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Elementi di linguistica e comunicazione – Prof.ssa M. Ballerini DEBORA FABRIS A.A. 2010/2011 “CHE COS’È L’INTERLINGUISTICA” F. Fusco L’interlinguistica L’interlinguistica prende in esame le relazioni fra le lingue, le condizioni e gli effetti, sia strutturali sia psico- e sociolinguistici, del contatto. Più in generale, l’interlinguistica si occupa di tutti i campi di ricerca legati ai contatti linguistici per come si presentano in un dato momento storico (prospettiva sincronica) e nel loro svolgersi nel tempo (prospettiva diacronica). Il contatto fra le lingue consiste nella sovrapposizione e combinazione dei codici nelle esecuzioni di un individuo che ne abbia una qualche competenza. Il contatto si concretizza come innovazione nell’uso del singolo parlante, che solo in seguito può essere accolta dalla comunità linguistica. Il parlante bilingue costituisce dunque la premessa e il prerequisito del contatto. Il contatto sottolinea la dimensione virtuale legata alla coesistenza fra codici differenti nei parlanti. La manifestazione del contatto fra lingue prende il nome di interferenza. Essa presuppone una lingua modello che fornisce materiale linguistico da imitare, e una lingua replica che rielabora le forme ispiratrici. L’interferenza si manifesta nell’esecuzione del singolo messaggio; rappresenta l’effettivo materializzarsi nell’atto linguistico del contatto. Il prestito Il prestito è il risultato di un processo di interferenza tra due lingue che si traduce nell’acquisizione per mimesi da parte di una di esse (lingua replica) di un tratto linguistico che esisteva prima del contatto in un’altra lingua (lingua modello). Nella riproduzione c’è anche la stessa resa di significato e significante (a volte con alcuni adattamenti). «Il prestito consiste nella riproduzione di un elemento linguistico alloglotto nel duplice aspetto del significante e del 1

Che cos'è l'interlinguistica

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riassunto argomenti principali del testo "Che cos'è l'interlinguistica" di F.Fusco

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“CHE COS’È L’INTERLINGUISTICA” F. Fusco

L’interlinguistica

L’interlinguistica prende in esame le relazioni fra le lingue, le condizioni e gli effetti, sia strutturali sia psico- e sociolinguistici, del contatto. Più in generale, l’interlinguistica si occupa di tutti i campi di ricerca legati ai contatti linguistici per come si presentano in un dato momento storico (prospettiva sincronica) e nel loro svolgersi nel tempo (prospettiva diacronica).

Il contatto fra le lingue consiste nella sovrapposizione e combinazione dei codici nelle esecuzioni di un individuo che ne abbia una qualche competenza. Il contatto si concretizza come innovazione nell’uso del singolo parlante, che solo in seguito può essere accolta dalla comunità linguistica. Il parlante bilingue costituisce dunque la premessa e il prerequisito del contatto. Il contatto sottolinea la dimensione virtuale legata alla coesistenza fra codici differenti nei parlanti.

La manifestazione del contatto fra lingue prende il nome di interferenza. Essa presuppone una lingua modello che fornisce materiale linguistico da imitare, e una lingua replica che rielabora le forme ispiratrici. L’interferenza si manifesta nell’esecuzione del singolo messaggio; rappresenta l’effettivo materializzarsi nell’atto linguistico del contatto.

Il prestito

Il prestito è il risultato di un processo di interferenza tra due lingue che si traduce nell’acquisizione per mimesi da parte di una di esse (lingua replica) di un tratto linguistico che esisteva prima del contatto in un’altra lingua (lingua modello). Nella riproduzione c’è anche la stessa resa di significato e significante (a volte con alcuni adattamenti).«Il prestito consiste nella riproduzione di un elemento linguistico alloglotto nel duplice aspetto del significante e del significato» - Gusmani.Esiste anche la possibilità di un prestito intralinguistico (prestito interno) e del prestito colto. Il termine conosciuto grazie al prestito entra a far parte del lessico comune se il parlante e ragioni sociolinguistiche e culturali ne favoriscono l’integrazione e l’accettazione.

Sono ricorrenti i casi di termini che paleserebbero un’origine straniera, mentre invece sono il risultato di una creazione autonoma al di fuori di un qualsiasi influsso esterno (es: it. pré-maman non ha nessun significato in francese). Il prestito dunque si distingue per il fatto che sussiste un legame tra replica e modello.

Oggi la contaminazione interlinguistica non presuppone più necessariamente il contatto diretto e continuo fra lingue, poiché la creazione di una comunità globale ha condotto ad un plurilinguismo più ampio e generalizzato. Ciò ha portato alla differenziazione tra prestito diretto, verificabile a

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seguito di contatti in aree plurilingue, e prestito a distanza, realizzabile attraverso rapporti episodici, al di fuori delle eventuali aree di contatto.

Il rapido sviluppo globale e virtuale ha provocato l’occorrenza di voci “internazionali” praticamente indispensabili ovunque per la loro efficace funzione di etichetta e quindi difficili da sostituire. Un’altra ragione che motiva un qualsiasi parlante ad accettare nuovi usi linguistici e trasmetterli alla comunità cui appartiene è il prestigio che circonda la lingua modello. Tra le altre motivazioni si riconosce l’urgenza di denominare entità nuove.Ci sono dunque prestiti di necessità, ovvero elementi lessicali stranieri accolti da una data lingua per colmare un vuoto lessicale, e prestiti di lusso, introdotti per inerzia e per scarsa attenzione da parte di chi filtra i materiali stranieri, nonostante la presenza nella lingua replica di voci che già designano la realtà extralinguistica alla quale viene associato il prestito. La necessità in senso assoluto di un prestito non esiste; ogni lingua possiede i mezzi per indicare i nuovi oggetti o nuovi concetti senza ricorrere a parole straniere. Viceversa non tutti i prestiti di lusso sono assolutamente inutili, in quanto spesso la voce straniera può contenere delle sfumature diverse da quelle della parola indigena.

Una parola straniera può entrare a far parte di un’altra lingua in forme diverse, cioè in forma adattata, in forma non adattata e come calco.C’è infatti la suddivisione in prestiti adattati al sistema della lingua replica (fr. engager > it. ingaggiare) e prestiti non adattati, che vengono accolti così come sono nella lingua modello (ted. Blitz, fr. équipe).Ci sono però diversi gradi di adattamento, e tra i prestiti adattati e quelli non adattati si frappone una vasta gamma di casi intermedi.Solitamente i prestiti penetrati attraverso la lingua scritta subiscono un adattamento formale e semantico che non è quello riservato ai prestiti assunti della viva voce. Il progressivo e costante aumento lungo la dimensione cronologica dei prestiti non adattati getta luce sulla preferenza verso le forme più esplicite di prestito, che ne preservano infatti i valori evocativi, espressivi e stilistici. Il fenomeno relativo alle modalità di acquisizione dei prestiti si amplia comprendendo gli effetti dei contatti mediati da una terza lingua, la quale si frappone tra la lingua modello e quella replica, assoggettando la voce straniera ad un preliminare filtro assimilativo che condiziona la ricezione da parte del parlante. In questo caso ci sono i prestiti mediati.

Il solo aspetto straniero di un vocabolo non può essere sufficiente per conferirgli lo status di prestito, infatti ci sono i cosiddetti prestiti apparenti, che includono: prestiti decurtati: si tratta di espressioni di origine straniera che appaiono in forma abbreviata. La discrepanza rispetto al modello coinvolge il significante (ing. basketball > it. basket). appellativi da nomi propri: il nome proprio straniero viene assunto come appellativo per un oggetto che ha una specifica relazione con la persona che porta quel nome, con un marchio depositato o di fabbrica (it. biro < dall’ingegnere Biró).

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toponimi divenuti appellativi: nomi geografici divenuti nomi comuni; si allude in particolare a oggetti che si ispirano proprio alla località a cui sono sentiti legati. Inoltre si assiste all’eliminazione di un generico nome di materia, ritenuto superfluo, che il toponimo in origine determinava (damasco < tessuto di Damasco). falsi prestiti: sono quelle espressioni create con elementi stranieri ma prive di un modello nella presunta lingua d’origine (es: it. pré-maman non ha nessun significato in francese).

Un’altra tipologia particolare di prestiti è quella dei prestiti di ritorno che, migrati da una lingua all’altra, in epoca successiva, rientrano nella lingua modello di solito con una veste formale e un’accezione nuove, acquisite nella lingua replica (it. maschera > ing. màscara > it. mascàra).

I prestiti interni (dialettalismi o regionalismi) sono assunti per colmare una lacuna referenziale in italiano, vale a dire perché mancano parole corrispondenti a tradizioni e usi locali (prestito di necessità). Ma non mancano termini ed espressioni di matrice dialettale cui si ricorre per un voluto effetto espressivo.

Altri prestiti sono quelli dotti (cultismi o latinismi), riconducibili a stadi più antichi della lingua che, nel caso dell’italiano, includono anche vocaboli latini non tramandati in maniera ininterrotta ma recuperati per altre vie. Tale gruppo di voci deve essere quindi tenuto distinto dalle parole ereditate dalla tradizione orale.Alcune volte questi prestiti hanno preservato la loro forma originaria, altre volte è intervenuto un parziale adattamento.

Dopo averne verificato il successo in una data lingua attraverso la valutazione del grado di durata, i prestiti si distinguono in definitivi e non riusciti. Le cause di questo fenomeno possono dipendere da fattori interni alla lingua oppure da vicende storico-culturali.

Due processi che permettono di render conto delle dinamiche di ricezione degli atti di interferenza sono l’acclimatamento e l’integrazione. Se l’integrazione si ha con l’adeguamento del termine alle strutture della lingua mutante, l’acclimatamento può non comportare sensibili aggiustamenti della parola.

integrazione grafica: è il fenomeno che consiste nella sostituzione di grafemi stranieri ignoti alla lingua ricevente con altri invece propri dell’inventario grafico della stessa, per cui la veste esteriore del prestito si adegua alle convenzioni indigene (ing. wagon > it. vagone).

integrazione fonetico-fonologica: tale tipo di integrazione consiste nell’adattamento alle abitudini articolatorie e nell’assimilazione alle strutture fonematiche della lingua che accoglie il prestito, attraverso un processo la cui intensità può variare molto da caso a caso. Essa può riguardare sia il livello fonetico sia quello fonologico. Quando si discute di integrazione fonetico-fonologica, si allude quindi a quei fenomeni di sostituzione o di adattamento cui sono sottoposti i foni di un prestito se essi non figurano presenti nella lingua che riceve il prestito o non vi vengono adoperati nella stessa maniera.

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integrazione morfologica: riguarda la forma assunta dalla parola straniera da cui prende avvio il prestito e l’interpretazione del modello straniero da parte del parlante, il quale può identificarlo con la categoria grammaticale indigena che fornisce maggiori possibilità per il confronto, oppure applicarvi una categoria indigena nuova.

integrazione lessicale e semantica: d’integrazione lessicale si parla a proposito di quei fenomeni d’adattamento del prestito compiuti dalla lingua nella non facile impresa di aggregare la parola di tradizione straniera, per sua stessa natura solitamente immotivata, al proprio repertorio lessicale.

Il calco

Per definire il calco si deve porre attenzione alla conversione di un archetipo alloglotto mediante materiale lessicale autoctono: lo spunto da cui si origina l’interferenza è dunque il significato. Il calco, in quanto imitazione della forma interna, comporta un intervento più attivo e consapevole del semplice adattamento, dato che il parlante, osservando una formazione straniera e segmentandone i componenti sul piano della struttura e del significato, compie un’analisi ad un tempo morfologica, sintattica e semantico-lessicale.Condizione preliminare ed essenziale affinché il calco possa aver luogo è che l’antefatto straniero sia segmentabile sincronicamente dal parlante, cioè che si possa articolare in unità inferiori interpretabili nella loro funzione e valore e che ad esse corrispondano nella lingua imitante altrettanti elementi da rendere possibile una riproduzione almeno approssimativa. Il risultato nella lingua replica è la creazione di una parola o di un nesso più complesso, ossia un arricchimento nel proprio inventario lessicale.

Il calco strutturale rappresenta quel fenomeno per cui un bilingue ricrea, avvalendosi di materiali linguistici preesistenti nella propria lingua, sul piano della struttura formale e del contenuto semantico un modello lessicale straniero. Il calco strutturale aumenta le unità del lessico della lingua replica. calcolo strutturale di composizione che concerne le formazioni compositive che come tali vengono convertite in seguito all’interferenza linguistica. calcolo strutturale di derivazione che presuppone un meccanismo di coniazione e derivazione modellato su quello della lingua straniera.

Il calco semantico si ha quando una parola già esistente in una lingua sviluppa un’accezione secondaria per effetto dell’influsso di una corrispondente parola straniera. Il calco semantico, determinando la comparsa in un’unità lessicale preesistente di un nuovo significato di origine straniera, comporta inevitabilmente alcune ripercussioni sull’assetto sistematico della lingua replica (Il nuovo significato può affiancarsi stabilmente a quello vecchio, può nel tempo rimpiazzarlo oppure dopo un certo periodo cade dall’uso).

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Il calco sintagmatico è un particolare caso del calco strutturale che si esplica mediante l’imitazione di un sintagma straniero, cioè di una combinazione di parole che mantengono la propria autonomia semantica (it. pagine gialle < ing. yellow pages).Rientrano in questa tipologia anche i calchi fraseologici che interessano un’intera frase.

Il calco sintematico è la riproduzione di un sintema, cioè di un’unità lessicale complessa che è sì articolata in costituenti provvisti di autonomia semantica in altri contesti, ma portatori in quella combinazione di un significato unitario, non deducibile dalla somma dei significati degli elementi implicati. Il valore complessivo della locuzione è sostanzialmente imprevedibile e tale fatto conferma la natura del sintema.

Con il termine semicalco si allude a coniazioni notevolmente indipendenti, per le quali resta verosimile il rapporto di dipendenza con un archetipo straniero che in tal caso funge più da stimolo che da modello per un’innovazione parzialmente autonoma, in cui si assommano divergenze tanto di struttura quanto di significato (it. campanilismo < fr. esprit de clocher, it. opinionista < ing. opinion maker).

Il calco parziale (o calco-prestito) indica creazioni ibride modellate su riferimenti stranieri, in cui a un’unità lessicale tradotta se ne accosta una riprodotta fedelmente (it. gap generazionale < ing. generation gap).

I calchi concettuali rappresentano un particolare genere di interferenza, in cui la lingua replica procede in maniera autonoma rispetto all’archetipo esogeno mediante una riproduzione che non abbia con essa una qualsiasi relazione formale. Questi non sono né prestiti né totalmente calchi, poiché nel contatto interlinguistico si trasmette di fatto un’esigenza di designazione, per la quale ci si ispira a termini preesistenti in seno alla lingua, aggirando in tal modo la pressione del significato o del significante del modello straniero.

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