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EPARCHIA DI LUNGRO DEGLI ITALO-ALBANESI DELL'ITALIA CONTINENTALE Amministrazione: Curia Vescovile - Corso Skanderbeg, 54 87010 LUNGRO (CS) - Tel. 0981-947626 Suppl. al Bollettino Ecclesiastico - reg. Trib. Castrovilari nr. 54 del 17.6.1948 A cura della Commissione Eparchiale per le Comunicazioni Sociali ANNO XXIV - Numero 1 - Gennaio/aprile 2012 Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro - POSTE ITALIANE - Spedi- zione in A.P . D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27.02-2004) Art. 1 Comma 2 CNS/CBPA - SUD/CS/39/2007 Valida dall' 11/04/2007 Convegno Internazionale ICONOSTASI E LITURGIA CELESTE UNA PROSPETTIVA CATTOLICA ORIENTALE PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE 23 Aprile 2012 Pontificio Istituto Orientale - Roma 6-7 Luglio 2012 Piana degli Albanesi 29-31 Agosto 2012 Lungro Iconostasi, Parrocchia "S. Maria Assunta" di Frascineto

Convegno Internazionale ICONOSTASI E LITURGIA CELESTEPapàs Jani Pecoraro con:”La psaltica bizan-tina, quale funzione oggi ?” e della Dott.ssa Nicoletta Borgia con il dettagliato

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EPARCHIA DI LUNGRODEGLI ITALO-ALBANESI DELL'ITALIA CONTINENTALE

Amministrazione: Curia Vescovile - Corso Skanderbeg, 54

87010 LUNGRO (CS) - Tel. 0981-947626Suppl. al Bollettino Ecclesiastico - reg. Trib. Castrovilari nr. 54 del 17.6.1948

A cura della Commissione Eparchiale per le Comunicazioni Sociali

ANNO XXIV - Numero 1 - Gennaio/aprile 2012

Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro - POSTE ITALIANE - Spedi-zione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27.02-2004) Art. 1Comma 2 CNS/CBPA - SUD/CS/39/2007 Valida dall' 11/04/2007

Convegno Internazionale

ICONOSTASI E LITURGIA CELESTEUNA PROSPETTIVA CATTOLICA ORIENTALE

PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

23 Aprile 2012 Pontificio Istituto Orientale - Roma6-7 Luglio 2012 Piana degli Albanesi29-31 Agosto 2012 Lungro

Iconostasi, Parrocchia "S. Maria Assunta" di Frascineto

LAJME/NOTIZIE2 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

Con questo tema si è aperto il 23 aprile nelPontificio Istituto Orientale, il primo conve-gno internazionale di studi su una tematicacosì importante.

L’evento patrocinato dal Pontificio Istitu-to con la convinta adesione dell’Eparchia diLungro degli Italo-albanesi dell’Italia conti-nentale e dell’Eparchia di Piana degli Alba-nesi, è puntualmente iniziato alle ore 9.00con la prolusione del Rev.mo P. James Mc-Cann, S.J, Rettore del Pontificio IstitutoOrientale.

Dando il benvenuto agli ospiti ha specifi-cato il valore di questa prima sessione di la-vori come elemento di aggregazione e di ap-profondimento dello specifico cattolico edorientale.

Subito dopo l’Arcivescovo Mons. Cyril Va-sil’ S.J, Segretario della CongregazioneOrientale, ha sottolineato l’evento nel suo piùampio contesto ecclesiologico. Tutta la tra-dizione orientale italiana

si trova ad interrogare se stessa, a rifletteresulla propria identità, a portare un contribu-to specifico alle altre chiese sorelle della na-zione, che pur godendo della stessa comu-nione cattolica, differiscono circa la tradizio-ne, il diritto e la liturgia, che l’autorevolerelatore ha identificato con la parola “Rito”.

Il Moderatore della mattinata, prof. LuigiFioriti, diacono dell’Eparchia di Lungro, hasalutato l’illustre assemblea sottolineando ilprestigio dell’Istituto ospitante. Ha ricorda-to che anche Sua Santità il Patriarca Ecume-nico di Costantinopoli, ricevendolo con unadelegazione di studenti romani, gli avevadetto di essere stato anche lui alunno di unprestigioso Pontificio Istituto: (l’Orientale).Ha ringraziato altresì il Delegato “adomnia”dell’Arcivescovo Salvatore Nunnari,Amministratore Apostolico di Lungro, nella

persona dell’Archimandrita Donato Oliverioed il Protosincello dell’Eparchia di Pianadegli Albanesi: Arciprete Giovanni Pecora-ro, per il sincero sostegno e la collaborazio-ne offerta dalle due circoscrizioni italiane,alla realizzazione del Convegno.

L’Archimandrita, prof. Manuel Nin, Ret-tore del Pont. Collegio Greco, docente al-l’Istituto S.Anselmo, al Pont. Ist. Orientaleed all’università della Santa Croce, ha tenu-to la prima relazione sul: “Tempo di Dio,Tempo della Chiesa nell’anno liturgico bi-zantino”.

Il rev. Architetto Pasquale Imperati ha il-lustrato, con argomenti ed immagini, il tema:“Architettura come “epifania” dell’incontrotra Dio e l’uomo”.

Il Maestro Stefano Armakolas ha articola-to il suo intervento in un ambito estetico-fi-losofico con la “Teologia del colore”.

Dopo un breve intervallo sono riprese lerelazioni.

Il Prof. P. Peter Dufka,S.J. ha trattato iltema: “Bellezza come espressione e stimolodella fede”.

Il rev. Architetto Luigi Vitale ha intratte-nuto l’assemblea con il tema: “Paolino daNola e Giustiniano: costruire con la luce”.Sono state molto interessanti le immaginimostrate.

Al termine delle relazioni si è aperto undibattito pregevole per le questioni poste eper le risposte fornite dagli illustri conferen-zieri.

LAJME/NOTIZIE 3Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

Un pregevole e lauto Buffet ha intrattenu-to i convegnisti nel giardino del Pon. IstitutoOrientale.

I lavori sono ripresi alle ore 15.00 con ilruolo di moderatore del diac. prof. PaoloGionfriddo, dell’Eparchia di Piana degli Al-banesi.

La Prof.ssa Maria Giovanna Muzj ha par-lato su:”La duplice liturgia delle chiese ro-mane del primo millennio.”

Il secondo intervento pomeridiano è statotenuto da Fr. Dott. Ionut Gotia, DCJM,”L’iconostasi: luogo privilegiato per la rap-presentazione dell’Annunciazione”.

Il Maestro Alfonso Caccese ha illustrato ilseguente tema:” Photis Kòntoglou e la rina-scita dell’iconografia in Grecia nel XX se-colo.” Molto interessanti sono risultate leicone mostrate.

Una felice appendice alla giornata di stu-dio è stata offerta dal duplice intervento delPapàs Jani Pecoraro con:”La psaltica bizan-tina, quale funzione oggi ?” e della Dott.ssaNicoletta Borgia con il dettagliato rapportosu “Quale editoria per l’Oriente Cristiano ?”

Diversi partecipanti al Convegno (tra que-sti anche l’Archimandrita Oliverio a nomedell’Eparchia di Lungro) hanno ringraziatogli organizzatori e si sono augurati che l’espe-rienza possa avere un futuro.

L’Arcivescovo Cyril Vasil’ ha concluso ilavori facendo una pregevole sintesi dellagiornata e cogliendo gli elementi significati-vi che erano stati espressi.

Si è augurato che la positiva esperienza ab-bia stabile programmazione e serva da mo-mento di confronto e di crescita per la realtàorientale-cattolica italiana.

Luigi Fioriti

***TEMPO DI DIO,

TEMPO DELLA CHIESAProf. Manuel Nin, OSB

Col titolo “Tempo di Dio, tempo dellaChiesa”, dato anche al mio lavoro della miaraccolta di articoli di tradizione bizantinapubblicati sull’Osservatore Romano dal 2008al 2009, intendo non tanto presentare il sud-detto lavoro, bensì sottolineare il fatto cheogni Chiesa cristiana, orientale o occidenta-le che sia, manifesta e confessa la propriaprofessione di fede attraverso la celebrazio-ne dell’anno liturgico. Luogo in cui la Chie-sa vive il legame stretto tra teologia-liturgia-spiritualità che dovrebbe segnare il cammi-no cristiano di ogni battezzato, di ogni Chie-sa cristiana.

LA DUPLICE LITURGIANELLE CHIESE ROMANEDEL PRIMO MILLENNIO

Prof.ssa Maria Giovanna MuzjNelle chiese romane si incontrano gli esem-

pi più antichi giunti fino a noi di programmiiconografici absidali o destinati alla zonaadiacente: accanto alla figura centrale, quasisempre il Cristo in Maestà, compaiono i quat-tro Viventi della visione di Ezechiele, spes-so accompagnati dai 24 Vegliardi, i qualinell’Apocalisse insieme a loro celebrano laliturgia celeste. Ma che senso ha una presen-za spazialmente così imponente come quel-la dei Quattro Viventi nel ciclo di S. Puden-ziana? Oppure, perché a partire dalla faccia-

LAJME/NOTIZIE4 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

ta dell’antico S. Pietro e dall’arco trionfaledi S. Paolo fuori le Mura i 24 Vegliardi siprostrano sulle ricadute degli archi absidalioffrendo le loro corone all’Agnello immola-to, o al Cristo Signore, raffigurato in posi-zione centrale? L’equiparazione dei QuattroViventi con i quattro Evangelisti non rappre-senta una risposta; né durante il primo mil-lennio la raffigurazione dei 24 Vegliardi sicollega con la Seconda Venuta alla fine deitempi.

Per indagare il senso di tale presenza oc-corre cercare altrove: si tenterà di farlo attin-gendo agli studi sulla struttura della primaliturgia cristiana di cui l’Apocalisse offre unatestimonianza e tenendo sempre presente lostretto dialogo spaziale tra i programmi ico-nografici e la funzione liturgica cui determi-nati spazi dell’edificio ecclesiale erano de-stinati.

PAOLINO DI NOLA EGIUSTINIANO:

COSTRUIRE CON LA LUCERev. Arch. Don Luigi Vitale

Il contributo intende mettere in risalto ilruolo e le valenze della luce nell’architetturacristiana in età tardo-antica, sia in Oriente chein Occidente.

Fattore essenziale per lo sviluppo della vitae della conoscenza, la luce, fin dai primordidell’umanità, è risultato un elemento univer-salmente valido per rappresentare il divino ele sue manifestazioni. Il grande potere evo-cativo che essa possiede nonché gli esplicitiasserti scritturistici “Dio è luce” (1 Gv 1,5),“Venne nel mondo la luce vera, quella cheillumina ogni uomo” (Gv 1,9), hanno deter-minato nel pensiero cristiano lo sviluppo diuna ricchissima simbologia della luce che,dalle suggestioni della celebrazione del mi-

stero pasquale e della liturgia battesimale,giunge a utilizzare nello spazio sacro la lucemateriale come analogon della luce spiritua-le, quale segno tra i più potenti ed efficaci di“Cristo-Luce del mondo”.

Lo studio delle realizzazioni architettoni-che di Paolino di Nola e di Giustiniano, letteattraverso le opere letterarie dello stesso Pa-olino e di Paolo il Silenziario, offrono utilispunti per evidenziare queste valenze dellaluce negli edifici di culto cristiani manife-stando la profonda sensibilità del loro temponei confronti dell’idea di claritas. Sia il san-tuario di S. Felice a Nola che la basilica di S.Sofia a Costantinopoli si rivelano infatti ide-almente e architettonicamente concepite inbase all’elemento “luce”, utilizzato quale se-gno teofanico ed espressione dell’opera cre-atrice di Dio, della presenza redentrice diCristo e della potenza santificante dello Spi-rito.

LA BELLEZZACOME ESPRESSIONE

E STIMOLO DELLA FEDEProf. P. Peter Dufka, SJ

La bellezza ha la capacità di portare ilmessaggio religioso e, in un certo senso,può formare la nostra fede. Essa non sol-tanto trasmette un’informazione, ma puòoffrire anche una mistagogia o formazionepoiché i mezzi che usa possono toccare ilcuore dell’uomo più profondamente dellaparola. Per questo nella prima parte del di-scorso presenterò l’aspetto stimolante del-la bellezza attraverso Pavol Evdochimov,Vladimir Solov’ev e altri. Occorre osser-vare, però, che non tutti i tipi di espressio-ne artistica danno sollecitazioni positive.Esiste anche l’arte che influisce negativa-mente: alcuni contenuti artistici possono

LAJME/NOTIZIE 5Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

distruggere la vita spirituale e religiosadella persona. Questi elementi di arte de-cadente saranno presentati nella secondaparte del discorso. Nella terza parte mi sof-fermerò sulle forme e sui generi artisticidistinguendoli secondo un certo criterio. Leune e gli altri possono elevare oppure de-motivare la vita spirituale della persona.Infatti, dietro qualunque espressione arti-stica (come dietro ogni atto) c’è un autore,che ha una sua concezione del mondo, qual-che esperienza o qualche intenzione, cheesprime tramite un dato mezzo. Questomezzo diventa uno specchio della sua ric-chezza, ma anche della sua debolezza opovertà spirituale. Perciò nella parte con-clusiva mi soffermerò sull’arte della vita,cioè sulla bellezza interiore dell’uomo chesi esprime secondo il suo modo di vivere edi pensare.

L’ICONOSTASI,LUOGO PRIVILEGIATO

PER LA RAPPRESENTAZIONEDELLA SCENA

DELL’ANNUNCIAZIONEF. Ioan Patriciu Gotia, dcjm.

Quando si entra in una chiesa dell’Orientebizantino e ci si avvicina all’iconostasi, siosserva che sui battenti della sua porta cen-trale, le cosiddette Porte Regali, quasi sem-pre compare la scena dell’Annunciazione.Ci si può allora interrogare prima di tuttosul perché della scelta di attribuire all’An-nunciazione questa collocazione privilegia-ta all’ingresso nel santuario; in secondoluogo, volendo andare in profondità, se siacaratteristica solo degli edifici ecclesialibizantini o se non abbia una storia più an-tica che riguarda tutta quanta la Chiesa. Perrispondere a queste domande, si cercherà

di ripercorrere le tappe fondamentali dellacomparsa di questa scena in spazi privile-giati dei luoghi di culto della Chiesa indi-visa, andando a visitare virtualmente i mo-numenti stessi. La loro testimonianza, chegiunge a noi in modo diretto attraverso iprogrammi iconografici monumentali masostenuta e illuminata indirettamente attra-verso le espressioni letterarie, parla dellafede vissuta della Chiesa, celebrata in spa-zi di culto concreti e intrinsecamente con-nessa con la loro specifica valenza sim-bolica.

ARCHITETTURACOME “EPIFANIA”DELL’INCONTRO

TRA DIO E L’UOMORev. Arch. Don Pasquale Imperati

Architettura e teologia non sono affatto“saperi” distanti tra loro. L’architettura, conle sue specificità, si presenta quale singolarelocus theologicus, capace di offrire contributipeculiari alla ricerca teologica. Questa con-statazione apre a larghissimi orizzonti, siaperché si amplia il ventaglio dei linguaggiteologici avvalorati (spesso ridotto alle solevie razionali), sia perché si riconoscono nel-l’architettura finalità trascendenti che benoltrepassano le sue mere basi funzionali. Maciò che è più rimarchevole, forse, è che lospazio architettonico mostra avere preroga-tive proprie per favorire e qualificare la vivaesperienza di fede. E, in ciò, l’architettura puòentrare in un dialogo sorprendentemente fe-condo con la liturgia.

Parliamo di una esperienza del trascenden-te attinta attraverso le vie della spazialità, lacui fruizione è evento complesso e peculia-re, coinvolgente tutta intera la percezionesensibile (tutti i sensi, in relazione tra loro e

LAJME/NOTIZIE6 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

simultaneamente), nella sua specifica moda-lità tridimensionale; è avvenimento multifor-me che richiede, poi, l’intervento unificativoda parte della coscienza religiosa dell’uomointegrale. Tale esperienza spaziale permettedi esplorare vie teologiche inedite - ricadentinel dominio del non-verbale - che, altrimen-ti, risulterebbero impraticabili.

Tuttavia, perché l’esperienza architettoni-ca generica si trasformi in viva esperienza difede - e l’architettura diventi epifania dell’in-contro teandrico -, lo spazio sacro deve esse-re, prima di tutto, fedele all’uomo e alle sueleggi di necessità primordiali, incarnare ematerializzare le strutture simboliche fonda-mentali dell’uomo, e l’uomo, a sua volta, devesperimentare l’architettura con intelligenzacredente e desiderio di trascendenza.

PHOTIS KÒNTOGLOUE LA RINASCITA

DELL’ICONOGRAFIA IN GRECIANEL XX SECOLO

Maestro Alfonso CacceseNel XIX secolo la tradizione iconografica

in Grecia e sul Monte Athos era stata abban-donata, sostituita dalla pittura oleografica ditipo occidentale. Fotis Kòntoglou (1895-1965), pittore e scrittore, originario dell’AsiaMinore e fuggito in Grecia dalla catastrofedel 1922, riscoprì sul Monte Athos la tradi-zione iconografica bizantina. Dalla fine de-gli anni venti iniziò a dipingere affreschi eicone secondo la tradizione bizantina, madovette scontrarsi con la vivace opposizioneda parte della Chiesa greca e del mondo del-la cultura. Soltanto dopo la seconda guerramondiale, anche grazie ai suoi libri e ai suoiarticoli su riviste e giornali, Kòntoglou riu-scì a convincere la Chiesa e l’opinione pub-blica del valore dell’iconografia tradizionale

e del significato del ritorno a essa. Attraver-so la sua attività di maestro iconografo e lacomposizione della sua fondamentale “De-scrizione dell’iconografia ortodossa”, FotisKòntoglou è stato il fondatore della contem-poranea scuola neo-bizantina in Grecia e sulMonte Athos. In Italia, e generalmente fuoridella Grecia, la figura di Kòntoglou è cono-sciuta solo da una ristretta cerchia di esperti,anche perché la sua pur pregevole opera let-teraria non è stata ancora tradotta dal greco.

LA TEOLOGIA DEL COLOREMaestro Stefano Armakolas

Parlare della teologia del colore è inserirsinel più ampio discorso inerente alla veritàdell’arte: la possibilità, cioè, di procuraresollievo ai patimenti degli esseri umani, or-ganizzando forme e colori in insiemi signifi-canti.

Le speculazioni di Aristotele sul fine ca-tartico dell’arte conservano valore di attuali-tà: un’opera d’arte - anche una macchia dicolore lo è - realizza il suo compito nella suacapacità di procurare “catarsi”, celebrando inmodo conveniente e convincente il suomythos e, quindi, portando nell’animo delfruitore, un particolare stato di grazia, che èpeculiare felicità, spensieratezza e raccogli-mento estatico.

Compito e dovere del critico d’arte è po-tenziare l’istinto di osservazione e valutazio-ne del “bello”, perché la catarsi, più che es-sere definita concettualmente, va provata eva sentita. Le sperimentazioni cubiste hannodefinitivamente dato autonomia al colore,liberandolo dalla “dipendenza” della forma,evidenziando le sue possibilità di procurarepiacere estetico. La nostra riflessione, quin-di, tenterà di sottolineare le potenzialità ca-tartiche del colore, nell’essere fruito in ma-

LAJME/NOTIZIE 7Gennaio - Aprile 2012

niera immediata, semplice e quotidiana, at-traverso le facciate dei palazzi della città.

LA PSALTICA BIZANTINA,QUALE FUNZIONE OGGI?

Papàs Jani PecoraroDopo un breve panorama del patrimonio

musicale ecclesiastico degli italo-albanesi, inparticolare quello dei siculo-albanesi, verran-no presentate alcune problematiche riguar-danti lo stato attuale del loro canto liturgico:oralità e scrittura, modalità esecutive, cantoliturgico e paraliturgico, varianti e/o interpre-tazioni, sedimentazioni musicali, monodia epolifonia.

EPARCHIA

QUALE EDITORIA PERL’ORIENTE CRISTIANO?

Nicoletta BorgiaUn breve quadro sull’editoria occidentale,

per riflettere sull’emergenza di una crescenterichiesta di una specifica letteratura (necessa-riamente a più livelli) della tematica religiosanella esplicitazione dell’Oriente Cristiano.Diventa sempre più difficile distinguersi edessere individuati dal mondo cattolico occi-dentale, che timidamente si rivolge verso laChiesa Orientale per conoscere e imparare acapire le peculiarità identitarie ecclesiali. Ac-cenni ai percorsi della comunicazione perl’Oriente Cristiano, anche attraverso linguag-gi non convenzionali e metodi editoriali com-plementari che non si sostituiscono tra di loro.

Firmo. Parrocchioa "S. Giovanni Crisostomo", 31 marzo 2012, XXV Giornata della Gioventù

LAJME/NOTIZIE8 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

In un’epoca di forte scristianizzazione, speciein Occidente, in che modo l’arte a tema reli-gioso può rieducare al senso del sacro? Il temaè da questa mattina oggetto di dibattito al Pon-tificio Istituto Orientale, che ospita il Conve-gno internazionale dal titolo “Iconostasi e Li-turgia Celeste”. Ad aprire e concludere i lavoriè mons. Cyril Vasil’, segretario della Congre-gazione per le Chiese Orientali.

Alessandro De Carolis lo ha intervistato:

R. - La bellezza, come espressione della pre-senza di Dio, mi sembra possa essere utilizza-ta anche nel mondo di oggi, perché la gioia, labellezza e il decoro già mille anni fa hannocommosso i popoli pagani, spingendoli ad ab-bandonare il culto pagano e ad accettare il mes-saggio di Dio che abita in mezzo agli uomini.Anche oggi, all’inizio del terzo millennio, lepersone cercano gioia e bellezza. Ma esse nonsi possono percepire rimanendo nell’ambito delvecchio o nuovo paganesimo. Per le personedi oggi, sfiduciate da mille proposte del liberomercato delle idee, il decoro è anche la pro-fonda e mistica bellezza delle celebrazioni li-turgiche del tempo sacro, dello spazio sacro.La liturgia, l’edificio del culto possono diven-tare un impulso alla profonda ricerca della ve-rità della loro vita, la ricerca che li condurrà aColui che è la Via, la Verità, la Vita.D. - C’è oggi, secondo lei, una difficoltà a de-cifrare l’arte sacra contemporanea rispetto aicanoni classici che caratterizzavano quella delpassato?R. - Se parliamo dell’arte, parliamo di un lin-guaggio. La difficoltà di oggi sta proprio nellaframmentazione del linguaggio e nell’incapa-cità di avere una chiave di lettura unica. Quel-

lo che invece offre anche la tradizione del-l’oriente cristiano è proprio la capacità di par-lare attraverso un linguaggio comprensibile alcultore. Quando si trova una “soggettivizza-zione” dell’espressione, sia linguistica che ar-tistica, ciò diventa un ostacolo alla comunica-zione: diventa un’auto-comunicazione e nonuna comunicazione delle verità oggettive. Inquesto senso, quando si parla della sacralitàespressa nelle liturgie orientali, si tratta di unlinguaggio che si è sviluppato nell’arco deisecoli, ma che viene spiegato attraverso la ca-techesi liturgica, attraverso la vita della Chie-sa e diventa così strumento vettore di una ve-rità.D. - Il vostro Convegno rappresenta l’inizio diun percorso: in che modo pensate di proseguir-lo?R. - Intanto, questo convegno si colloca nell’am-bito della Chiesa italo-albanese, che da secolirappresenta un polmone orientale in terra italia-na. Si apre qui, al Pontificio Istituto Orientale,che è la casa degli studi superiori qui a Romavoluto dai Pontefici, e proseguirà poi il 6 e 7luglio a Piana degli Albanesi in Sicilia e allafine di agosto nelle parrocchie di Lungro in Ca-labria. Attraverso questa continuazione, in fon-do, si ripercorrono vari luoghi dove la presenzadegli orientali è significativa sia per l’aspettostorico - come può essere quello delle migra-zioni che hanno toccato nei secoli precedentil’Italia e hanno portato qui ad una radicazionedel rito orientale - sia attraverso Roma, che infondo nella sua specificità rappresenta l’interouniverso, l’intera ecumene. Il Pontificio IstitutoOrientale è il luogo dell’incontro tra Orientecattolico, Oriente ortodosso e la Chiesa latina.

Sabato 21 Aprile 2012

La bellezza dell’arte per rieducare al senso del sacroda Radio Vaticana 23 aprile 2012.

LAJME/NOTIZIE 9Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

PremessaIn questa nostra trattazione esaminere-

mo l’azione pastorale, sociale, culturaleed ecumenica, nel contesto della tradizio-ne bizantina e dell’etnia arbëreshe, dimons. Giovanni Stamati, secondo vesco-vo della Sacra Eparchia Greca di Lungrodegli italo-albanesi dell’Italia Continen-tale1. Anche in questo articolo, così comeabbiamo fatto per l’azione pastorale diMons. Giovanni Mele2, rifletteremo su-gli scritti del vescovo Stamati pubblicatinel Bollettino Ecclesiastico dell’Eparchiadi Lungro3, in cui sono riportate moltecircolari, cronache e pensieri.

Metteremo sinteticamente in rilievo levarie tematiche espresse e portate avantinelle pagine del Bollettino, riportandoalcuni brani significativi senza alcuncommento da parte nostra, lasciando cosìlibero il lettore di trarre da solo le dovuteconclusioni4.

E’nostro intento riportare il lettore di-rettamente alle fonti scritte del pensierodi G.Stamati, così da far rifulgere in tuttoil suo fulgore la sua fatica interiore, lasua spiritualità orientale, la sua ansia pa-storale di rinnovamento, la sua aperturaecumenica, il suo amore eroico verso i

Mons.Giovanni Stamati (1910-1987)e il Bollettino Ecclesiastico di Lungro (1967-1979)

Tradizione Bizantina-Rinnovamento-Etnia Arbëreshe

Protopresbitero Antonio Bellusci*

sofferenti, il suo ascetismo e distacco daibeni materiali, la sua fierezza di sentirsiarbëresh, la sua profondissima paternitàed umanità e la sua eccelsa e semplicesantità.

Il Bollettino Ecclesiastico -Nuova se-rie- da lui ideato, è molto diverso nei con-tenuti e nei propositi da quello di Mons.G. Mele. In Stamati diventano preminen-ti gli argomenti pastorali e sociali, la vitaliturgica bizantina, le iniziative ecume-niche, la formazione e la partecipazioneattiva del clero e dei laici nei nuovi pro-getti ecclesiali. Il Bollettino diventa unapalestra di formazione spirituale e di cul-tura, oltre che di cronaca eparchiale. Lasua azione incisiva e costante si proiettadal 1967 al 1979. Poi improvvisamentescende il silenzio totale. Non si pubblicapiù fino al 1987, quando Egli si separada questo mondo per essere accolto nellaPatria celeste. Questi otto anni di buiopesano come un macigno sulla nostra pic-cola storia locale. Chi scrive, su manda-to del vescovo Ercole Lupinacci, ha rac-colto e pubblicato le ultime circolari alclero ed al popolo di Stamati dal 1980 al1987 nel Bollettino Ecclesiastico nn.18-25 del 1987. Molti altri scritti di Mons.

LAJME/NOTIZIE10 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

G. Stamati si trovano custoditi nell’archi-vio dell’Eparchia ed attendono di essereanalizzati e studiati.

Relazione

1.Il nostro camminoMons. G. Stamati scrive questo editoriale

nel Bollettino Ecclesiastico – Nuova Se-rie - intitolato “In cammino. La nostraEparchia sta per raggiungere il suo cin-quantennio di vita". Un tempo breve ri-spetto a quello delle altre Diocesi, la cuistoria è scandita dai secoli, ma è sufficienteperché si possa dire che abbia raggiuntola maggiore età… Al maggior artefice diquesta opera, mons. G. Mele, Pastore in-sonne e santo, va il merito e l’imperituragratitudine. Ma la vita ha la sua misterio-sa legge di continuità nel rinnovamento,nel perfezionarsi, nella costante tensioneal meglio, valgono quindi anche per lanostra Diocesi le parole dell’Angelo alsanto profeta Elia: “Alzati e mangia, per-ché ti rimane ancora da compiere un lun-go cammino” (1Re,19,7)… Il nostro cam-mino deve dunque proseguire, senza squi-libri ed aritmie, in una triplice direzione:santificazione del Clero e del popolo, af-finché il mistero della salvezza, operatoda Cristo si rinnovi in tutti ed in ciascuno;formazione di una Comunità diocesanache trovi la sua sorgente di unità e di co-munione in Cristo, fonte di vita, di luce edi carità; risposta sempre più adeguata edattuale al carisma dato da Dio alla nostraEparchia di essere segno e di operare per

l’unità dei cristiani5.

2.L’Eparchia di Lungro“Santità, l’Eparchia di Lungro, esigua

per numero di fedeli e geograficamentesparsa sulle colline e sui monti della Ca-labria e della Lucania, costituisce di perse stessa un esempio vivente di alto va-lore ecumenico, associando alla fede cat-tolica la sua fisionomia spirituale bizan-tina. Ad essa guarda con simpatia l’Orien-te ortodosso, i cui rappresentanti, ancheillustri, sono venuti a visitarla in questiultimi anni, riportandone le più favore-voli impressioni”6.

3.Stemma Eparchiale“Lo stemma dell’Eparchia di Lungro è

formato da due cerchi concentrici con lascritta intercalata da frondi d’ulivo, nellafascia intercircolare, in lingua italiana edalbanese: Eparchia di Lungro-Eparhjia eUngres; da uno scudo, al centro di una cro-ce greca, sormontato da mitra, con ai latila croce ed il pastorale, e diviso in duecampi: quello superiore con la figura delBuon pastore attorniato da pecorelle, equello inferiore, con la nave veleggiantein mare tempestoso, recante sulla velagrande l’aquila bicipite albanese e la scrittasu due festoni sottostanti, in greco e inalbanese:”che siano una sola cosa”(Gv17,22). Lungro, 7 luglio 19677.

4.Centro Ecumenico Eparchiale“E’ istiuito nell’Eparchia di Lungro il

Centro Ecumenico Pastorale Eparchiale,

LAJME/NOTIZIE 11Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

avente i seguenti fini:a. Promuovere la diffusione dello spi-

rito ecumenico mediante una più appro-fondita coscienza della vocazione del-l’Eparchia, di conoscenza degli altri fra-telli cristiani non cattolici, particolarmen-te degli ortodossi, di preghiera e di atti-vità apostolica e culturale, nella carità,per l’unità dei cristiani;

b.Studiare e preparare, in consonanzaalla spiritualità e tradizione orientale, unaggiornamento della Catechesi, fondatasulla Sacra Scrittura, sui Santi Padri e laDivina Liturgia, e dell’azione pastorale;

c. Studiare e conservare il patrimoniolinguistico e culturale degli italo-albane-si. Il Centro è articolato in tre sezioni:

1.Ecumenico,2.Pastorale,3.Culturale italo-albanese”8.

5.Commissione Liturgica“La Commissione Liturgica Diocesana

è chiamata ad un lavoro assiduo di stu-dio e guida affinché veramente la Litur-gia diventi il culmine e la fonte della vitadella Comunità Diocesana”9.

6.Ecumenismo“In questa comunione lavoreremo al-

l’edificazione della Chiesa, in cui nellavarietà delle funzioni unico è l’organi-smo, unico lo Spirito, che con la sua un-zione divina vivifica e santifica. Non cisono, né ci potranno essere, membra su-perflue, né braccia conserte, perché i bi-sogni delle anime sono sempre immensi

e gli operai sono pochi. Ognuno ha i suoicarismi e le sue qualità, ugualmente in-dispensabili per l’edificazione del CorpoMistico di Cristo. Da qui nasce per cia-scuno il dovere di essere sempre dispo-nibile, anche se ciò dovesse comportaredelle rinuncie, per il servizio della Chie-sa nei compiti, anche se nuovi, che laProvvidenza volesse assegnargli, comepalestra per la propria e l’altrui santifica-zione, quando circostanze di luogo e ditempo lo dovessero esigere per il benedelle anime. Le parole di Gesù “che tuttisiano uno” prendono per la nostra Epar-chia un significato ed un valore partico-lare nei confronti dei nostri fratelli orto-dossi. La nostra Comunità, che per tradi-zione, spiritualità e Liturgia ha per ma-trice la Chiesa bizantina, pur vivendo dasecoli in mezzo all’Occidente, è di per séun fatto di natura ecumenica, che da unlato ci impone il dovere di una conserva-zione del patrimonio, ereditato dai Padri,in uno spirito aperto verso i tempi nuovi,e dall’altro il compito di essere, nella fe-deltà alla cattedra di Pietro, un terreno diincontro tra le Chiese sorelle d’Occide-nete e d’Oriente. Le esperienze, anche sefugaci, avute in questo campo, nella no-stra Eparchia, in questi ultimi tempi, cidicono chiaramente la validità di questanostra missione, che dovrà se possibile,tradursi in uno strumento più concreto epermanente”10.

7.Visite Pastorali“Nel corso di questa estate, di domeni-

LAJME/NOTIZIE12 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

ca in domenica, visiterò tutte le Parroc-chie per un primo incontro con le popo-lazioni. Lo stile della visita deve esseresemplicissimo e quindi sfrondato da tut-to ciò che sa di coreografia esterna, comeda discorsi elogiativi. Nel nome del Si-gnore verrò per portare la Sua pace edoffrire alle anime i doni della parola edella grazia divina, di cui voi ed io siamogli autentici, anche se umili, dispensato-ri. Gli elementi essenziali della visita,oggi come in avvenire, sono i seguenti:ricevimento del Vescovo all’ingresso del-la Chiesa, celebrazione della santa Litur-gia solenne con comunione dei fedeli,visita agli ammalati, incontro con le as-sociazioni parrocchiali, in modo partico-lare con i giovani, anche se non iscrittiall’A.C., visita all’Amministrazione Co-munale”11.

8.Il Patriarca Atenagora a Roma“Il 26 ottobre 1967, nella circostanza della

visita di Sua Santità il Patriarca di Costan-tinopoli Atenagora al papa, S.E. Mons. Sta-mati si è recato a Roma, dove ha presen-ziato, insieme con molti sacerdoti diocesa-ni, alle calorose accoglienze tributate alPatriarca di Costantinopoli. Il nostro Vesco-vo e gli altri due Ordinari delle Circoscri-zioni ecclesiastiche di rito greco in Italia, ilVescovo di Piana degli Albanesi e l’Archi-mandrita di Grottaferrata, hanno porto ilbenvenuto a nome delle nostre comunità alpatriarca Atenagora. Essi sono interveneu-ti in S. Pietro al solenne incontro, accom-pagnato da celebrazione liturgica, tra il san-

to Padre e il patriarca. Hanno altresì presoparte al ricevimento offerto in Vaticano al-l’illustre ospite e al Suo seguito, durante ilquale il patriarca li ha intrattenuti in cor-diale colloquio in lingua albanese. I nostrivescovi hanno anche offerto in dono al pa-triarca un “Brez” in argento, riccamente la-vorato”12.

9.V Centenario della morte di G. K.Skanderbeg

“Il nome di questo intrepido Eroe, av-volto nell’aureola delle sue mitiche ge-sta, risuona ancora, dopo cinque secoli,e fa vibrare di commozione i cuori deglialbanesi. Ed oggi, in ognuna delle nostrecomunità, gli epici canti tradizionali necelebrano il genio e le gesta. Skanderbeg,in un momento tragicamente difficile perla nostra gente, seppe realizzare la piùgrande e la più bella delle imprese: l’uni-tà del popolo albanese, facendone un ba-luardo contro la marea ottomana, cheminacciava di travolgere non solo la na-zione albanese ma tutta l’Europa cristia-na. La fede illuminò il genio del nostroEroe e ne sostenne il braccio. E per quel-la fede Egli e i nostri Avi, suoi compagninelle gesta gloriose, lottarono, sofferse-ro, morirono. Per cui a buon diritto i Som-mi Pontefici chiamarono Skanderbeg“Atleta di Cristo” e il popolo albanese“Baluardo dei Cristiani”, e da allora Essihanno guardato alla patria dei nostri Avied a noi italo-albanesi con speciale be-nedizione… Noi siamo dunque ancoroggi la testimonianza viva di quelle eroi-

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che gesta. Siamo figli di quegli Eroi, diquei martiri, che quando videro la patriasoccombere all’impeto irresistibile di unnemico infinitamente superiore, per nu-mero e per mezzi, e a cui si erano per unquarto di secolo validamente opposti,suscitando l’ammirazione dell’intera Eu-ropa, finalmente, perduta ogni speranzadi vivere liberamente la loro fede nel pa-trio suolo, non esitarono d’intraprenderela via dell’esilio… Proprio in virtù diquesto esilio, infatti, noi oggi, con il no-stro rito, la nostra lingua e le nostre tra-dizioni costituiamo un’oasi di spirituali-tà genuinamente orientale trapiantata nelcuore dell’Occidente. E se allo spirito diqueste tradizioni, sapremo ancora resta-re fedeli, noi potremo contribuire nonpoco all’avvicinamento e alla mutua com-prensione tra l’Oriente e l’Occidente: conciò avremo reso il più grande e il più no-bile servizio alla Chiesa”13.

I0.La lingua albanese nelle scuole“Il Consiglio Comunale di Plataci ha

recentemente adottato una delibera conla quale chiese al Ministero della P.I. l’in-troduzione dell’insegnamento della lin-gua albanese nelle scuole dei comuni al-banofoni. Lo stesso Consiglio Comuna-le ha rivolto appello agli altri Comuni dilingua albanese”14.

11.Visita a Lungro del Metropolita diCorinto

“Il 15 settembre 1967, S.E.Rev.ma ilMetropolita Ortodosso di Corinto, Pan-

teleimon, è inaspettatamente giunto gra-ditissimo ospite a Lungro per rendere vi-sita a S. E. Mons. G. Stamati e al CentroEcumenico Pastorale. L’illustre ospite,nativo di un paese di lingua labanese delPeloponneso, si è intrattenuto in cordialecolloquio con S. E. il Vescovo e con unanutrita rappresentanza del clero del-l’Eparchia, informandosi della Diocesi,della sua storia e del suo clero. In Catte-drale ha cantato insieme con il clero pre-sente inni liturgici bizantini esprimendo,poi, tutta la sua gioia di trovarsi in questacomunità bizantina e ripromettendosi ditornare prossimamente per una visita piùlunga. Ha poi presentato al Vescovo edal clero il teologo della sua Eparchia. S.E. Mons. Stamati ha espresso, a sua vol-ta, il proposito al Metropolita Pantelei-mon di invitarlo nell’Eparchia di Lungroper un incontro di carattere ecumenico”15.

12.Visita dell’Archimandrita Ortodos-so Ghennadios Zervos

“Graditissimo ospite è giunto a Lungrol’11 dicembre 1967 il rev. Archim. G.Zervos, che è rimasto per alcuni giorniospite nella nostra Eparchia, visitandovari paesi”16.

13.Skanderbeg e l’esaltazione dei valori“L’esaltazione di questi valori scaturi-

sce dalla vita e dalle opere di Skanderbeged alimenta, come sorgente sotterranea, lastoria travagliata degli italo-albanesi, chein Skanderbeg non hanno visto soltantoun mito, ma un’idea forza che li ha resi

LAJME/NOTIZIE14 Gennaio - Aprile 2012

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tenaci assertori di autonomia spiritualenell’unità della stessa Fede, in un’ininter-rotta fedeltà alle fonti ispiratrici della Chie-sa d’Oriente, gelosi difensori nella terraospitale d’Italia di un patrimonio etnico eculturale che, dopo cinque secoli, ne haimpedito l’assorbimento nel mondo italia-no, e tuttavia ne ha consentito l’integra-zione nella civiltà di questo grande popo-lo. E’ un esempio non troppo frequente diincontro di stirpi che non si elidono, mache completano e si arricchiscono nel re-ciproco scambio di virtù e qualità, proce-dendo di concerto sul comune terreno diintramontabili valori umani e religiosi…Il centenario della morte di Skanderbeg èun arrivo per un avvio, deciso, però, e sen-za tentennamenti, a continuare in umiltà efede, ma soprattutto “En omonìa”, in con-cordia di menti e di cuori, la nostra stradaper adempiere il mirabile disegno diDio”.17.

14.Istituzione del ConsiglioPresbiterale

“Considerata la costante tradizione bi-zantina che sul piano della Chiesa loca-le, nella liturgia e nel ministero, ha sem-pre associato in una comunione indisso-lubile il Vescovo ed il Presbiterio, inmodo da formare come un unico corpoal servizio della comunità diocesana, vie-ne istituito il Consiglio Presbiterale”18.

15.La via dell’Unità cosparsa di diffi-coltà

“La via dell’Unità è cosparsa di difficol-

tà, che hanno accumulato secoli di incom-prensione e di separazione, che la carità vacancellando. E’ dovere di tutti impegnarsigenerosamente in questa strada superandoi facili irenismi di maniera ed incomincian-do il lavoro da se stessi con una compren-sione del proprio cuore che porti ad unatestimonianza sempre più fedele al Vange-lo, ad una conoscenza più profonda deinostri fratelli per far cadere le barriere diincomprensione psicologica, ed illuminarei fedeli affinché evitino il doppio scogliodel relativismo religioso, ma anche, l’altro,non meno pericoloso, di una visione chiu-sa ed unilaterale, che impedisce di vedereil bene e la verità che c’è negli altri fratellicristiani non cattolici”19.

16.La testimonianza delle Suore“La vostra testimonianza a Cristo nella

diocesi ed il servizio reso alla Chiesa, al-l’infanzia, agli infermi, ai poveri ed allagioventù femminile, in mezzo a rinunziee privazioni, hanno dato i loro beneficifrutti e ci ispirano, perciò, sentimenti digratitudine verso Dio e di compiacimentoe di plauso alla vostra generosa missione.La vostra missione si svolge spesso tradifficoltà ed incomprensioni in un mondoteso sempre più verso il raggiungimentodi una vita comoda e facile e dimenticodei veri valori che sublimano l’uomo. E’perciò indispensabile che voi rinnoviate ilvostro impegno di vivere in Cristo e perCristo, che solo può dare alle vostre ani-me la pienezza del suo amore e la forzaper superare le difficoltà presenti”20.

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17.Riunione degli Ordinari Italo-greciAl termine della riunione della CEI, il

25 febbraio 1968, si sono riuniti a Romai tre Ordinari, per esaminare insieme que-sti argomenti: Liturgia: introduzione dellalingua viva; istruzione religiosa: compi-lazione del testo di catechismo per i fe-deli delle due Diocesi; festeggiamenticentenario di Skanderbeg a Roma. Unaseconda riunione si è svolta il 4 settem-bre 196921.

18.Decreto di adozione della linguaparlata nella Liturgia Bizantina

“Decretiamo: 1.Viene introdotta la lin-gua albanese nella Liturgia a datare dal13 ottobre 1968; 2.La lingua italiana vie-ne adottata, tenuto conto delle particola-ri esigenze pastorali, nelle due parrocchieitalofone di Villa Badessa e Lecce. In al-tri luoghi solo previo riconoscimento edautorizzazione dell’Ordinario; 3.I testidella traduzione da adoperarsi sono quellisopra descritti; 4.La lingua greca, linguamatrice della Liturgia bizantina non siintende abolita con il presente decreto,ma sarà alternata secondo l’illuminataesperienza pastorale dei parroci, a quellaparlata per mantenere uno dei tratti pe-culiari dell’Eparchia, che consente lo svi-luppo delle relazioni con i fratelli delleChiese sorelle dell’area greco-bizantina,per la conservazione e l’incremento del-le tradizioni e della spiritualità orienta-li”22. A distanza di alcuni anni, il vesco-vo Stamati scrive: “Nonostante il decre-to d’introduzione della lingua parlata,

l’albanese, nella Liturgia, che ormai sfio-ra i dieci anni, ci sono tuttora parrocchiein cui non è stato tradotto in pratica. L’im-mobilismo, da non confondersi con lasanta tradizione, non è annoverato tra levirtù pastorali”.

19.Riunione del Consiglio Presbiterale“Nell’adunanza prottratasi per tutta la

giornata, in uno schietto spirito di colla-borazione e di ricerca delle vie e mezzipiù idonei per la soluzione dei vari pro-blemi, i componenti hanno esaminato tut-ti i punti iscritti all’ordine del giorno:Catechismo, Liturgia, Catechesi liturgi-va per i sacramenti, Azione Cattolica,Centro Ecumenico-Pastorale dell’Epar-chia e Corso sull’Ecumenismo23.

20.Celebrazione di Skanderbeg aS.Costantino Albanese

Il 28 luglio 1968 è stato celebrato a S.Costantino Albanese il centenario diSkanderbeg. E’ stato promosso un Con-vegno culturale dal parroco papàs A. Bel-lusci con la partecipazione di mons. G.Stamati, papàs F. Solano e il prof. AlbinoGreco, direttore di Zgjimi24.

21.Pellegrinaggio Paolino nell’Orien-te Cristiano

Papàs Vincenzo Matrangolo decrivel’incontro con il Patriarca EcumenicoAtenagora. “Invitandomi ad accompa-gnarlo su per la scalinata e tenendomistretto al petto e baciandomi in fronteandava ripetendomi in greco e in albane-

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se: “Quanto bene di voglio?”. E lui stes-so, il Patriarca, rispondeva in greco “Mol-to! Molto!”. Io, a confermarlo, con unnodo alla gola. Pesava sul mio animo tuttala storia della Chiesa; gli ultimi 9oo anni,l’eredità dei primi sette Concili e moltialtri aspetti del passato e del presente edelle prospettive del futuro”25.

22.Tra gli Albanesi della Kossova-Metohja

Il papàs Domenico Bellizzi, parroco diFirmo, decrive il suo viaggio nel Kossovo:“Mi riesce difficile sintetizzare le svariateimpressioni provate durante la mia brevevisita agli Albanesi del Kosmet in Jugosla-via. Una cosa è certa: le peculiarità propriedella stirpe esaltate anche da Paolo VI nel-le recenti celebrazioni di Skanderbeg, per-mangono inalterate sotto ogni cielo ed inqualsiasi situazione storica”26.

23.Il Cinquantennio dell’Eparchia“La Costituzione “Cattolici Fideles” è

stato il coronamento di un lungo e trava-gliato iter, durato più di quattro secoli,durante i quali, è doveroso riconoscerlo,se le incomprensioni furono molte ancheda parte della Gerarchia locale latina,come lo nota lo stesso documento ponti-ficio, non venne mai meno però la difesada parte della S. Sede della tradizione li-turgica e canonica degli italo-albanesi,anche se talvolta, essa, per l’immaturitàdei tempi e lo spirito di diffidenza scatu-rita dalla separazione delle due Chiese,orientale ed occidentale, non trovò sem-

pre modo per essere interpretata nellaforma più genuina”27.

24.Corso sull’Ecumenismo aLaurignano

Il convegno si è tenuto a Laurignanodal 27 al 29/12/1968. Hanno tenuto lerelazioni mons. E. Fortino, archim. G.Zervos, ortodosso, mons.G.Hamer. Haintrodotto e diretto i lavori mons. G. Sta-mati, il quale, nell’introduzione ha det-to: “Gli italo-albanesi hanno accentuatanella loro vita ecclesiale non gli elemen-ti di divisione, ma quelli di unità e di co-munione. La comunione tra italo-albanesied ortodossi, non è mancata, saltuaria-mente o in forma stabile in certi periodi,in un passato non troppo remoto… Arri-va pertanto che le Eparchie italo-greched’Italia hanno delle buone credenziali esolidi motivi storici, teologici, liturgici espirituali per sviluppare relazioni semprepiù strette con le chiese sorelle ortodossee che nella prospettiva ecumenica, senzavoler porre limiti alla libera scelta dellecoscienze individuali, sia da consideraresuperato un certo periodo ed un certocomportamento del passato che mirava aricucire l’unità attraverso l’attività mis-sionaria e la propaganda religiosa”28.

25.P.Brioschi lascia S.Paolo AlbaneseDopo 23 anni di ministero pastorale,

padre G. Brioschi, conventuale, lascia laparrocchia di S. Paolo Albanese e vienenominato vicario papàs Antonio Bellu-sci, parroco di S. Costantino Albanese29.

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26.Koinonia-Comunione“Non ci possono essere quindi mem-

bra inerti. Non possiamo immaginare unacomunità viva formata da una testa chetrascina un corpo anchilosato. Ogni cri-stiano, per il fatto stesso che è cristiano,porta la sua parte di responsabilità, ha ildovere-diritto di sentirsi operaio dellavigna di Dio… Si parla di parrocchie incrisi e si parla di strutture da cambiare.Può essere anche vero. Per ora non vo-glio toccare questo problema. Anche per-ché l’abuso dei termini generici e poliva-lenti nel nostro linguaggio ha raggiuntolimiti estremi e spesso nasconde contenu-ti tanto differenti da determinare una vera“confusio linguarum”. Ma se c’è una ri-forma da fare, senza ricorrere a nuove leg-gi, è quella di creare nel Clero la coscien-za, l’abitudine a lavorare insieme, a fareComunità… Credo che sia tempo ancheper noi di uscire da certe visuali giuridi-che chiuse, ormai logore, per creare co-munità nel lavoro coi fratelli vicini”30.

27.Cinquantennio di episcopato diMons. G. Mele

Lettera Apostolica in latino di Paolo VIa mons.G.Mele e tradotta in italiano. Let-tera anche del Cardinale De Furstemberg,prefetto della Sacra CongregazioneOrientale31.

28.Nominato Archimandrita padreOliverio Raquez

Con bolla vescovile il 17 giugno padreOliverio Raquez, rettore del pontificio

collegio greco in Roma, è stato nomina-to archimandrita, per “testimoniare la sti-ma e l’amicizia verso di lui per i tantimeriti da lui acquisiti nella formazionedei giovani sacerdoti e consolidare lega-mi fra la Diocesi ed il Collegio Greco”32.

29.Visita Pastorale a S. CostantinoAlbanese

Mons. G. Stamati svolge la sua visitapastorale a S. Costantino Albanese l’11maggio 1969 in occasione della festa del-la Madonna della Stella. “Con una certatrepidazione, ma anche con molta fidu-cia e speranza in Dio, nel corrente mesedi novembre dal sabato 22 al 24 pome-riggio, mi recherò a S. Costantino Alba-nese per dare inizio alla visita pastorale,che proseguirò nelle altre parrocchie”33.

30.Proposta per una nuova rubrica“Senza voler invadere il campo ad al-

tre iniziative che domani potrebbero sor-gere, e pur mantenendo il carattere uffi-ciale della pubblicazione, non ci è parsoinopportuno o inutile che ci fosse unarubrica dove poter ospitare dei temi edegli argomenti (lasciando la responsa-bilità a chi scrive) che esulano dallo sco-po di questa pubblicazione, ma che riflet-tano una realtà vissuta ed una problema-tica attuale. Vorrebbe essere un invito allameditazione personale per poi partecipa-re agli altri il frutto dei propri pensieriper uno scambievole arricchimento. Cisono dei problemi o delle esperienze,delle idee o delle intuizioni che possia-

LAJME/NOTIZIE18 Gennaio - Aprile 2012

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mo benissimo dire nostre, cioè di unacomunità italo-albanese, diocesana, chevanno approfondite e comunicate”34.

31.Consiglio Pastorale“Oggi, nella fase sperimentale, si discu-

te se il Consiglio Pastorale abbia solo ilcompito di elaborazione dei programmioppure sia anche un organo esecutivo. IlConsiglio Pastorale in campo diocesanoe parrocchiale non può sbarazzarsi delleassociazioni di apostolato, perché senzadi questa diverrebbe una mente senzabraccia. Queste riflessioni vogliono es-sere un doppio monito ai fratelli nel sa-cerdozio: primo, ad approfondire lo stu-dio sul Consiglio Pastorale alla luce delConcilio, e, secondo, a mettersi al lavoroper farlo sorgere nella propria comunitàparrocchiale”35.

32.Piccole Sorelle di Gesù in EjaninaViene emanato il decreto di fondazio-

ne della “Fraternità” delle Piccole Sorel-le di Gesù in Ejanina “ad edificazione econforto di quanti nella povertà, sofferen-za e sacrificio, con fede e speranza, sonoin cammino verso la patria celeste”36.

33.Giornata per gli EmigratiIl 17 agosto 1969 a S.Costantino Alba-

nese, Papàs A.Bellusci ha organizzato unConvegno sull’emigrazione. Hanno par-lato A.Liguori e A.Scutari37.

34.Appunti su un viaggio in GreciaPapàs A.Bellusci, parroco di S. Costan-

tino Albanese, dopo un viaggio in Greciaha scritto un lungo articolo, descrivendoincontri e situazioni38.

35.Ordinazione sacerdotale diN.Vilotta

“Domenica 28 giugno 1970 nella chie-sa cattedrale di Lungro il diacono NicolaVilotta ha ricevuto l’ordinazione sacer-dotale per l’imposizione delle mani diS.E. mons. G. Stamati. Al sacro rito d’or-dinazione, che non si teneva nella nostracattedrale da oltre trent’anni, hanno assi-stito i familiari del neo-sacerdote e unagrande folla di fedeli”39.

36.Pellegrinaggio a Milo con gli OrtodossiPapàs A.Bellusci, parroco di S. Costan-

tino Albanese, descrive il suo “Pellegri-naggio a Milo con gli “Arvanites” di Gre-cia dal 21 al 25 settembre 1970, assiemeal Metropolita di Corinto, PanteleimonKaranikolas40.

37.Consacrazione della Chiesa diMarri

Domenica 11 ottobre 1971 è stata con-sacrata la nuova chiesa parrocchiale diMarri41. “Sono lieto di portare alla vostraconoscenza che domenica 1 luglio 1971consacrerò la nuova chiesa, eretta dallozelo umile e generoso di Papàs A.Trupo,con lunga e tenace fatica, in Pian deiRossi della parrochcia di Marri”.

38.Statuto del Consiglio PresbiteraleIl 28 dicembre 1971 è stato pubblicato

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lo Statuto definitivo del consiglio Presbi-terale. “I Presbiteri dell’Eparchia costi-tuiscono col vescovo un unico Presbite-rio e con lui cooperano alla santificazio-ne e al governo delle anime”42.

39.Visita agli Emigrati in Svizzera eFrancia

Mons. G.Stamati visita gli emigrati dio-cesani nell’Italia settentrionale, Svizzerae Francia dal 7 al 25 ottobre 1971. In cro-naca sono descritti i vari incontri in pro-vincia di Varese, in Svizzera e Francia43.

40.Recensioni di libriViene recensito il libro di G. Ferrari,

Grammatica Albanese, e il libro di A.Bellusci, “Raccolta di canti sacri tradi-zionali albanesi”44.

41.Indicazioni Pastorali per i Matrimo-ni Misti

Un lungo articolo sulla preparazione delmatrimonio, matrimonio con battezzatonon cattolico e le varie dispense, matri-monio con un non battezzato, matrimo-nio con battezzato ortodosso. “Le nuovedisposizioni sui matrimoni misti sonodettate da sensibilità ecumenica, che sacontemperare i vari elementi, spesso incontraddizione tra loro, quali le esigenzedella fede cattolica, il diritto naturale almatrimonio, la libertà di coscienza e direligione”45.

42.Traduzioni in lingua“Più intensa dovrà essere la vostra opera

per estendere al popolo la comprensione deltesto liturgico con le traduzioni in linguaalbanese ed italiana. Prima vostra meta inquesto campo sarà il completamento dellatraduzione dei sacramenti, ormai a buonpunto. Dovranno seguire le traduzioni deitesti scritturistici, dei Tropari e delle altreparti della Liturgia domenicale e delle fe-ste. Particolare attenzione inoltre dovreterivolgere alle Akolouthie vespertine, allequali partecipa spesso gran numero di fe-deli, per renderle più essenziali, proficue econformi al rito, purificandole dalle scoriepietistiche ed associando alla preghiera l’an-nuncio della parola di Dio, in modo chedivengano sorgente di solido alimento del-la fede, della pietà e della vita cristiana deifedeli”46. “Dopo la presentazione alla S.Congregazione per le Chiese Orientali allafine del mese di luglio del 1975, delle tra-duzioni italiane dei Sacramenti, l’attivitàdella Commissione liturgica ha subito unalunga pausa d’arresto. Forse è un po’ il de-stino di alcune iniziative che si intrapren-dono con molta alacrità, ma lungo il cam-mino perdono d’intensità fino, talvolta, asvanire”.

43.Ad quid perditio haec“Qualche volta vien fatto di domandarsi

“ad quid perditio haec” di fronte a certiimpegni pur lodevoli in sé, ma così assor-benti od alienanti da distogliere il sacerdo-te da ciò che veramente è necessario ed in-dispensabile e sul quale soprattutto si ba-serà il giudizio divino. Ci sono comunitàecclesiali che a stento riescono a percepire

LAJME/NOTIZIE20 Gennaio - Aprile 2012

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la presenza apostolica del loro pastore.Questo fatto pone alla coscienza sacerdo-tale interrogativi inquietanti, che attendo-no una risposta davanti al Signore”47.

44.Morte del Patriarca Atenagora“L’inattesa morte del patriarca Atenagora

ha destato larga commozione dovunque. E’scomparso un grande Giusto, che aveva ir-radiato tanta luce di fede e calore di carità intutto il mondo in un’epoca estremamentebisognosa dell’una e dell’altra”48.

45.Convegno del Clero sulla CatechesiIl 20 settembre 1972 si è tenuto a Lau-

rignano un Convegno di tre giorni sullacatechesi. Il Convegno si è svolto in unclima di grande fraternità, caratterizzatoda una ricerca seria ed appassionata, siadel contenuto della catechesi che della viamigliore, affinché la comunità, soggettoe depositaria di essa, possa trovarvi lafonte per la sua crescita e maturità”49.

46.Presenza efficace nelle singole Par-rocchie

“L’Amministratore Apostolico nell’in-tento di rendere sempre più presente edefficace nelle singole Parrocchie la curapastorale ha visitato S. Costantino Alba-nese il 5 febbraio, Vaccarizzo Albaneseil 19 marzo, S. Sofia d’Epiro, Firmo, S.Benedetto Ullano, S. Demetrio Corone,Plataci il 26 marzo, Frascineto il 16 apri-le, Acquaformosa, Castroregio il 30 lu-glio, S. Cosmo Albanese50.

47.Titolo di Archimandrita a PapàsG.Ferrari

Docente di teologia orientale alla facol-tà ecumenico-patristica di Bari e profes-sore di lingua e letteratura albanese al-l’Università di Bari, consultore “ad quin-quennium” della Pontificia Commissio-ne di revisione del diritto canonico orien-tale. Gli viene conferito il titolo di archi-mandrita il 14 ottobre 1973, “Per la suaattività di docente e di ecumenista, e peril lungo ministero sacerdotale, esercitatogenerosamente, con disinteresse e conspirito di sacrificio per oltre 20 anni aPlataci ed a Frascineto”51.

48.Convegno a MormannoConvegno del Clero a Mormanno dal 19

al 21 settembre 1973. Relatore prof. Tom-maso Federici. “La migliore preparazioneal Corso sarà la costante preghiera alloSpirito santo, datore di luce e vita”52.

49.Delegazione del Santo Sinodo diGrecia in Sicilia

“Dall’11 al 14 ottobre 1973, una dele-gazione del santo Sinodo della Chiesa diGrecia, presieduta dal Metropolita di Mi-tilene, Jakovos, presidente della Commis-sione Sinodale per gli affari esteri dellaChiesa greca e composta dal Metropolitadi Nicopoli e Prevesa, Stilianòs, membrodel Santo Sinodo, dal Metropolita di Co-rinto, Panteleimon, dal Metropolita di At-tica e Megera, Nicodemo, dal vescovo diDervis, Cosmas, segretario del santo Si-nodo e da altri53.

LAJME/NOTIZIE 21Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

50.Seminari e seminaristi“Si può fare un lungo elenco di tutte le

cause che ostacolano le vocazioni, ma unatra esse è certamente “l’indifferenza” dichi dovrebbe a somiglianza del Divinomaestro, che ha speso buona parte del suoministero pubblico nel formare gli Apo-stoli, avere al vertice delle sue preoccu-pazioni pastorali la preparazione dei fu-turi presbiteri”54.

51.Nomina del nuovo Vescovo diLungro G. Stamati

Con Bolla del 20 febbraio 1979 il Papaha nominato Mons. G. Stamati secondovescovo di Lungro. Viene pubblicata lacronaca e la traduzione in italiano dellaBolla di nomina55.

52.Morte di Mons. G. Mele“Il giorno 10 febbraio 1979, alle ore

12,30, munito dei conforti religiosi e dellaspeciale benedizione del S.Padre, è de-ceduto a Lungro, nel suo appartamentodel palazzo vescovile. Nacque ad Acqua-formosa il 19 ottobre 188556.

Mons. G.Stamati, il 12 febbraio 1979,in Cattedrale a Lungro fece l’elogio fu-nebre di Mons. Mele. “Mons. Mele sisentì naturalmente vicino ai poveri ed aisofferenti… La sua rettitudine si espri-meva nel rispetto verso tutti, nell’equili-brio dei suoi giudizi, nella disposizionea sottolineare gli aspetti positivi più chequelli negativi, a credere piuttosto al beneche al male. Amò la sincerità, la lealtà ela fedeltà alla parola data fino allo scru-

polo. Considerò sacro il diritto di ognipersona alla fama ed al buon nome e nonfu facile a dare credito alle forme espli-cite o sottili di detrazione… Fu l’uomodi pace, alla quale era portato dall’incli-nazione profonda del suo cuore… Eglicreò ad imis una comunità diocesana…formò il clero… debellò l’ignoranza re-ligiosa nel popolo… restituì la purezzaal rito greco, alterato per infiltrazioni ete-rogenee di varia natura… rinnovò o creòle strutture57.”

A quasi un mese di distanza dalla mor-te del venerato Mons. Mele sento il do-vere di rivolgere a voi tutti il più sentitoringraziamento, scrive Mons. Stamati, perla vostra partecipazione, dettata da senti-menti di filiale devozione, al lutto delladiocesi per la scomparsa del suo amatoPastore… La morte non ha spento la lucedella vita di fede e di dedizione di Mons.Mele, anzi l’ha resa più raggiante per il-luminare il nostro cammino di consacra-ti al Signore, affinché siamo testimonifedeli di Cristo e del suo Vangelo, comelo fu Lui. Questa è l’eredità che ci ha la-sciato”.

53.Costituzione del Consiglio Pastora-le Diocesano

“E’ costituito nell’Eparchia di Lungro ilConsiglio Pastorale Diocesano; la sua na-tura, composizione e finalità sono deter-minate dall’annesso statuto, che viene ap-provato “a experimentum” per un trien-nio58. Lo scopo è “studiare, esaminare tut-to ciò che concerne le attività pastorali e

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EPARCHIA

proporre quindi conclusioni pratiche…studiare la realtà pastorale della Diocesi;proporre, con visione d’insieme le lineedell’azione pastorale diocesana; fare ope-ra di verifica sul lavoro pastorale svolto oin atto59. “È l’organismo di partecipazio-ne che esprime meglio la comunione nel-la Chiesa locale ed al quale va dato il mag-gior impulso perché in questo modo leenergie spirituali ed i carismi di tutti pos-sano confluire armonicamente alla crescitadella nostra comunità diocesana”.

54.Lettere Circolari di Mons. G.Stamati

Sono pubblicate tutte le 63 lettere-cir-colari dal 1974 al 1979 di Mons. G. Sta-mati con un indice tematico ed analitico.Gli argomenti trattati nelle circolari sonotemi pastorali, calamità e necessità dellaChiesa, emigrazione, ecumenismo, Azio-ne Cattolica, Caritas Diocesana, istituzio-ne di nuove parrocchie, Vocazioni, Reli-giose diocesane60

55.La nuova Parrocchia di FalconaraAlbanese

“Sono lieto di poter comunicare cheil 2 marzo 1974 l’iter del passaggio,dall’Archidiocesi di Cosenza all’Epar-chia di Lungro, della parrocchia di “S.Michele Arcangelo” di Falconara Alba-nese ha avuto il suo ufficiale e felicecoronamento con la promulgazione nel-la chiesa parrocchiale del decreto, ema-nato dal sottoscritto, in forza della fa-coltà avuta dalla S.Congregazione per

le Chiese Orientali… Mi è parso più chedoveroso nella circostanza, rivolgereuna parola di plauso e di viva ricono-scenza a Papàs Antonio Bellusci, cheha assunto il non lieve onere della curapastorale di Falconara con lo spirito disacrificio e con l’operosità che lo han-no già caratterizzato durante i sette annidi ministero a S.Costantino Albanese”61.

56.Partenza dei Frati Minori dalla Dio-cesi

“Il Capitolo della Custodia Provincialedella Calabria dei PP. Conventuali hadeliberato, “suo malgrado, di ritirarsi dal-la parrocchia di S. Giorgio Albanese e dichiudere la Casa religiosa… Il fatto nonpuò lasciarci indifferenti, sia per il valo-re indiscutibile che assume la presenzadi un Ordine religioso nell’economia spi-rituale e pastorale di una Diocesi, sia perciò che di fatto ha rappresentato il loroinserimento nella diocesi”62.

57.Incontro di Suore“L’incontro delle Suore ha come scopo

principale quello di riesaminare e rinnova-re la fedeltà a Dio per una sempre maggio-re e generosa dedizione a Lui per mezzodella vita consacrata, alimentata dalla fedee dalla carità. Ci sono però due altri motiviispiratori dei ritiri: trovarsi insieme nellagioia per rinsaldare i vincoli di comunionein una fraternità più allargata e per cono-scersi meglio e comunicarsi, al fine di unarricchimento vicendevole, metodi, espe-rienze ed iniziative di lavoro nell’apostola-

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to nella propria specifica missione: asilo,scuola, ecc. Per raggiungere questi scopi èauspicabile che vi partecipi il maggior nu-mero possibile di suore, superando le diffi-coltà con spirito di sacrificio”63. “I tempiche attraversiamo non sono facili e talvoltanon mancano di esercitare il loro influssoanche sulle anime consacrate a Dio, sottoil pretesto di aggiornamento e di rinnova-mento. Calarsi nella realtà del nostro tem-po per comprenderne le aspirazioni, leesigenze ed i travagli, è certamente nor-ma di grande saggezza pastorale, ricor-dando però sempre che “siamo nel mon-do, ma non del mondo”. Lievitare il mon-do dello Spirito di Dio e non lasciarsi lie-vitare. Dare al mondo la testimonianzadella nostra fede, dell’invitta speranza checi anima e dell’amore che si esprime inmolti modi, a cominciare dalla comunio-ne gioiosa e serena tra le sorelle di ogniCasa religiosa”.

58.Parrocchia del “SS.Salvatore” aCosenza

“Lungro, 14/11/1979. E’ trascorso piùdi un anno dall’erezione della parrocchiagreca del “SS.Salvatore” a Cosenza e miè grato rivolgermi a voi per rinnovarvi,con cuore fraterno, il saluto e l’auguriodell’Apostolo Paolo: “Grazia a voi epace da Dio Padre nostro e dal SignoreGesù Cristo”(1 Cor 1,3). Domenica 2 di-cembre 1979 darò la missione canonicaa Papàs A.Bellusci, nominato Parrocodel SS.Salvatore con Bolla del 1 novem-bre c.a.64.

59.Itinerario PastoraleSenza alcuna cronaca, sono soltanto ri-

portate le date dal 1974 fino al 1979 del-le varie visite pastorale ed attività variesvolte da Mons. G. Stamati65.

60.Inaugurazione dell’Iconostasi aS.Giorgio Albanese

Cronaca dell’inaugurazione dell’icono-stasi e della decorazione della cappelladi S.Giorgio nella chiesa parrocchiale diS.Giorgio Albanese. “Nell’omelia il ve-scovo ha elogiato lo zelo del Parroco peril decoro della casa di Dio, immaginedella Chiesa celeste”66.

61.Chiesa di PlataciRiaperta al culto dopo i restauri, la ve-

tusta chiesa della Madonna di Costanti-nopoli. “Papàs F. Chidichimo, con infa-ticabile operosità, è riuscito a restaurareil sacro edificio… Ora la Chiesa campeg-gia ai limiti di un prato verde con lineesobrie e slanciate all’interno, mentre nel-l’interno, arricchito dal pavimento dimarmo e dal nuovo altare bizantino, haacquistato un sapore di antichità con laben riuscita copertura in capriate di le-gno a faccia-vista”67.

62.NecrologioBrevi considerazioni sul decesso di

Papàs Salvatore Scura (1902-1974), Pa-pàs Marco Mandalà (1905-1974), P. Ger-mano Giovanelli (1887-1978), PapàsGiovanni Battista Tocci (1891-1977), Pa-pàs Girolamo De Nicco (1889-1978),

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Papàs Costantino Tallarico (1905-1979).68.

63.Atti VescoviliL’ultimo numero del Bollettino Eccle-

siastsico di Lungro, sotto l’episcopato diMons. G. Stamati, è uscito nel 1979. Dal1980 fino alla morte di Mons. G. Stama-ti, avvenuta nel 1987, non è stato pubbli-cato più il Bollettino, lasciando un vuotodi sette anni. Il nuovo Vescovo E. Lupi-nacci mi ha incaricato di riunire le variecircolari di Mons. Stamati per pubblicar-le. Questo numero, pertanto, è stato pub-blicato da Mons. E. Lupinacci, appenainiziata la sua azione pastorale a Lungro.Si apre con una nitida foto di Mons. G.Stamati e con la scritta: “Dopo una pau-sa di dodici anni, riprende la pubblica-zione del Bollettino Ecclesiastico del-l’Eparchia di Lungro, presentando tuttele Circolari ed altri Atti della Curia, chevanno dal 1980 al dicembre 1987. Que-sto numero è doverosamente dedicato aMons. G. Stamati, secondo vescovo diLungro, nato a Plataci il 9/6/1912 e de-ceduto a Lungro il 7 giugno 1987". Que-sto numero è stato pubblicato a Cosenzanel 1992. Nella prima parte ci sono gliAtti vescovili, le Ordinazioni e ConsiglioPresbiterale69.

64.La Santa Pasqua“La Santa Pasqua non è la festa cele-

brativa o votiva che si inserisce come unatessera quasi isolata nel contesto dell’an-no liturgico, è invece culmine e fonte di

tutta la storia della salvezza che ogni annosi rinnova nella vita della Chiesa. Tuttele festività e le celebrazioni liturgicheattingono il loro senso e la loro misterio-sa vitalità dal mistero della Pasqua, chedeve ripetersi nella vita di ogni cristia-no”70.

65.Il Buon Pastore“L’amore sa donarsi, perché non cerca

se stesso ma il fratello in Cristo. Sa libe-rarsi da ogni forma di autotarismo, che èla maschera dell’autorità. Questa è ser-vizio umile, semplice senza pretese, alpopolo di Dio. Servizio per la crescitanella fede, perché ogni battezzato possaraggiungere “lo stato di uomo perfetto,nella misura che conviene alla piena ma-turità di Cristo”(Ef 4,13). È proprio delBuon Pastore maturare il senso della cor-responsabilità nella comunità dei fedeli,liberandosi da modi di pensare, parole,gesti, comportamenti, che sono estraneiallo stile del vangelo e che sanno più dellospirito di dominio del mondo che di ser-vizio”71.

66.Esercizi Spirituali“Tutta la vita del sacerdote ha una sola

grande leva ed una sola grande meta: Dio,ma talvolta c’è il rischio che l’attivitàquotidiana prenda il sopravvento ed ina-ridisca lo spirito, distraendolo dal suovero Bene ed invertendo l’ordine dei va-lori. Gli esercizi spirituali sono l’occa-sione propizia che il Signore ci offre perla verifica, che va fatta sotto l’azione del-

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lo Spirito Santo con lealtà e generosità,persuasi che la nostra santità è la sola viasicura per guidare le anime”72.

67.Festa di S. Giovanni Crisostomo“Vi scrivo nel giorno in cui si celebra

la memoria di S. G. Crisostomo “dalle cuilabbra, come dice l’apolytikion, la gra-zia si è irradiata come fiaccola splenden-te”. Le festività dei Santi Padri sono mo-menti privilegiati che la chiesa ci offreper contemplare i frutti meravigliosi del-lo Spirito Santo, che in essi, come nellaVergine Santa, “ha operato grandi cose”(Lc 1,49). Furono le “mistiche trombedello Spirito, che nella Chiesa hanno fat-to risuonare, come cantico melodioso diteologia, la Trinità nell’Unità”(Vespro deiSS.Padri, 11 ottobre). Furono le “regole”viventi della fede e verso di essi dobbia-mo avere l’atteggiamento di umile edobbediente ascolto di cui parla S. Paolonella lettera agli Ebrei, che si legge nellafesta di alcuni SS. Padri: “Ricordatevi deivostri capi, i quali vi hanno annunziatola parola di Dio”(Ebr.13,7)73.

68.Nomina a Vescovo di Papàs E.Lupinacci

“Per gradito incarico della S. Congregazio-ne per le Chiese Orientali, sabato 30 maggio1981 ho pubblicato nella chiesa parrocchialedi S.Cosmo Albanese, gremita di fedeli, pre-sente il cancelliere della Curia e altri sacerdo-ti, la nomina di Papàs E. Lupinacci a Vesco-vo di Piana degli Albanesi, fatta dal S. PadreGiovanni Paolo II”74.

69.Linee Pastorali“Il primo compito che ci spetta è di fare

una seria verifica del lavoro svolto nel-l’anno trascorso per mettere in chiaro lucie ombre. È un bilancio da fare davanti aDio ed alle anime, da Lui affidateci, perrettificare, se necessario, ed intensificareil nostro servizio… Il sacerdote dev’es-sere l’uomo di Dio in comunicazione conLui per mezzo della preghiera, la medi-tazione continua della sua parola, l’atteg-giamento di conversione ispirato dallafede, dall’amore e dall’umiltà. Il sacer-dote “carico di Dio” può affrontare conserena fiducia il compito maestro dellasua comunità con la predicazione, la ca-techesi a tutte le categorie, con la prepa-razione dei fedeli a ricevere i Sacramen-ti, con la celebrazione della Divina Li-turgia sempre più partecipata e vissuta dalpopolo, con la cura degli infermi e deglianziani, col rendere sempre più corre-sponsabili il laicato dell’apostolato permezzo delle associazioni cattoliche, per-ché laddove i gruppi di formazione diimpegno non esistono c’è un serio peri-colo del “deserto”75.

70.Situazione Religiosa in Albania“I vincoli di sangue, lingua, tradizioni

e cultura che ci uniscono ai nostri fratellidella Madrepatria vanno coltivati e pro-mossi nella trasparenza e nell’amore ver-so gli oppressi per la fede in Dio”76.

71.Imerologjon“La creatività e l’inventiva nella litur-

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gia deve trovare spazio piuttosto nellacatechesi liturgica e nelle vie nuove perrendere accessibile il contenuto dei testied il significato dei riti, anzicchè nel so-stituirsi arbitrariamente alle prescrizionidel Typikon. La mancanza di uniformità,che talvolta si lamenta, è frutto delle scel-te soggettive, perlopiù poco felici e nonraramente di inopportuna fretta”77.

72. 50° di Sacerdozio di Mons. G.Stamati

“Sono debitore a tutti voi di un affet-tuoso grazie per i voti augurali che avetevoluto esprimermi durante il recente riti-ro di clero a S. Basile in occasione del50° di sacerdozio. Questa forma sempli-ce e fraterna, senza tanti formalismi,esprime in modo più genuino la nostraComunione in Cristo e la nostra comunepartecipazione al suo sacerdozio ministe-riale. Abbiamo camminato e lavorato in-sieme nella vigna del Signore e questo èmotivo di grande gioia, venata certamenteanche di tristezza per le nostre insuffi-cienze, dalle quali siamo stati messi inguardia nel giorno stesso della nostra or-dinazione sacerdotale. Ora questa data èsuperata e si volta pagina; quindi, puresprimendo viva riconoscenza per il vo-stro proposito di ricordare questo anni-versario il prossimo 24 giugno, sono co-stretto a invitarvi di astenervi da qualsia-si iniziativa. Possiamo meglio esprimerela nostra unione e la nostra vicendevolecarità, ricordandoci gli uni e gli altri nel-la liturgia eucaristica di ogni giorno”78.

73.Ultima Circolare di Mons. G.Stamati

“Lungro 7 maggio 1987. Carissimi con-fratelli, l’augurio sincero e fraterno nonsolo per Voi, fratelli nel sacerdozio, maper tutte le Comunità di cui siete pastori,lo ispirano al mio cuore le parole del-l’Apostolo Paolo: “Cristo, nostra Pasqua,è stato immolato! Celebriamo, dunque,la festa non con il lievito vecchio… macon azzimi di sincerità e di verità (1 Cor5,8). Le tribolazioni, le inquietudini, l’in-sicurezza, il peccato trovano il loro anti-doto in Cristo risorto. Egli è la nostrapace, la nostra luce, la sorgente della no-stra VITA NUOVA. Con questa profon-da certezza di fede, cantiamo il Christòsanesti”79.

Conclusione

Mons. Giovanni Stamati, secondovescovo dell’Eparchia, appartiene, in uncerto modo, alla leggenda per certi suoigesti eroici come il gettarsi tra le fiammeper salvare documenti nel municipio diLungro incendiatosi e come il privarsi delproprio necessario per donarlo ai poveri.Il popolo di Firmo ed il popolo di Lun-gro, dove Stamati è stato parroco permolti anni, hanno conosciuto bene e pro-fondamente il suo autentico spirito di sa-cerdote, umile, semplice, tenace e gene-roso. Mons.Stamati per tutti i figli del-l’Eparchia è stato un padre misericordio-so, attento all’ascolto e coraggioso nel-l’azione oltre che una guida sicura nelnostro cammino di Eparchia cattolica bi-

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EPARCHIA

zantina in Calabria. La lungimiranza apostolica di Mons.

Stamati ha fatto sì che la giurisdizionedell’Eparchia di Lungro entrasse all’in-terno del territorio dell’Arcidiocesi lati-na di Cosenza con l’annessione della par-rocchia di “S. Michele Arcangelo” inFalconara Albanese e con l’istituzione aCosenza della parrocchia arbëreshe del“SS. Salvatore” nel 1979, con il consen-so di Mons. Enea Selis di santa ed impe-ritura memoria. Mons. Sono stato sceltoe designato parroco in queste due comu-nità, dove ho pastoralmente lavorato dal1973 al 2000 ponendo le radici bizantineed etniche in queste due comunità. Conquesta proiezione ad extra Mons. Stama-ti intendeva porre basi stabili e sicure an-che per il futuro della nostra Eparchia.

Un altro aspetto che caratterizzavala sua intensa azione pastorale presso tuttele Amministrazioni comunali ed i fedelinelle parrocchie era la sua azione conti-nua per la conoscenza e il rafforzamentodella nostra identità arbëreshe, della no-stra lingua albanese, della nostra culturae dei nostri valori. Era fiero di essere unfiglio di Plataci. Era orgoglioso di sacri-ficarsi per la fedeltà puntuale e rigorosadel nostro Rito bizantino, del nostro Di-ritto orientale, del nostro Tipikòn e dellenostre tradizioni. Egli nel 1970 riprendela tradizione del clero uxorato nella no-stra Eparchia con l’ordinazione presbi-terale del Papàs Nicola Vilotta.

Sono molto grato e riconoscente aMons. Stamati per gli incarichi da par-

roco a Falconara Albanese (1973) ed aCosenza (1979), e per i paterni consigliricevuti nell’azione pastorale, come vie-ne testimoniato da una copiosa corrispon-denza con lui. Questo mio modesto con-tributo di studio e di riflessione, nel 25°anno dalla sua separazione da questomondo, vuole essere una filiale “mnimi-ricordo” nei confronti di questo santoVescovo, martire-testimone-profeta,asceta, apostrolo, e, nello stesso tempoun servizio fraterno al clero, ai seminari-sti ed al popolo dell’Eparchia, affinchè isuoi insegnamenti ed il suo esempio pos-sano portare copiosi frutti spirituali intutti noi e che la sua memoria possa pro-durre germogli di santità, a gloria di Dioed a santificazione delle anime.

Frascineto, 25 aprile 2012

*Parroco “S.Maria Assunta” di Frascineto e ammini-

stratore parrocchiale di S.Maria di Costantinopoli a Ca-strovillari e di “S.Giovanni Battista” a Plataci. Professoreemerito di “Storia delle tradizioni religiose degli albanesiin Italia” presso l’Istituto superiore di scienze religiose “S.Francesco di Sales” dell’arcidiocesi di Cosenza-Bisignanoe di “Storia della chiesa di Lungro” presso l’Istituto di scien-ze religiose “Mons. G. Stamati” dell’eparchia di Lungro.Fondatore e direttore della rivista italo-greco-albanese “Li-dhja/L’Unione” e della biblioteca internazionale “A. Bel-

lusci” in Frascineto.

1 Mons. Giovanni Stamati, nato a Plataci nel1910 e deceduto a Lungro il 7 giugno 1987, èstato arciprete di Firmo (1935-1943) e poi dellaCattedrale di Lungro dal 1943 fino al 1967.

2 Conferenza tenuta ai Seminaristi del Semina-rio Maggiore Erparchiale nei giorni 17 febbraio e17 marzo 2011, cf. A. Bellusci, Genesi e percor-so storico dell’eparchia di Lungro, Lajme/Noti-zie, 1/2011; A. Bellusci, Mons. G. Mele e il Bol-lettino di Lungro, Lajme/Notizie, 3/2011, pp.4-25.

LAJME/NOTIZIE28 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

3 Bollettino Ecclesiastico dell’Eparchia di Lun-gro, Nuova Serie, a partire dal numero 1/1967 inpoi, diretto da Mons. Giovanni Stamati, nomina-to Amministratore Apostolico il 25 aprile 1967.Questo primo numero, come i successivi, contie-ne le seguenti rubriche: Santa Sede, Atto Vesco-vili, Circolari, Vita della diocesi. Il II numero delBollettino, n.2/1968, contiene pp.168 ed è carat-terizzato dalla celebrazione del V Centenario dellamorte di G.Kastriota Skanderbeg e da molte cro-nache provenienti da molti parroci. Il III numerodel Bollettino, 3/1968, pp.68, contiene il Decretodi adozione della lingua parlata nella Liturgia. IlIV numero del Bollettino, 4/1968, pp.68, presen-ta il 50° della Bolla “Cattolici Fideles”; il V nu-mero del Bollettino, 5/1969, pp.78 contiene levisite pastorali nelle parrocchie ed un editorialesulla “Koinonia-Comunione”; il VI numero delBollettino, 6/1969, pp.104 contiene articoli diparroci e cronache; il VII numero del Bollettino,7/1970, pp.128, riporta l’ordinazione sacerdotaledel diacono N. Villotta in Cattedrale a Lungro il28 giugno 1970, il quale diventa il primo sacer-dote uxorato ordinato nel dopo guerra. Tale ordi-nazione causò un “vulnus” con la santa Sede edebbe delle conseguenze nella pastorale di Mons.Stamati; l’VIII numero del Bollettino, 8/1970,pp.102, presenta lo Statuto del Consiglio Presbi-terale Regionale e le Circolari; il IX numero delBollettino, 9/1971, pp.113, presenta Atti dellaSanta Sede e la cronaca di viaggio tra gli emigra-ti italo-albanesi nell’Italia Settentrionale; il Xnumero del Bollettino, 10/1970, pp.162, contie-ne Atti della Santa Sede e della C.E.I., Atti ve-scovili, notiziario ecumenico, vita della diocesi;il numero XI del Bollettino, 11/1973, pp.130, ri-porta la cronaca della visita di una delegazionedel santo sinodo di Grecia alla Chiesa Cattolicain Sicilia ed una nota sulla stuazione religiosa inAlbania; il XII del Bollettino, 12-17/1979, vienepubblicato dopo sei anni di stasi ed è l’ultimonumero pubblicato da mons. G. Stamati. QuestoBollettino riporta le Circolari del vescovo ed elen-ca cronologicamente l’attività pastorale del ve-scovo nelle varie parrocchie. Dal 1979 al 1987,anno della morte di Mons.Stamati, il Bollettinonon viene pubblicato. Quali sono stati i motivi ditale prolungato silenzio? Il terzo vescovo del-

l’Eparchia di Lungro, Mons. E. Lupinacci, si èpremurato di colmare questo vuoto ed ha incari-cato Papàs Antonio Bellusci, delegato diocesanoper le Comunicazioni Sociali, di sistemare tuttele carte per pubblicare gli Atti della Curia e leCircolari di Mons. G. Stamati dal 1979 al 1987nel Bollettino Ecclesiastico, 18-25/1980-1987,pp.196. Questo numero si apre con la fotografiadi Mons. G. Stamati e si chiude, oltre che con leCircolari di Mons. Stamati, anche con otto Cir-colari dell’Archimandrita P.Tamburi, Amministra-tore Apostolico, che vanno dal 28 maggio al 15dicembre 1987.

4 Il decreto di nomina di mons. G. Stamati adAmministratore Apostolico, sede plena, di Lun-gro, 25 aprile 1967, viene pubblicato in latino.Mons. Stamati ringrazia mons. Mario Brini, Se-gretario della Sacra Congregazione per la ChiesaOrientale.

Il Card. A. G. Cicognani, Segretario di Stato,gli risponde: “Il santo Padre ha accolto con parti-colare compiacenza i suoi sentimenti e propositifervidi, che garantiscono la previsione di un mi-nistero pastorale solerte, attivo e proficuo di san-to bene nel nuovo campo di apostolato”, cf. Bol-lettino Ecclesiastico, 1/1967, pp.2.6.

5 Bollettino Ecclesiastico, 1/1967, 3.6 G. Stamati, Lettera di ringraziamento al papa

Paolo VI il 7 maggio 1967. Bollettino, 1/1967, 5.La sua consacrazione episcopale è avvenuta nel-la Cattedrale di Lungro il 29 giugno 1967. Il suodiscorso programmatico viene riportato in Bol-lettino, 1/1967, 8-16. Temi principali nel suo di-scorso.

La Liturgia centro della chiesa, il Buon Pa-store al servizio di tutti, Lavorare insieme, Pen-siero di gratitudine verso la Santa Sede, La no-stra funzione nella Chiesa oggi, Saluto agli alba-nesi d’Italia e della Madrepatria, Sentimenti diriconoscenza e di gratitudine al Santo Padre, Ri-conoscente pensiero a Mons. G. Mele, Alla popo-lazione di Lungro.

7 Bollettino, 1/1967, 17.8 Bollettino, 1/1967, 18.9 Bollettino, 1/1967, 22.10 Bollettino, 1/1967, 28.11 Bollettino, 1/1967, 29-30. Le prime visite pa-

storali sono state a Lungro, Vaccarizzo Albanese,

LAJME/NOTIZIE 29Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

S.Benedetto Ullano, Marri, Macchia Albanese,Frascineto, S.Costantino Albanese, S.Paolo Alba-nese, Santa Sofia d’Epiro, Plataci, Ejanina, Ca-stroregio, Acquaformosa, S.Cosmo Albanese, Ci-vita, S.Giorgio Albanese, S.Basile, cf.Bollettino,1/1967, 53-66.

12 Bollettino, 1/1967, 44.13 Bollettino, 1/1967, 47-48. La cronaca dei fe-

steggiamenti di Skanderbeg a Roma e nelle scuolee nelle parrocchie di S. Sofia d’Epiro, Castrore-gio, Villa Badessa, Plataci, Lungro, Acquaformo-sa, Firmo, S.Giorgio Albanese, S.Paolo Albane-se, S.Cosmo Albanese, Frascineto-Ejanina,S.Basile, S.Demetrio Corone si trova in Bolletti-no, 2/1968, 49-60.

14 Bollettino, 1/1967, 52.15 Bollettino, 1/1967, 67.16 Bollettino, 1/1967, 70.17 Bollettino, 2/1968, 3-4.La Lettera di Paolo VI in occasione del V cen-

tenario della morte di Skanderbeg e il discorsodel S.Padre al pellegrinaggio albanese nell’udien-za del 25 aprile 1968 sono stati pubblicati nelBollettino, 2/1968, 5-10.

18 Bollettino, 2/1968, 18-20. Lo scopo primarioè di “rendere l’Eparchia una comunità viva, incui il vincolo della comune partecipazione delVescovo e dei presbiteri al sacerdozio ed al mini-stero di Cristo, che si esprime nella forma piùeccelsa con l’offerta della stessa vittima divina enella comunione allo stesso calice e si traducenella carità vissuta sotto l’impulso della graziadello Spirito santo, diventa fonte e impegno dicorresponsabilità nel servizio della comunità dio-cesana”.

19 Bollettino, 2/1968, 23-24.20 Bollettino, 2/1968, 28-29.21 Bollettino, 2/1968, 39. I temi trattati nella se-

conda riunione sono stati i seguenti: Opportunitàdi tenere un nuovo Sinodo; Creazione di una com-missione intereparchiale antipreparatoria; Il sino-do si dovrebbe tenere alla fine dell’anno 1971.Vedi Bollettino, 6/1969, 30-31.

22 Bollettino, 3/1958, 15. Il decreto ha la data 6agosto 1968. E’ interessante consultare, su que-sto argomento, anche Bollettino, 12-17/1979, 114.

23 Bollettino, 3/1968, 27-30.24 Bollettino, 3/1968, 42-43.

25 Bollettino, 3/1968, 53-59. Papàs V. Matran-golo è stato parroco di Ascquaformosa.

26 Bollettino, 3/1968, 64-65.27 Bollettino, 4/1968, 3-6. Il vescovo esamina

il documento della “Cattolici Fideles” e conclu-de “Il rinnovamento senza ricerche affannose fuoriseminato, noi, Clero e popolo dell’Eparchia diLungro, l’attingeremo da una sempre maggioreriscoperta della nostra spiritualità, che non sacri-fica Dio per l’uomo, ma sublima tutto elevandoloa Dio”. L’intera Costituzione della “Catholici Fi-deles”, tradotta in italiano, viene pubblicato nelBollettino, 4/1968, 7-12.

28 Bollettino, 4/1968, 40-45. Sono qui riportatianche gli echi di stampa sul Convegno sull’Os-servatore Romano e sul Regno-Attualità, 3/1969,78. Nella pagina 56-59 del Bollettino, 4/1968,viene riportato un ulteriore giudizio sul Conve-gno da parte di mons. G. Stamati con il titolo “Innargine al convegno di Laurignano”. Scrive:“Questo primo convegno ha soltanto aperto undiscorso ed abbozzato un dialogo. In Calabria cisono tutte le premesse perché questo “fatto” siavissuto e diventi fermento di vita sempre nuova.Premesse di ordine storico ma anche geografico.E l’Eparchcia di Lungro vuole rendere, in umiltà,questo servizio. Sarebbe troppo poco se volessesemplicemente conservare una propria fisionomiaed una propria tradizione soltanto come testimo-nianza di un ricordo che la lega al passato. Sarà,invece, nel ricercare un dialogo sempre più stret-to e proficuo con le diocesi consorelle di rito lati-no, nel confronto delle idee, nel dare ciò che laprovvidenza ha voluto che conservasse per seco-li e nel ricevere le ricchezze degli altri che trove-rà uno scopo di vita, un modo come esprimere lafedeltà al Cristo”.

29 Bollettino, 4/1968, 60-61.30 Bollettino, 5/1969, 3-7.31 Bollettino, 5/1969, 23-27.32 Bollettino, 5/1969, 37.33 Bollettino, 5/1969, 49. Altre visite pastorali

a Ejanina, Vaccarizzo Albanese, Plataci nella con-trada di Fontana Picara, S.Basile, S.Sofia d’Epi-ro, Civita, Castroregio, S.Paolo Albanese(A.Bellusci), Lungro (P.Tamburi). Resoconto del-le SS.Missioni a Firmo. Nelle visite: riaffermareil primato dell’evangelizzazione, della catechesi,

LAJME/NOTIZIE30 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

della liturgia e della carità; esortare il popolo cri-stiano a vivere la fede con l’ascolto della paroladi Dio, la partecipazione ai sacramenti e la testi-monianza di vita, espressa per mezzo della con-formità al Vangelo; riflettere ed approfondire itemi pastorali: laicato, famiglia, scuola, ammala-ti, anziani, emigrati, ecc.; prendere conoscenzapiù adeguata ed incoraggiare le opere assisten-ziali e scolastiche esistenti nelle singole parroc-chie; visitare gli edifici di culto e gli immobilidella chiesa; esaminare lo stato economico delleparrocchie e delle opere; verificare l

’archivio ed i registri parrocchiali” in Bolletti-no, 18-25/1980-1987, 169-171.

34 Bollettino, 5/1969, 74.35 Bollettino, 6/1969, 3-6.36 Bollettino, 6/1969, 34.37 Bollettino, 6/1969, 65-66.38 Bollettino, 6/1969, 83-88.39 Bollettino, 7/1970, 72.40 Bollettino, 7/1970, 113-126.41 Bollettino, 8/1970-1971, 77. Vedi anche Bol-

lettino, 12-17/1979, 136 e 181-182.42 Bollettino, 9/1971, 26-29.43 Bollettino, 9/1971, 84-90.44 Bollettino, 9/1971, 107-109. La recensione

del libro di F.Solano, Manuale di lingua albane-se, si trova nel Bollettino, 10/1972, 145.

45 Bollettino, 10/1972, 36-42. Le norme stabi-lite dalla CEI per i matrimoni misti sono in Bol-lettino, 10/1972, 48.

46 Bollettino, 10/1972, 58-59. Su questo argo-mento vedi anche Bollettino, 12-17/1979, 99. “Neldecreto di nomina della Commissione ho preci-sato che i suoi compiti si estendono anche al can-to liturgico ed all’arte sacra”.

47 Bollettino, 10/1972, 60.48 Bollettino, 10/1972, 62. Nelle pagine 82-88

viene riportato il telegramma inviato “Al SantoSinodo della Grande Chiesa di Cristo

– Patriarcato Ecumenico-Fener-Istambul” damons.G. Stamati, e la risposta in francese del Me-tropolita Meliton di Calcedonia. Segue anche lacronaca dei funeri. Nelle pagine 89-98 sono pub-blicati i telegrammi, reciproci, per la nomina delnuovo Patriarca Ecumenico Bartolomeo I.

49 Bollettino, 10/1972, 99-108.50 Bollettino, 10/1972, 110-116. Altre visite pa-

storali a S. Demetrio Corone il 21 gennaio 1973,S.Costantino Albanese il 4 febbraio 1973, a Mar-ri il 19 marzo, a S.Sofia d’Epiro, a Macchia Al-banese, a farneta il 18 agosto, vedi in Bollettino,11/1973, 86-90.

51 Bollettino, 11/1973, 25-26.52 Bollettino, 11/1973, 43-44.53 Bollettino, 11/1973, 57-61. C’è tutta la cro-

naca anche della visita a Piana degli Albanesi.54 Bollettino, 11/1973, 67-69. Questo è l’ulti-

mo Bollettino Ecclesiastico pubblicato da Mons.G. Stamati. Non si sa per quale motivo l’Eparchiaè rimasta all’oscuro non avendo pubblicato nul-la. Mons. Stamati ha continuato soltanto ad in-viare ai parroci le sue lettere-circolari.

55 Bollettino, 12-17/1979.56 Bollettino, 12-17/1979. 9-11. Mons. Mele

compì gli studi a Cassano Jonio e nel PontificioCollegio Greco. Venne ordinato presbitero il 7giugno 1908; fu parroco a Civita dal 1908 al 1913e poi a Lungro dal 1913 al 1919.

57 Bollettino, 12-17/1979, 11-22. Su questo temaMons.Stamati ritorna anche in Bollettino, 12-17/1979, 129 e 136. Il vescovo Stamati comunicaanche “la sua tumulazione definitiva in Cattedra-le, nella chiesa che lo vide pastore orante ed infa-ticabile, annunciatore del vangelo per tanti de-cenni”.

58 Bollettino, 12-17/1979, 29-3659 Bollettino, 12-17/1979, 31. Il vescovo ritor-

na su questo argomento anche in Bollettino, 12-17/1979, 123.

60 Bollettino, 12-17/1979, 40-144.61 Bollettino, 12-17/1979, 48. Tutti i documen-

ti per l’annessione all’Eparchia di Lungro dellaparrocchia di S. Michele Arcangelo in FalconaraAlbanese all’Eparchia di Lungro si trovano in Bol-lettino, 12-17/1979, 145-154: I. nulla-osta dell’ar-civescovo di Cosenza,; II. autorizzazione dellaS.Congregazione per le Chiese Orientali; III. au-torizzazione della S.Congregazione per i Vesco-vi; IV. decreto di annessione; V. trasferimento ca-nonico; VI.possesso canonico; VII. Lettera ai fe-deli di Falconara Albanese.

62 Bollettino, 12-17/1979, 108.63 Bollettino, 12-17/1979, 121 e 139.64 Bollettino, 12-17/1979, 142 e pp.155-158. Per

l’erezione della parrocchia del SS. Salvatore a Co-

LAJME/NOTIZIE 31Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

senza ci sono voluti questi documenti: 1.autoriz-zazione della S. Congregazione per le ChieseOrientali; 2.Decreto di erezione. Mons. Enea Se-lis ha detto che “la parrocchia del SS.Salvatoreimpreziosisce la Chiesa Cosentina“.

65 Bollettino, 12-17/1979, 165-176.66 Bollettino, 12-17/1979, 183.67 Bollettino, 12-17/1979, 186.68 Bollettino, 12/1979, 187-193. Questo è l’ul-

timo Bollettino Ecclesiastico di Lungro pubbli-cato da Mons. Giovanni Stamati e contiene 193pagine. Raccoglie in modo disordinato vari argo-menti dal 1973 al 1979. In ricordo della morte diMons. G. Perniciaro, vescovo di Piana degli Al-banesi, vedi Bollettino, 18-25/1980-1987, 49.

69 Bollettino, 18-25/1980-1987, 5-10. Le Cir-colari, sono precedute da un Indice tematico, cu-rato dal Papàs A.Bellusci, su incarico del vesco-vo Lupinacci. Papàs P.Tamburi, arciprete di Lun-gro, viene nominato Protosincello o Vicario Ge-nerale il 24 ottobre 1985, vedi Bollettino, 18-25/1980-1987, 149. “La presenza del Vicario Gene-rale non introduce una diarchia nella Diocesi, maesprime un’unica diaconia e autorità, quella delVescovo, sebbene con diversi soggetti, diretta allacrescita e maturazione del Corpo di Cristo”.

70 Bollettino, 18-25/1980-1987, 21. In questaCircolare Mons.Stamati scrive anche sulle primecomunioni e sulla Giornata di preghiera contro laviolenza. Sulla Santa Pasqua, il vescovo scriveanche un’altra circolare, vedi Bollettino, 18-25/1980-1987, 41.

71 Bollettino, 18-25/1980-1987, 25. Scrive, inol-tre, sulla consultazione elettorale e sui seminari-sti.

72 Bollettino, 18-25/1980-1987, 27.73 Bollettino, 18-25/1980-1987, 33. Altre tema-

tiche in questa circolare: Credere ed insegnare e

“Ero infermo e siete venuti a visitarmi”.74 Bollettino, 18-25/1980-1987, 47.75 Bollettino, 18-25/1980-1987, 75. Altre tema-

tiche: Collaborazione del clero, chirotonia sacer-dotale al diacono O. Donato il 27 ottobre 1982.Sui problemi pastorali “urgenti”, vedi Bollettino,18-25/1980-1987, 129-130.

76 Bollettino, 18-25/1980-1987, 98.77 Bollettino, 18-25/1980-1987, 106.78 Bollettino, 18-25/1980-1987, 139. Auguri

del vescovo per il 50° di sacerdozio di PapàsG.Ferrari, Papàs Pierino Tamburi e Papàs Vin-cenzo Matrangolo, in Bollettino, 18-25/1980-1987, 163-164. “Ognuno di voi è stato per lun-ghi decenni segno vivente dell’amore di Dio, unsegno tanto più valido, quanto più la vostra ope-ra è stata suggellata dalla continua testimonian-za di fedeltà a Cristo ed alla Sua Chiesa, Corpodi Cristo. È un arco di tempo, mezzo secolo, in-tessuto di gioie e di dolori, di sacrifici e di spe-ranze, di vittorie ma anche di apparenti sconfit-te, ma ciò che tutto ha impreziosito e condottoall’unità è stato il vostro amore a Cristo e alleanime, che vi è stato infuso ai piedi dell’altaredallo Spirito Santo nel giorno della vostra Chi-rotonia sacerdotale”.

79 Bollettino, 18-25/1980-1987, 180-193. Se-guono nove circolari inviate al clero dall’archim.Pierino Tamburi, Vicario Generale, dal 28 mag-gio al 15 dicembre 1987, in cui scrive: “Mi pre-muro di portare a conoscenza del rev.mo Clero edei Fedeli dell’Eparchia di Lungro che in dataodierna, 15 dicembre 1987, Sua Santità Giovan-ni Paolo II ha nominato Vescovo di questa Epar-chia, rimasta vacante con la morte di S.E.Rev.maMons. G. Stamati, S. E. Mons. Ercole Lupinac-ci, trasferendolo dalla Eparchia di Piana degliAlbanesi”.

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LAJME/NOTIZIE32 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

Una tensione assolutamente diversa fuquella propria dei vescovi locali i quali, permolteplici motivi, ebbero, a partire dal XVIsecolo, atteggiamenti meno ‘aperturistici’ edaccoglienti di quelli della curia romana. Iltravaglio spirituale che caratterizzò la ricer-ca di alcuni membri della chiesa non vennecondiviso da quasi nessuno dei vescovi resi-denti nel regno borbonico Infatti questi sidistinsero per i loro atteggiamenti, il più del-le volte intolleranti, legati alla paura del ‘con-tagio’, al timore cioè che il ‘pestifer abuso’della presenza dei greci e delle loro tradizio-ni si estendesse alla parte ‘sana’ dei fedelidelle loro diocesi.

Pietro Pompilio Rodotà offre un quadro net-to della mentalità di questi vescovi: dopo averaffermato che “i sommi pontefici siensi stu-diati di svellere gli abusi, e i disordini natinelle chiese degli albanesi..., e che abbianoanche ristretto e limitato per giusti motivi ilrito greco, è cosa certa e fuori d’ogni dubio”1,egli sostiene con vari argomenti la colpa del-l’intervento dell’episcopato locale nelle fac-cende di quelle popolazioni avvenuto in con-trasto con Roma, in quanto nessun papa pen-sò “a supprimerlo (il rito greco), e ad espres-samente vietarlo… a vista delle lettereapostoliche colle quali sono venuti in soc-

(continua da Lajme n. 3-2011, pag. 34)

I RAPPORTI TRA LA CHIESA DI ROMA, I VESCOVI CALABRESIE LE COMUNITÀ ITALO-ALBANESI NELLA SECONDA METÀ

DEL XVIII SECOLO.IL TENTATIVO DI LATINIZZAZIONE

DI DON GIULIO VARIBOBBA A SAN GIORGIO ALBANESEdi Paolo Rago

L'ATTEGGIAMENTO DEI VESCOVI LOCALIcorso del medesimo rito contro… le impor-tune opposizioni de vescovi e parrochi lati-ni, non che de baroni locali, i quali non la-sciavano di combatterlo in varie maniere, ed’inquietare acerbamente e molestare i suoiseguaci. Primieramente i vescovi latini nul-la, o pochissimo intesi di un rito novello, népotendola far da maestri sopra le cerimonieorientali, erano obbligati ad una special sol-lecitudine. Per iscuoterla, andavano in trac-cia di mezzi opportuni d’estinguerne la me-moria; non mancando loro speciosi pretestidi colorire sott’il finto manto di zelo, lanatural ripugnanza2. In secondo luogo, iparrochi latini avidi d’aumentare gliemolumenti, e dilatare la giurisdizione, im-piegavano tutti gli artifizj per condurre glialbanesi al rito della chiesa romana”3; evi-dentemente questi ultimi dovevano agire instretto contatto con i loro rispettivi vescovi.

Anche il Dorsa, parlando dei vescovi lati-ni, non da un quadro positivo del loro opera-to. Infatti, scrive: “…i prelati latini intromessia conoscer dè nuovi popoli, perché ne igno-ravano la disciplina e le consuetudini rispet-tate dalla chiesa, contrastavano a laici l’usodella comunione sotto ambedue le specie, aisacerdoti la consacrazione nel pane fermentato,ai preti ammogliati il ritenere le loro mogli

LAJME/NOTIZIE 33Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

colle quali aveano contratto matrimonio pri-ma di ascendere agli ordini sacri, al popolotutto finalmente anche il battesimo conferitoin rito orientale, pretendendo persino che siripetesse nel rito latino”4.

Tutti questi abusi di autorità verrannodettagliatamente documentati più avanti.Quello che preme ora ricercare sono le ra-dici profonde di una tanto manifesta ostili-tà. A tale riguardo il Peri afferma: “Un at-teggiamento del genere, non è facilmentespiegabile senza una marcata incomprensio-ne e una istintiva avversione per le manife-stazioni di un rito, che si sentiva estraneo alproprio e quasi per natura più imperfetto”5.Ed ancora il Peri afferma: “...nella generaletendenza, talvolta portata ad interventicanonicamente non ineccepibili... giocava...il diffuso desiderio dell’epoca di una unifor-mità liturgica e disciplinare oltre chedottrinale, vista come traguardo ed aspirazio-ne somma ad una ‘forma di vita cattolica’”6.

Si può ben comprendere così la radice diquell’inimicizia, che il Peri chiama in ma-niera eufemistica, incomprensione: egli so-stiene che “quanto di solito si rimprovera adalbanesi e greci (era)… individuato soprat-tutto nel visibile divario... del loro ritualenell’amministrare i sacramenti e nelle ceri-monie cultuali, rispetto alla corrispondenteprassi latina nelle forme canonizzate aTrento... alle caratteristiche proprie di qual-che forma sacramentale e di qualche atteg-giamento tenuto alle sacre funzioni”7.

Oltre alle differenze rituali, GiuseppinaVeneziano intravede un altro motivo: affer-ma che la venuta “di nuova gente in Italia colrito religioso diverso dal latino suscitò pre-occupazione tra gli ecclesiastici latini, chetemevano un confronto tra i due riti e vede-vano nei profughi il pericolo di rivendicazioni

e di scissioni tra i cattolici... Senza tregua ivescovi e i prelati latini incominciarono invari modi a perseguitare gli Italo-albanesi, adostacolarli nella professione del rito, a con-siderarli eretici. Ignoranti o quasi della litur-gia greca e del suo significato, paragonava-no ogni manifestazione di essa ad altrettantiatti d’insubordinazione e vedevano nei sacer-doti greci i continuatori di Fozio e Cerulario”8.

Infatti i vescovi locali erano ancora dellaconvinzione, tramandata nei secoli, che igreci fossero “quasi semper... schismatici”9

perché si ostinavano a non riconoscere lasupremazia pontificia ed il primato del ve-scovo di Roma. Dice il de Vries: “Il primatogià al tempo di Gregorio VII appare comeuna verità di fede, vale a dire una verità fon-damentale per la concezione della chiesa. Chinon obbedisce in tutto e per tutto al papa, nonè soltanto scismatico, ma anche eretico”10.Evidentemente nella formazione teologico-religiosa dei membri dell’episcopato, siacuriale che locale, questo elemento dovevaavere un’importanza non secondaria, tantoche continuò ad essere tramandata la diffi-denza verso i greci11, confondendo pertanto“coloro che professavano il rito greco, senzadistinguere coloro che erano di sincera fedecattolica, come gli albanesi si professavano”12.

Ma un altro motivo di ostilità verso gli italo-greci era dato dalle loro ripetute richiesteespresse riguardo l’ordinazione di un vesco-vo cattolico nel loro rito. Si temeva fortemen-te che una tale concessione avrebbe raffor-zato i sentimenti patriottici ma anche legitti-mato il desiderio di essere finalmente unacomunità autonoma nel regno borbonico.

Diversamente da quel che si può pensarele resistenze maggiori non vennero tanto dalre, il quale pure temeva rivolte e spaccaturetra i suoi sudditi, bensì dal vescovo di

LAJME/NOTIZIE34 Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

Rossano “il quale preferì che si istituisse uncollegio per la formazione dei giovani, pen-sando così di risolvere quello che si credevail problema maggiore, piuttosto che i affron-tare, nella propria diocesi, una convivenzacon un vescovo greco”13.

Accanto a questa ragione bisogna altresìtenere presente che la creazione di una dio-cesi greca, sede dell’ordinario, avrebbe com-portato una riduzione delle terre apparte-nenti alle limitrofe diocesi latine: questi dueproblemi non erano certamente indifferentie senza peso, ed è proprio la paura di unaperdita di prestigio da parte degli ordinarilatini che spiega in parte le ragioni, di tanteindebite interferenze, giustificate spessocome necessarie per preparare “il ritorno deiseparati alla casa comune ...”14. Tuttavia que-sto tipo di intervento non aveva esattamentefinalità pastorali o ecumeniche: al contrarionon si era affatto disposti a tollerare una pre-senza estranea che molti consideravano scan-dalosa. Per questo motivo, e talvolta anchein modo molto poco religioso, si cercò for-zatamente di convertire quelle comunità gre-che al predominante rito latino.

L’uniformità religiosa era, infatti, conside-rata il toccasana per poter risolveredefinitivamente il problema della presenzadegli italo-greci “traités par le clergé latincomme des rebelles à l’autorité religieuse”15.E per realizzarla “le clergé latin ne voit qu’unmoyen: c’est de réaliser l’unité liturgique. Ila peine à concevoir l’unité possible dans ladiversité des rites. Le Saint-Siège plusrespectueux des traditions anciennes, s’op-pose à une assimilation trop rapide. Mais cetteprotection lointaine reste le plus sovent inef-ficace. D’ailleurs, tout conspire en faveur desLatins: l’ignorance et la misère du clergé grec,la difficulté de le recruter, la disparition pro-

gressive de la langue; l’adoptions de certainsusages latins, en effaçant de plus en plus lesdifférences entre les deux rites, enlève touteraison d’être au rite grec, et hâte le momentoù il doit être absorbé par le ritelatin”16.Questo tipo di mentalità si radicò neisecoli e nel ‘700 divenne un ‘modus vivendi’in particolare per quei vescovi che appoggia-rono, tacitamente o no, tutti quei monaci esacerdoti che ‘spontaneamente’ chiedevanodi ottenere il passaggio di rito17.

1 RODOTA, PIETRO POMPILIO, Dell’origine pro-gresso e stato presente del rito greco in Italia..., Roma1760, v.2, p.59.

2 Il Cotroneo (COTRONEO, Rocco, Il rito greco inCalabria, Reggio Calabria, 1902, pp.25 e ss.) esprimeun parere completamente diverso sulle responsabilità deivescovi latini ed afferma che la decadenza delle tradi-zioni greche fu dovuta esclusiva­mente a motivi “che siriscontrano nel grecismo stesso”; è uno dei pochi a nonavere dubbi sull’operato della gerarchla latina ed a giu-stificare pienamente le iniziative degli episcopati locali.Egli anzitutto afferma che “la chiesa scismatica orienta-le, gli scrittori eterodossi e qualcuno anche dei nostri,ne incolpano i prelati calabresi. La storia mostra tutt’al-tro ed è necessario rilevarnelo. Le cause vere si riscon-trano nel grecismo stesso: altre remote ed altre prossi-me”. A suo parere, uno dei principali motivi fu che “lepopolazioni, rispecchiando nel celibato dei sacerdotilatini miglior coerenza e corrispondenza del natio senti-mento alle aspirazioni della loro fede, assimilassero gliaffetti del cuore e manifestassero esternamente nel cul-to la loro religiosità e la devozione a Dio meglio nei ritilatini che nei greci: praticati da sacerdoti che avevanofamiglia, moglie e figli, e quindi più intenti agli interes-si familiari e propri che a quelli della chiesa”. A questoaggiunge che la scoperta del capo di Buona Speranzainterruppe i contatti che da secoli si erano instaurati trale due sponde dell’Adriatico lasciando così isolati i pro-fughi che avevano trovato rifugio in Italia o elencatiquesti motivi, egli deduce l’infondatezza delle afferma-zioni di coloro che sostengono che “i prelati latini…non curarono punto lo studio del greco; e poi persegui-tando ciò che di greco vi restava nelle popolazioni, ne

LAJME/NOTIZIE 35Gennaio - Aprile 2012

EPARCHIA

affrettarono il tramonto. Nulla di più falso: il rito grecosparì, …per colpa propria dei greci,…”. Anzi egli sotto-linea e rileva “le premure della chiesa latina, perché ilrito greco si conservasse nella pienezza ed interezza dellafede cattolica, anche come segno di difesa contro i grecieterodossi,…”, dove per chiesa latina egli si riferisceunicamente alla gerarchia locale. Questa appassionatadifesa della chiesa latina sembra, in realtà, non corri-spondere pienamente a quelle che furono le forme diintervento della chiesa stessa nei riguardi del rito greco:la quasi unanimità degli scrittori - compresi quelli con-temporanei del Cotroneo - è concorde nel riconoscere leconseguenze negative che ebbe l’intervento delle auto-rità ecclesiastiche locali nelle tradizioni degli italo-albanesi. Per questo motivo, l’analisi del Cotroneo ècarente di valore storico poiché non rende lo spessorereale dei fatti e nasconde questi dietro una patina di cor-rettezza a cui è inopportuno ed inefficace prestare fede.

3 RODOTA, P.P., Op.cit. v.3, p.59.4 DORSA, V., Op.cit., pp.100-101.5 PERI, V., La Congregazione dei greci...,p. 163.6 PERI, V., La Congregazione dei greci,.., p.191.7 PERI, V., Chiesa latina e chiesa greca..., p.3758 VENEZIANO, G., Op. cit., pp.94-959 KOROLEVSKIJ, CIRILLO, Le vicende ecclesia-

stiche dei paesi italo-albanesi della Basilicata e dellaCalabria, in “Archivio storico per la Calabria e laLucania“, a.l, 1931, p.51.

10 VRIES, W. (de), Op.cit., p.77.11 Cfr. SCHILIRO’, BIAGIA, L’istituzione della dio-

cesi di Lungro, Tesi di laurea 1980-1981, Facoltà dilettere e filosofia, Roma, p.20.

12 SCHILIRO’, B., Op.cit., pp.20-21.13 SCHILIRO’, B., Op.cit., pp.91-92.14 VRIES, W. (de), Op.cit., p.153.15 GAY, J., Op.cit., p. 494.16 GAY, J., Op.cit., p.494. Anche il Fortino, parlando

della latinizzazione avvenuta nella prima metà del 1600a Spezzano Albanese, afferma che con l’imposizionedel rito latino “... tramontava una tradizione che forseper molti era di fastidio,.. Tutta l’Italia era latina e sipensava che era logico che ci si conformasse con la mag-gioranza... Questa era una soluzione apparentementefacile... gradita anche a Roma perché si evitava il com-plesso di lavoro per offrire l’istruzione adeguata e l’or-ganizzazione necessaria per le comunità albanesi...”,FORTINO, ITALO COSTANTE, Lati­nizzazione diSpezzano Albanese, in “Zgjimi“, n.l, Cosenza 1971, p.15. A mio parere, il pensiero del Fortino pecca di ob-

biettività verso la posizione di Roma: è pur vero che cifurono spesso dei silenzi prolungati ed ingiustificati dellaCuria, come pure è vero che furono molto pochi i mem-bri dei dicasteri vaticani che manifestarono una qualchesensibilità al problema di questa minoranza. Ma è al-trettanto innegabile lo sforzo di tolleranza e compren-sione - con tutti i limiti che si vogliono - intrapreso dauna parte delle massime gerarchie ecclesiastiche pervenire il più possibile incontro ai bisogni di quei fedeli(v.Cap.II p.35 ss). La creazione del Corsini sarà dunqueil punto di arrivo di un cammino iniziato al tempo delCardinal Santoro. E’ perciò difficile esprimere un giu-dizio netto e definitivo sull’operato del Vaticano neiconfronti degli italo-albanesi. Quello che è certo è che aRoma, in taluni ambienti, si guardava con simpatia almantenimento del rito greco anche se spesso non ci simosse con la dovuta determinazione che questa simpa-tia avrebbe dovuto suscitare.

17 (50) V. Cap. II, p.104 ss.

Pubblicazionedell'Eparchia

LAJME/NOTIZIE36 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

Vorrei indicare di seguito alcune consi-derazioni pastorali emerse dal Convegnonazionale di pastorale giovanile svoltosia Roma dal 10 al 13 novembre 2011.

Nella prima parte delle riflessioni seguen-ti sono indicate alcune prospettive pa-storali che possono essere utili per i pros-simi anni.Nella seconda parte ci sono dei suggeri-menti operativi che ovviamente ognu-no valuterà e utilizzerà come meglio cre-de.

La Conferenza episcopale italiana ha in-dicato per i prossimi anni alcune linee diimpegno pastorale attraverso il documen-to “Educare alla vita buona del Vangelo -Orientamenti pastorali dell’episcopatoitaliano (2010-2020)”; in particolare il de-cennio sarà articolato nel seguente modo:- Educazione cristiana e comunità eccle-siale (2011-2015)- Educazione cristiana e città (2016-2020)

Il quinquennio 2011-2015 ha una ulterio-re scansione temporale· la formazione cristiana degli adulti edella famiglia (2012)(2012-2013) Anno della fede· gli educatori nella comunità cristiana

Prospettive pastorali e suggerimenti operativiper una Pastorale Giovanile rinnovata

(a cura di P.Elia Hagi)

(2013)· i destinatari dell’iniziazione cristiana (2014)· gli itinerari e gli strumentidell’iniziazione cristiana (2015) (dal comunicato finale del Consiglio per-manente della CEI del 26 – 29 settembre2011)

Nel mese di Novembre 2015 si svolgeràil Convegno ecclesiale nazionale di metàdecennio a Firenze

Prospettive pastorali

1) CRESCERE INSIEME e la stradadella COMUNIONE ECCLESIALE

La strada del crescere insieme è l’unicastrada percorribile per rispondere al co-mandamento dell’amore consegnatoci daGesù e per condurre un’esistenza auten-ticamente umana. La Santissima Trinità,l’amore e la comunione trinitaria sono lafonte ed il modello di ogni azione pasto-rale.La difficoltà di crescere insieme, il pre-valere dell’individualismo che diventaindifferenza ed egoismo spesso nasce dal-la non conoscenza e quindi dalla paura.L’individualismo abita anche la comuni-tà cristiana generando una carenza di co-

LAJME/NOTIZIE 37Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

munione. Una comunità cristiana divisanon testimonia l’amore, non annuncia,non evangelizza e quindi non educa legiovani generazioni.Il cammino della comunione è il cammi-no della chiesa; la chiesa è un mistero dicomunione. Gesù ha pregato il Padre perla comunione, perché “siano una cosasola”.La comunione, l’amore, l’unità sono lameta non solo della chiesa ma di tutta lasocietà e l’umanità.Per crescere insieme è necessario un cli-ma di simpatia e di fiducia; ogni cristia-no e tutta la comunità cristiana deve guar-dare il mondo ed ogni uomo e donna consimpatia.Lo stile di comunione deve essere vissu-to sia all’interno della comunità cristia-na sia negli ambienti di vita; a scuola, al-l’università, sul posto di lavoro, nell’im-pegno politico i cristiani sono chiamati adare testimonianza d’amore e di unità.L’educazione, il grande tema dei prossi-mi dieci anni, ha bisogno di relazioni equindi di comunione.Un attento lavoro di comunione e dicorresponsabilità è garanzia di una pa-storale capace di educare.La comunione è un dono di Dio che vachiesto con la preghiera.La comunione costruisce la Comunità cri-stiana come una casa accogliente per igiovani; in casa si respira un ambiente difiducia, c’è posto per tutti, c’è ascolto, sisperimenta la fraternità, il dialogo, il per-dono.La Comunità cristiana è una sorta di se-conda famiglia.

L’Eucarestia costruisce la comunione equindi la Comunità cristiana. Gli organi-smi di partecipazione come i Consiglipastorali aiutano la comunione. La comu-nità cristiana per eccellenza è la diocesi,raccolta intorno al vescovo; all’internodella diocesi vivono altre comunità: leparrocchie, le comunità di vita consacra-ta, le aggregazioni laicali etc…Crescere insieme significa molte cose:

Crescere insieme fra giovaniCrescere insieme fra giovani e adultiCrescere insieme fra docenti e alunniCrescere insieme fra dipendenti e

datori di lavoroCrescere insieme con chi è stranieroCrescere insieme fra Centro, Nord e

Sud ItaliaCrescere insieme fra uomo e donnaCrescere insieme con chi è malatoCrescere insieme fra credenti e non

credentiCrescere insieme fra associazioniCrescere insieme con chi è disabileCrescere insieme fra parrocchieCrescere insieme fra istituti di vita con-

sacrataCrescere insieme con chi soffre e con

i poveri…

2) I RAGAZZI, gli ADOLESCENTI, iGIOVANI e la (co)EDUCAZIONE

La prima caratteristica della pastoralegiovanile consiste nel fatto di essere“giovanile”; ciò vuol dire che i ragaz-zi, gli adolescenti, i giovani non sono ipuri destinatari di una proposta bensì

LAJME/NOTIZIE38 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

sono parte attiva, protagonisti dell’at-tività pastorale ed educativa.In questo, in un certo senso, la pasto-rale giovanile si differenzia grande-mente dalla pastorale dei bambini incui è invece prevalente il fatto che ilbambino è per lo più destinatario del-l’azione pastorale, e quindi educativa,dell’adulto; questa considerazione èdecisiva per chi desidera mettersi alservizio della pastorale “per” e “con”i giovani. È importante che sia ra-gazzi, adolescenti, giovani e adulti simettano quindi in un atteggiamento dico-educazione, cioè di disponibilità acrescere insieme, ad educarsi recipro-camente, ovviamente nel rispetto delfatto che gli adulti hanno esperienzadi vita superiore.Il rapporto pastorale e quindi educativorimane comunque un rapportoasimmetrico, nel rispetto dei ruoli; gliadulti hanno una responsabilità preci-sa nei confronti delle giovani genera-zioni; un genitore non può essere l’ami-co del proprio figlio; analogamente uninsegnante o un educatore non ha lostesso ruolo dell’alunno o del ragaz-zo.Il mondo adulto trova il senso delproprio essere nel servizio alle gio-vani generazioni, nella capacità digenerare, fisicamente, culturalmen-te, spiritualmente.L’Educatore ma anche il genitore, l’in-segnante, il sacerdote non può pensaredi “assimilare il ragazzo, l’adolescen-te, il giovane ad una bottiglia vuota dariempire; esso è piuttosto una

pianticella da aiutare a crescere, un fuo-co di brace da alimentare affinché di-venti una grande fiamma”.L’Educatore è prima di tutto una per-sona che ascolta i desideri dei giovani.All’educatore spetta il compito

di costruire la comunionedi essere attento ai singolidi dare senso a quello che si sta fa-

cendodi valorizzare le persone e le loro

qualitàdi verificare il camminodi testimoniare la propria fede do-

nando pace, tranquillità, passione.L’educatore non deve sostituirsi al gio-vane, deve incoraggiarlo, fare insiemea lui, dare speranza, aiutare a scoprireGesù presente nella vita di ognuno.“È più facile comprare una pizza giàfatta ma è infinitamente più bello ededucativo impastare, tirare la sfoglia,preparare, accendere il forno, cuoce-re…”.I ragazzi, gli adolescenti, i giovani, de-vono imparare a prendersi delle respon-sabilità, ad esprimersi, a fare proposte,a mettere a frutto i propri talenti per ilbene di tutti.

3) ESPERIENZA, RACCONTO,ASCOLTO, STUDIO

a) L’esperienza.

Il luogo dove ordinariamente i ragazzi, gliadolescenti, i giovani possono crescere in-sieme e incontrare Dio e dove Dio ordina-riamente si rivela è la vita stessa dei ra-

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CRONACA

gazzi, degli adolescenti, dei giovani.Dio si è incarnato nella vita delle perso-ne, nell’esperienza quotidiana; è possi-bile incontrare Gesù, vivo, oggi. Le espe-rienze più forti e significative sono leesperienze di relazioni con le persone:l’amicizia, l’amore, il rapporto con i ge-nitori, con i coetanei, con i fratelli, conun adulto i rapporti affettivi, i rapportiprofessionali, i rapporti di gruppo; è al-trettanto importante il rapporto con sestessi, l’esperienza del silenzio, il rappor-to con il creato, l’esperienza della bel-lezza. Fra le esperienze più significative,in cui la presenza di Dio è più evidente,ci sono le esperienze dell’innamoramen-to, l’esperienza dell’incontro con chi sof-fre, il servizio, il dono di sé, le esperien-ze di fede comunitarie, dell’eucarestiadomenicale, di ritiri e degli esercizi spi-rituali, di grandi raduni giovanili. Leesperienze non possono essere improv-visate: vanno preparate, progettate, vis-sute e successivamente verificate ed ap-profondite, studiate.Per vivere esperienze fatte di incontri ènecessario “andare”, uscire dalle sedie dailocali parrocchiali. In molti casi è suffi-ciente andare insieme nei luoghi della sof-ferenza, con i poveri, nei luoghi della cul-tura, in casa di una famiglia, in una casareligiosa, andare nella natura.Progettare esperienze significa moltissi-me cose, l’importante è che siano volutee scelte insieme ai ragazzi, agli adole-scenti, ai giovani stessi, siano alla loroportata, all’educatore spetta il compito didare quello slancio profetico e rassicu-rante che viene dalla fede e dall’esperien-

za dell’educatore stesso; è lui che, nelnome della provvidenza sa osare qualco-sa in più.Il mondo del Web, così frequentato daigiovani, chiede ovviamente una continui-tà nella vita concreta, nelle esperienze in-carnate, corporali.

b) Il racconto e l’ascolto

Un modo per verificare ed approfondireun’esperienza è quella di raccontare. Ilracconto di qualcuno prevede l’ascolto diqualcun altro. Raccontare la propria vita,ciò che accade in famiglia, a scuola, al-l’università, nel posto di lavoro, le sen-sazioni, i sentimenti, aiuta a cogliere lapresenza di Dio. Dal racconto e dal-l’ascolto scaturisce un dialogo co-educativo. Il racconto e l’ascolto posso-no avvenire a vari livelli: nei gruppi gio-vanili, fra un giovane ed un educatore,fra un insegnante e un alunno, fra geni-tore e figlio, fra un giovane ed un sacer-dote; in fondo l’accompagnamento spi-rituale ed il Sacramento della Riconci-liazione hanno alla loro base una relazio-ne di racconto e ascolto. I ragazzi, gliadolescenti, i giovani e i loro educatoriche desiderano fare un cammino di fededevono essere disponibili a raccontarsi ead ascoltare.Un racconto ed un ascolto particolaree significativo è quello della Parola diDio. Nella Bibbia Dio si racconta e ciinvita ad ascoltarlo. I ragazzi, gli ado-lescenti, i giovani devono avere inmano il Vangelo. Il Vangelo della do-menica, la lettura dell’apostolo della

LAJME/NOTIZIE40 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

Divina Liturgia domenicale devono es-sere presenti nella vita dei giorni dellasettimana. Le letture domenicali devo-no essere riprese dai singoli e dai grup-pi, anche attraverso l’omelia del parro-co e diventare nutrimento e luce. Nellenostre case dovrebbe esserci, aperta inevidenza, la Bibbia con il vangelo del-la Domenica.E’ importante ricordare che a seconda del-le età della vita, i ragazzi, gli adolescen-ti, i giovani amano fare esperienze diver-se e soprattutto raccontano in modo di-verso; volendo semplificare, potremmodire che i ragazzi raccontano soprattuttocon il corpo, muovendosi, facendo, conle proprie mani, disegnando, costruendo;da adolescenti si racconta anche con ilcuore, con le emozioni, con gli oggetti, isimboli che richiamano i sentimenti for-ti; da giovani si racconta anche con lamente, con la ragione, con le idee ed iconcetti. Non è possibile e non è rispet-toso della crescita della persona bruciarele tappe evolutive, vivere con i ragazziesperienze unicamente concettuali né vi-vere con i giovani situazioni solo corpo-rali ed emotive.

c) Lo studio

L’esperienza, l’incontro con la persona,il racconto, l’ascolto ed in particolarel’ascolto del Vangelo suscitano in generedomande che generano una ricerca. Stu-diare insieme, studiare da soli, per rispon-dere a noi stessi e dare ragione della no-stra speranza.I ragazzi gli adolescenti, i giovani vanno

aiutati a conoscere ed usare insieme e per-sonalmente la Bibbia ed il Vangelo.Il catechismo magari rinnovato per ave-re anche contenuti legati alla specificitàdel nostro rito bizantino, proporzionatialla comprensione dei ragazzi, il Catechi-smo della Chiesa cattolica e i suoi sussi-di (YouCat), la Dottrina sociale dellachiesa, i testi del Concilio Vaticano II, ilibri della spiritualità cristiana devonoessere presenti nelle mani dei ragazzi,degli adolescenti e dei giovani.Progettare e vivere insieme esperienze,raccontarle, ascoltarle, studiarle alla lucedella Parola di Dio e dell’insegnamentodella Chiesa è un modo di crescere insie-me.

4) I RAGAZZI, gli ADOLESCENTI, iGIOVANI e i “FONDAMENTALI”della FEDE

Oggi la vita dei ragazzi, degli adolescen-ti, dei giovani è movimentata, rapida, va-ria; per questo motivo l’educazione deigiovani alla fede oggi deve passare attra-verso i fondamentali della fede; i fonda-mentali della fede, se fatti propri e calatinella vita, accompagnano il giovane intutte le molteplici situazioni in cui si tro-va a vivere.Si tratta di aiutare i ragazzi, gli adolescen-ti, i giovani a costruirsi una “casa inte-riore” ove poter abitare sempre, anchequando si è fuori casa, una casa interioreabitata da Gesù. La costruzione di que-sta casa interiore è una sorta di regola divita edificata con i fondamentali dellaFede.

LAJME/NOTIZIE 41Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

I fondamentali della fede sono l’amoreper Dio e l’amore per il prossimo.Il cuore delle Giornate Mondiali dellaGioventù sono in fondo degli aspetti fon-damentali della fede: volontariato,fraternità, Eucaristia, Riconciliazione,cattolicità, presenza del Papa e dei Vesco-vi, riconciliazione, gioia, testimonianza.I ragazzi, gli adolescenti, i giovani chehanno completato l’iniziazione cristianaconoscono già i fondamentali della fede;si tratta di farli diventare propri, parte in-tegrante della propria persona.Dio ha dato tutto se stesso per l’uomo, lasua salvezza, la sua felicità; Gesù nel mi-stero dell’incarnazione ha rivelato quan-to Dio ami l’uomo; ogni persona è unarivelazione dell’amore di Dio.Gli Atti degli Apostoli presentano i fon-damentali della prima comunità cristia-na: l’ascolto della Parola di Dio e l’inse-gnamento degli apostoli, la preghiera,l’Eucarestia, la fraternità, la carità, lacondivisione dei beni.Il Catechismo della Chiesa Cattolica èorganizzato in 4 capitoli che definisconoi fondamentali della fede: il Credo, i Sa-cramenti e la Liturgia, la morale e i diecicomandamenti, la preghiera.Il Concilio Vaticano II in fondo ripropone,nelle 4 costituzioni, i fondamentali dellavita cristiana:la Comunione nella Chiesa (LumenGentium)la Parola di Dio (Dei Verbum)La Liturgia e i Sacramenti (SacrosantumConcilium)L’Amore per l’uomo e la società(Gaudium et Spes)

E’ possibile individuare alcuni fondamen-tali:- La convinzione assoluta che Dio è Pa-dre, che ci ama in modo infinito, più diquanto noi immaginiamo, che ha dato ilsuo figlio unigenito, che desidera la no-stra felicità.- L’importanza del Battesimo.- La fede nella vita eterna.- L’appartenenza alla chiesa, la comu-nione con il vescovo.- La preghiera quotidiana.- La parola di Dio, letta, studiata, medi-tata.- Lo studio dei contenuti del Credo.- L’Eucarestia, in particolare la parteci-pazione attiva alla S.Messa domenicale.- Il Sacramento della Riconciliazione.- Un comportamento morale fondatosull’amore e illuminato dai dieci coman-damenti.- Lo stile evangelico della carità e delservizio, gratuito, in particolare verso ideboli e i sofferenti.

Suggerimenti operativi

La pastorale giovanile, in tutte le sueespressioni, gruppi, associazioni, orato-ri, movimenti, diocesi e parrocchie, ha al-cune affascinanti, potremmo dire,profetiche prospettive.· I ragazzi, gli adolescenti, i giovanisono chiamati a donare freschezza, novi-tà, semplicità, creatività, amore, pace,gioia, speranza alla comunità cristiana,parrocchie e aggregazioni, ed alla socie-tà intera. Ai giovani è chiesto di essereresponsabili nella costruzione di un nuo-

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CRONACA

vo modo di vivere, con un forte spirito dicomunione e di condivisione dei beni.· I ragazzi, gli adolescenti, i giovanisono chiamati ad offrire, attraverso la pro-pria testimonianza, il proprio servizio, ilproprio annuncio, a tutti i loro coetaneila possibilità di incontrare Gesù Salvato-re, vivente nella Chiesa; si tratta di cam-minare insieme a tutti i propri coetanei,ascoltando e raccontando, testimoniandola gioia di essere discepoli di Gesù, an-nunciando che solo nel Signore c’è feli-cità piena.Per percorrere queste due strade i ragaz-zi, gli adolescenti, i giovani insieme ailoro educatori potrebbero perseguire 2obiettivi.

1) Riscoprire l’Eucaristia domenicale,fonte della comunione, della testimo-nianza e della missione

Nella Divina Liturgia sono contenuti tut-ti gli aspetti fondamentali della vita cri-stiana (la comunità, la Parola di Dio, ildono di sé, la preghiera, la Riconciliazio-ne, la condivisione dei beni, l’Eucaristia,lo slancio missionario).La celebrazione dell’Eucaristia domeni-cale costruisce la Comunità cristiana.La Divina Liturgia della domenica donasenso e illumina tutto il giorno del Signo-re e tutta la settimana.Dall’Eucarestia domenicale può nascereun rinnovamento della vita di ogni per-sona e quindi della chiesa e della società.La celebrazione Eucaristica domenicaleè il cuore dell’anno liturgico che è ungrande percorso di educazione alla fede.

La celebrazione eucaristica rende le per-sone aperte alla vocazione, disponibiliverso un autentico slancio missionario,alla testimonianza nella scuola, nell’uni-versità, nel lavoro, nella politica.Tutti coloro che partecipanoall’Eucarestia domenicale devono sentir-si, in virtù del loro battesimo,corresponsabili nell’attività dievangelizzazione.

ConcretamenteLe Consulte diocesane di pastorale gio-vanile potrebbero attivare una riflessio-ne sull’Eucarestia domenicale e la parte-cipazione dei ragazzi, degli adolescentie dei giovani.La riflessione dovrebbe avere come obiet-tivo quella di raccogliere suggerimentipastorali operativi affinché l’Eucarestiadomenicale si sviluppi in tutte le suepotenzialità, nel dare senso alla domeni-ca, a tutta la settimana, all’eucarestia fe-riale, a tutta la pastorale giovanile.La riflessione dovrebbe coinvolgere igruppi giovanili, i consigli pastorali par-rocchiali, le associazioni, i movimenti, avari livelli, parrocchiale, di unità pasto-rale, vicariale.Un metodo potrebbe essere quello di par-tecipare concretamente all’Eucaristia do-menicale in una parrocchia diversa dallapropria.

2) Costruire la comunione educativafra genitori, insegnanti, educatori, gio-vani

Nella comunità cristiana e nella società

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CRONACA

c’è un mondo adulto che si è frantumato,è isolato e solo nel suo impegnoeducativo.La comunione educativa va realizzata pri-ma di tutto all’interno della Comunità cri-stiana e coinvolge persone di buona vo-lontà che amano i giovani e condividonoun certo progetto educativo.Genitori, insegnanti, docenti, educatori,imprenditori, politici, operatori della cul-tura hanno delle precise responsabilità neiconfronti delle giovani generazioni.I genitori in particolare, sono le primepersone che vanno aiutate e sostenute;con loro e intorno a loro va costruito ungrande sostegno educativo.Gli insegnanti e i formatori dei centri diformazione professionale hanno la pos-sibilità reale di incontrare un grandissi-mo numero di giovani.I ragazzi, gli adolescenti, i giovani stessihanno una grande responsabilitàeducativa verso i propri coetanei.L’associazionismo è già una grande ri-sorsa per la comunione educativa.Una vera comunione educativa che hacome protagonisti i laici, giovani e adul-ti, può raggiungere una grande quantitàdi ragazzi che ordinariamente non fre-quentano la comunità cristiana.

ConcretamentePer quanto riguarda i ragazzi e gli adole-scenti è assolutamente necessario coin-volgere, oltre agli insegnanti di religionecattolica, anche gli insegnanti di altre ma-terie laiche e i docenti dei corsi di forma-zione professionale; nella scuola e nellaformazione professionale sono presentitutti i ragazzi e gli adolescenti.Per quanto riguarda gli adolescenti e gio-vani è necessario coinvolgere imprendi-tori, persone legate al mondo del lavoro,docenti universitari.Circa la modalità di svolgimento ci sem-bra utile pensare a tempi prolungati, incui si sperimenta la bellezza di stare in-sieme, ad esempio giornate intere, unesempio potrebbe essere l’iniziativa Pas-so Parola a cui la nostra Pastorale Giova-nile ha aderito quest’anno.Le giornate dovrebbero avere lo scopo diparlare del dialogo educativo con i ragaz-zi, gli adolescenti, i giovani ed eventual-mente sfociare in alcuni progetti concreti.Le giornate dovrebbero svolgersi a varilivelli, parrocchiale, vicariale, di unitàpastorale, di diocesi. Un veicolo privile-giato per “entrare” nel mondo dei giova-ni è lo sport. Organizzare tornei sportiviè un buon punto di partenza per racco-gliere i ragazzi.

LAJME/NOTIZIE44 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

11 marzo 2012, Terza Domenica diQuaresima, della Santa e VivificanteCroce: la bella consuetudine di celebrarein tale significativa ricorrenza, che segnala metà del cammino penitenziale di pre-parazione alla Pasqua, la ‘Veglia diocesa-na di preghiera missionaria’, si è inseri-ta quest’anno nel novenario di devozionedella Comunità di San Benedetto Ullanoper il suo Santo Patrono, il Santo Abate diMontecassino, così intimamente legatoallo spirito del monachesimo basiliano.

Come negli anni precedenti, sono con-venuti a S. Benedetto Ull. da diverse Par-rocchie dell’Eparchia i gruppi, ora più orameno numerosi, di fedeli, religiose e sa-cerdoti, animati da spirito di comunione edi missionarietà, per pregare insieme, nelVespro solenne, con l’aiuto del sussidioapposito e del canto armonioso dei giova-ni seminaristi, accompagnati dal loro sol-lecito Rettore, Papàs Pietro Lanza, da pocoinsignito del Protopresbiterato, ed affian-cati nell’esecuzione corale dall’Arcipretedi San Demetrio, Papàs Andrea Quartaro-lo.

L’accoglienza dei “pellegrini”, affettuo-sa e calorosa, è avvenuta nella bella Chie-sa parrocchiale, splendente di ori, di luci,di sontuosi mosaici e pregevoli icone, (tracui imponente quella, identitaria, dellaMadonna del Buon Consiglio, che guidadall’Albania all’Italia i Padri fondatori del-la comunità, esuli per la libertà della lorofede in Cristo): in questa coinvolgente cor-

'In missione' a San Benedetto UllanoAngela Castellano Marchianò

nice, l’Archimandrita Donato Oliverio,Delegato ad omnia dell’Eparchia, e re-sponabile della Comunità parrocchiale, harivolto a tutti i presenti il suo benvenutoed il suo augurio di una partecipazione vivae consapevole ad un momento privilegiatodi preghiera comunitaria, penitenziale emissionaria insieme, nello spirito dellaCroce salvifica:

“Adoriamo la tua Croce, o Sovrano,

e glorifichiamo la tua santa Resurrezio-

ne”.

Egli, ancora, dopo aver presieduto la so-lenne concelebrazione del Vespro, mentrealcuni sacerdoti si rendevano fraternamentedisponibili per il sacramento della riconci-liazione, ha concluso il bell’incontro dipreghiera rivolgendo ai presenti la sua vi-vida e sapiente parola, improntata al tema,già individuato con i responsabili dell’Uf-ficio Missionario, “I soggetti ecclesialidella missione”, allo scopo di abbracciarein uno i tre aspetti fondamentali della mis-sione della Chiesa oggi: la Chiesa parti-colare, l’annuncio, l’educazione alla vitabuona del Vangelo.

Egli ha puntualizzato quindi che “…persoggetti ecclesiali si intende chi ‘fa’ laChiesa, e ancora prima chi ‘è’ Chiesa: l’ap-partenenza alla Chiesa ha inizio col Batte-simo e la Cresima ed è continuamente ali-mentata con l’Eucaristia, che edifica e pla-sma la Chiesa, come corpo di Cristo. Per-

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CRONACA

tanto, il popolo di Dio, tutto intero, è ilvero soggetto della missione salvifica equindi dell’azione pastorale della Chiesa.

Carisma costitutivo del popolo di Dio èil ministero ordinato (Vescovo, presbi-teri, diaconi), presenza sacramentale diCristo Pastore.

I fedeli laici, i coniugi cristiani, i mo-naci, le religiose, le associazioni e i mo-vimenti sono tutti “soggetti ecclesiali” erappresentano categorie con aspetti di par-ticolare significato ed importanza per lasocietà ecclesiale.

Il Vescovo è un battezzato che dalla vo-lontà misteriosa di Dio è stato chiamato adentrare nella ‘successione apostolica’ conil mandato specifico del Signore “Come ilPadre ha mandato me, anch’ io mandovoi”: nel disegno di Dio le “missioni” nonprovengono dal basso, dalla comunità chesceglie e decide, bensì dall’alto, dall’amoredel Padre che si dona.

Quale successore degli Apostoli, il Ve-scovo riceve dal Signore, cui è data ognipotestà in cielo e in terra, la missione diinsegnare a tutte le genti e di predicareil Vangelo ad ogni creatura, affinché tut-ti gli uomini, per mezzo della fede, del bat-tesimo e dell’osservanza dei comandamen-ti, ottengano la salvezza.

Il Vescovo è chiamato a svolgere il suoufficio apostolico come testimone di Cri-sto al cospetto di tutti gli uomini interes-sandosi non solo di coloro che già seguo-no Cristo, ma soprattutto di coloro che sisono allontanati dalla via della verità, op-pure ignorano ancora il Vangelo di Cristoe la sua misericordia salvifica….nella

Chiesa che gli è affidata è il primo evan-gelizzatore.

I presbiteri - Vitalità e slancio di an-nunciatrice del Vangelo della nostra Chie-sa dipendono per larga misura da una con-dizione: solo se il ministero apostolico delVescovo sarà aiutato, sorretto, da un nu-mero adeguato di buoni presbiteri, pos-siamo guardare con serenità all’avveniredel nostro popolo arberesh … il problemadelle vocazioni sacerdotali è dunque pri-mario, giacché saremo credibili nella mi-sura in cui siamo capaci di presentare inmodo forte ed entusisata l’ideale della vo-cazione, la bellezza di questo destino chepuò toccare ad ogni uomo : essere associa-to alla donazione sponsale di Gesù Salva-tore per il suo corpo che è la Chiesa.

Il seminario deve essere il cuore dellaChiesa particolare…”pregate dunque ilPadrone della messe che mandi operainella sua messe “ (Mt. 9,38).

Senza mai isolarsi dalla grande famigliadiocesana in cui è inserito e senza mai sco-raggiarsi di fronte alle difficoltà ed al pesodelle responsabilità affidategli dal Vesco-vo, il presbitero, nella certezza della po-tenza invincibile del suo Signore e con lafiducia piena nella energia inesauribile del-lo Spirito onnipotente, ha la forza di su-perare ogni ostacolo e di esercitare la suamissione anche in un mondo, come quelloodierno, pervaso da una cultura anti-evan-gelica accanita ed instancabile, perché

“invano cospirano i popoli contro il Si-gnore e il suo Messia”( Sal. 2, 1-2).

La presenza di sacerdoti coniugati nel-la nostra Eparchia è un’esperienza che ci

LAJME/NOTIZIE46 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

riporta ad un’antica tradizione della Chie-sa: essa arricchisce la comunità di un fermen-to e di un esempio di vita per tutti. Da qui lamolteplice responsabilità che abbraccia il cle-ro coniugato, nei confronti della propria fa-miglia e della comunità a lui affidata.

I monaci e le suore - La vita e la mis-sione di una Chiesa particolare dipendonoanche dall’autenticità e dal fervore con cuisono vissuti i carismi di speciale consacra-zione: si tratta dei monaci, delle monache,delle suore.

La nostra Eparchia enumera attualmentele suore Piccole Operaie dei Sacri Cuori ele suore basiliane Figlie di Santa Macrina,impegnate in particolare a svolgere la loromissione nella fascia educativa di bambinie giovani e nella vicinanza caritativa ai bi-sognosi. In ordine alla nuova evangelizza-zione oggi viene chiesto loro di aiutare asalvare e ad accrescere nel nostro popolo ilsenso di Dio e delle realtà invisibili, la ten-sione verso il Regno e lo spirito di preghie-ra nella linea della tradizione bizantina.

I coniugi cristiani - In virtù del sacra-mento del matrimonio i coniugi cristianisono costituiti in intima comunione tra loroper tutta la vita, per il reciproco bene, perla procreazione ed educazione dei figli allavita buona del Vangelo. S. Paolo presentail matrimonio cristiano, questa nuova real-tà, connettendolo al grande mistero del-l’unione fra Cristo e la Chiesa.

L’immagine della Chiesa-Sposa, del-l’unione cioè fra Dio e il suo popolo, ispi-ra tutta la celebrazione liturgica del ma-trimonio secondo il rito bizantino.

La famiglia cristiana è così guidata dalloSpirito ad una sempre crescente apertura,alla più vasta comunione ecclesiale. Essaè chiamata ad assumere il suo compito at-tivo nel campo dell’evangelizzazione(come proseguimento catechistico), dellavita liturgica (in particolare dei sacramentidell’iniziazione e della partecipazione allaLiturgia domenicale), della carità (nelle suevarie esigenze ed espressioni della vita ec-clesiale e sociale): tale operosità consape-vole della famiglia assume pienamente lasua dimensione apostolica e missionaria,che è l’ideale da perseguire costantementee pazientemente nella Chiesa, a partire dallerealtà parrocchiali in cui le famiglie sonopiù facilmente raggiungibili da parte deisacerdoti.

I fedeli laici - In virtù dell’ incorpora-zione a Cristo i fedeli laici partecipano altriplice ufficio sacerdotale, profetico e re-gale di Cristo. Tutti noi, che siamo rinatidall’acqua e dallo spirito, siamo diventa-ti “un sacerdozio regale e una nazionesanta”, con il compito appunto di “procla-mare le opere meravigliose di Dio”, che hachiamato l’umanità “dalle tenebre alla suaammirabile luce”.

La rinascita battesimale è il primo e fon-damentale titolo che abbiamo per ritenercigravati dell’incarico di evangelizzatori,che poi ciascuno dovrà svolgere nel suocampo specifico di vita e di impegno, nel-le forme richieste dal suo ministero e dal-la sua responsabilità ecclesiale, secondo idoni di grazia che gli sono propri.

Infatti, ricevendo nel battesimo la vitadivina, noi riceviamo anche un ‘mandato’nei confronti di tutti gli uomini che ci è

LAJME/NOTIZIE 47Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

dato di incontrare.Ai fedeli laici è particolarmente racco-

mandato di non temere di proporre la co-noscenza vitale di Cristo Salvatore a quan-ti ancora lo ignorano, a quanti il Signoremette sul loro cammino, professionale, so-ciale, comunitario e assistenziale.

Il Beato Giovanni Paolo II ricordava adogni battezzato di essere una lucerna, nonnascosta sotto il moggio ma elevata sullucerniere, a rendere presente Colui che èvenuto nel mondo per esserne la Luce.

I ‘movimenti’ ecclesiali - Negli ultimidecenni la cristianità italiana ha visto ilsorgere di varie e vivaci aggregazioni lai-cali con lo scopo di partecipare responsa-bilmente alla missione della Chiesa, comefonte di speranza e di rinnovamento perl’uomo e per la società.

Nella nostra Eparchia è presente e attival’Azione Cattolica: nello spirito del Sino-do è necessario che la formazione spiritua-le, nell’ottica della tradizione orientale, siaprivilegiata, affinché l’Associazione pos-sa divenire sempre più strumento autenti-co della missione della Chiesa ed affian-carne responsabilmente la catechesi perogni stagione della vita, in stretta unionecon la Gerarchia.

Dall’A.C. di Lungro attendiamo un aiu-to decisivo per il conseguimento dei no-stri traguardi apostolici e pastorali e perl’attuazione delle proposte operative in-dicate dai Sinodi, diocesano ed interepar-chiale.

Segni di speranzaE’ doveroso riconoscere da parte no-

stra che lo Spirito del Signore agisce nelle

nostre comunità: sia rinnovando l’azio-ne pastorale dei sacerdoti, sia suscitan-do una partecipazione più sentita ed at-tiva dei laici che ordinariamente fre-quentano la vita liturgica.

E’ certamente un segno di crescita nel-l’identificazione con la Chiesa, una mag-giore sensibilità per i bisogni dei fratellie per l’efficacia della preghiera comuni-taria.

Tanti sembrano essere i segni di spe-ranza: il laicato cresce, sostenuto anchedall’azione generosa del Clero, e vuolesempre più crescere, facendosi corre-sponsabile attivo di tutta la missione sal-vifica della Chiesa.”

Incoraggiati nello spirito dalle parolecalde e sincere del Delegato Oliverio edalimentati nel corpo da un piacevole rin-fresco, offerto nel salone parrocchiale dal-la comunità di S. Benedetto Ullano, gui-data dall’instancabile Suor Rosanna, tutti ipartecipanti alla ‘Veglia diocesana di pre-ghiera missionaria’ hanno preso la via delritorno verso le loro sparse parrocchie ‘bi-zantine’ quando ormai le ombre della seraerano calate sull’ampio panorama che dal-l’alto di quelle colline preappenniniche sipuò godere in ogni stagione dell’anno e cheapre il cuore ad un reale senso dell’Infinito.

S. Demetrio Corone, 25 marzo 2012 Festa dell’Annunciazione

LAJME/NOTIZIE48 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

I. Premessa.

Il volume “ I Thìa Liturghìa ke i MegàliEvdomàs” che presentiamo questa sera èscritto con note su pentagramma da donPasquale Ferraro ed è una veste armoni-ca nuova sia per le Melodie Bizantinedella Divina Liturgia di S. GiovanniCrisostomo che per i testi più conosciutie significativi della Settimana Santa.

Testo liturgico, musica e CD di ascoltoper conoscere, apprezzare e divulgare latradizione musicale religiosa orientalerielaborata attraverso uno studio armo-nico che la rende, per molti versi, nuovaed originale.

Nonostante abbia composto altre ope-re pubblicate ed eseguite per Coro ed or-chestra in vari contesti e circostanze, que-sto è una particolarità del nostro “Mae-stro” da quando nel nell’anno 2002 è sta-to insignito del tale titolo di compositoredal Pontificio Conservatorio di MusicaSacra di Roma.

E’ importante l’opera non solo perchéè ben riuscita e piacevole all’ascolto, maperché l’esperienza musicale trascorsadell’autore fa percepire all’uditore uncarattere artistico maturo che punta allaricerca del particolare e dell’inedito; inol-

Presentazione del testo di Don Pasquale Ferraro“ I Thia Liturghia ke i Megali Evdomas”

Lecce, 23 Marzo 2012Monastero delle benedettine

Relatore: Protopapàs Nik Pace

tre, cosa non trascurabile, perché attra-verso l’armonizzazione delle antiche me-lodie del testo della S. Messa si può par-tecipare la sensibilità sacerdotale del no-stro autore che non consegna solo un’ela-borazione musicale ma un vissuto incar-nato nella sua vocazione e formazione.

Paradosis, (tradizione) Competenza eVocazione religiosa sono i tracciati su cuidon Pasquale si muove ed anche le no-stre piste prendono il loro avvio per sco-prire le finalità pastorali del testo che sonodirette all’ambiente in cui egli vive e aicontesti comunitari da cui egli proviene.

Don Pasquale coordina a livello nazio-nale la pastorale dei migranti albanesi in

LAJME/NOTIZIE 49Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

Italia per conto della Migrantes dellaConf. Ep. Italiana, e per e con loro atten-to alla sensibilità religiosa orientale dacui questi proviene: lui stesso è infattiitalo-albanese, originario dell’EparchiaBizantina di Lungro in Calabria, pur es-sendo incardinato nella diocesi di Romae perciò inserito nel rito latino.

Questo connota la nostra opera e il suoautore, cioè non aggiunge ma inquadra ilperché della sua ricerca: in primis la mu-sica è il linguaggio ideale per la preghie-ra soprattutto quando corale diventa dia-logo con Dio e fra gli uomini, perciò stru-mento ecumenico per far veicolare nobi-li messaggi di speranza fra i popoli; poi,in secundis, perché rivela l’identitàformativa della persona che, come nelcaso del nostro autore, ritrova a doppiaelica annodate nel suo DNA il fatto diessere cresciuto, formato e maturato allascuola di sensibilità musicale bizantina.

Col suo impegno compositivo mira cosìad ‘affinare il gusto’, cito una sua espres-sione, per le antiche melodie che caratte-rizzano e identificano l’etnia italo-albanese emigrata in Italia già da più dicinque secoli e in cui è vivo il senso diappartenenza ad una cultura e religiositàorientale.

Quantunque lo studio nei vari conser-vatori l’abbia appassionato ai più grandinomi e movimenti della musica cosiddet-ta colta, classica o occidentale in lui hasempre risuonato il desiderio del confron-to o del riporto delle varie esperienze al-l’interno della propria e questa a sua vol-

ta accanto alle altre.

II Analisi dell’opera.I brani del nostro testo sono tecnicamen-

te una rielaborazione dei temi più cono-sciuti e popolari della Liturgia e della Set-timana Santa del rito bizantino, così comenella tradizione calabrese, siciliana, ecriptense in alcuni casi, sono presenti.

Questi vengono composti a quattro vocidispari per offrire una armonizzazione nuo-va per il genere, soprattutto per l’area gre-ca e sud balcanica da cui essi provengono.

Per creare queste armonizzazioni a piùparti, a detta degli studiosi più referenziatiin materia non solo è cosa difficile maanche ardua.

Lo afferma esplicitamente OttavioTiby, nelle note conclusive del suo volu-me “La musica Bizantina” teoria e sto-ria, Milano 1938, pag.201

“Allo stato odierno dell’arte musicaleBizantina, fondata sui rapporti armoniciquasi sempre diversi da quelli su cui èbasata la musica occidentale…,l’armonizzazione dei canti bizantini è inmolte circostanze cosa tecnicamente ar-dua, che diventa addirittura impossibilese si pensa ad un accompagnamento stru-mentale.”

Questo studioso ci tiene a precisare cosaè ‘armonizzazione’ e perciò aggiunge:

“la parola armonizzazione va intesa nelsenso moderno e più lato, non limitando-la perciò a certe forme elementari e pri-mitive di polifonia”.

Perciò, dice il Tiby:

LAJME/NOTIZIE50 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

“Chiaramente, bisogna avere le com-petenze adatte e poi una conoscenza pro-fonda del rito della liturgia e delle cosedell’Oriente in genere, dove accanto allamusica bizantina deve avere un princi-pale posto anche la sua storia”.

Il Nostro autore tecnicamente e teolo-gicamente preparato non affronta tale la-voro come si affronta una sfida, quasi avoler assoggettare a tutti i costi i temibizantini agli schemi tonali occidentali,snaturando le più tipiche espressioni ar-tistiche di quell’arte.

Sarebbe inconveniente, aggiungiamonoi, un tentativo del genere se si vuoleparlare di musica in ambienti musicali piùcolti.

Qualcuno lo dice, ma anche noi lo ri-badiamo, tali melodie ecclesiastichebizantine nascono in ambienti in cui si èrigidamente legati alla monodia.

A tal proposito ricordiamo che i tre pi-lastri della musica antica, il mododiatonico, cromatico ed enarmonico, fan-no sì che nel campo libero in cui sonoinseriti i neumi, si possano incorporaremicro intervalli, “il piccolo secondo”(Crisanto di Madito -182 - aveva divisol’ottava in 68 parti o gradi) che permet-tano una tecnica particolarmente morbi-da difficilmente restringibile in battute enei ritmi stretti di un pentagramma cheviene a scandirli chiaramente, come suc-cede in Occidente.

Queste antiche tecniche permettono,appunto, che le linee melodiche possanoessere sostenute da un bordone l’ISON,

punto tonale di appoggio che aumenta lasuggestione mistica della musica, cosìche se il Cantore da una parte è vincolatoai segni neumatici, dall’altro, per i carat-teri fissi e semplici di esecuzione, è age-volato da una maggiore libertà ritmica.(Questa è la monodia).

La Novità che propone don Pasquale nonè quella di ridurre la musica “Bizantina”stringendola nel pentagramma, (come vo-ler eseguire per pianoforte un pezzo musi-cale per Sitar indiano) ma nel voler crearenuova amabilità per questa musica inca-strando nel suo pentagramma quattro vocidispari che tengano conto della melodia tra-dizionale con giusta cura e attenzionefilologica.

Egli è attento nella composizione al rap-porto musica-parole, tecnica alla quale èparticolarmente legato il canto bizantino.

Don Pasquale attraverso unconcatenamento di suoni è capace diesprimere e sostenere la parola assicuran-done la finalità della comprensione e del-l’elevazione spirituale.

Possedendo un’ottima conoscenza dellatecnica armonica, egli parte dai temi, lemelodie tradizionali popolari, e crea inuovi brani in stile corale o più tecnica-mente polifonico.

Come se gli antichi brani venisseronobilitati, non svestiti o snaturati o ancorpiù traditi nella loro essenziale e prezio-sa conformazione ma impreziositi attra-verso un’armonia fatta secondo le piùconsolidate tecniche colte di quest’arte.

L’autore ha voluto così solo rivalutare

LAJME/NOTIZIE 51Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

il repertorio musicale della liturgiabizantina seguendo i passi dei grandimusicisti della storia, quali Bach e tantialtri, i quali con le melodie tradizionalipopolari o con le melodie derivate dalcanto gregoriano (vedi Palestrina, Perosi)hanno creato mottetti in stile corale o piùstrettamente polifonico.

III Finalità.Le comunità di rito bizantino, a cui il

lavoro è dedicato, sono immerse e vivonoin un contesto culturale occidentale, perquesto l’autore con tale pubblicazione siè posto come scopo quello di unire le dueculture: tradizione musicale bizantina etecnica armonica occidentale, affinché inquesto connubio di culture possa meglioemergere la bellezza delle melodie tradi-zionali e con una veste armonica nuova eraffinata possano essere meglio fruibili adun pubblico più ampio.

Questo dona alle stesse melodie miglio-re appetibilità, cioè il gusto delle stesseviene esaltato perché la tecnica armoni-ca fa cogliere ed apprezzare sfumaturealtrimenti troppo confuse per l’orecchiomoderno che ad esse non è più abituato.

Presto detto, dietro il lavoro puramentetecnico e musicale, si cela il retroscenapastorale perché si riscontra tra le molte-plici note del pentagramma, il desideriodell’autore di sensibilizzare e contagiarele comunità di rito bizantino presenti inItalia, a costruire il proprio futuro lascian-dosi interpellare dalle possibilità pastora-li della cultura in cui si trovano immerse.

IV Conclusioni.A mò di chiosa, mi permetto di riporta-

re nelle mie conclusioni una piccola in-tervista che feci all’autore quando gen-tilmente mi invitava a relazionare quì davoi su questo libro.

Retoricamente facevo notare che alcu-ni brani di quest’opera, pur belli, non sonoper nulla facili all’assimilazione e allamemorizzazione tanto da poterliriproporre da un giorno all’altro nellenostre Chiese per la liturgia.

La sua risposta fu che Questo “comun-que” è il cosidetto “rischio” in cui si in-corre quando una composizione è fattasecondo criteri precisi che richiedono deiprofessionisti per l’esecuzione.

È un problema questo riscontrato an-che nel passato e che fu oggetto di unadelle proteste mosse alla Chiesa cattoli-ca da Lutero, il quale la accusava di cre-are distacco tra il popolo e il coro di pro-fessionisti che animava le liturgie di al-lora con composizioni non comprensibilie tanto meno eseguibili da una normaleassemblea liturgica.

Visto però che i mezzi moderni ci con-sentono di registrare le nostre esecuzio-ni, la pubblicazione che presentiamo cidice don Pasquale, consente tramite il CDdi cui è corredata l’opera, di ascoltare leesecuzioni di questi canti e di gustarlenell’edizione prestigiosa della CappellaLudovicea di Trinità dei monti di Roma,e così … avere la speranza di poter pre-sto fare altrettanto. Noi ci crediamo, pa-rola d’autore!

LAJME/NOTIZIE52 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

1. Introduzione.Parlare, presentare un testo liturgico diqualsiasi Chiesa cristiana è sempreun’esperienza di un arricchimento pertutto quello si impara leggendo e aiutan-do a leggere e capire questi testi; ed èanche un’esperienza direi di una certaquasi povertà, vedendo la bellezza concui questi autori, o questi testi perchémolti di essi sono anonimi, con cui sonoriusciti a parlare di Colui che è il più bel-lo tra i figli degli uomini, Cristo Signore.Questo mio intervento vuol iniziare cor-reggendo uno sbaglio o se volete impre-cisione mia, e me ne assumo la respon-sabilità, del titolo stesso. Non si trattadegli “Enkomia del Venerdì Santo” madegli “Enkomia del Sabato Santo”, delmattutino del Grande Sabato, celebratoda noi, come in tanti luoghi la sera delVenerdì Santo. Il testo su cui vorreisoffermarmi questa sera va collocato nel-l’insieme dell’ortrhos, che ha diverseparti, come vedremo subito, ma che inqualche modo oggi ha due momenti cen-trali: il canto degli Enkomia e la proces-sione dell’Epitafios1. I tropari di introdu-zione alla celebrazione inquadrano la te-ologia di questo giorno: il corpo di Gesùvien messo nella tomba, corpo che nonsarà toccato dalla corruzione -vittoriasulla morte-, vittoria di Gesù sull’Ade erisurrezione dei morti: “Il nobile Giusep-

Gli Enkomia del Sabato SantoConferenza fatta a Sant’Atanasio (via dei Greci) il 24 marzo 2012

pe, calato dal legno il tuo corpo immaco-lato, lo avvolse in una sindone pura conaromi, e gli prestò le ultime cure; e lodepose in un sepolcro nuovo… Quandodiscendesti nella morte, o Vita immorta-le, allora l’Ade fu ucciso dal fulgore del-la tua divinità. E, mentre facevi risorgerei morti dagli abissi sotterranei, tutte lepotenze dei cieli cantavano: O Cristo, chedoni la vita, o Dio nostro, gloria a te!...Alle donne mirofore, stando presso latomba, l’angelo gridava: la mirra convie-ne ai mortale; ma il Cristo si è rivelatonemico della corruzione”2.Parlare degli Enkomia è parlare dell’elo-gio funebre di Gesù formato da 176 stro-fe divise in tre stanze o gruppi; compo-sto tra il XII e il XIV sec., non se ne co-nosce l’autore, benché i temi di fondo ri-salgono ai testi pasquali di San Gregoriodi Nazianzo e di Romano il Melode.L’Epitafios è il velo ricamato in cui vie-ne rappresentato il corpo di Gesù nellatomba. Durante il canto del vespro delVenerdì Santo l’Epitafios viene solenne-mente portato al canto del tropario Il no-bile Giuseppe dall’altare in un arca chefigura il santo sepolcro e che viene ador-nata abbondantemente con fiori e profu-mi; alla fine dell’orthros l’Epitafios, dopola processione, verrà di nuovo portatosull’altare dove rimarrà fino alla vigiliadell’Ascensione. Il canto degli Enkomia

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CRONACA

viene fatto di fronte all’Epitafios; le strofevengono cantane alternate a due cori edelle volte intrecciate coi versetti -tutti-del salmo 118; il poema sgrana lentamen-te, sotto la voce di diversi personaggi, tuttii misteri che sono avvenuti, specialmen-te la sepoltura di Gesù e la sua discesanell’Ade; ci troviamo in un costante viavia di dolcezza e di amarezza, di lacrimee di attesa gioiosa della risurrezione. E‘danotare in questa celebrazione la presen-za del popolo come vero celebrante at-torno al Tafos, incarnando veramente idiversi personaggi del poema, assumen-do il dolore, il pianto, la gioia... Quel se-polcro diventa il centro della Chiesa, ilcentro dell’universo: Tutte le generazio-ni, o Cristo mio, offrono un canto allatua sepoltura.

2. Schema dell’ufficiatura dell’orthros.L’ufficiatura è quella di un mattutino.Quello del Sabato Santo ha la seguentestruttura che è, notiamolo, quella di unmattutino festivo, non più quello del mat-tutino quaresimale.- Preghiere iniziali.- Exapsalmos (3,37,62,87,102,142)3

- Grande litania.- Versetti “Il Signore è Dio” del salmo1174.- Tre tropari: “Il nobile Giuseppe…”“Quando discendesti nella morte…”“Stando presso il sepolcro…” che comeaccennavo inquadrano tutta la celebrazio-ne, tutto il tema centrale del Sabato San-to.

- Salmo 505

- Canone del Sabato Santo6

- Canto degli Enkomia.- Evloghitaria anastasima7

- Lodi: Salmi 148-150 alternati con deitropari e grande dossologia.- Processione con l’epitafios. Durante laprocessione si cantano di nuovo glienkomia8. Rientro in chiesa con la recitadel “Credo” passando sotto l’epitafios,passando attraverso la morte di Cristo, apartire da Gv 5,24: chi ascolta la miaparola …è passato dalla morte allavita….- Tre giri attorno all’altare cantando i tretropari iniziali dell’’ufficiatura9.- Letture: Ez 37,1-14; 1Co 5,6-8 e Ga3,13ss; Mt 27,62-66.

- Conclusione.3. Fonti dell’ufficiatura.Non sono molte le fonti che ci permetto-no di prospettare un’evoluzione chiaradell’ufficiatura del Sabato Santo. Egerianel IV secolo, che in alcune ufficiature ètanto esplicita, per il Sabato Santo è as-sai sobria:Dopo il congedo davanti alla Croce, su-bito tutti si riuniscono alla chiesa mag-giore, al Martyrium, e fanno quello che,durante quella settimana, dall’ora nona,quando ci si riunisce al Martyrium, sonosoliti fare fino a sera durante tutta quel-la settimana. Fatto poi il congedo, dalMartyrium si va all’Anastasi. Giunti lì,si legge quel passo del vangelo in cuiGiuseppe chiede a Pilato il corpo del Si-

LAJME/NOTIZIE54 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

gnore e lo pone in un sepolcro nuovo.Finita la lettura, si fa una preghiera, ven-gono benedetti i catecumeni e i fedeli esi fa il congedo… E Egeria prosegue: Inquel giorno non si invita a continuare laveglia all’Anastasi, perché si sa che ilpopolo è stanco; ma c’è l’usanza che lìla veglia si faccia… chi lo vuole fra ilpopolo, anzi coloro che possono veglia-no… Per tutta la notte si cantano lì innie antifone fino al mattino10.

Siamo di fronte ad una indicazione diun mattutino più o meno lungo, celebra-to tra Venerdì e Sabato? Il testo di Egeriaindica antifone e inni che si cantano.Un altro testo importante gerosolimitano,che è il lezionario armeno, un testo del Vsecolo, indica delle ufficiature di Setti-mana Santa più sviluppate da quelle diEgeria, ma per il Sabato Santo è ancoramolto povero: cita il salmo 87 e Mt 27,62-6611.Ancora un altro testo è il Typikon dellaGrande Chiesa12. Tutti questi testi ci dan-no delle indicazioni, ma senza precisaredelle volte né i testi veri e propri nean-che delle celebrazioni che per tradizionesono già sottintese.

4. Gli Enkomia.Quando parliamo degli Enkomia, faccia-mo riferimento a una parte dell’orthrosdel Sabato Santo che, appunto si cantadopo il canone. Il testo intero non è altroche la recita o il canto del salmo 118 coni suoi 176 versetti intercalato da brevitropari. Il testo è diviso in tre parti o stasicon 72 tropari la prima e i versetti 1-72

del salmo 118; 60 tropari la seconda coni versetti 73-132 del salmo; quindi 44tropari e i versetti 133-176 del salmo11813. Le fonti per l’ufficiatura del Saba-to Santo non indicano niente che possafar pensare agli Enkomia; è un testo chenon rissale prima dal XII secolo, benchèla tematica la troviamo in Romano ilMelodo (VI secolo) e anche in qualchemodo in Gregorio di Nazianzo. Una pri-ma testimonianza abbastanza chiara di untesto vicino agli Enkomia è un’omelia delpatriarca di Costantinopoli in esilio aNicea (periodo latino della capitale)Germano II (1222-1240). Parla della se-poltura di Cristo, e dei personaggiNicodemo e Giuseppe di Arimatea comemodelli per i cristiani14. Del patriarcaAtanasio I di Costantinopoli (1289-1293e 1300-1309) abbiamo delle lettere in cuiesorta i fedeli a frequentare l’ufficiaturadella sepoltura di Gesù. In queste lettereil patriarca parla di una vera e propriaufficiatura; oltre ai testi e letture di que-sta ufficiatura, possiamo chiederci se cisono delle rappresentazioni drammatiche,mimetiche che facciano rivivere la sepol-tura di Cristo? Il patriarca usa espressio-ni che possono farlo pensare, tipo: vene-rare, meravigliarsi, celebrare. Si tratta diun’ufficiatura della deposizione dalla cro-ce? O di un’ufficiatura della sepoltura diCristo?15. L’insistenza del patriarcaAtanasio I alla partecipazione a questaufficiatura fa pensare che in essa in que-sto periodo ci sia qualcosa di nuovo e perquesto il patriarca insiste alla partecipa-zione16, e lo fa anno dopo anno. Quando

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CRONACA

il testo degli Enkomia viene introdotto?Quando si introduce anche la processio-ne? Nei libri liturgici della processionenon ne abbiamo testimonianze fino alXVIII-XIX secolo in diversi Typika. Mal’argomento ex silentio non significa chedi un fatto, di un testo che sia non par-landone non esistesse affatto.

Quali sono i grandi temi teologici chetroviamo negli Enkomia. Vorrei insisteresul fatto che l’ufficiatura del Sabato Santoviene fatta attorno al tafos, esso vienemesso nel bel mezzo della chiesa. Ancheè davanti alla porta bella: la tomba diCristo come colei che è il centro della vitae della preghiera della Chiesa, ed anchecome colei che porta dalla terra al cielo,dalla morte alla vita. La nostra “visione”del cielo passa attraverso la morte e latomba di Cristo.

4.1. Cristo Vita-Morte.O Cristo, tu che sei la vita sei stato de-posto in una tomba: le schiere angelichepiene di stupore davano gloria alla tuacondiscendenza. (I,1)O vita, come muori? come dimori in unatomba, mentre distruggi il regno dellamorte e risusciti dall'ade i defunti? (I,2).O Vita, quale prodigio, tu sei nella mor-te! E come la morte è distrutta dalla mor-te? E come da un morto scaturisce lavita? (I,7).Contrasto Vita – Morte, anche nelleespressioni letterarie. La liturgia si servedi queste espressioni contrastanti anchea livello cristologico. Anche queste stro-fe sottolineano il tema della vera morte

di Cristo, di fronte a posizioni eventual-mente legate al docetismo. Sgomento –meraviglia dei diversi personaggi di fron-te alla morte di Cristo; comunque manmano la morte diventa più comprensibile,, ma sempre alla luce della risurrezione.Su di te, o Gesú, la pura effondeva gemi-ti e lacrime di madre, ed esclamava:Come potrò seppellirti, o Figlio?Ahimè, luce del mondo, ahimè, mia luce,Gesú mio amatissimo! gridava la Vergi-ne con gemito penoso. (I,23-24).

Do gloria, Figlio mio, alla tua sommacompassione: per essa tu soffri tutto que-sto.Risorgi, o datore di vita! dice tra le la-crime la Madre che ti ha partorito.Affréttati a risorgere, o Verbo, e dissipala tristezza di colei che puramente ti hapartorito. (III,14-21).

4.2. Cristo Creatore – Cristo chiusoin una tomba.Qui siamo di fronte ad un altro temapatristico, quello del Cristo o del Logoscreatore; lo troviamo nei Padri Orientalicome in Origene, ed anche in quelli lati-ni come Ambrogio di Milano17. Anchenell’iconografia orientale ed occidentaledella creazione dell’uomo, il Creatore eAdamo hanno lo stesso volto. Tema svi-luppato a lungo negli Enkomia.Tu che hai fissato le misure della terra, oGesú, Re dell'universo, abiti oggi in unapiccola tomba, per far risorgere i mortidai sepolcri. (I,4)Anche la moltitudine delle schiere intel-

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CRONACA

ligibili accorre con Giuseppe eNicodemo, per rinchiudere in un piccolosepolcro te, che nulla può contenere.(I,8).Tu che nel principio, col solo tuo cennohai fissato l'orbita terrestre, come uomomortale scendi sotto terra esanime: fre-mi, o cielo, a questa vista! (II,6).Tremò il sole vedendo te, luce invisibile,nascosto in un sepolcro, senza respiro, oCristo mio, e oscurò la sua luce. (II,14).È stato innalzato sulla croce colui cheha sospeso la terra sulle acque, ed ora,esanime, è sepolto sotto la terra, che nonlo può sostenere e terribilmente si scuo-te. (II,17).Giuseppe insieme a Nicodemo seppelli-sce il Creatore come si fa coi morti.Orsú, creazione tutta, offriamo al Crea-tore gli inni dell'esodo.Figlio di Dio, Re dell'universo, mio Dioe mio Creatore, come hai potuto accetta-re la passione?Coloro che aveva nutriti con manna, han-no levato il calcagno contro il benefatto-re.Coloro che aveva nutriti con manna, dan-no al Salvatore aceto e fiele. (III,3-7).

4.3. Cristo scende nell’Ade.Tema centrale del Sabato Santo,dall’iconografia del giorno alla maggio-ranza dei tropari.Sulla terra sei disceso per salvare Adamo,e non avendolo trovato sulla terra, o So-vrano, sino all'ade sei disceso per cer-carlo. (I,10).Come morto, nella tomba, come Dio, col

Padre, e nell'ade come Sovrano del cre-ato tu liberi i prigionieri dalla corruzio-ne. (I,19).Adamo ebbe paura di Dio che cammina-va nel paradiso, ma gioisce ora per lasua venuta nell'ade: allora infatti eracaduto, adesso viene risuscitato. (II,11).La stessa Quaresima è vista come ritor-no di Adamo nel paradiso. Cristo lo cer-ca come lo cercò nel paradiso dopo ilpeccato. I Padri e la liturgia sono assaisobri su quello che Cristo ha fatto nel suosoggiorno nell’Ade. Soltanto l’iconografiace ne dà una testimonianza; e poi anche gliapocrifi, soprattutto il Vangelo di Nicodemocon il suo Descensus Christi ad inferos18.Cristo scende all’ade con la croce inmano; quindi un collegamento chiaromorte in croce – discesa agli inferi perliberare Adamo. Inoltre i testi del vesprodel Sabato Santo danno voce all’ade chein qualche modo “spiega” quel che è ac-caduto:Oggi l'ade gemendo grida: Meglio perme se non avessi accolto il Figlio di Ma-ria! Perché, venendo contro di me, hadistrutto il mio potere, ha spezzato leporte di bronzo, e ha risuscitato, poichéè Dio, le anime che prima possedevo…Oggi l'ade gemendo grida: È stata di-strutta la mia potenza, ho accolto unmortale come un morto qualsiasi, maquesto non riesco in nessun modo a trat-tenerlo, anzi con lui sarò privato dei tantisu cui regnavo… Oggi l'ade gemendogrida: È stato inghiottito il mio potere, ilpastore è stato crocifisso e ha risuscitatoAdamo!... Il crocifisso ha svuotato le tom-

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CRONACA

be! Non ha piú vigore il potere della mor-te… (Sabato Santo, vespro).

4.4. Cristo nuovo Adamo.Apparso nella carne come nuovo Adamo,o Salvatore, con la tua morte riporti allavita Adamo, un tempo per invidia messoa morte. (I,11).Tu che un tempo, prendendo una costolada Adamo, ne plasmasti Eva, sei statotrafitto al fianco e ne hai fatto sgorgaretorrenti di purificazione. (I,13).

4.5. Cristo che osserva e non osservail sabato.Tu che un tempo risuscitavi i morti ingiorno di sabato, come dunque ora, oimmortale, celebri il riposo sabbaticoquale morto tra i morti?Il versetto mette in luce come se la Chie-sa, tutti noi fossimo stupiti da questo fat-to.

4.6. Cristo e Maria.Su di te, o Gesú, la pura effondeva gemi-ti e lacrime di madre, ed esclamava:Come potrò seppellirti, o Figlio?Ahimè, luce del mondo, ahimè, mia luce,Gesú mio amatissimo! gridava la Vergi-ne con gemito penoso.O Dio e Verbo, o gioia mia! Come sop-porterò la tua sepoltura di tre giorni?Sono straziate le mie viscere materne!Chi mi darà pioggia e fonti di lacrimeper piangere il mio dolce Gesú? gridavala Vergine sposa di Dio.O monti e valli, e voi folle umane e crea-ture tutte, gemete con me, gemete con la

Madre del vostro Dio.Ohimè, la spada crudele della tua ucci-sione, trapassa il mio cuore, o Figlio chenon hai principio, nuovissimo mistero!Quando ti vedrò, o Salvatore, luceintemporale, gioia e diletto del mio cuo-re? esclamava la Vergine gemendo. (I,23-29).Piangeva amaramente la tua Madre im-macolata, o Verbo, vedendo nella tombate, eterno Dio ineffabile.Vedendo la tua morte, o Cristo mio, latua purissima Madre gridava a te ama-ramente: Non ti attardare, o vita, tra i

morti!

Vedendo te, dolcezza dell'universo, berel'amara bevanda, scorrevano sul voltodella Madre lacrime penose.Sola tra le donne, senza doglie ti ho par-

torito, o Figlio19, ma ora per la tua pas-sione soffro insostenibili doglie. Cosí lavenerabile gridava.Le mie viscere sono orribilmente ferite estraziate, o Verbo, vedendo la tua ingiu-sta uccisione, diceva la Vergine nel pian-to.Ecco il discepolo che hai amato e laMadre tua: donaci una tua dolcissimaparola, o Figlio, gridava la pura nel la-mento.Cosí mi annunciò Gabriele quando di-scese, mi disse che il regno eterno sareb-be stato del mio Figlio Gesú.Ahimè, si è compiuta la profezia diSimeone: la tua spada ha trapassato ilmio cuore, o Emmanuele. (II,25-32).Vedendoti morto, colei che ti ha partori-to, o Verbo, come madre faceva lamento.

LAJME/NOTIZIE58 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

O mia dolce primavera, dolcissimo Fi-glio mio, dove è tramontata la tua bel-lezza?O luce degli occhi miei, dolcissimo Fi-glio mio, come può ora coprirti una tom-ba?Per liberare Adamo ed Eva io soffro tut-to questo: non piangere, Madre.Do gloria, Figlio mio, alla tua sommacompassione: per essa tu soffri tutto que-sto.Risorgi, o datore di vita! dice tra le la-crime la Madre che ti ha partorito.Affréttati a risorgere, o Verbo, e dissipala tristezza di colei che puramente ti hapartorito. (III,14-21).

4.7. Cristo e le mirofore.Venite, cantiamo al Cristo morto un sa-cro compianto, come un tempo lemiròfore, per udire con loro il saluto'Gioite'!Sei tu, o Verbo, il vero unguento profu-mato che mai vien meno, perciò lemiròfore ti portavano unguenti: a te, ilvivente, come a un morto.Con aromi, o Cristo, Nicodemo e il nobi-le Giuseppe, compongono in modo nuo-vo la tua salma, esclamando: Trema, oterra tutta!Giuseppe e Nicodemo cantano ora alCristo morto i canti funebri: e cantanocon loro i serafini. (II,7-10).Le miròfore, o Salvatore, giunte al sepol-cro ti offrivano aromi.Cosparsero di unguenti profumati il se-polcro, le miròfore, giungendo al matti-no al far del giorno. (3 volte).

Aromi e unguenti offrono le discepole alsepolcro.E subito odono, in cambio dei loro doni,il saluto 'Gioite'!Rendimi degno, o Salvatore, di offrire altuo sepolcro come unguenti le lacrime.(III,24-28).

5. Conclusione.Ho cercato di presentare e di leggere untesto liturgico non dei più arcaici benchècon dei temi teologici antichi questo sì,ma sicuramente tra i più belli e i più po-polari.Si tratta di un testo che è una vera e pro-pria catechesi sulla fede cristiana: la cre-azione, il peccato, la vera incarnazionedel Verbo di Dio, la sua passione, mortee risurrezione, la maternità divina diMaria.In questo testo è Maria che parla, chepiange e si rallegra; è la Chiesa che ha ledoglie del dolore e la gioia della risurre-zione; siamo ognuno di noi coinvolti,concelebranti, come soltanto la liturgiasa e deve farlo nella celebrazione dellanostra fede.

P. Manuel Nin

1 Anche se l’espressione: “parti importanti”sarebbe da evitare, perché qualsiasi liturgia oufficiatura è importante in se stesso, e in tutte leparti che essa contiene.

2 ANTHOLOGHION DI TUTTO L’ANNO II, Roma 2000,p. 1108.

3 I salmi dell’exapsalmos sono tutti salmi chefanno riferimento o al risveglio (dalla morte) oalla vittoria sul peccato e sulla morte (sui nemici).

LAJME/NOTIZIE 59Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

Di questi sei salmi due, il 3 e il 62, san Benedettoli prevede per il mattutino e le lodi domenicali.

4 Il canto di questo versetto salmico e nonl’alliluia ci indica che non siamo in un mattutinoquaresimale bensì festivo.

5 Nel mattutino festivo ci sarebbe il Vangeloprima del salmo 50, ma in questo mattutino lotroveremo alla fine il Vangelo.

6 È il canto delle nove odi, testo anonimo, conl’acrostico “E oggi canto il grande sabato”.Alcuni manoscritti attribuiscono il canone a dueautori: Cosma di Maiouma (VIII sec) e Marcod’Otranto (IX-X secc), cf., NYIRAN, J., Ilmattutino del Sabato Santo nella tradizionebizantina greca (disertazione per la licenza, PIO,Roma 2004, p. 72.

7 Serie di tropari chiaramente pasquali, a cui siinserisce il versetto “Benedetto sei tu, Signore,insegnami i tuoi decreti”.

8 L’Anthologhion comunque prevede il cantodi questo tropario, uno dei più bellidell’’ufficiatura bizantina, cantato in bocca diGiuseppe di Arimatea: “Vedendo il solenascondere i suoi raggi, e il velo del tempiolacerato alla morte del Salvatore, Giuseppe andòda Pilato, e cosí lo pregava: Dammi questostraniero, che dall=infanzia come straniero si èesiliato nel mondo. Dammi questo straniero, chei suoi fratelli di razza hanno odiato e ucciso comestraniero. Dammi questo straniero, di cui stranitocontemplo la morte strana. Dammi questostraniero, che ha saputo accogliere poveri estranieri. Dammi questo straniero, che gli ebreiper invidia hanno estraniato dal mondo. Dammiquesto straniero, perché io lo seppellisca in unatomba, giacché, come straniero, non ha oveposare il capo. Dammi questo straniero, al qualela Madre, vedendolo morto, gridava: O Figlio eDio mio, anche se sono trafitte la mie viscere e ilmio cuore dilaniato al vederti morto, tuttavia timagnifico, confidando nella tua risurrezione.Supplicando Pilato con questi discorsi, il nobileGiuseppe ricevette il corpo del Salvatore: contimore lo avvolse in una sindone con mirra edepose in una tomba colui che a tutti elargisce

la vita eterna e la grande misericordia”, cf.,ANTHOLOGHION II, pp. 1127-1128. Tutta la Chiesa,per bocca di Giuseppe, e poi negli Enkomia perbocca anche di Maria, canta, proclama la suafede.

9 “Il nobile Giuseppe…” (O eusch,mwnIwsh.f)))), “Quando discendesti nella morte…”(ote kath/lqej)))), “Stando presso il sepolcro…”(Tai/j murrofo.roij)))).

10 MARAVAL, P., Egerie, Journal de voyage(Itinéraire), SCh296, Paris 1982, pp. 288-291.

11 RENOUX, A., Le codex arménien Jérusalem121, II. Edition compare du texte et de deuxautres manuscrits, Tourhout 1971, pp. 278-295.

12 MATEOS, J., Le Typikon de la Grande Eglise.Ms Sainte-Croix n. 40, Xème siècle. OCA 165-166,Roma 1962-1963.

13 Cf., NYIRAN, J., Il mattutino del Sabato Santo,p. 63.

14 Cf., NYIRAN, J., Il mattutino del Sabato Santo,p. 67.

15 Cf., NYIRAN, J., Il mattutino del Sabato Santo,p. 68; anche TAFT, R., In the Bridegroom’Absence, Studia Anselmiana 102, Roma 1990,p. 85. Anche l’iconografia romanica di tradizionelatina, specialmente scultoria, ha dei crocifissicon le braccia “mobili”, il che ci porta a pensareanche in tradizione latina a una liturgia dideposizione dalla croce.

16 Il popolo tende a essere restio ad accettare leinnovazioni; cf., NYIRAN, J., Il mattutino delSabato Santo, p. 69.

17 Cf. l’inno liturgico dell’’ufficiatura romanadelle lodi della domenica: Aeterne rerumconditor, di paternità indubbia ambrosiana.

18 Cf. ERBETTA, M., Gli apocrifi del NuovoTestamento I/2, Torino 1981, pp. 231-287.

19 Si tratta di un versetto –c’è anche un tropariodel mattutino quaresimale- che potrebbe trarrein inganno per l’espressione “senza doglie…”.Si tratta di un modo di sottolineare che il veriodolore di Maria, della Chiesa, è quello di frontealla croce di Cristo. Non si tratta assolutamentedi un testo doceta.

LAJME/NOTIZIE60 Gennaio - Aprile 2012

La venticinquesima edizione della giornata

della gioventù, organizzata dall’Ufficio Pastorale

Giovanile Diocesano, si è svolta sabato 31 Marzo

2012, vigilia della Domenica delle Palme, presso

la parrocchia S.Giovanni Crisostomo di Piano

dello Schiavo nel comune di Firmo.

Ad accogliere i numerosi giovani provenienti

da tutta la diocesi, accompagnati dai loro

rispettivi sacerdoti, il parroco della medesima

parrocchia, Papàs Mario Aluise.

Alle ore 16, dopo la sistemazione dei vari

gruppi, si è partiti con una breve processione nei

dintorni del paese, in cui i giovani di tutte le

parrocchie dell’Eparchia di Lungro hanno portato

la croce penitenziale.

All’arrivo in chiesa ha avuto inizio il solenne

vespro, celebrato da Papàs Francesco Godino,

Vicario Parrocchiale di Macchia Albanese,

coadiuvato dai diaconi Sergio Straface e Angelo

Prestigiacomo, e animato dalla voce dei

seminaristi del Seminario Maggiore

dell’Eparchia di Lungro sito in Cosenza,

accompagnati dal Rettore, Protopresbitero Pietro

Lanza.

Alla fine della celebrazione, c’è stato

l’intervento di Frate Franco Lio, Priore dei Piccoli

Missionari della Trinità di Catanzaro,

responsabile regionale del C.S.I (Centro Sportivo

Italiano).

Egli ha parlato delle sue esperienze nel difficile

campo delle carceri minorili, soffermandosi

sull’importanza dei giovani affinché possano

diventare “atleti della vita”.

La giornata della gioventù ha avuto la presenza

di numerosi sacerdoti diocesani, insieme a quella

del Vescovo emerito, Mons. Ercole Lupinacci,

che in tutti questi anni alla guida della nostra

diocesi, ha sempre mostrato un particolare amore

verso i giovani dell’Eparchia di Lungro.

Inoltre, il delegato ad omnia dell’Epachia di

Lungro, l’archimandrita Donato Oliverio, ha

ringraziato i nostri giovani, sollecitandoli ad una

maggiore responsabilità verso il futuro della

società e della diocesi stessa.

Infine, il responsabile dell’Ufficio Diocesano

per la Pastorale Giovanile, Papàs Elia Hagi, ha

invitato i giovani a prepararsi verso la prossima

giornata mondiale della gioventù che si terrà il

prossimo anno in agosto a Rio de Janeiro in

Brasile.

La giornata si è conclusa con un rinfresco nel

salone parrocchiale e con un momento musicale

animato da alcuni giovani della Parrocchia di S.

Giovanni Crisostomo.

XXV GIORNATA DELLA GIOVENTÙ

di Papàs Nicola Miracco Berlingieri

CRONACA

Pubblicazionidell'Eparchia

LAJME/NOTIZIE 61Gennaio - Aprile 2012

Il cardinale siriano Ignace MoussaI Daoud è morto alle 8 della mattina delSabato Santo, 7 aprile, in una clinicaromana. Era Prefetto emerito dellaCongregazione per le Chiese Orientali,Patriarca emerito di Antiochia dei Siri.Era stato ricoverato nei giorni scorsi inseguito a un problema cardiovascolare. Natoil 18 settembre 1930 a Meskané, un villaggiodell’arcieparchia di Homs, Emesa dei Siri(Siria), era stato ordinato sacerdote il 17ottobre 1954. Il Sinodo patriarcale siro,riunito a Charfet in Libano, il 2 luglio 1977lo ha eletto vescovo per la sede del Cairodei Siri (Egitto), resasi vacante. Paolo VI hadato il suo assenso all’elezione il 22 luglio1977. Ha ricevuto l’ordinazione episcopaleil 18 settembre 1977. Quindi è divenutoarcivescovo di Homs, Emesa dei Siri il 1luglio 1994. È stato eletto Patriarca diAntiochia dei Siri il 13 ottobre 1998 eGiovanni Paolo II gli ha concesso laecclesiastica communio il 20 ottobre. L’8gennaio 2001 ha rinunciato al governopastorale del Patriarcato e dal 25 novembre2000 al 9 giugno 2007 è stato Prefetto dellaCongregazione per le Chiese Orientali. Èstato creato e pubblicato cardinale nelconcistoro del 21 febbraio 2001. Le esequiesi svolgeranno nella Basilica di San Pietro,all’altare della cattedra, martedì 10 aprilealle ore 17,00.

«Un ponte tra la Chiesa e le ChieseOrientali». Così definiva se stesso il cardinaleIgnace Moussa I Daoud per delineare le

(Dall’Osservatore Romano, domenica 8 aprile 2012, pag. 6)

La morte del cardinale Ignace Moussa I Daoud

prospettive del suo servizio nella CuriaRomana come prefetto della Congregazioneper le Chiese Orientali. Lasciare la sua terranatale, quando era Patriarca di Antiochia deiSiri, era stato «uno strappo, un grandesacrificio». Ma, con San Paolo, ripeteva civisromanus sum, in obbedienza alla chiamatadel Papa. «Gli orientali cattolici - era il suopensiero - devono continuare la missione diportare nel cuore della cattolicità i tesoridell’Oriente cristiano. La Chiesa Cattolicanon si identifica con la sola tradizione latina;

CRONACA

Lungro, Aprile 2004. Il Card. Daoud in visita alla no-stra Eparchia.

LAJME/NOTIZIE62 Gennaio - Aprile 2012

è arricchita dall’apporto delle tradizioniorientali, che la compongono a tutti gli effetti,con relativi diritti e doveri». Riteneva leChiese Orientali «eredi di un patrimonioprezioso per la Chiesa universale, perchéconservano le testimonianze dei Padri deiprimi secoli. Un tesoro di liturgia, riflessioneteologica, spiritualità, musica e disciplina».L’uomo di oggi, era solito sostenere, habisogno «dell’apporto dell’Oriente edell’Occidente. Le parole dell’Occidente nonpossono parlare al mondo moderno senza leparole dell’Oriente».

Ha servito con passione la Chiesa Siro-cattolica che, diceva, «è nata quasi nelcenacolo, perché Gesù, Maria e gli apostoliparlavano il siriaco antico, cioè l’aramaico. Lalingua della prima evangelizzazione, la linguadi tutto il Medio Oriente».È stato anche un protagonista del dialogo conl’Islam, nella consapevolezza che le religioninon si combattono e che le questioni di attritosono di natura politica e non religiosa. Unpunto fermo del suo pensiero era farcomprendere che «non tutti gli arabi sonomusulmani e tra i musulmani non tutti sonoarabi. Arabo, insomma, non è sinonimo dimusulmano. All’interno della vasta comunitàdi lingua e cultura araba troviamo espressionireligiose e di pensiero molto diverse tra loro».Soprattutto era fiero della «significativacomunità cristiana» che «vive nel contestoarabo e ne condivide i valori». Unaconsapevolezza che lo ha portato in primalinea per cercare di frenare la continua«emigrazione dei cristiani in Medio Orienteper via dell’insicurezza».Tra gli eventi più significativi del suoservizio, la visita di Giovanni Paolo II in Sirianel 2001. In quella occasione ha potutoaccompagnare il Papa a Damasco.

Al secolo Basilio, il cardinale Ignace MoussaI Daoud aveva compiuto gli studi aGerusalemme nel seminario siriano di SanBenedetto e Sant’Efrem, nel seminario diCharfet in Libano per la filosofia e la teologiae nella Pontifìcia Università Lateranense aRoma, dove, nel 1964, aveva ottenuto lalicenza in diritto canonico. Era stato poisegretario del Patriarca di Antiochia dei Siridal 1965 al 1970 e aveva lavorato presso iltribunale ecclesiastico patriarcale di Beirutcome difensore del vincolo matrimoniale.Sacerdote dal 1954 e vescovo dal 1977,ricevette l’ordinazione episcopale nellachiesa del convento di Notre-Dame de laDéliverance da Ignace Antoine II Hayek,allora Patriarca di Antiochia dei Siri.Nel 1998 aveva partecipato all’AssembleaSpeciale per l’Asia del Sinodo dei Vescovi.Divenuto, nello stesso anno, Patriarca diAntiochia dei Siri, era stato intronizzato il25 ottobre, domenica di Cristo Re.Divenuto prefetto della Congregazione perle Chiese Orientali nell’anno del giubileo del2000, il 24 gennaio 2002 aveva partecipatoall’incontro di Assisi promosso da GiovanniPaolo II per invocare, con i rappresentanti divarie religioni, il dono della pace.Annualmente, in occasione della colletta ProTerra Sancta, come prefetto ha indirizzatouna lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica,per sensibilizzare sul «grande significatodella carità ecclesiale». Era stato anchepresidente della Riunione delle Opere diAiuto alle Chiese Orientali (Roaco). Avevavissuto con particolare premura il compitodi prefetto.Il 5 dicembre 2004, per incarico del Papa,aveva confermato l’ecclesiastica communioal neo-eletto Patriarca di Babilonia deiCaldei, Emmanuel III Delly, durante la Santa

CRONACA

LAJME/NOTIZIE 63Gennaio - Aprile 2012

messa nella Basilica di San Pietro. Il 19dicembre 2006, sempre a nome del Papa,aveva presenziato alla cerimonia dellaconferma dell’ecclesiastica communio delnuovo Patriarca di Alessandria dei Copti,Antonios Naguib, nella basilica di San Paolofuori le Mura. Aveva dato un contributoimportante nel consiglio speciale per il

Libano del Sinodo dei vescovi. È statoconsultore, e in seguito membro, dellaPontificia Commissione per la Revisione delCodice di Diritto Canonico Orientale e hapresieduto la Commissione per la traduzionein arabo del Codice dei Canoni delle ChieseOrientali.

La direzione per i beni culturali e paesag-gistici dell’Abruzzo, Soprintendenza per ibeni archeologici dell’Abruzzo con la Par-rocchia di S. Maria Assunta in Villa Bades-sa - Eparchia di Lungro, l’Associazione Cul-turale Villa Badessa, hanno promosso unainiziativa di grande valore artistico ed et-nografico, in coincidenza con la settimanadella cultura 14-22 Aprile.

Privilegiando la realtà locale di Villa Ba-dessa (Pe) hanno riannodato idealmente unponte tra le due sponde dell’Adriatico ri-tornando alle radici della comunità bades-sana: la cittadina di Piqeras in Albania.

Da li partirono, nel 1743, 18 famiglie gui-date dai loro Papàdes e dopo una serie dipassaggi si insediarono in un feudo farne-siano, lasciato al re Carlo III, dalla madreElisabetta Farnese.

Con la Corte napoletana ci furono rapportiprivilegiati forse per il ruolo che avevano

Mostra immagini ed icone sacre:“Percorsi di Uomini, Percorsi di Fede”

Al Museo Nazionale di Chieti - Villa Frigerj: 17 Aprile 2012.

assunto i soldati epiroti presso i Borbonicon il real reggimento macedone. DiversiBadessani ne divennero ufficiali ed i lorofigli potevano gratuitamente accedere al-l’Accademia di Napoli.

La Parrocchia che si andò a costituire fuonorata con il titolo di “Reale”.

Nonostante le vicissitudini storiche e ledevastazioni del tempo e degli uomini, Vil-la Badessa conserva un invidiabile patrimo-nio iconografico costituito dalla collezioneparrocchiale di icone1 conservata gelosa-mente e venerata nella Chiesa di S. MariaAssunta.

Al primo piano del Museo, disposte inmaniera didascalica ed anche artistica, fa-cevano bella mostra di se una quindicina disacre icone, corredate da indicazioni stori-che e tecniche.

Era la prima volta che capitava una cosadel genere, tanto è vero che alle ore 17, di

CRONACA

LAJME/NOTIZIE64 Gennaio - Aprile 2012

Martedì 17, un folto gruppo di Badessaniera ad accompagnare gelosamente le icone,un bisogno quasi fisico di non separarsidalle radici.

Un grazie alla gentile Daniela Di Marti-no, che lavora stabilmente presso il museodi Chieti, per essersi prodigata in ogni modoperché nulla fosse lasciato al caso.

Ha dato il benvenuto la Dottoressa Ma-ria Ruggeri, Direttrice del Museo Archeo-logico Nazionale d’Abruzzo, seguita dal So-printendente Dottor Andrea Pessina.

- L’Archimandrita Donato Oliverio, De-legato ad omnia per l’Eparchia di Lungro,nella doppia funzione anche di Parroco diVilla Badessa ha rivolto il seguente indiriz-zo di saluto e precisato i termini con cuivalutare l’iniziativa portata avanti lodevol-mente dall’associazione culturale Villa Ba-dessa diretta dal prof. Giancarlo Ranalli edagli altri validissimi soci:

“Una mostra di Icone è sempre un eventodi grande rilievo, perché non appartiene sol-tanto a coloro che nelle immagini sacre ri-conoscono la loro fede, ma a tutti, laici ereligiosi in quanto testimonianza della sto-ria e della cultura di un popolo, in questocaso il popolo di Villa Badessa. Ma la mo-stra di Chieti, del Museo Archeologico Na-zionale d’Abruzzo, che con tanta competen-za ha promosso, il Soprintendente per i beniArcheologici dell’Abruzzo, Dott AndreaPessina; la Direttrice del Museo archeolo-gico Nazionale d’Abruzzo, Dott.sa MariaRuggeri con la collaborazione di Daniela DiMartino; il beneplacito dell’Eparchia diLungro, quindi la Parrocchia S. Maria As-sunta di Villa Badessa, rappresentata dallamia persona, da papàs Mircea e dall’Arci-diacono Prof. Luigi Fioriti; e il Presidentedell’Associazione Culturale di Villa Bades-

sa, assume un valore in più; è testimonian-za infatti, di un rapporto tra il popolo degliitalo-albanesi e la terra d’Abruzzo, che or-mai è terra comune. Attraverso i beni cultu-rali la comunità di rito greco bizantino diVilla Badessa, non a caso chiamata OASIorientale in terra d’Abruzzo, oggi intenderaccontare la sua storia, che è storia di ecu-menismo e di dialogo. Ed è anche testimo-nianza del ruolo fondamentale che assumo-no le piccole comunità nella conservazionee nella promozione del nostro patrimoniostorico-religioso-culturale.

Una mostra di Icone significa promozio-ne turistica, basata sul valore eterno dell’ar-te, di beni che spesso non si conoscono.

E’ una sfida radicale della Chiesa S. Ma-ria Assunta di rito bizantino, che territorial-mente vive ed opera in provincia di Pesca-ra. Credo che questa iniziativa voglia con-tribuire alla autentica costruzione della cul-tura, quale cammino dell’umanità.

Le Icone sono l’immagine più alta dellanostra comunità di Villa Badessa, della suastoria, della sua sensibilità e della sua par-ticolare configurazione culturale e religio-sa, frutto dell’incontro tra il bizantino e illatino, l’italo-albanese e l’abruzzese o ilcalabrese.

La Madre di Dio, ODIGITRIA, quella ico-na bizantina (portata da Piqèras, Epiro me-ridionale), e con essa la Chiesa, sono dasecoli l’anima e il cuore di Villa Badessa.

Voglio dire che non è possibile capire lastoria e l’anima di Villa Badessa e dei suoiabitanti, se si ignora o si sottovaluta la pre-senza della Madre di Dio, ODIGITRIA.

Villa Badessa è una comunità viva, per-tanto le icone hanno una grande importan-za, sia durante la celebrazione liturgica cheper la preghiera particolare. Così le icone

CRONACA

LAJME/NOTIZIE 65Gennaio - Aprile 2012

di Cristo, della Madre di Dio, dei Santi, cheadornano questa Chiesa di rito bizantino,non hanno soltanto una funzione estetica,decorativa, ma sono integrate pienamentenel mistero liturgico, infatti liturgia bizan-tina e icona sono inseparabili. L’insiemedelle liturgia eucaristica è considerata comeun’azione figurativa del mistero salvifico,

in quanto ripercorre i diversi momenti del-la vita di Cristo e prefigura il banchetto esca-tologico.

L’icona è un’immagine che testimonia unapresenza, in quanto evoca il mistero dell’In-carnazione: “veramente il Verbo di Dio si èfatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzoa noi”.

S. Giovanni Damasceno, uno dei Padridella Chiesa, che ha più approfondito que-sto tema, nel contesto della lotta iconocla-sta, afferma: “per mezzo dei miei che guar-dano l’icona, la mia vita spirituale s’immer-ge nel mistero dell’Incarnazione”.

Sempre S. Giovanni Damasceno afferma:“se un pagano ti domanda di mostrargli latua fede, conducilo in Chiesa e ponilo da-vanti alle Iconi”.

Ma le icone, nell’intento della tradizionebizantina, hanno anche un aspetto e un si-gnificato catechetico, in quanto trasmetto-no un messaggio. L’icona è catechesi. Nel-la Chiesa Orientale rappresenta infatti l’in-tero svolgimento dell’opera della salvezzarealizzata da Cristo: dall’Incarnazione allamorte e risurrezione, all’invio dello SpiritoSanto, alla nascita e alla vita della Chiesaespressa nei martiri e nei santi.

Le icone dei martiri, dei santi, nel loro mi-nistero di intercessione, significano che lasantità è possibile, che l’opera di Cristo èstata efficace, che molti lo hanno seguito esono proposti a noi dalla Chiesa come esem-

pio da imitare.La migliore icona di Dio, come fa notare

un noto teologo, è certamente L’uomo, per-ché l’uomo è fatto a sua immagine; durantela liturgia, il celebrante incensa i fedeli allostesso modo che le iconi: la Chiesa salutacosì l’immagine di Dio negli uomini.

Con questi sentimenti di gratitudine a Dio,il quale ha voluto realizzare questo incon-tro, auguro che questa mostra sia per tuttivoi motivo di arricchimento e che sia l’ini-zio di più continui e costanti incontri”.

- Subito dopo il prof. Luigi Fioriti ha te-nuto la seguente relazione:

“L’aspetto culturale, tecnico e storico del-le opere esposte è stato illustrato dalle di-dascalie e dai vari interventi; io vorrei par-lare del valore teologico celebrativo delleicone.

All’inizio della grande quaresima, nellasua prima Domenica detta “dell’ortodossia”,la Chiesa festeggia il ripristino del cultodelle sacre icone ( anno 843).

Se il Verbo si è incarnato, ha assunto unanatura sensibile e visibile e quindi contem-plabile con gli occhi, accessibile con la suaParola alle orecchie. Pur rimanendo Dio èdivenuto uomo nel seno della Vergine Ma-ria. Ecco la verità dell’icona.

Dice S.Giovanni Damasceno: ”Poiché Dioè stato visto mediante la carne ed è vissutoin comunanza di vita con gli uomini, io raf-figuro ciò che di Dio è stato visto. Io nonvenero la materia, ma il creatore della ma-teria, che è divenuto materia a causa mia.Nella materia ha accettato di abitare e attra-verso la materia ha operato la mia salvez-za.”2 Più che una affermazione è una sintesidi teologia che darà modo ai Padri ed ai Si-nodi di pronunciarsi decisamente a favore

CRONACA

LAJME/NOTIZIE66 Gennaio - Aprile 2012

della venerazione della sante icone.L’ufficiatura della Domenica sottolinea la

portata dell’evento; un tropario del vesperocosì recita: ''Tu che per la tua divina naturanon puoi essere circoscritto, essendoti in-carnato alla fine dei tempi, Sovrano, ti seidegnato di venire circoscritto: assumendoinfatti la carne ne hai accettato tutte le pro-prietà. Noi dunque dipingendo la figura cheintende rappresentarti rendiamo omaggio atali immagini in vista di colui a cui riman-dano, innalzandoci all’amore per te, e ne at-tingiamo la grazia delle guarigioni seguen-do le divine tradizioni degli apostoli.”

Anche la lettura solenne del Synodikòndel ripristino del culto delle icone afferma:”Come i profeti l’hanno visto e gli apostolil’hanno insegnato; come la Chiesa l’ha ri-cevuto, come i dottori l’hanno formulato indogmi e l’ecumene lo ha accolto; come lagrazia si è manifestata con splendore; comela verità è stata dimostrata e la menzognareputata; come la sapienza osò affermarlo ecome Cristo stesso lo ha confermato, cosìnoi pensiamo, affermiamo e predichiamoCristo nostro vero Dio, e lo veneriamo as-sieme ai suoi santi con la parola e gli scrit-ti, nei nostri pensieri, nei sacrifici, nei tem-pli e nelle immagini… Questa è la fede de-gli apostoli, questa è la fede dei padri, que-sta è la vera fede dei cristiani, questa è lafede che sostiene l’universo.”

L’assemblea dei fedeli non può che assu-mere la dimensione celebrativa che divieneper lei epifania di quella gioia e di quellaluce che emana dal ripristino della vera fededopo tante persecuzioni e tanti martiri.

Il doxastikòn del vespro celebra così l’av-venimento spirituale:” La grazia della veri-tà nuovamente risplende. Ciò che un tempoera prefigurato nell’ombra, ora si è aperta-

mente compiuto: poiché ecco la Chiesa siriveste dell’icona corporea del Cristo comedi ultramondano abbigliamento, delinean-do la tenda della testimonianza, e tiene sal-da la fede ortodossa, affinché possedendoanche l’icona di colui a cui rendiamo culto,non ci accada di sviarci. Si rivestano di ver-gogna quanti così non credono: per noi èinfatti gloria la forma di colui che si è in-carnato, è pienamente venerata, non idola-trata. Offrendole il nostro omaggio, gridia-mo, o fedeli: o Dio salva il tuo popolo, ebenedici la tua eredità.”

Nel Decreto (Horòs) del secondo Conci-lio di Nicea (787) c’era già il fondamentodottrinale dei pronunciamenti successivi; di-ceva tra l’altro: “…noi definiamo con ognirigore e cura che a somiglianza della raffi-gurazione della croce preziosa e vivifican-te, così le venerande e sante immagini siadipinte sia in mosaico o in qualsiasi altromateriale adatto, debbano essere espostenelle sante chiese di Dio, sulle sacre sup-pellettili, sui sacri paramenti, sulle paretisulle tavole, nelle case e nelle vie; siano essesia l’immagine del Signore Dio e Salvatorenostro Gesù Cristo, o quella dell’Immaco-lata Signora nostra, la santa Madre di Dio,dei santi angeli, di tutti i santi e giusti.

Infatti, quanto più frequentemente questeimmagini vengono contemplate, tanto piùquelli che le contemplano sono portati al ri-cordo e al desiderio dei modelli originali ea tributare loro, baciandole, rispetto e ve-nerazione. Non si tratta certo di una veraadorazione (latria), riservata dalla nostrafede solo alla natura divina, ma di un certoculto simile a quello che si rende all’imma-gine della croce preziosa e vivificante, aisanti evangeli e agli altri oggetti sacri, ono-randoli con l’offerta dell’incenso e dei lumi

CRONACA

LAJME/NOTIZIE 67Gennaio - Aprile 2012

secondo il pio uso degli antichi.“L’onore reso all’immagine, in realtà, ap-

partiene a colui che vi è rappresentato echi venera l’immagine, venera la realtà dichi in essa è riprodotto.”3

Il grande Basilio aveva già affermato che“L’onore dell’immagine passa al prototi-po.”4

Per questo S. Giovanni Damascenoaggiunge:”Noi attraverso la croce, glorifi-chiamo il Cristo, non il legno.”5

Varie funzioni dell’icona.Kerigmatica: quello che la parola annun-

cia alle orecchie, l’icona lo predica agli oc-chi.

“Unica è l’opera dell’immagine e della pa-rola”6 dice Giovanni Damasceno.

Esplica una funzione anamnetica: l’imma-gine è una memoria ma è anche anticipatri-ce degli eventi futuri e quindi ha una fun-zione escatologica perché mostra, nella di-mensione del provvisorio, il dato definiti-vo del conseguimento della salvezza.

Ha una funzione liturgica: è rivestita del-la potenza misterica della celebrazione. E’nella liturgia che l’anamnesi della salvezzadell’antica alleanza e della nuova, vieneunita nell’attesa futura del compimento de-gli eventi. E’ il “simeron” (hodie) celebranteche porta alla piena comunione di Dio nelsuo regno.

L’icona mette in contatto con gli archeti-pi che sono “sinliturghi” con noi.

Tutta la celebrazione è un’immagine delregno glorioso, descritto nell’Apocalisse, incui si glorifica il Padre, si celebra l’Agnel-lo e coloro che, nel suo sangue, hanno lava-to le loro vesti.

L’altare è allora la tomba pasquale: l’an-timinsion riproduce il seppellimento di Cri-sto dopo la sua deposizione dalla croce. Il

santo pane e la coppa inebriante di vino,sono i doni e le primizie del Signore risortocircondato dagli angeli simboleggiati dairipidia.

La stessa iconostasi è la rivelazione delRegno che si rende presente nel segno; in-torno all’altare: la Madre di Dio, nell’absi-de, il coro degli Apostoli e la presenza de-gli Angeli.

Tutto lo spazio Chiesa diviene sacramen-tale: il Pantokrator incombe dall’alto soprai suoi come capo alle sue membra.

La stessa santa assemblea dei fedeli è tra-sformata per l’opera epicletica dello Spiri-to e trasfigurata come già celebrante davantial trono di Dio e resa degna da cantare l’in-no tre volte santo: “ Noi che misticamentesiamo icona dei Cherubini cantiamo…”.7

L’icona è catechesi : l’immagine sostitui-sce la scrittura perché ne ha la stessa valen-za e sprona a penetrare ulteriormente la fede.Tutto l’uomo è chiamato a credere ed a ren-dere culto. I sensi dell’uomo non esaurisco-no ma sono elementi essenziali per essereintrodotti attraverso i segni sacramentali, nelmistero che credendo si celebra in virtù del-lo Spirito Santo.

Dice ancora S. Giovanni Damasceno: “ Ionon sono in possesso di libri, non ho tempoda leggere. Soffocato da pensieri come daspine, mi reco in chiesa, nel comune luogodi cura delle anime.

Lo splendore della pittura mi attira a guar-dare. Come un prato essa mi rallegra la vi-sta e insensibilmente infonde nell’anima lagloria di Dio.”8

Le icone qui esposte sono totalmente fuoridal loro contesto, ciò non di meno offronol’opportunità di parlare anche un linguag-gio tipicamente laico, umano, perfettamen-te in sintonia con tutto il cosmo.

CRONACA

LAJME/NOTIZIE68 Gennaio - Aprile 2012

La creazione, tutta la creazione, è vistadai cristiani come immagine della bellezzae della perfezione del suo Creatore. Il librodella genesi ripete per ogni cosa fatta daDio:” Ed era cosa buona”. L’uomo è creatokat eikona (come immagine) di Dio stesso.

Il legno, il colore, la forma, l’arte del-l’agiografo sono doni da cui tutti possonotrarre beneficio, anche gli “a-pistis” (i sen-za fede).

La cultura, la storia, la bellezza hanno unloro linguaggio di tipo universale e portanoalla ricerca, alla domanda ed alla scopertadi senso.

Anche questa mostra vuole essere un cam-mino di umanità. Una piccola comunità cheparte dall’Epiro ed arriva in terra abruzze-se, percorre la terra ed il mare portando lasua tradizione che conserva e trasmette ge-losamente.

Ma non tramanda solo cose, porta anchela sua fede, il suo modo di raccontare Dio,di rendere culto al suo Dio.

Nelle sante icone c’è tutta la sua umanità,la sua lode, la sua gioia, la sua memoria, ilsuo pianto, la sua speranza per la vita pre-sente e per la futura.

Le icone sono “scritte” per ricordare cheil cielo non può essere separato dalla terra eperché la terra possa vedere già la sua defi-nitiva trasformazione in cielo.”

Finite le relazioni il coro della parroc-chia di Villa Badessa, diretto dalla signoraAssunta D’Amico, ha eseguito il “Kristòsanesti” alla maniera badessana, ed altri tro-pari.

Un rinfresco a buffet, con prodotti tipici,ha chiuso mirabilmente la giornata.

Luigi Fioriti

CRONACA

1 Passarelli Gaetano, Le icone e le radici, FabianiSambuceto (Ch) 2006.2 Giovanni Damasceno PG.94 coll.1227-1420.Discorso I3 Aubert R.,Fedalto G.,Guaglioni D., Storia deiConcili, San Paolo, Cinisello Balsamo 1995 p.330.4 Basilio di Cesarea, De Spiritu Sancto, B. Pruche,SC, 17bis, 406, p.190.5 S. Joannis Damasceni, P.G., col.11716 Fazzo V., Giovanni Danasceno, Difesa delleimmagini sacre, Discorsi apologetici controcoloro che calunniano le sante immagini, CittàNuova, Roma 1983, Discorso I n.45.7 Div. Liturgia di S. Giovanni Crisostomo.8 Fazzo V., o.c., n. 47.

Pubblicazionidell'Eparchia

LAJME/NOTIZIE 69Gennaio - Aprile 2012

Buon giorno Vescovo Lupinacci,colgo l’occasione per scrivere ed inviare

alcune foto, dell’Opera in allegato. Sortadall’idea nata qui a Bologna, nell’estate del2010, idea proposta come appello al presi-dente della Regione Puglia il relitto dellaKater i Rades è stato trasformato in Mau-soleo, sul lungomare di Otranto, alla vigi-lia del 15° anniversario della strage del Ve-nerdì Santo del ‘97.

Ecco tre foto del Mausoleo:  L’Approdo.Opera all’Umanità Migrante, ed il breve ar-ticolo che ho inviato ai periodici, riviste, bol-lettini e news-letters che hanno pubblicato, asuo tempo, sostenendolo, l’Appello per la co-stituzione del Mausoleo.

Il Mausoleo di Otranto rappresenta un pre-

zioso elemento di conoscenza e di testimo-nianza di una verità dolorosamente nasco-sta. L’Opera di Otranto malgrado il silenziostampa, rappresenta anche un antidoto po-tente contro una patologia che affligge pe-santemente questo nostro Paese: la perditadella memoria che sconfina nell’amnesia,l’irresponsabile sottovalutazione del perico-lo che si corre  quando si occulta il passato.In sostanza una mancanza continuativa dicoscienza etica, fino all’eclissi della questio-ne morale.

In definitiva una tappa importante e si-gnificativa nel percorso teso a ristabilire lamemoria storica di gravi fatti accaduti, èstata raggiunta.

Ti ringrazio ancora della collaborazionedata a suo tempo, collaborazione che as-sieme a quella di tante altre persone ha fi-

CRONACA

Lettere al giornale

LAJME/NOTIZIE70 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

nito per muovere le montagne.Invio saluti ed auguri di cuore a Te, Pa-

dre Spirituale di tutte le genti arberesh, atutta la Redazione ed ai lettori.

L’Approdo. Opera all’UmanitàMigrante.

Finalmente il mausoleo per le vittime del-la Katër i Radës e per tutti i migranti mortinel Mediterraneo è una realtà fisica e rico-noscibile ed è ubicata nel lungomare diOtranto.

La proposta nata a Bologna nell’estatedel 2010 e diffusa come appello al Presi-dente della Regione Puglia, Niki Vendola,si è estesa nel tempo e ed è stata diffusa dadiversi organismi, gruppi, associazioni an-tirazziste e diverse persone che hanno fat-ta propria la richiesta di un memoriale.

Amici, collaboratori e sconosciuti, sisono attivati per diffondere l’appello, for-nire idee e contributi; bollettini locali, ri-viste e periodici, siti ed importanti news-letters italiane e straniere, hanno rilanciatol’appello, alcuni articoli, ben pochi in re-altà, sono comparsi anche sulla stampanazionale, oltre che albanese e arbëreshë.La visibilità della proposta, con l’aiuto ditanti che ringraziamo di cuore, siamo riu-sciti ad ottenerla.

La storia della tragedia del Venerdì San-to del ‘97 è nota quanto lunga e travaglia-ta, così com’è stata quella del relitto dellaKatër i Radës, dimenticato per anni anchenel totale silenzio del Governo albanese,malgrado i familiari delle vittime avesserochiesto per anni che la carcassa fosse por-tata in Albania.

Il relitto rischiava la rottamazione, come

previsto dalla sentenza del 29 giugno 2011della Corte d’Appello del Tribunale diBrindisi.

Una lettera contro la rottamazione veni-va inviata alla Regione Puglia sempre dal-l’Associazione Skanderbeg di Bologna.Sono seguiti molteplici tentativi per sensi-bilizzare l’opinione pubblica su un tragicoepisodio che nessuno sembrava voler ri-cordare ed il salvataggio di uno scafo or-mai irrimediabilmente arrugginito che nes-suno voleva. L’appello per il Memoriale ela lettera contro la demolizione è stata in-viata anche al Presidente della Repubblicad’Albania, Bamir Topi, il quale nel corsodi una visita ufficiale all’Università di Bo-logna, è stato incontrato dallo scrivente edè stato interessato alla vicenda.

Le forze politiche albanesi si sono mo-strate ancora una volta, con il loro frago-roso silenzio, succubi di posizioni italo-di-pendenti e questo ha paralizzato le istitu-zioni dello stato albanese che sono state im-possibilitate dal muoversi.

La proposta di Memoriale, impossibile arealizzarsi, secondo molti osservatori, è di-venuta una ipotesi di lavoro quando la Pre-sidente di Integra Onlus, dott.ssa Klodia-na Çuka l’ha fatta propria ed ha avuto ildeterminante appoggio del Sindaco diOtranto, Luciano Cariddi. L’Opera con ilpatrocinio di organismi internazionali, ilcontributo degli enti locali (Comune diOtranto, Provincia di Lecce e Regione Pu-glia) è il risultato di un lavoro collettivoperché ha visto numerose ditte, piccole egrandi, mettere disposizione forniture eprestazioni gratuite e numerosi lavoratoriedili ed artigiani, vetrai, falegnami e mu-

LAJME/NOTIZIE 71Gennaio - Aprile 2012

ratori, fornire volontariamente la propriaopera.

L’alba del 2012 vede sorgere nei pressidel porto di Otranto, vicino al bagnasciu-ga, il Mausoleo dedicato a tutte le vittimedel mare: ‘L’Approdo. Opera all’UmanitàMigrante’.

La delegazione dei familiari delle vitti-me, seppur presente, non ha voluto, com-prensibilmente, svelare il Mausoleo, for-mato con la parte superiore dello scafo; ifamiliari, infatti, hanno lottato inutilmenteper anni per riportare a Valona il relitto.L’unica magra consolazione per loro è ilritorno del faro e della bussola della Katëri Radës in Albania, grazie alla tenacia didue artisti albanesi Arta Ngucaj ed ArbenBeqiraj, i quali hanno esposto anche una

mostra fotografica di foto e nomi delle vit-time, nel giorno dell’inaugurazione, dal si-gnificativo titolo, prestato dall’Inferno diDante: ‘il mar fu sovra noi richiuso’.

Questa brevissima cronistoria si chiu-de con i rinnovati ringraziamenti ai tantiche hanno sostenuto in modi diversi efatta propria una nobile proposta che cosìsi è concretizzata non solo nella costitu-zione di un luogo simbolo dell’UmanitàMigrante, ma che rappresenta indubbia-mente anche uno schiaffo morale ai tantipolitici senza scrupolo, i quali dopo letante promesse portate via dal vento, spe-ravano di far lavorare il tempo e l’oblioche questo porta con sé su tutta la trage-dia del Venerdì Santo.

Giuseppe Chimisso

CRONACA

LAJME/NOTIZIE72 Gennaio - Aprile 2012

CRONACA

Nei giorni 16-18 aprile a Crotone, ospiti del-l’Arcivescovo Mons. Domenico Graziani, sot-to la Presidenza dell’Arcivescovo Metropolitadi Reggio Calabria-Bova Mons. Vittorio Mon-dello, si è riunita la Conferenza Epi­scopale Ca-labra. Sono presenti tutti i vescovi residenziali,il vescovo eletto di Oppido-Palmi mons. Fran-cesco Milito e i vescovi emeriti Mons. AntonioCantisani e Mons. Ercole Lupinacci.

I Vescovi si sono uniti agli auguri formulatidal Presidente per l’85° compleanno del SantoPadre e il 7° anniversario della Sua elezione allaCattedra di Pietro, e hanno inviato al festeg­giatoun telegramma di filiale devozione. Il Presiden-te ha poi rivolto, a nome di tutti i vescovi, fra-terni auguri al vescovo eletto di Oppido-Palmimons. Francesco Milito.

Mons. Mondello ha riferito sulla riunione delConsiglio Per­manente della CEI, tenutasi aRoma nei giorni 26-29 marzo 2012. Ha sottoli-neato alcuni pas­saggi della prolusione delCardi­nale Presidente Angelo Bagnasco e co-municato alcune decisio­ni prese dallo stessoConsiglio, sulle nomine fatte a livello naziona-le e su alcune iniziative che la CEI intende pro-muovere nel corso dei prossimi mesi.

I vescovi, in modo particolare, si sono sof-fermati a discutere su due argomenti: in primoluogo su una bozza di documento circa le poli-tiche sociali in Calabria redatta dalla delegazio-ne regionale Caritas e presentata da don Giaco-mo Panizza. Nell’accogliere tale documento, iVescovi hanno manifestato piena solidarietà adon Panizza per gli attentati subiti in questi ul-timi tempi.

Successivamente sull’analisi di una bozza diStatuto del Forum dei docenti universitari cat-tolici della Calabria, illustrata dai professori Ma-

ria Intrieri e Vincenzo Bova, fornendosugge­rimenti per una sua rielaborazio­ne.

I lavori sono proseguiti con l’approvazionedella bozza di programma del VII convegno re-gionale dei Seminaristi di Calabria (Cetraro 26-28 settem­bre) e della giornata sacerdotale re-gionale che si terrà a Paola (14 giugno) presen-tate da Mons. Vincenzo Bertolone.

E’ stato poi approvato il pro­gramma defini-tivo del Conve­gno catechistico regionale,pre­sentato dal vescovo delegato Mons. Nun-zio Galatino, che si terrà dal 15 al 17 giugnoprossimi.

I vescovi hanno poi ascoltato una relazioneamministrativa del Rettore del Seminario S. PioX di Catanzaro, Mons. Vincenzo Scaturchio, ac-cogliendo le richieste presentate.

Essi hanno, quindi, dato parere favorevolealla richiesta di Mons. Fiorini Morosini diini­ziare il processo informativo per l’aperturain diocesi della Causa di beatificazione di: An-naRosa Macrì, don Antonio Toscano, Mons.Giovanbattista Chiappe, Franco Bono e MariaRosaria De Angelis.

Hanno, inoltre, ascoltato Mons. Luigi Ren-zo il quale ha informato che, in applicazionedel Protocollo d’intesa tra la Regione Calabriae la CEC per la valorizzazione dei BeniCultu­rali di interesse religioso, si è insediatol’osservatorio pariteti­co per i beni culturali.

Infine, hanno proceduto alle seguenti nomi-ne: Elena Cerra rappresentante dei giovani allaConsulta nazionale di pastorale giovanile; donFrancesco Spadola assistente regionale MEIC;don Pietro Furci assistente Forum Lavoro Cala-bria; don Pierluigi Mauro promotore regionaleapostolato della pre­ghiera; don Massimo Ne-sci assi­stente regionale Agesci.

CONFERENZA EPISCOPALE CALABRA

COMUNICATO STAMPA

LAJME/NOTIZIE 73Gennaio - Aprile 2012

ODA E MIQVE

1912 ~ 2012

GËZUAR100° vjetorin e parë të

Pavarësisë së Popullit Shqiptar

28 Nëntor 1912

«Shqipëria sot bahet më vehte, e lirë dhe e mosvarme»

Ismail Qemal Vlora i shoqënuem nga patriot e përfaqësuestë shquem të Kombit, mbasi nuk mujti të shpalli

pavarësinë kombëtare, për shkaqe të ndryshme rrethanashnë Shkodër, Krujë, Durrës, Elbasan, si ishte deshira e tij,u nis për në Vlorë, ku nga ballkoni i shtëpisë stërgjyshore,

më 28 Nandor 1912 ngriti flamurin kombëtar - si Skënderbeu,në Krujë, më 28 Nandor 1443, ngriti flamurin e Derës së

Kastriotve me shqiponjën e zezë dykrenore me fushëtë kuqe që u bë flamuri historik i luftërave për liri i

Populli Shqiptar-dhe shpalli pavarësinë kombëtare tue themelue, kështu,

Shtetin e parë Shqiptar.

LAJME/NOTIZIE74 Gennaio - Aprile 2012

ODA E MIQVE

Porsi kanga e zogut t’ verës,Qi vallzon n’ blerim të Prillit;Porsi i ambli flladi i eres,Qi lmon gjit e drandofillit:Porsi vala e bregut t’detit,Porsi gjâma e rrfés zhgjetare,Porsi ushtima e njij termetit,Njashtu â’ gjuha e jonë shqyptare1.Ah! po; â’ e ambel fjala e sajë,Porsi gjumi m’nji kerthi,Porsi drita plot uzdajë,Porsi gazi i pa mashtri;Edhe ndihet tue kumbue,Porsi fleta e Kerubimit,Ka’i bjen qiellvet tue flutrueN’ t’ zjartat valle t’ ameshimit2.Pra, mallkue njai bir Shqyptari,Qi ketë gjuhë të Perendis,Trashigim, qi na la i Pari,Trashigim s’ i a lên ai fmis;Edhe atij i u thaftë, po, goja,Qi e perbuzë ketë gjuhë hyjnore;Qi n’ gjuhë t’ huej, kur s’âsht nevoja,Flet e t’ veten e lên mbas dore3.Në gjuhë shqype nanat t’onaShi prej djepit na kanë thânun,Se âsht nji Zot, qi do t’a dona:Njatë, qi jeten na ka dhânun;Edhe shqyp na thane se ZotiPer Shqyptarë Shqypnin e fali,Se sa t’ enden stina e moti,Do t’a gzojn kta djalë mbas djali4.Shqyp na vetë, po pik’ mâ para,N’agim t’ jetës kur kemi shkueTue ndjekë flutra neper ara,Shqyp mâ s’pari kemi kndue:Kemi kndue, po armët besnikë,Qi flakue kanë n’ dorë t’ Shqyptarvet,

Kah kanë dekë per besë jetike,Kah kanë dekë kta per dhe t’ t’ Parvet5.Në ketë gjuhë edhe njai Leka,Qi ‘i rruzllimit mbretnin s’i a xûni,Qi kah bijte ai, shkelte deka,Shekllit mbarë ligjë t’randë i vûni;Në ketë gjuhë edhe KastriotaU pat folë njatyne ushtrive,Qi sa t’ndrisë e diellit rrota,Kanë me kênë ndera e trimnive6.Pra, Shqyptarë, çdo fes qi t’jini,Gegë e Toskë, malci e qyteta,Gjuhen t’uej kurr mos t’a lini,Mos t’a lini sa t’ jetë jeta,Por per tê gjithmonë punoni;Pse, sa t’ mbani gjuhen t’uej,Fisi i juej, vendi e zakoniKanë me u mbajtë larg kambet s’huej7.Nper gjuhë shqype bota mbarëKa me u njohtë se ç’fis ju kini,Ka me u njohtë ju per Shqyptarë:Trima n’ zâ sikurse jini.Prandej, pra, n’e doni fisin,Mali, bregu edhe MalcijaPrej njaj goje sod t’ brohrisin:Me gjuhë t’ veten rrnoftë Shqypnija8

Gjuha Shqype

1 Nder kater vargjet e para poeti me gershetimharmonik të tingujvet na paraqet kumbimin e ambelmuzikuer të gjuhës shqipe, e nder tri vergjet tjera,me mjeshtrim e nji poeti sovran ep, me nji crescendotë çuditshem, pershtypjen e valvet të detit qi perplasenper breg, të krizmës së rrufes, e të shungullimit tëtermetit. – e zogut të veres: me kuptim të pergjithët,por në nji mënyrë të posaçme ajo e bylbylit. Me ketëshprehje e perkëtheu Fishta, poet per ekcelencë igjuhës së popullit, fjalen bylbyl në nji tinelli tëPetrarkës. – n’ blerim të Prillit: kah fillimi i

LAJME/NOTIZIE 75Gennaio - Aprile 2012

ODA E MIQVE

Prendverës, mbasi natyra të jet veshë në blerim. – qilmon gjit e drandofillit: qi pershkohet nder fletëzat edrandofilles. – rrfés zhgjetare: rrufes zhgjetuese.2 Kerthi: foshnje. – Porsi drita…: drita âsht shenj jetete të të pertrimit, e çë do agim mbahet se bjen nafakëtë reja, tue kallë shpresë të reja. – gazi i pa mashtri: ipa të keq, i sinqertë. – Porsi fleta: flatra. – Ka’ i bjenQiellvet: kah pershkohet neper qiellë. – N’ t’ zjartatvalle: nder valle shkelxyeshme të Parrizit.3 Mbasi na paraqet bukurin e gjuhës, Poeti, vates ivertetë i kombit, e ndien detyrë me u lëshue mallkimingjith njatyne, qi duen t’ a humbin e perbuzin. – gjuhëhyjnore: kjo gjuhë mashkull, gjuhë hyjnish, si e quennë Lahutë.4 Shi prej djepit: qyshë në djep. – Edhe shqyp na thânëse Zoti…: Poeti shkon tue persëritë pa da tagrin shêjtqi ka Shqyptari të gëzojë Lirin. Le të vêhet n’oroefuqija, qi merr shprehja prej afrimit të fjalvet: shqyp…Shqyptarë, Shqypni. – djalë mbas djali: brez mbasbrezi.

5 N’agim të jetës: atërehë kur metëzi kishim nisë memarrë mend e shise. – Tue ndjekë flutra…: shqenë realee bukur e jetës fëmijnore. – armët besnike: poezijapopullore shqyptare âsht gati perherë kreshnikore. –jetike: të herëshme, të vjetër.6 Leka, qi ‘i rruzllim…: Leka i Madh, i cilli shtroipjesen mâ të madhen e botës s’ atëhershme. – Qi (tëcillat) sa t’ ndrisë…: derisa të shkelxejë sfera e zjarrtëe diellit.7 çdo fes qi t’jini: çë do feje, besimi: si kristjanë simusulmanë. – Fisi i juej… kambet s’huej: të gjith edijn, si dishmon historija, se sa faktor kryesuer ikombsis âsht të ruejtunt e gjuhës amtare. Nji popullqi perbuzë gjuhen e vet, i nenshkruan dënimin vetes,e âsht i gjikuem me u shuem. Mbi ketë argument Fishtashkroi nji dram të vogel me titull Gjuha e mësimit.8 ç’ fis ju kini: se çë kombsi kini. – Mali, bregu edheMalcija: synedoke: të gjith sa janë ata qi banojn ndermale, brigje (fusha) e sidomos ata qi bonojn nder maletë Veriut, të vikasin me gëzim njij zâni.

E M I R Anga F. A. Santori

Vjon nga numri 3/2011

SHENË E KATRËME

(Motmadhi, të thënit, e pra Kronoi).

Motmadhi: Bekuor qoft’ ynë Zot e S.Pandeliu. Ju tëfalinj. Ç’ bëni o thoni të miri?Vallja: Mirë se vjen.Motmadhi: Prë ç’ kafshe jini të mbjedhurkëtu?Lipsia: O Motmadh, na gjën si një pipë jekaptuor mbrënda ndë një tup gjëmblor e imadh, cila e ngallosur së mund verë jo prapajo përpara, pse sa më tundet më ndërlikset,dëmtohet, spendipset e shqiret. Ka një copëherë çë ndrikulla Ligëreshë ësht e naprofetizon di u sa dëme e të keqa çë na rrinë

Continua dal n. 3/2011

SCENA QUARTA

(Motmadhi e detti, indi Kronoi).

Motmadhi: Sia benedetto Iddio e S.Pantaleone. Salute a voi. Che fate o dite dibuono?Coro: Benvenuto!Motmadhi: A che scopo siete qui radunati?Lipsia: O Motmadhi, tu ci trovi nellecondizioni di un tacchino che, caduto in unfolto cespuglio di spine e da questeavviluppato, non può più né avanzare néretrocedere, perché comunque si muova piùancora si avviluppa e si ferisce, si spenna esi lacera. È già un pezzo che la comare

LAJME/NOTIZIE76 Gennaio - Aprile 2012

ODA E MIQVE

prë rrëzë; e prikul, e trëmbime, të liga e vdeqendryshe çë na kanosnjin. Moj mbë serposnëng rrëvuom të xëjim si, e ka mund navinjin. Ka një e pyejtur e je përgjegjur vamëtek jetra, e të prasmet fjalë çë thonej Kallinaishin, ishin... Cilat ishin Kalline?

Kallina: Njëmend i gjegje, e njëmend iharrove?Lipsia: Majde mbesë! Si më përgjegjekështu? Mos kam trûtë të rea, u pjakë, po si ikini ju kopile?Motmadhi: Kujtoni ju ghanjûnë e ju vashaz,se pjeqvet kin’ t’i përgjegji sempre me umiltate dhivocjonë; pse kështu na urdhëroi ZotiKrisht kur tha: Kush me nxërrë thotë sëjëmës o jatit: E mira çë të bëra, të prodhoftë;meriton të jetë dërguor ndë pisën.

Vallja: Të zeztë na! Ndo se ësht ashtu jemigjith të zbjerrur! Jetër se këtë thomi na gjithëditën prindvet tënë!Motmadhi: Njeriu çë bie, e ngrëhet, mundsallvohet. Ndo bëtit ashtu prë motin çë shkoi,mos e bëni më çë sodeparë: pse Libri Shëjtthotë: Nëma e prindvet shkatërmon shtëpinënjera ka këmbëstisurat.

Kreu i Valles: Popo ç’ësht kjo dit’ e sodme!Na u di me hare, e si kur do t’ na straposetme lip. Kado priremi, përpjekmi vaje ekanosì! Të mos t’u kish ditur fare!

Motmadhi: O bil, këta janë mallkime! Dritaësht e bukur si gjella; e gjella ësht e bukurpse je shkëlqen drita. Njera e jetra prana janëtë mira, pse të kriosura ka Perëndia: e kushmallkon ato, vjen të shanjë tënë Zot.Kreu i Valles: Ç’e duomi dritën e gjellën tas

Ligëresha ci sta profetizzando non so qualidanni che c’insidiano e altri pericoli e pauree morte e mali di ogni genere che ciminacciano. Ma non siamo riusciti a saperedonde ci vengano questi mali. E da unadomanda ad una risposta siamo venute adun’altra… le ultime parole che dicevaCarolina erano… erano… quali eranoCarolina?Carolina: Poco fa le hai udite e già le haidimenticate?Lipsia: Perbacco, nipote, come rispondi tu!Posso io vecchia avere la mente fresca comevoi giovanette?Motmadhi: Ricordate, voi fanciulli egiovanette, che agli anziani dovete semprerispondere con umiltà e devozione, perchécosì ha comandato Gesù Cristo quando disse:«Chiunque alterato dirà al padre o alla madre:- Il bene che ti ho fatto ti giovi – merita diessere mandato all’inferno».Coro: Poveri noi! Se è così noi siamo tuttiperduti! Che altro diciamo noi tutto dì aigenitori?Motmadhi: L’uomo che cade e si rialza puòsalvarsi. Se così avete fatto per il tempopassato, non fatelo più per l’avvenire, perchéil Libro Santo dice: «La maledizione deigenitori manda in rovina la casa sin dallefondamenta».Capocoro: Ahi! Triste giorno è questo! Essoè apparso allegro al mattino, ma vuoltramontare con mestizia! Ovunque noiguardiamo solo lamenti e minacce vediamo.Non fosse mai spuntato!Motmadhi: Queste, o figli, sono bestemmie.La luce è bella come la vita, e la vita è bellaperché la luce splende. E l’una e l’altra poisono buone perché le ha create Iddio, per cuichi maledice quelle ingiuria il Signore.Capocoro: A che serve desiderare la luce e

LAJME/NOTIZIE 77Gennaio - Aprile 2012

ODA E MIQVE

çë së mund i trashigonjmi, ndomos anamesanjë qinë lëngimeshi, dhëmbsimeshi, vllepshie thartirashi?

Motmadhi: Qeti, se bëni ftesë. Mos doj t’ishitju dhaskal tynë Zoti? Sa bëri ai ësht mirì eurtësì: e sa neve fjandakset shtrëmbur e tëzi, prë të ësht dreqt’ e të bardhë. Na kemi t’iduomi mirë e jo më gjë!Emira: E prej kësaj vërtetje çë the ti nani rrishërbesi çë dojim të xëjimi pse gjith’ ata çëlëngonjin e duronjin prë shtrëngime tëligëries të së tyre: moj ata çë janë të mirë e tëdreqtë pse duronjin edhe? E cado herë mëshumë këta, se ata: more pëson edhe aq herë,se më të ligj janë, më trashigonjin të mirat edheut, gëzonjin, e janë kuazi të lumë! e, praçë shkuon ambënore gjellën, bënjin edhevdeqen të butë e të dëlirë! si mund përhapenkëto pësuome?

Motmadhi: O bij, më shtruot përpara nj’ëhojokeq të thellë! Këto mistere së mundi t’ipëhapij Shënjti Davidh, e triurti Sallamun, emund i përhapinj u? Ju thom vetëm se diynë Zot me trilartën urtëri të së tij, të bënjëtë dreqta, edhe shërbiset çë gjasën tështrëmbura neve. Na pëstaj kem’ të duronjmime paçenxje, e me besë, se, o këtu o atje,Perëndia paguon të mirët e të ligjtë, po siperket gjithë njeriu. Nëng ju sosën kjoligjëratë?Vallja: Mistere janë, e mistere qendronjin!Ligëresha: E dergjemi poka anamesamistervet, si bretkosat ndë birraka!Motmadhi: Oh çë the, motër!...Kallina: Përhapna idhëka nj’etër pësuome,ndo se di gjë. Mëma, ka më se ndonjë dykoha ç’ësht e na rrëfyen di u sa shërbise, mojgjithë çë na vrëjtin zëmërën. Na tha sekatundi u shkatërrua, e thomse ësht më se

la vita se solo possiamo trascorrerle in mezzoa un cumulo di languori, dolori, pene edamarezze?

Motmadhi: Zitti, ché state peccando. Vorresteessere voi i maestri di Dio! Tutto ciò ch’Egliha creato è bontà e sapienza, e quello che anoi sembra storto e nero per Lui è retto ebianco. Noi dobbiamo amarlo e nulla più.Emira: A proposito di questa verità che tu orora hai affermato, ecco quanto vorremmosapere: tutti coloro che soffrono e penano,dice Ligëresha, soffrono e penano a castigodella loro iniquità; ma i buoni e i retti perchésoffrono anch’essi? E molte volte più questiche quelli, anzi spesso accade che quanto piùmalvagi essi sono più godono dei beni diquesto mondo, e tripudiano e sono quasi beati,e in più, dopo aver trascorso lieta e tranquillala vita, hanno serena la morte. Come siconciliano queste cose?Motmadhi: O figli, mi avete proposto undubbio assai profondo. Questi misteri nonpoté spiegarli il santo Davide né ilsapientissimo Salomone, e potrò io decifrarli?Soltanto vi dico che Iddio, nell’altissima suasapienza, sa raddrizzare anche le cose che anoi sembrano storte. Noi, peraltro, dobbiamosoffrire con pazienza e fiducia che o in questoo nell’altro mondo Iddio retribuirà buoni ecattivi come a ognun si conviene. Non vi fapersuasi questo ragionamento?Coro: Misteri sono e misteri rimarranno!Ligëresha: E così siamo immersi nei mistericome le ranocchie nella palude…Motmadhi: O che cosa hai detto, sorella!Carolina: Spiegaci almeno quest’altra cosa,se la sai. Già da due ore mamma varaccontando cose che ci hanno offuscato ilcuore. Dice che il nostro villaggio si ècorrotto, e forse è vero, ma noi che viviamo

LAJME/NOTIZIE78 Gennaio - Aprile 2012

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vërtet: moj na çë rronjmi ndëktë pushtjerëçë kemi të bënjmi me njerzit e ligi të katundit?E ajo thotë se ligëria ësht si shiu çë bie i haptëmbi gjithë: ësht si zjarri çë me hir e pa hir ongrohën o djeg gjith’ata ç’i rrinë prë rrëzë.Na s’ bëtim gjë të shtrëmbur njeriu, e psekem të duronjmi prë të tjerë?

Motmadhi: Ju kini ligjë; moj jot’ëmë folimirë. Lipet përhapen më se haretë; e kush doi ësht prë nën ndien vohën e ajrin.

Kallina: Vërë edhe, se s’ mund arrënjmi tëxëmi dreq çë janë këta pirikul, çë nakanosnjin: këto s-hare çë rrinë të na bienmbalë xerkut. Kush di, idhëka ruhet.Ligëresha: Je keq kurjozere ti! Mos u bëreskamaller e kam të t’ zbulonj gjithë fshehurattë shpirtit?Lipsia: Po qeti via! Nëng vëni re se vjenaposhtaz ka Sheshet gjith’ i anangasëmKronoi? Gjegjmi çë novë na siell!Kronoi: Mirë dhespër. O çë role çë bëtë!Gjithëkëtu u mbjodhëtit Kuturizët! Mos pësoigjë ndëkto anë?Motmadhi: Ëh, vëlla! gjëllinjmi ndë mote kunëng dihet o straposet një ditë pa ndonjëpësuome! Moj ti ku do të veç ashtu i dërsitur,e me aq anangasi?Kronoi: Vinj ka Rroxhana, e ngjitemi ndëkatund të thërres tim bir.Emira e Carolina: Kë?Kronoi: Mirjanin.Motmadhi: E pse nëng dërgove të vëllain?

Kronoi: Kam vete u t’e marr e t’e siell memua.Lipsia: Me aq valandi e presë? Ndonjë e zezëkafshë ecën prë ndën! Si nëng na thua gjë?Çë xure Rroxhanë?

in questa campagna, che abbiamo a che farecon la gente perversa del villaggio? Mammaperò va dicendo che la malvagità è come lapioggia che cade largamente su tutti, o comeil fuoco che, si voglia o no, riscalda quantigli stanno intorno. Noi, però, non abbiamofatto male ad alcuno, perché, dunque,dovremmo soffrire per le colpe altrui?Motmadhi: Voi avete ragione; tua madre,nondimeno, ha detto il giusto. I lutti siespandono più che le gioie, e chiunque vi stadappresso ne sente l’alito e il calore.Carolina: Aggiungi, però, che ancora nonsappiamo chiaramente quali siano i pericoliche ci minacciano e le sventure che stannoper caderci sul collo. Chi sa almeno si guarda.Ligëresha: Sei troppo curiosa tu! Non saraidiventata un confessore per cui debba svelartitutti i segreti dell’anima?Lipsia: Ma su, tacete! Non vedete Kronoi cheviene giù dagli Sheshi tutto premuroso?Sentiamo quali notizie ci porta.Kronoi: Buon vespro! O che capannello avetefatto! Tutti i Cuturesi vi siete riuniti qui! Èaccaduto qualcosa di grave da queste parti?Motmadhi: Eh, fratello! Viviamo in tempi neiquali non albeggia né tramonta giorno senzaun qualche avvenimento. Ma tu dove vuoiandare così sudato e premuroso?Kronoi: Vendo da Roggiano e salgo in paeseper richiamare mio figlio.Emira e Carolina: Chi?Kronoi: Miriano.Motmadhi: E perché non vi hai mandato suofratello?Kronoi: Ho da andare io stesso a prenderlo econdurlo meco.Lipsia: Con tanta cura e tanta fretta? Qualebrutto affare c’è sotto! Perché non ci diciniente? Che hai saputo in Roggiano?

LAJME/NOTIZIE 79Gennaio - Aprile 2012

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Kronoi: Majde shokë! bëni se nëng dini gjë?

Lipsia: Çë mund xëmi na ndëkto pushtjere,ku së shohmi faqe njeriu?

Kronoi: Moti ësht e ngeqet, pse ynë Zot s’mund na duronjë më.Emira: (Popo! popo! Qina ime, kush e di çëtë jetë!)Motmadhi: Po flit dreq o vëlla, çë mund nakanosinj të keqi?Kreu i Valles: Shihni si venë tue u ndëndurretë? Pakepakë ndonjë monostrofë dirulloreec mirr ku ka të na shtëfrosinj të qeverisur sikashtëz je lezë!Kronoi: Më jipni poka besë se nëng dini gjë?

Motmadhi: Dimi e së dimi: pse mund jetë seatë çë di ti ng’e dimi na.

Kronoi: Oh! Një mik Rroxhanë më rrëfyejtise dhjetë o dymbëdhjetë vetë të katundit tënëbëtin aq miskeqe sa bëj t’i ngjethej qimjaedhe një derri, ndo të mund i dij!

Motmadhi: Dica i kemi xënë, e njera këtunëng na the ndonjë gjë të re. Ka dy vjet çëPicilia u djallos prë dreq. Çë kur u ndërruaRregjëria, më të shumt’ e trimavet të katunditzdrodhtin trutë, zbuortin dreqtinë, ligjën,nderën, turpën, dijturën të vetjui. Ndë dy vjetqenë të vrarë katër vetë ndë këto anë. Qe jedjegur kalivja jote: qenë bëra kalluomendryshe, e dëme pa nëmërim: ndër kaq, mosnjeri pipën! Me ligjë prana së mund fjasën,ndo i ka ënda të rronjin! Eh! S. Pandaliu katë vërë duor ndëktë shërbes; ndomos katundiësht i vatur ndë përrua!

Kronoi: Oh, fratelli! fate finta di non sapernulla?Lipsia: Cosa possiamo sapere noi tra questecampagne ove non si vede mai facciad’uomo?Kronoi: I tempi peggiorano perché Iddio nonci sopporta più.Emira: (Ahi! ahi! Povera me! Chi sa mai chesarà!)Motmadhi: Ma parla chiaro, fratello; chemale ci minaccia?Capocoro: Vedete come si vanno addensandole nubi? Poco a poco qualche impetuosovortice ci rapirà per sbalzarci chi sa dovequasi leggera pagliuzza!Kronoi: Mi assicurate, dunque, che nullasapete?Motmadhi: Sappiamo e non sappiamo, poiche può darsi che quanto sai tu non losappiamo noi.Kronoi: Oh! Un amico in Roggiano mi haraccontato che dieci o dodici individui delnostro villaggio hanno consumato tantimisfatti da far drizzare il pelo ad un cinghialese potesse conoscerli.Motmadhi: Qualche cosa abbiamo saputoanche noi, e fin qui nulla ci hai detto di nuovo.Ormai da due anni il nostro paese, Pizzileo,è tutto posseduto dal demonio. Da quando ècambiato il Regime la maggior parte deigiovani del nostro paese ha il cervellostravolto: hanno perduto la ragione, larettitudine, l’onore, il pudore, e la coscienzadi se stessi. In due anni furono uccisi quattroindividui in queste vicinanze. Fu incendiatoil tuo ovile e consumati furti diversi e danniinnumerevoli, eppure nessuno si lamenta.Hanno ragione, però, di non parlare, seancora hanno cara la vita! Eh! S. Pantaleonedeve mettere mano in questa faccenda,altrimenti il paese è già precipitato

LAJME/NOTIZIE80 Gennaio - Aprile 2012

nell’abisso.Kronoi: Non vogliate affliggervi: invece diS. Pantaleone vi metterà mano Pietro Fumel,che fra non molti giorni verrà in Fagnano; eallora vedremo il fumo sopra i tetti di alcunecase, nelle quali non abbiamo mai sospettatonon che vi fosse fuoco, ma neppure cenere.Coro: Gran fuoco davvero ci minaccia!Ligëresha: Avete capito il pericolo adesso?Ma se avete visto il baleno, non vi hannoancora scossi il tuono e la folgore!Coro: Ahi, zia! Parli come se ti recasse dilettoil vederci colti qualche sciagura! – Maraccontaci, Kronoi: Pietro Fumel ha saputoqualcosa sul nostro paese?Kronoi: Mi chiedete se ne sa qualcosa? Nesa cento volte di più lui che noi del paese.L’amico da Roggiano mi diceva che Fumelha ricevuto un foglio d’accusa in cui sonoscritti i nomi, le famiglie, le case, i cognomi,i connotati e tutti i delitti consumati daimariuoli che trovansi in queste contrade. Egliconosce l’assassino della povera fagnaneseche custodiva i fichi presso l’aia di Ziamara;sa pure chi ha commesso l’omicidio nei pressidi Ricosolo e quello al di là dell’Esaro, e chiha bruciato a mia cascina; e ora giudicate senon avete a farvi il segno della croce con lamano sinistra nel sentire quanto sto perraccontarvi. Forse nemmeno lo crederete.Avete sentito dire, così come sussurrato esotto voce che nei paesi di là oltre i monti fusequestrato un prete dai briganti?Coro: L’abbiamo sentito, si, ma chi losequestrò?Kronoi: Da chi fu sequestrato? Non si sa. Siè solamente saputo che lo sventurato pretefu sorpreso all’altare mentre celebrava laMessa, e, ravvolto in una coltre fu portato aspalle fin presso Fagnano. Si è anche appresoche egli è rimasto nascosto per dieci o dodici

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Kronoi: Mos helmohi: ndë pjesë të S.Pamdaliut vë dorë Pjetër Fumeli: cili, sëshkon dit’ e vjen Fanjanë; e ahina shohmikamnoin mbi qeramidhe të ca shtëpive, teknëng pandehtin se mun’ t’ish jo se zjarr,mëngu hi.Vallja: Vërteta zjarr i madh çë na kanosën!Ligëresha: E ndilguot nani prikullin? Mojndose patë shkeptimën, bumbullima e gjëmanëng ju taraksi edhe!Vallja: Majde emte! Na fjet si kur të kishnjehare ndo të na rrëvonej gjë të ligë! Po thuana,Kronua, Pjetri Fumel ka xënur ai gjë prëkatundin tonë?Kronoi: Ndo se xuri më pyeni? Di një qindherë më ai se nëng dimi na, çë jemi tëkatundit. Miku ka Rroxhana më thoi, se patinjë kartë kallëzare tek janë të shkruojturaëmrat, çetat, shtëpitë, mbiëmrat, shëngat, egjithë punet e liga çë bëtin frushkulit, çëgjënden ndëkto anë. Di kush qe çë vraufanjanoten të zezë, çë ruonej kullumbraretprej lëmin e Cjamares: kush bëri jetërburrvrame prej Rrëkozullit; atë jetrënmbatanë Esarin: kush dogji kausoren time:e, vëni re, mos bëni kryqin me dorë tështrëmbur nani, ndë sa ju thom. Thomsemëngu të e kini besë. Gjegjtit se qe thënëkështu lez lez e ndën zae, se prej katundetatej, mbatanë malevet, ka dejtria e perndimesqe zënur një prift ka vjedhtarit?

Vallja: E gjegjtim vërteta: Moj kush e zuri?

Kronoi: Kush qe ç’e zuri, kush qe? Nëngdihet! U xu vetëm se i ziu prift qe marrurmbi lartarë ndë mot çë thonej Meshën, qepështjellur ndënjë palacë, e qe sjellurngalosha njera prej Fanjanës. U xu se ndënjifshehtë dhjetë o dymbëdhjetë ditë mbrënda

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giorni in un pagliaio in un certo paese.Ligëresha: In un certo paese? E perché nondici proprio nel nostro paese? Perché non diciqua da noi, anzi laggiù nella cascina diDurando? Ecco, là, là è rimasto a giacere peraltri otto giorni cucito in quella coltre.Coro: O sventurati noi! Così Fumel fucilerànoi tutti e brucerà quanti siamo quaggiù!Carolina: Perciò vedevo andare e venire daqueste parti certi ceffi mai visti prima.Lipsia: Kronoi, non rivelarci altro, ancorchétu ne sappia; perché ogni parola che tupronunzi ci rivela un coltello che puòtrapassarci il cuore. Ed è meglio non saperneaffatto, affinché, se qualche sciagura ci devecolpire, succeda improvvisamente.Carolina: Tempesta ed acquazzone non attesie non sospettati.Emira: Se cadremo nelle mani di Fumelpossiamo già dire d’essere coperte divergogna e bruciate. Io, appena saprò che staper venire da queste parti, un istante primach’egli giunga, andrò a buttarmi giù dallarupe più alta del burrone di Gallozza.Lipsia: Pazza che sei! Dei andata forse aderubare qualche casa? Hai incendiatoqualche palazzo? Hai ucciso qualcuno? Haifatto qualche rivoluzione? Sei andata armatapei boschi come un capo di briganti? PietroFumel, dopo tutto, non è né un leone né unlupo né un drago né un turco, e nemmeno unorco che divora le genti come il capro divoraogni specie d’erba. Egli è un uomo, cristianoe dotato di ragione, e conoscitore del diritto.Lo voglia, quindi, o no, egli dovrà avere deiriguardi verso le persone che ne sonomeritevoli. Potrà forse prenderle eschiacciarle come fa il gatto coi topi o lascimmia con le pulci?Emira: Che dici, mamma? La fama che si èdiffusa per ogni luogo non lo dipinge come

ndë një grasht, ndë një katund.Ligëresha: Ndë një katund? E pse nëng thuandë katundin tënë? Pse nëng thua këtu afërneve; këtje te kalivja e Dorëndit? Njota, këtje,këtje u dergj i qepur nd’atë palacë prë nj’etërtetë dit!Vallja: O të sfanesurit na! Poka Fumeli nadufekën e na djeg sa më jemi këtu poshtë.Kallina: Andajna shihnja se vejin këso anëshica faqe çë s’kishin adhet prë këto udha!Lipsia: O Kronua, mos kallëzo ndo di mëgjë; pse ka fjalë çë thua ti na bufton një thikëçë mund na shkonjë zëmrën! e më mirë ështtë mos dimi gjë; e të na zërë pa pritur, ndo katë vinjë ndonjë deqtare kopane!

Kallina: Sqotë e dragonare jo e pritur, e jo epandehur!Emira: Ndo rafshim ndë duor të Fumelitmund thomi se jemi të turpruora e të djegura!U sa t’e xë një kred përpara se qaset ndëktovende, vete shtihemi ka brinja më e lartë tegramia e Galocës!

Lipsia: E llavur çë je! Mos vajte vodhendonjë shtëpi? Dogje ndonjë pëllas? Vravendonjeri. Bëre ndonjë rivollucjonë; o vajteje armatosur prë ndë dushqe, si krebanitërash? Pjetër Fumeli mbë serpos nëngësht jo lion, jo ujk, jo dragor, jo turk, jo nj’orkçë ha gjindën, si cjapi ha barërat ndryshe.Ësht një burrë i krështer, e me ligjë, çë njehtë dreqtën; e do poka, o nëng do, ka të ruonjënjerzit çë janë prë me u ruojtur: mos i merr ei shtypën po si maçja mitë, o sinja pjeshat?

Emira: Ç’ thua, o mëmë? Ndonata çë upërhap prë ndë gjithë vende, nëng e pindiksën

LAJME/NOTIZIE82 Gennaio - Aprile 2012

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si e kojllorën ti. Sa gjind fjasën k’ai njeri,thonë se nëng ësht i krështe: more ndoknjinse ësht i egër, pjono forë, i tharët: se vete tuefjuturuor si era, mbajë një kal i zi si fingjill ispovisur. Se përtrollën këdo përpjek: seqellën tek ila një fillar tufetashi me gjashtëkopane njerën. Dy thika, dy shpata; njëdufek’ je madhe mbë gjashtë kopane; e njëtorqe tri vurpileshi ndë duor; e me nj’etër dyqind vetë pas, krerat e të cilëve gjithë i gjasën.Thonë, se sa të xërë se ka një çetë, o një shtëpiësht prë jashta ndonjë, o i ngjyejtur mebanitërat, vete zë gjithë miqtë e gjëritë; ishkon me atë drangole çë qellën ndë duor,pesë o gjashtë herë, e prana i mbullin si bëletambrënda tek ndonjë qishë, o tek ndonjë i errëtkatoq pëllasi; bën e lëngonjin tet’ o nëndëdit, e të dekur urit, e të djegur etit, prana idufekën, si gjela të vënura ndë merë. Krolanë,Moranë, Saraqinë, Llungër, e Altomuntthuhet se ka dufekur ndonjë tridhjetë. Ndose ësht vërteta ashtu, kush mund të thetë sedel frëng nga kjo qinerë!

Motmadhi: Mos tromaksi keq më parë semoti. I bardhi sempre i bardhë qëndron: i ziuësht i njohur çë prisë llargu. Prana jo gjith’ato shërbise çë ju rrëfyenjin ken’ të i mirrniprë të vërteta, e t’i mposhtni nje ndë stomahjsi gjërshi të kuqe, fiq të njoma, o kumbullatë pjekura; pse më të shumat herë gjënden tëgjëmbisura, e të farmëkosura me të rreme.Kush di vërteta me cilin dhisinj fjet njeriu?Ka një ka këshillin e penserin e tij ndë zëmër:e te gola nëng e vë dreq si gjëndet mbrënda.E prana ndë ka opiniona çë ndanjin jetënnani, zgjidh ti cila ësht e drejta, mos ecën mesy të hapta, e me një thas noeri! Dica kanë

lo descrivi tu. Quanti parlano di lui affermanoch’egli non è neppure cristiano, anzi diconoche è un uomo selvaggio, gonfio d’alterigia,aspro, che vola come il vento sopra un cavallonero, quasi spento carbone; che atterrachiunque incontra e porta ai fianchi due filadi pistole da sei colpi ognuna, e due coltelli,due spade, un fucile grande pure da sei colpi;e che in mano porta uno staffile formato datre nervi di bue, ed ha con se altri duecentoindividui i cui capi tutti somigliano e lui. Edicono che non appena ha notizia che qualchemembro di un parentado o di una famiglia sitrova fuori in campagna od è in contatto coni banditi, egli va tosto ad arrestare tutti gliamici ed i parenti di costui, li liscia cinque osei volte con quella serpaccia che porta inmano, quindi li rinchiude a guisa di api inqualche chiesa o in qualche oscurosotterraneo di palazzo, ove li fa languire perotto o nove giorni estenuati dalla fame edarsi dalla sete, e finalmente li fucila comegalli messi a bersaglio. A Corigliano,Morano, Saracena, Lungro ed Altomontedicono che ne ha fucilati una trentina. Sedavvero è così, chi può lusingarsi d’uscireilleso da questa piena?Motmadhi: Non vogliate spaventarvi primadel tempo. L’innocente sempre innocentesarà, e il colpevole si conosce da lontano.Inoltre, non tutto ciò che vi narrano doveteritenerlo vero e subito calarlo giù nellostomaco come rossa ciliegia, o morbido fico,o prugna matura; perché spesse volte le coseche vi narrano sono piene di spine eavvelenate dalla menzogna. Chi puòveramente conoscere con quale intenzioneparla l’uomo? Ognuno tiene riposto il suoconsiglio e il suo pensiero nel proprio cuore,e sulle labbra non viene mai fedelmentetradotto qual è nell’interno. E poi, fra tante

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kuritin të pindiksnjin gjithsej si ja përparënpenseri i tyre; e s’ kanë skrupull të buftonjinse një mirakull ësht një djallëri; një bekuomee japën prë nëmë; e një bëme të bardhë eveshnjin mbë të zeza. Ata çë kanë mall edheprë rregjërinë çë perëndoi, thonë: Se Fumeliësht një i ardhur dreq nga pisa. Se ka nj’et ipa u ndëndur gjak: Se nëng ëndërrën ndomosvdeqe: Se s’di të mretinj ndomos dëme ezjarre: Se s’di të fjasë, ndomos urdhëron tëlidhura, të zëna, të rrahura, e kopane ndryshe:Se ahiena qeshë, kur shumë të tjerë, tëpështjellur me veshura të zeza, mbë lip,qanjin, e vajtonjin: Se, mbë serpos, ahienagëzon ai me madhe hare, kur të tjerëtduronjin, tue mbetur qetë, ndë dëme, e ndëtë liga gjithë shortashi. Ata prana çë duonmirë rregjërinë çë haraksi, thonë: Se Fumeliësht një ëngjëll i mposhtur nga qielli, cilishërben nat’ e ditë pa u lodhur kurraj: Thonë:Se si ëngjëlli ji vdeqes tek Misiri njihijshtëpitë ebrea ka shtëpitë misirjote, Fumelinjeh ashtu ndë ballë, sa i ruon, të mirët e tëligët; e jep vllepën e dëmtuomen si eparathenjin. Na prana ndo duomi tëligjëronjmi dreq, kemi të thomi, se Fumeling’ësht jo si thonë të parët, jo si e këndonjintë prasmit. Nëng ësht një shënjt, moj nëngësht një djall. Se ësht e bën një shërbes tëmirë kush mund e arnjizonjë? Mun’ të gjasëe mirë ndonjeriu kjo jetë çë shkonjmi pjonotrëmbime? Tek do japmi me hundë ndodhemindënjë kallonjer. Kudo vemi me këmbë, napërpiqet një vjedhtar. Këtu rrahnjin, këtjedjegnjin; aty marrën, ndë nj’etër vendkanosnjin e duan; vrasën, turpronjin,xheshnjin, e monu shkëmbet lënë anamesaudhavet. Mos njeri gjëllin ambënor jo ndështëpi, jo ndë pëllas. Ka mëngu e pret, tëfanaroset përpara një çerë druri: të parathotëse ai s’di gjë; se qe i zënur e i shtrëguor me

opinioni che dividono attualmente il mondo,scegli, se puoi, qual è la retta, se non camminiad occhi ben aperti e con un sacco diprudenza! Alcuni hanno l’ossessione di volerdipingere ogni cosa così come la rappresentaloro il proprio pensiero, e non hanno scrupoloa dimostrare che un miracolo sia operadiabolica, e una benedizione la danno perbestemmia, e il bianco lo tingono di nero.Quelli che ancora sentono la nostalgia delgoverno che tramontò dicono che Fumel èun inviato diretto dell’inferno, che ha una seteinsaziabile di sangue, che non sogna altro chemorte, che non sa comandare se non dannied incendi, che non sa parlare se non per dareordini di arresto, di battiture e di colpi d’ognispecie, che solo allora egli ride quando moltialtri, ravvolti in lutto e gramaglie, piangonoamaramente, e, finalmente che solo alloraegli tripudia ebbro e gioia, quando gli altrisoffrono in silenzio tra danni e mali d’ognisorte. D’altra parte, quelli che parteggianoper il governo di cui l’alba è apparsa, diconoche Fumel è un angelo calato dal cielo e chefatica giorno e notte senza mai stancarsi;dicono che come l’angelo della morte lànell’Egitto distingueva le case ebree da quelleegiziane, così pure Fumel riconosce edistingue i buoni dai malvagi solo a guardarliin fronte, e dà quindi ad ognuno la pena e lacondanna che merita. Se però noi vogliamoragionare rettamente, dobbiamo dire cheFumel non è né quale lo dipingono i priminé quale lo celebrano i secondi. Non è unsanto, ma non è neppure un diavolo. Che poiegli stia compiendo un’opera buona chi puònegarlo? Può parere ad alcuno buona questavita che trascorriamo, piena com’è di paure?Dovunque diamo col naso c’imbattiamo inun mariuolo. Dovunque stendiamo il piedeincontriamo un ladro. Qua battono, là

LAJME/NOTIZIE84 Gennaio - Aprile 2012

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kanosi vdeqtare të sillij mbashatën; të vë njëkartëz ndë duor, e shkruojtur di u si, e ç’ thotëajo kartë?

Ligëresha: E dimi keq mirë ç’ thotë!Vallja: Ç’thotë?Motmadhi: Lypën prë të ngrënë e prë të pirë.Lypën dufeka, tufeka, thika, pjuhur prë tëshkrehur, guna, pi(l)hura, shapka, e turresë;e cado herë edhe gra! e kanosnjin vdeqe edjeguni.Vallja: E kush i lypën këto?Kallina: Të mbrazët çë jini! Së ndijgoni fare?i lypnjin vjedhtarët e banitërat.Kronoi: Jo sempre ata çë gjënden prë jashta;pse cado herë s’ dinë mëngu një qime!

Motmadhi: Dreq. Më të shumat herë janëkallonjerit të fshehur çë shërbehen me ëmrine atyrëve.Vallja: E mos ja dërgonjin petkat e shërbisetçë lyptin, ç’i bënjin?Lipsia: O bij! Ç’i bënjin? Dëme sa më tëduan. Ndo t’i bjerë ndën sy ai çë nëng idërgon sa lyptin, mos mund e zënë, e vrasën;e ndo s’mund arvonjin të jatin, ja bënjin tëbirit, o gjëriut; e ndo gjithë ruhen të zotërat,si mun të ruhen kavshit, dhentë, pelat, arvulit,e stabulit, e masaritë?

incendiano; in questa parte prendono e inquell’altra minacciano e rubano; uccidono,coprono di vergogna, spogliano e sololasciano le pietre in mezzo alle strade.Nessuno vive tranquillo né in casa né inpalazzo. Donde meno te lo aspetti, eccotidavanti una faccia di legno: ti dice in unprimo momento che nulla sa, che fu preso ecostretto con mortali minacce a portarel’ambasciata, ti mette poi un biglietto fra lemani, scritto Dio sa come… e che dice quelbiglietto?Ligëresha: Lo sappiamo molto bene qual chedice.Coro: Cosa dice?Motmadhi: Chiede da mangiare e da bere…Chiede archibugi, pistole, pugnali, polvereda sparo, vestiti, tele, cappelli e danaro, equalche volta anche donne! E minaccia morteed incendi.Coro: E chi chiede queste cose?Carolina: Cervelli vuoti! Non capite affatto?Le chiedono i mariuoli e i banditi.Kronoi: Non sempre, però, quelli che sonofuori in campagna; poiché molte volte accadeche essi non ne sappiano un’acca.Motmadhi: Così è. Moltissime volte sono imariuoli occulti che si valgono del nome diquelli.Coro: E se non vengono mandati gli oggettirichiesti, che accade?Lipsia: O figli! Che accade? Danni a nonfinire. I briganti, appena si presenti lorol’occasione, sequestrano colui che ha negatoil richiesto, e se ciò non è possibile, louccidono; e se non possono far danno alpadre, lo faranno al figlio o ad un parente; ein fine, quand’anche tutti costoro possanopremunirsi a farla franca, come faranno acustodire gli armenti, le greggi, le giumente,gli alberi, gli stabili e le masserie?

LAJME/NOTIZIE 85Gennaio - Aprile 2012

ODA E MIQVE

Kronoi: Mos nëng e di u shërbesin? Mëdërguon thënë, ndën ëmrin e Francizit, e tëMungrasanjotëvet, se duojin një dufek mbëdy kopane; një shapkë, një xhaketë vëluzi,dy parë tirq të gjata; një parë këpucë; pesëkëmisha të rea, pihurje, ji aq të hollë, dyrrotull pjuhur, dy copë djathë, e pesë kraveletë grinjta; likëngë sa të mundnja.

Vallja: I bëftë farmëk!Kallina: Po ruoj? E së mund ja dërgonje tëfarmëkosura?Ligëresha: Vërteta! Si nëng e pensove?

Kronoi: Ku kesh të venja të gjëllinja prana?Një; e farmëkun kush m’e lipij?

Ligëresha: Mangonej kukutë ndëkto anë?

Lipsia: Popo! Motër! si fjet pa fare xhudhix?

Ligëresha: Kemi të gjëllinijmi edhe këtagjërpënj, çë na zënë ashtu pa lipisi; e bën-evdesmi si qen të rraxhuor?Motmadhi: S’kemi mperò autoritatën t’ivrasmi na. E pëstaj një dem me nj’etër dëmnëng voglonet, moj rritet, e trimadhet! Ndose kish bërë këtë ligëri, Kronoi, ku mban tise qëndroj shërbesi? Mund bëj një zinxirvdeqashi më zi se pesta. Ato pesë kravele, eato dy copë djathë duhej shumë e vejin ndëpesë fëmija? Bënjmi kund se ka një fëmijëish gjashtë vetçi e hajin gjith’asoj bukje easi djathi; sa vetë vdisjin? Sa shkaravaj pamos një ftesë birjin shëndetën e gjellën? Ethomse vjedhtarët qëndrojin të gjallë; e kushe di, prë këtë bëme, si të nxirrepsur, sa tëtjerë gjind mund vrisjin? Shihni sa dëmevijin?

Kronoi: Non lo so io, forse? Mi mandarono adire a nome di Franzese e dei Mongrassanesiche volevano da me un fucile a due colpi, uncappello, una giacca di velluto, due paia dicalzoni lunghi, un paio di scarpe, cinque camicenuove di tela non troppo fina, due rotoli dipolvere, due pezzi di formaggio e cinque panidi grano, e salsiccia quanta ne avrei potutomandare.Coro: Che diventino veleno per loro!Carolina: Ma guarda! Non potevi mandarleavvelenate?Ligëresha: Davvero! Come mai non ci haipensato?Kronoi: E poi dove sarei andato a vivere?Questo per primo; ma il veleno, chi me loavrebbe dato?Ligëresha: Mancava forse la cicuta in questiluoghi?Lipsia: Ahi! Sorella! come parli cosìsventatamente?Ligëresha: Dobbiamo dunque nutrire questiserpenti che ci mordono senza pietà e ci fannomorire come cani arrabbiati?Motmadhi: Tuttavia non abbiamo autorità perucciderli. E inoltre, un male non diviene minorecon un altro male, ma aumenta piuttosto e diventagrandissimo. Se Kronoi avesse commesso questainiquità, dove supponi tu che si sarebbe fermatala cosa? Avrebbe potuto formare una catena dimorti, peggio che la peste. Quei cinque pani equei due formaggi potevano benissimo andare afinire fra cinque famiglie. Supponiamo checiascuna famiglia fosse composta da di seiindividui e che tutti questi mangiassero di quelpane e di quel cacio, quante persone morrebbero?Quanti innocenti fanciulli perderebbero salute evita? E forse i ladri rimarrebbero vivi, e furiosiper questo attentato, chi può sapere quante altrepersone potrebbero uccidere? Vedete, dunque,quanti mali ne sarebbero derivati?

LAJME/NOTIZIE86 Gennaio - Aprile 2012

ODA E MIQVE

Kallina: I biri ji neprëmtes ësht neprëmte.

Emira: (Dreq thua; se ti vjen lart më ligullorese jot’ëmë!)Motmadhi: Kjo pësuome ësht e vërtetme prejshpirtogjellët; moj jo prej burravet. Pranas’kujton ti atë çë thonë, gjithë, se: Ka gjëmbi deltrondofija, e ka nata del drita? Moj edhe se t’ishsi thoni ju, kush ju dha fuqinë të mund vritni njënjeri pa ftesë? E se t’ish i mbëkatur edhe, munde ngitni ju pa kondrepsur shpirtin tëj?Vallja: E pse Fumeli përzien të mirë e të ligë,e gjithë një modhi i xarrisën ndë gropë?Motmadhi: Ndenxjona e tij ësht të kastjonjë,e të qëronjë provinçjen tënë ka të ligjtë, endo se gjëndet i ngallosur ndonjë i mirë, ainëng ftesën. Ka të ketë allmonu një shëng çëtë ja buftonjë të ligë atë çë dërgon ndë deqe,ndomos nëng e nget ai.

Kronoi: Bëmat e Saraqinës, e ato tjera çë bëriatena, dimi ndose thonë ashtu?Motmadhi: Se si fjasën poka? Mos kanë dygjuha si të rremtë?Kronoi: Atje thonë se bën’e dufektin edhegjëritë e banitëravet.Motmadhi: Kur një dele, një shtjerr, o njëdhi shkon prë rrëzë një murrizë, o një ferrë,lë ndonjë thërrimez lesh tue shtëfrosur: pranagjithnjeri çë sheh gjëmbat të përleshura, thotëse pattin akunde me delet. E kështu edhe, ndoe mbraptën të thënurën. Ata gjëri banitrashçë bën’e vranë Saraqinë e ndë tjera vende,po me gjithse dukçin dele, kishin pasurakunde me gjëmbat, e kishin lënë shëngën embajtur sinjallin: Fumeli ia gjeti, e ishtërngoi po si e merituon. Moj dua të thomsi duoni ju, se ndonjë e ka vrarë pa bënur gjëtë ligë: si ju nditet juve kjo bëmë, je dreqtë oje shtrëmbur?

Carolina: Ma il figlio della vipera è pur esso vipera.Emira: (Dici bene, poiché tu vieni su peggiore ditua madre!)

Motmadhi: Questo si verifica negli animali non negliuomini. E poi non ricordi quello che tutti ripetono, cioè:«che dalla spina vien fuori la rosa e dalla notte il giorno?»Ma ancorchè fosse come voi affermate, chi vi ha datofacoltà di uccidere un uomo innocente? Masupponiamolo pure colpevole, come potreste voi farglidel male senza macchiare l’anima vostra?Coro: E perchè Fumel mescola insieme buoni ecattivi e tutti precipita nella fossa?Motmadhi: Egli ha il proposito di castigare e diripulire la nostra provincia dai malvagi, e se (traquesti) vi rimane impigliato anche qualcheinnocente, non sarà sua la colpa. Ci vorrà almenouna prova che glielo riveli colpevole, perchè lopossa condannare a morte, altrimenti neppure lotoccherà.Kronoi: I fatti di Saracena e quelli compiuti in altriluoghi non direi che confermino questo.Motmadhi: Che significa, allora? Hanno forse duelingue come i bugiardi?Kronoi: Colà dicono che Fumel abbia fatto passareper le armi anche i parenti dei banditi.Motmadhi: Allorquando una pecora o un agnelloo una capra passa strofinandosi ad un pruno o adun rovo, vi lascia qualche fiocco di lana, e chi poivede quelle spine con la lana, tosto ne deduce cheesse hanno avuto a che fare con le pecore; ed ècosì anche rovesciando il detto. Quei congiuntidei banditi che furono uccisi in Saracena e altrove,pur sembrando pecore, avevano avuto a che farecon le spine ed avevano perciò lasciato il segno eritenuta l’impronta. Fumel l’ha scoperta e li hacastigati come si meritavano. Ma voglio ammetterequello che voi dite e supporre che egli abbia purefatto uccidere qualche innocente: come vi sembraquesta (sua) azione giusta o ingiusta?

(Continua) (Continua)

LAJME/NOTIZIE 87Gennaio - Aprile 2012

Sommario - Permabajtje

EPARCHIA

Convegno Internazionale

Iconostasi e Liturgia Celeste 1

La bellezza dell'arte per rieducare al senso

del sacro da Radio Vaticana 8

Mons. Giovanni Stamati e il Bol-

lettino Ecclesiastico di Lungro - Tradi-

zione Bizantina-Rinnovamento

-Etnia Arbëreshe

del protopresbitero Antonio Bellusci 9

I rapporti tra la Chiesa di Roma,

i vescovi calabresi e le comunità

italo-albanesi nella seconda metà

del XVIII secolo

di Paolo Rago 32

CRONACA

Prospettive pastorali e suggerimenti

operativi per una Pastorale Giovanile

rinnovata di

P. Elia Hagi 36

'In missione' a San Benedetto Ull.

di Angela Castellano Marchianò 44

INVITO ALLA

COLLABORAZIONE

Sacerdoti, suore, laici, che lavorano nel-

la nostra Eparchia, sono invitati a spedi-

re articoli, con fotografie, e note di cro-

naca, da pubblicare su "Lajme"

Inviare gli articoli tramite fax,

in Curia 0981-947626

oppure tramite e-mail a:

[email protected]

BOLLETTINO QUADRIMESTRALE

EPARCHIA DI LUNGRO DEGLI ITALO-ALBANESI

DELL'ITALIA CONTINENTALE

Anno XXIV N. 1, gennaio/aprile2012

Amministrazione:

Curia Vescovile - Corso Skanderbeg, 54

87010 LUNGRO (CS)

Tel. 0981/947234 - 947626

www.eparchialungro.it

E-mail: [email protected]

Supplemento al Bollettino Ecclesiastico nr. 18/22 del 2009

Reg. Tribunale di Castrovillari al n. 1-48 del 17.6.1948

ASEmit, Cosenza

Presentazione del testo di

Don Pasquale Ferraro "I Thia

Liturghia ke i Megali Evdomas"

del Protopapàs Nik Pace 48

Gli enkomia del Sabato Santo

dell'Archim. Manuel Nin 52

XXV giornata della gioventù

di Papàs N. Miracco Berlingieri 60

Mostra immagini ed icone sacre:

"Percorsi di Uomini, Percorsi di Fede" 63

L'approdo. Opera all'umanità migrante 69

di G. Chimisso

Conferenza Episcopale Calabra

Comunicato stampa 72

ODA E MIQVE

Gëzuar 73

Gjuha Shqype 74

Emira 75

di F. A. Santori

LAJME/NOTIZIE88 Gennaio - Aprile 2012

Firmo. Parrocchioa "S. Giovanni Crisostomo", 31 marzo 2012, XXV Giornata della Gioventù