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Cellule staminali del dente 10 Thimios Mitsiadis Annamaria Massa Giovanna Orsini l’epitelio orale si spessisce per formare il c.d. organo dello smalto. Questo è compo- sto da quattro diverse popolazioni di cellule epiteliali: il reticolo stellato, lo strato inter- medio, l’epitelio adamantino interno e l’e- pitelio adamantino esterno. Nel corso degli stadi successivi dello sviluppo, le cellule del mesenchima della papilla dentale, esposte all’epitelio adamantino interno, si differen- 10.1 Sviluppo e rigenerazione del dente Lo sviluppo del dente è il risultato delle interazioni reciproche e sequenziali tra l’e- pitelio orale e il mesenchima derivato dalla cresta neurale. Durante gli stadi precoci dello sviluppo del dente, in seguito alle interazioni col mesenchima sottostante, Figura 10.1. Sviluppo del dente umano.

Cellule staminali del dente 10 - Cellule staminali del dente 3 neurogenica, miogenica e condrogenica. In vivo, esse sono capaci d’indurre formazione ossea e dentinale. In combinazione

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Cellule staminali del dente 10Thimios Mitsiadis Annamaria Massa Giovanna Orsini

l’epitelio orale si spessisce per formare il c.d. organo dello smalto. Questo è compo-sto da quattro diverse popolazioni di cellule epiteliali: il reticolo stellato, lo strato inter-medio, l’epitelio adamantino interno e l’e-pitelio adamantino esterno. Nel corso degli stadi successivi dello sviluppo, le cellule del mesenchima della papilla dentale, esposte all’epitelio adamantino interno, si differen-

10.1 Sviluppo e rigenerazione del dente

Lo sviluppo del dente è il risultato delle interazioni reciproche e sequenziali tra l’e-pitelio orale e il mesenchima derivato dalla cresta neurale. Durante gli stadi precoci dello sviluppo del dente, in seguito alle interazioni col mesenchima sottostante,

Figura 10.1. Sviluppo del dente umano.

2 Cellule Staminali

state isolate successivamente anche da denti decidui, dall’apice della papilla den-tale, dal follicolo dentale, dal legamento parodontale e dalla gengiva (Figura 10.2).

Cellule staminali della polpa dentale (dental pulp stem cells, DPSC). Si otten-gono dal terzo molare (c.d. “dente del giudizio”), che viene spesso estratto anche se incluso. Al fine di isolare la polpa den-tale, il dente viene sezionato alla giunzione amelo-cementizia e il tessuto pulpare viene digerito con enzimi proteolitici. I pro-tocolli di identificazione delle DPSC si basano sulla morfologia, sulla capacità di adesione alla plastica, sulla proliferazione e sul potenziale differenziativo. Un’ulteriore caratterizzazione può essere ottenuta mar-cando le cellule con antigeni propri delle MSC (STRO-1, CD146 e CD144). Le DPSC sono capaci di dare origine in vitro a colture primarie odontogeniche, adi-pogeniche, condrogeniche, miogeniche e neurogeniche, mentre in vivo, DPSC asso-ciate a materiali ceramici (idrossiapatite/fosfato tricalcico), possono dare origine

ziano in odontoblasti capaci di secernere dentina, la cui presenza è a sua volta neces-saria per il differenziamento in ameloblasti da parte delle cellule dell’epitelio dentale interno. Gli ameloblasti producono speci-fiche proteine della matrice extracellulare dello smalto fino al momento dell’eruzione del dente, quando questi elementi scompa-iono. Durante questo processo si ha lo svi-luppo della radice dentale e del legamento parodontale, e la deposizione del cemento e di osso alveolare (Figura 10.1).

La rigenerazione dei tessuti dentali in seguito a carie, traumi o altre malattie del cavo orale è assai limitata. Nella pra-tica odontoiatrica, per supplire a questa intrinseca carenza del dente, si impiegano biomateriali metallici, ceramici o polime-rici come sostituti tessutali, mentre per la sostituzione di un intero dente si utilizza la tecnica dell’impianto dentale. Promet-tenti gli sviluppi applicativi delle tecniche di ingegneria tissutale, basate su una cono-scenza approfondita dei meccanismi bio-logici di riparazione e/o rigenerazione dei tessuti dentali.

10.2. Cellule staminali del dente

I processi riparativi e rigenerativi del dente implicano l’attività e la reciproca interazione di cellule staminali mesenchi-mali (che daranno origine a odontoblasti, osteoblasti e fibroblasti) e cellule stami-nali epiteliali (che daranno origine agli ameloblasti). Le prime (mesenchymal stem cells, MSC) possono essere isolate da tes-suti dentali adulti o postnatali, mentre le seconde (epithelial stem cells, EpSC) scom-paiono subito dopo l’eruzione del dente.

Cellule staminali mesenchimali dentali (dental mesenchymal stem cells, DMSC). Identificate per la prima volta nella polpa dentale di denti permanenti umani, sono

CORONA

COLLETTO

RADICE

smalto

dentinapolpa dentale

(DPSC, SHED)

cemento

periostio (PPSC)legamento

parodontale (PDLSC)

papilla apicale (SCAP)

osso alveolare

Figura 10.2. Nicchie di cellule staminali nel dente adul-to. Abbreviazioni: DPSC, cellule staminali della polpa dentale; SHED, cellule staminali derivate da denti deci-dui; PDLSC, cellule staminali del legamento parodonta-le; SCAP, cellule staminali della papilla apicale.

3Capitolo 10 - Cellule staminali del dente

neurogenica, miogenica e condrogenica. In vivo, esse sono capaci d’indurre formazione ossea e dentinale. In combinazione con substrati biologici derivati da dente umano, si ha formazione di un tessuto simile alla polpa dentale (Tabella 10.1).

Cellule staminali della papilla apicale (SCAP). Vengono isolate dalla papilla api-cale della radice, un tessuto posto all’a-pice dei denti permanenti. Paragonate alle DPSC, le SCAP mostrano in vitro maggiore attività proliferativa e migrato-ria. Oltre ai consueti marcatori di super-ficie delle MSC, le SCAP esprimono il CD24, una molecola di adesione cellulare. Il potenziale odontogenico delle SCAP è stato dimostrato anche in vivo in associa-zione a un substrato ceramico (Tabella 10.1).

alla formazione del complesso pulpo-den-tinale. DPSC autologhe associate a colla-gene sono impiegate nella ricostruzione di difetti ossei periodontali.

Cellule staminali derivate da denti deci-dui (stem cells from human exfoliated deci-duous, SHED). Questi elementi possono essere isolati con la stessa procedura delle DPSC. Oltre alle molecole di superficie STRO-1 e CD146, le SHED esprimono molteplici marcatori neurali e gliali (nestina, β III tubulina, GAD, NeuN, GFAP, NFM, CNPase). Rispetto alle DPSC le SHED mostrano un maggior tasso proliferativo ma una minore capacità di formare in vivo complessi pulpo-dentinali. Nei saggi di dif-ferenziamento in vitro, le SHED mostrano capacità odonto/osteogenica, adipogenica,

Tabella 10.1. Caratteristiche delle cellule staminali mesenchimali umane del dente

TESSUTO DENTALE ABBR. POTENZIALE DIFFERENZIATIVO MARCATORI DI SUPERFICIE

in vitro in vivo

Polpa dentale DPSC odontogenicoadipogenico

condrogenico osteogenico miogenico

neurogenico

polpa-dentinaosso

cuore muscoli

denti

STRO -1 CD146 CD44

Denti decidui SHED neurogenicoadipogenico osteogenico

odontogenico miogenico

condrogenico

ossodentina

denti

STRO-1 CD146

Papilla apicale radicolare

SCAP odontogenicoadipogenico

dentina STRO-1 CD146 CD44 CD24

Legamento parodontale

PDLSC adipogenicocondrogenico osteogenico

cemento genico

cementotessuto simil PDL

STRO-1 CD146 CD44

Follicolo dentale DFSC osteogenicocementogenico

cemento PDL STRO-1 CD44

BMPR-IA BMPR-IB BMPR-II

4 Cellule Staminali

dentale esterno e l’epitelio dentale interno si fondono per formare la guaina epiteliale radicolare di Hertwing (HERS), da cui derivano cellule epiteliali, un’ulteriore pos-sibile fonte di EpSC dentali.

10.3 Riparazione e rigenerazione del dente

A seguito di traumi o infezioni che creano un danno alla polpa e/o al tessuto parodontale, i tessuti del dente presentano una limitata capacità riparativa o rige-nerativa. I denti danneggiati richiedono approcci terapeutici diversi, secondo il grado e il tipo di lesione. Sebbene lo svi-luppo di nuovi materiali biocompatibili abbia migliorato notevolmente la qualità dei trattamenti odontoiatrici conservativi, essi hanno dei notevoli limiti in termini di funzionalità e durata a causa di una loro intrinseca incapacità di integrarsi comple-tamente col microambiente circostante. Per superare questi limiti si sono sviluppati nuovi approcci terapeutici volti a miglio-rare la risposta biologica dei tessuti ai bio-materiali impiantati.

Rigenerazione del complesso polpa/den-tina. Diversi fattori di crescita sono stati utilizzati per stimolare la risposta rigene-rativa fisiologica della polpa dentale. Una rigenerazione appropriata del complesso polpa-dentina presuppone la rivascolariz-zazione, la reinnervazione della polpa, e la deposizione di dentina neoformata. DPSC a contatto con la dentina si differenziano in odontoblasti, cellule endoteliali e cellule nervose. DPSC e SCAP isolate dai terzi molari, seminate su una matrice polimerica e trapiantate nello spazio canalare radico-lare vuoto sono capaci di riempire lo spazio vuoto con polpa neoformata vascolarizzata.

Rigenerazione del tessuto parodontale. Il tessuto parodontale presenta progenitori

Cellule staminali del legamento paro-dontale (PDLSC). Il legamento parodon-tale, costituito da connettivo fibroso posto tra il cemento della radice dentale e l’osso alveolare (Figura 10.1), contribuisce alla stabilità del dente e all’omeostasi, al nutri-mento e alla riparazione dei tessuti dentali danneggiati. Le PDLSC esprimono i mar-catori di superficie delle MSC e possono differenziarsi in vitro in cellule adipogeni-che e osteogeniche.

Cellule staminali del follicolo dentale (stem cells from dental follicle, DFSC). Que-sti elementi esprimono STRO-1, CD44 e i recettori per le bone morphogenetic pro-teins IA, IB e II. Esse mostrano potenziale cementogenico e osteogenico (Tabella 10.1).

Cellule staminali del periostio mascellare (periostium-derived precursor cells, PPCS). Questi elementi sono capaci di differen-ziarsi in osteoblasti con potenzialità supe-riore rispetto ad altre fonti.

Cellule staminali epiteliali. Le cono-scenze attuali sulle EpSC derivano da studi nei roditori, in cui le EpSC rappre-sentano gli elementi che garantiscono la continua rigenerazione dello smalto, necessaria per l’alimentazione di questi animali. Nell’uomo, la principale fonte di cellule staminali epiteliali è la polpa dei terzi molari poiché in tali elementi l’organo dello smalto si forma in epoca postnatale, attorno al sesto anno di vita. Le EpSC possono così essere amplificate e associate a DMSC isolate dagli stessi denti, coltivate su spugne di collagene e polimeri sintetici, per generare un nuovo dente. EpSC pos-sono essere isolate anche dalla polpa den-tale umana di denti decidui se coltivate in condizioni di assenza di siero. Non è chiaro il significato di questi elementi in rapporto alle potenzialità rigenerative dello smalto. Dopo lo sviluppo della corona, l’epitelio

5Capitolo 10 - Cellule staminali del dente

10.4 Cellule staminali e nanotecnologie

La combinazione cellule staminali e na- notecnologie appare promettente per appli-cazioni cliniche nel campo della medicina rigenerativa. In campo odontoiatrico, na- nomateriali possono essere utilizzati per veicolare farmaci, materiale genetico e pro-teine, per modificare superfici implantari, per effettuare diagnosi.

Nanoparticelle magnetiche. Per la valu-tazione dell’efficacia terapeutica delle cel-lule staminali è importante valutarne la sopravvivenza, la migrazione e l’impatto rigenerativo. Le cellule vengono tracciate in vivo mediante marcatura con fluoro-cromi, transfezione con il gene LacZ o GFP, ovvero con nanoparticelle magne-tiche, come le nanoparticelle di ossido di ferro, coniugate alla superficie delle cellule staminali o internalizzate tramite fagoci-tosi o endocitosi, valutabili con tecniche di risonanza magnetica.

Quantum dots. Questi nanocristalli luminescenti, fotostabili e intensamente fluorescenti possono essere usati per mar-care a lungo termine le cellule staminali.

Trasporto di materiale genetico. Uno dei concetti più interessanti nella manipo-lazione delle cellule staminali è l’utilizzo di nanomateriali per il trasporto intracellu-lare di materiale genetico (RNAi, DNA). In genere si utilizzano vettori virali (ade-novirus, lentivirus o retrovirus) o non-virali (lipidi, polimeri) per ottenerne l’espressione genica stabile. I carrier non virali hanno numerosi vantaggi rispetto a quelli virali, poiché hanno bassi rischi immunogenici e di mutagenesi inserzionale, oltre che una tossicità controllabile. Per migliorare la transfezione non virale vengono utilizzati cationi polimerici (poliplessi) che intergi-scono con la carica negativa del DNA o

cellulari multipotenti ed ha capacità rige-nerativa mediata da fattori di crescita (pla-telet-derived growth factor, PDGF; fibroblast growth factor, FGF), insulin-like growth fac-tors, IGFs; epidermal growth factor, EGF).

Rigenerazione dello smalto. Cellule dei residui epiteliali del Malassez (ERM) otte-nute dalla mandibola di maiale possono differenziarsi in vitro in ameloblasti in seguito a co-coltura con cellule della polpa dentale. Inoltre, dopo il trapianto delle cel-lule dell’ERM in combinazione a cellule del tessuto pulpare, si può ottenere la for-mazione di un tessuto simile alla dentina.

Rigenerazione dell’intero dente. Vi so- no due possibili approcci per la forma-zione di un nuovo dente. Il primo consiste nell’associazione in vitro di cellule stami-nali epiteliali e mesenchimali fino alla for-mazione del germe dentario. Questo può essere quindi trapiantanto nell’osso alve-olare, dove si sviluppa, erompe e diventa un dente funzionale. Il secondo approccio consiste nell’impianto nelle cavità alveo-lari di matrici polimeriche coniugate con cellule staminali epiteliali e mesenchimali. Tali matrici devono essere biodegradabili e dotate di architettura tridimensionale ido-nea per il trapianto di cellule. Denti bio-ingegnerizzati originati da cellule umane sono stati prodotti finora in siti ectopici e mancano ancora di elementi essenziali come una radice completa e il tessuto paro-dontale, essenziali per il corretto ancorag-gio all’osso alveolare. Per tale ragione, ci si dedica attualmente, in modo particolare, a studiare soluzioni per la rigenerazione della radice e del paradonto. Usando differenti matrici è stato possibile, sia in vitro che in vivo, indurre il differenziamento in vitro di PDLSC e DPSC nei vari tipi cellulari che compongono la radice e/o il tessuto paro-dontale.

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Letture consigliate

1. D’Aquino R, et al. Human mandible bone defect repair by the grafting of den-tal pulp stem/progenitor cells and collagen sponge biocomplexes. Eur Cell Mater 2009;18:75-83.

2. Catón J, et al. Future dentistry: cell the-rapy meets tooth and periodontal repair and regeneration. J Cell Mol Med 2011;15:1054-65.

3. Mitsiadis TA, et al. Dental pulp stem cells, niches, and notch signaling in tooth injury. Adv Dent Res 2011;23:275-9.

4. Ferreira L, et al. New opportunities: the use of nanotechnologies to manipu-late and track stem cells. Cell Stem Cell 2008;3:136-46.

5. Harris TJ, et al. Tissue-specific gene deli-very via nanoparticle coating. Biomate-rials 2010;31:998-1006.

6. Trubiani O, et al. Regenerative potential of human periodontal ligament derived stem cells on three-dimensional biomate-rials: a morphological report. J Biomed Mater Res A 2008;87:986-93.

RNAi. La citotossicità dei poliplessi è stata valutata nelle cellule staminali ed i risultati hanno dimostrato che, in generale, essa è correlata con la composizione chimica, la concentrazione, le dimensioni, e la strut-tura del nanomateriale.

Matrici nanostrutturate. Le cellule sta-minali trapiante difficilmente sopravvivono nei tessuti lesionati a causa della mancanza di fattori trofici, di ossigeno, o per carenza di matrice extracellulare. Questo problema può essere in parte superato coniugando le cellule staminali con substrati costituiti da nanofibre biodegradabili/biocompatibili che ricreano temporaneamente il reticolo fibroso tridimensionale della matrice extra-cellulare. Le nanofibre con un diametro di 300-1000 nm sono composte da polimeri naturali, come il collagene e la seta, o da polimeri sintetici come l’acido polilatti- co e la poliamide. L’organizzazione tridi-mensionale, la superficie e la struttura chi-mica delle matrici di nanofibre influiscono sull’autorinnovamento, la migrazione e il differenziamento delle cellule staminali.

10.5 Conclusioni e prospettive

Numerosi studi hanno dimostrato la capacità delle varie popolazioni di cellule staminali di formare tessuti dentali. Tut-tavia, le maggior parte delle terapie cel-lulari che hanno avuto successo in vitro e sull’animale non sono ancora applicabili nella pratica clinica odontoiatrica. È infatti ancora necessario sviluppare tecniche che permettano di seguire il destino e il com-portamento delle cellule staminali adulte trapiantate nel sito di lesione. Le nano-tecnologie combinate con la biologia delle cellule staminali potranno fornire nuove tecniche per la rigenerazione del tessuto dentale.

PulpiteDPSC

Ciste dentalePDLSC,SCAP, DFSC

ParodontitePDLSC

DFSC

Figura 10.3. L’uso di terapie cellulari in alcune comuni malattie del dente.