tema, tesi, svolgimento, dimostra-
zione.168
2
Dovendo partire dalle macchine è ovvio iniziare con quelle che si de-
finiscono semplici e che secondo la quasi totalità dei trattati sono
167
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 225 e segg e p. 252. 168
Manca la conclusione euclidea: ―come dovevasi dimostrare‖.
123
l‘origine di tutte le altre macchine definite complesse. Reuleaux fa no-
tare, come d‘altronde è sua abitudine, l‘imprecisione altrui nella nu-
merazione, elencazione e descrizione delle macchine semplici, e scri-
ve: ―È interessante paragonare tra loro diverse opinioni circa questo
oggetto‖.169
Per non appesantire troppo l‘argomento ma senza d‘altro canto ignora-
re l‘interesse che merita la storia della scienza, si riporta il minimo ne-
cessario delle macchine semplici: 170
- Poppe, Maschinenkunde (1821) – leva, l‘asse della ruota, la
carrucola, il piano inclinato, il cuneo, la vite. Sono sei ma
basterebbero due: leva e piano inclinato
- Langsdorf, Maschinenkunde (1826) – leva, carrucola, piano
inclinato, cuneo, vite, asse della ruota. Ma piano inclinato e
cuneo sono uguali, quindi ne restano solo cinque
- Gerstner, Handbuch der Mechanik (1831) – leva, asse della
ruota, carrucola, taglia, piano inclinato, vite, cuneo. Queste
sono sette
- Kayser, Handbuch der Statik (1836) – fune, leva, carrucola,
asse della ruota, piano inclinato, cuneo, vite. Ancora sette.
- Rühlmann, Mechanik (1860) – macchina funicolare, leva,
piano inclinato. Sono solo tre.
- Schrader, Elemente der Mechanik und Maschinenlehre
(1860) – leva, piano inclinato. Sono ridotte a due, come per
Poppe.
È opinione di Reuleaux che le divergenze fra i vari autori siano dovute
alla somiglianza fra gli oggetti ed alle derivazioni degli oggetti stessi
con altri.
Reuleaux, da parte sua, ne elenca sei: la leva – il piano inclinato – il
cuneo – la carrucola – l‘asse della ruota – la vite. Dopo averle descrit-
te con accuratezza e definite con la necessaria precisione, alla doman-
169
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 253 e segg.
124
da: ―hanno le macchine semplici la proprietà di essere considerate
come le parti elementari di tutte le macchine?‖ egli risponde: ―No!‖
Però emerge che tre di esse (leva, piano inclinato e vite) sono ―coppie
di elementi‖ e le altre (cuneo, carrucola, asse della ruota) tendono ad
essere ―catene cinematiche‖ (si ricorda che gli elementi contigui invi-
luppati connessi a due a due formano coppie di elementi e che
l‘unione di coppie di elementi è detta ―catena cinematica‖).
3
Dopo aver descritto e analizzato 37 meccanismi che sono elementi di
macchine, Reuleaux passa agli elementi costruttivi che ritiene siano
ben più difficili degli schemi astratti finora considerati, ritenendo ne-
cessaria una separazione delle leggi costanti da quelle casuali. Nelle
macchine ci sono parti che si ripetono, che egli chiama ―elementi co-
struttivi delle macchine‖. Cioè, si trovano con maggior frequenza di
altre. L‘elenco è piuttosto lungo: viti, biette, chiodi, perni, assi, sup-
porti, castelli, frizioni, carrucole, ingranaggi, volani, volanti, manovel-
le, bielle, teste a croce, ruote a nottolini, tubi, cilindri, valvole, pistoni,
molle, cinghie, corde, incastellature (cfr. con Leonardo e Martin,
Tavv. G I-IV).
Ovviamente tutto quanto va compreso nell‘analisi degli elementi co-
struttivi delle macchine: elementi cinematici, membri di catene cine-
matiche, coppie di elementi, frazioni di catene cinematiche. Reuleaux
vuole individuare un ordine razionale in modo assolutamente e rigoro-
samente sistematico, cominciando col dividere gli elementi rigidi da
quelli flessibili e duttili, aggiungendo quei meccanismi che sono il
passaggio alle macchine complete, e cioè: arresti, freni e giunti. Un ul-
teriore vantaggio dell‘analisi, cioè l‘elenco degli elementi costruttivi
ha sensibilmente diminuito il numero delle categorie a vantaggio della
meccanica pratica.
170
cfr. F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 561.
125
Ma c‘è anche un notevole significato teorico di cui si deve tener conto
leggendo questo capitolo di Reuleaux. La chiusura di una catena, che
si determina quando tutti gli elementi della catena cinematica sono
collegati. Le chiusure sono di tre tipi: a) normale, cioè determinata,
nel senso che tutti i movimenti relativi sono determinati, ed è questa
l‘essenza della macchina; b) incompleta, in cui, cioè, gli elementi sono
in soprannumero e qualcuno, in caso di arresto, resta indeterminato e
non chiuso; c) eccessiva, perché toglie la mobilità ad un membro della
catena.
Secondo Reuleaux chi inventa una macchina deve adattare allo scopo
una di queste tre modalità di chiusura.
4
Dopo averla analizzata si affronta, seguendo la traccia di Reuleaux
(per altro molto divagante, un po‘ come Erodoto), la macchina in ge-
nerale. Ma questo aggettivo acquista un valore particolare, in quanto
Reuleaux non intende ―generico‖ (cioè qualsiasi), ma relativo a tutte
le macchine. Dalla scuola francese e da Poncelet in particolare (―La
science des machines se compose de la science des outils, des mo-
teurs, des communicateurs ou modificateurs du mouvement‖)171
pren-
de le tre parti in cui viene divisa una macchina: ricevitore, trasmettito-
re e operatore, (v. Cap. V, par. 2 per una esauriente discussione). E ne
critica la definizione, arrivando a concludere che queste tre parti non
riescono a totalizzare la macchina perché a volte sono insufficienti ed
a volte sono ridondanti. Particolarmente interessanti gli esempi della
gru e della locomotiva.
Con la ripresa degli argomenti sviluppati precedentemente (cfr. Capp.
V e VI), Reuleaux passa alla sintesi che definisce, ovviamente, il
―contrapposto‖ dell‘analisi.
171
J. V. Poncelet, Traité de mécanique industrielle, cit. in F. Reuleaux, Cinemati-
ca teorica, p. 438.
126
5
Il problema della sintesi consiste nella ricerca di quali coppie di ele-
menti e di quali catene consentano, messe insieme, di ottenere un mo-
vimento desmodromico che per Reuleaux è una catena chiusa deter-
minata, il che permette di creare nuove macchine e di progredire nel
settore della meccanica. Il movimento desmodromico, cioè l‘unione
delle coppie appropriate, ha due direzioni della ricerca sopraccennata;
Reuleaux le definisce ―diretta‖ ed ―indiretta‖, ed ognuna può essere, a
propria volta, ―generale‖ e ―specifica‖. Dunque: ―va esaminata la va-
lidità di questi quattro metodi.‖172
a. la sintesi diretta generale dovrebbe essere la più immediata,
ma se uno scopo si può raggiungere in modi diversi vuol di-
re (scrive Reuleaux) che ―due macchine a vapore ugualmen-
te buone possono essere costruite con diversi sistemi cine-
matici ma diversi vuol dire più d‘uno; ma quale il miglio-
re?‖
b. con la sintesi diretta specifica si adotta un processo che de-
termina la coppia di elementi immediatamente, ma poiché la
coppia di elementi è meno pratica della catena anche questo
metodo va abbandonato
c. il metodo sintetico indiretto specifico deve trovare la solu-
zione di tutti i problemi, fra i quali c‘è quello dato: risolvere
tutti i problemi cinematici. Sembra una estensione illimitata,
ma le coppie inferiori sono poche ed il numero dei meccani-
smi che si formano con le catene è limitato, per cui le diffi-
coltà sono grandi. Ma non insormontabili. Quindi si apre il
terreno di applicazione della sintesi.
d. la sintesi indiretta generale agisce con le catene come il me-
todo indiretto specifico agisce con le coppie.173
172
F. Reuleaux, Cinematica teorica, pp. 486, 487, 488. 173
Op. cit., 490.
127
Conclusione di Reuleaux: ―Dunque la sintesi indiretta sia generale che
specifica è in grado di dare risultati pratici e possiamo servircene. La
sintesi diretta incontra difficoltà insormontabili e risultati inapplicabili
mentre quella indiretta nel caso sia specifica porta alle coppie possibili
e poi nel caso generale porta le coppie trovate alle catene cinematiche.
E per trovare la combinazione appropriata fra quelle che si presenta-
no occorre il metodo induttivo‖.
La Fig. 18 offre un quadro riassuntivo di quanto scritto finora.174
Da essa risulta che la strada da percorrere è: sintesi cinematica-
indiretta-speciale-generale; da queste le coppie di elementi determinati
e le catene cinematiche determinate. Pertanto si arriva alla macchina
mediante l‘induzione.
Dopo questa affermazione di Reuleaux (che in un certo senso, oltre a
stabilire un percorso per la composizione delle macchine, è anche tan-
genziale ad un discorso filosofico) si possono fare alcune riflessioni.
174
Op. cit., p. 490, fig. 368.
128
L‘induzione, come è noto, è un ragionamento che dall‘esame di più
casi particolari conclude con argomentazioni che si estendono al di là
dei casi esaminati. E fin quì Reuleaux è coerente: se una ruota dentata
… allora tutte le ruote dentate… Quasi un sillogismo.
Psicologicamente inattaccabile sul piano logico, presenta difficoltà per
quanto concerne la credenza razionale, non psicologica, circa l‘unifor-
mità della natura. Oggi la filosofia riconosce (salvo i sempre presenti
pareri contrari) che ―nessuna regola meccanica è in grado di portare
alla scoperta di leggi generali; meglio cercare i metodi sulla conferma
della validità‖.175
175
Enciclopedia di filosofia Garzanti, Cernusco s/N, 1981, p. 541.
129
Cap. X
IL LINGUAGGIO DELL’INVENZIONE
1
Il linguaggio dell‘invenzione (secondo una felice definizione del Prof.
Francis C. Moon)176
è una delle indagini che, come è stata anticipata
nella presentazione, costituisce un fondamento essenziale nell‘opera di
Reuleaux.
Reuleaux aveva già affrontato il tema del progetto di macchine nel li-
bro scritto nel 1854177
con il suo compagno di studi Carl Moll ma è
principalmente nell‘estesa introduzione del libro Cinematica teorica
che sviluppa le sue idee sul progetto di una macchina e quindi mette
insieme sintesi, elementi modulari, creatività ed anche estetica. (Egli
stesso in un libro di appunti disegna un particolare di incastellatura
che strutturalmente resiste a precise condizioni di carico e ne mette in
sezioni i montanti senza trascurare anzi accentuandone l‘aspetto este-
tico sia pure nella concezione artistica del suo tempo) vedi Tav. C. Per
essere più precisi egli vede nella cinematica la prefazione,
l‘anticamera della teoria dell‘invenzione (scientifica) del progetto di
una macchina. Va anche fatto notare quanto Reuleaux sia stato ―mo-
derno‖, come si direbbe oggi, perché è ben noto e del tutto acquisito
che la parola design privilegia in un certo senso l‘aspetto estetico di un
prodotto. Basti pensare al settore automobilistico ed a quello degli
elettrodomestici. Egli scrive: ―Essenzialmente invenzione non è altro
che induzione, cioè un continuo decantare delle idee e quindi analisi
176
F. C. Moon, Bookpress Newspaper of Arts, Ithaca, 2/2000, p. 12. 177
C. V. Moll e F. Reuleaux, Constructionlehre fur den Maschinenbau, Karlsruhe,
1854.
130
delle possibili soluzioni che presentino analogie. Il processo continua
fino a quando la meta è raggiunta.‖178
Egli ritiene che inventori ed artisti adottino processi simili e che la ca-
tena cinematica va portata avanti fino allo sfruttamento delle sue totali
possibilità.179
Va aggiunto che quando Reuleaux si chiede cos‘è l‘invenzione non si
discosta da Platone che nel Teeteto, quando vuol sapere cosa sia
l‘argilla, rifiuta le risposte che, senza definirla, affermano ―l‘argilla
serve per fare…‖180
Ciò denota l‘aspetto epistemologico, ma è meglio
dire gnoseologico, che Reuleaux affronta nel chiedersi le origini
dell‘invenzione.
2
Prendendo le mosse come al solito da lontano, sia concettualmente
che storicamente, Reuleaux incomincia col dividere la cinematica in
due parti: teorica ed applicata e col dichiarare che, per quanto concer-
ne il manuale che sta presentando, solo la prima è oggetto della sua
opera, anche se ritiene che teoria e pratica non siano antagoniste. Reu-
leaux si interroga anche sul ―divenire‖ della invenzione e quando vuo-
le conoscere come l‘inventore sia passato attraverso le fasi successive
per arrivare alla fine delle elaborazioni, propone due cammini: a)
quello storico del progresso tecnico; b) quello del pensiero: immagi-
nazione, percezione, sintesi deduttiva, matematica e filosofia del prin-
cipio riassuntivo finale.
Estrapolando dalla lettura dell‘introduzione le domande, queste pos-
sono essere succintamente e direttamente così poste:
178
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 22. 179
Dopo aver trattato la nascita dell‘invenzione in Cinematica teorica, Reuleaux
scriverà un libro di notevole mole: Das Buch der Erfindungen (il libro delle scoper-
te) (8 grandi volumi ed 8 edizioni dal 1883 al 1891), che è la descrizione storica
delle tecnologie create dall‘uomo. La storia delle scoperte c‘è anche in Cinematica
teorica, ma è meramente marginale, di supporto all‘indagine sull‘invenzione che
raramente, se non quasi mai, è improvvisa folgorazione. 180
Platone, Teeteto, 147 a.
131
- quali sono i principi dell‘invenzione?
- come la mente inventa le cose?
- l‘invenzione può essere spiegata dalla logica?
Va da sé poi che seguano le domande:
- come si è giunti al meccanismo ed ai suoi elementi?
- quale legge che regge il processo di combinazione dei mec-
canismi (se questa legge esiste)?
- bisogna accettare l‘invenzione come un progresso della sto-
ria naturale e lasciare alla scienza il solo compito della spie-
gazione, dell‘analisi e della descrizione?
- la facoltà inventiva dell‘uomo è il risultato di una divina-
zione superiore?
Per rispondere alle domande che si è posto (non darà risposta diretta
ma si limiterà a raccontare e commentare le scoperte e le invenzioni),
egli si appoggia alla storia e comincia da James Watt (1736-1819), che
egli prende a paradigma degli inventori; poi, nel corso della narrazio-
ne, come si vedrà, muove dalle epoche paleolitiche con la scoperta del
fuoco.
Per asserire le sue idee, Reuleaux riporta181
alcune frasi di due lettere
che Watt scrisse a Boulton nel 1794 e al figlio nel 1808 per spiegare il
processo mentale che lo condusse ad ideare il noto parallelogramma:
―Avendo notato che […] venivano usati cinematismi inadatti […] mi è
venuto in mente…‖. Questo a Reuleaux non piace, e riporta dalla se-
conda lettera: ―…ho fatto una nuova trovata: l‘idea di un metodo per
dirigere verticalmente…‖. Nemmeno questa frase soddisfa Reuleaux,
che commenta: ―Si vede che persino un pensatore come Watt non può
spiegarci il concetto primitivo che sta alla base della sua invenzione.‖
E cita Goethe: ―Cos‘è l‘invenzione? Il risultato di ciò che si cerca‖. E
181
F. Reuleaux, Cinematica teorica, pp. 5, 6.
132
prosegue: ―Nessun meccanismo deve la sua origine ad una teoria qual-
siasi.‖182
Reuleaux continua con una ulteriore citazione da Goethe: ―Non si pos-
siede se non quello che si comprende. Tutto ciò che noi chiamiamo
invenzione non è che il risultato di un sentimento della verità rimasto
per lungo tempo in noi‖.183
Per finire con Schopenhauer: ―Le nostre
idee migliori, più feconde, sono il risultato di lunghe ma inavvertite
meditazioni assai spesso rimosse e dimenticate talché noi stessi non
sappiamo spiegare l‘origine dei nostri pensieri più profondi che sono i
prodotti misteriosi delle tenebre dell‘animo.‖ Quest‘ultima citazione
di Schopenhauer è messa in evidenza da Reuleaux.184
Per sviluppare meglio le idee di Reuleaux si può fare riferimento ad
un recente lavoro di Friedrich Klemm,185
perché a proposito
dell‘invenzione o scoperta Reuleaux vi viene citato più volte. Scrive
Klemm: ―Una invenzione consiste in due parti: idea e realizzazione.
Come nasce l‘idea? Può anche sorgere per folgorazione ma nella
maggior parte dei casi traspare lentamente dopo faticose ricerche da
innumerevoli errori; si fa strada sempre più chiaramente nella co-
scienza attraverso continui confronti, sceverando le cose importanti da
quelle meno importanti finché non compare tutta chiara nello spirito;
l‘idea non sorge dalla teoria, né viene raggiunta per via deduttiva ma
solo attraverso l‘intuizione: la scienza è uno strumento per la ricerca e
per l‘esperimento ma non crea alcun pensiero ma anche quando la ve-
182
Ovviamente si deve ritenere che Reuleaux non fosse neanche sfiorato dall‘idea
della serendipity (dal nome del principe dell‘isola di Ceylon): scoperte ottenute
cercando ben altro. L‘esempio più celebre è quello di Cristoforo Colombo, che tro-
vò il continente americano incontrandolo sul suo cammino per le Indie; per non
scrivere di decine di altri esempi, fra i quali quello di John Walker, che nel 1826
stava provando diversi tipi di esplosivi per cannoni e mescolava solfuro di antimo-
nio, clorato di potassio, gomma ed amido mediante un bastoncino di legno. Sulla
punta di esso resta una goccia che si solidifica: per toglierla Walker strofina sul pa-
vimento il bastoncino che prende fuoco, facendogli così scoprire il fiammifero a
strofinamento. 183
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 24. 184
Op. cit., p. 20. 185
F. Klemm, Storia della tecnica, Milano, 1959.
133
rifica scientifica ha provato l‘esattezza del pensiero, l‘invenzione non
è ancora matura: solo quando la natura ha risposto affermativamente
alle domande ad essa poste mediante l‘esperimento pratico allora
l‘invenzione è compiuta. E‘ comunque un compromesso fra l‘identità
del mondo del pensiero e le possibilità del mondo della natura. E pro-
segue dopo aver descritto una sua invenzione: ―mai in nessun modo si
può definire invenzione l‘idea pura e semplice: il cannocchiale, gli
emisferi di Magdeburgo, l‘arcolaio, la macchina a vapore; è l‘idea
‗realizzata‘ a valere come invenzione.‖186
E: ―…tra idea e realizzazio-
ne sta un periodo di lavoro e di sforzo. La esecuzione è il momento di
raccolta di tutti i mezzi che servono per realizzare l‘idea: momento
creativo e felice. La diffusione è il periodo di lotta contro la stupidità,
l‘invidia, l‘inerzia e la resistenza degli interessi. Inventare significa
scindere un concetto esatto da una serie di errori e portarlo al succes-
so. L‘inventore deve essere ottimista.‖
Si potrebbe dire che Klemm abbia fatto sue le parole dette da Reu-
leaux, Redtenbacher e Burmester durante le lezioni ai loro studenti in-
gegneri, progettisti di macchine.
Dopo aver elencato fra le grandi invenzioni il motore Diesel (1893),
presentato alla giuria della quale faceva parte Reuleaux (che avendo
ricevuto una copia della descrizione del brevetto scrisse, il 27 febbraio
1893, una lettera a Diesel di congratulazioni),187
Klemm elenca in un
capitolo anche gli ―insuccessi della scienza matematica puramente
teorica‖ rispetto alla pratica e non si può non rilevare la citazione
compiaciuta di alcuni episodi che Reuleaux avrebbe senz‘altro sotto-
scritto volentieri:188
- nella prima metà del 1700 l‘ingegnere francese B. F. de Be-
lidor cerca di applicare le teorie matematiche alle macchine
186
Dalla lettura dei due testi emerge la coincidenza degli esempi di Klemm con
quelli citati da Reuleaux: sono gli stessi. 187
Op. cit., p. 376. 188
Tanto Klemm quanto Reuleaux divergono dalla matematicità esclusiva utilizza-
ta per sviluppare la tecnica.
134
e tenta di perfezionare, senza riuscire, i relativi problemi
idraulici con il calcolo infinitesimale
- nel 1742 papa Benedetto XIV fa esaminare la statica della
cupola di S. Pietro: tre matematici puri formano la commis-
sione. Le considerazioni matematiche sono insufficienti e
viene aggiunto, dalle ―Memorie storiche della cupola‖ (Pa-
dova, 1748) che ―il Buonarroti non sapeva di matematica‖
- Federico il Grande in una lettera a Voltaire (1778) si faceva
beffe di un dispositivo di sollevamento dell‘acqua, calcolato
matematicamente da Eulero ma che non funzionava, scri-
vendo: ―Vanitas vanitatum; vanitas mathematicae‖
- Coulomb in Theorie des machines simples (1781) rileva
come ―…si troveranno rappresentati i metodi ingegnosi
scoperti dall‘autore (successo delle applicazioni pratiche)
per dotare le ricerche della massima esattezza‖
Non manca nell‘opera di Klemm un riconoscimento della corrente del
pietismo luterano sul valore formativo del lavoro con opere realistiche
per portare lo studio della natura a gloria di Dio (da Merton, Science,
Technology and Society in XVII Century). Altro concetto di Reuleaux.
3
L‘invenzione di una macchina, formata da più meccanismi, era affa-
scinante per Reuleaux. Sia per quanto da lui affermato, e cioè che la
conoscenza dei cinematismi avrebbe portato anche a progettare mac-
chine non ancora inventate (la conoscenza dell‘alfabeto consente di
coniare parole nuove non conosciute) sia per lo spirito che aleggiava
nel mondo tecnologicamente avanzato. Quello stesso che faceva scri-
vere a Walter Whitman, per l‘arrivo della macchina sulla scena del
XIX secolo (la locomotiva):
Tu, corpo nero cilindrico, di ottone dorato ed acciaio argentato,
tu con le poderose barre laterali, parallele e colleganti i mozzi,
135
rotante ed oscillante ai lati,
tu sbuffante e ruggente, nata dai numeri,
riduci le distanze!189
Agli intellettuali ed agli scienziati di ―fin de siècle‖, tecnica ed uma-
nesimo non parevano divergenti. Tutt‘altro. In questo clima va ricor-
data la rappresentazione alla Scala di Milano nel febbraio del 1881 del
―Ballo Excelsior‖, che è una riassuntiva, artistica lode al secolo dei
lumi. Non solo metaforicamente, perché la luce ―tecnologica‖ (quella
che illumina grazie a Thomas Edison) porta il sole in casa di tutti an-
che di notte.190
La condizione umana reca con sé l‘agire tecnico delle invenzioni e
quindi uomo e tecnica sono in tensione l‘uno all‘altra ma solo l‘uomo
può godere della doppia natura: animale e umana. In quanto animale
può ―giocare‖ con i castori, le api, le formiche (cioè con animali tec-
nologicamente molto evoluti – basta pensare all‘esagono della celletta
dell‘alveare) ed in quanto uomo ―vive‖, grazie alla stolta ma fecondis-
sima prodigalità di Epimeteo, e può agire col pensiero modificando la
natura con le macchine che gli garantiranno la sopravvivenza.
Per andare alla ricerca dei principi che sottostanno all‘invenzione di
nuove macchine, non cercando le leggi scientifiche che le reggono
bensì il processo del pensiero, nel 1880 Reuleaux, a futura memoria
delle invenzioni cinematiche (anche sue proprie) costruisce, tramite la
società Woigt, centinaia di modelli di cinematismi che rappresentano
circa 300 anni di storia da Galilei alla metà dell‘800. Veramente i 200
modelli che lo scrivente ha visto e fatti funzionare alla Cornell Uni-
versity di Ithaca - N.Y. non interessano tanto per l‘esecuzione tecnica,
di per sé già eccezionale, quanto per il movimento del pensiero che
189
W. Withman (1819-1892), citato in F. C. Moon, Bookpress News, 2/200, p. 12,
n. 1. 190
L‘ing. Colombo, traduttore autorizzato da Reuleaux, che porta e diffonde in Ita-
lia i suoi lavori, è l‘esecutore e responsabile della prima centrale elettrica cittadina,
sita in via S. Radegonda in Milano.
136
promuovono nell‘osservatore al fine di capire il segreto
dell‘invenzione che li ha generati, cioè il processo del pensiero. Le fi-
gure di alcuni di questi sono alla fine del presente capitolo. (Tavv. da
R a W). A vederli oggi sembrano opera di un valente meccanico e non
di un teorico quale era Reuleaux. I meccanismi rappresentano diversi
movimenti di modelli matematici di figure geometriche e furono co-
struiti per scopo anche didattico. A tal fine Andrew D. White, rettore
della Cornell University di Ithaca ne acquistò i duplicati che Reuleaux
aveva fatti costruire dopo averli visti a Berlino nel 1882. Il prezzo fu
di 8000 dollari, forniti dai magnati americani Hiram Sibley e Ezra
Cornell, entrambi fondatori della Western Union. Ma soprattutto li ac-
quistò per analizzare come si arrivasse all‘invenzione di una macchi-
na, che, lo ripetiamo ancora una volta, è composta da coppie cinemati-
che, con le leggi logiche della meccanica e del moto; frutto cioè di
continui progressi e non di folgorazioni.
Scrive Reuleaux: ―Io ho cercato di dimostrare che l‘invenzione è Pen-
siero. Se noi sistematizziamo questo aspetto (è il linguaggio simbolico
cinematico) avremo preparata la strada per i costruttori.‖
Questa ricerca per il processo del pensiero portato a sistema è oggi
chiamata IA. In seguito alle critiche, non del tutto infondate, di alcuni
suoi oppositori, Reuleaux ammise il fallimento della sua ricerca volta
all‘uso del simbolismo nell‘ottenere un sistema coerente di sintesi
scientifica costruendo le macchine con l‘uso del simbolismo, ma come
scrive il Prof. Moon: ―Lo scopo dei suoi sforzi è incisivo, consideran-
do che egli non disponeva di computer che sono oggi il cuore della
I.A.‖191
Dal lavoro di Reuleaux emerge quindi il concetto che non si può lavo-
rare tecnologicamente sui prodotti della facoltà inventiva dell‘uomo
senza effettuare una ricerca sull‘essenza del pensiero.
191
F. C. Moon,, F. Reuleaux – Contribuition to 19th
C. Kinematikcs, Ithaca, 2003.
137
4
L‘idea di Reuleaux è che si possa con la notazione simbolica generare
classi di meccanismi (opinione confutata con qualche ragione) permu-
tando gli elementi simbolici. Pertanto scrive nel Manuale di cinemati-
ca teorica: ―L‘astrazione scientifica serve solo a dimostrare la possibi-
lità delle macchine, cioè permette di non avere qualsiasi giudizio fra il
possibile e l‘impraticabile‖. In altre parole egli mostrava come mecca-
nismi diversi siano correlati cinematicamente e quindi come un inven-
tore poteva essere ―influenzato‖ dalle invenzioni di un altro.
Questa idea è stata recentemente ripresa da due autori, A. G. Erdman e
G. N. Sandor,192
che vengono citati solo per indicare la ripresa moder-
na del pensiero di Reuleaux. Esiste una differenziazione fra la sintesi
di Reuleaux (che può essere definita sintesi tipologica) da quella
odierna che non prescinde dai numeri e che è detta ―sintesi dimensio-
nale‖. Allora Reuleaux poteva spaziare nel settore delle coppie cine-
matiche esclusivamente dotate di un solo grado di libertà. Grübler nel
1917, riconoscendo un debito a Reuleaux, sviluppò catene cinemati-
che a gradi di libertà multipli; ciò che oggi si chiama ―sintesi numeri-
ca‖.193
Una ulteriore modernità di Reuleaux, sempre nell‘ambito dell‘inven-
zione, viene dal capitolo di Cinematica teorica intitolato ―Composi-
zione delle macchine per mezzo di elementi costruttivi‖, nel quale egli
dice che nelle macchine bisognerebbe separare le leggi costanti da
quelle casuali, come fece la chimica del suo tempo quando isolò le
materie elementari. Altrettanto, secondo Reuleaux, deve fare la cine-
matica, sia pure con molta difficoltà, dato che ―non si vuole ammette-
re che tutte le macchine si possono scomporre in elementi ma si ac-
centua piuttosto la frequenza con la quale questi elementi si incontra-
no; per questa ragione non se ne è mai fatta una determinata e chiara
192
A. G. Erdman e G. N. Sandor, Mechanism and Design – Analysis and Synthesis,
1997, Upper Sadle River. 193
cfr. Op. cit.
138
enumerazione e definizione. La seguente numerazione è composta da-
gli elementi seguenti… [segue un lungo elenco di parti dalle viti alle
molle che è inessenziale] …di cui daremo conoscenza dal punto di vi-
sta cinematico.‖ Questa lista descrittiva (mirabilmente presentata con
disegni di squisita fattura, descrizione costruttiva e relativa denomina-
zione simbolica cinematica) è ritenuta analoga, in un recentissimo
saggio di H. Lipson, J. B. Polack e N. P. Suh,194
a ciò che gli odierni
teorici del progetto di macchine chiamano ―progetto di macchine mo-
dulare‖.
Un ulteriore richiamo al popolare libro delle invenzioni che Reuleaux
scrisse nel 1883195
consente di ripetere ancora una volta che egli non
accetta la teoria generalizzata che l‘invenzione sia il risultato della so-
la scoperta scientifica e tanto meno crede nel discontinuo genio
dell‘invenzione dove ―l‘eroe‖, lavorando da solo, fa importanti sco-
perte delle quali beneficia il genere umano. Egli vede insieme la sco-
perta scientifica e l‘invenzione tecnica come evoluzione delle due e
talvolta persino nello stesso uomo: ―Nell‘inventare la macchina a va-
pore Papin era tanto un fisico quanto un meccanico ed altrettanto si
può dire di Watt quando il suo genio si impadronì dell‘argomento.‖196
194
H. Lipson, J. B. Pollack e N. P. Suh, On the Evolution of Modularity, Ithaca,
2001. 195
Le Tavv. P e Q forniscono un esempio della tipologia del testo: mostrano la cat-
tura delle cavallette in Madagascar e la coltivazione delle banane e dei meloni. 196
Reuleaux vedeva lo sviluppo tecnologico di una macchina come una ―evoluzio-
ne‖ da macchine precedenti sotto due spinte: nuove scoperte scientifiche e compe-
tizioni fra concorrenti sul mercato. Opinione odierna condivisa da Basalla, Brose,
Das Gupta in tre opere elencate nella Bibliografia - testi ausiliari.
139
Cap. XI
IL “TRIANGOLO”
E L’“ATTUATORE A FLUIDO” DI REULEAUX
1 - Il triangolo
Il triangolo di Reuleaux è presentato dalla Fig. 18. Si costruisce nel
seguente modo; partendo da un triangolo equilatero si traccino tre ar-
chi di cerchio con raggio uguale al lato del triangolo equilatero e con
centro nei vertici ed arco delimitato dagli estremi degli altri due lati. Il
perimetro del triangolo ha raggio costante cioè si è costruito una figu-
ra a raggio costante,197
come se fosse un cerchio.
È una figura che a parità di curvatura ha una superficie inferiore. Un
cilindro il cui diametro venga misurato col calibro fornisce sempre lo
stesso valore in larghezza ma non è detto che abbia sezione circolare.
140
Più generalmente si chiamano ―poligoni di Reuleaux‖ quelli che si co-
struiscono con lo stesso principio adottando qualsiasi poligono regola-
re purché abbia un numero di lati dispari. Queste particolari figure
hanno un numero dispari di archi di cerchio di raggio uguale e lo stes-
so numero di vertici. Nelle Figg.19 e 20 abbiamo poligoni con 2 n + 1
vertici.198
Si può anche costruire una figura priva di vertici, fatta cioè di soli ar-
chi di cerchio, mediante una costruzione detta a ―dilatazione parallela‖
che si costruisce in questo modo: si prenda un triangolo di Reuleaux
(Fig. 21) e dai punti A, B, C, si traccino cerchi compresi fra gli archi
AC, CB, BA di raggio a + m dove a è il lato del triangolo equilatero ed
m una lunghezza a piacere; poi si raccordino i tre archi di cerchio con
altrettanti nuovi archi con centro in A, B, C di raggio m; la curva peri-
metrale ottenuta è ad ampiezza costante pari ad a + 2 m e priva di ver-
tici.
Particolare importante: il perimetro di qualsiasi figura ottenuta col
procedimento sopra indicato è uguale a π a, essendo a il lato del trian-
golo equilatero.199
2
Visto come si costruisce un triangolo di Reuleaux (ed anche i poligoni
regolari a numero di lati dispari) e definito nel testo di Cinematica
teorica il triangolo archilineo,200
si segua in linea di massima (con
qualche aggiunta per chiarezza) quanto scrive Reuleaux, incomincian-
197
Il primo scienziato che studiò le curve ad ampiezza costante fu Eulero, (1701-
1783). 198
C‘è un limite per i poligoni di numero pari o dispari di lati: quando il numero di
lati tende all‘infinito il poligono tende alla circonferenza. 199
Dimostrazione: sia a il lato del triangolo equilatero ABC; a = r = BA, che è il
raggio della figura a raggio costante nella quale si possono iscrivere 6 triangoli, es-
sendo 360 : 60 = 6. La circonferenza sarà: 2 π r = 2 π a. Ma 2 π a : 6 è uguale a π a : 3.
Le lunule sono 3, quindi il perimetro è uguale a 3 × (p a) : 3, cioè π a; c.d.d. 200
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p.120 e p. 110, nota del traduttore, Prof. G.
Colombo, sulla denominazione di archilineo, ritenuta più adatta di curvilineo, che
si presta ad altre interpretazioni.
141
do a tracciare il biangolo archilineo201
che va inserito in un triangolo
equilatero (v. Fig. 22): ―Dagli estremi di una retta verticale di altezza
PQ (che sarà corrispondente all‘asse minimo del biangolo ed anche
coincidente con la retta che è l‘altezza del triangolo ABC) si sono trac-
ciati due cerchi di raggio PQ, una volta facendo centro in P e l‘altra in
Q, ottenendo la figura PRQS formata da due archi circolari uguali (il
cosiddetto ‗biangolo archilineo‘); con semplicissime costruzioni si ot-
tiene il triangolo equilatero di altezza AQ = 2 PQ il quale tocca il
biangolo in tre punti R, S e Q; le perpendicolari dai punti R, S, Q di
contatto condotte ai lati del triangolo equilatero sono: SQ, RQ, QP e
sono dette ‗normali di appoggio‘. Le normali di appoggio si incontra-
no sempre in un punto che è Q‖.
Trascurando le essenziali (ma geometriche e matematiche) dimostra-
zioni non necessariamente obbligatorie nel caso attuale, si passi al
triangolo archilineo equilatero iscritto in un quadrato,202
(v. Fig. 23) e
dagli angoli del triangolo equilatero PQR si traccino circonferenze di
raggio uguale ai lati. Si costruisce così un triangolo di Reuleaux. Le
normali di appoggio nei punti Q ed R sono le normali ai lati del qua-
201
cfr. n. precedente e Op. cit., p. 110 per la definizione di ―normali di appoggio‖.
142
drato nel punto di contatto con i vertici e si incontrano in O e vanno
diretti dai punti di tangenza del triangolo ai lati del quadrato.
A questo punto si introducono le ―traiettorie polari‖.203
Per completare
i pochi ma necessari passaggi propedeutici alle applicazioni dell‘in-
venzione di Reuleaux: si immaginino due poligoni rotanti l‘uno
sull‘altro con i lati che si sovrappongano ed i cui vertici (vertici dei la-
ti dei poligoni) si avvicinino sempre di più tanto da non distare che di
quantità infinitamente piccole. È chiaro che al limite geometrico si ar-
riva ad una curva non più spezzettata e che le rispettive normali di ap-
poggio si trovano così a rotolare come un ventaglio in chiusura. (v.
Fig. 24). Ciascun punto non è più centro di rotazione per un tempo fi-
nito (quale sarebbe se i segmenti percorsi durante il rotolamento non
fossero infinitesimi), bensì per un istante e quindi diventa centro di
istantanea rotazione, chiamato ―polo‖; le curve che prima erano for-
mate dai lati dei poligoni vengono percorse dai loro poli e quindi si
possono chiamare ―traiettorie polari‖. La figura evidenzia linee punti-
formi e traiettorie polari.
3
202
Op. cit., p. 120. 203
Op. cit., p. 58.
143
Adesso è più semplice seguire quanto scrive il matematico Ivars Pe-
terson, le cui riflessioni sembrano tutt‘altro che ―forti‖ ma per questo
non meno importanti e cioè: ―perché il coperchio di un buco è sempre
rotondo?‖204
La risposta più comune, ma non ovvia, è che un coperchio a forma
circolare, rotonda, diversamente da qualunque altro di forma poligona-
le a partire dal triangolo non può passare attraverso il foro. Non c‘è
modo di orientare un coperchio affinché possa passare attraverso un
foro che sia di dimensioni anche leggermente inferiori, cosa che inve-
ce accade con i poligoni.
Il cerchio ha come tangenti opposte coppie di parallele che toccano la
curva ai lati: è questa la ragione per cui le ruote ed i cilindri che roto-
lano su una superficie tracciano una linea scorrendo su una superficie
piana.
Una ellisse, per esempio, non ha la stessa grandezza in ogni direzione
e così un coperchio ellittico anche se ben maggiore di bordo può sem-
pre essere inserito nel foro stesso; così un coperchio quadrato, che può
essere infilato nella diagonale del foro che è 1, 41 volte più grande del
lato.
La più notevole applicazione di questo originale triangolo fu il motore
rotante a combustione interna progettato da Felix Wankel.205
Va subi-
to detto che anche Reuleaux, ottant‘anni prima dell‘applicazione pra-
tica, non era molto ottimista sui risultati di una eventuale applicazione
(sia pure diversa da quella intuita da Wankel), che si sarebbero potuti
ottenere a causa della scarsa tenuta fra cuspide e superficie di contatto
in assenza di qualsiasi tipo di guarnizione, per quanto il triangolo ruoti
204
I. Peterson (matematico e fisico svedese), Adventures in Mathland, sul sito In-
ternet www.sciencenews.org, 1997. 205
Felix Wankel (1902-1988), tedesco, inventore del motore rotante a combustione
interna su utilizzo del triangolo archilineo di Reuleaux (v. Figg. 25, 28, 29). Il bre-
vetto del motore è del 1957 ma gli studi iniziarono nel 1940. Venne realizzato nel
1963, applicato nel 1965 e scomparve dalla produzione nel 1980 giustificando i ti-
mori di Reuleaux, molto ma molto ―ante litteram‖. Fu adottato da alcune case au-
tomobilistiche, fra esse la Nsu, per la sua semplicità.
144
liberamente all‘interno di una superficie di accoppiamento senza mai
lasciare volumi eccedenti.
La Fig. 25 rappresenta, sia pure schematicamente, il modello del mo-
tore Wankel. La freccia in entrata indica l‘ingresso della miscela com-
bustibile + comburente, che mediante la rotazione oraria si trasferisce
nella camera indicata con C, dove avviene l‘accensione con la scintilla
della candela rappresentata dalla saetta. L‘esplosione costringe il
triangolo a ruotare e la rotazione trasmette il moto alle ruote del veico-
lo sul quale sono applicati (non sempre) quattro motori Wankel; la
freccia nera indica l‘espulsione dei gas combusti. Si faccia attenzione
ai due cerchi centrali della figura: quello minore è un perno della ca-
mera fissato al centro, quello maggiore è un foro del triangolo che
ruota con esso, mantenendosi sempre tangente al perno fisso con moto
eccentrico.
Un‘altra applicazione, fra le altre, è dovuta all‘ingegnere britannico
Watts, che nel 1930 costruì una punta di fresa con la forma del trian-
golo di Reuleaux per produrre fori quadrati.
Ci sono anche monete che adottano il principio di Reuleaux così come
anche parecchi gettoni sono a perimetro ettagonale arrotondato per il
loro facile inserimento nella fessura delle slot-machine.
Si domanda Ivars Peterson: ―Ma perché i poligoni di Reuleaux non
possono essere usati come ruote in generale? Perché presentano una
difficoltà insormontabile: non hanno un centro di rotazione fisso.‖ Ri-
sposta evidente ed esaustiva.
L‘asse di una ruota circolare fissa ha una altezza dal suolo anch‘essa
fissa e costante, e consente un moto liscio piano orizzontale; mentre il
triangolo di Reuleaux, sia pure ai lati arrotondati, oscilla, traballa ed il
suo centro non traccia una retta. Dalle Figg. 26 e 27 si vede che quan-
do il triangolo ruota la sua altezza è costante e compresa fra due paral-
lele, ma il suo centro traccia una sinusoide: il centro, che è anche cen-
tro di gravità, potrebbe scorrere parallelo alla retta posta al suolo, ma
145
la traiettoria dei vertici in questo caso è formata da archi di cerchio
continui ed identici ai lati del triangolo.
Una nota del Prof. Moon a proposito dei cinematismi di Reuleaux,
compreso quello utilizzato per costruire l‘attuatore (v. più avanti), ri-
corda che il libro Cinematica teorica è un riferimento per la ―perduta
conoscenza‖, come egli chiama la ―lost kinematik knowledge‖,206
fe-
nomeno particolarmente sentito per la cinematica.
Ci sono ricercatori che studiano meccanismi e cinematica,207
ma la
maggior parte degli ingegneri meccanici non ha una profonda cono-
scenza dei cinematismi e parecchi modelli di Reuleaux sarebbero per-
duti alla conoscenza senza il suo libro. Fra questi vanno particolar-
mente segnalati: le curve ad ampiezza costante, i meccanismi per la
tracciatura delle rette, le macchine a pistone rotante. La lacuna, se così
si vuole chiamare l‘assenza di riflessioni cinematiche sulle rette, è do-
vuta al fatto che Reuleaux non ne ha fatto oggetto di particolare atten-
zione.
Ci si domanda quale potrebbe essere il risultato di un ritorno del moto-
re rotante con i nuovi materiali e con l‘aiuto del computer, cioè CAD e
CAM.
Per una ulteriore dettagliata raffigurazione del triangolo di Reuleaux
nella sua applicazione automobilistica si rimanda alla Fig. 29. Le quat-
tro fasi hanno luogo in differenti zone del motore e pertanto costitui-
rebbero un vantaggio per il motore a idrogeno nel quale si ripongono
tante speranze di carattere ambientale.
206
F. C. Moon, Franz Reuleaux: Contributions to 19th C. Kinematics and Theory of
Machines, 2003, Cap. ―Lost Knowledge‖. 207
Attualmente si nota un forte recupero degli studi su macchine e meccanismi, so-
prattutto ad opera del Prof. Marco Ceccarelli, Dip. di Meccatronica, Università di
Cassino, Italia.
146
147
4 - L’attuatore (azionatore) flessibile a fluido (Flexible Fluidic Actuator)
Il motore Wankel costruito sul principio di Reuleaux non ebbe uno
sviluppo pratico considerevole e duraturo, dovuto agli inconvenienti
sorti dalla mancanza di tenuta dello spigolo del triangolo scorrevole
sui bordi inviluppanti mentre l‘attuatore flessibile che utilizza una idea
di Reuleaux ha una gamma di applicazioni così vasta che difficilmente
se ne potrebbero definire i limiti.
Il principio, opera di Reuleaux, è molto semplice: si tratta di gonfiare,
mediante un fluido, una cavità necessariamente elastica in modo da
farne variare le dimensioni.
148
Si osservino le Figg. 30 e 31:208
ad un gancio è appeso un contenitore
in gomma munito di due valvole (ingresso-uscita fluido); nel disegno,
sotto il contenitore elastico un altro gancio inferiore serve a reggere un
peso.
Gonfiando con un liquido od un gas pressurizzato il contenitore, que-
sto, dalla posizione longilinea floscia, assume forma sferica e di con-
seguenza solleva il peso, vince una resistenza o quanto meno sviluppa
una forza che gli consente di fare un lavoro. Nel caso di forze rilevanti
il contenitore può essere di polimero ed in particolare un elastomero
208
Le Figg. da 30 a 34 sono state tratte dal sito Internet di Forschungzentrum - In-
stitut für angewandte Informatik, Karlsruhe.
149
(che si presta benissimo) di forme diverse ma preferibilmente a sof-
fietto anulare (o altro materiale, purché flessibile e resistente).
Per il principio di Pascal, la pressione si esercita uniformemente nelle
tre dimensioni, con conseguente contrazione lungo l‘asse verticale.
L‘iniezione del gas o del liquido, l‘espansione e la contrazione sono
regolabili e la chiusura della valvola sottostante il contenitore blocca
l‘azione dell‘attuatore (valvola superiore chiusa).
Aprendo simultaneamente le due valvole (velocemente o lentamente,
secondo le necessità) il contenitore si scarica attuando il movimento
150
opposto: una applicazione del principio di Reuleaux è data dalla Fig.
32, che rappresenta una pinza che afferra un oggetto e poi lo rilascia.
Il contrasto è assicurato dalla molla ben visibile. Le Figg. 35 e 36 mo-
strano altre applicazioni di qualsivoglia esecuzione.
Anche uno sguardo superficiale al disegno della pinza fa immediata-
mente pensare alla mano o, meglio ancora, al pollice ed all‘indice uti-
lizzati per afferrare.
Una simile idea non poteva non essere recepita ed interessare i più
svariati campi della tecnica: medicina, bionica, meccatronica, roboti-
ca, arti artificiali, industria cinematografica, ingegneria spaziale, tanto
per indicare alcune delle infinite applicazioni (v. Fig. 37).
151
Fig. 37
Nel 1900 Franz Reuleaux scrive la seconda parte della sua principale
opera, Cinematica teorica (pratiche relazioni della cinematica con la
geometria e la meccanica) ed alla fine del libro dedica il Cap. III alla
―Kinematik im Thierreich‖ (La cinematica nel regno animale). In par-
ticolare, gli ultimi tre paragrafi descrivono le riflessioni di Reuleaux
sulla locomozione degli animali, sulla forma del loro corpo, sulla for-
za muscolare e sui meccanismi corporei. Le Figg. 38 e 39209
meritano
attenzione. Si osservi la Fig. 38, dove si vede il muscolo bicipite che
nel caso di rotazione oraria dell‘avambraccio si gonfia, assumendo
una forma quasi sferica, e si vedano le Figg. 30 e 31, che mostrano la
dilatazione del contenitore dell‘attuatore. In effetti la similitudine fra il
sistema muscolare animale e quello artificiale dell‘attuatore è sorpren-
dente quando si pensi che nel 1931 (sessant‘anni dopo) l‘attuatore è
stato utilizzato come protesi artificiale della mano (Figg. 35 e 36) e
poi per le mani dei robot (Fig. 37). Ancor più sorprendente è il con-
fronto fra la Fig. 39, che rappresenta schematizzata la chele di un cro-
152
staceo, e la Fig. 32 che, nella stessa posizione formale, rappresenta
una pinza robotizzata dall‘attuatore.
Cap. XII
209
I due disegni sono stati forniti dal prof. Moon e vengono dalla versione inglese
del testo Cinematica teorica, Parte II (traduzione in inglese di J. Kennedy), nei ca-
153
LA “COLLEZIONE FRANZ REULEAUX”
1
Si tratta della raccolta delle ―small machines‖, le piccole macchine di
Reuleaux, come le ha definite il Prof. F. C. Moon della Cornell Uni-
versity di Ithaca, New York, il quale ha ora in custodia buona parte
delle riproduzioni costruite da Reuleaux in Germania.
Nei capitoli precedenti si è visto come Reuleaux abbia elencato, ana-
lizzato, codificato, sintetizzato e simbolicamente rappresentato i mec-
canismi cinematici affinché (fra altri scopi da lui definiti didattici e
divulgativi) gli ingegneri potessero affrontare la progettazione delle
macchine nel modo più razionale. Per questo motivo pensò di costrui-
re circa 800 modelli di meccanismi in scala ridotta (non tutti) e fun-
zionanti affidandone l‘esecuzione,intorno al 1876, alla ditta Gustav
Voigt, Mechanische Werkstatt di Berlino.
Lo scrivente deve al Prof. Moon l‘esibizione, la descrizione ed il fun-
zionamento dei modelli esposti alla Cornell University. L‘intervista
con il Prof. Moon si è svolta presso la Sibley School of Mechanical
Engineering di Ithaca, N.Y., nella Upson Hall n. 204. La collezione è
stata affidata al professore, il quale ha scritto un saggio in merito,210
una copia del quale è stata data allo scrivente, che deve alla cortesia
del Professore le notizie riportate in questo capitolo ed anche le indi-
cazioni necessarie per completare la ricerca su Franz Reuleaux.
pitoli relativi alla motricità animale. 210
F. C. Moon, The Reuleaux’s Collection of Kinematics Mechanisms at Cornell
University, Ithaca, N.Y., 1999.
154
2
Dalla lettura del libro di Reuleaux Cinematica teorica si deduce quan-
to sia eccezionale la fonte cui attingere per la conoscenza degli ele-
menti di macchine, dei cinematismi e della loro storia ma soprattutto
quale valore didattico abbiano i modelli costruiti da Reuleaux a rap-
presentazione pratica dei meccanismi elencati e studiati nel testo.
Si trovano descritti oltre 75 tipi di macchine motrici e pompe, con in-
dicato per ciascuno il nome dell‘inventore ed il simbolo cinematico (v.
Cap. IV) e la tipologia, in otto tavole con 90 disegni.
L‘inventore del motore a pistoni rotanti Felix Wankel (il suo motore è
derivato da uno studio di Reuleaux sul triangolo a curve ad ampiezza
costante ed è descritto nel Cap. XI) nel 1931 scrive: ―F. Reuleaux ha
letto tutto quanto poteva sulle macchine e sui motori ed il suo libro
contiene così tanti esempi che rimarrà per decenni la più vasta raccolta
descrittiva.‖211
E. S. Ferguson,212
che ha rivisitato la storia della comunicazione sto-
riografica tecnica non verbale e non matematica, fa notare che per se-
coli l‘informazione è stata soltanto visiva. Il sistema dominante per
trasmettere la conoscenza era esclusivamente dovuto ai disegni (v.
Leonardo, Di Giorgio, Ramelli ecc.) almeno fino alla metà del sec.
XVIII ed un notevole e determinante passo avanti lo si deve a Jacob
Leupold, il quale, oltre ai disegni, elenca, parzializza e descrive le par-
ti.
Per avere una soluzione completa si arriva al sec. XIX, quando Red-
tenbacher,213
Knight,214
Schneider215
e su tutti questi, quasi unico nella
quantità e qualità didascalica, Franz Reuleaux, rompono la tradizione
e sulla scia dei francesi rappresentano la fase di transizione che com-
211
F. Wankel, Einterlung der Rotationkolbenmaschinen, Stoccarda, 1963. 212
E. S. Ferguson, Engineering and the Mind’s Eye, Cambridge, Massachusetts,
1992 e da Kinematics of Mechanisms from the Time of Watt, Washington, 1862. 213
F. Redtenbacher, Die Bewegungs Mechanismen, 1866. 214
E. H. Knight, Mechanical Dictionary, 1874. 215
F. Schneider, Maschinenelemente, 1903.
155
prende: descrizione, disegno e formule relative. Dire ―fase di transi-
zione‖ potrebbe sembrare riduttivo; invece si tratta di un periodo, an-
che se transeunte per arrivare ai nostri giorni, particolarmente fecondo
sul piano della epistemologia, perché affianca al disegno la parola
scritta e la formulazione matematica in modo da concepire, conoscere
e realizzare macchine nuove.
Si avverte il problema di convertire moti rotatori in rettilinei e vice-
versa, fissi ed in moto, curvilinei e complessi, non lineari, tridimen-
sionali ed intermittenti per cui si ha un eccezionale incremento di
meccanismi di ogni tipo. Questa pletora di meccanismi, sempre più
necessari per inseguire e precedere la richiesta industriale di nuove
macchine, fa nascere in Franz Reuleaux l‘idea di classificare e descri-
vere e rappresentare i vari meccanismi affinché venga facilitato il la-
voro dell‘ingegnere meccanico. Si pensi che il libro di Reuleaux Il
Costruttore contiene ben 1200 illustrazioni.
Ma l‘opera di Reuleaux (per questo sono stati citati predecessori e
contemporanei) non è solo cartacea, come si è già scritto; egli si pre-
figge di rappresentare costruttivamente a scopo didattico e divulgativo
quasi 800 modelli di meccanismi, dei quali 330 furono riprodotti su
richiesta di Reuleaux stesso, in più serie, per essere venduti ad univer-
sità, istituti tecnici e musei.
3
L‘idea dei modelli didattici fu suggerita a Reuleaux dal suo professore
alla Scuola politecnica di Karlsruhe, F. Redtenbacher, che a sua volta
l‘aveva recepita da altri. I modelli recano impressi (ma non sempre)
segni alfanumerici di collegamento alle figure del testo Cinematica
teorica. Il Prof. Moon (che nel suo saggio segnala che dal 1916 i mo-
delli non vengono più utilizzati) illustra che alcuni di essi sono delle
vere macchine. Ad esempio lo scappamento della Tav. S è composto
da 15 parti mobili costruite con 24 elementi.
156
La maggior parte dei piedistalli sono opera di Reuleaux, realizzati se-
condo il suo stile esibito nella Fig. 2 e di cui esistono copie originali e
autografe all‘archivio del Deutsche Museum di Monaco di Baviera.
Nel 1907, a due anni dalla morte di Reuleaux, degli 800 modelli co-
struiti, la Cornell University ne aveva 266 ed oggi sono ridotti a 200;
però a causa delle distruzioni avvenute in Europa durante la II Guerra
mondiale, tale collezione è la più vasta. Altri modelli dovrebbero esse-
re a Montreal, in Canada, acquistati nel 1890 ma dispersi nell‘incendio
del 1907 che distrusse il Mc Donald Engineering Building; a Monaco
di Baviera sono circa 30; a Kyoto una dozzina ed a Newark (N.J.) po-
chi, finiti in magazzino per mancanza dei fondi necessari per tenerli in
ordine. Reuleaux aveva anche studiato e realizzata una lega per pro-
teggerli dalla ruggine.
Il proposito di acquistarli in Germania per portarli alla Cornell Uni-
versity venne al rettore Robert White quando ebbe occasione di vedere
i modelli a Berlino assieme a Reuleaux (White era ambasciatore degli
Stati Uniti in Germania tra il 1879 e il 1881) ed al sig. E. Thurston
della Commissione scientifica americana a Vienna. Il fondo per
l‘acquisto venne erogato da Sibley e White, fondatori fra l‘altro della
Western Union e dotato di 8000 dollari come risulta da un protocollo
del consiglio di amministrazione del 14 giugno 1882.
Le tavole ed i disegni che accompagnano il capitolo sono omaggio del
Prof. Moon che è molto fiero della sua collezione e che è in mostra (in
attesa di migliore sistemazione) a pochi passi dal suo studio.
157
POSTFAZIONE
Nell‘uso comune la postfazione (per il vero non molto frequente quan-
to la prefazione) viene intesa come una chiusura riassuntiva, un ri-
chiamo ai punti salienti o anche un commiato. Invece in questo caso
nelle intenzioni dello scrivente è un commento postumo con riflessio-
ni sulle affermazioni che di tanto in tanto Franz Reuleaux inserisce
tanto nella Cinematica teorica quanto nelle altre sue numerosissime
opere e che non possono trovare spazio nei capitoli specifici tecnici. È
vero che non c‘è che da restare stupiti ed ammirati di fronte a tanta
qualità e quantità e questa nota varrebbe a vanificare ogni appunto
men che elogiativo; ma è altrettanto vero che il distacco da una forma
di discrezione nei confronti di Reuleaux si addice alla correttezza ed
alla realtà esegetica.
Si tratta di una rilettura di circa 4000 pagine, rivisitate senza un occhio
tecnico o filosofo o letterario, ma come degli appunti di viaggio a fo-
gli sparsi all‘interno di tanti libri ed altri lavori.
Si può cominciare con le affermazioni che si possono definire ―dog-
matiche‖ o ―programmatiche‖ o ―conclusive‖:
- ―Le considerazioni che seguono hanno lo scopo di determi-
nare il vero punto di vista da cui si devono studiare le mac-
chine‖216
- ―La nuova teoria deve produrre qualcosa di nuovo, rendere
solubili problemi rimasti insoluti‖217
- ―Questo avverrà quando daremo forma scientifica alla ci-
nematica‖218
- ―Le forze latenti agiscono all‘interno del corpo e si rivelano
solo quando le forze esterne dette sensibili le rivelano ed in
216
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 3. 217
Op. cit., p. 4.
158
analogia con la fisica del calore le abbiamo chiamate forze
latenti‖219
- ―La matematica e la chimica fanno ricorso all‘eccellente
mezzo del linguaggio simbolico; noi ci muniremo di questo
importante strumento‖220
Va da sé che l‘approccio giusto a queste considerazioni non può fer-
marsi alla esteriorità del dato soggettivo ma nemmeno avventurarsi in
letture legate alla simbologia cinematica vista nel Cap. IV. Se per la
chimica il paragone può calzare in qualche modo, per la matematica
occorrono ben altre dimostrazioni per operare questa forzatura. Per
esempio, il segno + ed il segno – (proprio per prendere i due più ele-
mentari segni matematici) hanno un significato ben diverso da C+ e
C–, che per Reuleaux equivalgono rispettivamente a ―cilindro pieno‖ e
―cilindro vuoto‖, a parte l‘immediatezza del concetto: + ―positivo‖ =
―pieno‖; – ―negativo‖ = ―vuoto‖.
Scrive Reuleaux: ―Qui la macchina ricompare in tutto il suo splendore
per l‘umanità intera.‖221
Nel Cap. VIII si è avuta l‘occasione di richiamare Saint-Simon; ed in
realtà quanto scrive Reuleaux è la tipica fede saintsimoniana sui bene-
fici effetti della tecnica in quanto tale: che è, cioè, possibile avere una
società non oppressiva per quanto complessa, grazie alla macchina;
una società basata sui progressi tecnologici già acquisiti e sulla ricerca
di innovazioni. Nell‘ideologia di Saint-Simon è sufficiente che un
meccanismo funzioni con efficienza per essere buono: da qui deriva la
sua tecnocrazia. La domanda è retorica ma chi, meglio di Reuleaux,
può concepire la macchina come un bene che deve essere anche bello
oltre che buono?
218
Op. cit., p. 4. 219
Op. cit., p. 31. 220
Op. cit., p. 226. 221
Op. cit., p. 484.
159
Ma c‘è di più: si prenda il libro Il Costruttore. Non è solo un mero
manuale costruttivo come tanti altri che si limitano a dare formule di
progetto. L‘entusiasmo di Reuleaux perché i lettori, a cui si rivolge,
costruiscano bene la macchina, traspare non dalle leggi della meccani-
ca applicata ma dagli esempi numerosissimi. Il lettore viene letteral-
mente condotto per mano a progettare qualsiasi cosa meccanica prati-
ca con suggerimenti a non sbagliare, con esempi presi dalla realtà e
soprattutto spiegati. Afferma Reuleaux: ―chi ha meglio compreso una
macchina, quello può trarne maggiore profitto.‖
Lo scrivente non sa se Reuleaux sia stato a Utrecht, dove si può ammi-
rare nel Salterio della città l‘illustrazione del Salmo 63 in cui si pre-
sentano i vantaggi della tecnologia che sono un dono a chi è dalla par-
te di Dio e dove si legge: ―I malvagi affilano rozzamente le spade con
una macchina antica; i devoti invece usano la manovella applicata alla
prima mola conosciuta al mondo. Il progresso tecnologico è volere di
Dio‖. L‘autore è un benedettino (―ora et labora‖) che investe la tecnica
di significato spirituale: richiamo necessario perché basta leggere Cul-
tura e tecnica per trovare gli stessi accenti se non le stesse parole (v.
Cap. VII).
Ci sono ricordi di lettura che emergono dopo che si è lasciata passare
l‘enorme massa di cinematismi spiegati, raffigurati e simboleggiati e
che danno da pensare.
Si prenda ad esempio la frase: ―Le stesse idee di forza e di movimento
sono soggetto di spiegazioni incerte: tali concetti stanno sulla linea di
separazione fra fisica e metafisica, sottoposti alle continue oscillazioni
delle opinioni prevalenti nel campo delle ricerche matematiche e filo-
sofiche‖.222
Ernst Mach, nato nel 1838 e morto nel 1916, ha vissuto
praticamente da coetaneo di Reuleaux (1829-1905): la contemporanei-
tà è notevole e proprio per questo si affianca intellettualmente Mach a
Reuleaux, in quanto, da parte di un ingegnere docente, certe afferma-
222
F. Reuleaux, Cultura e tecnica, p. 28.
160
zioni avrebbero dovuto essere formulate con più attenzione. Reuleaux
non ha conosciuto Poincaré, Einstein, Maxwell per poter insinuare una
affermazione siffatta.
Le riflessioni di Reuleaux sul metodo induttivo, essenziale per la co-
struzione delle macchine, fanno ovviamente ritenere che egli desse un
significato alla parola induzione limitato alla definizione classica di
Aristotele nei Topici: ―È il procedimento che dal particolare porta
all‘universale,‖ senza entrare in percorsi dai quali emergerebbero dif-
ficoltà di ordine logico.
Del tutto estemporanea ai capitoli precedenti è una considerazione che
si trova in Cinematica teorica che riporta per intero per una valutazio-
ne antropologica di Franz Reuleaux:
―È rimarchevole il concorso della mano dell‘uomo negli esempi pre-
cedenti: a volte più frequente; a volte più raro come è il caso delle
funzioni automatiche. In linea storica dal ragazzo Potter preposto alla
distribuzione della macchina Newcomen, il quale congegnò, si dice,
una specie di distribuzione automatica all’attillato engineer del piro-
scafo-salone americano che tiene sotto controllo in una elegante ca-
bina tre politi manubri, dal tornitore di sessant‘anni fa, che governava
a mano il ferro del tornio all‘operaio applicato al tornio a revolver col
quale per semplice governo di un distributore si ottengono cinque o
sei successive operazioni sull‘oggetto da tornire, ci troviamo sempre
davanti allo stesso fatto: che il concorso della mano dell‘uomo va di-
minuendo.‖223
Il lavoro svolto da Reuleaux nel suo libro Cinematica teorica oltre che
dalle considerazioni che su di lui sono state fatte nei 13 capitoli della
tesi va anche valutato scrivendo che gli argomenti da lui comunque
trattati sono 377, presentati da 538 figure.
Il testo Cinematica teorica è corredato alla fine da tavole che meritano
attenzione: si tratta di otto illustrazioni, delle quali le prime tre, con 24
223
F. Reuleaux, Cinematica teorica, p. 471.
161
disegni, raffigurano tutte le tracce di curve ottenute con la rotazione
del triangolo archilineo in varie sedi (una di queste figure è riportata
nel Cap. XI).
Le rimanenti rappresentano: una pompa per macchina a vapore gene-
rica; i capsulismi a manovella di 56 macchine a vapore di 56 autori
diversi, oltre alle due celeberrime e storiche pompe di Agostino Ra-
melli, del 1588; i rotismi a capsula con 12 soluzioni, fra le quali i
Roots, che dopo 160 anni sono tutt‘ora impiegati come compressori
per motori sovralimentati (v. Fig. 40).
Ognuno dei meccanismi reca la formula del simbolismo matematico.
Fig. 40
Ancora una citazione di Reuleaux: ―…si può ripristinare nel costrutto-
re meccanico quel sentimento di solidarietà e di comunanza che si è
notevolmente affievolito e in qualche caso scomparso: a questo risul-
tato ha contribuito il grido di guerra diventato popolare: divisione del
162
lavoro contro le aspettative di chi lo ha diffuso. Su di esso si vuole ora
fondare una suddivisione della scienza. Siamo al punto che gli specia-
listi appena si comprendono ancora; una scissione indefinita degli stu-
di deve portare certamente del danno. Non solo sta nella coscienza di
pochi scienziati ma è anche nella forma didattica che questo sentimen-
to della comunanza deve trovare la sua manifestazione.‖224
E ancora: ―Il concetto‖ dello sviluppo della macchina deve attingere
―a questo sentimento che obbliga a veder lontano e ad elevarsi sopra le
circostanze del momento […] Noi, moderni scienziati‖ non siamo co-
me quelli di ―due generazioni fa‖ e quindi l‘interdipendenza dei feno-
meni costituisce non solo la visione ―che vede della concatenazione
dei fenomeni ma può anche infondere loro la vita.‖225
Secondo Reuleaux la macchina è un modello per la scienza mentre
Galileo, Newton, Cartesio pensano l‘universo come una macchina e
Dio diventa un costruttore di meccanismi che Reuleaux chiamava ―co-
smici‖, in opposizione a quelli dell‘uomo, chiamati ―macchinali‖.226
La rivoluzione industriale è opera di costruttori e artigiani e tecnici
privi di una grande preparazione scientifica. Solo dopo la metà
dell‘800 la scienza prende per mano la tecnica, per esempio nella chi-
mica e nell‘elettromagnetismo.
Perché Franz Reuleaux scrive come scrive? Perché è industriale,
scienziato, ingegnere, professore universitario, didattico di prim‘ordi-
ne ed attento viaggiatore.
Pensando al Faust di Goethe, quando scrive: ―Alles vergangliches ist
nur ein Gleichnis‖227
(Tutto ciò che è effimero è solo un simbolo) ed
al lavoro di Reuleaux, che ha proposto a tutto il mondo tecnico il sim-
bolismo cinematico assegnando un simbolo ad ogni cinematismo, vie-
ne da chiedersi effettivamente se fra tutto il resto dell‘opera di Reu-
224
Op. cit., p. 222. 225
Op. cit., passim. 226
Op. cit, p. 29. 227
J. W. Goethe, Faust, 1832, vv. 12104-12105.
163
leaux (ben vivo ed attuale ed oggetto di studio) sia rimasto ancora va-
lido il sistema simbolico. che in effetti ha avuto notevoli oppositori.
È possibile che la tecnica uccida la libertà se questa è intesa anche
come facoltà di scelta, cioè ―libertà di‖ (da non confondersi con ―li-
bertà da‖)? È probabile Si prenda questo esempio: se le leggi econo-
miche, la tecnologia, i costi, il mercato, la concorrenza, la diffusione e
la richiesta di dieci miliardi di viventi portassero a produrre per eco-
nomia di scala 10 miliardi di servizi di piatti tutti assolutamente uguali
ed a costo tendente effettivamente a zero, mancherebbe la libertà di
scelta.
A totale conclusione di questa tesi, l’autore, che ne conosce la limita-
tissima diffusione (non più di due o tre lettori), e quindi il quasi nullo
ascolto dell’appello, si auspica che Franz Reuleaux possa trovare in
Italia non tanto (e sarebbe già notevole) l’attenzione tecnico-
scientifica che, anche di ritorno, c’è in Germania e negli Stati Uniti,
ma un serio approfondimento, un approccio culturale allo “stile”
Reuleaux.
Insomma, un Reuleaux meritevole (e lo è) di attenzione ermeneutica
tutta italiana. Questo argomento, appena accennato nella premessa, è
particolarmente gradito allo scrivente.
164
APPENDICI
a. I CINEMATISMI ANIMALI
1
Hanfried Kerle e Manfred Helm228
hanno richiamato l‘attenzione sui
cinematismi animali osservati da Franz Reuleaux. Alla fine del secon-
do volume di Cinematica teorica Reuleaux scrive alcuni paragrafi sui
cinematismi nel regno animale e paragona i movimenti di parti dei
corpi di pesci, crostacei e insetti a meccanismi composti da collega-
menti e giunzioni.229
Il concetto e l‘intenzione di Reuleaux poggiava
sul fatto che il suo sistema didattico si sarebbe molto avvantaggiato se
le sue idee sui cinematismi avessero avuto uno sviluppo parallelo alle
ipotesi di Darwin sull‘evoluzione.
Nella natura il movimento è un principio di vita ed i movimenti pre-
sumono l‘inserimento di collegamenti e giunzioni. Questi elementi
strutturali esistono negli scheletri di taluni animali e pertanto a Reu-
leaux è sembrato verosimile ricercare concetti paralleli e tentare di so-
stituire con movimenti meccanici macchinali i movimenti anatomici.
Durante la compilazione della tesi, l‘autore ha avuto modo, tramite In-
ternet, di venire a conoscenza di un simposio su macchine e meccani-
smi organizzato dal Prof. Marco Ceccarelli del Dip. di Meccanica
dell‘Università di Cassino.230
Durante i lavori i Proff. Kerle ed Helm
hanno presentato un eccellente ed interessante studio relativo ai cine-
matismi animali descritti da Reuleaux.
228
Dell‘Istituto di Macchine utensili della Technische Universität di Braunschweig. 229
F. Reuleaux, Cinematica teorica, pp. 723-765. 230
cfr. International Symposium on History of Machines and Mechanisms, edito
dal Prof. Marco Ceccarelli, Dordrecht, p. 181.
165
Pertanto si è ritenuto opportuno inserire in appendice questo studio
limitato ai riferimenti pertinenti la tesi e purgato dalle considerazioni
che si formulano in un corso di meccanica razionale e di strutture.
Confrontando la nota 7 del presente lavoro, si richiama solo il termine
Zwanglauf, che caratterizza la limitata mobilità di una catena cinema-
tica nella quale un qualsiasi punto può tracciare un solo percorso rela-
tivo agli altri collegamenti e tale percorso è determinato dalla forma
geometrica dei collegamenti stessi. Reuleaux non conosceva la nozio-
ne di ―gradi di libertà‖ introdotta da Grübler,231
ma aveva intuito qual-
cosa in proposito.
Nei seguenti quattro esempi l‘argomento è trattato con le attuali cono-
scenze da Kerle ed Helm e sviluppato secondo sistemi CAM, ma resta
in ogni caso indubbio che Reuleaux abbia mostrato che gli ingegneri
meccanici di oggi possono imparare dalla natura. La quale, nel corso
dei millenni, ha adeguato le proprie leggi strutturando i corpi alle ne-
cessità di sopravvivenza, adottando principi omologhi con i nuovi ma-
teriali, che non è azzardato definire artificiali.
2 - Le spine dei pesci
Ci sono pesci, come lo spinarello d‘acqua dolce, con spine nella parte
superiore del dorso e facenti parte della pinna. In caso di pericolo il
pesce mette le spine in posizione verticale ed esse sono bloccate da un
piolo osseo che si inserisce nel puntello della spina successiva (v. Fig.
41), generando così una serie di triangoli meccanicamente fissi. I mu-
scoli servono a smuovere ed a sbloccare le spine. Reuleaux fu il primo
a notare l‘equivalenza tecnica ed a descrivere questo congegno come
un meccanismo ad eccentrico usato anche nei vecchi orologi meccani-
ci.
Un gambero ha sei estremità ( tre per fianco), ognuna dotata di note-
vole destrezza: il secondo paio porta le chele. Reuleaux assegna sei
231
M. Glueber, Getrieblehre, Berlino, 1917.
166
assi di rotazione per ogni estremità (pseudopodo) con movimento se-
parato per mezzo di tendini (v. Fig. 42).
Fig. 41- Spine del pesce Fig. 42 - Pseudopodo sinistro
e meccanismo equivalente. di gambero d’acqua dolce
visto da due lati.
Noi oggi sappiamo che esattamente sei sono i gradi di libertà necessari
per guidare un efficace terminale di un braccio di robot. In robotica le
equazioni per strutture seriali utilizzano la cosiddetta notazione di
Hartenberg-Denavit,232
che qui non è pertinente, anche per le notevoli
difficoltà matematiche di applicazione ai gamberi, più complessi ri-
spetto ai robot.
232
R. S. Hartenberg e J. Denavit, Kinematic Synthesis of Mechanisms, New York, 1964.
167
3 - Meccanismo della cavità dei denti dei pesci
Reuleaux fa riferimento ad un pesce che vive nell‘oceano Atlantico,
nei pressi dell‘isola di Madera. Esso ha un meccanismo dentale che gli
permette di catturare piccoli pesci. L‘animale è dotato di un osso a
forma di gancio che si trova nella gola e che spinge i pesciolini verso
l‘interno. Nella testa del pesce si trova un giunto prismatico che guida
l‘ultimo di queste ossa (v. Fig. 43). Nello schema in basso, il tubo-
dente e le sue parti vengono sostituite da Reuleaux con due giunzioni
a quattro colonne.
La Fig. 44 presenta le due possibili forme della catena cinematica: la
catena a) è detta di Watt, la b) di Stephenson.
La Fig. 45 è una rappresentazione meccanica della Fig. 43.
168
Fig. 45 - Rappresentazione meccanica della Fig. 43: a) posizione ini-
ziale; b) posizione di scatto per addentare; c) rappresentazione mec-
canica del tubo orale con denti; d) diagramma della velocità lineare
del collegamento A - A.
4 - Becco di uccello
Il meccanismo studiato da Reuleaux presenta un rostro con un solo
movimento lineare di un piccolo muscolo necessario per ottenere la
maggior ampiezza fra la parte superiore e la parte inferiore del becco
del rapace.
169
Il becco può essere paragonato ad una pinza con rapporto di trasmis-
sione eccezionalmente elevato. Dalla Fig. 7 si rileva una manovella
slittante ed il muscolo m che può ruotare intorno al collegamento 5
con lunghezza variabile per mezzo di due colonne.
Fig. 46 - Meccanismo di un becco d’uccello: a) chiuso; b) aperto; c)
schema dell’invertitore oscillante del becco; d) rappresentazione
strutturale della catena cinematica a 8 legami.
Fig. 47 - Meccanismo del becco: a) chiuso; b) semichiuso.
170
Fig. 48 - Meccanismo del becco: c) schema; d) diagramma delle velo-
cità.
I due autori, nella conclusione che fa da sommario, mettono in evi-
denza che i colleghi di Reuleaux lo biasimarono per l‘estrema applica-
zione teoretica, applicata persino alla natura; e lui, non sopportando
queste critiche, nel 1896 lasciò l‘Università. Poi aggiungono: ―Solo la
mancanza di computer impedì a Reuleaux la dimostrazione dei suoi
assunti, ed a noi appartenenti alla moderna generazione tecnologica e
tecnica oggi non resta che ringraziarlo ed ammirarlo.‖233
233
R. S. Hartenberg e J. Denavit, Kinematic Synthesis of Mechanisms, New York,
1964. Della stessa opinione, F. C. Moon e S. Remberger (vedi ―Bibliografie‖).
171
b. GIUSEPPE COLOMBO,
IL TRADUTTORE E I SUOI COLLABORATORI
Giuseppe Colombo (Milano, 1836-1921), quasi contemporaneo di
Franz Reuleaux, ingegnere e professore fino al 1911, ne fu il tradutto-
re italiano, autorizzato dallo stesso Reuleaux durante un incontro a
Berlino. Nel 1874 uscì a Milano per i tipi di Ulrico Hoepli la traduzio-
ne di Cinematica teorica edita a Berlino solo nel 1875. Colombo fu
direttore della allora Scuola superiore di Ingegneria di Milano (poi Po-
litecnico) dal 1897 al 1921, anno della sua morte.
Ebbe un ruolo molto importante nella giovane industria italiana dopo
l‘unificazione: uomo politico, deputato, ministro della Pubblica istru-
zione, senatore, presidente dell‘Istituto lombardo delle Scienze, acca-
demico dei Lincei, presidente dell‘Associazione elettrotecnica italiana
(a lui si deve la prima centrale elettrica a Milano) e soprattutto autore
del celeberrimo Manuale dell’ingegnere: 80 edizioni, con redazione e
aggiornamenti (dopo Colombo) degli ingegneri (fra altri) Azimonti e
Belluzzo. Il manuale ha propositi e struttura analoghi al libro di Reu-
leaux Der Constructeur e le date di edizione, oltre alla composizione
ed agli argomenti trattati, ne fanno supporre una diretta derivazione.
Carlo Isnardo Azimonti (1873-1943), ingegnere civile, assistente del
Prof. Loria, poi docente, vice direttore del Politecnico, preside di fa-
coltà e poi rettore fino alla morte.
Giuseppe Belluzzo (Verona, 1876-1952), ingegnere meccanico, meda-
glia d‘oro studentesca, docente e professore ordinario, deputato, mini-
stro e senatore.
Lo scrivente ha conosciuto Azimonti e Belluzzo (il primo gli fu parente).
Altri traduttori: Giovanni e Riccardo Canestrini, Mario Lessona, Cor-
rado Corradino, Vincenzo Pagliani, che hanno tradotto, sia pure par-
zialmente, Il libro delle invenzioni. In Italia non risulta alcuno studio
su Reuleaux.
172
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
BIBLIOGRAFIA DI FRANZ REULEAUX
Per una bibliografia completa delle opere di Franz Reuleaux si riman-
da al saggio di Sebastian Remberger, Ansichten und Selbstverständnis
eines Ingenieurs in der deutschen Gesellschaft des späten 19.
Jahrhunderts, Ludwig-Maximilians Universität, München, 1999.
Nel saggio M.A. (Magister Arbeit) sono elencati: libri – saggi – confe-
renze – articoli su quotidiani, settimanali, periodici di categorie ed as-
sociazioni, riviste tecniche di ingegneria – traduzioni – lettere profes-
sionali – corrispondenza familiare – manoscritti – opere varie – i
commentatori di Reuleaux fino al 1950 e dopo il 1950.
Referenza: Sebastian Remberger, Paul Heyse Strasse 25 – 80336
München – D, tel. ++89.544.04.974.
TESTI DI REULEAUX LETTI O CONSULTATI PER LA TESI
Cultur und Technik, Braunschweig, 1885.
Das Buch der Erfindungen; Gewerbe und Industrie, Braunschweig (in
edizione italiana, Le grandi scoperte e le loro applicazioni alla
fisica, alla chimica, all’architettura, alla meccanica, alla medi-
cina, all’economia domestica, alle arti, al commercio, tradu-
zione di Corrado Corradino, Utet, Torino, 1886).
Der Constructeur: ein Handbuch zum Gebrauch beim Machinenent-
werfen, 1861 (in edizione francese, Le Constructeur : tables,
formules, règles, traces et renseignements pour la construction
des organes de machines, traduzione di A. Debize ed E. Me-
rijot, Parigi, 1875).
173
Die mechanischen Naturkräfte und deren Verwertung, Braunschweig,
1901.
Kinematics of Machinery: Outlines of a Theory of Machines, Londra,
1876 - traduzione di A. B. W. Kennedy, rip. anastatica, Dover ,
N.Y. 1963.
Lehrbuch der Kinematik – 1 Theoretische Kinematik, Grundzuege ei-
ner Theorie des Maschinenwesens, 1875.
Lehrbuch der Kinematik – 2 Die praktische Beziehungen der Kinema-
tik zu Geometrie und Mechanik, 1900.
Über asiatische Kunst auf der melbourner Ausstellung.
Über den Einfluss der Maschine auf den Gewerbebetriebe.
Über Sinnbilder aus dem Formenschatz.
BIBLIOGRAFIA DELLE FONTI DI REULEAUX
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177
ELENCO DELLE TAVOLE
A Evoluzione della razza umana
B La fiaccola pirica incontra la torcia elettrica dopo 9000 anni
C Schizzo di Reuleaux, da un suo quaderno
D Franz Reuleaux
E Pianta delle località e delle ditte della famiglia Reuleaux
F Albero genealogico della famiglia Reuleaux
G (I-IV) Le macchine elementari
secondo Leonardo, Martin e Reuleaux
H Macchina per sollevamento bocche da fuoco, da Ramelli
I Macchina per sollevamento d‘acqua, da Leupold
J Classificazione dei meccanismi secondo Borgnis
K Classificazione dei meccanismi secondo Hachette
L Interno di fabbrica del 1885 con forza motrice centralizzata
M L‘arrotino di Reuleaux
N Pompa pneumatica del 1710
O L‘evoluzione del martello
P Cattura delle cavallette in Madagascar
Q Coltivazione delle banane
R Meccanismo rotante per motore
S Scappamento
T Giunto di Cardano
U Meccanismo rotante sferico
V Due meccanismi, rotante e rettilineo alternativo
W Il ―triangolo di Reuleaux‖
X Meccanismo di Peaucellier per il tracciamento di linee
Y Scappamento cilindrico
Z Pompa per vapore
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