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1627 PERICOLO ESPLOSIONE 16/12/2016 Committente: Data: Questo elaborato non può essere trasmesso a terzi senza preventiva autorizzazione del progettista. Disegnato: Progettista: Quote: Controllato: File: Data: Titolo: Rev.: Dimesioni: L.02 Tavola: PROGETTO DEFINITIVO-ESECUTIVO Pratica: 2016-12-16 0 Descrizione: Emissione Approvato: Oggetto: Luogo: Committente: STUDIO TARTERO - Ing. Flavio Tartero via Sertorelli 2/A - 23100 Sondrio [email protected] Tel. 0342 015152 - Fax 0342 1890927 www.studiotartero.eu Via Papa Giovanni XXIII Cesate (MI) Riqualificazione scuola primaria "Villaggio INA" COMUNE DI CESATE Città Metropolitana di Milano RELAZIONE LUOGHI IMPIANTO ELETTRICO A.B. V.F. F.T.

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1627PERICOLO ESPLOSIONE

16/12/2016

Committente:Data:

Questo elaborato non può essere trasmesso a terzi senza preventiva autorizzazione del progettista.

Disegnato:

Progettista:

Quote:

Controllato:

File:

Data:

Titolo:

Rev.:

Dimesioni:

L.02

Tavola:

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OG

ET

TO

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IT

IV

O-E

SE

CU

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Pratica:

2016-12-160

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Emissione

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STUDIO TARTERO - Ing. Flavio Tartero

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Tel. 0342 015152 - Fax 0342 1890927 www.studiotartero.eu

Via Papa Giovanni XXIII

Cesate (MI)

Riqualificazione scuola primaria "Villaggio INA"

COMUNE DI CESATE

Città Metropolitana di Milano

RELAZIONE LUOGHI

IMPIANTO ELETTRICO

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INDICE

1. CLASSIFICAZIONE DEI LUOGHI CON PERICOLO DI ESPLOSIONE 2

2. PRESCRIZIONI MINIME PER IL MIGLIORAMENTO DELLA TUTELA DELLA SICUREZZA E DELLA SALUTE DEI LAVORATORI 3

3. LA CLASSIFICAZIONE DELLE ZONE CON PERICOLO DI ESPLOSIONE PER LA PRESENZA DI GAS, VAPORI O NEBBIE 5

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1. CLASSIFICAZIONE DEI LUOGHI CON PERICOLO DI ESPLOSIONE

Introduzione

La presente sezione di documento ha lo scopo di effettuare la “classificazione delle zone pericolose” locale centrale termica edificio scolastico in via Papa Giovanni XXIII nel Comunale di Cesate Provincia di Milano per la presenza di gas vapori o nebbie nell’area “A001”. Vengono pertanto di seguito esaminate le possibili fonti di rilascio con formazione di miscele esplosive o punti di innesco ed i relativi provvedimenti cautelativi.

Obblighi generali di prevenzione e protezione contro le esplosioni

In base al DLgs, art. 289 del DLgs 81/08, il datore di lavoro, in presenza del rischio di esplosione, è tenuto a predisporre “misure tecniche ed organizzative” a prevenire la formazione di atmosfere esplosive e, nel caso la natura dell’attività non lo consnta, ad adottare ulteriori provvedimenti atti a:

- evitare l’accensione delle atmosfere esplosive; - attenuare le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell’attività.

Il datore di lavoro (art. 291 del DLgs 81/08) deve inoltre adottare le misure necessarie affinchè gli ambienti di lavoro dove possono svilupparsi atmosfere esplosive:

- siano strutturati in modo che il lavoro si svolga in condizioni di sicurezza; - siano adeguatamente controllati, in presenza dei lavoratori, mediante l’utilizzo di mezzi tecnici adeguati.

Classificazione delle zone con pericolo di esplosione

La classificazione delle zone con pericolo di esplosione sarà effettuata sulla base della norma: - EN 60079-10 (CEI 31-30) per atmosfere esplosive dovute a gas/vaporiaa/nebbie. Zone con pericolo di esplosione per la presenza di gas/vapori/nebbie L’atmosfera esplosiva consiste in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbie. Sono previste le zone pericolose indicate nel seguito (in ordine decrescente di pericolosità). - zona 0: luogo in cui un’atmosfera esplosiva costituita da una miscela di aria e sostanze infiammabili, sotto forma di gas, vapore o nebbia, è presente continuamente o per lunghi periodi o frequentemente; - zona 1: luogo in cui, occasionalmente, è probabile sia presente durante il funzionamento normale un’atmosfera esplosiva costituita da una miscela di aria e sostanze infiammabili, sotto forma di gas, vapore o nebbia; - zona 2: luogo in cui non è probabile che sia presente un’atmosfera esplosiva costituita da una miscela di aria e sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia durante il funzionamento normale, e/o se ciò avviene, è possibile persista solo per brevi periodi.

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2. PRESCRIZIONI MINIME PER IL MIGLIORAMENTO DELLA TUTELA DELLA SICUREZZA E DELLA SALUTE DEI LAVORATORI

Per atmosfera esplosiva si intende “una miscela con l’aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori o nebbie in cui dopo l’accensione la combustione si propaga all’insieme della miscela incombusta”.

Presenza di atmosfere esplosive Un’esplosione è una “violenta ossidazione, o reazione di decomposizione, accompagnata da un aumento repentino di temperatura, di pressione o di entrambe simultaneamente”. Si tratta della rapida combustione di una sostanza combustibile, che si trova in proporzioni ideali con il comburente (ossigeno dell’aria), sicché la velocità della combustione è elevata e il fenomeno assume carattere esplosivo. Per avere l’esplosione , il combustibile e il comburente devono trovarsi in proporzioni opportune, cioè entro limiti di esplodibilità (infiammabilità). La percentuale di combustibile minima e massima che, in determinate condizioni di prova, permette ancora l’esplosione prende il nome rispettivamente di limite inferiore di esplodibilità (LEL: Lower Explosive Limit) e limite superiore di esplodibilità (UEL: Upper Explosive Limit).

Gas/vapori/nebbie infiammabili

Un’atmosfera esplosiva dovuta a gas, vapori e nebbie non si può formare se nel luogo: - non sono presenti sostanze infiammabili, oppure - le sostanze infiammabili sono presenti, ma la loro concentrazione in aria no rientra nei limiti di esplodibilità.

Per Temperatura di infiammabilità – si intende la più bassa temperatura del liquido alla quale, in condizioni specifiche normalizzate, esso emette vapori in quantità sufficiente a formare con l’aria una miscela infiammabile.

Pertanto una sostanza che non può trovarsi ad una temperatura maggiore o uguale alla sua temperatura di infiammabilità, non può dare origine ad una atmosfera esplosiva. Conclusioni

In base a quanto sopra esposto è possibile esclidere a priori la presenza di atmosfere esplosive se: - non sono presenti sostanze infiammabili; - la concentrazione in aria delle sostanze infiammabili presenti non rientra nei limiti di esplodibilità; - le sostanze pericolose sono segregate in un sistema di contenimento e non possono fuoriuscire, se non a seguito di un evento

catastrofico (assenza di sorgenti di emissione).

Valutazione del rischio di esplosione

La procedura di valutazione del rischio di esplosione va attuata considerando i processi di lavorazione e/o prduzione:

nelle normali condizioni di funzionamento;

durante la messa in servizio e fuori servizio;

a seguito di avarie e stati diffettosi prevedibili (malfunzionamento prevedibile).

Per valutare il rischio di esplosione occorre considerare:

la probabilità di formazione e durata di atmosfere esplosive;

la presenza di sorgenti di accensione;

l’entità degli effetti prevedibili dell’esplosione.

Probabilità di presenza di atmosfere esplosive

I luoghi con pericolo di esplosioni devono essere suddivisi in zone, in funzione della probabilità di presenza di atmosfere esplosive. La procedura di suddivisione del luogo pericoloso in zone viene denominata Classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione. Al termine di tale procedimento, il luogo di lavoro viene suddiviso in zone pericolose (tipo 0, 1, 2).

Presenza di sorgenti di accensione

Nell’ambito della valutazione del rischio, occorre stabilire se, nelle zone pericolose, siano presenti sorgenti di accensione in grado di innescare l’atmosfera esplosiva. Entità degli effetti prevedibili

In teoria, conoscere l’entità dei danni prodotti da un determinato evento è indispensabile per valutare il rischio associato a quell’evento. In pratica, i danni associati ad un’esplosione sono ritenuti sempre elevati e dunque il rischio dipende soprattutto dalla probabilità che avvenga un’esplosione. Pertanto le misure di sicurezza, in genere prescindono dall’entità del danno che l’esplosione può provocare. Tuttavia, nei casi particolari in cui possono avvenire esplosioni a catena, o l’esplosione può determinare il rilascio nell’ambiente di sostanze tossiche o inquinanti, il danno è molto elevato, occorre intensificare le misure per evitare l’esplosione.

Misure tecniche contro le esplosioni

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Per impedire l’innesco di un’atmosfera esplosiva in un determinato ambiente, è necessario individuare le sorgenti di accensione presenti nell’ambiente ed adottare le misure di protezione necessarie affinchè tali sorgenti non possano innescare l’atmosfera esplosiva (l’utilizzo di prodotti conformi al dpr 126/98 direttiva 94/9/CE, adatti al tipo di zona pericolosa in cui sono installati, garantisce che tali prodotti non costituiscano sorgenti di accensione efficaci).

Misure tecniche di protezione contro le esplosioni

Le misure tecniche di protezione sono provvedimenti che limitano gli effetti dell’esplosione, al fine di renderla non pericolosa. Soppressione dell’esplosione Mediante opportuni provvedimenti viene ostacolato lo sviluppo dell’esplosione verso l’atmosfera incombusta. Scarico dell’esplosione In presenza di un’esplosione, l’intervento di uno specifico dispositivo lascia fluire all’esterno i prodotti della combustione, limita la sovrapressione ed evita che il contenitore sia sollecitato al di là dei suoi limiti strutturali. Apparecchi resistenti all’esplosione Le attrezzature (recipienti, apparecchi, condutture, ecc) sono progettate e dostruite in modo da resistere ad un’esplosione interna. Prevenzione della propagazione dell’esplosione L’adozione di opportuni dispositivi consente di evitare la propagazione dell’esplosione lundo condotti e tubazioni.

Misure organizzative contro le esplosioni Le misure organizzative per la protezione contro le esplosioni possono essere così sintetizzate: - qualificazione del personale; - formazione dei lavoratori in materia di protezione dalle esplosioni; - istruzioni operative; - autorizzazioni al lavoro - specifiche cautele nella manutenzione; - segnalazione delle zone con pericolo di esplosione; - controllo e sorveglianza.

Obblighi di coordinamento

La presenza di più imprese che operano contemporaneamente in uno stesso luogo può determinare problemi di sicurezza dovuti alle “interazioni” tra il personale e le attività di tali imprese. Per ridurre i rischi dovuti alle suddette interazioni il comittente e le imprese appaltatrici sono tenuti a coordinare la propria attività. Responsabile di tale coordinamento è il datore di lavoro dell’impresa comittente, che deve rendere edotte le imprese appaltatrici sui rischi specifici dell’ambiente in cui andranno ad operare.

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3. LA CLASSIFICAZIONE DELLE ZONE CON PERICOLO DI ESPLOSIONE PER LA PRESENZA DI GAS, VAPORI O NEBBIE

Tutti i luoghi (ove vi sia pericolo di esplosione) nuovi o esistenti devono essere dotati della classificazione delle zone con pericolo di esplosione. La normativa vigente per la classificazione delle zone pericolose per la presenza di di gas/vapori o nebbie è costituita dalla norma EN 60079-10 (CEI 31-30) e dalla relativa guida CEI 31-35. Per effettuare la classificazione occorre:

- valutare le condizioni di ventilazione dell’ambiente; - individuare le sostenze infiammabili e le sorgenti di emissione presenti; - definire per le zone pericolose presenti, il tipo, l’estensione ela forma; - valutare l’eventuale estensione delle zone pericolose oltre le aperture.

Sono stati considerati tutti gli ambienti che contengono almeno una sorgente di emissione (se non ci sono sorgenti di emissione non c’è pericolo di esplosione).

Ventilazione dell’ambiente

Conoscere le caratteristiche della ventilazione è necessario sia per individuare il tipo di zone pericolose presenti, sia per calcolare l’estensione di tali zone. La ventilazione è individuata tramite:

- la portata d’aria; - il fattore di efficacia; - la disponibilità.

Ambienti aperti Negli ambienti aperti la portata di aria è dovuta all’effetto della spinta del vento (Qaw) e dipende dalla velocità dell’aria, in assenza di indicazioni più precise, può essere assunta pari a 0,5 m/s. Ambienti chiusi La ventilazione di un ambiente chiuso può essere naturale e/o artificiale. La portata di aria della della ventilazione artificiale è nota (costituisce un dato di progetto). In presenza della ventilazione naturale, la portata d’aria di ventilazione è dovuta all’effetto della spinta del vento (Qaw) e (se presente) all’effetto camino (Qat). L’effetto camino dipende dalla differenza (Ti - Te) tra la temperatura (media) interna Ti , più elevata, ed esterna Te, più bassa. La ventilazione per effetto della spinta del vento Qaw va sempre calcolata. La ventilazione per effetto camino Qat può essere considerata solo quando si è certi di avere continuamente la differenza di temperatura (Ti - Te) durante l’attività dell’impianto (sono ammesse brevi interruzioni poco frequenti). Si è scelto una differenza di temperatura minima: Ti = 22 °C e Te = 20 °C. Quando sono presenti entrambe le ventilazioni, la portata di aria di ventilazione Qa è data dal valore più alto tra Qaw e Qat. Aperture di ventilazione Con riferimento alle aperture di ventilazione presenti nell’ambiente, la cui area deve essere indicata per calcolare la portata di ventilazione, si sottolinea quanto segue: - devono essere considerate soltanto le aperture (permanenti, cioè senza serramenti) verso l’aperto e non verso altri locali; - le aperture possono essere intenzionali, cioè appositamente predisposte allo scopo, oppure aperture di fatto, quali ad esempio gli interstizi nei serramenti, ecc.; - quando le aperture di ventilazione sono su due lati consecutivi devono essere considerate solo quelle di un lato a scelta (si consiglia di scegliere quelle del lato esposto alla direzione prevalente del vento; tuttavia se, come in genere accade, si assume una velocità del vento ≤ 0,5 m/s, la posizione delle aperture rispetto alla direzione del vento diventa irrilevante).

Velocità dell’aria

Negli ambienti chiusi alla velocità dell’aria può essere attribuito un valore compreso tra 0,05 e 0,15 m/s (CEI 31-35, par. 3.26).

Negli ambienti aperti, la guida CEI 31-35 (par. 5.6.2) consiglia è stato assunto un valore di 0,25 m/s entro 3 m di altezza dal suolo, e 0,5

m/s oltre 3 m.

Fattore di efficacia della ventilazione Per definire le condizioni di ventilazazione di un determinato ambiente occorre individuare il fattore della ventilazione, il quale denota l’efficacia della ventilazione nel diluire le sostanze pericolose. Il fattore di efficacia della ventilazione può essere definito come di seguito indicato. a) Fattore di efficacia della ventilazione: f = 1 Ventilazione naturale o artificiale con libera circolazione dell’aria e pratica assenza di impedimenti che possono ridurne l’efficacia di diluizione dell’atmosfera esplosiva nell’intorno della SE. Per la ventilazione artificiale, è applicabile generalmente solo alla ventilazione artificiale locale o alla ventilazione artificiale generale di piccoli locali (es. in cabine analizzatori, entro cappe di laboratorio o simili). b) Fattore di efficacia della ventilazione: f = 2 Ventilazione naturale o artificiale generale con presenza di qualche impedimento alla libera circolazione dell’aria che può ridurre in modo poco significativo la sua effettiva capacità di diluizione dell’atmosfera esplosiva nell’intorno della SE, ubicata a qualunque altezza dal suolo (es. in ambienti con strutture aperte, in ambienti senza avvallamenti significativi nel terreno, in ambienti con una perfetta conformazione del sistema di ventilazione e di distribuzione delle aperture di ventilazione, ecc.). c) Fattore di efficacia della ventilazione: f = 3

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Ventilazione naturale o artificiale generale con la presenza di un medio numero di impedimenti alla libera circolazione dell’aria che possono ridurre in modo significativo la sua effettiva capacità di diluizione dell’atmosfera esplosiva nell’intorno della SE (es. in ambienti con strutture solo parzialmente chiuse, all’interno di bacini di contenimento serbatoi di stoccaggio con diga o terrapieno non alto in relazione alla distanza dal serbatoio, in avvallamenti poco profondi del terreno in presenza di gas pesanti, in ambienti con una non perfetta conformazione del sistema di ventilazione e di distribuzione delle aperture di ventilazione, ecc.). d) Fattore di efficacia della ventilazione: f = 4 Ventilazione naturale o artificiale generale con presenza di un grande numero di impedimenti alla libera circolazione dell’aria che possono ridurre molto la sua effettiva capacità di diluizione dell’atmosfera esplosiva nell’intorno della SE, (es. in ambienti con strutture semi-chiuse, all’interno di bacini di contenimento serbatoi di stoccaggio con diga o terrapieno mediamente alto in relazione alla distanza dal serbatoio, in avvallamenti profondi nel terreno in presenza di gas pesanti, che, tuttavia, non possono essere assimilati a fosse, in ambienti con una inadeguata conformazione del sistema di ventilazione e di distribuzione delle aperture di ventilazione, ecc.). e) Fattore di efficacia della ventilazione: f = 5 Ventilazione naturale o artificiale generale con presenza di un grandissimo numero di impedimenti alla libera circolazione dell’aria che possono ridurre molto la sua effettiva capacità di diluizione dell’atmosfera esplosiva nell’intorno della SE, (es. SE poste immediatamente dietro a grandi ostacoli, oppure in sottotetti alti in presenza di gas leggeri, o in fosse profonde in presenza di gas pesanti, dove esistono vere e proprie restrizioni al ricambio dell’aria, quindi da considerare generalmente un ambiente chiuso con grado della ventilazione basso, in ambienti con una non corretta conformazione del sistema di ventilazione e di distribuzione delle aperture di ventilazione, ecc.).

Disponibilità della ventilazione

La disponibilità della ventilazione è un indice qualitativo del livello di affidabilità con cui è presente la ventilazione considerata: - Disponibilità buona: quando la ventilazione considerata è presente, in pratica, con continuità (sono ammesse, a volte, brevissime interruzioni). All’aperto, la disponibilità della ventilazione può essere considerata buona assumendo una velocità del vento pari a 0,5 m/s (poiché è convenzionalmente rappresentativa della “calma di vento”). La disponibilità di una ventilazione artificiale è buona quando la ventilazione è presente in pratica con continuità; sono ammesse brevissime interruzioni, quale quella necessaria per l’avviamento automatico dei ventilatori di riserva. - Disponibilità adeguata: quando la ventilazione considerata è presente durante il funzionamento normale; sono ammesse brevi interruzioni, purché poco frequenti. Sostanze infiammabili

Per effettuare la classificazione delle zone pericolose è necessario conoscere le caratteristiche delle sostanze infiammabili presenti. Le caratteristiche delle sostanze infiammabili che assumono particolare importanza sono le seguenti. Composizione - Formula chimica, o altra indicazione, che definisca in modo univoco la sostanza. - LEL - Concentrazione in aria di gas, o vapore, infiammabile al di sotto della quale l’atmosfera non è esplosiva. - Densità relativa - Densità di un gas o vapore relativa a quella dell’aria alla stessa pressione e alla stessa temperatura. - Massa molare - Massa di una molecola (mole) della sostanza, kg/kmol. - Coefficiente g - Rapporto tra i calori specifici a pressione costante ed a volume costante (o indice di espansione) g = cp/cv . - Massa volumica del liquido - Massa (kg) dell’unità di volume (m3) del liquido. - Calore specifico a temperatura ambiente csl - Calore (J) necessario per innalzarne di un grado (K) l’unità di massa (kg). - Coefficiente di diffusione dei gas cd - Il coefficiente di diffusione è un coefficiente utilizzato per calcolare la concentrazione del gas

ad una determinata distanza dalla sorgente. - Calore latente di vaporizzazione clv - Quantità di energia necessaria (J) per cambiare dallo stato liquido a quello gassoso l’unità di

massa (kg) alla temperatura di ebollizione, J/kg. - Temperatura di ebollizione - Temperatura alla quale un liquido bolle alla pressione ambiente di 101325 Pa. - Temperatura di infiammabilità - La più bassa temperatura del liquido alla quale, in condizioni specifiche normalizzate, esso emette

vapori in quantità sufficiente a formare con l’aria una miscela infiammabile. - Temperatura di accensione - Minima temperatura di una superficie riscaldata alla quale, in condizioni specificate, avviene

l’accensione di una sostanza infiammabile allo stato di gas o vapore in miscela con aria. - UEL - Concentrazione in aria di gas, o vapore, infiammabile al di sopra della quale l’atmosfera non è esplosiva. - Gruppo delle costruzioni elettriche - Le costruzioni elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive sono suddivise in:

- gruppo I: costruzioni destinate alle miniere grisoutose; - gruppo II: costruzioni per luoghi diversi dalle miniere grisoutose. Alcuni tipi di costruzioni del gruppo II (es. EEx d, EEx i) sono suddivise in IIA, IIB, IIC a seconda delle caratteristiche dell’atmosfera esplosiva cui sono destinate.

- Classe di temperatura - Le costruzioni elettriche del gruppo II sono suddivise in classi di temperatura da T1 a T6, in relazione alla massima temperatura superficiale ammessa. T1 - 450 °C; T2 - 300 °C; T3 - 200 °C; T4 - 135 °C; T5 - 100 °C; T6 - 85 °C.

- CAS Number - Il CAS Numeber (Chemical Abstract Service Numeber) è un codice numerico assegnato alle sostanze, formato da una sequenza di cifre fino a un massimo di nove. Ogni numero CAS identifica univocamente una sostanza o un preparato per cui sostanze o preparati con nomi diversi, ma con lo stesso CAS Number, hanno le stesse caratteristiche chimico fisiche.

Nota 1 - Se la ventilazione (primaria) è presente con disponibilità adeguata, è necessario indicare anche le caratteristiche della ventilazione (residua) presente con disponibilità

buona. Dunque, indicare una ventilazione con disponibilità adeguata, significa avere due ventilazioni: una (primaria) con disponibilità adeguata ed un’altra (residua) con disponibilità buona. La portata di aria Qa e/o la velocità dell’aria w relative alla ventilazione primaria devono essere ovviamente maggiori di quelle della ventilazione residua.

Nota 2 - La doppia ventilazione (primaria e residua) comporta due tipi di zone:

- il 1° tipo di zona (di estensione minore) si riferisce alla ventilazione primaria; - il 2° tipo di zona (di estensione maggiore) si riferisce alla ventilazione residua.

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Sorgenti di emissione

La sorgente di emissione (SE) punto o parte di un impianto, un contenitore, un’apparecchiatura, una macchina, una tubazione, ecc., da cui può essere emesso nell’atmosfera un gas, o vapore, o nebbia, o liquido infiammabile con modalità tali da originare un’atmosfera esplosiva. Per effettuare una corretta classificazione delle zone pericolose, devono essere considerate tutte le sorgenti di emissione presenti nell’ambiente (strutturali, di grado continuo, primo e secondo). Nota 1- Le emissioni strutturali per le quali si ha il dubbio che possano dare origine ad una zona pericolosa vanno considerate come sorgenti di emissione di grado continuo (anziché come emissioni strutturali); può essere, ad esempio, il caso di alcuni tipi di tenute meccaniche di pompe o le tenute di valvole di sicurezza in ambienti con pochi ricambi di aria (fosse, sottotetti, piccoli sgabuzzini senza aperture, ecc.). Nota 2 - Se nell’ambiente sono presenti più emissioni di grado secondo, identiche tra loro, è possibile inserirne soltanto una, poiché: - ai fini della verifica della condizione f.5.10.3-16 (guida CEI 31-35) è sufficiente considerane una sola; - la zona pericolosa presente intorno a sorgenti di emissione identiche è la stessa e pertanto è sufficiente individuarla per una sorgente di emissione, per poi considerarne la presenza anche intorno alle altre. Nota 3 - Una sostanza che non si trova, né si può trovare (ad esempio per contatto con una superficie calda) ad una temperatura superiore a quella di infiammabilità non dà origine ad atmosfera esplosiva e non è dunque da considerare pericolosa.

Punti da non considerare come sorgenti di emissione

Non sono considerate sorgenti di emissione i punti e le parti di impianto che possono emettere nell’atmosfera sostanze infiammabili con modalità tali da originare atmosfere esplosive solo a causa di guasti catastrofici non compresi nel concetto di anormalità considerata nella norma (anormalità ragionevolmente prevedibili in sede di progetto). Generalmente possono essere tali: a) Le tubazioni saldate e i contenitori saldati a regola d’arte. b) I collegamenti di tubazioni e contenitori mediante dispositivi di giunzione a tenuta (con emissioni trascurabili nelle condizioni di funzionamento anche anormale dell’impianto), costruiti secondo specifiche norme e qualificati, se richiesto, da Enti riconosciuti, dimensionati ed installati tenendo conto delle condizioni di funzionamento anormale, nonché eserciti e mantenuti con modalità tali da assicurare nel tempo il mantenimento dei requisiti di sicurezza. Per accertare la non emissione da tali collegamenti, essi devono essere sottoposti a prove in tutte le situazioni di esercizio ragionevolmente prevedibili (sia in funzionamento normale, sia in funzionamento anormale) e nel tempo (durata). Inoltre, in dipendenza delle influenze esterne e delle condizioni di esercizio, i componenti usurabili devono essere sostituiti nel rispetto delle indicazioni del costruttore e comunque, con periodicità tale da assicurare nel tempo il mantenimento della tenuta. Per valutare le possibili emissioni da una connessione di tubazioni e simili e stabilire se siano trascurabili o meno, può essere fatto riferimento, ove esistenti, a specifiche norme di costruzione, verifica, installazione ed utilizzazione, oppure può essere fatta un’analisi operazionale delle possibili emissioni con il contributo delle informazioni del costruttore per quanto riguarda i requisiti di tenuta e dimensionamento, escludendo gli eventi catastrofici ma comprendendo tutte quelle che possono essere considerate le cause comuni di emissione (es. le vibrazioni). Per ciascuna emissione, si deve poi valutare se il volume di atmosfera esplosiva possa essere considerato trascurabile ai fini della classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione. Possono essere tali le giunzioni a compressione di elevata qualità installate ed utilizzate seguendo scrupolosamente le istruzioni del costruttore. c) I contenitori di sostanze infiammabili con coperchi chiusi a regola d’arte o comunque in modo efficace, con emissioni trascurabili, quando sono soddisfatte tutte le condizioni seguenti senza limiti dimensionali: - sono in materiale idoneo e costruiti a regola d’arte nel rispetto di eventuali norme di costruzione e prova; - sono depositati e movimentati con modalità tali da considerare ragionevolmente non prevedibili cadute che possano provocare l’apertura del coperchio o il danneggiamento con fuoriuscita significativa della sostanza infiammabile contenuta; - è attuata in sito ogni ordinaria cautela contro la presenza di pozze e vi è una costante presenza di mezzi per la loro neutralizzazione in tempi rapidi. d) Le doppie tenute applicate su alberi rotanti o traslanti, provviste di dispositivi tali da escludere perdite significative anche in funzionamento anormale, ad esempio con fluido esterno di flussaggio (tenuta o convogliamento delle perdite) e monitoraggio del fluido stesso, ad esempio mediante analizzatore. Le singole tenute costituenti le doppie tenute devono essere indipendenti da cause comuni di inefficienza; inoltre, deve essere possibile individuarne singolarmente la perdita in tempi brevi. e) Generalmente, possono non essere considerate SE anche i punti di campionamento (presa campione) a dosaggio predeterminato. In queste prese, la quantità di sostanza prelevata non è stabilita dal grado di apertura della valvola di collegamento all’impianto, ma dalle caratteristiche costruttive della presa stessa, che consentono di dosare piccole quantità da prelevare. In questi casi, le quantità di sostanza in gioco sono piccole, il corpo della presa campione è completamente chiuso, per cui la quantità di sostanza infiammabile che può essere emessa in caso di anomalia è di pochi centimetri cubi. f) I contenitori di gas compressi, liquefatti e disciolti (es. bombole) con valvola chiusa, tappo sul foro di connessione e di protezione della valvola (es. cappellotto), correttamente depositate e movimentate. Nota 1 - Per le valvole di sicurezza con sfiato libero all’atmosfera, si considera emissione di secondo grado la loro apertura parziale e per breve periodo e non la loro apertura completa quando quest’ultima è riconducibile ad un evento estraneo al concetto di anormalità ragionevolmente prevedibile proprio della norma CEI EN 60079-10 essendo presenti più barriere di sicurezza tra loro indipendenti da guasto comune contro l’evento (es. controllo del processo, sistemi di sicurezza). In questo caso, l’apertura completa delle valvole di sicurezza è riconducibile agli eventi considerati incidenti rilevanti secondo la Direttiva 96/82/CE, Seveso bis (D.Lgs. 334/99). Per la definizione dell’estensione della Zona 2 originata dall’emissione dovuta all’apertura parziale della valvola si può considerare la quantità totale di sostanza infiammabile emessa nel breve periodo di apertura e non la portata. Nota 2 - Non sono infine da considerare sorgenti di emissione le parti “disattivate”, ovvero quelle che non costituiscono un pericolo poiché è impedito l’afflusso di sostanza infiammabile (ad esempio mediante un organo di intercettazione).

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Grado di emissione

In base alla norma EN 60079-10 (CEI 31-30) l’emissione può essere di: - grado continuo (C): emissione continua o che può avvenire per lunghi periodi; - grado primo (P): emissione che può avvenire periodicamente od occasionalmente durante il funzionamento normale; - grado secondo (S): emissione che non è prevista durante il funzionamento normale e che se avviene è possibile solo poco frequentemente o per brevi periodi. La Guida CEI 31-35, fornisce gli esempi di sorgenti di emissione e di individuazione del relativo grado di emissione indicati nel seguito. 1. Apertura verso l’ambiente di un miscelatore aperto contenente un liquido infiammabile. Grado di emissione generalmente considerato: continuo. 2. Bocca di sfiato libero all’atmosfera di sostanza infiammabile in un’apparecchiatura di processo con funzionamento continuo. Grado di emissione generalmente considerato: continuo. 3. Bocca di sfiato libero all’atmosfera di sostanza infiammabile in un serbatoio di stoccaggio in cui si prevedono significative emissioni continue e maggiori emissioni durante il riempimento (funzionamento normale). Gradi di emissione generalmente considerati: continuo e primo. 4. Vasca di separazione per gravità in un impianto di trattamento acque di scarico fogne oleose o chimiche, in cui si prevedono significative emissioni continue e maggiori emissioni occasionalmente durante il funzionamento normale. Gradi di emissione generalmente considerati: continuo e primo. 5. Vasca di neutralizzazione posta a valle dello stadio di separazione per gravità in un impianto di trattamento acque di scarico fogne oleose o chimiche, in cui non si prevedono significative emissioni durante il funzionamento normale ma solo in occasione di guasti o anomalie. Grado di emissione generalmente considerato: secondo 6. Punto di campionamento (presa campione) che si prevede possa emettere la sostanza infiammabile durante il prelievo e in occasione di guasti all’organo d’intercettazione, considerando anche l’ambiente in cui è installato (es. ambiente aperto o chiuso). Gradi di emissione generalmente considerati: primo e secondo. 7. Punto di campionamento (presa campione) che si prevede non possa emettere la sostanza infiammabile durante il prelievo ma solo in occasione di guasti all’organo di intercettazione. Grado di emissione generalmente considerato: secondo. 8. Dispositivo di tenuta applicato ad un albero rotante o traslante di un macchinario, o di una pompa, o di un compressore, o di una valvola e simili, per il quale non sono previste emissioni durante il funzionamento normale, ma sono prevedibili solo emissioni in occasione di guasti. Grado di emissione generalmente considerato: secondo. 9. Dispositivo di tenuta applicato ad un albero rotante o traslante di un macchinario, o di una pompa, o di un compressore, o di una valvola e simili, che prevede significative “emissioni strutturali”, considerando anche l’ambiente in cui è installato (es. ambiente chiuso) ed emissioni in occasione di guasti. Gradi di emissione generalmente considerati: continuo e secondo. 10. Dispositivo di connessione (flangia, giunto, raccordo, snodo o simili) per il quale sono escluse significative “emissioni strutturali”, considerando anche l’ambiente in cui è installato (es. ambiente aperto o chiuso) e che può emettere solo in occasione di guasti o rotture ragionevolmente prevedibili. Grado di emissione generalmente considerato: secondo. 11. Dispositivo di connessione (flangia, giunto, raccordo, snodo o simili) per il quale non sono escluse significative “emissioni strutturali”, considerando anche l’ambiente in cui è installato (es. ambiente chiuso) e che può emettere anche in occasione di guasti o rotture ragionevolmente prevedibili. Gradi di emissione generalmente considerati: continuo e secondo. 12. Sfiato di valvola di sicurezza e simili che può emettere la sostanza infiammabile quando si apre e non prevede significative emissioni dovute alla non perfetta tenuta (trafilamento). Grado di emissione generalmente considerato: secondo. 13. Sfiato di valvola di sicurezza e simili che può emettere la sostanza infiammabile quando si apre e prevede significative emissioni dovute alla non perfetta tenuta (trafilamento). Gradi di emissione generalmente considerati: primo e secondo. 14. Pozza di liquido infiammabile che non può formarsi durante il funzionamento normale e può formarsi solo poco frequentemente e per brevi periodi. Grado di emissione generalmente considerato: secondo. Nota 1 - Un’emissione che avviene sia pure poco frequentemente o per brevi periodi, ma durante il funzionamento normale non può essere generalmente considerata di secondo grado; essa deve essere in genere considerata di primo grado. Nota 2 - Le emissioni di secondo grado non sono previste durante il funzionamento normale, esse sono pertanto generalmente riconducibili solo ad eventi non voluti (guasti, aperture di valvole di sicurezza, ecc.).

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Modalità di emissione

L’atmosfera esplosiva è sempre formata da un gas/ vapore/nebbia.

Il sistema di contenimento può contenere direttamente un gas/ vapore/nebbia, oppure un liquido che dà origine a gas/ vapore/nebbia.

La guida CEI 31-35 propone, le modalità di emissione di seguito indicate:

- contenitori: scegliere in relazione alla forma del contenitore ed al fatto che il liquido lo riempa completamente o parzialmente;

- pozze: se è nota l’area della pozza selezionare “Pozza di area nota”; se è noto il volume di liquido che forma la pozza

selezionare “Pozza di area non nota (volume di liquido noto)”; negli altri casi selezionare “Pozza di area non nota”. Se, infine,

si ha a che fare con un liquido refrigerato selezionare “Pozza di liquido refrigerato”.

- emissione di gas/vapore: quando dal sistema di contenimento esce unicamente gas/vapore;

- emissione di liquido: quando dal sistema di contenimento esce unicamente liquido (il quale forma una pozza, o cade in un

contenitore, e dà origine a vapore);

- emissione di vapore/liquido: quando dal sistema di contenimento esce sia vapore, sia liquido (il quale forma una pozza, o

cade in un contenitore e dà origine a vapore);

Nel nostro caso specifico abbiamo un’ emissione sia di gas che di liquido, ma il liquido si trova ad una temperatura talmente elevata da

provocare una rapida evaporazione (la pozza si forma, ma evapora completamente in tempi molto brevi), è stato scelto, a favore della

sicurezza, la modalità “Emissione di gas/vapore”.

Contenitori

Contenitore pieno (sezione costante).

La portata di emissione e la distanza pericolosa sono calcolate rispettivamente mediante le formule f.G.B.4.4-1 e f.G.B.5.1-6 della guida

CEI 31-35.

Contenitore pieno (sezione variabile)

La portata di emissione e la distanza pericolosa sono calcolate rispettivamente mediante le formule f.G.B.4.4-1 e f.G.B.5.1-6 della guida

CEI 31-35.

Contenitore non pieno (sezione costante)

La portata di emissione e la distanza pericolosa sono calcolate rispettivamente mediante le formule f.G.B.4.4-3 e f.G.B.5.1-6 della guida

CEI 31-35.

Contenitore non pieno (sezione variabile)

La portata di emissione e la distanza pericolosa sono calcolate rispettivamente mediante le formule f.G.B.4.4-4 e f.G.B.5.1-6 della guida

CEI 31-35.

Pozze

Pozza di area nota

Il calcolo della portata di emissione e della distanza pericolosa viene effettuato rispettivamente mediante le formule f.G.B.4.4-1 e

f.G.B.5.1-6 della guida CEI 31-35.

Pozza di area non nota

Il calcolo della portata di emissione viene effettuato mediante le formule f.G.B.3.2.2-1, f.G.B.4.4-1, f.G.B.3.2.3-1 e f.G.B.3.2.3-2 della

guida CEI 31-35.

Il calcolo della distanza pericolosa viene effettuato mediante la formula f.G.B. 5.1-6 della guida CEI 31-35.

Pozza di area non nota (volume di liquido noto)

Il calcolo della portata di emissione e della distanza pericolosa viene effettuato rispettivamente mediante le formule f.G.B.4.4-1 e

f.G.B.5.1-6 della guida CEI 31-35.

Pozza di liquido refrigerato

- Il calcolo della portata di emissione viene effettuato mediante la formula f.G.B.4.3-1 della guida CEI 31-35. Il calcolo della distanza

pericolosa viene effettuato mediante la formula f.G.B.5.1-6 della guida CEI 31-35.

- Emissioni

- Emissione gas/vapore

- Per calcolare la portata di emissione si utilizzano le formule f.G.B.4.1-1 e f.G.B.4.1-2 della guida CEI 31-35.

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- La distanza pericolosa si ricava dalla formula f.G.B.5.1-4 se la velocità del gas (par. G.B.5.1, guida CEI 31-35) è < 10 m/s; con la

formula f.G.B.5.1-5a, se la velocità del gas è ³ 10 m/s.

- Emissione liquido

- La portata di emissione di liquido Ql viene calcolata mediante la formula f.G.B.3.2.1-1 della guida CEI 31-35.

- Il liquido forma una pozza oppure cade in un contenitore (ad esempio in un travaso); per calcolare la portata di vapore Qg emesso

dalla pozza o dal contenitore si utilizzano le formule su indicate secondo che la pozza abbia area Nota o non Nota e il contenitore

sia di sezione costante o meno.

- La distanza pericolosa discende dalla formula f.G.B.5.1-6 della guida CEI 31-35.

- Emissione vapore/liquido

- La portata di emissione risulta dalla formula f.G.B.4.2.-1 della guida CEI 31-35.

- Il calcolo della distanza pericolosa viene effettuato per il gas/vapore come sopra indicato per “l’emissione gas/vapore” e per il

liquido come già detto per “l’emissione liquido”.

Fattore di efficacia della ventilazione della sorgente di emissione

Il fattore di efficacia della ventilazione della sorgente di emissione (inteso come il fattore di efficacia della ventilazione nell’intorno della

sorgente di emissione), in accordo con la guida CEI 31-35:

- viene utilizzato per calcolare il volume ipotetico di atmosfera esplosiva Vz e, negli ambienti chiusi, la distanza pericolosa dz (tramite il

fattore kz);

- non viene utilizzato per l’individuazione del grado della ventilazione (e dunque per la verifica della condizione f.5.10.3-16 della guida

CEI 31-35), per la quale viene utilizzato il fattore di efficacia della ventilazione dell’ambiente.

Aree dei fori di emissione dovuti a guasti

Le dimensioni dei fori che si determinano in caso di guasto di componenti dell’impianto contenente le sostanze infiammabili, sono di

difficile valutazione.

Esse dipendono soprattutto dai materiali utilizzati, dalla periodicità ed accuratezza della manutenzione e dalla rapidità di intervento in

caso di guasto.

Nel seguito si riportano le dimensioni dei fori, dovuti a guasto, tratte dall’esperienza pratica e considerazioni ingegneristiche, indicate

dalla guida CEI 31-35.

Le dimensioni di seguito riportate sono stimate, ciò nonostante sono utili per fare valutazioni di emissione.

In alcuni casi è fornita una sola dimensione, in altri casi più di una.

Le sorgenti di emissione considerate sono:

- flange;

- valvole;

- valvole di sicurezza, dischi di rottura e guardie idrauliche;

- pompe centrifughe;

- compressori alternativi;

- compressori centrifughi;

- connessioni di piccole dimensioni;

- punti di drenaggio e prelievo campioni.

Per le tenute sugli alberi, l’area può essere definita assumendo un foro anulare. Generalmente questo interstizio è considerato

proporzionale al quadrato del diametro.

a) Flange

Per definire le dimensioni del foro di emissione, si considera il guasto del dispositivo di tenuta (es. guarnizione).

Nella pratica industriale, il foro è definito considerando le dimensioni della flangia, il tipo e lo spessore della guarnizione.

I tipi di dispositivi di tenuta delle flange presi in considerazione sono:

a1) guarnizione in fibra compressa;

a2) guarnizione spirometalliche, guarnizioni in grafoil con inserto anti-estrusione e anelli, interno ed esterno, di contenimento,

guarnizioni analoghe;

a3) giunto ad anello metallo su metallo (ring joint), giunti filettati.

Con le guarnizioni di cui in a1), un guasto grave può originare un foro di spessore 1 mm lungo quanto la sezione di guarnizione

compresa tra due fori di serraggio.

La tipologia di perdita delle flange è tale per cui normalmente il guasto inizia con un foro piccolo e, solo se non si interviene, raggiunge

le dimensioni sopra riportate.

Pertanto, quando dette dimensioni del foro sono ritenute improbabili perché è previsto un intervento tempestivo o per altri validi motivi,

possono essere considerati fori più piccoli ed assumere il valore di 2,5 mm².

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Nota 1 - In presenza di diametri degli accoppiamenti flangiati molto grandi e/o in casi particolari, può essere opportuno assumere dimensioni del foro

maggiori di 2,5 mm² anche se è previsto un intervento tempestivo.

Con le guarnizioni di cui in a2), un guasto grave può originare un foro di spessore 0,05 mm lungo quanto la sezione di guarnizione

compresa tra due fori di serraggio. Anche in questo caso, considerando la tipologia delle perdite delle flange, quando i fori definiti come

sopra sono ritenuti improbabili perché è previsto un intervento tempestivo o per altri validi motivi, possono essere considerati fori più

piccoli ed assumere il valore di 0,25 mm².

Nota 2 - Le superfici di contatto delle flange devono avere un grado di lavorazione adatto al tipo di guarnizione adottato. In generale, con le guarnizioni in

grafoil con inserto anti-estrusione e anelli, interno ed esterno, di contenimento, non è necessario un particolare grado di lavorazione delle superfici.

Con i giunti di cui in a3), un guasto grave può originare un foro di spessore 0,05 mm lungo 10 mm, quindi di area 0,5 mm². Anche in

questo caso, considerando la tipologia delle perdite delle flange, quando i fori definiti come sopra sono ritenuti improbabili perché è

previsto un intervento tempestivo o per altri validi motivi, possono essere considerati fori più piccoli ed assumere il valore di 0,1 mm².

b) Valvole manuali e valvole automatiche ON-OFF

Per definire le dimensioni del foro di emissione, si considera l’emissione dallo stelo.

Nella pratica industriale, quale area del foro di emissione dallo stelo di valvole manuali e di valvole automatiche ON-OFF (apre-chiude),

es. valvole di blocco, con tenuta a baderna, si può assumere:

- 0,25 mm² per valvole di uso generale su tubazione di diametro minore o uguale a 150 mm;

- 2,5 mm² per valvole di uso generale su tubazione di diametro maggiore di 150 mm;

- 2,5 mm² per valvole con servizio gravoso (più di una manovra al giorno) su tubazione di qualunque diametro.

Avendo tubazioni di diametro inferiore a 150 mm è stata assunta un’area del foro di emissione pari a 0,25 mm².

c) Valvole di regolazione automatica

Per definire le dimensioni del foro di emissione, si considera l’emissione dallo stelo.

I tipi di dispositivi di tenuta delle valvole presi in considerazione sono:

c1) tenuta a baderna;

c2) tenuta a soffietto.

Nella pratica industriale, quale area del foro di emissione dallo stelo di valvole di regolazione automatica, si può assumere:

- 2,5 mm² per valvole con tenuta a baderna;

- 0,25 mm² per valvole con tenuta a soffietto.

d) Valvole di sicurezza (SV), dischi di rottura (RD) e guardie idrauliche (GI)

Le valvole di sicurezza (SV), i dischi di rottura (RD) e le guardie idrauliche (GI) sono dispositivi di sicurezza atti ad evitare il

superamento della pressione di progetto durante il funzionamento ordinario dell’impianto, per la protezione di recipienti e tubazioni.

Le SV, i RD e le GI che interessano la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione sono quelli che scaricano direttamente

all’atmosfera e non in torcia o blow down (sistemi di depressurizzazione e scarico).

Il tipo di dispositivo viene scelto in base alle sue caratteristiche funzionali e alle condizioni operative dell’impianto.

Le SV sono valvole che si aprono automaticamente per la spinta sull’otturatore del fluido in pressione che vince una forza antagonista

applicata sull’otturatore stesso (es. di una molla, di una massa, di una massa con relativa leva, ecc.).

Le SV sono generalmente a molla diretta; le SV a massa o a massa con relativa leva possono essere utilizzate con forze di valore

stabilito esercitate sull’otturatore (es. forze non superiori a 8000 N).

Quando, per esigenze di esercizio, le SV devono avere una perfetta tenuta, è ammessa la presenza di un’adatta guarnizione fra sede e

otturatore.

I RD sono dispositivi a fratturazione prestabilita che si rompono ad una determinata pressione.

Le GI sono dispositivi a tenuta di liquido realizzati con battente di liquido; esse sono installate generalmente in sistemi dove la pressione

relativa massima non è elevata (es. inferiore a 1 bar).

Le SV, i RD e le GI intervengono per aumento di pressione dovuto a:

d.1) incendi esterni; ovvero,

d.2) anomalie di esercizio (es. errori di manovra);

d.3) funzionamento anomalo o fuori servizio di strumentazione di regolazione o controllo;

d.4) pressioni di esercizio variabili in processi discontinui (a batch).

Quando possono essere ragionevolmente escluse le anomalie di cui in d.2), d.3), d.4), l’intervento delle SV, la rottura dei RD e il

superamento del battente delle GI può essere trascurato ai fini della classificazione dei luoghi in oggetto.

Quando non possono essere escluse le anomalie di cui in d.2), d.3), d.4), l’intervento delle SV, la rottura dei RD e il superamento del

battente delle GI devono essere considerate emissioni di secondo grado solo se dalle valutazioni risulta che la probabilità di atmosfera

esplosiva dovuta all’apertura è superiore a 10-5 in un anno.

In considerazione della grande estensione della zona pericolosa in caso di apertura delle SV e dei RD, quando la probabilità di

atmosfera esplosiva è superiore a 10-5 in un anno si consiglia di predisporre per essi ulteriori mezzi di protezione (apprestamenti di

difesa o barriere di sicurezza) atti ad abbassare a valori inferiori la probabilità di un loro intervento.

Le SV chiuse e le GI efficienti possono avere emissioni nell’atmosfera durante il funzionamento ordinario dell’impianto (trafilamenti), la

cui portata Qg deve essere quella massima prevista (es. dal fornitore) considerando l’intervallo di manutenzione.

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In assenza di informazioni più precise, queste emissioni devono essere considerate generalmente di primo grado e si può valutare una

sezione di apertura di:

d.5) per le SV senza guarnizione tra sede e otturatore, la sezione di apertura può essere assunta di valore variabile da 1 mm² a 0,25

mm² in funzione della pressione del sistema di contenimento e della presenza sulla tubazione di scarico della SV di un sistema a sifone

con spia visiva e liquido che permette di rilevare eventuali trafilamenti;

d.6) per le GI l’area del foro deve essere valutata caso per caso essendo i sistemi molto diversi tra loro (liquido che evapora, ecc.).

Lo scarico delle SV, RD e GI è stato convogliato verso l’alto al di sopra delle strutture circostanti, per ridurre la probabilità di innesco.

e) Pompe centrifughe con tenute meccaniche

Per definire le dimensioni del foro di emissione, si considera l’emissione dalle tenute.

La rottura di una tenuta meccanica può essere dovuta a:

- errata installazione, da prevedere generalmente solo durante le prove in campo e nelle fasi iniziali di esercizio;

- scheggiatura o rigatura (per ingresso di corpi estranei, vibrazioni, ecc.), da prevedere generalmente durante il funzionamento

ordinario.

Per errata installazione, l’area del foro di emissione è generalmente definita, in relazione al diametro dell’albero, come segue:

A = p × l × d

Quando sulla tenuta è installata una ghiera per il controllo del flusso in uscita, l’area del foro può essere ridotta con un fattore variabile

da 3 a 5.

Per una pompa con albero di diametro d = 25 mm l’area del foro può essere assunta:

- 25 mm² con tenuta meccanica senza la ghiera di controllo del flusso in uscita,

- 5 mm² con tenuta meccanica provvista di ghiera di controllo del flusso in uscita.

Per pompe con albero di altre dimensioni l’area del foro può essere proporzionale al diametro.

Per la scheggiatura o rigatura dell’anello di tenuta, l’area del foro di emissione è generalmente definita, considerando che la perdita

possa essere 10 volte quella massima prevista in funzionamento ordinario come emissione strutturale (ved. GB.3.2.1) oltre la quale è

previsto un intervento di manutenzione, stabilita sulla base delle informazioni fornite dal costruttore della tenuta e/o dell’esperienza.

f) Compressori alternativi

Per definire le dimensioni del foro di emissione, si considerano sia le emissioni dalle tenute, sia le emissioni da altri punti quale la

camera delle valvole.

Per i vari punti di possibile emissione, l’area del foro tende a rientrare nel campo tra 1 e 5 mm², quindi generalmente si può assumere il

valore di 2,5 mm².

g) Compressori centrifughi

Per definire le dimensioni del foro di emissione, si considera l’emissione dalle tenute.

Per le tenute, l’area del foro di emissione è generalmente definita come per le pompe centrifughe.

Le tenute possono essere del tipo a labirinto flussate o ad anello flottante; con queste ultime l’area del foro può essere ridotta con un

fattore da 5 a 6.

La rottura di una tenuta può essere dovuta a:

- errata installazione, da prevedere generalmente solo durante le prove in campo e nelle fasi iniziali di esercizio;

- scheggiatura o rigatura (per ingresso di corpi estranei, vibrazioni, ecc.), da prevedere generalmente durante il funzionamento

ordinario.

Per un compressore con albero di diametro d = 150 mm l’area del foro può essere assunta come sotto indicato.

Per errata installazione:

- 250 mm² con tenuta a labirinto flussata;

- 50 mm² con tenuta ad anello fluttuante;

per compressori con albero di altre dimensioni l’area del foro può essere proporzionale al diametro.

Per scheggiatura o rigatura:

- 5 mm² con tenuta a labirinto flussata;

- 1 mm² con tenuta ad anello fluttuante;

per compressori con albero di altre dimensioni l’area del foro può essere proporzionale al diametro.

h) Connessioni di piccole dimensioni

Tipiche connessioni di piccole dimensioni sono quelle per il collegamento della strumentazione di processo.

La tipologia di perdita è tale per cui normalmente il guasto inizia con un foro piccolo e, solo se non si interviene, raggiunge le dimensioni

della rottura completa del tubo.

Pertanto, quando la rottura completa è ritenuta improbabile perché è previsto un intervento tempestivo o per alti validi motivi, possono

essere considerati fori più piccoli nel campo tra 0,1 e 1 mm² ed assumere mediamente il valore di 0,25 mm² .

i) Punti di drenaggio e prelievo campioni

I punti di drenaggio sono costituiti generalmente da valvole (manuali o a richiusura automatica).

I punti di prelievo campioni, detti anche "prese campione", possono essere:

- a dosaggio predeterminato;

- a circuito chiuso;

- a circuito aperto.

Sia per i punti di drenaggio, sia per i punti di prelievo campioni si considera generalmente il trafilamento dalla valvola d’intercettazione.

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Tempo di emissione

Per ogni emissione (di grado primo e secondo) il tempo di emissione (te), per effettuare i calcoli delle grandezze relative all’emissione

nel transitorio; è stato considerato, a favore della sicurezza, l’emissione a regime.

Controllo dell’ambiente

Sorveglianza del luogo

Il fatto che il luogo sia più o meno sorvegliato influisce sui tempi di eliminazione di eventuali guasti (emissioni di grado secondo).

I tipi di sorveglianza di un luogo possono essere convenzionalmente classificati come indicato nella tabella sottostante dove sono

assunti anche i relativi tempi, in base alla norma CEI 64-8, Sez. 751.

Tipo di sorveglianza Tempo di emissione te (s)

Luogo non sorvegliato - (regime)

Luogo sorvegliato ogni otto ore 28.800 (8 h)

Luogo sottoposto a generica sorveglianza 5400 (1,5 h)

Luogo costantemente sorvegliato 900 (15 min)

Il tipo di sorveglianza del luogo incide sul calcolo dell’Xm% relativo alle emissioni di grado secondo, per le quali:

- non è noto il tempo di emissione: il calcolo dell’Xm% viene effettuato nel transitorio (Xte%), anziché in condizioni di regime,

assumendo come tempo di emissione il tempo di individuazione del guasto;

- il tempo di emissione è noto, ma maggiore del tempo di individuazione del guasto: il calcolo dell’Xm% viene effettuato nel transitorio

(Xte%) assumendo come tempo di emissione il tempo di individuazione del guasto, anziché il tempo di emissione della sorgente.

Sistema di controllo dell’esplodibilità

La presenza di un sistema di controllo dell’esplodibilità consente di limitare il valore della concentrazione media di sostanza

infiammabile nell’ambiente (Xm%) evitando, che le zone pericolose si estendano a tutto l’ambiente.

Grado della ventilazione Il grado della ventilazione è stato calcolato, in conformità a quanto previsto dalla guida CEI 31-35, come nel seguito indicato. Ambienti aperti Il grado della ventilazione è considerato: - medio quando Vz non è trascurabile, - alto quando Vz è trascurabile. Ambienti chiusi Il grado della ventilazione è considerato: - alto quando la concentrazione media di sostanza infiammabile Xm% rispetta la condizione f.5.10.3-16 ed il volume Vz è trascurabile; - basso quando la concentrazione media di sostanza infiammabile Xm% non rispetta la condizione f.5.10.3-16; - medio in tutti gli altri casi. Concentrazione media di sostanze infiammabili nell’ambiente Negli ambienti chiusi, per ogni grado di emissione di ciascuna sorgente di emissione bisogna accertare se la condizione f.5.10.3-16 (guida CEI 31-35) è verificata, al fine di valutare il grado della ventilazione (se per una emissione la condizione f.5.10.3-16 non è rispettata, il grado della ventilazione è basso e dunque la zona pericolosa generata da quella emissione si estende a tutto l’ambiente). La condizione f.5.10.3-16 vale: X m %£ ≤ LEL mix / f a dove: - X m%: concentrazione media della sostanza(e) infiammabile(i) nell’ambiente; - k: fattore di sicurezza; - LEL mix: limite inferiore di esplodibilità della miscela di gas o vapori presenti contemporaneamente nell’ambiente; - fa: fattore di efficacia della ventilazione dell’ambiente. È stato calcolo il LEL mix, effettuando una “media pesata” dei LEL delle sostanze infiammabili relative alle emissioni di volta in volta considerate contemporanee per il calcolo dell’Xm%. La “media pesata” viene ottenuta utilizzando come peso la concentrazione Xr% (o Xte%) nell’ambiente, dovuta all’insieme delle emissione contemporanee relative ad ogni sostanza. Nota – La Guida CEI 31-35 consente di calcolare il LEL mix in modo approssimato, e dunque meno preciso, rispetto al calcolo effettuato.

La verifica della suddetta condizione f.5.10.3-16 viene effettuata come indicato nel seguito. Emissioni di grado continuo Viene confrontato il valore di Xm% con il termine k LELmix /f, con k = 0,25

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- L’Xm% vale: - Xm% = S Xr dove SXr è la concentrazione media relativa alle emissioni strutturali e a tutte le emissioni di grado continuo (guida CEI 31-35, formula f.5.10.3-17). Se la condizione f.5.10.3-16 è verificata, il grado della ventilazione è alto o medio e la zona pericolosa è presente soltanto nell’intorno delle sorgenti di emissione; in caso contrario, il grado della ventilazione è basso e la zona pericolosa si estende a tutto l’ambiente. Emissioni di grado primo Viene confrontato il valore di Xm% con il termine k LELmix /f, con k = 0,25 - L’X m% vale: - Xm% = S Xr + S X primo grado dove: - SXr è la concentrazione media relativa alle emissioni strutturali e a tutte le emissioni di grado continuo (guida CEI 31-35, formula f.5.10.3-17); - S X primo grado è la concentrazione media relativa alle emissioni di grado primo considerate contemporanee (CEI 31-35, tab. f.5.10.2-1) calcolata considerando: - Xte nel transitorio, se è noto il tempo di emissione te (guida CEI 31-35, formula f.5.10.3-17); - Xr a regime (a favore della sicurezza), se non è noto il tempo di emissione (guida CEI 31-35, formula f.5.10.3-19). Se la condizione f.5.10.3-16 è verificata, il grado della ventilazione è alto o medio e la zona pericolosa è presente soltanto nell’intorno delle sorgenti di emissione; in caso contrario, il grado della ventilazione è basso e la zona pericolosa si estende a tutto l’ambiente. Emissioni di grado secondo Viene effettuato il confronto tra Xm% ed il termine k LELmix /f, con k = 0,5 se l’utente ha mantenuto per k il valore di default proposto da AtexGAS; con il valore di k inserito dall’utente, nel caso abbia modificato il valore di default. L’X m% vale: Xm% = S Xr + S X primo grado + X secondo grado dove: - SXr è la concentrazione media relativa alle emissioni strutturali e a tutte le emissioni di grado continuo (guida CEI 31-35, formula f.5.10.3-17). - S X primo grado è la concentrazione media relativa alle emissioni di grado primo considerate contemporanee (CEI 31-35, tab. f.5.10.2-1); - X secondo grado è la concentrazione media relativa all’emissione di secondo grado considerata. Le concentrazioni S X primo grado e X secondo grado vengono calcolate considerando: - Xte nel transitorio, se è noto il tempo di emissione te (guida CEI 31-35, formula f.5.10.3-17); - Xr a regime (a favore della sicurezza), se non è noto il tempo di emissione (guida CEI 31-35, formula f.5.10.3-19). Se la condizione è verificata, il grado della ventilazione è alto o medio e la zona pericolosa è presente soltanto nell’intorno delle sorgenti di emissione; in caso contrario, il grado della ventilazione è basso e la zona pericolosa si estende a tutto l’ambiente. Pertanto, anche qualora tale zona si estenda all’intero ambiente, non è (ovviamente) necessario alcun intervento da parte dell’utente (ventilazione/ sistema di controllo dell’esplodibilità) per limitarne l’estensione. Emissioni strutturali

Sono “strutturali” le emissioni che possono avvenire durante l’attività dell’impianto dai punti di discontinuità dei componenti del sistema

di contenimento delle sostanze infiammabili, quali ad esempio le flange sulle tubazioni, le giunzioni tra parti di apparecchi e macchine,

gli sfiati di valvole di sicurezza, di sfioro e simili chiuse, ecc.

La stima delle emissioni strutturali, da utilizzare per la definizione del grado della ventilazione e dell’estensione delle zone pericolose,

è di difficile valutazione.

Esse possono essere ritenute trascurabili quando i componenti sono nuovi, o hanno subito da poco un intervento di manutenzione,

ma col tempo possono aumentare in dipendenza delle influenze esterne e delle condizioni di esercizio fino a diventare significative.

Negli ambienti chiusi vengono considerate le emissioni strutturali ai fini del calcolo della concentrazione percentuale media di

sostanza infiammabile presente nell’ambiente Xm% (finalizzata alla verifica del rispetto della condizione f.5.10.3-16 di cui alla guida

CEI 31-35).

Il calcolo dell’Xr% delle emissioni strutturali viene effettuato in base alla formula f.5.10.3-19 della guida CEI 31-35, considerando il

valore della portata di emissione Qg (kg/s) indicato nella tabella seguente (valore più cautelativo tra quelli indicati dalla guida CEI 31-

35, tabella G.B. 3.2-1).

Componenti Emissioni strutturali Qg

(kg/s)

Connessioni (a flangia o filettate), accessori di tubazioni. 2,1 10-8

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Valvole manuali e automatiche (escluse le valvole di sicurezza e di

rilascio all’atmosfera).

5,6 10-7

Sfiati, drenaggi, spurghi e prese-campione intercettati da valvole

(escluse le valvole di sicurezza e di rilascio all’atmosfera).

1,8 10-7

Sfiati di valvole di sicurezza chiuse, valvole di rilascio all’atmosfera

chiuse, tenute di pompe e compressori, boccaporti, passi d’uomo

bracci di carico ed ogni altro componente.

1,5 10-6

Nota 1 – Sono state trascurare le emissioni strutturali, visto l’obbligo del datore di lavoro – amministratore di mantenere buone le condizioni di

manutenzione dell’impianto.

Contemporaneità delle emissioni

Il calcolo della concentrazione media di sostanze infiammabili Xm% è stato effettuato tenendo conto di tutte le emissioni che possono

emettere contemporaneamente ai fini della verifica della condizione f.5.10.3-16 come previsto dalla guida CEI 31-35:

- emissioni di grado continuo: sono tutte contemporanee;

- emissioni di grado primo: sono contemporanee il numero di emissioni indicato dalla tabella f.5.10.2-1 della guida CEI, scelte tra le

“peggiori” (ovvero quelle che hanno il rapporto Xm%/LEL maggiore);

- emissioni di grado secondo: vanno considerate ognuna singolarmente.

Procedura per individuare il tipo di zona pericolosa

Per individuare la(e) zona(e) pericolosa(e) generata(e) da una sorgente di emissione, in base al grado di emissione (continuo / primo /

secondo) che risulta attivo per la sorgente di emissione ed alla disponibiltà della ventilazione sono state individuate diversi tipi di zone

pericolose.

Estensione delle zone pericolose

Per individuare l’estensione di ogni zona pericolosa dovuta ad una determinata emissione è necessario calcolare la portata di emissione

Qg e la distanza pericolosa dz relativa all’emissione considerata.

L’estensione della zona pericolosa è quindi individuata dalla “quota a” ottenuta moltiplicando la distanza pericolosa dz per il coefficiente

di sicurezza.

Individuazione della “quota a”

Il valore della “quota a “procedendo come indicato nel seguito; spetta comunque all’utente confermare (o modificare) tale valore,

essendo la scelta definitiva della “quota a” è un compito del tecnico incaricato della classificazione del luogo.

In primo luogo è stata calcola il dz, sulla base delle formule indicate nel paragrafo “Modalità di emissione”.

Una volta calcolato il dz, il valore della “quota a”, è stato ottenuto nel modo seguente:

- moltiplicando la distanza pericolosa “dz” per il fattore di sicurezza ka (inserito

tra i dati generali);

- calcolando il volume della zona pericolosa (definendo anche le quote “b” e “c”);

Il numero di ricambi di aria C0 e il volume ipotetico di atmosfera esplosiva Vz vengono sempre calcolati, in conformità con la guida CEI

31-35, con il valore della “quota a”.

Nota 2 - Nelle formule per il calcolo del dz, viene utilizzato il parametro kz, in conformità a quanto previsto dalla guida CEI 31-35.

Forma delle zone pericolose La guida CEI 31-35 nel paragrafo 5.11.2 propone forme della zona pericolosa.

Emissioni di gas/vapore

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Gas/vapore leggero - Sorgente di emissione in prossimità del soffitto

Se il gas/vapore è leggero (ρgas < 0,8 ρaria) e la sorgente di emissione è situata in prossimità del soffitto (ovvero la distanza tra la

sorgente di emissione ed il soffitto hs ≤ a)

Gas/vapore pesante - Sorgente di emissione in prossimità del pavimento

Se il gas/vapore è pesante (ρgas > 1,2 ρaria) e la sorgente di emissione è situata in prossimità del pavimento (ovvero la distanza tra la

sorgente di emissione ed il pavimento hp ≤ a).

Gas/vapore “medio” - Sorgente di emissione in prossimità del soffitto/pavimento

Se il gas/vapore è “medio” (0,8 ρaria ≤ rgas ≤ 1,2 ρaria) e la sorgente di emissione è situata in prossimità del soffitto (hs ≤ a) o del

pavimento (hp ≤ a).

Se la sorgente di emissione è situata ad una distanza minore o uguale alla quota “a” sia dal soffitto che dal pavimento (hs≤ a e hp ≤ a).

Zone pericolose generate dalle aperture

La presenza di aperture può consentire la propagazione di un’atmosfera esplosiva da un’ambiente all’altro; ovviamente è necessario tenere conto di tale fatto.

Nei confronti della capacità di trasmettere l’atmosfera esplosiva si distinguono le aperture di tipo A, B, C, D (EN 60079-10, ART. A.2.2).

Tipo A - Aperture non conformi alle caratteristiche specificate per i tipi B, C o D. Esempi:

- passaggi aperti per l’accesso o per il passaggio di servizi, come condutture, tubazioni che attraversano pareti, soffitti e pavimenti;

- uscite di ventilazione fisse dei locali ed aperture simili, dei tipi B, C e D, che vengono aperte frequentemente o per lunghi periodi.

Tipo B - Aperture che sono normalmente chiuse (es. con dispositivo di autochiusura), aperte poco frequentemente e che hanno una

buona tenuta su tutto il perimetro.

Tipo C - Aperture normalmente chiuse o aperte poco frequentemente, conformi a quelle di tipo B, provviste inoltre di dispositivi di

tenuta (es. una guarnizione) su tutto il perimetro; oppure, due aperture di tipo B in serie, dotate di dispositivi indipendenti di

autochiusura.

Tipo D - Aperture normalmente chiuse conformi a quelle di tipo C, apribili solamente con mezzi speciali od in caso di emergenza;

oppure, possono essere una combinazione di un’apertura di tipo C, adiacente al luogo dal quale viene il pericolo (ambiente a monte),

in serie ad un’altra apertura di tipo B.

Quando non sono rispettate le condizioni per l’applicabilità della “regola del filo teso”, l’apertura deve essere considerata una sorgente di emissione. Il grado dell’emissione dell’apertura come SE viene individuato in base alla tabella 5.14.2 della guida CEI 31-35 (riportata nel seguito).

Aperture come sorgenti di emissione

Tipo di zona a monte

dell’apertura

Tipo di apertura Apertura considerata SE

(grado di emissione)

Zona 0 A Continuo

Zona 0 B Primo

Zona 0 C Secondo

Zona 0 D Nessuna emissione

Zona 1 A Primo

Zona 1 B Secondo

Zona 1 C Nessuna emissione

Zona 1 D Nessuna emissione

Zona 2 A Secondo

Zona 2 B Nessuna emissione

Zona 2 C Nessuna emissione

Zona 2 D Nessuna emissione

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E’ difficile valutare la portata di emissione di un’apertura, perché bisognerebbe calcolare la portata d’aria attraverso l’apertura e la

relativa concentrazione della sostanza infiammabile in corrispondenza dell’apertura stessa. A favore della sicurezza, si è di

considerato che l’apertura abbia una portata di emissione di sostanza infiammabile Qg uguale a quella dell’emissione che ha originato

la zona pericolosa che la interessa.

Nota 1 - Quando l’apertura è interessata da più zone pericolose, deve essere selezionata solo quella del tipo più pericoloso (in ordine decrescente zona

0, 1, 2); tra più zone dello stesso tipo, selezionare quella che corrisponde al gruppo ed alla classe di temperatura più severi (in ordine decrescente:

gruppo IIC, IIB, IIA, classe di temperatura T1, T2, T3, T4, T5, T6).

Nota 2 - Quando l’apertura debba essere considerata una sorgente di emissione, l’utente deve inserire nell’ambiente a valle una sorgente di emissione

con il grado dell’emissione che Atex assegna all’apertura in relazione all’emissione considerata ed una portata Qg uguale a quella dell’emissione stessa.

Regola del filo teso

La regola del filo teso, già in uso nella norma CEI 64-2, può essere applicata per determinare le deformazioni delle zone pericolose in

presenza di ostacoli.

A determinate condizioni, la “regola del filo teso” può essere applicata anche alle aperture.

Si considera cioè che la zona che interessa l’apertura si estenda oltre l’apertura stessa fino ad avere dalla sorgente di emissione che

l’ha originata distanze uguali a quelle stabilite per l’ambiente in cui si trova la sorgente di emissione (a monte dell’apertura), ricavate

secondo la linea di minimo percorso che aggira l’ostacolo.

Condizioni per l’applicazione della “regola del filo teso”

La regola del filo teso non è applicabile quando l’ambiente a valle è chiuso e inoltre:

a monte si ha una zona 0 e l’apertura è di tipo A o B, oppure

a monte si ha una zona 1 e l’apertura è di tipo A.

In tutti gli altri casi, la regola del filo teso può essere applicata se sono soddisfatte entrambe le seguenti condizioni:

la concentrazione media di sostanza infiammabile Xm% nell’ambiente a monte rispetta la condizione f.5.10.3-16 (cioè tale

condizione è soddisfatta per tutte le emissioni di quell’ambiente);

nell’ambiente a valle dell’apertura le condizioni della ventilazione sono uguali o migliori di quelle dell’ambiente dal quale

proviene il pericolo (a monte dell’apertura) e la pressione atmosferica è uguale o maggiore di quella dell’ambiente a monte.

Il tipo di zona, determinato dall’apertura nell’ambiente a valle è indicato nella tabella seguente, CEI 31-35, tab.5.14-1.

Tipo di zona a monte

dell’apertura

Tipo di

apertura

Applicabilità della “regola del filo teso”

e tipo di zona a valle dell’apertura

Ambiente a valle APERTO Ambiente a valle CHIUSO

A zona 0 Non applicabile

zona 0 B zona 1 Non applicabile

C zona 2 zona 2

D zona non pericolosa

zona non pericolosa

A zona 1 Non applicabile

zona 1 B zona 2 zona 2

C zona non pericolosa zona non pericolosa

D zona non pericolosa

zona non pericolosa

A zona 2 zona 2

zona 2 B zona non pericolosa zona non pericolosa

C zona non pericolosa zona non pericolosa

D zona non pericolosa zona non pericolosa

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Nota 1 - Per valutare l’applicabilità della regola del filo teso, con riferimento alle condizioni di ventilazione degli ambienti a valle ed a monte, Atex verifica che la velocità dell’aria nell’ambiente a valle sia maggiore o uguale a quella dell’ambiente a monte (se la disponibilità della ventilazione è adeguata, viene considerata la velocità dell’aria relativa alla ventilazione primaria).Quando la regola del filo teso non è applicabile, le aperture devono essere considerate sorgenti di emissione.

2. MISURE TECNICHE DI PREVENZIONE CONTRO LE ESPLOSIONI Generalità Come è noto , la sicurezza contro le esplosioni è la probabilità che l’esplosione non avvenga. Tale probabilitànon è mai zero, perché per quante precauzioni si prendano può sempre verificarsi un’atmosfera esplosiva e si può sempre avere una sorgente d’innesco. Un luogo è ritenuto “sicuro” nei confronti dell’esplosione se la probabilità che avvenga un’esplosione in quel luogo è ritenuta trascurabile (tollerabile). Tale probabilità è il prodotto di due probabilità:

- la probabilità che si stabilisca un’atmosfera esplosiva; - la probabilità che si verifichi un’innesco.

La formazione di atmosfera esplosiva e la presenza nella stessa zona di un’innesco sono in genere due eventi tra di loro indipendenti, nel senso che non ci sono cause comuni. Prevenire l’esplosione vuol dire prendere misure per ridurre ciascuna delle due probabilità, in modo che il loro prodotto diventi trascurabile.

Misure per prevenire la formazione di atmosfere esplosive applicabili alle sostanze infiammabili ed alle polveri Impianto di ventilazione La formazione di un’atmosfera esplosiva può essere mediante l’adozione di unidoneo impianto di ventilazione, il quale è efficace soprattutto se localizzato in prossimità della sorgente di emissione. Eliminazione delle sorgenti di emissione L’atmosfera esplosiva può essere evitata eleiminado, per quanto possibile, le sorgenti di emissione. Sono punti critici sotto questo aspetto:

- guarnizioni delle giunzioni; - raccordi smontabili; - tubi flessibili; - sistemi di scarico e spurghi; - dispositivi di accoppiamento; - portelle e coccaporti per le operazioni di carico/scarico - sfiatatoi dei serbatoi e di apparecchi di processo; - valvole di sicurezza - prese campione ecc.

Misure per prevenire la formazione di atmosfere esplosive applicabili alle sostanze infiammabili

Sistemi di controllo dell’esplodibilità La misura di sicurezza adottata nella centrale termica in oggetto è stata quella di installare rivelatori di gas in punti opportuni, in modo da intercettare automaticamente l’efflusso di sostanze infiammabili. Il rilevatore sono idonei per il tipo di zona pericolosa. Le sorgenti di accensione

Un’atmosfera esplosiva può essere innescata da una qualsiasi fonte di energia (elettrica, termica, meccanica ecc.) In linea generale le attrezzature elettriche costituiscono sempre una sorgente di accensionepotenziale; le attrezzature non elettriche, invece, possono, a seconda dei casi, costituire o non costituire una sorgente di accensione. La UNI EN 1127-1 “Prevenzione dell’esplosione e protezione contro l’esplosione”, elenca le seguenti sorgenti di accensione:

- superfici calde; - fiamme e gas caldi; - scintille di origine meccanica; - materiale elettrico; - correnti vaganti e di protezione catodica; - elettricità statica; - fulmine; - campi elettromagnetici; - ultrasuoni; - compressione adiabatica di gas; - reazioni esotermiche.

Descrizione della centrale termica in oggetto

La centrale termica è alimentata a metano.

La centrale termica è ubicata in un locale fuori terra.

La portata termica della centrale termica è di 348 kW.

L'impianto termico è alimentato ad una pressione relativa di 0,04 bar.

L'impianto termico è nuovo.

L'impianto termico è soggetto al DM 12-04-1996 "Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la

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costruzione e l'esercizio degli impianti termici ambientali e combustibili gassosi".

Caratteristiche dell'ambiente esterno alla centrale termica

Il locale centrale termica è installato ad un'altitudine sul livello del mare di circa 211 m in un grande agglomerato urbano o industriale.

I dati relativi all'ambiente esterno alla centrale termica sono i seguenti:

- pressione atmosferica (P): 98954 Pa

- temperatura ambiente (Ta): 30,9 °C

- velocità minima dell'aria (w): 0,25 m/s

- disponibilità della ventilazione: BUONA

- fattore di efficacia della ventilazione (f): 2

Caratteristiche del locale centrale termica

I dati relativi al locale centrale termica sono i seguenti:

- temperatura ambiente (Ta): 33,9 °C

- volume al netto dei componenti (Va): 30 m³

- portata d'aria di ventilazione (Qa): 0,0166 m³/s

- disponibilità della ventilazione: BUONA

- velocità minima dell'aria (w): 0,05 m/s

- fattore di efficacia della ventilazione (f): 2

La portata d'aria di ventilazione naturale per effetto camino, dovuta alla differenza di temperatura tra la centrale termica e l'ambiente

aperto esterno, è stata calcolata con le formule previste dalla Guida CEI 31-35.

La disponibilità della ventilazione viene considerata BUONA poiché la differenza tra le temperature anzidette è pressoché continua.

La disposizione semplificata delle aperture di ventilazione è riportata nella figura seguente:

Quota L = 0,5 m Apertura A = 0,35 m²

Pericolo di esplosione

La centrale termica è dotata di un sistema di rilevazione di gas.

La sorgente di emissione peggiore all'interno della centrale termica è caratterizzata da:

- modalità di emissione: gas in singola fase

- temperatura del gas all'interno del sistema (T): 33,9 °C

- pressione assoluta del gas all'interno del sistema (P): 102954 Pa

- area del foro di emissione (A): 2,5 mm²

- coefficiente di emissione (c): 0,8

- portata di emissione (Qg): 0,000148 kg/s

- dz : 0,648 m

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- quota a: 0,648 m

- Vz: 522,2 dm³

- Vex: 261,1 dm³

La condizione f.5.10.3-16 della guida CEI 31-35 per il locale centrale termica risulta verificata (tenuto conto sia delle emissioni strutturali

che della sorgente di emissione di secondo grado peggiore).

Considerato che il volume della miscela effettivamente presente (Vex) della sorgente di emissione peggiore non risulta inferiore a 10

dm³ e/o a Va/10.000 (essendo Va il volume della centrale termica), il volume ipotetico di atmosfera esplosiva (Vz) di tale sorgente di

emissione non può essere ritenuto trascurabile, e dunque la centrale termica presenta pericolo di esplosione.

Nota

I dati della sorgente di emissione peggiore sono relativi all'emissione di gas che può avvenire in caso di guasto (grado di emissione

secondo).

Nella verifica della condizione f.5.10.3-16 si è tenuto conto anche delle emissioni strutturali (minima dispersione in ambiente di gas a

causa della non perfetta tenuta dei componenti, vedere Guida CEI 31-35).