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Appunti per il corso di di Chimica Analitica 1 con Laboratorio Gabriele Balducci Ultimo aggiornamento: 7 aprile 2010

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Appunti per il corso di di Chimica Analitica 1

con Laboratorio

Gabriele Balducci

Ultimo aggiornamento: 7 aprile 2010

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Indice

1 IL TRATTAMENTO “RIGOROSO” DELL’EQUILIBRIO 31.1 La legge dell’azione di massa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.2 Un caso semplicissimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.3 Bilancio di massa basato sulla stechiometria . . . . . . . . . . . . 61.4 Bilancio di massa basato sulla quantita’ iniziale . . . . . . . . . . 91.5 Due o piu’ reazioni simultanee: il bilancio di carica . . . . . . . . 11

1.5.1 L’equilibrio per piu’ reazioni simultanee . . . . . . . . . . 111.5.2 Il bilancio di carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

1.6 Conclusioni sul trattamento rigoroso dell’equilibrio . . . . . . . . 161.7 Reazioni disaccoppiate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171.8 Bilancio di massa e carica danno la stessa equazione . . . . . . . 191.9 Reazioni (e corrispondenti equazioni) indipendenti . . . . . . . . 201.10 Piu’ di una equazione di bilancio di massa . . . . . . . . . . . . . 231.11 Condizioni iniziali equivalenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241.12 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

1.12.1 Ionizzazione di una base debole . . . . . . . . . . . . . . . 281.12.2 Solubilizzazione del fluoruro di calcio: I . . . . . . . . . . 301.12.3 Solubilizzazione del fluoruro di calcio: II . . . . . . . . . . 301.12.4 Solubilizzazione del solfuro di zinco . . . . . . . . . . . . . 321.12.5 Ionizzazione di un acido diprotico . . . . . . . . . . . . . . 341.12.6 Ionizzazione di un acido triprotico . . . . . . . . . . . . . 351.12.7 Soluzione tampone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 371.12.8 Formazione di complessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 371.12.9 Due reazioni simultanee non ioniche . . . . . . . . . . . . 39

1.13 Il trattamento approssimato dei problemi di equilibrio . . . . . . 421.13.1 L’approssimazione dell’equilibrio prevalente . . . . . . . . 431.13.2 Il metodo della tabella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 451.13.3 Ulteriori semplificazioni quando K→ 0 o K→∞ . . . . 54

1.14 Schema riassuntivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

2 POTENZIOMETRIA 772.1 Elettrodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 772.2 Il potenziale elettrodico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

2.2.1 Il caso di due o piu’ coppie redox . . . . . . . . . . . . . . 862.3 La legge di Nernst . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 892.4 Potenziali standard e costante di equilibrio . . . . . . . . . . . . 92

2.4.1 Costanti di equilibrio per reazioni redox . . . . . . . . . . 932.4.2 Costanti di equilibrio per reazioni non redox . . . . . . . . 96

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2.4.3 Il potenziale standard misura la tendenza alla riduzione . 982.5 Misura dei potenziali elettrodici ed elettrodi di riferimento . . . . 1002.6 Il potenziale di giunto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1072.7 Elettrodo a vetro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1122.8 La potenziometria come tecnica analitica . . . . . . . . . . . . . 116

2.8.1 Potenziometria diretta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1162.8.2 Elettrodi combinati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1192.8.3 Titolazioni potenziometriche . . . . . . . . . . . . . . . . 1212.8.4 Analisi delle curve di titolazione . . . . . . . . . . . . . . 125

A Il raggiungimento dell’equilibrio in un sistema elettrodico 133

B Il programma icee 140B.1 L’interfaccia grafica al programma icee: icee-gui . . . . . . . . 140B.2 Come si lancia icee-gui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141B.3 Come si usa icee-gui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141

B.3.1 Le due modalita’ principali di icee . . . . . . . . . . . . . 142B.4 Tutorial . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144

B.4.1 Ionizzazione di un acido debole in modalita’ “single shot” 144B.4.2 Ionizzazione di un acido debole in modalita’ “parameter scan”162

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Capitolo 1

IL TRATTAMENTO“RIGOROSO”DELL’EQUILIBRIO

1. Il trattamento rigoroso dell’equilibrio chimico consiste nell’ottenere i valorinumerici di tutte le concentrazioni di equilibrio di un sistema chimico arbitrario.Come vedremo, e’ sempre possibile scrivere un sistema di equazioni la cui so-luzione fornisce i valori delle concentrazioni cercate; tuttavia, solo nei casi piu’semplici e’ possibile risolvere il sistema di equazioni per via analitica: il piu’delle volte, invece, la soluzione del problema puo’ essere ottenuta solo per vianumerica.2. Per questo motivo, e’ importante imparare ad usare alcune approssimazioniche, se da un lato hanno lo svantaggio di fornire risultati non rigorosi (ma quasisempre sufficientemente accurati per gli scopi piu’ comuni), dall’altro hannopero’ anche il grande vantaggio di consentire una soluzione analitica e rapidadei problemi di equilibrio.3. Normalmente, i metodi approssimati vengono presentati prima del metodogenerale “esatto”. Tuttavia, ritengo che cio’ generi negli studenti una sensazio-ne di frammentarieta’ e poca sistematicita’ (perche’ l’applicazione dei metodiapprossimati richiede un’analisi caso per caso del sistema chimico da affrontare).

Per questo motivo, presenteremo dapprima il metodo generale rigoroso, perrenderci conto che e’ piuttosto semplice impostare un sistema di equazioni perla soluzione di qualsiasi problema di equilibrio chimico.

Successivamente, dopo aver constatato che il sistema di equazioni e’ facileda scrivere, ma difficile da risolvere, presenteremo le principali approssimazioniche si possono fare.4. Prima di iniziare e’ bene chiarire un punto. Quando parliamo di trattamento“rigoroso” non dovete pensare che non si facciano delle approssimazioni. Uso iltermine “rigoroso” per distinguere cio’ che vedremo fra breve da un trattamento“approssimato”(ma sarebbe meglio dire “piu’ approssimato”) che descriveremopiu’ avanti. In realta’, tutto cio’ che verra’ presentato in queste sezioni poggiasu almeno una approssimazione di fondo: e cioe’ quella di assumere che attivita’e concentrazione formale coincidano. Questo e’ abbastanza vero per soluzionidiluite, quali quelle che quasi sempre considereremo in questo corso. Tuttavia,

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tenete ben presente che un trattamento veramente rigoroso dell’equilibrio chi-mico non puo’ prescindere dal considerare l’attivita’, e non la concentrazioneformale delle varie specie chimiche coinvolte. Cio’ rende le cose notevolmentepiu’ complesse di quanto possano sembrare in questa sede.

Cio’ premesso, e quindi chiarito bene il limite di tutto quanto seguira’, spe-ro che il metodo che verra’ introdotto vi lasci una sensazione di certezza econcretezza riguardo l’analisi di un sistema chimico di equilibrio.

1.1 La legge dell’azione di massa

5. Quando una reazione chimica in soluzione raggiunge l’equilibrio, le concen-trazioni dei partecipanti soddisfano un vincolo matematico noto come “Leggedell’azione di massa”.

Per la generica reazione rappresentata da:

aA + bB = cC + dD (1.1)

dove A, B, C e D sono specie chimiche generiche e a, b, c e d sono i rispettivicoefficienti stechiometrici, la legge dell’azione di massa assume la forma:

K =[C]

c[D]

d

[A]a[B]

b(1.2)

K si chiama costante di equilibrio e non dipende dalle concentrazioni (madipende dalla temperatura).6. I simboli fra parentesi quadrate stanno a indicare le concentrazioni molaridelle varie specie (ciascuna concentrazione e’ in realta’ divisa per una concen-trazione di riferimento, presa uguale a 1 mol/L e quindi i vari termini sonoadimensionali).

Se un partecipante alla reazione e’ in fase gassosa, la concentrazione vienesostituita dalla sua pressione parziale in bar (anch’essa divisa per una pres-sione di riferimento, presa uguale a 1.0 bar, in modo tale che il termine siaadimensionale).

Liquidi e solidi puri, e il solvente nelle soluzioni diluite, non compaiono nellalegge dell’azione di massa.7. Vediamo alcuni esempi dell’applicazione della legge dell’azione di massa.

Per la reazione redox:

BrO−

3 + 2Cr3+ + 4H2O = Br− + Cr2O2−7 + 8H+

che avviene in soluzione acquosa, la legge dell’azione di massa ha la forma:

K =[Br−]

[Cr2O

2−7

][H+]

8

[BrO−

3

][Cr3+]

2 (1.3)

Notate che la concentrazione del solvente (l’acqua) e’ stata omessa.

4

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Per la dissoluzione del cloruro d’argento in acqua:

AgCl(s) = Ag+ + Cl−

la legge dell’azione di massa si scrive cosi’:

K =[Ag+

] [Cl−

](1.4)

In questo caso la concentrazione del cloruro d’argento solido non compare.Per la reazione redox in soluzione acquosa:

Hg(l) + 2NO−

3 + 4H+ = Hg2+ + 2NO2,(g) + 2H2O

si avra’:

K =

[Hg2+

]P 2

NO2[NO−

3

]2[H+]

4(1.5)

La concentrazione del mercurio metallico (un liquido puro) e’ stata omessa; peril biossido di azoto (un gas) e’ stata usata la pressione parziale invece dellaconcentrazione molare; infine, la concentrazione dell’acqua (il solvente) e’ stataomessa.

1.2 Un caso semplicissimo

8. Consideriamo il caso piu’ semplice possibile di calcolo di equilibrio: la de-composizione del carbonato di calcio.

CaCO3(s) = CaO(s) + CO2(g)

La legge dell’azione di massa per questa reazione e’ particolarmente semplice:

K = PCO2 (1.6)

perche’ il carbonato di calcio e l’ossido di calcio sono dei solidi puri.In questo problema di equilibrio c’e’ una sola incognita da ricavare: la

pressione parziale del biossido di carbonio.Nei casi “canonici”, le costanti di equilibrio sono note (si possono trovare

tabulate) e quindi la soluzione di questo problema e’ banale: la pressione diequilibrio del biossido di carbonio (l’unica incognita da trovare) e’ uguale a K,come dice l’espressione su scritta.

In questo caso il problema di equilibrio comporta una sola incognita: lalegge dell’azione di massa e’ un’equazione che coinvolge l’incognita da trovare.Risolvendo l’equazione rispetto all’incognita si risolve il problema di equilibrio.

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1.3 Due concentrazioni di equilibrio da trovare:

il bilancio di massa basato sulla stechiome-tria

9. Passiamo a un caso leggermente piu’ complicato, che servira’ per introdurreun ingrediente fondamentale dei calcoli di equilibrio noto come “bilancio dimassa”.

Consideriamo l’autoionizzazione dell’acqua:

H2O = H+ + OH−

La legge dell’azione di massa per la reazione e’:

KW =[H+] [

OH−]

(1.7)

dove KW = 1.0× 10−14 e’ il prodotto ionico dell’acqua.In questo (semplicissimo) caso le incognite da trovare (cioe’ le concentrazioni

di equilibrio) sono due: [H+] e [OH−]. Fino a questo punto il problema e’ ap-parentemente insolubile: infatti con una equazione (un vincolo) si puo’ ricavareun’unica incognita e non due.10. In generale, da un punto di vista matematico, se la soluzione di un problemarichiede di trovare n incognite, si devono poter scrivere n relazioni indipendentiche leghino fra loro le n incognite. Si ottiene un sistema di n equazioni in nincognite che puo’ cosi’ essere risolto (per via analitica o, piu’ spesso, per vianumerica).11. Nel caso in esame, la legge dell’azione di massa rappresenta una relazionefra le due incognite da trovare: ce ne serve quindi una seconda.

La seconda relazione fra [H+] e [OH−] si ottiene molto facilmente sfruttan-do cio’ che viene comunemente chiamato “bilancio di massa”. In questo caso,il bilancio di massa segue direttamente dalla stechiometria della reazione. Inpratica: siccome H+ e OH− vengono prodotti in rapporto 1 : 1 e solo dallaionizzazione dell’acqua (cioe’, non ci sono altre fonti di ioni H+ e/o OH−), nesegue che il numero di moli di queste due sostanze devono stare in tale rapportoin qualsiasi momento della reazione, dall’istante iniziale fino al raggiungimen-to dell’equilibrio. In particolare, cio’ deve valere anche all’equilibrio. Dovra’pertanto essere valida la seguente ulteriore relazione fra le due incognite:

[H+]

=[OH−

](1.8)

Abbiamo cosi’ ottenuto un sistema di 2 equazioni in 2 incognite:

KW =[H+] [

OH−]

(legge dell’azione di massa)[H+]

=[OH−

](bilancio di massa)

12. In questo caso semplicissimo, il sistema puo’ essere risolto facilmente pervia analitica. Sostituendo la seconda equazione nella prima:

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KW =[H+]2

[H+]

=√

KW

= 1.0× 10−7

[OH−

]=

[H+]

= 1.0× 10−7

che e’ il ben noto risultato per la concentrazione di ioni idrogeno e ossidrile inacqua pura.13. La cosa importante da comprendere in questo esempio e’ l’utilizzo del bi-lancio di massa. Abbiamo visto che la stechiometria della reazione consente distabilire una relazione matematica ben precisa fra le concentrazioni di equili-brio delle due specie chimiche da determinare. Questa relazione, insieme al-l’espressione della legge dell’azione di massa, consente di risolvere il problema(altrimenti insolubile).14. Notate che il calcolo delle concentrazioni di ioni idrogeno e ioni ossidrile inacqua pura e’ uno dei primi esercizi che avete imparato a svolgere e l’uso dellarelazione (valida in acqua pura): [H+] = [OH−] non vi e’ certamente nuovo.Quello che vogliamo fare in questa sede e’ di inserire questa osservazione nelcontesto piu’ ampio e formale del concetto di bilancio di massa.

Un altro esempio

15. Per chiarire ulteriormente l’applicazione del bilancio di massa consideriamoun secondo esempio. La riduzione dell’ossido di zinco con carbone e’ un processoindustriale rappresentato dalla seguente equazione:

4ZnO(s) + 3C(s) = 4Zn(s) + 2CO(g) + CO2(g)

Considerato che l’ossido di zinco, il carbone e lo zinco metallico sono deisolidi puri, le incognite da trovare in questo problema di equilibrio sono due: lepressioni parziali di monossido e biossido di carbonio all’equilibrio.

La legge dell’azione di massa per la reazione e’:

K = P 2COPCO2 (1.9)

16. Assumiamo, per semplicita’, di partire dai soli reagenti, cioe’ al momentoin cui la reazione inizia ad avvenire, l’ambiente di reazione contiene solo ossidodi zinco e carbone. Inoltre, sempre per semplicita’, assumiamo che i due rea-genti siano presenti in eccesso rispetto alla quantita’ che se ne consuma fino alraggiungimento dell’equilibrio.17. Come nel caso precedente, fino a questo punto abbiamo una relazione (lalegge dell’azione di massa) e due incognite (le pressioni parziali di equilibrio):ci serve dunque una seconda relazione (indipendente dalla prima) fra le dueincognite.

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Questa seconda relazione si ottiene come visto nel caso precedente applican-do il bilancio di massa: siccome monossido di carbonio e biossido di carbonionon sono inizialmente presenti e vengono prodotti in rapporto 2 : 1 da un unicoprocesso, ne segue che i numeri di moli di queste due sostanze devono stare intale rapporto in qualsiasi momento della reazione, dall’istante iniziale fino alraggiungimento dell’equilibrio. In particolare, cio’ deve valere anche all’equili-brio. Quindi, detto nCO il numero di moli di monossido di carbonio e nCO2 ilnumero di moli di biossido di carbonio all’equilibrio, dovra’ essere:

nCO = 2nCO2 (1.10)

Siccome il volume e la temperatura sono gli stessi per entrambi i composti,moltiplicando ambo i membri per RT/V , dalla legge di Dalton si ha:

nCO = 2nCO2

nCORT

V= 2

2nCO2RT

VPCO = 2PCO2 (1.11)

che e’ la seconda relazione (indipendente dalla legge dell’azione di massa) cer-cata.

Abbiamo cosi’ ottenuto anche in questo caso un sistema di 2 equazioni in 2incognite:

K = P 2COPCO2

PCO = 2PCO2

18. Anche questa volta il sistema puo’ essere risolto facilmente per via analitica.Sostituendo la seconda equazione nella prima:

K = (2PCO2)2PCO2

= 4P 2CO2

PCO2

= 4P 3CO2

P 3CO2

=K

4

PCO2 =

(K

4

) 13

Infine, sostituendo l’espressione ora trovata per PCO2 nella seconda equazio-ne del sistema:

PCO = 2PCO2

= 2

(K

4

) 13

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(Ricordate che K e’ nota).19. Come gia’ detto, la cosa importante da capire non e’ la soluzione analiticadel sistema (vedrete che nella maggior parte dei casi i sistemi a cui si giunge neiproblemi di equilibrio NON sono risolvibili per via analitica), ma il fatto che,sfruttando il bilancio di massa, si ottiene una relazione che, unitamente a quelladella legge dell’azione di massa, consente di scrivere un sistema di equazioni cherisolve in modo rigoroso il problema di equilibrio.

1.4 Due concentrazioni di equilibrio da trovare:il bilancio di massa basato sulla quantita’

iniziale

20. Nell’esempio precedente abbiamo visto l’applicazione del bilancio di massaderivante dalla stechiometria di una reazione. In questa sezione vedremo conun esempio come un’equazione basata sempre sul bilancio di massa puo’ esserederivata anche quando si conosce la quantita’ iniziale di un partecipante ad unareazione.21. Consideriamo il seguente problema. In un recipiente chiuso (a temperaturacostante) si pone del biossido di azoto, NO2, un gas, ad una pressione paria P ◦

NO2. Il biossido di azoto dimerizza a tetraossido di diazoto, N2O4, anche

questo gassoso, con una reazione rappresentata da:

2NO2(g) = N2O4(g)

Supponendo nota la costante di equilibrio K per la reazione, calcolare lepressioni parziali PNO2 e PN2O4 dei due ossidi di azoto all’equilibrio.22. Come nel caso della sezione precedente, le incognite da trovare sono due.La legge dell’azione di massa fornisce una prima relazione:

K =PN2O4

P 2NO2

(1.12)

Ci serve una seconda relazione. Anche in questo caso utilizziamo il bilanciodi massa.23. Indichiamo con n◦

NO2il numero di moli iniziale di biossido di azoto, con

nNO2 e nN2O4 il numero di moli di biossido di azoto e tetraossido di diazoto,rispettivamente, all’equilibrio.

Il punto centrale da realizzare e’ che la massa si conserva, cioe’ non puo’ ne’sparire, ne scaturire dal nulla.

Una parte del monossido di azoto presente inizialmente si trasforma intetraossido di diazoto. Quindi si puo’ ben dire quanto segue:

numero di moli inizialedi NO2

=numero di moli di NO2

rimaste all’equilibrio+

numero di moli di NO2

che hanno reagito

Dalla stechiometria della reazione si vede banalmente che il numero di molidi diossido di azoto che hanno reagito e’ pari al doppio del numero di moli ditetraossido di diazoto che si sono formate.

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Quindi:

numero di moli inizialedi NO2

=numero di moli di NO2

rimaste all’equilibrio+ 2× numero di moli di N2O4

all’equilibrio

ovvero:

n◦

NO2= nNO2 + 2nN2O4

24. Siccome il volume del recipiente e la temperatura a cui avviene la reazionesono i medesimi per entrambi i partecipanti, moltiplicando per RT/V entrambii membri e ricordando la legge di Dalton si ha:

n◦

NO2

RT

V= nNO2

RT

V+ 2nN2O4

RT

VP ◦

NO2= PNO2 + 2PN2O4

E questa e’ la seconda relazione che lega le due incognite da trovare.25. Siamo cosi’ in grado di scrivere un sistema di due equazioni in due incognite:

K =PN2O4

P 2NO2

(legge dell’azione di massa)

P ◦

NO2= PNO2 + 2PN2O4 (bilancio di massa)

26. Anche in questo caso il sistema puo’ essere risolto per via analitica. Rica-vando PN2O4 dalla prima equazione e sostituendo nella seconda si ha:

PN2O4 = KP 2NO2

P ◦

NO2= PNO2 + 2KP 2

NO2

2KP 2NO2

+ PNO2 − P ◦

NO2= 0

PNO2 =−1 +

√1 + 8KP ◦

NO2

4K

(Nella soluzione dell’equazione quadratica si prende solo la soluzione col segnopositivo per ovvi motivi: quali?)

Infine, sostituendo a ritroso:

PN2O4 = KP 2NO2

= K

(

−1 +√

1 + 8KP ◦NO2

4K

)2

10

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27. Al di la’ della soluzione analitica di questo problema, la cosa importanteda realizzare e’ che anche in questo caso il principio di conservazione della mas-sa (il bilancio di massa) consente di scrivere una relazione indipendente fra leincognite da trovare che, assieme all’espressione della legge dell’azione di mas-sa, costituisce un sistema di equazioni tramite il quale il problema puo’ essererisolto in modo rigoroso.28. Riassumiamo quanto visto per il bilancio di massa:

• Il bilancio di massa e’ una diretta conseguenza del principio di conser-vazione della massa: in pratica, in una reazione chimica, gli atomi nonpossono ne’ sparire ne’ generarsi dal nulla.

• Se non e’ nota alcuna quantita’ iniziale, una (o piu’) relazioni di bilanciodi massa fra le concentrazioni (o pressioni parziali) di equilibrio possonoessere scritte basandosi sulla stechiometria della(e) reazione(i)

• Se si conosce la quantita’ iniziale di uno o piu’ reagenti, si possono scriverealtrettanti bilanci di massa, ciascuno dei quali esprime la conservazionedella quantita’ di quel dato reagente.

1.5 Due o piu’ reazioni simultanee: il bilancio

di carica

29. Nei casi precedenti si aveva a che fare sempre con una sola reazione chimica.Questo, tuttavia, rappresenta piu’ un’eccezione che una regola. Soprattutto perle soluzioni acquose che tratteremo nel corso di chimica analitica, e’ normale cheun sistema sia costituito da 2 o piu’ reazioni chimiche che, contemporanea-mente, procedono verso l’equilibrio. La cosa e’ poi complicata dal fatto che,quasi sempre, una o piu’ specie chimiche partecipano a piu’ di una reazione.30. In questa sezione affronteremo il caso di 2 reazioni simultanee e introdurre-mo il secondo ingrediente fondamentale per il trattamento rigoroso dei problemidi equilibrio: il bilancio di carica.

1.5.1 L’equilibrio per piu’ reazioni simultanee

31. Prima di procedere, fissiamo un concetto importante: quando un sistemachimico (ad esempio una soluzione contenente diverse specie chimiche capaci direagire fra loro) raggiunge l’equilibrio, tutte le possibili reazioni chimiche al suointerno si trovano all’equilibrio e per ciascuna di esse vale la legge dell’azionedi massa. Se una specie chimica e’ implicata in piu’ di un equilibrio, la suaconcentrazione di equilibrio in soluzione (che e’, ovviamente, unica) e’ tale dasoddisfare contemporaneamente tutte le espressioni della legge dell’azione dimassa che la riguardano.32. Per chiarire ulteriormente questo semplice, ma importante concetto, consi-deriamo un sistema in cui avvengono due reazioni rappresentate dalle seguentiequazioni:

A + 2BK1= C + 3D

2X + 3BK2= 5Y + Z

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Come vedete, la specie B partecipa ad entrambe le reazioni. Quando ilsistema raggiunge l’equilibrio, entrambe le reazioni sono all’equilibrio e le dueespressioni della legge dell’azione di massa valgono contemporaneamente:

K1 =[C] [D]3

[A] [B]2

K2 =[Y ]

5[Z]

[X ]2[B]

3

La concentrazione di equilibrio di B, cioe’ [B], soddisfa contemporanea-mente entrambe le equazioni (compare elevata al quadrato nella prima edelevata alla terza potenza nella seconda).33. Un esempio numerico puo’ contribuire ulteriormente a fare chiarezza.

Per le due reazioni su scritte, supponiamo che sia:

K1 = 1.5

K2 = 2.5

Se si parte da una soluzione contenente le seguenti concentrazioni iniziali:

C◦

A = 1.0 mol/L

C◦

B = 1.0 mol/L

C◦

C = 0.0 mol/L

C◦

D = 0.0 mol/L

C◦

X = 1.0 mol/L

C◦

Y = 0.0 mol/L

C◦

Z = 0.0 mol/L

si puo’ calcolare che le concentrazioni di equilibrio saranno1:

[A] = 0.792 mol/L

[B] = 0.207 mol/L

[C] = 0.208 mol/L

[D] = 0.624 mol/L

1Il calcolo si basa proprio su quanto stiamo trattando: si scrive un sistema di 7 equazioniin 7 incognite: due equazioni sono le leggi dell’azione di massa e poi ci sono 5 bilanci di massabasati sulla stechiometria delle due reazioni e sulle quantita’ iniziali dei reagenti: saprestescrivere il sistema completo? Provateci, non e’ difficile; altrimenti guardate come si fa allasezione 1.12.9. Il sistema deve poi essere risolto per via numerica.

12

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[X ] = 0.749 mol/L

[Y ] = 0.629 mol/L

[Z] = 0.126 mol/L

Notate come le due espressioni della legge dell’azione di massa sono entrambeverificate (provate a fare il calcolo con la vostra calcolatrice):

1.5 =0.208× 0.6243

0.792× 0.2072

2.5 =0.6295 × 0.126

0.7492 × 0.2073

Inoltre, come si era detto al punto 31: la concentrazione di equilibrio di B e’0.207 mol/L (per quanto banale possa sembrare, ripetiamolo: un unico valore):questo valore soddisfa contemporaneamente le due leggi dell’azione di massarelative alle due reazioni a cui B partecipa.

1.5.2 Il bilancio di carica

34. Il bilancio di carica consiste nell’applicazione di un fatto molto semplice:una soluzione deve essere elettricamente neutra, cioe’, in altre parole, la som-ma delle cariche positive in essa contenute deve uguagliare quella delle carichenegative.

Da questo gia’ segue una considerazione elementare: il bilancio di carica sara’applicabile solo in quei casi in cui un sistema chimico contenga specie ioniche.35. Questa condizione, assieme a quella relativa al bilancio di massa, rap-presenta un vincolo fondamentale da applicare per il trattamento sistematicodell’equilibrio chimico.36. Illustriamo l’applicazione del bilancio di carica con un semplicissimo esem-pio.

Consideriamo la ionizzazione di un acido debole HA in soluzione acquosa.Supponiamo di aver preparato una soluzione acquosa dell’acido debole HA concostante di ionizzazione acida KA e concentrazione formale C◦

HA.La reazione di ionizzazione dell’acido debole puo’ essere rappresentata dalla

seguente equazione:

HA = H+ + A−

Tuttavia, questa non e’ l’unica reazione indipendente che avviene nella so-luzione. Infatti, bisogna considerare anche l’autoionizzazione dell’acqua:

H2O = H+ + OH−

37. Notate: volendo considerare tutte le possibili reazioni, si sarebbe tentati diincludere anche la ionizzazione basica della base coniugata dell’acido debole:

13

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A− + H2O = AH + OH−

Tuttavia, questa reazione NON e’ indipendente: infatti puo’ essere ottenutasommando l’inversa della ionizzazione acida e l’autoionizzazione dell’acqua:

H+ + A− = HA

H2O = H+ + OH−

A− + H2O = AH + OH−

Quindi solo due qualsiasi delle tre reazioni su scritte sono indipendenti; inaltre parole, delle tre reazioni considerate, dobbiamo prenderne due soltanto:la scelta e’ completamente arbitraria, visto che ciascuna delle tre reazioni puo’essere espressa come combinazione delle altre due (provateci).38. Scegliamo come reazioni indipendenti la ionizzazione acida e l’autoionizza-zione dell’acqua. Le incognite da trovare (cioe’ le concentrazioni di equilibrio)sono 4:

[HA][A−][H+][OH−]

(naturalmente, assumiamo di essere in soluzione diluita in modo che la concen-trazione dell’acqua sia identica a quella dello stato di riferimento (acqua pura)e quindi non compaia nelle leggi dell’azione di massa)39. Avendo 4 incognite da trovare ci servono 4 equazioni indipendenti che leleghino.

Due equazioni ci vengono fornite dall’espressione delle leggi dell’azione dimassa per le due reazioni:

KA =[A−] [H+]

[HA]

KW =[H+] [

OH−]

Una terza equazione proviene dal bilancio di massa per l’acido debole. Laquantita’ iniziale di acido debole introdotta in soluzione (C◦

HA) si ripartisce frale specie HA e A−, quindi deve essere in ogni istante, compreso lo stato diequilibrio:

C◦

HA = [HA] +[A−]

Ci serve la quarta relazione. Come anticipato, questa consiste nel bilanciodi carica per la soluzione. In pratica, si tratta di contare le cariche positive equelle negative e uguagliare i due conteggi.

Gli unici cationi presenti in soluzione sono gli ioni idrogeno; per quantoriguarda gli anioni, invece, ce ne sono di due specie: gli ioni ossidrile e gli ioni A−.Affinche’ la soluzione sia elettricamente neutra, bisogna che la concentrazione

14

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di ioni idrogeno sia in ogni istante uguale alla somma delle concentrazioni diioni ossidrile e A−. In definitiva:

[H+]

=[OH−

]+[A−]

40. Con il bilancio di carica il problema e’ risolto: siamo arrivati ad un sistemadi 4 equazioni in 4 incognite:

KA =[A−] [H+]

[HA](1.13)

KW =[H+] [

OH−]

(1.14)

C◦

HA = [HA] +[A−]

(1.15)[H+]

=[OH−

]+[A−]

(1.16)

41. Da questo punto in poi il problema diventa puramente algebrico.E’ istruttivo vedere come si potrebbe risolvere il sistema ottenuto.Ricaviamo [A−] dalla 1.16 ed esprimiamo [OH−] in funzione di [H+] sfrut-

tando la 1.14:

[A−]

=[H+]−[OH−

]

=[H+]− KW

[H+]

Ricaviamo [HA] dal bilancio di massa 1.15 e sfruttiamo l’espressione per[A−] appena trovata:

[HA] = C◦

HA −[A−]

= C◦

HA −([H+]− KW

[H+]

)

Infine, sostituiamo le espressioni ricavate per [A−] e [HA] nell’espressionedella legge dell’azione di massa 1.13 e riordiniamo:

KA =[A−] [H+]

[HA]

KA =

(

[H+]− KW

[H+]

)

[H+]

C◦HA −

(

[H+]− KW

[H+]

)

KA =[H+]

2 −Kw

C◦HA −

(

[H+]− KW

[H+]

)

KA =[H+]

3 −Kw [H+]

C◦HA [H+]−

(

[H+]2 −KW

)

15

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[H+]3 −Kw

[H+]−KAC◦

HA

[H+]+ KA

([H+]2 −KW

)

= 0

[H+]3

+ KA

[H+]2 −

[H+](KAC◦

HA + KW )−KAKW = 0

Abbiamo cosi’ ottenuto un’equazione nell’unica incognita [H+]. Una vol-ta ricavato il valore per [H+], tutti gli altri si possono ottenere sostituendoall’indietro.

Cio’ che vorrei farvi notare e’ che, anche in un caso cosi’ semplice, il tratta-mento rigoroso del problema di equilibrio richiede la soluzione di un’equazionedi terzo grado.

Attenzione agli ioni polivalenti

42. Mi sembra ovvio, ma e’ meglio dirlo esplicitamente. Quando si scrive unbilancio di carica, bisogna tenere conto della carica ionica. Cioe’: se in soluzionee’ presente una concentrazione C di un catione monovalente, ad esempio H+,il corrispondente contributo alla concentrazione di carica positiva totale sara’C; ma se il catione e’ bivalente, ad esempio Zn2+, allora il contributo allaconcentrazione di carica positiva totale sara’ 2C e non C. Questo perche’ inun bilancio di carica cio’ che si bilancia e’, per l’appunto, la carica elettrica, enon la concentrazione ionica. Se la concentrazione di ioni zinco in soluzione e’0.12 mol/L, la concentrazione di carica positiva dovuta agli ioni zinco deveessere necessariamente pari a (2× 0.12) = 0.24 mol/L, semplicemente perche’ad ogni ione zinco corrispondono 2 cariche positive.43. Un esempio dovrebbe chiarire definitivamente questo punto.

Scriviamo il bilancio di carica per una soluzione in cui siano stati sciolti iseguenti composti: AgCl, Al2 (SO4)3, H2S, Mg3 (PO4)2.

Per semplicita’, assumiamo che gli ioni provenienti dai sali non diano idrolisi;l’acido solfidrico, invece, puo’ dare due ionizzazioni acide successive.

Sotto queste ipotesi, le specie ioniche presenti in soluzione saranno: Ag+,Cl−, Al3+, SO2−

4 , HS−, S2−, Mg2+, PO3−4 , H+ e OH−.

Come detto, per scrivere l’equazione del bilancio di carica bisogna farel’appello di tutte le cariche positive e negative, e uguagliare i due conteggi:

[H+]+[Ag+

]+ 3

[Al3+

]+ 2

[Mg2+

]=

[OH−

]+[Cl−

]+ 2

[SO2−

4

]

+[HS−

]+ 2

[S2−

]+ 3

[PO3−

4

]

44. Notate come per gli ioni polivalenti la concentrazione e’ stata moltiplicataper la carica dello ione, come abbiamo sottolineato al punto 42.

1.6 Conclusioni sul trattamento rigoroso dell’e-quilibrio

45. Nelle sezioni precedenti abbiamo introdotto il trattamento quantitativo ri-goroso dell’equilibrio chimico. Dovreste essere convinti che qualsiasi problemadi equilibrio, anche il piu’ complesso, puo’ essere affrontato in modo rigoroso e

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al tempo stesso semplice (per lo meno nell’impostazione del sistema di equazionirisolvente).46. Scrivere il sistema di equazioni per la risoluzione esatta del problema e’quasi sempre molto semplice; invece, la risoluzione analitica del sistema none’ quasi mai possibile: bisogna cioe’ ricorrere a metodi numerici (ma cio’ ogginon costituisce un problema, vista la disponibilita’ dei computer).47. Vediamo di fissare il procedimento con cui si affronta un problema di equi-librio per punti:

1. Prima di tutto si devono individuare le reazioni da considerare; questorichiede la conoscenza della chimica del sistema (“chi reagisce con chi”).

2. Dall’insieme di tutte le reazioni prese in considerazione, si deve estrarre ilsottoinsieme delle reazioni indipendenti; in altre parole, fra le reazioniconsiderate, nessuna deve essere esprimibile come combinazione delle altre.

3. Una volta individuato l’insieme di tutte e sole le reazioni indipenden-ti, si scrive per ciascuna di esse la corrispondente espressione della leggedell’azione di massa.

4. Poi si passa a scrivere le equazioni (possono essere piu’ di una) per i bilancidi massa basandosi sulla stechiometria dei processi e/o la conoscenza dellaquantita’ iniziale di uno o piu’ componenti del sistema.

5. Infine, se il sistema contiene ioni, si scrive l’equazione (ce n’e’ una sola)per il bilancio di carica.

A questo punto, se le concentrazioni di equilibrio da trovare sono n, si deveaver ottenuto un sistema di n equazioni nelle n incognite. Come detto, da quiin poi il problema diventa di tipo algebrico/numerico.48. Tengo a sottolineare il fatto che un problema di equilibrio e’ SEMPRErisolvibile in modo rigoroso. Se dopo aver compiuto tutti i passi sopra descrittile cose non tornano, ad esempio il numero di equazioni e’ diverso dal numero diincognite, potete star certi che:

• o avete sbagliato qualcosa voi (le equazioni non sono tutte indipendenti,avete dimenticato qualche bilancio di massa etc.)

• oppure il problema era mal posto (mancava qualche costante di equilibrio,qualche concentrazione iniziale etc.)

La varieta’ dei casi che si possono presentare e’ enorme, ma il procedimentosopra descritto e’ generale.

Nel seguito cerchiamo di passare in rassegna alcuni prototipi di problemi diequilibrio: non pensate, tuttavia, che il trattamento quantitativo dell’equilibriopossa essere ridotto a un fatto puramente meccanico. E’ richiesto sempre ilcontributo del vostro senso critico e delle vostre conoscenze chimiche.

1.7 Reazioni disaccoppiate

49. A volte puo’ succedere che ci siano piu’ reazioni indipendenti, ma che questesiano disaccoppiate. Significa che le specie partecipanti a un gruppo di reazioni

17

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non partecipano ad un altro gruppo. In questo caso, il problema puo’ essere sud-diviso in due (o piu’) sottoproblemi, ciascuno risolvibile in modo indipendentedagli altri.50. Rientrano in questa categoria moltissimi problemi relativi ad equilibri disolubilita’ in acqua.

Ad esempio, consideriamo l’equilibrio di solubilita’ del cloruro di argento inacqua.

L’equazione che descrive il processo di solubilizzazione del cloruro d’argentoin acqua e’:

AgCl(s) = Ag+ + Cl−

La corrispondente espressione della legge dell’azione di massa e’:

KSP =[Ag+

] [Cl−

]

51. Tuttavia, siccome siamo in soluzione acquosa, c’e’ sicuramente un’altrareazione indipendente rappresentata da:

H2O = H+ + OH−

la cui espressione della legge dell’azione di massa e’:

KW =[H+] [

OH−]

52. In totale, le concentrazioni di equilibrio da trovare sono 4:

[Ag+][Cl−][H+][OH−]

Oltre alle due espressioni della legge dell’azione di massa su scritte, ci sonoi due bilanci di massa determinati dalla stechiometria dei due processi:

[Ag+

]=

[Cl−

]

[H+]

=[OH−

]

Come gia’ detto in generale, arriviamo ad un sistema di 4 equazioni nelle 4incognite:

KSP =[Ag+

] [Cl−

]

KW =[H+] [

OH−]

[Ag+

]=

[Cl−

]

[H+]

=[OH−

]

(Notate che il bilancio di carica, in questo caso, non costituisce un’equazioneindipendente poiche’ e’ ottenuto sommando le due equazioni del bilancio dimassa:

18

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[Ag+

]=

[Cl−

]

[H+]

=[OH−

]

[H+]+[Ag+

]=

[OH−

]+[Cl−

]

)53. Ora, se osservate il sistema di equazioni ottenuto, e’ facile rendersi contoche le incognite [Ag+] e [Cl−] compaiono solo nella prima e nella terza equa-zione, mentre le incognite [H+] e [OH−] solo nella seconda e nella quarta. Inaltri termini, [Ag+] e [Cl−] possono essere trovate indipendentemente da [H+]e [OH−], sfruttando solo la prima e la terza equazione (2 equazioni per 2 inco-gnite); l’analogo vale per [H+] e [OH−], che possono essere trovate utilizzandosolamente la seconda e la quarta equazione.54. In definitiva, il problema originario puo’ essere ripartito nei due seguentisottoproblemi indipendenti:

KSP =[Ag+

] [Cl−

]

[Ag+

]=

[Cl−

]

e

KW =[H+] [

OH−]

[H+]

=[OH−

]

Questo e’ cio’ che intendiamo dicendo che le due reazioni:

AgCl(s) = Ag+ + Cl−

H2O = H+ + OH−

sono disaccoppiate.In generale, ci si puo’ rendere conto molto facilmente se due reazioni so-

no disaccoppiate: condizione sufficiente e’ che nessun partecipante alla primacompaia nella seconda e viceversa.

1.8 Bilancio di massa e carica danno la stessa

equazione

55. Come gia’ accennato nella sezione precedente, non sempre e’ necessarioutilizzare sia il bilancio di massa che quello di carica. In ogni caso, non e’ unaquestione di scelta: semplicemente puo’ succedere che il bilancio di massa e/oquello di carica siano ridondanti; di questo ci si rende conto algebricamente equindi la cosa non e’ mai opinabile.56. Nella sezione precedente abbiamo visto il caso in cui il bilancio di carica e’combinazione di due equazioni di bilancio di massa e quindi non e’ indipendente.

19

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57. Vediamo un caso semplicissimo in cui bilancio di carica e di massa sempli-cemente coincidono.

Consideriamo il caso gia’ visto dell’autoionizzazione dell’acqua:

H2O = H+ + OH−

Questo e’ un problema di due incognite e quindi servono due equazioni.Naturalmente, la prima e’:

KW =[H+] [

OH−]

Per la seconda, possiamo utilizzare il bilancio di massa, determinato dallastechiometria:

[H+]

=[OH−

]

E il bilancio di carica? E’ banale rendersi conto che consiste in:

[H+]

=[OH−

]

cioe’ la stessa equazione ottenuta col bilancio di massa.58. Come vedete, il trattamento quantitativo dell’equilibrio e’ assolutamente“ben definito”: non troverete mai equazioni che “avanzano” o equazioni che“mancano”. Se il problema e’ ben posto e se non commettete errori, alla finearriverete sempre ad un sistema che contiene un numero di equazioni uguale alnumero di incognite: ne’ piu’, ne’ meno.

1.9 Reazioni (e corrispondenti equazioni) indi-

pendenti

59. Abbiamo gia’ accennato a questo aspetto nella sezione 1.5.2. Lo riprendia-mo per chiarirlo ulteriormente.60. Ritorniamo all’esempio della ionizzazione acida di un acido debole (concen-trazione formale C◦

HA, costante di ionizzazione acida KA) in soluzione acquosa.Volendo elencare tutti i processi che possono avere luogo, si avranno 3

possibili equazioni chimiche:

HA = H+ + A−

A− + H2O = AH + OH−

H2O = H+ + OH−

Come abbiamo gia’ detto nella sezione 1.5.2, tuttavia, solo 2 delle tre equa-zioni sono indipendenti: qualsiasi delle 3 puo’ essere espressa come somma dellealtre due, previo eventuale cambiamento del verso.

Verifichiamolo.Per l’autoionizzazione dell’acqua:

20

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HA = H+ + A−

A− + H2O = AH + OH−

H2O = H+ + OH−

Per la ionizzazione basica della base coniugata di HA:

H2O = H+ + OH−

H+ + A− = HA (inversa della ionizzazione acida)

A− + H2O = AH + OH−

Per la ionizzazione acida di HA:

H2O = H+ + OH−

AH + OH− = A− + H2O (inversa della ionizzazione basica)

HA = H+ + A−

61. Tutto cio’ trova il perfetto parallelo a livello delle espressioni della leggedell’azione di massa: cioe’, delle tre equazioni matematiche che esprimono lalegge dell’azione di massa per le tre reazioni, solo 2 sono indipendenti. In terminimatematici, questo vuol dire che se 2 equazioni sono soddisfatte, la terza loe’ automaticamente, e quindi non costituisce alcun vincolo addizionale per leincognite da trovare.

Parallelamente alle combinazioni delle equazioni chimiche si avranno le se-guenti possibilita’.

Per l’autoionizzazione dell’acqua, moltiplicando membro a membro (ricor-date che la costante di ionizzazione basica della base coniugata e’ data daKW /KA):

KA =[A−] [H+]

[HA]

KW

KA=

[HA] [OH−]

[A−]

KW =[H+] [

OH−]

Per la ionizzazione basica della base coniugata di HA, dividendo membro amembro:

KW =[H+] [

OH−]

KA =[A−] [H+]

[HA]

KW

KA=

[HA] [OH−]

[A−]

21

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Per la ionizzazione acida di HA, ancora dividendo membro a membro:

KW =[H+] [

OH−]

KW

KA=

[HA] [OH−]

[A−]

KA =[A−] [H+]

[HA]

62. La scelta delle equazioni indipendenti e’ completamente arbitraria: purche’le equazioni scelte siano tutte e sole quelle indipendenti, la soluzione delsistema condurra’ sempre al medesimo risultato. Quindi, per il semplicissimoproblema qui considerato, i tre possibili sistemi:

1.

KA =[A−] [H+]

[HA]

KW

KA=

[HA] [OH−]

[A−]

C◦

HA = [HA] +[A−]

(bilancio massa)[H+]

=[OH−

]+[A−]

(bilancio carica)

2.

KA =[A−] [H+]

[HA]

KW =[H+] [

OH−]

C◦

HA = [HA] +[A−]

(bilancio massa)[H+]

=[OH−

]+[A−]

(bilancio carica)

3.

KW =[H+] [

OH−]

KW

KA=

[HA] [OH−]

[A−]

C◦

HA = [HA] +[A−]

(bilancio massa)[H+]

=[OH−

]+[A−]

(bilancio carica)

condurranno tutti alla stessa soluzione.

22

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1.10 Piu’ di una equazione di bilancio di massa

63. Come gia’ accennato, mentre il bilancio di carica, esprimendo l’elettroneu-tralita’ della soluzione, e’ unico, i bilanci di massa possono produrre piu’ diun’equazione indipendente.64. Il seguente esempio illustra questo aspetto.

Consideriamo una soluzione acquosa in cui viene introdotta una concentra-zione formale C◦

HA dell’acido debole HA (costante KA) e una concentrazioneformale C◦

B della base debole B (costante KB).Ricaviamo il sistema di equazioni risolvente.E’ facile verificare che le equazioni chimiche indipendenti sono 3. Ad esempio,

possiamo prendere le seguenti:

HA = H+ + A−

HA + B = BH+ + A−

H2O = H+ + OH−

(Verificate che tutte le altre equazioni chimiche, ad esempio la ionizzazionebasica della base debole: B + H2O = BH+ + OH−, si ottengono combinandole 3 equazioni su scritte).

Le espressioni della legge dell’azione di massa per le 3 reazioni consideratesono:

KA =[A−] [H+]

[HA]

KAKB

KW=

[A−] [BH+]

[HA] [B]

KW =[H+] [

OH−]

(E’ banale verificare che la costante di equilibrio per la reazione di neutralizza-zione fra l’acido debole e la base debole e’ quella su scritta)

Le incognite da trovare sono 6:

[HA][A−][B][BH+][H+][OH−]

Servono quindi ancora 3 equazioni indipendenti.La conoscenza della concentrazione iniziale dell’acido debole e della base

debole fornisce 2 corrispondenti equazioni di bilancio di massa:

C◦

HA = [HA] +[A−]

C◦

B = [B] +[BH+

]

23

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Infine, la sesta equazione e’ il bilancio di carica per l’intera soluzione:

[H+]+[BH+

]=

[OH−

]+[A−]

1.11 Condizioni iniziali equivalenti

65. I concetti introdotti sul trattamento quantitativo dell’equilibrio ci consen-tono di spiegare in modo abbastanza formale una proprieta’ dell’equilibrio cheviene usata spesso dagli studenti, ma che secondo me non viene quasi maigiustificata.66. La introduciamo attraverso un esempio.

Consideriamo il sistema gia’ descritto alla sezione 1.5.2: una soluzione ac-quosa contenente un acido debole con concentrazione iniziale C◦

HA e costante diionizzazione acida KA.

Per quello che diremo in seguito, e’ utile introdurre la seguente notazioneper indicare le condizioni iniziali (di non equilibrio) da cui questo sistema parteper raggiungere l’equilibrio:

HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

H2O = H+ +OH−

t = 0 0 0

In pratica, mettiamo in evidenza le condizioni iniziali (t = 0) che conside-riamo; all’inizio, abbiamo una concentrazione pari a C◦

HA della specie HA, econcentrazioni nulle di tutte le altre specie, che ancora non hanno iniziato aformarsi.

Alla sezione 1.5.2 abbiamo gia’ visto che il sistema risolvente di questoproblema e’:

KA =[A−] [H+]

[HA]

KW =[H+] [

OH−]

C◦

HA = [HA] +[A−]

[H+]

=[OH−

]+[A−]

67. Ora modifichiamo le condizioni iniziali di questo sistema facendo procedereidealmente la ionizzazione dell’acido verso destra fino a consumare meta’ del-l’acido inizialmente presente. Prendiamo le concentrazioni cosi’ ottenute comenuove condizioni iniziali. Naturalmente, se si consuma meta’ dell’acido ini-zialmente presente, si formera’ una corrispondente concentrazione in soluzionedi ioni H+ e A−. Le nuove condizioni iniziali ottenute saranno rappresentateda:

HA = H+ +A−

t = 0C◦

HA

2C◦

HA

2C◦

HA

2

24

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H2O = H+ +OH−

t = 0C◦

HA

2 0

Ora ci poniamo la seguente domanda: quale sara’ il sistema risolvente perquesto nuovo problema?

La differenza rispetto a prima sta solo nelle concentrazioni iniziali, quindi ledue espressioni della legge dell’azione di massa e il bilancio di carica restanoimmutati.

Il nuovo bilancio di massa si ottiene ragionando nel modo seguente. A t = 0si ha una certa concentrazione della specie HA e della specie A−. Duranteil raggiungimento dell’equilibrio, queste due specie si interconvertono (a priori,non sappiamo chi si converte in chi, ne’ quanto di chi si converte in chi); tuttavia,e questo e’ un punto che vi prego di farvi estremamente chiaro, possiamo bendire che la concentrazione totale della specie A, sia sottoforma di HA chesottoforma di ione A−, deve restare costante in ogni istante. Allora, all’iniziola concentrazione totale di specie A e’:

conc. iniziale di HA + conc. iniziale di A−

C◦

HA

2 +C◦

HA

2

e questa deve essere anche la concentrazione totale di specie A all’equilibrio,cioe’: [HA] + [A−].

In definitiva, l’equazione del bilancio di massa per il problema con questenuove condizioni iniziali e’:

C◦HA

2+

C◦HA

2= [HA] +

[A−]

C◦

HA = [HA] +[A−]

cioe’, la stessa equazione del caso precedente.68. Abbiamo scoperto che i due sets di concentrazioni iniziali portano comunquead un identico sistema risolvente: se il sistema risolvente e’ identico nei due casi,e’ chiaro che anche le concentrazioni di equilibrio dovranno essere identiche!

Diciamolo in modo equivalente.Abbiamo due problemi di equilibrio con differenti condizioni iniziali, ma tali

che un set di condizioni e’ stato ricavato dall’altro facendo procedere idealmen-te una reazione in un dato verso nel rispetto della conservazione della massa(cioe’: quando abbiamo idealmente fatto reagire meta’ dell’acido debole inizial-mente presente, abbiamo coerentemente fatto produrre una concentrazionestechiometricamente equivalente di ioni idrogeno e base coniugata A−):

HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

H2O = H+ +OH−

t = 0 0 0

=⇒

HA = H+ +A−

t = 0C◦

HA

2C◦

HA

2C◦

HA

2

H2O = H+ +OH−

t = 0C◦

HA

2 0

25

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Ebbene, abbiamo appena verificato che, da queste due diverse condizioniiniziali si deve necessariamente arrivare a concentrazioni di equilibrio identiche.

Per dirla ancora in un altro modo: risolvere il primo problema oppure ilsecondo e’ del tutto equivalente (per quanto riguarda la questione di trovare leconcentrazioni di equilibrio).69. Estendiamo ora quanto appena visto in modo un po’ piu’ generale.

Sempre partendo dalle concentrazioni iniziali del punto 66, ricaviamo dellenuove condizioni iniziali facendo reagire idealmente una frazione generica f diacido debole. Chiaramente, se una frazione f di HA reagisce, dalla stechiometriadella reazione si vede che si formera’ una concentrazione pari a fC◦

HA sia diioni H+ che di ioni A−; la concentrazione di HA rimasto sara’ invece pari a(1− f)C◦

HA. Le nuove condizioni iniziali saranno rappresentate da:

HA = H+ +A−

t = 0 (1− f)C◦HA fC◦

HA fC◦HA

H2O = H+ +OH−

t = 0 fC◦HA 0

Ora si puo’ ripetere il ragionamento di prima. Le espressioni della leggedell’azione di massa restano immutate, e cosi’ pure il bilancio di carica.

Per il bilancio di massa, si ha:

conc. totale inizialedi A

=conc. totale di Aall’equilibrio

conc. iniziale diHA

+ conc. iniziale di A− = [HA] + [A−]

(1− f)C◦HA + fC◦

HA = [HA] + [A−]

C◦HA = [HA] + [A−]

e quindi otteniamo di nuovo la stessa equazione per il bilancio di massa.Il sistema e’ identico e identica deve pertanto essere la soluzione.

70. Abbiamo cosi’ verificato che per risolvere il problema di equilibrio:

HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

H2O = H+ +OH−

t = 0 0 0

siamo liberi di modificare arbitrariamente le condizioni iniziali nel modo piu’sopra descritto: abbiamo la garanzia che la soluzione sara’ sempre la stessa.71. Notate che “modificare arbitrariamente le condizioni iniziali” non significache si puo’ fare cio’ che si vuole: come mostrato prima, la modifica deve consi-stere nello spostamento arbitrario di una reazione verso destra o verso sinistranel rispetto della stechiometria e della conservazione della massa. Solocosi’, infatti, l’equazione del bilancio di massa e quindi l’intero sistema risolventerimangono invariati.72. La proprieta’ ora introdotta con l’esempio considerato e’ di carattere com-pletamente generale.

26

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In qualsiasi problema di equilibrio le condizioni iniziali (cioe’ le con-centrazioni iniziali di non equilibrio delle specie partecipanti) posso-no essere modificate arbitrariamente con il procedimento vistosenza che cio’ modifichi in alcun modo le concentrazioni finali diequilibrio.

73. Per quanto strana possa sembrarvi questa proprieta’, qui introdotta in modoabbastanza formale, la avete certamente gia’ utilizzata senza troppe giustifica-zioni.74. Ad esempio, se dovete calcolare il pH di una soluzione contenente un’u-gual concentrazione iniziale pari a C◦ di un acido debole HA e di NaOH , ilragionamento che siete abituati a fare e’ molto probabilmente il seguente.

1. La base forte reagisce completamente con l’acido debole.

2. Si forma una concentrazione C◦ di base coniugata

3. La base coniugata ionizza parzialmente producendo un pH basico (proba-bilmente sapete anche che la concentrazione di equilibrio degli ioni OH−,nei limiti di approssimazioni che vedremo piu’ in dettaglio, e’ data da√

C◦KB, dove KB e’ la costante di ionizzazione basica della base coniugataA−)

Non c’e’ nulla di sbagliato in questo ragionamento, ma vorrei farvi notareche esso rappresenta un’applicazione della proprieta’ appena discussa.

Le condizioni iniziali date sono le seguenti:

HA +OH− = A− +H2Ot = 0 C◦ C◦ 0

H2O = H+ +OH−

t = 0 0 C◦

Da queste condizioni iniziali, voi ne costruite altre, equivalenti a quelle date,facendo procedere la reazione di neutralizzazione completamente verso destra:

HA +OH− = A− +H2Ot = 0 0 0 C◦

H2O = H+ +OH−

t = 0 0 0

e ragionate sulla seconda versione del problema, ottenendo, per quanto discus-so in questa sezione, lo stesso risultato che avreste ottenuto considerando lecondizioni iniziali date.75. A conclusione di questa sezione vorrei sottolineare il fatto che la costruzionedi condizioni iniziali equivalenti viene spesso sfruttata per offrire un ragiona-mento piu’ semplice, ma ha il risvolto negativo di allontanare dalla chimica cheeffettivamente ha luogo in un sistema.

Tanto per restare nell’esempio della neutralizzazione dell’acido debole conla base forte, lo scenario chimico reale non e’ che tutto l’acido prima reagiscee poi, in un secondo tempo, la base coniugata riforma parzialmente l’acidodi partenza (uso le frecce per mettere meglio in evidenza quanto detto):

27

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HA + OH− −→ A− + H2O

A− + H2O→←− AH + OH−

Il raggiungimento dell’equilibrio chimico non funziona con questo meccani-smo “prima tutto avanti e poi un po’ indietro”.

Lo scenario chimico reale e’ che il pH basico finale e’ dovuto al fatto che lareazione:

HA + OH− = A− + H2O

semplicemente non e’ completa (la costante di equilibrio e’ grande, ma noninfinita; e’ data da KA/KW : sapreste dimostrarlo?). Quindi, per raggiungerel’equilibrio, il sistema procede sempre “in avanti” (non torna mai “indietro”):semplicemente la reazione raggiunge l’equilibrio prima che tutti gli ioni OH−

siano stati consumati. La frazione di ioni OH− non reagita determina il pHbasico finale.

1.12 Esempi

Concludiamo questa parte con una serie di esempi che mettono in evidenzal’applicazione del procedimento per punti visto alla sezione 1.6.

1.12.1 Ionizzazione di una base debole

76. Scrivere il sistema di equazioni risolvente per una soluzione contenente unaconcentrazione formale C◦

B di una base debole B, con costante di ionizzazionebasica KB.

1. Individuiamo le reazioni chimiche da considerare.

Prima di tutto ci sara’ la ionizzazione della base debole:

B + H2O = BH+ + OH−

Poi ci sara’ l’autoionizzazione dell’acqua:

H2O = H+ + OH−

Si potrebbe anche includere la ionizzazione acida dell’acido coniugato:

BH+ = B + H+

28

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2. Trovare le reazioni indipendenti.

E’ facile rendersi conto che delle tre reazioni rappresentate sopra, solo duesono indipendenti. Ad esempio, la ionizzazione acida di BH+ si ottienesommando l’autoionizzazione dell’acqua con l’inversa della ionizzazionebasica:

H2O = H+ + OH−

BH+ + OH− = B + H2O

BH+ = B + H+

Quindi dobbiamo scegliere due sole equazioni chimiche: possiamo sceglieredue qualsiasi fra le tre scritte. Ad esempio, possiamo prendere l’equazioneper la ionizzazione basica e quella per l’autoionizzazione dell’acqua.

3. Scrivere le corrispondenti leggi dell’azione di massa:

KB =[BH+] [OH−]

[B]

KW =[H+] [

OH−]

In totale ci sono 4 incognite: ci servono altre due equazioni.

4. La conoscenza della concentrazione iniziale della base debole ci consente discrivere un’equazione per la conservazione della specie B, sia sottoformadi B che di BH+:

C◦

B = [B] +[BH+

]

5. Infine, la quarta equazione e’ data dal bilancio di carica:

[H+]+[BH+

]=

[OH−

]

Fine: abbiamo ottenuto il sistema di 4 equazioni nelle 4 incognite.

KB =[BH+] [OH−]

[B]

KW =[H+] [

OH−]

C◦

B = [B] +[BH+

]

[H+]+[BH+

]=

[OH−

]

29

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1.12.2 Solubilizzazione del fluoruro di calcio: I

77. Scrivere il sistema risolvente per la saturazione di una soluzione acquosacon CaF2.78. Con questo esempio e il seguente mettiamo in evidenza come il trattamentodi un sistema chimico di equilibrio dipenda prima di tutto dalle conoscenzechimiche di cui si dispone.79. Supponiamo dapprima di ignorare che lo ione fluoruro ha caratteristichebasiche non trascurabili. Sotto queste ipotesi, l’unica reazione da consideraree’:

CaF2(s) = Ca2+ + 2F−

(Trascuriamo l’autoionizzazione dell’acqua: e’ banale rendersi conto che taleprocesso e’ disaccoppiato da quello su scritto)

Le incognite sono due. Una equazione e’ fornita dalla legge dell’azione dimassa:

KSP =[Ca2+

] [F−]2

dove KSP e’ il prodotto di solubilita’ di CaF2.La seconda equazione e’ fornita dal bilancio di massa; data la stechiometria

del processo, dovra’ essere:

2[Ca2+

]=

[F−]

e abbiamo finito.(Notate che il bilancio di massa su scritto coincide con il bilancio di carica)

1.12.3 Solubilizzazione del fluoruro di calcio: II

80. Riconsideriamo il problema precedente, ma questa volta supponiamo disapere che lo ione fluoruro ha caratteristiche basiche non trascurabili.

Ora le reazioni da considerare diventano le seguenti:

CaF2(s)KSP= Ca2+ + 2F−

F− + H2OKF−

= HF + OH−

H2OKW= H+ + OH−

Notate che, siccome consideriamo la ionizzazione basica dello ione fluoruro,l’autoionizzazione dell’acqua non e’ piu’ disaccoppiata, a causa degli ioni OH−

che partecipano all’equilibrio dello ione fluoruro.Le incognite da trovare diventano 5:

[Ca2+

], [F−], [HF ], [H+] e [OH−].

Le 3 reazioni consentono di scrivere 3 equazioni relative alla legge dell’azionedi massa:

30

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KSP =[Ca2+

] [F−]2

KF− =[HF ] [OH−]

[F−]

KW =[H+] [

OH−]

Attenzione al bilancio di massa. Non possiamo dire, come nel caso preceden-te, che la concentrazione di equilibrio di ioni fluoruro e’ il doppio di quella degliioni calcio, perche’ una frazione degli ioni fluoruro si e’ trasformata in acidofluoridrico a causa della ionizzazione basica (che prima ignoravamo). Quindi:

2[Ca2+

]6=

[F−]

(in particolare, sara’: 2[Ca2+

]> [F−], per il motivo appena detto)

Pero’ possiamo dire che il rapporto 1 : 2 deve valere fra la concentrazione diioni calcio e la concentrazione di tutta la specie F , sia essa sotto forma di ioneF− che sottoforma di HF . Cioe’:

2[Ca2+

]=

[F−]+ [HF ]

e questa e’ la quarta equazione.Infine, possiamo scrivere il bilancio di carica, che, diversamente dal caso

precedente, e’ ora un’equazione indipendente dal bilancio di massa:

[H+]+ 2

[Ca2+

]=

[OH−

]+[F−]

In definitiva:

KSP =[Ca2+

] [F−]2

KF− =[HF ] [OH−]

[F−]

KW =[H+] [

OH−]

2[Ca2+

]=

[F−]+ [HF ]

[H+]+ 2

[Ca2+

]=

[OH−

]+[F−]

che sono 5 equazioni per le 5 incognite da trovare.81. Notate come l’impostazione del trattamento, e, di conseguenza, la bonta’ deirisultati ottenibili, dipendano prima di tutto dalle nostre conoscenza chimiche:piu’ conosciamo la chimica dei componenti di un sistema, e maggiore sara’ ildettaglio con cui saremo in grado di descrivere cio’ che nel sistema avviene (lepossibili reazioni).

31

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1.12.4 Solubilizzazione del solfuro di zinco

82. Scrivere il sistema di equazioni da cui si possono calcolare le concentrazionidi equilibrio di tutte le specie che si formano in una soluzione saturata con ZnS.

Considerare che:

• lo ione solfuro e’ una base debole diprotica

• lo ione zinco puo’ dare idrolisi acida per stadi successivi fino a formare loione tetraidrossozincato: Zn (OH)2−4

Tutte le costanti di equilibrio necessarie si suppongono note.83. Sulla base di quanto sopra, le reazioni indipendenti da considerare saranno:

ZnS(s)KSP= Zn2+ + S2−

S2− + H2OKS2−= HS− + OH−

HS− + H2OKHS−

= H2S + OH−

Zn2+ + H2OK1= ZnOH+ + H+

ZnOH+ + H2OK2= Zn (OH)2(aq) + H+

Zn (OH)2(aq) + H2OK3= Zn (OH)

3 + H+

Zn (OH)−

3 + H2OK4= Zn (OH)

2−4 + H+

H2OKW= H+ + OH−

84. Notate che:

• la specie Zn (OH)2(aq) scritta sopra non e’ idrossido di zinco solido, ma

uno ione zinco(II) coordinato da due leganti OH− in soluzione

• quelle scritte sopra sono tutte e sole le reazioni indipendenti. Qualsiasialtra, ad esempio la ionizzazione acida dell’acido solfidrico: H2S = HS−+H+, e’ combinazione di quelle gia’ scritte. Convincetevene.

Le incognite da trovare sono 10:

[Zn2+

]

[S2−

]

[HS−]

[H2S]

[ZnOH+][

Zn (OH)2(aq)

]

[

Zn (OH)−

3

]

[

Zn (OH)2−4

]

[H+]

[OH−]

32

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e quindi servono 10 equazioni indipendenti.8 equazioni sono fornite dalle espressioni della legge dell’azione di massa per

le 8 reazioni su scritte.Per il bilancio di massa, analogamente all’esempio precedente, non possiamo

dire che:

[Zn2+

]=

[S2−

](1.17)

perche’ sia gli ioni zinco che gli ioni solfuro vengono in parte consumati dallereazioni su scritte.

Pero’ possiamo dire che la concentrazione di tutta la specie Zn, sottoformadi tutte le specie chimiche che la contengono, deve essere uguale alla concen-trazione di tutta la specie S, sottoforma di tutte le specie chimiche che lacontengono; cioe’:

[Zn2+

]+[ZnOH+

]+[

Zn (OH)2(aq)

]

+[

Zn (OH)−

3

]

+[

Zn (OH)2−4

]

=[S2−

]+[HS−

]+ [H2S]

Infine, abbiamo il bilancio di carica:

[H+]+ 2

[Zn2+

]+[ZnOH+

]=

[OH−

]+[

Zn (OH)−3

]

+ 2[

Zn (OH)2−4

]

+2[S2−

]+[HS−

]

Riportiamo il sistema finale:

KSP =[Zn2+

] [S2−

]

KS2− =[HS−] [OH−]

[S2−]

KHS− =[H2S] [OH−]

[HS−]

K1 =[ZnOH+] [H+]

[Zn2+]

K2 =

[

Zn (OH)2(aq)

]

[H+]

[ZnOH+]

K3 =

[

Zn (OH)−

3

]

[H+][

Zn (OH)2(aq)

]

K4 =

[

Zn (OH)2−4

]

[H+][

Zn (OH)−

3

]

KW =[H+] [

OH−]

[Zn2+

]+[ZnOH+

]+[

Zn (OH)2(aq)

]

33

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+[

Zn (OH)−

3

]

+[

Zn (OH)2−4

]

=[S2−

]+[HS−

]+ [H2S]

[H+]+ 2

[Zn2+

]+[ZnOH+

]=

[OH−

]+[

Zn (OH)−3

]

+ 2[

Zn (OH)2−4

]

+2[S2−

]+[HS−

]

85. Lungo, forse, ma non difficile.

1.12.5 Ionizzazione di un acido diprotico

86. Scrivere il sistema di equazioni da cui si possono calcolare le concentrazionidi equilibrio di tutte le specie presenti in una soluzione contenente una concen-trazione formale C◦

H2A dell’acido diprotico H2A, con costanti di prima e secondaionizzazione acida K1 e K2, rispettivamente.

E’ facile rendersi conto che le reazioni indipendenti sono quelle rappresentateda:

H2A = H+ + HA−

HA− = H+ + A2−

H2O = H+ + OH−

Verificate che tutte le altre reazioni che si possono pensare sono ottenibi-li come combinazione di queste (ad esempio, la ionizzazione basica di AH−:AH− + H2O = H2A + OH−, e cosi’ via).

Le incognite da trovare sono 5:

[H2A][HA−][A2−

]

[H+][OH−]

3 equazioni sono fornite dall’espressione della legge dell’azione di massa perle 3 reazioni rappresentate sopra.

Un’ulteriore equazione e’ fornita dalla conservazione della massa del fram-mento A, che sara’ ripartito fra le 3 specie in soluzione: [H2A], [HA−] e[A2−

].

C◦

H2A = [H2A] +[HA−

]+[A2−

]

Infine, c’e’ il vincolo della elettroneutralita’ della soluzione:

[H+]

=[OH−

]+[HA−

]+ 2

[A2−

]

(Notate il fattore 2 che moltiplica[A2−

])

In definitiva:

34

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K1 =[HA−] [H+]

[H2A]

K2 =

[A2−

][H+]

[HA−]

KW =[H+] [

OH−]

C◦

H2A = [H2A] +[HA−

]+[A2−

]

[H+]

=[OH−

]+[HA−

]+ 2

[A2−

]

1.12.6 Ionizzazione di un acido triprotico

87. Scrivere il sistema di equazioni da cui si possono calcolare le concentrazionidi equilibrio di tutte le specie presenti in una soluzione contenente concentra-zioni formali C◦

H3A, C◦NaH2A, C◦

Na2HA e C◦Na3A dell’acido triprotico H3A e di

tutti i suoi possibili sali sodici. Le costanti di ionizzazione acida di H3A sono,rispettivamente, K1, K2 e K3.

Questo problema e’ una semplice estensione di quello precedente. Le reazioniindipendenti sono rappresentate da:

H3A = H+ + H2A−

H2A− = H+ + HA2−

HA2− = H+ + A3−

H2O = H+ + OH−

Per favore, rendetevi ben conto che avremmo potuto scegliere come reazioniindipendenti anche le seguenti:

H3A = H+ + H2A−

H2A− + H2O = H3A + OH−

HA2− + H2O = H2A− + OH−

A3− + H2O = HA2− + OH−

o qualsiasi altra combinazione.Le incognite da trovare sono 6:

[H3A][H2A

−][HA2−

]

[A3−

]

[H+][OH−]

4 equazioni sono fornite, ormai dovrebbe risultarvi banale, dall’espressionedella legge dell’azione di massa per le 4 reazioni indipendenti scritte sopra.

35

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Per il bilancio di massa il ragionamento e’ il seguente. Non possiamo con-servare ogni singola concentrazione iniziale, perche’ ciascuna specie di partenzaH3A, NaH2A, Na2HA e Na3A si ripartisce fra tutte le specie chimiche con-tenenti il frammento A in soluzione. Pero’ possiamo ben dire che la somma ditutte le concentrazioni iniziali delle specie contenenti il frammento A si conserva;cioe’:

C◦

H3A + C◦

NaH2A + C◦

Na2HA + C◦

Na3A = [H3A] +[H2A

−]+[HA2−

]+[A3−

]

Infine c’e’ il bilancio di carica.Anche qui c’e’ da fare attenzione: fra le cariche positive si devono contare

anche gli ioni Na+ provenienti dalla ionizzazione completa dei vari sali:

[H+]+[Na+

]=

[OH−

]+[H2A

−]+ 2

[HA2−

]+ 3

[A3−

]

(notate i moltiplicatori per gli ioni polivalenti)Sembrerebbe che col bilancio di carica abbiamo introdotto una settima in-

cognita: [Na+].In realta’, la concentrazione di equilibrio degli ioni Na+ e’ nota a priori,

assumendo che la ionizzazione dei diversi sali sia completa. In altre parole,esiste un secondo bilancio di massa, relativo alla concentrazione degli ioni Na+.

C◦

NaH2A + 2C◦

Na2HA + 3C◦

Na3A =[Na+

]

(non dovrebbero esserci dubbi sul significato dell’equazione su scritta)Quindi, l’equazione del bilancio di carica assume la forma:

[H+]+ C◦

NaH2A + 2C◦

Na2HA + 3C◦

Na3A =[OH−

]+[H2A

−]+ 2

[HA2−

]+ 3

[A3−

]

Alternativamente, in modo piu’ formale, si possono considerare 7 incognite(le 6 scritte prima piu’ la concentrazione di equilibrio degli ioni Na+) e prendereil bilancio di massa per gli ioni Na+ come settima equazione indipendente.

Concludendo, il sistema risolvente per questo problema e’:

K1 =[H2A

−] [H+]

[H3A]

K2 =

[HA2−

][H+]

[H2A−]

K3 =

[A3−

][H+]

[H2−

A

]

KW =[H+] [

OH−]

C◦

H3A + C◦

NaH2A + C◦

Na2HA + C◦

Na3A = [H3A] +[H2A

−]+[HA2−

]+[A3−

]

[H+]+ C◦

NaH2A + 2C◦

Na2HA + 3C◦

Na3A =[OH−

]+[H2A

−]+ 2

[HA2−

]+ 3

[A3−

]

36

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1.12.7 Soluzione tampone

88. Scrivere il sistema di equazioni da cui si possono calcolare le concentrazionidi equilibrio di tutte le specie presenti in una soluzione tampone preparatasciogliendo in acqua concentrazioni formali C◦

HA e C◦NaA dell’acido debole HA

e del suo sale sodico NaA. La costante di ionizzazione acida di HA e’ KA.Questo problema non presenta nulla di nuovo rispetto a quelli gia’ visti.Ci sono solo 2 reazioni indipendenti. Possiamo scegliere quelle rappresentate

da:

HA = H+ + A−

H2O = H+ + OH−

Le incognite da trovare sono 4:

[HA][A−][H+][OH−]

Oltre alle 2 equazioni derivanti dall’espressione della legge dell’azione dimassa, ci sara’ il bilancio di massa:

C◦

HA + C◦

NaA = [HA] +[A−]

e quello di carica:

[H+]+ C◦

NaA =[OH−

]+[A−]

dove C◦NaA e’ la concentrazione degli ioni Na+, assumendo, come e’ lecito

assumere, che la ionizzazione del sale NaA sia completaIn definitiva:

KA =[A−] [H+]

[HA]

KW =[H+] [

OH−]

C◦

HA + C◦

NaA = [HA] +[A−]

[H+]+ C◦

NaA =[OH−

]+[A−]

1.12.8 Formazione di complessi

89. Scrivere il sistema di equazioni da cui si possono calcolare le concentra-zioni di equilibrio di tutte le specie presenti in una soluzione contenente con-centrazioni formali C◦

H2L e C◦

M(NO3)3dell’acido debole diprotico H2L e del

37

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sale completamente solubile M (NO3)3 (M3+ e’ un generico ione metallicotrivalente).

Le costanti di ionizzazione acida dell’acido debole sono, rispettivamente, K1

e K2.Il dianione dell’acido debole reagisce con lo ione metallico trivalente per dare

un complesso di stechiometria (1 : 1):

M3+ + L2− = ML+

La costante di formazione del complesso e’ K.Prima di tutto individuiamo le reazioni indipendenti.Ci saranno le due ionizzazioni acide, la formazione del complesso e la solita

autoionizzazione dell’acqua.

H2L = H+ + HL−

HL− = H+ + L2−

M3+ + L2− = ML+

H2O = H+ + OH−

A voi verificare che queste sono tutte e sole le reazioni indipendenti: qualsiasialtra reazione e’ esprimibile come combinazione di queste.

Le incognite da trovare sono 7:

[H2L][HL−][L2−

]

[M3+

]

[ML+][H+][OH−]

Come gia’ fatto in altri casi precedenti, non consideriamo la concentrazionedi equilibrio degli ioni nitrato come un’incognita: essi non sono implicati in alcunequilibrio e, sotto l’ipotesi fatta che la ionizzazione del sale sia completa, la loroconcentrazione di equilibrio coincide semplicemente con la loro concentrazioneformale, ricavabile in modo elementare dalla stechiometria del sale e dalla suaconcentrazione formale:

[NO−

3

]= 3C◦

M(NO3)3

Oltre alle 4 equazioni derivanti dall’applicazione della legge dell’azione dimassa, ci saranno 2 equazioni di bilancio di massa. Una per il frammento L:

C◦

H2L = [H2L] +[HL−

]+[L2−

]+[ML+

]

38

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e una per il frammento M :

C◦

M(NO3)3=

[M3+

]+[ML+

]

Infine, va considerato il bilancio di carica:

[H+]+ 3

[M3+

]+[ML+

]=

[OH−

]+ 3C◦

M(NO3)3+[HL−

]+ 2

[L2−

]

(il termine 3C◦

M(NO3)3rappresenta la concentrazione di carica negativa dovuta

agli ioni nitrato, come detto prima).Il sistema finale e’ dunque:

K1 =[HL−] [H+]

[H2L]

K2 =

[L2−

][H+]

[HL−]

K =[ML+]

[M3+] [L2−]

KW =[H+] [

OH−]

C◦

H2L = [H2L] +[HL−

]+[L2−

]+[ML+

]

C◦

M(NO3)3=

[M3+

]+[ML+

]

[H+]+ 3

[M3+

]+[ML+

]=

[OH−

]+ 3C◦

M(NO3)3+[HL−

]+ 2

[L2−

]

1.12.9 Due reazioni simultanee non ioniche

90. Da ultimo, analizziamo il problema gia’ presentato alla sezione 1.5.1 perdiscutere l’equilibrio di piu’ reazioni simultanee.

In quell’occasione era stato presentato solo il risultato numerico finale persottolineare il fatto che, se una specie partecipa a piu’ di una reazione indipen-dente, la sua concentrazione di equilibrio soddisfa, contemporaneamente, tuttele equazioni della legge dell’azione di massa che la coinvolgono.

Ora vediamo come si scrive il sistema che risolve rigorosamente il problema.Enunciamo nuovamente il problema per comodita’.In un sistema chimico avvengono le due reazioni rappresentate da:

A + 2BK1= C + 3D

2X + 3BK2= 5Y + Z

Supponiamo di conoscere le concentrazioni iniziali di tutti i reagenti: C◦A,

C◦B e C◦

X .

39

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Obiettivo: ricavare il sistema di equazioni risolvente.Le incognite da trovare sono 7:

[A][B][C][D][X ][Y ][Z]

2 equazioni sono fornite, come al solito, dall’espressione della legge dell’azio-ne di massa.

Ne servono altre 5.Notate che in questo caso, l’autoionizzazione dell’acqua e’ disaccoppiata dalle

reazioni su scritte (in realta’ non e’ necessario sapere neppure se le due reazioniavvengono in soluzione o in fase gassosa): quindi l’equazione del prodotto ionicodell’acqua non va considerata.

Inoltre, vedete che nelle due equazioni non compaiono specie ioniche e quindianche un’eventuale equazione del bilancio di carica e’ disaccoppiata dal sistemaa cui siamo interessati e quindi non va considerata.

Le 5 equazioni mancanti sono fornite tutte da altrettanti bilanci di massa.Prima di tutto, 2 equazioni sono fornite dal vincolo stechiometrico che lega

i prodotti delle reazioni.Siccome la concentrazione iniziale di tutti i prodotti e’ nulla, e’ chiaro che

i prodotti dovranno formarsi in rapporto stechiometrico (badate: questo nonsarebbe vero se la concentrazione iniziale di uno o piu’ prodotti fosse non nulla;in questo caso, il bilancio di massa dovrebbe essere impostato diversamente:provate a farlo per esercizio); il rapporto di concentrazione dei prodotti deverestare inalterato in qualsiasi istante della reazione e in particolare all’equilibrio.Quindi:

[D] = 3 [C]

[Y ] = 5 [Z]

La stechiometria stabilisce anche delle relazioni indipendenti fra i reagentie i prodotti di ciascuna reazione.

Ad esempio, prendiamo la prima reazione. E’ chiaro che la concentrazionedi A che viene consumata deve essere uguale a quella di C che viene prodotta(naturalmente, potremmo ragionare in modo equivalente sulle concentrazionidi A e D). Questo vincolo e’ sicuramente indipendente dai primi due perche’questi ultimi non contengono la variabile [A] (e quindi questo vincolo non e’ inalcun modo ottenibile da una combinazione dei primi due). Come si esprimematematicamente quanto appena detto?

Conosciamo la concentrazione iniziale della specie A. Quindi:

concentrazione di Aconsumata

=concentrazione di Cprodotta

40

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concentrazione ini-ziale di A

−concentrazionedi A rimastaall’equilibrio

=concentrazione di Call’equilibrio

C◦

A − [A] = [C]

Un vincolo analogo si ricava dalla seconda equazione chimica. In questo caso,la concentrazione di X consumata deve essere uguale al doppio della concentra-zione di Z prodotta (equivalentemente: la concentrazione di X consumata deveessere uguale ai 2/5 della concentrazione di Y prodotta). Quindi, analogamenteal caso precedente:

concentrazione di Xconsumata

= 2× concentrazione di Zprodotta

concentrazione ini-ziale di X

−concentrazionedi X rimastaall’equilibrio

= 2× concentrazione di Zall’equilibrio

C◦

X − [X ] = 2 [Z]

Finora abbiamo 6 equazioni.L’ultima equazione dovra’ coinvolgere la concentrazione della specie B, che

finora non compare in nessuno dei bilanci di massa.Il bilancio di massa per B e’ complicato (si fa per dire) dal fatto che B

partecipa ad entrambe le reazioni.L’equazione che scriveremo deve esprimere il fatto che la concentrazione

totale di B consumata deve essere ritrovata in parte sotto forma dei prodottidella prima reazione e in parte sotto forma dei prodotti della seconda reazione:

consumo totale di B =prodotti della primareazione

+prodotti della secondareazione

Ora, la concentrazione di B consumata nella prima reazione deve essereuguale al doppio della concentrazione di C prodotta (cioe’ la concentrazione diC all’equilibrio); analogamente, la concentrazione di B consumata nella secondareazione deve essere uguale al triplo della concentrazione di Z prodotta (cioe’la concentrazione di Z all’equilibrio).

Quindi possiamo procedere scrivendo:

consumo totale di B = 2× concentrazione di Cprodotta

+3× concentrazione di Zprodotta

= 2 [C] + 3 [Z]

41

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Infine, resta da osservare che la concentrazione totale di B consumata in en-trambe le reazioni e’ semplicemente uguale alla differenza fra la concentrazioneiniziale di B e la concentrazione di B rimasta all’equilibrio. Quindi:

C◦

B − [B] = 2 [C] + 3 [Z]

e questa e’ l’ultima equazione che dovevamo trovare.In conclusione, il sistema finale e’:

K1 =[C] [D]3

[A] [B]2

K2 =[Y ]

5[Z]

[X ]2[B]

3

[D] = 3 [C]

[Y ] = 5 [Z]

C◦

A − [A] = [C]

C◦

X − [X ] = 2 [Z]

C◦

B − [B] = 2 [C] + 3 [Z]

Come gia’ osservato, tenete presente che le equazioni per il bilancio di mas-sa su scritte non sono le uniche possibili, ma sono fra loro indipendenti. Adesempio, al posto della:

C◦

A − [A] = [C]

avremmo potuto scrivere:

C◦

A − [A] =1

3[D]

E’ piuttosto semplice convincersi che questa equazione si puo’ ottenere dauna combinazione delle equazioni del sistema finale (fatelo!).

1.13 Il trattamento approssimato dei problemidi equilibrio

91. Nelle sezioni precedenti spero di avervi convinto che i problemi di equilibriosi possono trattare in modo rigoroso e sistematico: una volta individuate lereazioni chimiche indipendenti, si scrivono le espressioni della legge dell’azionedi massa, i bilanci di massa e/o carica e si arriva sempre ad un sistema diequazioni ben posto, in cui il numero di equazioni e’ uguale al numero delleincognite da trovare.

42

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92. Questo metodo, tuttavia, ha lo svantaggio, a cui abbiamo gia’ accennato,che molto raramente il sistema di equazioni a cui si arriva e’ risolvibile per viaanalitica: praticamente sempre bisogna ricorrere ad una soluzione numerica, ilche vuol dire che bisogna conoscere un algoritmo per la soluzione numerica disistemi non lineari e programmare questo algoritmo in un computer. Tutto cio’non sempre e’ facile o agevole.93. In questa e nelle sezioni seguenti introdurremo un metodo approssimato pertrattare i problemi di equilibrio.

Lapalissianamente, un metodo approssimato non e’ rigoroso, e questo rap-presenta il suo svantaggio.

Tuttavia, il metodo che introdurremo ha l’enorme vantaggio di consentire iltrattamento di un problema di equilibrio in modo estremamente veloce e senzaalcun bisogno di ricorrere a metodi numerici: cio’ che serve e’ semplicemente unfoglio di carta e una matita.

A questo va aggiunto che le approssimazioni del metodo introducono deglierrori che generalmente sono trascurabili per tutti gli scopi usuali.

1.13.1 L’approssimazione dell’equilibrio prevalente

94. Una prima approssimazione che molto spesso e’ possibile fare viene talvoltacitata come approssimazione dell’“equilibrio prevalente”.

L’idea di base e’ molto semplice: se fra tutte le reazioni indipendenti cheavvengono in un dato sistema chimico una ha una costante di equilibrio moltomaggiore delle altre e i suoi reagenti non sono troppo diluiti, si puo’ assumereche i cambiamenti di concentrazione dovuti alle altre reazioni siano trascurabilirispetto a quelli dovuti alla reazione con costante di equilibrio molto maggiore.Detto in altri termini, si puo’ assumere che tutto funzioni come se avvenissesolo la reazione con costante di equilibrio grande e tutte le altre non avesseroluogo.95. Vediamo subito un esempio concreto di applicazione di questa approssima-zione, che sicuramente avete gia’ visto. Consideriamo la ionizzazione dell’acidoacetico in soluzione acquosa. L’acido acetico e’ l’acido debole per antonomasia;e’ un acido organico monoprotico la cui formula di struttura e’:

H3C C

O

O

111

H

Siccome ad un esame ho sentito dire che l’acido acetico e’ un acido tetra-protico (evidentemente perche’ nella formula ci sono 4 atomi di idrogeno), lometto qui, nero su bianco: in soluzione acquosa l’acido acetico e’ un acido mo-noprotico; il protone interessato alla ionizzazione e’ quello in grassetto nellaformula di struttura; i tre atomi di idrogeno legati all’atomo di carbonio nonhanno caratteristiche acide apprezzabili in acqua.

La reazione di ionizzazione acida dell’acido acetico e’ rappresentata dallaseguente equazione:

43

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H3C C

O

O

111

H

= H3C C

O

O−

11+ H+

La costante di ionizzazione acida dell’acido acetico e’ KA = 1.8× 10−5.96. Consideriamo una soluzione di acido acetico di concentrazione iniziale C◦

HA =0.1 mol/L (indichiamolo concisamente con HA).

Abbiamo gia’ visto questo caso in generale alla sezione 1.5.2 e il sistemacompleto per la risoluzione del problema e’:

KA =[A−] [H+]

[HA]

KW =[H+] [

OH−]

C◦

HA = [HA] +[A−]

[H+]

=[OH−

]+[A−]

97. Applichiamo ora l’approssimazione dell’equilibrio prevalente: il rapportofra KA e KW vale:

KA

KW=

1.8× 10−5

1.0× 10−14

= 1.8× 109

cioe’, la costante di ionizzazione acida dell’acido acetico e’ quasi due miliardi divolte piu’ grande della costante di autoprotolisi dell’acqua. Come detto sopra,proviamo quindi ad assumere che l’equilibrio di autoionizzazione dell’acqua nonavvenga.98. Quali sono le conseguenze di questa assunzione? Essenzialmente ce ne e’una sola: possiamo assumere che la concentrazione degli ioni che provengonodall’autoionizzazione dell’acqua sia nulla.

Come si modifica il sistema su scritto sotto l’ipotesi semplificativa fatta?In pratica sparisce l’espressione della legge dell’azione di massa per l’acqua e

sparisce la concentrazione di ioni ossidrile dalle incognite (perche’ l’unica fontedi ioni ossidrile e’ l’acqua). In definitiva il sistema si riduce a:

KA =[A−] [H+]

[HA]

C◦

HA = [HA] +[A−]

(1.18)[H+]

=[A−]

(1.19)

99. Vedete che il bilancio di massa per la concentrazione totale del frammentoA e’ rimasta invariata, mentre il bilancio di carica afferma ora che le concen-trazioni di equilibrio degli ioni idronio e degli ioni acetato sono uguali; questo

44

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e’ perfettamente in accordo con l’ipotesi fatta: se trascuriamo l’autoprotolisidell’acqua, non ci sono ioni OH− da considerare e gli ioni idrogeno e acetato siformano solo dall’equilibrio di ionizzazione dell’acido acetico; le loro concentra-zioni rimangono in ogni istante nel rapporto stechiometrico di 1 : 1 (questo nonsarebbe vero se si considerasse anche l’autoionizzazione dell’acqua, perche’ intal caso gli ioni acetato si formerebbero solo dall’acido acetico, mentre gli ioniidronio si formerebbero sia dall’acido acetico che dall’acqua).

Notate che il bilancio di carica e’ diventato identico (sotto l’ipotesi fatta) albilancio di massa per le specie H+ e A− derivante dalla stechiometria dell’unicareazione che le produce.

L’approssimazione dell’equilibrio prevalente ha semplificato il problema ori-ginario da un problema di 4 equazioni in 4 incognite ad un problema di solo3 equazioni in 3 incognite. Anche la soluzione del sistema diventa molto piu’semplice. La terza equazione esprime [A−] in funzione di [H+]. Sostituendo laterza equazione nella seconda ed isolando [HA] si ottiene:

[HA] = C◦

HA −[H+]

Sostituendo le espressioni per [A−] e [HA] cosi’ trovate nella prima equazionee riordinando si arriva facilmente a:

[H+]2

+ KA

[H+]−KAC◦

HA = 0

che e’ un’equazione di secondo grado, risolvibile con carta e matita (se ritornatealla soluzione rigorosa della sezione 1.5.2 vedrete che in quel caso l’equazionefinale era di terzo grado).

1.13.2 Il metodo della tabella

100. Nella sezione precedente abbiamo introdotto l’approssimazione dell’equi-librio prevalente e abbiamo messo in evidenza le implicazioni di tale approssi-mazione nell’ambito del trattamento rigoroso che avevamo gia’ discusso.101. Tuttavia, quando ci si riduce a trattare un singolo equilibrio, esisteun metodo molto veloce e semplice per ottenere le concentrazioni incognite.Probabilmente, anche questo lo avete gia’ incontrato.102. Gli stadi principali di questo procedimento possono essere cosi’ schema-tizzati in generale:

1. Scrivete l’equazione che rappresenta la reazione considerata e assicurateviche sia correttamente bilanciata

2. Sulla riga sottostante riportate per ciascun partecipante alla reazione, lacorrispondente concentrazione (o pressione parziale) iniziale. Questa rigaindica le condizioni iniziali e viene contrassegnata con t = 0. E’ impor-tante avere un’idea chiara di cosa vuol dire “condizioni iniziali”: in talicondizioni, tutti i componenti del sistema in esame sono stati mescolati,ma non hanno ancora cominciato a reagire

3. Valutate il verso in cui procedera’ la reazione per raggiungere l’equilibrio.Questo dipende chiaramente dalle concentrazioni iniziali: ad esempio, se

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la concentrazione (o pressione parziale) di un partecipante alla reazionee’ nulla allora la reazione evolvera’ necessariamente nel verso che portaalla sua formazione. Se nessuna concentrazione iniziale e’ nulla, si devevalutare il quoziente di reazione e confrontarlo con la costante di equilibrio.Oppure, sfruttando la proprieta’ discussa alla sezione 1.11, a partire dallecondizioni iniziali date si possono costruire nuove condizioni iniziali in cuiuna o piu’ concentrazioni iniziali siano nulle e quindi il verso della reazionesia inequivocabile.

4. Ora scegliete un’incognita: potrebbe essere la concentrazione di un com-ponente all’equilibrio oppure la quantita’ di un componente che viene con-sumata o prodotta per il raggiungimento dello stato di equilibrio. Sietecompletamente liberi nella scelta dell’incognita

5. A questo punto utilizzate la stechiometria della reazione per esprimeretutte le concentrazioni di equilibrio in funzione dell’incognita che avetescelto; riportate tali concentrazioni su una riga successiva, contraddistintada t =∞ (questa notazione sta ad indicare che e’ trascorso tutto il temponecessario al raggiungimento dell’equilibrio)

6. Se un partecipante alla reazione e’ un solido o un liquido puro, oppure e’ ilsolvente di una soluzione diluita, non serve considerarlo, poiche’ esso nonentra nella legge dell’azione di massa (punto 6)

7. Inserite le concentrazioni di equilibrio (tutte espresse in funzione dell’in-cognita che avete scelto al punto 4) nella legge dell’azione di massa: in talmodo otterrete un’equazione da cui potrete ricavare il valore numerico del-l’incognita (attenzione: non sempre l’equazione che si ottiene e’ risolvibilein modo semplice)

8. Se l’equazione ammette piu’ soluzioni (ad esempio un’equazione di secondogrado o superiore) deve essere possibile scartare tutte le soluzioni tranneuna (molto spesso, ad esempio, solo una soluzione e’ positiva mentre lealtre sono tutte negative e quindi non hanno significato fisico se l’incognitascelta era una concentrazione)

9. Infine, sostituite a ritroso il valore numerico ottenuto nelle varie espres-sioni delle concentrazioni finali (quelle a t =∞) per trovare tutte le altreconcentrazioni di equilibrio

103. Puo’ sembrare complicato, ma non lo e’ (e sicuramente lo avete gia’utilizzato).

Applichiamo il procedimento punto per punto alla ionizzazione dell’acidoacetico. Abbiamo visto che l’approssimazione dell’equilibrio prevalente ci con-sente di considerare solo l’equilibrio di ionizzazione dell’acido.

Allora:

1. Scriviamo l’equazione chimica da trattare e bilanciamola:

HA = H+ + A−

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2. Scriviamo la riga delle condizioni iniziali:

HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

3. Valutiamo il verso in cui procedera’ la reazione. Siccome le concentrazioniiniziali degli ioni H+ e A− sono entrambe nulle, e’ banale osservare che lareazione procedera’ verso destra.

4. Scegliamo un’incognita. Come detto, siamo completamente liberi nel-la scelta. Ad esempio, prendiamo come incognita la concentrazione diequilibrio degli ioni H+, che indicheremo con x.

5. Ora esprimiamo tutte le concentrazioni di equilibrio in funzione dell’in-cognita scelta. A questo scopo, e’ sufficiente sfruttare la stechiometriadella reazione; notate che questo e’ possibile grazie al fatto che stiamoconsiderando un unico equilibrio.

Nel caso in esame, le cose sono particolarmente semplici. Avendo indicatocon x la concentrazione di equilibrio degli ioni H+ e osservando che gliioni H+ e A− vengono formati in rapporto 1 : 1, e’ ovvio che anche laconcentrazione di equilibrio degli ioni A− dovra’ essere uguale a x. Per laconcentrazione di equilibrio dell’acido acetico indissociato, basta osservareche essa sara’ uguale a quella iniziale diminuita della concentrazione che hareagito; ma quest’ultima, sempre in virtu’ del rapporto stechiometrico 1 : 1fra acido acetico indissociato e ioni H+, e’ uguale alla concentrazione diequilibrio di questi ultimi, cioe’ di nuovo x; in definitiva, la concentrazionedi equilibrio dell’acido acetico indissociato e’ C◦

HA − x.

Riportiamo le concentrazioni di equilibrio espresse in funzione di x su unaseconda riga, contraddistinta da t =∞:

HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

t =∞ C◦HA − x x x

6. Nella reazione in esame non ci sono partecipanti che siano solidi o liquidipuri.

7. Ora inseriamo le espressioni trovate per le concentrazioni di equilibrio nellalegge dell’azione di massa:

KA =[H+] [A−]

[HA]

=x x

C◦HA − x

Riordiniamo:

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KA =x2

C◦HA − x

KA (C◦

HA − x) = x2

KAC◦

HA −KAx = x2

x2 + KAx−KAC◦

HA = 0

x =−KA ±

K2A + 4KAC◦

HA

2

8. L’equazione ammette 2 soluzioni per x, ma, chiaramente, quella corrispon-dente al segno negativo davanti al radicale e’ negativa e quindi va scartata(ricordate che x e’ una concentrazione e quindi non puo’ essere negativa).Quindi rimane una sola possibilita’:

x =−KA +

K2A + 4KAC◦

HA

2

=−1.8× 10−5 +

(1.8× 10−5)2

+ 4× 1.8× 10−5 × 0.1

2

= 1.33× 10−3 mol/L

9. Non resta che sostituire a ritroso per trovare le altre concentrazioni di equi-librio. La concentrazione di equilibrio degli ioni A− e’ banalmente ugualeal valore numerico appena trovato. Per la concentrazione di equilibriodell’acido acetico indissociato si avra’:

[HA] = C◦

HA − x

= 0.1− 1.33× 10−3

= 9.867× 10−2 mol/L

104. In pratica, il metodo della tabella ora visto e’ un’applicazione “rapida”del trattamento rigoroso nel caso di una singola reazione. Se abbiamo a chefare con una sola reazione, il metodo rigoroso prevede un sistema di equazionicontenente l’espressione della legge dell’azione di massa e tutti i possibili bilancidi massa. Allora, con l’aiuto della tabella, si utilizzano automaticamente tutte leequazioni di bilancio di massa per esprimere tutte le concentrazioni di equilibrioin funzione di una sola di esse (o comunque in funzione di un’unica incognitada cui tutte le concentrazioni di equilibrio dipendono). Infine, come ultimostep, si inseriscono le espressioni cosi’ determinate nella legge dell’azione dimassa. Se riguardate la sezione 1.13.1 dovrebbe esservi chiaro che nello scriverela riga corrispondente a t =∞ della nostra tabella non abbiamo fatto altro cheapplicare le due equazioni del bilancio di massa 1.18 e 1.19.

Facciamo ora qualche puntualizzazione, restando nell’esempio appena consi-derato.

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Condizioni iniziali

105. Al punto 102 (punto 2 della procedura generale) abbiamo sottolineatol’importanza di capire bene cosa significa “condizioni iniziali” di un sistema diequilibrio. Lo ripetiamo in questa sezione e cerchiamo di chiarirlo ulteriormentecon un esempio.

L’istante t = 0 a cui tutte le reazioni di un sistema chimico iniziano ad avve-nire (in tale istante, in generale, il sistema NON e’ all’equilibrio) va interpretatonel modo seguente: tutti i componenti del sistema chimico sono stati messi acontatto e il sistema e’ omogeneo, ma nessuna reazione e’ ancora iniziata.

Il concetto non e’ puramente teorico, ma ha delle implicazioni “concrete”sull’impostazione dei calcoli. Per esemplificare, consideriamo il caso in cui unvolume V ◦

A di una soluzione contenente il reagente A in concentrazione formaleC◦

A viene mescolato con un volume V ◦B di una soluzione contenente il reagente

B in concentrazione formale C◦B .

A e B reagiscono secondo la seguente equazione:

A + B = C

In questo caso, le concentrazioni iniziali da considerare per A e B NON sonoC◦

A e C◦B , rispettivamente, perche’ dopo il mescolamento delle due soluzioni, il

volume totale e’ aumentato e quindi entrambe le concentrazioni date sono di-minuite. E’ facile realizzare che le concentrazioni C∗

A e C∗B dopo mescolamento

sono date da:

C∗

A =C◦

AV ◦A

V ◦A + V ◦

B

C∗

B =C◦

BV ◦B

V ◦A + V ◦

B

e queste sono le condizioni iniziali da considerare. Quindi la tabella per iltrattamento del problema sara’ (scegliendo come incognita la concentrazione diequilibrio del prodotto C):

A +B = C

t = 0C◦

AV ◦

A

V ◦

A+V ◦

B

C◦

BV ◦

B

V ◦

A+V ◦

B0

t =∞ C◦

AV ◦

A

V ◦

A+V ◦

B− x

C◦

BV ◦

B

V ◦

A+V ◦

B− x x

La scelta dell’incognita e’ arbitraria

106. Come abbiamo detto, la scelta dell’(unica) incognita del problema e’ com-pletamente arbitraria, purche’, naturalmente, i bilanci di massa basati su di essasiano fatti in modo corretto.

Per chiarire meglio questo punto, riprendiamo l’esempio dell’acido acetico escegliamo come incognita la concentrazione di acido acetico all’equilibrio.

La tabella si modifica nel modo seguente:

49

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HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

t =∞ x ? ?

Cosa dobbiamo mettere in questo caso al posto dei punti di domanda?Basta sempre tenere presente la stechiometria della reazione. Innazitutto

vale sempre la considerazione che le concentrazioni di equilibrio degli ioni H+ eA− devono essere uguali.

Avendo posto la concentrazione di equilibrio dell’acido indissociato uguale ax, possiamo dire che la concentrazione di equilibrio degli ioni H+ sara’ ugualealla concentrazione di acido che ha reagito; questa sara’ la differenza fra laconcentrazione iniziale e quella rimasta (che e’ x). Quindi:

HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

t =∞ x C◦HA − x C◦

HA − x

Inseriamo le concentrazioni di equilibrio nella legge dell’azione di massa erisolviamo rispetto all’incognita:

KA =[H+] [A−]

[HA]

=(C◦

HA − x) (C◦HA − x)

x

=(C◦

HA − x)2

x

KAx = (C◦

HA − x)2

KAx = C◦2HA + x2 − 2C◦

HAx

x2 − x (2C◦

HA + KA) + C◦2HA = 0

x =2C◦

HA + KA ±√

(2C◦HA + KA)

2 − 4C◦2HA

2

In questo caso, delle 2 possibili soluzioni, quella corrispondente al segno po-sitivo davanti al radicale va scartata. Infatti il valore numerico di x sarebbemaggiore di C◦

HA e cio’ ovviamente non puo’ essere perche’ x e’ la concentra-zione di equilibrio dell’acido indissociato e quindi deve essere minore del suovalore iniziale!

Quindi:

x =2C◦

HA + KA −√

(2C◦HA + KA)2 − 4C◦2

HA

2

=2× 0.1 + 1.8× 10−5 −

(2× 0.1 + 1.8× 10−5)2 − 4× 0.12

2

= 9.867× 10−2 mol/L

50

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che coincide col risultato trovato in precedenza con l’altra scelta dell’incognita.Naturalmente, per la concentrazione comune degli ioni H+ e A−, si avra’:

[H+]

=[A−]

= C◦

HA − x

= 0.1− 9.87× 10−2

= 1.33× 10−3 mol/L

Condizioni iniziali equivalenti

107. Le considerazioni fatte alla sezione 1.11 (dove consideravamo proprio laionizzazione di un acido debole) valgono anche per il metodo della tabella: in findei conti, avevamo visto che la possibilita’ di cambiare le condizioni iniziali condelle nuove condizioni iniziali equivalenti dipende solo dal fatto che il bilancio dimassa rimane inalterato e nel metodo della tabella si fa uso proprio del bilanciodi massa (oltre che della legge dell’azione di massa).

Verifichiamo che tutto funziona anche se partiamo da delle condizioni inizialidiverse (ma equivalenti a quelle date!).108. Ad esempio, immaginiamo di spostare idealmente la reazione completa-mente verso destra. Sotto tale ipotesi, tutto l’acido acetico verra’ consumato esi otterra’ una concentrazione pari a C◦

HA sia di ioni idrogeno che di ioni acetato.Prendendo queste come condizioni iniziali, si avra’:

HA = H+ +A−

t = 0 0 C◦HA C◦

HA

Ovviamente, in questa ipotesi la reazione procedera’ verso sinistra, perche’la concentrazione iniziale di acido acetico e’ nulla.

Prendiamo come incognita la concentrazione di acido acetico all’equilibrio;dovreste realizzare facilmente che la tabella delle concentrazioni in questo casosara’:

HA = H+ +A−

t = 0 0 C◦HA C◦

HA

t =∞ x C◦HA − x C◦

HA − x

A questo punto non serve neppure continuare: l’espressione delle concentra-zioni di equilibrio e’ identica a quella vista al punto 106 e quindi il risultato nonpuo’ che essere lo stesso.

Troviamo anche le altre concentrazioni

109. Abbiamo visto che l’approssimazione dell’equilibrio prevalente consente diridurre un problema di piu’ reazioni simultanee ad un problema piu’ semplicedi una sola reazione. Col metodo della tabella, poi, il trattamento della singolareazione risulta semplice e veloce.

In questa sezione facciamo vedere che il metodo approssimato non solo ciconsente di ricavare le concentrazioni di equilibrio delle specie che prendonoparte all’unica reazione considerata, ma ci fornisce anche i valori (approssimati)delle concentrazioni di equilibrio di tutte le specie chimiche presenti nel sistema.110. Riprendiamo il nostro esempio dell’acido acetico. Abbiamo ricavato leconcentrazioni (approssimate) di equilibrio dell’acido acetico indissociato, degli

51

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ioni idrogeno e degli ioni acetato. Gli ioni ossidrile non partecipano alla reazionedi ionizzazione acida dell’acido acetico e quindi non sono stati considerati.

Tuttavia, sfruttando l’approssimazione dell’equilibrio prevalente, ci siamoricavati un valore (approssimato) per la concentrazione di equilibrio degli ioniH+.

Ora: alla sezione 1.5.1 si era visto che quando un sistema, per quanto com-plesso, raggiunge lo stato di equilibrio, tutte le reazioni sono all’equilibrio eper ciascuna vale la legge dell’azione di massa. Nel caso presente, cio’ significache, all’equilibrio, la legge dell’azione di massa per l’autoionizzazione dell’acquadeve essere valida (anche se abbiamo ignorato questa reazione nell’ambito del-l’approssimazione dell’equilibrio prevalente). In buona sostanza, possiamo direche deve valere la seguente relazione:

KW =[H+] [

OH−]

Ma allora, inserendo il valore di [H+] in nostro possesso nell’espressione delprodotto ionico dell’acqua, possiamo ricavare un valore approssimato anche perla concentrazione di equilibrio degli ioni [OH−]:

[OH−

]=

KW

[H+]

=1.0× 10−14

1.33× 10−3

= 7.52× 10−12 mol/L

Verifichiamo la validita’ dell’approssimazione

111. Avendo trovato il valore approssimato per la concentrazione di equilibriodegli ioni OH− nella sezione precedente siamo ora in grado di verificare lavalidita’ dell’approssimazione di cui abbiamo fatto uso.112. Questo e’ un punto molto importante e di carattere generale. Molto spesso(direi quasi sempre) nei problemi di equilibrio si fanno una o piu’ assunzionisemplificative (abbiamo visto l’esempio dell’equilibrio prevalente). E’ essenzialeche, dopo aver ottenuto i risultati approssimati, si verifichi con essi che tutte leapprossimazioni fatte erano valide.113. Se tornate al punto 98 vedrete che l’approssimazione dell’equilibrio pre-valente per la ionizzazione dell’acido acetico consiste in pratica nel consideraretrascurabile la concentrazione degli ioni H+ e OH− provenienti dall’autoioniz-zazione dell’acqua. Ora possiamo valutare la bonta’ di questa approssimazione.

Per la concentrazione di equilibrio degli ioni OH− abbiamo ottenuto il valoredi 7.52× 10−12: questo e’ effettivamente un valore molto piccolo se confrontatocoi valori delle concentrazioni di equilibrio delle specie HA, A− e H+ coinvoltenell’equilibrio prevalente.114. Possiamo vedere la stessa cosa da un altro punto di vista.

Al punto 98 si e’ visto che una conseguenza dell’approssimazione dell’equili-brio prevalente era il bilancio 1.19:

[H+]

=[A−]

52

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Cio’ e’ equivalente ad assumere che tutti gli ioni idrogeno della soluzioneprovengano solo dalla ionizzazione dell’acido acetico, mentre quelli provenientidall’autoionizzazione dell’acqua siano in quantita’ trascurabile.

Per ovvi motivi stechiometrici, la concentrazione di ioni OH− e’ anche nu-mericamente uguale alla concentrazione di quella parte degli ioni H+ che pro-vengono dall’autoionizzazione dell’acqua. Quindi siamo ora in grado di valu-tare quantitativamente la validita’ dell’approssimazione di aver trascurato laconcentrazione degli ioni idrogeno provenienti dall’autoionizzazione dell’acqua:

[H+]da acido acetico[H+]da acqua

=1.33× 10−3

7.52× 10−12

= 1.77× 108

Cioe’: la concentrazione di ioni idrogeno provenienti dalla ionizzazione del-l’acido acetico e’ piu’ di cento milioni di volte maggiore di quella provenientedall’autoionizzazione dell’acqua.

Questo significa che un’eventuale correzione del valore approssimato ottenutoavrebbe effetto sulla nona o decima cifra significativa: raramente serve conoscereuna concentrazione con piu’ di tre o quattro cifre significative.

1.33× 10−3 = 0.00133000000000

^^^

|||

vvv

7.52× 10−12 = 0.00000000000752

La concentrazione dei reagenti non deve essere troppo bassa

115. Al punto 94 e’ stata introdotta l’approssimazione dell’equilibrio prevalen-te. Le condizioni per poterla applicare sono due:

1. la costante di equilibrio di una delle reazioni indipendenti deve esere moltomaggiore di tutte le altre e

2. i partecipanti a questa reazione non devono essere in concentrazione troppobassa

In questa sezione vogliamo chiarire meglio il secondo punto. In pratica: seanche una reazione ha una costante di equilibrio molto maggiore delle altre (equindi il corrispondente equilibrio e’ molto piu’ spostato verso destra), ma laconcentrazione dei reagenti e’ molto piccola, allora non e’ piu’ vero che i cam-biamenti di concentrazione dovuti alle altre reazioni possono essere trascurati el’approssimazione dell’equilibrio prevalente non e’ applicabile.116. Rendiamoci conto di questo aspetto con un esempio numerico.

Supponiamo che la concentrazione iniziale del nostro acido acetico sia C◦HA =

1.0× 10−7 mol/L invece che C◦HA = 0.1 mol/L e ripetiamo il calcolo approssi-

mato.

HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

t =∞ C◦HA − x x x

53

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KA =x2

C◦HA − x

KA (C◦

HA − x) = x2

KAC◦

HA −KAx = x2

x2 + KAx−KAC◦

HA = 0

x =−KA ±

K2A + 4KAC◦

HA

2

x =−KA +

K2A + 4KAC◦

HA

2

=−1.8× 10−5 +

(1.8× 10−5)2 + 4× 1.8× 10−5 × 1.0× 10−7

2

= 9.95× 10−8 mol/L

Il risultato e’ paradossale! Abbiamo aggiunto all’acqua un acido (anchese in concentrazione piccolissima) e la concentrazione degli ioni idrogeno e’diminuita rispetto a quella di equilibrio in acqua pura: questo non puo’ essere!

Possiamo ricavare la concentrazione di equilibrio degli ioni ossidrile:

[OH−

]=

KW

[H+]

=1.0× 10−14

9.95× 10−8

= 1.01× 10−7 mol/L

Come vedete, la concentrazione degli ioni OH− risulta addirittura maggio-re di quella degli ioni H+. Detto in altre parole, la concentrazione degli io-ni H+ provenienti dall’autoionizzazione dell’acqua (numericamente uguale allaconcentrazione degli ioni OH− per motivi stechiometrici) e’ maggiore di quellaproveniente dall’acido acetico (nonostante che sia KA ≫ KW ):

[H+]

da acqua = 1.01× 10−7 >[H+]

da acido acetico = 9.95× 10−8

il che mostra di nuovo che in queste condizioni l’approssimazione dell’equilibrioprevalente non e’ applicabile.

1.13.3 Ulteriori semplificazioni quando K→ 0 o K→∞117. Dopo aver ridotto il problema a una sola reazione con l’approssimazionedell’equilibrio prevalente, e’ generalmente possibile applicare ulteriori semplifi-cazioni basate sul valore della costante di equilibrio.118. In pratica si possono presentare due casi:

1. La costante di equilibrio e’ molto piccola:

54

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K → 0

In questo caso, nello scrivere alcune delle concentrazioni di equilibrio nelmetodo della tabella, si puo’ assumere che la reazione in pratica nonavvenga.

2. La costante di equilibrio e’ molto grande:

K → ∞

In questo caso, nello scrivere alcune delle concentrazioni di equilibrionel metodo della tabella, si puo’ assumere che la reazione in pratica siacompleta.

Vedremo come si applicano queste semplificazioni con degli esempi.119. Prima, pero’, chiariamo un punto. Potrebbe venire da pensare: “Nelcaso K → 0 l’applicazione dell’approssimazione dell’equilibrio prevalente none’ possibile”. In realta’ vedremo che esistono moltissimi sistemi di equilibrio diuso comune in cui una delle costanti di equilibrio e’ sufficientemente grandeda permettere l’approssimazione dell’equilibrio prevalente, ma al tempo stessosufficientemente piccola da consentire le ulteriori approssimazioni trattate inquesta sezione. Uno di questi casi e’ proprio la ionizzazione dell’acido acetico cheabbiamo preso come esempio nelle sezioni precedenti. Come abbiamo visto, ilvalore della costante di ionizzazione KA e’ piu’ di un miliardo di volte maggioredel valore della costante di autoionizzazione dell’acqua (l’unica altra reazioneindipendente presente in questo sistema):

KA

KW= 1.8× 109

e cio’ consente di applicare l’approssimazione dell’equilibrio prevalente.Tuttavia, se e’ vero che la costante di ionizzazione KA e’ grande rispetto al-

la costante KW, il suo valore numerico “assoluto” e’ pur sempre molto piccolo:1.8 × 10−5 (≈ un centomillesimo). Cio’ significa che la reazione di ionizzazio-ne acida dell’acido acetico e’ comunque molto poco spostata verso destra (purrimanendo molto piu’ spostata verso destra della reazione di autoionizzazionedell’acqua). Cio’ consente di applicare l’approssimazione K → 0 che stiamotrattando.

In conclusione: sono molti i casi in cui una costante e’ molto piu’ grandedelle altre (→ equilibrio prevalente), ma il suo valore numerico rimane comunquepiccolo (K → 0).

Ovviamente, il caso in cui una costante di equilibrio contemporaneamente siamolto maggiore delle altre e abbia un valore numerico molto grande in assolutonon pone alcun problema di “paradosso”: sia l’approssimazione dell’equilibrioprevalente che l’approssimazione K →∞ sono applicabili “senza riserve”.

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Il caso K→ 0

120. Riprendiamo il problema della ionizzazione dell’acido acetico (concentra-zione iniziale: C◦

HA = 0.1 mol/L, KA = 1.8× 10−5).Abbiamo gia’ visto che l’approssimazione dell’equilibrio prevalente e il me-

todo della tabella portano a:

HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

t =∞ C◦HA − x x x

Quale ulteriore semplificazione possiamo operare basandoci sul fatto che lacostante di equilibrio e’ comunque un numero molto piccolo?

Se la costante di equilibrio e’ piccola, la reazione si spostera’ molto pocoverso destra per raggiungere l’equilibrio, cioe’ la concentrazione di acido acetico(HA) consumata sara’ molto piccola, cioe’ x sara’ un numero molto piccolo(x→ 0), cioe’ x si potra’ assumere trascurabile rispetto a C◦

HA, cioe’:

C◦

HA − x ≈ C◦

HA

e questa e’ l’approssimazione che il valore molto piccolo della costante di equi-librio ci consente di fare.

Col che la tabella si semplifica in questo modo:

HA = H+ +A−

t = 0 C◦HA 0 0

t =∞ C◦HA x x

Ora la risoluzione del problema rispetto a x e’ ancora piu’ semplice:

KA =x2

C◦HA

x2 = C◦

HAKA

x =√

C◦HAKA

=√

0.1× 1.8× 10−5

= 1.34× 10−3 mol/L

121. Confrontate questo valore con il valore ottenuto applicando solo l’appros-simazione dell’equilibrio prevalente (punto 103): i due valori differiscono solo diuna unita’ sulla terza cifra significativa. Il valore piu’ approssimato differisceper meno dell’1% dal valore meno approssimato:

100×(1.34× 10−3

)−(1.33× 10−3

)

1.33× 10−3= 0.75 %

Cio’ e’ ampiamente accettabile per tutti gli scopi comuni.122. Facciamo alcune considerazioni:

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• Analogamente a quanto visto al punto 110, possiamo inserire il valore ap-prossimato ottenuto per la concentrazione di equilibrio degli ioni H+ nellalegge dell’azione di massa per l’autoionizzazione dell’acqua per trovare laconcentrazione di equilibrio degli ioni OH−:

H2O = H+ + OH−

KW =[H+] [

OH−]

[OH−

]=

KW

[H+]

=1.0× 10−14

1.34× 10−3

= 7.46× 10−12 mol/L

da confrontare col valore 7.52× 10−12 mol/L trovato con la sola appros-simazione dell’equilibrio prevalente (punto 110). I due valori differisconoper meno dell’1%:

100×(7.46× 10−12

)−(7.52× 10−12

)

7.52× 10−12= −0.80%

• Come gia’ accennato, anche in questo caso possiamo verificare la bonta’dell’approssimazione applicata.

Il valore numerico di x trovato, 1.34 × 10−3, e’ effettivamente circa 100volte piu’ piccolo di C◦

HA:

1.34× 10−3

0.1= 1.34× 10−2

• Siccome il trattamento mostrato qui poggia comunque sull’approssima-zione dell’equilibrio prevalente, bisogna sempre controllare che la concen-trazione iniziale non sia troppo piccola (ma questo accade raramente neicasi comuni). Ad esempio, se ripetiamo il procedimento assumendo unaconcentrazione iniziale di acido acetico C◦

HA = 1.0× 10−4, otteniamo:

KA =x2

C◦HA

x2 = C◦

HAKA

x =√

C◦HAKA

=√

1.0× 10−4 × 1.8× 10−5

= 4.24× 10−5 mol/L

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In questo caso x e’ solo circa la meta’ di C◦HA, il che rende inapplicabile

l’approssimazione.

4.24× 10−5

1.0× 10−4= 0.4

Il caso K→∞123. Per illustrare questo caso non possiamo trattare la ionizzazione dell’acidoacetico perche’ la costante di ionizzazione KA non e’ certo un numero grande.124. Consideriamo invece la neutralizzazione dell’acido acetico con idrossidodi sodio. L’idrossiodo di sodio e’ completamente ionizzato e la specie cheeffettivamente reagisce con l’acido acetico e’ lo ione ossidrile:

HA + OH− = A− + H2O

E’ banale rendersi conto che la costante di equilibrio di questa reazione e’data da:

K =KA

KW

(la reazione e’ l’inversa della ionizzazione basica dello ione acetato: K = 1/KB =1/ (KW /KA) = KA/KW ).

A causa del termine KW = 1.0 × 10−14 al denominatore, il valore dellacostante e’ molto grande:

K =1.8× 10−5

1.0× 10−14

= 1.8× 109

E’ anche facile rendersi conto che in questo sistema di equilibrio ci sono solodue reazioni indipendenti:

HA + OH− = A− + H2O

H2O = H+ + OH−

(ad esempio, la ionizzazione dell’acido acetico si ottiene sommando le due equa-zioni su scritte e quindi non e’ indipendente)

Allora, prima di tutto possiamo dire che l’approssimazione dell’equilibrioprevalente e’ applicabile: la costante K e’ ≈ 1023 volte maggiore di KW :

K

KW=

1.8× 109

1.0× 10−14

= 1.8× 1023

Quindi possiamo limitarci a considerare il solo equilibrio di neutralizzazione.

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Indichiamo con C◦HA e C◦

OH− la concentrazione iniziale di acido acetico eidrossido di sodio, rispettivamente, e supponiamo che sia:

C◦

HA = 0.1 mol/L

C◦

OH− = 0.08 mol/L

Ora applichiamo il metodo della tabella. Scegliendo come incognita la con-centrazione di acetato all’equilibrio e applicando i banali bilanci di massa basatisulla stechiometria si ha:

HA +OH− = A− +H2Ot = 0 C◦

HA C◦

OH− 0t =∞ C◦

HA − x C◦

OH− − x x

(ovviamente, non consideriamo l’acqua)125. Il problema potrebbe essere risolto gia’ cosi’ com’e’. Inserendo le concen-trazioni di equilibrio nella legge dell’azione di massa si ottiene:

K =x

(C◦HA − x)

(C◦

OH−− x)

che e’ un’equazione di secondo grado, come potete facilmente verificare:

Kx2 − x {K (C◦

HA + C◦

OH−) + 1}+ KC◦

HAC◦

OH− = 0

Risolvendo rispetto a x si ottiene:

x =K(C◦

HA + C◦

OH−

)+ 1±

√{K(C◦

HA + C◦

OH−

)+ 1}2 − 4K2C◦

HAC◦

OH−

2K

=1

2× 1.8× 109

1.8× 109 × (0.1 + 0.8) + 1

±√

{1.8× 109 × (0.1 + 0.8) + 1}2 − 4× (1.8× 109)2 × 0.1× 0.8

x1 = 0.0799999977777781 mol/L

x2 = 0.100000002777777 mol/L

(il motivo per cui riporto il risultato con cosi’ tante cifre apparira’ chiaro frabreve)

Chiaramente, x2 va scartata. Infatti x e’ la concentrazione di equilibriodegli ioni A− e quindi non puo’ essere maggiore della concentrazione inizialedi acido acetico (non si possono formare piu’ ioni A− delle molecole di HA messeinizialmente a reagire!).

Rimane quindi solo x1. Possiamo quindi trovare tutte le concentrazioni diequilibrio:

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[A−]

= 0.0799999977777781 mol/l

≈ 0.080 mol/l

[HA] = C◦

HA − x1

= 0.1− 0.08

= 0.02 mol/L[OH−

]= C◦

OH− − x1

= 0.08− 0.0799999977777781

= 2.22× 10−9 mol/L

(ecco perche’ ho mantenuto tutte quelle cifre per x1: se avessimo approssimatosubito a 0.08, la concentrazione di equilibrio degli ioni OH− sarebbe risultatanulla, il che non puo’ essere mai vero!)

Infine, utilizzzando la legge dell’azione di massa per l’autoionizzazione del-l’acqua, possiamo ricavare anche il valore della concentrazione di equilibrio degliioni H+ (con un ragionamento analogo a quello svolto al punto 110):

H2O = H+ + OH−

KW =[H+] [

OH−]

[H+]

=KW

[OH−]

=1.0× 10−14

2.22× 10−9

= 4.50× 10−6 mol/L

Fin qui abbiamo applicato solo l’approssimazione dell’equilibrio prevalente:nessuna considerazione e’ stata fatta sulla grandezza della costante di equilibrio.126. Tuttavia, possiamo ulteriormente semplificare il problema osservando chela costante di equilibrio della reazione e’ molto grande. Sotto questa ipotesipossiamo assumere che la reazione sia completamente spostata verso destra equindi il calcolo delle concentrazioni di equilibrio diventa immediato.

Infatti, assumendo che la reazione sia completa, tutti gli ioni ossidrile verran-no consumati (perche’ sono in difetto stechiometrico rispetto all’acido acetico),verra’ prodotta un ugual concentrazione di ioni acetato e avanzera’ l’eccesso diacido acetico indissociato. Rappresentando la situazione con la tabella si ha:

HA +OH− = A− +H2Ot = 0 C◦

HA C◦

OH− 0t =∞ C◦

HA − C◦

OH− 0 C◦

OH−

(naturalmente, se avessimo supposto C◦HA < C◦

OH− tutto sarebbe stato di con-seguenza: HA si sarebbe consumato completamente, sarebbe avanzato l’eccessodi ioni OH− e si sarebbe formata una concentrazione di ione A− uguale allaconcentrazione iniziale di HA)

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Vedete quindi che, praticamente senza fare calcoli, abbiamo trovato le con-centrazioni di equilibrio (approssimate) di 2 delle 4 specie chimiche da determi-nare:

[HA] = C◦

HA − C◦

OH−

= 0.1− 0.08

= 0.02 mol/L[A−]

= C◦

OH−

= 0.08 mol/L

E cio’ grazie all’osservazione che K →∞.127. Si potrebbe dire che abbiamo anche un valore approssimato per la con-centrazione di equilibrio degli ioni OH−: il valore nullo. Questo e’ senz’altrovero, pero’ possiamo fare di meglio (in effetti, possiamo ben immaginare che laconcentrazione di equilibrio degli ioni OH− dovra’ essere molto piccola, pero’ci e’ altrettanto chiaro che non potra’ mai essere nulla).128. In un sistema chimico all’equilibrio tutte le reazioni chimiche presentisono contemporaneamente all’equilibrio (sezione 1.5.1). Allora, avendo le con-centrazioni di equilibrio per HA e A− possiamo sfruttare la legge dell’azionedi massa per la reazione di ionizzazione acida dell’acido acetico per trovare unvalore approssimato per la concentrazione di equilibrio degli ioni H+:

HA = H+ + A−

KA =[H+] [A−]

[HA]

[H+]

= KA[HA]

[A−]

= KAC◦

HA − C◦

OH−

C◦

OH−

= 1.8× 10−5 0.1− 0.08

0.08

= 4.50× 10−6 mol/L

Infine, utilizzando la legge dell’azione di massa per l’autoionizzazione dell’ac-qua, possiamo trovare un valore migliore del valore nullo per la concentrazionedi equilibrio degli ioni OH−:

H2O = H+ + OH−

KW =[H+] [

OH−]

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[OH−

]=

KW

[H+]

=1.0× 10−14

4.50× 10−6

= 2.22× 10−9 mol/L

Possiamo riassumere i risultati numerici ottenuti ai vari livelli di approssi-mazione:

conc. di eq. esatto solo eq. prevalente eq. prevalente PIU’ K →∞[HA] 2.00× 10−2 2.00× 10−2 2.00× 10−2

[A−] 8.00× 10−2 8.00× 10−2 8.00× 10−2

[OH−] 2.22× 10−9 2.22× 10−9 2.22× 10−9

[H+] 4.50× 10−6 4.50× 10−6 4.50× 10−6

Come si vede, le cose vanno decisamente bene.Facciamo anche qui alcune considerazioni:

• Verifichiamo la validita’ dell’assunzione fatta circa la completezza dellareazione. La concentrazione di equilibrio degli ioni OH− non e’ nulla,come dovrebbe essere se la reazione fosse veramente completa, ma pococi manca. La concentrazione iniziale di ioni OH− si e’ ridotta di un fattorepari a circa cento milioni:

2.22× 10−9

0.08= 2.78× 10−8

• I valori ottenuti con l’approssimazione K → ∞ coincidono, nel limitedelle cifre significative considerate, con i valori che avevamo trovato ap-plicando solo l’approssimazione dell’equilibrio prevalente; i calcoli da fare(manualmente) nei due casi, tuttavia, sono di peso ben diverso.

• Anche in questo caso, come in quello K → 0 visto prima, non bisognadimenticare che a monte di tutto c’e’ comunque l’approssimazione dell’e-quilibrio prevalente e quindi le concentrazioni iniziali non possono esseretroppo piccole.

Ad esempio, se rifacciamo il calcolo con:

C◦

HA = 1.0× 10−7 mol/L

C◦

OH− = 0.8× 10−7 mol/L

si ottengono i seguenti risultati:

conc. di eq. esatto solo eq. prevalente eq. prevalente PIU’ K →∞[HA] 6.1× 10−10 2.20× 10−8 2.00× 10−8

[A−] 9.9× 10−8 7.80× 10−8 8.00× 10−8

[OH−] 9.1× 10−8 1.97× 10−9 2.22× 10−9

[H+] 1.1× 10−7 5.07× 10−6 4.50× 10−6

62

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Prima di tutto, vedete che le concentrazioni di equilibrio ”esatte” degli io-ni H+ e OH− sono confrontabili con quelle prodotte dall’autoionizzazionedell’acqua, il che rende inapplicabile l’approssimazione dell’equilibrio pre-valente: confrontate i valori della colonna “esatto” con quelli della colonna“solo eq. prevalente”.

L’ulteriore approssimazione di assumere la reazione completa (K → ∞)non cambia di molto la situazione (osservate, pero’ che, curiosamente, ivalori ottenuti con l’approssimazione dell’equilibrio prevalente PIU’ K →∞ sono leggermente migliori: cio’ e’ probabilmente dovuto al fatto chel’assunzione K →∞ rende “un po’ meno ingiustificata” l’approssimazionedell’equilibrio prevalente perche’, in pratica, considerando una costante diequilibrio effettivamente infinita, rafforza la base stessa per l’assunzionedell’equilibrio prevalente).

1.14 Schema riassuntivo

129. Ricapitoliamo quanto detto in questo capitolo sul trattamento dei proble-mi di equilibrio.

• Risolvere un problema “canonico” di equilibrio significa trovare tutte leconcentrazioni di equilibrio avendo come dati le concentrazioni iniziali ele costanti di equilibrio

• E’ sempre possibile un approccio “rigoroso” che consiste nello scrivere unsistema di equazioni contenente tutte le espressioni della legge dell’azionedi massa per le reazioni indipendenti, uno o piu’ bilanci di massa per i varipartecipanti e un bilancio di carica (se alcuni dei partecipanti sono specieioniche)

• Purtroppo, quasi mai il sistema cosi’ ottenuto e’ facilmente risolvibile pervia analitica

• Per questo motivo e’ utile conoscere dei metodi approssimati che, se daun lato non forniscono risultati “esatti”, dall’altro, pero’, consentono unarisoluzione analitica e veloce del problema.

• La prima approssimazione molto spesso applicabile e’ quella dell’equilibrioprevalente: i requisiti per poterla applicare sono (i) che una costante diequilibrio sia molto maggiore delle altre e (ii) che le concentrazioni deireagenti della corrispondente reazione non siano troppo basse

• “A valle” di questa prima approssimazione si possono spesso applicare ul-teriori semplificazioni legate al valore numerico della costante di equilibriodell’unico processo che ci si e’ ristretti a considerare: i casi da consideraresono essenzialmente due: (i) K → 0 e (ii) K →∞

• In ogni caso bisogna sempre controllare che i risultati approssimati otte-nuti giustifichino le approssimazioni adottate

Lo schema di approccio ad un generico problema di equilibrio e’ mostratonella figura 1.1.

63

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problema di equilibrio

trattamento “rigoroso”

• legge dell’azionedi massa

• bilanci di massa

• bilancio di carica

sistema di equazioninon lineare (richie-de quasi sempre unapproccio numerico)

trattamento (piu’) ap-prossimato

approssimazione dell’e-quilibrio prevalente

ulteriori semplificazioni

K → 0 K →∞

������

����

����

����

����

���

��

��

��???

????

????

????

????

??

��

��

������

����

����

����

����

���

��???

????

????

????

????

????

Figura 1.1: Schema di approccio ad un problema di equilibrio chimico

64

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La capacita’ tamponante

130. Per capacita’ (o potere) tamponante di una soluzione si intende la mi-sura di quanto efficacemente la soluzione e’ in grado di contrastare le variazionidi pH provocate dall’aggiunta di un acido o una base forte.131. La soluzione considerata non deve essere necessariamente una soluzionetampone: come vedremo meglio fra poco, ad esempio, soluzioni con pH moltoalto o molto basso (tipicamente soluzioni contenenti acidi forti o basi forti inelevata concentrazione) presentano un elevato potere tamponante.132. In questa sezione definiremo in modo quantitativo la capacita’ tamponantee vedremo da quali parametri sperimentali dipende la capacita’ tamponante diuna soluzione tampone.133. Data una soluzione qualsiasi, se aggiungiamo ∆CB moli per litro di unabase forte e indichiamo con ∆pH la corrispondente variazione di pH osservata,allora una misura della capacita’ tamponante β puo’ essere convenientementeespressa con il rapporto:

β =∆CB

∆pH

134. Il significato di β e’:

quanta base forte si deve aggiungere alla soluzione per provocare unavariazione unitaria di pH

β e’ effettivamente una misura del potere tamponante: β e’ tanto maggiorequanto maggiore e’ l’efficienza della soluzione nel contrastare la variazione dipH provocata dall’aggiunta di una base forte poiche’ un valore di β elevatosignifica che e’ necessario aggiungere una concentrazione di base forte elevataper provocare una variazione unitaria di pH .135. Se invece di una base forte consideriamo l’aggiunta ∆CA di un acido forte,

la conseguente variazione di pH (misurata sempre come: pH dopo l’aggiunta −pH prima dell’aggiunta ) sara’ uguale in modulo, ma negativa, perche’ l’ag-

giunta di un acido forte provoca una diminuzione di pH , qualsiasi sia il contenutodi una soluzione.

Per questo motivo, conviene in questo caso definire la capacita’ tamponantecome l’opposto del rapporto prima scritto:

β = −∆CA

∆pH

Questo al solo scopo di avere una definizione che a maggiore potere tampo-nante associ un numero maggiore.

Per chiarire meglio.Se l’aggiunta di una concentrazione 0.15 mol/L di un acido forte alla so-

luzione S1 produce una variazione di pH pari a −0.94 e la stessa aggiunta diacido forte alla soluzione S2 provoca una variazione di pH pari a −0.45, signi-fica chiaramente che S1 ha un potere tamponante minore di S2. Se pero’ nonintroducessimo il segno meno nella definizione di β per il caso dell’aggiunta diun acido, si avrebbe:

65

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β1 =0.15

−0.94= −0.16

β2 =0.15

−0.45= −0.33

e quindi:

β1 > β2

cioe’ l’ordine dei valori di β sarebbe opposto all’ordine del potere tamponantedelle due soluzioni.

Viceversa, introducendo il segno negativo, si ha:

β1 = − 0.15

−0.94= 0.16

β2 = − 0.15

−0.45= 0.33

e la soluzione con potere tamponante maggiore ha anche il valore di β maggiore.136. In definitiva, una definizione coerente del potere tamponante deve distin-guere se la variazione di pH e’ determinata dall’aggiunta di una base o di unacido forte:

β =∆CB

∆pH

= −∆CA

∆pH

137. Se l’aggiunta di acido o base forte e la corrispondente variazione di pHfossero legate da una relazione lineare, allora la definizione appena scritta sa-rebbe sufficiente, perche’ darebbe sempre lo stesso risultato indipendentementedal valore dell’aggiunta.

Invece, la relazione fra variazione di pH e aggiunta di un acido o una baseforte alla soluzione, in generale, non e’ lineare (basta che pensiate solo al fat-to che, a parita’ di aggiunta, la variazione di pH dipende prima di tutto dalcontenuto della soluzione!).138. Per questo motivo e’ opportuno definire la capacita’ tamponante non intermini di incrementi finiti, ma considerando incrementi infinitesimi. In altreparole, la definizione piu’ opportuna di potere tamponante viene espressa conuna derivata:

66

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β = lim∆pH→0

∆CB

∆pH=

dCB

dpH

β = lim∆pH→0

−∆CA

∆pH= −dCA

dpH

139. Non fatevi intimorire: la situazione e’ identica a quella che sicuramenteavete gia’ incontrato quando avete definito la velocita’ v in un moto unidimen-sionale. Se l’accelerazione e’ nulla, allora lo spazio percorso ∆s varia linearmentecon il tempo impiegato a percorrerlo ∆t e la velocita’ lineare (costante) puo’essere definita come:

v =∆s

∆t

Se pero’ il moto e’ accelerato, allora la definizione su scritta non e’ piu’sufficiente e bisogna definire la velocita’ (che ora non e’ piu’ costante) punto perpunto, facendo tendere a zero l’intervallo di tempo considerato; il che equivalea fare la derivata della funzione s = s (t):

v = lim∆t→0

∆s

∆t=

ds

dt

140. Chiarita la sua definizione, nel resto di questa sezione vogliamo dimostra-re che il potere tamponante di una soluzione tampone e’ massimo quando ilrapporto fra le concentrazioni dell’acido debole e della sua base coniugata e’unitario.

Questo e’ il motivo per cui, quando si prepara una soluzione tampone, si devefare in modo che il pH target venga ottenuto con un rapporto di concentrazioniacido debole/base coniugata il piu’ vicino possibile ad 1 (il che equivale a direche il criterio di scelta della coppia coniugata acido base deve essere quello chela costante di ionizzazione acida sia piu’ vicina possibile al pH target).141. Procederemo nel modo seguente: ricaveremo la relazione C = C (pH),dove C e’ la concentrazione della base forte o dell’acido forte che viene aggiuntoalla soluzione, ne faremo la derivata e verificheremo che tale derivata presentaun massimo quando le concentrazioni dei due membri della coppia coniugatasono uguali.142. Consideriamo allora una soluzione contenente una concentrazione CT diun acido debole monprotico HA con costante di ionizzazione KA a cui ag-giungiamo una base forte monoprotica B o un acido forte monoprotico HX inconcentrazione C (la derivazione che segue e’ basata su quella descritta nel librodi Adam Hulanicki [1]).

Assumiamo per semplicita’ che le concentrazioni CT e C siano gia’ corretteper l’eventuale diluizione, nel caso in cui la base o l’acido forte vengano aggiuntisotto forma di una soluzione che li contiene.143. La relazione che ci interessa, C = C (pH), viene ottenuta impostando colmetodo visto il sistema di equazioni che descrive questo problema di equilibrio.

[1] Adam Hulanicki. Reactions of acids and bases in Analytical Chemistry. PWN, Warszawa,2nd edition, 1980.

67

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E’ facile rendersi conto che ci sono solo due reazioni indipendenti. Fra tuttele possibili, scegliamo le seguenti:

HA = A− + H+

H2O = H+ + OH−

Le incognite sono 4: [HA], [A−], [H+], [OH−].Le 4 equazioni che costituiscono il sistema risolvente sono:

KA =[H+] [A−]

[HA]

KW =[H+] [

OH−]

CT = [HA] +[A−]

(bilancio di massa per l’acido debole)

C +[H+]

=[OH−

]+[A−]

(bilancio di carica)

144. E’ importante osservare che il sistema appena scritto e’ valido sia perl’aggiunta di una base forte, che per l’aggiunta di un acido forte. Nel secondocaso, sara’ C < 0.

Infatti, le prime tre equazioni sono totalmente indipendenti dalla natura dicio’ che viene aggiunto (cioe’ se si tratta di una base forte o di un acido forte).

L’unica equazione che dipende da cosa si aggiunge alla soluzione e’ la quarta.Se si aggiunge una base forte, allora l’equazione per il bilancio di carica

e’ quella scritta sopra, con C = [BH+], perche’ la base forte, per ipotesi, e’completamente ionizzata e quindi, in questo caso, C e’ il contributo alla caricapositiva dovuto alla base forte completamente protonata (oppure al cationemetallico, se aggiungiamo un idrossido, come NaOH).

Se si aggiungesse un acido forte HX , invece, l’equazione per il bilancio dicarica sarebbe:

[H+]

= C +[OH−

]+[A−]

con C = [X−] perche’, analogamente al caso della base forte, l’acido forte e’completamente ionizzato per ipotesi e C sarebbe in questo caso il contributoalla carica negativa della soluzione dovuto agli anioni X−.

Ma allora il bilancio di carica per il caso dell’aggiunta di un acido forte sipuo’ scrivere come:

C +[H+]

=[OH−

]+[A−]

con C < 0.In definitiva: il sistema di equazioni su scritto descrive sia il caso dell’ag-

giunta di una base forte quando C > 0, che quello dell’aggiunta di un acidoforte, quando C < 0.

68

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145. Da quanto detto al punto precedente segue anche che, una volta ricavatala relazione C = C (pH) nello scenario che stiamo considerando, la definizionedella capacita’ tamponante puo’ essere scritta sempre col segno positivo, vistoche nel caso dell’aggiunta di un acido forte si ha gia’ C < 0. Infatti, per il casodell’aggiunta di un acido forte, si avra’:

C (pH) < 0⇒ dC (pH)

dpH= − d

dpH|C (pH)|

che fornisce, come vogliamo, un risultato non negativo.146. A questo punto possiamo ricavare la funzione C = C (pH). Dall’espressio-ne della legge dell’azione di massa per la ionizzazione dell’acido debole ricaviamo[HA]:

[HA] =[H+] [A−]

KA

e sostituiamo nell’equazione del bilancio di massa:

CT =[H+] [A−]

KA+[A−]

Da questa equazione ricaviamo [A−]:

[A−](

1 +[H+]

KA

)

= CT

[A−]

=CT

(

1 + [H+]KA

)

[A−]

=CT

(KA+[H+]

KA

)

[A−]

=CT KA

KA + [H+]

Infine, sostituiamo l’espressione ottenuta nell’equazione del bilancio di carica,esprimendo inoltre la concentrazione degli ioni ossidrile in funzione di quelladegli ioni idrogeno grazie all’espressione della legge dell’azione di massa perl’autoionizzazione dell’acqua:

C +[H+]

=[OH−

]+[A−]

C +[H+]

=KW

[H+]+

CT KA

KA + [H+]

C =KW

[H+]−[H+]+

CT KA

KA + [H+]

69

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La relazione cercata fra C e il pH si otterrebbe a questo punto semplicementesostituendo al posto della concentrazione degli ioni idrogeno (nel seguito indicatacon h per semplicita’) la sua espressione in termini di pH :

h = 10−pH

ma e’ piu’ comodo mantenere la concentrazione di ioni idrogeno come tale epensare a C come ad una funzione composta (funzione di funzione): C =C (h (pH)).Quindi siamo arrivati a:

C (h) =KW

h− h +

CT KA

KA + h

147. Vale la pena di discutere brevemente il comportamento della funzioneappena trovata per valori estremi di pH .

E’ facile rendersi conto che valgono i due seguenti limiti:

limpH→+∞

C (pH) = limh→0

C (h) = +∞

limpH→−∞

C (pH) = limh→+∞

C (h) = −∞

Tutto cio’ e’ assolutamente ragionevole e coerente con quanto abbiamo dettofinora.

Il primo limite dice in pratica che, quando [OH−] diventa molto grande(h → 0), anche C fa’ la stessa cosa; la proposizione puo’ essere invertita: seC tende a +∞ anche [OH−] fa’ lo stesso: cio’ e’ esattamente quello che ci siaspetta poiche’ se C → +∞ significa che e’ stata aggiunta una concentrazionemolto elevata di base forte e quindi la concentrazione di ioni ossidrile in soluzionedeve necessariamente crescere di conseguenza (ricordate che, per ipotesi, la baseaggiunta e’ completamente ionizzata).

Il secondo limite dice che, quando [H+] diventa molto grande C tende a−∞; anche in questo caso e’ piu’ chiaro invertire la proposizione: se C tendea −∞ allora [H+] tende a +∞: di nuovo, cio’ e’ esattamente quello che ci siaspetta poiche’ se C → −∞ significa che e’ stata aggiunta una concentrazionemolto elevata di acido forte (ricordate che C < 0 significa aggiunta di acidoforte) e quindi la concentrazione di ioni idrogeno in soluzione deve necessaria-mente crescere di conseguenza (l’acido aggiunto e’ completamente ionizzato peripotesi).

La figura 1.2 mostra il grafico della funzione C = C (h (pH)).148. Come detto al punto 145, il potere tamponante β della soluzione e’ dato,per definizione, dalla derivata dell’espressione su scritta rispetto al pH (nondobbiamo preoccuparci di cambiare segno nel caso dell’aggiunta di un acidoforte).

Siccome abbiamo mantenuto C come “funzione di funzione” inizieremo conl’applicare la regola della derivazione di funzioni composte:

70

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h (pH) = 10−pH

C (h (pH)) = KW

h(pH) − h (pH) + CT KA

KA+h(pH)

C =concentrazione di acido forte ↓C =concentrazione di base forte ↑

pH

C(h

(pH

))

14121086420

2.0

1.5

1.0

0.5

0.0

-0.5

-1.0

Figura 1.2: Grafico della funzione C = C (h (pH)) con KA = 1 × 10−5, CT =1.0 mol/L e KW = 1× 10−14.

d f (y (x))

dx=

d f (y)

dy

dy (x)

dx

Nel nostro caso:

β =dC (h (pH))

dpH

=dC

dh

dh

dpH

Come detto, la relazione fra h e pH e’ ovviamente:

h = 10−pH

e quindi:

dh

dpH=

d

dpH

(10−pH

)

La derivata di 10f(x) e’:

71

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d

dx

(

10f(x))

= ln (10)× 10f(x) × d f(x)

dx

e quindi:

dh

dpH=

d

dpH10−pH

= ln (10)× 10−pH × (−1)

= − ln (10)× h

(nell’ultimo passaggio abbiamo ri-sostituito a 10−pH il simbolo h)Col che arriviamo a:

β =dC

dpH= − ln (10)× h× dC

dh

Resta da fare la derivata di C rispetto ad h:

β = − ln (10)× h× d

dh

(KW

h− h +

CT KA

KA + h

)

= − ln (10)× h×(

−KW

h2− 1− CT KA

(KA + h)2

)

= ln (10)

(

KW

h+ h +

CT KAh

(KA + h)2

)

e questa e’ l’espressione per β, il potere tamponante.Il grafico della funzione β (h (pH)) e’ mostrato nella figura 1.3.

149. Analizziamo brevemente il comportamento della funzione β.E’ facile realizzare che:

limpH→+∞

β (h (pH)) = limh→0

β (h) = +∞

cioe’: la capacita’ tamponante della soluzione tende a infinito quando [OH−]→∞ (guardate anche la figura 1.3).

Cio’ e’ assolutamente ragionevole.Infatti, in queste condizioni, la soluzione NON e’ una soluzione tampone:

e’ stata aggiunta una concentrazione C → +∞ di base forte (ricordate chelimh→0 C (h) = +∞, punto 147) e quindi praticamente tutto l’acido debole sitrova deprotonato come ione A−.

La capacita’ tamponante tende a infinito semplicemente perche’ la concen-trazione di ioni OH− tende ad infinito e quindi per far cambiare il pH di poco,bisogna aggiungere molto acido forte o base forte.

72

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pKA

h (pH) = 10−pH

β (h (pH)) = ln (10)(

KW

h + h + CT KAh(KA+h)2

)

pH

β(h

(pH

))

14121086420

2.5

2.0

1.5

1.0

0.5

0.0

Figura 1.3: Grafico della funzione β (h (pH)) con KA = 1 × 10−5, CT =1.0 mol/L e KW = 1× 10−14.

Per chiarire ulteriormente: se in una soluzione basica concentrata la con-centrazione di ioni OH− e’ COH− e vogliamo fare diminuire il pH di un’uni-ta’, allora dobbiamo ridurre COH− di 10 volte, cioe’ dobbiamo aggiungere unaconcentrazione di acido forte (ioni H+) pari a:

[H+]

=9

10COH−

da cui si vede che la concentrazione di ioni H+ da aggiungere e’ diretta-mente proporzionale alla concentrazione di ioni OH− presente in soluzio-ne (ovviamente, si sarebbe potuto fare un discorso analogo se si avesse volutoincrementare il pH di un’unita’ mediante aggiunta di una base forte).

Quanto appena detto ci consente di concludere che:

Una soluzione basica molto concentrata mostra un effetto tampo-nante elevato (ma e’ di scarsa utilita’ pratica)

150. Analogamente al caso precedente, e’ facile verificare che:

limpH→−∞

β (h (pH)) = limh→∞

β (h) = +∞

cioe’: la capacita’ tamponante della soluzione tende a infinito anche quando[H+]→∞ (guardate la figura 1.3).

Di nuovo, cio’ e’ assolutamente ragionevole.

73

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Come nel caso precedente, in queste condizioni la soluzione NON e’ una so-luzione tampone nel senso da noi definito: e’ stata aggiunta una concentrazionemolto elevata di acido forte (ricordate che limh→∞ C (h) = −∞, punto 147, eun valore di C negativo significa che e’ stato aggiunto un acido forte, punto 144)e quindi la concentrazione di base debole A− e’ a tutti gli effetti nulla.

La capacita’ tamponante tende a infinito semplicemente perche’ la concen-trazione di ioni H+ tende ad infinito e quindi per far cambiare il pH di poco,bisogna aggiungere molto acido forte o base forte.

In modo perfettamente parallelo a quanto detto nel caso precedente: se inuna soluzione acida concentrata la concentrazione di ioni H+ e’ CH+ e vogliamodiminuire il pH di un’unita’, allora dobbiamo aumentare CH+ di 10 volte, cioe’dobbiamo aggiungere una concentrazione di acido forte (ioni H+) pari a:

[H+]

= 9 CH+

da cui si vede che la concentrazione di ioni H+ da aggiungere e’ direttamenteproporzionale alla concentrazione di ioni H+ presente in soluzione (provate aripetere il ragionamento nel caso in cui si voglia aumentare il pH di un’unita’).

Quindi:

Una soluzione acida molto concentrata mostra un effetto tamponanteelevato (ma e’ di scarsa utilita’ pratica)

151. Consideriamo ora il comportamento di β per valori di pH di interessepratico: 0 ≤ pH ≤ 14. In questa regione i primi 2 addendi nell’espressione di βsono entrambi piccoli, mentre il terzo addendo ha valori non piccoli.

Ad esempio, a pH = 5, con KA = 1× 10−5 e CT = 1 mol/L, si ha:

Kw

h=

1× 10−14

1× 10−5

= 1× 10−9

h = 1× 10−5

CT KAh

(KA + h)2 =

1.0× 1× 10−5 × 1× 10−5

(1× 10−5 + 1× 10−5)2

= 0.25 = 2.5× 10−1

Allora, per semplificare i calcoli, nella regione 0 ≤ pH ≤ 14 possiamoconsiderare una versione semplificata dell’espressione trovata per β:

β ∝ CT KAh

(KA + h)2

e studiarne il comportamento.Intanto osserviamo che l’espressione semplificata di β tende ad annullarsi

per valori estremi di pH . Infatti si vede facilmente che:

74

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limh→±∞

CT KAh

(KA + h)2= 0

Questo dice soltanto che il terzo addendo dell’espressione completa di β e’rilevante solo per valori di pH non estremi, che e’ per l’appunto il caso chestiamo considerando ora (abbiamo gia’ visto che per valori estremi di pH ilcomportamento di β e’ dominato dai primi due addendi).

Per cercare massimi o minimi studiamo la derivata prima.

d

dh

(

CT KAh

(KA + h)2

)

=CT KA (KA + h)

2 − CT KAh (2 (KA + h))

(KA + h)4

= CT KAK2

A + h2 + 2KAh− 2KAh− 2h2

(KA + h)4

= CT KAK2

A − h2

(KA + h)4

Quindi, la derivata prima e’ positiva per h < KA, si annulla per h = KA ede’ negativa per h > KA:

h//

KA

dβdh > 0 dβ

dh < 0dβdh = 0

Ne segue che la funzione (semplificata) e quindi la capacita’ tamponante dellasoluzione presenta un massimo per h = KA, ovvero per pH = pKA (figura 1.3).

Ma quando pH = pKA, dall’equazione di Henderson-Hasselbalch segue chela concentrazione dell’acido debole e della sua base coniugata devono essereuguali. Quindi in queste condizioni, diversamente dai due casi precedenti, lasoluzione e’ proprio una soluzione tampone nel senso che abbiamo definito.

Abbiamo cosi’ dimostrato la tesi che avevamo dichiarato al punto 140:

la capacita’ tamponante di una soluzione tampone e’ massima quan-do l’acido debole e la sua base coniugata sono presenti in concentra-zioni uguali

152. Inoltre possiamo osservare ancora la cosa seguente:

β(h=KA) ≈ CT KAKA

(KA + KA)2

=CT K2

A

(2KA)2

=CT K2

A

4K2A

=CT

4

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cioe’: la massima capacita’ tamponante di una soluzione tampone e’ diretta-mente proporzionale alla somma delle concentrazioni dell’acido debole e dellasua base coniugata (CT ).153. Da quanto visto in tutta questa sezione, possiamo concludere quantosegue.

Una soluzione tampone sara’ tanto piu’ efficiente:

• quanto piu’ il rapporto fra la concentrazione dell’acido debole e della suabase coniugata e’ vicino a 1 e

• quanto piu’ e’ concentrata

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Capitolo 2

POTENZIOMETRIA

154. La potenziometria e’ una tecnica analitica che si basa sulla misura delladifferenza di potenziale in una cella elettrochimica in condizioni di equili-brio. Nel seguito vedremo come tale differenza di potenziale possa essere messain relazione con la concentrazione dell’analita di interesse. Specificheremo frabreve cosa significhi “condizioni di equilibrio”: per il momento e’ sufficientedire che in una cella elettrochimica all’equilibrio non circola corrente elettrica.Questo e’ essenziale: la circolazione di corrente elettrica sarebbe infatti inevi-tabilmente accompagnata da reazioni elettrodiche, che farebbero variare laconcentrazione della specie al cui dosaggio si e’ interessati.

Per cominciare, svilupperemo alcuni concetti fondamentali che useremo inseguito per la discussione degli aspetti piu’ propriamente analitici di questatecnica sperimentale.

2.1 Elettrodi

155. Per gli scopi presenti, possiamo definire elettrodo (o sistema elettrodi-co o semicella) un sistema costituito da un conduttore elettronico in contattocon un conduttore elettrolitico. I conduttori elettronici sono quelli in cui la cor-rente elettrica e’ dovuta al movimento di elettroni: tipici conduttori elettronicisono tutti i metalli. Nei conduttori elettrolitici, invece, la corrente elettrica e’trasportata da ioni: l’esempio immediato e’ quello di una soluzione salina.

Nel seguito considereremo sempre sistemi elettrodici costituiti da un metalloimmerso in una soluzione che contiene una o piu’ specie ioniche.

Un aspetto fondamentale dei sistemi elettrodici e’ la presenza di una o piu’coppie redox: una coppia redox e’ costituita da due specie chimiche che siinterconvertono per acquisto o perdita di elettroni.

Ad esempio, le due specie chimiche Cu2+ e Cu possono trasformarsi l’unanell’altra per acquisto o perdita di due elettroni:

Cu2+ + 2e = Cu

Diciamo quindi che Cu2+ e Cu costituiscono una coppia redox: Cu2+ sitrasforma in Cu per acquisto di due elettroni e, viceversa, Cu si trasforma inCu2+ per perdita di due elettroni. In una coppia redox, la specie piu’ povera

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di elettroni (lo ione Cu2+ nell’esempio) si chiama forma ossidata e la speciepiu’ ricca di elettroni (il rame metallico nel nostro esempio) si chiama formaridotta. Il processo in cui la forma ossidata acquista elettroni per trasformarsinella forma ridotta viene detto riduzione, mentre il processo inverso, nel qualela forma ridotta perde elettroni per trasformarsi nella forma ossidata, viene dettoossidazione. Una coppia redox si indica generalmente specificando la formaossidata e quella ridotta (in questo ordine), separate da un segno di frazione:la coppia redox appena vista viene percio’ indicata con Cu2+/Cu. La reazioneche interconverte i due membri di una coppia redox si chiama generalmentesemireazione redox (o reazione elettrodica). Una semireazione redox e’sempre rappresentata da un’equazione del tipo:

riduzione//

forma ossidata + elettroni = forma ridottaoo

ossidazione

Altri esempi di coppie redox sono:

coppia redox reazione elettrodicaAg+/Ag Ag+ + e = AgI2/I− I2 + 2e = 2I−

Fe3+/Fe2+ Fe3+ + e = Fe2+

Fe2+/Fe Fe2+ + 2e = FeMnO−

4 /Mn2+ MnO−

4 + 8H+ + 5e = Mn2+ + 4H2OCr2O

2−7 /Cr3+ Cr2O

2−7 + 14H+ + 6e = 2Cr3+ + 7H2O

Come si vede, una stessa specie puo’ far parte di piu’ di una coppia redox(lo ione Fe2+ e’ la forma ossidata della coppia Fe2+/Fe e la forma ridottadella coppia Fe3+/Fe2+); inoltre, ad una semireazione possono partecipare altrespecie oltre ai due membri della coppia redox implicata (nella semireazione cheinterconverte i due membri della coppia redox MnO−

4 /Mn2+ compaiono ancheH2O e H+).156. I piu’ comuni sistemi elettrodici possono essere classificati sulla base dellostato di aggregazione della coppia redox che li caratterizza:

• Elettrodi costituiti da un metallo in contatto con una soluzione che contie-ne un suo ione, come ad esempio un filo di Ag immerso in una soluzione diAgNO3 (figura 2.1A) oppure una sbarretta di Cu immersa in una soluzionedi CuSO4: in questo caso, un membro della coppia redox (generalmen-te la forma ridotta della coppia) costituisce il conduttore elettronico delsistema elettrodico, mentre l’altra forma si trova in soluzione.

• Elettrodi costituiti da un metallo inerte immerso in una soluzione checontiene sia la forma ossidata che quella ridotta di una coppia redox; unesempio potrebbe essere quello di una sbarretta di Pt o Au immersa inuna soluzione che contiene ioni Fe2+ e Fe3+ (figura 2.1B). In questo caso,come vedremo, il metallo funge solo da “serbatoio” di elettroni, cedendolialla forma ossidata o aquistandoli dalla forma ridotta della coppia redox.

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• Elettrodi in cui una o entrambe le forme della coppia redox si trovanosotto forma di un sale insolubile. Un esempio di questo tipo e’ il cosiddettoelettrodo ad AgCl/Ag (figura 2.1C), in cui la reazione elettrodica e’:

AgCl(s) + e = Ag(s) + Cl−

Come si vede, AgCl (la forma ossidata) e’ un sale insolubile, che si trovadepositato su un filo di Ag (la forma ridotta). Osserviamo comunque chee’ necessaria la presenza di ioni Cl− in soluzione affinche’ la semireazioneelettrodica possa avvenire.

Un altro esempio di questo tipo di sistema elettrodico e’ l’elettrodo acalomelano. “Calomelano” e’ il nome tradizionale del cloruro di mercurio(I), Hg2Cl2, un sale poco solubile. La semireazione che caratterizza questoelettrodo e’:

Hg2Cl2(s) + 2e = 2Hg(l) + 2Cl−

In questo caso, la forma ridotta della coppia redox (Hg), si trova allo statoliquido. Da un punto di vista pratico, l’elettrodo a calomelano e’ costituitoda un filo di Pt posto in intimo contatto con una pasta ottenuta amalga-mando Hg2Cl2(s) e Hg(l), il tutto immerso in una soluzione contenenteioni Cl−.

• Elettrodi in cui un membro della coppia redox si trova allo stato gassoso.Un esempio e’ rappresentato da un filo di Pt immerso in una soluzione sa-tura di H2 e contenente una certa concentrazione di ioni H+ (figura 2.1D);la coppia redox e’ H+/H2:

2H+ + 2e = H2(aq)

La concentrazione di H2 in soluzione e’ mantenuta al valore di saturazionemediante una campana di vetro contenente il filo di Pt e all’interno dellaquale si trova H2(g) ad una pressione parziale definita. La concetrazione diH2 in soluzione e’ direttamente legata alla pressione parziale dell’idrogenogassoso nella campana.

2.2 Il potenziale elettrodico

157. Quando un sistema elettrodico raggiunge l’equilibrio, si crea una sepa-razione di carica elettrica fra metallo e soluzione: sul metallo si accumula uneccesso di carica (positiva o negativa), controbilanciato da una quantita’ di cari-ca uguale ma di segno opposto nella soluzione; si puo’ dire equivalentemente chein tali condizioni esiste una differenza di potenziale elettrostatico fra me-tallo e soluzione. Questa differenza di potenziale, che per convenzione e’ sempremisurata come differenza fra il potenziale del metallo e quello della soluzione (e

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Ag

Ag

Ag+Ag+ + e = Ag

Pt

P t

Fe3+

Fe2+

Fe3+ + e = Fe2+

AgCl(s)

Cl−

AgCl(s) + e = Ag(s) + Cl−

H2 (g)

H+

2H+ + 2e = H2(g)

Figura 2.1: Diversi tipi di sistemi elettrodici.

80

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non viceversa), si chiama potenziale elettrodico e si indica generalmente conil simbolo E.

Lo scopo della discussione che segue e’ quello di giustificare in modo semplicecio’ che abbiamo appena enunciato.158. Tanto per fissare le idee, consideriamo un sistema elettrodico particolar-mente semplice: un filo di Ag immerso in una soluzione di AgNO3.

Prima di venire immerso nella soluzione, il filo di argento e’ elettricamenteneutro, cioe’ la sua carica elettrica risultante e’ nulla. A questo proposito,conviene pensare il filo di Ag come costituito da un reticolo fisso di ioni Ag+

permeato dal “gas” degli elettroni di valenza (ogni atomo di argento contribuisceun elettrone di valenza): il fatto che inizialmente il filo sia elettricamente neutrosignifica semplicemente che ogni ione Ag+ del reticolo e’ neutralizzato dal suoelettrone di valenza.

Inizialmente, la neutralita’ elettrica vale anche per la soluzione, dove ogniione Ag+ e’ neutralizzato da un corrispondente controione NO−

3 .Appena si immerge il filo di argento nella soluzione, la semireazione elet-

trodica relativa alla coppia redox Ag+/Ag comincia ad avvenire. Tale reazioneconsiste di due processi che sono uno l’inverso dell’altro:

riduzione: Ag+ + e → Agossidazione: Ag → Ag+ + e

159. Ciascuno di questi due processi provoca dei cambiamenti nella concentra-zione e nella distribuzione della carica elettrica fra metallo e soluzione.

La riduzione tende a produrre un eccesso di carica positiva nel filo metallicoe un corrispondente eccesso di carica negativa nella soluzione: infatti, man manoche ioni argento (cioe’ particelle con carica elettrica positiva) abbandonano lasoluzione per depositarsi sul metallo, questo si carica positivamente (ogni ioneAg+ “nuovo arrivato” non ha un elettrone di valenza che lo neutralizzi); d’altrocanto, nella soluzione rimangono ioni NO−

3 (cioe’ particelle con carica elettricanegativa) in eccesso.

E’ chiaro, inoltre, che la riduzione provoca altresi’ una diminuzione dellaconcentrazione di ioni Ag+ nella soluzione.

La ossidazione tende a produrre effetti contrari a quelli della riduzione.Ogni atomo di argento che abbandona il metallo passando in soluzione comeione monopositivo, lascia sul filo di argento il suo elettrone di valenza, cioe’una carica negativa; inoltre, gli ioni Ag+ che passano in soluzione non sononeutralizzati da alcun controione e quindi determinano un accumulo di caricapositiva nella soluzione.

Per quanto riguarda i cambiamenti di concentrazione, e’ ovvio che l’ossi-dazione tende a produrre un aumento della concentrazione di ioni Ag+ nellasoluzione.160. La cosa importante e’ che la riduzione e l’ossidazione avvengono contempo-

raneamente e quindi i cambiamenti netti nella distribuzione della carica elettricae nella concentrazione dipenderanno dalla velocita’ relativa dei due processi.

Se inizialmente la riduzione e’ piu’ veloce dell’ossidazione, cio’ significa che,nell’unita’ di tempo, sono piu’ gli ioni Ag+ che dalla soluzione si depositano sulmetallo che non quelli che dal metallo passano in soluzione; conseguentemente,il metallo assumera’ una carica netta positiva (e la soluzione una corrispondentecarica netta negativa) e la concentrazione di ioni Ag+ in soluzione diminuira’.

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Ad esempio, se in 1 s 10 ioni Ag+ si depositano sul metallo e solo 7 atomidi Ag lo abbandonano per andare in soluzione, si e’ avuto un passaggio netto

di 3 ioni Ag+ dalla soluzione al metallo; conseguentemente, sul metallo si e’accumulata una carica positiva netta pari a +3 e nella soluzione si e’ accumulatauna carica netta negativa pari a −3 (cioe’ ci sono 3 ioni NO−

3 non neutralizzatida corrispondenti ioni Ag+); inoltre, la concentrazione di ioni Ag+ in soluzioneha avuto un calo netto corrispondente alla scomparsa di 3 ioni Ag+.

Se l’ossidazione e’ inizialmente piu’ veloce della riduzione, cio’ vuol dire che,nell’unita’ di tempo, sono piu’ gli ioni Ag+ che dal metallo vanno in soluzione chenon quelli che dalla soluzione si depositano sul metallo; la conseguenza e’ che,in questo caso, il metallo assumera’ una carica netta negativa (e la soluzioneuna corrispondente carica netta positiva) e la concentrazione di ioni Ag+ insoluzione aumentera’.161. I cambiamenti dovuti al fatto che le velocita’ iniziali della riduzione edell’ossidazione sono (in generale) diverse non continuano pero’ all’infinito. In-fatti vedremo fra un momento che, proprio a causa di questi cambiamenti, ilprocesso inizialmente piu’ veloce viene progressivamente rallentato e quello ini-zialmente piu’ lento viene progressivamente accelerato finche’, inevitabilmente,si raggiunge la situazione in cui le due velocita’ diventano uguali.

E’ questa la condizione di equilibrio dinamico, che caratterizza tutte lereazioni chimiche: da questo momento in poi la separazione di carica e laconcentrazione in soluzione rimangono costanti nel tempo.162. Per comprendere bene come mai le velocita’ della riduzione e della ossida-zione, inizialmente diverse, inevitabilmente finiscano per uguagliarsi, facciamoriferimento alle figure 2.2 e 2.3. Nella figura 2.2 e’ schematizzato un elettrodoad Ag+/Ag a diversi istanti di tempo: la freccia diretta verso destra rappresentala velocita’ di ossidazione mentre quella diretta verso sinistra rappresenta la ve-locita’ di riduzione (il verso delle frecce e’ stato fatto arbitrariamente coinciderecon la direzione di movimento degli ioni Ag+: cioe’, l’ossidazione produce unflusso di ioni Ag+ dalla sbarretta metallica alla soluzione, mentre la riduzionecausa il movimento degli ioni Ag+ dalla soluzione al metallo).

La figura 2.3 mostra l’andamento temporale delle velocita’ di ossidazionee riduzione (grafico superiore) e dell’accumulo di carica elettrica nel metallo enella soluzione (grafico inferiore) corrispondenti alla situazione rappresentatanella figura 2.2.

Supponiamo che a t = 0 l’ossidazione sia piu’ veloce della riduzione: nellafigura 2.2 la freccia verso destra e’ piu’ lunga della freccia verso sinistra. Nelgrafico superiore della figura 2.3 si ha (per t = 0): vox > vred. Naturalmente,per t = 0, la carica elettrica risultante nel metallo e nella soluzione e’ nulla:guardate il grafico inferiore della figura 2.3.

Ora vediamo cosa succede dopo che e’ trascorso un piccolo intervallo ditempo (t = t1 nelle figure 2.2 e 2.3).

In base a quanto gia’ detto al punto 160, siccome la velocita’ di ossidazionee’ maggiore della velocita di riduzione, sul metallo si e’ accumulato un eccessodi carica negativa e nella soluzione si trova un corrispondente eccesso di caricapositiva (guardate il grafico inferiore della figura 2.3 per t = t1). Tutti sap-piamo che cariche elettriche dello stesso segno si respingono e cariche di segnoopposto si attraggono. Sulla base di questa semplice considerazione, giungiamoalla conclusione che la separazione di carica venutasi a creare ostacolera’ la rea-zione di ossidazione e facilitera’ quella di riduzione. Infatti per uno ione Ag+

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⊕⊕⊕⊕ ⊕⊕⊕⊕⊕

⊕ ⊕ ⊕⊕⊕ ⊕⊕

⊕⊕

⊕⊕⊕⊕⊕

⊖ ⊖⊖

⊖⊖

⊖⊖⊖⊖⊖

⊖⊖

⊖⊖⊖ ⊖⊖

⊖⊖⊖

⊖Ag

AgAg

AgAg

Ag+

Ag+Ag+

Ag+Ag+

t = 0 t = t1 > 0 t = t2 > t1

t = t3 > t2 t→∞

Ag //oo Ag+ + e− Ag //oo Ag+ + e− Ag//oo Ag+ + e−

Ag //oo Ag+ + e− Ag//oo Ag+ + e−

Figura 2.2: Il raggiungimento dell’equilibrio in un elettrodo Ag+/Ag: la frecciaverso destra rappresenta l’ossidazione mentre quella verso sinistra rappresentala riduzione. La lunghezza delle frecce e’ proporzionale alla velocita’ dei dueprocessi.

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t → ∞

da qui in poi: equilibrio

vred

vox

v ox

,v r

ed

t3t2t10

←−

q<

0q

>0−→

q = 0

t → ∞

da qui in poi: equilibrio

qsoluzione

qmetallo

tempo

q meta

llo

,q s

olu

zio

ne

t3t2t10

Figura 2.3: Andamenti temporali delle velocita’ di ossidazione e riduzione (gra-fico superiore) e della carica elettrica accumulata nel metallo e nella soluzione(grafico inferiore) per la situazione schematizzata nella figura 2.2

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sara’ ora piu’ difficile lasciare un elettrone (negativo) sul metallo che contieneun eccesso di carica negativa e andare in soluzione dove si trova un eccesso dicarica positiva (che lo “respinge”). Viceversa, sara’ piu’ facile per uno ione Ag+

abbandonare la soluzione (esso sara’ “spinto” dall’eccesso di carica positiva) edepositarsi sul metallo (che lo “attirera’ ” grazie all’eccesso di carica negativa).Vediamo quindi che la separazione di carica prodotta inizialmente provoca pro-prio un rallentamento del processo piu’ veloce (l’ossidazione) e un’accelerazionedel processo piu’ lento (la riduzione), come avevamo preannunciato.163. Oltre all’effetto della separazione di carica, c’e’ da considerare anche quellodell’ aumento di concentrazione di ioni Ag+ in soluzione (l’effetto della concen-trazione non e’ rappresentato nella figura 2.2 per non appesantirla troppo). Ingenerale, la velocita’ di un processo chimico cresce al crescere della concentra-zione dei reagenti. Nel caso dell’ossidazione, il reagente e’ l’argento metallico,la cui concentrazione rimane costante (sapreste dimostrarlo?). Nel caso dellariduzione, invece, il reagente e’ lo ione Ag+, la cui concentrazione in soluzione e’aumentata (nell’ipotesi che stiamo considerando): cio’ provochera’, per quantoappena detto, un corrispondente aumento della velocita’ della riduzione (il pro-cesso inizialmente piu’ lento). La velocita’ dell’ossidazione non risente invece dieffetti di concentrazione (perche’ la concentrazione dell’argento metallico nonvaria): anche i cambiamenti di concentrazione tendono quindi a “livellare” levelocita’ della riduzione e dell’ossidazione.

Cercate di ritrovare quanto appena detto nelle figure. Per t = t1, nellafigura 2.2 la freccia verso destra (che rappresenta l’ossidazione) e’ diventata unpo’ piu’ corta mentre la freccia verso sinistra (che rappresenta la riduzione) e’diventata un po’ piu’ lunga (notate pero’ che la freccia verso destra rimanesempre piu’ lunga di quella verso sinistra); inoltre, nella sbarretta metallica sie’ accumulata della carica negativa e nella soluzione si e’ accumulata una caricapositiva di uguale entita’. Non dovrebbe essere difficile trovare la corrispondenzafra la figura 2.2 e i grafici della figura 2.3 (sempre per t = t1).164. Col trascorrere del tempo, la sbarretta di argento continua a caricarsinegativamente e la soluzione positivamente; inoltre, la concentrazione di ioniAg+ continua a crescere: cio’ fa si’ che la velocita’ dell’ossidazione continui adiminuire mentre quella della riduzione continui ad aumentare (figure 2.2 e 2.3,t = t2, t = t3). E’ inevitabile che queste due velocita’ finiscano per diventareuguali (figure 2.2 e 2.3, t → ∞). In tali condizioni il numero di ioni Ag+ cheabbandonano il metallo nell’unita’ di tempo a causa dell’ossidazione e’ ugualea quello degli ioni Ag+ che dalla soluzione si depositano sul metallo a causadella riduzione: ne segue che l’eccesso di carica negativa sul filo di argento, ilcorrispondente eccesso di carica positiva nella soluzione e la concentrazione diioni Ag+ smettono di variare, e la differenza di potenziale fra metallo e soluzione(in questo esempio negativa) raggiunge un valore asintotico costante. Il sistemaelettrodico ha raggiunto l’equilibrio e la differenza di potenziale che si e’ cosi’stabilita fra il filo di argento e la soluzione e’ cio’ che si definisce potenzialeelettrodico.

E’ importante osservare che, in condizioni di equilibrio, l’ossidazione e lariduzione non si sono fermate, ma continuano ad avvenire entrambe alla stessa

velocita’ (con riferimento alla figura 2.2, le frecce non sono scomparse, ma sonodiventate della stessa lunghezza).165. Nell’esempio considerato, abbiamo fatto l’ipotesi che, inizialmente, l’ossi-dazione fosse piu’ veloce della riduzione: provate a ripetere il ragionamento nel

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caso opposto in cui la riduzione sia inizialmente piu’ veloce dell’ossidazione.Per inciso: e se le due velocita’ iniziali sono identiche? Nulla di nuovo: signi-

fica semplicemente che il sistema si trova gia’ all’equilibrio; non si avra’ alcunaccumulo di carica ne’ variazioni di concentrazione: il potenziale elettrodico inquesto caso sara’ pari a 0.00 V .166. Vale la pena di osservare che la separazione di carica e le variazioni diconcentrazione che si verificano in soluzione in seguito al raggiungimento del-l’equilibrio elettrodico sono piccolissime. Ad esempio, se la concentrazione insoluzione di ioni Ag+ in un elettrodo ad Ag+/Ag e’ 0.1 mol/L, la variazionedi tale concentrazione dovuta ai fenomeni discussi implicati nel raggiungimentodell’equilibrio e’ totalmente trascurabile. In altre parole, non pensiate che se im-mergiamo una sbarretta di Ag metallico in una soluzione 0.1 mol/L di AgNO3,la concentrazione di ioni Ag+ in soluzione diventa 0.11 mol/L o 0.09 mol/L !In generale, la separazione di carica elettrica e’ un processo molto costoso dalpunto di vista energetico e quindi e’ sufficiente che si crei una separazione dicarica piccolissima affinche’ un sistema elettrodico raggiunga l’equilibrio.167. Abbiamo discusso il caso di un elettrodo ad Ag+/Ag, ma gli stessi argo-menti si applicano in modo identico a qualsiasi altro sistema elettrodico. Provatea descrivere da soli cio’ che accade quando si immerge un filo di Pt in una so-luzione contenente concentrazioni date di ioni Fe2+ e Fe3+. L’unica variante,in questo caso, e’ che nessuno dei due membri della coppia redox si depositasull’elettrodo, il cui unico scopo e’ quello di fornire elettroni alla forma ossidatao accettarne dalla forma ridotta:

Fe3+ + e = Fe2+

Fe2+ = Fe3+ + e

Analogamente all’esempio precedente, la riduzione tende ad accumulare ca-rica positiva sul metallo (carica negativa in soluzione), a diminuire la concen-trazione di ioni Fe3+ e ad aumentare quella degli ioni Fe2+; l’ossidazione tendeinvece a fare esattamente il contrario. Inizialmente la velocita’ dei due processisara’ diversa e quindi. . .

A beneficio di coloro che si trovano a proprio agio piu’ con i numeri che conle parole, nell’appendice A e’ sviluppato un semplicissimo modello che descri-ve matematicamente il raggiungimento dell’equilibrio di una semireazione e ilconcomitante instaurarsi del potenziale elettrodico.

2.2.1 Il caso di due o piu’ coppie redox

168. Una semplice estensione di quanto detto nella sezione precedente e’ il casoin cui una semicella contenga non una, ma due o piu’ coppie redox. Va detto chequesta e’ la norma, piuttosto che un’eccezione; basti pensare che in una soluzioneacquosa ci sono sempre almeno due coppie redox che coinvolgono l’acqua:

coppia redox semireazioneH2O/H2 2H2O + 2e = H2(g) + 2OH−

O2/H2O O2 + 4e + 4H+ = 2H2O

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Siccome ci servira’ nel seguito, analizziamo un po’ in dettaglio questa situa-zione; come vedrete, pero’, non ci sara’ bisogno di introdurre alcun concettonuovo.169. Tanto per fissare le idee, consideriamo una semicella costituita da un filodi Pt immerso in una soluzione contenente le due coppie redox Fe3+/Fe2+ eSn4+/Sn2+. Come visto nella sezione precedente, i membri di ciascuna coppiascambiano elettroni con il metallo inerte, interconvertendosi e generando unaseparazione di carica fra metallo e soluzione:

Fe3+ + e = Fe2+

Sn4+ + 2e = Sn2+

L’aspetto addizionale da considerare in questo caso e’ che i membri delledue coppie redox possono scambiare elettroni anche direttamente fra di loro,senza l’“intermediazione” del metallo inerte; in pratica, la forma ossidata di unacoppia puo’ acquistare elettroni dalla forma ridotta dell’altra coppia e viceversa,in un processo che chiamiamo reazione redox (notate che qui usiamo il termine“reazione” e non “semireazione”):

2Fe3+ + Sn2+ = 2Fe2+ + Sn4+

170. Quindi, in questo caso, ci sono tre processi che avvengono contempo-raneamente (le due semireazioni elettrodiche e la reazione redox). Ciascunprocesso puo’ avvenire in due direzioni opposte e ciascuna direzione tende aprodurre una separazione di carica di un certo tipo fra metallo e soluzione (lasituazione e’ graficamente schematizzata nella figura 2.4). Per ciascuna delledue semireazioni elettrodiche, come abbiamo gia’ visto, il verso della riduzionetende a localizzare un eccesso di carica positiva sul metallo e un corrispondenteeccesso di carica negativa nella soluzione; il verso dell’ossidazione tende a fareesattamente il contrario.171. La reazione redox coinvolgente le due coppie in soluzione non modifi-ca direttamente la separazione di carica metallo-soluzione; tuttavia, siccomefa variare le concentrazioni di Fe3+, Fe2+, Sn4+ e Sn2+, influisce sulla ve-locita’ delle semireazioni elettrodiche (punto 163) e quindi influenza anch’essaindirettamente la separazione di carica metallo-soluzione.

Quindi, ciascuno dei tre processi influenza la separazione di carica metallo-soluzione e, a sua volta, come abbiamo visto in dettaglio nella sezione preceden-te, la separazione di carica ha un effetto sulla velocita’ relativa di ogni singoloverso in cui ciascuno dei tre processi puo’ avvenire.172. La cosa essenziale da realizzare e’ che tutti i processi in gioco “vedono”la medesima separazione di carica (che e’ dovuta semplicemente all’eccesso odifetto di elettroni che si viene a stabilire sul filo di Pt, indipendentemente dalcontributo dovuto a ogni singolo processo): dovrebbe a questo punto essere chia-ro che, quando l’intero sistema della semicella raggiunge l’equilibrio, ciascunodei tre processi sara’ all’equilibrio separatamente (cioe’ la velocita’ dei due versidi ciascun processo sara’ la stessa) e la separazione di carica metallo-soluzione(cioe’, in ultima analisi, il potenziale elettrodico), sara’ tale da soddisfarecontemporaneamente la condizione di equilibrio per ciascun singoloprocesso.

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++

Fe2+

Fe2+

Fe3+

Fe3+

Sn2+

Sn2+

Sn2+

Sn4+

Sn4+

Sn4+

e

e

2e

2e

fase metallica soluzione

2Fe2+2Fe3+

Figura 2.4: Schematica rappresentazione dei vari processi che avvengono in unasemicella contenente le due coppie redox Fe3+/Fe2+ e Sn4+/Sn2+. All’interfac-cia metallo/soluzione avvengono contemporaneamente i seguenti processi (dal-l’alto verso il basso): Fe3+ + e→ Fe2+; Fe2+ → Fe3+ + e; Sn4+ + 2e→ Sn2+

e Sn2+ → Sn4+ + 2e. In soluzione, avvengono i seguenti processi (parte destradella figura): 2Fe3++Sn2+ → 2Fe2++Sn4+ e 2Fe2++Sn4+ → 2Fe3++Sn2+.

88

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173. Quanto visto in questo caso particolare di due sole coppie redox ha vali-dita’ completamente generale: in un sistema elettrodico puo’ essere presente unnumero qualsiasi di coppie redox; ci sara’ un corrispondente numero di semirea-zioni elettrodiche (in cui i membri di ciascuna coppia redox scambiano elettronicon il metallo della semicella) e di reazioni redox (in cui la forma ossidata di unacerta coppia acquista elettroni dalla forma ridotta di un’altra coppia e vicever-sa). Tutti questi processi sono fra loro collegati nel senso che ciascuno influiscesugli altri e dagli altri e’ influenzato e questa influenza reciproca avviene a causadella separazione di carica fra metallo e soluzione. L’intero sistema elettrodi-co raggiunge una condizione di equilibrio in cui ogni singolo processo si trovain uno stato di equilibrio dinamico: in tali condizioni, il potenziale elettrodicosara’ necessariamente tale da soddisfare contemporaneamente la condizionedi equilibrio per tutte le semireazioni elettrodiche e le reazioni redox presenti insoluzione.174. La situazione e’ perfettamente analoga al caso di piu’ equilibri simultaneiin soluzione: se una specie chimica e’ coinvolta in piu’ reazioni, la sua con-centrazione finale di equilibrio dovra’ essere necessariamente tale da soddisfaresimultaneamente tutte le leggi dell’azione di massa relative a tutte le reazioni acui partecipa.

2.3 La legge di Nernst

175. Dovrebbe a questo punto essere chiaro che gli “ingredienti” dell’equilibrioin un sistema elettrodico sono le concentrazioni dei partecipanti alla semirea-zione elettrodica e il potenziale elettrodico. Come per le reazioni chimiche insoluzione esiste una relazione che lega le concentrazioni di equilibrio dei parte-cipanti, cosi’ per un sistema elettrodico esiste una relazione che lega fra loro leconcentrazioni di equilibrio e il potenziale elettrodico: tale relazione si chiamalegge di Nernst. Per una generica semireazione:

aA + bB + cC + · · ·+ ne = xX + yY + zZ + · · ·

essa assume la forma:

E = E◦ +RT

nFln

[A]a[B]b[C]c · · ·[X ]x[Y ]y[Z]z · · · (2.1)

E e’ il potenziale elettrodico, cioe’, ripetiamolo, la differenza di potenzia-le elettrico che si e’ instaurata fra il metallo e la soluzione che costituisconoil sistema elettrodico quando la reazione elettrodica ha raggiunto l’equilibrio,R e’ la costante universale dei gas, F e’ la costante di Faraday (la carica inCoulomb posseduta da una mole di elettroni), T e’ la temperatura assoluta eil termine logaritmico contiene le concentrazioni (rigorosamente: le attivita’)delle specie partecipanti, ciascuna elevata al proprio coefficiente stechiometri-co: al numeratore compaiono le specie che stanno dalla parte della forma os-sidata, al denominatore quelle che stanno dalla parte della forma ridotta nellasemireazione.176. La legge di Nernst e’ l’equivalente della legge dell’azione di massa per lereazioni in soluzione: oltre alle concentrazioni di equilibrio, vi compare anche

89

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il potenziale elettrodico, che per i sistemi elettrodici e’ una grandezza fisicaaddizionale che deve essere considerata come fattore determinante dello statodi equilibrio.177. Analogamente a quanto avviene per la legge dell’azione di massa, an-che nell’equazione di Nernst ciascun termine di concentrazione e’ in realta’un rapporto adimensionale fra la concentrazione di una data specie e la suaconcentrazione in uno stato di riferimento, secondo la seguente tabella:

stato di aggregazione stato di riferimentosoluti in fase liquida soluzione ideale a concentrazione 1 mol/Lgas gas ideale alla pressione di 1 barsolidi/liquidi puri solidi/liquidi puri alla pressione di 1 bar

Siccome per i soluti e i gas la concentrazione/pressione di riferimento e’ uni-taria, il valore del rapporto che compare nella legge di Nernst e’ numericamenteuguale alla concentrazione/pressione misurabile per il dato componente. Nelcaso di solidi o liquidi puri il rapporto adimensionale e’ rigorosamente unitariose la pressione e’ di 1 bar ed e’ vicinissimo all’unita’ in un vasto range di pres-sioni (poiche’ le variazioni di pressione non hanno una grande influenza sullefasi condensate).178. E◦ si chiama potenziale standard e dall’espressione 2.1 si vede cherappresenta la differenza di potenziale fra metallo e soluzione quando la con-centrazione di tutte le specie che partecipano alla semireazione e’ unitaria. E◦

non dipende quindi dalla concentrazione, ma solo dalla particolare coppia redoxconsiderata. Ogni coppia redox ha un valore di E◦ che la caratterizza: moltospesso, per indicare il potenziale standard di una particolare coppia redox, siusa il simbolo E◦ con il simbolo della coppia redox come indice. Ad esempio,per indicare il potenziale standard della coppia redox Fe3+/Fe2+ si scrivera’:E◦

Fe3+/Fe2+ ; oppure, per una generica coppia redox Ox/Rid: E◦

Ox/Rid.Vale la pena di sottolineare che la legge di Nernst e’ una relazione termodina-

mica che vale esclusivamente in condizioni di equilibrio e quindi le concentrazioniche in essa compaiono devono essere quelle corrispondenti a una condizione diequilibrio.

L’equazione di Nernst rappresenta il fondamento delle applicazioni analitichedella potenziometria: in ultima analisi, essa consente di risalire dal potenziale

elettrodico alla concentrazione in soluzione.179. A titolo di esempio, scriviamo la legge di Nernst per alcuni sistemi elet-trodici.

• In un sistema elettrodico all’equilibrio costituito da un filo di Pt immersoin una soluzione di ioni Fe2+ e Fe3+ la semireazione:

Fe3+ + e = Fe2+

e’ all’equilibrio. In tali condizioni, il potenziale elettrodico e’ legato allaconcentrazione dei due ioni in soluzione da:

E = E◦

Fe3+/Fe2+ +RT

Fln

[Fe3+]

[Fe2+]

90

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• Come per la legge dell’azione di massa, ed esattamente per gli stessi mo-tivi, anche nell’equazione di Nernst non compaiono le concentrazioni disolidi, liquidi puri o la concentrazione del solvente in soluzioni diluite.Un esempio di questo tipo e’ costituito dall’elettrodo Ag+/Ag, in cui lareazione elettrodica e’:

Ag+ + e = Ag

In condizioni di equilibrio, il potenziale elettrodico e’ dato da:

E = E◦

Ag+/Ag +RT

Fln [Ag+]

• Per un elettrodo costituito da un filo di Pt immerso in una soluzionecontenente la coppia redox Cr2O

2−7 /Cr3+ in condizioni di equilibrio:

Cr2O2−7 + 14H+ + 6e = 2Cr3+ + 7H2O

la legge di Nernst si scrive nel modo seguente:

E = E◦

Cr2O2−7 /Cr3+ +

RT

6Fln

[Cr2O

2−7

][H+]

14

[Cr3+]2

Se la soluzione non e’ molto concentrata, si puo’ assumere che l’acqua (ilsolvente) sia praticamente in uno stato coincidente con quello di riferimen-to (acqua pura alla pressione di 1 bar, punto 175) e quindi il termine adessa relativo e’ (con buona approssimazione) unitario.

• Per un elettrodo ad AgCl/Ag, caratterizzato, come abbiamo gia’ visto,dalla semireazione:

AgCl + e = Ag + Cl−

la legge di Nernst si scrive cosi’:

E = E◦

AgCl/Ag +RT

Fln

1

[Cl−]

= E◦

AgCl/Ag −RT

Fln[Cl−

]

Osserviamo che, siccome AgCl e Ag sono solidi, il potenziale elettro-dico viene a dipendere unicamente dalla concentrazione di ioni Cl− insoluzione.

91

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• Analogamente alla legge dell’azione di massa, anche nella legge di Nernstse una specie in soluzione si trova in equilibrio con una fase gassosa, lasua concentrazione e’ sostituita dalla pressione parziale nella fase gassosa.E’ questo il caso dell’elettrodo a idrogeno, in cui si ha:

2H+ + 2e = H2

e quindi:

E = E◦

H+/H2+

RT

2Fln

[H+]2

pH2

2.4 Potenziali standard e costante di equilibrio

180. Nella sezione 2.2.1 abbiamo visto che, se una semicella contiene piu’ coppieredox, il potenziale elettrodico di equilibrio sara’ necessariamente tale da sod-disfare contemporaneamente le condizioni di equilibrio per tutte le semireazionirelative a tutte le coppie redox presenti.

Ora possiamo enunciare questa affermazione in termini piu’ quantitativi: inuna semicella all’equilibrio, il potenziale elettrodico E sara’ tale da soddisfarecontemporaneamente la legge di Nernst per tutte le coppie redox presenti.181. Facciamo subito un esempio per chiarire. Consideriamo una semicella incondizioni di equilibrio contenente ioni Fe2+, Fe3+, Sn2+ e Sn4+ in concentra-zione (di equilibrio) pari a

[Fe2+

],[Fe3+

],[Sn2+

]e[Sn4+

], rispettivamente.

Siamo quindi in presenza delle due coppie redox Fe3+/Fe2+ e Sn4+/Sn2+, lecui semireazioni elettrodiche sono:

Fe3+ + e = Fe2+

Sn4+ + 2e = Sn2+

Ciascuna coppia e’ caratterizzata dal proprio potenziale standard: E◦

Fe3+/Fe2+eE◦

Sn4+/Sn2+ . Ebbene, siccome la semicella ha raggiunto le condizioni di equi-librio, il potenziale elettrodico E soddisfera’ contemporaneamente entrambe leespressioni della legge di Nernst per le due coppie redox:

E = E◦

Fe3+/Fe2+ +RT

Fln

[Fe3+

]

[Fe2+]

E = E◦

Sn4+/Sn2+ +RT

2Fln

[Sn4+

]

[Sn2+]

92

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2.4.1 Costanti di equilibrio per reazioni redox

182. Quanto appena detto ci consente di ricavare immediatamente una impor-tantissima relazione che lega la costante di equilibrio di una reazione redox aipotenziali standard delle due coppie redox che la costituiscono.

Come accennato al punto 169, una reazione redox e’ sempre scomponibilein due semireazioni che avvengono in versi opposti: una procede nel verso dellariduzione e l’altra in quello dell’ossidazione. Ciascuna semireazione coinvolgeuna coppia redox: nella reazione redox completa, la forma ossidata di una coppiaredox acquista elettroni dalla forma ridotta dell’altra coppia; si produce cosi’ laforma ridotta della prima coppia e la forma ossidata della seconda coppia:

+=+Ox1 Rid1 Ox2Rid2

coppia Ox1/Rid1

coppia Ox2/Rid2

Restiamo nell’esempio delle due coppie Fe3+/Fe2+ e Sn4+/Sn2+. In questocaso, la reazione redox completa (e bilanciata) e’:

2Fe3+ + Sn2+ = 2Fe2+ + Sn4+

Ci proponiamo di ricavare la costante di equilibrio della reazione redox daipotenziali standard delle due coppie redox coinvolte.

All’equilibrio il potenziale elettrodico soddisfa contemporaneamente entram-be le espressioni della legge di Nernst. Quindi possiamo uguagliare i due secondimembri delle relazioni scritte prima ottenendo:

E◦

Fe3+/Fe2+ +RT

Fln

[Fe3+

]

[Fe2+]= E◦

Sn4+/Sn2+ +RT

2Fln

[Sn4+

]

[Sn2+]

Ora facciamo qualche passaggio algebrico per raggruppare i termini di con-centrazione.

Moltiplichiamo ambo i membri per 2:

2E◦

Fe3+/Fe2+ + 2RT

Fln

[Fe3+

]

[Fe2+]= 2E◦

Sn4+/Sn2+ +RT

Fln

[Sn4+

]

[Sn2+]

Per il termine contenente le concentrazioni degli ioni Fe, sfruttiamo laproprieta’ dei logaritmi per cui: a ln b = ln ba:

2E◦

Fe3+/Fe2+ +RT

Fln

[Fe3+

]2

[Fe2+]2 = 2E◦

Sn4+/Sn2+ +RT

Fln

[Sn4+

]

[Sn2+]

Sottraiamo 2E◦

Sn4+/Sn2+ e RTF ln

[Fe3+]2

[Fe2+]2da entrambi i membri:

93

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2E◦

Fe3+/Fe2+ − 2E◦

Sn4+/Sn2+ =RT

Fln

[Sn4+

]

[Sn2+]− RT

Fln

[Fe3+

]2

[Fe2+]2

Sfruttiamo la proprieta’ dei logaritmi per cui: ln a− ln b = ln ab :

RT

Fln

[Sn4+

] [Fe2+

]2

[Sn2+] [Fe3+]2 = 2E◦

Fe3+/Fe2+ − 2E◦

Sn4+/Sn2+

Infine, raccogliamo il 2 a fattor comune al secondo membro e moltiplichiamoambo i membri per F

RT :

ln

[Sn4+

] [Fe2+

]2

[Sn2+] [Fe3+]2=

2F

RT

(

E◦

Fe3+/Fe2+ − E◦

Sn4+/Sn2+

)

Ora, siccome le concentrazioni sono quelle di equilibrio, l’argomento dellogaritmo e’ proprio la costante di equilibrio K per la reazione redox:

2Fe3+ + Sn2+ K= 2Fe2+ + Sn4+

Quindi, introducendo il simbolo K e prendendo l’esponenziale di ambo imembri arriviamo a:

K = exp

{2F

RT

(

E◦

Fe3+/Fe2+ − E◦

Sn4+/Sn2+

)}

che lega la costante di equilibrio di una reazione redox ai potenziali elettrodicistandard delle due coppie coinvolte.

Se eleviamo ambo i membri alla −1, otteniamo:

1

K=

(

exp

{2F

RT

(

E◦

Fe3+/Fe2+ − E◦

Sn4+/Sn2+

)})−1

K ′ = exp

{2F

RT

(

E◦

Sn4+/Sn2+ − E◦

Fe3+/Fe2+

)}

dove, ovviamente, K ′ e’ la costante di equilibrio della reazione inversa:

2Fe2+ + Sn4+ K′

= 2Fe3+ + Sn2+

183. Il risultato ottenuto e’ di validita’ completamente generale. Date duecoppie redox qualsiasi Ox1/Rid1 e Ox2/Rid2 con potenziali standard E◦

Ox1/Rid1

e E◦

Ox2/Rid2, e’ sempre possibile scrivere una reazione redox basata su di esse:

la forma ossidata di una coppia acquista elettroni dalla forma ridotta dell’altracoppia; i prodotti saranno la forma ridotta della prima coppia e la forma ossidata

94

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della seconda coppia (chiaramente si dovra’ bilanciare l’equazione in modo taleche il numero di elettroni acquistati dall’ossidante e ceduti dal riducente sia lostesso). Quindi:

Ox1 + Rid2 = Rid1 + Ox2 (2.2)

Ebbene, generalizzando le espressioni viste prima per le due coppie Fe3+/Fe2+

e Sn4+/Sn2+, la costante di equilibrio per la reazione redox e’ data da:

K = exp

{nF

RT

(

E◦

Ox1/Rid1− E◦

Ox2/Rid2

)}

(2.3)

dove n e’ il numero di elettroni scambiati fra ossidante e riducente (era n = 2nel caso specifico visto prima) e la differenza fra i potenziali standard va presacome:

potenziale standard della coppia che si riduce

meno

potenziale standard della coppia che si ossida

nel verso diretto dell’equazione cosi’ come e’ stata scritta.Puo’ sembrare complicato, ma non lo e’ davvero. Riguardate l’equazione 2.2:

il verso diretto e’ ovviamente quello che va da sinistra verso destra. In taleverso, la coppia redox che si riduce e’ la coppia Ox1/Rid1, perche’ Ox1 acquistaelettroni e si riduce a Rid1 e, ovviamente, la coppia che si ossida e’ Ox2/Rid2.Quindi, la differenza dei potenziali redox da mettere al secondo membro dellaequazione 2.3 va presa come mostrato.

Se scriviamo la stessa reazione redox nel verso opposto:

Rid1 + Ox2 = Ox1 + Rid2

la coppia che si riduce (nel verso diretto dell’equazione cosi’ come e’ scritta ora)e’ la coppia Ox2/Rid2 e quella che si ossida e’ la coppia Ox1/Rid1. Quindi larelazione fra la costante di equilibrio K ′ e i potenziali standard va scritta nelmodo seguente:

K ′ = exp

{nF

RT

(

E◦

Ox2/Rid2− E◦

Ox1/Rid1

)}

(2.4)

Ovviamente, e’ immediato verificare che:

K ′ =1

K

come deve essere.

95

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2.4.2 Costanti di equilibrio per reazioni non redox

184. In molti casi la condizione di equilibrio per un sistema elettrodico consentedi ricavare relazioni fra potenziali standard e costanti di equilibrio di reazioninon redox. In generale cio’ avviene quando una specie chimica e’ contempo-raneamente coinvolta nella semireazione elettrodica e in una o piu’ reazioni insoluzione.185. Chiariamo subito con un esempio. Consideriamo un sistema elettrodicocostituito da un filo di argento ricoperto di AgCl e immerso in una soluzio-ne contenente una certa concentrazione di ioni cloruro: si tratta dell’elettrododescritto al punto 156.

La semireazione elettrodica e’:

AgCl(s) + e = Ag(s) + Cl−

e il potenziale elettrodico e’ dato da:

E = E◦

AgCl/Ag +RT

Fln

1

[Cl−]

Tuttavia, in un sistema come quello descritto, deve esserci anche una certaconcentrazione di equilibrio di ioni Ag+, dovuta alla ionizzazione del clorurod’argento:

AgCl(s)KSP= Ag+ + Cl−

Questo significa che nella semicella e’ presente anche la coppia redox Ag+/Age quindi, all’equilibrio, deve valere anche:

Ag+ + e = Ag(s)

E = E◦

Ag/Ag +RT

Fln[Ag+

]

Uguagliando i due secondi membri si ha:

E◦

AgCl/Ag +RT

Fln

1

[Cl−]= E◦

Ag/Ag +RT

Fln[Ag+

]

RT

Fln[Ag+

]− RT

Fln

1

[Cl−]= E◦

AgCl/Ag − E◦

Ag/Ag

RT

Fln[Ag+

]+

RT

Fln[Cl−

]= E◦

AgCl/Ag − E◦

Ag/Ag

RT

F

(ln[Ag+

]+ ln

[Cl−

])= E◦

AgCl/Ag − E◦

Ag/Ag

ln[Ag+

] [Cl−

]=

F

RT

(

E◦

AgCl/Ag − E◦

Ag/Ag

)

96

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[Ag+

] [Cl−

]= exp

(F

RT

(

E◦

AgCl/Ag − E◦

Ag/Ag

))

KSP = exp

(F

RT

(

E◦

AgCl/Ag − E◦

Ag/Ag

))

che fornisce una relazione fra i potenziali redox delle coppie AgCl/Ag e Ag+/Age il prodotto di solubilita’ per la dissoluzione del cloruro d’argento, una reazionenon redox.186. Osservate, tuttavia, che alla base di questa sezione e’ lo stesso concettovisto alla sezione precedente. Infatti, la dissoluzione del cloruro d’argento puo’essere sempre vista come la reazione redox fra le due coppie AgCl/Ag e Ag+/Ag,in cui la specie Ag(s) compare ad entrambi i membri dell’equazione chimica eviene percio’ “semplificata”:

+=+ +AgCl(s) Ag(s) Ag+Ag(s) Cl−

coppia AgCl/Ag

coppia Ag+/Ag

AgCl(s) = Ag+ + Cl−

187. Un’ultima osservazione. La relazione che lega i potenziali standard allecostanti di equilibrio puo’ essere anche usata per ricavare il potenziale standarddi una coppia redox.

Consideriamo il seguente esempio.Una semicella all’equilibrio e’ costituita da un filo d’argento ricoperto di

Ag2CrO4 immerso in una soluzione contenente ioni CrO2−4 . Sapendo che il

prodotto di solubilita’ del cromato d’argento e’ KSP = 2.0 × 10−12 e che ilpotenziale standard della coppia Ag+/Ag e’ E◦

Ag+/Ag = 0.799 V , calcolare il

potenziale standard della coppia Ag2CrO4/Ag.Nella semicella in questione possiamo individuare almeno due coppie redox:

Ag2CrO4/Ag e Ag+/Ag. Quindi il potenziale elettrodico puo’ essere scritto inalmeno due modi equivalenti:

Ag2CrO4(s) + 2e = 2Ag(s) + CrO2−4

E = E◦

Ag2CrO4/Ag +RT

2Fln

1[CrO2−

4

]

AgCl(s) + e = Ag(s) + Cl−

E = E◦

Ag+/Ag +RT

Fln[Ag+

]

97

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Le concentrazioni degli ioni CrO2−4 e Ag+ sono legate dalla legge dell’azione

di massa relativa alla dissoluzione del sale poco solubile:

Ag2CrO4(s) = 2Ag+ + CrO2−4

KSP =[Ag+

]2 [CrO2−

4

]

Allora, utilizzando l’espressione del potenziale elettrodico basata sulla coppiaAg+/Ag:

E = E◦

Ag+/Ag +RT

Fln[Ag+

]

= E◦

Ag+/Ag +RT

Fln

KSP[CrO2−

4

]

= E◦

Ag+/Ag +RT

2Fln

KSP[CrO2−

4

]

= E◦

Ag+/Ag +RT

2FlnKSP −

RT

2Fln[CrO2−

4

]

= E◦

Ag+/Ag +RT

2FlnKSP +

RT

2Fln

1[CrO2−

4

]

da cui, per confronto con l’espressione del potenziale elettrodico basata sullacoppia Ag2CrO4/Ag, si ricava:

E◦

Ag2CrO4/Ag = E◦

Ag+/Ag +RT

2Fln KSP

= 0.799 +8.314× 298

2× 96485ln(2.0× 10−12

)

= 0.453 V

2.4.3 Il potenziale standard misura la tendenza alla ridu-zione

188. La relazione che lega la costante di equilibrio di una reazione redox aipotenziali elettrodici standard delle due coppie redox coinvolte ci consente diricavare un significato del potenziale elettrodico standard molto utile ai finipratici.189. Come visto, per la generica reazione redox:

Ox1 + Rid2K= Rid1 + Ox2

vale:

98

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K = exp

{nF

RT

(

E◦

Ox1/Rid1− E◦

Ox2/Rid2

)}

190. Da questa relazione si vede che la costante di equilibrio K per la reazionee’ tanto maggiore quanto maggiore e’ E◦

Ox1/Rid1rispetto a E◦

Ox2/Rid2.

Detto in altri termini, la tendenza termodinamica alla riduzione di Ox1 (aspese di Rid2) sara’ tanto maggiore quanto maggiore e’ il potenziale elettrodicostandard della coppia Ox1/Rid1 (rispetto a quello della coppia Ox2/Rid2).

Quindi: il valore numerico del potenziale standard di una coppia redox e’una misura della sua tendenza a reagire nel verso della riduzione; tantomaggiore e’ il potenziale standard della coppia e tanto maggiore sara’ la tendenzatermodinamica della forma ossidata ad acquistare elettroni trasformandosi nellaforma ridotta.191. Esistono tabelle molto estese che riportano i potenziali standard (che,per il motivo appena visto, vengono spesso chiamati potenziali standard diriduzione) per moltissime coppie redox. Dai valori riportati e’ immediatamentepossibile avere un’idea circa il grado di spontaneita’ della reazione redox fra duecoppie qualsiasi.

Ad esempio, dalle tabelle si puo’ vedere che i potenziali standard delle coppieMnO−

4 /Mn2+ e I2/I− sono:

E◦

MnO−

4 /Mn2+1.507 V

E◦

I2/I− 0.620 V

da cui si deduce immediatamente che, dei due versi in cui si puo’ scrivere lareazione redox fra le due coppie, quello che vede la riduzione dello ione MnO−

4

(forma ossidata della coppia MnO−

4 /Mn2+) a spese dello ione I− (forma ridottadella coppia I2/I−) e’ il verso termodinamicamente favorito:

2MnO−

4 + 16H+ + 10I− = 2Mn2+ + 5I2 + 8H2O

La costante di equilibrio per la reazione a 25 C e’:

K =

[Mn2+

]2[I2]

5

[MnO−

4

]2[H+]

16[I−]

10

= exp

{nF

RT

(

E◦

MnO−

4 /Mn2+ − E◦

I2/I−

)}

= exp

(10× 96485

8.314× 298.15(1.507− 0.620)

)

= 8.75× 10149

Notate come, a causa della funzione esponenziale, apparentemente piccoledifferenze nei potenziali standard (in questo caso 1.507 − 0.620 = 0.887 V )determinino valori enormi (o piccolissimi, se le differenze sono negative) dellecorrispondenti costanti di equilibrio.

99

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2.5 Misura dei potenziali elettrodici ed elettrodi

di riferimento

192. Consideriamo un elettrodo ad Ag+/Ag, il cui potenziale elettrodico diequilibrio e’ dato da:

Ag+ + e = Ag

E = E◦

Ag+/Ag +RT

Fln[Ag+

]

Questa espressione puo’ essere facilmente posta nella forma:

[Ag+

]= exp

(F

RT

(

E − E◦

Ag+/Ag

))

il che suggerirebbe un impiego immediato di questo elettrodo per la determi-nazione della concentrazione di ioni Ag+ in una soluzione: immergiamo nellasoluzione da analizzare un filo di Ag, misuriamo E e T , i valori di E◦

Ag+/Ag, R eF sono tabulati e quindi ricaviamo la concentrazione incognita di ioni argento.

Purtroppo, la semplice procedura descritta non e’ possibile perche’ la misuradiretta del potenziale elettrodico di un singolo elettrodo non e’ sperimentalmente

accessibile.Esistono argomenti rigorosi che dimostrano quanto detto, ma questi van-

no oltre il livello a cui vogliamo mantenerci. Tuttavia, possiamo convincerciugualmente bene dell’impossibilita’ di misurare un singolo potenziale elettrodicoimmaginando un semplice esperimento.193. Una differenza di potenziale elettrico si misura con uno strumento dettovoltmetro (o potenziometro). Esso e’ costituito da una “scatola nera” (il cuifunzionamento non ci interessa) da cui escono due cavi che terminano con deipuntali metallici contrassegnati generalmente con i simboli ⊕ e ⊖ (generalmente,il cavo del puntale ⊕ e’ di colore rosso, mentre quello del puntale ⊖ e’ di colorenero). Ponendo in contatto i puntali con due punti di un circuito elettrico, lostrumento fornisce la differenza di potenziale fra i due punti. Tale differenza e’letta dallo strumento come:

ddp =potenziale del punto in contattocol puntale ⊕ − potenziale del punto in contatto

col puntale ⊖

(quindi, scambiando i due puntali, si ottiene lo stesso valore della differenza dipotenziale, ma cambiato di segno)

Immaginiamo allora di voler misurare il potenziale elettrodico di una semi-cella ad Ag+/Ag con un voltmetro (figura 2.5). Ricordiamo che, per definizione,il potenziale elettrodico di questa semicella e’ la differenza di potenziale fra ilfilo di argento e la soluzione. Quindi, per misurare questa differenza di poten-ziale con il voltmetro, dovremmo toccare il filo metallico con il puntale ⊕ e la

soluzione con quello ⊖.Ma, quando immergiamo il puntale ⊖ del voltmetro nella soluzione, si rea-

lizza inevitabilmente una seconda semicella, in cui la parte metallica (il con-duttore elettronico) e’ il puntale del voltmetro e la soluzione e’ la stessa della

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⊖Ag

Ag+

M

M

Figura 2.5: Il tentativo di misurare un singolo potenziale elettrodico con unvoltmetro: i diversi toni di grigio indicano le parti del circuito in cui il potenzialeelettrico e’ costante.

semicella Ag+/Ag. Ne segue che il voltmetro non misurera’ il potenziale elettro-dico della semicella Ag+/Ag, ma quello della cella elettrochimica costituitadall’accoppiamento della semicella Ag+/Ag con la semicella ottenuta all’attodell’immersione del puntale ⊖ del voltmetro nella soluzione.

E’ importante comprendere bene che cosa misura il voltmetro in questoesperimento. A tale scopo dobbiamo conoscere alcune semplici proprieta’ delpotenziale elettrico. La prima e’ che il potenziale elettrico in tutti i punti di unconduttore metallico o di una soluzione si puo’ considerare con buona approssi-mazione costante; la seconda e’ che la differenza di potenziale fra due punti diun qualsiasi circuito elettrico e’ sempre esprimibile come somma algebrica delledifferenze di potenziale “parziali” incontrate lungo il percorso fra i due punti inquestione (una differenza di potenziale e’ come il dislivello totale di una monta-gna, che puo’ essere espresso come somma algebrica di tutti i dislivelli parzialiche si incontrano lungo il percorso per raggiungere la vetta).

Il puntale ⊕ del voltmetro in contatto con il filo di argento rappresenta ununico conduttore metallico il cui potenziale elettrico avra’ lo stesso valore in tuttii punti (diciamo che il volume di questo conduttore e’ equipotenziale): chiamiamoE(Ag) tale potenziale elettrico; il puntale ⊖ del voltmetro costituisce un secondoconduttore metallico equipotenziale: indichiamo con E(M) il valore del suopotenziale (M sta ad indicare il metallo di cui e’ fatto il puntale); chiaramente,E(Ag) ed E(M) sono diversi e il display del voltmetro fornisce proprio la lorodifferenza: E(Ag)−E(M). Il significato di questa differenza si puo’ comprenderese la decomponiamo nei contributi parziali che si incontrano andando dal puntale⊕ al puntale ⊖. Con riferimento alla figura 2.5, se partiamo dal puntale ⊕ eci muoviamo all’interno di esso o del filo di argento, il potenziale e’ semprelo stesso; quando passiamo dal filo di argento alla soluzione, incontriamo unaprima differenza di potenziale: indicando con E(S) il potenziale (comune atutti i punti) della soluzione, questa prima differenza di potenziale e’ ∆E1 =E(Ag) − E(S). Una volta nella soluzione, il potenziale rimane costante finche’passiamo nel puntale ⊖: in questo passaggio registreremo una differenza di

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potenziale data da ∆E2 = E(S)−E(M). Il puntale ⊖ e’ equipotenziale e quindinon ci sono altri contributi alla differenza di potenziale totale che il voltmetromisura.

In sostanza, indicando con ddp la differenza di potenziale totale misurata dalvoltmetro, si ha (in base alla seconda proprieta’ del potenziale elettrico primaaccennata):

ddp = ∆E1 + ∆E2

= E(Ag)− E(S) + E(S)− E(M)

= E(Ag)− E(S)− [E(M)− E(S)]

Vediamo quindi che il voltmetro misura la differenza fra i due termini (E(Ag)−E(S)) e (E(M)−E(S)). In base alla definizione che abbiamo dato di potenzialeelettrodico (punto 157), riconosciamo nel termine (E(Ag) − E(S)) il potenzia-le elettrodico del sistema Ag+/Ag; analogamente, il termine (E(M) − E(S))rappresenta il potenziale elettrodico dell’elettrodo costituito dal metallo M im-merso in una soluzione contenente ioni Ag+ (non e’ banale, ne’ importante aifini della discussione, sapere qual’e’ la reazione elettrodica (o le reazioni elettro-diche) che caratterizza(no) questo secondo elettrodo). Se indichiamo questi duepotenziali elettrodici con la notazione usuale EAg+/Ag e EM/Ag+ , otteniamo:

ddp = EAg+/Ag − EM/Ag+

Questo risultato e’ molto importante perche’ ci mostra che, mentre un singolopotenziale elettrodico non si puo’ misurare, e’ possibile misurare la differenza

fra due potenziali elettrodici di due semicelle accoppiate a formare una cella

elettrochimica.194. In generale, una cella elettrochimica e’ costituita da due semicelle, ciascu-na caratterizzata da una coppia redox ben definita (figura 2.6). Ad esempio,potremmo accoppiare una semicella ad Ag+/Ag con una semicella a Fe3+/Fe2+,oppure un elettrodo a Cu2+/Cu con uno a Zn2+/Zn. In ogni caso, la differenzadi potenziale che si misura con un voltmetro toccando con i puntali i due metallidelle semicelle e’ uguale (a meno di una piccola complicazione che tratteremo frabreve) alla differenza fra i due potenziali elettrodici (potenziale elettrodico dellasemicella in contatto col puntale ⊕ meno potenziale elettrodico della semicellain contatto col puntale ⊖).

Se indichiamo con EOss1/Rid1il potenziale elettrodico della semicella colle-

gata al puntale ⊕ del voltmetro (e caratterizzata dalla coppia redox Oss1/Rid1)e con EOss2/Rid2

quello della seconda semicella (in cui reagisce la coppia redoxOss2/Rid2) (figura 2.6), allora si ha:

ddp = EOss1/Rid1− EOss2/Rid2

195. Siccome un singolo potenziale elettrodico non e’ misurabile, si e’ convenutodi scegliere una semicella come riferimento e di esprimere poi il potenziale diqualsiasi altro elettrodo relativamente al riferimento.

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⊕ ⊖

Oss1/Rid1 Oss2/Rid2

voltmetro

ponte salino

Figura 2.6: Una generica cella elettrochimica.

La semicella di riferimento e’ l’elettrodo standard a idrogeno (SHE: Stan-dard Hydrogen Electrode). Abbiamo gia’ visto come e’ costituito un elettrodoa idrogeno (punto 179): nell’elettrodo standard a idrogeno la concentrazione diioni idrogeno nella soluzione e la pressione parziale di idrogeno su di essa so-no unitarie. In tal modo, dall’equazione di Nernst, il potenziale elettrodico diquesta semicella coincide con il suo potenziale standard (punto 175). Il fattoessenziale e’ che il potenziale dell’SHE e’ costante (perche’ la concentrazione de-gli ioni idrogeno e la pressione parziale dell’idrogeno gassoso sopra la soluzionesono fissate). Allora, per assegnare il potenziale a qualsiasi altro elettrodo re-lativamente all’SHE, si costruisce una cella in cui l’elettrodo in questione vieneaccoppiato con un SHE (figura 2.7): con un voltmetro si misura la differenza dipotenziale fra l’elettrodo di cui si vuole conoscere il potenziale relativo e il filo diPt dell’SHE; come abbiamo appena visto, la differenza di potenziale misuratae’:

ddp = EOss1/Rid1− ESHE

Ebbene, la differenza di potenziale misurata dal voltmetro definisce il poten-ziale elettrodico relativo della semicella considerata rispetto all’SHE.

Quindi, il potenziale elettrodico relativo si chiama cosi’ perche’ e’ definitocome differenza fra il potenziale elettrodico “assoluto” di una data semicellae il potenziale elettrodico “assoluto” di una semicella presa come riferimento(l’elettrodo standard a idrogeno).196. Osservate che avere scelto l’SHE come semicella di riferimento equivalead assegnare il valore di 0.00 V al suo potenziale elettrodico relativo. Infatti,il potenziale elettrodico relativo dell’SHE e’, per definizione, la differenza dipotenziale misurata con un voltmetro in una cella costituita da una semicellaSHE accoppiata con la semicella di riferimento, che e’ una semicella SHE identicaalla prima. Quindi:

ddp = ESHE − ESHE

= 0.00 V

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⊕ ⊖

Oss1/Rid1

pH2 = 1.0 atm

[H+] = 1.0 mol/l

P t

voltmetro

Figura 2.7:

197. Chiaramente, se in una semicella accoppiata con l’SHE la concentrazionedi tutte le specie partecipanti alla semireazione redox e’ unitaria, la differenza dipotenziale misurata con il voltmetro coincide con il potenziale standard relativodella semicella (punto 178).198. Il fatto di poter definire solo potenziali elettrodici relativi non rappresentaun problema. Infatti, in primo luogo, la differenza fra due potenziali elettro-dici relativi e’ uguale alla differenza fra i loro valori “assoluti”. Cio’ segueimmediatamente dalla definizione di potenziale relativo che abbiamo dato: seindichiamo con EOss1/Rid1

e EOss2/Rid2i potenziali elettrodici “assoluti” di due

coppie redox qualsiasi, allora si ha:

potenziali “assoluti”︷ ︸︸ ︷

EOss1/Rid1− EOss2/Rid2

= EOss1/Rid1− EOss2/Rid2

+ ESHE − ESHE

=(EOss1/Rid1

− ESHE

)−(EOss2/Rid2

− ESHE

)

︸ ︷︷ ︸

potenziali relativi

Inoltre l’equazione di Nernst mantiene inalterata la sua forma se invece delpotenziale “assoluto” si usa quello relativo. Se indichiamo con l’indice ass ivalori “assoluti” e con l’indice rel quelli relativi, allora, prendendo l’esempiodella coppia Fe3+/Fe2+, si ha:

Eass = E◦

Fe3+/Fe2+,ass +RT

Fln

[Fe3+

]

[Fe2+]

Eass − ESHE = E◦

Fe3+/Fe2+,ass − ESHE +RT

Fln

[Fe3+

]

[Fe2+]

Erel = E◦

Fe3+/Fe2+,rel +RT

Fln

[Fe3+

]

[Fe2+]

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OO

_

_

_

ESHE

ERIF

E

(ERIF − ESHE )

(E − ERIF )

(E − ESHE )

Figura 2.8: Un potenziale relativo a un riferimento qualsiasi puo’ essere espressorelativamente all’SHE conoscendo il potenziale del riferimento qualsiasi rispettoall’SHE

Apparentemente, quindi, il potenziale elettrodico che compare nella leggedi Nernst puo’ essere pensato indifferentemente come relativo (definito rispettoall’SHE) o “assoluto” (non misurabile).199. La scelta dell’SHE come elettrodo di riferimento, pur essendo quella in-ternazionalmente riconosciuta, non e’ sicuramente l’unica possibile ne’ la piu’conveniente: qualsiasi semicella il cui potenziale elettrodico sia costante e ri-producibile puo’ servire da riferimento. Naturalmente, il valore numerico di unpotenziale relativo cambia al variare dell’elettrodo di riferimento: tuttavia, e’sempre possibile convertire un potenziale elettrodico misurato rispetto ad unriferimento diverso dall’SHE nel corrispondente valore rispetto all’SHE. Infatti,se indichiamo con E il potenziale “assoluto” di una data semicella, con ERIF ilpotenziale “assoluto” di una semicella di riferimento (diversa dall’SHE) e conESHE il potenziale “assoluto” dell’SHE, allora si puo’ scrivere:

E − ESHE = E − ESHE + ERIF − ERIF

= (E − ERIF ) + (ERIF − ESHE )

il che mostra che il potenziale di una semicella riferito all’SHE (E − ESHE )si ottiene sommando il suo potenziale riferito a un qualsiasi altro riferimento(E − ERIF ) al potenziale relativo all’SHE della semicella usata come riferimento(ERIF − ESHE ).

Questo risultato e’ espresso graficamente nella figura 2.8, dove, sull’assedei potenziali “assoluti”, sono indicati E, ERIF ed ESHE e viene mostrata larelazione fra essi.200. Nel concetto di potenziale relativo che abbiamo introdotto non c’e’ nulladi “esoterico”. Potremmo definire in modo assolutamente identico una statu-ra relativa in una classe di studenti. Prendiamo uno studente di riferimentoe definiamo la statura relativa di uno studente qualsiasi come la differenza frala sua statura “assoluta” e quella dello studente di riferimento. In tal modo,se uno studente ha una statura relativa di 10 cm cio’ significa semplicementeche egli e’ piu’ alto dello studente di riferimento di 10 cm; analogamente, uno

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PtAg

AgCl

Cl−Cl−

Hg2Cl2/Hg

KCl

Figura 2.9: Due elettrodi di riferimento molto usati: l’elettrodo ad AgCl/Ag el’elettrodo a calomelano

studente che abbia una statura relativa di −8 cm sara’ piu’ basso dello studentedi riferimento di 8 cm. Appare evidente che definire la statura relativa in que-sto modo e’ equivalente ad assegnare allo studente di riferimento una staturarelativa nulla (esattamente come abbiamo fatto per il potenziale dell’SHE). E’chiaro inoltre che la statura relativa di uno studente sara’ diversa per diversescelte dello studente di riferimento. Infine, e’ sempre possibile convertire unastatura relativa riferita ad un certo studente nella statura relativa riferita aduno studente diverso: se la statura relativa di Marco rispetto a Ottavia e’ 23 cme la statura relativa di Ottavia rispetto ad Andrea e’ 4 cm, allora la staturarelativa di Marco rispetto al “riferimento” Andrea sara’ (23 + 4) = 27 cm (viappare chiaro il parallelo con la figura 2.8?)201. L’elettrodo standard a idrogeno non e’ molto comodo da usare in pratica.Per questo motivo, vengono usati come riferimenti altri elettrodi piu’ semplici dacostruire e utilizzare. Due elettrodi di riferimento molto usati sono l’elettrodoad AgCl/Ag e quello a calomelano, che abbiamo gia’ visto al punto 156. Essisono schematicamente illustrati nella figura 2.9.

Come abbiamo visto a pagina 91, il potenziale dell’elettrodo ad AgCl/Ag e’dato da:

E = E◦

AgCl/Ag −RT

Fln[Cl−

]

da cui si vede che, una volta fissata la concentrazione di ioni Cl− in soluzione,il potenziale elettrodico e’ costante (questa e’ la condizione per poter usarel’elettrodo come riferimento). Il modo piu’ banale di fissare la concentrazione diioni Cl− e’ quello di saturare la soluzione con un sale come KCl: in presenza diun corpo di fondo di KCl indisciolto siamo certi che la soluzione e’ satura e che,pertanto, la concentrazione di ioni Cl− al suo interno e’ costante (a temperaturacostante).

L’elettrodo a calomelano e’ basato sulla semireazione (punto 156):

Hg2Cl2(s) + 2e = 2Hg(l) + 2Cl−

e quindi il suo potenziale e’ dato da:

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E = E◦

Hg2Cl2/Hg −RT

2Fln[Cl−

]2

(Hg2Cl2 e’ solido e Hg e’ un liquido puro, quindi le loro concentrazioni noncompaiono)

Anche in questo caso il potenziale dipende dalla sola concentrazione di ioniCl−, che puo’ essere facilmente mantenuta costante operando con una soluzionesatura di KCl.

Da quanto detto dovrebbe essere evidente la praticita’ di costruzione e usodi questi due elettrodi rispetto all’elettrodo standard ad idrogeno.202. Facciamo il punto della situazione.

• Un elettrodo (per cio’ che ci riguarda) e’ costituito da un metallo immersoin una soluzione ed e’ caratterizzato dalla presenza di (almeno) una coppiaredox.

• La semireazione che interconverte i due membri della coppia redox produceuna differenza di potenziale elettrico fra il metallo e la soluzione che sichiama potenziale elettrodico.

• Il segno e l’entita’ del potenziale elettrodico dipendono dalla posizioneraggiunta dall’equilibrio della semireazione elettrodica e sono legati alleconcentrazioni (di equilibrio) delle specie implicate nella semireazione dallalegge di Nernst.

• Se in un sistema elettrodico sono presenti piu’ coppie redox, le corrispon-denti semireazioni e tutte le possibili reazioni redox fra le varie coppieavvengono simultaneamente: il potenziale elettrodico di equilibrio sara’tale da soddisfare contemporaneamente tutte le espressioni della leggedi Nernst per tutte le coppie redox presenti.

• Un singolo potenziale elettrodico non e’ sperimentalmente misurabile: cio’che si puo’ misurare e’ la differenza fra i potenziali elettrodici di duesemicelle accoppiate.

• Per questo motivo, i potenziali elettrodici sono numericamente definiti ri-spetto ad un elettrodo scelto come riferimento; cio’ vuol dire che il poten-ziale elettrodico relativo di una semicella e’ definito come la differenza fra ilpotenziale elettrodico “assoluto” della semicella e il potenziale elettrodico“assoluto” della semicella di riferimento.

• L’elettrodo di riferimento deve avere un potenziale costante; l’elettrododi riferimento “ufficiale” e’ l’SHE; in pratica, pero’, si usano elettrodi diriferimento piu’ funzionali.

2.6 Il potenziale di giunto

203. Abbiamo visto finora che la misura di un potenziale elettrodico impli-ca necessariamente la presenza di un elettrodo di riferimento. E’ essenzialeche il potenziale di quest’ultimo sia sempre costante e riproducibile e quindi

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la soluzione dell’elettrodo di riferimento deve essere tenuta separata da quelladell’elettrodo di cui si vuole misurare il potenziale relativo (da qui in poi nonuseremo piu’ l’aggettivo “relativo”). Provate ad immaginare di voler misurare ilpotenziale di un elettrodo ad Ag+/Ag rispetto ad un riferimento a calomelanosenza che le soluzioni delle due semicelle siano separate: gli ioni Ag+ del sistemaelettrodico Ag+/Ag reagirebbero con gli ioni Cl− del riferimento precipitandocome AgCl e cio’, come minimo, farebbe variare la concentrazione di ioni Cl−

e quindi il potenziale del riferimento. Se da un lato le soluzioni dei due elet-trodi di una cella devono in generale essere separate per i motivi appena detti,dall’altro, tuttavia, esse devono essere in contatto elettrico, perche’ altrimentinon e’ possibile misurare la differenza di potenziale fra i due metalli. Infatti,affinche’ un voltmetro possa misurare una differenza di potenziale fra due punti,bisogna che essi siano elettricamente connessi. “Contatto elettrico” significa pernoi che deve esserci la possibilita’ che una corrente elettrica fluisca da una cellaall’altra.204. L’obiettivo di separare le due semicelle mantenendole pero’ in contattoelettrico puo’ essere realizzato in vari modi. Quello classico e’ l’uso di un cosid-detto ponte salino (figura 2.6): si tratta di un tubo ad “U” contenente unasoluzione elettrolitica (ad esempio KNO3) molto concentrata (la soluzione sitrova generalmente in forma di gelatina, per evitare che fuoriesca dal tubo). Ilponte salino viene sistemato capovolto con le due estremita’ ciascuna immersain una delle due soluzioni delle semicelle da accoppiare. In questo modo, le duesoluzioni elettrodiche non si mescolano, pur tuttavia esse sono elettricamenteconnesse grazie al movimento degli ioni presenti nel gel.

Un altro mezzo di separazione molto usato e’ un setto poroso, cioe’, inpratica, una parete divisoria dotata di pori aventi dimensioni molecolari: inquesto caso gli ioni e le molecole di solvente delle due semicelle attraversanoeffettivamente la separazione (che quindi consente il contatto elettrico), ma lofanno talmente lentamente che il mescolamento delle due soluzioni per la du-rata della misura e’ del tutto trascurabile. A questo proposito e’ opportunoaccennare alla realizzazione commerciale di moltissimi elettrodi di riferimento.Per evidenti questioni di praticita’ di impiego, gli elettrodi di riferimento sonocostruiti come illustrato nella figura 2.10: l’elettrodo e’ contenuto in una pro-vetta sul fondo della quale si trova un setto poroso avente un diametro di circa1 mm. In pratica, immergendo la provetta nella soluzione test che contiene ilsecondo elettrodo si realizza una cella elettrochimica completa (figura 2.10) incui il contatto elettrico fra le due semicelle e’ costituito dal setto poroso sulfondo della provetta contenente l’elettrodo di riferimento. La provetta e’ chiusaalla sommita’ con un coperchio da cui esce un cavo connesso al metallo di cuie’ fatto l’elettrodo: a questo cavo viene connesso il puntale ⊖ del voltmetroquando si effettua la misura della differenza di potenziale nella cella. General-mente, la provetta contiene anche un foro laterale (chiuso con un tappo) chesi puo’ utilizzare per rinnovare saltuariamente la soluzione in cui e’ immersol’elettrodo di riferimento. Durante le misure, il tappo deve essere aperto permeglio consentire il passaggio degli ioni attraverso il setto poroso.

Simili ai setti porosi sono le membrane semipermeabili: si tratta dimateriali che macroscopicamente assomigliano a fogli di carta o naylon, ma lacui struttura microscopica e’ tale per cui solo certi ioni o certe molecole possonopassarvi attraverso.205. La necessaria separazione fra le due soluzioni comporta una complicazione

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voltmetro

⊕ ⊖

coperchio

tappo di gomma

elettrododi riferimento

filo diargento

soluzione saturadi KCl

deposito diAgCl

settoporososoluzione test

Figura 2.10: Un tipico elettrodo di riferimento commerciale ad AgCl/Ag.

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voltmetro

⊕ ⊖

M1 M2

Cl−

H+

HCl HCl

C1 C2>

S1 S2

Figura 2.11: La creazione di un potenziale di giunto.

nella misura della differenza di potenziale di una cella: il cosiddetto potenzialedi giunto. Esso consiste in una differenza di potenziale che si viene a crearein corrispondenza ad ogni “confine” che separi due soluzioni diverse. Per com-prendere qualitativamente l’origine del potenziale di giunto e i suoi effetti sullamisura della differenza di potenziale in una cella elettrochimica consideriamo lacella mostrata nella figura 2.11.

Le due semicelle sono separate da un setto poroso e contengono due soluzionidi HCl a diversa concentrazione. Ignoriamo per il momento tutto il resto (lesbarrette metalliche e il voltmetro). Se C1 > C2, come mostrato, allora ioni H+

e Cl− tenderanno a diffondere attraverso il setto dalla soluzione S1 alla soluzio-ne S2. Tuttavia, e questo e’ il motivo ultimo per cui si stabilisce il potenzialedi giunto, le velocita’ di diffusione dei due tipi di ioni sono diverse. Nel casospecifico, gli ioni idrogeno migrano da S1 a S2 molto piu’ velocemente degli ioniCl−. Se riguardate quanto abbiamo detto a proposito del meccanismo di forma-zione del potenziale elettrodico, potete facilmente prevedere la conseguenza dicio’. Inizialmente le due soluzioni sono elettricamente neutre, cioe’ in ciascunail numero di ioni H+ e’ esattamente uguale al numero di ioni Cl−. Dopo chee’ trascorso un piccolo intervallo di tempo, tuttavia, il numero di ioni H+ chee’ passato da S1 ad S2 e’ maggiore del numero di ioni Cl− che hanno compiutolo stesso percorso (proprio a causa delle diverse velocita’ di migrazione). Maquesto significa che in S1 si e’ creato un eccesso di carica negativa (ci sono piu’ioni Cl− che H+) mentre in S2 si e’ creato un eccesso di carica positiva di ugua-le entita’ (in S2 ci sono ora piu’ ioni H+ che Cl−): in definitiva, tra S1 ed S2

si e’ venuta a creare una differenza di potenziale elettrico che viene chiamatopotenziale di giunto. Cosa accade man mano che il tempo passa? L’eccesso dicarica negativa in S1 e l’eccesso di carica positiva in S2 concordemente rallen-

tano l’ulteriore migrazione di ioni H+ (S1 li “trattiene” ed S2 li “respinge”);la migrazione degli ioni Cl− e’ invece accelerata per gli stessi motivi (gli ioni

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Cl−, negativi, sono “sospinti” da S1 e “attirati” da S2). Quindi, il processoinizialmente piu’ veloce viene rallentato e quello inizialmente piu’ lento vieneaccelerato (dove avete gia’ sentito questa storia?): inevitabilmente si arrivera’ad una situazione in cui le velocita’ di migrazione degli ioni H+ e Cl− diventanouguali. Da questo momento in poi, la differenza di potenziale fra S1 ed S2, cioe’il potenziale di giunto, smette di aumentare.206. Se ci riflettete un istante, vi renderete conto che il meccanismo con cuisi instaura il potenziale elettrodico e quello con cui si stabilisce il potenzialedi giunto sono pressocche’ identici: in entrambi i casi ci sono due processi cheavvengono inizialmente a velocita’ diversa; a causa di cio’ si crea una separazionedi carica fra due fasi; ma proprio questa separazione di carica opera nel senso dirallentare il processo inizialmente piu’ veloce ed accelerare quello che all’inizioera piu’ lento; l’epilogo ineluttabile e’ che le velocita’ dei due processi finisconoper diventare identiche. Da questo punto in poi la separazione di carica smettedi aumentare (anche se i due processi responsabili della sua creazione continuanoad avvenire).

C’e’ tuttavia una differenza sostanziale fra lo stato finale di un sistema elet-trodico e quello di due soluzioni separate da un setto poroso: mentre in unelettrodo si raggiunge uno stato di vero e proprio equilibrio (inteso in sensochimico), nel caso del potenziale di giunto lo stato in cui si viene a trovare ilsistema e’ approssimabile ad uno stato stazionario. Per apprezzare la differenzapensate a questo: un elettrodo che abbia raggiunto l’equilibrio rimarra’ in quellostato indefinitamente (se non intervengono perturbazioni esterne); nel caso delledue soluzioni di HCl a diversa concentrazione poste in contatto con un settoporoso, invece, il potenziale di giunto si instaura dopo un tempo brevissimo,ma se avessimo la pazienza di aspettare per un tempo molto lungo (tanto piu’lungo quanto piu’ stretti sono i pori del setto), vedremmo che lo stato delledue soluzioni in realta’ cambia lentamente: la concentrazione in S1 diminuisce equella in S2 aumenta. Uno stato di equilibrio vero e proprio si raggiunge anchein questo caso, ma dopo un tempo lunghissimo: lo stato di equilibrio finale con-siste, chiaramente, nel fatto che le due soluzioni raggiungono il medesimo valoredi concentrazione (notate che in questo stato di equilibrio finale il potenziale digiunto e’ nullo: quindi il potenziale di giunto e’ un fenomeno legato a condizionidi non-equilibrio). Siccome in genere la durata di una misura potenziometricae’ molto minore del tempo che impiegherebbero le due soluzioni a mescolarsicompletamente, tutto funziona come se la migrazione ionica attraverso il settosi trovasse in condizioni effettivamente stazionarie.207. Ora che abbiamo visto come si stabilisce il potenziale di giunto, torniamoalla figura 2.11 e consideriamo la cella elettrochimica completa: non ci interessala natura dei due metalli M1 ed M2 (potrebbero essere due fili di argento ricoper-ti di AgCl, cosicche’ avremmo a che fare con due semicelle ad AgCl/Ag). Cio’che vogliamo capire e’ che cosa misura il voltmetro in questa cella. Ripetendo ilragionamento fatto al punto 193, possiamo decomporre la differenza di poten-ziale totale letta dallo strumento nei vari contributi parziali che si incontranoandando dal puntale ⊕ al puntale ⊖.

Con ovvio significato dei simboli si ha:

ddp = E(M1)− E(S1) + E(S1)− E(S2) + E(S2)− E(M2)

= [E(M1)− E(S1)]− [E(M2)− E(S2)] + [E(S1)− E(S2)]

111

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V

RIF1 RIF2

HCl0.1 mol/L

membrana di vetro

soluzionetest

Figura 2.12: Schematica illustrazione del funzionamento di un elettrodo a vetro

Vediamo dunque che, come era logico aspettarsi, la differenza di poten-ziale misurata dal voltmetro contiene la differenza fra i potenziali elettrodici(E(M1)− E(S1)) − (E(M2)− E(S2)). Tuttavia, a causa del fatto che le duesoluzioni non hanno lo stesso potenziale, la differenza di potenziale misuratacontiene anche il termine (E(S1)− E(S2)), cioe’ il potenziale di giunto.

Le conclusioni raggiunte con questo esempio specifico sono di carattere com-pletamente generale: quando una cella elettrochimica contiene membrane o settiporosi che separano soluzioni diverse, si generano dei corrispondenti potenzialidi giunto che rappresentano in generale una fonte di errore se lo scopo e’ quellodi misurare solo la differenza dei potenziali elettrodici.

2.7 Elettrodo a vetro

Un’applicazione importantissima della potenziometria e’ la misura “diretta” delpH di una soluzione, che si fa con il cosiddetto “elettrodo a vetro”. Comevedremo, il funzionamento di un elettrodo a vetro e’ basato sulla presenza di unamembrana di vetro con particolari proprieta’. Inoltre, dipendentemente dal tipodi vetro, e’ possibile trovare in commercio elettrodi sensibili alla concentrazionedi ioni diversi dal protone, come ad esempio Li+, Na+, K+, Ag+, NH+

4 .Il funzionamento dell’elettrodo a vetro puo’ essere illustrato con la cella

mostrata in figura 2.12Cio’ che viene chiamato elettrodo a vetro e’ rappresentato dalla meta’ di

destra della cella, membrana di vetro compresa. Abbiamo dunque un elettrododi riferimento (generalmente AgCl/Ag) immerso in una soluzione ad attivita’protonica costante (generalmente HCl 0.1 M) e separata dalla soluzione og-getto di misura (soluzione test) mediante una membrana di vetro. Attraversotale membrana si genera una differenza di potenziale che dipende dall’attivita’

112

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stra

toid

rata

to

stra

toid

rata

to

porzione“secca”

HCl0.1 mol/L

membrana di vetro

soluzionetest

50 µm

Na+, Li+

100 nm

EG

Figura 2.13: Ingrandimento della membrana di un elettrodo a vetro

degli ioni H+ nella soluzione test (vedere oltre). Se in quest’ultima e’ immersoun secondo elettrodo di riferimento, allora la differenza di potenziale della cellae’ data da:

ddp = E1 + Ej1 + EG − E2 (2.5)

dove E1 ed E2 sono i potenziali elettrodici dei due elettrodi di riferimento,Ej1 e’ il potenziale di giunto eventualmente presente all’interfaccia fra la so-luzione test e l’elettrodo di riferimento RIF1, EG e’ la differenza di potenzialeattraverso la membrana di vetro.

Nell’espressione sopra scritta, E1 ed E2 sono costanti, in quanto potenzialielettrodici di elettrodi di riferimento. Quando il pH della soluzione test cambia,in generale cambieranno sia Ej1 che EG. Tuttavia, le variazioni di Ej1 sono disolito molto piccole, per cui le variazioni di differenza di potenziale al variaredel pH nella soluzione test sono dovute essenzialmente alle variazioni di EG. Sicomprende dunque come la misura della differenza di potenziale della cella sumostrata fornisce una misura del pH della soluzione test.

E’ opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che l’elettrodo a vetro, contra-riamente a cio’ che induce a pensare il suo nome, non e’ un unico sistema elettro-dico: esso presuppone la presenza di due elettrodi di riferimento (a potenzialeelettrodico costante) e la differenza di potenziale legata all’attivita’ protonica e’piu’ simile ad un potenziale di giunto che ad un potenziale elettrodico.

Viene di seguito illustrata in modo qualitativo l’origine della differenza di po-tenziale EG su cui si basa l’elettrodo a vetro. Un ingrandimento della membranadi vetro appare come in figura 2.13.

113

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Quando la membrana di vetro e’ a contatto con due soluzioni acquose daentrambi i lati, le due facce vengono idratate per una profondita’ di circa5 − 100 nm. Nei due strati idratati si stabilisce un equilibrio di adsorbimen-to/desorbimento degli ioni H+, presenti nella soluzione acquosa, e degli ioniNa+ o Li+ che occupano le posizioni reticolari dello scheletro di silicato co-stituente la membrana. E’ questo equilibrio che determina lo stabilirsi di unadifferenza di potenziale fra ciascuna faccia della membrana e la soluzione concui essa e’ a contatto.

Va osservato che la membrana deve assicurare il passaggio di corrente elet-trica: nella parte non idratata (“secca”), la conducibilita’ e’ assicurata dallamigrazione interstiziale dei cationi presenti nel vetro (Na+, Li+ etc).

La differenza di potenziale fra la faccia della membrana a contatto con lasoluzione di HCl 0.1 M e quest’ultima e’ sempre costante (perche’ la soluzionee’ sempre la stessa). Per contro, la differenza di potenziale fra l’altra facciadella membrana e la soluzione test dipendera’ dal pH della soluzione test, per-che’ l’equilibrio di adsorbimento degli ioni H+ dipende dalla loro attivita’ insoluzione aH+ . Si trova che tale differenza di potenziale dipende linearmentedal pH della soluzione test tramite un’espressione formalmente identica a quelladella legge di Nernst. Ne segue che la differenza di potenziale attraverso l’interamembrana, cioe’ EG, e’ data da:

EG = K +RT

Fln aH+

= K + BT pH

dove K e BT sono costanti (ma BT dipende dalla temperatura).Sostituendo nella equazione 2.5, si conclude che l’intera differenza di poten-

ziale della cella e’ una funzione lineare del pH della soluzione test:

ddp = K ′ + BT pH

(K ′ contiene K e tutti gli altri termini costanti).Verranno di seguito riportate alcune considerazioni pratiche riguardanti l’uso

degli elettrodi a vetro.Gli elettrodi commerciali sono in genere molto compatti. I piu’ pratici sono i

cosiddetti elettrodi combinati, che contengono la soluzione di HCl, la membranadi vetro e i due elettrodi di riferimento in un unico stilo (figura 2.14).

Non dovrebbe essere difflcile riconoscere l’esatta corrispondenza dell’assem-blaggio mostrato con lo schema di principio illustrato prima. La misura delladifferenza di potenziale della cella viene eseguita con un voltmetro ad elevataimpedenza di ingresso (cio’ per fare in modo che la corrente circolante nellacella durante la misure sia di intensita’ trascurabile). Nel caso specifico dellamisura del pH , esistono strumenti, detti pH-metri, in grado di fornire la letturadirettamente in unita’ di pH.

Ciascun elettrodo a vetro e’ caratterizzato da una propria risposta:

114

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VV

RIF1 (AgCl/Ag)

RIF2 (AgCl/Ag)

KCl(sol.sat.)

HCl 0.1 mol/L

setto poroso

membrana di vetro

soluzionetest

Figura 2.14: Corrispondenza fra lo schema di principio e le varie parti di unelettrodo a vetro combinato

ddp = K ′ + BT pH

Di conseguenza, prima di effettuare una misura, il sistema costituito dalpH-metro e dall’elettrodo va tarato con delle soluzioni a pH noto. In generegli strumenti consentono di effettuare una taratura con due soluzioni tampone.La taratura si esegue dapprima calibrando il pH-metro sulla prima soluzioneper mezzo di una manopola potenziometrica di regolazione. A questo punto siestrae l’elettrodo dalla soluzione, lo si lava accuratamente con acqua distillata,lo si immerge nella seconda soluzione e si calibra lo strumento sul secondo valoredi pH mediante un’altra manopola potenziometrica, che in genere viene detta“slope control”. Si ricontrolla infine la lettura sulla prima soluzione e, se risultacorretta, si puo’ assumere che lo strumento fornisca letture attendibili di pHnell’intervallo determinato dalle due soluzioni tampone. Va aggiunto che lamaggior parte dei pH-metri prevede anche la possibilita’ di tenere conto dellatemperatura della soluzione test, che in questo caso va misurata preventivamente(si ricordi che il parametro BT dipende dalla temperatura).

Diciamo ancora qualcosa sulle possibili fonti di errore connesse all’impiegodell’elettrodo a vetro.

Errore alcalino: se una soluzione contiene alte concentrazioni di un piccolocatione e basse concentrazioni di ioni H+ (ad esempio una soluzione di

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NaOH ), allora il piccolo catione puo’ competere favorevolmente con iprotoni nell’equilibrio di adsorbimento alla membrana di vetro, causandoun errore nella sua risposta. Tale errore puo’ essere minimizzato agendoopportunamente sulla composizione della membrana di vetro. General-mente, il campo di pH entro cui un elettrodo a vetro fornisce risposteattendibili viene specificato dal costruttore.

Errore acido: si verifica in soluzioni molto acide ([H+] > 1 M ) ed e’ menoimportante di quello alcalino sopra visto. E’ dovuto al fatto che a pHmolto bassi l’attivita’ dell’acqua e’ sensibilmente ridotta e questo influenzal’equilibrio di adsorbimento degli ioni H+ . Anche in questo caso, tuttavia,sono disponibili in commercio membrane la cui composizione minimizzatale inconveniente.

Potenziale di asimmetria: se le due facce della membrana di un elettrodo a vetrosono in contatto con la stessa soluzione, la differenza di potenziale fra diesse non e’ nulla (come sarebbe logico aspettarsi), ma ha un valore dettopotenziale di asimmetria. Tale potenziale varia lentamente nel tempo eviene generalmente attribuito a differenti condizioni di stress delle duefacce della membrana (originate, ad esempio, in fase di lavorazione). E’anche a causa del potenziale di asimmetria che gli elettrodi a vetro vannotarati di frequente e prima di ogni singola misura.

2.8 La potenziometria come tecnica analitica

208. I concetti fondamentali che abbiamo introdotto fino a questo punto sonoquello che serve per discutere le applicazioni analitiche della potenziometria.Come abbiamo gia’ accennato (punto 175) la chiave di volta e’ l’equazione diNernst, che fornisce il legame fra il potenziale elettrodico e la concentrazione insoluzione di un dato analita.

Abbiamo pero’ imparato che cio’ che si puo’ misurare e’ in realta’ solo unadifferenza fra potenziali elettrodici e quindi una determinazione analitica per viapotenziometrica richiede invariabilmente l’allestimento di una cella elettrochi-mica completa: uno dei due elettrodi sara’ un elettrodo di riferimento, mentrel’altro, il cui potenziale e’ utilizzato ai fini analitici, viene detto elettrodoindicatore.

2.8.1 Potenziometria diretta

209. La potenziometria diretta consiste nella determinazione della concentra-zione di un analita da una singola misura di differenza di potenziale in unacella.210. Un esempio di questo tipo di applicazione e’ la determinazione dello ioneAg+. Abbiamo una soluzione test che contiene una concentrazione incognita diioni Ag+; se immergiamo un filo di argento in questa soluzione otteniamo unelettrodo ad Ag+/Ag, il cui potenziale e’ legato proprio alla concentrazione chedobbiamo determinare dalla relazione (punto 192):

EAg+/Ag = E◦

Ag+/Ag +RT

Fln[Ag+

]

116

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voltmetro

⊕ ⊖

Ag

Ag+

soluzionetest

elettrodo diriferimento

Figura 2.15: Cella per la determinazione potenziometrica dello ione Ag+.

Il potenziale di questo elettrodo, che rappresenta quindi il nostro elettrodoindicatore, puo’ essere misurato solo relativamente ad un elettrodo di riferimentoe quindi dovremo allestire una cella come quella mostrata nella figura 2.15.

La differenza di potenziale che si puo’ misurare con il voltmetro e’ data da:

ddp = EAg+/Ag − Erif + Egiunto

dove EAg+/Ag e’ il potenziale elettrodico dell’elettrodo indicatore, Erif quellodell’elettrodo di riferimento (non ha importanza specificare di che tipo; potrebbeessere un calomelano o un AgCl/Ag) e Egiunto e’ la somma di tutti i contributidovuti ai potenziali di giunto (dalla figura si vede che ci sono due potenziali digiunto in corrispondenza al contatto delle due estremita’ del ponte salino con ledue soluzioni elettrodiche). Se scriviamo la forma esplicita di EAg+/Ag con lalegge di Nernst ed isoliamo la concentrazione di ioni argento otteniamo:

ddp = E◦

Ag+/Ag +RT

Fln[Ag+

]− Erif + Egiunto

RT

Fln[Ag+

]= ddp − E◦

Ag+/Ag + Erif − Egiunto

ln[Ag+

]=

F

RT

(

ddp − E◦

Ag+/Ag + Erif − Egiunto

)

[Ag+

]= exp

(F

RT

(

ddp − E◦

Ag+/Ag + Erif − Egiunto

))

da cui si vede che, misurando ddp con il voltmetro e T con un termometroe conoscendo il resto, possiamo ottenere la concentrazione cercata. Va nota-to che, mentre i potenziali standard e i potenziali elettrodici degli elettrodi diriferimento piu’ comuni sono tabulati con buona precisione, la misura o il cal-colo dei potenziali di giunto presentano notevoli difficolta’. Quindi, in questo

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caso, il termine Egiunto rappresenta sicuramente una possibile fonte di errore,tanto piu’ in quanto compare in un termine esponenziale. D’altro canto, perla cella mostrata, c’e’ da aspettarsi che i potenziali di giunto che si originanoalle due estremita’ del ponte salino siano di segno contrario e tendano quindi acancellarsi.211. La cella di figura 2.15 puo’ essere adoperata per la determinazione analiticadi moltissimi ioni metallici: basta semplicemente cambiare il metallo dell’elet-trodo indicatore. Ad esempio, se invece di un filo di argento utilizziamo un filodi rame, possiamo dosare gli ioni Cu2+. In questo caso il potenziale elettrodicodell’elettrodo indicatore e’ dato da:

ECu2+/Cu = E◦

Cu2+/Cu +RT

2Fln[Cu2+

]

e la differenza di potenziale che si puo’ misurare con il voltmetro e’ data da:

ddp = ECu2+/Cu − Erif + Egiunto

da cui, identicamente a quanto visto prima, si puo’ ricavare la concentrazioneincognita di ioni Cu2+.212. Le possibilita’ dei metodi potenziometrici non sono certo limitate ai ca-tioni metallici: esistono elettrodi indicatori per la determinazione di moltissimespecie. Un esempio di elettrodo indicatore utilizzabile per gli ioni Cl− e’ l’elet-trodo ad AgCl/Ag. Ne abbiamo parlato a piu’ riprese (punto 156, pagina 91,punto 201) e lo abbiamo citato come esempio di elettrodo di riferimento moltousato.

Riscriviamo la legge di Nernst per questo elettrodo:

E = E◦

AgCl/Ag −RT

Fln[Cl−

]

Questa relazione dice che, se la concentrazione di ioni Cl− e’ mantenutacostante, allora il potenziale elettrodico rimarra’ costante e su questo si basal’impiego dell’elettrodo ad AgCl/Ag come riferimento. Tuttavia, la relazionesu scritta puo’ essere intesa anche in senso “analitico” considerando la con-centrazione di ioni Cl− come un’incognita da trovare misurando il potenzialeelettrodico.

Al solito, si dovra’ allestire una cella come quella mostrata in figura 2.16 e mi-surare la differenza di potenzaile fra l’elettrodo indicatore e quello di riferimento(che potrebbe essere anch’esso un elettrodo ad AgCl/Ag!):

ddp = EAgCl/Ag − Erif + Egiunto

Da questa relazione si ricava, analogamente a quanto abbiamo gia’ visto, laconcentrazione incognita di ioni Cl−.

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voltmetro

⊕ ⊖

Ag

AgCl

Cl−

soluzionetest

elettrodo diriferimento

Figura 2.16: Cella per la determinazione potenziometrica dello ione Cl−.

2.8.2 Elettrodi combinati

213. L’allestimento di una cella elettrochimica completa per effettuare una mi-sura potenziometrica puo’ essere di gran lunga semplificato utilizzando un co-siddetto elettrodo combinato. Si tratta di un sistema compatto che contienel’elettrodo indicatore insieme all’elettrodo di riferimento in un unico assem-blaggio: immergendo l’elettrodo combinato nella soluzione test si realizza unacella elettrochimica completa. E’ importante rendersi conto che un elettrodocombinato immerso nella soluzione test e’ perfettamente equivalente ad una cel-la elettrochimica “convenzionale”, cioe’ del tipo che abbiamo illustrato finora.La figura 2.17 mostra la “metamorfosi” che porta da una cella usuale ad unelettrodo combinato.

Nello stadio 1 si vede la cella elettrochimica “convenzionale”: “I” sta adindicare la semicella dell’elettrodo indicatore (ad esempio il solito filo di Ag)contenente la soluzione test; “R” indica la semicella dell’elettrodo di riferimento(ad esempio un elettrodo ad AgCl/Ag con una soluzione satura di KCl). Ledue semicelle sono separate da un setto poroso indicato dalla linea tratteggiata.Infine, e’ mostrato un voltmetro che misura la differenza di potenziale dellacella.

Il primo passo per arrivare all’assemblaggio combinato consiste nel prendere(idealmente) la semicella di riferimento e immergerla nella semicella dell’elet-trodo indicatore: si arriva cosi’ allo stadio 2. Naturalmente, per mantenere ilcontatto elettrico fra le due semicelle, nella semicella di riferimento e’ presenteuna “finestra” costituita dal setto poroso (indicata con la linea tratteggiata nellafigura). Notate che, nella sostanza, non e’ cambiato nulla; solo la forma dellacella e’ cambiata.

Nello stadio successivo, il numero 3, abbiamo preso il metallo dell’elettrodoindicatore e lo abbiamo messo in contatto con la soluzione test, ma facendolo

passare attraverso la semicella di riferimento. Ovviamente, siccome il metal-lo dell’elettrodo indicatore deve stare in contatto solo con la soluzione test (enon con la soluzione dell’elettrodo di riferimento) la parte di metallo che pas-sa attraverso la soluzione dell’elettrodo di riferimento e’ stata opportunamente

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I

I

I

I

R

R

R

R

1 '!&"%#$

2 '!&"%#$

3 '!&"%#$

4 '!&"%#$

Figura 2.17: “Metamorfosi” di una cella usuale in elettrodo combinato.

120

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isolata inserendola all’interno di uno stretto tubo in vetro (indicato in grigionella figura). Un altro cambiamento che si e’ verificato nel passaggio da 2 a 3riguarda il setto poroso, che si e’ ridotto ad una finestrella avente le dimensionidi 1− 2 mm. Di nuovo: solo la forma sta cambiando, ma le varie parti e la loroconnessione rimangono inalterate.

Nello stadio 4 la metamorfosi si e’ conclusa: l’elettrodo combinato e’ com-pletato da un coperchio superiore da cui escono i cavi collegati al riferimento eall’elettrodo indicatore. Inoltre, e’ stato aggiunto un piccolo raccordo in vetrocon tappo che serve per aggiungere soluzione (all’occorrenza) nella semicella diriferimento.

A questo punto, dovrebbe esservi chiaro che l’elettrodo combinato immersonella soluzione test dello stadio numero 4 e’ perfettamente equivalente alla cella“convenzionale” dello stadio numero 1 da cui siamo partiti (questo e’ sottoli-neato dal grande segno di uguaglianza che connette lo stadio 1 allo stadio 4 infigura 2.17).

2.8.3 Titolazioni potenziometriche

214. Immaginiamo di compiere una titolazione di ioni Cl− con una soluzionestandard di AgNO3. Nel corso della titolazione la concentrazione di ioni Ag+ insoluzione varia: prima del punto di equivalenza essa sara’ molto piccola poiche’gli ioni Cl− sono in eccesso; al punto di equivalenza la concentrazione degliioni Ag+ subisce un brusco incremento poiche’ gli ioni Cl− “finiscono”; dopo ilpunto di equivalenza, la concentrazione di ioni Ag+ aumenta all’aumentare delvolume di soluzione titolante aggiunto.

Sulla base di quello che abbiamo appreso finora, possiamo comprendere facil-mente che, se immergiamo un filo di argento nel beaker in cui stiamo conducendola titolazione, realizziamo un elettrodo ad Ag+/Ag il cui potenziale seguira’ le

variazioni di concentrazione degli ioni argento nel corso della titolazione.Una titolazione potenziometrica, dunque, consiste in una titolazione or-

dinaria in cui la misura potenziometrica viene utilizzata per monitorare il corsodella titolazione.

Se vogliamo seguire la titolazione di Cl− con AgNO3 per via potenziome-trica non e’ sufficiente immergere un filo d’argento nel beaker contenente lasoluzione da titolare: sappiamo che oltre all’elettrodo indicatore abbiamo biso-gno di un elettrodo di riferimento rispetto al quale misurare il potenziale delprimo. Dovremo percio’ allestire una cella o, piu’ comodamente, usare un elet-trodo combinato (la relazione fra i due setup sperimentali e’ illustrata nellafigura2.18).

Come abbiamo gia’ visto piu’ volte, la differenza di potenziale misurata dalvoltmetro e’ data da:

ddp = EAg+/Ag − Erif + Egiunto

= E◦

Ag+/Ag +RT

Fln[Ag+

]− Erif + Egiunto

Come abbiamo detto prima, la concentrazione di ioni Ag+ cambia in funzio-ne del volume di soluzione titolante aggiunto: la relazione su scritta mostra che

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voltmetro

voltmetro

buretta

buretta

agitatore

agitatore

Figura 2.18: Titolazione di ioni Cl− con AgNO3 seguita per via potenziometricacon una cella elettrochimica “convenzionale” (parte superiore) o con un elettrodocombinato (parte inferiore). E’ stata evidenziata la corrispondenza fra elettrodoindicatore ed elettrodo di riferimento nei due setup sperimentali.

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volume di soluzione titolante

ddp

Figura 2.19: Una tipica curva di titolazione potenziometrica.

la differenza di potenziale della cella riflettera’ questo cambiamento. Possiamoallora costruire una tabella in cui, per ogni valore del volume di titolante ag-giunto, riportiamo il corrispondente valore di differenza di potenziale letto dalvoltmetro. Diagrammando i dati cosi’ raccolti otterremo una tipica curva dititolazione di forma sigmoide: il flesso di tale curva, facilmente determinabile,come vedremo, individua cio’ che rappresenta lo scopo della titolazione, e cioe’il volume di equivalenza (figura 2.19).215. Le titolazioni potenziometriche presentano dei vantaggi rispetto alle mi-sure potenziometriche dirette. Siccome il punto finale viene determinato dalflesso della curva di titolazione, non e’ necessario conoscere con esattezza ilpotenziale dell’elettrodo di riferimento (diversamente da quanto avviene invecein una misura potenziometrica diretta). Infatti, dall’espressione della differen-za di potenziale prima scritta, si vede che il termine Erif interviene come unsemplice addendo: cio’ vuol dire che il suo effetto e’ semplicemente quello ditraslare verticalmente la curva di titolazione. Ma questo non ha alcuna influen-za sulla posizione del flesso lungo l’asse delle ascisse. Un altro vantaggio delletitolazioni potenziometriche rispetto alle misure dirette riguarda il potenziale digiunto (Egiunto nell’espressione piu’ sopra). Questo, come sappiamo, e’ difficileda misurare o calcolare e quindi rappresenta una fonte di errore ineliminabile.Tuttavia, la variazione del potenziale di giunto durante una titolazione e’ sicu-ramente molto piccola: in altre parole, i valori di differenza di potenziale cheleggiamo nel corso di una titolazione sono affetti da un errore uguale per tutti.

123

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Come per il termine Erif , cio’ determina solo una traslazione verticale dellacurva di titolazione, senza alcuna conseguenza nella determinazione del puntofinale.216. Qualsiasi titolazione puo’ essere seguita per via potenziometrica: e’ suf-ficiente disporre di un elettrodo indicatore il cui potenziale dipenda dalla con-centrazione di una delle specie chimiche che partecipano alla reazione su cui latitolazione e’ basata. Citiamo qualche ulteriore esempio.

• E’ ovvio che, come la titolazione degli ioni Cl− con AgNO3, anche quelladegli altri alogenuri puo’ essere seguita per via potenziometrica utilizzandolo stesso elettrodo indicatore. E’ inoltre possibile dosare miscele di aloge-nuri: ad esempio, per una miscela di ioni Cl− e I− titolata con AgNO3

si ottiene una curva di titolazione potenziometrica con due punti di flessocorrispondenti al punto di equivalenza per ciascun alogenuro.

• Tutte le titolazioni acido base possono essere seguite per via potenziome-trica. In linea di principio, un elettrodo indicatore appropriato potrebbeessere l’elettrodo a H+/H2 (andate a riverderlo nella figura 2.1): comemostrato a pagina 92, il suo potenziale dipende dalla concentrazione diioni idrogeno in soluzione. In pratica, tuttavia, le titolazioni di neutra-lizzazione vengono seguite con l’elettrodo a vetro, di gran lunga piu’comodo da utilizzare e universalmente adoperato per misurare il pH dellesoluzioni.

• Molte titolazioni complessometriche possono essere convenientemente se-guite per via potenziometrica. In queste titolazioni un catione metallicoviene fatto reagire con un opportuno agente complessante (l’EDTA e’ uncomplessante molto usato). Il modo piu’ banale di seguire la titolazioneper via potenziometrica e’ quindi quello di introdurre nella soluzione unasbarretta del metallo il cui catione viene titolato.

• Un’altra classe di titolazioni che puo’ essere seguita per via potenziome-trica e’ quella delle titolazioni redox. Prendiamo ad esempio la titolazionedi ioni Fe2+ con soluzione standard di Cr2O

2−7 . La reazione analitica e’

l’ ossidazione del Fe2+ a Fe3+ ad opera dello ione Cr2O2−7 in ambiente

acido:

6Fe2+ + Cr2O2−7 + 14H+ = 6Fe3+ + 2Cr3+ + 7H2O

Nel corso della titolazione il rapporto fra la concentrazione dello ione Fe3+

e quella dello ione Fe2+ passa da un valore iniziale molto piccolo ad unvalore molto grande dopo il punto di equivalenza (quando praticamentetutti gli ioni Fe2+ sono stati ossidati). Se immergiamo un filo di platinonella soluzione, otteniamo un sistema elettrodico il cui potenziale dipendeproprio dal rapporto delle concentrazioni dei due ioni ferro (pagina 90) eche quindi puo’ essere sfruttato per seguire la titolazione:

E = E◦

Fe3+/Fe2+ +RT

Fln

[Fe3+]

[Fe2+]

124

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2.8.4 Analisi delle curve di titolazione

217. Come abbiamo detto, al termine di una titolazione potenziometrica ci ri-troviamo con una tabella in cui, per ogni valore del volume di soluzione titolante,abbiamo riportato la corrispondente differenza di potenziale letta sul voltmetro.La prima cosa da fare e’ costruire un grafico in cui si riporta la differenza dipotenziale in funzione del volume di titolante.

Una volta costruita la curva di titolazione, si pone il problema della deter-minazione del punto finale, corrispondente al flesso della curva.

La cosa piu’ semplice e’ quella di stimare ad occhio la posizione del flesso.Quando il salto della curva in corrispondenza al punto finale e’ sufficientementenetto, la precisione del risultato ottenibile con questo sistema e’ sicuramentecomparabile con quella fornita da metodi piu’ sofisticati.

Fra i tanti metodi grafici sviluppati a questo scopo, citiamo i seguenti due.

• Metodo grafico mostrato nella figura 2.20:

1. tracciare la retta 1 estrapolando il tratto finale della curva

2. tracciare la retta 2 estrapolando il tratto iniziale della curva

3. tracciare le due rette 3 e 4 parallele all’asse verticale in modo che laloro intersezione con la curva di titolazione sia piu’ vicina possibileal flesso, pur restando nella zona in cui la curva non si e’ ancoradiscostata dal tratto lineare estrapolato

4. determinare il punto medio dei segmenti individuati dall’intersezionedi ciascuna delle due rette 3 e 4 con le rette 1 e 2

5. l’intersezione della congiungente i due punti medi cosi’ trovati con lacurva di titolazione individua il punto finale

• Metodo grafico mostrato nella figura 2.21:

1. tracciare la tangente 1 al flesso della curva

2. tracciare la retta 2 estrapolando il tratto finale della curva

3. tracciare la retta 3 estrapolando il tratto iniziale della curva

4. per il punto di intersezione fra 1 e 2 tracciare la parallela 4 all’asseorizzontale e la parallela 5 all’asse verticale

5. per il punto di intersezione fra 1 e 3 tracciare la parallela 6 all’asseorizzontale e la parallela 7 all’asse verticale

6. tracciare la diagonale 8 del rettangolo delimitato dalle rette 4 5 6 7:l’intersezione di tale diagonale con la retta 1 individua il punto finale

218. Allo scopo di aumentare la precisione (ad esempio quando il salto in cor-rispondenza del punto finale non e’ molto netto) si possono elaborare nume-ricamente i dati ottenuti ricavando la derivata prima e seconda della curva dititolazione. Al termine dell’esperienza si e’ in possesso di una sequenza di Ncoppie di valori (Vi, ddpi). Allora e’ possibile costruire una sequenza di (N − 1)coppie di valori (V ′

i , (∆ddp/∆V )i), con:

125

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5

6

7

8

9

10

11

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40volume titolante

pH o ddp

5

1

2

3

3

4

4

Figura 2.20: Metodo grafico per la determinazione del punto finale in unatitolazione potenziometrica

9

10

11

12

0 10 15 20 25 30 35 40volume titolante

pH o ddp 1

1

2

3

3

4

4 5

5

5

5

66

7

7

8

8

Figura 2.21: Metodo grafico per la determinazione del punto finale in unatitolazione potenziometrica

126

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ddpi+1

ddpi

Vi Vi+1Vi+Vi+1

2

(Vi+1 − Vi)

(ddpi+1 − ddpi)

Figura 2.22: L’approssimazione della derivata della curva di titolazione

V ′

i =Vi + Vi+1

2(

∆ddp

∆V

)

i

=ddpi+1 − ddpi

Vi+1 − Vi

i = 1 · · · (N − 1)

Notate che (∆ddp/∆V )i e’ la pendenza della retta che passa per i punti dicoordinate (Vi, ddpi) e (Vi+1, ddpi+1), e quindi rappresenta un’approssimazionealla derivata prima della curva di titolazione nel punto medio fra Vi e Vi+1, cioe’(Vi + Vi+1)/2. La cosa e’ illustrata nella figura 2.22.

Siccome la curva di titolazione ha un andamento sigmoide, la sua derivataprima mostrera’ un picco pronunciato in corrispondenza al punto finale, chene consente una piu’ facile determinazione. (Per rendervi conto di come laderivata prima di una sigmoide sia una funzione a picco, considerate come variala pendenza di una retta tangente alla curva y(x) in figura 2.23 al variare di x)

Il procedimento puo’ essere ripetuto per ottenere la derivata seconda. Apartire dalle (N − 1) coppie di valori (V ′

i , (∆ddp/∆V )i) e’ possibile ricavare(N − 2) coppie di dati (V ′′

i , (∆2ddp/∆V 2)i), con:

V ′′

i =V ′

i + V ′i+1

2

(∆2ddp

∆V 2

)

i

=

(∆ddp∆V

)

i+1−(

∆ddp∆V

)

i

V ′i+1 − V ′

i

i = 1 · · · (N − 2)

Siccome la derivata prima della curva di titolazione e’ una funzione a picco,la sua derivata (cioe’ la derivata seconda della curva di titolazione) sara’ unafunzione che presenta una brusca oscillazione che taglia l’asse delle ascisse incorrispondenza al punto finale (figura 2.23).

127

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x

d2y

dx

2

dy

dx

y(x

)

Figura 2.23: Le derivate prima e seconda di una funzione sigmoide

128

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V

d2

dV

2ddp

2000

1000

0

-1000

-2000

d dV

ddp

1000

500

0

ddp

250

0

-250

-500

Figura 2.24: Le derivate prima e seconda di una curva di titolazione reale

Nonostante questi metodi possano risultare accattivanti, va comunque te-nuto presente che essi sono limitati dal livello di “rumore” associato ai datisperimentali raccolti: l’operazione di derivazione comporta infatti un’inevitabileamplificazione degli errori sempre presenti nelle misure sperimentali, portandoliin molti casi a livelli inaccettabili.

Un esempio di applicazione di questo metodo a un caso reale e’ mostratonella figura 2.24.219. Un approccio numerico completamente diverso all’analisi della curva dititolazione consiste nell’approssimazione della curva stessa con una opportunafunzione analitica.

L’idea si basa sulla seguente considerazione: siccome il nostro interesse e’quello di trovare il flesso della curva di titolazione, e’ sufficiente scovare unafunzione qualsiasi che segua bene l’andamento dei punti sperimentali in un in-tervallo non molto ampio e centrato intorno al punto di flesso. Una volta trovatauna funzione simile, e’ sufficiente farne la derivata seconda e porla uguale a zero.

Uno fra i possibili modelli analitici in grado di riprodurre il tipico andamentodi una curva di titolazione e’ quello che segue:

ddp(V ) =p1

1 + exp (p2 (V − p3))+ p4V

3 + p5V2 + p6V + p7

Questa relazione esprime la differenza di potenziale misurata ddp come fun-zione del volume di titolante V . I termini p1 . . . p7 sono dei parametri: mentre

129

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le caratteristiche generali della funzione sono determinate dalla sua forma ana-litica, il suo aspetto particolare e’ determinato dal valore numerico dei parame-tri. Per comprendere cosa significhi cio’, facciamo un semplicissimo parallelo.Sappiamo tutti che la funzione:

y(x) = mx + q

rappresenta una retta nel piano cartesiano. Questa (cioe’ quella di essere unaretta) e’ una caratteristica insita nel modello analitico, indipendente dal parti-colare valore dei parametri, che in questo caso sono m, la pendenza, e q, l’inter-cetta. La forma che abbiamo scritto sopra rappresenta una (doppia) infinita’ dirette: possiamo individuare una particolare retta di questo insieme assegnandodue particolari valori a m e q.

Cerchiamo di comprendere in modo qualitativo come e’ fatto il modello pro-posto per approssimare le curve di titolazione. A questo scopo, e’ utile riscriverlocome somma di due parti:

y1(V ) =p1

1 + exp (p2 (V − p3))

y2(V ) = p4V3 + p5V

2 + p6V + p7

ddp(V ) = y1(V ) + y2(V )

Il termine y1(V ) e’ la parte piu’ significativa del modello: esso rappresen-ta una funzione sigmoide le cui caratteristiche dipendono dai tre parametrip1, p2, p3. L’andamento di y1(V ) e’ mostrato nella figura 2.25: in pratica lafunzione e’ contenuta in una “striscia” delimitata dall’asse V e dalla retta oriz-zontale y = p1; presenta un punto di flesso la cui posizione lungo l’asse Vcoincide con il parametro p3; restringendoci ai soli valori positivi del parametrop1, la funzione e’ crescente se p2 < 0 e decrescente se p2 > 0; infine, la “ripi-dezza” del salto compiuto dalla funzione in corrispondenza al punto di flesso e’proporzionale al valore assoluto di p2 (dovreste essere in grado di verificare tuttocio’ con le tecniche di analisi che avete appreso alla scuola media superiore).

Il termine y2(V ), che non e’ altro che un polinomio di terzo grado, e’ statointrodotto per due motivi. Il primo e’ che le curve di titolazione sperimentalipossono essere traslate arbitrariamente lungo l’asse verticale mentre la funzioney1(V ) tende inevitabilmente a 0, per V → +∞ o V → −∞ (a seconda delsegno di p1 e p2): y2(V ) ha quindi il compito di traslare opportunamente lasigmoide affinche’ possa seguire la curva sperimentale. Il secondo scopo deltermine polinomiale e’ quello di aumentare le “possibilita’ di adattamento” dellasigmoide all’andamento dei punti sperimentali.

Come si procede in pratica? Alla fine dell’esperimento di titolazione poten-ziometrica abbiamo un grafico della differenza di potenziale misurata in funzionedel volume di titolante aggiunto. A questo punto il problema e’ quello di de-terminare i valori dei parametri p1 · · · p7 per i quali il modello analitico seguel’andamento dei dati sperimentali nel modo migliore possibile. Problemi di que-sto tipo sono detti di “modellizzazione” o “best fit” ed esistono numerosissimimetodi per la loro soluzione (saro’ lieto di dare maggiori dettagli a chi sia in-teressato). In definitiva, i dati sperimentali vengono immessi in un programma

130

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V

ddp(V

)

3020100

6

4

2

0

y 2(V

)

8

6

4

2

y 1(V

)

2

1

0

Figura 2.25: L’approssimazione di una curva di titolazione potenziometrica conla funzione descritta nel testo: i due tratti verticali indicano la regione dell’asseV selezionata per la procedura di ottimizzazione. I valori ottimizzati dei para-metri sono: p1 = 1.436, p2 = −1.977, p3 = 14.898, p4 = −8.45 × 10−4, p5 =0.040, p6 = −0.429, p7 = 3.877

131

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che realizza un algoritmo tramite il quale i valori dei parametri vengono ite-rativamente affinati finche’ l’accordo fra modello e dati sperimentali risulta ilmigliore possibile; a questo punto, il programma risolve l’equazione:

d2

dV 2ddp(V ) = 0

fornendo cosi’ il valore del volume finale.Nella figura 2.25 e’ illustrato il procedimento di ottimizzazione di cui stiamo

parlando applicato ad un caso reale. Per maggior chiarezza, i termini ottimizzatiy1(V ) e y2(V ) sono mostrati separatamente nei primi due grafici; nel terzografico i circoletti sono i punti sperimentali mentre la linea continua e’ il graficodella funzione ddp(V ) = y1(V ) + y2(V ) con i valori ottimizzati dei parametri.Osservate come i dati sperimentali descrivano una sigmoide compresa all’incircafra 2 e 6, mentre la funzione y1(V ), come detto prima, e’ compresa fra 0 e ≈ 1.5:il termine y2(V ) trasla la sigmoide portandola sui punti sperimentali. Osservateancora che l’accordo del modello con i dati sperimentali e’ piuttosto buono soloin un intervallo limitato e centrato intorno al punto finale: al di fuori di questointervallo (si vede particolarmente bene per V → 0) la funzione analitica nonsegue affatto i dati sperimentali. Questo non e’ un problema, visto che siamointeressati solo al punto di flesso della curva di titolazione e quindi ci basta chela funzione coincida il piu’ possibile con la curva di titolazione solo in un intornodel flesso.

132

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Appendice A

Il raggiungimentodell’equilibrio in un sistemaelettrodico

220. In questa sezione useremo un semplicissimo modello matematico della rea-zione elettrodica per comprendere piu’ a fondo il modo in cui un sistema elettro-dico raggiunge l’equilibrio e come in tale stato di equilibrio esista una differenzadi potenziale fra metallo e soluzione.Sappiamo che la semireazione redox che interconverte i due membri della coppiaredox presente nel sistema elettrodico e’ la “risultante” di due processi che sonouno l’inverso dell’altro: l’ossidazione e la riduzione.Indichiamo con voss e vrid le velocita’ di questi due processi. Se consideriamoil semplice sistema Ag+/Ag, allora voss e’ il numero di moli di atomi di Ag cheabbandonano il metallo per andare in soluzione come ioni Ag+ nell’unita’ ditempo. Analogamente, vrid rappresenta il numero di moli di ioni Ag+ che sidepositano dalla soluzione sul filo metallico nell’unita’ di tempo.Se in automobile stiamo viaggiando ad una velocita’ v, in un intervallo di tempo∆t percorreremo uno spazio pari v∆t. In modo identico, il numero di moli diatomi di Ag che abbandonano il metallo e il numero di moli di ioni Ag+ che visi depositano in un intervallo di tempo ∆t sono dati, rispettivamente, da voss∆te vrid∆t.Il punto essenziale per cui il sistema elettrodico raggiunge l’equilibrio e’ che voss

e vrid cambiano nel tempo a causa della separazione di carica che si instaura frametallo e soluzione.La dipendenza delle velocita’ dei due processi (ossidazione e riduzione) dallaseparazione di carica fra metallo e soluzione puo’ essere espressa in modo moltosemplice come segue:

voss = v0oss + kossq (A.1)

vrid = v0rid − kridq (A.2)

Nelle due espressioni su scritte, koss e krid sono delle costanti positive e q e’la carica elettrica in eccesso presente sul metallo (chiaramente, ad ogni istante

133

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di tempo, la carica q sul metallo e’ bilanciata da una carica di uguale entita’ma di segno opposto presente in soluzione). Inizialmente, a t = 0, non c’e’separazione di carica fra metallo e soluzione; in tale condizione si ha q = 0 equindi voss = v0

oss e vrid = v0rid: v0

oss e v0rid sono cioe’ i valori iniziali di voss e vrid,

rispettivamente. Col trascorrere del tempo, sul metallo si accumula un eccessodi carica elettrica: se q > 0, allora voss viene aumentata di (kossq) rispetto al suovalore iniziale e vrid viene diminuita di (kridq) rispetto al suo valore iniziale; siha il viceversa, se q < 0. Le due espressioni dicono quindi matematicamente cio’che abbiamo gia’ illustrato a parole (punto 162): un eccesso di carica elettricapositiva sul metallo accelera l’ossidazione e rallenta la riduzione; il viceversa valese sul metallo e’ presente un eccesso di carica negativa. Le costanti moltiplicativekoss e krid esprimono la sensibilita’ di ciascuna velocita’ ad un determinatoeccesso di carica sul metallo: maggiore e’ il loro valore, e maggiore sara’ l’effettodi accelerazione o rallentamento sulla corrispondente velocita’ per un dato valoredi q.Chiaramente, le equazioni A.1 e A.2 sono ben lungi dal rappresentare anche sololontanamente la complessita’ di un sistema elettrodico (ad esempio, abbiamo vo-lutamente tralasciato di rappresentare la dipendenza dalla concentrazione); cio’non di meno, esse possiedono le caratteristiche minime che servono ad illustrarel’evoluzione del sistema.Assegniamo ora dei valori numerici ai vari parametri e proviamo a seguirel’evoluzione del sistema nel tempo.Poniamo, ad esempio:

v0oss = 10

v0rid = 5

koss = 2

krid = 2

Questa scelta corrisponde alla situazione che abbiamo prima descritto (pun-to 162), in cui a t = 0 l’ossidazione e’ piu’ veloce della riduzione.Per seguire l’evoluzione temporale del sistema elettrodico, consideriamo un in-tervallo di tempo ∆t = 0.1 e calcoliamo i valori che assumono voss, vrid e q dopoun tempo pari a ∆t, 2∆t, 3∆t . . .A t = 0, come abbiamo gia’ visto, si ha: voss = v0

oss, vrid = v0rid e q = 0.

Quando e’ trascorso un tempo pari a ∆t = 0.1, un numero di moli di atomidi Ag pari a voss∆t = v0

oss∆t = 10 × 0.1 = 1 hanno abbandonato il metallosotto forma di ioni Ag+: per effetto dell’ossidazione, quindi, sul metallo si e’creata una carica negativa pari a 1 mole di elettroni; chiamiamo qoss tale carica,per sottolineare che e’ l’eccesso di carica dovuto al solo processo di ossidazione.Nello stesso tempo, un numero di moli di ioni Ag+ dato da vrid∆t = v0

rid∆t =5 × 0.1 = 0.5 si e’ depositato sul metallo dalla soluzione: questo processo creaquindi sul metallo una carica positiva qrid = +0.5. L’eccesso di carica risultantesul metallo e’ dato dalla somma algebrica di qoss e qrid, cioe’: q = qoss +qrid = −1 + 0.5 = −0.5. Vediamo quindi che, siccome abbiamo supposto che

l’ossidazione sia inizialmente piu’ veloce della riduzione, sul metallo si accumulacarica negativa (e nella soluzione si crea una corrispondente carica positiva). La

134

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carica q accumulatasi sul metallo determina a sua volta un cambiamento di voss

e vrid secondo le equazioni A.1 e (A.2): voss = v0oss +kossq = 10+2×(−0.5) = 9

e vrid = v0rid − kridq = 5 − 2 × (−0.5) = 6. Troviamo cosi’ che, dopo un tempo

pari a ∆t = 0.1, il processo inizialmente piu’ veloce (l’ossidazione) e’ rallentato,mentre quello piu’ lento (la riduzione) e’ accelerato, come avevamo gia’ detto inprecedenza.A questo punto siamo pronti per calcolare i valori di voss, vrid e q dopo untempo pari a 2∆t, a partire dai valori che abbiamo appena calcolato al tempo ∆t.Durante questo secondo intervallo di tempo, l’ossidazione produce sul metallouna carica negativa data da: qoss = −voss∆t = −9× 0.1 = −0.9 e la riduzionecrea nel filo metallico una carica positiva pari a qrid = vrid∆t = 6 × 0.1 = 0.6.La carica risultante sul metallo sara’ data ora dalla somma algebrica di tretermini: la carica che si era gia’ accumulata durante il primo intervallo di tempo(chiamiamola q(t=∆t)), il contributo negativo dell’ossidazione relativo al secondointervallo di tempo e il contributo positivo della riduzione nello stesso intervallodi tempo. In simboli: q = q(t=∆t) + qoss + qrid = −0.5− 0.9 + 0.6 = −0.8.I valori di voss e vrid al tempo t = 2∆t si ricavano sempre dalle espressioni (A.1)e (A.2):

voss = v0oss + kossq = 10 + 2× (−0.8) = 8.4

vrid = v0rid − kridq = 5− 2× (−0.8) = 6.6

Come si vede, dopo un tempo pari a 2∆t, sul filo di Ag continua ad accumularsicarica negativa; contemporaneamente, voss continua a diminuire e vrid continuaad aumentare.Sulla base di quanto appena visto, possiamo ora generalizzare le formule per ilcalcolo di q, voss e vrid. A un dato tempo, si calcolano qoss e qrid utilizzandoi valori di voss e vrid, rispettivamente, calcolati nello step precedente. Poi sicalcola q sommando i valori correnti di qoss e qrid e il valore di q allo stepprecedente. Infine, si aggiornano i valori di voss e vrid con il valore di q appenaottenuto.Indicando con l’indice n lo step “corrente”, corrispondente percio’ al tempot = n∆t, il calcolo puo’ venire cosi’ illustrato:

v(n=0)oss = v0

oss

v(n=0)rid = v0

rid

q(n=0)oss = 0

q(n=0)rid = 0

q(n=0) = 0

qnoss = −vn−1

oss ∆t

= −(v0oss + kossq

n−1)∆t

qnrid = vn−1

rid ∆t

= (v0rid − kridq

n−1)∆t

qn = qn−1 + qnoss + qn

rid

135

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vnoss = v0

oss + kossqn

vnrid = v0

rid − kridqn

n = 1, 2, 3 . . .

Con una calcolatrice da tavolo (piu’ comodamente con un computer, se si cono-sce un linguaggio di programmazione qualsiasi) e’ possibile costruire la tabellache segue:

n t qoss qrid q voss vrid

0 0.000 0.000 0.000 0.000 10.000 5.0001 0.100 −1.000 0.500 −0.500 9.000 6.0002 0.200 −0.900 0.600 −0.800 8.400 6.6003 0.300 −0.840 0.660 −0.980 8.040 6.9604 0.400 −0.804 0.696 −1.088 7.824 7.1765 0.500 −0.782 0.718 −1.153 7.694 7.3066 0.600 −0.769 0.731 −1.192 7.617 7.3837 0.700 −0.762 0.738 −1.215 7.570 7.4308 0.800 −0.757 0.743 −1.229 7.542 7.4589 0.900 −0.754 0.746 −1.237 7.525 7.475

10 1.000 −0.753 0.747 −1.242 7.515 7.48511 1.100 −0.752 0.748 −1.245 7.509 7.49112 1.200 −0.751 0.749 −1.247 7.505 7.49513 1.300 −0.751 0.749 −1.248 7.503 7.49714 1.400 −0.750 0.750 −1.249 7.502 7.49815 1.500 −0.750 0.750 −1.249 7.501 7.49916 1.600 −0.750 0.750 −1.250 7.501 7.49917 1.700 −0.750 0.750 −1.250 7.500 7.50018 1.800 −0.750 0.750 −1.250 7.500 7.50019 1.900 −0.750 0.750 −1.250 7.500 7.50020 2.000 −0.750 0.750 −1.250 7.500 7.500

Commentiamo i dati riportati nella tabella (per comodita’, l’andamento di q,voss e vrid in funzione del tempo e’ stato diagrammato nelle figure (A.1) e (A.2)).Siccome siamo nell’ipotesi che l’ossidazione sia inizialmente piu’ veloce dellariduzione, nel periodo iniziale la carica negativa creata dalla ossidazione sulmetallo e’ maggiore (in modulo) della carica positiva prodotta dalla riduzione;cio’ fa si’ che il metallo acquisti una carica netta negativa che cresce nel tempo(la colonna q nella tabella e la figura (A.1)). Tuttavia, la presenza di questacarica netta negativa sul filo di Ag provoca una diminuzione di voss e un aumentodi vrid; la conseguenza e’ che il caricamento negativo del metallo rispetto allasoluzione avviene a velocita’ via via minore. Si arriva cosi’, inevitabilmente,al momento in cui, nell’intervallo ∆t, si ha |qoss| = qrid (step numero 16 nellatabella): da questo punto in poi, q, voss e vrid smettono di cambiare e il sistemaelettrodico ha raggiunto l’equilibrio.E’ importante realizzare che, all’equilibrio, l’ossidazione e la riduzione non sisono fermate: i due processi stanno continuando ad avvenire, ma alla stessa

velocita’ (7.5 (moli di Ag o Ag+)/(unita’ di tempo), nella tabella).Osserviamo ancora che, quando si e’ raggiunto l’equilibrio, sul filo di Ag e’ pre-sente un eccesso di carica negativa pari a −1.25 moli di elettroni. Chiaramente

136

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t

q

21.510.50

0.0

-0.2

-0.5

-0.8

-1.0

-1.2

Figura A.1:

137

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vrid

voss

t

v

21.510.50

10.0

9.0

8.0

7.0

6.0

5.0

Figura A.2:

138

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la soluzione conterra’ un eccesso di carica positiva di uguale valore. A causadi questa separazione di carica, fra metallo e soluzione esiste una differenza dipotenziale elettrico che abbiamo chiamato potenziale elettrodico.Provate a ripetere i calcoli cambiando i parametri: ad esempio, costruite unatabella analoga per il caso in cui la riduzione sia inizialmente piu’ veloce del-l’ossidazione. Una scelta opportuna dei parametri potrebbe essere:

v0oss = 4

v0rid = 9

koss = 3

krid = 2

∆t = 0.1

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Appendice B

Il programma icee

Questa appendice e’ ancora incompleta...

221. Nel capitolo 1 abbiamo visto che tutti i problemi di equilibrio possonoessere trattati in modo esatto; scrivere il sistema di equazioni che fornisce tuttele concentrazioni di equilibrio e’ (o dovrebbe essere) abbastanza semplice. Unavolta scritto il sistema, tuttavia, la sua risoluzione solo raramente puo’ esserecondotta per via analitica: la maggior parte delle volte, invece, si deve ricorrerea metodi numerici.222. In questa sezione presentero’ il programma icee, che serve proprio arisolvere un sistema non lineare per via numerica.223. Questa sezione e’ cio’ che comunemente viene chiamato un “tutorial”: cioe’non vi esporro’ le istruzioni dettagliate del programma, ma piuttosto cerchero’di mettervi in grado di usarlo attraverso degli esempi concreti di difficolta’ cre-scente. Vi consiglio di leggere questa sezione in aula computer e di provare “dalvivo” tutti gli esempi, seguendo le istruzioni.

PER QUALSIASI PROBLEMA NON ESITATE A CHIE-DERMI AIUTO

Sono convinto che l’uso del programma icee possa contribuire molto posi-tivamente alla comprensione di tutti gli argomenti che vengono trattati nelcorso.224. icee e’ un acronimo che sta per “ I c ompute e quilibria, e xactly!” esi pronuncia: “ais-i:”.

B.1 L’interfaccia grafica al programma icee: icee-gui

225. Il programma icee e’ progettato per un ambiente Unix, cioe’ per il siste-ma operativo utilizzato dalle macchine che trovate in aula computer. Siccomeso per esperienza che pochi hanno il grado di dimestichezza necessario con que-sto sistema operativo, oltre al programma icee ho scritto anche un’interfacciagrafica che vi permette di utilizzare il programma senza dover conoscere alcuncomando Unix. Il nome di questa interfaccia e’ icee-gui, dove gui sta per

“ g raphical u ser i nterface”.

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226. In questa sede descrivero’ l’uso dell’interfaccia grafica, ma tenete presenteche il programma icee e’ completamente indipendente da questa interfaccia;in altre parole, esso non necessita di alcuna “sovrastruttura”; tuttavia, perutilizzare direttamente il programma icee, e’ necessario conoscere qualcosa delsistema operativo Unix e normalmente gli utenti dell’aula computer (cioe’ glistudenti del corso di studio in chimica) mancano totalmente o quasi di questorequisito.227. In pratica, l’interfaccia grafica icee-gui vi consente di:

=⇒ preparare l’input per il programma icee

=⇒ lanciare il programma icee sull’input preparato

=⇒ vedere l’output sia in forma di testo che in forma grafica

usando praticamente solo il mouse.

B.2 Come si lancia icee-gui

228. Se non possedete ancora le credenziali (username e password) per accedereal sistema dell’aula computer, venite da me per ottenerle.229. Andate in aula computer e aprite una sessione di lavoro (cioe’ digitate ilvostro username e la vostra password come richiesto dal programma di accessoal sistema).230. Le istruzioni che seguono vi permettono di creare un’icona per icee-gui

sul vostro desktop: per lanciare icee-gui bastera’ in seguito fare un doppioclick sull’icona.231. Clickate con il bottone destro del mouse sullo sfondo del desktop: com-pare un menu, dal quale selezionate “Create Launcher”.232. Viene attivata una finestra che richiede alcune informazioni. E’ sufficienteche ne diate solo due:

Name icee-gui

Command icee-gui

Infine, se volete, clickate su “No Icon” e selezionate un’icona di vostro gradi-mento con cui verra’ rappresentato icee-gui sul desktop.Terminate clickando su “OK”.233. A questo punto sul vostro desktop dovrebbe essere comparsa l’icona cheavete scelto (o un’icona default se non avete fatto alcuna scelta esplicita) con ilnome icee-gui.Per lanciare icee-gui fate un doppio click sulla sua icona.

B.3 Come si usa icee-gui

234. La finestra iniziale di icee-gui si presenta come mostrato nella figura B.1.

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Figura B.1: La finestra iniziale di icee-gui

In pratica, ci sono quattro zone principali. Partendo dall’alto troviamo:

=⇒ un’area con righe numerate in cui si immettono le equazioni del sistema

=⇒ un’area con righe numerate in cui si specificano le variabili che compa-iono nel sistema

=⇒ un’area con righe numerate in cui si specificano i parametri che compa-iono nel sistema

=⇒ un’area che consente di specificare i valori di alcuni parametri che ri-guardano l’algoritmo di risoluzione del sistema non lineare

Infine, nella parte inferiore, si trovano alcuni bottoni descritti di seguito.

B.3.1 Le due modalita’ principali di icee

235. Il programma icee puo’ essere usato in 2 modalita’:

La modalita’ “single shot”

236. In questa modalita’, il sistema di equazioni originato da un dato problemadi equilibrio viene risolto per un singolo set di parametri e fornisce un’unicasoluzione, cioe’ un’unico set di valori per le concentrazioni di equilibrio.

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237. Ad esempio, il problema potrebbe essere quello della ionizzazione in ac-qua di un acido debole AH , con costante di ionizzazione KA e concentrazioneformale C◦

AH . Come visto a lezione, le incognite del problema sono le quattroconcentrazioni di equilibrio dell’acido indissociato, dell’anione A−, degli ioniossidrile e degli ioni idrogeno.I parametri del problema sono invece la costante di ionizzazione acida KA, laconcentrazione formale dell’acido C◦

AH e la costante di autoionizzazione dell’ac-qua KW .Una soluzione di questo problema in modalita’ “single shot” significa che siassegna un singolo valore ad ogni parametro, ad esempio:

KA 1.8× 10−5

C◦AH 0.1

KW 1× 10−14

e si risolve il sistema, ottenendo cosi’ i quattro valori delle concentrazioni diequilibrio.

La modalita’ “parameter scan”

238. In modalita’ “parameter scan” si ha la possibilita’ di variare un parametrodel sistema entro un range predefinito e di risolvere il sistema in corrispondenzaa tutti i possibili valori assunti dal parametro che viene scansionato (solo unodei parametri puo’ venire scansionato: tutti gli altri sono fissati ad un unicovalore).239. Questa modalita’ e’ piu’ interessante perche’ consente di vedere come lasoluzione del problema dipende dal valore numerico di un parametro.240. Inoltre, come vedremo, con questa modalita’ si possono calcolare tutte lecurve di titolazione che discuteremo durante il corso.241. Per tornare all’esempio dell’acido debole, si puo’ richiedere al programmaicee di risolvere il sistema con valori fissati di KA e KW :

KA 1.8× 10−5

KW 1× 10−14

e facendo assumere a C◦AH 200 valori equispaziati nell’intervallo [0.001, 1.0].

In tal modo, si ottengono 200 soluzioni del sistema in corrispondenza ai 200valori di C◦

AH . Si puo’ poi riportare in grafico, ad esempio, la concentrazione diequilibrio degli ioni idrogeno in funzione della concentrazione formale di acidodebole. Sullo stesso grafico, si puo’ rappresentare l’espressione approssimata cheabbiamo ricavato a lezione:

143

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Figura B.2: Un esempio dell’uso di icee in modalita’ “parameter scan”

[H+]

=√

KA C◦AH

Il confronto dei due grafici mostra fino a che punto sono valide l’approssima-zione dell’equilibrio prevalente e l’assunzione KA → 0 per questo problema(figura B.2).

B.4 Tutorial

242. Iniziamo ora il tutorial vero e proprio: imparerete ad usare icee-gui (eicee) attraverso una serie di esempi. Potete provare direttamente gli esempiche seguono in aula computer.

B.4.1 Ionizzazione di un acido debole in modalita’ “singleshot”

243. Consideriamo il caso semplicissimo visto a lezione della ionizzazione di unacido debole in acqua.Questo primo esempio sara’ un po’ lungo perche’ ci servira’ per introdurre moltedelle informazioni che servono per usare icee-gui.244. Si e’ visto che questo problema e’ costituito da due reazioni indipendenti,rappresentate da:

AH = A− + H+

H2O = OH− + H+

e 4 concentrazioni di equilibrio incognite: [AH ], [A−], [H+] e [OH−].

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I parametri di questo problema sono: la costante di ionizzazione acida KA, laconcentrazione formale dell’acido debole C◦

AH e la costante di autoionizzazionedell’acqua KW .Il sistema per trovare le 4 concentrazioni di equilibrio e’:

KA =[A−] [H+]

[AH ]

KW =[H+] [

OH−]

C◦

AH = [AH ] +[A−]

(bilancio di massa per A)[H+]

=[OH−

]+[A−]

(bilancio di carica)

Questo e’ quanto abbiamo gia’ visto a lezione.Ora vediamo come usare icee-gui per risolvere questo problema di equilibrio.

Le equazioni

245. Prima di tutto dobbiamo riscrivere le equazioni, le incognite e i parametridel sistema in “computerese”.Ad esempio, le concentrazioni non possono essere rappresentate con parentesiquadrate come siamo abituati a fare sul foglio di carta, perche’ le parentesiquadrate sono simboli “speciali” per un computer. Inoltre, non abbiamo adisposizione apici o pedici.In generale, per quanto riguarda l’uso di icee-gui, per la rappresentazionesimbolica di incognite e parametri tenete presente che:

=⇒ i simboli possono contenere lettere minuscole/maiuscole, cifre e il sim-bolo underscore (trattino basso): “_” (utile come separatore)

=⇒ il primo carattere di un simbolo deve essere una lettera (minuscola/maiuscola):non puo’ essere una cifra.

=⇒ non c’e’ limite al numero di caratteri usati per un simbolo

=⇒ lettere minuscole e maiuscole vengono considerate diverse. Quindi “A_0”e “a_0” sono due simboli diversi

Nel caso presente, possiamo adottare la seguente mappa per passare dai simboliusati piu’ sopra a quelli “digeribili” dal computer:

[AH ] ⇒ AH

[A−] ⇒ A

[H+] ⇒ H

[OH−] ⇒ OH

KA ⇒ KA

KW ⇒ KW

C◦AH ⇒ C0

Ora possiamo scrivere le 4 equazioni del sistema nelle prime 4 righe dell’area“Equations” di icee-gui.246. Prima, pero’, vanno fatte alcune precisazioni.

• Ciascuna equazione va sempre messa nella forma:

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(espressione al primo membro) = 0

e dell’equazione si scrive solo il primo membro.

Ovviamente questo e’ sempre possibile. Ad esempio, la prima equazionedel sistema:

KA =[A−] [H+]

[AH ]

deve eseere scritta cosi’:

KA −[A−] [H+]

[AH ]= 0

• Siccome nel processo di raggiungimento della soluzione del sistema i valoridelle incognite vengono variati iterativamente e possono talvolta diventa-re nulli o quasi, evitate accuratamente che ci siano incognite aldenominatore.

Anche questa condizione e’ molto facile da soddisfare. Ad esempio, perla prima equazione del sistema, che contiene [AH ] al denominatore, e’altamente consigliato moltiplicare ambo i membri per [AH ], mettendolanella forma:

[AH ] KA −[A−] [

H+]

= 0

• I segni per le 4 operazioni che si usano in “computerese” sono:

+ per l’addizione- per la sottrazione* per la moltiplicazione/ per la divisione

(diro’ di piu’ sull’uso della funzione logaritmica, l’elevamento a potenza ola radice quadrata piu’ avanti)

• Potete usare le parentesi (solo quelle tonde, non quadrate o graffe) comele usereste normalmente su un foglio di carta

Alla luce di quanto detto, il sistema scritto in “computerese” diventa:

AH*KA-A*H=0

KW-H*OH=0

C0-(AH+A)=0

H-(OH+A)=0

247. A questo punto (siete seduti in aula computer e avete icee-gui sulloschermo, no?) digitate le 4 equazioni in altrettante righe dell’area “Equations”di icee-gui.

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Figura B.3: La finestra di icee-gui dopo aver digitato le equazioni

Portate il cursore nella prima riga clickando con il mouse (bottone sinistro) edigitate la prima equazione (ricordate: solo il primo membro, NON digitateanche “=0”).Naturalmente, se vi serve, potete usare le freccine per spostare il cursore e/o can-cellare con il tasto di backspace. Oppure potete posizionare il cursore clickandocol mouse.Dopo che avete digitato le equazioni, la finestra di icee-gui dovrebbe esserecome mostrato nella figura B.3.

Le incognite

248. Ora dobbiamo dire ad icee chi sono le incognite nel sistema. A questoscopo useremo l’area “Variables”. Anche ora va fatta qualche precisazione.249. In generale, il sistema da risolvere puo’ avere piu’ di una soluzione. Adesempio, il sistema per l’equilibrio di autoionizzazione dell’acqua:

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[H+] [

OH−]

= KW[H+]

=[OH−

]

ammette, dal punto di vista matematico, le due soluzioni:

{[H+] = 1.× 10−7

[OH−] = 1.× 10−7 e

{[H+] = −1.× 10−7

[OH−] = −1.× 10−7

Solo una delle possibili soluzioni ha significato fisico, ma questo icee non losa. Allora, possiamo “suggerire” ad icee di convergere, fra tutte le possibilisoluzioni di un dato sistema, solo su quell’unica che ha significato fisico. Aquesto scopo, per ciascuna incognita, spcifichiamo anche un limite minimo e unlimite massimo entro cui il suo valore finale deve essere compreso.Per questo motivo, nell’area “Variables” di icee-gui ogni riga contiene 3 campi:nel primo scriverete il simbolo dell’incognita, mentre riempirete il secondo e ilterzo campo con, rispettivamente, il valore minimo e massimo ammissibili perquell’incognita.Vedremo fra un’attimo come fare per il problema che stiamo trattando.250. Prima, pero’, e’ opportuno aggiungere ancora qualcosa che riguardal’algoritmo usato per le risoluzione del sistema.L’algoritmo usato da icee per risolvere il sistema non lineare e’ chiamato meto-do di Newton-Raphson. Senza entrare nei dettagli, e’ sufficiente dire che questometodo e’ un cosiddetto metodo “iterativo”: cioe, si scelgono dei valori ini-ziali per le incognite e l’algoritmo affina iterativamente questi valori facendoliconvergere alla (o meglio: “ad una”) soluzione del sistema.La convergenza e’ tanto piu’ rapida (cioe’ il numero di iterazioni da compiere e’tanto minore) quanto piu’ i valori iniziali di partenza sono vicini alla soluzione.Nel caso dei sistemi risolventi i nostri problemi di equilibrio sarebbe facile as-segnare alle incognite valori approssimati vicini a quelli corretti, ma questo,come abbiamo visto a lezione parlando dei metodi approssimati, presupponeun’analisi caso per caso (approssimazione dell’equilibrio prevalente, K → 0 oK →∞).Tradurre quest’analisi approssimata del problema in un algoritmo generale,pero’, e’ molto complicato (almeno per me).

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251. Allora come si comporta icee? In un modo molto “grezzo”:

=⇒ A ciascuna incognita viene assegnato un valore a caso compreso nell’in-tervallo di variazione specificato per quell’incognita

=⇒ L’insieme dei valori per tutte le incognite cosi’ sorteggiati viene presocome punto di partenza per il metodo di Newton-Raphson.

=⇒ L’algoritmo viene fatto procedere per un numero dato di iterazioni (ilparametro n_trial nella parte inferiore della figuraB.3)

=⇒ Se viene raggiunta una soluzione, allora il lavoro e’ finito

=⇒ Altrimenti, si effettua un nuovo sorteggio di valori iniziali e si riprova

=⇒ I tentativi non vanno avanti all’infinito: dopo un numero massimo disorteggi infruttuosi (il parametro n_shots nella parte inferiore dellafiguraB.3) icee si arrende e segnala un errore

Quindi: l’intervallo di variazione specificato per ciascuna incognita serve a duescopi:

1 per dire ad icee di accettare per quella variabile solo le soluzioni com-prese entro l’intervallo (e quindi, ad esempio, scartare soluzioni negative,se la variabile e’ una concentrazione)

2 per permettere ad icee di scegliere per la variabile dei valori di partenzain un intervallo “ragionevole”

252. L’intervallo di variazione per ciascuna variabile e’ obbligatorio. Pero’ avolte puo’ essere conveniente “lasciare libera” la variabile di convergere ad unvalore esterno a tale intervallo. Cio’ si puo’ ottenere clickando nella casella piu’a destra della riga corrispondente alla variabile. In tal modo, i valori di partenzaper la variabile vengono sempre pescati a caso nell’intervallo specificato, ma lavariabile e’ “libera” di convergere su qualsiasi valore, anche esterno all’intervallo.253. L’intestazione dell’area “Variables” (figuraB.3)) vi ricorda brevemente co-sa digitare nei vari campi:

Variables: name min_value max_value [free(on/off)]

Significa che nei campi di ciascuna riga dovete digitare:

1 Il nome della variabile

2 Il suo minimo valore

3 Il suo massimo valore

4 Facoltativamente (per questo ci sono le parentesi quadrate): poteterichiedere che la variabile converga su qualsiasi valore (anche esternoall’intervallo specificato)

254. Bene: alla luce di quanto detto, vediamo cosa scrivere nell’area “Varia-bles”.Le nostre incognite sono AH, A, H e OH.

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Cominciamo con AH: che intervallo di variazione specifichiamo per essa?E’ la concentrazione di equilibrio dell’acido indissociato, quindi sicuramentedovra’ essere positiva: possiamo dare come valore minimo 0.Quale potra’ essere il suo valore massimo? Qui dovete mettere in campo quelloche avete imparato! La concentrazione di equilibrio dell’acido indissociato di-pende, in generale, dal valore della costante di equilibrio e dalla concentrazioneiniziale: pero’, in tutti i casi, possiamo dire che la concentrazione di equilibrio(finale) di acido indissociato non potra’ mai esser maggiore della concen-trazione iniziale di acido posta in soluzione. La concentrazione iniziale diacido debole l’abbiamo chiamata (in computerese) C0: bene, possiamo scrivereC0 nel terzo campo della riga per AH.255. Notate: potete esprimere l’estremo superiore dell’intervallo di variazionedella variabile AH in forma simbolica! Questo e’ utilissimo: se fate piu’ calcoliin cui variate la concentrazione iniziale di acido debole, non serve che ognivolta cambiate questo valore: esso viene aggiornato automaticamente al valoreselezionato per C0 (che viene specificato nell’area “Parameters”).In definitiva, le cose da scrivere nella prima riga sono:

campo n.1 campo n.2 campo n.3AH 0 C0

Per la seconda variabile, A, valgono le stesse considerazioni: anch’essa dovra’essere positiva e minore di C0:

campo n.1 campo n.2 campo n.3A 0 C0

256. La terza variabile e’ la concentrazione di equilibrio degli ioni idronio, H.Anche qua si ragiona allo stesso modo. H dovra’ essere positiva. Inoltre, il suovalore massimo dipende dalla costante di ionizzazione acida:

se KA → 0la concentrazione di equilibrio degli ioni idronio tende ad essere quelladell’acqua pura, 1× 10−7 mol/L

se KA →∞la concentrazione di equilibrio degli ioni idronio sara’ praticamentecoincidente con C0, perche’ tutto l’acido si sara’ dissociato.

Si potrebbe quindi dare come estremo superiore C0. Ma attenzione: se voglia-mo risolvere il sistema anche per valori di C0 molto piccoli (10−7,10−8 o minori)la concentrazione di equilibrio degli ioni idronio potrebbe essere maggiore diC0, perche’ in tal caso il contributo dell’acqua (≈ 10−7) sarebbe predominante.Allora, un limite piu’ generale e’ non “C0”, ma “C0+10−7” (10−7 e’ il massimovalore della concentrazione di ioni idrogeno prodotti dall’acqua in questo siste-ma: ne siete ben convinti?). Se poi vogliamo mantenerci ancora piu’ in generale,possiamo non assumere che il prodotto ionico dell’acqua abbia necessariamenteun valore di 10−14: possiamo quindi esprimere la massima concentrazione diioni idronio prodotti dall’acqua semplicemente come

√KW . In questo modo, ad

esempio, potremmo calcolare le concentrazioni di equilibrio per un acido debolein un solvente protico non acquoso, ad esempio l’acido acetico, per il quale la co-stante di autoprotolisi vale 3.5× 10−15 (chiaramente, in questo caso, dovremmoconoscere la costante di ionizzazione acida dell’acido debole in quel solvente).

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La radice quadrata in computerese si indica con sqrt() (“sqrt” sta per “squareroot”). In definitiva, per la riga corrispondente all’incognita H possiamo scrivere:

campo n.1 campo n.2 campo n.3H 0 C0+sqrt(KW)

Resta la variabile OH, la concentrazione di equilibrio degli ioni ossidrile. Qui lecose sono piu’ semplici. Il limite inferiore e’ ovviamente 0. Il limite superiore e’sicuramente 10−7, o meglio, se non vogliamo assumere Kw = 10−14, sqrt(KW)(gia’ scritto in computerese). Non dovrebbero esserci dubbi in proposito: ilsistema che stiamo simulando e’ costituito da un acido in soluzione acquosa.In questo sistema, la concentrazione di ioni ossidrile non potra’ essere MAImaggiore di sqrt(KW), cioe’ mai maggiore della loro concentrazione di equilibrioin acqua pura.Quindi, per OH scriveremo:

campo n.1 campo n.2 campo n.3OH 0 sqrt(KW)

257. Bene: ora digitate tutto quanto nelle righe dell’area “Variables”: alla finela finestra sara’ come mostrato nella figura B.4.

I parametri

258. Ci siamo quasi. Restano da specificare i valori dei parametri. Vogliamolanciare icee in modalita’ “single shot”, quindi dobbiamo specificare un singolovalore per ciascun parametro.Ad esempio, facciamo il calcolo per:

C◦

AH = 0.1

KA = 1× 10−5

KW = 1× 10−14

In computerese si scrive cosi’:

C0 0.1

KA 1.0e-5

KW 1.0e-14

259. Notate come si scrivono i numeri in formato esponenziale in computere-se: mantissa, seguita dalla lettera “e”, seguita dall’esponente con un eventualesegno.Potete digitare quanto sopra nel primo e secondo campo delle prime 3 righedell’area “Parameters” (il terzo e quarto campo si usano per lanciare icee inmodalita’ “parameter scan”, come vedremo fra un po’).Dovreste aver ottenuto quanto mostrato nella figura B.5.

Regolazione fine dell’algoritmo

260. C’e’ ancora l’ultima area, sotto l’area “Parameters”. Come ho detto, inquest’area e’ possibile modificare alcune “regolazioni” dell’algoritmo di Newton-Raphson usato da icee.

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Figura B.4: La finestra di icee-gui dopo aver riempito l’area “Variables”

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Figura B.5: La finestra di icee-gui dopo aver riempito l’area “Parameters”

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icee propone dei valori default (cioe’ predefiniti) per queste regolazioni. Questivalori predefiniti vanno bene per casi “normali”, ma potreste avere la necessita’di cambiarli se vi avventurate su terreni “pericolosi”.

n shots Come detto al punto 251, questo e’ il numero massimo di sorteggiche viene effettuato da icee per ottenere punti di partenza dacui procedere. 100 e’ un numero piu’ che sufficiente: se icee

non riesce a trovare la soluzione del sistema dopo 100 sorteggi,potete star certi che avete sbagliato qualcosa nell’input

n trial Anche questo parametro e’ stato introdotto al punto 251: que-sto e’ il numero massimo di iterazioni che viene compiuto perun dato punto di partenza. Se non si converge dopo n_trial

iterazioni, si effettua un altro sorteggio e si riparte. Anche qui,1000 e’ un limite molto largo: se le cose non vanno dopo 1000iterazioni c’e’ qualcosa che non va.

tolx/tolf Il metodo di Newton-Raphson e’ un metodo iterativo: il puntodi partenza (il cosiddetto “guess” iniziale) viene migliorato cicli-camente. Questo procedimento puo’ andare avanti all’infinito:come si decide che siamo arrivati alla soluzione? Ci sono duecriteri da considerare:

1 ad ogni iterazione vengono calcolati i primi membri delleequazioni. Se i valori delle variabili sono quelli corretti,questi primi membri dovrebbero essere rigorosamente nulli.Ricordate che le equazioni sono state date nella forma:

(espressione al primo membro) = 0

Nel calcolo numerico, 0 non vuol dire necessariamente 0,ma puo’ voler dire “un numero molto piccolo”. Allora, unprimo criterio di convergenza e’ il seguente:

“dopo ogni iterazione faccio la somma di tutti iprimi membri delle equazioni con i valori correntidelle incognite (e i valori dati dei parametri, natu-ralmente) e, se questa somma e’ piu’ piccola di unasoglia prefissata, mi dichiaro contento del risultatoraggiunto e mi fermo”

Il parametro tolf e’ appunto la soglia prefissata con la qua-le si confronta la somma dei primi membri. Se avete capitola filosofia del criterio, dovrebbe esservi chiaro che un va-lore piu’ piccolo di tolf forza una soluzione piu’ accurata.Attenti, pero’, che questo significa anche un tempo di esecu-zione piu’ lungo, perche servono piu’ iterazioni per spingerel’accuratezza.

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D’altro canto, se si fissa tolf ad un valore troppo grande, sirischia di ottenere risultati senza senso. Considerate questaequazione del sistema che stiamo studiando:

KW-H*OH

KW e’ 1 × 10−14 e quindi dei valori accurati di [H+] e[OH−] dovranno essere tali che la differenza su scritta siaalmeno minore (in valore assoluto) di 1×10−14. Se fissiamotolf=1e-5 il test di convergenza sarebbe superato anchecon valori completamente senza senso per le due incognite.

In generale, tolf dovrebbe essere abbastanza piu’ picco-lo della piu’ piccola costante di equilibrio che compare nelsistema. Ad ogni modo questo e’ un parametro che varegolato caso per caso, molto spesso per tentativi.

2 un secondo criterio di convergenza e’ basato sulla seguenteconsiderazione. Se siamo arrivati alla soluzione del sistemae continuiamo ad iterare, i valori delle incognite da un’ite-razione alla successiva rimangono identici. Allora il secondocriterio di convergenza e’:

“se la somma delle variazioni subite dalle incognitepassando da un’iterazione alla successiva e’ minoredi una soglia prefissata, mi dichiaro contento delrisultato raggiunto e mi fermo”

Questa seconda soglia di convergenza e’ il parametro tolx.Anche qui si deve trovare un compromesso: un valore trop-po piccolo spinge l’accuratezza, ma allunga il tempo di ca-lolo; un valore troppo “lasco” rischia di produrre risultatisenza senso.

icee assume di aver fatto un buon lavoro quando almeno uno(e’ indifferente quale) dei due criteri di convergenza viene sod-disfatto.

go!

261. Siamo pronti per lanciare il calcolo! Prima pero’, salviamo il lavoro fattofinora: in seguito, se ci servira’, potremo ricaricarlo per usarlo come punto dipartenza per altri calcoli.Clickate sul bottone “save” e digitate il nome di un file in cui salvare il vostroinput. Attenti: in Unix e’ meglio non mettere spazi nei nomi dei files. Se voleteseparare le parole, usate l’underscore. Inoltre, per una semplice questione diordine, usate l’estensione icee, che vi ricorda subito cosa contiene il file. Adesempio: “weak_acid.icee” potrebbe essere una buona scelta del nome.262. Ed ora: rullo di tamburi. Clickate “go!”.Sembra che non sia successo nulla, ma se guardate a fianco dell’area “Equations”vedrete che e’ comparso il bottone “view icee output”. Clickate il bottone:compare una finestra che contiene il vostro risultato (potete allargare la finestratrascinandone il bordo con il mouse).

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Figura B.6: Il risultato!

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Il contenuto della finestra e’ mostrato nella figura B.6.263. Quello che vedete e’ l’output generato da icee. C’e’ una riga che vi ricordacosa significa l’acronimo icee.Poi icee vi ripresenta le equazioni che ha letto dall’input che avete preparato:“the system was:”.Vi ripropone i valori che avevate assegnato ai parametri: “the parameters were:”.E finalmente vi mostra il risultato del calcolo: “the refined values of the variablesare:”.Per ultimo, icee vi mostra quanto vale ciascun primo membro delle equazionicon i valori trovati per le incognite: “the residuals are:”. Come avevo accennato,questi dovrebbero essere teoricamente nulli. Vedete che in realta’ non sono nulli,ma hanno comunque valori molto piccoli. Se i residui non sono molto piccoli,c’e’ qualcosa che non va.264. Ma vediamo un po’ ’sti risultati e cerchiamo di valutarli chimicamente.Quanto acido debole si e’ dissociato? Assai poco, in realta’:

A = 0.000995012495 ≈ 1.0× 10−4

In fin dei conti, abbiamo simulato la ionizzazione di un tipico acido debole: ilvalore di KA era praticamente quello dell’acido acetico. Praticamente tuttol’acido all’equilibrio e’ indissociato:

AH = 0.0990049875

Notate che le concentrazioni di equilibrio di A e H sono identiche fino alla decimacifra decimale: questo significa che l’approssimazione dell’equilibrio prevalentee’ ampiamente giustificata per queste condizioni. Gli ioni idronio provenientidall’acqua sono numericamente uguali agli ioni ossidrile, la cui concentrazionedi equilibrio e’ dell’ordine di 10−11:

OH = 1.00501249e-11

265. Proviamo a vedere come aumenta la frazione di acido dissociato se lacostante di ionizzazione acida e’ piu’ grande.Clickate sul bottone “OK” della finestra che vi mostra il risultato. Ora mo-dificate il valore di KA da 1.0e-5 a 1.0e-4 e rilanciate il calcolo con le nuovecondizioni: clickate “go!”.

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Clickate “view icee output”. Questa volta il risultato e’:

icee: I Compute Equilibria, Exactly!

the system was:

AH*KA-A*H = 0

KW-H*OH = 0

C0-(AH+A) = 0

H-(OH+A) = 0

the parameters were:

C0 = 0.1

KA = 0.0001

KW = 1e-14

the refined values of the variables are:

AH = 0.0968873271

A = 0.00311267292

H = 0.00311267292

OH = 3.21267292e-12

the residuals are:

AH*KA-A*H = -1.67173202e-21

KW-H*OH = 2.45748661e-31

C0-(AH+A) = 1.30104261e-18

H-(OH+A) = -1.69194831e-19

Osservate che la concentrazione dell’anione e’ aumentata, come ci aspettavamo.Inoltre la concentrazione dell’anione e quella degli ioni idronio sono identiche(entro le cifre decimali mostrate): cio’ e’ perfettamente ragionevole. Abbia-mo aumetato di un fattore 10 la costante di ionizzazione dell’acido e quindil’approssimazione dell’equilibrio prevalente e’ ancora piu’ giustificata.Notate ancora che la concentrazione di equilibrio degli ioni ossidrile e’ diminuitarispetto a prima (ovvio! acido piu’ forte→ ionizzazione dell’acido piu’ spostataverso destra → autoprotolisi dell’acqua piu’ repressa verso sinistra).266. L’acido rimane comunque un acido debole, anche in queste condizioni.Vogliamo simulare un acido veramente forte?Clickate il bottone “OK” e modificate il valore di KA portandolo a 1.0e10.

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Clickate “go!” e guardate il risultato clickando “view icee output”:

icee: I Compute Equilibria, Exactly!

the system was:

AH*KA-A*H = 0

KW-H*OH = 0

C0-(AH+A) = 0

H-(OH+A) = 0

the parameters were:

C0 = 0.1

KA = 1e+10

KW = 1e-14

the refined values of the variables are:

AH = 1e-12

A = 0.1

H = 0.1

OH = 1e-13

the residuals are:

AH*KA-A*H = 8.32633387e-19

KW-H*OH = -2.04148574e-31

C0-(AH+A) = 5.63107503e-18

H-(OH+A) = 3.34069794e-18

Ora si che l’acido e’ forte: lo ritroviamo praticamente tutto dissociato, mentrela concentrazione di acido indissociato sopravvissuto e’ solo:

AH = 1e-12

La concentrazione di ioni ossidrile all’equilibrio e’ ancora diminuita, natural-mente.

Mettiamo alla prova le approssimazioni

267. Ora vediamo come si puo’ usare icee per mettere alla prova i metodiapprossimati che abbiamo visto a lezione.Se riguardate gli appunti sull’approssimazione dell’equilibrio prevalente, vedreteche, per la ionizzazione di un acido debole in acqua, avevamo ricavato la seguenteespressione approssimata per la concentrazione di ioni idronio all’equilibrio:

[H+]

=√

C◦AH KA

Questo risultato e’ valido sotto le seguenti ipotesi:

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KA ≫ KW

C◦

AH non troppo piccola

KA → 0

Possiamo indagare numericamente il campo di validita’ di queste approssima-zioni con icee.L’errore percentuale del valore approssimato rispetto al valore “teorico” e’ defi-nito da:

err = 100

√C◦

AH KA − [H+]teorica[H+]teorica

A questo punto potremmo lanciare vari calcoli con icee per diversi valori di KA

e C◦AH e calcolare con la calcolatrice tascabile l’errore come mostrato sopra.

268. Tuttavia possiamo fare in modo che icee calcoli direttamente l’errore pernoi.A questo scopo aggiungiamo una quinta incognita al problema dell’acido debole:l’errore che vogliamo far calcolare ad icee. Questa “finta” incognita e’ legataalla concentrazione di equilibrio degli ioni idronio dalla relazione su scritta, chequindi e’ la quinta equazione richiesta visto che ora le incognite sono diventate5.Notate che tutto cio’ e’ perfettamente lecito, dal punto di vista matematico:aggiungiamo un’incognita e un’equazione indipendente; i conti tornano: orarisolviamo un sistema di 5 equazioni per 5 incognite. Per icee non c’e’ alcunproblema.Mettiamo l’equazione da aggiungere nella forma richiesta:

err×[H+]

teorica= 100

(√

C◦AH KA −

[H+]

teorica

)

err×[H+]

teorica− 100

(√

C◦AH KA −

[H+]

teorica

)

= 0

e traduciamo in computerese:

ERR*H-100*(sqrt(C0*KA)-H)

Digitate l’espressione su scritta nella quinta riga dell’area “Equations”.Ora aggiungiamo la quinta variabile, ERR, nella quinta riga dell’area “Varia-bles”. Questa volta ERR puo’ assumere anche valori negativi: ricordate che e’un errore percentuale. Diciamo che vogliamo esplorare casi in cui ci aspettiamoche l’errore percentuale sia compreso fra −100 e 100. Allora digitate −100 nelsecondo campo (minimo valore) e 100 nel terzo campo (massimo valore).

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269. Siamo pronti. Facciamo un calcolo con:

C0 = 0.1

KA = 1e-05

KW = 1e-14

Il risultato e’:

icee: I Compute Equilibria, Exactly!

the system was:

AH*KA-A*H = 0

KW-H*OH = 0

C0-(AH+A) = 0

H-(OH+A) = 0

ERR*H-100*(sqrt(C0*KA)-H) = 0

the parameters were:

C0 = 0.1

KA = 1e-05

KW = 1e-14

the refined values of the variables are:

AH = 0.0990049875

A = 0.000995012495

H = 0.000995012505

OH = 1.00501249e-11

ERR = 0.501249482

the residuals are:

AH*KA-A*H = 9.41951923e-23

KW-H*OH = 1.50222536e-31

C0-(AH+A) = 1.73472348e-18

H-(OH+A) = 6.3527471e-20

ERR*H-100*(sqrt(C0*KA)-H) = -2.493665e-18

I valori di tutte le concentrazioni di equilibrio sono quelli che avevamo gia’visto prima. L’errore percentuale del valore approssimato e’ 0.5 %: un valoreampiamente accettabile per tutti gli scopi pratici.270. Proviamo a vedere come l’errore dipende dalla concentrazione iniziale diacido.Facciamo una serie di calcoli in cui la concentrazione iniziale diminuisce pro-gressivamente. Ormai dovreste essere in grado di riprodurre la seguente tabella:

161

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C0 ERR

0.1 0.500.01 1.590.001 5.120.0001 17.050.00001 61.77

Vedete che al diminuire della concentrazione iniziale di acido le cose peggioranoabbastanza rapidamente: uno dei requisiti per l’applicazione dell’approssima-zione dell’equilibrio prevalente viene a mancare.Potete provare a variare la costante di ionizzazione acida tenendo fissa la con-centrazione iniziale e vedere come cambia l’errore in questo caso.271. Comunque, come potreste aver gia’ intuito, questo tipo di analisi si effettuamolto piu’ efficientemente usando icee nella modalita’ “Parameter scan”.

B.4.2 Ionizzazione di un acido debole in modalita’ “para-meter scan”

272. Restiamo nell’esempio che stiamo considerando per vedere come si impostail lancio di icee in modalita’ “parameter scan”. Se avete ancora la finestradel programma aperta dall’esempio precedente, cancellate la riga della quintaequazione e la corrispondente riga nelle variabili.In pratica, riportiamoci nelle seguenti condizioni:Equazioni:

AH*KA-A*H

KW-H*OH

C0-(AH+A)

H-(OH+A)

Incognite:

AH 0 C0

A 0 C0

H 0 C0+sqrt(KW)

OH 0 sqrt(KW)

273. Ora vogliamo ottenere con la modalita’ “parameter scan”cio’ che abbiamofatto alla fine della sezione precedente: cioe’ vogliamo vedere come le 4 concen-trazioni di equilibrio dipendono dalla concentrazione iniziale di acido. Quindi:fissiamo KW e KA ai valori gia’ visti, e richiediamo ad icee di variare C0 entro uncerto range.274. Allora: l’input per KA e KW resta identico a quello visto prima.Invece, nella riga corrispondente a C0, specificheremo nei 3 campi successivi alprimo, rispettivamente, il valore minimo, il valore massimo e il numero di valorida calcolare entro tali limiti.L’inserimento di valori numerici in tutti e 4 i campi della riga relativa ad unparametro segnala al programma che si richiede la modalita’ “parameter scan”.

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Ad esempio: se volessimo fare 250 calcoli (cioe’ volessimo ottenere 250 solu-zioni del sistema) in corrispondenza a 250 valori di C0 equispaziati nell’inter-vallo

[10−11 : 10−1

], dovremmo riempire la riga corrispondente a C0 nel modo

seguente:

C0 1.0e-11 1.0e-1 250

275. Il modo di riempire i campi nell’area parameters vi viene ricordato nel-l’intestazione posta sopra:

Parameters: name [min_]value [ max_value n_of_values ]

che riassume cio’ che va inserito nei vari campi:

1 il nome del paramtero (name)

2 il suo valore (value), oppure il suo minimo valore (min_value) se richie-diamo di variarlo in un intervallo (min_ e’ posto fra parentesi quadrateproprio per indicare che il significato del contenuto del campo dipendedalla modalita’ in cui stiamo lanciando icee)

3 il suo massimo valore (max_value)

4 il numero di valori equispaziati che assumera’ il parametro nell’intervallospecificato (n_of_values)

max_value e n_of_values sono tra parentesi quadrate perche’ la loro presenzanon e’ obbligatoria: questi campi vengono riempiti per un parametro solo se sirichiede la modalita’ “parameter scan”.

Griglie logaritmiche

276. In definitiva, l’area relativa ai parametri andrebbe riempita cosi’:

C0 1.0e-11 1.0e-1 250

KA 1.0e-5

KW 1.0e-14

Ho detto “andrebbe”, perche’ c’e’ un aspetto da considerare.Se dividiamo l’intervallo

[1.0× 10−11 : 1.0× 10−1

]in 250 punti equispaziati non

otteniamo quello che vogliamo. Noi vogliamo che C0 assuma valori equamentedistribuiti in tutte le regioni “interessanti” dell’intervallo. Cioe’ noi vogliamocampionare in modo uniforme i valori di C0 fra 1.0 × 10−11 e 1.0 × 10−10, fra1.0×10−10 e 1.0×10−9 e cosi’ via. Cio’ non avviene con l’input mostrato sopra.Possiamo rendercene conto praticamente. La scelta di 10 punti equispaziatinell’intervallo

[1.0× 10−11 : 1.0× 10−1

]si fa con la formula:

xi = 1.0× 10−11 + i× 1.0× 10−1 − 1.0× 10−11

9i = 0, · · · , 9

Se calcolate i punti con la calcolatrice, troverete che essi sono:

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1.000000000× 10−11

1.111111112× 10−02

2.222222223× 10−02

3.333333334× 10−02

4.444444445× 10−02

5.555555556× 10−02

6.666666667× 10−02

7.777777778× 10−02

8.888888889× 10−02

1.000000000× 10−01

Vedete che fra 10−11 e 1.1× 10−2 non c’e’ nemmeno un punto: e questo non civa bene!Per avere una griglia di punti distribuiti in modo migliore si deve costruire unacosiddetta griglia logaritmica: cioe’, invece che considerare un intervallo delparametro C0, consideriamo un intervallo del logaritmo (decimale) di C0.Se C0 varia fra 1.0× 10−11 e 1.0× 10−1, il suo logaritmo variera’ fra −11 e −1.Allora, se applichiamo la stessa formula di suddivisione all’intervallo [−11 : −1]otteniamo:

xi = −11 + i× −1− (−11)

9i = 0, · · · , 9

log (C0) C0 = 10log (C0)

−11.000000000 1.000000000× 10−11

−9.888888889 1.291549665× 10−10

−8.777777778 1.668100537× 10−09

−7.666666667 2.154434690× 10−08

−6.555555556 2.782559402× 10−07

−5.444444444 3.593813664× 10−06

−4.333333333 4.641588834× 10−05

−3.222222222 5.994842503× 10−04

−2.111111111 7.742636827× 10−03

−1.000000000 1.000000000× 10−01

Ora i valori di C0, dati da 10log (C0), sono distribuiti molto meglio! (guardate laseconda colonna)277. Come si puo’ usare una griglia logaritmica per C0 nel nostro input?Ci sono almeno due modi per raggiungere lo scopo.

primo modo Questo e’ il modo piu’ scomodo, perche’ bisogna modifica-re un po’ quanto gia’ scritto. Invece di C0 consideriamocome parametro il suo logaritmo (lo chiameremo LOG_C0

per chiarezza). Questo implica che modifichiamo le equa-zioni e le variabili in modo tale che al posto di C0 compaia10^LOG_C0 (in icee l’elevamento a potenza si scrive colsimbolo ^ (in inglese: caret)).

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Quindi l’input per icee diventa:

Equazioni:

AH*KA-A*H

KW-H*OH

10^LOG_C0-(AH+A)

H-(OH+A)

Variabili:

AH 0 10^LOG_C0

A 0 10^LOG_C0

H 0 10^LOG_C0+sqrt(KW)

OH 0 sqrt(KW)

Parametri:

LOG_C0 -11 -1 250

KA 1.0e-5

KW 1.0e-14

secondo modo Questo e’ il modo piu’ comodo. Lasciamo praticamentetutto come sta, ma introduciamo un parametro in piu’, chee’ appunto LOG_C0, che faremo variare come detto. L’unicaulteriore modifica da fare e’ cambiare il valore del parame-tro C0, che ora dovra’ essere: 10^LOG_C0, ovviamente.

Quindi, le equazioni e le variabili restano immutate, mentrela sezione dei parametri diventa:

C0 10^LOG_C0

KA 1.0e-5

KW 1.0e-14

LOG_C0 -11 -1 250

In questo modo icee calcola una griglia di 250 punti equi-spaziati nell’intervallo [−11 : −1] per LOG_C0 e per ogni va-lore di LOG_C0, il parametro C0 viene settato di conseguen-za.

278. Quanto appena detto sulla griglia logaritmica e’ di carattere molto genera-le. Nello studio della dipendenza degli equilibri da un parametro, molto spessosi ha interesse a scansionare il parametro attraverso molti ordini di grandez-za e in tal caso l’uso di griglie logaritmiche e’ praticamente obbligatorio, se sivogliono ottenere risultati significativi.279. Modificate l’input per icee in modo da usare la griglia logaritmica (usateil secondo modo descritto sopra). In definitiva:

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Equazioni:

AH*KA-A*H

KW-H*OH

C0-(AH+A)

H-(OH+A)

Variabili:

AH 0 C0

A 0 C0

H 0 C0+sqrt(KW)

OH 0 sqrt(KW)

Parametri:

C0 10^LOG_C0

KA 1.0e-5

KW 1.0e-14

LOG_C0 -11 -1 250

go!

280. Ora, finalmente!, clickate il bottone “go!”.Come nel caso della modalita’ “single shot” non succede nulla di eclatante: pero’,in alto a destra, sono comparsi tre bottoni: “view icee results”, “edit gnuplot command file”e “plot”.Tanto per provare, clickate il bottone “plot”: compare una finestra con ungrafico. Di che grafico si tratta? Per capire come saltano fuori i grafici di iceedovete avere ancora un po’ di pazienza e seguire questo tutorial.281. Chiudete la finestra che mostra il grafico portando il mouse al suo internoe digitando “q” (la lettera “q” minuscola).282. Innanzitutto vediamo l’output di icee. Clickate sul bottone “view icee results”.Compare una finestra come quella mostrata nella figura B.7.Descriviamo l’output di icee per la modalita’ “parameter scan”.Come nel caso “single shot”, vengono riproposte le equazioni (“the systemwas:”).Poi vengono mostrati i parametri (“the parameters were:”). Notate che lariga corrispondente al parametro LOG_C0 vi dice che tale parametro e’ statoscansionato nell’intervallo [−11 : −1]:

LOG_C0 -11 ==> -1

Notate ancora che C0 era definito in termini del parametro scansionato LOG_C0

come 10^LOG_C0: quindi anche C0 e’ variato di conseguenza. Tuttavia per essoviene riportato solo l’ultimo valore assunto (nel nostro caso 10(−1) = 0.1).Infine, vengono riportati i risultati veri e propri. Potete vedere una serie dicolonne di numeri. La prima colonna (LOG_C0) e’ la serie di valori del parametroscansionato: vanno da −11 a −1 e ce ne sono 250, come avevamo richiesto.Le altre 4 colonne sono i valori delle 4 incognite (ogni colonna e’ identificata dalsimbolo dell’incognita a cui si riferisce) corrispondenti ai valori del parametroscansionato.

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Figura B.7: L’output di icee in modalita’ “parameter scan”

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Ad esempio, la prima riga di numeri dice che, per LOG_C0 = −11, la soluzionedel sistema e’:

AH 9.90148122e-14

A 9.90098519e-12

H 1.00004951e-07

OH 9.99950498e-08

e cosi’ via.

I grafici per “icee” li fa “gnuplot”

283. Chiaramente, analizzare visivamente le colonne di numeri generate daicee non e’ proponibile: per questo motivo icee consente di rappresentaregraficamente (“plottare”) i dati ottenuti.284. icee non e’ capace di fare i grafici e quindi si affida ad un altro programma,che si chiama gnuplot. gnuplot e’ uno dei programmi piu’ usati per fare graficiin ambiente Unix. Se volete avere tutte le informazioni su gnuplot potetevisitare il suo sito web:

http://www.gnuplot.info

Il manuale completo e’ qui:

http://www.gnuplot.info/documentation.html

Alcuni tutorials sono qui:

http://www.gnuplot.info/help.html

285. gnuplot e’ un programma molto articolato che consente di fare cose estre-mamente complesse. Per quanto riguarda l’uso di gnuplot dall’interno di icee,ci limiteremo ad un minimo di informazioni.gnuplot esegue il suo compito basandosi su delle istruzioni che icee gli passa.Voi avete accesso a e potete modificare queste istruzioni attraverso il bottone“edit gnuplot command file”.Ora elencheremo e spiegheremo i principali comandi di gnuplot usati in icee.286. Quando viene lanciato in modalita’ “parameter scan” icee prepara un fi-le minimale di comandi per gnuplot. Clickate su “edit gnuplot command file”:compare una finestra di testo che contiene il file di comandi per gnuplot pre-parato da icee:

reset

set terminal x11

set output

unset key

plot ’/tmp/icee-4073.out’ using ($1):($2) with lines linetype 3

Cosa significano questi comandi?

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Innazitutto, ogni riga contiene un singolo comando. Alcuni comandi sono costi-tuiti da un’unica stringa (ad esempio reset), altri contengono piu’ parole (adesempio set terminal x11).Spieghiamo il significato dei comandi contenuti nel file minimale, poi ne spie-gheremo altri che potete aggiungere per far fare a gnuplot cio’ che vi serve.

reset questo comando dice a gnuplot di riportare tutte le sue(moltissime) opzioni ai valori default (predefiniti). E’buona norma iniziare un file di comandi con questo.

set terminal . . . gnuplot supporta un gran numero di formati di output.Un particolare formato di output e’ selezionato col co-mando “set terminal <formato>”, dove “<formato>”e’ il formato di output richiesto. “set terminal x11”seleziona il formato di output sul monitor del computernell’ambiente grafico di Unix (che si chiama “X Windo-ws”). Normalmente, non avrete bisogno di modificaremai questo comando.

set output e’ possibile dire a gnuplot di salvare in un file le istru-zioni (determinate dal tipo di terminale selezionato con“set terminal ...”) che generano il grafico. A que-sto scopo si usa il comando “set output <nome_file>”.Scrivendo semplicemente “set output” (senza specifica-re <nome_file> ) si richiede a gnuplot di mandare leistruzioni per fare il grafico direttamente al terminale: sideve fare in questo modo se si vuole avere il grafico sulmonitor del computer, come nel vostro caso. Anche que-sto comando non necessita praticamente mai di esseremodificato.

unset key questo e’ un esempio delle numrosissime opzioni di gnuplotche possono essere attivate con “set <opzione>” o di-sattivate con “unset <opzione>”. “unset key” disabi-lita la legenda del grafico (questa opzione e’ attiva perdefault). La legenda e’ un modo per descrivere i diversiplots presenti sullo stesso grafico. Per vedere di cosa sitratta, provate ad attivarla. Trasformate “unset key”in “set key” e clickate su “replot now”. Visto? Io tro-vo che nei grafici di icee la legenda affolla inutilmente ilplot, e quindi questa opzione e’ disabilitata.

287. Il comando che inizia con plot e’ quello che dice a gnuplot cosa e comeplottare e lo consideriamo in modo piu’ dettagliato. La sintassi di questo co-mando e’ molto ricca, ma per quello che ci riguarda possiamo considerarne solouna parte.Il comando plot serve per plottare o il contenuto di un file oppure una funzionedefinita in precedenza nel file di comandi per gnuplot (vedremo fra un po’ comesi possono definire funzioni arbitrarie nel file di comandi per gnuplot).

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icee scrive i suoi risultati (quelli che avete visto clickando sul bottone “view icee results”)in un file temporaneo. Il nome di questo file e’ quello che compare racchiuso fraapici dopo la keyword “plot”. Quindi:

plot ’/tmp/icee-4073.out’ ....

significa: “plotta il contenuto del file /tmp/icee-4073.out”.Ma il file in questione contiene diverse colonne di numeri: come fa gnuplot asapere quali colonne deve considerare? Per questo c’e’ la keyword “using”. Ilframmento:

... using ($1):($2) ...

significa: “plotta la seconda colonna in funzione della prima”. Cioe’, “prendila prima colonna del file ($1) come una serie di valori sull’asse x e la secondacolonna ($2) come la serie di valori corrispondenti sull’asse y e plotta i puntidi coordinate (x, y)”. (Attenzione: le parentesi rotonde, il segno di dollaro e ildoppio punto fanno parte della sintassi e sono obbligatori)Quindi il comando plot cosi’ come e’ scritto ora plotta la concentrazione dell’a-cido indissociato (AH) in funzione del logaritmo della sua concentrazione iniziale(LOG_C0). Questo lo potete vedere se clickate sul bottone “view icee results”,che vi mostra il contenuto del file creato da icee: vedete che la prima colonnae’ quella dei valori di LOG_C0 e la seconda contiene i corrispondenti valori di AH.288. Per inciso: vedete che il file creato da icee contiene anche del testo. Comefa gnuplot a sapere che deve ignorare il testo? Se osservate meglio il contenutodel file, vedrete che il primo carattere di ogni riga di testo e’ il simbolo cancelletto“#” (in inglese “hash”). Lo hash e’ il carattere di commento per gnuplot: essosemplicemente ignora tale carattere e qualsiasi cosa lo segua fino alla fine dellariga. Inoltre gnuplot ignora anche le righe vuote o quelle che contengono solospazi.289. L’ultima parte del comando plot:

... with lines linetype 3

dice a gnuplot come deve plottare le due colonne spcificate. “with lines” vuoldire che deve unire punti successivi con una linea; “linetype 3” vuol dire chedeve usare la linea di tipo 3, che col terminal “x11” (quello settato col comandoset terminal x11) e’ una linea di colore blu.

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Quando si usa “with lines”, si puo’ anche specificare lo spessore della linea,come in:

... with lines linewidth 2 linetype 3

Un’alternativa alla linea continua che potreste voler utilizzare certe volte e’quella di usare dei punti, che possono essere di forma e dimensioni diverse. Perplottare con dei punti invece che con una linea continua dovete cambiare ilframmento su scritto con, ad esempio:

... with points pointsize 2 pointtype 6

290. Ora, per prendere un po’ di dimestichezza con gnuplot, proviamo ad otte-nere il plot della concentrazione di ioni idrogeno in funzione della concentrazioneiniziale di acido debole. Se guardate il file dei dati, vedrete che la colonna dellaconcentrazione di equilibrio degli ioni idrogeno e’ la quarta. Allora modificateil comando plot cosi’:

plot ’/tmp/icee-4073.out’ using ($1):($4) with lines linetype 3

e clickate “replot now”.Avete ottenuto il plot di H in funzione di LOG_C0. Vi sembra ragionevole? Direidi si’: quando LOG_C0 vale −1, cioe’ C0 = 0.1, H e’ circa 0.001. Poi, man manoche la concentrazione iniziale dell’acido debole diminuisce (LOG_C0 assume valorisempre piu’ negativi), la concentrazione di ioni idrogeno diventa sempre piu’piccola.291. Quale vi aspettate che sia il limite della concentrazione di ioni idrogenoquando la concentrazione iniziale di acido debole diventa molto piccola? Quandola concentrazione iniziale di acido debole tende a 0 la soluzione tende ad esseredella semplice acqua pura e quindi la concentrazione di ioni idrogeno dovra’tendere al valore dell’acqua pura, ovvero

√KW , che nel nostro caso (avendo

posto KW = 1× 10−14), sara’ 1× 10−7.Nel grafico cosi com’e’ e’ impossibile vedere se H tende effettivamente a 1×10−7,perche’ il range dell’asse y e’ troppo grande (vediamo solo che H tende a diventarepiccolissima). Allora impariamo un’altra cosa riguardo a gnuplot e al terminale“x11”: tenendo clickato il bottone destro del mouse, zoomate la parte inferioredel grafico, cioe’ aprite una finestra che prenda una “fettina” molto stretta delgrafico contenente la “coda” della curva H vs LOG_C0. Rilasciate il bottone delmouse e avete ottenuto un ingrandimento della parte di grafico che avevateselezionato. Ora si vede bene che la coda si appiattisce su un valore prossimoa zero, ma probabilmente non si capisce ancora quanto e’ questo valore. Alloraripetete la procedura di zoom fino a che sulla scala dell’asse y la suddivisionecomprende il valore 1e-7: ora dovrebbe essere chiaro che il limite della curvaH vs LOG_C0 e’ proprio 1 × 10−7 come ci aspettavamo. Riprisitnate il plot “agrandezza naturale” digitando “u” (la lettera minuscola “u”) col pointer (mouse)all’interno della finestra del grafico.292. Ora vediamo un altro modo di mettere in evidenza il limite a cui tende lacurva H vs LOG_C0 che ci fara’ imparare altri comandi utili di gnuplot.

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Quando gnuplot presenta un grafico, seleziona automaticamente, basandosi suipunti da plottare, i valori massimo e minimo da considerare su ciascuno dei dueassi cartesiani. Si puo’ pero’ richiedere dei ranges esplicitamente. I comandisono:

set xrange [<min>,<max>]

set yrange [<min>,<max>]

e il significato dovrebbe essere ovvio.Inoltre, gia’ che ci siamo, introduciamo altri due comandi, strettamente correlatiai precedenti, che servono per richiedere una particolare suddivisione degli assi(i cosiddetti “tics”):

set xtics <start>,<incr>,<end>

set ytics <start>,<incr>,<end>

Il significato di questi comandi e’ molto semplice. Ad esempio:

set xtics -12,1,0

traccia i tics sull’asse x a partire da −12 (<start>), con un incremento di 1(<incr>) e arrivando fino a 0 (<end>).Allora, se non e’ gia’ presente sullo schermo, richiamate la finestra dei coman-di per gnuplot clickando sul bottone “edit gnuplot command file” e modificatel’input per gnuplot introducendo le istruzioni per selezionare esplicitamente ilrettangolo del piano cartesiano che ci interessa:

reset

set terminal x11

set output

set xrange [-12:-8]

set xtics -12,-1,-8

set yrange [0:2e-7]

set ytics 0,1e-7,2e-7

unset key

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):($4) with lines linetype 3

Clickate su “replot now” e voila’. Come prima, adesso si vede chiaramente che:

limLOG C0→−∞

H = limC0→0

H = 1.0× 10−7

293. Per imparare una funzionalita’ molto utile di gnuplot, vediamo oracome potremmo plottare non la concentrazione di ioni idrogeno, ma il pH dellasoluzione in funzione di LOG_C0. Nella specifica delle colonne da plottare sipossono eseguire anche delle trasformazioni matematiche sui valori numerici.Abbiamo visto che la quarta colonna del file dei dati prodotti da icee e’ quelladella concentrazione di equilibrio degli ioni idronio. Il pH e’ definito come:

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pH = − log[H+]

Quindi, per avere un plot del pH vs LOG_C0, basterebbe fare il logaritmo de-cimale negativo dei valori contenuti nella quarta colonna di dati. Cio’ si puo’ottenere molto semplicemente con gnuplot: basta modificare il comando “plot”nel modo seguente:

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) ...

Il frammento “...(-log10($4))...” dice a gnuplot di prendere come ordinatedel grafico i logaritmi negativi dei valori della quarta colonna (come per icee,anche per gnuplot il logaritmo decimale si scrive log10).In generale, nella specifica “...using ...” si possono richiedere trasformazioniarbitrarie da applicare alle colonne specificate. Ad esempio:

...using ($1-3):($4/2.5) ...

...using (sqrt($2)):(1.23*sin($5)) ...

...using ($1):($5**3) ...

(sqrt() vuol dire radice quadrata, come per icee, mentre, diversamente daicee, l’elevamento a potenza per gnuplot e’ indicato con il doppio asterisco“**” come nel linguaggio Fortran; sin() vuol dire seno, ma per il nostro corsoquesta funzione non vi servira’ mai, credo)Allora, modificate l’input per gnuplot nel modo seguente:

reset

set terminal x11

set output

# set xrange [-12:-8]

# set xtics -12,-1,-8

# set yrange [0:2e-7]

# set ytics 0,1e-7,2e-7

unset key

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3

Notate che abbiamo commentato le istruzioni sui ranges, che ora non sono ap-propriate: commentare invece che cancellare puo’ essere utile perche’ i commentipossono essere “scommentati” se servono nuovamente.

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Figura B.8: L’andamento del pH in funzione della concentrazione iniziale diacido.

Ora clickate su “replot now”: avete il grafico del pH vs LOG_C0. Probabilmentenon si vede bene il tratto orizzontale della curva: scommentate le istruzioni sulrange dell’asse y e modificatele opportunamente cosi’:

reset

set terminal x11

set output

# set xrange [-12:-8]

# set xtics -12,-1,-8

set yrange [2:8]

set ytics 2,1,8

unset key

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3

Abbiamo scommentato solo le istruzioni relative all’asse y: per l’asse x lasciamoche gnuplot determini il range opportuno “di testa sua”.

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Clickate su “replot now”: ora si vede molto meglio (figura B.8). In particolare,vedete che per valori molto bassi di LOG_C0 il pH tende a 7, come deve essere.294. A lezione abbiamo visto che il grado di dissociazione di un acido deboleaumenta al diminuire della sua concentrazione iniziale. Ora possiamo verificarequesta affermazione “in pratica”.Il grado di dissociazione e’ definito cosi’:

α =[A−]

C◦AH

=[A−]

[AH ] + [A−]

I valori di [A−] sono contenuti nella terza colonna, mentre quelli per [AH ] nellaseconda.Allora, per ottenere un plot del grado di dissociazione in funzione di LOG_C0,bastera’ dire a gnuplot:

...using ($1):($3/($2+$3)) ...

Notate: nella specifica ...using... non solo si possono operare trasformazioniarbitrarie su una colonna di dati, ma si possono combinare fra loro arbitraria-mente anche piu’ colonne di dati.Ora: modificate il file di comandi per gnuplot cosi’:

reset

set terminal x11

set output

# set xrange [-12:-8]

# set xtics -12,-1,-8

set yrange [0:1.1]

# set ytics 2,1,8

unset key

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):($3/($2+$3)) with lines linetype 3

(Ricordatevi di modificare anche il range sull’asse y)Clickate “replot now” e avete il plot del grado di dissociazione in funzione diLOG_C0 (figura B.9).Il grado di dissociazione e’ prossimo a zero quando la concentrazione iniziale del-l’acido debole e’ 0.1 (LOG_C0= −1) mentre aumenta rapidamente e si appiattiscesu un asintoto di valore 1 man mano che la concentrazione iniziale dell’acidodebole diminuisce.Interessante, no?295. Ora rifacciamo in modo piu’ efficiente l’analisi sulla validita’ del calcoloapprossimato del pH per questa soluzione che avevamo fatto al punto 270.Questa e’ l’occasione per vedere come si possono definire e plottare delle funzioniarbitrarie con gnuplot.

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Figura B.9: L’andamento del grado di dissociazione in funzione dellaconcentrazione iniziale di acido.

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L’uso dell’approssimazione dell’equilibrio prevalente e del fatto che KA → 0permette di ottenere, per la concentrazione degli ioni idronio in questa soluzione,la seguente espressione:

[H+]

=√

C◦AH KA

Possiamo riscrivere questa espressione in termini di pH prendendo il logaritmonegativo di ambo i membri:

pH = − log√

C◦AH KA

Ora vogliamo plottare sullo stesso grafico in funzione di LOG_C0 sia il pH calco-lato in modo “esatto” da icee che quello calcolato in modo approssimato conla formula su scritta.Cominciamo a vedere come scrivere la formula approssimata per gnuplot.gnuplot consente di definire variabili e funzioni arbitrarie nel suo file di input.La sintassi e’ estremamente intuitiva. Ad esempio, posso definire la variabileKA ed assegnarle il valore 1× 10−5 scrivendo semplicemente:

KA=1.0e-5

(Le regole per i nomi delle variabili in gnuplot sono le stesse viste per i nomidelle variabili in icee al punto 245)Oltre a semplici variabili, gnuplot consente di definire delle funzioni. Adesempio, per definire la funzione:

pH (C◦

AH) = − log√

C◦AH KA

basta semplicemente scrivere:

pH(C0)=-log10(sqrt(C0*KA))

Notate che questo C0 non ha nulla a che fare con il C0 che avevamo definito pericee.In realta’, per fare il confronto con i valori “esatti”, dobbiamo scrivere la funzioneche lega il pH approssimato non alla concentrazione iniziale di acido debole, maal suo logaritmo. Quindi l’espressione piu’ appropriata e’:

pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))

Anche qui, LOG_C0 non c’entra nulla con il LOG_C0 che avevamo definito in icee:semplicemente usiamo lo stesso nome perche’ il significato delle due variabili e’esattamente lo stesso.

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In definitiva, la formula approssimata da plottare viene definita in gnuplot conqueste due righe:

KA=1.0e-5

pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))

Dobbiamo aggiungere ancora qualcosa. Per maggiore chiarezza, la variabile in-dipendente della funzione pH l’abbiamo chiamata LOG_C0. Per la definizionedelle funzioni gnuplot assume che la variabile indipendente si chiami “x”. In-vece di x si puo’ usare un nome qualsiasi (come abbiamo fatto), pero’ bisognadire a gnuplot che si usa quel nome invece di “x”. Questo si fa con il comando:

set dummy LOG_C0

che informa gnuplot del fatto che la “dummy variable” (si potrebbe tradurrecon “variabile fittizia”, in pratica e’ la variabile indipendente di una funzione)non e’ piu’ x ma LOG_C0.Resta un’ultima cosa: come si dice a gnuplot che deve plottare sia i dati prodottida icee che la funzione appena definita?gnuplot puo’ produrre un numero qualsiasi di plots sullo stesso grafico.Per il primo si usa il comando “plot” che abbiamo gia’ visto, mentre per tutti isuccessivi si usa il comando “replot”, che e’ identico al comando “plot”, salvoche il suo nome dice a gnuplot che deve plottare su un grafico che contiene gia’altri plots.Quindi, nel nostro caso, dovremo scrivere:

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3

replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2

Notate che, per distingure meglio i due plots, plottiamo la funzione pH(LOG_C0)con una linea continua di tipo diverso da quella usata per i dati (linetype 2).Ora potete introdurre le modifiche nella finestra del file di comandi per gnuplot:

reset

set terminal x11

set output

KA=1.e-5

pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))

set dummy LOG_C0

# set xrange [-12:-8]

# set xtics -12,-1,-8

set yrange [2:8]

# set ytics 2,1,8

unset key

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3

replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2

Clickate “replot now” e dovreste ottenere il grafico mostrato nella figura B.4.

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Come gia’ visto, il pH “esatto” cresce al diminuire della concentrazione inizialedell’acido, ma poi si appiattisce su un asintoto a pH = 7 (il pH non puo’diventare basico: in fin dei conti, stiamo aggiungendo un acido all’acqua!)La formula approssimata e’ una retta nel piano pH vs log C◦

AH :

pH = − log√

C◦AH KA

pH = −1

2log C◦

AH −1

2log KA

che e’ del tipo:

Y = −1

2X + Q

ponendo:

Y = pH

X = log C◦

AH

Q = −1

2log KA

Potete vedere che l’approssimazione regge fino a circa C◦AH = 1 × 10−4. Poi,

nell’intervallo 1× 10−9 < C◦AH < 1× 10−4, il pH “esatto” e’ maggiore di quello

approssimato. Per C◦AH < 1× 10−9, il pH“esatto” e’ praticamente costante (=

7) mentre quello calcolato in modo approssimato continua a crescere linearmentediventando paradossalmente basico!296. Terminiamo questo (lunghissimo) esempio presentando altre tre funziona-lita’ di gnuplot che possono tornare utili.gnuplot consente di tracciare delle frecce (con o senza punta) e posizionare dellestringhe di testo sul grafico. Anche la sintassi di questi comandi e’ estremamenteintuitiva.Per tracciare una freccia (“arrow”) si deve specificare il punto di partenza equello di arrivo. Il comando:

set arrow 1 from -3.5,2 to -3.5,8 nohead

definisce la freccia numero 1 che parte dal punto di coordinate (−3.5, 2) e arrivaal punto di coordinate (−3.5, 8). La specifica “nohead” richiede che non vengadisegnata la punta della freccia (quindi, in questo caso, si ottiene un semplicesegmento). Se si vuole la punta, basta omettere la keyword “nohead”.Frecce successive devono avere un numero di identificazione diverso. Cosi’, sevolessimo definire una seconda freccia, scriveremmo:

set arrow 2 from -11,5 to -2,5

e cosi’ via.

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Siccome gnuplot ricorda tutte le frecce tracciate, e’ buona norma in un file dicomandi azzerare la memoria delle frecce prima di definire quelle che si vogliono.Cio’ si realizza con il comando “unset arrow”. Quindi, il frammento relativoalle due frecce viste sopra sarebbe:

unset arrow

set arrow 1 from -3.5,2 to -3.5,8 nohead

set arrow 2 from -11,5 to -2,5

Il posizionamento di stringhe di testo sul grafico e’ analogo. Il comando da usaree’ “set label ...”. Ad esempio:

set label 1 "This is a label" at -6,7 left

definisce la label numero 1, il cui testo e’ “This is a label” che verra’ posizio-nata sul grafico in corrispondenza al punto di coordinate (−6, 7), appoggiata asinistra.Anche per le stringhe vale quanto detto per le frecce: conviene sempre azzerarela memoria di gnuplot prima di definire le nostre stringhe. Cio’ si fa con ilcomando “unset label”.Tanto per prendere pratica, proviamo ad abbellire il grafico che abbiamo pro-dotto indicando “chi e’ chi”.Quando si vogliono tracciare frecce o posizionare stringhe su un grafico dignuplot, e’ utile attivare una griglia, che consente di capire meglio le coor-dinate da utilizzare. Cio’ si ottiene con il comando “set grid”. (Come visarete gia’ accorti, il terminale “x11” e alcuni altri mostra in basso a sinistra lecoordinate del punto dove si trova il pointer: quindi, in questo caso, non servetracciare alcuna griglia; ma facciamolo lo stesso, per prendere pratica)Allora, inserite il comando “set grid” nel file dei comandi di gnuplot:

reset

set terminal x11

set output

KA=1.e-5

pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))

set dummy LOG_C0

# set xrange [-12:-8]

# set xtics -12,-1,-8

set yrange [2:8]

# set ytics 2,1,8

set grid

unset key

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3

replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2

e ritracciate il grafico.

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Ora vogliamo posizionare la stringa “calcolo esatto” con una freccia che indichiil plot relativo al calcolo esatto e la stringa “calcolo approssimato” con unafreccia che indichi il plot relativo al calcolo approssimato.Avendo la griglia siamo facilitati. Ad esempio, possiamo posizionare la primastringa al punto di coordinate (−4, 7), appoggiandola a sinistra e la relativafreccia possiamo tracciarla dal punto (−4.1, 6.9) al punto (−5.8, 6.1). La secondastringa possiamo appoggiarla a destra contro il punto di coordinate (−8, 5)tracciando la relativa freccia da (−7.9, 5.1) a (−7, 5.9).I corrispondenti comandi per gnuplot sono:

unset label

set label 1 "calcolo esatto" at -4,7 left

set label 2 "calcolo approssimato" at -8,5 right

unset arrow

set arrow 1 from -4.1,6.9 to -5.8,6.1

set arrow 2 from -7.9,5.1 to -7,5.9

Inseriteli nella finestra dei comandi per gnuplot:

reset

set terminal x11

set output

KA=1.e-5

pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))

set dummy LOG_C0

# set xrange [-12:-8]

# set xtics -12,-1,-8

set yrange [2:8]

# set ytics 2,1,8

unset label

set label 1 "calcolo esatto" at -4,7 left

set label 2 "calcolo approssimato" at -8,5 right

unset arrow

set arrow 1 from -4.1,6.9 to -5.8,6.1

set arrow 2 from -7.9,5.1 to -7,5.9

set grid

unset key

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3

replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2

e ritracciate il grafico. Se siete soddisfatti, commentate il comando “set grid”,che ora non serve piu’, e ritracciate il grafico.

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297. Infine, vediamo come si puo’ dire a gnuplot di indicare le grandezzerappresentate sui due assi cartesiani.Nel nostro caso, stiamo riportando LOG_C0 sull’asse x e il pH sull’asse y. Lelabels sugli assi si specificano con i seguenti due comandi:

set xlabel "LOG_C0"

set ylabel "pH"

Finite di inserire questi due comandi. Il file completo di comandi per gnuplot

relativo a questo esempio e’:

reset

set terminal x11

set output

KA=1.e-5

pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))

set dummy LOG_C0

# set xrange [-12:-8]

# set xtics -12,-1,-8

set yrange [2:8]

# set ytics 2,1,8

unset label

set label 1 "calcolo esatto" at -4,7 left

set label 2 "calcolo approssimato" at -8,5 right

unset arrow

set arrow 1 from -4.1,6.9 to -5.8,6.1

set arrow 2 from -7.9,5.1 to -7,5.9

set xlabel "LOG_C0"

set ylabel "pH"

# set grid

unset key

plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3

replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2

Il grafico dovrebbe essere come quello mostrato nella figura B.10.

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Figura B.10: Il grafico con gli “abbellimenti”.

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