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ve, i miei distinguo, e quel tanto di distacco che permette di guardare le cose dal di fuori” (Calvino, 1980a). Nel 1925 la famiglia Calvino ritorna in Italia e si stabilisce a San Remo, nella Villa Meridiana che ospita la direzione della Stazione Speri- mentale di Floricoltura. Dal 1929 al 1933 fre- quenta le Scuole Valdesi e negli ultimi anni delle elementari diventa Balilla. Successiva- mente frequenta il Regio Ginnasio-liceo “G.D.Cassini”. Non è uno studente particolar- mente brillante, né il primo della classe. È bravo in italiano, meno in greco e nelle materie scientifiche. In questi anni il giovane Calvino si appassiona al cinema, un amore che durerà per tutta la sua adolescenza, argomento di dia- logo e di discussione con i coetanei, molto più della letteratura (Baranelli, Ferrero, 2003). Secondo quanto afferma lo stesso Autore in un manoscritto inedito, il primo libro che egli lesse e che fece nascere in lui la passione per la lettura fu il “Libro della Giungla” di Kipling: “Il primo vero piacere della lettura d’un vero libro lo provai abbastanza tardi: avevo già dodici o tredici anni, e fu con Kipling, il primo e (soprattutto) il secondo libro della Giungla. Non ricordo se ci arrivai attraverso una biblio- teca scolastica o perché lo ebbi in regalo. Da allora in poi avevo qualcosa da cercare nei libri: vedere se si ripeteva quel piacere della lettura provato con Kipling (manoscritto inedi- to, in Baranelli, Ferrero, 2003). Nello stesso periodo si diletta anche a leg- gere riviste umoristiche, cimentandosi a dise- gnare, egli stesso, vignette e fumetti. La prima spontanea espressione creativa del giovane Calvino si realizza, infatti, proprio nel disegno: il suo tratto secco e stilizzato sa cogliere e fis- sare “al volo” un tic, un gesto, una fisionomia, abbozzare un carattere. Gli album e i taccuini conservati dalla madre mostrano un segno che mira al disvelamento di una verità nascosta attraverso la deformazione dell’ironia e dell’umorismo, dal largo sorriso del padre che parte per la caccia con gli amati cani, alla mascella protesa di un Musso- lini a cavallo, dalla terrestre concretezza di un contadino ligure che affonda i piedi nelle sue zolle, alla stupefacente autorappresentazione del proprio svagato modo di camminare. E proprio a partire dalle caricature di amici e compagni, di cui sono disseminati libri e quaderni, sembra prendere corpo la propen- sione caricaturale che si manifesta attraverso metafore quanto mai incisive, nello humour paradossale e quasi metafisico dei primi rac- conti giovanili (Baranelli, Ferrero, 2003). Scoppia nel frattempo la guerra, evento che segna la fine della sua giovinezza e il declino della cosiddetta “Belle Epoque” in versione sanremese. Tra i sedici ed i venti anni scrive brevi rac- conti, opere teatrali e qualche poesia, ispiran- dosi a Montale, suo poeta prediletto per tutta la vita. Sono anni in cui si instaura una forte amicizia con il compagno di liceo Eugenio Scalfari, cosa che fa crescere nel giovane Calvino un interesse politico specificatamen- te antifascista. Nel 1941, conseguita la licenza liceale, si iscrive alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino, che abbandonerà nel Gennaio del 1943, per trasferirsi all’Università di Firenze. Nel frattempo le sue preferenze politiche si vanno facendo via via più definite tanto che, dopo la morte di un giovane combattente, chiede ad un amico di presentarlo al PCI. Nel settembre dello stesso anno i suoi studi si interrompono bruscamente, quando, avver- so alla leva della repubblica di Salò, è costret- to a trascorrere alcuni mesi nascosto. All’ab- bandono degli studi scientifici concorre anche in maniera decisiva l’imporsi della vocazione letteraria, emersa prepotentemente durante i lunghi mesi di solitudine e di intense letture. Nella primavera del 1941 Calvino comincia la stesura di brevi racconti, da lui definiti "raccon- tini", in seguito ordinati in una raccolta dal tito- lo “Pazzo io o pazzi gli altri”, che non raccolgo- no il favore dell’editore Einaudi e rimangono, dunque, non pubblicati. L’attività letteraria del giovane Calvino prosegue nella medesima direzione, con la stesura di "raccontini di dopo- domani o apologhi esistenzialistici" che metto- no in luce la noia e l’assurdo esistenziale di vite indecifrabili, di identità sfuggenti, senza disdegnare i temi politici quali la polemica con- tro lo statalismo, l’autoritarismo, l’istinto grega- rio delle masse. È evidente l’influsso del clima storico-politico sui temi trattati da Calvino in quelle prose giovanili; così egli stesso si espri- me nella prefazione della raccolta: “L’apologo nasce in tempi d’oppressione. Quando l’uomo non può dar forma al suo pensiero, lo esprime per mezzo di favole”. Questi raccontini corrispondono a una serie di esperienze politiche o sociali d’un giovane durante l’agonia del fascismo. In tale periodo di intensa attività creativa, nell’autunno del 1944, Italo e il fratello Floriano si arruolano nella seconda divisione d’assalto "Garibaldi", combattendo per venti mesi uno dei più aspri scontri tra partigiani e nazifascisti. L’esperienza della guerra partigiana riveste un ruolo decisivo nella sua formazione umana e politica (Baranelli, Ferrero, 2003; Luperini et al., 2003). Una lettera del 6 giugno 1945 all’a- mico Scalfari è testimonianza di quanto inten- samente sia stato vissuto da Calvino quel periodo, seppur cronologicamente così breve: “La mia vita di quest’ultimo anno è stato un susseguirsi di peripezie (…) sono passato attraverso una inenarrabile serie di pericoli e di disagi; ho conosciuto la galera e la fuga, sono stato più volte sull’orlo della morte. Ma sono contento di tutto quello che ho fatto, del capitale di esperienze che ho accumulato, anzi avrei voluto pure di più”. Di tale esperienza, del contatto diretto con quei boschi che fin da bambino aveva cono- sciuto ed amato, della quotidianità da partigia- no, della straordinaria capacità dell’essere umano ad abituarsi a tutto, anche alla possibi- lità di morire da un momento all’altro, di come le armi assumano, in quel frangente, la fun- zione di oggetti come altri, che passano conti- nuamente di mano in mano, come indumenti, zaini o scarpe, Calvino riparlerà anche a venti, trenta anni di distanza (Calvino, 1960; 1960a; 1962; 1973). Finita la guerra inizia “la storia cosciente” delle idee di Calvino, che continuerà a svolger- si anche durante la militanza nel PCI, attorno al nesso inquieto e personale di comunismo e anarchismo (Barenghi, Falcetto, 1991). Nel frattempo si era iscritto alla facoltà di Lettere, a Torino, dove si laurea con una tesi su Joseph Conrad. Nel 1946 comincia a gravitare attorno alla casa editrice Einaudi, vendendo libri a rate. Su esortazione di Cesare Pavese, suo amico e punto di riferimento e di Giansiro Ferrata si dedica alla stesura di un romanzo che con- durrà a termine in soli venti giorni. Si tratta del suo primo libro, “Il sentiero dei Nidi di Ragno”: una sentita ricognizione del periodo bellico e del mondo partigiano. Successivamente, nel 1950, viene assunto stabilmente alla Einaudi come redattore; si occupa dell’ufficio stampa e dirige la parte letteraria della nuova collana “Piccola Biblioteca Scientifico-Letteraria”. “Così la mia vita per una quindicina d’anni, scrive Calvino, fu quella d’un redattore di casa editrice, e in tutto questo periodo ho dedicato molto più tempo ai libri degli altri che ai libri miei. Ero insomma riuscito a mettere ancora uno schermo tra me e la mia vocazione di scrittore, per quanto apparentemente mi trovassi nella situazione più favorevole (Calvino, 1984). Negli anni trascorsi presso la casa editrice tori- nese stringe legami di amicizia con numerosi colleghi letterati (Pavese, Vittorini, Natalia Ginz- burg), e si rende protagonista, insieme a storici (Delio Cantimori, Franco Venturi) e filosofi (Nor- berto Bobbio, Felice Balbo) di un fervido confron- to intellettuale, sostenuto da una continua discus- sione tra fautori di differenti tendenze politiche e ideologiche (Barenghi, Falcetto, 1991). Nel 1952 pubblica “Il visconte dimezzato”: un breve romanzo che ha l’apparenza di una favola, ma che, al di là del divertimento narra- tivo e fantastico, allude alle componenti con- trastanti della personalità umana. Viene promosso dall’Einaudi come dirigen- te, mantenendo questa qualifica fino al 1961; dopo questa data diventerà consulente edito- riale. Nel 1955 esce su Paragone. Letteratura Il midollo del leone”, primo di una serie di impegnativi saggi, volti a definire i diversi compiti che spettano alla letteratura e all’im- pegno politico, rispetto alle principali tendenze culturali del tempo. Nel 1956 escono “Le fiabe italiane”, che consolidano il successo di un Calvino “favoli- sta”: scritte in uno stile limpido e trasparente, sono un esempio, in un’atmosfera festosa e solare, di concretezza, concisione e leggerez- za (Baranelli, Ferrero, 2003). Anche se, il 1956 è molto importante per un altro fatto significativo e cruciale nella vita di Calvino: i fatti di Ungheria, l’invasione della Russia comunista nell’inquieta Praga, provo- cano il distacco dello scrittore dal PCI e lo conducono progressivamente a rinunciare ad un diretto impegno politico. Alla luce del ven- tesimo congresso e dell’evoluzione in corso all’Est, critica aspramente l’incapacità del par- tito di rinnovarsi, rimanendovi, tuttavia, ideolo- gicamente legato. Nel 1957 pubblica su “Città aperta” (periodi- co fondato da un gruppo dissidente di intellet- tuali comunisti romani) il racconto-apologo “La gran bonaccia delle Antille”, che mette alla ber- lina l’immobilismo del PCI. Il 1° agosto dello stesso anno si dimette dal partito, attraverso una lettera, pubblicata il 6 agosto sull’“Unità", in cui illustra le ragioni del proprio dissenso politi- co, senza trascurare di dare rilievo al peso che la militanza nel partito ha avuto nella sua for- mazione umana ed intellettuale. Lo stesso anno, esce “Il barone rampante” che prosegue sulla linea del “Visconte dimez- zato” ma con un più ampio respiro narrativo. Nel 1958 pubblica “I racconti”; la cui raccol- ta comprende “La speculazione edilizia” (1957). Nel 1959 esce “Il cavaliere inesisten- te”, rifacentesi al modello del romanzo caval- leresco. Vi si può individuare la metafora di un’astratta razionalità incapace di collegarsi con la realtà concreta e con la dimensione fisica dell’esistenza, e che per questo va incontro alla sconfitta: Agilulfo, il protagonista del racconto, si suicida sfasciando l’armatura. Quest’ultimo romanzo, insieme ai precedenti “Il visconte dimezzato” e “Il barone rampante”, saranno pubblicati, in seguito nella raccolta fantastico-allegorica “I nostri antenati”. In questi anni, assieme a Vittorini, dirige l’importante rivista culturale-letteraria “Il Menabò” sulla quale pubblica interventi carat- terizzati da un forte impegno di tipo etico - conoscitivo, quali “Il mare dell’oggettività” e “La sfida al labirinto”, un saggio che già nel titolo sembra riassumere i capisaldi del lavoro calviniano: lo strenuo impegno a definire la mappa della prigione labirintica in cui si muove l’uomo del Novecento. Si giunge così al ’63, anno della Neoavanguardia, dove oltre a “Marcovaldo” ovvero “Le stagioni in città”, pubblica “La giornata d’uno scrutatore”: un racconto costruito su schemi di tipo tradizio- nali, con cui si chiude il ciclo apertosi all’incir- ca un decennio prima. Nel 1964 sposa Judith Ester Singer, tradut- trice argentina di origine russa e si trasferisce a Parigi, da dove continua a lavorare per l’Ei- naudi, e dove viene a contatto con gli ambien- ti letterari e culturali più all’avanguardia. Nel 1965 nasce a Roma la figlia Giovanna, che infonde in Calvino un senso di personale rinascita ed energia. Partendo dall’interesse per le teorie episte- mologiche, cioè per la riflessione sui principi e i metodi della conoscenza scientifica, pubblica “Le Cosmicomiche”: una serie di racconti che traducono in forme narrative ipotesi scientifi- che sull’origine e l’organizzazione del cosmo, sulla struttura della materia, sui corpi celesti, sull’evoluzione della vita. Esce inoltre il dittico “La nuvola di smog” e “La formica argentina” (in precedenza edite nei Racconti). Nel 1967 esce “Ti con zero”, volume in cui si rivela la sua passione giovanile per le teorie astronomiche e cosmologiche, e finisce di tradurre “I fiori blu di Raymond Queneau”. Alla poliedrica attività del bizzarro scrittore francese rinviano vari aspetti del Calvino maturo: il gusto della comicità estrosa e paradossale; ovvero il saper mante- nere nei confronti della materia trattata un approccio leggero, umoristico, smussando gli aspetti più sconcertanti con un atteggiamento quasi di serena saggezza. Nel 1968 si assiste allo sviluppo di un forte interesse per le tematiche legate alla semiolo- gia e alla decostruzione del testo. Rifiuta, nello stesso anno, il premio Viareg- gio per “Ti con zero” ma accetta due anni dopo il premio Asti, il premio Feltrinelli e quello del- l’Accademia dei Lincei, nonché quello della Città di Nizza, il Mondello ed altri ancora. Nel 1970 esce il volume di racconti “Gli amori difficili” e pubblica una scelta di brani del poema di Ariosto: “Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino”. In questo periodo (1971) un impegno molto importante è rappresentato, inoltre, dalla direzione della col- lana Einaudi “Centopagine”, nella quale vengo- no pubblicati i classici europei a lui più cari (Stevenson, Conrad, Stendhal, Hoffman, Bal- zac e Tolstoj) e numerosi scrittori minori italiani del periodo compreso fra Ottocento e Nove- cento (Baranelli, Ferrero, 2003). Nel 1972 pubblica “Le città invisibili”. Il libro è una serie di descrizioni di città ipotetiche, pre- sentate da Marco Polo all’imperatore tartaro Kublai Kan. Anche qui, dietro la costruzione fantastica, è possibile cogliere i riferimenti all’inferno della civiltà tecnologica e industriale. Mentre nel 1973 appare “Il castello dei destini incrociati” (già pubblicato in parte nel ’69): si tratta di una serie potenzialmente infinita di sto- rie ricavate dalle figure di un mazzo di tarocchi. Dal 1974 al 1978 inizia a scrivere sul “Cor- riere della sera” racconti, resoconti di viaggio ed articoli sulla realtà politica e sociale del paese; scrive inoltre per la serie radiofonica “Le interviste impossibili” i dialoghi “Montezuma” e “L’uomo di Neanderthal”. Nel 1976 tiene conferenze in molte univer- sità degli Stati Uniti, mentre i viaggi in Messico e Giappone gli danno spunti per alcuni articoli di tema sociale e politico sul "Corriere". Nel 1979 esce il romanzo “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, che diviene subito un best sel- ler. In esso, lo scrittore ligure, sottolinea come la pretesa da parte della letteratura di riassu- mere in sé il reale sia sostanzialmente illusoria. Nel dicembre dello stesso anno, con l’arti- colo “Sono stato stalinista anch’io?” inizia una fitta collaborazione con “Repubblica” in cui i racconti si alternano alla riflessione su libri, mostre e altri fatti di cultura. Nel 1983 esce il volume “Palomar”, teso a ribadire il concetto di sfiducia in una conoscenza esaustiva del mondo (Barenghi, Falcetto, 1991). L’ultimo lavoro di Calvino (oggetto di approfondimento del presente elaborato) è costituito dalle “Lezioni Americane”, scritte poco prima della morte e pubblicate postume per la prima volta nel 1988; sono i testi di sei conferenze che lo scrittore avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard, e sono dedi- cate a delineare, nella letteratura di tutti i tempi, la presenza di alcune categorie: Leg- gerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molte- plicità. Calvino avrebbe voluto scrivere la sesta conferenza, che avrebbe dovuto trattare il tema della Consistenza, direttamente ad Harvard, dopo aver avuto il feed-back delle precedenti; ma la morte sopraggiunse prima, il 19 settembre del 1985 all’ospedale di Siena viene colto da un’emorragia cerebrale (Baldi et al., 1994). LA RIVISTA DELLA SCUOLA Anno XXX, 1/30 novembre 2008, n. 3 13 LA SUA PSICOLOGIA lo scrittore, l’uomo ricerca per la tesi come testo simbolico GIUSEPPE ADRAGNA

Anno XXX, 1/30 novembre 2008, n.3 LA RIVISTA DELLA … anno XXX/rds_n.3/13.pdf · “Il primo vero piacere della lettura d’un vero ... periodo, seppur cronologicamente così breve:

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Page 1: Anno XXX, 1/30 novembre 2008, n.3 LA RIVISTA DELLA … anno XXX/rds_n.3/13.pdf · “Il primo vero piacere della lettura d’un vero ... periodo, seppur cronologicamente così breve:

ve, i miei distinguo, e quel tanto di distaccoche permette di guardare le cose dal di fuori”(Calvino, 1980a).

Nel 1925 la famiglia Calvino ritorna in Italia esi stabilisce a San Remo, nella Villa Meridianache ospita la direzione della Stazione Speri-mentale di Floricoltura. Dal 1929 al 1933 fre-quenta le Scuole Valdesi e negli ultimi annidelle elementari diventa Balilla. Successiva-mente frequenta il Regio Ginnasio-liceo“G.D.Cassini”. Non è uno studente particolar-mente brillante, né il primo della classe. Èbravo in italiano, meno in greco e nelle materiescientifiche. In questi anni il giovane Calvino siappassiona al cinema, un amore che dureràper tutta la sua adolescenza, argomento di dia-logo e di discussione con i coetanei, molto piùdella letteratura (Baranelli, Ferrero, 2003).

Secondo quanto afferma lo stesso Autore inun manoscritto inedito, il primo libro che eglilesse e che fece nascere in lui la passione perla lettura fu il “Libro della Giungla” di Kipling:

“Il primo vero piacere della lettura d’un verolibro lo provai abbastanza tardi: avevo giàdodici o tredici anni, e fu con Kipling, il primoe (soprattutto) il secondo libro della Giungla.Non ricordo se ci arrivai attraverso una biblio-teca scolastica o perché lo ebbi in regalo. Daallora in poi avevo qualcosa da cercare neilibri: vedere se si ripeteva quel piacere dellalettura provato con Kipling (manoscritto inedi-to, in Baranelli, Ferrero, 2003).

Nello stesso periodo si diletta anche a leg-gere riviste umoristiche, cimentandosi a dise-gnare, egli stesso, vignette e fumetti. La primaspontanea espressione creativa del giovaneCalvino si realizza, infatti, proprio nel disegno:il suo tratto secco e stilizzato sa cogliere e fis-sare “al volo” un tic, un gesto, una fisionomia,abbozzare un carattere.

Gli album e i taccuini conservati dalla madremostrano un segno che mira al disvelamento diuna verità nascosta attraverso la deformazionedell’ironia e dell’umorismo, dal largo sorriso delpadre che parte per la caccia con gli amaticani, alla mascella protesa di un Musso-lini a cavallo, dalla terrestre concretezza di uncontadino ligure che affonda i piedi nelle suezolle, alla stupefacente autorappresentazionedel proprio svagato modo di camminare.

E proprio a partire dalle caricature di amicie compagni, di cui sono disseminati libri equaderni, sembra prendere corpo la propen-sione caricaturale che si manifesta attraversometafore quanto mai incisive, nello humourparadossale e quasi metafisico dei primi rac-conti giovanili (Baranelli, Ferrero, 2003).

Scoppia nel frattempo la guerra, evento chesegna la fine della sua giovinezza e il declinodella cosiddetta “Belle Epoque” in versionesanremese.

Tra i sedici ed i venti anni scrive brevi rac-conti, opere teatrali e qualche poesia, ispiran-dosi a Montale, suo poeta prediletto per tuttala vita. Sono anni in cui si instaura una forteamicizia con il compagno di liceo EugenioScalfari, cosa che fa crescere nel giovaneCalvino un interesse politico specificatamen-te antifascista.

Nel 1941, conseguita la licenza liceale, siiscrive alla Facoltà di Agraria dell’Università diTorino, che abbandonerà nel Gennaio del1943, per trasferirsi all’Università di Firenze.Nel frattempo le sue preferenze politiche sivanno facendo via via più definite tanto che,dopo la morte di un giovane combattente,chiede ad un amico di presentarlo al PCI.

Nel settembre dello stesso anno i suoi studisi interrompono bruscamente, quando, avver-so alla leva della repubblica di Salò, è costret-to a trascorrere alcuni mesi nascosto. All’ab-bandono degli studi scientifici concorre anchein maniera decisiva l’imporsi della vocazioneletteraria, emersa prepotentemente durante ilunghi mesi di solitudine e di intense letture.Nella primavera del 1941 Calvino comincia lastesura di brevi racconti, da lui definiti "raccon-tini", in seguito ordinati in una raccolta dal tito-lo “Pazzo io o pazzi gli altri”, che non raccolgo-

no il favore dell’editore Einaudi e rimangono,dunque, non pubblicati. L’attività letteraria delgiovane Calvino prosegue nella medesimadirezione, con la stesura di "raccontini di dopo-domani o apologhi esistenzialistici" che metto-no in luce la noia e l’assurdo esistenziale divite indecifrabili, di identità sfuggenti, senzadisdegnare i temi politici quali la polemica con-tro lo statalismo, l’autoritarismo, l’istinto grega-rio delle masse. È evidente l’influsso del climastorico-politico sui temi trattati da Calvino inquelle prose giovanili; così egli stesso si espri-me nella prefazione della raccolta:

“L’apologo nasce in tempi d’oppressione.Quando l’uomo non può dar forma al suopensiero, lo esprime per mezzo di favole”.Questi raccontini corrispondono a una serie diesperienze politiche o sociali d’un giovanedurante l’agonia del fascismo.

In tale periodo di intensa attività creativa,nell’autunno del 1944, Italo e il fratello Florianosi arruolano nella seconda divisione d’assalto"Garibaldi", combattendo per venti mesi unodei più aspri scontri tra partigiani e nazifascisti.

L’esperienza della guerra partigiana rivesteun ruolo decisivo nella sua formazione umanae politica (Baranelli, Ferrero, 2003; Luperini etal., 2003). Una lettera del 6 giugno 1945 all’a-mico Scalfari è testimonianza di quanto inten-samente sia stato vissuto da Calvino quelperiodo, seppur cronologicamente così breve:

“La mia vita di quest’ultimo anno è stato unsusseguirsi di peripezie (…) sono passatoattraverso una inenarrabile serie di pericoli edi disagi; ho conosciuto la galera e la fuga,sono stato più volte sull’orlo della morte. Masono contento di tutto quello che ho fatto, delcapitale di esperienze che ho accumulato,anzi avrei voluto pure di più”.

Di tale esperienza, del contatto diretto conquei boschi che fin da bambino aveva cono-sciuto ed amato, della quotidianità da partigia-no, della straordinaria capacità dell’essereumano ad abituarsi a tutto, anche alla possibi-lità di morire da un momento all’altro, di comele armi assumano, in quel frangente, la fun-zione di oggetti come altri, che passano conti-nuamente di mano in mano, come indumenti,zaini o scarpe, Calvino riparlerà anche aventi, trenta anni di distanza (Calvino, 1960;1960a; 1962; 1973).

Finita la guerra inizia “la storia cosciente”delle idee di Calvino, che continuerà a svolger-si anche durante la militanza nel PCI, attornoal nesso inquieto e personale di comunismo eanarchismo (Barenghi, Falcetto, 1991).

Nel frattempo si era iscritto alla facoltà diLettere, a Torino, dove si laurea con una tesisu Joseph Conrad.

Nel 1946 comincia a gravitare attorno allacasa editrice Einaudi, vendendo libri a rate.Su esortazione di Cesare Pavese, suo amicoe punto di riferimento e di Giansiro Ferrata sidedica alla stesura di un romanzo che con-durrà a termine in soli venti giorni. Si tratta delsuo primo libro, “Il sentiero dei Nidi di Ragno”:una sentita ricognizione del periodo bellico edel mondo partigiano. Successivamente, nel1950, viene assunto stabilmente alla Einaudicome redattore; si occupa dell’ufficio stampae dirige la parte letteraria della nuova collana“Piccola Biblioteca Scientifico-Letteraria”.

“Così la mia vita per una quindicina d’anni,scrive Calvino, fu quella d’un redattore di casaeditrice, e in tutto questo periodo ho dedicatomolto più tempo ai libri degli altri che ai libri miei.Ero insomma riuscito a mettere ancora unoschermo tra me e la mia vocazione di scrittore,per quanto apparentemente mi trovassi nellasituazione più favorevole (Calvino, 1984).

Negli anni trascorsi presso la casa editrice tori-nese stringe legami di amicizia con numerosicolleghi letterati (Pavese, Vittorini, Natalia Ginz-burg), e si rende protagonista, insieme a storici(Delio Cantimori, Franco Venturi) e filosofi (Nor-berto Bobbio, Felice Balbo) di un fervido confron-to intellettuale, sostenuto da una continua discus-sione tra fautori di differenti tendenze politiche eideologiche (Barenghi, Falcetto, 1991).

Nel 1952 pubblica “Il visconte dimezzato”:un breve romanzo che ha l’apparenza di unafavola, ma che, al di là del divertimento narra-tivo e fantastico, allude alle componenti con-trastanti della personalità umana.

Viene promosso dall’Einaudi come dirigen-te, mantenendo questa qualifica fino al 1961;dopo questa data diventerà consulente edito-riale. Nel 1955 esce su Paragone. Letteratura“Il midollo del leone”, primo di una serie diimpegnativi saggi, volti a definire i diversicompiti che spettano alla letteratura e all’im-pegno politico, rispetto alle principali tendenzeculturali del tempo.

Nel 1956 escono “Le fiabe italiane”, che

consolidano il successo di un Calvino “favoli-sta”: scritte in uno stile limpido e trasparente,sono un esempio, in un’atmosfera festosa esolare, di concretezza, concisione e leggerez-za (Baranelli, Ferrero, 2003).

Anche se, il 1956 è molto importante perun altro fatto significativo e cruciale nella vitadi Calvino: i fatti di Ungheria, l’invasione dellaRussia comunista nell’inquieta Praga, provo-cano il distacco dello scrittore dal PCI e loconducono progressivamente a rinunciare adun diretto impegno politico. Alla luce del ven-tesimo congresso e dell’evoluzione in corsoall’Est, critica aspramente l’incapacità del par-tito di rinnovarsi, rimanendovi, tuttavia, ideolo-gicamente legato.

Nel 1957 pubblica su “Città aperta” (periodi-co fondato da un gruppo dissidente di intellet-tuali comunisti romani) il racconto-apologo “Lagran bonaccia delle Antille”, che mette alla ber-lina l’immobilismo del PCI. Il 1° agosto dellostesso anno si dimette dal partito, attraversouna lettera, pubblicata il 6 agosto sull’“Unità", incui illustra le ragioni del proprio dissenso politi-co, senza trascurare di dare rilievo al peso chela militanza nel partito ha avuto nella sua for-mazione umana ed intellettuale.

Lo stesso anno, esce “Il barone rampante”che prosegue sulla linea del “Visconte dimez-zato” ma con un più ampio respiro narrativo.

Nel 1958 pubblica “I racconti”; la cui raccol-ta comprende “La speculazione edilizia”(1957). Nel 1959 esce “Il cavaliere inesisten-te”, rifacentesi al modello del romanzo caval-leresco. Vi si può individuare la metafora diun’astratta razionalità incapace di collegarsicon la realtà concreta e con la dimensionefisica dell’esistenza, e che per questo vaincontro alla sconfitta: Agilulfo, il protagonistadel racconto, si suicida sfasciando l’armatura.Quest’ultimo romanzo, insieme ai precedenti“Il visconte dimezzato” e “Il barone rampante”,saranno pubblicati, in seguito nella raccoltafantastico-allegorica “I nostri antenati”.

In questi anni, assieme a Vittorini, dirigel’importante rivista culturale-letteraria “IlMenabò” sulla quale pubblica interventi carat-terizzati da un forte impegno di tipo etico -conoscitivo, quali “Il mare dell’oggettività” e“La sfida al labirinto”, un saggio che già neltitolo sembra riassumere i capisaldi del lavorocalviniano: lo strenuo impegno a definire lamappa della prigione labirintica in cui simuove l’uomo del Novecento. Si giunge cosìal ’63, anno della Neoavanguardia, dove oltrea “Marcovaldo” ovvero “Le stagioni in città”,pubblica “La giornata d’uno scrutatore”: unracconto costruito su schemi di tipo tradizio-nali, con cui si chiude il ciclo apertosi all’incir-ca un decennio prima.

Nel 1964 sposa Judith Ester Singer, tradut-trice argentina di origine russa e si trasferiscea Parigi, da dove continua a lavorare per l’Ei-

naudi, e dove viene a contatto con gli ambien-ti letterari e culturali più all’avanguardia.

Nel 1965 nasce a Roma la figlia Giovanna,che infonde in Calvino un senso di personalerinascita ed energia.

Partendo dall’interesse per le teorie episte-mologiche, cioè per la riflessione sui principi ei metodi della conoscenza scientifica, pubblica“Le Cosmicomiche”: una serie di racconti chetraducono in forme narrative ipotesi scientifi-che sull’origine e l’organizzazione del cosmo,sulla struttura della materia, sui corpi celesti,sull’evoluzione della vita. Esce inoltre il dittico“La nuvola di smog” e “La formica argentina”(in precedenza edite nei Racconti). Nel 1967esce “Ti con zero”, volume in cui si rivela la suapassione giovanile per le teorie astronomiche ecosmologiche, e finisce di tradurre “I fiori blu diRaymond Queneau”. Alla poliedrica attività delbizzarro scrittore francese rinviano vari aspettidel Calvino maturo: il gusto della comicitàestrosa e paradossale; ovvero il saper mante-nere nei confronti della materia trattata unapproccio leggero, umoristico, smussando gliaspetti più sconcertanti con un atteggiamentoquasi di serena saggezza.

Nel 1968 si assiste allo sviluppo di un forteinteresse per le tematiche legate alla semiolo-gia e alla decostruzione del testo.

Rifiuta, nello stesso anno, il premio Viareg-gio per “Ti con zero” ma accetta due anni dopoil premio Asti, il premio Feltrinelli e quello del-l’Accademia dei Lincei, nonché quello dellaCittà di Nizza, il Mondello ed altri ancora.

Nel 1970 esce il volume di racconti “Gliamori difficili” e pubblica una scelta di brani delpoema di Ariosto: “Orlando furioso di LudovicoAriosto raccontato da Italo Calvino”. In questoperiodo (1971) un impegno molto importante èrappresentato, inoltre, dalla direzione della col-lana Einaudi “Centopagine”, nella quale vengo-no pubblicati i classici europei a lui più cari(Stevenson, Conrad, Stendhal, Hoffman, Bal-zac e Tolstoj) e numerosi scrittori minori italianidel periodo compreso fra Ottocento e Nove-cento (Baranelli, Ferrero, 2003).

Nel 1972 pubblica “Le città invisibili”. Il libro èuna serie di descrizioni di città ipotetiche, pre-sentate da Marco Polo all’imperatore tartaroKublai Kan. Anche qui, dietro la costruzionefantastica, è possibile cogliere i riferimentiall’inferno della civiltà tecnologica e industriale.Mentre nel 1973 appare “Il castello dei destiniincrociati” (già pubblicato in parte nel ’69): sitratta di una serie potenzialmente infinita di sto-rie ricavate dalle figure di un mazzo di tarocchi.

Dal 1974 al 1978 inizia a scrivere sul “Cor-riere della sera” racconti, resoconti di viaggioed articoli sulla realtà politica e sociale delpaese; scrive inoltre per la serie radiofonica “Leinterviste impossibili” i dialoghi “Montezuma” e“L’uomo di Neanderthal”.

Nel 1976 tiene conferenze in molte univer-sità degli Stati Uniti, mentre i viaggi in Messicoe Giappone gli danno spunti per alcuni articolidi tema sociale e politico sul "Corriere". Nel1979 esce il romanzo “Se una notte d’invernoun viaggiatore”, che diviene subito un best sel-ler. In esso, lo scrittore ligure, sottolinea comela pretesa da parte della letteratura di riassu-mere in sé il reale sia sostanzialmente illusoria.

Nel dicembre dello stesso anno, con l’arti-colo “Sono stato stalinista anch’io?” inizia unafitta collaborazione con “Repubblica” in cui iracconti si alternano alla riflessione su libri,mostre e altri fatti di cultura.

Nel 1983 esce il volume “Palomar”, teso aribadire il concetto di sfiducia in una conoscenzaesaustiva del mondo (Barenghi, Falcetto, 1991).

L’ultimo lavoro di Calvino (oggetto diapprofondimento del presente elaborato) ècostituito dalle “Lezioni Americane”, scrittepoco prima della morte e pubblicate postumeper la prima volta nel 1988; sono i testi di seiconferenze che lo scrittore avrebbe dovutotenere all’Università di Harvard, e sono dedi-cate a delineare, nella letteratura di tutti itempi, la presenza di alcune categorie: Leg-gerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molte-plicità. Calvino avrebbe voluto scrivere lasesta conferenza, che avrebbe dovuto trattareil tema della Consistenza, direttamente adHarvard, dopo aver avuto il feed-back delleprecedenti; ma la morte sopraggiunse prima,il 19 settembre del 1985 all’ospedale di Sienaviene colto da un’emorragia cerebrale (Baldiet al., 1994).

LA RIVISTA DELLA SCUOLAAnno XXX, 1/30 novembre 2008, n. 3 13

LA SUA PSICOLOGIAlo scrittore, l’uomo

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come testo simbolicoGIUSEPPE ADRAGNA