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«Per un coinvolgimento totale e assoluto dei lavoratori nella Società cooperativa europea»
Sintesi preparatoria alla Conferenza di Bruxelles1
15 e 16 giugno 2006
1 Documento realizzato dalla rete «Projectives», in collaborazione con la CES e la CECOP
Réseau «Projectives»
www.reseau-projectives.org
Con il sostegno della Commissione europea
CES – ETUC Confederazione europea dei sindacati
CECOP
Confederazione europea delle cooperative di produzione e
lavoro, delle cooperative sociali e delle imprese partecipative
2
INDICE
Argomento Pagina
Introduzione 3
1. Il dialogo sociale nelle cooperative 7
1.1. La cooperazione in Europa 7
1.2. La partecipazione nelle cooperative 8
2. Situazione nei sette paesi presi in esame 11
2.1. Germania 11
2.2. Spagna 12
2.3. Francia 14
2.4. Italia 15
2.5. Polonia 17
2.6. Repubblica Ceca 20
2.7. Svezia 21
3. Raccomandazioni e indicazioni per la riflessione 24
3.1. Le problematiche sollevate dallo studio 24
3.2. Indicazioni per la creazione della SCE 26
Conclusioni 27
3
Introduzione «La Commissione è del parere che le potenzialità delle cooperative non siano state
interamente sfruttate e che la loro immagine debba essere migliorata ai livelli
nazionale ed europeo. In questo contesto, delinea azioni per incentivare lo sviluppo
delle cooperative in Europa, migliorandone la visibilità e perfezionando le legislazioni
nazionali sulle cooperative nonché accrescendo il ruolo e il contributo delle
cooperative alla realizzazione delle politiche comunitarie. I temi principali della
comunicazione sono i seguenti:
- come promuovere lo sviluppo del settore delle cooperative in Europa migliorandone
la visibilità, le caratteristiche e la comprensione;
- come migliorare la legislazione sulle cooperative in Europa;
- come mantenere e accrescere il ruolo delle cooperative e il loro contributo alla
realizzazione degli obiettivi comunitari».
Estratto dalla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento
europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 23
febbraio 2004, sulla promozione delle società cooperative in Europa.
Sin dalla loro creazione, le cooperative sono portatrici di valori riconosciuti
universalmente: «l’equità, la giustizia sociale, la solidarietà, l’assenza di
discriminazione, la mancanza di intenti lucrativi, la partecipazione effettiva e
l’emancipazione delle popolazioni considerate, la responsabilità e la gestione
trasparente e democratica.» (Estratto dell’Accordo di Ginevra firmato dall’Alleanza
Cooperativa Internazionale il 7 settembre 2005 nel quadro dell’Alliance Internationale
pour l’Extension de la Protection Sociale).
La cooperativa, in quanto peculiare organizzazione dell’economia sociale, incarna
questo ideale democratico. D’altro canto, è quanto viene riconosciuto nel diritto di
numerosi paesi per mezzo di alcune agevolazioni fiscali. Queste imprese esistono in
Europa dal XIX secolo, e da tempo costituiscono ormai una parte importante
dell’attività economica di tutti i paesi dell’Unione europea; tuttavia, sul piano
comunitario, il loro riconoscimento ha tardato ad arrivare.
4
Dopo 10 anni di trattative (e 30 anni di azioni di lobbying delle organizzazioni
cooperative), il 23 luglio 2003 il Consiglio europeo dei Ministri adotta la direttiva
2003/72/CE, concernente il coinvolgimento dei lavoratori nella Società cooperativa
europea (SCE). La direttiva completa il regolamento n°1435/2003 relativo allo statuto
della società cooperativa europea poiché «disciplina il coinvolgimento dei lavoratori
nelle attività delle società cooperative europee». La direttiva trova applicazione
solamente nel quadro del regolamento, al quale è indissolubilmente associata. Di
conseguenza, una SCE è validamente costituita solamente se sono applicate le
disposizioni della direttiva (Art. 1 e Articolo 11§2 del regolamento, secondo il quale
una SCE può essere iscritta solamente dimostrando di aver adottato le misure
prescritte nella direttiva: ed è mediante questa iscrizione obbligatoria che la SCE
acquisisce la personalità giuridica). Questa condizione, imposta per la prima volta dal
Regolamento sulla Società europea (SE) e qui ripresa, rappresenta una novità nel
dirotto societario.
A questo proposito, osserviamo che i testi della direttiva che completa il regolamento
della SE e della direttiva che completa il regolamento della SCE sono
sostanzialmente identici. Con un’interessante aggiunta nel testo riguardante la SCE:
Articolo 3. 2. b), fine del comma 1 – “Le modalità di nomina, designazione o elezione
dei rappresentanti dei lavoratori dovrebbero mirare a promuovere l’equilibrio di
genere”.
Il contenuto della direttiva si fonda su due importanti principi:
fare in modo che il modello europeo non diventi una scappatoia a rigorose
norme nazionali, pur conferendo una verta flessibilità nella creazione delle
SCE;
non obbligare gli Stati membri imponendo regole in contrasto con il loro
sistema di relazioni sociali. Segnatamente, si tratta di rispettare le peculiarità
nazionali di ciascun paese nella misura in cui ogni legislazione nazionale è il
risultato di un lungo processo storico.
Per «coinvolgimento dei lavoratori» si intende «qualsiasi meccanismo, comprese
l’informazione, la consultazione e la partecipazione, mediante il quale i
rappresentanti dei lavoratori possono esercitare un’influenza sulle decisioni che
5
devono essere adottate nell’ambito dell’impresa». Questi termini, tuttavia, possono
nascondere definizioni diverse da un paese all’altro. La direttiva deve pertanto
essere adattata localmente dal ministero competente di ciascun paese ed essere
trasposta, entro il 18 agosto 2006, nel diritto nazionale di tutti e 25 gli Stati dell’Ue.
Sembra sin d’ora certo che taluni paesi andranno oltre tale data. La Commissione ha
fissato al 18 agosto 2009 la data in cui riesaminerà la direttiva. In quel momento, si
potrà fare il bilancio della situazione. La presente sintesi rientra nel quadro del
processo di trasposizione della direttiva, e affronta le questioni relative al
coinvolgimento dei lavoratori. Tuttavia, non è questa la sede per trattare la posta in
gioco giuridica dei due testi2, né le ambiguità generate dal loro confronto3. La loro
interpretazione è oggetto di dibattiti e trattative a livello sia nazionale che europeo.
«Migliorare la comprensione delle problematiche delle società cooperative al fine di
favorire il coinvolgimento dei lavoratori e, quindi, incentivare l’adozione di azioni
congiunte»: questa la posta principale del progetto, in sintonia con l’applicazione
della direttiva. Benché lo statuto della SCE valga per l’insieme delle cooperative
(agricole, di credito, di lavoro, di consumatori), il raggio d’azione dello studio è stato
circoscritto alle strutture in cui il lavoratore diventa un partecipante particolarmente
attivo nel processo decisionale: «le cooperative di lavoro». Quattro gli obiettivi
prefissati:
1 – Sintesi: esporre la situazione delle prassi nelle cooperative in materia di
partecipazione dei lavoratori.
2 – Comprensione: apprezzare meglio la posizione degli Organismi
rappresentativi del personale all’interno delle società cooperative.
3 – Dialogo: favorire lo scambio di esperienze attraverso incontri nei differenti
paesi e un convegno.
4 – Azione: giungere alla definizione e alla scelta di azioni congiunte.
In un primo tempo, la sintesi tratta del movimento cooperativo in Europa e delle
relative problematiche specifiche in materia di partecipazione dei lavoratori (soci e
non).
2 Sull’opportunità di adottare il sistema dualista o monista, oppure, ancora, sul rischio del «dumping fiscale», per esempio. 3 Per esempio, nella versione francese della direttiva, la Société Coopérative Européenne è designata con l’acronimo SCE, mentre nel regolamento è utilizzato l’acronimo SEC.
6
In aggiunta a questa visione d’insieme, ciascun paese dell’Unione europea ha
elaborato una propria legislazione in materia di cooperazione, nel quadro definito
dalla Dichiarazione sull’identità cooperativa (vedi oltre).
Le prassi di cooperazione, pertanto, differiscono largamente da un paese all’altro. Il
tema della seconda parte della sintesi è di fornire i risultati del nostro studio nei sette
paesi considerati (Germania, Spagna, Italia, Francia, Polonia, Repubblica Ceca,
Svezia). Tuttavia non ci soffermiamo in dettaglio sulle specificità giuridiche nazionali.
La terza parte descrive varie problematiche e le raccomandazioni che, secondo noi,
dovrebbero far proprie gli attori coinvolti nel presente progetto. Da ultimo, ci sembra
che il presente studio cada a proposito, vale a dire in un momento storico in cui, in
numerosi paesi, il movimento sindacale e il movimento cooperativo, storicamente
contrapposti per molto tempo, trovano nella riforma europea l’occasione per
riannodare il dialogo.
7
1. Il dialogo sociale nelle cooperative
1.1. La cooperazione in Europa Le cifre sulle cooperative in Europa sono dibattute in particolare per una questione
metodologica. In termini generali, ricordiamo che l’Unione europea (25 paesi) conta
circa 1 milione di lavoratori nelle cooperative di lavoro, per un numero approssimato
di 60.000 strutture. I paesi con il maggior numero di cooperative di lavoro sono
Spagna e Italia.
I principi che regolano il funzionamento della cooperazione sono stati decretati dalla
«dichiarazione sull’identità cooperativa» (approvata dall’assemblea generale dell’ACI
– Alleanza Cooperativa Internazionale – in occasione del congresso di Manchester
del settembre 1995). La dichiarazione valorizza sette principi costitutivi della
cooperazione:
1. Adesione libera e volontaria
2. Controllo democratico da parte dei soci
3. Partecipazione economica dei soci
4. Autonomia e indipendenza
5. Istruzione, formazione e informazione
6. Cooperazione tra cooperative
7. Impegno verso la collettività
Tutte le organizzazioni che rappresentano il movimento cooperativo aderiscono a
questi principi e, malgrado le differenze tra paesi, il principio «una persona = un
voto» costituisce il denominatore comune nell’insieme del movimento.
Sul piano mondiale, la Dichiarazione mondiale sulle cooperative di produzione e
lavoro del 2003 (della quale segnaliamo il carattere storico) definisce in modo più
specifico il carattere di base e le modalità di funzionamento delle cooperative di
lavoro e produzione: «mirano alla creazione e al mantenimento di posti di lavoro
duraturi e alla creazione di ricchezza, al fine di migliorare la qualità della vita dei
8
lavoratori soci, di conferire dignità al lavoro, di permettere l’autogestione democratica
dei lavoratori e di promuovere lo sviluppo delle collettività locali.»
1.2. La partecipazione nelle cooperative
Abbiamo visto in precedenza come la cooperazione incarni un ideale democratico.
Quali sono gli specifici problemi inerenti a questo tipo di organizzazione in materia di
partecipazione dei lavoratori? In proposito, una qualità che certo non manca è
l’autocritica: i più ferventi sostenitori della cooperazione sono altresì i giudici più
implacabili. Rientra probabilmente nelle caratteristiche della cooperazione la
mentalità di adottare un atteggiamento che coniuga convinzione militante (il lato dei
valori condivisi) e giudizio pragmatico (il lato realistico). Questa parte del testo
descrive sinteticamente i risultati di numerosi studi condotti da ricercatori specializzati
in cooperative e pubblicati nelle riviste scientifiche.
- Una gestione della diversità
Gli studi dimostrano che nelle cooperative la tipologia dei dipendenti è caratterizzata
da una grande diversità. Vi si trovano al contempo semplici lavoratori, lavoratori soci
(lavoratori che possiedono una o più quote del capitale della cooperativa) ma anche
lavoratori occasionali esterni (lavoro interinale, per esempio). Una simile situazione,
con interessi non sempre concordanti, genera tensioni tra i differenti gruppi.
- L’importanza dei leader e la concentrazione del potere
Le cooperative devono spesso affrontare il problema della concentrazione del potere
nelle mani di una minoranza più attiva. La maggior parte dei soci si accontenta perciò
di seguire le indicazioni fornite dai leader. D’altra parte, la dispersione delle quote
sociali potrebbe favorire la creazione di gruppi attorno al nucleo di elite dirigenziali
(quindi, la concentrazione del potere) che, in casi estremi, potrebbero disporre di un
potere maggiore di quanto possibile nelle imprese tradizionali. Le coalizioni tra
detentori di quote sociali sono, infatti, più difficili da stringere rispetto a quanto
accade nelle imprese classiche. L’apparizione di un contropotere è pertanto
9
problematica e raggiunge un paradosso democratico: la ricerca del consenso rende
difficoltosa la nascita di un’opposizione strutturata.
- La scarsa partecipazione
Da alcuni studi spagnoli emerge che le cooperative devono affrontare il problema
della partecipazione al processo decisionale. Nelle cooperative di minori dimensioni
l’importanza di questa partecipazione si fa sentire maggiormente. La partecipazione
dei lavoratori diminuisce con l’avanzare dell’età e con l’aumento delle dimensioni
della struttura. Negli organi direttivi, gli uomini sono più rappresentati delle donne.
Alcuni studi riportano che le donne sostengono di subire forme di discriminazione.
- Il ruolo dei sindacati
Complessivamente, i sindacati hanno una scarsa presenza nelle cooperative.
L’esistenza di un sindacato sembra spesso contrastante con lo statuto della
cooperativa. Una cooperativa ha forse bisogno di una rappresentanza sindacale,
visto che i lavoratori sono essi stessi i «datori di lavoro»? Non sono forse in grado di
difendere i propri interessi visto che detengono il potere?
- Tensioni tra i rappresentanti eletti e gli esperti incaricati di garantire le performance
Un’importante tensione nelle cooperative di lavoro: tra i lavoratori soci e i membri del
consiglio d’amministrazione. In altre parole, tra i «cittadini» attivi nel processo
decisionale e gli «esperti» legittimati dalle loro competenze. Una tensione che si fa
sentire maggiormente quando la cooperativa è operativa da molto tempo. Nella fase
di creazione di una cooperativa, constatiamo una partecipazione di tipo più diretto.
Sono gli eletti che detengono il potere. A poco a poco, questi delegano i loro poteri
agli esperti (marketing, finanze, ecc.) rinomati per la loro competenza tecnica. Ecco
quindi che, progressivamente, alla logica del funzionamento democratico si
sostituisce una logica di gestione che mette al primo posto le performance
economiche.
10
- La duplice qualità del socio di cooperativa: lavoratore-dipendente e socio
È il fulcro della problematica riguardante le cooperative di lavoro: la duplice funzione
del socio di cooperativa introduce differenze statutarie nell’impresa. Nella maggior
parte delle volte ciò comporta differenze in materia di diritto del lavoro ma anche
conflitti di ruolo.
11
2. Situazione nei sette paesi presi in esame
2.1. Germania
Il seguente testo è basato unicamente sulle risposte di un solo movimento
cooperativo (PVDP) e dovrà essere opportunamente completato in occasione del
seminario.
Il movimento cooperativo
Il movimento cooperativo tedesco è particolarmente importante sul piano nazionale.
Le cooperative di lavoratori sono tuttavia meno numerose, rispetto agli altri tipi di
cooperative, e la loro situazione non è ancora del tutto stabilizzata.
Per esempio, lo statuto di lavoratore dipendente-socio (assenza di un autentico
contratto di lavoro nella parte orientale del paese, in particolare) è oggigiorno oggetto
di riflessioni al fine di limitare i rischi di una perdita di controllo in materia di
protezione del lavoratore. In proposito, tuttavia, si oppongono differenti visioni e non
si è ancora giunti a una decisione definitiva. La situazione, segnatamente riguardo al
diritto del lavoro, non è molto chiara (le decisioni dei tribunali sono contrastanti). Una
possibilità per uscire dall’impasse può essere l’applicazione dello statuto di co-datore
di lavoro.
Relazioni tra sindacati e movimento cooperativo
In termini generali, i sindacati tedeschi non hanno relazioni ufficiali con il movimento
cooperativo. La specificità tedesca in materia di cooperazione mostra tuttavia due
realtà: nella zona Ovest, le relazioni tra organizzazioni sindacali e movimento
cooperativo sono quasi del tutto assenti, mentre nella zona Est le relazioni sono
abbastanza frequenti, benché di tipo locale. Questo dipende però in primo luogo
dalla personalità e dalla volontà espresse localmente. Sul piano istituzionale, la
confederazione cooperativa ha comunicato l’intenzione di sviluppare interazioni con i
sindacati in considerazione di obiettivi politici simili, anche se perseguiti con mezzi
12
differenti. È necessario trovare un modello originale di dialogo sociale tra i due
movimenti.
La direttiva SCE
A Berlino sono in corso i dibattiti sulla trasposizione della direttiva. Per le regioni
dell’ex Germania dell’Est, la SCE rappresenta anche una possibilità per rafforzare il
movimento cooperativo in un territorio in cui la cooperativa era una dei simboli
dell’antico regime. La prospettiva di avviare cooperazioni transfrontaliere lascia
credere che lo statuto della SCE possa offrire opportunità autentiche alle cooperative
tedesche. In particolare, è prevista la costituzione di una SCE alla frontiera con la
Repubblica Ceca, nel settore agricolo.
2.2. Spagna
Il movimento cooperativo
Il movimento cooperativo spagnolo è uno dei più importanti d’Europa per numero di
strutture e numero di dipendenti: 18.000 cooperative di lavoro e oltre 220.000
lavoratori. Sul piano universitario, abbiamo non meno di 240 professori che hanno
rivolto le proprie ricerche verso il settore delle cooperative. La forza del movimento
cooperativo spagnolo sta anche nella sua ramificazione regionale e nazionale, alla
quale però si affianca una notevole complessità legislativa: 13 differenti leggi che
disciplinano l’attività delle cooperative, una per ciascuna regione autonoma (per
questo motivo, taluni si esprimono piuttosto in termini di “debolezza” del movimento).
Il gruppo di cooperative di Mondragon, nei Paesi Baschi, è citato frequentemente
come esempio di sviluppo internazionale delle cooperative.
Relazioni tra sindacati e movimento cooperativo
Le organizzazioni rappresentative del movimento cooperativo (nel quadro dello
studio, della COCETA; l’altra organizzazione incontrata, la CONFESAL, rappresenta
in particolare le società anonime di lavoratori che costituiscono piccole imprese) non
13
sono riconosciute ufficialmente come parti sociali. Sono tuttavia presenti nel
Consiglio economico e sociale. Hanno spesso posizioni vicine a quelle del
movimento sindacale (che se ne fa portavoce) e sembra che siano le organizzazioni
dei datori di lavoro a ostacolarne il riconoscimento come parte sociale. CONFESAL
ha la specificità di aver firmato accordi di partenariato con le due principali
confederazioni sindacali spagnole: UGT e CCOO.
Complessivamente, le relazioni tra i movimenti cooperativo e sindacale sono buone e
contraddistinte da una certa fiducia. I punti di convergenza riguardano in particolare
la promozione delle società cooperative (soprattutto il riscatto di imprese da parte dei
lavoratori), la prevenzione dei rischi di infortuni sul lavoro e la formazione continua. Il
principale punto di divergenza ruota invece attorno allo statuto di lavoratore socio. Il
socio di cooperativa è al contempo socio e lavoratore. Lo statuto di socio può
determinare delle deviazioni rispetto al diritto del lavoro. Per questo motivo i sindacati
ritengono che le cooperative non sono sempre e comunque un datore di lavoro
ideale. La rappresentanza sindacale può contribuire a una migliore applicazione dei
principi cooperativi. Dal punto di vista del movimento cooperativo, però, in una
cooperativa non è indispensabile il ruolo sindacale «classico» di rivendicazione, in
quanto tale organizzazione funziona in modo democratico e sostiene sempre gli
interessi dei lavoratori. Questa situazione dovrà aprire un dibattito su nuove modalità
di azione sindacale.
Nondimeno, le opinioni convergono su molti altri punti: democrazia sul lavoro, qualità
dei posti di lavoro, condizioni di lavoro appropriate... I sindacati riconoscono
l’importanza dell’economia sociale in generale, per dimostrare che sono possibili
forme alternative di azione, e sono quindi ampiamente favorevoli allo sviluppo delle
cooperative.
La direttiva SCE
In merito alla direttiva, COCETA e CONFESAL hanno adottato una posizione
congiunta, favorevole alla SCE, ma le trattative tra le parti stentano a prendere il via.
Questo statuto potrebbe forse apportare un elemento di risposta alla diversità delle
leggi spagnole sulle cooperative.
14
2.3. Francia
Il movimento cooperativo
La Confédération Générale des Sociétés Coopératives Ouvrières de Production
(CGSCOP – Confederazione generale delle società cooperative di produzione
lavoro) è l’organo ufficiale di rappresentanza delle cooperative di lavoro in Francia.
Qual è la partecipazione in una cooperativa di lavoro francese? In concreto, le SCOP
riversano il 48% dei risultati ai lavoratori, «il 60% circa dei quali diventa socio con una
partecipazione al capitale». Le seguenti cifre riguardano l’anno 2004 e provengono
dall’Ufficio dei rapporti finanziari della Confédération Générale delle SCOP:
35.353 lavoratori per 1.597 SCOP e 3,2 miliardi di euro di fatturato 54,1% delle SCOP hanno meno di 10 lavoratori (10,9% dei posti di lavoro)
54,1% dei posti di lavoro concentrato nelle SCOP con oltre 50 lavoratori
Dimensioni medie delle SCOP affiliate alla CGSCOP: 22 persone
Relazioni tra sindacati e movimento cooperativo
Storicamente, le relazioni tra movimento cooperativo e movimento sindacale sono
contraddistinte da una forma di reciproca diffidenza, e alternano momenti di
ravvicinamento a periodi di antagonismo. Al momento attuale, riscontriamo diversi
progetti comuni a sindacati e movimento cooperativo. Taluni definiscono
«riscaldamento» questo nuovo periodo storico:
• la sensibilizzazione dei lavoratori allo statuto cooperativo con i sindacati. Si
tratta di una parte dei programmi di formazione con diverse organizzazioni
sindacali. L’obiettivo prefisso è di dimostrare che la cooperazione rappresenta
un’alternativa credibile alle altre forme imprenditoriali.
• La rivendicazione di un contratto collettivo specifico per le cooperative al fine
di «dare l’esempio».
• La posta in gioco del passaggio d’impresa (papy-boom) può favorire il
ravvicinamento tra sindacati e movimento cooperativo.
15
La CGSCOP non è tuttavia ancora riconosciuta come una «parte sociale» a pieno
titolo. Diventa progressivamente un interlocutore reale con i sindacati, in attesa di
diventare ufficialmente un’autorità imprenditoriale (in Francia è stato redatto un
elenco della classe imprenditoriale dell’economia sociale e ha ottenuto risultati molto
interessanti alle ultime elezioni dei probiviri). I sindacati, dal canto loro, vedono di
buon occhio la CGSCOP come interlocutore della classe imprenditoriale. La
CGSCOP ha creato un luogo di scambio informale su tali questioni (il Comitato del
Consiglio di concertazione e conciliazione).
La direttiva SCE
Dal punto di vista del movimento cooperativo, il coinvolgimento dei lavoratori nelle
SCOP è definito in modo più preciso rispetto alla direttiva. La SCE riguarda una sfera
più di quella delle semplici SCOP. Sono prese in considerazione anche altre
strutture. Bisogna tuttavia dare una definizione europea della cooperazione. Il
regolamento fa temere una diluizione della specificità dello statuto cooperativo,
segnatamente sulla questione delle riserve. Questo timore è condiviso sia dai
sindacati che dal movimento cooperativo. Al momento del presente studio, non è
stato ancora istituito in Francia il Gruppo speciale di negoziato. È quindi probabile
che la trasposizione della direttiva diventi oggetto di una relazione.
2.4. Italia
Il movimento cooperativo
La costituzione italiana del 1947 riconosce la funzione sociale delle cooperative.
Articolo 45 della Costituzione Italiana: «la Repubblica riconosce la funzione sociale
della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La
legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con
gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.»
16
Le cooperative rappresentano il 7% del PIL. Si contano 1 milione di dipendenti in
oltre 70.000 differenti società. L’1,5% della popolazione attiva è impiegato in una
cooperativa di lavoro. Si tratta della maggiore percentuale in Europa.
L’Italia ha la peculiarità di avere un movimento delle cooperative sostenuto da tre
organizzazioni: Confcooperative, Legacoop e AGCI. Queste organizzazioni sono
riconosciute ufficialmente come parti sociali in grado di intavolare trattative con i
sindacati per definire accordi ufficiali.
Relazioni tra sindacati e movimento cooperativo
Tradizionalmente, nel passato, molte organizzazioni sindacali si sono opposte alla
cooperazione. Una progressiva evoluzione ha portato a posizioni più moderate. È
tuttavia opportuno segnalare forti differenze di posizione a seconda delle
organizzazioni sindacali.
Le relazioni tra sindacati e movimento cooperativo sono relativamente importanti e
ruotano segnatamente attorno alla gestione dei fondi pensione o di un fondo per la
formazione continua.
I sindacati stimano che le cooperative siano state frequentemente all’avanguardia nei
progressi sociali. La rappresentanza sindacale nelle società cooperative, d’altra
parte, è relativamente importante. I sindacati però rappresentano solamente i
lavoratori non soci. I soci, dal canto loro, non hanno alcuna rappresentanza. Questa,
per i sindacati, è una situazione inaccettabile in quanto autorizza numerosi
scostamenti ne confronti del lavoratore socio, meno protetto rispetto a un dipendente
di tipo «classico» (segnatamente, nelle cooperative di servizi). Al momento si tratta di
un importante argomento di discussione tra movimento cooperativo e sindacati,
anche se il movimento cooperativo fa rilevare che nella cooperazione associata è
raro incontrare simili situazioni «border line».
La direttiva SCE
17
Su questo argomento sono già stati condotti dibattiti e lavori, ed è stato pubblicato un
documento della UIL in italiano e in inglese4.
I sindacati sono convinti che la direttiva è un elemento di progresso nella situazione
italiana attuale, segnatamente riguardo alla specifica situazione del lavoratore socio
(con la legge 142 del 2001, emendata nel 2003). La posta in gioco del negoziato è
quindi importantissima.
In proposito, il movimento cooperativo sembra agire con più circospezione, ritenendo
che alcuni punti della direttiva – troppo rigorosi - rappresentino un passo indietro
rispetto al diritto nazionale.
Le diverse organizzazioni mostrano la loro preferenza per il dialogo sociale che
genera accordi collettivi e la loro diffidenza nei riguardi di un eccessivo interventismo
legislativo. L’incorporazione di nuove norme giuridiche europee potrebbe
destabilizzare il modello italiano di contrattazione collettiva.
2.5. Polonia
Il movimento cooperativo
In Polonia, il settore cooperativo rappresenta da 12 a 15 milioni di lavoratori in
14.000 strutture ripartite tra 13 settori di attività. Sul piano storico, l’esperienza
polacca è ovviamente segnata dall’era comunista. In tale ambito, la cooperazione ha
occupato una posizione molto particolare: sotto il regime comunista, numerose
cooperative erano subappaltatrici dello Stato o servivano a colmare determinate
lacune. Il 1990 ha rappresentato una svolta decisiva: le unioni cooperative sono
passate sotto la tutela dello Stato e sono state oggetto di provvedimenti tesi a ridurne
l’influenza. Le cooperative si sono sempre situate in una «via di mezzo»: nell’ex
sistema comunista erano ritenute capitaliste, mentre oggi sono considerate un
retaggio di quel sistema in un’economia ormai divenuta liberista.
4 A cura di Maria Sacchettoni: L’Italia e la Società cooperative europea: realtà ed aspettative, UIL
18
Nell’esperienza polacca ritroviamo specificità molto originali, per esempio le
cooperative per disabili e le cooperative di allievi.
La cooperazione di lavoro rappresenta il 25% dell’Assemblea generale delle
cooperative. In materia fiscale, sembra che le cooperative fruiscano di condizioni
meno vantaggiose rispetto a quelle dei grandi gruppi internazionali, per esempio, che
sono esonerati dalla imposte locali.
Complessivamente, il peso delle cooperative di lavoro tende a diminuire con
l’emergere dell’economia di mercato e della concorrenza internazionale. Nel 1990
erano presenti 2.000 cooperative, mentre oggi ne restano solamente 984.
Di recente è apparsa una nuova forma di cooperazione: la cooperativa sociale. Sono
cooperative di servizi il cui capitale iniziale è finanziato dallo Stato. Rappresentano
uno strumento di lotta contro la disoccupazione.
Relazioni tra sindacati e movimento cooperativo
I sindacati hanno di fronte un dilemma: si sono battuti per un forte cambiamento
politico in Polonia (in particolare Solidarnosc). In questo scenario, le cooperative
rappresentavano il vecchio regime che bisognava combattere. Oggi, considerato
l'alto tasso di disoccupazione (20%), i sindacati devono lottare per la creazione di
posti di lavoro, e ritengono che le cooperative offrano condizioni di lavoro migliori
rispetto a quelle garantite dalle imprese classiche. Sono perciò attivamente impegnati
a proteggere le cooperative e dichiarano che i risultati migliori si ritrovano in quelle
cooperative che hanno adottato il dialogo sociale. Il problema è che i governi liberali
percepiscono ancora le cooperative come strutture di tipo comunista.
Diversamente da quanto accade in molti paesi dell’Europa orientale, in Polonia le
relazioni tra sindacati e movimento cooperativo rimangono problematiche. Questa
situazione è frutto di un processo storico in cui i sindacati, a cominciare da
Solidarnosc, erano gli alfieri di un cambiamento nel sistema; in tale ambito, le
cooperative rappresentano il passato.
Nelle cooperative, la nozione di sindacato non esiste. L’articolo 3 della legge sulla
cooperazione stipula che il capitale è la proprietà dei suoi soci. E quindi, in questo
19
caso, a che servirebbe un sindacato? Le organizzazioni sindacali sono perciò
presenti solamente nelle cooperative con dipendenti che non detengono quote di
capitale – le cooperative abitative, per esempio.
Tra gli organismi nazionali di contrattazione, le commissioni tripartite (governo,
sindacati, datori di lavoro), la Federazione delle cooperative ha un posto di
osservatore senza diritto di voto. I rappresentanti del movimento cooperativo
ritengono che tale situazione sia vantaggiosa in quanto non si considerano né datori
di lavoro né organizzazioni sindacali.
A livello locale, riscontriamo una grande diversità di relazioni tra sindacati e
responsabili delle cooperative, essenzialmente a causa delle personalità al potere.
Nelle cooperative dove manca il dialogo sociale, i manager assumono sempre più
importanza e finiscono per riacquistare la società per farne un’impresa classica.
La direttiva SCE
Lo statuto della SCE è accolto molto favorevolmente poiché, finalmente, assicura un
quadro giuridico per la cooperazione. Sembra tuttavia che il diritto polacco sia più
esigente in materia di esercizio delle democrazia nelle cooperative.
In termini generali, il movimento cooperativo e i sindacati si sono mostrati aperti e
interessati allo sviluppo di strutture cooperative transnazionali. Le organizzazioni
sindacali hanno anche proposto di tenere una grande conferenza, in Polonia, per
presentare in modo esaustivo lo statuto della SCE. In materia, mancano ancora
informazioni.
20
2.6. Repubblica Ceca
Il movimento cooperativo
Come accaduto per la Polonia, il movimento cooperativo ha vissuto i vari sistemi
politici. Dalla collettivizzazione forzata del 1948 alla rivoluzione del 1989, le
cooperative hanno svolto attività di subappalto per lo Stato cecoslovacco ma sono
servite anche a colmare diverse sue lacune. Da questa situazione è nata una certa
confusione tra il sistema comunista e le cooperative. La prima difficoltà del
movimento cooperativo è proprio quella di andare oltre tale fusione.
Oggigiorno, le cooperative di lavoratori rappresentano 24.800 dipendenti di cui
11.900 soci, con 303 società affiliate alla SCMVD, per un fatturato globale di 22
miliardi di corone (730 milioni di euro).
Come regola generale, lo statuto di socio è diverso da quello del lavoratore
dipendente. Gli statuti della cooperativa possono tuttavia permettere l’associazione
senza essere lavoratore della cooperativa. Non si tratta di un obbligo legale, ma la
raccomandazione dell’Unione ceca e morava delle cooperative di produzione
(SCMVD) è favorevole a far coincidere lo statuto di socio con quello di lavoratore.
A parte la cooperazione di lavoro, la Repubblica Ceca ha vissuto due situazioni
originali: da una parte, a partire dal 1989, problemi specifici con le cooperative di
credito che una legge del 2000 cerca di risolvere e, dall’altra, problemi specifici alle
cooperative edilizie di abitazione con la crescenti individualizzazione della proprietà a
scapito degli alloggi cooperativi.
Relazioni tra sindacati e movimento cooperativo
La principale confederazione sindacale ceca si esprime largamente a favore
dell’instaurazione di un dialogo sociale regolare con il movimento cooperativo. Esiste
un «consiglio di intesa», vale a dire una sorta di «gentleman agreement» tra i due
movimenti, in seno al quale si intavolano negoziati ufficiosi.
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Nelle cooperative, la rappresentanza sindacale è scarsa, soprattutto presso i giovani
lavoratori. Esistono tuttavia delle commissioni con l’obiettivo di rappresentare i soci
ma, in linea generale, una volta che il lavoratore diventa socio non vi è più presenza
sindacale. Detto ciò, il problema della rappresentanza sindacale non è limitato alle
cooperative ma è ben percepibile in tutte le piccole e medie imprese.
La direttiva SCE
In merito alla trasposizione della direttiva, il movimento cooperativo ha avviato le
trattative; i lavori legislativi consentiranno di applicarla entro i termini previsti dall’UE.
Per segnare l’intensità dei lavori è stato anche pubblicato un documento su questo
argomento.
Il regolamento e la direttiva sono quindi percepiti come segnali positivi dell’Unione
europea per la legittimazione della forma cooperativa.
2.7. Svezia
Il testo seguente è basato sulle risposte di un solo movimento cooperativo, e dovrà
essere opportunamente completato in occasione del seminario.
Il movimento cooperativo
L’organizzazione del movimento illustra un insieme molto diversificato, così come
accade negli altri paesi presi in esame. Alla stregua di altri paesi dell’Europa del
Nord, anche qui la cooperazione di lavoro è poco sviluppata. Va tuttavia rilevata una
particolarità riguardante le cooperative. Quasi tutte le imprese cooperative (con
l’esclusione di quelle del settore agro-alimentare) sono ricollegate a un’associazione
padronale (KFO).
La Svezia è uno dei pochi paesi ad aver sviluppato strutture transnazionali
(consumatori e agro-alimentare nei paesi scandinavi) a prescindere dall’applicazione
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della direttiva. Questa situazione è in sintonia con una concentrazione in grandi
gruppi al fine di affrontare la concorrenza sul mercato.
Quanto alle prassi, possiamo rilevare derive concettuali, in particolare la tendenza
alla banalizzazione di numerose cooperative a scapito dei valori storici. È un punto
molto importante, questo, e il rappresentante del movimento propone un
benchmarking affinché la Svezia faccia tesoro delle esperienze più interessanti per
ridare un senso ai valori tradizionali.
Relazioni tra sindacati e movimento cooperativo
Tra il movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali svedesi vi sono relazioni
strutturate in maniera formale e scambi informali. Nel quadro del dialogo sociale, la
KFO negozia i contratti collettivi con le organizzazioni sindacali che rappresentano
quasi tutti i lavoratori, poiché la percentuale d’adesione ai sindacati è altissima.
Ritroviamo altresì nessi storici tra il movimento cooperativo e il movimento sindacale;
determinati grandi gruppi di cooperative rimangono vicini ai sindacati. Le
organizzazioni sindacali sono affiliate a determinate associazioni tese a promuovere
lo sviluppo cooperativo. Il loro ruolo nello sviluppo regionale è riconosciuto dalle
confederazioni sindacali.
Secondo il rappresentante del movimento, tuttavia, è auspicabile un ulteriore
incremento nello sviluppo degli scambi per affrontare numerosi punti, come la
direttiva sulla SCE, oggetto di pochi dibattiti. In realtà, le discussioni su questo
argomento, al momento, non hanno alcun carattere ufficiale.
Tra gli argomenti da sviluppare con interesse nell’ambito del dialogo sociale: il
settore delle cooperative sociali d’inserimento al lavoro per affrontare il tema della
disoccupazione dei gruppi meno avvantaggiati.
La direttiva SCE
Prima della trasposizione della direttiva e all’entrata in vigore del regolamento, il
governo ha convocato le parti sociali e il movimento cooperativo per commentare le
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proposte di legge. Il principio della trasposizione della direttiva sul coinvolgimento dei
lavoratori è stato accettato senza grandi difficoltà poiché il movimento cooperativo
era favorevole e l’organizzazione padronale delle cooperative aveva già espresso
una posizione favorevole alla società anonima europea. La legge svedese si basava
in effetti sugli acquis storici del dialogo e della legislazione sociale. Per contro, in
merito alle norme sugli statuti della cooperativa europea, sono state sollevate
numerose osservazioni.
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3. Raccomandazioni e indicazioni per la riflessione
Complessivamente, l’adattamento della direttiva ai contesti nazionali si rivela
difficoltoso. Alcuni paesi considerano questo testo un significativo progresso in
materia di partecipazione, mentre ad altri sembra rappresentare un passo indietro. La
presente sintesi non si sofferma sulle questioni giuridiche, poiché è opportuno che
siano trattate dai singoli Stati membri. In questa sede, affrontiamo le questioni della
partecipazione. In altre parole, come possiamo favorire un coinvolgimento totale e
assoluto dei lavoratori nella società cooperativa europea?
3.1. Le problematiche sollevate dallo studio
Come raggiungere una partecipazione più concreta?
Le prassi di partecipazione sollevano numerose problematiche concrete, fra le quali
le più importanti sono:
• legate al prendere la parola: chi può partecipare? Qual è il ruolo delle
organizzazioni sindacali, nel percorso tra rivendicazioni e contrattazione?
• legate all’impegno: sino a che punto spingersi nella partecipazione?
• legate ai giochi di potere: qual è il posto di ciascun partecipante al processo
decisionale?
Come controllare l’attività manageriale?
L’attività manageriale è svolta da esperti che si prefiggono l’obiettivo dell’efficienza
economica. Come è definita, e negoziata collettivamente, questa efficienza
economica? L’applicazione dei principi cooperativi può essere in contrasto con
l’esigenza di un’efficienza economica. Esiste, oggi, una professione di «manager
cooperativo» che si differenzi dal tradizionale «business manager»? Alcune
esperienze nazionali, probabilmente, devono essere adeguatamente valorizzate.
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Qual è la specificità della cooperativa di lavoro in Europa?
È il problema della specificità dello statuto di cooperativa di lavoro in Europa. Il
regolamento e la direttiva non risolvono la questione. Esiste una definizione europea
di cooperazione? In che misura si distingue dall’abituale mondo imprenditoriale?
Segnatamente sulle questioni dell’occupazione, delle innovazioni in materia di
gestione delle risorse umane, di scambio di informazioni, di trasparenza, ecc.
Come gestire le possibilità di comportamenti opportunistici?
È il problema delle delocalizzazioni. Lo statuto della SCE può offrire possibilità di
delocalizzazione. La SCE può decidere di stabilire la sede sociale nel paese più
vantaggioso dal punto di vista fiscale e stabilire le unità di produzione in un paese
dove il costo della manodopera è inferiore. Che ne è della ripartizione dei benefici e
delle riserve?
Il posto giusto per l’azione sindacale giusta
Questa situazione dovrebbe avviare una riflessione su una nuova modalità di
svolgimento dell’azione sindacale. La questione riguarda in particolare l’equilibrio tra
rivendicazione e capacità di partecipare alla gestione di un’impresa pur rispettando
un certo numero di principi democratici. In proposito, uno studio canadese mostra
sino a che punto la logica sindacale può entrare in contrasto con le linee d’azione
partecipative5, ma dimostra altresì che i sindacati escono rafforzati da una
partecipazione attiva.
Come gestire la duplice veste di lavoratore-socio?
È questo il fulcro della problematica che devono affrontare le cooperative di lavoro.
La tensione tra “capitale” e “lavoro”? In merito, dobbiamo constatare che la direttiva
non offre alcuna risposta. La direttiva parla di lavoratori ma non affronta il problema
dei lavoratori-soci.
5 Lapointe P.-A. (2000), «Participation et démocratie au travail», XII Congresso dell’Associazione internazionale delle relazioni professionali, Tokyo
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3.2. Indicazioni per la creazione della SCE
Il presente studio ha permesso di rivelare, al di là delle intenzioni della Commissione
europea, in modo attraverso il quale il movimento cooperativo può far proprio il nuovo
statuto. Ecco un riepilogo.
Il punto di vista dell’Unione europea
Nuove opportunità di mercato: la SCE deve permettere 1) di sviluppare
l’imprenditoria 2) la condivisione dei mezzi al fine di favorire, non solo
l’imprenditoria in generale, ma anche la commercializzazione dei prodotti delle
cooperative.
Lotta contro la disoccupazione: l’Unione europea ha spesso fatto notare come
le società cooperative possano costituire una grande fonte per la creazione di
nuovi posti di lavoro. Sviluppare queste imprese significa anche avanzare
proposte di soluzioni credibili per la questione “disoccupazione”.
Il punto di vista delle parti in causa
L’immagine: l’adozione dello statuto di SCE può essere, per una cooperativa,
un vantaggio strategico in termini di immagine. Incarnare un’identità
sopranazionale ed europea può conferire una maggiore credibilità al progetto
cooperativo.
Regolare la mondializzazione: la SCE può permettere di accordare il processo
di mondializzazione che colpisce numerose cooperative (in particolare
occidentali) con i principi cooperativi, talvolta dimenticati.
I lavoratori transfrontalieri: la SCE costituisce una forza trainante per la
cooperazione transfrontaliera.
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Benchmarking: sviluppare le cooperazioni transfrontaliere significa anche
favorire lo scambio di «buone pratiche» che coniugano ricerca di efficienza
economica e rispetto dei principi democratici.
Conclusioni Apparentemente non vi sono ancora progetti per la creazione di SCE nel settore
delle cooperative di lavoro. Nondimeno, attorno al processo di trasposizione della
direttiva si è sviluppata una dinamica improntata al dialogo sociale. Le diverse parti
interessate hanno fatto proprio il testo per adeguarlo e razionalizzarlo in base alle
legislazioni e alle prassi nazionali. Sono però ancora numerose le problematiche da
affrontare per garantire un dialogo efficace e per fare in modo che da tale dialogo
scaturiscano prassi condivise in tutta l’Unione europea.
La Società cooperativa europea rappresenta, per l’Unione europea, uno strumento di
sviluppo e promozione del mercato interno ma anche un mezzo per favorire
l’integrazione europea. Al movimento cooperativo e alle organizzazioni sindacali, per
mezzo del dialogo avviato, si presenta un’autentica opportunità storica di ricostruire
le condizioni per un dialogo costruttivo tra due settori storici del movimento operaio.