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1 «La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria». (Legge del caso – Hans Jean Arp) 1 ALCHIMIA DELLA “LEGGE DEL CASO” IN “MAZZO DI FIORI” DI JULIUS EVOLA A cura di Gaetano Barbella 1. Il Futurismo in Mazzo di Fiori di Julius Evola La pubblicazione del mio articolo, “Il senno ritrovato – Il tavolo di Julius Evola, un atanor racchiuso in una scatola” in EreticaMente net 2 , mi sollecita a proporre la lettura di un altro scritto su un noto lavoro pittorico di Julius Evola, “Mazzo di fiori”, forse eseguito nel 1918. L’opera, olio su cartone, cm 50x50,5, firmato a sinistra “Evola”, fa parte di una collezione privata, ed è così descritta nel sito della Fondazione Evola 3 : Si tratta dell'opera più nota della fase futurista dell'attività di Evola, quella che meglio ne interpreta le qualità dinamiche ed esplosive, con riferimento alla poetica della “ricostruzione futurista dell'universo” proposta da Balla e Depero, in sintonia con i quali si può interpretare una certa meccanizzazione delle forme naturali. Dell'opera esiste una replica eseguita dall'autore negli anni Sessanta. f.t. (Francesco Tedeschi) In “Futurismo passaggi e pulsione”, un saggio di Vitaldo Conte 4 , l’autore, teorico d’arte e scrittore, approfondisce la tematica sul Futurismo in cui è inserito l’opera in studio, quasi a costituire un esemplare emblema. Ed è nella

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«La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi eresta a noi incomprensibile come la causa prima ondeorigina la vita, può essere conosciuta soltanto in uncompleto abbandono all’inconscio. Io affermo che chisegue questa legge creerà la vita vera e propria».(Legge del caso – Hans Jean Arp)1

ALCHIMIA DELLA “LEGGE DEL CASO” IN “MAZZO DI FIORI” DI JULIUS EVOLA

A cura di Gaetano Barbella

1. Il Futurismo in Mazzo di Fiori di Julius EvolaLa pubblicazione del mio articolo, “Il senno ritrovato – Il tavolo di Julius Evola,un atanor racchiuso in una scatola” in EreticaMente net2, mi sollecita aproporre la lettura di un altro scritto su un noto lavoro pittorico di JuliusEvola, “Mazzo di fiori”, forse eseguito nel 1918. L’opera, olio su cartone, cm50x50,5, firmato a sinistra “Evola”, fa parte di una collezione privata, ed è cosìdescritta nel sito della Fondazione Evola3:

Si tratta dell'opera più nota della fase futurista dell'attività di Evola, quellache meglio ne interpreta le qualità dinamiche ed esplosive, con riferimentoalla poetica della “ricostruzione futurista dell'universo” proposta da Balla eDepero, in sintonia con i quali si può interpretare una certa meccanizzazionedelle forme naturali.Dell'opera esiste una replica eseguita dall'autore negli anni Sessanta.

f.t. (Francesco Tedeschi)

In “Futurismo passaggi e pulsione”, un saggio di Vitaldo Conte4, l’autore,teorico d’arte e scrittore, approfondisce la tematica sul Futurismo in cui èinserito l’opera in studio, quasi a costituire un esemplare emblema. Ed è nella

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seguente frase in anteprima del suo articolo, che egli cita, a nome di F. T.Marinetti5, che mi sembra di intravedere la figura di Julius Evola, distinguersi,appunto, con quel “Mazzo di Fiori”, a mo’ di portabandiera:

“Noi, del Futurismo , siamo i primitivi di una nuova sensibilità. Siamo l’amoredel pericolo, l’abitudine all’energia, il coraggio, la ribellione.” E poi riferendosiancora a Marinetti:

«La possibile eredità e attualità del Futurismo è anche nelle parole dei suoimanifesti: “Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia ealla temerità”. Questi intenti oggi tendono a essere latitanti nelle varieespressioni della vita socio-culturale italiana. [...]

Il Futurismo è Arte come Vita: un “movimento antifilosofico e anticulturaled’idee” che ricerca una creazione globale e contigua dei vari linguaggi con unvitalistico coinvolgimento di questi nella realtà quotidiana. Alla sua creativaazione di rottura va attribuito come merito una capillare diffusione dimanifesti: per una sorta di ridefinizione di tutte le attività intellettuali edespressive. Risulta essere una radicale sperimentazione a tutto campo,sensibile alla percezione simultanea e alla sinestesia. L’energia esuberante delFuturismo esalta la bellezza della Vita come Creazione, che diventa così “arte-azione, cioè volontà, ottimismo, aggressione, possesso, penetrazione (…)proiezione in avanti”. Questa sfida continua è una messa in gioco di arte-cultura-esistenza che si fondono in un linguaggio proteso verso ilrinnovamento: “Armati di coraggio temerario e innamorati di ogni pericolo,essi arricchirono l’arte e la sensibilità artistica col succo e colle vibrazioni diuna vita impavidamente osata vissuta goduta”».

Ecco che si prefigura in Julius Evola,trascendimento fra Futurismo e Dada6,quale “gladiatore” che lotta con il suovero, invisibile padrone [...] Saturno:il Guardiano della Soglia7, esalutandolo come a questi si conviene,secondo lui, con «Ave Caesar, morituri tesalutant», in relazione a quel Giacobbebiblico. Questi, come si sa, seppetrattenere allo spasimo il suo Dio fino alsorgere dell’alba, cosa che gli costò larottura del femore e il gran nome diIsraele. Ma non fu la stessa cosa in quel 21gennaio del 1945, durante unbombardamento alleato su Vienna? «Ilfilosofo decide di uscire allo scoperto

rifiutandosi di nascondersi nel rifugio antiaereo. La sua indole aristocratica,tutta incentrata sull’eroismo e l’onore, glielo impedisce. Si reca quindiall’esterno dell’edificio in cui alberga per scoprire cosa il destino tenga inserbo per lui. Un “amor fati”, una “sfida al destino” la definisce l’autore[Gianfranco de Turris – N.d.A]. E così, passeggiando per laSchwarzenbergplatz, una bomba cade nel bel mezzo della piazza in cuitransita il filosofo facendolo letteralmente volare contro un palco di legno,

Illustrazione 1: L'Ave, Caesar,morituri te salutant indirizzato daigladiatori a Vitellio, nella visione

artistica di Jean-Léon Gérôme(1859). Foto Wikipedia.

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causandogli una contusio spinalis che lo condannerà per sempreall’infermità.»8. E così anche per Evola sorse l’“alba” e vedremo quale...

«Il passaggio fra Futurismo e Dada ha un riferimento storico nella figura diEvola. L’orientamento speculativo del giovane Julius (nato nel 1898), negli anniDieci, è desumibile dagli interessi e, soprattutto, dalle immagini dei suoiquadri e oggetti (come il Tavolino, primi anni Venti) e dalle sue poesie. Èimportante, al riguardo, attribuire un’opportuna rilevanza, per la suaformazione artistico-culturale, alla frequentazione dello studio-atelier di Balla.L’espressione artistica di Evola, nel suo transito futurista, evidenzial’attenzione verso i ritmi sussultanti delle indicazioni dinamiche sensoriali. C’èla ricerca di una forma nuova che aspira a essere spirituale, per diventareun’architettura del pensiero. La dinamica e proposizione mistica è fuoridall’oggetto, che è rinchiuso in noi, in quanto noi stessi come spirito siamo gliunici soggetti dei nostri quadri. La sua prospettiva di ricerca e creazione siesplicita sempre più verso approdi spiritualistici. Evola non è attratto dalmeccanicismo fisico futurista ma, viceversa, lo è verso le geometrie interioriche possono condurre alla costruzione alchemica di un procedimento. La non-figurazione allude alle profondità di una trascendenza assoluta.L’esasperazione dell’interiorità porta, più che alla negazione, all’indifferenza,pur con i loro profondi valori umani e intellettuali, per passare oltre. Mazzo difiori (olio su cartone, 1918), l’opera più nota del periodo futurista, esprime lequalità dinamiche ed esplosive “con riferimento alla poetica della‘ricostruzione futurista dell’universo’ proposta da Balla e Depero, in sintoniacon i quali si può interpretare una certa meccanizzazione delle forme naturali”(F. Tedeschi). Evola, pur elaborando, in maniera personale, la propriaespressione verso una proposizione di non-figurazione mistica, partecipadialetticamente alle acquisizioni sviluppatesi nel Futurismo. Il suo “idealismosensoriale” sintetico si esprime nella seconda metà degli anni Dieci, a Roma (èincluso infatti nel futurismo romano), dove opera e in cui è inserito con i suoirapporti artistici. Interessi di natura esoterica, anche se con sviluppidifferenti, sono diffusi in questi ambienti culturali d’inizio secolo. Ciò èpresente anche nel gruppo futurista, soprattutto in Balla e Ginna, con i qualiintrattiene rapporti di amicizia. Una sintomatica, essenziale testimonianza diArnaldo Ginna, nei primi anni Settanta, è la prova del coinvolgimento di Evolae di un certo Futurismo verso le relazioni esoteriche: “Evola dipingeva unastrattismo di stato d’animo molto vicino a quello che facevo io, con quelpizzico di sentimento profondo animico occulto. Ciò veniva dal fatto che Evola,come me, si interessava di occultismo traendone, s’intende secondo la propriainclinazione, un succo personale. Non so precisamente definire gli studi e leesperienze di Evola, so soltanto che ciascuno di noi aveva tra le mani i libri diteosofia della Besant e della Blavatsky, e poi le opere di antroposofia di RudolfSteiner”. Nel lavoro artistico di Evola emerge la condizione di chi incontra leforze occulte trascendentali e le allucinazioni visionarie. Le vicende e itransiti, molto personali fra Futurismo e Dada, costituiscono un aspettorilevante, non certo marginale, della sua complessa e versatile personalità:sintomatici anche negli aspetti intellettuali, che sono presenti e illuminantinella stessa pratica artistica. In questi passaggi inizia a formulare unprocedimento-percorso di pensiero, attraversando le istanze (pittoriche epoetiche) di avanguardie radicali, come quelle futuriste e dadaiste,

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confrontandosi con il nichilismo e i limiti della ragione. Questi movimentiinfatti sono protesi a “recidere”, con innocente crudeltà, i miti dell’arte(passata e presente), confrontandosi con la sua crisi, i suoi sistemi e lasocietà.»9.

Ma è il momento di introdurre il tema sviluppato da J. Evola in “Mazzo difiori”, che come vedremo, non si discosta tanto da quello contemplato neldipinto del tavolo a mo’ di atanor, sopra presentato: eviterò di ripeterespiegazioni che qui ho fatto, rimandando il lettore all’articolo citatoall’inizio ,“Il senno ritrovato – Il tavolo di Julius Evola, un atanor racchiuso inuna scatola”. In particolare sull’alchimia in coppia con l’arte dada.

Prima però mi preme spiegare cosa mi spinge a insistere sul filone dell’artedada di Julius Evola, poiché mi sono fatto l’idea che il mondo evoliano d’oggi,tutto preso per la “digestione” dei lasciti scritturali di Evola, sia poco incline aesaminare il lato della sua arte dada, animata da una considerevole auraalchemica. Questo può essere comprensibile poiché, sia l’arte dada chel’alchimia, non si lasciano aggredire dalla razionalità mentale umana ed ècome afferma Hans Arp della citazione iniziale di questo scritto: «… la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in uncompleto abbandono all'inconscio...». Pochi evoliani ‒ io credo ‒ si chiedono quale fu il fuoco che dovetteinfiammare il cuore, la mente e il corpo del maestro che essi venerano, dalmomento dell’incontro con la poetica della ‘ricostruzione futuristadell’universo’ proposta da Balla e Depero. Di qui, come si può immaginare, lostudio-atelier di Balla divenne il suo primo atanor che ne forgiò la sua MateriaPrima, l’Alkaest degli alchimisti. E così fu che al sorgere dell’alba del 1938, glisi aprì un certo sipario per porgli lo scenario della sua prova teatrale della vitaprevista per lui da quel Guardiano della Soglia dell’astrologo FrancescoWaldner, accennato in precedenza. Fu un anno pieno di attività che lo videro fortemente impegnato, per esempio,con le sue conferenze tenute a Berlino, La dottrina della lotta santa(13.6.1938), Il Graal come mistero nordico (20.6.1938), Le armi della guerrasegreta (27.6.1938). Senza contare la sua notevole “attività propagandistica”esercitata in Austria, in Romania (agevolato da René Guenon), in Ungheria ein Cecoslovacchia. Fu da queste trincee che si avvampò il suo furoresalamandrino di un processo alchemico che si dispose fino a quel 21 gennaiodel 1945 a Vienna che sappiamo.Ed è il processo fondamentale dell’alchimista, che principia con la fase delNigredo, la morte come necessità, a trovare riscontro pratico nel dadaismocon la negazione dell'arte in quanto espressione dei valori e delle convenzioniborghesi, che frenano la libertà espressiva. Di qui il conseguente“atteggiamento irrazionale e dissacratorio”, in quanto strumento adatto aperseguire il fine di distruggere l'arte.Condizione fondamentale che unisce alchimia e dadaismo è la poetica dellacasualità, il “caso” come migliore garanzia per produrre opere d'arte originalie vicine alla vita10. Ecco, questo in sintesi, ma per concepire lo sviluppo del tema che mi premeora portare avanti, così come è stato concepito per l’articolo sul “Tavolo diEvola”, che comporta l’opera di un “geometra”, pratico di “righello ecompasso”, la prima cosa da fare è “decostruire” i frammenti concepiti

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secondo l’arte dada di Evola, cercando di ravvisarvi possibili “simmetrie”.Hans Arp ci ricorda, con la citazione posta all’inizio di questo scritto, la leggedel caso, incomprensibile all’uomo della ragione, ma che si allineaperfettamente all’Arte Regia per far nascere l’uomo nuovo il Reuccio come lochiama il maestro di ermetismo Fulcanelli, cioè il Rebis filosofale.

2. Il “seme” di Julius Evola in un “Mazzo di fiori”Un caso da manuale

Si può dire che “Mazzo di fiori” costituisca un’opera dada come caso damanuale, per il verificarsi di un fatto che dimostra la solidità del detto di HansJean Arp, citato all’inizio in anteprima, che si riferisce al titolo di questoscritto, cioè:«La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noiincomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essereconosciuta soltanto in un completo abbandono all'inconscio. Io affermo che chisegue questa legge creerà la vita vera e propria».È un fatto che ora esporrò, ma non senza il ricorso ad un epigramma diMichael Maier (1568-1622), medico, alchimista e musicista tedesco, che facapire come si dispone il “caso”, grazie all’intervento, a volte capriccioso delvento. Questa cosa spiega il lato della casualità cui si riferisce Hans Arp, mache comunque resta incomprensibile, tuttavia ricorrendo all’emblema diMichael Maier, poc’anzi annunciato, unito al relativo epigramma, vi si fa lucepienamente, cosa che sarà oggetto di commento nel prossimo capitolo.Intanto ecco cosa dice Michael Maier, con l’epigramma I di Atalanta fugiens:

Il vento lo portò nel suo ventre.

E poi poi aggiunge:

L'embrione ch'è nel ventre ventoso di Borea chiuso,Se vivo un dì vedrà la luce,

può egli sol degli eroi l'opre universeSuperar con arte, mano, mente e corpo forte.

Non ti sia un Cesarone, né inutile aborto,Né un Agrippa, ma nato sotto fausta stella.

Ed ora entriamo nel vivo del supposto “caso da manuale” basato sullacasualità invocata da Hans Arp per l’arte dada, che si vuole in esemplareconnubio con l’Arte Regia degli alchimisti, di cui Julius Evola si dimostrò unvero maestro.

Ecco, immaginiamo che un “seme” che stava a cuore a Julius Evola, possaconsiderarsi un certo “embrione”, che il “vento” dell’epigramma di Maier, nonsi sa come in verità, ha posto in un certo “ventre” perché “germogliasse”. Ecosì, questo “ventre ventoso di Borea”, il «caso» “volle” fortemente che fosselegato al libro “Arte e Filosofia in Julius Evola” scritto da Gian Franco Lami,pubblicato trentacinque anni fa in collaborazione con la Fondazione JuliusEvola. E mettiamo che si stia ipotizzando giusto un certo «caso» somiglianteallo stesso di una delle caratteristiche principali del dadaismo inteso da JuliusEvola: «la poetica della casualità», il «caso» come migliore garanzia perprodurre opere d'arte originali e vicine alla vita.

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Passa quel tempo e un altro «caso» (dadaista), di recente, ha “voluto” chefosse riproposto il tema del suddetto libro di Gian Franco Lami, dallaFondazione Julius Evola ai suoi lettori: la relativa copertina è quella mostratacon l’illustr. 2.

Ecco che qualcosa cambia facendo impercettibilmente agitare il “vento” del“ventre di Borea” maierino, e così quel supposto “embrione” evoliano passa inquest’altro “ventre ventoso di Borea”. Ma, contemporaneamente ancora il«caso» (dadaista), pochi giorni fa, ha “voluto” mettere sotto gli occhi di uncerto estraneo “lettore” di internet di passaggio, preso per l’arte, lapubblicazione su Julius Evola, quella di Gian Franco Lami. Di qui, nel vedere lacopertina del libro in recensione, è sorta in lui, l’idea che nel dipinto, che quisi vede, vi fosse stato riposto qualcosa di speciale riferibile, appunto, al temaproposto da Evola nel suo dipinto “Mazzo di fiori”, forse eseguito nel 1918.

Sin qui non sembra muoversi un alito di vento, quello di “Borea”, cui allude ilmaestro Maier, per veder nascere qualcosa di interessante in quel certo“lettore”, meditando sul quel quadro. Ma resta comunque un segno in luiperché vi intravede qualcosa di folgorante, difficile da spiegare, avendo“ravvisato” in Julius Evola alchemico-dadaista, chi fosse capace di tanto. E di lìa poco, ad un tratto, la luce balena negli occhi suoi perché gli capita a tiroun’altra pubblicazione “voluta” dal solito «caso» (dadaista), quella dellaFondazione Centro Studi La Runa, un articolo del 17 marzo 2017, dal titolo“Julius Evola e la filosofia dell’esistenza”, a cura di Giovanni Sessa. La relativacopertina è quella mostrata con l’illustr 4. L’argomento si lega al libro di GianFranco Lami, tant’è che la copertina è “quasi” la stessa. Ma ecco che quel“vento di Borea” maierino, si agita fortemente, tanto da mettere sull’avvisoquel fiducioso “lettore” per dargli le giuste ali e disporlo a mettere in praticauna seconda istruzione di Michael Maier, quella della matematica, che eglisegue con criterio. Infatti con un altro epigramma, il XXI°, della solita Atalantafugiens, aggiunge queste raccomandazioni che vi attengono:

Fai di un uomo e una donna un cerchio;

Illustrazione 2

Illustrazione 3

Illustrazione 4

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poi un quadrangolo; fuori di questo un triangolo;

fai di nuovo un cerchio e avrai la Pietra della Saggezza.

Veramente, se si osserva la copertina dell’articolo di Giovanni Sessa relativoall’illustr. 4, nulla sembra cambiato se si tratta di cose della matematica,naturalmente di geometria, visto che il modo per capirlo, secondo quel“lettore”, è ancora in quel dipinto “Mazzo di fiori” di J. Evola della copertina…

Un momento, qualcosa è cambiato, e come! Il quadro si è allungato: che vuoldire? Ma certo! È come il caso di Hans Jean Arp, citato nel capitolo iniziale suldadaismo, il quale insoddisfatto del suo disegno, lo strappò gettando via ibrandelli di carta. Vedendoli sparsi sul pavimento, fu sorpreso e compiaciutodell’insolita bellezza che la sua opera aveva acquistato; oppure il caso diseguito citato, del “Grande vetro” di Duchamp, opera nata in seguito allarottura involontaria di un vetro durante un trasloco. Quello che prima non erariuscito loro nonostante gli sforzi, lo aveva operato il caso11. Perciò se è qui il “ventre” di “Borea”, significa che qualcosa lo ha fattoingrandire, come può accadere in una donna incinta! Dunque è probabile chenel nuovo dipinto di Evola sia nato il “Reuccio”, che egli cercava, cioè ilRebis filosofale, e lo si può capire dal fatto che al posto di una delle sferebianche e gialle all’interno, del quadro di G. F. Lama, ora è come un uovo,tanto da associarlo al Rebis di Basilio Valentino (illustr. 4).

Di qui tante istruzioni che si possono seguireesaminando il lato di questo glifo, un vero tesoro manon è ancora quello che quel “lettore” cerca, è solouna certa via da percorrere. L’illustr. 5 mostra il glifo in questione del Rebisfilosofale di Basilio Valentino che fa luce sui processialchemici che hanno il loro principio e fine con laMateria Prima, simbolicamente rappresentata da undragone alato sulla sfera terrestre, anch’essa alata,naturalmente. È stato tratto dal libro di BasilioValentino dal titolo AZOTH, e questa di seguito è ladescrizione che viene fatta sul suo conto a pag. 9612:

Io sono il Drago velenoso, presente dappertutto, chepuò essere acquistato ad un prezzo irrisorio. La«cosa» su cui riposo, e che su di me riposa, saràtrovata in me da chi saprà frugarmi come siconviene. La mia Acqua ed il mio Fuoco distruggonoe compongono. Estrarrai dal mio corpo il LeoneVerde e quello Rosso; se non mi conosciperfettamente, il mio Fuoco ti distruggerà i cinquesensi. […] Io sono l'Uovo della Natura, che soltanto i Sapienti

devoti e modesti conoscono, ed essi fanno nascere da me il microcosmo. [...] I Filosofi mi chiamano Mercurio, mio sposo è l'Oro (filosofico); sono l'anticoDrago presente in ogni parte della terra; sono padre e madre, giovane evecchio, forte e gracile, morte e resurrezione, visibile ed invisibile, duro emolle, discendente nella terra e da scendente al Cielo, grandissimo e

Illustr. 5: Il Rebis diBasilio Valentino;

riproduzione dell’autoredall'Aurelia Occulta

Philosophorum -Teatrum Chemicum,

Argentorati, 1613, tomoIV. Un Sole afflitto

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piccolissimo, leggerissimo e pesantissimo; in me l'ordine della Natura èspesso invertito incolore, numero, peso e misura; contengo la Luce naturale,sono oscuro e chiaro, vengo dal Cielo e dalla terra, conosciuto e consideratopoco o nulla. Tutti i colori in me risplendono, e cosi tutti i metalli attraverso iraggi del sole. Sono il rubino solare, una terra nobilissima e chiarificata, percui mezzo tu potrai trasmutare in oro il rame, il ferro, lo stagno ed il piombo.

A questo punto che si vuole di più per procedere sulla via geometrica indicataquasi ad alta voce da Michael Maier e poi da Basilio Valentino con la suaconfigurazione del Rebis? In questo emblema ci sono gli strumenti dageometra, il compasso, la squadra e il problema da risolvere, cioè trovare lagiustapposizione geometrica dell’“allungamento” del dipinto di Julius Evola,per cominciare. Ma è solo l’abbrivio per poi viaggiare verso mete alchemiche(geometriche, naturalmente) che quel “lettore” cerca. Ma anche Maier mettea disposizione gli analoghi strumenti da geometra (illustr. 6), infatti si notanonell’emblema XXI, a terra, una foglio con tre disegni, un ottagono, unesagramma e un quadrato. Più in là c’è una sorta di goniometro, poi c’è unacroce per indicare le sofferenze da patire nell’avere a che fare con il dragointeriore, ma è anche il simbolo del vaso alchemico, l’atanor ossia il crogiuolo(sinonimo di croce appunto).

Allora, giusto per capire concretamente,ma in modo matematico, quale sial’entità della “crescita” del “ventre” diBorea di Michael Maier, mettiamo aconfronto l’immagine della copertinaindicata dall’illustr. 3 con quelladell’illustr. 4. Cosa se ne deduce? Moltosemplicemente che il rapporto delledue altezze è secondo la radicequadrata di 2 (√2), ossia 1,1414…:ecco l’imbeccata del maestro con ilprovvidenziale soffio di “vento diBorea”, ecco il meraviglioso “fatto” diun classico «caso» alchemico-dadaista!Il seguito è tutto in discesa per il solito“lettore”, una sorta di “padellaro” incerca di pagliuzze d’oro alchemico,però. E la sua padella è analoga a quelcompasso del filosofo geometra

dell’emblema XXI dell’illustr. 6. Egli si propone di cercare il suo “oro”setacciando l’acqua intorno alla firma di J. Evola, posta a sinistra del dipinto“Mazzo di fiori”, come visto riflesso in una specchio concavo. È qui che egliintravede il tesoro che cerca.

3. La terra mentale della “semina” di Julius EvolaCome annunciato in precedenza in relazione alla comprensione della casualitàdi Hans Jean Arp, legato al “vento” dell’epigramma I di Atlanta fugiens, ora miappresto a mostrare l’emblema XLV che vi fa luce. Michael Maier quando redasse l’opera Atalanta fugiens si propose diconcepire una terra alchemica mentale, le cui fasi di elaborazione furono

Illustrazione 6: Michael Maier.Atalanta fugiens, emblema XXI.

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rappresentate con 50 emblemi. In uno di essi, il XLV° (illustr. 7) pose al centrodell’immagine simbolica una sfera dalle fattezze come quella fisica della Terrailluminata dai lati opposti dal Sole e dalla Luna. Sappiamo che, in tutti gliemblemi di Atalanta fugiens, alla rappresentazione allegorica segue sempreun epigramma e poi un discorso ed è così, perciò, anche per questo caso el’epigramma esposto, che è in latino (ma anche l’altro citato in precedenza loera, solo che ora è d’uopo osservare “riservatezza”...), è questo:

Sol, fax clara poli, non corpora densa penetrat,Hinc illi adversis partibus umbra manet:Vilior hæc rebus quamvis est omnibus, usuAttamen Astronomis commoda multa tulit.Plura Sophis sed dona dedit Sol, ejus & umbra,Auriferæ quoniam perficit artis opus.

Commentandola, ciò che maggiormenteconta è la zona d’ombra (densa) che“prudentemente” (ma è una ferreanecessità alchemica) non è irraggiatadalla torcia solare, ma grazie a ciò restala cosa più bella, che però i non Filosofinon lo sanno, e perciò non riesconotrarne profitto. Ecco la ragione di avercitato l’epigramma suddetto in latino,come una velata “ombra” dainterpretare. In tal modo, ‒ dice MichaelMaier ‒ il Sole ha donato molti doni aifilosofi in stretta relazione alle “ombre”in questione, perché permette loro difinalizzare l'opera d'arte per fare l’oro.Ma non si capirebbero tanto questeaffermazioni se non fosse statopresentato in precedenza da me anche ilglifo del Rebis filosofale di Basilio

Valentino dell’illustr. 4 , che ci dà la chiave di comprensione. Si noterà nel glifo di Basilio Valentino che la coppia del Rebis (scritto arovescio, quasi un parallello alla definizione della citata “ombra” dell’emblemaXLV di Maier) che ha intorno 5 stelle più il Sole e la Luna in alto. Ed è purvisibile che M. Maier ha posto appunto all’“ombra” altrettante cinque stelle.Insomma tutta la zona ombrata in questione non è altro che il Mercuriofilosofale in cui nasce il Reuccio, come una sorta di Culla dalle peculiaricaratteristiche. Ma la tradizione ci descrive questa Culla, che l’alchimistadovrà intravedere per capire di essere giunto al traguardo dorato della suaopera d’arte. Notare che nelle iconografie le culle sono le classiche ceste divimini intrecciati dove è adagiato il bambino appena nato.Per questa ragione, torno a ripetere, a garanzia dell’intoccabilità del misteroracchiuso nella zona “densa”, ed è cosa vana tentare di intravedere ilprocedere della nascita del Rebis. Ma alla “matematica” offerta, nel passato,dall’Astro-logia e oggi dalla mia Astro-geometria, questo può essere possibile.E poi per via alchemica si può sorvegliare il procedere di questa nascita,poiché la Culla mercuriale che vi attiene, a detta di Fulcanelli, rivela la

Illustrazione 7: Michael Maier. Atalantafugiens, emblema XLV. La zona d’ombra

(densa).

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cosiddetta stella del nord. Se ne è parlato ampiamente nel mio studio sulTavolo di Evola. Di qui ha grande rilevanza tutta la tematica inerentel’apparizione della suddetta stella, il cui processo alchemico si dispone unamirabile geometria consistente in una tessitura che è chiamata in più modi euno di questi è noto col nome di Sigillo di Hermes.

4. La tessitura della Culla del ReuccioAlle pagg. 150-156 del libro “Il Misterodelle Cattedrali” di Fulcanelli, EdizioniMediterranee, è posta in evidenza tuttauna tematica ermetica incentrata su unacintura, tessita secondo linee incrociate,nell’intento di rappresentare la superficiedel solvente mercuriale quando è statopreparato canonicamente. L'illustr. 8 (nellibro è la tav. XLII) mostra questa cinturaindossata da San Cristoforo che portasulle spalle il Bambino-Re secondo la notaleggenda della quale riporto la partesaliente che riguarda il segreto ripostonella suddetta cintura.La cintura di Offerus, il nome pagano disan Cristoforo ancor prima di esseresanto, secondo la legenda, « è trapuntasecondo linee incrociate, simili a quelleche si vedono sulla superficie del solvente

quando è stato preparato canonicamente. Questo è il Segno, che tutti i Filosofiriconoscono per indicare, esteriormente, la virtù, la perfezione e l'estremapurezza intrinseche della loro sostanza mercuriale. […] Questo segno, gliautori l'hanno chiamato Sigillo di Hermes, Sale dei Saggi (Sel sta per Scel12), ‒cosa questa che getta la confusione nello spirito dei ricercatori, ‒ segno eimpronta dell'Onnipotente, ed anche sua firma, ed ancora Stella dei Magi,Stella polare, ecc. Questa disposizione geometrica sussiste ed appare conmaggiore definizione quando si è messo a sciogliere l'oro nel mercurio, perportarlo al suo stadio primitivo, quello di oro giovane o ringiovanito, in unaparola di oro bambino. Per questa ragione, il mercurio, – fedele servitore eScel della terra13, – è chiamato Fontana di giovinezza. Quindi i Filosofi siesprimono chiaramente quando insegnano che il mercurio, una voltaeffettuata la soluzione, porta il bambino, il Figlio del Sole, il Piccolo Re(Reuccio), come una vera e propria madre, perché, in effetti, l'oro, nel suoseno, rinasce. « Il vento, – cioè il Mercurio alato e volatile, – lo ha portato nelproprio ventre », ci dice Ermes nella sua Tavola Smeraldina. […]. ». Ma èanche il primo emblema di Atalanta fugiens (Il vento lo portò nel suo ventre) epoi perfezionato con l’epigramma (L'embrione ch'è nel ventre ventoso diBorea chiuso,/ Se vivo un dì vedrà la luce,/ può egli sol degli eroi l'opreuniverso/ Superar con arte, mano, mente e corpo forte./ Non ti sia unCesarone, né inutile aborto,/ Né un Agrippa, ma nato sotto fausta stella).

Illustr. 8: Disegno dell’autore.Bourges. Palazzo Lallemant.

Leggenda di San Cristoforo. Lacintura del “Sigillo di Hermes”.

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5. La prima via della firma di J. Evola: il quadrato, l’operaal Nigredo

L’illustr. 9 mostra in modo geometrico il rapporto tra la larghezza del dipinto ela relativa altezza allungata (che prima era come la larghezza) il cui valorenumerico è la √2, ossia 1,1414…. Lo dimostra il quadrato inscritto in uncerchio. In relazione alla firma di Julius Evola, il lato verticale di sinistracorrisponde alla lettera J che in pratica “occultamente” precede il nome Evola,appunto. La geometrica del quadrato, sta a indicare il campo dei lavorialchemici, la Materia Prima, nota col nome di Alkaest o altri nomi. Ma cosac’è da vedere in questa configurazione per farne tesoro, oltre ad aver capitoche si tratta di lavori alchemici dell’opera al Nero, cosa che comportaportare sulle spalle quella croce dell’emblema XXI di Michael Maier. Come aimmaginare un certo modo per sopportarla, osservando bene nei dettaglil’illustr. 9, pur nella difficoltà della penombra inferica del Nigredo. E qui è il

Illustrazione 9: La visione allungata deldipinto “Mazzo di fiori” di J. Evola. Il quadrato

e un tuorlo d’uovo in bilico su un piano disimmetria.

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geometra che deve saper “vedere” e infatti, quel “vento di Borea” maierino fadirigere lo sguardo sull’“uovo filosofale”, il cui tuorlo poggia sull’asse disimmetria orizzontale e subito il pensiero corre verso un altro emblemadell’Atalanta fugiens. L’illustr. 10, mostrata di seguito (da me elaborata), loraffigura e già le diverse geometrie e indicazione letterali dovrebbe far capireogni cosa a chi ne è capace.

La prima cosa che deriva dall’osservazione fatta poc’anzi sul tuorlo dell’uovofilosofale è ben spiegato nell’epigramma che attiene l’emblema VIII propostodall’illustr. 10, che è intitolato

“Prendi l'uovo e percuotilo con un gladio di fuoco”.

Di qui si nota chiaramente il destino previsto del contenuto dell’uovo di cui siparla nell’epigramma relativo che dice:

“Un augello sta nel mondo superno. E tua sola cura sia cercarne l'uovo.

Un molle albume”.

Ed è in questa sede il nesso con il tuorno d’uovo messo a nudo sull’asseorizzontale dell’illustr. 9 del dipinto di Evola “allungato”, e allora si comprendeche il destino dell’uovo lo porta al quadrato in alto, giusto sullo stesso asseverticale di mezzeria facendo riferimento all’illustr. 7. E poi un lungo percorsolo attende in un tunnel fino in fondo che appena si scorge. Il lungo tunnel nelquadrato ci riporta alle analoghe esperienze di pre-morte, per esempio dipersone entrate in coma e poi ritornate in vita. In quanto alla misteriosa “percussione” sull’uovo dell’emblema VIII, è comedi un far vibrare un peculiare diapason, per carpire il segreto riposto. E quientriamo in pieno in un ambito peculiarmente alchemico legato al mercuriofilosofale, in particolare ad un mercurio che il noto alchimista Fulcanelli

Illustr. 10: Atalanta fugiens di Michael Maier.Emblema VIII. Il “Tappeto volante”.

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definisce luce metallica14. Ecco, secondo lui, come Fulcanelle spiega il nessodella percussione con la spada sull’uovo dell’emblema di Maier in questione:

<< I maestri ci insegnano che il loro mercurio secondo, quest’acqua ponticadi cui stiamo parlando, è un’acqua permanente, che, contrariamente ai corpiliquidi «non bagna le mani» ed è la loro sorgente che cola nel mareermetico. Essi dicono che per ottenerla bisogna percuotere tre volte laroccia, per estrarne l’onda pura mescolata all’acqua grossolana e solidificata,in genere raffigurata da blocchi rocciosi emergenti dall’oceano. >>.

Ma cosa implica la triplice percussione della roccia?: lo si capiràdefinitivamente con la prossima fase alchemica, quella al Bianco.In quanto al lungo tunnel nel quadrato dell’emblema VIII di Maier, ci si rendeconto di una mirabile geometria, quella dei punti di fuga che trovano lagiustapposizione con la traduzione dell’opera in termini musicali basati,appunto, su fughe. Il termine ‘fuga’, ripresa letteralmente dal latino,all’origine (sec. XIV) è sinonimo di ‘caccia’, e come tale indica unacomposizione strutturata in base a procedimenti imitativi a canone. Nel casodi Atalanta fugiens (come spiega il musicologo ed esperto di cultura esotericaBruno Cerchio, curatore dell'edizione dell'Atalanta Fugiens per l'editriceMediterranee), “Le 50 fughe [musicali] sono in realtà canoni a due voci scrittia diverse altezze e tutti svolti sopra un unico tenor. Questo prende il nome diPomum morans, mentre l'antecedente è detto Atalanta fugiens e ilconseguente Hippomenes sequens: i tre elementi della leggenda di Atalantasono, così, musicalmente avvinti, e Maier ne spiega nella prefazione ilsignificato alchemico. Idea fondamentale è che i miti antichi siano un semplicerivestimento favoloso di verità ermetiche”15.

Commentando il grafico dell’emblema VIII, il “tunnel” appena descritto, ècome se avesse inizio dalla base ABCD a mo’ di doppio binario su cui èadagiato il tavolino con l’uovo in un equilibrio impossibile da immaginare inpratica. Il disegno che mi è stato possibile sviluppare apre il sipario sul temaermetico. Calore e Forza concorrono sul piano orizzontale dell’asse xx peraprire la porta, come se fosse scorrevole e così permettere il varco della lucein relazione alla nascita del Rebis filosofale o Reuccio che era rinchiuso inpotenza nell’uovo. La sua gestione vitale era affidata alla Madre (posta in quel“ventre ventoso di Borea”), ma doveva alfine giungere il momento della suanascita. E si capisce che si tratta dell’uovo della fenice che poi è il nostrouovo filosofale16.

Si è parlato più volte della fase alchemica incomprensibile del “percuotere laroccia” per far sgorgare il ruscello dei Saggi, definito anche divina fontana, lanota divina fontana di Diana della terra alchemica dell’ermetista, sia anchequella del relativo Tutto connesso alla Terra planetaria, intesa per esempiocome sola città, l’Antica Roma per l’appunto, tanto cara a Julius Evola. Oraè Michael Maier che, con l’emblema VIII ci dà la sua peculiare interpretazionecon l’immagine visiva che con me trova la felice comprensione tramitel’esplicazione grafica del tema dei punti di fuga in diretta relazione di noticoncetti della fisica che si studiano, a cominciare, nelle scuole medie. Perciòniente di tanto difficile da capire.Ma per parlarne compiutamente è importante esaminare l’immaginesovrapposta dei punti di fuga di A,B,C e D verso P in fondo al “tunnel” in

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questione. È ben evidente che il “tunnel” si sviluppa in modo diverso dai raggidel doppio binario bianco, che non è propriamente un tunnel, ma simile ad unideale tappeto, “volante”, per l’appunto. Su di esso, realmente, ma in modoeterico, procede il tavolino con Rebis filosofale, la cui crescita si sviluppa infasi progressive dettate dalla nota “moltiplicazione” ermetica. Si tratta dellanota concezione esoterica della levitazione. Di qui abbiamo la prova che ilpercorso dell’ermetista, ovvero del filosofo a riguardo, non è lo stessodell’uomo comune – mettiamo – come quelli dei trattati dei casi di pre-morte,nota con la sigla scientifica NDE (iniziali di near-death experience,“esperienza perimortale”).

6. La seconda via della firma di J. Evola: il triangoloequilatero, il fiore dell’Albedo

Una volta tracciati gli assi passanti per il centro dell’uovo filosofale, sitracciano due cerchi: il primo passante per l’estremo verticale alto del quadro;il secondo per l’estremo laterale di destra del quadro. In seguito siconfigurano quattro triangoli equilateri posti incrociati fra di loro e, diconseguenza si delinea anche una croce. Questa configurazione, che somigliaa un fiore, preluderebbe la fine dell’opera al nero, detta del Nigredo per darluogo all’opera al Bianco, detta Albedo. In questo caso la geometria risultantenon trova relazione con la firma di J. Evola a sinistra, tuttavia l’asse verticale

Illustrazione 11: L’uovo filosofico e i 4 triangoliequilateri amo’ di fiore, più la croce. Il fiore

dell’Albedo.

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di simmetria dell’uovo filosofico passa per la lettera E del titolo in alto, che èdi colore bianco in modo chiaro e lampante, fuoruscente dal grigiore disfondo. Ma con l’illustr. 11 si perviene, ancora meglio, alla conferma deltriangolo equilatero ottenuto con la geometria dell’illustr. 12. Ed ora la spiegazione sulla triplice percussione della roccia della fase alNero ormai alle spalle. Non si è capito? Tre è servito per concepire iltriangolo equilatero e nel contempo per far apparire la tanto attesa Stelladei Saggi per far gioire l’ermetista sull’esito della sua Opera. Ma è solo unodei tanti modi per condurre l’immaginazione dell’ermetista alla visione a luicongeniale. È naturalmente l’opera geniale di quel “vento di Borea”, che per iprofani è bizzarro e capriccioso e, naturalmente, fuorviante… evviva illungimirante Hans Jean Hart!

Per perfezionare il germoglio del fiore dell’Albedo dell’illustr.11 si delinea unasuccessiva geometria che raffigura un esagono con l’illustr. 12 (cosa giàdetta). È un successivo fiore che si accosta ai fiocchi di neve, un meravigliosoesempio pratico per legare il segno all’azione prodigiosa dell’acqua, divenutal’argomentata Acqua metallica. In più è l’apparizione della citata Stella deiSaggi, l’Esagramma.

Illustrazione 12: L’uovo filosofico e i 6 triangoli equilateri

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7. La terza e quarta via della firma di J. Evola: ilpentagramma e l’eptagramma, il fiore dell’opera al

Citrinitas e al Rubedo

Sono quattro le fasi in corso con la rappresentazione geometrica emergentedalla configurazione del dipinto di Evola in esame, “manipolato” dal “vento diBorea” maierino. Già la prima e seconda fase, quelle del Nigredo edell’Albedo, sono trascorse. In questa nuova configurazione dell’illustr. 13, siconfigurano le successive fasi cosiddette al Giallo e al Rosso, conl’apparizione di un eptagramma e successivamente di un pentagramma.

Non l’ho spiegato nelle precedenti due fasi alchemiche ma lo faccio ora.Le quattro fasi devono la loro origine all’importanza della tetrade in tutto ilpensiero sapienziale greco — e antico in generale — e presero questo nomedai colori fondamentali della pittura greca (nero, bianco, giallo, rosso). Di quiil parallelo di esse con i quattro elementi, le quattro ore del giorno e lestagioni. Melanosi, nigredo, “Opera al nero”: elemento terra, notte, inverno Leucosi, albedo, “Opera al bianco”: elemento acqua, alba, primavera Xantosi, citrinitas, “Opera al giallo”: elemento aria, giorno pieno, estate Iosi, rubedo, “Opera al rosso”: elemento fuoco, tramonto, autunno.

Illustrazione 13: Il fiore dell’Opera al Giallo e al Rosso.

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Di queste, la xantosi scomparve con l’affermarsi delle esigenze trinitarie; letre restanti corrispondono, con una suggestiva analogia agraria, alla semina(inverno), alla germinazione (primavera-estate) e alla raccolta (autunno). Altrefasi e altri colori furono poi introdotti da alcuni autori nel processo alchemico(i 7 colori dell’Iride, “cauda pavonis”; “viriditas”, e, infine, il blu).

Ed ora spiego il percorso geometrico seguito nella configurazione dell’illustr.13 e per questo occorre esaminare il grafico supplementare di un suoparticolare (illustr. 14) che si incentra sulla firma di EVOLA posta a sinistradel dipinto “Mazzo di fiori” in studio, come in uno specchio concavo ma nonsferico, cilindrico invece per dare la forma allungata.

L’eptagramma si delinea cosìindividuando l’incrocio dei due assipassanti per il centro della lettera V,come si vede nell’illustr. 14. Abbiamo ilsegno della conferma con l’apparizionedi una stella, quella rossa accanto a unaltro uovo, che si vede tracciando unlinea che collega l’incrocio dei due assidella lettera V con il centro dell’uovofilosofale.Il pentagramma si delinea con ilrelativo cerchio esterno (blu) passanteper la linea tracciata al limite dellalettera finale A di EVOLA. Anche perquest’altro caso, guardando l’illustr. 13,invece, si nota l’apparizione della suastella di riferimento, congiungendo ilcentro dell’uovo filosofale con la puntadel pentagramma in alto a destra.

8. L’eptagramma il segno alchemico delle Aquile Riepilogando sulle operazione alchemiche relative alle quattro fasi appenacommentate in modo geometrico, le cose stanno così, e qui si parlerà inparticolare del “Vaso alchemico” che non è altro quel “Ventre ventoso diBorea” dell’epigramma I di Michael Maier, più volte citato all’inizio:

Nell’Opus alchemicum, dopo l’importantissima fase della congiunzione degliamanti (del Sole e della Luna nel bagno alchemico, dello Zolfo e del Mercurio,del fisso e del volatile), c’è quella della loro putrefazione, cui fa seguito lanascita di un Bambino Filosofico che è “più vecchio dei suoi genitori”. Diqui un parallelo su qualcosa appena accennato in precedenza che oraripropongo: «Si è parlato più volte della fase alchemica incomprensibile del“percuotere la roccia” per far sgorgare il ruscello dei Saggi, definito anchedivina fontana, la nota divina fontana di Diana della terra alchemicadell’ermetista, sia anche quella del relativo Tutto connesso alla Terra

Illustrazione 14: Particolare dellageometria relativa alla firma di

EVOLA.

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planetaria, intesa per esempio come sola città, l’Antica Roma per l’appunto,tanto cara a Julius Evola. ». Ecco spiegato perché mi è parso di ricordarel’Antica Roma. È ben chiaro, ora che le operazioni alchemiche coinvolgonopiù ermetisti in comune accordo, per esempio come si capisce per i “fatti” del“rito”, raccontati da Ekatlos nel libro Il gruppo di Ur, edizioni Mediterranee.Questo “bambino” deve, secondo gli alchimisti, essere continuamente nutritocon un alimento appropriato. Santinelli, ad esempio, sostiene che talealimento deve consistere in un “debole mestruo” finché il bambino si trovaancora nel ventre materno, cioè nel Vaso Alchemico, e di “latte di Vergine”dal momento in cui viene alla luce uscendo dal Vaso. (Al tempo di Romanascente fu il “latte-mestruo” della “Lupa”, un simbolo emblematico e incertoche ha un significato particolare che oscilla tra sacro, mitico e profano.)

Due principi dunque “abitano” il vaso alchemico e la lebbra che affligge laMateria Prima, più che identificarsi con il fisso o con il volatile, col corpo ocon lo Spirito, risiede nella loro mancata integrazione, nella loro separazione.L’alchimista, quindi, non potendo rinunciare né all’uno né all’altro, deveriuscire ad amalgamare e fondere insieme Spirito e Corpo, realizzando laconciliatio oppositorum. Gli opposti devono prima lottare divorarsi educcidersi a vicenda perché la loro unione possa realizzarsi. Questa operazioneha, come si è visto, due aspetti, quello del costringere la terra corporea epesante ad elevarsi verso le regioni dello Spirito e quello consistentenell’obbligare lo Spirito ad abbandonare i “cieli filosofici”, ove può spaziareliberamente, costringendolo a discendere nelle regioni più pesanti econdizionate dai vincoli terrestri perché possa vivificare rivitalizzare e“rendere consapevole” il corpo. Questo potrebbe spiegare la “lotta” dei duegemelli romani, Romolo e Remo per dar origine a Roma, e finì, come si sa, conla morte di Remo. Tuttavia l’alchimia potrebbe far supporre che Remo non“morì” ma si unì per sempre col fratello spiritualmente. Ecco il lato divino di“Romolo” che, “unito a Remo”, lo fa intravedere come un vero e proprio“Rebis”, ma è anche la presa di coscienza del come va vista la definizione diRoma Città Eterna.

Fulcanelli, nelle “Dimore Filosofali”, parla dell’alternarsi di un fiore e di unastella durante l’Operazione di Sublimazione Alchemica: “Quando il mercuriogiunge a bagnare lo zolfo non dissolto questo scompare ed appare la Stella,manifestazione esteriore del Sole interno. Lo zolfo (il fiore) ricompare poi alladecantazione, all’allontanamento della materia astrale. In sette ripresesuccessive le nubi nascondono allo sguardo ora la stella ora il fiore a secondadelle fasi dell’operazione cosicché l’artista non può mai scorgeresimultaneamente i due elementi del composto”.

L’agitarsi della Materia durante le sublimazioni è talvolta accostato alcataclisma universale che precederà la fine del mondo o alle cataratte delDiluvio Universale.

La colomba, che riporta a Noè il ramo d’ulivo il settimo giorno rappresentaallora la pace raggiunta tra i contrari.

L’operazione della Sublimazione alchemica riceve talvolta il nome di“Aquile”. Fulcanelli così commenta l’origine di questa strana denominazione:“Lo Spirito non può abbandonare completamente il corpo, ma si riveste di un

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abito più consono alla sua natura, più obbediente alla sua volontà e fatto conle particelle nette e purificate che può raccogliere intorno a sé per servirsenecome nuovo veicolo.”

Tale separazione o sublimazione del corpo e manifestazione dello spiritodeve ripetersi tante volte quante si riterrà necessario. Ogni ripetizione sidice “aquila”. Filalete afferma che la quinta aquila scioglie la Luna, ma cheper ottenere lo splendore del Sole ne occorrono da sette a nove17.

La pratica ermetica fa capire, attraverso la parola di valenti alchimisti, che ilnumero dei gradini della “moltiplicazione” [o sublimazione, o aquile]potrebbe andare, al massimo, fino a 10 – mettiamo. Oltre è rischiosoprocedere potendo giungere a dei disastri. Ecco, ora con questo capitolo si hamodo di capire in base a che cosa, in termini alchemici, si determinano lenumerose fasi della cosiddetta “moltiplicazione”.» Per questo scoporicorriamo a ciò che viene detto da Julie Champagne Fulcanelli nel suo libroLe Dimori Filosofali, vol. II, pagg. 95-96-97.

Nella galleria superiore del castello di Dampierre sur Boutonne in Charentes-Maritime, una delle residenze del filosofo Jean Lallemant18 (descritta daFulcanelli, nel citato libro Le Dimore Filosofali) compaiono sul soffitto diversicassonetti con figure allegoriche del genere ermetico.

Una di queste figure, la tav. XXXIII del suddettolibro, è quella mostrata con l’illustr. 15, il cuititolo è “Concussus surgo”. Di essa Fulcanelli, fauna descrizione seguita da un commento, cheriporto di seguito.

«Cassettone I. - Trapassando delle nubi, unamano d’uomo lancia contro una roccia sette palleche rimbalzano verso terra. Questo bassorilievo èornato dell’iscrizione:

.CONCVSSVS. .SVRGO.

Urtato, rimbalzato. Immagine dell’azione e dellareazione, ed anche dell’assioma ermetico Solveet coagula, sciogli e coagula. [...]Quella mano celeste, dunque getta contro laroccia19, emblema della nostra sostanzamercuriale, proprio i frutti del lavoro ermetico.Ogni volta che la pietra, fissa e perfetta, ènuovamente lavorata col mercurio, per esserviridisciolta, perché vi si nutra nuovamente, e peraumentare non soltanto in peso ed in volume maanche in energia; ogni volta dunque mediante lacottura, essa ritorna al suo stato, al suo colore ed

al suo aspetto primitivo.Si può affermare che dopo aver toccato il mercurio essa ritorna al suo dipartenza. Queste fasi di caduta e d’ascensione, di soluzione e di coagulazionecaratterizzano le moltiplicazioni successive che producono ogni rinascitadella pietra una potenza teorica decuplicata rispetto alla precedente. Tuttavia,e sebbene molti autori considerano senza limiti questa esaltazione, noi

Illustr. 15: Disegnodell’autore. Riproduzione diun cassettone del castello

di Dampierre sur Boutonnein Charentes-Marittime.

Titolo: “Concussus surgo”.Immagine di azione e

reazione, e dell’assioma“solve et coagula”.

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pensiamo, d’accordo con altri filosofi, che sarebbe imprudente, almeno per ciòche riguarda la trasmutazione e la medicina, oltrepassare la settimaripetizione. Per questa ragione sia Jean Lallemant che l’Adepto Dampierrehanno raffigurato soltanto sette palle o sette castagne nella decorazionealla quale ci stiamo riferendo.». Palle che il fiore dell’eptagramma di“Mazzo di fiori” evoliano interpreta meravigliosamente per mettere in mostraal suo centro la natività dell’Uomo Cosmico secondo l’idea della TradizioneRomana del Divino del suo autore, Julius Evola, con un radiosoPentagramma purpureo.

7. L’Alfa e l’Omega dei natali di RomaIl 21 aprile 753 a.C., tradizionalmente è considerata la data della fondazionedi Roma, Natale di Roma. Data simbolica, che però rappresenta un eventomolto importante della storia legato, secondo la leggenda, alla città fondata daRomolo, discendente dalla stirpe reale di Alba Longa (notare il significato di “Longa” in stretto legame con il sopraggiungere della fase alchemica detta alBianco, cioè l’Albedo). Ma si tratta di una data fissata dallo storico latinoMarco Terenzio Varrone, sulla base dei calcoli effettuati dall'astrologo LucioTaruzio, però in discordia con altre date riferite ad altre leggende, basate sualtri calcoli. Tuttavia è la data dello storico Varrone ad essere ritenuta atutt’oggi quella insegnata fin dalle medie nelle scuole, ad esempio...Dunque, se occorse l’interpretazione di un astrologo, cioè di unascienza del passato (non compresa oggi nel repertorio delle scienzeaccademiche), tuttavia basata sulla matematica, per fissare la data del21 aprile 753 a.C., in realtà fino ad oggi “probabile” e non certa,perché non credere, seguendo un analogo criterio del generematematico, che oggi, sia possibile confermarla grazie ad una certamia astro-geometria a perfezione dell’antica astro-logia? La risposta èdavvero stupefacente se si dà retta al presente lavoro sull’arte di Julius Evola,il dipinto “Mazzo di fiori”, e come?

Julius Evola era tanto preso per la Tradizione dell’Antica Roma, ma comepoteva esprimersi in quel “Mazzo di fiori”, la sua esperienza d’artistaalchemico-dadaista, se non con i numeri? Infatti abbiamo visto come, una cosa del genere si possa realizzare, attraversoun insolito itinerario geometrico, peraltro dettato emblematicamente damaestri di alchimia, come Michael Maier e Basilio Valentino con i lorostrumenti da geometra. Questi preziosi “operatori” (“magici” in maniappropriate) non possono considerarsi solo come simboli, ma devono poter“servire” praticamente (come io ho fatto) per dar corso ai «casi» delverificarsi di eventi – mettiamo – come quelli esaminati in questo saggio. Ecco che quelle tre figure geometriche, l’eptagramma, il pentagramma e iltriangolo equilatero in sinergia con il quadrato, (che rappresenta il vasoalchemico e per l’Antica Roma le sue prime mura) non essendo altro chedei numeri, il 7, il 5 e il 3, tuttavia, guarda ancora «caso», identificano uncerto codice genetico, lo stesso che servì per dare il Natale a Roma l’annoesatto che vi corrisponde, cioè 753 a.C. che sappiamo attraverso MarcoTerenzio Varrone.

Brescia, 28 febbraio 2018

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1 Prof. Francesco Morante, http://www.francescomorante.it/pag_3/312.htm2 http://www.ereticamente.net/2018/02/il-senno-ritrovato-il-tavolo-di-julius-evola-un-atanor-

racchiuso-in-una-scatola-gaetano-barbella.html3 http://www.fondazionejuliusevola.it/Quadri.htm4 Fonte: https://criticaimpura.wordpress.com/2017/03/14/futurismo-passaggi-e-pulsione-un-

saggio-di-vitaldo-conte/5 Poeta e scrittore italiano, fondatore del futurismo.6 Cfr. V. Conte, Evola e l’arte-poesia, in AA.VV., Julius Evola e la sua eredità culturale, EdizioniMediterranee, Roma 2017.

7 Ripartire da Evola per restare in piedi tra le rovine! Il Guardiano della Soglia. Fonte:http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2017/06/morire-in-piedi-la-morte-di-julius-evola.html8 http://www.lintellettualedissidente.it/storia/julius-evola-un-filosofo-nella-tana-del-lupo/9 Ibidem cfr. 6.10 Tratto dalla Tesi in Storia dell’arte contemporanea “JULIUS EVOLA E IL DADAISMO” di

Claudia Tagliaferri. Università di Roma La Sapienza. 2010-2011.11 Ibidem cfr. 1012 Basilio Valentino. AZOTH, ovvero L’Occulta Opera Aurea dei Filosofi. Pag. 96. Ediz. Mediterranee12 Nell'antico francese Sel (sale) e Scel (sigillo). La loro pronuncia è eguale e, come si vede,è simile anche l'ortografia N.d.T.13 Sigillo N.d.T.14 Le dimore Filosofali, vol.I, pag. 143. Edizioni Mediterranee15 Fonte: http://letteraturagrafica.over-blog.com/article-alchimia-atalanta-fugiens-di-michael-

maier-1618-1-parte-70771158.ht l m16 Le Dimore Filosofali di Fulcanelli, vol. II, pag.135. Edizioni Mediterranee.17 http://www.esonet.it/News-file-article-sid-1401.html

18 Jean Lallemant: Erede di una vecchia famiglia proveniente d'oltre-Reno, la cui presenza presso des

Berruyers è attestata sin dal XIII secolo, Jean Lallemant, il cui padre Guillaume era incaricato di approvigionare in libri la biblioteca di Carlo VI, diviene alla metà del XV secolo ricevitore generale di Normandia.

Si arricchì attraverso il commercio della corte ed è nobilitato, ma nel 1487 la sua casa è distrutta dal grande incendio di Bourges. Intraprende presto la costruzione dell'Hotel attuale (L'hotel Lallemand di Bourges è una delle dimore filosofali di questa città che fu una capitale del regno di Francia) di cui non vedrà che le fondamenta: decede nel 1494. [...]

Per Fulcanelli, Jean Lallemant, fu cavaliere della Tavola Rotonda, e fu anche un alchimista. Fonte : http://maxjulienchampagne.over-blog.it/tag/julien%20champagne/9

19 Vedi capitolo 5.