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1 CANTARE LA NOSTRA SALVEZZA Documenti Magisteriali sul canto e sulla musica nella liturgia

Cantare La Nostra Salvezza

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Page 1: Cantare La Nostra Salvezza

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CANTARE LA

NOSTRA SALVEZZA

Documenti Magisteriali

sul canto e sulla musica

nella liturgia

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ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI PIU’ COMUNI

CNC “Concerti nelle Chiese” in EV 10 nn. 2244 - 2265 CNL “I Cori nella Liturgia” DB “De Benedictionibus” DMF “Direttorio per le Messe dei Fanciulli” in EV 4 nn. 2618 - 2672 EM “Eucharysticum Mysterium” in EV 2 nn. 1293 - 1367 ECEI Enchiridion CEI – EDB Bologna EV Enchiridion Vaticanum – EDB Bologna GdS “Il Giorno del Signore” in ECEI 3 nn. 1933 - 1974 IO “Inter Oecumenici” in EV 2 nn. 211 - 309 LC “Laudis Canticum” in EV 4 nn. 133 - 424 LRI “La Liturgia Romana e l’inculturazione” in EV 14 nn.66 - 157 MG “La Messa dei Giovani” in ECEI 1 nn. 2991 - 3013 MR Messale Romano MRM “Melodie per il Rito della Messa ed altri riti”, LEV 1993. MS “Musicam Sacram” in EV 2 nn. 967 - 1035 PFM “La Partecipazione dei Fanciulli alla santa Messa” in ECEI 2

nn. 1858 - 1879 PNMR “Principi e Norme del Messale Romano” in EV 3 nn. 2014 - 2414 PNMR III “Principi e Norme del Messale Romano”, terza edizione RICA “Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti” in EV 4 nn. 1345 - 1515 RLI “Il Rinnovamento Liturgico in Italia” in ECEI 3 nn. 1523 - 1548 RN1979 “Il Canto delle Celebrazioni liturgiche” e il Repertorio Base / 1979

in ECEI 2 nn. 3334 - 3352 RNCL “Repertorio Nazionale di Canti per la Liturgia” in ECEI 6

nn. 2521 - 2600 SC “Sacrosanctum Concilium” in EV 1 nn. 1 - 244 VQA “Vicesimus Quintus Anno” in EV 11 nn. 1567 - 1597

UNO SGUARDO D’INSIEME Il rapporto musica-liturgia rappresenta indubbiamente uno dei punti nevralgici all’interno del grande capitolo della riforma liturgica promosso e iniziato con il Concilio Vaticano II°. Ne sono prova le innumerevoli discussioni, spesso molto accese, su giornali e riviste, e in occasione di convegni e dibattiti. La funzione del canto nella liturgia, il ruolo del coro; come valorizzare, tenendo conto delle nuove indicazioni, il grande tesoro della musica sacra; la compatibilità con la liturgia dei linguaggi musicali contemporanei (popolari o colti): sono questi solo alcuni dei temi attorno ai quali quasi sempre continuano ad accendersi le discussioni.

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L’impressione, però, che traspare dietro le diverse argomentazioni (a difesa dell’una o dell’altra posizione, a salvaguardia della tradizione musicale oppure a favore di una apertura a forme di canto più popolari e vicine alla sensibilità odierna) è che non tutti coloro che gestiscono una responsabilità in questo settore specifico della vita della chiesa o che comunque operano nel campo della musica liturgica, sono a conoscenza dei testi preziosi che la Chiesa ci ha messo in mano in questi 40 anni. Essi vogliono essere degli aiuti per le scelte da operare nel quotidiano, ma anche dei riferimenti necessari e normativi per garantire che comunità cristiane, musicisti, direttori di coro ecc., tutti camminino sulla stessa strada, cioè evidenziando la funzione della musica e del canto prima di tutto veicoli formidabili di comunione. Spesso purtroppo, ci si accontenta di motivazioni che fanno leva sul sentimento e sulle sensibilità personali. C’è tutto un settore di liturgisti e musicisti che sta studiando il valore antropologico e teologico del canto e che viene prima di ogni discorso su ‘quale canto’. E’ forte ancora oggi il rischio di impantanarsi sul repertorio da preferire dimenticando che qualsiasi discorso di questo tipo presuppone il significato e il valore del canto in quanto tale. Il presente sussidio, destinato ai gruppi liturgici, ai sacerdoti incaricati di presiedere le celebrazioni, e in modo specifico agli animatori del canto, i direttori, i coristi e gli strumentisti, vuol essere anzitutto un’occasione per prendere maggiormente coscienza del valore del canto così come la chiesa, fin dalle origini, l’ha pensato e vissuto, e oggi cerca di riscoprire. Probabilmente c’è bisogno di ridare spazio nella catechesi al tema del canto, così com’è importante riscoprire il tempo dedicato alla prova di un coro liturgico, non solo come scuola di canto ma anche come scuola di fede e momento di catechesi. L’augurio è che questa raccolta di documenti e di citazioni magisteriali e pastorali possa diventare un punto di riferimento, quasi una bussola, per le scelte da fare in modo che si concretizzi in ogni comunità cristiana l’auspicato passaggio dal cantare ‘nella’ liturgia al cantare ‘la’ liturgia.1 Sacrosanctum Concilium E’ significativo il fatto che il primo documento prodotto dal Concilio sia la Costituzione Liturgica Sacrosanctum Concilium approvata definitivamente, dopo tre anni e mezzo di faticoso lavoro, il 04 dicembre 1963: è la prova che la liturgia sta al centro delle preoccupazioni della Chiesa. Va sottolineato il fatto che il Concilio non ha pensato ad un documento a parte per la musica sacra, ma l’argomento della musica sacra è trattato nel capitolo VI, dal n. 112 al n. 122, all’interno della trattazione sulla liturgia. Evidentemente, dunque, quello che è scritto sulla musica va letto e interpretato tenendo presente il quadro liturgico generale in cui la musica è inserita. In questo capitolo, punto di incontro o di compromesso tra evidenti posizioni diverse, troviamo una rilettura del concetto di sacralità della musica, non più legato alla qualità estetica o come elemento quasi immanente alla musica stessa, ma piuttosto all’idea di “liturgicità”:

“La musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all’azione liturgica” (SC 112c).

Per liturgicità si intende la possibilità di integrare armonicamente e funzionalmente canto e musica nell’insieme dell’azione liturgica in modo da ottemperare alle esigenze dei riti e da suscitare-favorire la ‘normale’ partecipazione assembleare.2 Non più quindi musica come ornamento del cerimoniale, e quindi qualcosa di estrinseco, ma come evento che nasce dall’interno stesso dell’esperienza liturgica.

1 Il presente Sussidio riporta il testo integrale dei documenti più importanti riguardo la tematica canto/musica nella liturgia. Laddove, invece, ci troviamo di fronte a brevi citazioni contenute in più ampie riflessioni sul tema generale della liturgia, queste sono state riportate all’interno di questo capitolo iniziale di panoramica storica. 2 Cfr. D. SABAINO, Musica e liturgia, dalla “Sacrosanctum Concilium” al “Repertorio Nazionale dei canti liturgici”. Per una rilettura musicologico-liturgica di documenti ufficiali e “Praenotanda”, in Rivista Liturgica 86 (1999), p.180.

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Il cambiamento è epocale. La nuova concezione e il conseguente rinnovamento della prassi non significano però una rinuncia a tutto quello che ha alimentato la fede e ha sostenuto la preghiera della Chiesa per tanti secoli in campo musicale. Così il canto gregoriano, nella liturgia romana, è considerato ancora come il canto principale; non va, però, mai dimenticata la sottolineatura voluta dai Padri Conciliari: ‘a parità di condizioni’.3 Coerentemente con tutto l’impianto del documento, anche in questo capitolo VI si insiste (il termine ritorna cinque volte) sulla “partecipazione attiva del fedeli”, che appare quindi come il valore primario da salvaguardare4. Per l’accompagnamento dei canti, salvo il riconoscimento di priorità dato all’organo a canne, viene ammesso l’uso anche di altri strumenti, purché si possano adattare alle finalità della liturgia e favoriscano la partecipazione dei fedeli.5 Musicam Sacram E’ il documento più importante e più completo sul tema della musica nella liturgia emanato dalla Santa Sede dopo il Concilio.6 Frutto di un lavoro molto travagliato (sono state ben dieci le riscritture del documento), Musicam Sacram può essere considerato ‘la magna charta dell’ammodernamento musico-liturgico del Vaticano II’.7 Scritto con l’obiettivo di risolvere alcune difficoltà riguardanti la musica sacra e il suo compito ministeriale8, MS segna alcuni passi in avanti rispetto ai documenti precedenti. Tra i tanti va segnalata la valorizzazione del canto popolare, considerato liturgico alla stessa stregua degli altri generi, purchè sia approvato e accettato dalla comunità cristiana (MS 4), e l’introduzione dei concetti pastorali di gradualità (MS 7), adattabilità (MS 9), varietà (MS 10) nella partecipazione attiva al canto. Si definisce il concetto di solennità liturgica che

“non dipende tanto dalla forma più ricca del canto e dall’apparato più fastoso delle cerimonie, ma piuttosto dal modo degno e religioso della celebrazione, che tiene conto dell’integrità dell’azione liturgica, della esecuzione cioè di tutte le parti, secondo la loro natura”(MS 11; MS 16).

Merito di MS è anche di individuare i presupposti della funzionalità liturgica nella duplice fedeltà alla norma e alla situazione concreta dell’assemblea celebrante (MS 9, 28, 45, 51).9 Grande importanza viene data al coro, la cui presenza viene però riletta con sostanziali modifiche rispetto al ruolo attribuitogli tradizionalmente. In questo modo esso viene ‘declericalizzato’ in quanto è riconosciuto parte dell’assemblea, e non più del presbiterio, come era stato considerato per secoli (nn.22-23). Infine, «sempre nello spirito di SC, MS rivoluziona il cerimonialismo fino ad allora imperante, introducendo la possibilità di celebrare con diverse gradazioni di canto in relazione alla natura dei testi (MS 7) e alle possibilità di ogni assemblea liturgica (MS 28)».10 La Messa dei giovani

3 SC 116. 4 SC 113 - 114 - 118 - 120 -121. 5 SC 120. 6 Pubblicato il 5 marzo 1967 con il titolo “Istruzione sulla musica nella sacra liturgia”. In EV 2. 7 D. SABAINO, o.c., p.180. 8 MS 2. 9 D. SABAINO, o.c., p. 182. 10 D. SABAINO, o.c., p. 183.

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Gli anni del post-Concilio sono per la Chiesa italiana tempo di lavoro intenso al fine di rinnovare la propria prassi liturgica. In relazione all’ingresso nelle celebrazioni di un nuovo tipo di musica più popolare, in linea con le sensibilità del momento, che vede come protagonista il mondo giovanile, la Commissione episcopale per la Liturgia della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) scrive una Nota circa la “Messa dei giovani”11, nella quale oltre a dare, con un’espressione che va ben oltre la lettera del concilio (e anche di MS), alla espressione musicale nella liturgia un “valore sacramentale” (MG 12), si afferma la priorità, in un canto, del testo nei confronti della musica (MG 13). Vale la pena di leggere per esteso quanto si afferma nel capitolo riguardante il canto e la musica:

L'espressione musicale ha nella liturgia, e specialmente nella Messa, un valore sacramentale. Il canto e la musica esprimono la comunità, favoriscono la fusione e infervorano la preghiera. Il canto liturgico di una intera assemblea una preghiera solenne e commovente insieme. A tutti i fedeli è raccomandato il canto, e tutti i fedeli dovrebbero quindi venirvi educati; tanto più i giovani, perché è più facile per essi l'apprendimento, più spontanea l'esecuzione e più efficace l'esempio: sempre che, naturalmente, canti non un piccolo gruppo, ma l'intera assemblea dei giovani. (MG 12) Nei canti, il primo valore è quello del testo. E’ per questo che i canti ideali per la Messa sono, oltre le acclamazioni dell'assemblea, quelli indicati nell' ordinario e nel proprio della Messa, soprattutto il “Santo” e l' “alleluia”. Un'assemblea liturgicamente formata preferirà sempre cantare la Messa, che cantare nella Messa. In sostituzione dei canti ufficiali del “proprio” all'introito, all'offertorio, alla comunione potranno essere usati anche altri testi, purché la competente autorità li abbia approvati allo scopo; come debitamente approvati devono essere tutti i canti che si eseguiscono alla Messa. La restrizione è giustificata dalla preoccupazione che i testi siano non a sfondo sentimental-sociologico o solo vagamente religiosi, o, peggio ancora, dottrinalmente incriminabili, ma intonati davvero al tempo liturgico e adatti al momento celebrativo. (MG 13). Quanto alla melodia, la dignità e la sacralità della celebrazione esigono che anche la musica sia degna e sacra; musica che, pur aperta allo sviluppo progressivo dell'arte, non si perda nel motivetto, nel ritmo concitato o in un chiassoso snobismo. Il canto deve favorire la preghiera e non ostacolarla. E’ doveroso ripeterlo, perché troppi abusi ci sono stati al riguardo, e con la scusa di rendere musicalmente più viva e più accetta ai giovani la liturgia se ne è non di rado profanata l'espressione sacra: quell'espressione che una lunga e nobile tradizione ha saputo affinare nell'arte più pura. Una vera pastorale non svilisce la liturgia, col pretesto di adattarla, ma educa a comprenderla per adattarsi ad essa. (MG 14) Un'ultima parola sull'uso degli strumenti. Siano davvero strumenti a servizio cioé dell'azione sacra, della parola, della partecipazione viva dell'assemblea: non complessi per spettacoli di liturgia. Molte volte invece sembra che proprio nell'uso di questo o di quello strumento si faccia consistere la Messa per i giovani. Norme opportune sono già state date in proposito, non c'è che da richiamarle. Nella Chiesa latina, si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti12. Nel permettere l'uso degli strumenti musicali e, nella loro utilizzazione si deve tener conto dell'indole e delle tradizioni dei singoli popoli. Tuttavia gli strumenti, che, secondo il giudizio e l'uso comune, sono propri della musica profana, siano tenuti completamente al di fuori di ogni azione liturgica e da pii e sacri esercizi13. (MG 15) Si tengano presenti questi principi e si osservino fedelmente queste norme da quanti esercitano il loro apostolato in mezzo ai giovani, e sentono l'inquietudine apostolica di condurli a Cristo, attraverso l'efficacia vivificante della partecipazione alla liturgia. Solo una formazione dignitosa e seria potrà far sì che la liturgia sia davvero per i giovani spirito e vita. E questo spirito e questa vita essi porteranno un giorno in tutte le

11 COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA, Nota circa la “Messa per i giovani”, 23-24 febbraio 1970, in ECEI 1. 12 SC 120. 13 MS 63

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assemblee liturgiche del popolo di Dio. (MG16)14 Il Messale romano, la Liturgia delle Ore e i primi Ordines Il periodo che va dal 1970 al 1972 è importante per la Chiesa universale perchè vedono la luce i primi libri liturgici rinnovati: il Messale Romano15 e la Liturgia delle ore16. I Praenotanda di entrambi i testi contengono moltissimi riferimenti al ruolo della musica e a chi la deve praticare nelle celebrazioni. L’introduzione al Messale (PNMR) non dedica delle parti specifiche all’argomento, ma preferisce parlarne lungo la descrizione delle parti della messa. I Principi e Norme della Liturgia delle Ore (PNLO), invece, concentrano le riflessioni sul canto in un’apposita sezione del quinto capitolo. Man mano poi che vengono editati i vari ordines liturgici, possiamo trovare qua e là, nelle Introduzioni, accenni al canto e alla musica. Merita la citazione il n. 33 dell’Introduzione generale del Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti17 (stranamente ‘tagliato’ dai Praenotanda del Battesimo dei Bambini) che riguardo al Rito del Battesimo afferma:

Poichè la celebrazione del Battesimo è molto sostenuta dal canto, che suscita nei presenti sentimenti di fraternità, favorisce la loro comune orazione e inoltre manifesta la gioia pasquale che il rito deve riecheggiare, le Conferenze Episcopali, abbiano cura di sollecitare ed aiutare esperti musicisti, perché arricchiscano di melodie i testi liturgici, che sono ritenuti degni di essere cantati dai fedeli. (RICA 33).

Il Direttorio per le messe dei fanciulli L’attenzione data ai ragazzi che partecipano alle celebrazioni, si concretizza nel 1973 nel Direttorio per le messe dei fanciulli18, che dedica i nn. 30-31 e 32 al canto e alla musica:

Il canto, se deve avere grande importanza in tutte le celebrazioni, soprattutto la deve avere in queste Messe per i fanciulli, portati come essi sono per natura alla musica. Il canto perciò deve essere curato con il massimo impegno, tenuto presente il carattere particolare dei diversi popoli, e la capacità concreta dei

14 In appendice viene riportato uno stralcio dell’intervento del Segretario di Stato card. Villot in occasione della XXI Settimana Liturgica nazionale, il quale ribadiva, come ultimo punto della sua lunga lettera, i princìpi ispiratori del documento episcopale: “ Particolare cura merita infine la formazione liturgica dei giovani. Il Santo Padre ha più volte rilevato come, nel disagio e nella insofferenza, che si riscontrano tra i giovani d'oggi, vi siano motivi di apprensione, ma anche di speranza. Uno di questi ultimi senza dubbio è il ravvivato senso di Dio, che si esprime nella partecipazione intelligente, raccolta e diretta alla Liturgia mediante la preghiera ed il canto. Sono pertanto da lodarsi le iniziative delle Messe dei giovani, quando esse si svolgono secondo le norme recentemente emanate dalla S. Congregazione per il Culto Divino (Istruzione sulle Messe per i gruppi particolari del 15 maggio 1969). Sarebbe tuttavia desiderabile che questi gruppi giovanili, inserendosi gradualmente nella comunità parrocchiale, animassero con canti appropriati, con letture e con opportune didascalie le Messe che si celebrano per tutti i fedeli della parrocchia.” 15 Il Messale Romano è stato promulgato attraverso la Costituzione apostolica Missale Romanum in data 3 aprile 1969 da Paolo VI. L’editio typica è datata 26 marzo 1970. In occasione della pubblicazione della Editio Typica altera (27 marzo 1975) viene allegata l’Institutio generalis (Principi e Norme del Messale Romano) nella sua ultima stesura che riprende ed integra quelle precedenti (6 aprile 1969; 26 marzo 1970; 23 dicembre 1972) 16 L’Ufficio Divino rinnovato è stato promulgato attraverso la Costituzione apostolica Laudis Canticum in data 1 novembre 1970 da Paolo VI. 17 SACRA CONGREGAZIONE PER IL CULTO, Rito dell’Iniziazione cristiana degli adulti, promulgato il 6 gennaio 1972. 18 SACRA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, Direttorio per le messe dei fanciulli, 1 novembre 1973.

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fanciulli presenti19. Se possibile, le acclamazioni, specialmente quelle della Preghiera eucaristica, si facciano cantare dai fanciulli, anzichè recitare soltanto (DMF 30). Per rendere più facile la partecipazione dei fanciulli ai canti del Gloria, del Credo, del Santo e dell’Agnello di Dio, si possono usare, con l’approvazione dell’Autorità competente, traduzioni popolari musicate anche se non risulta in tutto la concordanza con i testi liturgici20 (DMF 31). Anche nella Messa per i fanciulli ‘possono essere di grande utilità gli strumenti musicali’21, specialmente se suonati dai fanciulli stessi. Gli strumenti sostengono il canto e favoriscono il raccoglimento meditativo dei fanciulli; talvolta esprimono a loro modo la gioia della festa e la lode a Dio. Si faccia sempre attenzione che la musica non soffochi il canto o non provochi nei fanciulli distrazione più che edificazione; la musica deve corrispondere alle caratteristiche proprie dei vari momenti della Messa in cui viene eseguita. Con le stesse cautele, con la dovuta precauzione e con particolare discrezione, si può usare nella Messa per i fanciulli anche la musica riprodotta, secondo le norme stabilite dalle Conferenze Episcopali (DMF 32).

Un passo indietro, circa quest’ultima concessione, viene fatto dalla Istruzione della CEI La partecipazione dei fanciulli alla santa Messa (Roma, 16 gennaio 1975) al n. 7:

Particolarmente curato deve essere il canto e l’accompagnamento musicale destinato a sostenerlo. Si tenga presente che la Messa è “azione sacra per eccellenza” ed esclude forme chiassose e distraenti che non si addicono a un’azione sacra. Per quanto riguarda in particolare la musica riprodotta, la Conferenza Episcopale (...) richiama l’attenzione sulla “verità” di un segno liturgico importante com’è il canto; ribadisce inoltre il dovere di educare al canto stesso l’assemblea dei piccoli che partecipa alla sacra celebrazione. Per questo precisa che è bene ricorrere alla musica riprodotta per l’apprendimento dei canti fuori della sacra celebrazione; non ne consente invece l’uso durante la Messa. (PFM 7)

I Documenti degli anni ottanta Gli anni ottanta sono caratterizzati da una lenta crescita di qualità dei testi e delle musiche. Nel frattempo, a qualche anno di distanza dalla pubblicazione della SC si cominciano a tracciare i primi bilanci del cammino di riforma. Con l’occasione vengono offerte alcune nuove indicazioni per una corretta applicazione di alcuni punti specifici del documento conciliare sulla liturgia. Nel 1983, a vent’anni dalla SC la Conferenza Episcopale ne Il rinnovamento liturgico in Italia22 osserva che, non solo "nessuna nuova espressione artistica nasce mai adulta" - quindi neppure quella musicale - ma che occorre meglio selezionare i canti, indirizzarne più attentamente la creazione, soprattutto compiere un grosso sforzo educativo a favore delle assemblee liturgiche e dei loro animatori musicali.23

19 Cf. PNMR 19. 20 MS 55. 21 MS 62. 22 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, COMMISSIONE PER LA LITURGIA, Il rinnovamento liturgico in Italia. Nota pastorale a vent'anni dalla costituzione conciliare "Sacrosanctum concilium", Roma, 21 settembre 1883. In: ECEI 3. 23 RLI 14.

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Cinque anni dopo, per celebrare il XXV anniversario della SC Giovanni Paolo II si rivolge alla Chiesa con la lettera apostolica Vicesimus quintus anno24, mettendo in luce l’importanza, l’attualità e la perdurante validità di princìpi della stessa Costituzione. Tra gli “orientamenti per guidare il rinnovamento della vita liturgica” (parte terza della lettera), si dice che

“poiché la liturgia è tutta permeata dalla parola di Dio, bisogna che qualsiasi altra parola sia in armonia con essa, in primo luogo l’omelia, ma anche i canti e le monizioni”. (VQA 10).

Infine merita rilievo l’Istruzione della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti La liturgia romana e l’inculturazione25 nella quale “si definiscono le Norme per adattare la liturgia all’indole e alle tradizioni dei vari popoli, contenute negli artt. 37-40 della costituzione Sacrosanctum Concilium”26. In tema di adattamento, in particolare i nn. 40 e 42 si riferiscono ai linguaggi del canto e della musica:

La musica e il canto, espressioni dell'animo di un popolo, hanno un posto di rilievo nella liturgia. Si deve dunque favorire il canto, in primo luogo dei testi liturgici, affinché le voci dei fedeli possano farsi sentire nelle stesse azioni liturgiche27. «In alcune regioni, specialmente nelle missioni, si trovano popoli con una propria tradizione musicale, la quale ha grande importanza nella loro vita religiosa e sociale. A questa musica si dia la dovuta stima e il posto conveniente, tanto nella educazione del senso religioso di quei popoli, quanto nell'adattare il culto alla loro indole»28. Si dovrà essere attenti al fatto che un testo cantato si imprime più profondamente nella memoria di un testo letto, e ciò domanda di essere esigenti sull'ispirazione biblica e liturgica e sulla qualità letteraria dei testi del canto. Si potranno ammettere nel culto divino le forme musicali, i motivi, gli strumenti musicali «purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli»29. (LRI 40) Presso alcuni popoli, il canto si accompagna istintivamente al battito delle mani, al movimento ritmico del corpo o a movimenti di danza dei partecipanti. Tali forme di espressione corporale possono aver il loro posto nell'azione liturgica di questi popoli, a condizione che esse siano sempre espressione di una vera preghiera comune di adorazione di lode, di offerta o di supplica e non semplicemente spettacolo. (LRI 42)

Altri contributi sono apparsi in questi anni, espressioni di ‘gruppi di lavoro’30, di Regioni Pastorali31, o di Chiese locali32 nei quali si nota lo sforzo di rileggere le grandi indicazioni partite dal Concilio e approfondite in MS alla luce del vissuto celebrativo e delle concrete problematiche locali. La varietà di situazioni in cui ci si trova ad operare e le diverse tipologie di assemblee (e al

24 GIOVANNI PAOLO II, Vicesimus quintus anno, lettera apostolica nel XXV anniversario della costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium sulla sacra liturgia, Roma, 4 dicembre 1988, in EV 11. 25 CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, La liturgia romana e l’inculturazione, IV istruzione per una corretta applicazione della Costituzione conciliare sulla sacra liturgia, Roma, 25 gennaio 1994. In: EV 14, nn. 37-40. 26 ibidem. 3. 27 SC n. 118 afferma che «pur dando “un conveniente posto alla lingua nazionale” nei canti, “si abbia cura, però, che i fedeli possano recitare o cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell’Ordinario della Messa che spettano ad essi”, in particolare il Pater noster»; cfr. PNMR 19. 28 Cf. SC 119 29 Cf. SC 120. 30 Musica, Liturgia, Cultura, un documento di “Universa Laus” (Musica-Liturgia-Cultura, 1), Elledici, Leumann 1981 31 CONFERENZA EPISCOPALE PIEMONTESE, I Cori nella liturgia, 22 maggio 1988. 32 ARNOLDO ONISTO vescovo di Vicenza, Canto e musica sacra nella liturgia, indicazioni pastorali, Elledici, Leumann 1974. - PAOLO MAGNANI, vescovo di Treviso, Musica e canto nell’azione liturgica, Lettera alle Scholae, alle Corali Parrocchiali, agli Operatori musicali della Diocesi, Treviso, 22 novembre 1994. - PATRIARCATO DI VENEZIA, Quali canti e musiche nei matrimoni, Venezia, 2001.

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loro interno di presenze ministeriali), rende obbligatoria tutta una serie di interessanti sfumature nelle quali si esprime l’incarnazione della problematica riguardante il campo musica /liturgia/cultura. Nel 1987 va segnalato un importante contributo offerto dalla Lettera della Sacra Congregazione per il Culto Divino sui Concerti nelle Chiese33. Un tema in particolare in questi anni è andato crescendo nell’attenzione della Chiesa italiana, al punto da sfociare in un vero e proprio sussidio musicale messo a disposizione di tutte le comunità cristiane: il canto del ministri in dialogo con l’assemblea. Non si tratta di un documento bensì, appunto, di un aiuto affinché i ministri delle celebrazioni riscoprano il proprio ruolo ‘cantante’ in rapporto all’assemblea34. La presentazione da parte di Mons. Luca Brandolini, allora Presidente della Commissione Episcopale per la liturgia, descrive chiaramente caratteristiche e finalità di questo ‘libro liturgico’:

L’azione liturgica dell'assemblea cristiana è una riunione di fede, per il culto divino e la santificazione dell'uomo. Quanto più attiva la partecipazione di ogni fedele alla celebrazione, tanto più efficace è il frutto sacramentale che la grazia del Signore fa maturare nel cuore della Chiesa che loda e supplica. Per questo, è necessaria "una sempre più precisa e corretta comprensione del linguaggio culturale"35 in modo che la liturgia nutra e accresca la fede, stimoli e purifichi l'impegno morale e la testimonianza36. I primi ad avere coscienza della necessità di un continuo approfondimento della formazione liturgica devono essere gli stessi ministri ordinati - vescovi, presbiteri e diaconi - ciascuno secondo le esigenze del proprio ruolo. Siccome poi "l'azione liturgica riveste una forma più nobile quando celebrata in canto,37 occorre promuovere e qualificare il canto degli stessi ministri in dialogo con l'assemblea, come stabilisce la normativa liturgica: "Nello scegliere le parti da cantare si cominci da quelle che per loro natura sono di maggiore importanza: prima di tutto quelle spettanti ai sacerdoti e ai ministri, cui deve rispondere il popolo o che devono essere cantate dal sacerdote insieme con il popolo"38. Fu in ossequio a questa prescrizione che nel 1983 il Messale Romano in italiano riportava, nella sua seconda edizione, un'ampia appendice di melodie per la Messa e altri riti, arricchendo il patrimonio già presente nelle edizioni di altri libri liturgici, come ad esempio il Pontificale Romano. Le melodie permettono al sacerdote celebrante, ai concelebranti e agli altri ministri di proclamare alcuni dei testi propri e all'assemblea di rispondere in modo unanime. Per favorire un'ampia diffusione e una corretta pratica del canto dei ministri si è ritenuto opportuno radunare in un fascicolo tutte le melodie finora edite nei libri liturgici in italiano. E ciò a vantaggio degli stessi ministri delle celebrazioni, dei seminaristi che si preparano a questo compito, nonché ai loro collaboratori musicali, quali il salmista, il cantore, i direttori di coro e i coristi, gli organisti, gli animatori del canto del popolo. Non si tratta di un nuovo libro liturgico, ma di un semplice sussidio costituito da estratti dei vari libri liturgici già editi e diffusi (Messale Romano, Pontificale Romano, Rituale Romano, Benedizionale). Di ciascuno di essi viene conservata l'impaginazione, la numerazione e i riferimenti interni, e ad essi si rimanda per tutti i testi liturgici, come pure per i praenotanda e

33 SACRA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, I Concerti nelle Chiese, Roma, 5 novembre 1987. In EV 10. 34 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Melodie per il rito della messa e altri riti. Sussidio musicale per il canto dei ministri in dialogo con l’assemblea, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1993. 35 RLI 6. 36 ibidem, 24 37 MS 5. 38 MS 7.

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per ogni altro elemento adatto alla celebrazione. L’intento dichiarato di questo manuale si vale anche della registrazione, offerta nella audio-cassetta allegata a scopo didattico, delle melodie per la Messa contenute in appendice al Messale Romano in italiano. I pastori e tutti i loro collaboratori sentano l'urgenza di prepararsi adeguatamente e di formare instancabilmente le assemblee alla risposta corale nei dialoghi della celebrazione, in modo che il canto liturgico sia favorito come espressione della viva voce di quel determinato popolo di Dio che è raccolto in preghiera.

Il Repertorio nazionale di canti per la liturgia L’ultimo importante contributo in ordine di tempo circa il nostro tema è il Repertorio nazionale di canti per la liturgia (RNCL) da parte della Commissione episcopale per la liturgia della CEI39. In realtà non si tratta di un documento vero e proprio, ma di un semplice elenco di 360 canti, ritenuti significativi e adatti per

“assemblee con caratteristiche medie, quali sono quelle parrocchiali domenicali.” 40

Il tutto è preceduto da una introduzione che spiega i criteri e le finalità di questa selezione frutto del lavoro di una commissione formata da musicisti, pastori, liturgisti e animatori musicali della liturgia, che ha lavorato dal 1994 al 1999. Il criterio base che ha orientato la scelta dei canti è quello della ‘pertinenza rituale’:

“è indispensabile che ogni intervento cantato possa divenire elemento integrante e autentico dell’azione liturgica in corso”41.

Il canto non può essere semplicemente un riempitivo nella Messa, e nemmeno può essere ridotto ad elemento decorativo. Il canto è strettamente legato a ciò che in quel momento si celebra. Per questo motivo i vescovi suggeriscono lo stesso criterio agli operatori locali42 quando sono chiamati a fare le loro scelte particolari. Alla luce di questo principio base si agganciano poi gli altri criteri a cui il RNCL cerca di ispirarsi:

- la “verità dei contenuti” che esprimano la fede vissuta nella Chiesa ed espressa nella liturgia; - la “qualità dell’espressione linguistica e della composizione musicale”; - la “cantabilità effettiva per un’assemblea media”; - la “probabilità che essa possa assumere questi canti riconoscendoli parte integrante, o integrabile, della propria cultura” 43.

Il RNCL viene offerto alle comunità cristiane non come unico riferimento per sapere ciò che si può e ciò che non si può cantare in chiesa. E’, piuttosto, un sussidio da collocare a fianco dei già esistenti repertori locali:

“non intende soppiantare i canti già in uso e neppure impedire che vengano prodotti e messi in circolazione nuovi canti”44.

39 COMMISSIONE CEI PER LA LITURGIA, Repertorio nazionale di canti per la liturgia, Roma, 6 gennaio 2000. 40 RNCL, premessa 8. 41 RNCL, premessa.6. 42 RNCL, premessa 2. 43 RNCL, premessa 7. 44 RNCL, premessa 5.

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Esso chiede di essere posto al loro fianco, offrendo agli operatori locali una duplice opportunità:

1) far conoscere e rendere reperibili canti adatti alle celebrazioni liturgiche attraverso una selezione dei canti più significativi della produzione tradizionale e degli ultimi trent’anni45.

2) Diffondere, mediante le scelte operate, alcuni criteri di individuazione e selezione dei canti, che aiutino a scegliere in modo più attento a livello locale46.

All’origine della scelta di approntare il RNCL c’è, infatti, l’esigenza di avere almeno un certo numero di canti comuni tra le comunità cristiane (sia a livello diocesano che, per esempio, tra Nord e Sud dell’Italia). Non siamo, quindi, di fronte ad una operazione restrittiva circa i canti utilizzabili in ambito liturgico; si tratta piuttosto di una nuova e preziosa chance da valorizzare, un ulteriore strumento di lavoro messo nelle mani di chi nelle parrocchie ha la responsabilità dell’animazione musicale e della gestione dei repertori.

Conclusione La nostra sintetica carrellata merita di concludersi con la citazione riguardante la recentissima pubblicazione della Editio Typica tertia del Messale Romano (MR), in lingua latina47, libro liturgico di per sé non di natura musicale, ma che proprio in quest'ultima edizione mostra, rispetto all'edizione del 1975, una particolare e più specifica attenzione al canto. Uno dei motivi che ha determinato la revisione di MR (1975), è stato, infatti, proprio l'inserimento degli interventi cantati, ad uso dei diversi ministri, all'interno del rito. Fin dalla lettura dei Princìpi e Norme, si nota che mentre nell'edizione del 1975 si affermava che il ministro "dice" (intendendo con questo verbo, indifferentemente, la possibilità di leggere o di cantare), ora, a più riprese si specifica "cantat vel dicit", dando quindi la priorità all'espressione in canto rispetto alla semplice proferazione. Va detto, peraltro, che a questa specificazione costante nei Praenotanda non corrisponde una uguale attenzione nelle rubriche all'interno del rito, per cui si continua a trovare "il sacerdote dice" e subito sotto si incontra il tetragramma con la notazione del testo da cantare! Percorrendo il Messale si possono trovare, così, in versione musicale, i Prefazi, le Preghiere Eucaristiche, la Preghiera Universale del Venerdì Santo, il Preconio e le formule di benedizione dell'acqua della Veglia Pasquale insieme a molti altri materiali. A conclusione del volume sono raccolte, sempre in notazione, le varie formule per i saluti, le intonazioni del Gloria, la Colletta, i dialoghi alle letture, la preghiera dei fedeli e le benedizioni. Il Messale Romano è per ora l'ultimo anello di una catena che testimonia il cammino, a volte faticoso, ma continuo, di riscoperta e di valorizzazione del canto e della musica nella liturgia, in particolare del canto dei ministri in dialogo con l'assemblea, immagine del dialogo salvifico di Dio con il suo popolo.

PIERANGELO RUARO

1.

45 RNCL, premessa 2. 46 ibidem. 47 Il Messale Romano, Editio Typica tertia, è stato promulgato il Giovedì Santo (20 aprile) 2000 e pubblicato il 22 febbraio 2002.

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COSTITUZIONE SULLA SACRA LITURGIA

“SACROSANCTUM CONCILIUM”

Capitolo sesto. LA MUSICA SACRA

Dignità della musica sacra 112. La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d'inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell'arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne. Il canto sacro è stato lodato sia dalla sacra Scrittura, sia dai Padri, sia dai romani Pontefici; costoro recentemente, a cominciare da S. Pio X, hanno sottolineato con insistenza il compito ministeriale della musica sacra nel culto divino. Perciò la musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all'azione liturgica, sia dando alla preghiera un'espressione più soave e favorendo l'unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri. La Chiesa poi approva e ammette nel culto divino tutte le forme della vera arte, purché dotate delle qualità necessarie. Perciò il sacro Concilio, conservando le norme e le prescrizioni della disciplina e della tradizione ecclesiastica e considerando il fine della musica sacra, che è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli, stabilisce quanto segue. La liturgia solenne 113. L'azione liturgica riveste una forma più nobile quando i divini uffici sono celebrati solennemente con il canto, con i sacri ministri e la partecipazione attiva del popolo. Quanto all'uso della lingua, si osservi l'art. 36; per la messa l'art. 54; per i sacramenti l'art. 63; per l'ufficio divino l'art. 101. 114. Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra. Si promuovano con impegno le “ scholae cantorum ” in specie presso le chiese cattedrali. I vescovi e gli altri pastori d'anime curino diligentemente che in ogni azione sacra celebrata con il canto tutta l'assemblea dei fedeli possa partecipare attivamente, a norma degli articoli 28 e 30. Formazione musicale 115. Si curi molto la formazione e la pratica musicale nei seminari, nei noviziati dei religiosi e delle religiose e negli studentati, come pure negli altri istituti e scuole cattoliche. Per raggiungere questa formazione si abbia cura di preparare i maestri destinati all'insegnamento della musica sacra. Si raccomanda, inoltre, dove è possibile, l'erezione di istituti superiori di musica sacra. Ai musicisti, ai cantori e in primo luogo ai fanciulli si dia anche una vera formazione liturgica. Canto gregoriano e polifonico 116. La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell'azione liturgica, a norma dell'art. 30. 117. Si conduca a termine l'edizione tipica dei libri di canto gregoriano; anzi, si prepari un'edizione più critica dei libri già editi dopo la riforma di S. Pio X. Conviene inoltre che si prepari un'edizione che contenga melodie più semplici, ad uso delle chiese più piccole.

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Canti religiosi popolari 118. Si promuova con impegno il canto religioso popolare in modo che nei pii e sacri esercizi, come pure nelle stesse azioni liturgiche, secondo le norme stabilite dalle rubriche, possano risuonare le voci dei fedeli. La musica sacra nelle missioni 119. In alcune regioni, specialmente nelle missioni, si trovano popoli con una propria tradizione musicale, la quale ha grande importanza nella loro vita religiosa e sociale. A questa musica si dia il dovuto riconoscimento e il posto conveniente tanto nell'educazione del senso religioso di quei popoli, quanto nell'adattare il culto alla loro indole, a norma degli articoli 39 e 40. Perciò, nella formazione musicale dei missionari si procuri diligentemente che, per quanto è possibile, essi siano in grado di promuovere la musica tradizionale di quei popoli, tanto nelle scuole, quanto nelle azioni sacre. L'organo e gli strumenti musicali 120. Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti. Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale, a norma degli articoli 22-2, 37 e 40, purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli. Missione dei compositori 121. I musicisti animati da spirito cristiano comprendano di essere chiamati a coltivare la musica sacra e ad accrescere il suo patrimonio. Compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra; che possano essere cantate non solo dalle maggiori “ scholae cantorum ”, ma che convengano anche alle “ scholae ” minori, e che favoriscano la partecipazione attiva di tutta l'assemblea dei fedeli. I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche.

2.

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ISTRUZIONE SULLA MUSICA NELLA SACRA LITURGIA

“MUSICAM SACRAM” Collegamento con la costituzione liturgica SC48 1. La musica sacra ha formato oggetto di considerazione da parte del Concilio Vaticano II, per gli aspetti che hanno relazione con la riforma liturgica. Il Concilio, infatti, ne ha messo in rilievo i compiti nel culto divino, fissando in proposito vari principi e varie norme nella Costituzione sulla sacra Liturgia, e dedicandole un intero capitolo nella medesima Costituzione. Gli sviluppi della situazione dopo la SC 2. Le decisioni del Concilio hanno già avuto una prima applicazione nella riforma liturgica da poco iniziata. Ma le nuove norme circa l'ordinamento dei riti e la partecipazione attiva dei fedeli hanno suscitato alcune difficoltà riguardanti la musica sacra e il suo compito ministeriale. È quindi sembrato utile risolvere tali difficoltà anche per mettere meglio in luce alcuni principi posti dalla Costituzione sulla sacra Liturgia. Natura giuridica e limiti dell'Istruzione 3. Pertanto il « Consilium » per l'applicazione della Costituzione sulla sacra Liturgia, per incarico del Sommo Pontefice, ha accuratamente esaminato tali questioni ed ha preparato la presente Istruzione, che non si propone di raccogliere tutta la legislazione sulla musica sacra, ma soltanto di fissare le norme principali che sembrano più necessarie in questo momento. Essa viene quasi a continuare e completare la precedente Istruzione di questa Sacra Congregazione, ugualmente preparata dal «Consilium», riguardante la esatta applicazione della Costituzione sulla sacra Liturgia, ed emanata il 26 settembre 1964. La vocazione «simbolica» della «musica» 4. È lecito sperare che i pastori d'anime, i musicisti e i fedeli, accogliendo volentieri e mettendo in pratica queste norme, uniranno, in piena concordia, i loro sforzi per raggiungere il vero fine della musica sacra « che è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli»49. a) Musica sacra è quella che, composta per la celebrazione del culto divino, è dotata di santità e bontà di forme50. b) Sotto la denominazione di Musica sacra si comprende, in questo documento: il canto gregoriano, la polifonia sacra antica e moderna nei suoi diversi generi, la musica sacra per organo e altri strumenti legittimamente ammessi nella Liturgia, e il canto popolare sacro, cioé liturgico e religioso51. CAPITOLO PRIMO

Alcune norme generali (nn. 5-12) Valore e funzione della musica sacra nei riti

48 I titoletti che precedono i vari numeri non appartengono al Documento e sono presi dal prezioso sussidio pubblicato in occasione del XXV di promulgazione: cfr. RAINOLDI FELICE, Per cantare la nostra fede. L’istruzione “Musicam Sacram”. Memoria e verifica nel XXV di promulgazione. Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1993. 49 SC 112. 50 S.Pio X, Motu proprio Inter sollicitudines, n. 2. 51 S. Congr. dei Riti, Istruzione del 3 sett. 1958, n. 4.

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5. L'azione liturgica riveste una forma più nobile quando è celebrata in canto, con i ministri di ogni grado che svolgono il proprio ufficio, e con la partecipazione del popolo52. In questa forma di celebrazione, infatti, la preghiera acquista un'espressione più gioiosa, il mistero della sacra Liturgia e la sua natura gerarchica e comunitaria vengono manifestati più chiaramente, I'unità dei cuori è resa più profonda dall'unità delle voci, gli animi si innalzano più facilmente alle cose celesti per mezzo dello splendore delle cose sacre, e tutta la celebrazione prefigura più chiaramente la liturgia che si svolge nella Gerusalemme celeste. Perciò i pastori di anime si sforzino in ogni modo di realizzare questa forma di celebrazione; anzi, sappiano convenientemente applicare, anche alle celebrazioni senza canto, cui il popolo partecipa, la distribuzione degli uffici e delle parti, propria dell'azione liturgica celebrata in canto, curando soprattutto che vi siano i ministri necessari e idonei e sia favorita la partecipazione attiva dei fedeli. La preparazione pratica di ogni celebrazione liturgica si faccia d'accordo tra tutti coloro che devono curare la parte rituale o pastorale o del canto, sotto la guida del rettore della chiesa. Esigenze di ogni genuina celebrazione liturgica 6. L'ordinamento autentico della celebrazione liturgica presuppone anzitutto la debita divisione ed esecuzione degli uffici, per cui «ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio, si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza»53; richiede inoltre che si rispetti il senso e la natura propria di ciascuna parte e di ciascun canto. Per questo è necessario in particolare che le parti, che di per sé richiedono il canto, siano di fatto cantate, usando tuttavia il genere e la forma richiesti dalla loro natura. Forme differenziate di celebrazioni in canto 7. Tra la forma solenne più completa delle celebrazioni liturgiche, nella quale tutto ciò che richiede il canto viene di fatto cantato, e la forma più semplice, nella quale non si usa il canto, si possono avere diversi gradi, a seconda della maggiore o minore ampiezza che si attribuisce al canto. Tuttavia nello scegliere le parti da cantarsi si cominci da quelle che per loro natura sono di maggiore importanza: prima di tutto quelle spettanti al sacerdote e ai ministri, cui deve rispondere il popolo, o che devono essere cantate dal sacerdote insieme con il popolo; si aggiungono poi gradualmente quelle che sono proprie dei soli fedeli o della sola « schola cantorum ». Dignità esecutiva nei ministri 8. Ogni volta che, per una celebrazione liturgica in canto, si può fare una scelta di persone, è bene dar la preferenza a coloro che sono più capaci nel canto; e ciò soprattutto quando si tratta di azioni liturgiche più solenni, di celebrazioni che comportano un canto più difficile o che vengono trasmesse per radio o per televisione54. Se poi questa scelta non è possibile, e il sacerdote o il ministro non è capace di eseguire convenientemente le parti di canto, questi può recitare ad alta voce, declamando, l'una o l'altra delle parti più difficili a lui spettanti; ma ciò non deve favorire solo la comodità del sacerdote o del ministro. Capacità e dignità esecutiva dei fedeli 9. Nello scegliere il genere di musica sacra, sia per la « schola cantorum » che per i fedeli, si tenga conto delle possibilità di coloro che devono cantare. La Chiesa non esclude dalle azioni liturgiche nessun genere di musica sacra, purché corrisponda allo spirito dell'azione liturgica e alla natura delle singole parti 55, e non impedisca una giusta partecipazione dei fedeli56.

52 SC n. 113. 53 SC n. 28. 54 S. Congr. dei Riti, Istruzione del 3 sett. 1958, n. 95. 55 SC n. 116.

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Per una partecipazione che sia anche gustosa 10. Perché i fedeli partecipino attivamente alla liturgia più volentieri e con maggior frutto, conviene che le forme di celebrazione e i gradi di partecipazione siano opportunamente variati, per quanto è possibile, secondo la solennità dei giorni e delle assemblee. La vera solennità liturgica 11. Si tenga presente che la vera solennità di un'azione liturgica dipende non tanto dalla forma più ricca del canto e dell'apparato più fastoso delle cerimonie, quanto piuttosto dal modo degno e religioso della celebrazione, che tiene conto dell'integrità dell'azione liturgica, dell'esecuzione cioè di tutte le sue parti, secondo la loro natura. La forma più ricca del canto e l'apparato più fastoso delle cerimonie sono sì qualche volta desiderabili, quando cioè vi sia la possibilità di fare ciò nel modo dovuto; sarebbero tuttavia contrari alla vera solennità dell'azione liturgica, se portassero ad ometterne qualche elemento, a mutarla o a compierla in modo indebito. L'autorità competente 12. Alla sola Sede Apostolica compete di stabilire, secondo le norme tradizionali, ma specialmente secondo la Costituzione sulla sacra Liturgia, i principi generali più importanti, che sono come il fondamento della musica sacra. Tale diritto spetta, entro i limiti stabiliti, anche alle Conferenze Episcopali, legittimamente costituite, e al Vescovo57.

CAPITOLO SECONDO I partecipanti alle celebrazioni liturgiche (nn. 13-18)

La Schola cantorum (nn. 19-26) Che cosa intendere per «azione liturgica» 13. Le azioni liturgiche sono celebrazioni della Chiesa, cioè del popolo santo radunato e ordinato sotto la guida del Vescovo o del sacerdote58. In esse hanno un posto particolare, per il sacro ordine ricevuto, il sacerdote e i suoi ministri; e, per l'ufficio che svolgono, i ministranti, il lettore, il commentatore e i membri della «Schola cantorum»59. Il ministero presbiterale 14. Il sacerdote presiede la santa assemblea in persona di Cristo. Le preghiere che egli canta o dice ad alta voce, poiché proferite in nome di tutto il popolo santo e di tutti gli astanti60, devono essere da tutti ascoltate religiosamente. La partecipazione attiva 15. I fedeli adempiono il loro ufficio liturgico per mezzo di quella piena, consapevole e attiva partecipazione che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia e alla quale il popolo cristiano ha diritto e dovere in forza del battesimo61. Questa partecipazione: a) deve essere prima di tutto interna: e per essa i fedeli conformano la loro mente alle parole che pronunziano o ascoltano, e cooperano con la grazia divina62;

56 SC n. 28. 57 SC n. 22 58 SC n. 26 e 41-42; LG n. 28. 59 SC n. 29 60 SC n.33. 61 SC n. 14. 62 SC n. 11

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b) deve però essere anche esterna: e con questa manifestano la partecipazione interna attraverso i gesti e l'atteggiamento del corpo, le acclamazioni, le risposte e il canto63. Si educhino inoltre i fedeli a saper innalzare la loro mente a Dio attraverso la partecipazione interiore, mentre ascoltano ciò che i ministri o la «schola» cantano. Il canto dell'Assemblea 16. Non c'è niente di più solenne e festoso nelle sacre celebrazioni di una assemblea che, tutta, esprime con il canto la sua pietà e la sua fede. Pertanto la partecipazione attiva di tutto il popolo, che si manifesta con il canto, si promuova con ogni cura, seguendo questo ordine: a) Comprenda prima di tutto le acclamazioni, le risposte ai saluti del sacerdote e dei ministri e alle preghiere litaniche; inoltre le antifone e i salmi, i versetti intercalari o ritornelli, gli inni e i cantici64. b) Con una adatta catechesi e con esercitazioni pratiche si conduca gradatamente il popolo ad una sempre più ampia, anzi fino alla piena partecipazione a tutto ciò che gli spetta. c) Si potrà tuttavia affidare alla sola « Schola » alcuni canti del popolo, specialmente se i fedeli non sono ancora sufficientemente istruiti, o quando si usano composizioni musicali a più voci, purché il popolo non sia escluso dalle altre parti che gli spettano. Ma non è da approvarsi l'uso di affidare per intero alla sola « Schola cantorum» tutte le parti cantate del «Proprio» e dell'"Ordinario", escludendo completamente il popolo dalla partecipazione nel canto. Il sacro silenzio 17. Si osservi anche, a tempo debito, il sacro silenzio65; per esso, infatti, i fedeli non sono ridotti a partecipare all'azione liturgica come estranei e muti spettatori, ma si inseriscono più intimamente nel mistero che si celebra, in forza delle disposizioni interne, che derivano dalla Parola di Dio che si ascolta, dai canti e dalle preghiere che si pronunziano, e dall'unione spirituale con il sacerdote che proferisce le parti a lui spettanti. A sostegno della formazione del popolo 18. Tra i fedeli siano istruiti con speciale cura nel canto sacro i membri delle associazioni religiose di laici, affinché contribuiscano più efficacemente a sostenere e promuovere la partecipazione dei fedeli66. La formazione di tutti i fedeli al canto sia promossa con zelo e pazienza, insieme alla formazione liturgica, secondo l'età, la condizione, il genere di vita e il grado di cultura religiosa dei fedeli stessi, iniziando già dai primi anni di istruzione nelle scuole elementari67 Il ministero della Schola cantorum 19. È degno di particolare attenzione, per il servizio liturgico che svolge, il « coro » o « cappella musicale » o « schola cantorum ». A seguito delle norme conciliari riguardanti la riforma liturgica, il suo compito è divenuto di ancor maggiore rilievo e importanza: deve infatti curare l'esecuzione esatta delle parti sue proprie, secondo i vari generi di canto, e favorire la partecipazione attiva dei fedeli nel canto. Pertanto: a) un « coro » o una « cappella musicale » o una « schola cantorum » si abbia e si promuova con cura, specialmente nelle cattedrali e nelle altre chiese maggiori, nei seminari e negli studentati religiosi; b) « scholae », benché modeste, è opportuno siano istituite anche presso le chiese minori. Le Cappelle musicali 20. Le cappelle musicali già esistenti presso basiliche, cattedrali, monasteri e altre chiese maggiori, e che nel corso dei secoli si sono acquistate grandi meriti, custodendo e sviluppando un patrimonio 63 SC n. 30. 64 SC n. 30. 65 idem 66 S. Congr. dei Riti, Istruzione del 26 settembre 1964, nn. 19 e 59. 67 SC n. 19. S. Congr. dei Riti, Istruzione del 3 settembre 1958, nn. 106-108.

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musicale di inestimabile valore, si conservino, con propri regolamenti, riveduti e approvati dall'Ordinario, per una celebrazione delle azioni sacre in una forma più sontuosa. Tuttavia i maestri di quelle « Scholae » e i rettori delle chiese si curino che i fedeli possano sempre associarsi al canto, almeno nell'esecuzione delle parti più facili che loro spettano. Il cantore-guida 21. Si provveda specialmente dove non si abbia la possibilità di istituire neppure una « Schola » modesta, che ci siano almeno uno o due cantori, convenientemente istruiti, che propongano almeno dei canti semplici per la partecipazione del popolo e guidino e sostengano opportunamente i fedeli nell'esecuzione di quanto loro spetta. È bene che ci sia un tale cantore anche nelle chiese che hanno una « Schola », per quelle celebrazioni alle quali la « Schola » non può partecipare, e che tuttavia devono svolgersi con una certa solennità, e perciò con il canto. I componenti della Schola 22. La « Schola cantorum », secondo le legittime consuetudini dei vari paesi e le diverse situazioni concrete, può esser composta sia di uomini e ragazzi, sia di soli uomini o di soli ragazzi, sia di uomini e donne, ed anche, dove il caso veramente lo richieda, di sole donne. Il luogo della Schola 23. La « Schola cantorum », tenendo conto della disposizione di ogni chiesa, sia collocata in modo che: a) chiaramente appaia la sua natura: che essa cioè fa parte dell'assemblea dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio; b) sia facilitata l'esecuzione del suo ministero liturgico68; c) sia assicurata a ciascuno dei suoi membri la comodità di partecipare alla Messa nel modo più pieno, cioè attraverso la partecipazione sacramentale. Quando poi la "Schola cantorum " comprenda anche donne, sia posta fuori del presbiterio. Formazione liturgica e spirituale dei cantori 24. Oltre alla formazione musicale, si dia ai membri della «Schola cantorum» anche un'adeguata formazione liturgica e spirituale, in modo che dalla esatta esecuzione del loro ufflclo1iturgico derivi non soltanto il decoro dell'azione sacra e l'edificazione dei fedeli, ma anche un vero bene spirituale per gli stessi cantori. Organismi promotori 25. Ad assicurare più facilmente questa formazione tecnica e spirituale, prestino la loro opera le associazioni diocesane, nazionali ed internazionali di musica sacra, e specialmente quelle approvate e più volte raccomandate dalla Sede Apostolica. Proprietà esecutiva 26. Il sacerdote celebrante, i ministri sacri o i ministranti, il lettore, i membri della « Schola cantorum » e il commentatore proferiscano le parti loro assegnate in modo ben intelligibile, così da rendere più facile e quasi naturale la risposta dei fedeli, quando è richiesta dal rito. È bene che il sacerdote e i ministri di ogni grado uniscano la propria voce alla voce di tutta l'assemblea nelle parti spettanti al popolo69.

CAPITOLO TERZO 68 S. Congr. dei Riti, Istruzione del 26 settembre 1964, n. 97. 69 S. Congr. dei Riti, Istruzione del 26 sett. 1964, n. 48b.

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Il canto nella celebrazione dell'Eucaristia (nn. 27-36) Celebrare il canto: programma preferenziale 27. Nella celebrazione dell'Eucaristia, con la partecipazione del popolo, specialmente nelle domeniche e nei giorni festivi, si preferisca per quanto è possibile, la forma della Messa in canto anche più volte nello stesso giorno. Distinzione di gradi 28. Rimane in vigore la distinzione tra Messa solenne, Messa cantata e Messa letta, stabilita dalla Istruzione del 1958 (n. 3), secondo la tradizione e le vigenti leggi liturgiche. Tuttavia, per motivi pastorali, vengono proposti per la Messa cantata dei gradi di partecipazione, in modo che risulti più facile, secondo le possibilità di ogni assemblea liturgica, rendere più solenne con il canto la celebrazione della Messa. L'uso di questi gradi sarà così regolato: il primo potrà essere usato anche da solo; il secondo e il terzo, integralmente o parzialmente, solo insieme al primo. Perciò si curi di condurre sempre i fedeli alla partecipazione piena al canto. Specificazione dei tre gradi partecipativi 29. Il primo grado comprende: a) nei riti d'ingresso: - il saluto del sacerdote celebrante con la risposta dei fedeli; - l'orazione; b) nella liturgia della parola: - le acclamazioni al Vangelo; c) nella liturgia eucaristica: - l'orazione sulle offerte; - il prefazio, con il dialogo e il Sanctus; - la dossologia finale del Canone; - il Pater noster con la precedente ammonizione e l'embolismo; - il Pax Domini; - l'orazione dopo la comunione; - le formule di congedo. 30. Il secondo grado comprende: a) il Kyrie, il Gloria e l'Agnus Dei; b) il Credo; c) I'orazione dei fedeli. 31. Il terzo grado comprende: a) i canti processionali d'ingresso e di comunione; b) il canto interlezionale dopo la lettura o l'epistola; c) l'Alleluia prima del vangelo; d) il canto dell'offertorio; e) le letture della sacra Scrittura, a meno che non si reputi più opportuno proclamarle senza canto. Legittime aperture 32. L'uso legittimamente vigente in alcuni luoghi, qua e là confermato con indulto, di sostituire con altri testi i canti d'ingresso, d'offertorio e di comunione che si trovano nel Graduale, può essere conservato, a giudizio della competente autorità territoriale, purché tali canti convengano con il particolare momento della Messa, con la festa e il tempo liturgico. La stessa autorità territoriale deve approvare il testo di questi canti.

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I canti del Proprio ed i fedeli 33. È bene che l'assemblea partecipi, per quanto è possibile, ai canti del «Proprio»; specialmente con ritornelli facili o forme musicali convenienti. Fra i canti del « Proprio » riveste particolare importanza il canto interlezionale in forma di graduale o di salmo responsoriale. Esso, per sua natura, fa parte della liturgia della parola; si deve perciò eseguire mentre tutti stanno seduti e in ascolto e anzi, per quanto è possibile, con la partecipazione dell'assemblea. Composizioni polifoniche dell'Ordinario 34. I canti che costituiscono l'Ordinario della Messa, se sono cantati su composizioni musicali a più voci, possono essere eseguiti dalla « Schola » nel modo tradizionale, cioè o « a cappella » o con accompagnamento, purché, tuttavia, il popolo non sia totalmente escluso dalla partecipazione al canto. Negli altri casi, i canti dell'Ordinario della Messa possono essere distribuiti tra la «Schola» e il popolo, o anche tra due cori del popolo stesso, in modo cioè che la divisione sia fatta a versetti alternati, o in altro modo più conveniente, che tenga conto di sezioni più ampie del testo. In questi casi, tuttavia, si tenga presente: - Il Credo, essendo la formula di professione di fede, è preferibile che venga cantato da tutti, o in un modo che permetta una adeguata partecipazione dei fedeli. - Il Sanctus, quale acclamazione finale del prefazio, è preferibile che sia cantato, ordinariamente da tutta l'assemblea, insieme al sacerdote. - L'Agnus Dei può essere ripetuto quante volte è necessario, specialmente nella celebrazione, durante la frazione del Pane. È bene che il popolo partecipi a questo canto, almeno con l'invocazione finale. Il Padre nostro 35. È conveniente che il Pater noster sia cantato dal popolo insieme al sacerdote70. Se è cantato in latino, si usino le melodie approvate già esistenti; se si canta in lingua volgare, le melodie devono essere approvate dalla competente autorità territoriale. Messa letta e canto 36. Nulla impedisce che nelle Messe lette si canti qualche parte del «Proprio» o dell'«Ordinario». Anzi talvolta si possono usare anche altri canti all'inizio, all'offertorio, alla comunione e alla fine della Messa: non è però sufficiente che siano canti «eucaristici», ma devono convenire con quel particolare momento della Messa, con la festa o con il tempo liturgico.

CAPITOLO QUARTO Il canto dell'Ufficio divino (nn. 37-41)

L'Ufficio divino in forma cantata 37. La celebrazione in canto dell'Ufficio divino è Ia forma che maggiormente si addice alla natura di questa preghiera ed è segno di una più completa solennità e di una profonda unione dei cuori nel celebrare la lode di Dio. Secondo il desiderio espresso dalla Costituzione sulla sacra Liturgia, questa forma è caldamente raccomandata a coloro che celebrano l'Ufficio divino in coro o in comune71. È bene che essi cantino almeno qualche parte dell'Ufficio divino e in particolare le Ore principali, cioè le Lodi e i Vespri, soprattutto la domenica e i giorni festivi. Anche altri chierici che per ragione

70 S. Congr. dei Riti, Istruzione del 26 sett. 1964, n. 48g. 71 SC n. 99

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di studio fanno vita in comune, o vengono a trovarsi insieme in occasione di esercizi spirituali o di altri convegni, santifichino opportunamente i loro incontri con la celebrazione in canto di alcune parti dell'Ufficio divino. Principio della «solennizzazione» progressiva 38. Nella celebrazione in canto dell'Ufficio divino, fermi restando il diritto vigente per coloro che sono obbligati al coro e ogni indulto particolare, può ammettersi il principio della solennizzazione progressiva: si possoııo cioè cantare quelle parti che per loro natura sono più direttamente destinate al canto, come i dialoghi, gli inni, i versetti, i cantici, e recitare le altre. Formazione dei fedeli 39. Si invitino i fedeli, e si educhino con una conveniente catechesi, a celebrare in comune, la domenica e i giorni festivi, alcune parti dell'Ufficio divino, specialmente i Vespri o altre Ore, secondo la consuetudine dei luoghi e delle varie comunità. Generalmente s'indirizzino i fedeli, e in particolare i più istruiti, ad usare nelle loro preghiere i salmi, compresi nel loro senso cristiano, cosicché siano a poco a poco iniziati ad usare e gustare maggiormente la preghiera pubblica della Chiesa. Fecondità di vita spirituale 40. Questa iniziazione sarà assicurata in modo particolare ai membri degli Istituti che professano i consigli evangelici, affinché da essa attingano ricchezze più abbondanti per alimentare la loro vita spirituale Ed è bene che essi celebrino anche in canto, per quanto è possibile, le Ore principali, per partecipare più intensamente alla preghiera pubblica della Chiesa. La lingua della liturgia delle Ore 41. A norma della Costituzione sulla sacra Liturgia, secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell'Ufficio divino, celebrato in coro, la lingua latina72. Ma poiché la stessa Costituzione sulla sacra Liturgia prevede l'uso della lingua volgare nell'Ufficio divino, sia per i fedeli che per le monache e i membri, non chierici, degli Istituti che professano i consigli evangelici73, si curi la preparazione delle melodie da usarsi nel canto dell'Ufficio divino in lingua volgare.

CAPITOLO QUINTO La musica sacra nella celebrazione dei sacramenti e dei

sacramentali, in particolari azioni sacre dell'anno liturgico, nelle sacre celebrazioni della Parola di Dio

e nei pii e sacri esercizi (nn. 42-46) Comunitarietà delle celebrazioni liturgiche 42. Secondo il principio enunciato dal Concilio, che cioè «ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, questa sia da preferirsi alla celebrazione individuale e quasi privata»74, ne consegue necessariamente l'importanza da attribuire al canto come mezzo quanto mai adatto a manifestare l'aspetto "ecclesiale" della celebrazione. Il canto nei Sacramenti e nei Sacramentali

72 SC n. 101, § 1; S. Congr. dei Riti, Istruzione del 26 sett. 1964, n. 85. 73 SC n. 101, §§ 2, 3. 74 SC n. 27.

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43. Alcune celebrazioni dei Sacramenti e dei Sacramentali che hanno particolare importanza nella vita dell'intera comunità parrocchiale, come la Cresima, le Sacre Ordinazioni, il Matrimonio, la Consacrazione di una chiesa o di un altare, le esequie, ecc., per quanto è possibile, si svolgano in canto, in modo che anche la solennità del rito contribuisca ad una maggiore efficacia pastorale. Si abbia però molta cura nell'evitare che, sotto le apparenze della solennità, si introduca nelle celebrazioni alcunché di puramente profano o di meno conveniente al culto divino: ciò si applica specialmente alla celebrazione dei matrimoni. Azioni sacre e anno liturgico 44. Si rendano più solenni con il canto anche quelle celebrazioni cui la liturgia assegna, nel corso dell'anno liturgico, uno speciale rilievo. Ma in modo del tutto particolare si dia la dovuta solennità ai riti sacri della Settimana santa, i quali, attraverso la celebrazione del mistero pasquale, conducono i fedeli al centro stesso dell'anno liturgico e di tutta la liturgia. Canto e lingua volgare 45. Anche per la liturgia dei Sacramenti e dei Sacramentali e per le altre principali azioni sacre dell'anno liturgico si preparino le opportune melodie, per promuovere in forma più solenne la loro celebrazione anche nella lingua volgare, secondo le norme fissate dall'autorità competente e le possibilità di ciascuna assemblea. Celebrazioni della Parola e di pii esercizi 46. Grande è l'efficacia della musica sacra nell'alimentare la pietà dei fedeli anche nelle sacre celebrazioni della parola di Dio e nei pii e sacri esercizi. Nelle sacre celebrazioni della parola di Dio75 si prenderà come esempio la liturgia della Parola della Messa76; nei pii e sacri esercizi saranno di grande utilità specialmente i salmi, le opere di musica sacra tratte dal repertorio antico e moderno, i canti religiosi popolari e il suono dell'organo e di altri strumenti più caratteristici. Inoltre in questi pii e sacri esercizi e specialmente nelle sacre celebrazioni della Parola di Dio, si possono benissimo ammettere anche alcune opere musicali le quali, benché non abbiano più posto nella liturgia, possono tuttavia nutrire lo spirito religioso e favorire la meditazione dei misteri sacri77. CAPITOLO SESTO

Quale lingua usare nelle azioni liturgiche celebrate in canto e come conservare il patrimonio della musica sacra

(nn. 47-53) La lingua della celebrazione liturgica 47. A norma della Costituzione sulla sacra Liturgia, «l'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, venga conservato nei riti latini »78. Dato però che « non di rado l'uso della lingua volgare può riuscire di grande utilità per il popolo »79, « spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale decidere circa l'adozione e la misura della lingua volgare. Tali decisioni devono essere approvate o ratificate dalla Sede Apostolica»80. Perciò, nel pieno rispetto di queste norme, si sceglierà la forma di partecipazione che meglio risponde alle possibilità di ciascuna assemblea. Curino i pastori d'anime che, oltre che in lingua

75 S. Congr. dei Riti, Istruzione del 26 sett. 1964, nn. 37-39. 76 Ibidem n. 37. 77 MS n. 53. 78 SC n. 36, § 1. 79 SC n. 36, § 2. 80 SC n. 36, § 3.

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volgare, « i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti che loro spettano dell'Ordinario della Messa»81. Opportunità di qualche celebrazione in latino 48. Là dove è stato introdotto l'uso della lingua volgare nella celebrazione della Messa, gli Ordinari del luogo giudichino dell'opportunità di conservare una o più Messe in lingua latina, specialmente in canto, in alcune chiese, soprattutto delle grandi città, ove più numerosi vengono a trovarsi fedeli di diverse lingue. Latino nei Seminari e nelle case religiose 49. Circa l'uso della lingua latina o volgare nelle sacre celebrazioni nei seminari, si osservino le norme date dalla Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi sulla formazione liturgica dei chierici. I membri degli istituti che professano i consigli evangelici osservino su questo punto quanto è stato stabilito nella Lettera Apostolica Sacrificium Laudis del 15 agosto 1966, e nella Istruzione sulla lingua da usarsi nell'Ufficio divino e nella Messa conventuale o di comunità presso i religiosi, emanata da questa Sacra Congregazione dei Riti il 23 novembre 1965. Il canto gregoriano 50. Nelle azioni liturgiche in canto celebrate in lingua latina: a) Al canto gregoriano, come canto proprio della liturgia romana, si riservi, a parità di condizioni, il primo posto82. Le melodie esistenti nelle edizioni tipiche si usino nel modo più opportuno. b) « Conviene inoltre che si prepari un'edizione che contenga melodie più semplici, ad uso delle chiese minori»83. c) Le composizioni musicali di altro genere, a una o più voci, appartenenti al patrimonio tradizionale, o contemporanee, siano tenute in onore, si incrementino e si eseguano secondo la possibilità84. Celebrazioni con repertorio misto 51. Inoltre, tenendo presenti le condizioni dell'ambiente, l'utilità pastorale dei fedeli e la natura di ogni lingua, vedano i pastori di anime se - oltre che nelle azioni liturgiche celebrate in latino - parti del patrimonio di musica sacra, composta nei secoli precedenti per testi in lingua latina, possano usarsi anche nelle celebrazioni fatte in lingua volgare. Niente infatti impedisce che in una stessa celebrazione si cantino alcune parti in un'altra lingua. Luoghi di formazione musicale 52. Per conservare il patrimonio della musica sacra e per favorire debitamente le nuove forme del canto sacro, « si curi molto la formazione e la pratica musicale nei seminari, nei noviziati dei religiosi e delle religiose e nei loro studentati, come pure negli istituti e scuole cattoliche in genere », specialmente presso gli Istituti superiori creati a questo scopo85. Si incrementi prima di tutto lo studio e l'uso del canto gregoriano che, per le sue caratteristiche, è una base importante nella educazione alla musica sacra. Nova et vetera

81 SC n. 54; S. Congr. dei Riti, Istruzione del 26 sett. 1964, n. 59. 82 SC n. 116. 83 SC n. 117. 84 SC n. 116. 85 SC n. 115.

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53. Le nuove composizioni di musica sacra si conformino fedelmente ai principi e alle norme esposte. Perciò « abbiamo le caratteristiche della vera musica sacra; e possano essere cantate non solo dalle maggiori scholae cantorum, ma convengono anche alle scholae minori, e favoriscano la partecipazione attiva di tutta l'assemblea dei fedeli»86. Per quanto riguarda il repertorio tradizionale, prima di tutto si mettano in luce quelle parti che rispondono alle esigenze della sacra Liturgia rinnovata; gli esperti in materia considerino inoltre attentamente se anche altre parti possono adattarsi alle stesse esigenze; quanto infine assolutamente non risponde alla natura dell'azione liturgica o alla sua conveniente celebrazione pastorale, si trasferisca opportunamente ai pii esercizi e, più ancora, alle sacre celebrazioni della Parola di Dio87.

CAPITOLO SETTIMO La preparazione delle melodie per i testi

nelle lingue vive (nn. 54-61) Bontà contenutistica e cantabilità dei testi 54. Nel tradurre in volgare le parti che dovranno essere musicate, e specialmente i salmi, gli esperti abbiano cura che nel testo volgare siano opportunamente congiunte e la fedeltà al testo latino e l'adattabilità al canto: in questo lavoro, tengano conto della natura e delle leggi di ciascuna lingua e dell'indole e delle caratteristiche di ogni popolo. Tutto questo complesso di dati, insieme alle leggi della musica sacra, abbiano ben presente anche i musicisti nel preparare le nuove melodie. L'autorità territoriale competente provveda perciò che nella commissione incaricata di preparare le traduzioni in lingua volgare ci siano esperti per le suddette discipline e per la lingua latina e volgare: tutti costoro lavorino in piena collaborazione fin dall'inizio. Testi «tradizionali» in lingua viva 55. Spetta all'autorità territoriale competente stabilire se un testo in lingua volgare, tramandato dal passato, e legato a una melodia, possa essere usato anche quando non concordi completamente con la versione dei testi liturgici legittimamente approvata. Melodie e toni ufficiali 56. Tra le melodie da prepararsi per i testi in volgare, hanno particolare importanza quelle proprie del sacerdote celebrante e dei ministri, sia che le debbano cantare da soli o insieme all'assemblea o in dialogo con essa. Nel comporle, i musicisti vedano se le melodie tradizionali della liturgia latina, usate a questo scopo, possano suggerire delle melodie anche per i testi in lingua volgare. 57. Le nuove melodie per il sacerdote e i ministri devono essere approvate dalla Autorità territoriale competente88. Unità tra nazioni della stessa lingua 58. Le Conferenze Episcopali interessate facciano in modo che ci sia un'unica traduzione per ogni lingua parlata in più regioni. È pure conveniente che ci siano, per quanto è possibile, una o più melodie comuni per le parti che spettano al sacerdote celebrante e ai ministri e per le risposte e le acclamazioni del popolo; e ciò per favorire la partecipazione comune dei fedeli di una stessa lingua. Impegno dei compositori 59. I compositori si accingono alla nuova opera con l'impegno di continuare quella tradizione musicale che ha donato alla Chiesa un vero patrimonio per il culto divino. Studino le opere del passato, i loro generi e le loro caratteristiche, ma considerino attentamente anche le nuove leggi e le 86 SC n. 121. 87 MS n. 46. 88 S. Congr. dei Riti, Istruzione del 26 sett. 1964, n. 42.

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nuove esigenze della sacra Liturgia, così che « le nuove forme risultino come uno sviluppo organico di quelle già esistenti»89, e le nuove opere formino una nuova parte del patrimonio musicale della Chiesa, non indegne di stare a fianco del patrimonio del passato. Esperimenti liturgici 60. Le nuove melodie per i testi in lingua volgare hanno certamente bisogno di un periodo di esperienza per poter raggiungere sufficiente maturità e perfezione. Tuttavia si deve evitare che, anche soltanto il pretesto di compiere degli esperimenti, si facciano nelle chiese tentativi che disdicano alla santità del luogo, alla dignità dell'azione liturgica e alla pietà dei fedeli. Adattamento alle culture 61. L'adattamento della musica sacra nelle regioni che hanno una propria tradizione musicale, specialmente nelle Missioni90, esige una particolare preparazione da parte dei periti: si tratta infatti di saper fondere opportunamente il senso del sacro con lo spirito, le tradizioni e le espressioni caratteristiche di quei popoli. Coloro che si dedicano a quest'opera devono avere una sufficiente cognizione sia della liturgia e della tradizione musicale della Chiesa, che della lingua, del canto popolare e delle espressioni caratteristiche dei popoli in favore dei quali prestano la loro opera..

CAPITOLO OTTAVO La musica sacra strumentale (nn. 62-67)

Legittimità degli strumenti nel culto 62. Gli strumenti musicali possono essere di grande utilità nelle sacre celebrazioni, sia che accompagnino il canto sia che si suonino soli. « Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere una notevole grandiosa solennità alle cerimonie della Chiesa e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti. Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale, purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del luogo sacro e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli»91. Precisazioni «restrittive» 63. Nel permettere l'uso degli strumenti musicali e nella loro utilizzazione si deve tener conto dell'indole e delle tradizioni dei singoli popoli. Tuttavia gli strumenti che, secondo il giudizio e l'uso comune, sono propri della musica profana, siano tenuti completamente al di fuori di ogni azione liturgica e dai pii e sacri esercizi92. Tutti gli strumenti musicali ammessi al culto divino, si usino in modo da rispondere alle esigenze dell'azione sacra e servire al decoro del culto divino e alla edificazione dei fedeli. L'accompagnamento strumentale 64. L'uso di strumenti musicali per accompagnare il canto, può sostenere le voci, facilitare la partecipazione e rendere più profonda l'unità dell'assemblea. Tuttavia il loro suono non deve coprire le voci, rendendo difficile la comprensione del testo; anzi gli strumenti musicali tacciano quando il sacerdote celebrante o un ministro, nell'esercizio del loro ufficio, proferiscono ad alta voce un testo loro proprio. Tipi di intervento strumentale 89 SC n. 23. 90 SC n. 119 91 SC n. 120 92 S. Congr. dei Riti, Istruzione del 3 sett. 1958, n. 70.

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65. Nelle Messe cantate o lette si può usare l'organo, o altro strumento legittimamente permesso per accompagnare il canto della « Schola cantorum » e dei fedeli; gli stessi strumenti musicali, soli, possono suonarsi all'inizio, prima che il sacerdote si rechi all'altare, all'offertorio, alla comunione e al termine della Messa. La stessa norma vale, fatte le debite applicazioni, anche per le altre azioni sacre. Quando gli strumenti tacciono 66. Il suono, da solo, di questi stessi strumenti musicali non è consentito in Avvento, in Quaresima, durante il Triduo sacro, nelle Messe e negli uffici dei defunti. Qualificazione professionale dei musicisti 67. È indispensabile che gli organisti e gli altri musicisti, oltre a possedere un'adeguata perizia nell'usare il loro strumento, conoscano e penetrino intimamente lo spirito della sacra liturgia in modo che, anche dovendo improvvisare, assicurino il decoro della sacra celebrazione, secondo la vera natura delle sue varie parti, e favoriscano la partecipazione dei fedeli93.

CAPITOLO NONO Le Commissioni per la promozione della musica sacra

(nn. 68-69) Commissioni diocesane 68. Le Commissioni diocesane di musica sacra sono di valido aiuto nel promuovere in diocesi la musica sacra in accordo con l'azione liturgica pastorale. Devono perciò esistere, per quanto è possibile, in ogni diocesi, e operare in stretta collaborazione con la Commissione liturgica. Anzi sarà spesso opportuno che delle due commissioni se ne formi una sola, composta di esperti nell'una e nell'altra disciplina; ciò aiuterà a conseguire più facilmente il risultato voluto. Si raccomanda anche vivamente che più diocesi insieme costituiscano una unica Commissione, se ciò sembrerà più utile, per creare maggiore uniformità in una stessa regione e collocare più fruttuosamente le forze disponibili. La Commissione nazionale 69. La Commissione liturgica, che si consiglia di istituire presso la Conferenza episcopale94, si interessi anche della musica sacra; includa perciò tra i suoi membri degli esperti di musica sacra. È bene che questa commissione si tenga in relazione non solo con le Commissioni diocesane, ma anche con le altre associazioni musicali esistenti nella regione. Lo stesso vale anche per l'Istituto pastorale liturgico di cui si tratta nell'art. 44 della Costituzione. Questa Istruzione è stata approvata dal Santo Padre Paolo VI, nell'udienza concessa a Sua Eminenza il Cardinale Arcadio M. Larraona, Prefetto di questa Sacra Congregazione, il 9 febbraio 1967. Il Santo Padre l'ha pure confermata con la sua autorità, ed ha ordinato che fosse pubblicata, fissandone I'entrata in vigore per il giorno 14 maggio 1967, domenica di Pentecoste. Nonostante qualsiasi disposizione in contrario. Roma, 5 marzo 1967, domenica «Laetare», quarta di Quaresima.

GIACOMO card. LERCARO arcivescovo di Bologna,

93 MS nn. 24-25. 94 SC n. 44.

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Presidente del « Consilium » per l 'attuazione della Costituzione sulla sacra Liturgia

ARCADIO M. card. LARRAONA Prefetto della S.C.R.

FERDINANDO ANTONELLI arciv. tit. di Idicra,

segretario della S.C.R.

3.

PRINCIPI E NORME PER L'USO DEL MESSALE ROMANO95

CAPITOLO II

STRUTTURA, ELEMENTI E PARTI DELLA MESSA

II. I DIVERSI ELEMENTI DELLA MESSA

10-13. Le orazioni e le altre parti che spettano al sacerdote 95 Il testo qui riportato si riferisce alla Editio typica altera del Messale Romano del 27 marzo 1975. Durante la lavorazione del presente sussidio è stata pubblicata la Terza edizione del Messale Romano in forma latina (22 febbraio 2002). Per questo motivo il testo dei Princìpi e norme del messale Romano (PNMR) viene presentato con la doppia numerazione. All’inizio di ogni punto quella dell’edizione 1975; di seguito, tra parentesi, la numerazione relativa alla terza edizione. In caso di citazioni in Nota, per questa terza edizione del messale romano viene usata la sigla PNMR III.

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12 (32) La natura delle parti « presidenziali » esige che esse siano proferite a voce alta e chiara e che siano ascoltate da tutti con attenzione96. Perciò mentre il sacerdote le dice, non si devono sovrapporre altre orazioni o canti, e l'organo e altri strumenti musicali devono tacere 14-17. Altre formule che ricorrono nella celebrazione 14 (34) Poiché la celebrazione della Messa ha, per sua natura, carattere «comunitario»97, grande importanza hanno i dialoghi tra il celebrante e l'assemblea dei fedeli, come pure le acclamazioni.98 Infatti questi elementi non sono soltanto segni esteriori della celebrazione comunitaria, ma favoriscono e realizzano la comunione tra il sacerdote e il popolo. 15 (35) Le acclamazioni e le risposte dei fedeli al saluto del sacerdote e alle orazioni costituiscono quel grado di partecipazione attiva che i fedeli riuniti devono porre in atto in ogni forma di Messa, per esprimere chiaramente e per ravvivare l'azione di tutta la comunità99. 16 (36) Altre parti, assai utili per manifestare e favorire la partecipazione attiva dei fedeli, spettano all'intera assemblea: sono soprattutto l'atto penitenziale, la professione di fede, la preghiera universale e la preghiera del Signore (Padre nostro). 17 (37) Infine, tra le altre formule: a) alcune costituiscono un rito o un atto a sé stante, come l'inno Gloria, il salmo responsoriale, l'Alleluia e il canto al Vangelo, il Sanctus, l'acclamazione di anamnesi e il canto dopo la Comunione; b) altre, invece, accompagnano qualche rito, come il canto d'ingresso, il canto all'offertorio, quello per la « frazione » (Agnus Dei) e per la Comunione. 18 (38) In qual modo pronunziare i vari testi Nei testi che devono esser pronunziati a voce alta e chiara del sacerdote, dai ministri o da tutti, il tono di voce deve corrispondere al genere del testo, secondo che si tratta di una lettura, di un'orazione, di una monizione, di un'acclamazione, di un canto; deve anche corrispondere alla forma di celebrazione e alla solennità della riunione liturgica. Inoltre si tenga conto delle caratteristiche delle diverse lingue e del carattere specifico di vari popoli. Nelle rubriche e nelle norme che seguono, le parole « dire » oppure « pronunziare » devono essere intese in riferimento sia al canto che alla recitazione, tenuto conto dei principi sopra esposti 19 (39) Importanza del canto I fedeli che si radunano nell'attesa della venuta del loro Signore, sono esortati dall'Apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (cfr. Col 3,16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (cfr Atti 2,46). Perciò dice molto bene sant'Agostino: « Il cantare è proprio di chi ama »100 e già dall'antichità si formò il detto: « Chi canta bene, prega due volte ».

96 MS n. 14. 97 SC nn. 26-27; S. Congr. Dei Riti, Eucharysticum Mysterium (EM), 25 maggio 1967, n. 3d. 98 SC n. 30. 99 MS n.16a 100 Sermo 336,1: PL 38, 1472.

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(40)101Nelle celebrazioni si dia quindi grande spazio al canto, tenuto conto del carattere delle popolazioni e della capacità di ogni assemblea, anche se non è sempre necessario cantare tutti i testi che per loro natura sono destinati al canto. Tuttavia, nella scelta delle parti da cantare, si dia la preferenza a quelle di maggior importanza, e soprattutto a quelle che devono essere cantate dal sacerdote o dai ministri con la risposta del popolo, o dal sacerdote e dal popolo insieme102. (41) E poiché sono sempre più frequenti le riunioni di fedeli di diverse nazionalità, è opportuno che questi fedeli sappiano cantare insieme, in lingua latina, e nelle melodie più facili, almeno le parti dell'Ordinario della Messa, ma specialmente il simbolo della fede e la preghiera del Signore (Padre nostro)103. 20-22. Gesti e atteggiamenti del corpo 21 (43a) In tutte le Messe, salvo indicazioni in contrario, i fedeli stiano in piedi dall'inizio del canto di ingresso o mentre il sacerdote si reca all'altare, fino alla colletta compresa; al canto dell'Alleluia prima del Vangelo (...) 22 (44) Rientrano nei gesti anche le azioni e i comportamenti del sacerdote nel recarsi all'altare, quelli per la presentazione dei doni e per la Comunione dei fedeli. Conviene che queste azioni siano fatte in modo decoroso, mentre si eseguono canti appropriati, secondo le norme stabilite per ciascuna di esse 23. Il silenzio 23 (45) Si deve anche osservare a suo tempo, come parte della celebrazione, il sacro silenzio104. La sua natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle singole celebrazioni. Così, durante l'atto penitenziale e dopo l'invito alla preghiera, il silenzio aiuta il raccoglimento; dopo la lettura o l'omelia, è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la Comunione, favorisce la preghiera interiore di lode e di ringraziamento.

III. LE SINGOLE PARTI DELLA MESSA

A) Riti di introduzione 24. (46) Le parti che precedono la liturgia della Parola, cioè l'introito, il saluto, l'atto penitenziale, il Kyrie, il Gloria e l'orazione (o colletta), hanno un carattere di inizio, di introduzione e di preparazione. Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità., e si dispongano ad ascoltare come si deve la parola di Dio e a celebrare degnamente l'eucaristia 25-26. L'introito 25 (47) Quando il popolo è già riunito, mentre il sacerdote fa il suo ingresso con i ministri, si inizia il canto d'ingresso. La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l'unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico e della festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri. 101 PNMR III inserisce a questo punto, riprendendo SC 116 e 30, il richiamo all’uso del canto gregoriano, come canto proprio della Liturgia romana, a parità di condizioni, e all’accoglienza degli altri generi di musica sacra, purché rispondano allo spirito dell’azione liturgica e favoriscano la partecipazione dei fedeli (n. 41). 102 MS nn.7,16. 103 SC n. 54. S. Congr. Dei Riti, Istr. Inter Oecumenici (IO), 26 settembre 1964, n. 59. MS n. 47. 104 SC n. 39.

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26 (48) Il canto viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola. Si può utilizzare l'antifona con il suo canto, quale si trova nel Graduale romanum o nel Graduale simplex, oppure un altro canto adatto all'azione sacra, al carattere del giorno o del tempo, e il cui testo sia stato approvato dalla Conferenza Episcopale. Se all'introito non ha luogo il canto, l'antifona proposta dal Messale Romano viene recitata o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, se no dallo stesso celebrante, dopo il saluto. 30 (52) Kyrie, eleison Dopo l'atto penitenziale ha inizio il Kyrie eleison, a meno che non sia già stato detto durante l'atto penitenziale. Essendo un canto col quale i fedeli acclamano il Signore e implorano la sua misericordia, viene eseguito abitualmente da tutti, in alternanza tra il popolo e la schola o un cantore. Ogni acclamazione di solito si dice due volte; ma non si esclude che, in considerazione dell'indole delle diverse lingue o della composizione musicale o di circostanze particolari, sia ripetuto un maggior numero di volte, o intercalato da un breve « tropo ». Se il Kyrie eleison non viene cantato, si deve recitare. 31 (53) Gloria in excelsis Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile, con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica Dio Padre e l'Agnello, ed eleva all'Agnello la sua supplica. Viene cantato o da tutta l'assemblea, o dal popolo alternativamente con la schola oppure dalla schola. Se non lo si canta, viene recitato da tutti, insieme o alternativamente. Lo si canta o si recita nelle domeniche fuori dal tempo di Avvento e di Quaresima; e inoltre nelle solennità e feste, e in celebrazioni particolarmente solenni.

B) Liturgia della Parola 36-40. I canti tra le letture105 36 (61) Alla prima lettura segue il salmo responsoriale, o graduale, che è parte integrante della liturgia della Parola. il salmo, d'ordinario, è preso dal Lezionario, perché ogni testo salmodico è direttamente connesso con la relativa lettura: pertanto la scelta del salmo dipende dalle letture. Nondimeno, perché il popolo più facilmente possa ripetere il ritornello, sono stati scelti alcuni testi comuni di ritornelli e di salmi per i diversi tempi dell'anno e per le diverse categorie di santi; questi testi si possono utilizzare al posto di quelli corrispondenti alle letture, ogni volta che il salmo viene cantato. Il salmista o cantore del salmo dice i versetti del salmo all'ambone o in altro luogo adatto; l'assemblea sta seduta e ascolta, e partecipa di solito con il ritornello, a meno che il salmo non sia recitato (o cantato) per intero senza ritornello. Se si canta, oltre al salmo designato sul Lezionario, si può utilizzare il graduale del Graduale romanum, oppure un salmo responsoriale o alleluiatico del Graduale simplex, così come sono indicati in tali libri. 37. Alla seconda lettura segue l'alleluia o un altro canto, a seconda del tempo liturgico. 105 PNMR III non parla più genericamente di canti interlezionali ma specifica dapprima il salmo responsoriale (n. 61) e successivamente l’acclamazione che precede il Vangelo (nn.62-64). Inoltre nel paragrafo riguardante il Salmo Responsoriale si insiste maggiormente sulla natura cantata del salmo: “Praestat psalmum responsorium cantu proferri, saltem ad populi responsum quod attinet” (n. 61)

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a) L'Alleluia si canta in qualsiasi tempo, tranne che in Quaresima. Può essere iniziato o da tutti, o dalla schola, o da un cantore se è il caso, lo si ripete. I versetti si scelgono dal Lezionario oppure dal Graduale. (62a) b) L'altro canto è costituito da un versetto prima del Vangelo (cioè un canto al Vangelo), oppure da un altro salmo o tratto, come si trovano nel Lezionario o nel Graduale. 38. Quando vi è una sola lettura prima del Vangelo: a) nel tempo in cui si deve dire l'Alleluia, si può utilizzare o il salmo alleluiatico, oppure il salmo e l'Alleluia con il suo versetto, o solo il salmo o solo l'Alleluia; (63ab) b) nel tempo in cui l'Alleluia non si deve dire, si può eseguire o il salmo, o il versetto prima del Vangelo (canto al Vangelo). 39 (63c) Il salmo dopo la lettura, se non viene cantato, deve essere letto ad alta voce; invece l'Alleluia e il versetto prima del Vangelo, se non si cantano, si possono tralasciare. 40 (64) La sequenza è facoltativa, eccetto nei giorni di Pasqua e di Pentecoste. 43-44. La professione di fede 44 (68) Il Simbolo si deve dire106 nelle domeniche e nelle solennità; si può dire anche in celebrazioni particolarmente solenni. Se recitato, lo si recita dal sacerdote col popolo; se cantato, lo si esegue normalmente da tutti o a cori alterni. 45- 47. Preghiera universale 47 (71) Spetta al sacerdote celebrante guidare la preghiera, invitare ad essa i fedeli con una breve monizione, e concluderla con un'orazione. Sarà bene che le intenzioni siano proposte da un diacono o da un cantore, o da qualche altra persona107. Tutta l'assemblea esprime la sua preghiera o con un'invocazione comune, dopo le singole intenzioni, oppure pregando in silenzio.

C) Liturgia Eucaristia 49-53. La preparazione dei doni 50 (74)108 La processione con la quale si recano i doni viene accompagnata dal canto all'offertorio; il canto si protrae almeno fino a quando i doni sono stati deposti sull'altare. Le norme che regolano questo canto sono le stesse che per il canto d'ingresso (n. 26). Se non viene eseguita in canto, l'antifona di offertorio di omette. 54-55. La Preghiera eucaristica

106 PNMR III “symbolum cantandum vel dicendum est a….” 107 IO n. 56. 108 PNMR III corregge affermando che il canto può essere fatto anche quando non c’è la processione con i doni: “Cantus potest semper ritus ad offertorium sociare, etiam sine processione cum donis” (n. 74)

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55 (79) Gli elementi principali di cui consta la preghiera eucaristica, si possono distinguere come segue: a) L'azione di grazie (...) b) L'acclamazione: tutta l'assemblea, unendosi alle creature celesti, canta o recita il Sanctus. Questa acclamazione, che fa parte della Preghiera eucaristica, vien pronunziata da tutto il popolo col sacerdote. c) L'epiclesi.(...) d) Il racconto dell'istituzione e la consacrazione.(...) e) L'anamnesi.(...) f) L'offerta.(...) g) Le intercessioni.(...) h) La Dossologia finale.(...) La Preghiera eucaristica esige che tutti l'ascoltino con rispetto e in silenzio, e vi partecipino con le acclamazioni previste nel rito. 56. Riti di Comunione 56 (81) a) La preghiera del Signore (o Padre nostro): L'invito (o monizione), la preghiera del Signore, l'embolismo e la dossologia, con la quale il popolo conclude l'embolismo, si possono cantare o recitare ad alta voce. (83) e) Agnus Dei: mentre si compie la frazione del pane e l'immixtio, la schola o il cantore canta l'invocazione Agnus Dei, e il popolo risponde; l'invocazione si può anche dire ad alta voce e si può ripetere quante volte è necessario per accompagnare la frazione del pane. L'ultima invocazione termina con le parole dona nobis pacem (dona a noi la pace). (86)109 i) Mentre il sacerdote e i fedeli si comunicano, si esegue il canto di Comunione; esso ha lo scopo di esprimere, mediante l'accordo delle voci, l'unione spirituale dei comunicanti, dimostrare la gioia del cuore e rendere più fraterna la processione di coloro che si accostano a ricevere il Corpo di Cristo. Il canto comincia mentre il sacerdote si comunica, e si protrae per un certo tempo, durante la Comunione dei fedeli. Se però è previsto che dopo la Comunione si esegua un inno, il canto di Comunione si sospenda al momento opportuno. Come canto di,Comunione si può utilizzare o l'antifona del Graduale romanum, con o senza salmo, o l'antifona col salmo del Graduale simplex, oppure un altro canto adatto, approvato dalla Conferenza Episcopale. Può essere cantato dalla sola schola, oppure dalla schola o dal cantore insieme col popolo. (87) Se non si fa un canto, l'antifona di Comunione proposta dal Messale viene recitata dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, o anche dallo stesso sacerdote dopo che questi si è comunicato, prima di distribuire la Comunione ai fedeli. (88) j) Ultimata la distribuzione della,Comunione, il sacerdote e i fedeli, secondo l'opportunità, pregano per un po' di tempo in silenzio. E' anche ammesso, se lo si desidera, che tutta l'assemblea esegua un inno, un salmo o un altro canto di lode. 109 PNMR III sottolinea l’importanza che anche i cantori possano comunicarsi con facilità: “curetur ut etiam cantores commode communicare possint”(86)

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CAPITOLO III

UFFICI E MINISTERI NELLA MESSA

I. UFFICI E MINISTERI DELL'ORDINE SACRO

II. UFFICIO E COMPITO DEL POPOLO DI DIO

62 (95) Nella celebrazione della Messa, i fedeli (...) formino un solo corpo, sia nell'ascoltare la parola di Dio, sia nel prendere parte alle preghiere e al canto, sia specialmente nella comune offerta del sacrificio e nella comune partecipazione alla mensa del Signore. (...). 63 (103) Tra i fedeli esercita un proprio ufficio liturgico la schola cantorum o « corale », a cui spetta eseguire a dovere le parti che le son proprie, secondo i vari generi di canto, e favorire la partecipazione attiva dei fedeli nel canto110. Quello che si dice della schola cantorum vale anche, con gli opportuni adattamenti, per gli altri musicisti, specialmente per l'organista. 64 (104) E' opportuno che vi sia un cantore o maestro di coro per dirigere e sostenere il canto del popolo. Anzi, mancando la schola, è compito del cantore guidare i diversi canti, facendo partecipare il popolo per la parte che gli spetta111.

III. UFFICI PARTICOLARI 67. Il salmista. 67 (102) E' compito del salmista proclamare il salmo, o il canto biblico tra le letture. Per compiere convenientemente il suo ufficio, il salmista deve essere esperto nell'arte del salmodiare, avere una buona pronuncia e possedere una buona dizione. 68-73. Altri ministri. 71 (109) Se sono presenti più persone che possono esercitare lo stesso ministero, nulla vieta che se ne distribuiscano tra loro le varie parti e ciascuno svolga la sua. Si può, per esempio, affidare a un diacono l'esecuzione delle parti in canto, e a un altro diacono il servizio dell'altare; se vi sono più letture, è bene distribuirle tra più lettori e così via. 73 (111) La preparazione pratica di ogni celebrazione liturgica si faccia di comune intesa fra tutti coloro che sono interessati rispettivamente alla parte rituale, pastorale e musicale, sotto la direzione del rettore della chiesa, e sentito anche il parere dei fedeli per quelle cose che li riguardano direttamente.

CAPITOLO IV

DIVERSE FORME DI CELEBRAZIONE DELLA MESSA

110 MS n. 19. 111 Ibidem n. 21.

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76 (114) Tra le Messe celebrate da determinate comunità, particolare importanza ha la Messa conventuale, che è parte dell'Ufficio quotidiano, come pure la Messa cosiddetta della «comunità». Sebbene queste Messe non comportino nessuna forma particolare di celebrazione è però quanto mai conveniente che siano celebrate con il canto, e soprattutto con la piena partecipazione di tutti i membri della comunità, sia di religiosi che di canonici. In queste Messe perciò ognuno eserciti la sua funzione, secondo l'ordine o il ministero ricevuto. (...). 1. MESSA CON IL POPOLO 77 (115) Per « Messa con il popolo » si intende quella celebrata con la partecipazione dei fedeli. Conviene che, per quanto possibile, la celebrazione si svolga con il canto e con un congruo numero di ministri, soprattutto nelle domeniche e feste di precetto112; si può fare però anche senza canto e con un solo ministro. 78 (116) E' bene che ad assistere il celebrante siano normalmente un accolito, un lettore e un cantore; è questa la forma «tipica», come verrà chiamata negli articoli seguenti. (...).

Cose da preparare 80 (118a) Così pure si preparino: a) accanto alla sede del sacerdote: il messale e, secondo l'opportunità, il libro dei canti; A) FORMA TIPICA

Riti di Introduzione 83 (121) Durante la processione all'altare, si esegue il canto d'ingresso (cfr nn. 25-26). 87 (125-126) Dopo l'atto penitenziale, si dicono il Kyrie eleison e il Gloria, secondo le rubriche (nn. 30-31). Il Gloria può essere iniziato o dallo stesso celebrante, o dai cantori, o anche da tutti insieme.

Liturgia della Parola 90 (129) Dopo la lettura, il salmista o il cantore, o lo stesso lettore, legge (o canta) il salmo responsoriale; il popolo vi prende parte ripetendo il ritornello (cfr n. 36). 92 (131) Segue (alla seconda lettura ndr) l'Alleluia o un altro canto, secondo il tempo liturgico (cfr nn. 37-39). 93 (132) Mentre si canta l'Alleluia o un altro canto, se si usa l'incenso, il sacerdote lo pone nel turibolo. Quindi, a mani giunte, e inchinato davanti all'altare, dice sottovoce il Munda cor meum. 96 (135) Se manca il lettore, il sacerdote stesso proclama tutte le letture e, se necessario, anche i canti interlezionali113, stando all'ambone. (...).

112 EM n 26; MS n. 27. 113 PNMR III specifica (v. n. 135) “psalmum”.

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Liturgia eucaristica 100 (139) Dopo la preghiera dei fedeli, ha inizio il canto di offertorio (cfr n. 50), mentre i ministri collocano sull'altare il corporale, il purificatoio, il calice e il messale. 108 (148) Quindi il sacerdote inizia la Preghiera eucaristica. Allargando le braccia, dice: Il Signore sia con voi; prosegue dicendo: In alto i nostri cuori, e innalza le mani; poi, con le braccia aperte, soggiunge: Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. Dopo che il popolo ha risposto: E' cosa buona e giusta, il sacerdote continua il prefazio; al termine di esso, a mani giunte, canta o dice ad alta voce, insieme con i ministri e il popolo: Santo, santo, santo... (cfr n. 55b). 113 (155) Poi ('dopo lo scambio di pace' ndR) il sacerdote prende l'ostia, la spezza sopra la patena e ne mette una particella nel calice, dicendo sottovoce: Haec commixtio. Intanto la schola e il popolo cantano o dicono: Agnello di Dio (cfr n. 56e). 119 (159) Mentre il sacerdote si comunica, si inizia il canto di Comunione (cfr n. 5 6i). 121 (164) Compiute le purificazioni, il sacerdote può ritornare alla sede. Si può osservare, per qualche tempo, un « sacro silenzio », oppure eseguire un canto di lode o un salmo (Cfr n. 56j). B) COMPITI DEL DIACONO Liturgia della Parola 131 (175) Mentre si canta l'Alleluia o un altro canto,. se si usa l'incenso, aiuta il sacerdote a infonderlo nel turibolo, quindi, inchinandosi dinanzi al sacerdote, chiede la benedizione dicendo a bassa voce: Iube, domne, benedicere. Il sacerdote lo benedice con la formula: Dominus sit in corde tuo. Il diacono risponde: Amen. Poi, se il libro dei Vangeli si trova sull'altare, lo prende e va all'ambone: se vi sono i ministri, lo procedono con i candelieri, e, secondo l'opportunità, con l'incenso. All'ambone saluta il popolo, incensa il libro e proclama il Vangelo. Terminata la lettura, bacia il libro in segno di venerazione, dicendo sottovoce: Per evangelica dicta, e ritorna presso il sacerdote. Se invece non si tiene l'omelia né si dice il Credo, può rimanere all'ambone per la preghiera dei fedeli, mentre i ministri ritornano al loro posto. COMPITI DEL LETTORE 152 (198) Se all'ingresso o alla Comunione non si fa un canto, e se le antifone indicate sul messale non vengono recitate dai fedeli, le dice il lettore al tempo dovuto.

II. MESSE CONCELEBRATE 168 (216) Il prefazio vien detto dal solo celebrante principale; il Sanctus viene cantato o recitato da tutti, insieme con il popolo o la schola.. A) Preghiera eucaristica I o Canone Romano

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178. In questa Preghiera eucaristica, i testi dal Quam oblationem al Supplices incluso, come pure la dossologia finale si possono eseguire in canto114. B) Preghiera eucaristica II 182. I testi: Qui cum passioni, Simili modo, Memores igitur, come pure la dossologia finale si possono eseguire in canto. C) Preghiera eucaristica III 186. I testi: Ipse enim, Simili modo, Memores igítur, come pure la dossologia finale si possono eseguire in canto. D) Preghiera eucaristica IV 190. I testi: Ipse enim, Simili modo, Unde et nos, come pure la dossologia finale si possono eseguire in canto. Riti di Comunione 195 (240) Mentre si canta o si dice l'Agnus Dei, alcuni dei concelebranti possono aiutare il celebrante principale nello spezzare le ostie per la Comunione dei concelebranti e del popolo.

III. MESSA SENZA IL POPOLO

IV. ALCUNE NORME DI CARATTERE GENERALE PER TUTTE LE FORME DI MESSA

CAPITOLO V

DISPOSIZIONE E ARREDAMENTO DELLE CHIESE

PER LA CELEBRAZIONE DELL'EUCARISTIA L'ambone, ossia il luogo dal quale viene annunciata la parola di Dio 272 (309) L'importanza della parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata, e verso il quale, durante la liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l'attenzione dei fedeli115. Conviene che tale luogo sia generalmente un ambone fisso e non un semplice leggio mobile. Tenuta presente la struttura di ogni chiesa, l'ambone deve essere disposto in modo che i ministri possano essere comodamente visti e uditi dai fedeli. Dall'ambone si fa la proclamazione delle letture, del salmo responsoriale e del preconio pasquale; vi si può tenere l'omelia e la preghiera universale o preghiera dei fedeli. Non conviene però che salga all'ambone il commentatore, il cantore o l'animatore del coro.

114 I nn. 178, 182, 186, 190 non sono stati riportati in PNMR III, probabilmente perché non c’era più bisogno di questa precisazione, essendo state inserite, all’interno del MR (III), le quattro preghiere eucaristiche per intero con la notazione musicale. 115 IO n. 96.

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Il posto della « schola » e dell'organo o di altri strumenti musicali 274 (312) Tenuto conto della disposizione di ogni chiesa, la schola cantorum, abbia una collocazione che ne metta chiaramente in risalto la natura: essa fa parte dell'assemblea dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio; deve essere quindi agevolato il compimento del suo ministero liturgico e facilitata a ciascuno dei suoi membri la partecipazione piena alla Messa, cioè la partecipazione sacramentale116. 275 (313)117 L'organo e gli altri strumenti musicali legittimamente ammessi siano collocati in luogo adatto, in modo da poter essere di sostegno sia alla schola sia al popolo che canta e, se suonati da soli, possano essere facilmente uditi da tutti.

CAPITOLO VI

COSE NECESSARIE PER LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA

CAPITOLO Vll

LA SCELTA DELLA MESSA E DELLE SUE PARTI 313 (352) L'efficacia pastorale della celebrazione è maggiore se i testi delle letture, delle orazioni e dei canti corrispondono il meglio possibile alle necessità, alla preparazione spirituale e alle capacità dei partecipanti. Questo si ottiene usando convenientemente della molteplice facoltà di scelta che sarà descritta più avanti. Nel preparare la Messa, il sacerdote tenga presente più il bene spirituale comune dell'assemblea che non il proprio gusto. Si ricordi anche che la scelta prevista delle varie parti si deve fare insieme con i ministri e con le altre persone che svolgono qualche ufficio nella celebrazione, senza escludere affatto i fedeli in ciò che li riguarda più direttamente. Dal momento che è offerta un'ampia possibilità di scegliere le diverse parti della Messa, è necessario che prima della celebrazione il diacono, il lettore, il salmista, il cantore, il commentatore, la schola, ognuno per la sua parte, sappiano bene quali testi spettano a ciascuno, in modo che nulla si lasci all'improvvisazione. L'armonica disposizione ed esecuzione dei riti contribuisce moltissimo a disporre lo spirito dei fedeli a partecipare all'Eucaristia. I canti 324 (354) Nello scegliere i canti fra le letture, e i canti di ingresso, di offertorio e di Comunione, si osservino le norme stabilite nel capitolo che ne tratta.

CAPITOLO VIII

MESSE E ORAZIONI PER DIVERSE CIRCOSTANZE

116 MS n. 23. 117 PNMR III aggiunge l’invito affinchè l’organo destinato all’uso liturgico riceva la benedizione attraverso il rito previsto nel De Benedictionibus (editio typica 1984). Inoltre si accenna all’uso moderato dell’organo durante il tempo di Avvento (“quae indoli huius temporis conveniat, quin tamen plenam laetitiam Nativitatis Domini praeveniat” n. 313 b). Durante la quaresima, infine, esso deve essere utilizzato solo come sostegno del canto (n. 313c).

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E MESSE DEI DEFUNTI I. MESSE E ORAZIONI PER DIVERSE CIRCOSTANZE 328 (370) In tutte le Messe « per diverse circostanze », salvo espresse indicazioni in contrario, si possono usare le letture feriali con i loro canti interlezionali, se si accordano con la celebrazione.

4.

COSTITUZIONE APOSTOLICA

“LAUDIS CANTICUM”

Capitolo V RITI DA OSSERVARE NELLA CELEBRAZIONE IN COMUNE

II. Il canto nell'Ufficio 267. Nelle rubriche e nelle norme del presente documento, le espressioni “dire”, “recitare” e simili, si possono riferire o al canto o al parlato, secondo i principi qui sotto indicati. 268. “La celebrazione in canto dell'Ufficio divino è la forma più consona alla natura di questa preghiera ed è segno di una maggiore solennità e di una più profonda unione dei cuori nel celebrare la lode di Dio. Questa forma è vivamente raccomandata a coloro che celebrano l'Ufficio divino in coro o in comune”118. 269. Quello che il Concilio Vaticano II afferma riguardo al canto liturgico119 vale per ogni azione liturgica, ma principalmente per la Liturgia delle Ore. Sebbene infatti tutte e singole le parti siano state rinnovate in modo che si possano recitare con frutto anche individualmente, tuttavia molte di esse, e specialmente i salmi, i cantici, gli inni e i responsori, sono di genere lirico e perciò non esprimono pienamente il loro senso se non con il canto. 270. Nella celebrazione della Liturgia delle Ore il canto, dunque, non si deve considerare come un certo ornamento che si aggiunge alla preghiera quasi dall'esterno, ma piuttosto come qualcosa che scaturisce dal profondo dell'anima che prega e loda Dio, e manifesta in modo pieno e perfetto il carattere comunitario del culto cristiano.

118 MS n. 37; cf. SC 99. 119 Cf. SC 113.

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Sono quindi degne di lode le assemblee cristiane di qualsiasi genere che si sforzano di praticare più spesso possibile questa forma di preghiera. A questo scopo si devono istruire con la dovuta catechesi e con l'esercizio sia i chierici che i religiosi come pure i fedeli, affinché siano in grado di cantare con gaudio dello spirito le Ore, specialmente nei giorni festivi. Siccome però non è facile celebrare in canto l'intero Ufficio e d'altra parte la lode della Chiesa non è riservata, né per la sua origine, né per la sua natura, ai chierici o ai monaci, ma appartiene a tutta la comunità cristiana, si devono tener presenti simultaneamente diversi principi, perché la celebrazione in canto della Liturgia delle Ore si possa svolgere bene e splenda per autenticità e decoro. 271. Prima di tutto conviene che si ricorra al canto almeno nelle domeniche e nelle feste, ponendo così in risalto, nella misura in cui si adotta, i vari gradi di solennità. 272. Così pure, poiché non tutte le Ore sono della medesima importanza, conviene che anche mediante il canto si dia maggior rilievo a quelle che sono veramente i cardini dell'Ufficio, cioè le Lodi mattutine e i Vespri. 273. Inoltre, anche se la celebrazione tutta in canto è la più raccomandabile sempre, purché naturalmente si distingua per arte e devozione, tuttavia in vari casi si potrà seguire utilmente il criterio della gradualità, anzitutto, come è ovvio, per motivi pratici, ma poi anche perché in questa maniera sarà più facile corredare le singole componenti di quelle forme di canto che garantiscano loro il genuino significato nativo e la funzione autentica, evitando di livellarle tutte su un medesimo stampo. In tal modo la Liturgia delle Ore non apparirà più come un bel monumento dell'età passata, da conservare intatto per l'ammirazione degli intenditori, ma rivivrà in forme nuove, si affermerà sempre più e diverrà segno e testimonianza di comunità piene di vita e di freschezza. Il principio della solennizzazione progressiva è quello che ammette vari gradi intermedi tra l'Ufficio cantato integralmente e la semplice recita di tutte le parti. Questo criterio offre una grande e gradevole varietà di soluzioni. Nell'applicarlo si deve tener conto delle caratteristiche del giorno e dell'Ora che si celebra, della natura dei singoli elementi che costituiscono l'ufficio, delle proporzioni e del tipo della comunità, come pure del numero dei cantori disponibili in tali circostanze. Per questa maggiore varietà di forme, la lode pubblica della Chiesa si potrà celebrare in canto più frequentemente che prima e godrà di un'adattabilità più estesa alle diverse circostanze. Anzi c'è da sperare davvero che si possano trovare sempre nuove vie e nuove maniere rispondenti alla nostra epoca, come del resto è sempre avvenuto anche in passato nella vita della Chiesa. 274. Nelle azioni liturgiche che si celebrano in canto e in lingua latina, il canto gregoriano, in quanto proprio della Liturgia Romana, abbia, a parità di condizioni, il primo posto120. Tuttavia “la Chiesa non esclude dalle azioni liturgiche nessun genere di musica sacra, purché corrisponda allo spirito dell'azione liturgica e alla natura delle singole parti e non impedisca una doverosa attiva partecipazione del popolo”121. Nell'Ufficio cantato, se manca la melodia per l'antifona proposta, si prenda un'altra antifona tra quelle che si trovano nel repertorio, purché sia adatta a norma dei nn. 113 e 121-125. 275. Poiché la Liturgia delle Ore si può celebrare in lingua moderna, “si ponga uno speciale impegno nel preparare le melodie da usarsi nel canto dell'Ufficio divino in lingua viva”122.

120 Cfr. SC 116. 121 MS n. 9; cfr. SC 116. 122 MS n. 41; cfr. 54-61

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276. Nulla vieta, però, che in una medesima celebrazione si cantino alcune parti in una lingua e altre in un'altra123. 277. Quali siano le parti alle quali dare eventualmente la precedenza e la preferenza del canto si deduce dalle genuine esigenze della celebrazione liturgica, che vuole il pieno rispetto del significato e della natura di ciascuna componente e del canto medesimo. Vi sono, infatti, formule che richiedono il canto per loro stessa natura124. Tali sono prima di tutto le acclamazioni, le risposte ai saluti del sacerdote e dei ministri e le risposte alle preci litaniche, e inoltre le antifone e i salmi, come pure i versetti intercalari o ritornelli, gli inni e i cantici125. 278. È risaputo che i salmi (cfr. nn. 103-120) sono strettamente connessi con la musica; lo dimostra la tradizione sia giudaica che cristiana. In verità alla piena comprensione di molti salmi contribuisce non poco il fatto che essi vengano cantati o almeno siano sempre considerati in questa luce poetica e musicale. Pertanto, se e possibile, e da preferirsi questa forma, almeno nei giorni e nelle Ore principali, e secondo il carattere proprio dei salmi. 279. I diversi modi di eseguire la salmodia sono descritti sopra, ai nn. 121-123. La loro varietà non deve essere dettata tanto da circostanze esterne quanto piuttosto dal diverso genere di quei salmi che ricorrono nella medesima celebrazione. Secondo questo criterio i salmi sapienziali e storici si prestano forse meglio ad essere ascoltati, mentre, al contrario, quelli di lode e di rendimento di grazie comportano per sé il canto in comune. Quel che conta più di tutto è che la celebrazione non si leghi a schemi rigidi e artificiosi, non obbedisca solo a norme puramente formali, ma risponda allo spirito autentico dell'azione che si compie. Il primo scopo da raggiungere e infatti quello di formare gli animi all'amore per la preghiera genuina della Chiesa e di rendere gioiosa la celebrazione della lode di Dio (cfr. Sal 146). 280. Gli inni possono alimentare la preghiera anche di chi recita le Ore, se davvero si distinguono per dottrina e arte; tuttavia per sé sono destinati al canto. Pertanto si raccomanda che nella celebrazione comunitaria siano eseguiti, per quanto è possibile, in questa forma. 281. Il responsorio breve dopo la lettura alle Lodi mattutine e ai Vespri, di cui al n. 49, di per sé è destinato al canto, e precisamente al canto del popolo. 282. Anche i responsori dell'ufficio delle letture, per il loro carattere e la loro funzione richiedono il canto. Tuttavia, nella struttura dell'ufficio, sono stati composti in modo da mantenere il loro valore anche nella recita individuale e privata. Si potrà usare più frequentemente il canto per quelli che sono corredati da melodie più semplici e più facili, che non per altri pur provenienti da fonti liturgiche. 283. Le letture, sia lunghe che brevi, per sé non sono destinate al canto. Nella proclamazione si deve usare ogni impegno per eseguirle in una forma decorosa, con una pronunzia chiara e distinta e insomma per fare in modo che tutti possano ascoltarle e comprenderle bene. Di conseguenza l'unica forma accettabile per le letture è quella che facilita l'ascolto delle parole e la comprensione del testo.

123 MS n. 51. 124 Cfr. MS n. 6. 125 Cfr. MS 16a, 38.

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284. I testi assegnati a chi presiede, come sono le orazioni, non escludono un certo tono cantato, purché ovviamente sia confacente e decoroso. Ciò sarà possibile specialmente nella lingua latina. Più difficile, invece, sarà in alcune lingue moderne, a meno che il canto usato non permetta di far percepire meglio a tutti le parole del testo.

5.

Lettera della Sacra Congregazione per il Culto Divino

I CONCERTI NELLE CHIESE

2) MUSICA NELLE CHIESE AL DI FUORI DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE

1. L'interesse per la musica è una delle manifestazioni della cultura contemporanea. La facilità di poter ascoltare in casa le opere classiche, attraverso la radio, i dischi, le cassette, la televisione, non solo non ha fatto diminuire il piacere dell'ascolto di concerti dal vivo, ma anzi lo ha aumentato. Questo è un fenomeno positivo, perché la musica e il canto contribuiscono a elevare lo spirito. L'aumento quantitativo dei concerti ha portato recentemente, in diversi paesi, all'utilizzazione frequente delle chiese per la loro esecuzione. Diversi sono i motivi presentati: necessità di ambienti, non trovando con facilità luoghi adeguati; ragioni acustiche, per le quali le chiese generalmente danno buona garanzia; ragioni estetiche, desiderando che il concerto venga eseguito in un ambiente di bellezza; ragioni di convenienza, per ridare alle composizioni eseguite il loro ambiente nativo; ragioni anche semplicemente pratiche, soprattutto per i concerti di organo: le chiese, infatti, nella loro generalità ne sono dotate. 2. Contemporaneamente a questo processo culturale si è verificata una situazione nuova nella Chiesa. Le "scholae cantorum" non hanno avuto molte volte l'opportunità di eseguire il loro repertorio abituale di musica sacra polifonica nel contesto della celebrazione liturgica. A motivo di ciò, è stata presa l'iniziativa di eseguire questa musica sacra, all'interno della chiesa, in forma di concerto. Lo stesso è capitato con il canto gregoriano, che è entrato a far parte dei programmi di concerti dentro e fuori della chiesa. Un altro fatto importante è costituito dall'iniziativa dei "concerti spirituali": tali perché la musica eseguita in essi può considerarsi religiosa, per il tema che essa tratta, per i testi che le melodie rivestono, per l'ambito in cui tali esecuzioni avvengono. Essi possono comportare, in alcuni casi, letture, preghiere, silenzi. Per questa loro caratteristica possono essere assimilati a un "pio esercizio". 3. L'accoglienza progressiva dei concerti nelle chiese suscita nei parroci e nei rettori alcuni interrogativi ai quali bisogna rispondere. Se un'apertura generale delle chiese ad ogni sorta di concerti provoca reazioni e biasimi da parte di tanti fedeli, anche un rifiuto indiscriminato rischia di essere capito o accolto male da parte degli organizzatori dei concerti, dai musicisti e dai cantori. Prima di tutto è importante riferirsi al significato stesso delle chiese e della loro finalità. Per questo, la Congregazione per il Culto Divino ritiene opportuno proporre alle Conferenze Episcopali, e, secondo la loro competenza, alle Commissioni nazionali di liturgia e di musica sacra, alcuni elementi di riflessione e di interpretazione delle norme canoniche circa l'uso nelle chiese dei diversi generi di musica: musica e canto per la liturgia, musica di ispirazione religiosa, musica non religiosa.

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4. È necessario rileggere nel contesto contemporaneo i documenti già pubblicati, in particolare la Costituzione sulla Liturgia Sacrosanctum Concilium, l'Istruzione Musicam sacram, del 5 marzo 1967, l'Istruzione Liturgicae instaurationes, del 5 settembre 1970, ed anche tenere presente il Codice di Diritto Canonico, ai cann. 1210,1213 e 1222. Nella presente lettera si parlerà soprattutto delle esecuzioni musicali al di fuori delle celebrazioni liturgiche. La Congregazione per il Culto Divino desidera, in questo modo, assistere i singoli Vescovi nel prendere decisioni pastorali valide, tenendo conto della situazione socio-culturale dell'ambiente. II. ELEMENTI DI RIFLESSIONE

La natura e la finalità delle chiese 5. Secondo la tradizione illustrata dal Rituale della Dedicazione della chiesa e dell'altare, le chiese sono, anzitutto, luoghi dove si raccoglie il popolo di Dio. Esso, "adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, è la Chiesa, tempio di Dio edificato con pietre vive, nel quale viene adorato il Padre in spirito e verità. Giustamente fin dall'antichità il nome "chiesa" è stato esteso all'edificio in cui la comunità cristiana si riunisce per ascoltare la parola di Dio, pregare insieme, ricevere i Sacramenti, celebrare l'eucaristia, e adorarla in esso come sacramento permanente". Le chiese pertanto non possono considerarsi come semplici luoghi "pubblici", disponibili a riunioni di qualsiasi genere. Sono luoghi sacri, cioè "messi a parte", in modo permanente, per il culto a Dio, dalla dedicazione o dalla benedizione. Come edifici visibili, le chiese sono segni della Chiesa pellegrina sulla terra; immagini che annunciano la Gerusalemme celeste; luoghi in cui si attualizza fin da quaggiù il mistero della comunione tra Dio e gli uomini. Negli abitati urbani o rurali, la chiesa è ancora la casa di Dio, cioè il segno della sua abitazione fra gli uomini. Essa rimane luogo sacro, anche quando non vi è una celebrazione liturgica. In una società di agitazione e di rumore, soprattutto nelle grandi città, le chiese sono pure luoghi adeguati dove gli uomini raggiungono, nel silenzio o nella preghiera, la pace dello spirito o la luce della fede. Ciò sarà possibile soltanto se le chiese conservano la loro identità. Quando le chiese si utilizzano per altri fini diversi dal proprio, si mette in pericolo la loro caratteristica di segno del mistero cristiano, con danno più o meno grave alla pedagogia della fede e alla sensibilità del popolo di Dio, come ricorda la parola del Signore: "La mia casa è casa di preghiera".

Importanza della musica sacra 6. Una rilevanza positiva merita la musica sacra sia vocale che strumentale. Come tale qui intendiamo "quella che, composta per la celebrazione del culto divino, è dotata di santità e bontà di forme". La Chiesa la considera come "patrimonio di inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell'arte", le riconosce un "compito ministeriale nel servizio divino"; raccomanda che "se ne conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio". Quando l'esecuzione della musica sacra avviene durante una celebrazione, dovrà attenersi al ritmo e alle modalità proprie della stessa. Ciò obbliga, non poche volte, a limitare l'uso di opere create in un tempo in cui la partecipazione attiva dei fedeli non era proposta come fonte per l'autentico spirito cristiano. Codesto cambiamento nell'esecuzione delle opere musicali è analogo a quello attuato per altre creazioni artistiche in campo liturgico, per motivo di celebrazione: per esempio, i presbitèri sono stati ristrutturati con la sede presidenziale, l'ambone, l'altare "versus populum". Ciò non ha significato disprezzo per il passato, ma è stato voluto per un fine più importante, come è la partecipazione dell'assemblea.

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L'eventuale limitazione che può avvenire nell'uso di codeste opere musicali può essere supplita con la presentazione integrale di esse, al di fuori delle celebrazioni, sotto la forma di concerti di musica sacra.

L'organo 7. L'uso dell'organo durante le celebrazioni liturgiche oggi si limita a pochi interventi. Nel passato l'organo sostituiva la partecipazione attiva dei fedeli e riempiva l'assistenza di chi era "muto e inerte spettatore" della celebrazione. L'organo può accompagnare e sostenere i canti sacri durante le celebrazioni sia dell'assemblea che della schola. Ma il suono dell'organo non si deve sovrapporre alle orazioni o ai canti eseguiti dal sacerdote celebrante, e neppure alle letture proclamate dal lettore o dal diacono. Il silenzio dell'organo dovrà essere mantenuto, secondo la tradizione, anche nei tempi penitenziali (quaresima e settimana santa), durante l'Avvento, e nella Liturgia dei defunti. Il suono dell'organo, in queste circostanze, è permesso solo per accompagnare il canto. Sarà bene che l'organo sia usato anche lungamente a preparare e a concludere le celebrazioni. È sommamente importante che in tutte le chiese, ma specialmente in quelle più insigni non manchino musicisti competenti e strumenti musicali di qualità. Si abbia cura particolare per organi di epoche passate, ma sempre pregevoli per le loro caratteristiche.

III. DISPOSIZIONI PRATICHE 8. Il regolamento per l'uso delle chiese è determinato dal can. 1210 del Codice di Diritto Canonico: "Nel luogo sacro sia ammesso solo quanto serve per esercitare e promuovere il culto, la religione, ed è vietato tutto ciò che non sia consono alla santità del luogo. Tuttavia l'Ordinario può permettere, caso per caso, altri usi, che però non siano contrari alla santità del luogo". Il principio che l'utilizzazione della chiesa non deve essere contraria alla santità del luogo determina il criterio secondo il quale si deve aprire la porta della chiesa a un concerto di musica sacra o religiosa, e la si deve chiudere ad ogni altra specie di musica. La più bella musica sinfonica, per esempio, non è di per sé religiosa. Tale qualifica deve risultare esplicitamente dalla destinazione originale dei pezzi musicali o dei canti e dal loro contenuto. Non è legittimo programmare in una chiesa l'esecuzione di una musica che non è di ispirazione religiosa e che è stata composta per essere eseguita in contesti profani precisi, sia essa classica, o contemporanea, di alto livello o popolare: ciò non rispetterebbe il carattere sacro della chiesa, e la stessa opera musicale eseguita in un contesto non connaturale ad essa. Spetta all'autorità ecclesiastica esercitare liberamente i suoi poteri nei luoghi sacri, e dunque regolare l'utilizzazione delle chiese salvaguardando il loro carattere sacro. 9. La musica sacra, cioè quella che è stata composta per la liturgia, ma che per motivi contingenti non può essere eseguita durante una celebrazione liturgica, e la musica religiosa, cioè quella che si ispira al testo della Sacra Scrittura o della Liturgia o che richiama a Dio, alla Vergine Maria, ai Santi, o alla Chiesa, possono avere il loro posto nella chiesa, ma fuori delle celebrazioni liturgiche il suono dell'organo e altre esecuzioni musicali, sia vocali che strumentali, possono "servire o favorire la pietà o la religione". Esse hanno una loro particolare utilità. a) per preparare alle principali feste liturgiche, o donare ad esse una più grande fastosità, al di fuori delle celebrazioni; b) per accentuare il carattere particolare dei diversi tempi liturgici; c) per creare nelle chiese un ambiente di bellezza e di meditazione, che aiuti e favorisca, anche in coloro che sono lontani dalla Chiesa, una disposizione a recepire i valori dello spirito; d) per creare un contesto che renda più facile ed accessibile la proclamazione della parola di Dio: per esempio una lettura continua dell'Evangelo;

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e) per mantenere vivi i tesori della musica di chiesa che non devono andare perduti: musiche e canti composti per la Liturgia, ma che non possono del tutto o con facilità entrare nelle celebrazioni liturgiche oggi; musiche spirituali, come oratori, le cantate religiose che continuano ad essere veicoli di comunicazione spirituale; f) per aiutare i visitatori e i turisti a meglio comprendere il carattere sacro della chiesa, per mezzo di concerti d'organo previsti in determinate ore. 10. Quando un concerto è proposto dagli organizzatori per essere eseguito in una chiesa, spetta all'Ordinario accordare la concessione "per modum actus". Ciò deve essere inteso relativamente a concerti occasionali. Si esclude pertanto una concessione cumulativa, per esempio, nel quadro di un festival, o di un ciclo di concerti. Quando l'Ordinario lo ritiene necessario, potrebbe, nelle condizioni previste dal CIC, can. 1222 § 2, destinare una chiesa che non serve più al culto, ad "auditorium" per l'esecuzione della musica sacra o religiosa, ed anche per le esecuzioni musicali profane, purché siano consone alla sacralità del luogo. In questo compito pastorale, l'Ordinario troverà aiuto e consiglio nella Commissione Diocesana di Liturgia e di Musica Sacra. Perché la sacralità della chiesa sia salvaguardata ci si attenga, in ordine all'autorizzazione dei concerti, alle seguenti condizioni, che l'Ordinario del luogo potrà precisare: a) Si dovrà fare domanda, in tempo utile, per iscritto all'Ordinario del luogo con l'indicazione della data del concerto, dell'orario, del programma contenente le opere e i nomi degli autori. b) Dopo aver ricevuto l'autorizzazione dell'Ordinario, i parroci e i rettori delle chiese ne potranno accordare l'uso ai cori e alle orchestre che avranno le condizioni sopra indicate. c) L'entrata nella chiesa dovrà essere libera e gratuita. d) Gli esecutori e gli uditori dovranno avere un abbigliamento e un comportamento convenienti al carattere sacro della chiesa. e) I musicisti e cantori eviteranno di occupare il presbiterio. Il massimo rispetto sarà dovuto all'altare, al seggio del celebrante, all'ambone. f) Il Ss.mo Sacramento sarà, per quanto è possibile, conservato in una cappella annessa o in altro luogo sicuro e decoroso. g) Il concerto sarà presentato ed eventualmente accompagnato da commenti che non siano solamente di ordine artistico o storico, ma che favoriscano una migliore comprensione e partecipazione interiore degli uditori. h) L'organizzazione del concerto assicurerà per iscritto la responsabilità civile, le spese, il riordinamento nell'edificio, i danni eventuali. 11. Le disposizioni pratiche che precedono vogliono essere di aiuto ai Vescovi e ai rettori di chiese nello sforzo pastorale che loro compete di mantenere in ogni momento il carattere proprio delle chiese, destinate alle celebrazioni, alla preghiera e al silenzio. Tali disposizioni non devono pertanto essere considerate come una mancanza di interesse per l'arte musicale. Il tesoro della musica sacra rimane una testimonianza del modo con cui la fede cristiana può promuovere la cultura umana. Mettendo in giusto valore la musica sacra o religiosa i musici cristiani e i benemeriti membri delle "scholae cantorum" debbono sentirsi incoraggiati a continuare questa tradizione e a mantenerla viva al servizio della fede, secondo l'invito indirizzato già dal Concilio Vaticano II, nel suo messaggio agli artisti: "Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina. Il mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini. E questo grazie alle vostre mani".

Roma, 5 novembre 1987. Paul Augustin card. Mayer, prefetto

Virgilio Noè, segretario

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6.

Conferenza Episcopale Piemontese

I CORI NELLA LITURGIA

Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore

ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione

non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva,

per Cristo nostro Signore.

( Messale Romano, Prefazio comune IV ) Una fiorente ripresa 1. Nello svolgimento del nostro ministero pastorale, celebrando in cattedrale, nelle parrocchie, negli istituti religiosi, come anche con le associazioni, i movimenti, i gruppi ecclesiali, abbiamo spesso occasione di notare un vivace rifiorire di cori per la liturgia. Ci rallegriamo vivamente con tutti coloro che sono impegnati in questo servizio ecclesiale e desideriamo far conoscere alle comunità cristiane della Regione Pastorale Piemontese il nostro apprezzamento per questa ripresa, augurandoci che si estenda là dove ancora stenta a realizzarsi. Le realtà dei cori che incontriamo sono assai differenti: dai piccoli cori—formati da gruppi di ragazzi, di giovani, di adulti—che sostengono l'assemblea con il canto a una sola voce, alle formazioni a più voci che impegnano in questa attività ampi spazi di studio e di ricerca, mettendo a disposizione della liturgia i frutti della loro passione e competenza. Siamo convinti che tutti questi cori, dai più piccoli ai più complessi, attraverso una partecipazione religiosa e una preparazione tecnicamente idonea, possano svolgere una funzione di guida e di sostegno del canto. Essi offrono in tal modo un prezioso aiuto alla preghiera comune e alla meditazione, nonché un contributo determinante al decoro e alla bellezza della celebrazione.126 L'esperienza di questi venticinque anni di rinnovamento liturgico ci porta infatti a ribadire che i cori si rivelano di grande aiuto per realizzare quanto viene raccomandato nei «Princìpi e norme per I'uso del Messale Romano»: « I fedeli che si radunano nell'attesa della venuta del loro Signore sono esortati dall'Apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali. Infatti il canto è segno della gioia del cuore. Perciò dice molto bene sant'Agostino: "Il cantare è proprio di chi ama", e già dall'antichità si formò il detto: "Chi canta bene, prega due volte".

126 «Alcuni forse pensano che con la restaurazione liturgica i cori sono diventati inutili e sorpassati, e che si può tranquillamente sopprimerli. È un grave errore di principio. Se si vuole che I'assemblea liturgica sia veramente iniziata, guidata, educata al canto, il coro è indispensabile. Questo ha la sua parte propria da eseguire, aggiungendo così alla liturgia una nota di solennità e di bellezza nell'ambito del canto; però il coro deve anche preoccuparsi della sua funzione direttiva in vista della partecipazione dei fedeli al canto, guidandoli e sostenendoli nelle parti che sono loro proprie» (Lettera del «Consilium ad exsequendam Constitutionem de sacra liturgia» ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, 25 gennaio 1966, n. 4).

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Nelle celebrazioni si dia quindi grande importanza al canto, tenuto conto della diversità culturale delle popolazioni e della capacità di ciascun gruppo » (n. 19). 2. La pubblicazione in questi giorni di un apposito volume del repertorio regionale "Nella casa del Padre", con i canti per i cori a più voci, è un chiaro segno della concreta attenzione con cui la Chiesa piemontese segue l'attività dei cori per la liturgia. All'impegnativo lavoro compiuto dalla Commissione Liturgica Regionale desideriamo affiancare queste nostre direttive. Attraverso ad esse intendiamo far giungere a tutti i cori il nostro vivo incoraggiamento, affinché il loro prezioso servizio alle assemblee liturgiche diventi più intenso e qualificato. Chiediamo anche, dove sia il caso, di impegnarsi lealmente a superare precedenti abitudini così da realizzare progressivamente il rinnovamento richiesto dal Concilio Ecumenico Vaticano II. 3. La riflessione sui compiti della musica vocale e strumentale nella liturgia ha compiuto in questi ultimi anni un notevole passo avanti, grazie alla reciproca influenza della pratica liturgica e della ricerca sia storica che teorica. Le principali acquisizioni di questo cammino fanno ritenere che i repertori musicali (classici, recenti, dotti o popolari) sono tutti relativi.127 Nella scelta dei canti e delle musiche il punto fermo è, prima di tutto, la gloria di Dio: al suo servizio è ordinata la celebrazione con il suo concretarsi in diversi tipi di cultura presenti nelle singole assemblee. Occorre pertanto una buona comunicazione tra i partecipanti: non si tratta infatti di eseguire materialmente un certo programma musicale, ma di realizzare un rito significativo e spiritualmente fruttuoso. Anche i contributi musicali fanno pienamente parte della più generale preoccupazione di offrire un culto sincero a Dio. Parola, silenzio, canto e musica sono elementi complementari e significativi della liturgia cristiana. Il rinnovamento dei repertori, da solo, non è sufficiente a realizzare buone celebrazioni: piuttosto, è necessario rispondere sempre meglio all'esigenza che canto e musica siano decorosamente inseriti nella celebrazione e vi contribuiscano con la dignità e la bellezza di cui sono capaci. Canto e musica interessano perciò non solo i musicisti, ma anche i pastori, responsabili della buona conduzione delle celebrazioni.128 Per questo raccomandiamo insistentemente ai sacerdoti di favorire la formazione musicale dei cantori, ma soprattutto di curare la loro formazione cristiana e liturgica. 4. Come si potrà facilmente rilevare, le direttive che seguono sono assai sintetiche, quasi un condensato dei molti problemi e delle eventuali soluzioni. Esse non intendono proporre ricette facili e di pronta applicazione, ma piuttosto costituire un punto di riferimento per la riflessione sui temi affrontati e un orientamento per le scelte concrete. Occorre tener conto che la riflessione e l'esperienza inducono a scegliere un saggio pluralismo di soluzioni, e che - anche in questo campo - la pratica ha bisogno di un costante ripensamento e di adeguati, validi sussidi. Per parte nostra offriamo questo sussidio riferendoci soprattutto all'ultimo documento dell'Episcopato italiano sulla liturgia: la «Nota pastorale», a vent'anni dalla Costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium», su «Il rinnovamento liturgico in Italia» (21 settembre 1983). 127 «La Chiesa riconosce il canto gregoriano come proprio della liturgia romana: perciò, nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto nella celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell'azione liturgica, a norma dell'art. 30» (Costituzione conciliare sulla liturgia, «Sacrosanctum Concilium», art. 116). «Si promuova con impegno il canto popolare religioso, in modo che nei pii e sacri esercizi, e nelle stesse azioni liturgiche, secondo le norme e disposizioni delle rubriche, possano risuonare le voci dei fedeli» (id., art. 118). 128 «La preparazione pratica di ogni celebrazione liturgica si faccia di comune intesa fra tutti coloro che sono interessati rispettivamente alla parte rituale, pastorale e musicale, sotto la direzione del rettore della chiesa e sentito anche il parere dei fedeli per quelle cose che li riguardano direttamente» («Princìpi e norme per l'uso del Messale Romano», n. 73).

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1. UN SERVIZIO DA PRESTARE 5. Nella «Nota pastorale» i Vescovi italiani hanno indicato autorevolmente le varie caratteristiche di quei fedeli che intendono impegnarsi in un ministero a servizio delle assemblee liturgiche.129 Parlando di interiore adesione a ciò che fanno, i Vescovi italiani ricordano a ogni cantore che il suo canto è prima di tutto una preghiera e, come tale, esige un profondo raccoglimento interiore e un umile atteggiamento di fronte a Dio. Questo impegno è concretamente facilitato da una buona preparazione alla liturgia: preparazione interiore, anzitutto, perché il cuore sia disposto alla preghiera; preparazione anche esteriore, in modo che cantori, strumentisti e ogni altro animatore svolgano il loro compito primariamente preoccupati del servizio di lode. Occorre evitare che un'insufficiente loro preparazione ministeriale finisca per concentrare talmente la loro attenzione sugli aspetti tecnici, da distogliere la mente e il cuore dalla preghiera comune. L'essere "segni" della presenza del Signore in mezzo al suo popolo richiede inoltre a tutti i cantori che il loro atteggiamento interiore si manifesti, anche esteriormente, in una vita cristiana improntata all'unità di fede e di carità con la propria comunità cristiana. E poiché il servizio liturgico è una testimonianza che va continuata e confermata nella vita di ogni giorno, ogni cantore è chiamato a completare il suo servizio liturgico con un effettivo impegno nelle diverse attività in favore della comunità ecclesiale e umana. La necessità di possedere una sufficiente competenza comporta poi la fatica di un continuo sforzo per diventare adeguatamente preparati a svolgere il proprio servizio in modo che sia, da una parte, il più possibile degno del Signore a cui viene rivolta la preghiera e, dall'altra, rispettoso verso i fratelli a cui si intende offrire un aiuto per pregare meglio. In questo lavoro formativo devono essere impegnati fin dall'inizio i fanciulli e i ragazzi dei cori liturgici, affinché la loro prestazione non sia puramente esteriore, ma faccia parte di quella crescita nello spirito di servizio che dovrebbe essere proprio di ogni cristiano. Evidentemente, come per ogni ministero ecclesiale, anche per il canto deve esserci una specifica attitudine: una voce, cioè, che - debitamente verificata ed educata - possa fondersi bene nel coro. 6. I «Princìpi e norme per l'uso del Messale Romano» offrono, nel terzo capitolo «Uffici e ministeri nella messa», un quadro complessivo di come dovrebbe sempre configurarsi ogni assemblea liturgica e del servizio che il coro è chiamato a svolgervi:

129 «Attenzione particolare dovrà essere dedicata a quei fedeli che collaborano all 'animazione e al servizio delle assemblee. Consapevoli di svolgere "un vero ministero liturgico", è necessario che essi prestino la loro opera con competenza e con interiore adesione a ciò che fanno. Nell'esercizio del loro ministero essi sono "segni" della presenza del Signore in mezzo al suo popolo. Con la molteplicità e nell'armonia dei loro servizi - dalla guida del canto alla lettura, dalla raccolta delle offerte alla preparazione della mensa, dalla presentazione dei doni alla distribuzione dell'Eucaristia - essi esprimono efficacemente l'unità di fede e di carità che deve caratterizzare la comunità ecclesiale, a sua volta segno e sacramento del mistico corpo di Cristo. Per queste ragioni è vivamente raccomandabile che tali ministeri siano esercitati da fedeli adulti, stabiliti nel sacramento della Confermazione, adeguatamente preparati e consapevoli che il servizio liturgico è una testimonianza che va continuata e confermata nella vita di ogni giorno. Perché appaia con evidenza che liturgia e vita cristiana sono tra loro intimamente connesse, al ministero liturgico dovrebbe corrispondere un adeguato impegno nelle diverse attività in favore della comunità ecclesiale e umana. A questi servizi liturgici è opportuno avviare progressivamente e con adeguata preparazione fanciulli e ragazzi, in vista di una loro crescita anche ministeriale nella comunità». Conferenza Episcopale Italiana, Il rinnovamento liturgico in Italia (1983), n. 9 "Un servizio da prestare".

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«Nell'assemblea che si riunisce per la messa, ciascuno ha il diritto e il dovere di recare la sua partecipazione in diversa misura a seconda della diversità di ordine e di compiti. Pertanto tutti—sia i ministri che i fedeli—compiendo il proprio ufficio, facciano tutto e soltanto ciò che è di loro competenza, così che la stessa disposizione della celebrazione manifesti la Chiesa costituita nei suoi diversi ordini e ministeri» (n. 58). «Nella celebrazione della messa i fedeli formano la gente santa, il popolo che Dio si è acquistato e il sacerdozio regale, per rendere grazie a Dio, offrire la vittima immacolata non soltanto per le mani del sacerdote, ma anche insieme con lui, e imparare a offrire se stessi. Procurino quindi di manifestare tutto ciò con un profondo senso religioso e con la carità verso i fratelli che partecipano alla stessa celebrazione. Evitino perciò ogni forma di individualismo e di divisione, tenendo presente che hanno un unico Padre nei cieli e che, perciò, tutti sono tra loro fratelli. Formino invece un solo corpo, sia nell'ascoltare la parola di Dio, sia nel prendere parte alle preghiere e al canto, sia specialmente nella comune offerta del sacrificio e nella comune partecipazione alla mensa del Signore. I fedeli non rifiutino di servire con gioia l'assemblea del popolo di Dio, ogni volta che sono pregati di prestare qualche servizio particolare nella celebrazione» (n. 62). «Tra i fedeli esercita un proprio ufficio liturgico la schola cantorum o ''coro", il cui compito è quello di eseguire a dovere le parti che gli sono proprie, secondo i vari generi di canto, e di promuovere la partecipazione attiva dei fedeli al canto» (n. 63). 7. La celebrazione dei riti liturgici comporta competenze diverse: accoglienza, animazione del canto corale e di quello dell'assemblea, musica strumentale, lettura, predicazione e testimonianza, azioni rituali e formulazioni di preghiera, presidenza dell'assemblea. La parte più strettamente musicale è affidata, in concreto, a chi anima il canto comune: coristi, direttore del coro, guida dell'assemblea, strumentisti ( con il loro duplice compito di accompagnare il canto e di creare uno spazio musicale). Anche se, in pratica, non tutti e non sempre questi servizi sono assicurati nelle nostre assemblee, è pur vero che contribuiscono al buon svolgimento del rito. Una celebrazione significativa ha bisogno della collaborazione di tutti coloro che vi prestano un servizio. Canto e musica sono parte di un insieme: sarebbe errato affidarli unicamente ai musicisti, come se si trattasse di un aspetto secondario, puramente ornamentale o strettamente tecnico. Canto e musica fanno parte del rito e vanno inseriti nel suo significato globale: non sarebbe giustificato che la celebrazione e gli interventi musicali procedessero come per strade parallele. Acquisire questo principio non equivale a diminuire l'importanza dei musicisti: in questo modo essi vengono autenticamente valorizzati, riconoscendo loro una funzione di grande rilievo nel culto. Si potranno così anche evitare malintesi e fratture che talvolta minano dall'interno le nostre liturgie. La sola buona volontà o la pura e semplice competenza tecnica non bastano: per garantire la dignità liturgica delle celebrazioni occorre una chiara intesa almeno sugli orientamenti di base.130 8. Un caso particolare è la richiesta di interventi di cori da parte di enti, associazioni, e anche famiglie, che intendono solennizzare qualche particolare celebrazione. Se questi cori non valutano la fisionomia, le possibilità, i repertori delle assemblee in cui verrebbero ad inserirsi, finiscono per limitarsi ad eseguire un proprio repertorio. La loro prestazione è ammissibile solo a condizione di concordare preventivamente con il responsabile della celebrazione un programma di canti che tenga conto delle concrete possibilità dell'assemblea, anche al fine di evitare prestazioni richieste

130 «Ai musicisti, ai cantori e, in primo luogo, ai fanciulli si dia anche una genuina formazione liturgica» (Costituzione conciliare sulla liturgia, «Sacrosanctum Concilium», art. 115).

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prevalentemente per motivi di emulazione o di prestigio. Si tenga presente, a tale riguardo, quanto stabilisce la Costituzione conciliare sulla liturgia, all'art. 32: «Nella liturgia, tranne la distinzione che deriva dall'ufficio liturgico e dall'ordine sacro, e tranne gli onori dovuti alle autorità civili a norma delle leggi liturgiche, non si faccia alcuna preferenza di persone private o di condizioni, sia nelle cerimonie sia nelle solennità esteriori». 2. UNA FEDE DA CANTARE 9. Nella «Nota pastorale» i Vescovi italiani richiamano alcuni princìpi fondamentali che devono caratterizzare l'attività dei cori a servizio della liturgia.131 È specificato chiaramente, innanzitutto, lo scopo del servizio dei cori nella liturgia: cantare la fede cristiana. I cantori sono quindi chiamati primariamente a professare nell'assemblea liturgica la propria fede: ciò coinvolge direttamente la responsabilità dei pastori nel provvedere alla loro formazione spirituale. A questo proposito, vogliamo elogiare l'esperienza di molti cori che hanno saputo trasformare la loro passione per la musica in occasione di autentico e profondo itinerario cristiano. Incontri formativi, spazi o perfino giornate di riflessione e preghiera, condivisione e carità fraterna sono oggi per molti cori pratica consueta e ricca di frutti. Tale uso viene anche incontro alle esigenze di quei cantori che si accostano al servizio liturgico per un prevalente interesse musicale, quasi per ricavarne sostegno e aiuto nelle difficoltà che incontrano di fronte alla fede. Se spesso è la fede che conduce a cantare, talora è il canto che può aprire alla fede: tenerne conto nell'impostare le attività del coro è segno di rispetto delle persone e di accoglienza della grazia di Dio. 10. Chiamati a professare nel canto la propria fede, i cantori prestano poi il loro servizio aiutando l'assemblea celebrante a manifestare a sua volta l'autentica fede della Chiesa. Bisogna allora ricordare quanto sia necessario preoccuparsi, da una parte, che i testi corrispondano alla fede della Chiesa e, dall'altra, che l'espressione musicale non sommerga, ma invece esalti, i contenuti di fede. 11. Occorre ricordare che il canto comunitario ha come suoi presupposti un atteggiamento interiore favorevole all 'espressione collettiva e corale, una sufficiente assimilazione del testo e del rito (frutto di una essenziale catechesi ), e un apprendimento almeno elementare della melodia. Il presupposto più problematico è spesso il primo, perché è condizionato dalla cultura, dall'età, dal temperamento, come pure dalle circostanze. Gli altri due sono maggiormente legati all'iniziativa dei responsabili: è bene che essi entrino sempre più nella prassi abituale, almeno domenicale, della preparazione immediata alla liturgia. 3. UNA PARTECIPAZIONE DA ANIMARE a) I compiti del coro 131 «In questi venti anni si è assistito a uno straordinario fervore di produzione musicale per la liturgia: il repertorio dei canti ne è risultato notevolmente arricchito e migliorato; quasi ogni momento di ciascuna celebrazione ha ora un suo repertorio; nuove aspirazioni e nuove consapevolezze hanno trovato espressione nei nuovi testi. Inutile nascondersi che non tutto è all'altezza della dignità del culto, ma non giova neanche sottolinearlo troppo: nessuna nuova espressione artistica nasce mai adulta. Sarà invece compito di tutti coloro che si impegnano in questo settore favorire una migliore selezione tra i canti esistenti, mediante segnalazione del materiale più valido, e indirizzare la nuova produzione verso la creazione di brani che meglio rispondano alle attese delle assemblee in preghiera. Ma neanche una produzione musicale più adeguata alle necessità delle diverse assemblee riuscirà a farle cantare, se esse non saranno sostenute da una continua azione educativa e se in ogni celebrazione non saranno opportunamente guidate. Per questo si favorisca in tutti i modi una corretta formazione liturgica degli animatori musicali dell'assemblea e si curi che il coro, pur svolgendo la sua necessaria funzione di guida, coinvolga l'intera assemblea in una più attiva partecipazione». Conferenza Episcopale Italiana, Il rinnovamento liturgico in Italia (1983), n 14 «Una fede da cantare».

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12. Sempre nella «Nota pastorale» i Vescovi italiani segnalano due precisi compiti «tecnici» dei cori per la liturgia: «Si curi che il coro, pur svolgendo la sua necessaria funzione di guida, coinvolga l'intera assemblea in una più attiva partecipazione».132 Questi due compiti - guida e coinvolgimento dell'assemblea - escludono chiaramente sia la delega al coro delle prerogative proprie dell'assemblea, sia l'appropriazione di queste prerogative da parte dei cori.133 13. Consapevoli di svolgere un ministero a servizio dell'assemblea, i cantori dimostreranno di possedere questo spirito di servizio non limitandosi a prestare la loro opera solo in occasione delle grandi solennità, ma mettendosi a disposizione per tutte quelle celebrazioni ( messe, altri sacramenti, liturgia delle Ore, ecc.) che comportino un certo impegno musicale. Riteniamo quindi che rientri nei loro compiti tanto il prestarsi tutti insieme come coro ( almeno a una delle messe festive ), quanto, però, anche il prestarsi singolarmente (magari a turno) per animare il canto dei fedeli in altre messe e celebrazioni festive.134 14. Nella «Nota pastorale» i Vescovi italiani affermano, al numero 14, che «neanche una produzione musicale più adeguata alle necessità delle diverse assemblee riuscirà a farle cantare, + se esse non saranno sostenute da una continua azione educativa e + se in ogni celebrazione non saranno opportunamente guidate». Nel 1985 è stata pubblicata, con notevole impegno, la rielaborazione aggiornata del nostro repertorio regionale di canti per la liturgia «Nella casa del Padre». Siamo però convinti che a ben poco servirebbe questa fatica, se simultaneamente non si agisse nelle singole comunità secondo queste due precise indicazioni: - educare i fedeli al canto; - prevedere, in ogni comunità, competenti «guide del canto dell'assemblea». A chi - se non ai cantori dei nostri cori e, innanzitutto, ai loro direttori - dovremmo chiedere di assumersi questi compiti? Sappiamo di chiedere un impegno che comporta sacrifici. Sappiamo che sarà necessario dedicare un po' del proprio tempo ad affinare La propria preparazione musicale e liturgica presso gli Istituti diocesani di musica e liturgia esistenti nelle nostre Diocesi. Ma confidiamo che il loro spirito di servizi e il loro amore per la musica li spronerà ad affrontare volentieri questi impegni così necessari, oggi, per la vita liturgica delle comunità cristiane. 132 Conferenza Episcopale Italiana, Il rinnovamento liturgico in Italia (1983), n. 14. 133 «Tutta la ricchezza di ministeri e i diversi compiti dei ministri non dovranno far dimenticare che il vero soggetto della celebrazione è sempre l'assemblea dei fedeli, verità recuperata e ribadita con forza dai nuovi libri liturgici, perché il Dio salvatore vuol stabilire un rapporto diretto, ancorché mediato, con il suo popolo, come appare chiaramente nell'assemblea del Sinai (Esodo 24), tipica per ogni convocazione del popolo eletto. Questa centralità dell'assemblea - "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato" (Prima lettera di Pietro 1,9) - costituisce al tempo stesso un diritto e un dovere. Nell'atto liturgico, infatti, la comunità, destinataria e protagonista di ogni celebrazione, esprime ed edifica se stessa, e, mentre professa la propria fede nel mistero della redenzione, sempre più progredisce sulla via della salvezza. Riconoscendosi in ognuno dei suoi ministri - che della stessa assemblea sono parte integrante - la comunità dei fedeli partecipa direttamente alla celebrazione, aderendo alle funzioni del ministro che presiede in virtù dell'Ordine sacro, con il consenso espresso dall’Amen, le risposte, le acclamazioni, i gesti e tutte le forme indicate nei libri liturgici. Così, nella partecipazione gerarchica, I'assemblea caratterizza ogni celebrazione, adattata alle sue particolari situazioni e circostanze soprattutto con l'esecuzione dei canti e con la formulazione della preghiera dei fedeli». Conferenza Episcopale Italiana, ll rinnovamento liturgico in Italia (1983), n. 10 «Una partecipazione da animare». 134 «È opportuno che vi sia un cantore o maestro di coro per dirigere e sostenere il canto del popolo. Anzi, mancando la schola, è compito del cantore guidare i diversi canti, facendo partecipare il popolo per la parte che gli spetta» («Princìpi e norme per l'uso del Messale Romano„, n. 64).

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15. Un problema prossimo a queste preoccupazioni è l'uso nella liturgia di musica registrata (dischi, nastri, cassette). L'esperienza in questo campo sembra consentire di distinguere tre situazioni diverse. L'uso di mezzi in preparazione al culto, per esempio in fase di apprendimento dl un canto, da parte specialmente di assemblee sprovviste di animatori preparati, è senz'altro utile e va raccomandato. L'uso degli stessi mezzi come elemento trainante del canto comune, quasi a sostituire il coro, l'animatore o gli strumentisti, suona falso e inautentico, ed è assolutamente da sconsigliare. L'eventuale inserimento in certe celebrazioni di musica registrata, con funzione di musica di sottofondo, richiede di essere studiato con grande cura e senso di opportunità, evitando soluzioni affrettate. In ogni caso vogliamo rilevare che - invece di affidarsi frettolosamente a freddi mezzi tecnici - è molto più significativa pastoralmente, anche se indubbiamente più impegnativa, la preoccupazione di procurare alla comunità ( attraverso gli Istituti diocesani di musica e liturgia o altre forme di preparazione) energie vive per il servizio liturgico: strumentisti, cantori, animatori del canto. b) La posizione del coro 16. Poiché il coro fa parte dell'assemblea, è evidente che anche la sua collocazione all'interno della chiesa deve corrispondere a questo principio. Benché quasi ovunque si siano abbandonate le cantorie poste sopra la porta d'ingresso o in tribune laterali, riteniamo opportuno raccomandare che la posizione del coro faccia quasi da cerniera tra i posti dei fedeli e il presbiterio, in quanto il coro fa parte dell'assemblea dei fedeli, pur svolgendo un suo particolare ufficio.135 Per studiare le soluzioni più adeguate alle singole chiese, sarà di grande aiuto la specifica competenza della Sezione Arte delle Commissioni Liturgiche Diocesane.136 17. Capita talvolta di vedere, soprattutto nelle messe teletrasmesse, i cantori vestiti con abiti non tanto «corali» quanto piuttosto da concerto. L'impressione che se ne ricava è di una indebita e inopportuna esaltazione del coro, cosa del tutto fuori luogo. La distinzione dei cantori nell'assemblea dei fedeli—richiesta dal loro ruolo specifico—non deve essere eccessivamente accentuata. c) Il repertorio dei canti 18. La scelta dei canti per i cori liturgici dovrà orientarsi verso quei canti che meglio favoriscano la partecipazione dell'intera assemblea.137 In questa prospettiva ha lavorato la Commissione Liturgica

135 «I fedeli e la schola avranno un posto che renda più facile la loro partecipazione attiva. Il sacerdote invece e i suoi ministri prenderanno posto nel presbiterio, ossia in quella parte della chiesa che manifesta il loro ministero e in cui ognuno rispettivamente presiede all'orazione, annuncia la parola di Dio e serve all'altare. La schola cantorum, tenuto conto della disposizione di ogni chiesa, sia collocata in modo da mettere chiaramente in risalto la sua natura: che essa cioè fa parte dell'assemblea dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio, ne sia agevolato il compimento del suo ministero liturgico e sia facilitata a ciascuno dei suoi membri la partecipazione piena alla Messa, cioè la partecipazione sacramentale. L'organo e gli altri strumenti legittimamente ammessi siano collocati in luogo adatto, in modo da poter essere di appoggio sia alla schola sia al popolo che canta e, se vengono suonati da soli, possano essere facilmente ascoltati da tutti» («Princìpi e norme per l'uso del Messale Romano», nn. 257, 274, 275). 136 «Tutti coloro che sono interessati alla costruzione, al restauro e al riordinamento delle chiese, consultino la Commissione diocesana di Liturgia e Arte sacra» («Princìpi e norme per l'uso del Messale Romano», n. 256). 137 La Conferenza Episcopale Italiana—al n. 13 delle "Precisazioni" premesse alla seconda edizione italiana del Messale Romano—fornisce, per la scelta dei canti, precisi criteri di cui ogni coro deve tener conto:

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Regionale nel preparare l'apposito volume del repertorio "Nella casa del Padre" con i canti a più voci. «La massima parte dei 170 canti qui proposti - si legge nella Presentazione del volume - sono armonizzati in modo tale che l'assemblea possa cantare il ritornello, oppure l 'intera strofa degli inni con i soprani del coro (o alternandosi con il coro stesso). L'esperienza di questi vent'anni postconciliari dimostra che ciò è possibile e raccomandabile. Ventinove composizioni sembrano più adatte per l 'esecuzione con il solo coro: va segnalato, però, che almeno alcune di esse potrebbero essere anche cantate con l'assemblea, a seconda dei casi e delle concrete circostanze».138 19. Parlando di cori, occorre ricordare ancora una volta che la loro partecipazione al canto liturgico non si limita ai canti a più voci. Anche il canto a una voce ha bisogno del coro e dei suoi solisti sia per inquadrare e sostenere il canto di tutta l'assemblea, sia per alternarsi con essa quando la struttura del canto lo richieda. 20. In ogni caso si pone il problema di una corretta scelta dei canti per la celebrazione. La difficoltà della scelta può già essere ridotta da un buon uso del «Prontuario» che lo stesso repertorio regionale propone come sussidio chiaro e pratico. Esso è basato su una nozione precisa dei rapporti che intercorrono tra rito e canto. Se questi sono chiari per quanto riguarda i canti dell'ordinario, la «Nella scelta e nell'uso dei canti si tenga presente che essi devono essere degni della loro adozione nella liturgia, sia per la sicurezza di fede nel contenuto testuale, sia per il valore musicale e anche per la loro opportuna collocazione nei vari momenti celebrativi secondo i tempi liturgici. Non si introduca in modo permanente alcun testo nelle celebrazioni liturgiche senza previa approvazione della competente autorità. Ogni diocesi abbia cura di segnalare un elenco di canti da eseguire nelle celebrazioni diocesane, tenendo presenti le indicazioni regionali e nazionali per la formazione di un repertorio comune». 138 Con specifico riferimento alla celebrazione eucaristica, è opportuno, ricordare quanto stabiliscono i «Princìpi e norme per l'uso del Messale Romano» circa le parti che spettano all'intera assemblea e quelle che possono essere affidate al solo coro. Canto d'ingresso. «Viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola» (n. 25). Kyrie eleison. «Essendo un canto con il quale i fedeli acclamano il Signore e implorano la sua misericordia, di solito viene eseguito da tutti, in alternanza tra il popolo e la schola o un cantore» (n. 30). Gloria. «Viene cantato da tutta l'assemblea, o dal popolo alternativamente con la schola, oppure dalla schola ( n. 31). Salmo responsoriale. «II salmista o cantore del salmo canta o recita i versetti del salmo all'ambone o in altro luogo adatto; l'assemblea sta seduta e ascolta, e partecipa di solito con il ritornello, a meno che il salmo non sia cantato o recitato per intero senza ritornello. Perché il popolo più facilmente possa ripetere il ritornello, sono stati scelti alcuni testi comuni di ritornelli e di salmi per diversi tempi dell'anno e per le diverse categorie di santi; questi testi si possono utilizzare al posto di quelli corrispondenti alle letture ogni volta che il salmo viene cantato» (n. 36). Nel nostro repertorio regionale di canti "Nella casa del Padre" sono riportati - con la dicitura «Salmo responsoriale comune» - i testi comuni di ritornelli e di salmi scelti dalla Commissione Episcopale Italiana per la Liturgia. Canto al Vangelo. Può essere iniziato o da tutti, o dalla schola, o da un cantore e, se è il caso, lo si ripete» (n. 37). Simbolo o professione di fede. «Se viene cantato, si canti normalmente da tutto a cori alterni» (n. 44). Processione con le offerte. «Il canto all'offertorio accompagna la processione con la quale si portano i doni; esso si protrae almeno fino a quando i doni sono stati deposti sull'altare. Le norme che regolano questo canto sono le stesse che per il canto d'ingresso» (n. 50). Preghiera eucaristica: Santo, Anamnesi, Dossologia. «Esige che tutti vi partecipino con le acclamazioni previste nel rito» (n. 55). Padre nostro. «L'invito o monizione, la preghiera del Signore, l'embolismo e la dossologia con la quale il popolo conclude l'embolismo, si cantano o si dicono ad alta voce» (n. 56). Agnello di Dio. «Si canta dalla schola o dal cantore l'invocazione Agnello di Dio, alla quale risponde il popolo» (n. 56). Canto di comunione. «Può essere cantato o dalla sola schola, o dalla schola o dal cantore insieme con il popolo. Ultimata la distribuzione della comunione, il sacerdote e i fedeli, secondo l'opportunità, pregano per un po' di tempo in silenzio. Si può anche far cantare da tutta I'assemblea un inno, un salmo o un altro canto di lode» (n. 56).

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cosa è meno facile per i canti più generici, sia per la messa che per altre celebrazioni. Si tratta di sapere qual è la soluzione migliore, tenendo presenti: la funzione rituale (per esempio: rito della comunione, canto dopo il battesimo), la forma musicale (inno responsorio, acclamazione), il repertorio conosciuto. Non sempre è possibile dare indicazioni precise: preoccuparsi della scelta è però già buon indice di serietà nell'approccio alla celebrazione. Notiamo che «scegliere», talora, può anche voler dir «decidere di non cantare», sia per l'indisponibilita di materiali adatti (che potranno talvolta essere sostituiti dalla lettura di un testo poetico o dall'introduzione di musica strumentale), sia soprattutto avendo a cuore l'equilibrio globale della celebrazione. Si dovrebbero così evitare alcune distorsioni che spesso ci capita di rilevare: per esempio, una prima parte della messa ricca di canti, e una liturgia eucaristica affrettata e povera; un rito del battesimo tutto parlato, e un matrimonio subissato di canti e musica; un «Santo» fin troppo lungo mentre il salmo responsoriale è solo recitato; un canto ripetuto fino alla noia in qualsiasi rito, e in circostanze le più diverse; una celebrazione dove l'orecchio finisce per stancarsi di tante parole e suoni, mentre ha bisogno di giusti spazi di silenzio. 21. Non sembri strana la raccomandazione che facciamo a coloro ai quali sono affidati canto e musica: curare anche il silenzio. Non occorre affollare di canti la celebrazione. E' piuttosto necessario scegliere i canti in modo che siano distribuiti con equilibrio nelle varie parti di cui è composta ogni azione liturgica: riti d'inizio, liturgia della Parola, liturgia sacramentale, riti di conclusione. In particolare, non si suoni mentre il sacerdote dice la preghiera eucaristica (come invece si faceva quando questa era detta sottovoce). Si ricordi quanto viene raccomandato, in ordine alla messa, nei «Princìpi e norme per l'uso del Messale Romano»: «Si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro silenzio, come parte della celebrazione. La sua natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle singole celebrazioni. Così, durante l'atto penitenziale e dopo l'invito alla preghiera, il silenzio aiuta il raccoglimento; dopo la lettura o l'omelia, è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la comunione, favorisce la preghiera interiore di lode e di ringraziamento» (n. 23). «La natura delle parti "presidenziali" esige che esse siano proferite a voce alta e chiara, e che siano ascoltate da tutti con attenzione. Perciò, mentre il sacerdote le dice, non si devono sovrapporre altre orazioni o canti, e l'organo e altri strumenti musicali devono tacere» (n. 12). 22. Tra le varie forme di canto, un coro non può certo trascurare la salmodia in senso stretto, che rimane centrale nella celebrazione della Liturgia delle Ore (alla quale è riservata un'apposita parte nel repertori regionale "Nella casa del Padre»). Lungi dall'essere un cattiva imitazione della salmodia latino-gregoriana, la salmodia in italiano richiede un'articolazione del testo simile al comune modo di parlare, che sottolinei l'aspetto meditativo e interiore di buona parte dei salmi e canti biblici. Per gli altri elementi della celebrazione delle Ore ( inni, antifone, responsori, intercessioni) si tenga conto delle consuete norme del canto. d) Le associazioni, i movimenti, i gruppi ecclesiali 23. In merito al repertorio dei canti desideriamo segnalare un ultimo aspetto che ci sta molto a cuore. Il nostro contatto con le assemblee celebranti ci mette spesso di fronte a un inconveniente che desidereremmo venisse evitato. Nei giorni festivi le associazioni, i movimenti, i gruppi ecclesiali confluiscono doverosamente nelle celebrazioni parrocchiali.139

139 Così prescrive la «Nota pastorale» della Conferenza Episcopale Italiana su «Il giorno del Signore» (15 luglio 1984).

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Dobbiamo dire che spesso, quanto al canto, la «condivisione», di cui parla la «Nota pastorale» ora citata, non si realizza nelle nostre assemblee, allorché, in certe messe, i gruppi ecclesiali, i movimenti, le associazioni assumono la scelta e l'esecuzione dei canti con una totale indifferenza nei confronti dell'assemblea, ridotta alla "posizione puramente passiva di ascoltatori-spettatori-fruitori». "140 Ci rendiamo ben conto che certi canti costituiscono, per queste realtà ecclesiali, quasi un segnale di identificazione, in cui volentieri i loro appartenenti si ritrovano. Ma proprio questa caratteristica fa sì che tali canti non siano di per sé adatti a un'assemblea che non si riconosce in essi, o addirittura non li conosce. Per questo chiediamo alle associazioni, ai movimenti, ai gruppi di saper ridimensionare in queste occasioni le loro peculiarità, promuovendo invece la partecipazione di tutta l'assemblea al canto. 24. Lo strumento per raggiungere questo obiettivo è il repertorio regionale di canti «Nella casa del Padre», nato appunto per favorire un repertorio minimo comune tra le diverse comunità cristiane della nostra Regione pastorale. Questo repertorio offre un materiale sufficientemente ampio e diversificato, capace di soddisfare le più varie esigenze. «Una grande importanza—dicevamo nella nostra Presentazione della nuova edizione—è stata attribuita, alla ricerca di testi ispirati alla Bibbia, teologicamente qualificati e sostenuti nel linguaggio. Dal punto di vista musicale si è cercato di rispondere alle disparate esigenze delle nostre assemblee liturgiche, così differenziate quanto a dimensioni, età e cultura: siamo certi che ogni assemblea—da quelle di fanciulli a quelle di persone anziane, dalle comunità religiose ai gruppi giovanili—potrà trovare in questo abbondante materiale quanto le è utile per cantare la propria fede. È stato così compiuto un attento e lungo sforzo per selezionare quanto di più adatto esiste nell'attuale produzione musicale per la liturgia. Ci aspettiamo, di conseguenza, che ognuno agisca con uguale senso di responsabilità nello scegliere i canti per la propria assemblea, evitando faciloneria, presunzione e improvvisazione". e) Lingua latina e repertorio anteriore alla riforma liturgica 25. Le «Precisazioni» della Conferenza Episcopale Italiana premesse alla seconda edizione italiana del Messale Romano ribadiscono che «nelle messe celebrate con il popolo si usa la lingua italiana. Si potranno inserire nel repertorio della messa celebrata in italiano canti dell'ordinario, ed eventualmente del proprio, in lingua latina» (n. 12). «Nella sua forma più piena e più perfetta, l’assemblea si realizza quando è radunata attorno al suo Vescovo o a coloro che, a lui associati con I'Ordine sacro nello stesso sacerdozio ministeriale, legittimamente lo rappresentano nelle singole porzioni del suo gregge, le parrocchie. Questa pienezza è tale da accogliere e assumere in sé ogni dono e ogni ministero particolare. Il gruppo o il movimento, da soli, non sono I'assemblea; essi stessi sono parte dell'assemblea domenicale, così come sono parte della Chiesa. Per tutti vale la raccomandazione della Chiesa antica a "non diminuire la Chiesa e a non ridurre di un membro il Corpo di Cristo con la propria assenza". E il Corpo del Signore non è impoverito solo da chi non va affatto all'assemblea, ma anche da coloro che, rifuggendo dalla mensa comune aspirano a sedersi a una mensa privilegiata e più ricca: non sembrano in fatti somigliare a quei cristiani di Corinto che rifiutavano di mettere in comune il loro ricco pasto con i più poveri (cfr. Prima lettera di Paolo ai Corinzi 1,21)? Se l'Eucaristia è condivisione (espressa nel gesto dello spezzare il pane) sull'esempio di Colui che non ha risparmiato nulla di sé, allora chi ha più ricevuto, più sia disposto a donare, anche quando donare potrà sembrare perdere» (n. 10). 140 È uno dei «nodi irrisolti» ricordati dalla "Nota pastorale„ della Conferenza Episcopale Italiana, Il rinnovamento liturgico in Italia (1983), n. 3.

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L'attuale contesto socio-culturale esige qualche attenzione circa l'uso della lingua latina o di altre lingue. Proponiamo quindi alcuni suggerimenti: 1) l'uso di canti in lingua latina e, a maggior ragione, in altra lingua diversa dall'italiano (che, a differenza del latino, sia estranea alla tradizione liturgica del nostro Paese) non divenga mai pretesto per introdurre differenze o distinzioni nell'assemblea o tra le assemblee; 2) mentre apprezziamo il valore religioso, liturgico, teologico e artistico di vasta parte della produzione musicale in lingua latina, soprattutto del repertorio gregoriano, ricordiamo che, nel deciderne l'uso, dev'essere tenuto presente il criterio di promuovere un clima di interiore attenzione, tale da favorire la preghiera di lode, di ringraziamento, di impetrazione e, nello stesso tempo, la partecipazione dell'assemblea. Questa partecipazione può consistere sia nell'intervento diretto con il canto di facili brani del repertorio latino (riteniamo che sarebbe bene cantare, in alcune circostanze, il Pater noster, il Gloria della Missa de angelis e il Credo III°), sia in una forma di ascolto raccolto (come avviene per la musica strumentale) che non escluda, però, l'intervento attivo dei fedeli nelle parti della celebrazione che per loro natura lo richiedono (ad esempio, i canti rituali); 3) per un riguardo alle persone che non conoscono il latino, è opportuno fornire ai fedeli la traduzione italiana sul foglio dei canti oppure introdurre adeguatamente l'esecuzione del canto, così che possa offrire aiuto alla preghiera con tutti i suoi elementi musicali e verbali. 26. In merito all'uso di opere d'arte musicale che impediscano la partecipazione dell'assemblea, riteniamo utile riportare alcune indicazioni contenute nel recente documento della Congregazione per il Culto Divino, inviato il 5 novembre 1987 alle Conferenze Episcopali Nazionali, circa «I concerti nelle chiese»: «Quando l'esecuzione della musica sacra avviene durante una celebrazione, dovrà attenersi al ritmo e alle modalità proprie della stessa. Ciò obbliga, non poche volte, a limitare l'uso di opere create in un tempo in cui la partecipazione attiva dei fedeli non era proposta come fonte per l'autentico spirito cristiano. Codesto cambiamento nell'esecuzione delle opere musicali è analogo a quello attuato per altre creazioni artistiche in campo liturgico, per motivo di celebrazione: per esempio, i presbitèri sono stati ristrutturati con la sede presidenziale, I'ambone, I'altare "versus populum". Ciò non ha significato disprezzo per il passato, ma è stato voluto per un fine più importante, come è la partecipazione dell'assemblea. L'eventuale limitazione che può avvenire nell'uso di codeste opere musicali può essere supplita con la presentazione integrale di esse, al di fuori delle celebrazioni, sotto la forma di concerti di musica sacra» (n. 6). 27. Quanto all'uso nelle liturgie nuziali di musiche tradizionali, richiamiamo le indicazioni riportate nel 1971 e 1972 dalla rivista della Congregazione per il Culto divino, in cui si raccomandava soprattutto un serio impegno di educazione al significato della liturgia per sostenere la graduale ricerca di musiche realmente adatte al rito nuziale. Il doveroso invito a superare l'abitudine a musiche tradizionali, quando non siano in armonia con il rito, deve essere accompagnato da una paziente opera di informazione e formazione, senza della quale uno sbrigativo diniego appare ingiustificato a chi non ne conosca le ragioni.141 Raccomandiamo che, nella preparazione dei 141 Cfr. la rivista della Congregazione per il Culto divino—«Notitiae» —nei fascicoli 62 (marzo 1971, pagine 110-111) e 69 (gennaio 1972, pagine 25-29). Di quest'ultimo articolo è utile riportare la conclusione, perché offre criteri validi anche per altre situazioni liturgiche: «Dall'esame dei vari momenti del rito nuziale inserito nella messa, si deduce che, nel rispetto delle norme liturgiche e della natura delle diverse parti della celebrazione, non vi può essere posto in essa per quei brani musicali che—anche se tradizionali—risentono di un clima liturgico in cui l'azione sacra era affidata quasi esclusivamente al sacerdote, mentre i fedeli presenti rimanevano per gran parte in un atteggiamento di devoto ascolto. Il rinnovamento liturgico esige che tutti gli elementi di cui risulta la celebrazione—brani musicali compresi—, inquadrandosi in un insieme armonico, formino quell'unità dell'atto di culto, espresso dall'intero Corpo della Chiesa, a cui i singoli membri partecipano "pienamente, consapevolmente e attivamente", secondo la diversità dei ministeri. Ed è

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fidanzati al matrimonio cristiano, si faccia anche cenno all'importanza di non far prevalere l'interesse musicale (come altre preoccupazioni esteriori) su quello propriamente celebrativo, evitando quindi ogni sfarzo ed esibizionismo.142 Cantiamo nel cuore 28. Ci conforti, nel nostro comune lavoro per la liturgia, quanto ricordano i Vescovi italiani nella «Nota pastorale» a cui ci siamo fin qui riferiti: «Una liturgia così intesa e celebrata offre allo stesso tempo molte risposte alle domande della fede (catechesi) e alle esigenze dell'impegno cristiano (morale). Essa sarà al tempo stesso annunzio e conferma, esortazione e verifica, ammonimento e sprone per ogni singolo fedele e per l’intera comunità. Celebrando la fede che la alimenta e riflettendo sulla qualità del proprio impegno in favore della città degli uomini, la liturgia nutre e accresce la fede, stimola e purifica l'impegno morale la testimonianza» (n. 24). Augurandoci che queste nostre direttive possano far sentire a tutti i cori non solo la nostra attenzione, ma anche la nostra partecipazione al loro lavoro, rivolgiamo a tutti i singoli cantori e ai loro direttori il nostro cordiale ringraziamento per l'opera che svolgono nelle comunità cristiane a favore della liturgia e facciamo nostre le parole di sant'Agostino nel suo commento al salmo 86: Camminiamo in Cristo, pellegrini nel mondo, e, mentre tendiamo alla mèta, il canto ne ravvivi il desiderio. Chi desidera, anche se tace con la lingua, canta nel cuore. Chi non desidera, gridi quanto vuole, ma è muto per Dio». 22 maggio 1988, Solennità di Pentecoste

ANASTASIO CARD. BALLESTRERO, Arcivescovo di Torino ALBINO MENSA, Arcivescovo di Vercelli

LUIGI BETTAZZI, Vescovo di Ivrea FERDINANDO MAGGIONI, Vescovo di Alessandria

OVIDIO LARI, Vescovo di Aosta LIVIO MARITANO, Vescovo di Acqui

ALDO DEL MONTE, Vescovo di Novara CARLO CAVALLA, Vescovo di Casale Monferrato

CARLO ALIPRANDI, Vescovo di Cuneo MASSIMO GIUSTETTI, Vescovo di Biella

FRANCO SIBILLA, Vescovo di Asti PIETRO GIACHETTI, Vescovo di Pinerolo

VITTORIO BERNARDETTO, Vescovo di Susa SEVERINO POLETTOS Vescovo di Fossano

in particolare la musica sacra che "esprimendo più dolcemente la preghiera", mentre arricchisce di maggiore solennità i sacri riti, deve favorire l'unanimità della partecipazione». 142 Si ricordi quanto prescritto nel "Rito del matrimonio": «Nella celebrazione del matrimonio, tranne gli onori dovuti alle autorità civili a norma delle leggi liturgiche, non si faccia nessuna distinzione di persone private o di condizioni sociali, sia nelle cerimonie che nell'apparato esteriore» («Premesse», n. 12). Vedi anche il n. 8 del presente documento.

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SEBASTIANO DHO, Vescovo di Saluzzo GIULIO NICOLINI, Vescovo di Alba

ENRICO MASSERONI, Vescovo di Mondovì FRANCESCO M. FRANZI, Vescovo ausiliare di Novara

7.

Commissione Episcopale per la liturgia.

Il canto delle celebrazioni liturgiche e il repertorio-base / 1979143

La presente nota e il primo elenco dei canti per il repertorio-base a carattere nazionale, preparati da un gruppo di lavoro della Consulta dell'Ufficio Liturgico Nazionale, sono stati approvati e vengono pubblicati dalla Commissione Episcopale per la liturgia.. 1. Il canto nelle celebrazioni liturgiche 143 Notiziario C.E.I. n. 2/1979, pag. 17-21. In ECEI 2.

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Il canto, in ogni celebrazione liturgica, anche in quella più semplice e modesta, esalta la parola e la preghiera, la dispone nella sua dimensione melodica e ritmica al culto divino e diviene offerta a Dio, autore supremo d'ogni bellezza ed eterno splendore. Il canto ha capacità di penetrare, di commuovere e di convertire i cuori; favorisce l'unione dell'assemblea e ne permette la partecipazione unanime all'azione liturgica: adempie al duplice scopo che, come arte sacra e azione liturgica, gli è consono, "la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli"144. L'importanza del canto nelle celebrazioni liturgiche - e in particolare nella santa Messa - è stata riconfermata dalla Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium, dall'Istruzione Musicam sacram, da "Principi e norme" del Messale Romano e dall'analogo documento per la Liturgia delle Ore. Anzi, più che di importanza bisogna parlare di necessità, perché il "canto sacro unito alle parole costituisce parte necessaria ed integrante della liturgia solenne"145. 2. Ampiezza e modo del canto liturgico Naturalmente, l'ampiezza e i modi dei canti impiegati saranno valutati di volta in volta secondo le caratteristiche di ogni celebrazione, tenendo presenti le circostanze di tempi, di persone, di mezzi. Tutti quelli che partecipano alle celebrazioni liturgiche sono corresponsabili nell'attuazione di tali compiti musicali, ciascuno secondo il proprio Ministero liturgico e le capacità personali. Per i compiti propri di ciascun attore della liturgia - presidente dell'assemblea, salmista e solista, cantore, assemblea e "schola", direttore e organista e altri strumentalisti - si dovranno consultare i testi che ad essi si riferiscono. 3. Il canto dell'assemblea e della schola Qui si vuole in modo particolare sottolineare l'importanza del canto dell'assemblea e della "schola", e l'armoniosa concordia di intenti e di attuazione che deve esserci tra l'una e l'altra. Non vi può essere autentica celebrazione liturgica senza il canto dell'assemblea. Ai fedeli competono i canti del "Santo", delle acclamazioni, del dialogo, dei ritornelli, della Preghiera del Signore e del Simbolo della fede, secondo le norme date per ognuno di essi. Ma la partecipazione dei fedeli deve divenire la più larga possibile anche con il canto del salmo responsoriale e dei canti processionali, perché si attui una partecipazione "consapevole, attiva e piena, esterna e interna"146. D'altra parte, proprio in seguito al rinnovamento liturgico, anche il compito delle "scholae" si è accresciuto per mole ed importanza. Una "schola", anzitutto, non è una parte a sé stante o tanto meno in contrapposizione con l'assemblea, ma è parte di questa ed esercita tra i fedeli un proprio ufficio liturgico147. Quanto più preparata ed educata al canto è un'assemblea, tanto più la "schola", formata dai suoi componenti più dotati, si esprime con autentico senso artistico e spirituale. Quanto più una "schola" è educata al vero servizio liturgico, tanto più essa si fa maestra dei fedeli, li sostiene, dialoga con essi, li eleva, tutte le volte che nelle parti proprie più impegnative e nei momenti più opportuni favorisce una partecipazione autentica dell'ascolto e della meditazione dei testi sacri con la suggestione dell'arte musicale. 4. Formazione liturgica

144 SC n. 112. 145 Ibidem. 146 PNMR n. 3. 147 Ibidem, 63.

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È dunque necessario provvedere all'educazione e alla formazione liturgica sia l'assemblea sia della "schola". L'educazione riguarda naturalmente i canti liturgici, perciò sacri, essendo appunto il canto, unito al testo, parte necessaria ed integrante della liturgia, che è sacra. 5. Qualità del canto sacro e della musica sacra La prima qualità di un canto sacro è che il suo testo sia sicuro per quanto ríguarda la fede. La celebrazione liturgica è infatti il momento in cui la fede deve risplendere in tutta la sua integrità ed essere affermata dai fedeli, che vi partecipano, con l'adesione totale al dono ineffabile di Dio redentore e santificatore. Oltre che sicuro per il contenuto di fede, il testo deve avere adeguata collocazione liturgica, adatto cioè al mistero, al tempo, al momento, decoroso per bontà di forma linguistica e letteraria, e approvato dalla competente autorità148. Le qualità che riguardano la musica sono la dignità e la devozione. La necessaria coerenza con l'azione liturgica e con il trascendente significato e valore dei testi esige che la musica si compenetri del medesimo spirito, tralasciando formulazioni e modi che da esso discordino. Non si possono perciò tollerare musiche di nessun merito o di tale scarso valore da risultare indecorose per una assemblea di fedeli nella celebrazione liturgica, soprattutto nella santa Messa, che è anche il momento più alto della loro "educazione cristiana e soprannaturale". 6. Utilità e significato dei repertori di canti Queste esigenze sono state tenute generalmente presenti nelle numerose raccolte e repertori che singole regioni o anche numerose comunità e parrocchie hanno compilato nei passati anni proprio per l'uso liturgico. Le molteplici esperienze, animate dal sincero desiderio di giovare al culto, anche se non sempre sorrette da adeguata preparazione artistica e liturgica, hanno permesso di colmare molte, non tutte, necessità delle celebrazioni. Inoltre hanno contribuito ad individuare particolari caratteristiche che devono possedere i canti per il popolo, soprattutto in lingua italiana. Infine si sono rivelate un prezioso "fondo", da cui - tra i più svariati canti, tipici | di luoghi e di comunità o adatti a particolari festività - è possibile trarre un certo numero di canti, che per doti di dignità e di pertinenza e per l'affermata diffusione | possono costituire un primo nucleo per un "repertorio nazionale liturgico". 7. Il repertorio nazionale a) Scopo del repertorio La formazione di questo repertorio nazionale è ormai un'esigenza sentita e richiesta. Essa corrisponde a concrete necessità: - avere un gruppo di canti, che permetta, nei pellegrinaggi e nei convegni interregionali e nazionali, l'efficace e unanime partecipazione dei fedeli alle celebrazioni; - aiutare i fedeli, che frequentemente e in massa si spostano in luoghi diversi e spesso lontani per motivi di lavoro e di turismo, a inserirsi nelle nuove comunità con una partecipazione attiva alle azioni sacre; nello stesso tempo offrire a tutti anche un minimo di "canti simbolo", conosciuti e riconosciuti da tutti come espressione comune di fede e di tradizione. 148 Ibidem, 26 ss.

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Il "repertorio di base" qui presentato si rivolge, dunque, principalmente alle necessità delle assemblee parrocchiali. b) I'elenco dei canti Esso è formato di canti ricavati dai repertori diocesani e regionali più diffusi. La loro scelta è stata operata attraverso la consultazione e il consiglio delle commissioni e delle associazioni competenti per la liturgia e la musica sacra. L'elenco contiene i canti per la messa: ordinario, canti per le feste e i tempi liturgici, compresi alcuni salmi responsoriali e canti al Vangelo. Contiene inoltre canti per il culto eucaristico fuori della Messa. Per le altre celebrazioni, si può ricorrere ai canti di alcuni tempi dell'anno, ad es.: Battesimo - Pasqua; Cresima - Pentecoste; Penitenza - Quaresima, Passione; esequie - defunti; ecc. I canti per la Liturgia delle Ore non sono compresi nell'elenco, ma alcuni possono tuttavia essere usati come inni. Fra i canti riportati, alcuni sono in latino anche per favorire un più attiva partecipazione alla sempre più frequenti riunioni di fedeli di diversa nazionalità149. c) Il repertorio nazionale e i repertori locali Questo repertorio non vuol escludere né sostituire più vasti repertori, propri di parrocchie, diocesi, regioni; se mai, vuole stimolare una creatività intelligente, per giungere a una raccolta di canti adatti almeno a ogni "tempo" dell'anno, e che l'esperienza possa poi giudicare di autentico valore artistico e liturgicamente coerenti. d) Esecuzione di canti Perché il repertorio divenga "vivo" bisogna provvedere all'insegnamento dei vari canti e alla loro corretta esecuzione. In questi due momenti è necessaria la presenza attiva di un direttore, o almeno di un "cantore", se non di una "schola" che faccia da guida. E anche importante scegliere il conveniente sostegno musicale, specialmente con l'organo a canne o con altri strumenti che con il consenso dell'autorità territoriale competente siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare150. Si ponga inoltre particolare attenzione all'uso corretto dell'impianto di diffusione. Soprattutto bisogna curare l'inserimento attento di ciascun canto nel vivo dell'azione rituale. Il "repertorio nazionale" viene raccomandato all'attenzione: - delle commissioni liturgíche diocesane e regionali al momento della formazione di nuove raccolte di canti per la liturgia - dei responsabili della pastorale parrocchiale specialmente dell'iniziazione cristiana; - dei responsabili di zone turistiche, di santuari, di convegni di una certa importanza; - e i responsabili delle trasmissioni religiose radio-televisive.

149 Ibidem, 19. 150 SC n. 120.

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8.

COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

PREMESSA AL 'REPERTORIO NAZIONALE

DI CANTI PER LA LITURGIA'151 I Vescovi della Commissione Episcopale per la liturgia presentano alle comunità ecclesiali italiane questo repertorio di canti per l'uso liturgico. Si augurano che esso costituisca un valido contributo per la verità, la spiritualità e la dignità delle celebrazioni. Invitano i responsabili diocesani e parrocchiali dell'animazione liturgica, e in specie di quella musicale, ad attingere ampiamente alla presente raccolta e ad ispirarsi nelle proprie scelte concrete ai criteri che hanno guidato la sua elaborazione. Confidano che il "repertorio nazionale" dia nuovo vigore all'"arte del celebrare", restituendo bellezza ed espressività all'atto del cantare, parte integrante della liturgia della Chiesa. 1. Il presente "repertorio nazionale" vuole riprendere in modo efficace, vent'anni dopo, la prima proposta fatta dalla Conferenza Episcopale Italiana, pubblicata nel 1979 e denominata "repertorio-base a carattere nazionale"152. Questo secondo elenco di canti è stato selezionato da un apposito gruppo di lavoro, a ciò incaricato dall'Ufficio Liturgico Nazionale e che ha lavorato dal 1994 al 1999. Non si propone come un'opera chiusa e definitiva: potrà infatti essere ulteriormente rielaborata. 2. Il "repertorio nazionale" intende rispondere a una duplice esigenza: 151 COMMISSIONE CEI PER LA LITURGIA, Repertorio nazionale di canti per la liturgia, Roma, 6 gennaio 2000. In ECEI 6. 152 Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana 1979, 17-27

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- segnalare e rendere reperibili canti adatti alle celebrazioni liturgiche, partendo dalla produzione tradizionale e da quella degli ultimi decenni (canti con testi e melodie nuovi, canti con testi nuovi su melodie preesistenti); - diffondere, mediante le scelte operate, alcuni criteri di individuazione e selezione dei canti, che aiutino a scegliere in modo più attento a livello locale. 3. Gli ambiti che questo nuovo "repertorio nazionale" tiene presenti sono: - i canti dell'Ordinario della Messa; - i canti propri del Triduo Pasquale; - i canti propri delle celebrazioni eucaristiche festive di tutto l'anno liturgico (esclusi i salmi dopo la prima lettura); - i canti per il culto eucaristico; - i canti per le esequie. Non sono stati per ora considerati: - i canti per la celebrazione degli altri Sacramenti; - i canti della Liturgia delle Ore. Mancano anche i canti per i pii esercizi e per la pietà popolare. I recitativi rituali, già editi nel Messale e in altri libri liturgici, pur non comparendo in questo elenco, fanno parte del "repertorio nazionale". 4. Si tratta in massima parte di canti in lingua italiana; alcuni sono in lingua latina con annessa traduzione conoscitiva. I canti scelti sono tratti da pubblicazioni edite in Italia negli ultimi trent'anni circa (riviste, fascicoli, raccolte); la fonte viene sempre segnalata. Di ogni canto si indica la forma liturgico-musicale e ne è suggerito l'uso liturgico più appropriato. 5. I redattori sono consapevoli che questa selezione non è in grado di venire incontro a tutte le esigenze locali: essa non intende quindi soppiantare i canti già in uso e neppure impedire che vengano prodotti e messi in circolazione nuovi canti, nel rispetto delle norme liturgiche, delle quali vengono offerti i testi fondamentali in appendice. 6. Il criterio prioritario che ha guidato la selezione è quello della pertinenza rituale. È indispensabile che ogni intervento cantato possa divenire elemento integrante e autentico dell'azione liturgica in corso. Questo stesso criterio dovrebbe essere, per tutti e in ogni occasione, il primo e principale punto di riferimento. 7. Alla luce del criterio precedente diventano comprensibili e insieme necessari gli altri criteri a cui questo "repertorio nazionale" cerca di ispirarsi in modo da essere esemplare per ogni scelta locale: la verità dei contenuti in rapporto alla fede vissuta nella Chiesa ed espressa nella liturgia; la qualità dell'espressione linguistica e della composizione musicale; la cantabilità effettiva per un'assemblea media e la probabilità che essa possa assumere questi canti riconoscendoli parte integrante, o integrabile, della propria cultura. 8. Questa proposta intende favorire la partecipazione cantata di assemblee con caratteristiche medie, quali sono quelle parrocchiali domenicali. Assemblee feriali più strettamente caratterizzate per età, ambiente, orientamenti spirituali, non vengono qui prese in considerazione e richiedono attenzioni particolari, benché anch'esse possano trarre vantaggio dall'accogliere e praticare canti più "comuni", evitando in tal modo ogni forma di chiusura e di incomunicabilità. 9. L'intervento sostenitore e dialogante di un coro, che può consistere in una piccola schola o in un gruppo corale più nutrito, è del tutto auspicabile in una celebrazione, specie se festiva. La finalità propria di questo repertorio esclude canti per solo coro. Per reperire eventuali armonizzazioni a più

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voci si può ricorrere alle fonti, da cui i singoli canti sono stati tratti. È sempre possibile che i compositori rielaborino le melodie popolari fornendo interventi più ricchi per la partecipazione dei cori. 10. Fanno parte del ministero liturgico del canto anche gli interventi dei solisti (presidente, diacono, salmista, voci singole alternanti con assemblea e coro), secondo le esigenze del rito e la forma del singolo canto (recitativo, salmodia, strofe di un inno con ritornello, litania, responsorio e forme miste). Una corretta articolazione dei ruoli - assemblea, coro, solisti - contribuisce alla "verità" dell'azione cantata. 11. L'accompagnamento strumentale, proposto nel fascicolo che verrà offerto ad ogni diocesi, è organistico e contiene soltanto la versione a una voce con l'accompagnamento. Ciò non impedisce di trarne, con la professionalità necessaria, parti per altri strumenti, adatti e disponibili, che possano integrare l'organo o, in casi precisi, anche sostituirlo. 12. Nell'esecuzione concreta di un canto liturgico entrano in gioco numerosi fattori, legati alla capacità degli animatori e dell'assemblea, alla situazione acustica e architettonica locale e ad altre circostanze. Nessun repertorio, neppure il migliore, potrà mai bastare da solo a raggiungere il fine per cui lo si usa, se non si porrà la massima cura nel provvedere a un'integrazione corretta e significativa del canto nel vivo dell'azione liturgica. 13. L'adozione di questo "repertorio nazionale" da parte delle diocesi, e quindi di tutti coloro che in esse sono incaricati del canto e della musica nella liturgia, può avvenire in vari modi: - se la diocesi (o la regione ecclesiastica) ha già un suo repertorio, converrà, appena possibile, integrarlo con tutto o parte del "repertorio nazionale," contribuendo in tal modo a diffonderlo nelle singole parrocchie e comunità; - se invece la diocesi (o la regione ecclesiastica) non ha ancora elaborato un proprio repertorio, il presente potrebbe diventare un primo nucleo, attorno a cui costruire gradatamente una raccolta, adatta alle esigenze diocesane o regionali. 14. A livello nazionale, è auspicabile che la partecipazione di tutti al canto liturgico in occasione di incontri, convegni, pellegrinaggi, venga favorita dall'adozione, di volta in volta, di almeno una parte di questi canti così che, in un tempo abbastanza breve, essi possano costituire un fondo comune. Ciò verrà incontro anche alle esigenze dei fedeli che, per svariate ragioni (lavoro, turismo, ecc.), si spostano all'interno del territorio nazionale e desiderano ritrovare ovunque qualche canto conosciuto. 15. La diffusione locale dei brani del "repertorio nazionale" deve essere rispettosa delle leggi vigenti e dei diritti d'autore. La pubblicazione di testi o di melodie nei repertori locali (parrocchiali, diocesani, regionali) deve essere autorizzata dagli editori, proprietari dei canti.

Roma, 6 gennaio 2000 Epifania del Signore

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Precisazioni dell'Ufficio Liturgico Nazionale sul Repertorio Nazionale di canti per la liturgia.

1. Lo scopo della pubblicazione di questa selezione nazionale di canti (NB: non "dei" canti) adatti alle celebrazioni liturgiche - non è quello di stabilire un'esclusività inappellabile, che avrebbe come effetto di rendere illegittimo l'utilizzo di qualsiasi altro canto153 - ma è quello di segnalare e di rendere accessibili canti di un certo valore, quanto a testo, musica e pertinenza rituale. Un certo numero di essi rischierebbe altrimenti di rimanere ignoto o sottovalutato. Una gran parte invece ha già dato buona prova ed è confermata dall'uso154. 2. È esperienza documentabile che troppo spesso si scelgono, per celebrare la liturgia, canti che sono privi di uno o di tutti i caratteri fondamentali della celebrabilità: validità teologica dei testi, buona qualità linguistica e musicale, cantabilità effettiva da parte di un'assemblea media e, soprattutto, reale pertinenza rituale. I canti del Repertorio nazionale, invece, si avvicinano a questi valori ed è per questo che sono stati selezionati.. Ciò non significa affatto che anche altri canti , oggi (e domani) in circolazione, non siano dotati di qualità analoghe, in maggiore o minor misura: essi perciò non vanno affatto considerati d'ora in poi come superati o esclusi 155.

153 Premessa, n. 5 154 Premessa, n. 2 155 Premessa, nn. 5,6,7

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3. Il tipo di "utente" medio-statistico a cui questa selezione cerca di venire incontro, è la persona che frequenta le consuete assemblee parrocchiali della domenica. Altre assemblee, più specifiche e più caratterizzate - formate ad es. da bambini, o da giovani, o da anziani, o da membri di singoli movimenti ecclesiali, o da realtà monastiche o altre particolari comunità - qui non sono state prese in considerazione156. 4. La pubblicazione del Repertorio nazionale dovrebbe persuadere tutti gli animatori musicali, in qualsiasi genere di assemblea liturgica, ad adottare nella scelta pratica dei canti, i medesimi criteri che hanno ispirato questa raccolta, anche se, in specie, questo potrà portare - per buone ragioni - a scelte differenti. Il problema, in definitiva, non è se ammettere o escludere determinati stili musicali del passato o del presente. l'importante oggi è apprendere l'arte del celebrare, la quale richiede che ogni elemento, o segmento della liturgia - quindi anche il canto e le musiche - venga a collocarsi in modo corretto e in maniera significativa entro la concreta dinamica del rito, per e nella singola assemblea e nel contesto che ad essa è proprio.

INDICE TEMATICO ACCLAMAZIONI DELL'ASSEMBLEA: PNMR 14,15 - come si proferiscono PNMR 18 - al Kyrie PNMR 30 - dopo le letture PNMR 89, 91 - al Vangelo PNMR 35, 95, 21,8 - al Sanctus PNMR 55 b - all'anamnesi PNMR 17 a, - alla dossologia finale PNMR 55 h -dopo l'embolismo Liberaci o Signore PNMR 111, 193. ADATTAMENTO: SC 119; MS 61; LC 273. AGNELLO DI DIO: PNMR 17 b, 56 e, 113, 226. ALLELUIA: PNMR 17, 21, 37-39, 92-93, 131. ANIMATORE DEL CANTO: MS 21. ANTIFONA: di ingresso PNMR 25, 26, 215 - all'offertorio PNMR 50, 221 - alla Comunione PNMR 56 i, 228. CANTO: PNMR 12, 18, 19, 22, 324 - d'ingresso PNMR 17 b, 21, 25-26, 83 - dopo le letture PNMR 36-40, 90, 92-93, 324, 328 - al Vangelo PNMR 17, 37-391 92-93, 131 - all'offertorio PNMR 17b, 50, 100 - alla Comunione PNMR 17 b, 119 - dopo la Comunione PNMR 17 a, 56 i, 56 j, 121. CANTO DEI MINISTRI: MS 7-8-14-26-56; LC 284 RNCL 10. CANTO DELLA LITURGIA DELLE ORE: v. LC cap V; MS 37-38-39-40-41 CANTO GREGORIANO: SC 116-117; MS 4- 50; LC 274.

156 Premessa, n. 8

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CANTORE: all'introito PNMR 26 - al Kyrie PNMR 30 - al salmo responsoriale e Alleluia PNMR 36-37, 90 - per le intenzioni della preghiera dei fedeli PNMR 47 - all'offertorio PNMR 50 - all'Agnus Dei PNMR 56 e - alla Comunione PNMR 56 i - sostegno del canto del popolo PNMR 64, 78, 272 - intonazione del Gloria in excelsis PNMR 87. CANTO RELIGIOSO POPOLARE: SC 118 COMPOSITORI: SC 121; MS 54-56-59. COMUNIONE (canto di c.): PNMR 17b, 119 – (dopo la c.) PNMR 17a, 56i, 56j, 121. CONCERTI SPIRITUALI: v. CNC FANCIULLI: DMF 30-31-32 PFM 7 FORMAZIONE LITURGICA/SPIRITUALE: SC 115; MS 18-24-25-39-67-CNL-3-5-9-RB-4 GENERI MUSICALI: MS 9. GIOVANI : v. MG 12-16 GLORIA IN EXCELSIS DEO: PNMR 17 a, 24, 31, 87, 215. GRADUALE: PNMR 36, 39. GRADUALE ROMANUM e GRADUALE SIMPLEX: PNMR 26, 36, 37, 50, 56 i). INGRESSO:(canto di) PNMR 17 b, 24-26. INNI: PNMR 19; LC 280; dopo la Comunione PNMR 56 j, 121. ISTITUTI DI MUSICA SACRA (scuole diocesane di musica e liturgia): SC 115; MS 52; CNL 14 KYRIE, ELEISON: PNMR 24, 30, 87. LATINO (lingua latina): almeno per alcune parti PNMR 19; MS 48-49; CNL 25 LIBRO DEI CANTI per il sacerdote: PNMR 80a. LINGUA: MS 45-47-58; LC 275-276 LITURGIA DELLA PAROLA: v. ACCLAMAZIONI DELL’ASSEMBLEA – CANTO – CANTORE – GRADUALE – SALMISTA – SALMO – SEQUENZA. MAESTRO DEL CORO: PNMR 64, 272. MUSICA REGISTRATA: CNL 5. MUSICI: PNMR 63.

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OFFERTORIO: (canto di) PNMR 17b, 50. ORGANISTA: PNMR 63. ORGANO: PNMR 12, 275. PARTECIPAZIONE DEI FEDELI: PNMR 3-4, 14-17, 19, 31, 32, 34, 35 - 37, 43-44, 47, 49, 55, 56a)b)e)g)i)k), 62-64, 76-77, 82. MS 15-16-28-29-33-34; CNL 6-12; RB 3; RNCL 8. PATRIMONIO DELLA MUSICA SACRA: SC 114; CNL 26; CNC 6-9-11 PREGHIERA EUCARISTICA: PNMR 10, 48, 54-55, 108-110, 134-135, 168-191, 223, 321-322. REPERTORIO: v. RB e RNCL; CNL 23-27; RESPONSORIO: LC 281-2 RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE: PNMR 56 j, 121, 230. SALMISTA: PNMR 36, 67, 90. SALMO: PNMR 19 - alleluiatico PNMR 38 - responsoriale PNMR 17a, 36, 39, 90, 272 - dopo la Comunione PNMR 56 i, 121. LC 278-279 CNL 22. SANCTUS BENEDICTUS: PNMR 17, 55 b, 108, 168. SCHOLA CANTORUM (CORO/CORALE): v. CNL; ruolo PNMR 63; CNL 12-13; RB 3; CNL 16-17; - intervento PNMR 26, 30, 31, 37, 50, 56 e) i), 87 - collocazione PNMR 257, 274 ; MS 7-19-20-23; RNCL 9; SEQUENZA: PNMR 40. SILENZIO: MS 17-66; CNL 21. SOLENNITA’ LITURGICA: MS 11-16-38. STRUMENTI MUSICALI: PNMR 12, 275; SC 120; MS 62-63; CNC 7; RNCL 11. TROPO: al Kyrie, eleison PNMR 30. VANGELO: canto al Vangelo PNMR 36 b. VERSETTO prima del Vangelo: PNMR 37 b, 38-39, 92-93, 131.

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