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LA CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI IN LA CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI IN RELAZIONE ALLA NORMATIVA RELAZIONE ALLA NORMATIVA A cura di: Danilo Monarca e Massimo Cecchini ai sensi del D.Lgs. 81/2008 e dell’Accordo tra Stato e Regioni 26 gennaio 2006 CORSO RESPONSABILI DEI SERVIZI DI PREVENZIONE E PROTEZIONE LA COLONNA VERTEBRALE LA COLONNA VERTEBRALE La colonna vertebrale è composta da una serie di snodi posti l'uno sull'altro, le vertebre ed i dischi. La pila di snodi, con i muscoli, sostiene il corpo e permette i movimenti della schiena: piegarsi in avanti, indietro, sul fianco e ruotare. LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI La movimentazione manuale dei carichi eseguita ripetutamente in modo sbagliato, con la schiena incurvata, danneggia la colonna vertebrale e causa dolore (lombalgia, artrosi, ernia del disco) LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI La movimentazione manuale dei carichi eseguita ripetutamente in modo corretto, con la schiena dritta, come fa l'atleta sollevatore di pesi, risparmia la schiena e non causa dolore. POSTURE POSTURE Anche la posizione fissa prolungata deve essere corretta: stare a lungo con la schiena, piegata in avanti o curvata indietro, danneggia la colonna.

Classificazione rischi (parte 2)

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Anche la posizione fissa prolungata deve essere corretta: stare a lungo con la schiena, piegata in avanti o curvata indietro, danneggia la colonna. LA CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI IN LA CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI IN RELAZIONE ALLA NORMATIVA RELAZIONE ALLA NORMATIVA LA COLONNA VERTEBRALE LA COLONNA VERTEBRALE POSTURE POSTURE LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

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Page 1: Classificazione rischi (parte 2)

LA CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI IN LA CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI IN RELAZIONE ALLA NORMATIVARELAZIONE ALLA NORMATIVA

A cura di:Danilo Monarca e Massimo Cecchini

ai sensi del D.Lgs. 81/2008 e dell’Accordo tra Stato e Regioni 26 gennaio 2006

CORSO RESPONSABILI DEI SERVIZI DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

LA COLONNA VERTEBRALE LA COLONNA VERTEBRALE

La colonna vertebrale ècomposta da una serie di snodi posti l'uno sull'altro, le vertebre ed i dischi.La pila di snodi, con i muscoli, sostiene il corpo e permette i movimenti della schiena: piegarsi in avanti, indietro, sul fianco e ruotare.

LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHILA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

La movimentazione manuale dei carichi eseguita ripetutamente in modo sbagliato, con la schiena incurvata, danneggia la colonna vertebrale e causa dolore (lombalgia, artrosi, ernia del disco)

LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHILA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

La movimentazione manuale dei carichi eseguita ripetutamente in modo corretto, con la schiena dritta, come fa l'atleta sollevatore di pesi, risparmia la schiena e non causa dolore.

POSTUREPOSTURE

Anche la posizione fissa prolungata deve essere corretta: stare a lungo con la schiena, piegata in avanti o curvata indietro, danneggia la colonna.

Page 2: Classificazione rischi (parte 2)

VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI RIFERIMENTORIFERIMENTO

Caratteristiche del carico

La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:

• il carico è troppo pesante(kg 30) • è ingombrante o difficile da afferrare• è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi• è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o

maneggiato ad una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco

• può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto

VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI RIFERIMENTORIFERIMENTO

Sforzo fisico richiesto

Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:

• è eccessivo• può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco

• può comportare un movimento brusco del carico • è compiuto con il corpo in posizione instabile

VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI RIFERIMENTORIFERIMENTO

Caratteristiche dell' ambiente di lavoro

Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilit àdi rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:

• lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta

• il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate dal lavoratore

• il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione

• il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivello che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi

• il pavimento o il punto di appoggio sono instabili• la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate

VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI RIFERIMENTORIFERIMENTO

Esigenze connesse all'attività

L'attività può comportare un rischio tra l' altro dorso-lombare se comporta una o pi ù delle seguenti esigenze:

• sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati

• periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente• distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di

trasporto • un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato

dal lavoratore

VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI VALUTAZIONE DEI RISCHI: ELEMENTI DI RIFERIMENTORIFERIMENTO

Fattori individuali di rischio

Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi: • inidoneit à fisica a svolgere il compito in questione • indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati

dal lavoratore • insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della

formazione

IL MODELLO NIOHSIL MODELLO NIOHS(National Institute for Occupational Health and Safety)

ETA’ MASCHI FEMMINE

maggiore di 18 anni 30 20

tra i 15 ed i 18 anni 20 15 CF

ALTEZZA DA TERRA DELLE MANI ALL’ INIZIO DEL SOLLEVAMENTO

altezza (in cm) 0 25 50 75 100 125 150 >175

fattore 0,77 0,85 0,93 1,00 0,93 0,85 0,78 0,00 A

DISTANZA VERTICALE DI SPOSTAMENTO DEL PESO FRA INIZIO E FINE DEL SOLLEVAMENTO

dislocazione (in cm.) 25 30 40 50 70 100 170 >175

fattore 1,00 0,97 0,93 0,91 0,88 0,87 0,86 0,00 B

Page 3: Classificazione rischi (parte 2)

IL MODELLO NIOHSIL MODELLO NIOHS(National Institute for Occupational Health and Safety)

DISTANZA ORIZZONTALE TRA LE MANI E IL PUNTO DI MEZZO TRA LE CAVIGLIE (DISTANZA MASSIMA RAGGIUNTA)

distanza (in cm) 25 30 40 50 55 60 >63

fattore 1,00 0,83 0,63 0,50 0,45 0,42 0,00 C

DISLOCAZIONE ANGOLARE DEL PESO

Dislocazione in gradi 0 30 60 90 120 135 >135

Fattore 1,00 0,90 0,81 0,71 0,52 0,57 0,00 D

GIUDIZIO SULLA PRESA DEL CARICO

Giudizio BUONO SCARSO

Fattore 1,00 0,90 E

IL MODELLO NIOHSIL MODELLO NIOHS(National Institute for Occupational Health and Safety)

FREQUENZA IN GESTI (N° DI ATTI AL MINUTO) IN RELAZIONE ALLA DURATA

frequenza 0,2 1 4 6 9 12 15

continuo meno di 1 ora 1,00 0,94 0,84 0,75 0,52 0,37 0,00

continuo da 1 a 2 ore 0,95 0,88 0,72 0,50 0,30 0,21 0,00

continuo da 2 a 8 ore 0,85 0,75 0,45 0,27 0,15 0,00 0,00 F

(peso limite = CF x A x B x C x D x E x F)

Peso effettivamente sollevato [kg] Peso limite raccomandato [kg]

IL MODELLO NIOHSIL MODELLO NIOHS(National Institute for Occupational Health and Safety)

INDICE DI SOLLEVAMENTO = PESO EFFETTIVAMENTE SOLLEVATO PESO LIMITE RACCOMANDATO

VALUTAZIONE DELL’INDICE DI SOLLEVAMENTO

VALORE SITUAZIONE PROVVEDIMENTI

inferiore a 0,75 Accettabile Nessuno

tra 0,75 e 1,25 Livello di attenzione

Attivare la sorveglianza sanitaria (biennale) -controlli periodici - formazione e informazione del personale

superiore a 1,25 Rischio Interventi di prevenzione – attivare sorveglianza sanitaria ravvicinata (semestrale) - formazione e informazione del personale

SOLLEVAMENTO E TRASPORTO MANUALISOLLEVAMENTO E TRASPORTO MANUALI

La movimentazione manuale dei materiali d'uso lavorativo è causa di una gran quantità di lesioni invalidanti.Ad esempio sollevando con la schiena incurvata i dischi interver tebrali cartilaginosi vengono deformati e compressi sull'orlo: ciò può danneggiare la schiena.Quanto più forte è l'inclinazione del tronco tanto maggiore è il carico dei muscoli dorsali e dei dischi intervertebrali.Quindi non solo i carichi pesanti, ma anche materiali leggeri possono risultare pericolosi per l'integrità della colonna vertebrale se vengono sollevati con il tronco inclinato in avanti.Sollevando con la schiena dritta (piegando le gambe e non la schiena), tenendo il peso vicino al corpo e distribuendolo simmetricamente si evita la deformazione dei dischi intervertebrali, sottoponendoli così ad uno sforzo minimo e regolare, senza rischi.È inoltre consigliabile evitare il sollevamento di pesi posti ad un'altezza inferiore a 40 cm ricorrendo a carrelli o altri mezzi meccanici di sollevamento.

SOLLEVAMENTO E TRASPORTO MANUALISOLLEVAMENTO E TRASPORTO MANUALI

Sollevando un carico con la schiena incurvata, i dischi interver tebrali cartilaginosi vengono deformati e compressi sull'orlo, ciò può c ausare affezioni alla schiena. Quanto pi ù forte è l'inclinazione del tronco tanto maggiore risulta il carico dei muscoli dorsali e dei dischi intervertebrali. Pesi anche leggeri possono risultare pericolosi se sollevati con il tronco inclinat o in avanti.

SOLLEVAMENTO E TRASPORTO MANUALISOLLEVAMENTO E TRASPORTO MANUALIPer sollevare e deporre carichi pesanti è sempre necessario tenere: · il tronco eretto · la schiena ritta · il peso da sollevare il pi ù possibile vicino al corpo · salda la posizione dei piedi · la presa sicura · i movimenti senza scosse

NON SI DEVE:

• flettere la schiena

• spingere eccessivamente in avanti il tronco

• sollevare a strattoni

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DEFINIZIONEDEFINIZIONE

• Si intende per videoterminale uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato

• Sono esclusi:– i posti di guida di veicoli o macchine– i sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto– i sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte

del pubblico– i sistemi denominati "portatili" ove non siano oggetto di utilizzazione

prolungata in un posto di lavoro– le macchine calcolatrici, i registratori di cassa e tutte le attrezzature

munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura

– le macchine di videoscrittura senza schermo separato

• il testo di questo punto della legge è stato fonte di molte interpretazioni

• in evidenza il vincolo delle 4 h consecutive giornaliere per tutta la settimana lavorativa

VECCHIA DEFINIZIONE DEL LAVORATOREA VIDEOTERMINALE il lavoratore che usa un VDT,

in modo sistematico e abituale,

per almeno 4 h al giorno

dedotte le pause per tutta

la settimana lavorativa

IL LAVORATORE VIDEOTERMINALISTAIL LAVORATORE VIDEOTERMINALISTA

lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo

sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte

le interruzioni di legge

NUOVA DEFINIZIONE DEL LAVORATOREA VIDEOTERMINALE

IL LAVORATORE VIDEOTERMINALISTAIL LAVORATORE VIDEOTERMINALISTA

VIDEOTERMINALI: EFFETTI SULLA SALUTEVIDEOTERMINALI: EFFETTI SULLA SALUTEI principali problemi legati all'uso di VDT possono essere:

• la fatica visiva• i disturbi muscolo-scheletrici• lo stress

Falsi allarmi:- non c'è alcuna relazione tra VDT e radiazioni

• nel posto di lavoro con VDT le radiazioni ionizzanti (raggi x) non sono maggiori di quelle dell’ambiente esterno• nel posto di lavoro al VDT con macchine di recente produzione l e radiazioni non ionizzanti (campi elettromagnetici) si mantengono al di sotto dei limiti raccomandati• negli operatori al videoterminale non sono stati registrati sig nificativi aumenti dei danni per la salute e le funzioni riproduttive imput abili alle radiazioni

TUTELATUTELA PERMANENZAPERMANENZA

SEMPRE(in ogni caso)

con20 h DI LAVOROSETTIMANALI

almeno4 h di lavoro consecutive

nella giornata lavorativa

• il Datore di lavoro deve tenere conto e valutare l'ERGONOMIAdella stazione di lavoro con VDT

• SORVEGLIANZA SANITARIA

• PAUSE di 15 minutiOGNI 120 DI LAVORO

Il contenzioso su cosa fare nei minuti di pausa, dovrà essere risolto dalla contrattazione

QUALE TUTELA PER I LAVORATORI AI VDT?QUALE TUTELA PER I LAVORATORI AI VDT?

Page 5: Classificazione rischi (parte 2)

le pause (15 minuti ogni 120 di lavoro) sono svincolate dalla durata della settimana lavorativa (36, 40, 44, 48 ore)

le pause sono legate alla permanenza giornaliera(almeno 4 h di lavoro consecutive)

non c'è legame con orari di lavoro giornalieri (es. part time), settimanali o a numeri di giornate lavorative settimanale

-le modalità delle pause sono stabilite dalla contrattazione (anche aziendale)-se necessario, le pause possono essere temporaneamente stabilite a livello individuale dal medico competente-le pause non sono cumulabili all'inizio o al termine dell'orariodi lavoro

LE PAUSE (art. 54)LE PAUSE (art. 54)

per evidenziare malformazioni strutturali

IN BASE AI RISULTATI DEGLI ACCERTAMENTI, I LAVORATORI VENGONO

CLASSIFICATI IN :

con prescrizione (visita biennale)(idem per lavoratori idonei con oltre 50 anni di età)

senza prescrizione(visita quinquennale)

IDONEI

I LAVORATORI PRIMA DIESSERE ADDETTI AI VDT

DEVONO ESSERE SOTTOPOSTI A:

1 - visita medica

2 - esame degli occhi e della vista dal medico competente

NON IDONEI

LA SORVEGLIANZA SANITARIA (art. 55)LA SORVEGLIANZA SANITARIA (art. 55)

IL DATORE DI LAVORO

DEVE FORNIRE

AI LAVORATORI

- le misure applicabili in base alla valutazione del rischio (rischi per la vista, postura, affaticamento fisico o mentale, ergonomia, igiene ambientale)

- O.d.L.- protezione degliocchi e della vista

INFORMAZIONEe

FORMAZIONE

INFORMAZIONE E FORMAZIONE (art. 56)INFORMAZIONE E FORMAZIONE (art. 56)

ergonomia

postazionedi lavoro

aspetti psicologici

AMBIENTEDI

LAVORO

spazioilluminazionemicroclima

rumore

Tavolo, sedia, tastiera,monitor, schermo anti-riflesso,

porta documenti, pedana

interazione conflittuale,interazione non conflittuale

LA POSTAZIONE DI LAVORO AL VIDEOTERMINALELA POSTAZIONE DI LAVORO AL VIDEOTERMINALE

SEDILESEDILE

PUÒ ESSERE PERICOLOSO SE:• si può ribaltare sedendosi in punta• lo schienale si inclina troppo all'indietro• la superficie del piano del sedile è pi ù ampia del basamento

È POCO PRATICO SE:• per regolarlo occorre assumere posizioni “disagevoli”

È MAL DIMENSIONATO O POCO CONFORTEVOLE SE:• è troppo stretto• è troppo lungo• è piatto o mal sagomato• è troppo morbido• impedisce la traspirazione

Page 6: Classificazione rischi (parte 2)

• 5 razze con rotelle

• Deve essere regolabile in altezza

• Con un piano di cm 40 x 40, leggermente concavo ed a superficie soffice

• Il bordo del piano deve essere arrotondato

• Lo schienale deve avere una altezza di 50 cm circa

• Lo schienale deve essere imbottito, regolabile nell'inclinazione e bloccabile

• Senza i braccioli (o arrotondati)

SEDILE: REQUISITISEDILE: REQUISITI SEDILE: REQUISITISEDILE: REQUISITI

Basamento antiribaltabile a 5 razzeAltezza del sedile regolabileComandi di regolazione accessibili in posizione sedutaSchienale medio-alto regolabile in altezza ed inclinazionePiano del sedile e schienale ben profilati

TAVOLOTAVOLO

Non è adatto all'uso del VDT se:• la superficie è riflettente e/o lucida• il piano porta tastiera è ribassato, non regolabile in

altezza, troppo stretto• lo spazio per le gambe è ristretto• è poco stabile

TAVOLO: REQUISITITAVOLO: REQUISITI

Superficie opacaAltezza del piano, se fissa, di 72 cm circaSpazio sotto il piano di lavoro:

in profondità deve consentire l'alloggiamento delle gambe semidistese

in larghezza deve consentire al sedile di infilarsiProfondit à del piano: deve assicurare una corretta distanza visiva ed il supporto per gli avambracciLarghezza del piano: adeguata al tipo di lavoro svolto (copiatur a di documenti, data- entry, ecc.)

Dimensioni minime consigliate: • cm 90 x 100, se ad uso esclusivo del VDT• cm 90 x 140/160 nel caso di lavoro d’ufficio non dedicato al solo VDT

IL PIANO DI LAVOROIL PIANO DI LAVORO

Con bordi arrotondati

Di colore neutro e superficie opaca

Regolabile in altezza (67- 77 cm) o ad altezza fissa (72 cm)

Profondo 70- 80- 90 cm

Largo 90- 120- 160 cm

Comunque di dimensioni sufficienti per permettere una disposizione delle attrezzature flessibile

SCHERMO: REQUISITISCHERMO: REQUISITI

Caratteri definiti e leggibili

Immagini stabiliRegolabiliità del contrasto e della luminosità

Orientabilità nello spazio

L’uso di schermi addizionali (filtri) è sconsigliato. Unica eccezione quando non sia possibile migliorare in alcun modo la visibilità dei caratteri e purché:

• siano di buona qualità• siano mantenuti in buone condizioni di pulizia• evitino riflessi

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• Tastiera e schermo indipendenti

• Possibilità di inclinare lo schermo

• Colori per i quali l'acuità visiva è maggiore (verde, azzurro e giallo)

• Con la possibilità di regolare la luminanza e il contrasto

• Con filtri antiriflettenti o polarizzanti per contrastare abbagliamento o riflettanza speculare

• Se la rappresentazione dei caratteri è negativa sono necessari i filtri antiriflettenti

• Se positiva lo schermo video dovrà avere una frequenza superioreagli 80 Hz

• L'intensità luminosa dei caratteri deve essere uniforme e regolabile

CARATTERISTICHE OTTIMALICARATTERISTICHE OTTIMALI

• Davanti e dietro lo schermo video non ci devono essere finestre

• La distanza occhi -schermo non inferiore a 30 cm o superiore a 90 cm

• La direzione dello sguardo verso il bordo superiore dello schermo deve avere una linea quasi orizzontale

• L'inclinazione verticale o in avanti per superfici riflettenti, all'indietro per quelle poco riflettenti

POSIZIONE DELLO SCHERMO VIDEOPOSIZIONE DELLO SCHERMO VIDEO

IL MONITORIL MONITOR

• Orientabile e inclinabile• Con superficie antiriflettente• Con luminosità e contrasto regolabili• Con immagine stabile senza

“sfarfallamenti”• Con caratteri leggibili e definiti• Pulito • La parte retrostante lontana da pareti

ALTRI STRUMENTI ED ACCESSORIALTRI STRUMENTI ED ACCESSORI

TASTIERA• autonoma e mobile, inclinabile, con superficie opaca e caratteri leggibili

LEGGIO PORTA-DOCUMENTI• regolabile e stabile

STAMPANTE• poco rumorosa

LAMPADA DA TAVOLO• per soddisfare esigenze diversificate di illuminazione, non deve provocare

riflessi

POGGIAPIEDI• inclinato ed antisdrucciolo

Adeguati accessori rendono pi ù confortevole il lavoro a VDT

LA TASTIERALA TASTIERA

DEVE ESSERE:

• Inclinabile e separata dal monitor• Lontana dal bordo del piano di lavoro

15 cm• Con superficie opaca e di colore

neutro• Con simboli chiari

IL MOUSEIL MOUSE

DEVE:

• Garantire una buona impugnatura (ergonomica)

• Essere “manovrato” avendo cura di poggiare l’avambraccio al piano di lavoro

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PORTA DOCUMENTIPORTA DOCUMENTI

DEVE ESSERE:

• Regolabile:– alto/basso– destra/sinistra

• Collocato in modo corretto in relazione all’attività da svolgere alla stessa distanza del video

• Dovrà essere di dimensioni adeguate:– larghezza 45 cm– profondità 35 cm– Inclinazione 10-20°

• Superficie in materiale anti -scivolo

IL POGGIAPIEDIIL POGGIAPIEDI

AMBIENTE DI LAVOROAMBIENTE DI LAVORO

Si hanno condizioni sfavorevoli di illuminazione con:• abbagliamenti diretti• abbagliamenti riflessi• mancano schermature alle finestre e alle

fonti di luce artificiale• il monitor è disposto con la finestra di

fronte o di spalle• si usano arredi con superfici lucide

Un ambiente è adeguato per il lavoro al VDT quando:• gli schermi sono posti a 90 ° rispetto alle

finestre• le finestre sono schermate con "tende"

Il rapporto tra posto di lavoro e ambiente è condizionato da problemi di corretta illuminazione

• le postazioni VDT distano almeno 1 m dalle finestre

• l'illuminazione generale è sufficiente ma contenuta

• le luci artificiali sono schermate, adeguatamente collocate

• lo spazio di lavoro consente all'operatore di alzarsi agevolmente dal sedile poter transitare lateralmente

• la temperatura e l'umidità dell'aria sono confortevoli

• il rumore è contenuto e non disturba l'attenzione e la conversazione

Il MICROCLIMA rappresenta le condizioni climatiche

all'interno di un ambiente confinatoe determina nell'uomo

sensazioni di benessere termico

TEMPERATURAUMIDITA' DELL'ARIA

VENTILAZIONE

inverno = 20° - 24° Cestate = 23° - 26° C

Secondo la norma ISO 7730, nelle attività di tipo sedentario:

dell'80% con una temperatura di 20°Cdel 70% con una temperatura di 22°C

ecc. ....

TEMPERATURA UMIDITA'

inverno = 0,15 m/sestate = 0,25 m/s

VENTILAZIONE (intesa come velocità dell'aria espressa in m/s)

MICROCLIMA NEI LOCALI CON VDTMICROCLIMA NEI LOCALI CON VDT

• I valori ottimali oscillano tra i 200 e i 440 lux

• Nel caso di attività a VDT di sola visualizzazione sono sufficienti 200 lux

• Nel caso di prevalente digitazione di testi scritti sono giustificati 400 lux

• Per il colore della luce sono raccomandabili lampade fluorescenti di "colore bianco a tonalità calda" (meno soggette a fenomeni di sfarfallamento)

• L'ubicazione delle lampade deve evitare i rilessi sullo schermo

• Le lampade devono essere fuori della direzione dello sguardo (almeno 30° sopra il piano degli occhi)

ILLUMINAZIONE NEI LOCALI CON VDTILLUMINAZIONE NEI LOCALI CON VDT

GENERALE LOCALIZZATO

- uffici in generale 150/300

- uff. contabili 250/500- uff. tecnici 250/400- archivi 150/250- sale riunione 150/250- servizi 70/100

- uff. contabili 1000- uff. tecnici 1000/2000- archivi 250/500

ACCORGIMENTI:schermare le sorgenti luminose artificiali - schermare le finestre che

hanno luminanza elevata con tende - eliminare superfici riflettentiilluminazione

Valori minimi di illuminazioneValori minimi di illuminazione( IN LUX )( IN LUX )

Rif.DPR 303 e

IES-Usa

Page 9: Classificazione rischi (parte 2)

lampadeper illuminazione artificiale con temperatura colore (Tc) sui 4000 kelvin

migliore resa di colore,ottimizzazione dei

contrasti

disposizionedelle sorgenti luminose e delle lampadein modo da evitare fenomeni di abbagliamento

e' necessaria unamanutenzione attenta !

pareti e soffitto dei locali con colori chiari e superfici opache

coefficiente di riflessione dei locali con colori chiari e superfici opache

i filtri antiriflesso e polarizzanti riducono abbagliamento e riflesso speculare ma danno riflessione diffusa riducendo il contrasto

è consigliabile posizionare correttamente

i VDT rispetto alle fonti di lucenaturali e artificiali

opportunamente schermate

!

ILLUMINAZIONE NEI LOCALI CON VDTILLUMINAZIONE NEI LOCALI CON VDT ERGONOMIA DEL POSTO DI LAVOROERGONOMIA DEL POSTO DI LAVORORegolazione del sedileRegolazione del sedile

Altezza del sedile:• sedersi e regolarlo ad un'altezza tale da consentire il mantenimento delle gambe a 90° e i piedi ben appoggiati al pavimento

Altezza dello schienale:• il supporto lombare va posto al livello del giro-vita

Inclinazione dello schienale:• a piacimento tra 90° e 110°

ERGONOMIA DEL POSTO DI LAVOROERGONOMIA DEL POSTO DI LAVORO

Mantenere la superficie dello schermo ad angolo retto (90°) rispetto alla

superficie delle finestre

Regolare il monitor a circa 50-70 cm di distanza dagli occhi

Regolare in altezza il monitor in modo che sia un po’ più basso dell'altezza degli occhi

Inclinare il monitor per evitare riflessi

Regolare il colore, la luminosità e il contrasto sullo schermo

Verificare che sui documenti vi sia sufficiente illuminazione

Regolare le tende in modo da controllare la luce naturale

Lasciare tra la tastiera e il bordo del tavolo uno spazio per appoggiare gli

avambracciDurante la digitazione mantenere il più possibile gli avambracci appoggiati

PAUSE E CAMBIAMENTI DI ATTIVITA’PAUSE E CAMBIAMENTI DI ATTIVITA’

I disturbi visivi e muscolo-scheletrici possono essere evitati attraverso pause o

cambiamenti di attività che interrompano:

• l'impegno visivo ravvicinato, protratto e statico

• la fissità della posizione seduta• l'impegno delle strutture della mano e dell'avambraccio nella

digitazione

Dove possibile, organizzare il proprio lavoro alternando periodi al VDT con

periodi (anche pochi minuti) in cui si svolgano compiti che permettono di

sgranchirsi le braccia e la schiena e non comportino la visione ravvicinata

COME SI SVILUPPA COME SI SVILUPPA UN’ INCENDIO ?UN’ INCENDIO ?

TRIANGOLO DELFUOCO

Il fuoco è una reazione di ossidazione che può avvenire ad una velocità bassa, media oaltissima e che produce: gas, luce, calore, braci e cenere.

Per far si che un incendio si sviluppi sono sempre necessari g li elementi che costituiscono il cosiddetto “triangolo del fuoco”.

•Combustibile:la materia che brucia•Comburente: : l’ossigeno presente nell’aria•Calore( temperatura di ignizione ): è il calore necessario a portare almeno una piccola parte della miscela infiammabile ( Combustibile + Comburente ) alla temperatura di ignizione

Page 10: Classificazione rischi (parte 2)

•• COMBUSTIBILECOMBUSTIBILEIl combustibile è la sostanza in grado di bruciare.esso può essere:Solido (carta, legna, carbone, ecc.). Liquido (alcol, benzina, gasolio, ecc..) Gassoso ( propano, metano, idrogeno, ecc..).

•• COMBURENTECOMBURENTE (ossigeno)Il comburente è la sostanza che permette al combustibile di bruciare. Generalmente si tratta di ossigeno contenuto nell'aria allo stato di gas.

•• TEMPERATURA TEMPERATURA D'INFIAMMABILITÀD'INFIAMMABILITÀLa temperatura di infiammabilità è, per tutti i combustibili chepartecipano alla reazione come emettitori di gas, la minima temperatura alla quale il combustibile emette vapori in quantità tale da formare con il comburente una miscela incendiabile. Tale temperatura si individua al corrispondente livello in cui la superficie del combustibile è in grado di interagire con l'ossigeno dell'ar ia.

CLASSIFICAZIONE INCENDICLASSIFICAZIONE INCENDI

CLASSE ATUTTO QUANTO FORMA BRACE.

(legna, carta, carbone ecc..)Il fuoco di classe A si caratterizza da reazione di combustibile solido ovvero dotato di forma e volume proprio. La combustione si manifesta con la consumazione del combustibile spesso luminescente come brace e con bassa emissione di fiamma.

CLASSE B LIQUIDI INFIAMMABILI.(benzina, gasolio, alcol, ecc..)

Caratteristica peculiare di tale tipo di combustibile è quella di possedere sì un volume proprio, ma non una forma propria..

CLASSE CGAS INFIAMMABILI(gas propano, metano, idrogeno ecc..).Caratteristica peculiare di tale tipo di combustibile è quella di non

possedere né forma, né volume proprio. I gas combustibili sono molto pericolosi se miscelati in aria, per

la possibilità di generare esplosioni.

CLASSE DMETALLI INFIAMMABILI.(magnesio, potassio, sodio)

Si riferiscono a particolarissimi tipi di reazione di solidi, per lo più metalli, che hanno la caratteristica di interagire, anche violentemente, con i comuni mezzi di spegnimento, particolare con l'acqua. I più comuni sono i metalli alcalini terrosi leggeri quali il magnesio, il manganese, l'alluminio (quest'ultimo solo se in polvere fine), i metalli alcalini quali il sodio, potassio e litio. Vengono classificati fuochi di questa categoria anche le reazioni dei perossidi, dei clorati e dei perclorati.

CLASSE - E I FUOCHI DI NATURA

ELETTRICA

sono riportati con il simbolo grafico qui a fianco e gli estintori così caratterizzati sono abilitati a tale tipo di intervento. La classe E non è riconosciuta dalle normative Eurostandard EN2.

FONTI NORMATIVE FONTI NORMATIVE

• D.M. 30.11.1983• D.M. 8.3.1985• D.Lgs 81/2008• D.M. 10.3.1998• Norme verticali• Linee guida Ministeriali• Criteri generali• Norme UNI di settore

ACCESSIBILITA’ ALL’AREA ACCESSIBILITA’ ALL’AREA

Lungo il perimetro del fabbricato sia assicurata la possibilità di accesso e circolazione dei mezzi antincendio dei VV.F.; gli accessi abbiano i seguenti requisiti minimi:• larghezza m 3,50• altezza libera m 4,00• raggio di volta m 13,00• pendenza non superiore al 10%• resistenza al carico almeno 20 tonnellate

Page 11: Classificazione rischi (parte 2)

RESISTENZA AL FUOCO DELLE STRUTTURE RESISTENZA AL FUOCO DELLE STRUTTURE

• Le strutture portanti (pilastri travi catene) e quelle di separazione (murature solai), devono avere resistenza al fuoco compatibile con le classi antincendio dei compartimenti.

• Non devono esistere comunicazioni tra ambienti di pertinenza dell'attività soggetta a controllo con altri locali che non abbiano relazione diretta o indiretta con l'attività stessa.

COMPARTIMENTAZIONICOMPARTIMENTAZIONI

• Separazione (REI 120) reciproca tra uffici depositi e lavorazion e• I compartimenti antincendio devono avere superficie massima

funzione del carico d’incendio e della eventuale presenza di impianti di spegnimento automatici.

AREAZIONE AREAZIONE • I locali ove si effettuano

lavorazioni con sostanze che possono dare luogo a miscele infiammabili e/o esplosive abbiano almeno una parete attestata verso l'esterno;

• Il rapporto tra superficie di pavimento e superficie di aerazione rispetti la relazione A=1/40 S

• Nel caso di utilizzo di gas la cui densità rispetto all'aria è maggiore di 0,8 tale ventilazione dovrà essere equamente suddivisa in alto ed in basso.

AERAZIONE (SEGUE) AERAZIONE (SEGUE) EVACUATORIEVACUATORI

DI FUMODI FUMOE CALOREE CALORE

IMPIANTI ANTINCENDIO IMPIANTI ANTINCENDIO

• Almeno un idrante a colonna soprasuolo del tipo UNI 9485 con due attacchi UNI 70 (UNI 10779)• Rete idrica antincendio ad anello chiuso• Alimentazione (UNI 9490)• Prestazioni UNI (10779)

IDRANTE A COLONNA

IDRANTE INTERRATO

IMPIANTI ANTINCENDIO (SEGUE) IMPIANTI ANTINCENDIO (SEGUE) • Attacco motopompa• Impianti automatici eventualmente asserviti da impianti di rivelazione

Page 12: Classificazione rischi (parte 2)

ATTREZZATURE ANTINCENDIOATTREZZATURE ANTINCENDIO

• Estintori portatili e carrellati in funzione della classe di incendio e del livello di rischio del luogo di lavoro.

• Eventuale scorta di liquido schiumogeno compatibile con le sostanze infiammabili presenti con corredo d‘uso.

• Il numero e la capacità estinguente degli estintori portatili devono rispondere ai valori indicati nella tabella, per quanto attiene gli incendi di classe A e B ed ai criteri di seguito indicati:

– il numero dei piani (non meno di un estintore a piano);– la superficie in pianta; lo specifico pericolo di incendio (clas se di incendio);– la distanza che una persona deve percorrere per utilizzare un estintore (non

superiore a 30 m).

ATTREZZATURE ANTINCENDIO (SEGUE)ATTREZZATURE ANTINCENDIO (SEGUE)

200 m2200 m2250 m255A - 233B

100 m2150 m2200 m234A - 144B

-100 m2150 m221A - 113B

--100 m213A - 89B

rischio elevatorischio mediorischio basso

SUPERFICIE PROTETTA DA UN ESTINTOREtipo di estintore

ESTINTORI

SISTEMA DELLE VIE D’ESODO SISTEMA DELLE VIE D’ESODO

• Ogni luogo di lavoro deve disporre di vie di uscita alternative, ad eccezione di quelli di piccole dimensioni o dei locali a rischio di incendio medio o basso

• Con almeno due uscite:– 15 ÷ 30 metri (tempo max. di evacuazione 1 minuto) per aree a

rischio di incendio elevato;– 30 ÷ 45 metri (tempo max. di evacuazione 3 minuti) per aree a

rischio di incendio medio,– 45 ÷ 60 metri (tempo max. di evacuazione 5 minuti) per aree a

rischio di incendio basso.

LUNGHEZZA DELLE VIE DI ESODO• Le vie di uscita devono sempre condurre ad un luogo sicuro• Qualora presenti, i percorsi unidirezionali mai oltre:

– 6 ÷ 15 metri per aree a rischio elevato– 9 ÷ 30 metri per aree a rischio medio– 12 ÷ 45 metri per aree a rischio basso

• Le vie di uscita devono essere di larghezza sufficiente in relaz ione al numero degli occupanti (L = A / 50 x 0,60)

SISTEMA DELLE VIE SISTEMA DELLE VIE D’ESODOD’ESODO (SEGUE) (SEGUE)

LUNGHEZZA DELLE VIE DI ESODO

Direzioni da seguire(Segnali di informazione addizionali ai pannelli che seguono)

• Le scale devono essere generalmente protette, ad eccezione dei piccoli luoghi di lavoro a rischio di incendio medio o basso.

• Il verso di apertura delle porte sempre concorde con quello dell’esodo.

SISTEMA DELLE VIE SISTEMA DELLE VIE D’ESODOD’ESODO (SEGUE) (SEGUE)

LUNGHEZZA DELLE VIE DI ESODO

Percorso/Uscita di Emergenza

• In molte situazioni è da ritenersi sufficiente disporre di una sola uscita di piano.

• Eccezioni a tale principio sussistono quando:– a) l'affollamento del piano è superiore a 50 persone; – b) nell'area interessata sussistono pericoli di esplosione o specifici rischi di

incendio e pertanto, indipendentemente dalle dimensioni dell'area o dall'affollamento, occorre disporre di almeno due uscite;

– c) la lunghezza dei percorso di uscita, in un unica direzione, per raggiungere l'uscita di piano, in relazione al rischio di incendio, supera i valori stabiliti al punto 3.3 lettera e).

NUMERO E LARGHEZZA DELLE USCITE DI PIANO

SISTEMA DELLE VIE SISTEMA DELLE VIE D’ESODOD’ESODO (SEGUE) (SEGUE)

Page 13: Classificazione rischi (parte 2)

• La larghezza minima di una uscita: 0,80 metri• Con rischi di esplosione o specifici rischi d’incendio: 120 cm ogni

5 lavoratori

SISTEMA DELLE VIE SISTEMA DELLE VIE D’ESODOD’ESODO (SEGUE) (SEGUE)

NUMERO E LARGHEZZA DELLE USCITE DI PIANO

• Le porte installate lungo le vie di uscita ed in corrispondenza delle uscite di piano, devono aprirsi nel verso dell'esodo.

• In ogni caso l'apertura nel verso dell'esodo è obbligatoria quando:– l'area servita ha un affollamento superiore a 50 persone;– la porta è situata al piede o vicino al piede di una scala;– la porta serve un'area ad elevato rischio di incendio.

• Tutte le porte resistenti al fuoco devono essere munite di dispositivo di autochiusura (anche asservita da sistemi automatici di rivelazione).

SISTEMA DELLE VIE SISTEMA DELLE VIE D’ESODOD’ESODO (SEGUE) (SEGUE)

PORTE INSTALLATE LUNGO LE VIE DI USCITA

• Resistenza al fuoco in funzione del carico di incendio

• A=1/40 S con una aliquota permanente o apribile automaticamente

• Disposizione delle merci su scaffali o cataste senza ostruire aperture ed a meno di un metro dall’intradosso del soffitto

• Nei locali sia vietato tenere in deposito sostanze infiammabili e tossiche nonché fare uso di fiamme libere

AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO

LOCALI DI DEPOSITO• Nei tratti fuori terra la condotta

sia opportunamente protetta contro eventuali danneggiamenti da azioni esterne e contro l’azione del fuoco e lontana da sostanze o materiali con cui potrebbe interagire una eventuale fuga di gas .

• La posa in opera a seconda della “specie” sia conforme al D.M. 24.11.1984.

• La condotta non sottopassi edifici e li attraversi entrando nel corpo degli stessi secondo il tratto più breve.

AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO

CONDOTTA DI ALIMENTAZIONE ERETE DI ADDUZIONE GAS COMBUSTIBILE

• Il vano corsa entro compartimento

• Le aperture per il passaggio delle funi e delle catene (se esistenti) nel vano corsa siano le più piccole possibili

• Il vano corsa ed il locale del macchinario siano dotati in alto di una apertura o un camino per scaricare, all'aria libera, il fumo che si formasse in essi a causa di un eventuale incendio

AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO

ASCENSORI E MONTACARICHI • L'impianto di produzione calore sia conforme ai disposti della normativa di sicurezza in vigore in particolare per quanto riguarda: accesso; ubicazione; attestazione dispositivi di controllo e sicurezza, automatici e manuali. Per impianti di potenzialità superiore alle 100.000 kcal/h dovrà essere presentato un progetto completo per la sua preventiva approvazione.

AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO

IMPIANTI TERMICI

Page 14: Classificazione rischi (parte 2)

• L'impianto di stoccaggio dell'ossigeno liquido sia collocato su spazio a cielo libero pianeggiante con cordolo di protezione e messa a terra.

• L'impianto sia installato in modo che sia facilmente accessibile per il controllo da parte del personale autorizzato.

• Fra i contenitori di accumulo di ossigeno e la zona circostante intercorrano le seguenti distanze minime di sicurezza:

– da costruzioni in materiali combustibili, da depositi di materiali combustibili od infiammabili, locali aperti al pubblico, viadotti, dep ositi di gas compressi o liquefatti metri 15;

– da fabbricati con pareti perimetrali incombustibili e resi stenti al fuoco metri 7,5.

– da strutture incombustibili e resistenti al fuoco metri 3,00.

AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO

DEPOSITI DI OSSIGENO LIQUIDO

• Entro compartimento REI 180 e con ventilazione su parete attestata verso spazio a cielo libero.

• Accesso dall'esterno o dall'interno a mezzo filtro a prova di fumo e impianto di raffreddamento ad acqua nebulizzata con comando manuale esterno.

AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO

DEPOSITO GAS COMPRESSI INERTI

• Il silos sia ubicato in posizione isolata rispetto ai fabbricati sia di pertinenza dell'attività che esterni alle stesse e sia garantita la possibilità di avvicinamento dei mezzi di soccorso nonchè la possibilità di intervenire per le squadre VV.F.

• Il silos in muratura o calcestruzzo, posto in adiacenza al fabbricato, abbia una parete completamente a cielo libero e di facile cedimento rispetto a quelle che lo isolano dal fabbricato. Le rimanenti pareti abbiano resistenza al fuoco almeno 180' e siano resistenti all'esplosione.

AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO

S I L O S

Il silos sia dotato dei seguenti dispositivi di sicurezza:

– a) Rilevatori di scintille.– b) Rilevatori di incendio termici

differenziali e/o velocimetrici all'interno del silos, collegati ad allarmi acustici e visivi.

– c) Impianto idrico di irrorazione a pioggia, con comando manuale e ugelli tipo sprinkler a protezione dell'area sottostante.

– d) Idonei sportelli antiscoppio – e) Dispositivo di apertura manuale

posto a debita distanza dal portellone di scarico.

– f) Un idrante UNI 70 a colonna da posizionare nelle sue immediate vicinanze.

AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO

s i l o s (segue)

• La cabina venga collocata in un'area cintata con rete metallica alta almeno 2 mt. ad distanza di protezione non inferiore a 2 mt.

• I muri perimetrali della cabina siano costruiti con calcestruzzo (semplice armato) o muratura, la copertura della cabina sia di tipo leggero.

• A=1/10S

AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO

CABINE DI DECOMPRESSIONE GAS METANO

• L'impianto elettrico venga realizzato in conformità alle norme di cui alla legge 1/03/68 N.186.

• Il quadro di manovra sia installato in posizione sufficientemente lontano da sostanze combustibili e sia accessibile soltanto al personale addetto.

• L'impianto elettrico sia provvisto di interruttore generale installato in prossimità dell’ingresso o comunque in posizione tale che, in caso d'intervento dei Vigili del Fuoco, sia possibile, dall’esterno, porre fuori tensione i circuiti interni.

IMPIANTI ELETTRICI IMPIANTI ELETTRICI

Page 15: Classificazione rischi (parte 2)

• Le condutture elettriche siano rispettose dei compartimenti

• L'impianto elettrico sia dotato di impianto di messa a terra e, qualora necessario, di protezione contro le scariche atmosferiche (CEI 81/1).

• Eventuali impianti di trasformazione di energia vengano collocati in apposito locale avente strutture REI ed accesso da disimpegno aerato o meglio dall'esterno

IMPIANTI ELETTRICI (SEGUE) IMPIANTI ELETTRICI (SEGUE)

• Tutti i locali siano dotati di impianto di illuminazione d'emergenza del sistema delle vie di esodo tale da garantire 5 lux nelle zone antistanti le uscite di sicurezza e lungo le vie di esodo e 2 lux nelle altre zone ove è richiesto.

IMPIANTO DI ILLUMINAZIONE DI EMERGENZA IMPIANTO DI ILLUMINAZIONE DI EMERGENZA

• I materiali siano depositati in cataste disposte regolarmente, entro aree comunque recintate.

• Le cataste siano disposte in modo da osservare le seguenti distanze di sicurezza esterna (distanza tra il loro perimetro e quello dei fabbricati esterni; D.S.E.) e le seguenti distanze disicurezza interna (D.S.I.):

DEPOSITI ESTERNI DEPOSITI ESTERNI

3,0015,00GRANDE CAPACITA'da 1200 ql ad oltreovvero da 150 mc ad oltre

2,0010,00MEDIA CAPACITA'da 600 ql a 1200 qlovvero da 75 mc a 150 mc

1,508,00PICCOLA CAPACITA'da 200 ql a 600 qlovvero da 25 mc a 75 mc

DISTANZA DI SICUREZZA INTERNA (m)

DISTANZA DI SICUREZZA ESTERNA (m) CAPACITA’ DEL DEPOSITO

DEPOSITI ESTERNIDEPOSITI ESTERNI

I FATTORI DI RISCHIO FISICI NEI LUOGHI DI I FATTORI DI RISCHIO FISICI NEI LUOGHI DI LAVOROLAVORO

• Solitamente, i rischi fisici vengono suddivisi in rischi da onde meccaniche e rischi da onde elettromagnetiche.

Onde meccaniche :• vibrazioni, che comportano l'ingresso nel corpo umano di energia

meccanica mediante una zona di contatto (frequenze da 1 Hz a 1.600 Hz);

• rumori, che si trasmettono attraverso un mezzo elastico (aria) e sollecitano l'apparato uditivo (frequenze da 20 Hz a 20 kHz);

• ultrasuoni, che sono energia acustica non più udibile (frequenze maggiori di 20 kHz);

• infrasuoni, anch'essi costituiti da energia acustica non udibile (frequenze minori di 20 Hz).

Page 16: Classificazione rischi (parte 2)

I FATTORI DI RISCHIO FISICI NEI LUOGHI DI I FATTORI DI RISCHIO FISICI NEI LUOGHI DI LAVOROLAVORO

• Le onde elettromagnetiche (radiazioni caratterizzate da un campo elettrico e da un campo magnetico, perpendicolari l'uno all'altro ed entrambi perpendicolari alla direzione di propagazione):

• le radiazioni ionizzanti (IR);• le radiazioni non ionizzanti (NIR) ottiche;• le radiazioni non ionizzanti (NIR) non ottiche o campi

elettromagnetici.

DEFINIZIONEDEFINIZIONE

• Per vibrazione si intende un fenomeno ondulatorio, generalmente a bassa frequenza, che si trasmette attraverso un mezzo solido.

• Le vibrazioni sono fonte di rumore quando la loro frequenza è compresa nell'intervallo di udibilità dell'uomo (da 20 a 20.000 Hz), altrimenti non sono accompagnate da sensazione uditiva (vibrazioni “infrasoniche” o “ultrasoniche”).

EFFETTI DELLE VIBRAZIONI SULL’UOMOEFFETTI DELLE VIBRAZIONI SULL’UOMO

Si distinguono in due raggruppamenti:

1. Effetti sull'intero corpo (W.B.V.: whole body vibration)

2. Effetti sul sistema mano-braccio (H.A.V.: hand arm vibration)

Localizzazione e entità del disturbo o del danno dipendono da:

• frequenza

• accelerazione

• direzione di applicazione

• durata dell'esposizione

Vi sono poi altre variabili intrinseche al corpo umano quali: la frequenza frequenza caratteristica dei vari organi e sistemicaratteristica dei vari organi e sistemi , la loro impedenza locale e di trasferimentoimpedenza locale e di trasferimento, l'esistenza di pregressi traumipregressi traumi. Infine anche alcuni fattori ambientalifattori ambientali (umidità, freddo, rumore) possono incidere sull'entità del disturbo o del danno.

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERODANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERO

W.B.V.: whole body vibration

Il corpo umano è costituito da un complesso sistema di masse vibranti (organi) che possiedono una propria frequenza di risonanza ed impedenza

Le vibrazioni, associate a spostamenti sfasati di alcuni organirispetto ad altri, giustificano la comparsa di lesioni provocateda compressioni o da stiramenti eccessivi.

frequenza inferiore a 1frequenza inferiore a 1--2 Hz2 Hz (il corpo umano risponde come una massa unica ed omogenea):

disturbi tipici delle chinetosi o mal dei trasporti (pallore, sudorazione fredda, nausea e, in casi estremi, vomito)

difficoltà a mantenere corretta postura e perdita di precisione nei gesti e nelle attività manuali

Tali effetti si riducono con la possibilità di vedere il percorso e prevedere perciò le variazioni di assetto del mezzo

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERODANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERO

Page 17: Classificazione rischi (parte 2)

frequenza da 2 a 80 Hzfrequenza da 2 a 80 Hz : il corpo umano risponde come un insieme di masse suscettibili di moto relativo collegate da elementi elastici (i muscoli) e da elementi dissipativi (le cartilagini, le ossa, i tessuti adiposi)

frequenza da 2 a 20 Hzfrequenza da 2 a 20 Hz :

inizialmente si hanno dolori dorsali a fine giornata lavorativa; successivamente questi dolori si presentano anche durante la guida; infine diventano permanenti e circoscritti, in genere, ad un preciso segmento della colonna vertebrale (di solito il tratto lombare - L.B.P.: low back pain, dolore lombare) dove si possono verificare spondiloartrosi o ernie discali

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERODANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERO

frequenza da 2 a 20 Hzfrequenza da 2 a 20 Hz :

disturbi alla visione (riduzione campo visivo, annebbiamenti, difficoltà di distinzione dei colori)

disturbi all'equilibrio

alterazioni dell'apparato digerente (disturbi dispeptici)

alterazioni all'apparato urogenitale maschile e femminile (es. elevato tasso di abortività)

alterazioni del sistema muscolare e tendineo (aumento tono muscolare ed esasperazione dei riflessi posturali: maggiore consumo di ossigeno e, di conseguenza, aumento dell'attività respiratoria e della frequenza cardiaca)

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERODANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERO

frequenza da 2 a 20 Hzfrequenza da 2 a 20 Hz :A livello dell'apparato cardiovascolare: oscillazioni di pressione all'interno dell'aorta con fenomeni di frizione e di usura dell'intima

Insorgenza di fenomeni di stress con eventuale comparsa o aggravamento dell'ipertensione

Molte altre malattie a genesi multifattoriale sono dovute a W.B.V. non in modo specifico, ma associato allo stile di vita personale e alle condizioni lavorative nel loro insieme

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERODANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERO

frequenza maggiore di 80 Hzfrequenza maggiore di 80 Hz :

Le vibrazioni di frequenza superiore a 80 Hz sono meno lesive di quelle a frequenza inferiore poiché il moto si smorza con facilità nel corpo e rimane localizzato nei punti di contatto del corpo stesso con la fonte di vibrazioni

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERODANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERO

Importanza della direzione di applicazionedirezione di applicazione :

nella direzione trasversale le frequenze più disturbanti sono quelle di 1 -2 Hz

nella direzione piedi-testa sono quelle comprese fra 4 e 8 Hz

al di sopra di tali frequenze e all'aumentare di esse il disturbo decresce rapidamente.

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERODANNI DA ESPOSIZIONE DEL CORPO INTERO DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA MANOMANO--BRACCIOBRACCIO

H.A.V.: Hand arm vibration

Danni a livello:

osteoarticolare

muscolare

nervoso

vascolare

La localizzazione e l'entità del disturbo o del danno dipendono da:

• frequenza• accelerazione• direzione di applicazione• durata dell'esposizione• forza di prensione• tensione muscolare• peso dell'utensile • postura assunta

dall'operatore

Page 18: Classificazione rischi (parte 2)

Aumentando la forza di prensione e la tensione muscolare diminuisce l'impedenza locale per le alte frequenze che, così, vengono trasmesse a distanze maggiori dal punto di applicazione

Il peso dell'utensile influenza lo sforzo muscolare, in particolare nel caso di strumenti che devono essere sorretti non avendo un appoggio a terra

La postura è influenzata dal peso e dalla forma dell'utensile, perciò spesso sono interessati al danno o al disturbo anche particolari punti d'appoggio come la piega del gomito, la spalla, il ginocchio, la coscia, l'anca

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA MANOMANO--BRACCIOBRACCIO

Lesioni osteoarticolariLesioni osteoarticolari: - possono interessare tutte le articolazioni dell'arto superiore - colpiscono di preferenza l'articolazione del gomito

osteoartrosi del gomito

artrosi iperostosante del gomito (processo infiammatorio con formazione di becchi ossei che rendono difficoltoso il movimento fra braccio e avambraccio)

morbo di Kienbock (disfacimento del semilunare con incapacità funzionale permanente)

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA MANOMANO--BRACCIOBRACCIO

Identificazione dell’osso semilunare(mano destra: A. lato dorsale

B. lato volare)

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA MANOMANO--BRACCIOBRACCIO

Lesioni osteoarticolariLesioni osteoarticolari:

artrosi radiocarpica e carpo-metacarpale.

Sintomi:

dolori locali, avvertibili soprattutto nei movimenti di flesso-estensione

possono intensificarsi e poi scomparire rapidamente durante il lavoro

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA MANOMANO--BRACCIOBRACCIO

Disturbi muscolariDisturbi muscolari:

vanno dai semplici crampi a vere e proprie atrofie

sono possibili anche lesioni nei legamenti e nei punti di inserzione tendinea delle estremità muscolari

morbo di Dupuytren: progressiva retrazione dei muscoli del palmo della mano con impossibilità ad estendere le dita

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA MANOMANO--BRACCIOBRACCIO MORBO DI DUPUYTRENMORBO DI DUPUYTREN

Page 19: Classificazione rischi (parte 2)

Alterazioni del sistema nervosoAlterazioni del sistema nervoso:

a livello centrale:

stanchezza

cefalea

ansietà

insonnia

perdita di memoria

impotenza

depressione

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA MANOMANO--BRACCIOBRACCIO

Alterazioni del sistema nervosoAlterazioni del sistema nervoso:

a livello periferico:

diminuzione di velocità di conduzione degli stimoli nervosi dalla periferia al cervello

minore prontezza di riflessi

disturbi alla sensibilità termica e tattile della mano

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA MANOMANO--BRACCIOBRACCIO

Patologie vascolariPatologie vascolari:

Sindrome di Raynaud (o “malattia del dito bianco”):

è provocata da lunghe e ripetute esposizioni a frequenze comprese fra 25 Hz e 250 Hz

è caratterizzata da un'evoluzione tipica

DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA DANNI DA ESPOSIZIONE DEL SISTEMA MANOMANO--BRACCIOBRACCIO

Stadi evolutivi della malattiaStadi evolutivi della malattia: primo stadioprimo stadio: formicolii e torpori intermittenti

alle dita e sincope (da pochi minuti a circamezz'ora) di una o più dita con possibili parestesie (fenomeni che compaiono dopo l'esposizione)

secondo stadiosecondo stadio : sincope di una o più dita con parestesie, nel periodo invernale (manifesta-zioni che si verificano anche nel tempo libero)

terzo stadioterzo stadio : il periodo soggetto a sincopi si allarga anche all'autunno

quarto stadioquarto stadio: indipendente dalla temperatura; la comparsa delle crisi sincopali è possibile durante tutto l'anno

quinto stadioquinto stadio: cancrena

LA SINDROME DI RAYNAUDLA SINDROME DI RAYNAUD

LA SINDROME DI RAYNAUDLA SINDROME DI RAYNAUD

Occlusioni delle arterie e restringimento del calibro dei vasi.

La malattia è aggravata da:

bassa temperatura (es. riflusso sulle mani di aria compressa raffreddata dalla decompressione)

intensa contrazione dei muscoli della mano e delle dita

pressione esercitata dall'utensile sull'arto, che può ostacolare la circolazione locale

LA SINDROME DI RAYNAUDLA SINDROME DI RAYNAUD

Page 20: Classificazione rischi (parte 2)

NORMATIVANORMATIVA DIDI RIFERIMENTORIFERIMENTO

DECRETO LEGISLATIVO N.187/2005DECRETO LEGISLATIVO N.187/2005

DECRETO LEGISLATIVO N. 81/2008DECRETO LEGISLATIVO N. 81/2008

DECRETO LEGISLATIVO 81/2008DECRETO LEGISLATIVO 81/2008

Titolo VIII – Agenti fisici

Capo III – Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

Definisce nuovi obblighi per le aziende in relazione a:

- Valutazione del rischio

- Limiti di esposizione

- Misure di prevenzione

- Documentazione

DECRETO LEGISLATIVO 81/2008DECRETO LEGISLATIVO 81/2008

Prescrive misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori effettivamente o potenzialmente esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche DEFINIZIONIDEFINIZIONI :a) vibrazioni trasmesse al sistema manovibrazioni trasmesse al sistema mano--bracciobraccio: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo, comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;b) vibrazioni trasmesse al corpo interovibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide

DECRETO LEGISLATIVO 81/2008DECRETO LEGISLATIVO 81/2008“valori limite di esposizionevalori limite di esposizione ”: da non superare“valori di azionevalori di azione ”: il superamento comporta specifici obblighi Sono valori normalizzati su un periodo di riferimento di 8 ore

H.A.VH.A.V..valore limite di esposizione giornaliero : 5 m/s2

valore limite di esposizione su periodi brevi : 20 m/s2

valore d'azione giornaliero : 2,5 m/s2

W.B.VW.B.V..valore limite di esposizione giornaliero : 1 m/s2

valore limite di esposizione su periodi brevi : 1,5 m/s2

valore d'azione giornaliero : 0,5 m/s2

DECRETO LEGISLATIVO 81/2008DECRETO LEGISLATIVO 81/2008

Articolo 202:Articolo 202:pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di valutaree, quando necessario, misurare i livelli di vibrazione meccanica cui i lavoratori sono esposti.

La misura resta il metodo di riferimento, ma è possibile ricorrere a banche dati dell'ISPESL o delle regioni o direttamente presso i produttori o fornitori.

DECRETO LEGISLATIVO 81/2008DECRETO LEGISLATIVO 81/2008Ai fini della valutazione del rischio tenere conto di:

a) livello, tipo e durata dell'esposizioneb) valori limite di esposizione e valori d'azionec) eventuali effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori partic olarmente

sensibili al rischiod) eventuali effetti indiretti su sicurezza dei lavoratori risultanti da

interazioni tra le vibrazioni meccaniche e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature

e) informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzaturaf) esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre i livelli di

esposizione alle vibrazioni meccanicheg) prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni trasmesse al

corpo intero al di là delle ore lavorative, in locali di cui è r esponsabile il d.d.l.

h) condizioni di lavoro particolari, come basse temperaturei) informazioni raccolte da sorveglianza sanitaria e letteratura scientifica

Page 21: Classificazione rischi (parte 2)

DECRETO LEGISLATIVO 81/2008DECRETO LEGISLATIVO 81/2008

La valutazione dei rischi deve essere adeguatamente documentatadocumentata e va aggiornataaggiornata periodicamente (max 4 anni), e in ogni caso senza ritardo se vi sono stati significativi mutamenti ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori che potrebbero averla resa superata, oppure quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne richiedano la necessità

DECRETO LEGISLATIVO 81/2008DECRETO LEGISLATIVO 81/2008

Il datore di lavoro eliminaelimina i rischi alla fontealla fonte o li riduce al riduce al minimominimo e, in ogni caso, a livelli non superiori ai valori a livelli non superiori ai valori limitelimite di esposizione

Quando si superano i valori d'azione, il datore di lavoro è tenuto ad elaborare ed applicare un programma di programma di misure tecniche o organizzativemisure tecniche o organizzative, “volte a ridurre al minimo l'esposizione e i rischi che ne conseguono”

DECRETO LEGISLATIVO 81/2008DECRETO LEGISLATIVO 81/2008

Occorre considerare:Occorre considerare:

a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a vibrazioni

b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel rispetto dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni

c) fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio

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Occorre considerare:Occorre considerare:

d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul luogo di lavoro

e) progettazione e organizzazione luoghi e dei posti di lavorof) adeguata informazione e formazione dei lavoratori sull'uso

corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro, in modo da ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche

g) limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizioneh) organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati

periodi di riposoi) fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione

dal freddo e dall'umidità

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A(8) = esposizione quotidiana a vibrazioniA(8) = esposizione quotidiana a vibrazioni

( )8

8 ev

TaA =

WBVWBVHAVHAV

Te = durata complessiva della esposizione giornaliera a vibrazioni (h)

A(w)sum = (a2hwx + a2

hwy + a2hwz )0,5

ahwx , ahwy ed ahwz sono i valori r.m.s. delle accelerazioni ponderate in frequenza, relative al tempo Te e misurate in base agli assi di riferimento ed alle curve di ponderazione definiti dallo standard ISO 5349-1

Te = Durata complessiva giornaliera di esposizione a vibrazioni (h)

av = Valore dell’accelerazione complessiva

kx e ky assumono valore 1,4, nel caso di esposizioni in posizione seduta, e valore 1 per la posizione eretta, mentre il coefficentekz assume in entrambe i casi valore 1

( )2

1222222

w zzwyywxxv akakaka ++=

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A(8) > valore d'azioneA(8) > valore d'azione

1. Programma di misure tecniche/organizzative per ridurre al minimo l'esposizione

2. Informazione e formazione dei lavoratori, con particolare riguardo a:

• misure adottate per eliminare o ridurre al minimo i rischi • valori limite di esposizione e valori d'azione• risultati della valutazione e potenziali lesioni• utilità e modo di individuare e segnalare sintomi di lesioni• circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a sorveglianza

sanitaria• procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo l'esposizione

Page 22: Classificazione rischi (parte 2)

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A(8) > valore d'azioneA(8) > valore d'azione

3. Sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti

• di norma una volta l'anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori in funzione della valutazione del rischio

• l'organo di vigilanza, con provvedimento motivato può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente

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A(8) > valore d'azioneA(8) > valore d'azione

3. Sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti• I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresì sottoposti alla

sorveglianza sanitaria quando, secondo il medico competente, si verificano congiuntamente le seguenti condizioni: - l'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni è tale da rendere possibile l'individuazione di un nesso tra l'esposizione in questione e una malattia identificabile o ad effetti nocivi per la salute

e- è probabile che la malattia o gli effetti sopraggiungano nelle particolari condizioni di lavoro del lavoratore ed esistono tecniche sperimentate che consentono di individuare la malattia o gli effetti nocivi per la salute

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A(8) > valore d'azioneA(8) > valore d'azione

3. Sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti• Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli, in un lavoratore,

l'esistenza di anomalie imputabili ad esposizione a vibrazioni, il medico competente informa il datore di lavoro di tutti i dati significativi emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto medico

• In tal caso, inoltre, il datore di lavoro: a) sottopone a revisione la valutazione dei rischib) sottopone a revisione le misure per eliminare o ridurre i rischic) tiene conto del parere del medico competente nell'attuazione delle misure

necessarie per eliminare o ridurre il rischiod) prende le misure affinché sia effettuata una visita medica straordinaria per

tutti gli altri lavoratori che hanno subito un'esposizione simile

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A(8) > valore d'azioneA(8) > valore d'azione

3. Sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti

• Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, secondo quando previsto dall'ar ticolo 17, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 19 settembre 19 94, n. 626

• Nella cartella sono, tra l'altro, riportati i valori di esposizione individuali comunicati dal datore di lavoro per il tramite del s ervizio di prevenzione e protezione

LE RADIAZIONI IONIZZANTI (IR)LE RADIAZIONI IONIZZANTI (IR)

• Radiazioni di natura elettromagnetica [raggi X e gamma, caratterizzate da energia sufficiente (> 12 eV) a ionizzare gli atomi e le molecole];

• Radiazioni di natura corpuscolare (non e.m., come particelle alfa, beta, neutroni ...).

diversi tipi di radiazione elettromagnetica: raggi alfa (basso potere di penetrazione nella materia), radiazione beta e radiazione gamma (alto potere di penetrazione)

Page 23: Classificazione rischi (parte 2)

RADIAZIONI NON IONIZZANTI (NIR) RADIAZIONI NON IONIZZANTI (NIR) OTTICHEOTTICHE

• Sono comprese nei tre intervalli – dell'ultravioletto (100- 380 nm)– del visibile (380- 780 nm) – e dell‘infrarosso (780 nm - 1 mm);

• nonché nella variante dei laser (amplificazione di luce per emissione stimolata di radiazione, nell'intero spettro delle radiazioni ottiche);

• sono accomunate dai processi di eccitazione elettronica connessi al loro assorbimento.

RADIAZIONI NON IONIZZANTI (NIR) NON RADIAZIONI NON IONIZZANTI (NIR) NON OTTICHE O CAMPI ELETTROMAGNETICIOTTICHE O CAMPI ELETTROMAGNETICI

Vengono suddivise, per quanto di interesse igienistico , in:

– microonde (MW, frequenze: 300 MHz - 300 GHz), – radiofrequenze (RF, frequenze: 100 kHz ­300 MHz), – frequenze estremamente basse (ELF, frequenze < 3 kHz) – campi elettrici e magnetici statici .

• N.B. Nel caso delle radiazioni non ionizzanti si può parlare di onde elettromagnetiche in senso proprio solo per le frequenze a partire dalle RF e MW, e per condizioni di campo lontano.

Alle frequenze inferiori (ELF) i campi elettrico e magnetico sono disaccoppiati tra loro, e devono essere considerati come agenti fisici autonomi e indipendenti.

ESEMPI DI APPLICAZIONEESEMPI DI APPLICAZIONE

• la vibratura, la vagliatura e la distaffatura per le vibrazioni ;

• le saldature di plastiche, le puliture di pezzi metallici o le omogeneizzazioni per gli ultrasuoni;

• le radiografie per scopi sanitari e industriali per le radiazioni ionizzanti ;

ESEMPI DI APPLICAZIONEESEMPI DI APPLICAZIONE

• la metrologia, l'olografia, il taglio e la saldatura per i laser(fasci di radiazioni ottiche con peculiari caratteristiche di monocromaticità, coerenza, unidirezionalità e brillanza).

Laser = Light A mplification by the Stimulated Emission of Radiation, ovvero Amplificazione di Luce tramite Emissione Stimolata di Radiazioni.La radiazione laser proviene dunque interamente dal processo di emissione stimolata: M* + hν ? M + 2 hν

Componenti di un Laser ===è1) Componente attivo2) Energia fornita al fascio3) Specchio4) Specchio semiriflettente5) Fascio Laser

LEGISLAZIONE E NORME TECNICHELEGISLAZIONE E NORME TECNICHE

• In Italia, soprattutto nell'ultimo periodo, si va assistendo al progressivo superamento dell'assenza di limiti numerici di accettabilità per le esposizioni ai rischi fisici negli ambienti di lavoro; assenza che aveva fatto molto discutere anche perché la possibilità di fissarli era già prevista dall'art. 4 della legge 833/1978.

Page 24: Classificazione rischi (parte 2)

LEGISLAZIONE E NORME TECNICHELEGISLAZIONE E NORME TECNICHE

• Dal punto di vista legislativooccorre sempre rifarsi alla Costituzione della Repubblica italiana e, per quanto riguarda i soggetti professionalmente esposti, all'art. 2087 del c.c. (l'imprenditore è tenuto ad adottare tutte le misure consigliate dall'esperienza e dalla tecnica per tutelare l'integrità dei lavoratori).

• Dal punto di vista tecnico invece il riferimento più generale è il D.Lgs. 81/2008 e la giurisprudenza di merito riserva ai limiti tecnici l'individuazione (condizione sufficiente ma non indispensabile) di un eventuale dolo.

LEGISLAZIONE E NORME TECNICHELEGISLAZIONE E NORME TECNICHE

• Le eccezioni all'assenza di limiti numerici riguardano:il rumore, le vibrazioni e le radiazioni ionizzanti.

• E' tuttavia da rilevare che il D.Lgs.81/2008, mentre, per il rumore e le vibrazioni fissa veri e propri valori limite numerici da non superarsi, quando definisce i cosiddetti valori di azione:“non indicano valori al di sotto dei quali non sono dovute azioni di prevenzione quanto, piuttosto, valori di riferimento superati i quali scattano progressivamente protocolli di prevenzione amministrativi, minimi, più vincolanti (Nicolini e Nataletti, dBA 2006)”.

LEGISLAZIONE E NORME TECNICHELEGISLAZIONE E NORME TECNICHE

Per le radiazioni ionizzanti:

• la legge di riferimento è ora il D.Lgs.230/95 così come modificato dal D.Lgs.241/00 e dal D.Lgs.257/01 ed integrato, per le esposizioni mediche dal D.Lgs.187/00, (con i nuovi limiti di dose, ALI e DAC, defini ti nell'Allegato IV). Il D.Lgs.187/00 introduce elementi per rendere operativa la radioprotezione dei pazientisottoposti a indagine o trattamento con radiazioni ionizzanti.

• Inoltre, per l'esposizione a radioattività naturale (principalmente: radon) i riferimenti sono al Capo III bis del D.Lgs. 230/95 come modificato dal D.Lgs.241/00 e dal D.Lgs.257/01 ed alle Linee Guida per le misure di concentrazione di Radon in aria nei luoghi dilavoro sotterranei della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome del 2003.

PROTEZIONE DALLE RADIAZIONI IONIZZANTIPROTEZIONE DALLE RADIAZIONI IONIZZANTI

• La radioprotezione riguarda tutte leattività che espongono a radiazioni ionizzanti e si divide in due aspetti:

- quella inerente alle pratiche(le attività che possono innalzare la dose assorbita dall'indivi duo rispetto al fondo naturale in assenza di situazione di emergenza)

- quella inerente agli interventi(dove l'azione è volta a ridurre la dose agli individui derivante da una situazione di emergenza).

La radioprotezione si basa su tre principi fondamentali:– il principio di giustificazione, – il principio di ottimizzazione– il principio di limitazione delle dosi.

I CAMPI ELETTROMAGNETICII CAMPI ELETTROMAGNETICI

• Direttiva 2004/40/CE, sulle norme minime per la salute e sicurezza dei lavoratori ai rischi derivanti da campi e.m.(sino alla frequenza di 300 GHz) (recepita nel D.Lgs. 81/2008)

• Affronta il merito specifico degli obblighi a carico dei datori di lavoro, dei provvedimenti per ridurre l'esposizione, della sorveglianza sanitaria per i lavoratori professionalmente esposti.

• Ha come scopo la protezione dai soli effetti considerati accertati, riconducibili all'induzione di correnti nell'organismo, all'eccessivo riscaldamento dei tessuti, ed al rischio di correnti di contatto con oggetti conduttori caricati dai campi ambientali.

I CAMPI ELETTROMAGNETICI: I CAMPI ELETTROMAGNETICI: DIRETTIVA 2004/40/CEDIRETTIVA 2004/40/CE

• Quale riferimento tecnico-scientifico per la definizione dei limiti di esposizione si assumono le linee guida dell’lnternational Commission on Non-IonizingRadiation Protection (ICNIRP), che già sono alla base della raccomandazione europea sulla protezione della popolazione dai campi elettromagnetici n. 519 del luglio 1999, a differenza della quale viene affrontato anche il merito della titolarità delle azioni nei confronti dei soggetti coinvolti.

• La direttiva non reca valore limite di esposizione al campo magnetico statico, ma solamente un valore di azione. Tale scelta deriva dall'aver ritenuto non più adeguatamente supportate dalle recenti evidenze scientifiche le linee guida dell'ICNIRP del 1994 sulla protezione dai campi magnetici statici.

• La struttura base e l'articolato ricalcano quelli delle precedenti diretti ve su vibrazioni e rumore, a loro volte basate sulla proposta del 1994. Lo schema generale prevede la definizione di "limiti di esposizione" e di "valori di azione".

Page 25: Classificazione rischi (parte 2)

I LIMITI PREVISTI DALLA DIRETTIVA I LIMITI PREVISTI DALLA DIRETTIVA 2004/40/CE2004/40/CE

• Si articola in valori limite di esposizione e valori di azione , i cui valori numerici sono stati posti identici, rispettivamente, alle restri zioni di base e ai livelli di riferimento raccomandati per i lavoratori dall'ICNIRP.

• Rimodulazione delle definizioni rispetto alle precedenti direttive (articolo 2):

– valori limite di esposizione: limitazioni all’esposizione ai campi elettromagnetici direttamente basate su effetti sanitari accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti assicurache i lavoratori esposti siano protetti da tutti gli effetti nocivi noti.

– valori di azione: il valore di parametri direttamente misurabili a cui si devono intraprendere una o più delle misure specificate nella di rettiva. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti limiti di esposizione.

I LIMITI DELLA DIRETTIVA 2004/40/CE I LIMITI DELLA DIRETTIVA 2004/40/CE -- 11

• valori limite di esposizione: limitazioni all' esposizione ai campi elettromagnetici direttamente basate su effetti sanitari accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti assicura che i lavoratori esposti siano protetti da tutti gli effetti nocivi noti.

• Sono espressi in termini di:

– densità di corrente indotta nei tessuti della testa e del tronco (Alm2) per le basse frequenze ,

– e di SAR (tasso di assorbimento specifico, W/kg) mediato sul corpo intero e locale su specifici distretti del corpo, alle radiofrequenze e microonde.

I LIMITI DELLA DIRETTIVA 2004/40/CE I LIMITI DELLA DIRETTIVA 2004/40/CE -- 22

• valori di azione: il valore di parametri direttamente misurabili a cui si devono intraprendere una o più delle misure specificate nelladirettiva. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti limiti di esposizione.

• I valori di azione sono espressi invece in termini delle intensità dei campi elettrici (V/m), magnetici (A/m o µT) ed elettromagnetici(W/m2) presenti nell'ambiente, nonché delle correnti negli arti e del le correnti di contatto (mA).

• I valori di azione dei campi sono da intendersi come media spaziale sul volume del soggetto esposto.

LA DIRETTIVA 2004/40/CE E LA NORMATIVA LA DIRETTIVA 2004/40/CE E LA NORMATIVA QUADRO NAZIONALE QUADRO NAZIONALE

• La direttiva europea presenta importanti dissomiglianze nell'impostazione generale e nell'approccio operativo rispetto alla legge 36/2001, la legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici .

• La legge 36/2001 prevede infatti l'adozione di misure di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine in applicazione del principio di precauzione di cui al trattato istitutivo dell'Unione Europea, e le restrizioni all'esposizione sono articolate su trecategorie di valori, tutti da esprimersi in soli termini delle grandezze ambientali (i campi), da determinarsi numericamente con successivi decreti attuativi: – i limiti di esposizionea protezione dagli effetti acuti;– i valori di attenzionequali misure di cautela ai fini della protezione da

possibili effetti a lungo temine;– gli obiettivi di qualità, ai fini della progressiva minimizzazione

dell'esposizione tramite l'utilizzo delle migliori tecnologie.

LA DIRETTIVA 2004/40/CE E LA NORMATIVA LA DIRETTIVA 2004/40/CE E LA NORMATIVA QUADRO NAZIONALE QUADRO NAZIONALE

CONCLUSIONE:

Il recepimento della norma europea rappresenta quindi un passo significativo in favore della sicurezza dei lavoratori rispetto alla lacunosa condizione precedente, teso alla completa protezione dagli effetti certi (diretti e indiretti), che potrà poi essere arricchito dall'adozione di ulteriori misure di cautela.