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commenti Cedesi tomba Una città autorevole Finalmente c’è giustizia Inquisiti e politica del nulla Defezioni Chi è morto è morto, chi resta si accomoda 2 micropolis On web: istruzioni per l’uso 3 di Angelo Mencarelli interventi La montagna e il topolino 4 di Fabio Mariottini Unità nella diversità 5 di Roberto Carpinelli Il colore della Cosa 6 di Maurizio Mori politica 1917. La Rivoluzione 7 di Roberto Monicchia Gramsci nel mondo 8 di Derek Boothman Il dubbio e l’incertezza di Re.Co. Ricordando Don Milani 9 di Silvana Di Girolamo Cronache da Pretopoli 10 di Salvatore Lo Leggio ambiente Obiettivo rifiuti zero 11 di Paolo Lupattelli società12 Brevi Poesie per Aldo di Jane Oliensis Le nebbie di Capanne 12 di P.L. cultura Piercing cittadino 13 di Enrico Sciamanna E’ davvero un bello spettacolo? 14 di Valter Corelli Ragazze del secolo scorso 15 di Walter Cremonte Libri e idee 16 gennaio 2008 - Anno XIII - numero 1 in edicola con “il manifesto” Euro 0,10 mensile umbro di politica, economia e cultura copia omaggio in edicola con “il manifesto” il 27 di ogni mese www.micropolis-segnocritico.it/mensile/ una fine anno politica sonnacchiosa e di tregua - complici le festività - ha corrisposto una ripresa caotica, in cui tutti i nodi stanno venendo al petti- ne. In primo luogo i quesiti referendari sui temi elettorali sono stati approvati dalla Consulta, mentre lo sforzo di Walter Veltroni di trovare una soluzione condivisa tra centro destra e centro sinistra, ergo tra Pd e Forza Italia, sta scivolando lentamente verso il fallimento. La decisione dell’Udeur di uscire dal governo apre una crisi al buio e interrompe le manovre veltronian-berlusco- niane. Si conferma il timore da noi espresso nei mesi scorsi: la nascita del Partito Democratico poteva costituire la mina vagante contro il governo Prodi. Altro che l’estremismo della sinistra, chi destabilizza- va l’Unione aveva la faccia dei moderati e dei nuovi-nuovisti. L’avventurismo politico di Veltroni, che pretende di americanizzare l’Italia con il consenso di tutti, è plateale. Dichiarare in una situazione difficile come l’attuale che con qualsiasi legge elettorale il Pd correrà da solo alle elezioni è stato l’assi- st per Mastella. Il principe di Ceppaloni non aspettava altro per tornare nelle braccia del centro destra. La crisi impedisce la por- cata di un sistema elettorale che salva sol- tanto i due più grandi partiti? Pensiamo di sì. Difficile che Veltroni e Berlusconi possa- no continuare il balletto. Gli interessi cominciano a divergere. Berlusconi vuole le elezioni subito, Veltroni dovrà cominciare a riconsiderare l’esilio umanitario in Africa più volte promesso. Sono successi altri fatti che hanno portato al limite la criticità della situazione italiana. Il primo è la mancata inaugurazione del- l’anno accademico alla Sapienza di Roma da parte di Benedetto XVI. Di fronte alla presa di posizione di un gruppo di docenti, che sostenevano l’inopportunità di invitare il Papa ad aprire formalmente l’attività didattica e scientifica dell’anno in corso, e ad alcune decine di studenti che hanno occupato il rettorato, si è aperta una pole- mica incredibile: quasi fosse tornato a Roma Nerone ed i leoni affamati avessero ripreso a ruggire nel Colosseo, in attesa di cristiani da mangiare. O si accetta l’onni- presenza delle gerarchie cattoliche, oppure si è laicisti, intolleranti, complici dell’isla- mismo montante! Naturalmente non è solo la destra ad ululare di fronte al vulnus anti- cristiano, ma anche il Pd e parte della sini- stra. Proviamo vergogna e siamo sincera- mente annichiliti dalla sofferenza del Ministro Mussi e di Veltroni per l’assenza del Papa Re alla Sapienza. Il secondo è la questione della mondezza a Napoli, dove si cumulano complicità con la camorra, inadempienze, proteste interessa- te, affari leciti ed illeciti. Per chi ha pensato che i riformisti al governo potessero assicu- rare almeno una capacità amministrativa decente, la delusione rasenta la disperazio- ne. Il terzo è rappresentato dagli arresti domici- liari a Sandra Mastella, moglie del ministro della Giustizia, e di una trentina di espo- nenti dell’Udeur. “Tra potere e famiglia, scelgo la famiglia” assicura il padrone dell’Udeur. Infine, la condanna a cinque anni e all’in- terdizione perpetua dai pubblici uffici di Cuffaro, governatore siciliano, per favoreg- giamento non della mafia, ma certo di mafiosi. Cuffaro ha detto che, poiché il tri- bunale lo ha assolto dal reato di associazio- ne mafiosa, lui resta al suo posto in attesa di essere assolto in appello. Il centro destra apprezza, il centro sinistra tace. Il nostro è un Paese che il Censis - bontà sua, dopo anni di ricerca dei dati positivi della modernizzazione - definisce ridotto ad una mucillaggine. Si stanno accumulando elementi di disgregazione e di ripiegamen- to, ed è possibile che emergano soluzioni autoritarie della crisi (ammesso che ci sia qualcuno in grado di gestirle), o - cosa più probabile - una cronicizzazione della crisi stessa. Del resto quanto sta avvenendo in sedicesimo in sede regionale testimonia come dati politici e strutturali congiurino per una soluzione di questo tipo. Finalmente amministratori pubblici e poli- tici hanno ammesso che l’Umbria non è un’isola felice, ma un luogo come tanti di questa tormentata Italia. La crisi istituzio- nale - nonostante la riforma delle Comunità montane - esiste anche in Umbria. I magistrati a torto o a ragione continuano ad indagare, dal caso Giombini, al buco di bilancio a Perugia, all’incenerito- re di Terni, ecc. Può darsi che si tratti di accanimento giudiziario, ma anche un oro- logio rotto due volte al giorno segna l’ora giusta: è possibile che la magistratura sbagli sempre? Il punto è che non esistono anti- corpi, che tutto viene assorbito, disincanto e rassegnazione prevalgono, quando sarebbe necessaria partecipazione e vigilanza. Dietro questi dati stanno tare antiche. La lista è lunga e l’abbiamo fatta altre volte. La fine della Prima Repubblica sotto l’urto di tangentopoli, ha prodotto soluzioni pastic- ciate fatte a colpi di leggi elettorali improv- visate che hanno svuotato la democrazia rappresentativa lungo il solco indicato da Bettino Craxi del presidenzialismo ad ogni livello. La soluzione della crisi del sistema politico si sarebbe trovata grazie ad un nuovo aggregato politico precipitato nel Partito Democratico. Il risultato è evidente: tutto per molti aspetti è peggiorato e sem- bra, francamente, maramaldesco prenderse- la con Prodi. La responsabilità del disastro è di molti degli oligarchi presenti in ogni categoria in campo e in tutti i settori della società italiana. Quanto resta della sinistra come può evitare che la crisi democratica tracimi in un’ipote- si autoritaria o si cronicizzi ? La risposta più ovvia è: dimostrando la propria estraneità, facendo un discorso di verità, occupandosi delle cose che riguardano principalmente i suoi potenziali interlocutori sociali. Comprendiamo che è cosa né semplice né facile. Anche la sinistra è un pezzo della crisi politico-istituzionale. Nonostante le dichiarazioni solenni e le manifestazioni partecipate, la “cosa rossa” non va avanti o si muove con fatica. Senza uno scatto la partita è per molti aspetti giocata e persa. Con la prospettiva di elezioni anticipate che ruolo giocheranno gli spezzoni della sini- stra? Perchè, ad esempio, a Terni di fronte all’ec- cidio di Torino non si costruisce un momento di approfondimento e di agita- zione politica sulle morti in fabbrica e non si va oltre le posizioni di circostanza? Perchè, sempre a Terni, di fronte allo scasso dell’Azienda farmaceutica il presidente, in quota Rifondazione, non si dimette, ponen- do la questione delle aziende speciali e delle municipalizzate? Oppure perchè, in Regione, non si apre un ragionamento autonomo sulla questione delle riforme endoregionali, sulle politiche di sviluppo, e la maggioranza non propone la riduzione a trenta dei consiglieri. Se si guardano le cose dal punto di vista della previsione razionale e delle forze in campo rimane solo spazio per il pessimismo e solo i residui di un’antica militanza posso- no farci invocare l’ottimismo della volontà. A Ci resta solo l’ottimismo della volontà

Ci resta solo l’ottimismo della volontà · On web: istruzioni per l’uso 3 di Angelo Mencarelli interventi La montagna e il topolino 4 di Fabio Mariottini Unità nella diversità

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commenti

Cedesi tomba

Una città autorevole

Finalmente c’è giustizia

Inquisiti e politica del nulla

Defezioni

Chi è morto è morto,chi resta si accomoda 2

micropolis

On web:istruzioni per l’uso 3di Angelo Mencarelli

interventi

La montagna e il topolino 4di Fabio Mariottini

Unità nella diversità 5di Roberto CarpinelliIl colore della Cosa 6di Maurizio Mori

politica

1917. La Rivoluzione 7di Roberto Monicchia

Gramsci nel mondo 8di Derek Boothman

Il dubbio e l’incertezza di Re.Co.

Ricordando Don Milani 9di Silvana Di Girolamo

Cronache da Pretopoli 10di Salvatore Lo Leggio

ambienteObiettivo rifiuti zero 11di Paolo Lupattelli

società√12 Brevi Poesie per Aldo di Jane Oliensis

Le nebbie di Capanne 12di P.L.

cultura

Piercing cittadino 13di Enrico Sciamanna

E’ davvero un bellospettacolo? 14di Valter Corelli

Ragazze del secolo scorso 15di Walter Cremonte

Libri e idee 16

gennaio 2008 - Anno XIII - numero 1 in edicola con “il manifesto” Euro 0,10

mensile umbro di politica, economia e cultura

copia omaggio

in edicola con “il manifesto” il 27 di ogni mese www.micropolis-segnocritico.it/mensile/

una fine anno politica sonnacchiosae di tregua - complici le festività -ha corrisposto una ripresa caotica,

in cui tutti i nodi stanno venendo al petti-ne. In primo luogo i quesiti referendari suitemi elettorali sono stati approvati dallaConsulta, mentre lo sforzo di WalterVeltroni di trovare una soluzione condivisatra centro destra e centro sinistra, ergo traPd e Forza Italia, sta scivolando lentamenteverso il fallimento. La decisione dell’Udeurdi uscire dal governo apre una crisi al buio einterrompe le manovre veltronian-berlusco-niane. Si conferma il timore da noi espressonei mesi scorsi: la nascita del PartitoDemocratico poteva costituire la minavagante contro il governo Prodi. Altro chel’estremismo della sinistra, chi destabilizza-va l’Unione aveva la faccia dei moderati edei nuovi-nuovisti. L’avventurismo politicodi Veltroni, che pretende di americanizzarel’Italia con il consenso di tutti, è plateale.Dichiarare in una situazione difficile comel’attuale che con qualsiasi legge elettorale ilPd correrà da solo alle elezioni è stato l’assi-st per Mastella. Il principe di Ceppaloninon aspettava altro per tornare nelle bracciadel centro destra. La crisi impedisce la por-cata di un sistema elettorale che salva sol-tanto i due più grandi partiti? Pensiamo disì. Difficile che Veltroni e Berlusconi possa-no continuare il balletto. Gli interessicominciano a divergere. Berlusconi vuole leelezioni subito, Veltroni dovrà cominciare ariconsiderare l’esilio umanitario in Africapiù volte promesso. Sono successi altri fatti che hanno portatoal limite la criticità della situazione italiana. Il primo è la mancata inaugurazione del-l’anno accademico alla Sapienza di Romada parte di Benedetto XVI. Di fronte allapresa di posizione di un gruppo di docenti,che sostenevano l’inopportunità di invitareil Papa ad aprire formalmente l’attivitàdidattica e scientifica dell’anno in corso, ead alcune decine di studenti che hannooccupato il rettorato, si è aperta una pole-mica incredibile: quasi fosse tornato aRoma Nerone ed i leoni affamati avesseroripreso a ruggire nel Colosseo, in attesa dicristiani da mangiare. O si accetta l’onni-presenza delle gerarchie cattoliche, oppuresi è laicisti, intolleranti, complici dell’isla-mismo montante! Naturalmente non è solola destra ad ululare di fronte al vulnus anti-cristiano, ma anche il Pd e parte della sini-stra. Proviamo vergogna e siamo sincera-mente annichiliti dalla sofferenza delMinistro Mussi e di Veltroni per l’assenza

del Papa Re alla Sapienza.Il secondo è la questione della mondezza aNapoli, dove si cumulano complicità con lacamorra, inadempienze, proteste interessa-te, affari leciti ed illeciti. Per chi ha pensatoche i riformisti al governo potessero assicu-rare almeno una capacità amministrativadecente, la delusione rasenta la disperazio-ne. Il terzo è rappresentato dagli arresti domici-liari a Sandra Mastella, moglie del ministrodella Giustizia, e di una trentina di espo-nenti dell’Udeur. “Tra potere e famiglia,scelgo la famiglia” assicura il padronedell’Udeur.Infine, la condanna a cinque anni e all’in-terdizione perpetua dai pubblici uffici diCuffaro, governatore siciliano, per favoreg-giamento non della mafia, ma certo dimafiosi. Cuffaro ha detto che, poiché il tri-bunale lo ha assolto dal reato di associazio-ne mafiosa, lui resta al suo posto in attesa diessere assolto in appello. Il centro destraapprezza, il centro sinistra tace. Il nostro è un Paese che il Censis - bontà

sua, dopo anni di ricerca dei dati positividella modernizzazione - definisce ridotto aduna mucillaggine. Si stanno accumulandoelementi di disgregazione e di ripiegamen-to, ed è possibile che emergano soluzioniautoritarie della crisi (ammesso che ci siaqualcuno in grado di gestirle), o - cosa piùprobabile - una cronicizzazione della crisistessa. Del resto quanto sta avvenendo insedicesimo in sede regionale testimoniacome dati politici e strutturali congiurinoper una soluzione di questo tipo.Finalmente amministratori pubblici e poli-tici hanno ammesso che l’Umbria non èun’isola felice, ma un luogo come tanti diquesta tormentata Italia. La crisi istituzio-nale - nonostante la riforma delleComunità montane - esiste anche inUmbria. I magistrati a torto o a ragionecontinuano ad indagare, dal caso Giombini,al buco di bilancio a Perugia, all’incenerito-re di Terni, ecc. Può darsi che si tratti diaccanimento giudiziario, ma anche un oro-logio rotto due volte al giorno segna l’oragiusta: è possibile che la magistratura sbagli

sempre? Il punto è che non esistono anti-corpi, che tutto viene assorbito, disincantoe rassegnazione prevalgono, quando sarebbenecessaria partecipazione e vigilanza.Dietro questi dati stanno tare antiche. Lalista è lunga e l’abbiamo fatta altre volte. Lafine della Prima Repubblica sotto l’urto ditangentopoli, ha prodotto soluzioni pastic-ciate fatte a colpi di leggi elettorali improv-visate che hanno svuotato la democraziarappresentativa lungo il solco indicato daBettino Craxi del presidenzialismo ad ognilivello. La soluzione della crisi del sistemapolitico si sarebbe trovata grazie ad unnuovo aggregato politico precipitato nelPartito Democratico. Il risultato è evidente:tutto per molti aspetti è peggiorato e sem-bra, francamente, maramaldesco prenderse-la con Prodi. La responsabilità del disastro èdi molti degli oligarchi presenti in ognicategoria in campo e in tutti i settori dellasocietà italiana. Quanto resta della sinistra come può evitareche la crisi democratica tracimi in un’ipote-si autoritaria o si cronicizzi ? La risposta piùovvia è: dimostrando la propria estraneità,facendo un discorso di verità, occupandosidelle cose che riguardano principalmente isuoi potenziali interlocutori sociali.Comprendiamo che è cosa né semplice néfacile. Anche la sinistra è un pezzo dellacrisi politico-istituzionale. Nonostante ledichiarazioni solenni e le manifestazionipartecipate, la “cosa rossa” non va avanti osi muove con fatica. Senza uno scatto lapartita è per molti aspetti giocata e persa.Con la prospettiva di elezioni anticipate cheruolo giocheranno gli spezzoni della sini-stra? Perchè, ad esempio, a Terni di fronte all’ec-cidio di Torino non si costruisce unmomento di approfondimento e di agita-zione politica sulle morti in fabbrica e nonsi va oltre le posizioni di circostanza?Perchè, sempre a Terni, di fronte allo scassodell’Azienda farmaceutica il presidente, inquota Rifondazione, non si dimette, ponen-do la questione delle aziende speciali e dellemunicipalizzate? Oppure perchè, inRegione, non si apre un ragionamentoautonomo sulla questione delle riformeendoregionali, sulle politiche di sviluppo, ela maggioranza non propone la riduzione atrenta dei consiglieri.Se si guardano le cose dal punto di vistadella previsione razionale e delle forze incampo rimane solo spazio per il pessimismoe solo i residui di un’antica militanza posso-no farci invocare l’ottimismo della volontà.

A

Ci resta solol’ottimismo

della volontà

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morti alla fine sono sette.Parliamo degli operai diTorino ustionati nell’incen-

dio della Thyssen Krupp. Lamagistratura indaga e, nel corsodi una perquisizione nelle casedei massimi dirigenti del ramoitaliano dell’azienda, ha trovatoun documento non firmato in cuisi sostiene: a. che gli operai se lasono cercata, troppo disattenti etrascurati; b. che il sopravvissutofa indebitamente il giro delle tele-visioni, sputtanando l’aziendacosa ritenuta non lecita; c. chenon è il caso di licenziarlo adessoper ovvi motivi. L’amministratore delegato del-l’Ast ha dichiarato ai sindacatiche non è lui l’estensore deldocumento, anche se non ha

detto chi l’ha redatto. Quello cheemerge dalla nota, finora anoni-ma, è quanto dicevamo la scorsavolta commentando il fatto: esistenel mondo imprenditoriale unodio ed un disprezzo di fondo neiconfronti dei lavoratori.Una volta si considerava il salariouna variabile indipendente, oggiinvece gli operai sono una varia-bile assolutamente dipendente aivoleri padronali, alle esigenze delprofitto. Ma non basta. Il sindacodi Terni si è dichiarato incredulo.Un amministratore delegato cosìdisponibile ed educato non puòessere partecipe di un documentodel tipo descritto.Il tentativo è di mantenere il filodel dialogo, indipendentementeda quanto è successo sull’onda

del chi ha avuto ha avuto e delchi ha dato ha dato. Insomma imorti sono morti ora pensiamo aivivi, fuori di chiave al manteni-mento ed allo sviluppo dell’im-pianto ternano. Gli fa coro unsindacalista della Cisl che sospet-ta ci sia una inespressa volontàdell’impresa di abbandonare ilpolo italiano, ridotto ormai alsolo stabilimento di Terni.Tra le righe emerge una valutazio-ne secondo cui quello che stato èstato, ora bisogna difendere ilfuturo dell’Acciaieria e non giovacontinuare nella messa sottoaccusa dell’azienda: occorre che ilfrastuono e la denuncia si plachi-no.Fuori di chiave: male per chimuore chi resta si accomoda.

Inquisiti e politica del nulla

ono nove gli avvisi di garanzia nell’inchiestasull’inceneritore di Terni. Sono indagati ilSindaco, il Presidente e i componenti il consi-

glio di amministrazione dell’Azienda ServiziMunicipali e i direttori passato e presente della stessa.A carico si sostiene che l’inceneritore funziona male eproduce - non raggiungendo le temperature previste -diossina, a discarico altri avvisano, analisi alla mano,che la quantità di diossina prodotta è minima e che,su 839 kg di polveri prodotte nel ternano, l’inceneri-tore pesa solo per l’1%. E’ quanto ha dichiarato ilprof. Lamberto Briziarelli al “Corriere dell’Umbria”.Non anticipiamo nulla se non il fatto che l’indagineva avanti da un anno e che era nota l’inadeguatezzadell’inceneritore. Si tratta di un impianto di vecchiaconcezione, riadattato qualche anno fa, su cui datempo si è aperto uno scontro istituzionale, con ilComune e l’Asm orientati a lasciarlo attivo e Regionee Provincia che insistono per chiuderlo e farne unonuovo, mentre fioriscono comitati e proteste dellapopolazione interessata. Ciò dimostra che non tuttova proprio bene e non vale in questo caso la boutadedi Raffaelli secondo cui lo inquisiscono perché bruciai rifiuti, mentre Bassolino è messo in croce perchénon costruisce gli inceneritori. Il tutto è complicatodal fatto che l’Asm è in dissesto, grazie all’incrociopubblico-privato voluto dalle leggi Bassanini, e quin-di non ha affrontato e non è in grado di affrontare lenecessarie spese di investimento. Insomma una storiaesemplare in cui si cumulano ideologie del periodo (ilprivato come miglior gestore possibile), imprevidenzaed insipienza.Intanto la stampa ci avverte che si è rotto l’asse inter-no al Pd costituito dall’alleanza Brega-Rossi, sosteni-tori del consigliere provinciale Montagnoli per lasegreteria provinciale. Gli ex democristiani nonvogliono nel comitato provinciale gli amministratoricon cui il segretario eletto di misura, l’on. LeopoldoDi Girolamo, voleva garantirsi la governabilità del-l’organismo e del partito. Troppi ex Ds, devono averpensato gli ex margheriti di origine popolare. CosìRossi ha deciso di tornare alla casa madre diessina. Siriproduce così uno scarto topico, a Terni e in

Umbria, tra amministratori e partito, con un’aggra-vante rispetto al passato: il partito discute di organi-grammi, ossia di nulla, e gli amministratori si trovanosotto la mazza della magistratura.

Defezionil Partito Democratico non ha aderito il presi-dente della Provincia di Perugia GiulioCozzari. Ha fondato Umbria popolare, che si

collega al progetto politico di Pezzotta. Alla stampaha dichiarato che la matrice culturale di Veltroni nongarantisce i suoi valori (“cristiani, ma non solo”). Lasua defezione è motivata anche da una riserva controle politiche del centrosinistra accusato di “portareavanti misure sostanzialmente singoliste” e non atten-te alla famiglia. Si può supporre che nel nuovo movi-mento non sia entrato da singolo e si sia tirato dietroalmeno la sua famiglia. Abbastanza numerose sembrano essere anche le defe-zioni da Rifondazione Comunista (e dalla “Cosarossa”) nell’assisano-bastiolo. E’ uscito LuiginoCiotti, militante storico della sinistra, legato ai movi-menti pacifisti e ambientalisti oltre che al dissensocattolico, radicato nella zona, ove anima un circoloculturale assai attivo su una linea no-global ed alter-mondialista. Ciotti è, con Cannavò, Malabarba edaltri esponenti di Sinistra Critica, firmatario di unacortese lettera di dimissioni che è una vera e propriarequisitoria contro le scelte di Bertinotti e Giordano eche in particolare denuncia l’abbandono della “rela-zione con i movimenti”. Non entriamo nel merito,ma abbiamo il sospetto che con queste dimissioni cheil Prc paghi le “svolte” teoriche e politiche dell’ultimodecennio. A cavallo tra i due millenni vi fu una ubria-catura movimentista, per cui il partito rinunciava allasua specifica funzione, pretendendosi “movimento trai movimenti”. Nel 2006 il gruppo dirigente diRifondazione è andato alle elezioni senza fare, inprimo luogo a se stesso, un discorso chiaro sulla natu-ra della coalizione di centro-sinistra e sui limiti all’a-zione che ne derivavano. Non rinunciava alle fregolemovimentiste e si illudeva di far pesare “i movimenti”nel governo; ma ha poi dovuto sistematicamentearrendersi allo stato di necessità e ai rapporti di forza.Dentro questa politica disinvolta c’è forse l’idea chela fluidità mediatica del contesto ottunde la memoriacollettiva e consente di cambiare posizione agevol-mente. Ma prima o poi un prezzo si paga.

Cedesi tomba, cadavere inclusoAlessandra Cristofani racconta su “La Stampa” dell’8 gennaio unagustosa storia perugina. Per mettere fine al degrado di alcuneartistiche tombe dello storico Cimitero monumentale di Perugia, ilComune ha deciso di richiamare al loro dovere di cura verso i“manufatti funebri” gli eredi della concessione (che dura 99 anni).Per 22 dei 34 monumenti in stato di abbandono si sono reperitidiscendenti da obbligare con diffida al culto degli avi e delle lorodimore, mentre i dodici rimasti sono stati messi all’asta. Per i seigià assegnati il ricavo è stato di oltre 300 mila euro, altre seitombe, le più care, saranno oggetto di un nuovo incanto. I conces-sionari potranno utilizzare per sé e/o per i congiunti i posti rimastivacanti nelle tombe, ma, per vincolo d’asta, dovranno provvedereanche alla onorata custodia delle mortali spoglie del de cuius,obbligato coinquilino nell’ultimo domicilio terreno.

Una città autorevoleGrande successo per il cosiddetto Concerto di Capodanno (inrealtà dell’Epifania) all’Auditorium San Domenico di Foligno, conla presentazione de La vedova allegra. Le cronache raccontanocome il 3 gennaio, già alle 8 del mattino, molti fossero in fila allosportello, ove a partire dalle 10 si sarebbero distribuiti alla citta-dinanza i biglietti gratuiti. La distribuzione sarebbe durata appena8 minuti, lasciando molti delusi. Secondo il Comune è colpa del-l’incapienza dell’Auditorium, che dopo la riapertura dagli originari662 spettatori è sceso a 530. Ma secondo il cronista de “LaNazione” la disfunzione si deve anche al numero di autorità conpoltrona riservata, 200 e più.

Finalmente c’è giustiziaPer Oliviero Dottorini, Presidente della Commissione Bilancio delConsiglio regionale, la legge regionale 36 del 2007 compie “unatto che rende finalmente giustizia” ai cittadini umbri. Da ora inpoi i possessori di auto e moto d’epoca sembrerebbe che potran-no autocer tificare la qualifica di veicolo storico e godere deibenefici fiscali senza pagare l’iscrizione a un club, definita dalconsigliere verde “un odioso balzello”. Neanche fosse la tassasul macinato.

Tutto in famigliaFinanza’s day 1. A giudicare dagli “strilli” dei quotidiani, l’8 gen-naio in Umbria è stata la giornata del finanziere. Alla magistratu-ra risulterebbe che due agenti, dopo aver minacciato ispezioni epromesso protezioni fiscali, ogni lunedì esigevano e consumava-no pasti luculliani in un ristorante di Assisi senza pagare il conto.Sono stati arrestati. Naturalmente dalla Guardia di Finanza.

Regolamento dei contiFinanza’s day 2. Lo stesso giorno i finanziari hanno fatto irruzionenella sede perugina del Partito democratico, per ispezionare docu-menti e computer. Oggetto della ricerca i conti delle primarie.Il segretario provinciale Mignini, già direttore dell’Utar (Ufficio tec-nico amministrativo regionale) della nuova aggregazione politica,si è lamentato della spettacolare operazione, ma ha assicurato:“Tutto è a posto. Alla fine i finanzieri dovranno certificare con unbollino blu la regolarità dei conti”. I giornali ipotizzano che la visitanasca da sollecitazioni interne allo stesso Pd.

La pesteQuando sulla facciata del palazzo comunale di Assisi è comparsala bandiera gialla, un fremito ha percorso gli astanti. A poco apoco il terrore vero si è impossessato della popolazione quandoha capito che non era la quarantena per la peste, bensì le inse-gne papaline.

il piccasorci

2commentigennaio 2008

Il piccasorci - pungitopo secondo lo Zingarelli - è un modesto arbusto che a causa delle sue foglie duree accuminate impedisce, appunto, ai sorci di risalire le corde per saltare sull’asse del formaggio. Larubrica “Il piccasorci”, con la sola forza della segnalazione, spera di impedire storiche stronzate e,ove necessario, di “rosicare il cacio”.

il fatto

Chi è morto è mortochi resta si accomoda

I

AS

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Caratteristiche generali

Lo spazio web di ‘micropolis’ , ospitato su“linux server”, è organizzatosu piattaforma Wordpress(http://www.wordpress.org) esviluppato con la modalità delblog-site. L’impaginazione delsito è una estensione del pro-getto open-source GNUGeneral Public License deno-minato “Mimbo”, creato daDarren Hoyt che grazie allenotevoli possibilità di perso-nalizzazione, risulta particolarmente indi-cato per la creazione di Magazine online.Le sezioni del sito sono rappresentatedalla testata, dal menu principale, dallazona centrale (corpo testo) e da una barradi navigazione. Il menu e la barra di navi-gazione contengono le opzioni principalie gli agganci alle modalità di lettura.

La copertina-homepage contiene alcuniarticoli tratti dall’ultimo numero pubbli-cato e un ampio spazio denominato “stri-sce d’attualità” appositamente creato perospitare interventi non presenti nella ver-sione a stampa di “micropolis” e trattaretemi quotidiani.

Sempre nella home sarà disponibile unasezione per gli interventi dei visitatoridenominata “L’opinione di…” nella qualeconfluiranno le lettere e gli articoli inviatialla redazione.

Nella barra laterale della pagina principaleè presente la suddivisione degli articoli incategorie (Politica, Economia, Ambiente…) e sottocategorie (Elezioni amministra-tive, Banche, Assetto del territorio…) e conun click si ottiene la lista in ordine di datadi tutti gli articoli apparte-nenti all’argomento scelto.Ancora nella barra laterale,denominata “Temi diattualità”, è presente un’al-tra suddivisione degli arti-coli che sono presentati pergruppi di appartenenza allecategorie tematiche nondirettamente legate al lecategorie e sottocategorie.L’elenco degli articoli cheappaiono cliccando sullecategorie o sui temi d’attua-lità comprendono il titolo,la data di inserimento, l’autore, la catego-ria di appartenenza e una breve introdu-zione.

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2. Modalità di Ricerca Avanzata: disponi-bile con una apposita funzione nel menù.

Suggerimenti GeneraliOgni termine di ricerca deve avere almeno4 caratteri di lunghezza. La ricerca senzaparametri non da nessun risultato.Una lista di parole comuni - articoli, con-giunzioni etc…- (denominate StopWords)è automaticamente ignorata. Questoaccorgimento permette di aumentarel´efficienza e la qualità dei risultati diricerca.Operatori di RicercaEsistono operatori che permettono dimigliorare la vostra ricerca (vedi di seguitogli esempi).

+ Il simbolo + all´inizio indica che questaparola deve essere presente in ciascun arti-colo.- Il simbolo - all´inizio indi-ca che questa parola NONdeve essere presente in nes-sun articolo.(no operator) Come impo-stazione di base (quando né+ né - sono specificati) laparola è opzionale, ma gliarticoli che la contengonovengono visualizzati per primi.> < Questi due operatori vengono utiliz-zati per impostare la rilevanza della parolastessa nell´articolo. Il > aumenta l´impor-tanza e il < la diminuisce.( ) Le parentesi tonde raggruppano piùparole in sottoespressioni. Si possonomettere più gruppi di parentesi annidatiuno dentro l´altro.~ Il carattere tilde all´inizio della parolaserve come operatore di negazione, cau-

sando una bassa rilevanza della parolanell´articolo. Un articolo che contienequesta parola viene considerato poco rile-vante, ma non viene escluso dalla ricerca,come invece avviene se si usa l´operatore -.* L´asterisco si usa come operatore jolly. Adifferenza degli altri operatori va messoalla fine della parola. Nella ricerca verran-no identificate tutte le parole che inizianocon la parola indicata prima dell´operato-re asterisco.“ Se si racchiude più parole tra i doppiapici, verrà eseguita una ricerca di tutta lafrase per intero, così com´è scritta.

Nota: Le Classificazioni saranno applicatesolo quando si seleziona “Importanza” comecriterio di ordinamento.

Gli esempi qui di seguito mostrano alcuneapplicazioni degli operatori nella ricercaavanzata.mela pesca Cerca gli articoli che conten-gono almeno una delle due parole.+mela +pesca Cerca gli articoli che con-tengono entrambe le parole.+mela pesca Cerca gli articoli che conten-gono la parola mela, ma classifica piùimportanti gli articoli che contengonoanche la parola pesca.+mela –pesca Cerca gli articoli che con-tengono la parola mela ma non pesca.+mela ~pesca Cerca gli articoli che con-tengono la parola mela, ma se l´articolocontiene anche la parola pesca, classificalopiù basso di uno che non ce l´ha. Questaè una condizione “meno restrittiva” di+mela -pesca, in cui gli articoli con pescanon vengono affatto restituiti nei risultati.+mela +(>strudel <marmellata) Cerca gliarticoli che contengono le parole mela estrudel, oppure mela e marmellata (inqualunque ordine), ma classifica quellicon mela strudel più importanti di quellicon mela marmellata.

pesca* Cerca gli articoliche contengono parolecome: pesca, pescare, pesca-tore, o pescato, etc.“mela rossa” Cerca gli arti-coli che contengono esatta-mente la frase mela rossa(ad esempio, articoli checontengono la mia mela

rossa ma non la mia mela è rossa).

Stiamo lavorando a continue miglioriedell’impianto generale del sito e ci scusia-mo per eventuali momentanei contrat-tempi in fase di navigazione. Fatevi sottocon richieste e suggerimenti per costruireinsieme a noi uno strumento sempre piùvicino alle vostre esigenze.

“micropolis” on web:istruzioni per l’uso

Angelo Mencarelli

3micropolisgennaio 2008

Page 4: Ci resta solo l’ottimismo della volontà · On web: istruzioni per l’uso 3 di Angelo Mencarelli interventi La montagna e il topolino 4 di Fabio Mariottini Unità nella diversità

nche se sono pas-sati quasi duemesi dagli Stati

generali della Sinistra edegli ecologisti, la portatadi quell’avvenimento,uno dei rari casi in cui cisi incontrava per unirsi enon per dividersi, e lesperanze che ha suscitato,credo meritino ancoraqualche riflessione.Per sgomberare il campoda ogni equivoco, è benedire subito che la nascitadi una federazione ci èsembrata la classica mon-tagna che partorisce iltopolino, anche se, pro-babilmente, non c’era dasperare di meglio da ungruppo dirigente ancoramolto affezionato alledistinzioni formali e aivincoli di appartenenza.Un buon risultato, quin-di, se si considera chetutti e tre i partiti dell’at-tuale sinistra sono nati dascissioni traumatiche ebuona parte dei Verdi,fino a poco tempo fa,rivendicavano l’equidi-stanza tra destra e sinistra;una risposta troppo debo-le, invece, se misurata allecondizioni del Paese.Sulla due giorni della ex“cosa rossa”, infatti, in-combeva il rapporto delCensis che offriva il qua-dro impietoso, quantorealistico, di un paese indeclino e ridotto ad una“poltiglia” sociale. Mezzomilione di famiglie stran-golate dai mutui, il dirittoalla salute sempre piùdiseguale, quattro regionidel meridione che convi-vono ormai in manierastabile con la criminalitàorganizzata.L’occupazione aumenta,ma aumenta anche il precariato. I salari,invece, rimangono stabili, perdendo semprepiù potere d’acquisto. Per ciò che riguardal’occupazione femminile, poi, ci attestiamosaldamente al ventisettesimo posto inEuropa seguiti, ma non si sa ancora perquanto, solo dalla Grecia. Nel rapporto delCensis ce n’è per tutti, anche per la cosid-detta società civile, afflitta da una “degene-razione antropologica” e da una “inclinazio-ne al peggio”. Non si salvano politica e isti-tuzioni, sulle quali si appunta la sfiduciadella maggior parte degli italiani. Qualche giorno dopo quell’appuntamento,uno sciopero largamente annunciato degliautotrasportatori avrebbe messo in ginoc-chio il Paese, facendo lievitare anche i prezzidell’insalata. Quarantotto ore che sono statesufficienti a rendere un’immagine dell’Italia

più efficace di qualsiasi ricerca sociologica.Se si considera il quadro disegnato da DeRita, quindi, è evidente che l’ipotesi di unasinistra che ancora stenta a trovare unaidentità unitaria non può che destare qual-che preoccupazione. Una preoccupazionerafforzata anche dai rapidi mutamenti chestanno attraversando il quadro politiconazionale, sempre più orientato verso lacostituzione di due grandi poli di aggrega-zione il cui vero obiettivo è l’autosufficienzaelettorale. Alla luce di queste considerazio-ni, schematizzate per ragioni di spazio, latimidezza che domina questo processo diri/unificazione tra sinistre e area ecologista– che pare essere ancora il carattere predo-minante di questo tentativo di costruireun’area politica omogenea capace di rappre-sentare una fetta di società più ampia della

somma dei consensi finora ottenuti dallesingole formazioni – sembra sinceramenteanacronistica. Ma ciò che risulta ancorapoco chiaro, al netto dei distinguo formali edelle contingenze, è attraverso quali passag-gi questa federazione intende, e se lo vuoleveramente, raggiungere la costruzione di unsoggetto unitario e quali sono gli obiettiviche si prefigge. La prima questione, di ordi-ne prevalentemente organizzativo, riguardala capacità di costruire nel territorio unapresenza ben definita e riconoscibile, capacedi aggregare quella sinistra diffusa e a volteconfusa che, con il passare degli anni, si èsempre più allontanata dalla militanza edalla politica. Per fare ciò sono necessariecoerenza, credibilità, e la progettazione diuna nuova fase partecipativa allargata atutte quelle intelligenze individuali e collet-tive che in questi anni si sono mosse in ununiverso parallelo a quello della politicaufficiale. Si tratta di mettere in discussionela forma-partito ereditata dal Novecentosenza disperdersi in un effimero movimen-tismo, cercando di aprire spazi nuovi capacidi aggregare pezzi dell’associazionismo, delvolontariato e la miriade di iniziative socialied editoriali che oggi contraddistinguonol’universo variegato della sinistra per trovarenuove regole di convivenza e nuovi motividi condivisione di un progetto culturale epolitico. Non è semplice, ma è l’unica stra-da che ci appare percorribile. E’ evidenteche questo obiettivo non può essere perse-guito all’interno delle asfittiche geometrie

che ancora regolano irapporti tra le varie com-ponenti della federazione,disegnate da un ceto poli-tico che per ragioni dicopione spesso fa opposi-zione a se stesso. Questanuova forza di sinistradeve essere in grado dicostruire un programmacapace di affermarsi per-ché maggioritario nelPaese e non in virtù degliinstabili equilibri che reg-gono il governo nazionalee alcune amministrazionilocali. I temi sono e sa-ranno sempre di più,anche alla luce della deri-va clerical-moderata delPartito Democratico, ladifesa delle conquiste deilavoratori, il welfare, lalaicità dello Stato, l’affer-mazione dei diritti civili,la salvaguardia dell’am-biente, obiettivi su cuitutti concordano, ma chenon è più sufficienteelencare pedissequamen-te. Una sinistra che sipone un orizzonte digoverno deve iniziare adeclinare le azioni daintraprendere, le strategieda adottare, gli obiettivida raggiungere e i tempiper conseguirli. I mortidella Thyssen, come irifiuti di Napoli, stanno adimostrare che non cisono più margini di dero-ga e spazio per i tattici-smi.Il 2008 apre una lungastagione elettorale che siconcluderà, se il governoavrà la forza per resistere,con le elezioni politichedel 2011. Non credo che a questiappuntamenti la Sinistra,anche se Arcobaleno,potrà presentarsi come

un cartello eterogeneo di forze costrette aduna convivenza imposta dalle nuove regoleelettorali. Non lo credo per tre motivi: ilprimo è rappresentato dalla difficoltà dellecoalizioni tattiche a costruire programmicredibili e di ampio respiro; il secondo deri-va dagli scarsi risultati che in questo Paesehanno sempre ottenuto le alleanze spurie siadi destra che di sinistra; terzo, valido solo alivello di percezione, per la similitudine conquella Nuova sinistra unita che nelle elezio-ni del 1979 non riuscì a raggiungere l’1 percento dei consensi. Ciò che è certo, è che sequesto progetto fallisce il prezzo da pagareper la sinistra e, purtroppo, anche per ilPaese sarà altissimo, forse insostenibile. Lerealtà locali, proprio in virtù delle ridottetensioni a cui sono sottoposte, potrebberodiventare un banco di prova efficace persperimentare da subito le nuove forme diconvivenza e la praticabilità degli obiettivi.Purtroppo, pur nella parzialità del nostropiccolo osservatorio, non ci sembra che inquesto senso, si stiano ottenendo grandirisultati. Anche in Umbria, per ora, sembrache i distinguo e le preoccupazioni per leproprie rendite di posizione prevalganosulle ragioni dell’unità. Speriamo di essere smentiti presto dai fatti eche il nostro scetticismo sia solo il frutto diun pessimismo della ragione a cui stentasempre di più a far seguito l’ottimismo dellavolontà.

* Direttore Responsabile “micropolis”

4 interventigennaio 2008

La federazione delle sinistre, buon risultatoma debole risposta per le condizioni del Paese

La montagnae il topolino

Fabio Mariottini*

A

Alberto Barelli, 1000 euro; Luciana Brunelli, 50 euro;Luca Cappellani, 150 euro; Stefano De Cenzo, 50 euro;Angelo Mencarelli, 15 euro; Roberto Monicchia, 50 euro.

Totale al 22 gennaio 2008: 1315 Euro

15.000 Euro per micropolis

O. Bulgakova Gli smorfiosi, 1979

Page 5: Ci resta solo l’ottimismo della volontà · On web: istruzioni per l’uso 3 di Angelo Mencarelli interventi La montagna e il topolino 4 di Fabio Mariottini Unità nella diversità

li Stati generali della sini-stra riunitisi l’8 e il 9dicembre scorso a Roma

hanno segnato un passaggio cru-ciale della nuova sinistra italiananel percorso verso la confederazio-ne. E hanno anche costituito unbel segnale di risposta a tutto quelvariegato, colorato e unito popoloche il 20 ottobre era a manifestarenella strade della capitale sullabase di una piattaforma che ilPartito dei Comunisti Italiani hacontribuito a sostenere attraversoil suo agire quotidiano su tutti iterritori. Una manifestazione checi ha riconsegnato un progetto dirinnovata consapevolezza a sini-stra, al quale abbiamo il dovere dirispondere in maniera concreta.Questa concretezza la si è potutatoccare con mano nel corso degliStati generali, che hanno rappre-sentato un’occasione straordinariaper parlare degli obiettivi dellasinistra, nella consapevolezza cheun percorso di unità lo si puòintraprendere solo basandosi suicontenuti, su quei punti che cidistinguono dalle altre forze digoverno. Penso, ad esempio, allalotta alla precarietà, ai diritti indi-viduali, ad una riforma generaledell’istruzione, alla pace. Questi, etanti altri, sono i punti di cui si èparlato nel corso della manifesta-zione di Roma, questi sono ipunti su cui le forze della sinistradevono fare perno per gettare lefondamenta della nuova sinistraunita e federata. Un’unità, e suquesto basiamo il nostro agire, chedeve significare federazione di sog-gettività diverse, senza alcun scio-glimento o rinuncia a identità,storie e tradizioni. Ciò non vuoldire volere preservare la propria“nicchia”, il proprio posto al sole,anzi. Il Partito dei ComunistiItaliani ha parlato di unità dellasinistra da tempi non sospetti, masiamo altrettanto convinti che l’u-nità si può e si deve sostanziarenella diversità perché diverse sonole storie, i vissuti, e perché affron-tare oggi un discorso che abbiacome obiettivo il partito unicosignificherebbe essere sconfitti inpartenza. Quindi unità della sinistra sì, main una grande confederazioneall’interno della quale ognuno deipartiti mantenga la propria auto-nomia. Ma anche unità della sini-stra che si apra alle istanze delpopolo della sinistra, che sappiaridare un progetto ed una speran-za a quel popolo della sinistra che

da anni è senza partito, ai tantissi-mi giovani che vorrebbero cam-biare questo Paese, ma sono diffi-denti e scoraggiati nei confrontidella politica. Ma unità, per noi, per il nostropartito, non significa solo unitàdella sinistra. Significa ancheunità del centrosinistra. Unità delcentrosinistra senza mai rinuncia-re alla nostra diversità di sinistra.Diversità perché non rinunceremomai alle nostre battaglie, allenostre proposte, perché saremosempre uno stimolo costruttivoall’azione del centrosinistra. Senzamai essere velleitari, settari o mas-simalisti, ma sempre seri, concretie responsabili. Il nostro obiettivo èsempre quello di determinarenelle coalizioni di centrosinistral’equilibrio più avanzato possibile,rimane sempre quello di cercare dispostare il più possibile a sinistral’asse del governo e delle ammini-strazioni di centrosinistra.Questo a Roma come a Perugia. IlPartito dei Comunisti Italianivuole costruire un progetto disinistra forte per l’Umbria, e lovuole fare insieme agli altri partitie alle altre forze sociali che anima-no questa regione. Con unadichiarazione di metodo: diremosempre con chiarezza quello chepensiamo, come abbiamo semprefatto, ed ascolteremo sempre conattenzione tutti. Poi tutti insiemedecideremo il da farsi. E trovere-mo anche i modi per decidereinsieme, come stiamo cercando difare con i cantieri tematici cheabbiamo costruito con le altreforze politiche.L’Umbria si trova ad affrontare unanno complesso, che può e deve

essere ricordato come l’anno delleriforme. Penso alla legge elettoraleregionale, al piano dei rifiuti, aquello sanitario, al piano sociale.Tanti sono i temi dell’agenda poli-tica, temi che da noi forze dellasinistra devono essere discussi conserietà e concretezza, costruendoun progetto insieme a tutta la coa-lizione che punti ad uno sviluppodella nostra regione. Infatti l’Umbria, per la stabilitàpolitica garantita dalle forze disinistra, per un sostanziale e posi-tivo andamento economico esociale e per un ruolo di avanguar-dia svolto in più di un’occasionesu diversi problemi nel panoramanazionale presenta un quadro diinsieme che merita di essere valu-tato e considerato positivamente,senza che però questo ci sia diimpedimento alla individuazionedi problemi vecchi e nuovi presen-ti nella nostra realtà. Uno su tuttiquello della precarietà del lavoro,che colpisce soprattutto donne egiovani. Per la prima volta nellanostra regione e nell’Italia tutta igiovani avranno una vita peggioredi quella dei propri genitori, conun’inversione di tendenza dal

secondo dopoguerra ad oggi. Noisiamo convinti, inoltre, che iltema della precarietà del lavoronon può essere affrontato sola-mente come sistemazione di colo-ro che oggi dispongono di un rap-porto di lavoro precario, ma anchecome difficoltà a trovare un’occu-pazione conforme alle proprieaspettative ed alla propria prepara-zione scolastica e professionale. Ma non solo il tema del lavoro edella precarietà deve riempire l’a-genda politica di noi forze dellasinistra in Umbria. Penso, adesempio, alla difesa e allo sviluppodello Stato sociale, in particolareverso gli anziani e i disabili, allasalvaguardia ambientale, allo svi-luppo delle infrastrutture e di unsistema integrato dei trasporti, alladifesa della sicurezza dei cittadini,tema questo che non possiamolasciare nelle mani di una destrarazzista e demagoga. Sono questi i contenuti che devo-no e possono portare la sinistra aparlare con un’unica voce, con-frontandosi con le istituzioni, lealtre forze politiche e sociali, ilmovimento sindacale ed il vasto eper molti versi nuovo, rispetto al

passato, mondo dell’associazioni-smo e del volontariato. Una grande impresa politica,sociale e culturale quale è quelladella elaborazione di un “proget-to” come da noi concepito nonpuò naturalmente calare dall’altosulla realtà regionale ma esserefrutto di un impegno corale e dipopolo perché solo così potrà esse-re conforme alle reali esigenzedella gente e rappresentare unanuova cultura dello sviluppo.L’obiettivo è ambizioso, ma soloavendo in testa grandi traguardi sipossono raggiungere le piccole vit-torie. Tutte insieme, le forze dellasinistra ce la possono fare.Stiamo affrontando una fase poli-tica complicata ed entusiasmanteper la sinistra. Finalmente tornia-mo a vedere la riva. Finalmenteabbiamo la possibilità di uscire dauna fase di resistenza e tornare adattaccare, a proporre i nostri temi.L’obiettivo è talmente importanteche non ci possiamo permettere difarlo fallire a causa di talunenostre miserie, vecchie ruggini ogelosie ancora esistenti. Ma nean-che si può pensare di realizzarlo atutti i costi, a scapito delle lineeche da sempre ciascun partito omovimento porta con sé. Per dirlasenza ipocrisie: il PdCI vuole echiede chiarezza alle altre forze disinistra su temi imprescindibili,quali, ad esempio, la legge eletto-rale e le future alleanze. Senza pre-giudizi, ma con la consapevolezzache in una confederazione si entratutti con pari dignità, o non sientra. Senza eccessive lentezze maanche senza spericolate fughe inavanti, perché si rischia di farcimale.L’equilibrio è difficile da raggiun-gere e la strada, a nostro parere,potrebbe essere lunga. Ma noi siamo convinti che, tuttiinsieme, ci riusciremo.

* Segretario Regionale del Partitodei Comunisti Italiani

5 interventigennaio 2008

Un progetto e una speranza per il popolo della sinistra

Unità nella diversitàRoberto Carpinelli*

Ristorante - Centro ConvegniVia del Pastificio, 8

06087 Ponte San Giovanni - Perugia

Tel. (075) 5990950 - 5990970

G

A. Plastov Festa in un kolchoz, 1937

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6 interven-tigennaio 2008

’era una volta Sergio Cofferati,Segretario generale della più gran-de organizzazione di massa del

Paese, la Cgil, che aveva saputo percepire loscontento, la frustrazione, la rabbia di lavo-ratori e cittadini di fronte a un Paese semprepiù devastato dalla politica dei padroni (edel Padrone) e a una sinistra fiacca se nonaddirittura compiacente, volle e seppe rap-presentarli e portare in piazza: fu la grandemanifestazione romanadel Circo Massimo, all’in-segna di parole d’ordine dilotta semplici e chiare,senza se e senza ma.Tre milioni di persone, sidisse - magari solo duemilioni: ma fa lo stesso -,la più grande manifesta-zione di massa nella storiadella Repubblica, neancheil Pci era riuscito a tanto.Una moltitudine composi-ta e variegata, con tanti,tantissimi giovani, unitaattorno all’obiettivo pri-mario, ma non unico, diriportare in primo pianole questioni del lavoro edei lavoratori.Le parole, le grida, i canti,gli striscioni ed i cartellidicevano di lavoro, diconflitto di interessi e dilegalità, di Costituzione,di laicità, di scuola, disalute e di sanità, diimmigrati, di diritti civili,di Rai e di “media”, diunioni di fatto, di donna,di pace. Ci hanno ricor-dato, quei milioni, chequesto Paese di merdasapeva, aveva saputo,anche essere almeno inparte un Paese civile: unfortissimo movimento operaio, un grandePartito Comunista e una presenza socialista(non solo) non indifferente, una legislazio-ne sul lavoro, ma anche sulla sanità e sul-l’assistenza, tra le più avanzate nel panora-ma dei paesi capitalisti, e la grandissimamaggioranza del Paese che scendeva piùvolte in campo a votare referendum su que-stioni che oggi eufemisticamente chiamano“eticamente sensibili”, bocciando di voltain volta l’attacco clericale e reazionario adivorzio e aborto.Adesso, pochi anni dopo, Sergio Cofferatinon c’è più. Ma quei tre milioni - forsedue, ma fa lo stesso - ci sono ancora, qual-

cuno di meno, qualcuno di più, con tuttele loro parole d’ordine, certo con più scon-tento, con maggiore frustrazione, speriamocon almeno la stessa rabbia. Come sinistrache si dice “radicale” ce ne vogliamodimenticare, vogliamo ignorarli, lasciarli aun Pd ambiguo e al massimo consolatorio,tutt’al più indicare loro come unica solu-zione la strada di casa, o riteniamo giusto edoveroso farsene carico?

La Cosa rossa

Credo che questa domanda non possa essereelusa in un tempo nel quale si cerca di porremano alla “Cosa rossa”. Non voglio oraentrare nel merito del problema (anche senon posso non esprimere l’insoddisfazionesul percorso e i timori sull’esito), per il qualedel resto “micropolis” sta lavorando datempo con prese di posizione, interviste einterventi dei protagonisti: ma diciamo laverità, non è un bel vedere. Dopo solo duegiorni - che non è un modo di dire, duegiorni uguale 48 ore - dagli Stati generalidella sinistra le forze impegnate già si scon-

travano e litigavano, occasione la legge elet-torale, suggerendo così che nessuno paredisposto a mettersi in gioco, a porsi indiscussione. E la querelle continua, a livellonazionale. Ma non è che qui in Umbria lasituazione si presenti più incoraggiante: aparte il fatto che con gli interventi nelnumero di dicembre di “micropolis” , il bla..bla.. bla… del Segretario regionale di Rc eil trionfalismo un po’ patetico (l’ottimismo

della volontà?) del Coordinatore regionaleSd, non si va molto lontano, le ultime noti-zie dal Palazzo ci confermamo nel timoreche l’ora dell’unità possa davvero esserescritta in un orologio privo di lancette. Allariunione della Commissione speciale regio-nale che deve affrontare il tema della rifor-ma elettorale Stefano Vinti si è eclissato almomento in cui il problema è stato postosul tavolo (“vai avanti tu che a me viene daridere” ?); più o meno in contemporanea lastampa locale riportava dichiarazione diCalistri, dicono il più rifondarolo in Sd, cheauspicava un innalzamento della soglia disbarramento, che è come dire a Pdci e Verdi(dal canto loro quanto mai “corporativi” eautoreferenti): “Ragazzini fatevi in là cheabbiamo da fare”. Comunque, che sia unitào quella strana cosa che dicono “unitaria eplurale” o federazione, la Cosa rossa nonpotrà prescindere dal contesto. E il contestoè oggi innanzitutto il Partito Democratico,un partito moderato, centrista, e anche unpo’ clericale, un partito forse provvisorio etraghettatore verso chissà dove come già ilPds/Ds. Tra il Pd e quello che si vuole sia laCosa rossa c’è una prateria infinita, che puòrestare vuota ma che qualcun’altro vorràriempire: nell’uno e nell’altro caso la sinistra

rimarrebbe comunque isolata, messa in uncanto, ghettizzata. Francia docet. La sinistra deve assumere il dovere e il com-pito di preoccuparsi di quella vasta pianura,popolarla di donne e di uomini, di compa-gni e cittadini in mezzo e con i quali stare efare politica. Non da sola certo, la sinistrache si dice radicale non è sufficiente allabisogna. Ci sono anche altri, certo pochi,mal messi, ambigui, con tra le fila pure

qualche ameriKano e anti-comunista viscerale, altriche, anche loro, dicono dilavoro, di lavoratori, didiritti civili, di laicità, ehanno anche una storiaalle spalle non tutta davergogna. Ci sono insom-ma milioni di italiani nontanto da conquistare maalmeno da non perdere,quelli del Circo Massimo,di anni or sono, oggiaccanto alle folle dellasinistra a Roma dell’otto-bre scorso, anche larghearee di quei tre milioni epiù che hanno espressovoglia di partecipazione,sia pure in un’occasioneplebiscitaria e populista,alle così dette primarie chehanno incoronato il reuc-cio Veltroni. E’ un lavoroda fare, non da soli maallargando il campo: ladiaspora socialista, tantoper cominciare .

Una Cosa, forse rosa

Parliamo di socialdemo-crazia? Sì, diciamola purela parola aborrita ed esor-cizzata “socialdemocrazia”,vale la pena, credo, di

lavorare per una “Cosa” del lavoro e deilavoratori dove sia presente una significativasinistra di classe. Capisco l’istinto di prende-re le distanze, di reagire magari a male paro-le: ma, diciamocelo, qualcuno pensa proprioche un Pecoraro Scanio abbia per la sinistrapiù appeal politico di un Boselli, di unMacaluso, di un Valdo Spini? Non un ritor-no al 1921, a prima di Livorno: altri tempi,altri scenari, nazionali e soprattutto interna-zionali. Oggi essere comunista imponecostruire una forza di sinistra, unita nonunitaria, non isolata come pesci nell’acquama che l’acqua ci sia; e leggere, studiare,pensare: ripensare ieri, costruire l’oggi, ela-borare il domani.Non un nostalgico ’21, al limite un lonta-nissimo 1892: insomma ricominciare, per-ché questo impone oggi lo stato della sini-stra. E se vogliamo ancora cantare, dopo ilneutro e opportunista Fratelli d’Italiadell’Assemblea nazionale Pd, dopo l’antifa-scista e altrettanto opportunista, nell’occa-sione, Bella Ciao degli Stati generali dellasinistra, nella difficoltà al momento di ripro-porre, dati i tempi l’Internazionale, accon-tentiamoci di intonare l’Inno dei lavoratori.

*Redazione “micropolis”

Per una sinistra unita, ripensare ieri, costruire l’oggi, elaborare il domani

Il colore della CosaMaurizio Mori*

C

Primo TencaArtigiano Orafo

Via C.?Caporali, 24 - 06123 PerugiaTel. 075.5732015 - [email protected]

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7 po l i t i c agennaio 2008

ome previsto, il Novante-simo anniversario dellarivoluzione d’ottobre è

passato quasi inosservato, eccet-tuando la querelle macabro-folk-loristica sulla mummia di Lenin,innescata dall’impavida parteci-pazione di Oliviero Diliberto allecelebrazioni dei nostalgicimoscoviti.Del resto, per gran parte dellasinistra, da più di un decennioquella esperienza non ha piùnulla da dire se non come moni-to antitotalitario, risultandocomunque del tutto inerte rispet-to all’attualità. Il crollo delcomunismo ha proiettato all’in-dietro il proprio fallimento, finoa inghiottire senza residui l’espe-rienza e bollare l’idea stessa dellarivoluzione come male inespiabi-le.La vulgata che fa dell’Ottobre lamatrice di tutti gli orrori delsecolo è ormai senso comune,tutti i suoi protagonisti e avveni-menti assumono l’aspetto demo-niaco di Stalin e la sinistra caden-za del dispotismo asiatico.Semplicemente rimettendo alcentro dell’attenzione gli eventidell’Ottobre, il breve, aggiorna-tissimo saggio di Marcello Flores(1917. La Rivoluzione, Einaudi,Torino 2007) è in grado di uscireda tale assolutismo interpretati-vo, ricollocando il significatodella rivoluzione nell’ordine dellecose della Russia e dell’Europadel 1917.Solo un caso di onestà storiogra-fica (del tutto aliena da simpatiefilosovietiche), che però spiccanelle imperanti meschinità emalafede.La guerra mondiale - analoga-mente a quella russo-giapponesedel 1905 - è il detonatore dellecontraddizioni sociali russe. Essarivela la fragilità degli apparatidello zarismo insieme ad un ane-lito rivoluzionario che si estendea tutto il Paese e assume tratti diattesa palingenetica (opportuna-mente Flores ricorda come que-sto clima fu colto da AleksandrBlok nel poema I dodici e neisaggi L’intellighen-cija e la rivoluzio-ne). Il crollo dellozarismo, a feb-braio, non rallentaquesta spinta, mala accentua; gliattori principalid e l l ’ impe tuo somoto di emanci-pazione sono i sol-dati-contadini egli operai dellemaggiori città, etutte le opzionipolitiche in cam-po rischiano diesserne travolte: lacatastrofica incer-tezza dei governiprovvisori è solo ilcaso più macro-scopico di una generale difficoltàa “stare al passo” di una attesa dicambiamento che è già una rivo-luzione in atto.Come è stato ampiamente dimo-strato, la vittoria dei bolscevichi èlegata alla progressiva capacità dientrare in sintonia con le richie-ste di questo movimento, in par-

ticolare la pace e ladistribuzione dellaterra, ma anchecon il suo carattere“religioso”, che èallo stesso tempoportato dell’“a-nima russa” e de-clinazione specifi-ca dell’irruzionedelle masse nellastoria, fenomenoglobale esasperatodal conflitto mon-diale.

Entro tale quadro perde di sensola nota antitesi interpretativacolpo di stato-rivoluzione: l’azio-ne bolscevica, preparata neiminimi particolari, è capace diinnestarsi su una mobilitazionerivoluzionaria in pieno svolgi-mento, di attenuarne i carattericaotici e di imprimerle una dire-

zione e una continuità che inogni caso determinano un cam-biamento epocale, rivoluzionario.Dopo il primo successo bolscevi-co, sintetizzato nella parola d’or-dine “tutto il potere ai soviet”, lasintonia diventa egemonia e con-quista dell’“ordine del discorso”.Nei pochi mesi che intercorrono

tra la presa del Palazzo d’invernoe lo scioglimento dell’AssembleaCostituente i bolscevichi riesco-no a consolidare la propria ditta-tura di partito, mantenendo allostesso tempo una sintonia difondo con gli sconvolgimentisociali in corso. Nella stessa fasein cui si trovano di fronte non al

classico problema di “prendere” ilpotere, ma all’inedito e immanecompito di “crearlo” (cfr. MosheLewin, 1917, L’Ottobre alla provadella storia, “Le monde diploma-tique - il manifesto”, novembre2007, pp. 20-21), i bolscevichi,grazie alla loro spregiudicatezzaed elasticità intellettuale, riesco-no a imporre le proprie opzionicome le sole coincidenti con “larivoluzione”, ricacciando tutto ilresto (compresi gli altri gruppisocialisti) nel novero della reazio-ne.E’ la loro narrazione degli eventia prevalere (anche in sede storio-grafica, a cominciare dalla fortu-nata formula del “dualismo dipoteri” della Storia della rivolu-zione russa di Trockij), a dimo-strazione di un’acuta capacità dicogliere il peso dell’ordine sim-bolico nell’epoca del protagoni-smo delle masse. Da parte di Lenin, quindi, laperizia tattica fa tutt’uno con lacomprensione della violentaesplosione liberatoria della so-cietà russa, così come il tempi-smo dell’azione è inscritto nell’i-potesi dell’apertura di una fase dicrisi rivoluzionaria mondiale: ilcelebre giudizio di Gramsci sullarivoluzione contro il Capitaleindividua in tempo reale lanovità dell’Ottobre nella procla-mazione dell’attualità della rivo-luzione, che il marxismo “nonaccademico” di Lenin ha rimessoin campo contro la deriva deter-ministica e la sconfitta storicadell’Internazionale socialista.Quanto al dopo 1917, Flores (adifferenza di Lewin, che conclu-de l’articolo sopra citato sottoli-neando l’inconciliabilità tra l’e-vento rivoluzionario, sicuramen-te socialista, e l’Urss, sicuramentenon socialista) ritiene evidentimolti aspetti di continuità tral’Ottobre, il comunismo di guer-ra, l’instaurazione dello stalini-smo (sintomatico, prima ancoradi Kronstadt, è lo scioglimentodell’Assemblea Costituente nelgennaio 1918); ma la continuitànon significa necessità o inelutta-bilità: tra un passaggio e l’altrofurono sempre possibili diverseopzioni, tanto più considerandola situazione ai limiti del caos incui la Russia rivoluzionariadovette muoversi almeno fino altermine della guerra civile.Il libro di Flores non “assolve”l’Ottobre, tanto meno ne subisceil “fascino”, ribadisce però chenon si è trattato di un oscuroaccidente storico, ma di unarivoluzione, anzi la rivoluzionedel Novecento, sulla quale –chissà mai - è forse ancora utileragionare.

C

L’Ottobre,non unoscuroaccidentestorico, ma unarivoluzione,anzila rivoluzionedel Novecento

Passa inosservato il novantesimoanniversario della rivoluzione d’ottobre

1917La Rivoluzione

Roberto Monicchia

Nikolai KolliIl cuneo rosso

1918

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8 po l i t i c agennaio 2008

l settantesimo della morte di Gramsciha visto iniziative sia in Italia (Bari,Torino, Roma, Sardegna ecc.), com-

presi i grandi convegni internazionali orga-nizzati dalla Fondazione Istituto Gramsci edalla International Gramsci Society (IGS),sia nelle più svariate parti del mondo, dallaCina all’America Latina. E - finalmente! -sono stati pubblicati, a cura di GiuseppeCospito e Gianni Francioni, i quaderni cheGramsci dedicò alle traduzioni che fece incarcere prima di ricevere il permesso discrivere i Quaderni del Carcere stessi. Datutte le iniziative dell’anno gramsciano èemerso un quadro che, per quanto riguardal’uso creativo dell’opera di Gramsci, contie-ne non poche novità.Innanzitutto gli studi e, più importanti, gliusi principali degli strumentiforgiati dal prigioniero non sonopiù di unica provenienza italia-na, anche se per alcuni aspettidel lavoro su Gramsci l’Italiacontinua a svolgere un ruolopreminente. Nel mondo ormaipolicentrico di studi gramscianiuno dei nuclei principali èl’America Latina, dove le nume-rose pubblicazioni hanno potutousufruire delle traduzioni inte-grali, sia in spagnolo che in por-toghese, dei Quaderni stessi. Equesto autunno il Messico haospitato la IV ConferenciaInternacional de EstudiosGramscianos, organizzata daDora Kanoussi, autrice diimportanti libri su Gramsci. Inuna delle più interessanti rela-zioni presentate al convegno, si èosservato che l’applicazione del-l’approccio e di concetti gram-sciani alla realtà latino-america-na ha contribuito in modo rile-vante al riorientamento com-plessivo delle forze progressiste.Ciò ha aiutato la sinistra ad usci-re dal vicolo cieco della politicadello scontro frontale, che avevaereditato dai tempi delle dittatu-re, per approdare ad una politicaalternativa, più capace di orien-tare le masse verso rivendicazio-ni raggiungibili nei confrontianche dei governi di centro-sini-stra. Va anche detto che i gram-sciani del continente non sono affatto acri-tici sulle privatizzazioni compiute da taligoverni né sui cedimenti, giudicati inaccet-tabili, al liberismo imperante. Altro caso di interesse gramsciano è l’India.Da quando, nel 1971, è stato pubblicata intraduzione inglese un’antologia deiQuaderni, presto diventata fondamentaleper la sinistra, militanti come Ranajit Guhae, più recentemente, Gayatri ChakravortySpivak sviluppano le analisi gramsciane deigruppi subalterni per poter applicarle alleclassi popolari e alle caste subalterne delloro Paese, con particolare riguardo allaposizione delle donne. In base a taleapproccio è nata una politica che, talvolta,

va contro quella del Partito ComunistaIndiano (Marxista) che, sebbene storica-mente governi Stati che contano centomilioni di abitanti, troppo spesso, secondoi fautori dei “Subaltern Studies”, trascura leesigenze degli strati più oppressi dellasocietà.Nel mondo anglo-americano, invece, sonodi primo piano i cultural studies britannici,legati a personaggi come Stuart Hall eRaymond Williams che, facendo un usooriginale dell’eredità gramsciana, hannocreato una scuola che, meritatamente, èstata oggetto di libri pubblicati in Italia nel2007, nonché di analisi approfondite svoltenei convegni. E, in campo storico non sipuò dimenticare il grande Eric Hobsbawm,ormai novantenne, che in due discorsi pro-

nunciati uno in inglese e l’altro in italiano,disponibili in DVD presso l’IGS, rende unomaggio sincero, critico e non rituale allametodologia storico-politica di Gramsci.Gli Usa, d’altra parte, sono caratterizzati daaltre correnti culturali influenzate daGramsci: spiccano i nomi del critico ameri-cano-palestinese Edward Said, scomparsopoco tempo fa, e del filosofo pragmatista epastore protestante Cornel West, esponentedel movimento nero. Ma sulla scena internazionale ci sono altriimportanti usi di Gramsci. In campi disci-plinari come le Relazioni Internazionali el’Economia Politica Internazionale, la scuo-la di ispirazione gramsciana fa uso di un

nesso di concetti sviluppati nei Quaderni:blocco storico, egemonia, Nord-Sud (ocittà-campagna), rivoluzione passiva, ecc.Mentre la scuola ortodossa, cosiddetta “rea-lista”, continua ad analizzare la situazioneinternazionale in termini dello Stato-nazio-ne, i “new realists” gramsciani (capostipitelo studioso canadese Robert Cox) ribattonoche, nell’era della globalizzazione, l’interoquadro è cambiato radicalmente: occorreporre l’enfasi sull’importanza delle evolu-zioni strutturali in atto, avendo comepunto di partenza i nuovi modi specificicon cui il capitale, per ovviare ai poteri deisingoli parlamenti nazionali (o internazio-nali nel caso dell’UE), utilizza gli entisoprannazionali. Studiosi più giovani diCox, sia in Gran Bretagna sia in Australia

(qui si tratta di un gruppo cresciuto conl’apporto di Alastair Davidson, grande stu-dioso gramsciano) stanno approfondendol’analisi del rapporto capitale-Stati subalter-ni nel contesto della globalizzazione e delliberismo. In Australia si indagano sia losviluppo della società nazionale australianasia il funzionamento - con riferimento spe-cifico ai Paesi asiatici - di enti come laBanca Mondiale. Da questa parte delmondo vengono anche altre novità, comela fondazione di una rivista elettronicadedicata agli studi gramsciani e la forma-zione della sezione Pacifico-asiaticadell’IGS, congiuntamente col Giappone,anch’esso Paese dove da tempo la sinistra

traduce, produce e, più importante, utilizzaproficuamente i concetti gramsciani. Ma talvolta la mancanza di un’esperienzaconsolidata di analisi e di studi su Gramsciporta al rischio di utilizzare male i suoistrumenti, e conduce a discutibili conse-guenze politiche; questo è specialmente ilcaso di alcuni fautori del “post-moderno”,che astraggono la nozione di egemonia dalsuo contesto di lotta e di classe. Per motividi questo genere è essenziale stabilire comeGramsci stesso sviluppò ed adoperò i suoistrumenti concettuali, e questo è il tipo dilavoro che ora si sta compiendo in Italia, inlibri come il recente volume collettaneo LeParole di Gramsci e, di prossima pubblica-zione, un dizionario di termini e concettigramsciani. Sempre in Italia, si deve dare

atto del successo ottenuto nelsaldare insieme un gruppo dilavoro gramsciano intergenera-zionale (l’IGS italiana con l’ap-porto di altri, compresi quellidella Fondazione IstitutoGramsci) che molto ha contri-buito alle iniziative gramscianedel 2007.Nel campo delle pubblicazioniè da notare con vergogna che,negli ultimi venticinque anni, èstata tradotta in italiano unasola monografia: Il pensieropolitico di Gramsci, del brasilia-no Carlos Nelson Coutinho,uno dei più prestigiosi studiosidi Gramsci a livello mondiale.Nell’anno gramsciano, tuttavia,la Fondazione Istituto Gramsciha fatto tradurre una dozzinadei più importanti saggi suGramsci pubblicati negli ultimianni (Studi gramsciani nelmondo 2000-2005). Tale volu-me contiene, tra i diversi con-tributi, un saggio di AmartyaSen, Nobel per l’economia eallievo “ufficioso” del grandePiero Sraffa, che ipotizza, attra-verso Sraffa, l’ influsso suLudwig Wittgenstein - massi-mo filosofo del linguaggio delventesimo secolo - di ideegramsciane circa il linguaggio ela metodologia. Per gli estremidi queste e di tutte le pubblica-zioni su Gramsci (in più di 30

lingue), è consultabile in linea sul sito dellaFondazione la Bibliografia Gramsciana,ideata dal marxista statunitense JohnCammett e tenuta sempre aggiornata.Infine, a parte qualche messaggio e genu-flessione rituale, nell’anno gramsciano -spiace dirlo - è stato assordante il silenziodel maggiore erede del Pci (cioè l’ex-Pds edex-Ds ora nel Pd). Oltre alla polemica quo-tidiana contro il centro-destra, non giove-rebbe, da parte dei dirigenti del centro-sini-stra, una qualche riflessione, anche di stam-po gramsciano, più lungimirante e teoricasul berlusconismo? O si assiste ad ancoraun altro caso del bimbo buttato via conl’acqua sporca?

Gli strumenti del “prigioniero” nell’era della globalizzazione

Gramsci nel mondoDerek Boothman

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trano libro questa intervistadi Claudio Carnieri aPietro Ingrao, uscita qual-

che settimana fa per i tipi di Mannicon il titolo La pratica del dubbio.Dopo la pubblicazione da Einaudi,lo scorso anno, di Volevo la luna,che s’interrompeva con la fine del-l’esperienza che aveva visto il diri-gente comunista presidente dellaCamera dei Deputati, ci si potevalegittimamente attendere cheIngrao parlasse a tutto tondo dellasua difficile militanza nel Pci deglianni Ottanta, della rottura con l’i-potesi occhettiana e infine dellascelta maturata qualche anno dopodi dimettersi dal Pds. In realtà ildialogo con Carnieri si concentraquasi esclusivamente sul decennio1979–1989, con alcuni rimandiall’indietro che servono a spiegarela progressiva uscita di scena deldirigente di Lenola dal gruppo ditesta del partito, il suo rimanereuna sorta di profeta disarmatoall’interno del suo stesso partito,ispiratore di una ricerca e di unariflessione destinate ad essere mar-ginali nella vicenda politica dellasinistra italiana. In questo quadroIngrao viene utilizzato come alfieredella rottura con l’Urss, colui alquale è affidata da Berlinguer lamissione di rompere definitiva-mente con il Pcus in occasione del-l’invasione dell’Afghanistan. “Michiamò Enrico e fece un ragiona-mento secco e breve. Mi disse: isovietici ci chiamano a rendereconto [del dissenso sull’invasione],e noi non possiamo rifiutare l’in-contro. Ma se io ora -…- vado aMosca, qualsiasi cosa dica ai sovie-tici qui in Italia i giornali borghesiscriveranno che sono andato a faratto d’obbedienza. Di te questonon possono dirlo. Si sa che nonsei per nulla amato a Mosca. Va’ tu.Ma bisogna muoversi subito. Tuttoil mondo parla di questa vicenda; esul no dei comunisti italiani nondeve esserci ombra di dubbio”. E’

l’ennesima frattura su un fatto spe-cifico, più che sulla prospettivagenerale, e Ingrao serve da batti-strada. Matura in lui l’idea che nonci sia più nulla da fare, che occorratrovare strade nuove e ricercarle inEuropa occidentale, nel rivitalizza-to mondo della socialdemocraziaeuropea che in quegli anni vira asinistra: gli Jusos tedeschi, i social-democratici svedesi e austriaci, isocialisti austriaci e su questo terre-no s’impegna come Presidente delCentro per la Riforma dello Stato.E qui registra una nuova sconfitta.“Ricordo un episodio amaro.Dopo mesi di lavoro insieme con imiei collaboratori avevo steso un’a-nalisi delle vicende in atto inEuropa. Le lessi ad una assembleadi partito, presente in prima filaBerlinguer.Quel testo era denso di punti pro-blematici, con interrogativi e criti-che evidenti anche al Pci. Mi atten-devo consensi e dissensi. E invecesu quel tentativo di lettura deltempo non mi fu detta da Enricouna sola parola. Né di consenso nédi condanna. Prima ancora delledivergenze, sentivo il vento gelidodell’indifferenza”. Insomma il Pci muore prima diquando Occhetto ne decreta lafine, muore per l’incapacità dirimettersi in discussione, di inter-rogarsi sul mutamento, di ridefini-re i suoi apparati interpretativi, diesercitare la categoria del dubbio.Ciò per molti aspetti rende incom-prensibile il voler rimanere diIngrao nel “gorgo”. Se questo è ilgiudizio sul gruppo dirigente, se labattaglia contro lo scioglimento delPci registra, nonostante il prestigiodi quanti si erano schierati controla svolta, una secca sconfitta, se èvero che riprendono fiato le spintealla guerra cui si accoda anche lafrazione maggioritaria del vecchiopartito (nota Ingrao come la parola“disarmo” sia sparita dal vocabola-rio politico) che senso ha avuto

rimanere legati a quell’esperienzaed essere costretto ad uscire insplendido isolamento dal Pds? Sipuò affermare, come fa Carnierinella sua nota introduttiva, che inIngrao c’è un naturale rifiuto delleforme minoritarie della politica,che la sua concezione dell’agirepolitico prevede l’organizzazione digrandi masse, grandi partiti, grandimovimenti in cui si integrano clas-se operaia, popolo e intellettuali.Ma si può essere minoranza anchein grandi partiti ed essere minoran-za non è sempre – come dimostra-no le coerenze di Ingrao – un fattonegativo. Ciò, peraltro, non spiegagli esiti successivi della vicenda deldirigente comunista: la sua adesio-ne tardiva a Rifondazione, proprionel momento in cui quest’ultimaesprimeva il massimo di minorita-rismo movimentista, in una fase incui per forza di cose diminuiva lasua capacità d’azione politica e ildirigente si andava trasformando inuna voce autorevole quanto sivuole, ma priva d’incidenza realenella vicenda politica.Quello che Ingrao descrive inmodo reticente in questa sua inter-vista è, allora, l’esito drammatico diuna vicenda cui hanno partecipatomigliaia di dirigenti e di militanti:il rifiuto di rompere la casa comu-ne e d’iniziare un nuovo viaggionon ieri, ma qualche decennio fa.Oggi scontiamo questa incertezzadi allora e non basta il rispetto permilitanze rigorose e coerenti, perstorie esemplari per riparare aldanno. Come non basta invocarela creatività del dubbio per assol-versi di scelte non fatte. Purtropponella congiuntura attuale siamocostretti ad essere malgré nous forzadi minoranza, che non vuol direessere fatalmente minoritari.Nonostante non lo dica ancheIngrao è consapevole che così è ecomprendiamo quanto questo rap-presenti un suo rovello e un suocruccio.

Il dubbioe l’incertezza

Re.Co.

S

l 26 giugno 1967 moriva a soli 44 anni, don Lorenzo Milani prioredi Barbiana, frazione del comune di Vicchio nel Mugello: 40 annidopo il suo messaggio è ancora di profonda attualità. Don Milani si

era connotato come prete degli ultimi già nei primi anni della sua espe-rienza sacerdotale presso la parrocchia di S. Donato di Calenzano, borgooperaio e comunista. Il suo pauperismo lo portava a passare più tempo congli operai in fabbrica e nelle riunioni sindacali che in chiesa a dire messa.La pratica quotidiana di una “Chiesa dei poveri” in aperta polemica con ifasti del potere temporale dei vescovi e del papa lo aveva già reso “personapoco grata” alla curia e i suoi primi scritti Esperienze Pastorali vengonosubito messi all’indice dalle autorità ecclesiastiche. Ed è proprio la criticasferzante nei confronti di un clero troppo dottrinale e distante dai proble-mi concreti delle persone e il suo umanesimo laico a renderlo attualissimo.Viviamo infatti una fase segnata da un’offensiva teo-con tesa a ridurre den-tro argini più controllabili una società sempre più laicizzata: l’alleanza fra“sacro e natura”, la riscoperta della “categoria naturale” come elementosovraordinatore delle vicende umane (famiglia naturale, nascita e mortenaturale) ne sono gli elementi più pervasivi oltre che regressivi; è propriodi queste settimane la decisione del papa di ripristinare la messa in latina,la lingua escludente dei dotti, il latinorum manzoniano. Ma la figura didon Milani è completamente identificata con le sue intuizioni pedagogi-che: Lettere a una professoressa esce nel 1966: scritto con i suoi ragazzi dellascuola di Barbiana, oltre ad essere un atto di accusa contro la scuola di clas-se, strumento di selezione e non di emancipazione (“la scuola è quell’ospe-dale che accetta i sani e respinge i malati”) pone anche, in maniera quasigramsciana, la questione della lingua (“più del tetto e del pane ai poverimanca il dominio delle parole”). Con l’uso intelligente degli annuari Istat,illustra le cifre della selezione scolastica e smaschera la sistematica emargi-nazione dei poveri dal sapere. Nel fermento sociale di quegli anni il librosuscita un’attenzione enorme: i “Quaderni Piacentini” lo definiscono un“libro cinese” per la sua carica rivoluzionaria. Barbiana, frazione arroccatasul monte di Giovi, senza strade, né acqua corrente, né luce elettrica, desti-nazione punitiva di un prete scomodo, diventa polo di attrazione degliintellettuali dell’epoca, primo fra tutti Aldo Capitini, che visita la scuola estringe profonda amicizia con il priore. Ancora oggi la cultura è un fattoelitario, poiché è vero che l’accesso all’istruzione non è più condizionato davariabili di censo, il liceo e l’università sono un fenomeno di massa, però èancora pesantemente influenzato da variabili di reddito; il mercato dellavoro è sempre più ad alta soglia, richiede saperi sempre più specialistici epercorsi formativi sempre più sofisticati, ancora preclusi ai meno abbienti.Pensiero politico dunque prima ancora che pedagogico, non meno politicodi quello in difesa dell’obiezione di coscienza: L’obbedienza non è più unavirtù’ è un pesante atto di accusa nei confronti di una istituzione mortiferacome l’esercito (“le guerre le combattono i poveri e le soffrono i più debo-li”). Il pauperismo di don Milani non è assistenziale e caritatevole ma per-vaso da una progettualità di riscatto, ponendosi sullo stesso tracciato idealedi un altro grande prete toscano padre Ernesto Balducci, il prete dei mina-tori dell’Amiata e dello stesso don Di Liegro fondatore della Caritas dioce-sana di Roma. L’opera di don Milani informerà di sé l’agire politico deisuoi molti epigoni, i preti operai degli anni della contestazione.L’attenzione agli ultimi non è solo l’imperativo morale di un umanesimolaico o cattolico, è anche un indicatore molto sensibile, la cartina di torna-sole del modello di società a cui si tende. In una fase in cui la globalizzazio-ne genera un numero crescente di esclusi e lo Stato ritira la mano dallepolitiche sociali a favore di torsioni securitarie, declinando ogni responsa-bilità sulla sorte delle “vite di scarto”, è più che mai attuale il motto scrittoa grandi lettere sulle pareti della scuola di Barbiana “I care”, cioè “me necuro, mi riguarda”.

RicordandoDon Milani

Silvana Di Girolamo

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’adunata a piazza San Pietro perl’Angelus del 19 gennaio, in soste-gno a un Papa che la “violenza”

(così “l’Avvenire”) voleva imbavagliare,sarà il canto del cigno del CardinaleRuini? Sembra crederlo Giorgio Tonini,un tempo esponente delle Acli, oggi brac-cio destro di Veltroni. Ad Orvieto, al con-vegno di Libertà Uguale, ha sostenuto chela Curia sta cambiando, anche per effettodella nascita del Pd. Non solo sta accanto-nando ogni tentazione di partito (o fron-te) neoguelfo, ma, riportando le questioniitaliane in capo al Segretario di Stato, car-dinale Bertone, r idimensiona la Ceisegnata dall’eredità di Ruini. Noi non ne siamo convinti. Quando inprimavera don Camillo lascerà la carica diVicario della diocesi di Roma per raggiun-ti limiti di età, il suo potere diminuiràmolto, ma non è affatto sicuro che gliapparati da lui costruiti non proseguanoper la vecchia strada. Sono infatti le strut-ture che hanno realizzato una svolta nellaChiesa italiana, conseguendo successiimpensati. Nel mese di dicembre SandroMagister, vaticanista de “l’Espresso”, ne hatracciato le linee al convegno Geografia

della fede organizzata in Italia, all’Univer-sità di Urbino

Meno siamo meglio stiamo

Secondo Magister tutto comincia neglianni ’90, quando la scomparsa della Dcobbliga la gerarchia a fare da sé. Essa usaspregiudicatamente le possibilità offertedall’incerto bipolarismo per far pesare, adestra come a sinistra, i voti dei cattolicimilitanti (pochi, ma determinanti), masoprattutto riordina progressivamente iltessuto associativo. Un memorandumdella Cei indica i tre protagonisti dellanuova presenza cattolica in Ital ia: i lForum delle Associazioni familiari ,l’Associazione Scienza e Vita (specializzatanella bioetica), le Reti in Opera (un net-work tra sigle vecchie e nuove attivo perprogetti). Sono strutture non tradizionali,non generaliste, ma mirate; agiscono percampagne. Pur essendo nate in seno almondo cattolico, aspirano ad affermarenorme e bisogni validi per tutti. Ancheper questo i leader generalmente sonoscelti fuori dal cursus honorum delle orga-nizzazioni cattoliche, nella “società civile”e altre figure di spicco sono addirittura dialtre religioni o senza religione. I nuoviaggregati, per evitare estenuanti mediazio-ni, si espongono con un punto di vistaassai netto, difendendolo con intransigen-za e praticando metodi lobbistici. A soste-nerne l’azione c’è l’Osservatorio giuridico-legislativo della Cei, modellato su unomologo tedesco e diviso in settori corri-spondenti ai temi di maggior interesse perla Chiesa (Comunicazioni, Immigrazione,Bioetica, No-profit, Famiglia, Diritti dellepersone): esso segue attentamente tutta laproduzione legislativa e amministrativa(Parlamento, Ministeri , Regioni,Consiglio di Stato, Corte dei Conti, etc.)e diffonde un bollettino in grado di segna-lare ogni notizia utile. Infine è all’operaun circuito di “indipendenti”: giornalisti,accademici, scienziati, scrittori, non neces-

sariamente cattolici, disponibili a un giocodi sponda con articoli di stampa, confe-renze, interventi televisivi, etc.; il circuitocomprende anche il “laico” foglio diGiuliano Ferrara e la “laica” fondazione diPera.Ha studiato la crescita dell’influenza cat-tolica un sociologo ternano legato alvescovo Paglia, Luca Diotallevi, del diret-tivo nazionale di Scienza e Vita, in un sag-gio apparso sulla rivista “Polis” in dicem-bre. Analizzando provincia per provincia irisultati del referendum sulla fecondazioneartificiale, egli conclude che il voto (quasidappertutto un successo per la linea asten-sionistica di Ruini) non ha rapporti stretticon lo sviluppo economico, la collocazio-ne geografica, etc., ma piuttosto riflettenel suo andamento le firme relative all’8per mille nella dichiarazione dei redditi.Più sono le firme per la Chiesa e menorisultano i votanti e i sì al referendum. Ildato scelto come indicatore della “cattoli-cità” dei territori è davvero importante:sono 16 milioni e più i firmatari dell’8 permille e la percentuale per la Chiesa cattoli-ca è in crescita costante (l’89 % nel 2005).Per Diotallevi si sta realizzando un dupliceparadosso. La ripresa sembra infatti legataalla fondata convinzione di essere mino-ranza: da qui la stretta organizzativa, l’at-tenuarsi del dissenso, le battaglie comunitra cattolici conservatori e progressisti. Perdi più la fine della forzosa “unità politicadei cattolici” nella Dc diventa fattore diunità nelle “guerre culturali” che la Chiesaintraprende nello spazio pubblico.

Pierino in Costarica

E’ difficile contestare i successi di questastrategia ove potenza economica edinfluenza etico-politica si sorreggono reci-procamente. E tuttavia statistiche e son-daggi non fanno che segnalare la secolariz-zazione della società: sempre più scarsi e

vecchi i sacerdoti, in aumento i matrimonicivili e le convivenze, deserte le funzionireligiose. I cattolici praticanti sono dun-que sempre meno, ma nello stesso temponell’Italia frantumata e molliccia, neldiscredito di tanti settori dei ceti dirigenti(industria, finanza, politica, magistratura,giornalismo, etc.), la Chiesa dà l’impres-sione di una tenuta morale e gli stessipreti, la più antica tra le “caste”, non sem-pre la più casta, guadagnano in prestigio. Il caso Gelmini, in questa temperie,acquista una grande importanza. InvanoBaget Bozzo, in dichiarazioni e articoli,dopo aver distinto pedofilia e omosessua-lità, chiede alla gerarchia ecclesiastica unasolidarietà con il Pierino d’Amelia. Saràanche vero che, come argomenta l’euro-prete di FI, la grandezza della Chiesanasce soprattutto da peccatori pentiti, iquali sovente restano peccatori anchedopo il pentimento, ma tutto ciò inVaticano non commuove nessuno, nean-che gli amici che Gelmini aveva nei tempibuoni. Né lo aiutano le tante altre solida-rietà politiche.Don Pierino pertanto reagisce. Ai primi didicembre un suo avvocato, ManlioMorcel la, parla chiaro: la ComunitàIncontro è “una realtà economicamentemolto solida” e per questo “suscita datempo interessi e mire da ogni ambito, sialaico che ecclesiale”. Il 18 il portavocedella comunità, lo psicologo Meluzzi, dànotizia di un malore di Gelmini e qualchegiorno dopo di una sua lettera al Papa, chegli chiede di spretarlo, al fine non coinvol-gere la Chiesa nelle sue disgrazie giudizia-rie. Quanto a lui, spiega don Pierino,vuole restare con i suoi ragazzi ad ognicosto (“perinde cadaver”). La “riduzioneallo stato laicale” (che è la pena più graveprevista dal diritto canonico) “pro gratia”,cioè su richiesta del sacerdote, sarebbeinvero procedura strana. La lettera apparedunque una probabile risposta a un proce-dimento canonico minacciato o avviatodalla Curia, forse motivato dall’usurpato

titolo di monsignore e dalle funzioni reli-giose abusivamente celebrate con il ritogreco. Gelmini in sostanza manda a dire:“Me ne vado io, non siete voi a cacciarmi”e tra le righe avverte che dopo sarà lui, enon la gerarchia, il padrone della holdingdelle Comunità Incontro. All’inizio del-l’anno nuovo don Pierino parte: va acurarsi in Costarica, ma fa sapere che tor-nerà presto. Intanto i giornali riferisconodi una compromettente intercettazionetelefonica, ove l’ex procuratore capo diTerni, Martellino, consiglia a Gelmini dicambiare avvocato e si mostra sorpresodell’accaduto: “Ma come? La denuncia erastata archiviata”.

Voci e scalate

A gestire per conto della gerarchia eccle-siastica l’affaire Gelmini è stato finora ilvescovo di Terni Vincenzo Paglia, superio-re competente, che ha tentato di riportarela Comunità sotto l’egida di madreChiesa. Non è escluso che la difficile trat-tativa, fin qui andata a vuoto, incida sullacarriera del celebrato gerarca ciociaro, cheha annunciato un prossimo trasferimento

ad altro incarico, verosimilmente a Roma.E dire che nelle trattative si era fin quimostrato assai abile: nella Comunità diSant’Egidio, da difensore della Terni ope-raia con la Tyssen Krupp, con il mondopolitico e i imprenditoriale. Poteva inoltrevantare la grande vicinanza con papaWojtila (era stato ammesso a visitarlo finoall’ultimo giorno di costui), e l’ammissio-ne a un club esclusivo come i Lions,primo vescovo in Italia. I giornali l’estatescorsa lo davano in gara, come nuovoVicario della diocesi romana in sostituzio-ne del cardinale Ruini, con monsignorRino Fisichella, l’attuale rettore dellaPontificia Università Lateranense anchelui reduce da brillanti successi mondani,. In novembre, secondo i giornali, Pagliaera in vantaggio, nonostante la grandeamicizia con Ruini di Fisichella: pare cheben 167 parroci romani su 232 avesserofirmato una lettera, destinata oltre Tevere,contro la nomina di costui, di cui si dicevache fosse in disgrazia presso il Papa peraver rifiutato la diocesi di Pisa. Fino adicembre in partenza per Pisa veniva datoun altro vescovo umbro, i l potenteFontana di Spoleto, che tuttavia, se si devecredere a “Il Messaggero”, ha indiretta-mente smentito la notizia durante la festadi San Ponziano, proprio mentre favorivala riappacificazione tra la governatriceLorenzetti e il sindaco Brunini. Alla fine sembra che Vicario a Roma nonsarà né Paglia, né Fisichella. L’ultima voce,riportata da Tosatti, il vaticanista de “LaStampa”, è che Ratzinger ha in animo unascelta non “politica”, ma “pastorale”, il cheescluderebbe i due prelati, entrambi molto“politicanti”. Insomma c’è una ridda di ipotesi contra-stanti, come sempre accade quando siattende di un giro di nomine ed è opaco ilpotere che ne è titolare. Di sicuro nel“pastore tedesco” una grande ansia dil iquidare quel poco del l’eredità delConcilio che era sopravvissuta al suo pre-decessore.

10po l i t i c agennaio 2008

Cronache da PretopoliSalvatore Lo Leggio

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11ambientegennaio 2008

“Dio ricicla, il diavolo brucia” e perapprofondire le alternative all’incenerimen-to dei rifiuti il Comitato per l’ambiente diGualdo Cattaneo ha invitato Paul Connett,considerato il massimo esperto mondiale inmateria. Il professore è cordiale e disponibi-le, l’autorevolezza dello studioso e l’entusia-smo di un ragazzo. Quando gli chiediamodi scambiare qualche parola risponde che èvenuto per questo, ci chiede per quale gior-nale e quando gli mostriamo “micropolis” e“il manifesto” esclama divertito che conosceGuido Viale e lo considera un grande esper-to sulle sue stesse posizioni. Bene, Professore, iniziamo nel migliore deimodi ma ci spieghi perché è qui.Perché sono in pensione da tre anni e dedi-co il mio tempo alla rete mondiale “Rifiutizero”. Prima ho studiato e insegnato chimi-ca ambientale per quaranta anni alla St.Lawrence University di New York. Quandoho cominciato a capire i danni che la nostraciviltà industriale produce mi sono posto ilproblema di contribuire ad invertire questadirezione che considero suicida.Oggi sono qui in Umbria per laprima volta ma sono venuto inItalia spesso. Amo molto questoPaese, la sua bellezza, la sua crea-tività, il suo cibo e il suo vino.Questa di oggi è la trentaduesimaconferenza che ho fatto in Italiada quando combatto l’inceneri-mento dei rifiuti. Ma guardi chevengo gratis, accetto solo di essereinvitato a pranzo o a cena. Lo scriva, perfavore.Lei pensa che senza inceneritori si possarisolvere il problema? Ma come?Semplice. Si fa con le mani e con il cervello.Tante mani che separano i rifiuti in ognicasa, che fanno la raccolta porta a porta.Cervelli che capiscono che il problema èsemplice. I cittadini devono pretendere tra-sparenza e informazione dai politici, capire itanti interessi economici che stanno dietroai rifiuti. La vera magia sta nelle nostremani. Bisogna dire con forza all’industria:se noi non possiamo riciclare questi prodot-ti voi non dovete produrli, non si può pro-durre qualcosa per poi distruggerlo ma soloqualcosa che si può riutilizzare. Questa è lafilosofia che ispira la rete “Rifiuti zero”.L’incenerimento è dannoso per la salute,per l’economia e per le future generazioni.Al contrario, una strategia che punti all’az-zeramento dei rifiuti è benefica per la salu-te, l’ambiente e per l’economia perché creaanche posti di lavoro. Ho capito la sua filosofia ma quante possi-bilità di applicazione concreta può avere?Tante, dipende dalla volontà dei cittadini edalle capacità dei politici. Comunque, ionon faccio filosofia. Posso farle migliaia diesempi di applicazione positiva di questenostre idee. La città di San Francisco hacirca 900mila abitanti e attualmente non hané inceneritori né discariche. Solo un cen-

tro di riciclaggio all’internodel centro abitato vicino alporto. Ricicla il 78 per centodei rifiuti e punta al cento percento entro il 2020. In Italia

voglio citare il Consorzio Priula compostoda 32 comuni che riciclano intorno all’80per cento dei rifiuti o quello di Novara chein soli 18 mesi è riuscita con il porta a portae il riciclaggio ad ottenere risultati sorpren-denti; oppure Capannori che punta ad azze-rare i rifiuti entro dieci anni. Lei ha studiato a lungo le emissioni deitermovalorizzatorii. Sono veramente peri-colose?Scusi ma non ho mai capito perché in Italiausate la parola termovalorizzatore che satanto di imbroglio perché lascia intendereun valore, un vantaggio. Fino ad oggi lascienza ha raggiunto risultati sicuri sul 20per cento delle sostanze emesse dagli ince-neritori. Per il restante 80 per cento c’èancora molto da studiare. Ma basta quel 20per cento per affermare che le ceneri pesantie quelle volatili sono dannose. I fumi lirespiriamo o si depositano nel terreno edentrano nel ciclo alimentare. Le ceneri ven-gono sotterrate in discariche speciali checostano e alla lunga inquinano il sottosuolo. Ma gli inceneritori di ultima generazionehanno filtri che abbattono gli elementiinquinanti. Mille filtri ma non riuscirannomai ad abbattere tutti gli inquinanti. Daicamini escono nanoparticelle di metalli tos-sici come piombo, cadmio, mercurio, fura-ni e diossine. Gli inceneritori monitorizza-no le nanoparticelle emesse di una grandez-za superiore ai 2,5 micron ma quelle di

dimensioni minori? Passano attraverso lemembrane dei polmoni, si concentrano neiglobuli rossi e arrivano al cervello. Certo lecause degli aumenti di certe patologie comeallergie, bronchiti, enfisemi e tumori nonsono attribuibili solo agli inceneritori ma aduno sconsiderato modello di sviluppo basa-to sui consumi sfrenati e sull’usa e getta. Lepopolazioni che risiedono entro cento kmdagli impianti di incenerimento dovrebberorichiedere agli epidemiologi studi sullepatologie più pericolose e sulle loro cause.La medicina oggi tende alla super specializ-zazione. Privilegia obiettivi di lotta controle malattie che sono il prodotto in granparte evitabile di modelli di vita consumi-stici e inquinanti. Insomma combatte,anche efficacemente, gli effetti ma nonrimuove le cause delle malattie. Secondo lei cosa bisognerebbe fare?Bisogna smettere di vivere su questo pianetacome se ne avessimo pronto un altro su cuitrasferirsi. Non si può fare come il presiden-te Bush che pensa alla terra in mezzo ad unpanino da addentare con avidità. Non sipossono organizzare incontri internazionalicome quelli di Kioto o di Bali sulle emissio-ni di anidride carbonica perché il pianeta sisurriscalda e poi continuare a bruciare, asprecare energia. Bisogna mutare profonda-mente il nostro stile di vita, smetterla con larincorsa ai consumi inutili. Dietro ogni kgdi rifiuti finali ce ne sono a monte circa 70kg provocati dall’estrazione e dalla lavora-zione di materie prime vergini. Se si adot-tasse il riciclaggio e si puntasse all’obiettivorifiuti zero non si continuerebbe a sfruttarela terra incoscientemente.

Ma quello che lei propone è un ribalta-mento dei valori del mondo occidentale.Certo. Se si va avanti così non duriamotanto. Guardi quello che succede per ilpetrolio o per l’acqua. Pensa che la rispostaagli sprechi degli ultimi 50 anni del mondooccidentale sia una guerra dopo l’altra pergarantire a pochi privilegi sulla pelle dimolti? Guardi io ho passato una vita a stu-diare la chimica ambientale insieme ad altristudiosi. Ma solo quando siamo riusciti adimostrare che certe scelte erano perdentianche sul piano economico abbiamo ripor-tato qualche risultato. Quando abbiamodimostrato che gli inceneritori erano unospreco perché costano molto in macchinari,sono pericolosi per la salute, l’energia cheproducono costa più di tre volte di quellaprodotta con altri materiali e non è rinno-vabile, solo allora siamo riusciti a convince-re l’opinione pubblica sulla necessità dellaloro dismissione. Negli Usa è dal 1995 cheè vietato istallare inceneritori e non per glistudi degli scienziati ma perché sono antie-conomici. Lo stesso divieto è applicato inAustralia, in Nuova Zelanda e in altri paesi.Professore, sa quello che sta succedendo aNapoli sui rifiuti? Cosa ne pensa?E’ quindici giorni che sono in Europa, unpo’ turista, un po’ conferenziere. La rete“Rifiuti zero” sta crescendo anche sul vec-chio continente. Certo che conosco la situa-zione di Napoli ma non voglio entrare inparticolari. Le voglio rispondere con dueleggi, due formule che ho elaborato girandoil mondo in questi anni. La prima dice chedove c’è tanta corruzione c’è molto inqui-namento. La seconda che il livello di inqui-namento diminuisce con la partecipazioneattiva dei cittadini. Cambiano le situazionima le due formule sono valide ovunque. Leresponsabilità di quello che sta avvenendo aNapoli sono di tutti. I cittadini hanno sba-gliato a dare la loro fiducia a certi politicima le loro responsabilità non sono parago-nabili con quelle di chi doveva decidere enon lo ha fatto. Ci vuol riassumere la suaricetta per dare una soluzione al problemarifiuti. Si ricordi la magia è nelle mani.Raccolta differenziata porta a porta.Riciclaggio. Responsabilità industriale perla produzione a monte e per il cittadinoconsumatore a valle. Il problema rifiuti nonè un problema tecnologico ma organizzati-vo. Se mi permette, non riesco ad immagi-nare il genio italiano che ammiro da sempreche spreca soldi e inquina una città bellacome Napoli. Ai cittadini vorrei raccoman-dare di partecipare di più alla soluzione diquesti problemi, di non lasciare che consu-lenti pagati facciano cose che vanno control’interesse collettivo. Ai politici locali enazionali di non scappare di fronte ai pro-blemi, di ascoltare le ragioni dei cittadini,di moltiplicare le occasioni di confronto.Poi si ricordi e, per favore, lo scriva: se unoparla bene degli inceneritori o è matto o èpagato.

Intervista a Paul Connet, massimo esperto mondiale in materia di rifiuti

Obiettivo rifiuti zeroPaolo Lupattelli

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Tutt’oggi il piede mi fa male dal maledetto armadio Ikea che ci è caduto suotto mesi fae Aldo è morto.E tutto il giorno che penso alla fragilità come il dolore si ricorda del doloree Aldo è morto.Argentina disse che aveva dei bellissimi occhi verdima non ci feci mai caso.Era molto bello,Era

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E’ autunno, sì, quella stagionearancione per la sua asprezza, rosso per il fuoco e la brace e le ceneri,l’urna funeraria che lui non ha mai avutocosì solita in Umbria.Scolpirò una sega sulla sua e della carta vetrata.Questi spigoli ruvidi non diventeranno mai lisci.E una buffa spazzola.

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Non l’ho mai conosciuto bene.Ma non mi riesce di immaginarlo diventare uno spettro.Quegli occhiali sfavillanti,estrosa costellazione.

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Construirò quella passerelladal terrazzo al ripostiglio in giardinocon le sei altalene di canovaccio mattevele a strisce verdi e bluche danzano sotto le raffiche o ferme

in memoria di te.

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Sempre preoccupandoti per gli altri —ti premeva così tanto.L’esame perso del tuo figlio, quasi perso,

alla fine, ce l’ha fatta.L’epatite persistente di tua moglie, troppo spaventataper andare all’ospedale, alla fineci dovrà andare. Alla fineil tuo fegato schiacciato, la milzaschiacciata – “lesioni interne.”Soffro di lesioni interne ora.

Ho dovuto cercare milza sul dizionario,trovavo sempre milizia.

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Eri la prima persona con cui parlaiquando tornai dall’ospedale con Melinae scoprii una nuova solitudine.Mite, così mite,dolce falegname dalle mani dorateche sempre costruivano.

Sembri esserci sempre stato per i passaggi.Avessi potuto dartiun ditale di compassioneil tuo ultimo momento duro.

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Chiese dell’acqua tre voltee i soldati lo derisero.La guardia fece su e giù nel suo pentametro.

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L’acqua della vita…Diversi reclusi ti hanno sentito lamentartiquella domenica mattina, prima che venissi pronunciato morto.Migliora la tua pronuncia, giovanotto.Cosa può fare la bellezza?Mi lancio fra te e la spranga.

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Invita tutti i piccionialla conferenza internazionale sulla tortura.

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La prigione è un cerchio chiuso.Le stanze di solito non hanno vistasull’oceano (cioè l’infinito) o sulla neveche è così spesso una benedizioneo sui meli di color bianco (e va bene, rosa)il vergognarsi del diventare.Né possiamo vedere noi attraverso le finestre che non hanno scuri e questo aumenta la gravità della parentesi.

O, simbolo della perfezione.

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E’ ragionevole sentirsi confortati dagli articoli uscitisui giornali locali e nazionali e internazionaliessere soddisfatti dalla rivendicazionedel diritto all’informazionema di ragionevole cosa c’è nel dolorenel protagonista indifeso di tutta la fanfara,la sua famiglia scheggiata?

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Che applichino balsami lenitivi su tutte le tue feriteinterne ed esterne, visibili ed invisibili(vecchia tecnica degli asciugamani bagnati, perfezionata dal fascismo)e che ti avvolgano nelle fasce imbevute di mirra e di cannella per poi avviarti sul tuo viaggio ninnando.

E che la fisarmonica delle ondeti sostenga con qualche tua melodia preferitae ti porti onorevolmentedovunque tu più vorresti essere.

Jane Oliensis

12 s o c i e t àgennaio 2008

12 Brevi Poesie per AldoAldo Bianzino è morto nella prigione di Capanne a Perugia, il 14 ottobre 2007, 2 giorni dopo il suo arresto per aver coltivato piante di canapa nel suo orto.

Le nebbiedi CapanneP.L.

“Datemi nome e cognome di un soloragazzo finito in prigione per un pezzettodi fumo e mi dimetto da deputato”.L’incauta dichiarazione, pronunciata a La7nel dicembre del 2006, è di GianfrancoFini, sostenitore della legge contro gli spi-nelli insieme al pio Giovanardi. In un annogli incarcerati per detenzione di cannabisad uso personale sono stati più di 130.Naturalmente Fini non si è dimesso el’Unione, che nel programma si era impe-gnata a superare la legge e ad istituire ungarante a tutela delle persone private dellalibertà, non ha concretizzato le promesse. Ecosì oggi, la repressiva legge ha al suo attivoanche un morto: Aldo Bianzino un pacifi-co falegname di Pietralunga colpevole dicoltivare qualche piantina per uso persona-le. Due giorni dopo il suo arresto viene tro-

vato privo di vita, nudo, nella sua cella.L’autopsia evidenzia lesioni all’encefalo, alfegato e alla milza. Istituzione pericolosaquella carceraria. Il diritto alla vita di ognipersona affidato alla tutela dello Statodovrebbe valere, come in ogni altro luogo,anche nelle patrie galere. Invece sono luo-ghi pieni di violenza dove muoiono più dicento carcerati ogni anno. Anche quelli inattesa di giudizio che, per la nostraCostituzione, sono innocenti fino al giudi-zio definitivo. Bel Paese, l’Italia di Beccaria,che si fa bello nella battaglia per l’abolizio-ne della pena di morte nel mondo poientro i suoi confini incarcera e spinge allamorte la gente a causa dello stile di vita,che la criminalizza per qualche piantina.Sono passati cento giorni dalla scomparsadi Aldo. L’accertamento delle responsabilitàprocede a rilento; prevale l’omertà, lo spiri-to di corpo delle guardie carcerarie che par-lano di congiura; non si hanno notizie sueventuali analisi sugli abiti indossati, lastessa incriminazione di una guardia peromissione di soccorso porta alla ovvia con-clusione di una morte naturale per aneuri-

sma. Ma il fegato staccato e le lesioni allamilza come possono essere stati provocatida un aneurisma? Troppi dubbi nelle neb-bie di Capanne e l’opinione pubblica tendea dimenticare una morte oscurata dall’os-sessione mediatica per il tragico omicidiodi Meredith Kercher maturato, come sem-bra, nell’ambito di amici e conoscenti.Belli, giovani, trasgressivi, Amanda e com-pagnia bella fanno audience. Sesso, soldi esangue solleticano le pulsioni meschine,fanno vendere, eccitano e arricchiscono losciame di vespe dei bravi conduttori che siprodigano nel raccontarci particolari insi-gnificanti. Poco più di una riga in cronacaper la morte di un falegname di Pietra-lunga. Fiumi di parole e di inchiostro spre-cati da politici, opinionisti e preti in uncaso, il silenzio nell’altro. Ero forestiero enon mi avete ospitato, nudo e non mi avetevestito, ero malato e in carcere e non mi avetevisitato: chi saprà mai se i loquaci interven-tisti che straparlano con un occhio alle tele-camere e uno al pastore tedesco si ricorda-no di questo passo del Vangelo di Matteo.E la nebbia di Capanne tenta di oscurare

anche l’incredibile vicenda dei cinqueragazzi arrestati nell’operazione Brushwooda Spoleto.Centodieci carabinieri dei reparti operativispeciali guidati dal generale Ganzer, quat-tro elicotteri, il Procuratore capo Mirianoche formula accuse pesantissime come l’as-sociazione con finalità di terrorismo ancheinternazionale, eversione dell’ordinamentodemocratico, invio di una missiva minato-ria con due proiettili alla governatriceLorenzetti.Sono passati tre mesi e non si hanno noti-zie di uno straccio di prova ma Andrea eMichele sono in carcere in regime di eleva-to indice di vigilanza cioè isolamento totalee censura sulla corrispondenza come i capimafiosi. Avrebbero potuto compiere azionipericolose sostiene la Procura. Avrebbero ohanno? L’affaire è più che preoccupante el’opinione pubblica democratica ha il dirit-to di saperne di più. O vengono tirate fuoriprove e riscontri oppure i due ragazzi devo-no essere scarcerati. Subito. Sarebbe unraggio di sole che illumina le nebbie oscuredi Capanne.

Jane Oliensis vive nelle colline di Assisi con lasua famiglia, tre simpatici cani e due gatti.Scrive ed insegna. E’ presidente dell’associazioneculturale Humanities Spring in Assisi.

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erni. Città di frontiera, usando leparole del noto cantautore, anchese non l’ha mai inserita nel novero

di quelle che ha cantato. Sicuramente unafrontiera culturale, in quanto circondata daterre che esprimono sensibilità diverse. Unadelle particolarità di Terni è di essere un’en-tità in stretto rapporto con la sua carne. Lacarne di Terni è diversa da quella di altrecittà, perché provata dalla storia: bombarda-menti, acciaio, chimica, dismissioni, nehanno segnato il corpo alterandolo, renden-dolo evidente, in quanto sofferente, allapercezione della cittadinanza. Una sociologia della città non può prescin-dere da questa considerazione. Quindi gliinterventi effettuati sulla superficie dellaterra su cui poggia, non possono esseresemplicemente cosmetici, bensì devonopenetrare nella carne come tatuaggi o pier-cing. Come un doloroso lenitivo estetico.Per questo la città si è dotata di un arredourbano costituito da una serie di impiantiche ne incidono le fibre e ritagliano glispazi cittadini, ospiti di un corpo accoglien-te e non indifferente. Percorrendone le vie,anche in auto, il confronto con sculture edistallazioni è costante. Ci si rende conto chele opere: per le strade nei parchi pubblici,nelle fontane, non si sono intrufolate, bensìsono oggetto di una scelta predeterminata:in genere quell’opera, di quell’artista in quelposto. C’è stata per ciò una presa dicoscienza ufficiale, rappresentata in manieragiustamente enfatica da una mostra e da uncatalogo in cui la particolarità del rapportotra arte e città si è messa in evidenza. La mostra, nei locali di Palazzo Primavera,Via Giordano Bruno 3 - contenitore super-bo - si protrae fino al 17 febbraio. Volutaespressamente dall’amministrazione comu-nale, è costituita dalle foto di Sergio Coppiche ritraggono le sculture pubbliche diTerni. Nasce come ovvia conseguenza di

una ricognizione svolta sul territorio. Lacittà prende atto di essere un museo all’a-perto, in cui ciascuno, anche semplicemen-te per fare la spesa, recarsi al lavoro, andarea prendere un tamarindo, può scegliere (ogli può venire offerto) il proprio itinerariodi visita. Il confronto con altre esperienzesimili, Spoleto ad esempio, o Brufa, (oTuoro) con differenze di rilievo, scatta auto-maticamente. Le diversità spiccano perchéqui valgono le considerazioni che si dicevain apertura: il legame tra le opere e il terri-torio è profondo, non solo in senso figura-to. Inoltre qui spira un’aura di maggiorematerialità e un senso di necessità che fadelle opere un tutt’uno con la città e le sueramificazioni.E i lavori si allineano, anche se scanditi neltempo, con le contemporanee ricerche nellafigurazione plastica, con l’utilizzo dei mate-riali più disparati, con una preferenza perquelli che hanno una cittadinanza naturalea Terni, come i metalli. Al fianco degli artisti del posto, indubbia-mente degni di affiancare i più titolati, figu-rano maestri le cui opere sono state conse-gnate alla storia, protagonisti della creazio-ne culturale internazionale; tra questiArnaldo Pomodoro, Giulio Turcato, CarloLorenzetti, Eliseo Mattiacci, BeverlyPepper, Agapito Miniucchi, Aurelio DeFelice, Bruno Ceccobelli, Federico Brook,Attilio Pierelli, Umberto Mastroianni,Vincenzo Gaetaniello, Giuseppe Maraniel-lo. Difficile soffermarsi sulle opere di qual-cuno senza rischiare di fare torti tralascian-do gli altri. Però non sembra ingiusto spen-dere due parole sulla “Lancia di luce” diArnaldo Pomodoro. Gli acciai balenanti espenti che inalveano lo spazio, protenden-dosi babelescamente contro il firmamentosintetizzano coscienza e mistero, geometriee casualità, tecnica e lirica. Anche se mirendo conto non essere una grande scoper-

ta. Così come la potenza di AgapitoMiniucchi, il cui lavoro è compreso nelgesto di educare il metallo a prodigiosi alli-neamenti. Ma gli altri, come detto nonsono da meno e nel complesso tessono unatrama di forme e linguaggi che esaurisce unpanorama espressivo completo e di grandeattualità. Comprese Madonne, Sanfrance-schi e innamorati (in ossequio alla sanvalen-tiniana città dell’amore!) all’apparenzamolto convenzionali, ma anch’essi sintesi diuna sensibilità esistente.Le foto di Sergio Coppi, di cui una illustral’articolo, sono la mostra, hanno la caratte-ristica di essere improntate ad una com-prensione totale dell’oggetto, che riprodu-cono insieme al suo contesto: inquadratura,luce, esposizione, annidamento, incista-mento nel tessuto epiteliale della città, tra-dotto in una parola, compenetrazione.Nella rassegna, che da questo processonasce, c’è in più l’azione della messa inmostra, attraverso un atto che fa dell’esposi-zione delle foto una serie di vere e proprieistallazioni, sfruttando tecniche di stampa eluci. Un’amichevole, dialettica sfida di lin-guaggi tra la bidimensionalità della fotogra-fia e le masse delle sculture.Nelle sale di Palazzo Primavera il riassuntocompleto attraverso le immagini di tutta laproduzione, ordinato e attraente, con in piùun forte contributo didattico. Specie nellastanza in cui tutte le foto sono allineate evengono collegate, tramite un percorso gra-fico, ad una piantina che riproduce topo-graficamente il territorio, rendendone facilel’ubicazione, ma anche gradevole visiva-mente. Inoltre un ricco apparato dei proces-si di realizzazione, tramite bozzetti, disegni,che registrano alcune immagini deimomenti della creazione delle opere, Nel bel catalogo - Arte pubblica a Terni diFrancesco Santaniello, L. S. gruppo edito-riale, Bologna 2007, presentazione di

Daniela Fonti - sobrio, essenziale, comple-to, ricco di un apparato di dati riguardantigli artisti, prezioso, inutilmente si cerche-rebbe la pressa, il totem della città, in quan-to eterogeneo rispetto ai criteri della mostrae dell’inventario, il Moloch esausto ma noninerte. Ma il suo pondus si fa sentire in tuttoil percorso, tanto quanto rappresenta unasorta di sintesi della recente storia ternana,quindi termine obbligatorio di confronto.Nel generale ritegno degli enti locali, nellacrisi dei valori della cultura e dell’arte, nelcontinuo richiamo, che talvolta è una sup-plica, all’intervento dei privati come indi-spensabile sostegno per le iniziative comequesta o simili, questo prodotto è totalmen-te pubblico. Non figurano sponsor indu-striali o commerciali. Non è sgradito vederecome una città si organizzi per fare il puntodella situazione, compiacendosi della suaessenza e investendo su di essa, utilizzandobene le proprie risorse umane, ma senzaessere provinciale. Per buon peso nello stinto inverno dellaConca, la Galleria Ronchetti Arte Con-temporanea, in piazza Duomo N. 3, che haospitato in passato collezioni di tutto rispet-to, accoglie terza mostra di Alex Pinna adistanza di tre anni dalla sua seconda espo-sizione del 2004.La rassegna è intitolata “IoSonoTe”, proponedue gruppi di lavori realizzati nel 2007. Ironia e surrealtà sono lo sfondo di azioniartistiche in cui citazioni eleganti e linguag-gi originali si fondono con grazia calligrafi-ca, sia nei volumi sia nelle superfici. In occasione della mostra viene presentato illibro Alex Pinna “Ogni cane è il mio cane”,pubblicato da GLI ORI di Prato, con testidi Marco Giacomelli, Marco Senaldi eAndrea Bellini che racchiude la produzionedell’artista genovese dal 2004 al 2007. Untesto bilingue di gran pregio, innanzituttografico.

T

13 c u l t u r agennaio 2008

L’arte pubblica a Terni nelle fotografie di Sergio Coppi

Piercing cittadinoEnrico Sciamannna

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14c u l t u r agennaio 2008

ra le sue innumerevoli attrattiveturistiche l’Umbria annovera ancheuna vasta gamma di proposte spet-

tacolari e manifestazioni artistiche di riso-nanza mondiale. Gli antichi borghi dellaregione offrono scenari di bellezza incompa-rabile per lo svolgimento dei vari eventi,conservano antichi teatri all’italiana chesono veri e propri gioielli, offrono un’atmo-sfera davvero a misura d’uomo che facilitala fruizione dello spettacolo. In queste deli-ziose bomboniere si svolgono tutti gli annistagioni teatrali che presentano uno spacca-to abbastanza completo della produzionenazionale. Ce n’è anche per gli appassionatidella lirica: infatti il Lirico Sperimentale diSpoleto svolge un lavoro molto puntualenella formazione di nuovi talenti e produceopere liriche che danno la possibilità a que-sti ultimi di esibirsi di fronte ad un pubbli-

co di appassionati. Tutto bene, dunque?Non resta che elevare un peana alla creati-vità e alla lungimiranza degli amministrato-ri e degli organizzatori culturali? La rispostaè no, non tutto va così bene. Vediamo discrostare un pochino la patina con i lustrini. Punto primo: le manifestazioni artistiche.E’ vero che alcune conservano il loro presti-gio internazionale, ma è anche vero (vediFestival di Spoleto) che in alcuni casi sonoarrivate al collasso, tanto da avere bisognodell’intervento salvifico di un deus exmachina. Non si poteva trovare per tempouna soluzione interna alla regione? In altricasi (vedi Umbria Jazz) si nota la necessitàdi uno slancio creativo, di qualche elementodi novità, per evitare la sensazione di pigraripetitività che coglie chi segue questamanifestazione sin dalla sua nascita. E, siaben chiaro, la novità non può essere costi-

tuita dalla presenza di star della musica popo rock, anche se garantisce successi al botte-ghino.Punto secondo: le stagioni teatrali.D’accordo, chi le organizza, in primis ilTeatro Stabile, fa del suo meglio cercandodi pescare da quello che offre il mercatonazionale, che spesso non è eccezionale. Mabisogna anche riconoscere che alcune com-pagnie davvero interessanti non mettonopiede in Umbria perché si pensa che nonattirino abbastanza pubblico. Sta di fattoche, malgrado i proclami trionfalistici, ilpubblico sta calando. Si sbandiera la presen-za dei giovani nei teatri, ma andrebbero rin-graziati gli insegnanti di materie letterarieche li precettano. E’ sempre più evidente,inoltre, l’esigenza di creare nuovi spazi perlo spettacolo teatrale, la musica, la danza:spazi che permettano un diverso rapporto

fra gli artisti e il pubblico. Per il cinema sisono create le multisale con tutti i comforte la possibilità di sentire anche il respirodegli attori, per le altre forme di spettacolosi usano ancora spazi nati nel Settecento. Inaltri paesi europei, si vedano la Francia e laGermania, esistono da un pezzo luoghi tea-trali modulabili secondo le esigenze del rap-porto spettacolo-pubblico, qui sembranoancora fantascienza. A dire il vero, ognitanto qualche amministrazione comunale siattiva per ristrutturare un vecchio teatro o,incredibile ma vero, crearne uno nuovo.Non si creda, però, che la progettazione e ladirezione dei lavori venga affidata a quelliche nei teatri ci sono cresciuti e ci hannolavorato per anni: no, il compito passaintelligentemente a qualche geometracomunale o ad architetti che non hannomai messo piede in un teatro da quando

È davvero un bellospettacolo?

Valter Corelli

F

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L’attentatodi Canziopp. 96euro 9,00

RenatoCovino

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CRACE edizioni

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erano in fasce. Punto terzo: i così detti“operatori culturali”, vale a dire teatranti,musicisti, danzatori, animatori e chi più neha più ne metta. Nell’argomento preso inesame dall’articolo sarebbero i protagonisti,i pezzi forti, quelli da tenere in maggioreconsiderazione, ma in realtà le cose nonvanno proprio in questo modo. Per qualeimperscrutabile ragione, ci si può chiedere,chi ha sempre fortemente condiviso anticheparole d’ordine tipo “la terra a chi la lavora”non dovrebbe farsi in quattro per dare “lagestione della cultura a chi la fa”? Per giun-gere ad una risposta chiara e convincenteoccorre esaminare diversi aspetti, non tuttispiegabili in poche righe. Cercando di esse-re il più sintetici possibile, diciamo intantoche la cultura del “potere dal basso” e della“partecipazione” si è smarrita nel magmamucillaginoso della globalizzazione politica,fenomeno che ha prodotto forze politicheculturalmente indifferenziate, nelle quali itermini “destra” e “sinistra” suonano comenomignoli virtuali. Inquesta realtà politicaconta solo chi sta al ver-tice e, ancor più, chipartecipa al maggiornumero di talk showtelevisivi, conseguente-mente prolifera e pro-spera la specie dei “fun-zionari creativi”, cioèquegli impiegati che dadietro le loro scrivanie,ben pagati dal denaropubblico, si arrogano ildiritto di stilare proget-ti, di formulare pro-grammi scegliendonegli esecutori e persino di elaborare titoli eslogan per pubblicizzarli. Inoltre, gli “opera-tori culturali” sono da sempre impegnatinella pratica cara al marito cornuto che sitagliava gli zebedei per far dispetto allamoglie. Infatti, ben lungi dal cercare unitàd’azione e collaborazioni reciproche, inmodo da rafforzare il loro peso contrattuale,si affannano a tirarsi gomitate a vicenda, adir male l’uno dell’altro. Ciascuno, impla-cabilmente convinto di essere il migliore, sipreoccupa solo di buttar giù il suo progetti-no, di fare la giusta telefonata politicamentecorretta per “spingerlo” e di correre a pre-sentarlo per bruciare gli odiati concorrenti.E così, da anni, non fanno altro che com-portarsi come i questuanti e pitocchi che siaccalcano ai funerali della principessaUzeda ne “I Viceré” di De Roberto, congrande gioia di coloro che elargendo lorofette di “torta” ne ottengono il consenso.Unrecente evento avrebbe offerto la possibilitàdi cambiare questa linea di tendenza, por-tando tutti coloro che operano nel campoculturale e spettacolare a riflettere ed a tro-vare modalità nuove di comportamento.L’evento in questione si chiama “ProgettoSpettacolo Umbria” e nasce da un bandoemanato dal Ministero per i Beni e leAttività Culturali in attuazione dellaFinanziaria 2006, che ha costituito unfondo di 20 milioni di euro per il triennio2007/2009 a sostegno di interventi cultura-li. In seguito alla partecipazione al bando, laRegione Umbria ha ricevuto dal Ministero900mila euro che andranno a finanziare, inun piano complessivo di oltre 2 milioni e200mila euro l’anno, gli spettacoli dal vivodistribuiti sul territorio regionale nonché leattività di un “Laboratorio per la contem-poraneità” che opererà prevalentemente aTerni. Al di là dell’indubbia serietà di que-sto progetto di Laboratorio, che nessuno sisogna di contestare visto che dà un bell’aiu-to agli equilibri geopolitici regionali, vale lapena soffermarsi sull’innamoramento deinostri maitre-a-penser per il termine “con-temporaneità”. Del resto, ogni anno vienefuori una parola che i politici e il loro intel-

lettuali devono assolutamente usare: ricor-date il profluvio di “filiera”, parola che veni-va usata ad ogni pié sospinto, ancorché perlo più a vanvera? Ma citiamo dal sito inter-net della Regione: “L’asse culturale del pro-getto si muove lungo due direzioni:Realizzare produzioni nuove, fortementeconnotate dalla contemporaneità, nei diversicampi della musica, della lirica a basso costo(Sic!), della prosa e della danza e la circuita-zione di spettacoli come nuova e qualificataofferta non solo per i teatri delle città piùgrandi, ma anche per i piccoli teatri dellaregione, tutti ristrutturati con risorse pub-bliche. Ma verranno valorizzati con la crea-zione di eventi anche luoghi non convenzio-nali, quali anche luoghi come la Piana diCastelluccio e quella di Colfiorito, il monteSubasio, la foresta fossile di Dunarobba, ilcomplesso della Scarzuola a Montegiove,Carsulae, le ex aree industriali di Terni eCittà di Castello”. Bellissimo! Sicuramenteavremo tanti spettacoli, tutti connotati

dalla rigorosa contem-poraneità, visto chenon saranno ammessispettacoli del secolopassato, men che menocompagnie di fanta-smi; assisteremo adeventi imperdibili inspazi assolutamentenon convenzionali,tipo l’esecuzione diun’opera lirica a bassocosto nella Piana diCastelluccio, con can-tanti e orchestralipagati un piatto di len-ticchie; la ricostruzione

della “Battaglia dei sassi” riproposta aColfiorito con lancio di patate rosse; oppu-re il megagioco interattivo “Se fossi un fos-sile sarei fesso” in diretta Eurovisione daDunarobba. Il divertimento è assicurato,non c’è che dire. Meno divertente è consta-tare che le linee guida del progetto, le scelteprogrammatiche, la selezione e ripartizionedei finanziamenti ai soggetti produttivi,tutto, ma proprio tutto, è stato fatto senzail ben che minimo accenno di concertazio-ne con i soggetti stessi, cosa che è stata rea-lizzata invece in altre regioni. Non per esse-re prevenuti, ma stando a questa incontro-vertibile verità sorge spontaneo il sospettoche qualche soggetto sia stato tempestiva-mente informato della nuova opportunità,mentre altri ne siano stati tenuti all’oscuro eche, di conseguenza, alcuni soggetti abbia-no potuto concordare e presentare i loroprogetti con strade privilegiate, insommache anche questa volta abbia prevalso unapratica vecchia e consunta, altro che con-temporaneità! Una certa scossa nel mondoingessato degli “operatori culturali” però ilProgetto l’ha provocata. Si è mosso, in par-ticolare, il Teatro di Sacco che ha indettoun paio di incontri aperti a tutti coloro chesono impegnati nel settore culturale e cheha formulato anche alcune concrete ipotesioperative. A dire il vero, però, molti, troppiteatranti, musicanti, animatori, spettacolar-tisti che più bravi non si può se ne sonostati rintanati nella loro torre d’avoriotarocco. Ma ormai il sasso in piccionaia èstato gettato e, prima della fine di gennaio,l’iniziativa avrà un seguito. Chissà, allora,che qualcun altro non si svegli e che nonprenda corpo, magari embrionalmente, unprocesso di “sindacalizzazione” degli opera-tori culturali che li porti a dar vita, pur nel-l’autonomia della creazione artistica, aforme organizzative, piattaforme comuni e,vogliamo esagerare, poli produttivi con pro-gettualità propria e forte peso sul mercatonazionale. Forse si tratta di una opzione deltutto utopica, ma assolutamente e senzatema di smentita all’insegna della contempo-raneità.

15c u l t u r agennaio 2008

’ultimo libro di Clara Sereni (Illupo mercante, Rizzoli, 2007) sicompone di quattro parti, anzi, di

quattro “tempi”: tempi che sembrano volerscandire narrativamente la vita delle donnenei decenni della lotta e della conquista, senon della liberazione, di una sempre piùcerta e concreta autonomia. Sono i decen-ni della stessa biografia dell’Autrice, masolo l’ultimo dei racconti è decisamenteautobiografico ed è, non a caso, il piùcoinvolgente ed emozionante: l’unico inprima persona, dove la protagonista diceesplicitamente “io” (in qualche altro raris-simo caso la prima persona appare comepura funzione narrativa, e l’io narrantesembra volersi ritrarre: “Per me è tardi”).Ma anche gli altri racconti – che si artico-lano su di una cronologia che va dall’esserebambine nell’immediato dopoguerra all’etàdell’essere madri di altre donne che si spo-sano e, possibilmente, del diventare nonne– pur assumendo nomi ed identità diversetratteggiano in ogni momento un’autobio-grafia “del profondo”, dove l’io si scompo-ne e si ricompone continuamente, ricono-scendosi in vicende che segnano la faticama anche la gioia del crescere di una gene-razione. Ed è quello che accade anche allettore, specie se coetaneo della scrittrice,

assai più fortemente ed intimamente chenel caso di altri, troppi, libri “generaziona-li”, che per lo più lasciano un senso diestraneità e perfino di irritazione. Qui èdiverso: il patto con il lettore non prevedecomplicità ed ammiccamenti, ma unimpegno serio a ripensarsi insieme aglialtri (alle altre) come una parte di sé. Ilcentro di tutto ruota attorno al ’68 e a ciòche accade un po’ prima e un po’ doponelle vite di chi pensava in un modo o nel-l’altro di cambiare il mondo, magari “conun singolo, impaziente atto di volontà”.Non tutto è filato liscio e non è detto chefossero proprio “formidabili” quegli anni.O non solo: c’è anzi una minaccia sempreincombente, che sia il golpe o un altroqualunque attentato ad una felicità appenaraggiunta, o appena intravista. Ed è questosoprattutto che dà valore e spessore diverità al libro: il sapere con certezza cheniente ci viene dato gratis, e che “La partemigliore? Non esiste. O è un senso / di sésempre in regresso…”, come ha scritto unaltro Sereni. Lo stile di questo Lupo mer-cante è sobrio, teso, elegante e recupera inpieno il piacere reciproco del raccontare edascoltare racconti. Che, lo sappiamo, nonè mai disgiunto da un senso sottile dimalinconia.

Il lupo mercante di Clara Sereni

Ragazzedel secolo scorso

Walter Cremonte

L

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Soprintendenza archivistica perl’Umbria, Cassa di Risparmio diFoligno e Fondazione Cassa diRisparmio di Foligno, L’Archiviostorico della Cassa di Risparmio diFoligno e fondi aggregati, Inven-tari a cura di Paola Franceschinied Eleonora Giovagnoli, coordi-namento scientifico FabriziaTrevisan, Perugia, Soprinten-denza Archivistica per l’Umbria,2007.

La Cassa di Risparmio diFoligno ha 160 anni, venne fon-data nel 1857 con un rescrittopontificio del 7 ottobre. E’ unadelle più antiche dell’Umbria,sintomo di una vitalità economi-ca che la città ha continuato adavere nel corso dei decenni. Manon è tanto questo il motivo percui segnaliamo il volume. Uninventario è uno strumento dilavoro più che un’opera destinataal lettore. E’ il segno che un archivio èdisponibile al pubblico, che è

possibile fare la storia dell’istitu-zione che lo ha prodotto. InUmbria abbiamo avuto la siste-mazione di archivi di aziendeimportanti e di enti economicifondamentali per la conoscenzadell’economia della regione, mafinora non ci r isulta che gliarchivi delle banche abbianoavuto sufficiente attenzione. Ciòha impedito di comprenderecome le strutture del creditolocale abbiano inciso sui mecca-nismi di sviluppo economicodelle singole aree. A quanto cirisulta è questo il primo caso didocumentazione risistemata diuna banca umbra. La quantità diinformazioni economiche e nonche ne emerge è imponente. E’un nuovo tassello che consentedi ampliare le conoscenze suFoligno e il suo territorio. Lasperanza è che ciò crei un mecca-nismo di emulazione virtuosa eche presto altri istituti creditizi

provvedano a risistemare il pro-prio archivio.

Alberino Cianci, Saiga. Il proget-to autarchico della gomma natura-le. Dalla coltivazione del guayulealla nascita del polo chimico diTerni, Terni, Thyrus, 2007.

E’ noto come il polo chimicoternano abbia, nell’industria cit-tadina, un ruolo di rilievo secon-do solo alla siderurgia. In talequadro la più grande impresaprivata, la Polymer, gemmazionedella Montecatini, si insedia aTerni nel 1951, acquisendo gliimpianti della Saigs (Società ano-nima italiana della gomma sinte-tica), un progetto industriale eun’impresa nati nel 1939 suinput dell’Iri e di Alberto Pirellicome tentativo di risolvere laquestione nevralgica della produ-zione di gomma, vitale nel qua-dro della politica autarchica e

dell’economia di guerra. Menonoto è che il 30 dicembre 1937su proposta di Mussolini si con-cedeva la coltivazione delguayaule, la pianta da cui venival’estratto del caucciù. A tal fineagli inizi del 1938 si costituiscela Saiga (Società agricola e indu-striale gomma anonima) il cuicapitale viene sottoscritto parita-riamente dall’Iri e dalla Pirelli, lastessa combinazione che l’annosuccessivo porterà alla costituzio-ne della Saigs, che assorbirà laSaiga, nonostante questa man-tenga una quota rilevante diautonomia. L’esperienza indu-striale durerà fino al 1950, quan-do le due aziende verranno cedu-te alla Montecatini. L’autorericostruisce sulla base di docu-mentazione inedita, la vicendaaggiungendo nuovi elementi percomprendere lo sviluppo dellachimica a Terni tra fascismo edopoguerra.

Nicola Chiarappa, Migrazione,emigrazione, trasmigrazione ,Perugia, Crace, 2007.

E’ la terza, o quarta volta, chesegnaliamo questo lavoro diNicola Chiarappa. L’autore ritor-na in questa nuova edizione,approfondendo il tema, sullemigrazioni: la sua, che lo vedeemigrare nei primi Anni Sessantain Germania, quella dei suoicompagni di esperienza, quelladei nuovi migranti che vengonooggi in Italia da paesi lontani. E’quest’ultima parte che vieneaggiunta ed ampliata in questariedizione del volume. Le rifles-sioni e gli scritti dell’autore sialternano a quelli di TharitaPierini, Alfonso Russi, GiancarloCoronello. Il tutto è introdottoda una breve notazione titolatasignificativamente La bussola cherecita: “Storicizzare i l f lussomigratorio. Vedere i cambiamenticulturali, materiali e di genere incorso. Immaginare le implicazio-ni profonde”. Esperienze perso-nali e momenti di approfondi-mento tendono così ad intrec-ciarsi, dando un valore non epi-sodico al libro.

16 libri- idee gennaio 2008

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ono quelli che emergono dalle conferenze stam-pa prenatal iz ie del la “governatrice” e delPresidente del Consiglio regionale.

Cominciamo con la “governatrice”. Percorsi virtuosi eriformatori quelli della Regione dell’Umbria. Menovirtuoso è invece l’atteggiamento delle forze politiche,Pd in testa. In realtà la questione appare meno lineare.Intanto c’è una lotta sorda nel Pd, in cui la Giuntaregionale, “governatrice” in testa, continua a giocareun ruolo; in secondo luogo la tanta vantata spintariformista si esaurisce con la legge sulle Comunitàmontane: è il caso di dire che la montagna ha partori-to il topolino. Il riordino delle Agenzie si avrà, setutto va bene, nel 2008, l’economia va così così, men-tre in compenso continuano ad arrivare fondi pubbliciper le infrastrutture, riconfermando un ciclo econo-mico sostenuto dai lavori pubblici e dall’edilizia. Sidice anche che si procederà alla riforma dello Statuto,riducendo i consiglieri da 36 a 30, quasi che non fossestata proprio la “governatrice” a battersi come unaleonessa per l’aumento dei membri dell’assemblea eper prendere fuori di essa gli assessori (cosa a proposi-to della quale non si dice nulla). Il grillismo? Orribile,demagogico e populista, ma non è proprio a causa delVF day che oggi perlomeno sullo sconcio della lievita-zione del numero dei consiglieri si sta facendo unpasso indietro?

Il Presidente del Consiglio vanta poi i risultati dell’an-no: 35 leggi e 39 provvedimenti legislativi. Ci pare unpo’ poco. Se si parlasse di produttività ci sarebbe daproporre il licenziamento in tronco. Niente da dire sulritorno a 30 consiglieri, del resto lui aveva votato con-tro, nulla però sugli assessori da scegliere fuori delConsiglio. “Demagogica e populista”, invece, - guardaun po’ le stesse parole della “governatrice” - la propo-sta referendaria di ridurre gli stipendi degli elettiall’assise regionale. “Ma come - afferma il nostro - liabbiamo ridotti quest’anno”, non dicendo però checiò è stato fatto proprio per evitare il referendum.Non basta, si aggiunge che in Umbria si guadagnameno che altrove, le indennità sono le più basse.Ovviamente si tace che un consigliere semplice guada-gna circa 6.000 euri netti ( i l lordo è intorno a12.000). Evidentemente il Presidente ha perso il sensodel limite: lo invitiamo, quindi, a rileggersi le bustepaga dei lavoratori dipendenti, forse comprenderàperché la gente soggiace a suggestioni “demagogiche epopuliste”. Insomma, omettendo e tacendo le cosescomode, si sparge a piene mani un’ideologia tranquil-lizzante. “Noi siamo bravi, virtuosi, economi”, le dif-ficoltà ci sono ma verranno superate, “la politica poli-ticante non ci riguarda, abbiamo un’idea dell’Umbriae il nostro agire si svolge lungo un percorso cosparsodi valori e di idealità”. Già, quali?

la battaglia delle idee

libri

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Autorizzazione del Tribunale di Perugiadel 13/11/96 N.38/96

Direttore responsabile: Fabio MariottiniImpaginazione: Giuseppe RossiRedazione: Salvatore Lo Leggio (coordinatore),Alfreda Billi, Franco Calistri, Renato Covino,Stefano De Cenzo, Maurizio Fratta, Osvaldo Fressoia,

Paolo Lupattelli, Francesco Mandarini, Enrico Mantovani,Roberto Moniccchia, Maurizio Mori, Francesco Morrone,Enrico Sciamanna.

Chiuso in redazione il 22/01/2008

Falsi ideologici

SM. Chagal La passeggiata, 1917