Click here to load reader
Upload
salvatore-germinara
View
362
Download
0
Embed Size (px)
DESCRIPTION
TRATTO DA:OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA PENALE AL 30 N0VEMBRE 2009 di CARMELA FORESTA…………………………………….………………………………………..Cassazione, Sez. II, 2 novembre 2009, n.42075 sul momento consumativo del delitto di usura. Con la pronuncia in esame, la Corte di legittimità torna ad affrontare la questione relativa alla consumazione del delitto di usura, anche ai fini dell’individuazione del dies a quo per la decorrenza della prescrizione. Un indirizzo interpretativo ormai superato riteneva che il delitto di usura si consumasse nel momento della pattuizione del contratto illecito, con la conseguenza che tutte le condotte successive, anche quelle di riscossione del debito, venivano ricondotte al paradigma del post factum non punibile (in tal senso si vadano: Cass. pen., sez. II, 8.11.1984, Rossi; Cass. pen., sez. II, 7.5.1988, Mascioli; Cass. pen., sez. II, 24.4.1990, Di Rocco). La dottrina maggioritaria sottolineava le storture che una simile interpretazione suscitava sia con riferimento alla disposizione normativa, sia sul piano di una efficace repressione del fenomeno usuraio. Sotto il primo profilo si sottolineava la disposizione letterale della norma che, già nell’originaria previsione, puniva chiunque si fa promettere o si fa dare, mettendo in evidenza la duplicità delle condotte descritte dalla fattispecie incriminatrice. Sotto altro profilo si denunciava che una simile interpretazione lasciava impuniti tutti quei comportamenti, assai frequenti nella prassi, di soggetti terzi che interagissero con l’autore originario nella fase di riscossione del debito, successiva al momento della promessa usuraia, atteso che in quest’ultimo momento si individuava la consumazione dell’illecito in esame . Proprio in considerazione delle perplessità denunciate, già sotto la vigenza della precedente disciplina, la giurisprudenza era giunta all’interpretazione secondo la quale le condotte penalmente rilevanti della fattispecie de qua sarebbero due, in rapporto di alternatività. Una prima condotta penalmente rilevante è quella del farsi promettere che si consuma nel momento stesso della promessa usuraia se la promessa non viene mantenuta; una seconda condotta è quella del farsi dare che è suscettibile di una esecuzione frazionata nel caso in cui la riscossione del debito venga rateizzata; in tal caso la prescrizione decorre dall’ultima riscossione effettuata (in tal senso, tra le altre, si veda: Cass. pen., sez. II, 12 giugno 2007, n. 26553 ) Tale interpretazione è stata recepita anche dal legislatore che con la legge 108/1996 ha introdotto l’art. 644ter c.p. sancendo espressamente che “la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale”. Nella vicenda odierna la Corte torna ad affrontare la questione in occasione del ricorso dell’imputato che, condannato in primo e secondo grado per il delitto di cui all’art. 644 c.p., lamenta erronea applicazione della legge penale giacchè a suo avviso il termine di prescrizione sancito dall’art 644ter c.p. sarebbe applicabile solo ai contratti successivi all’entrata in vigore della norma. Per quelli antecedenti, secondo il ricorrente, il dies a quo della prescrizione dovrebbe individuarsi nel giorno della conclusione del patto illecito. I giudici di legittimità rigettano il ricorso sulla base del seguente principio di diritto: il delitto di usura si configura come un reato a schema duplice, costituito da due fattispecie - destinate strutturalmente l'una ad assorbire l'altra con l'esecuzione della pattuizione usuraria - aventi in comune l'induzione del soggetto passivo alla pattuizione di interessi od altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile. L'una, che si configura con la sola accettazione del sinallagma si verifica quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte, non viene mantenuta, il reato si
Citation preview
1
1
TRATTO DA:
OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA PENALE AL 30 N0VEMBRE 2009
di CARMELA FORESTA
…………………………………….
………………………………………..
Cassazione, Sez. II, 2 novembre 2009, n.42075 sul momento
consumativo del delitto di usura.
Con la pronuncia in esame, la Corte di legittimità torna ad
affrontare la questione relativa alla consumazione del delitto di
usura, anche ai fini dell’individuazione del dies a quo per la
decorrenza della prescrizione.
Un indirizzo interpretativo ormai superato riteneva che il
delitto di usura si consumasse nel momento della pattuizione del
contratto illecito, con la conseguenza che tutte le condotte
successive, anche quelle di riscossione del debito, venivano
ricondotte al paradigma del post factum non punibile (in tal senso
si vadano: Cass. pen., sez. II, 8.11.1984, Rossi; Cass. pen., sez.
II, 7.5.1988, Mascioli; Cass. pen., sez. II, 24.4.1990, Di Rocco).
La dottrina maggioritaria sottolineava le storture che una simile
interpretazione suscitava sia con riferimento alla disposizione
normativa, sia sul piano di una efficace repressione del fenomeno
usuraio.
Sotto il primo profilo si sottolineava la disposizione letterale
della norma che, già nell’originaria previsione, puniva chiunque
si fa promettere o si fa dare, mettendo in evidenza la duplicità
delle condotte descritte dalla fattispecie incriminatrice.
Sotto altro profilo si denunciava che una simile interpretazione
lasciava impuniti tutti quei comportamenti, assai frequenti nella
2
2
prassi, di soggetti terzi che interagissero con l’autore originario
nella fase di riscossione del debito, successiva al momento della
promessa usuraia, atteso che in quest’ultimo momento si
individuava la consumazione dell’illecito in esame1.
Proprio in considerazione delle perplessità denunciate, già sotto
la vigenza della precedente disciplina, la giurisprudenza era
giunta all’interpretazione secondo la quale le condotte
penalmente rilevanti della fattispecie de qua sarebbero due, in
rapporto di alternatività. Una prima condotta penalmente
rilevante è quella del farsi promettere che si consuma nel
momento stesso della promessa usuraia se la promessa non viene
mantenuta; una seconda condotta è quella del farsi dare che è
suscettibile di una esecuzione frazionata nel caso in cui la
riscossione del debito venga rateizzata; in tal caso la prescrizione
decorre dall’ultima riscossione effettuata (in tal senso, tra le altre,
si veda: Cass. pen., sez. II, 12 giugno 2007, n. 26553 )
Tale interpretazione è stata recepita anche dal legislatore che
con la legge 108/1996 ha introdotto l’art. 644ter c.p. sancendo
espressamente che “la prescrizione del reato di usura decorre
dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del
capitale”.
Nella vicenda odierna la Corte torna ad affrontare la questione
in occasione del ricorso dell’imputato che, condannato in primo
e secondo grado per il delitto di cui all’art. 644 c.p., lamenta
erronea applicazione della legge penale giacchè a suo avviso il
termine di prescrizione sancito dall’art 644ter c.p. sarebbe
applicabile solo ai contratti successivi all’entrata in vigore della
norma. Per quelli antecedenti, secondo il ricorrente, il dies a quo
1 A carico di tali soggetti poteva ravvisarsi una responsabilità a titolo di favoreggiamento, ma mai a titolo di concorso attesa l’avvenuta consumazione del reato.
3
3
della prescrizione dovrebbe individuarsi nel giorno della
conclusione del patto illecito.
I giudici di legittimità rigettano il ricorso sulla base del
seguente principio di diritto: il delitto di usura si configura come
un reato a schema duplice, costituito da due fattispecie - destinate
strutturalmente l'una ad assorbire l'altra con l'esecuzione della
pattuizione usuraria - aventi in comune l'induzione del soggetto
passivo alla pattuizione di interessi od altri vantaggi usurari in
corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile.
L'una, che si configura con la sola accettazione del sinallagma si
verifica quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte,
non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola
accettazione dell'obbligazione rimasta inadempiuta e da tale
momento decorre la prescrizione.
L’altra è caratterizzata dal conseguimento del profitto illecito
con la conseguenza che il verificarsi dell'evento lesivo del
patrimonio altrui si atteggia non già ad effetto del reato, più o
meno esteso nel tempo in relazione all'eventuale rateizzazione
del debito, bensì ad elemento costitutivo dell'illecito il quale, nel
caso di integrale adempimento dell'obbligazione usuraria, si
consuma con il pagamento del debito.
La Corte precisa, altresì, che tale interpretazione era quella già
manifestata ante riforma e che l’art. 644ter ha solo recepito detto
orientamento giurisprudenziale. Sulla base di tali motivazioni
rigetta il ricorso e conferma la sentenza impugnata.
………………………………
……………………………………….