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A Sono passati trent’anni, ma il ricordo di quel caldo pomeriggio del 18 giugno 1984 in Via Solferino 19, a Milano, è sempre molto vivo nei miei ricordi. Dopo mesi di scambi di vedute con le persone a lei più vicine, confronti con coloro che amministravano il patrimo- nio che il marito, Pierfranco, recentemente scom- parso, le aveva lasciato, Luisa Mariani, consa- pevole del gesto che stava per compiere, firma, davanti al notaio Lodovico Barassi la nascita della Fondazione Pierfranco Mariani. Accanto a lei, quali testimoni della sua vo- lontà, i fedeli domestici che da anni la se- guivano nelle sue giornate. Mi ricordo una persona serena, decisa e consapevole che quella era la strada che doveva essere percorsa. Certo, la mancanza dei figli tanto desidera- ti ha avuto un notevole peso su tale scelta. Forse un erede avrebbe proseguito la strada imprenditoriale del padre e una Fondazione, anche se fosse nata ugualmente, non avrebbe avuto, grazie alla generosità di Luisa Mariani, quelle solide radici economiche che le hanno permes- so di brillare nel mondo del “sociale”. Ma sono sta- ti proprio quei figli che le sono mancati a dirigere il suo sguardo sui bambini, su quelli più svantaggiati, più deboli, più bisognosi. La sua frequentazione, assieme a un gruppo di signore della Milano “col coeur in man”, dell’Istituto Neurologico “C. Besta” a sostegno dei pic- coli pazienti ivi ricoverati, e la sua lunga amicizia con Giuseppe Bolchini, che ne era stato vicepresidente, l’hanno portata a focalizzare il suo in- tervento verso i bambini con patologie neurologiche, quelle malattie con cui lei stessa si era imbattuta nelle sue quotidiane visite ai reparti in- fantili. Con alcuni di quei bambini e le loro famiglie aveva anche costru- ito un vero rapporto personale. È stata una commovente scoperta, dopo la sua scomparsa nel dicembre 1986, il ritrovamento, tra le sue cose personali, di bigliettini di ringraziamento, disegnini, foto che i bimbi le avevano inviato nel corso degli anni. Se all’inizio della vita della Fondazione ero stata un poco recalcitrante ad assumermi, non tanto la responsabilità economica – per quella Luisa Mariani aveva saputo scegliere le persone migliori e più fidate – quan- to piuttosto la responsabilità morale di seguire e proseguire quella stra- da, ho poi capito che anch’io potevo essere d’aiuto nel mantenere sem- pre vivo il suo nome. Del resto, come sua nipote e figlioccia, sentivo di non potermi né volermi sottrarre a quella sfida. La “partenza” non è stata facile, perché ero impreparata a un simile compito e non mi era ancora chiaro cosa fare e come. Le prime visite al Neurologico me l’hanno subito suggerito: riprendere da dove la Zia ave- va dovuto smettere, per l’età e la malattia, dare un aiuto concreto ai bambini. Con i suggerimenti dei medici dell’Istituto sono state acquista- te apparecchiature nuove per esami sempre più mirati e, ad alcuni bam- bini, sono stati forniti ausili e mezzi che potessero contribuire ad alle- viarne la sofferenza, oltre che il “peso” delle loro famiglie. Ricordo con emozione il primo sorriso ricevuto! Sono state finanziate borse di studio a giovani medici per la loro specializzazione in Neuropsichiatria Infanti- Notizie di Neurologia Infantile dalla Fondazione Mariani Buon Compleanno FM! le, e sovvenzionati i loro soggiorni all’estero per migliorarne la profes- sionalità e, di conseguenza, il supporto alle strutture infantili. Ma la Fondazione non poteva fermarsi qui, doveva e poteva incidere maggiormente nel sociale, e spaziare in altri campi oltre quello, ovvia- mente principale, dell’assistenza, incrementando le attività in favore della formazione di personale medico e paramedico, e aggiungendo il fondamentale sostegno alla ricerca scientifica. Il merito di aver fatto della Fondazione quella che è oggi va in primo luogo all’avv. Antonio Magnocavallo, il quale come presidente del Con- siglio di Amministrazione ha guidato e gestito la Fondazione dal 1987 al 2010, nonché all’attuale presidente Paolo Lazzati coadiuvato dal diret- tore generale Franco Navone, entrambi in carica dal 2010. Naturalmen- te il merito va anche ai componenti del CdA e del Comitato Scientifico, che si sono succeduti nel tempo e hanno indirizzato le nostre scelte, e allo staff che, con grande passione, ha lavorato per attuarle. Io, nel mio piccolo, spero, con l’insostituibile aiuto e l’amicizia di Maria Majno (al mio fianco sin dagli esordi e ora, con me, vicepresidente), di aver costruito in questi trent’anni qualcosa e di aver risposto alle aspet- tative della Zia. Per il futuro mi auguro che la Fondazione Mariani pro- segua ancora lungo questo cammino, con coraggio e con tutto l’impegno e la competenza necessari per affrontare sempre nuove sfide. Soprat- tutto, auspico che continui a operare con immutato spirito di servizio verso i piccoli affetti da patologie neurologiche e le loro famiglie, come certo avrebbe voluto la Fondatrice. Luisa Bonora Vicepresidente della Fondazione Mariani Direttore responsabile Luisa Bonora Pubblicazione periodica Registrazione n. 590 Trib. di Milano del 4-10-’97 Anno 16 numero 1 - Giugno 2014 Spedizione in abbonamento postale comma 20/c, art. 2 legge 662/96 - Filiale di Milano Sommario 2-3 La musica aiuta? 4-5 Il Questionario S.O.L.E. 6 Deficit visivi e neurosviluppo 7 Pubblicazioni 8 Prendete nota: cosa c’è di nuovo! La Fondazione Mariani compie 30 anni Le immagini pubblicate in questo numero del neurofoglio sono tratte dal Questionario S.O.L.E. (v. pagg. 4-5). Si ringraziano la dr.ssa Simona Orcesi e l’illustratrice Elisabetta Cagnolaro per la gentile concessione.

Buon Compleanno FM! Pubblicazione periodicafondazione-mariani.org/neurofoglio/Neurofoglio_Giugno_2014.pdf · Mi ricordo una persona serena, decisa e consapevole che quella era la

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Sono passati trent’anni, ma il ricordo di quel caldo pomeriggio del 18 giugno 1984 in Via Solferino 19, a Milano, è sempre molto vivo nei miei ricordi. Dopo mesi di scambi di vedute con le persone a lei più vicine,

confronti con coloro che amministravano il patrimo-nio che il marito, Pierfranco, recentemente scom-

parso, le aveva lasciato, Luisa Mariani, consa-pevole del gesto che stava per compiere, firma, davanti al notaio Lodovico Barassi la nascita della Fondazione Pierfranco Mariani. Accanto a lei, quali testimoni della sua vo-lontà, i fedeli domestici che da anni la se-guivano nelle sue giornate.Mi ricordo una persona serena, decisa e

consapevole che quella era la strada che doveva essere percorsa. Certo, la

mancanza dei figli tanto desidera-ti ha avuto un notevole peso su tale scelta. Forse un erede avrebbe

proseguito la strada imprenditoriale del padre e una Fondazione, anche se

fosse nata ugualmente, non avrebbe avuto, grazie alla generosità di Luisa Mariani, quelle

solide radici economiche che le hanno permes-so di brillare nel mondo del “sociale”. Ma sono sta-

ti proprio quei figli che le sono mancati a dirigere il suo sguardo sui bambini, su quelli più svantaggiati, più deboli, più bisognosi. La sua frequentazione, assieme a un gruppo di signore della Milano “col coeur in man”, dell’Istituto Neurologico “C. Besta” a sostegno dei pic-coli pazienti ivi ricoverati, e la sua lunga amicizia con Giuseppe Bolchini, che ne era stato vicepresidente, l’hanno portata a focalizzare il suo in-tervento verso i bambini con patologie neurologiche, quelle malattie con cui lei stessa si era imbattuta nelle sue quotidiane visite ai reparti in-fantili. Con alcuni di quei bambini e le loro famiglie aveva anche costru-ito un vero rapporto personale. È stata una commovente scoperta, dopo la sua scomparsa nel dicembre 1986, il ritrovamento, tra le sue cose personali, di bigliettini di ringraziamento, disegnini, foto che i bimbi le avevano inviato nel corso degli anni. Se all’inizio della vita della Fondazione ero stata un poco recalcitrante ad assumermi, non tanto la responsabilità economica – per quella Luisa Mariani aveva saputo scegliere le persone migliori e più fidate – quan-to piuttosto la responsabilità morale di seguire e proseguire quella stra-da, ho poi capito che anch’io potevo essere d’aiuto nel mantenere sem-pre vivo il suo nome. Del resto, come sua nipote e figlioccia, sentivo di non potermi né volermi sottrarre a quella sfida.La “partenza” non è stata facile, perché ero impreparata a un simile compito e non mi era ancora chiaro cosa fare e come. Le prime visite al Neurologico me l’hanno subito suggerito: riprendere da dove la Zia ave-va dovuto smettere, per l’età e la malattia, dare un aiuto concreto ai bambini. Con i suggerimenti dei medici dell’Istituto sono state acquista-te apparecchiature nuove per esami sempre più mirati e, ad alcuni bam-bini, sono stati forniti ausili e mezzi che potessero contribuire ad alle-viarne la sofferenza, oltre che il “peso” delle loro famiglie. Ricordo con emozione il primo sorriso ricevuto! Sono state finanziate borse di studio a giovani medici per la loro specializzazione in Neuropsichiatria Infanti-

N o t i z i e d i N e u r o l o g i a I n f a n t i l e d a l l a F o n d a z i o n e M a r i a n i

B u o n C o m p l e a n n o F M !

le, e sovvenzionati i loro soggiorni all’estero per migliorarne la profes-sionalità e, di conseguenza, il supporto alle strutture infantili. Ma la Fondazione non poteva fermarsi qui, doveva e poteva incidere maggiormente nel sociale, e spaziare in altri campi oltre quello, ovvia-mente principale, dell’assistenza, incrementando le attività in favore della formazione di personale medico e paramedico, e aggiungendo il fondamentale sostegno alla ricerca scientifica.Il merito di aver fatto della Fondazione quella che è oggi va in primo luogo all’avv. Antonio Magnocavallo, il quale come presidente del Con-siglio di Amministrazione ha guidato e gestito la Fondazione dal 1987 al 2010, nonché all’attuale presidente Paolo Lazzati coadiuvato dal diret-tore generale Franco Navone, entrambi in carica dal 2010. Naturalmen-te il merito va anche ai componenti del CdA e del Comitato Scientifico, che si sono succeduti nel tempo e hanno indirizzato le nostre scelte, e allo staff che, con grande passione, ha lavorato per attuarle.Io, nel mio piccolo, spero, con l’insostituibile aiuto e l’amicizia di Maria Majno (al mio fianco sin dagli esordi e ora, con me, vicepresidente), di aver costruito in questi trent’anni qualcosa e di aver risposto alle aspet-tative della Zia. Per il futuro mi auguro che la Fondazione Mariani pro-segua ancora lungo questo cammino, con coraggio e con tutto l’impegno e la competenza necessari per affrontare sempre nuove sfide. Soprat-tutto, auspico che continui a operare con immutato spirito di servizio verso i piccoli affetti da patologie neurologiche e le loro famiglie, come certo avrebbe voluto la Fondatrice.

Luisa BonoraVicepresidente della Fondazione Mariani

Direttore responsabile Luisa BonoraPubblicazione periodica

Registrazione n. 590 Trib. di Milano del 4-10-’97Anno 16 numero 1 - Giugno 2014

Spedizione in abbonamento postalecomma 20/c, art. 2 legge 662/96 - Filiale di Milano

S o m m a r i o 2-3 La musica aiuta?

4-5 Il Questionario S.O.L.E.

6 Deficit visivi e neurosviluppo 7 Pubblicazioni

8 Prendete nota: cosa c’è di nuovo!

L a F o n d a z i o n e M a r i a n i c o m p i e 3 0 a n n i

Le immagini pubblicate in questo numero del neurofoglio sono tratte dal Questionario S.O.L.E. (v. pagg. 4-5). Si ringraziano la dr.ssa Simona Orcesi e l’illustratrice Elisabetta Cagnolaro per la gentile concessione.

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R i f l e t t o r i s u

L a m u s i c a a i u t a ?F o c u s s u S t i m o l a z i o n e C o g n i t i v a e R i a b i l i t a z i o n e p e r l a q u i n t a e d i z i o n e d e l c o n v e g n o i n t e r n a z i o n a l e “ T h e N e u r o s c i e n c e s a n d M u s i c ”

Ancora un successo nella serie “Neuromusic” della Fondazione Mariani, per il congresso realizzato questa volta a Dijon, notevolissima città di cultura e storica capitale della Borgogna, con un susseguirsi di simposi sugli effetti dell’esperienza musicale nei bambini, negli adulti e negli anziani. Dal 29 maggio al 1° giugno, nell’elegante cornice dell’ottocentesco Grand Théâtre si è parlato a fondo di stimolazione cognitiva, filo conduttore del meeting. Domanda fondamentale: si può affermare che la musica sia un attivatore per i processi cognitivi e possa essere utilizzata come fattore neuroprotettivo anche in casi di disabilità e di deterioramento? In vario modo, tutti i convenuti concordano che il campo “Neuroscienze e Musica” è ormai abbastanza avanzato da rispondere di sì.La keynote lecture, che per consuetudine viene affidata a un neuroscienziato di disciplina complementare, è stata tenuta da Louis Bherer dell’Università Concordia a Montreal. Punto di partenza: la costatazione che tutti invecchiamo, ma a noi spetta influire sul come. Bherer si è impegnato nel dimostrare come un programma di esercizio fisico di sole 3 settimane possa migliorare la resa in una serie di compiti di capacità fisica, performance cognitiva, memoria, qualità della vita sociale e famigliare. Se all’esercizio fisico si aggiungono altri compiti da eseguire contemporaneamente, l’effetto additivo risulta ancor più evidente.A seguire si sono svolti i “Simposi” tematici, tutti avvincenti, selezionati tra le numerose proposte della Neuromusic Community, e tre nutrite sessioni poster per condividere la ricerca in progress. L’Université de Bourgogne è tra i pionieri dell’impiego della musica nella riabilitazione degli anziani, e molta attenzione è stata dedicata alle potenzialità in quest’ambito. Come nel simposio coordinato da Andrea Halpern (Lewisburg) e Jason Warren (London, UK), vari autori hanno riferito sulla musica sia come strumento di valutazione neuropsicologica, sia come strumento di riabilitazione in gruppo, a confronto con altre attività

piacevoli (come il cucinare).In questa scia sono stati sviluppati software di

stimolazione musicale. Interessante lo studio del gruppo di Aline Moussard (Toronto), in

cui pazienti anziani hanno seguito lezioni di musica computerizzate per 3 mesi mostrando

miglioramenti in tutte le variabili musicali, come evidenziato anche da misure elettrofisiologiche.

C o n l a r i s o n a n z a magnetica funzionale, Mathi lde Groussard (Caen) ha osservato che malati di Alzheimer, at t raverso l ’ascol to

musicale, possono imparare nuove canzoni mettendo in gioco il

giro frontale inferiore sinistro e l’insula. Questo dato è notevole in quanto dimostra che canzoni acquisite di recente sono assimilabili a una

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conoscenza semantica, indicando con ciò una possibile strada per preservare tali facoltà in pazienti affetti da demenza.Forti innovazioni si sono manifestate nel classico dibattito su “musica e movimento”. Simone Dalla Bella (Montpellier) e Sonja Kotz (Manchester) hanno proposto un ponte fra tecnologia e riabilitazione, con lo sviluppo di strumenti che possono stimolare le funzioni motorie e cognitive dopo un ictus, e fornire al paziente un feedback tale da consentirgli di manipolare il ritmo della musica attraverso sistemi adattivi, che si modificano in base alla prestazione. Un modello è la “sonificazione” del movimento delle braccia mentre si svolge un compito, presentato da Eckart Altenmüller (Hannover). Un altro esempio, illustrato da Marc Leman (Gent) è il D-Jogger, utilizzato in atleti e in pazienti con Parkinson: questo sistema per ascoltare musica si adatta al pattern della marcia, cambiando il tempo musicale in base alle caratteristiche del passo. Dalla Bella ha inoltre collegato gli effetti positivi nei pazienti con Parkinson alle implicazioni per i circuiti neuronali: è possibile che si attivino attraverso la musica circuiti di funzionalità residua e che si coinvolgano circuiti compensatori. È poi interessante che il miglioramento del cammino si accompagni a quello della percezione temporale, valutata con i test BAASTA (Battery for the Assessment of Auditory Sensorimotor and Timing Abilities). Questi sistemi possono assimilarsi a “walkman” per pazienti, per aiutarli a camminare a ritmo e con maggiore efficacia energetica, come ha dimostrato Benoit Bardy (Montpellier), che ha sottolineato il miglioramento del rapporto fra respirazione e attività locomotoria, confermando l’ipotesi che ascoltare la musica durante una gara sportiva sia quasi una forma di doping. Questi argomenti peraltro formano la base di un progetto della Comunità Europea (www.euromov.eu/beathealth/).Non tutti reagiscono nello stesso modo al ritmo: le differenze individuali nel seguirne uno esterno sono state esaminate nella sezione coordinata da Peter Keller (Sidney) e Shinichi Furuya (Tokyo): si tratta di un meccanismo corticale o sottocorticale? Se da un lato, come ha descritto Michael Hove (Boston), la capacità dipende da caratteristiche dello stimolo (la musica con determinati tratti che la fanno rientrare nel “groove” spinge chiunque a muoversi), è significativa l’osservazione di Keller su quanto l’abilità più fine di sincronizzarsi sia collegata a quella di prevedere più che di seguire il tempo. Questo fenomeno si può mettere in relazione con una più ampia caratteristica individuale, quella di porsi in un’altra prospettiva, attinente all’empatia. Forse questi aspetti possono far comprendere il ruolo che la musica svolge nella coesione sociale, che si baserebbe su meccanismi fisiologici come l’entrainment al ritmo. Secondo Laurel Trainor (Toronto), ad esempio, i bambini di 12-14 mesi mostrano comportamenti più altruistici con gli adulti o con i loro coetanei dopo aver svolto attività in sincrono con loro. Le abilità di sincronizzarsi a tempo anche per ritmi complessi sarebbero preservate anche in bambini e adolescenti con disturbi dello spettro autistico (ASD), secondo il poster di Ana Tryfon (Montreal). Inoltre nel poster presentato da Nicholas Foster (Montreal), si conferma anche la migliore performance dei bambini con ASD nel riconoscimento dell’altezza dei suoni. Questi dati sono probabilmente da collegare alla maggiore attenzione al dettaglio presente in questi disturbi, a scapito della cosiddetta coerenza centrale. Eppure la musica potrebbe essere utilizzata anche come strumento riabilitativo, laddove attraverso questa

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training musicale per analizzarne gli effetti in modo obiettivo. Tuttavia, va detto che molti studi presentati nei simposi e soprattutto nei poster hanno affrontato questi problemi, in alcuni casi anche con studi randomizzati controllati, in cui i soggetti sono stati assegnati casualmente a training di tipo musicale o di altro tipo. Un esempio è il poster di Elena Flaugnacco e coautori (Trieste) che ha mostrato come il training musicale basato su metodologia Kodaly-Orff possa influenzare positivamente le abilità di lettura in un gruppo di dislessici. Tale studio è stato ripreso poi nel simposio condotto da Daniele Schön (Marsiglia) e Barbara Tillmann (Lyon) nel quale si sono analizzate le scale temporali in cui succedono i cambiamenti legati al ritmo: dalle oscillazioni dei neuroni nei circuiti uditivi e motori, alle più ampie scale temporali coinvolte nell’apprendimento che avviene dopo un training basato sul ritmo. Nel simposio di Devin McAuley (East Lansing) è stato ripreso lo stesso argomento e si è parlato più estesamente dell’effetto su balbuzie, dislessia (Jenny Thomson – Sheffield), e disturbi del linguaggio (Ioulia Kovelman – Ann Arbor). Accanto a molti poster che hanno affrontato l’apprendimento musicale, sia nei professionisti che nei dilettanti, numerosi altri hanno ripreso l’argomento del transfer di apprendimento ottenibile con la musica, sia negli adulti che imparano un linguaggio artificiale, come indicato nel poster di Katherine Jones (East Lansing), sia nei bambini attraverso il ritmo e la percezione delle sequenze temporali. Da notare che la competenza di discriminare le sequenze temporali in uno stimolo sonoro è intatta anche in bambini non udenti dalla nascita, come ha dimostrato il poster di Françoise Rochette (Dijon). Se la musica in questo meeting è stata soprattutto analizzata in termini di ritmo, sincronizzazione ed effetti sul movimento e sulla cognizione, l’aspetto emotivo e le implicazioni di questo nella riabilitazione sono stati trattati nel simposio coordinato da Stefan Koelsch (Berlino), che ha evidenziato quanto le emozioni legate alla musica possano essere forti soprattutto in chi ascolta. Così ha citato il caso di giovani adolescenti con comportamenti al limite fra il fanatismo e il piacere, collegando l’attivazione dell’ippocampo e dell’amigdala all’attivazione della corteccia visiva, e sottolineando quindi l’importanza dell’immaginazione visiva, anche in assenza di stimolo diretto. Robert Zatorre (Montreal), nello stesso contesto ha toccato l’argomento della cosiddetta “anedonia” musicale, ovvero una incapacità di provare emozioni collegate alla musica presente nel 5% della popolazione che ha peraltro abilità di percezioni musicale ed emotive generali intatte.Nel complesso in questa quinta edizione, arricchita anche da oltre 200 poster, si è notata una maggiore attenzione alle applicazioni cliniche e riabilitative anche sull’età evolutiva, con sviluppo di tecnologia e materiali, oltre che modelli di funzionamento. Il mondo della ricerca sulla musica continua dunque ad affermarsi come un protagonista a tutto tondo nelle neuroscienze, e già iniziano ad arrivare le proposte per gli argomenti da trattare nel prossimo meeting che si conta di tenere fra tre anni negli Stati Uniti.

Luisa Lopez Coordinatore scientifico dell’area Neuromusic e Scientific Secretariat del convegno

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maggiore abilità percettiva si riesca a indurre maggiore competenza nel seguire una melodia con intonazione, per trasferire poi quest’abilità anche nella prosodia del linguaggio, sia per percepirla sia per produrla, cosa essenziale ai fini di una conversazione socialmente significativa.Jessica Grahn (London, Canada) si è soffermata sui motivi della variabilità di risposta nei pazienti e ha sottolineato quanto anche i meccanismi dei circuiti di rinforzo possano influenzare le risposte individuali. Fredrik Ullèn (Stoccolma) ha collegato il battere a tempo di musica con alcune variabili dell’intelligenza, in particolare quando si tratta di proseguire a battere dopo un tempo di pausa, e quindi di proseguire attraverso la corretta rappresentazione mentale ritmica e metrica. Se la sincronizzazione può avere effetti di livello superiore come questi, comporta anche effetti a livelli più immediati. Ad esempio Furuya utilizza il battere a tempo come forma per riabilitare la distonia focale del musicista, una forma che comporta fra l’altro l’alterazione delle mappe di rappresentazione corticale del movimento. Per la prima volta in queste serie di convegni è comparsa la più classica delle associazioni fra musica e movimento: la danza. Virginia Penhune (Montreal) ha introdotto i lavori in cui Emily Cross (Nijmegen) ha analizzato il modo in cui ballerini professionisti e dilettanti si confrontano in un test di apprendimento motorio (basato su videogiochi), collegato a un questionario in cui risulta che soprattutto i dilettanti apprezzano di più quello che non riescono a fare. Krista Hyde (Montreal) ha poi presentato il questionario sviluppato per includere anche le abilità di danza nelle batterie di domande che riguardano la musica, ed evidenziato come alcune variazioni strutturali siano legate alle abilità di controllo motorio e sincronizzazione. Lo studio di queste abilità dovrebbe essere sempre preso in considerazione, soprattutto quando si pensa alla musica come modello per lo studio della plasticità neuronale.La stimolazione cognitiva derivante dal training musicale è stata il leitmotiv dell’intero convegno, con particolare riguardo all’addestramento precoce. Secondo Sylvain Moreno (Toronto) il transfer ad altre competenze non musicali si otterrebbe attraverso una interazione fra competenze vicine, ad esempio quelle sensoriali e musicali, e competenze più lontane, come la cognizione, collegate fra loro da un ambito relativo alla padronanza delle funzioni esecutive. Nel simposio da lui coordinato, si è staccata la voce di Glenn Schellenberg (Toronto), il quale ritiene molto più probabile che i miglioramenti dell’intelligenza osservati con

training musicale siano in relazione a predisposizioni dell’individuo,

su cui la musica gioca un ruolo facilitatore o protettivo, più

che a fattori direttamente legati al training stesso.

In particolare Schellenberg osserva che le persone che scelgono di studiare musica sono nel complesso più aperte a nuove esperienze, e hanno un interesse generale

per le arti. Questa nota pone l ’a t tenz ione

sulla necessità di studi rigorosi

che misurino t u t t e l e v a r i a b i l i

p re -es is tent i a l

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U n o s t r u m e n t o i n n o v a t i v o p e r m i s u r a r e l a q u a l i t à d i v i t a n e i b a m b i n i d i p e s o m o l t o b a s s o a l l a n a s c i t a

Negli anni recenti valutare la qualità della vita è diventato un argomento di grande attualità, in quanto rappresenta una

modalità per misurare la validità delle cure mediche e il suo miglioramento costituisce uno degli scopi della presa in carico e della terapia. Il termine “qualità di vita” fa rife-

rimento a un concetto di salute multidimensionale, intesa non semplicemente come assenza di malattia ma come

stato di benessere fisico, mentale e sociale e la sua definizione comprende l’insieme degli aspetti fisici, sociali ed emotivi del

benessere del paziente che sono importanti e rilevanti per l’individuo stesso. È un concetto quindi squisitamente soggettivo, in cui contano il parere, le convinzioni e il modo di sentire del singolo individuo, che non necessariamente coincide con ciò che pensano gli altri. Nel campo dell’in-fanzia il problema è anche più delicato, in quanto molto spesso la qualità della vita è misurata basandosi sul parere dei genitori o dei caregiver e non direttamente sul parere del bambino, soprattutto nel caso dei più piccoli. Con lo scopo di superare questo limite, recentemente sono nati diversi strumenti rivolti direttamente ai bambini: di solito si tratta di questionari autosomministrati, che implicano la presenza di una buona capacità di lettura e di comprensione del testo scritto e, nella maggior parte dei casi, pongono le domande in un’ottica “adultomorfa”, quasi sempre sottoline-ando gli aspetti negativi (“quanto ti senti triste; quanto è difficile per te fare una certa cosa; quanta fatica fai per…”). Volendo occuparci di valutare la qualità della vita dei bambini nati preter-mine, sempre più numerosi grazie ai notevoli progressi delle cure intensive neonatali, lo scopo del nostro progetto è stato quello di creare e di validare un nuovo strumento specifico per raccogliere l’opinione di bambini nati pre-termine con peso molto basso alla nascita, di età compresa tra 6 e 11 anni.Il nostro è stato un progetto multicentrico, coordinato dalla Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile dell’IRCCS Fondazione Istituto Neurologico Nazionale “C. Mondino” di Pavia, a cui hanno partecipato centri italiani di grande esperienza nel follow-up dei neonati prematuri (Università e Policlinico San Matteo di Pavia, Ospedale dei Bambini “V. Buzzi” di Milano, Università e Spedali Civili di Brescia, IRCCS “Stella Ma-ris” di Pisa, Università Cattolica “Sacro Cuore” e Policlinico Gemelli di Roma). Il nuovo strumento è stato creato attraverso un lavoro di équipe tra differenti figure professionali (neuropsichiatri infantili, pediatri neonatologi, psicologi, un’illustratrice per l’infanzia) e grazie anche alla raccolta diretta, tramite “focus group”, di pensieri e opinioni di bambini prematuri e dei loro genitori. Il materiale è stato poi analizzato per identificare i temi centrali di quelle che dovevano essere le domande del questionario. Abbiamo scelto di costruire un questionario “particolare”, come illustrato dall’acronimo S.O.L.E. che sta per “Strips Of Life with Emoticons”. Rical-cando una nostra precedente esperienza che riguardava la qualità della vita di bambini affetti da malattie neuromuscolari, abbiamo infatti deciso di utilizzare un linguaggio il più possibile “neutro” e facilmente comprensibile per i bambini al fine di ottenere davvero il loro punto di vista: le diverse domande sono state poste graficamente attraverso delle vignette, create

da un’illustratrice per l’infanzia, in cui il protagonista è il bambino stesso, rappresentato senza volto. Il protagonista presenta caratteristiche scelte dal bambino che compila il questionario (ad esempio sesso, colore della pelle, con o senza gli occhiali ecc.) e “vive” direttamente le situazioni illustrate, traducendo così il concetto teorico di soggettività in un aspetto estremamente concreto. Per rispondere alle domande, a ogni vignetta, è richiesto al bambino di inserire il volto con l’espressione – triste, felice o neutra – che più corrisponde a come si sente nella situazione rappresentata (v. figura). Il questionario finale è costituito da 22 vignette che ripercorrono i momenti principali della giornata di ogni bambino, da una sessione di immagini che si riferiscono a situazioni non quotidiane e da una sessione relativa agli affetti. Il modo di procedere rappresenta una novità rispetto alla maggior parte dei questionari in uso in età pediatrica, dove le domande sono specifiche nel contenuto, ma non nella forma in cui sono presentate, sia per quanto riguarda l’utilizzo del canale scritto per formularle, sia per la mancanza di attenzione alla concretezza, sia per la tendenza a presentare le situazioni da una prospettiva negativa, sottolineando i problemi e le difficoltà e tra-lasciando i momenti positivi, rischiando di condizionare negativamente le risposte soprattutto dei bambini più piccoli. Nel corso del progetto, svoltosi dal 2010 al 2013, ai fini della validazione il questionario è stato somministrato a 152 bambini. Lo stesso questionario è stato somministrato ai genitori, chiedendo loro quali si immaginavano fossero le risposte del figlio. Sono state inoltre somministrate anche altre scale per valutare il grado di disabilità, gli eventuali problemi emotivo-comportamentali, le autonomie e il quoziente intellettivo dei bambini. Ogni bambino ha compilato poi l’unico questionario sulla qualità della vita autosomministrato esistente in Italia, chiamato PedsQL, questionario più “tradizionale”, con domande e risposte scritte. I risultati ottenuti ci hanno confermato che il Questionario S.O.L.E. è stato ben accettato e compreso da tutti. Estremamente semplice e veloce da somministrare, è in generale risultato avere una buona validità, visto che

C h i c e r c a t r o v a

I l Q u e s t i o n a r i o S . O . L . E

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Realizzato grazie a un grant della Fondazione Mariani, il progetto di ricerca “La qualità di vita nei bambini di peso molto basso alla nascita (VLBWI): sviluppo e validazione di un nuovo questionario autosomministrato” ha condotto alla creazione del Questionario S.O.L.E. (S. Orcesi, I. Olivieri, S. Bova, U. Balottin - 2010). La dr.ssa Simona Orcesi, a capo dell’équipe che ha ideato questo innovativo strumento, ci spiega come è nato e le sue potenzialità.

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il parametro statistico che misura la capacità di uno strumento di misurare qualcosa, chiamato “Cronbach alpha”, ha dato dei risultati soddisfacenti, dimostrando una buona consistenza interna. Ha altresì evidenziato come sia uno strumento coeso e affidabile di per sé, indipendentemente da chi lo compila, attendibile e ripetibile, anche alla luce del buon risultato del test-re-test.Si è inoltre riscontrata una soddisfacente correlazione con il questionario “tradizionale” PedsQL, mentre non sono emerse correlazioni con altri pa-rametri, in particolare né con lo stato socio-economico, né con il grado di disabilità dei bambini. Tali correlazioni sono invece risultate significative con le risposte dei genitori. Un risultato particolarmente interessante secondo noi è emerso dal con-fronto tra quello che hanno risposto i bambini e i genitori: c’è stato, infatti, disaccordo in quasi tutti gli item del questionario, confermando che il punto di vista dei genitori e quello dei bambini sulla qualità della vita è in realtà molto diverso, con gli adulti che spesso tendono ad attribuire ai figli i propri ragionamenti, indipendentemente dal grado di maturità dei bambini e spesso quindi non cogliendo come si sentano e cosa pensino. I genitori, per esempio, sono stati maggiormente influenzati nelle risposte dalla presenza di difficoltà scolastiche o di disabilità dei figli, mentre gli stessi aspetti non sono risultati significativi per i bambini, confermando anche in età infantile la teoria del cosiddetto “disability paradox”, secon-do cui i soggetti con disabilità, inaspettatamente, dichiarano spesso una qualità della vita soddisfacente e in contrasto rispetto all’impressione di un osservatore esterno.I nostri risultati ci hanno quindi confermato che il questionario creato è uno strumento affidabile, capace di cogliere l’opinione diretta dei bambini e che il suo utilizzo si dimostra utile. Il lavoro è stato impegnativo e, in particolare per quanto riguarda l’elaborazione statistica e l’interpretazione dei risultati, è stato necessario molto tempo, proprio per la complessità del problema e per la necessità di tenere conto della differente prospettiva nell’inter-pretazione dei risultati derivanti da uno strumento “innovativo” come il nostro. Stiamo attualmente lavorando alla stesura di tre lavori riguardanti gli aspetti più importanti del progetto da inviare a riviste scientifiche, con il fine di proporre l’utilizzo del Questionario S.O.L.E., accanto ad altre misure di outcome, nel follow-up dei soggetti nati pretermine. Riteniamo inoltre che lo stesso strumento, proprio per la modalità con la quale è stato creato, possa essere proposto anche per la valutazione della qualità della vita di bambini affetti da paralisi cerebrale infantile, e abbiamo in progetto di realizzare, a breve, una prima esperienza in questo senso.

Simona OrcesiStruttura Complessa di NPIIRCCS Fondazione Istituto “C. Mondino”, Pavia

Sabato 27 settembre 2014 dalle ore 10 alle 12.30, presso l’Aula Berlucchi dell’Istituto Mondino di Pavia, si terrà, con il patrocinio della Fondazione Mariani, una giornata di presentazione dei risultati del progetto dal tito-lo “Quando il bambino nato pretermine diventa grande: qualità di vita e sviluppo cognitivo”. L’incontro, rivolto principalmente alle famiglie e agli operatori (medici, infermieri, terapisti), prevede una serie di relazioni a cura dell’équipe che ha realizzato il questionario. La partecipazione all’incon-tro sarà gratuita e sarà richiesto l’accreditamento ECM per gli operatori interessati.Informazioni e iscrizioni: Direzione Scientifica, IRCCS MondinoSig.ra Facioli tel. 0382 380299 (h 9-13); [email protected]

L a p a r o l a a l l e i m m a g i n i !Le immagini che corredano questo numero del neurofoglio, ideate dall’illustratrice per l’infanzia Elisabetta Cagnolaro, sono estrapolate dal Questionario S.O.L.E. Si tratta di tavole realizzate con la tecnica del collage e i colori acrilici, completate con pochi, abili tocchi di pennarello nero che, pur nella loro essenzialità, sanno restitui-re con immediatezza la sintesi di uno stato d’animo: un volto imbroncia-to, un’espressione incerta, un sorriso sereno. I disegni sono stati pensati per aiutare i bambini, ai quali è stato somministrato il questionario, a esprimere in modo naturale e spontaneo il loro sentire, attraverso un processo di identificazione con i protagonisti delle illustrazioni. La scelta innovativa del Questionario S.O.L.E. di affidare non alle parole, ma ai disegni, il delicato compito di “far parlare” i bambi-ni, deve senz’altro il suo successo anche all’originalissima grafica adottata. Chiediamo alla signora Cagnolaro di raccontarci la genesi di questo lavoro.

• Che indicazioni ha ricevuto dal team del progetto per realizzare le illustrazioni?

La prima importante indicazione è stata quella di favorire quanto più possibile l’identificazione del bambino che compila il questiona-rio con il protagonista, cercando di rappresentare i contenuti in modo neutrale, al fine di lasciare il bambino libero di immedesimarsi nel personaggio e nella scena. Gli oggetti rappresentati dovevano evo-care determinate attività, in modo semplice e diretto. I protagonisti delle vignette dovevano poter rendere facile l’identificazione anche da parte di soggetti con eventuali problemi motori o fisici, per cui i personaggi sono sempre stilizzati, presentati il più delle volte seduti, a mezzo busto, o comunque in modo da essere compatibili con anche la presenza di questo tipo di problemi. Il bambino può scegliere tra protagonisti di sesso diverso, che portano o no gli occhiali e di etnie diverse: per quest’ultimo aspetto sono state create diverse versioni del questionario in cui il protagonista e i suoi familiari hanno carat-teristiche somatiche specifiche.

• A cosa si è ispirata per ideare i personaggi e le vignette del questionario?

Ho oramai alle spalle anni di attività come illustratrice, quindi di per sé l’approcciarmi a questo lavoro non ha comportato particolari fatiche se non quella, come indicato prima, di calarmi nella parte del bambino o della bambina a cui queste pagine sarebbero state indirizzate, così che i contesti che venivano espressi fossero di facile lettura e non modificassero l’umore del fruitore mostrando involontariamente atti o condizioni di vita magari desiderate, ma inarrivabili. Ho dunque provveduto a semplificare e spogliare le scene di particolari distraenti o convenzioni grafiche (come la prospettiva) che potessero rendere meno leggibili le immagini, avendo però cura di caratterizzare i volti dei protagonisti in modo da renderli simpatici e che favorissero l’identificazione, ad esempio con pettinature divertenti. Anche l’uso di parti a collage è stato voluto per accentuare l’allegria e la luminosità delle pagine.

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S c e l t o p e r v o i

D e f i c i t v i s i v i e n e u r o s v i l u p p oL’ a r g o m e n t o è s t a t o a l c e n t r o d e l n o s t r o X X V I C o r s o d i a g g i o r n a m e n t o i n N e u r o l o g i a i n f a n t i l e . L a p r o f . s s a E l i s a F a z z i , d i r e t t o r e d e l c o r s o , c i i l l u s t r a q u a n t o e m e r s o

Obiettivo primario del Corso “Disordini della funzione visiva e patologie del neurosviluppo: dalla diagnosi alla riabilitazione”, tenutosi lo scor-

so marzo a Firenze, è stato quello di fornire ai partecipanti un’adeguata conoscenza e comprensione degli aspetti semeiologici, metodologici e riabilitativi dei disturbi della funzione visiva in età evoluti-va, descrivendo le numerose patologie conge-nite e acquisite in cui l’aspetto visivo sia di rilievo nella espressività clinica e dedicando ampi approfondimenti agli aspetti riabilita-tivi, alla luce delle più recenti acquisizioni in tema di plasticità del Sistema Nervoso Centrale (SNC).

È noto che la funzione visiva ha un ruolo determinante nello sviluppo psicomotorio del bambino;

è inscindibilmente legata all’evoluzione percettiva, motoria, cognitiva e relazionale ed è strettamente influenzata dal contesto ambientale e dall’esperienza. Un danno precoce del sistema visivo può dunque compromettere lo sviluppo delle funzioni adattive e dei primi proces-si emotivi e mentali che permettono al bambino di organizzare le sue esperienze e sviluppare competenze. Specularmente, una patologia neurologica congenita o acquisita può compromettere la funzione visi-va a vari livelli (oculare, oculomotorio, percettivo, visuo-cognitivo).Il corso, che ha visto la presenza di qualificatissimi relatori noti a livello nazionale e internazionale, ha presentato le nuove acquisizioni in tema di inquadramento diagnostico nei deficit visivi in età pediatrica, con la finalità di potenziare la comprensione degli aspetti neurofisiopatologici e le capacità di valutazione dei segni/sintomi legati a una disfunzio-ne visiva, proponendo un approccio non solo d’interesse prettamente oftalmologico, ma anche neurologico e neuroevolutivo.L’approccio allo studio della funzione visiva è infatti sensibilmente cambiato, e il sistema visivo appare sempre più come un modello di funzionamento del SNC accessibile alla valutazione fin dalle primis-sime fasi della vita. La messa a punto di un metodo valutativo della funzione visiva in epoca precoce, con particolare attenzione ai soggetti con rischi maggiori, riveste estrema importanza, in quanto può consentire di for-mulare una diagnosi più ampia e completa, ma anche di fornire le chiavi per attuare la proposta terapeutica in un periodo in cui il cervello del bambino mostra il massimo gra-do di plasticità. Durante il corso sono stati discussi i mec-canismi di neuroplasticità che posso-no indurre una riorganizzazione delle funzioni visive e i più re-centi e innovativi apporti delle neuroscienze nel modificare la prassi clinica e riabilitativa dei disordini visivi, affrontando il

rapporto tra neuroni mirror e neuroni canonici, e presentando dati in-teressantissimi sulle possibilità di dimostrare, con indagini di imaging funzionale, la plasticità del sistema visivo in epoca precoce, anche nel neonato e nel lattante. Nell’ampio panorama dei disturbi visivi in età pediatrica, una sessione è stata dedicata alla diagnosi e alla riabilita-zione del Deficit Visivo di Origine Centrale (DVOC) che, in associazione ad altre disabilità motorie e/o intellettive, è divenuto la causa più fre-quente di disordini visivi in età evolutiva. Le manifestazioni cliniche dell’DVOC possono essere molto eterogenee, come emerso dai vari interventi. In alcune situazioni la compromissione della funzione visi-va può interessare più livelli, rendendo ragione di quadri di estrema complessità diagnostica che richiedono un assessment specifico. In considerazione di ciò, la valutazione del DVOC deve comprendere non solo gli aspetti oculari e oculomotori, ma deve essere estesa anche ai disturbi più complessi dell’elaborazione dell’informazione visiva, per-cettivi e visuocognitivi. Si è inoltre ribadita l’importanza di integrare le osservazioni cliniche con nuove indagini funzionali, e sono stati forniti approfondimenti in merito alle tecniche di indagine nel deficit visivo in età evolutiva, con particolare riferimento al ruolo del neuroimaging e dell’elettrofisiologia. Per quanto riguarda le problematiche più strettamente specialistiche, una sessione è stata riservata all’associazione tra sindromi neurologi-che e disturbi visivi, in cui sono intervenuti esperti del settore. Si è poi ulteriormente sottolineata l’importanza di indagare la funzione visiva nelle disabilità dello sviluppo, che permette non solo un’identificazione precoce dei problemi visivi, ma offre anche una miglior definizione degli aspetti semeiologici di ogni patologia, aumenta la precisione diagnosti-ca e consente di selezionare gli strumenti più appropriati per l’interven-to terapeutico e riabilitativo.

Ampio spazio infine è stato dato alle problematiche assistenziali del bambino con deficit visivo, analizzando le più recenti evoluzioni

nell’ambito delle neuroscienze, e la possibilità di sviluppare metodi abilitativi innovativi. È emersa con chiarezza la necessità non solo di identificare il potenziale visivo di ogni bambino, ma anche di renderlo consapevole dello stesso e di aiutarlo nell’ottimizzazione e nell’utilizzo di tale potenziale, promuovendo il suo sviluppo comples-sivo. La proposta deve essere quindi quella di un inter-vento ri-abilitativo precoce e multimodale, con l’obiettivo

di migliorare l’adattabilità sociale e di prevenire le interferenze della disa-

bilità visiva sullo sviluppo globale del bambino, possibilmente

trasferendo le informazioni e gli strumenti alla famiglia per integrare e dare continuità alle linee dell’intervento nelle di-verse situazioni di vita.

Elisa FazziUniversità degli Studi di Brescia

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N u o v ep u b b l i c a z i o n i

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Paediatric neurological disorders with cerebellar involvementDiagnosis and management

Mariani Foundation Paediatric Neurology Series – XXVIIEditors: Stefano D’Arrigo, Daria Riva and Enza Maria ValenteLondon-Paris, John Libbey Eurotext Ltd, 2014, pp. 240

(Pubblicazione conseguente al XXV Corso di aggiornamento, Roma, 7-8 marzo 2013)

I partecipanti e i relatori del Corso riceveranno copia del volume.

This book provides an update on paediatric neurological disorders with cerebellar involvement. The opening section of the volume is dedicated to the structure and function of cerebellum: the specific development of this organ, unlike other structures of the central nervous system, begins at a later stage of foetal development and lasts longer, even after birth, thus making the cerebellum particularly vulnerable to a wide range of in-sults, both genetic and acquired. Of particular interest are chapters

that focus on cerebellar disorders which may occur in isolation, or else as part of more complex malformations of the posterior fossa or in association with other supratentorial anomalies. Such conditions may be encountered both as part of “static” congenital encephalopathies as well as in the frame of neurodegenerative or neurometabolic disorders.Besides, the recent advances in neuroimaging and genetics allow to better characterize and define the genetic basis of an increasing number of such conditions. The last part of the volume is dedicated to care and rehabilitation in ce-rebellar diseases: their correct diagnosis is pivotal in order to address patients to the appropriate genetic testing, plan clinical management and therapeutic strategies, and provide adequate counselling.

Informazioni: Valeria BasilicoFondazione Mariani - tel. 02 795458email: [email protected]

“ P r o s p e t t i v e i n P e d i a t r i a ”

Sul numero di gennaio-marzo 2014 (vol. 44 - n.173) di “Prospettive in Pediatria”, rivista della SIP – Società Italiana di Pediatria, è stato pubblicato il report della Tavola Rotonda “Pediatria, Neuropsichiatria Infantile e Neurologia Pediatrica. Problemi attuali di assistenza e ri-cerca”, che si è tenuta nell’ambito del convegno “Recenti progressi in Neurologia Infantile: dalla ricerca alla clinica”, organizzato dalla Fondazione Mariani all’Università Statale di Milano nel settembre 2013. Il report – a cura del prof. Fabio Sereni, direttore del convegno e presidente onorario del Comitato Scientifico della Fondazione – è consultabile online sul sito della SIP (www.sip.it).

C a s i c l i n i c i : e c c o i v i n c i t o r iTra i vari casi clinici presentati durante il corso di aggiornamento, il Comitato Scientifico ha decretato tre vincitori ex aequo:

• Differenze tra il profilo neurovisivo dei neonati a termine e dei neonati prematuri valutati attraverso un nuovo stru-mento clinico: NAVEG (Neonatal Assessment Visual Euro-pean Grid)Rossi A. ^*”, Gritti M. ^, Mattei P. ^, Alessandrini A.*, Tansini F.*, Chirico G. °, NAVEG Study Group#, Fazzi E^*^ Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, Università di Brescia; * UO Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Spedali Civili di Brescia; ° Neonatologia e Terapia Intensiva Ne-onatale, Spedali Civili di Brescia; “ Dottorato in Scienze della Ri-produzione, Indirizzo Relazionale Educativo, Università di Trieste; # Lebrun F., Marcou V. (Parigi); Ferrari F., Della Casa E. (Modena); Haumont D., Tackoen M. (Brussels); Orcesi S., Stronati M. (Pavia), Franzoni A., Semeraro F. (Brescia)

• Effetto del massaggio infantile sullo sviluppo della funzio-nalità visiva in bambini con sindrome di DownPurpura G., Bargagna S., Bozza M., Tinelli F., Cioni G.IRCCS Fondazione “Stella Maris”, Pisa

• L’uso dell’ICF-CY per la strutturazione del progetto-pro-gramma riabilitativo nei bambini con CVI: dalla riabilita-zione al setting ecologicoVolzone A., Armellin M., Calevo E., Martinuzzi A. Unità per le disabilità neurosensoriali, IRCCS “E. Medea - La No-stra Famiglia”, UdineCentro di Riabilitazione “La Nostra Famiglia”, Udine

I relativi abstract, così come quelli degli altri casi valutati, sono disponi-bili sul sito della Fondazione nella sezione dedicata al corso.

R e n d i c o n t o S o c i a l e 2 0 1 3Anche quest’anno è disponibile sul nostro sito, in versione flipping book, il Rendiconto Sociale. La pubblicazione illustra le attività realizzate dalla Fondazione Mariani nel 2013.

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role playing. Inoltre, vengono affrontati alcuni temi teorici che fondano la Metodica nel pano-rama cognitivista quali: cornice di riferimento della metodologia; analisi delle funzioni cogni-tive carenti, della mappa cognitiva, dei criteri e delle categorie di mediazione; preparazione di una lezione di PAS.

L’adolescente con paralisi cerebrale: i problemi neuro funzionali, lo sviluppo emotivo, l’apprendimento e la partecipazione

VII Corso di formazione permanente in Neuroriabilitazione dell’Età Evolutiva

19-21 novembre 2014 Sede: Bologna – I Portici HotelReferente Scientifico: Ermellina Fedrizzi

L’adolescenza è una fase complessa dello svilup-po che implica molti cambiamenti nella struttura corporea, nel profilo emotivo, nell’apprendimen-to e nelle nuove prospettive di autonomia, di relazioni sociali e di partecipazione. Nel ragaz-zo con Paralisi Cerebrale (PC) la complessità di questo periodo, con l’intersecarsi di problemi funzionali, psicologici e relazionali, viene spesso misconosciuta dagli operatori, che tendono a pri-vilegiare gli obiettivi terapeutici neuro funziona-li, dimenticando che le esigenze di questi ragazzi sul piano emotivo e cognitivo sono le stesse dei

Redazione: Renata Brizzi - Progetto grafico: Costanza Magnocavallo - Impaginazione: Samuele Spinelli - Stampa: Mail Boxes Etc. (MI)

Programma di Arricchimento Strumentale (PAS) Classico

13-21 ottobre 2014Sede: Milano – Fondazione TOGReferente Scientifico: Antonia Madella Noja

IL PAS Classico rappresenta, all’interno della Metodica di Reuven Feuerstein, lo strumento di lavoro riabilitativo utilizzabile con soggetti dai 9 anni in su e con soggetti con difficoltà cognitive di tipo lieve o medio.Storicamente è stato il primo repertoire riabili-tativo organizzato dal prof. Feuerstein e nasce negli anni ’80. Al PAS Classico è seguita la strutturazione del PAS Basic, cioè del sistema organizzato per i bambini in età prescolare o per i soggetti non piccoli, ma con forti deficit cognitivi.Dal punto di vista valutativo, il PAS Classico si associa con LPAD Classico (Learning Propensity Assessment Device), batteria di test dinamici che valutano la zona prossimale dell’appren-dimento e quindi la propensione del soggetto a modificarsi per apprendere. Il PAS è dunque l’insieme delle proposte riabilitative in campo cognitivo che il mediatore può usare, dopo aver valutato il soggetto, per aumentarne la potenzia-lità cognitiva. Consta di 14 strumenti che spazia-no e, trasversalmente, percorrono tutto il range delle funzioni cognitive, ovvero degli elementi specifici che costituiscono i prerequisiti di ogni atto mentale. Il programma è diviso in due livelli sequenziali tra loro. Il primo livello, oggetto del corso, copre 7 strumenti. La durata è di 72 ore su nove giorni di corso.Il corso, oltre all’apprendimento degli strumenti, comprende molte sessioni di attività pratica e

Per consultare i programmi dei corsi e iscriversi visitate il sito della Fondazione: www.fondazione-mariani.org

Consiglio di AmministrazionePaolo Lazzati, presidenteAntonio Magnocavallo, vicepresidente vicarioLuisa Bonora, vicepresidente Maria Majno, vicepresidenteAdriano Bandera Lodovico Barassi Ferdinando CornelioGiovanni De Censi Ermellina Fedrizzi

Direttore GeneraleFranco Navone

La informiamo che i dati personali che La riguardano sono stati acquisiti nel rispetto dalla legge sopra richiamata e saranno utilizzati dal titolare responsabile e dagli incaricati del trattamento ai soli fini dell’invio di nostre comunicazioni, oppure ai fini di elaborare statistiche a esclusivo uso interno. Titolare del trattamento dei dati è la Fondazione Pierfranco e Luisa Mariani, con sede in Milano, viale Bianca Maria 28. Ogni interessato potrà ottenere la conferma dell’esistenza di propri dati personali, avere conoscenza dell’origine dei

dati nonché della logica e delle finalità del trattamento, ottenere l’aggiornamento, la rettifica ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati, ottenerne la cancellazio-ne, opporsi, per motivi legittimi, al trattamento (in tale caso, però, non potrà più ricevere il neurofoglio né altre nostre comunicazioni) rivolgendosi a: Fondazione Pierfran-co e Luisa Mariani, viale Bianca Maria n. 28 Milano, email: [email protected] La disciplina dei dati personali è soggetta alla legge italiana.

Per scr iverc i :Fondazione Mariani - il neurofoglio Viale Bianca Maria 28 20129 Milano Tel. 02.795458 - Fax 02.7600.9582 email: [email protected]

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neurologia infantile Viale Bianca Maria 28 20129 Milano Tel. 02.795458 - Fax 02.7600.9582 www.fondazione-mariani.org email: [email protected]

Registro delle Persone Giuridiche della Prefettura di Milano n.72.

Revisori dei contiFranco Arosio, Roberto Rezzonico

Comitato ScientificoFabio Sereni - presidente onorarioEugenio Mercuri - presidenteStefano Di Donato - vicepresidenteElisa FazziFabrizio FerrariRenzo GuerriniFrancesco LongoAngelo Selicorni

P r e n d e t e n o t a :c o s a c ’ è d i n u o v o !

coetanei sani. Dal canto loro le famiglie vivono in genere l’adolescenza dei loro figli come la fase di passaggio all’età adulta, con le preoccupazioni dovute alle incognite re-lative all’autonomia, all’inserimento nel mondo del lavoro e alla qualità di vita.Il Corso, organizzato in collaborazione con il Gruppo Italiano Paralisi Cerebrali Infantili (GIPCI), approfondirà queste tematiche.Dopo una lezione magistrale sulle problematiche dell’adolescente nella società contemporanea, la prima giornata sarà dedicata ai temi dello sviluppo emotivo e della sessualità nell’adole-scente con PC. Verranno poi analizzati i disordini dell’apprendimento scolastico. Nella seconda giornata il focus delle relazioni verterà sui problemi neuro funzionali dell’ado-lescente con PC, quindi sull’evoluzione e rior-ganizzazione delle funzioni psichiche superiori, sul livello di autonomia funzionale acquisito nelle diverse forme cliniche, sulle complicanze connesse con le modificazioni della struttura corporea e sugli interventi riabilitativi e di chi-rurgia funzionale idonei alla miglior qualità di vita possibile.La terza giornata tratterà i temi della qualità di vita e sarà presentato lo studio europeo longi-tudinale SPARCLE 2. Infine sarà dedicato uno spazio alle problematiche delle famiglie e dei Servizi nella fase del passaggio dall’adolescenza all’età adulta.Come nei corsi precedenti, al mattino saranno svolte le lezioni frontali dedicate ai contributi te-orici e alle implicazioni per la prassi terapeutica, mentre i pomeriggi saranno riservati alla presen-tazione di esperienze terapeutiche, ai racconti videoregistrati di adolescenti e alla narrazione diretta da parte di giovani adulti con PC.