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7/23/2019 Dario Luisi, MA - “Wie man die Violin halten, und den Bogen führen müsse.” POSIZIONE E TENUTA DEL VIOLINO E …
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Wissenschaftliche Masterarbeit
“Wie man die Violin halten,
und den Bogen führen müsse.”
POSIZIONE E TENUTA DEL VIOLINO E DELL’ARCO DALL’INIZIO DEL
XVII° ALLA FINE DEL XVIII° SECOLO.
PRESENTAZIONE, CHIAVE DI LETTURA ED ANALISI DELLE FONTI STORICHE
Verfasser: Dario Luisi
Universität für Musik und darstellende Kunst, Graz, Austria
Institut 3: Saiteninstrumente
Betreuer: Ao.Univ.Prof. Mag.phil. Dr.phil. Ernst Hötzl
Sommersemester 2009
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Abstracts:
L’impostazione nella lettura e nella visione delle fonti storiche scritte ed iconografiche
riguardanti la posizione e la tenuta dello strumento, violino ed arco, nel periodo che intercorre
tra l’inizio del XVII° e gli ultimissimi anni del XVIII° secolo, è d’importanza fondamentale;
la ricerca di un’interpretazione “originaria” del tema, ovvero non influenzata dall’inevitabile
contaminazione dovuta alla tecnica violinistica adottata solo apparentemente in maniera
uniforme oggigiorno, quindi una interpretazione aperta a molteplici possibilità (forse nuove,
rivoluzionarie e sconosciute) e propria di una lettura testuale e più possibile oggettiva, è
l’obiettivo principale di questo lavoro.
The way of placing and holding the violin and the bow in the period between the beginning of
the seventeenth and the final period of the eighteenth century, asks for a particularly,
pragmatically and possibly cleared approach to the textual substance. The challenge and goal
of this work is to analyse written and iconographical sources facing this subject taking out
given influences from the modern and apparently standardised tradition of violin playing, to
find and reach an unpolluted, objective translation and interpretation of these historical works
and to allow new critical views and possibilities of understanding.
Die Betrachtung und Erforschung der historischen schriftlichen und ikonographischen
Quellen, in Bezug auf Platzierung bzw. Haltung der Geige und Bogen in der Zeit zwischen
Anfang des XVII. und Ende des XVIII. Jahrhundert ist heutzutage durch den meist
unvermeidlichen Einfluss der modernen, allgemein für selbstverständlich erklärten
zeitgenössischen und meist standardisierten Geigentechnik erschwert. Ziel dieser Arbeit ist
eine von dieser „Modernen“ Technik unbeeinflusste, befreite und somit möglichst objektive
Sicht dieses Themas zu erreichen und somit durch diesen pragmatischen und philologischen
Zugang neuen Einblicke und Perspektiven zu ermöglichen.
I
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Ringraziamenti
Prima di tutto desidero ringraziare quello che considero il mio padre musicale, il Prof. Sergio
Balestracci del Conservatorio Statale di Musica “Cesare Pollini” di Padova, colui che
all'inizio della mia carriera mi ha spronato nell'intraprendere abbracciata all'attività
concertistica sullo strumento storico una contemporanea ricerca musicologica che la
appoggiasse, accompagnasse e giustificasse, non cessando mai di mettere in discussione e di
criticare qualsiasi decisione di tipo esclusivamente musicale se non avvalorata da
testimonianze e fonti storiche, cercando di farmi dall'inizio capire che il gusto, quale esso sia,
non può limitarsi ad una visione soggettiva del testo musicale ma deve essere affiancato dalla
conoscenza dell'estetica musicale vigente all'epoca dell'opera musicale affrontata, consci della
sua origine e provenienza; inoltre per avermi dato fiducia, giovanissimo, nel guidare ed
assumere responsabilità musicali talvolta più grandi delle mie capacità, appoggiandomi,
confortandomi e stimolandomi umanamente ed intellettualmente. Un ulteriore ringraziamento
va a numerosi colleghi ed amici che mi hanno accompagnato nella crescita artistica e
professionale con la loro continua presenza (anche solo nei miei ricordi), per me fonte di
ispirazione ineguagliabile e guida insostituibile nelle mie decisioni nel campo dello strumento
storico e della musica antica in generale, tra tutti i Maestri Enrico Gatti, Emilio Moreno e
Jasper B. Christensen. Una menzione particolare meritano poi Federico Löwenberger (il mio
liutaio), Antonino Airenti (il mio archettaio) e Mimmo Peruffo (il mio cordaio) per avermi
costantemente ispirato, sostenuto ed aiutato nelle mie scelte strumentali e organologiche.
Ringrazio mio fratello Fabio Luisi per avermi regalato il mio primo ed unico corso di violino
barocco con Ingrid Seifert ad Innsbruck nel 1983, ancora con il violino moderno, dove mi
sono state mostrate per la prima volta vie “rivoluzionarie” e fino ad allora sconosciute di
analisi del testo musicale; ringrazio inoltre il professore, collega ed amico Dr. Ernst Hötzl per
la sua negli anni continua pazienza nell'ascoltare ed accompagnare con consigli, calore umano
ed affinità intellettuale ogni mio dubbio, interesse ed entusiasmo inerente questo campo, ed
infine, insieme ai miei colleghi ed allievi dello Johann-Joseph-Fux-Konservatorium che con le
loro domande ed i loro consigli mi hanno stimolato a raccogliere le fonti ed a scrivere questo
lavoro, mia moglie Susanne Scholz per la sua incommensurabile consulenza tecnica ed il suo
infinito appoggio logistico ed affettivo senza il quale non avrei mai potuto portare a termine
tale opera.
Dedicato alla memoria di mio padre.
II
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Contenuto
Abstracts I
Ringraziamenti II
Contenuto III
1. La Chiave di lettura 1
1.1. Una questione di punti di vista 1
1.2. Il violino e l’autovettura, ovvero la storia insegna
ma il futuro non si conosce 1
1.3. Dal testo musicale alla musica suonata 3
1.4. Una questione di principio ed una piccola premessa 4
1.5. Il violino "storico" 6
1.6. Un discorso all'inverso: dal violino "moderno" a
quello "barocco". Implicazioni della tecnica storica 11
2. Oggi 13
2.1. La situazione attuale della tenuta nell’odierna
pratica musicale del violino “barocco” 13
2.2. Le due fazioni si scontrano 15
3. L'Analisi 17
3.1. Due trattati agli antipodi, una analisi possibile:
Joannes Jacobus Prinner (1677) e Francesco Saverio Geminiani (1751) 17
3.2. La rilevanza storica dei due trattati a confronto 21
4. Le fonti storiche (4.1-29) 22
4.30 Tavola riassuntiva sulla tenuta del violino nelle fonti esposte 58
4.31. La tenuta dell'arco: una puntualizzazione indispensabile 59
5. Conclusione 61
5.1. Le tre tenute o prese del violino, dal 1667 al 1798 62
5.2. Alcune percentuali e grafici 64
5.2. Cambiamenti di posizione: alternative all'uso del mento 66
6. Bibliografia 71
6.1. Fonti primarie 71
6.2. Fonti secondarie 72
6.3. Fonti ulteriori 73
III
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1. La chiave di lettura.
1.1. Una questione di punti di vista.
La mia ormai più che decennale attività di insegnante nel campo della prassi musicale storica
e del violino in particolare, unita alla mia più che ventennale attività concertistica in ambito
europeo ed extraeuropeo mi ha consentito di studiare profondamente, anche se non ancora
esaurientemente, molte delle fonti oggi disponibili nelle loro lingue originali, di collezionare
una folta raccolta di documenti iconografici sul soggetto, e di essere continuamente
confrontato con i problemi, sia in campo didattico che artistico, dovuti all’applicazione di tali
principi ivi contenuti. L’inquinamento delle fonti dovuto all’influenza della tecnica
“moderna” dello strumento odierno ed al suo congiunto automatismo nell’interpretare a tal
guisa le stesse mi ha portato più volte a dover quasi giustificare alcune delle posizioni
intraprese nel corso della mia carriera di didatta e di artista, raggiungendo spesso il risultato di
fortificarle ma anche talvolta di cambiarle ulteriormente.
I princìpi della curiosità, della voglia intrinseca di sperimentazione e dell’apertura mentale nel
leggere, vedere, perseguire, confrontare, scoprire ed essere in tal modo a volta sorpreso dalle
possibili e spesso tra di loro differenti spiegazioni, uniti alle loro conseguenti ripercussioni
sull’interpretazione musicale, sul suono dello strumento e sulla funzione stessa del musicista,
costituiscono la linea guida perseguita da me fino ad oggi, una linea che non intendo
abbandonare anche negli anni a venire, conscio che tali ricerche infinite potranno in qualsiasi
momento portare ad ulteriori e forse diverse interpretazioni dei testi e delle fonti storiche in
generale.
1.2. Il violino e l’autovettura, ovvero la storia insegna ma il futuro non si conosce.
Oggi i termini “evoluzione” e sviluppo” vengono molto spesso caricati di un significatointrinseco positivo, ovvero ciò che evolve o si sviluppa migliora: un veicolo a quattro ruote si
trasforma da carrozza a macchina, questa macchina utilizza motori prima a vapore e poi a
scoppio diventando col tempo più veloce e potente, consumando meno, percorrendo più
chilometri, superando salite sempre più impervie e diventando sempre più sicura, ecologica ed
automatizzata ……. insomma evolvendosi e sviluppandosi. Non solo è l’autovettura ad
effettuare nella storia un’evoluzione continua, bensì è la storia stessa che la contorna ad
1
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evolversi in maniera continua; non necessariamente questo “sviluppo” e questa “evoluzione”
sono collegate a qualcosa di positivo, ce ne accorgiamo per esempio se vediamo gli effetti
devastanti dell’inquinamento provocati dai gas di scarico e l’alto numero di incidenti mortali.
In ogni modo a nessuno verrebbe oggi in mente di percorrere con una super autovettura
sportiva dell’ultima generazione una strada settecentesca sterrata e pullulante di pedoni,
mercanti, cavalli, carrozze, carri da trasporto merci e corrieri postali.............. beh, smettiamo,
credo che a qualcuno potrebbe venire in mente di farlo; facciamo piuttosto il caso opposto:
oggi a nessuno verrebbe in mente di entrare alla guida di un cocchio su una autostrada ad alta
velocità e tentare un qualsiasi sorpasso anche se solo di una cinquecento "lentissima"; ciò
sarebbe incredibilmente pericoloso per l’autovettura, per la carrozza, per il pilota , per il
cocchiere, per il cavallo e per l’ambiente circostante.
Nella storia del violino è accaduto qualcosa di simile: il violino si è “sviluppato” ed
“evoluto”, e così è avvenuto per la tecnica violinistica che si è adeguata alle nuove “strade”,
alle nuove musiche. I compositori, molto spesso gli stessi esecutori, hanno lavorato e
cambiato il loro modo di scrivere musica in base alle loro possibilità e disponibilità
strumentali presenti al momento della loro produzione musicale, adeguando la scrittura
musicale e modificando negli anni la tecnica d’uso dello strumento e lo strumento stesso,
talvolta apportando ed in ogni caso assimilando continuamente, in simbiosi con i costruttori,
modifiche tecnico-costruttive come l’inclinazione, l’allungamento e l’assottigliamento del
manico, il tipo di innesto (sempre del manico), l’allungamento della tastiera, l’innalzamento
del ponticello oltre che alla moltiplicazione dei suoi modelli, l’introduzione di nuove tipologie
di corde, l’assottigliamento degli spessori del corpo dello strumento, modifiche a catena ed
anima ed infine, dimenticando probabilmente molte cose, l’introduzione prima della
mentoniera (1832)1 e poi delle macchinette per la regolazione dell’accordatura applicate alla
cordiera e della spalliera nel tardo secolo scorso. Lo stesso discorso vale per l'arco, non
dimenticando che tali modifiche non avvennero assolutamente in maniera temporalmenteunitaria e definitiva ma impiegarono varie decadi per essere adottate nei vari paesi, dove
differenti realtà continuarono a convivere per altrettanti decenni mischiandosi ed integrandosi
creando continue fasi successive di transizione, una transizione enorme che inizia ben prima
della nascita "ufficiosa” del violino, intorno alla fine del sedicesimo secolo, e che non è
veramente ancora terminata anche se ha assunto oggi caratteristiche meno accentuate, nel caso
1 Louis Spohr, “Violinschule”, Wien 1832 (1.Parte, Sez.I, Pag.2)
2
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del violino, ma ancora forte in altri strumenti (per esempio oboi, clarinetti e contrabbassi
nelle moderne orchestre).
A differenza delle strade viabili settecentesche con le loro condizioni oggigiorno ormai
irripetibili ed improponibili, le “strade” musicali dei secoli passati sono rimaste a nostra
disposizione parallelamente a quelle dei secoli successivi consentendone una rivisitazione ed
uno sviluppo esecutivo continui fino ad oggi e nel futuro. Ci può aiutare in tal senso l’esempio
datoci da Bruce Haynes2: “We talk about the “music” on the stand. But the notes on the page
aren’t a work; they aren’t music at all. They are merely a recipe for performers to follow – a
cookbook. It’s like trying to eat a cookbook; there is a missing step in-between.” , ed ancora la
seguente citazione dallo stesso3 (da un’iscrizione sulla Oudemanhuispoort della Università
degli Studi di Amsterdam): „Wie hetzelfde anders zegt, zegt iets anders“ (it. Chi dice
qualcosa differentemente, dice qualcosa di differente); abbiamo quindi, nel caso delle fonti, a
che fare con un ricettario, e questo chiaramente non si può mangiare semplicemente così.
A noi spetta oggi ritrovare gli ingredienti giusti (operazione talvolta difficile dato il
cambiamento continuo dello strumento), che ci consentano di ritrovare questa “tecnica di
guida” (tecnica, gusto, interpretazione, stile), ormai cambiata nei secoli, che sempre si è più
sviluppata nell’esecuzione di tali opere musicali creando una prassi musicale esecutiva
moderna spesso in contrapposizione ad una di ispirazione storicizzante o storicamente
informata, iniziata con questo proposito nel corso della prima metà del ventesimo secolo ed
evolutasi poi nel corso della seconda parte dello stesso; questo perfezionamento continua
oggigiorno grazie ad istituzioni didattiche e di ricerca musicologica di vario livello ormai
affermate e riconosciute internazionalmente.
1.3. Dal testo musicale alla musica suonata.
La via originariamente percorsa dal movimento di riscoperta della musica antica e dalleistituzioni dedicate è schematicamente la seguente:
1) Analisi delle fonti musicali storiche originarie (manoscritti, trascrizioni o prime edizioni a
stampa).
2) Studio delle fonti didattiche, iconografiche e musicologiche "primarie" relative al periodo
storico ed alla zona geografica in questione.
2 Bruce Haynes, “The End of Early Music”, Oxford University Press 2007 (Pag.22-23)3 Bruce Haynes, Op.cit.(Pag.22)
3
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3) Ricerca organologica relativa allo strumento in uso, relativo all'epoca ed alla zona in
oggetto di analisi e studio.
4) Uso degli strumenti e delle tecniche relative a tali epoche storiche e zone geografiche di cui
sopra. („In performance practice, instruments or styles of playing that are historically
appropriate to the music being performed“ 4)
Il risultato prodotto da questa ricerca è quello che consente più di ogni altro di ricreare le
condizioni ideali per riprodurre un risultato sonoro e musicale più vicino possibile a quello
originario.
Riassumendo: Musica! Strumento! Tecnica relativa! Esecuzione
1.4. Una questione di principio ed una piccola premessa.
La musica antica appartiene a tutti i musicisti e non è appannaggio di una ristretta cerchia di
più o meno presunti specialisti, questo repertorio può essere affrontato (e lo viene) da
qualsiasi musicista con qualsiasi strumento.
Pari diritti ed un elemento in comune hanno le esecuzioni di musiche di J.S.Bach effettuate
per esempio dal Trio di Jaques Loussier, dal piano di Glenn Gould e dalle orchestre dirette da
Karl Richter e Claudio Abbado: sono effettuate in un modo che con l'organico, gli strumenti,
il gusto e quindi l'estetica vigente durante l'epoca di Bach non hanno nulla a che spartire.
Chiaramente ciò non impedisce che tali esecuzioni siano indimenticabili ed appartengano
ormai al nostro patrimonio storico musicale, di tutti, specialisti e non. Molte istituzioni
didattiche hanno già riconosciuto ciò, rinominando i loro dipartimenti, fino ad ora “di musica
antica” in dipartimenti “di prassi musicale storica” (ing. “historical performance”, ted.
“Aufführungspraxis”).
Dopo questa piccola premessa occupiamoci quindi della musica antica eseguita su strumenti
originali e con l'uso di tecniche storiche (ecco la questione di principio) ed in particolare delviolino.
Ricreare il violinista "barocco" perfetto d'oggigiorno è un'utopia, esistono semmai
numerosissime ipotesi di "ricostruzione" dipendenti dalle fonti talvolta più disparate e talvolta
contrastanti e da alcune decisioni di tipo personale (chi?), temporale (quando?), geografico
(dove?) e tecnico (come?); chiaramente, per realizzarle in maniera coerente e dare a queste
4 Nicholas Kenyon - „Authenticity and Early Music -The pastness of the present and the presence of the past(R.Taruskin)“, Oxford University Press 1989 (Pag.137)
4
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domande una risposta è necessario essere a conoscenza di alcune evidenze storiche (vedi
sopra) che dovrebbero appartenere al bagaglio culturale di qualsiasi violinista che intenda
affrontare un certo tipo di repertorio con un certo tipo di strumento, quello storico in
particolare.
Non è quindi sufficiente appropriarsi di uno strumento più o meno “barocco” e mettersi a
suonarlo per poter poi credere di fare la cosa giusta o per meglio scrivere, “giustificata”.
Necessario è in primo luogo appropriarsi del mezzo adeguato al repertorio che si intende
eseguire e per accentuarne qui l'importanza provate ad immaginare lo scenario seguente:
eseguire il concerto per pianoforte di Ciaikowsky su un pianoforte del 6005, ovvero un
clavicembalo. Per il violino possono valere alcuni criteri che si possono riassumere nelle
seguenti linee guida, per altro generalizzate al massimo e suscettibili senz'altro di
approfondimento:
1) Eliminazione di spalliera e mentoniera
2) Attacco del manico (non la tastiera) con inclinazione di circa 90° rispetto al corpo
dello strumento
3) Manico "grosso" *
4) Due o meglio tre tipologie di ponticello (seicentesco, primo settecentesco, tardo
settecentesco)
5) Muta di corde in budello "nudo" di calibro appropriato**, con l'opzione di una quarta
corda rivestita in maniera storica*** e, per i repertori più tardi e soprattutto francesi
eventualmente l'uso di una terza corda di tipo demi-filée6
*oltre che storicamente fondato, ciò consente più agevolmente la tenuta storica dello
strumento e per effettuare più facilmente il cambio di tecnica e l'uso delle posizioni senza
(prima) o con l’ausilio limitato e saltuario del mento (dopo).** per utilizzare corde con grandezze di calibro storico sono indispensabili sia un'angolazione
appropriata del manico che un'altezza del ponticello non troppo elevata, che inoltre non deve
essere troppo arcuato.
5 Su questo concetto sono nuovamente interessanti le parole di Bruce Haynes (Op.Cit): “The violin, thearchetypical object and symbol of the seventeenth century, was given a name that implied that the altered strings setups used in the symphony orchestras of today were supposed to represent the real norm, the plain“violin”. Then there was the harspichord, wich, if it hadn’t had a separate name, would have been the“Baroque piano”.”(Pag. 12)
6 Sebastien De Brossard: “Fragments d'une méthode de violon”, manoscritto 1712 (Pag.12)
5
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*** per le tipologie di corde fare riferimento agli studi effettuati da Mimmo Peruffo 7, George
Stoppani & Oliver Webber 8
Cerchiamo anche di affrontare un'altra problematica ricorrente riguardante l'uso "coerente"
degli strumenti originali: dovrebbe essere chiaro (ma spesso non lo è, anche negli ensembles
più specializzati) che è storicamente sostenibile usare strumenti antecedenti le musiche in
esecuzione, specialmente non in ruoli guida e solistici come per esempio in orchestra, dove
presumibilmente le innovazioni organologiche presero piede più lentamente che a livello
solistico, ma non il contrario (per esempio violini ed archi "classici" e corde rivestite
nell'esecuzione di un opera di Monteverdi). Ricordiamoci che tutte le innovazioni di carattere
organologico hanno impiegato anni per affermarsi diffusamente e che, nonostante ciò, non
sono apparse da un giorno all'altro, e dappertutto; un esempio per tutti: Louis Spohr 9 introduce
ufficialmente per primo l'uso della mentoniera nel 1832, probabilmente in seguito ad una
esperienza di alcuni anni (se non decenni), quindi l'introduzione graduale della mentoniera
può essere datata circa tra gli anni '20 e gli anni '50 del XIX° secolo, quindi nell’arco di venti,
diciamo forse trent’anni, decennio più o meno.
1.5. Il violino "storico".
Al momento della nascita del movimento di ricerca filologico-musicale-organologica
finalizzato prima alla riscoperta di strumenti all'epoca ormai scomparsi quali viola da gamba,
flauto dolce, clavicembalo e liuto ed iniziato dall’attività pionieristica di personalità quali per
esempio Arnold Dolmetsch e Wanda Landowska a cavallo tra XIX° e XX° secolo e poi
sviluppatasi ulteriormente nell'ultimo dopoguerra con la riscoperta di versioni “antiche” di
strumenti contemporanei quali tutti gli altri, si ebbe la tendenza, ancora oggigiorno presente, a
definire il violino col suo aggettivo "barocco" (al contrario del pianoforte, dove il pianoforte barocco è il clavicembalo), indipendentemente dal periodo cui il repertorio musicale si
riferiva, si aveva e si ha quindi un violino "barocco" per Monteverdi, uno "barocco" per
Corelli, uno "barocco" per Vivaldi, uno "barocco" per Bach ed i suoi figli e persino uno
"barocco" o “classico” per Mozart e Beethoven; solo più tardi si è iniziato a capire come tutte
7 Mimmo Peruffo, “Italian violin strings in the eightteenth and nineteenth centuries: typologies,manufacturing techniques and principles of stringin”, Recercare IX, 1997 (Pag. 155-203)
8 Oliver Webber, “Rethinking Gut Strings: a Guide for Players of Baroque Instruments”, King’s Music 20069 Louis Spohr, Op. cit.
6
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queste opere musicali richiedessero l'uso di strumenti differenti e quindi ad uno stadio
differente della loro trasformazione organologica, portando infine alla definizione più esatta di
violino "storico", dove per storico si intende "in stretto rapporto temporale con la musica
eseguita", quindi coerente con essa.
Cercando di semplificare questo processo, sempre legato ai discorsi "personale-temporale-
geografico" di cui sopra, si potrebbero definire grossolanamente tre tipi di violino "storico"
che riguardano il periodo in analisi (dalla fine del XVI° alla fine del XVIII° secolo): un
violino per il periodo 1 (da fine XVI° a fine XVII° secolo), uno per quello 2 ( da fine XVII° a
metà XVIII° secolo) ed uno per quello 3 (dalla seconda metà alla fine del XVIII° secolo);
questa panoramica di strumenti dovrebbe rappresentare (insieme ai relativi archi)
l'attrezzatura standard di ogni esecutore specializzato10. Ecco qui di seguito una
rappresentazione di queste tipologie:
1): Violino seicentesco d'ispirazione primo-bresciana o fiamminga (p.e. con fasce incastrate
nel fondo e costruito senza forma, (Fig.1), o anche primo-cremonese (con fasce già costruite
intorno ad una forma); la forma e la grandezza sono ancora poco standardizzate (buchi delle
effe, spalle, curve e bombature di fondo e tavola, ornamentazioni con filettature semplici o
doppie su corpo e su tastiera/mentoniera). Qui devono essere applicati i seguenti criteri:
a) quattro corde di budello nudo, possibilmente non appesantite11 (il loro uso è probabile
ed in parte documentato soprattutto su strumenti con corda vibrante più lunga come
strumenti di registro contralto, tenore e basso e sui vari membri della famiglia dei
liuti).
b) ponticello basso, di spessore piuttosto elevato e poco arcuato (come la tastiera) e
simmetrico (Fig.2) che segua nella sua struttura criteri che permettano la trasmissione
più diretta delle vibrazioni tra le corde e il corpo dello strumento, quindi con suono piùdiretto e ricco di frequenze "alte" e “crude”, come testimoniato da Rognoni (“Le Viole
da brazzo, particolarmente il violino, è istromento in se stesso, crudo, & aspro, se
10 Applicando quanto sopra indicato a proposito del periodo di transizione necessario all'introduzione di nuovielementi organologici, si potrebbe ovviare ad alcune difficoltà oggettive del possedere tre strumenti, conl'uso, su uno o più strumenti adatti di numerose “suppellettili” mobili intercambiabili, quali ponticelli e corde.
11 Mimmo Peruffo, ‘The mystery of gut bass strings in the sixteenth and seventeenth centuries: the role ofloaded-weighted gut’, Lute society of America Quarterly, Vol. XXIX, N°2, pp 5-14. Lexington, Virginia,1994.
7
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della soave archata non vien temprato, è radolcito.”)12, la sua posizione è variabile tra
il taglio delle “ff” e la cordiera.
c) arco corto a punta "bassa" con alzo fisso e spesso provvisto di crine nero, spesso
costruito con legno autoctono (Fig.3).
d) manico grosso incastrato (Fig.1a) od inchiodato a 90°, tastiera che poco si
innalza in direzione del ponticello (Fig.4).
e) stessa tensione sulle quattro corde
1) 1a) 2)
3)
3a)
3b)
4)
2): Violino più maturo ed affermato nella forma (costruito intorno a forma, Fig.5), di
ispirazione cremonese più matura, ma anche tirolese, molto diffusa in Italia (secondo Charles
Burney13, Francesco M.Veracini possedeva ben due strumenti di Jacobus Stainer). La
sperimentazione nella ricerca di forme ed ornamentazioni rallenta e si stabilizza, i seguenti
12 Francesco Rognoni, “Selva de Varii Passaggi”, Milano 1620 (Parte Seconda, Pag.3)13 Charles Burney, “A General History of Music”, London 1789 (Vol.II, Pag.451)
8
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criteri devono essere seguiti:
a) quattro corde di budello nudo (in uso comunque fino a metà settecento14), una rivestita
in alternativa come corda di sol, soprattutto per il repertorio solistico (le corde rivestite
vengono introdotte gradualmente a partire dell'ultima parte del XVII° secolo, prima
per gli strumenti gravi e poi espressamente per il violino15, nel 1712)
(L'annuncio dell'invenzione delle corde rivestite per gli strumenti gravi,
da: John Playford, “A Brief Introduction to the Skill of Music”, IVth Edition, London 1664, ultima pagina)
b) ponticello lievemente più alto ma sempre poco arcuato, talvolta lievemente
asimmetrico (più basso sulla corda di mi); la trasmissione delle vibrazioni viene più"deviata" da maggiori curve e disegni più elaborati, anche grazie alla distinzione
sempre maggiore dei cosiddetti piedini, il suono diventa quindi più filtrato e rotondo,
meno ricco di frequenze soprattutto "alte" e più ricco di frequenze medio-basse, anche
per favorire l'uso più frequente, nella letteratura, della corda di sol.
c) arco di ispirazione seicentesca o poco più lungo, punta lievemente più alta e con alzo a
scatto o con vite, svariatissimi modelli (Fig.3a/3b).
d) manico grosso ed inchiodato (Fig.6) perlopiù a 90° (comunque ben lontanodall'inclinazione moderna), talvolta inclinato lievemente sulla corda di mi, la tastiera si
innalza maggiormente in direzione del ponticello.
e) tensione delle corde, in presenza di una quarta corda rivestita, a scalare.
14 “Mit vier Seyten wird die Violin bezogen, derer iede, seiner richtigen Abtheilung nach, grösser als dieandere seyn muß.” Leopold Mozart, “Gründliche Violinschule”, Nürnberg 1756 (Pag. 4)
15 Sebastien De Brossard, Op. cit.(Pag.12)
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Fig.5 Fig.6
3): dal 1760 all’avvento dell’epoca romantica:
a) Utilizzo di una quarta corda rivestita, secondo p.e. le indicazioni di F.Galeazzi (“Per
fare un Cordone di Violino, si adoprerà una seconda non molto grossa”)16
b) innesto “moderno” del manico, non più inchiodato (Fig.7)
c) manico progressivamente sempre più inclinato ed assottigliato, allungamento ed
assottigliamento della tastiera, sempre più simile al violino moderno (Fig.8)
d) allungamento progressivo della catena
e) assottigliamento ed innalzamento progressivo del ponticello, decisamente sempre più
basso sulla prima che sulla quarta corda (Fig.9/10), disegno dello stesso tendente
sempre più a favorire le frequenze medio-basse, rendendo il suono più rotondo e
sempre più privo di frequenze alte
f) tensione delle corde scalare discendente dalla prima (alta) alla quarta (bassa)
Fig.7
Fig.8
16 Francesco Galeazzi, “Elementi teorico-pratici di musica con un saggio sopra l’arte di suonare il violino”, Roma 1791 (II Edizione, Ascoli 1817, Pag.70)
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Fig.9 Fig.10
Chiaramente esistono periodi nei quali vari modelli, rappresentanti di varie epoche convivonouno accanto all’altro, in epoche cosiddette di transizione.
Certamente esisteva anche una differenza tra violinisti attivi in campo solistico, probabilmente
all’avanguardia nella continua ricerca organologica e quindi di mutazione dello strumento, e
violinisti attivi perlopiù in campo orchestrale, dove le trasformazioni organologiche presero
senz’altro piede più lentamente; questi periodi di transizione potevano probabilmente durare
anche venti, quarant'anni, prima che avessero fine e seguito nel periodo successivo.
Questi periodi di transizione valgono ovviamente per il perpetrarsi di periodi posteriori inquelli successivi, non il contrario; usare per esempio un violino o un arco d’ispirazione o
periodo classico o romantico per un repertorio barocco, quale esso sia, sarebbe sbagliato.
1.6. Un discorso all'inverso: dal violino "moderno" a quello "barocco"; implicazioni
della tecnica storica.
Quando l'allievo (studente, professionista o amatore) decide di avvicinarsi allo studio, o anchesolamente alla pratica del cosiddetto violino barocco, svariate possono essere le motivazioni
che lo spingono ad intraprendere questa o quella strada: l'interesse per la musica, lo scarso
approfondimento storico presente nello studio del violino moderno, soddisfare esigenze di
mercato ed essere più competitivo, l'interesse per gli strumenti "originali", il cercare qualcosa
di diverso e la voglia di provare qualcosa di nuovo oppure l'esigenza di essere corretto (ingl.
fair, td. gerecht) nel suo approccio con questa o quella opera musicale e di cercare il come, il
perché ed il dove questa o quella opera musicale venisse eseguita seguendo oggettivamente
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alcuni criteri guida e non solamente interpretandola soggettivamente...... e liberamente.
Ricordo a tal proposito che una mera interpretazione può essere effettuata da chiunque con
qualsiasi strumento od anche con altri mezzi d'espressione quali p.e. la danza o la pittura.
Un termine che oggi viene usato soventemente per questo tipo di esecuzioni è quello di
"esecuzioni storicamente informate", dall'inglese "historically informed performances",
sarebbe preferibile cambiare "informate" con "coerenti", in quanto l'informazione, dopo essere
stata appresa, deve essere coerentemente messa in pratica,................ da sola non basta quindi
a garantire uno specifico criterio d'esecuzione.
L'impostazione tecnica rappresenta quindi il primo scoglio per chi si rivolge a questo "nuovo"
strumento; la messa in discussione e la rivisitazione critica di anni e anni di studio già
effettuati sullo strumento moderno richiedono molta applicazione e forza di volontà che non
tutti sono disposti a mettere in gioco. Molto spesso il cambiamento radicale di una tecnica può
compromettere per lungo tempo le capacità tecniche (e musicali) già acquisite negli anni
precedenti.
Percorrendo una strada ipotetica potremmo cercare temporalmente di ricostruire uno
strumento antecedente quello odierno, eliminando a ritroso una per una tutte le suppellettili e
le "innovazioni" tecnico-costruttive dello stesso:
1) Spalliera (ca. anni '70)
2) Corde di metallo o sintetiche (una o più) e relative macchinette per l'accordatura (ca.
anni '50)
3) Mentoniera (ca. 1830, prima metà dell'ottocento)
4) Progressivo e continuo assottigliamento e progressiva inclinazione del manico (dal
1750 ca. all'introduzione della mentoniera), e diverso sistema di fissaggio dello stesso
(prima inchiodato e poi innestato “alla moderna”)
Altre parti quali tastiera, ponticello, anima e catena subiscono soprattutto tra i punti 2 e 4 ed in
seguito continue modifiche più o meno rilevanti che si potrebbero riassumere così (sempre a
ritroso):
Tastiera: Progressiva diminuzione della lunghezza e dell'arcuatezza.
Ponticello: Progressivo ispessimento, diminuzione in altezza e modifica della forma, anche
sempre meno arcuata e sempre più simmetrica.
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Anima: Progressiva diminuzione del diametro (non generalizzata).
Catena: Progressiva diminuzione dell'altezza e dello spessore, accorciamento (talvolta la
catena era scavata nella tavola, ovvero ricavata dallo stesso legno della tavola).
A tal proposito è utile leggere quanto scrive Judy Tarling17 sull'evoluzione degli strumenti
della famiglia del violino in generale:
"The principal elements of construction in instruments of the violin family which vary from
their invention in the early 16th century are as follow:
- Angle, weight, lenght and thickness of the neck
- Angle, weight and lenght of the fingerboard
- Curvature of fingerboard (hollow or straight)
- Design and height of the bridge, and position on the belly
- Lenght and thickness of bass-bar
- Internal construction method (use of blocks or linings)(and form, ndr.)
- Lenght, position and thickness of sound-post
- Arching and thickness of design of violin body
- Materials and gauges of strings used, and number of strings
- Size of instruments in relation to pitch (and strings, ndr) used
The changes in the violin's fitting from the earliest times to present day have taken place by a
process of gradual evolution as player and makers have altered the construction to suit the
changing demands of players and the music, in a chicken-and-egg-like process. Musical
demands on the instruments were always pushing forward."
2. Oggi.
2.1. La situazione attuale della tenuta nell’odierna pratica musicale del violino
“barocco”.
Frequentando le odierne sale da concerto in giro per il mondo e le istituzioni didattiche
17 Judy Tarling, Baroque String Playing for ingenious learners, Corda Music Publications 2000 (Pag. 234)
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dedicate allo studio della musica antica (gli istituti o dipartimenti di musica antica sparsi per
tutto il mondo ed aventi per denominatore comune la denominazione “musica antica”), si
possono riscontrare prevalentemente due correnti di pensiero di cui una attualmente
maggioritaria. Queste due correnti si possono dividere in due pensieri ben distinti:
1" Corrente maggioritaria, dove gli esecutori nei concerti e le istituzioni didattiche si
dedicano soprattutto all’esecuzione ed allo studio della musica cosiddetta antica (Early
Music), coinvolgendo a volta svariati aspetti di ricerche musicologiche sulla prassi
musicale dell’epoca ma non necessariamente tutti gli aspetti storici della tecnica
strumentale.
2" Corrente minoritaria, ma attualmente in espansione, dove gli esecutori e le istituzioni
didattiche si dedicano sì all’esecuzione della musica antica come sopra, ma con
particolare attenzione musicale allo studio delle tecniche strumentali d’epoca ed alla
loro messa in pratica nel corso dell’esecuzione.
Una differenza fondamentale, che forse a prima vista può sfuggire, è dove l’attenzione
prevalente viene posta, ovvero se sullo studio e l’esecuzione della musica antica oppure sullo
studio degli strumenti storici e del loro repertorio per l’esecuzione. È quindi chiaro che mentre
nel primo caso il mero utilizzo di strumenti più o meno storici o quantomeno provvisti di
alcune caratteristiche storiche (per esempio un violino moderno con alcune corde di puro
budello) è sufficiente, nel secondo lo studio di tecniche storiche e quindi di strumenti
veramente storici è una condizione “sine qua non”.
Ecco allora che la chiave di lettura delle fonti diventa fondamentale, perché mentre la prima
corrente tenderà a leggere tutto in chiave e logica propria della tecnica violinistica moderna, la
seconda cercherá nelle stesse fonti spunti (e a volte solo quelli) per staccarsene edemanciparsi. Il risultato è una radicalizzazione ed una fondamentalizzazione delle posizioni
che tendono costantemente a scontrarsi e ad allontanarsi riducendo il discorso ad una partita
tra due fazioni, che tenderei, semplificando, a definire in tal modo: la fazione del “col mento,
sempre” e quella del “senza mento, mai”; l'aspetto della musicalità individuale viene, in
questo contesto, molto spesso esaltato o trascurato raggiungendo lo stesso stato di
contrapposizione.
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NB: È forse qui necessario puntualizzare ed inserire una sorta di “terza via”, che per quel che
riguarda l'insegnameto rientra però nella categoria di cui al punto 1; esistono numerosi artisti
che pur avendo affrontato anche in maniera meticolosa un certo percorso di studio in passato,
hanno finito per abbandonare la tecnica storica per optare sempre più a favore di una visione
puramente musicale ed estetica del repertorio da loro affrontato, attraverso l'utilizzo di una
tecnica più o totalmente moderna. Purtroppo questi maestri, in molti casi non offrono ai loro
allievi la stessa possibilità, non mettendoli assolutamente al corrente delle possibilità d'uso di
una tecnica storica, saltando per così dire “a piè pari” questo tema rilevantissimo.
2.2. Le due fazioni si scontrano.
L’impostazione di base della prima fazione è principalmente quella, come già scritto sopra, di
“fare musica” senza preoccuparsi troppo degli aspetti organologico-strumentali o di quelli
tecnici propri dello strumento stesso. L’uso dello strumento più o meno originale, nel caso
peggiore uno strumento moderno corredato di due corde di budello, un ponticello
d’ispirazione barocca (esteticamente) ed un’arco d’ispirazione altrettanto barocca (ma con
caratteristiche non lontane da quello moderno), sono una condizione a cui “purtroppo” questa
fazione deve cedere per poter almeno produrre quella che si potrebbe definire almeno una
delle caratteristiche sonore (peraltro a mio avviso negative) del violino barocco, quello che io
definirei in questo caso “lo sfregamento rumoreggiante” dell’arco sulle corde. Le fonti
storiche riguardanti aspetti tecnici sulla tenuta dello strumento vengono trascurate oppure
analizzate in chiave completamente moderna, ovvero vengono ricercati ed estrapolati dalle
fonti quegli elementi che consentono, in tal modo interpretati, di continuare ad usare una
tecnica completamente moderna nella pratica.
Spesso questa fazione, ritenendo suppellettili quali spalliera e mentoniera parte integrante
dello strumento e quindi considerandole non in grado di influenzare la tecnica ed in tal modol’esecuzione stessa ed il suo risultato musicale, continuano a farne uso, magari dopo qualche
timido tentativo iniziale e scomodo di eliminarle. È tendenza predominante quella di dare
particolare peso a pratiche eccezionali talvolta contemplate (in quanto tali) da trattati e
metodi, ma in contrasto con la concezione di base e la linea guida del trattato stesso e spesso
bollate nei trattati stessi come non ortodosse od addirittura “cattive”.18
18 Francesco Geminiani - “The Art of Playing on the Violin”, London 1751(Pag.27) bolla alcuni effetti o colpid’arco in due categorie: “buono” e “cattivo o particolare”
15
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Altre fonti non in linea vengono ignorate o citate come fonti indirizzate a musicisti amatoriali,
principianti o non professionisti, o semplicemente giudicate dal punto di vista attuale della
tecnica violinistica come improbabili se non addirittura impossibili a praticarsi e di
conseguenza prontamente abbandonate come irrilevanti. Lo stesso vale per le fonti
iconografiche, anche se presenti talvolta pure su trattati violinistici o musicali ed usate come
indicazioni dagli stessi compositori dell’epoca, dove, quelle che potrebbero ricordare una
tecnica moderna vengono utilizzate, mentre le altre vengono ignorate o giudicate come irreali
e rappresentanti di soli ideali estetici lontani da qualsiasi coinvolgimento pratico; a tal
proposito hanno giovato (sic!) anche tantissime fonti letterarie secondarie scritte da
rinomatissimi musicologi, che non essendo esperti nel campo della prassi strumentale ma
solo in quello teorico, giungono spesso a conclusioni completamente sbagliate, non
conoscendo assolutamente le implicazioni e le possibilità di risultato delle tecniche storiche
ed affidandosi probabilmente ai consigli di strumentisti che non hanno effettuato un certo tipo
di ricerca, ovvero quello della tenuta storica dello strumento. Alcuni di questi testi, come per
esempio quelli di Boyden, Moens-Haenen e Kolneder 19 rifiutano “per se” la possibilità di
suonare ad alto livello tecnico senza l’uso del mento, e cercano goffamente nelle loro
conclusioni di giungere sempre allo stesso risultato, ovvero il coinvolgimento del mento nella
tecnica esecutiva, per esempio: “Nimmt man allerdings die mögliche Variante “under the
Chin” als Vergleich hinzu, so scheint mir doch, daß die Idee der Stützmöglichkeit nicht von
vorneherein auszuschließen ist.”20, oppure: “Diese Formulierung ist etwas zweideutig, doch
muß daraus verstanden werden, daß die Violine von der linken Wange festgehalten wird”21.
Tali fonti secondarie sono nonostante ciò di incommensurabile valore fornendoci spesso
indicazioni sulle fonti primarie e la loro reperibilità ed è a questo scopo che vanno
principalmente lette ed usate. L’uso costante del mento, per la tenuta dello strumento, come
vedremo è contemplato da pochissime fonti. Nelle fonti storiche prevale la tenuta dello
strumento esclusivamente con la mano sinistra (tra dito pollice ed indice).Per chi, sostenendo la seconda fazione, si trova in questo modo isolato dalla ricerca
musicologica e dal mondo strumentale “tradizionale” (o meglio “tradizionalista”) non
rimangono appunto nient’altro che le fonti principali, che prese letteralmente (e che altro?),
molto spesso li sostengono.
19 Walter Kolneder, “Das Buch der Violine”, Atlantis Musikbuch-Verlag 197220 Greta Moens-Haenen, “Deutsche Violintechnik im 17. Jahrhundert”, Graz 2006 (Pag.44)21 David D. Boyden, “The History of Violin Playing from its Origin to 1761”, London 1965 (Ed.ted. Mainz
1971, Pag.419)
16
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Nonostante la posizione di questa fazione sia decisamente più comprovata, come vedremo in
seguito, sia dalle fonti scritte che da quelle iconografiche, anche qui, l’uso del mento, che
dalla metà del diciottesimo secolo viene sempre più menzionata per agevolare soprattutto la
discesa dalle posizioni alte, ovvero per il “rientro” alla prima posizione (ma non ancora
stabilmente, come oggi), viene erroneamente da questa fazione ritenuta quasi una cessione
all’avversario (quelli di “col mento, sempre”) e quindi vissuta a guisa di una sconfitta perché
considerata un riavvicinamento alla tecnica moderna abbandonata con tanta fatica. Partendo
dal presupposto che tutti i violinisti abbiano studiato il violino moderno, certo è che è molto
più difficile mescolare due tecniche oggigiorno completamente nuove e da apprendere “ex
novo” come quella del non tenere mai lo strumento col mento e quella dell’appoggiarlo solo
saltuariamente (non quella odierna dell’appoggiare sempre) piuttosto che il dedicarsi ad una
delle due (in questo caso la prima), comunque comprovata fino alla seconda metà del
diciottesimo secolo, quindi fino al repertorio classico.
Per i repertori fino alla fine del diciottesimo secolo questa tecnica è giusta e comprovata, ed è
possibile integrarla con l’uso (saltuario!) del mento, durante i cambi di posizione e solo per il
repertorio classico o per quello barocco maturo francese.
3. L'Analisi.
3.1. Due trattati agli antipodi, una analisi: Joannes Jacobus Prinner (1677)
e Francesco Saverio Geminiani (1751).
Prinner22:
"Die Violin ist ein khunstliche geigen, auf welcher man
seine Virtu haubtsächlich erweisen khan, Unangesehen
sich auch die bauren und brätl geiger darumb annemmen
Jhre schniz darauf zu khrazen, solcher gestalt ist es
freylich kheine khunst, wan man wie solche leüth dieViolin in die linkhe Völlige faust leget, mit den flachen
fingern oder mehr zusagen bratwürschten mit zwen fingern
einen buechstab oder griff zugleich greift, den bogen
in der rechten Handt gleich eine fuhrmans Peütschen fasset
und regieret, Wan man aber dise Violin recht beherschen
22 Johannes Jacobus Prinner - “Musikalischer Schlisl”, 1677 (Pag.95)
17
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will, so mueß man solche unter die khay fassen, damit
man den linkhen arm holl gebogen als wie ein röff
auch mit hollgebogener Handt den hals oben bey den
schrauffen zwischen den Daum lege, und mit der khay
die geigen sovill fest halte, daß man nicht ursach hat
mit der linken Handt solche zuhalten, weillen es sunst
Unmeiglich währe, daß ich darmit balt hoch balt nider
lauffen und rein greiffen khundte, es seye dan, daß man
mit der rechten handt die geigen Halten müsse, damit sie
nicht entfalle, und dadurch etliche notten zu streichen
verobsaumen wurde, Unangesehen ich ansehliche Virtuosen
gekhennet, welche solches nicht geachtet und die Violin
nur auf die brust gesezet Vermeinendt es seye schenn und
zierlich, weillen sie es etwan Von einem gemähl abge-
nommen, da der Engel dem heyligen Francisco Vorgegeigt,
also gemallener gefunden, sie hetten aber wissen sollen
daß derselbige maller Villeicht woll khünstlich mit dem
bembsel, aber nicht mit dem geigen bogen gewesen seye."
Geminiani23:
"The Violin must be rested just below the collar-bone, turning the right-hand Side of the
Violin a little downwards, so that there may be no Necessity of raising the Bow very high,
when the fourth String is to be struck. Observe also, that the Head of the Violin must be
nearly Horizontal with that Part which rests against the Breast, that the Hand may be shifted
with Facility and without any Danger of dropping the Instrument."
Effettuando una analisi di questi due scritti, agli antipodi per la descrizione della tenuta dello
strumento ed in un certo senso in controtendenza (Prinner quasi "moderno" e Geminiani
decisamente "conservatore" se non addirittura retrogrado), è necessario distinguere
sull'impatto e quindi la chiave di lettura che gli stessi ebbero durante la loro epoca, rilevando
quali per noi oggi siano le possibilità di interpretazione delle fonti in generale.
23 Francesco Geminiani - “The Art of Playing on the Violin”, London 1751 (Preface, Pag.1)
18
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Joannes Jacobus Prinner "Musikalischer Schlisl", 1677 (manoscritto non pubblicato,
Library of Congress, Washington, USA)
a) Diffusione: nessuna
b) Commento ed analisi:
Non essendo il Compendio mai stato pubblicato, il "Musikalischer Schlisl" di Prinner non ha
avuto alcuna diffusione se non, limitatamente ad alcuni aspetti, in studi apparsi nella seconda
metà del secolo scorso. Messa da parte la scrittura antica “breve” (ted. “Kurrentschrift” o
“Laufschrift”) , difficile solo per noi oggi ma comune all'epoca, è l'idioma stesso usato da
Prinner a rivelare una particolare crudezza di linguaggio rendendolo forse inadeguato alla
pubblicazione in una società che da sempre donava particolare riguardo alla virtuosità almeno
apparente della scrittura ed alla sua estetica. Prinner anche per questo difficilmente avrebbe
trovato un editore disposto alla pubblicazione del suo trattato, e il suo stato economico
disastroso, che lo trovava continuamente in fuga da un datore di lavoro all'altro, non gli ha
consentito evidentemente di farlo a spese proprie, nonostante appoggi e raccomandazioni da
parte dei suoi stessi "ansehliche Virtuosen" tra cui sicuramente Johann Heinrich Schmelzer e
molto probabilmente anche Heinrich Ignaz Franz von Biber.
La tenuta seria consigliata caldamente ed in maniera alquanto colorita da Prinner, dopo quella
a suo dire folcloristica dei violinisti d'osteria con le loro dita a salsiccetta ("bratwürschten",
ted. Bratwürstchen) è una tenuta per il suo tempo molto “alta”, ovvero con il posizionamento
del violino sotto il mento (e non sul petto) e che prevede la tenuta ben salda dello strumento
con il mento (quindi tra mento e spalla) durante i cambiamenti di posizione, in modo da
donare alla mano sinistra la più completa libertà di salire e scendere di posizione sul manico.
La "presa" tra pollice ed indice della mano sinistra che vedremo in seguito in molti trattati non
viene neanche menzionata e qualsiasi alternativa viene definita "Unmeiglich" (ted. unmöglich,
it. impossibile). Nonostante ciò Prinner prosegue, alquanto frustrato ed infastidito nel tono, citando alcuni (al
plurale, quindi almeno due) famosi virtuosi a lui conosciuti che si ostinerebbero a suonare
posando solamente il violino sul petto a guisa di angeli suonanti per S. Francesco ritratti da un
quadro bellissimo, cosa senz'altro bella e delicata ("schenn und zierlich" ted. schön und
zierlich), ma dimentica del fatto di quanto il pittore sia più bravo piuttosto col pennello
("bemsel" , ted. "Pinsel") che con l'archetto.
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Che questi famosi virtuosi siano in verità Heinrich Ignaz Ferdinand Biber e Heinrich
Schmelzer è difficile da dubitare, avendo Prinner stesso ripetutamente avuto contatti con
ambedue ed avendo Schmelzer addirittura svolto una funzione quasi di mentore nei confronti
di Prinner attraverso almeno una lettera di raccomandazione nella quale, dopo la partenza da
Olmütz di Biber, scrive al vescovo Carl von Liechtenstein-Castelcorn proponendo proprio
Prinner come successore: “Des Bibers qualiteten sein ihme ser wol bekannt, dan er auch bey
seiner des Prinners zeit bey obgedachten fürsten zu Eggenberg gedient solt haben”24. Quindi
lo stesso Prinner non può evitare di confermare una pratica (violino posato sul petto) ostinata
e molto diffusa, addirittura imperante nella zona e nell'epoca cui si riferisce (zona meridionale
di lingua tedesca, al nord, nord-est delle Alpi).
Questo diventa quindi un tipico esempio di quando una prova creata per affermare una tesi,
finisce per avvalorarne l'esatto contrario, per così dire: "fate così anche se tutti fanno cosà".
Qui è necessaria una riflessione riguardante l’influenza senz’altro maggiore avuta da virtuosi
affermati e famosi quali Biber e Schmelzer sull’ambiente musicale contemporaneo nella loro
area d’azione (praticamente tutta la fascia al nord delle alpi) rispetto a quella di Prinner o altri
musicisti a questi contemporanei. Inoltre Prinner stesso, a differenza di altri “trattatisti”
dell'epoca anche successiva (Falck, Majer, Mozart), non viene mai citato da alcuna fonte e
rimane per così dire, isolato.
In ogni caso, la fonte “Prinner”, nonostante la sua autorevolezza, è eccezionale nel suo
contesto e per la sua epoca, e come tale deve essere considerata.
Francesco Geminiani, The Art of Playing on the Violin, Opera IX, London 1751
a) Diffusione: sostenuta. Successive edizioni in inglese, francese e tedesco negli anni
immediatamente successivi.
b) Commento ed analisi:Essendo stato pubblicato la prima volta per sottoscrizione si è ritenuto che il numero di
acquirenti fosse sufficiente a giustificarne la stampa. Il ruolo stesso di Geminiani all'interno
della società musicale londinese garantiva un alto livello di gradimento tra amatori e
professionisti dell'ambiente musicale dell'epoca. Nonostante la tenuta descritta da Geminiani
trovi riscontri nella “sua” area geografica (Inghilterra), per esempio nei ricordi di Roger North
24 Paul Nettl, “Die Wiener Tanzkomposition in der zweiten Hälfte des siebzehnten Jahrhunderts”, in Studienzur Musikwissenschaft 8 – Pag. 45-175 (1921)
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a proposito di Nicola Matteis: (“He was a very tall and large bodyed man, used a very long
bow, rested his instrument against his short ribbs…..”)25 e precedentemente anche altrove, c’è
da notare una discrepanza dovuta prima all’illustrazione che Geminiani usa nella versione
francese del suo metodo, edita a Parigi nel 1752 (la stessa usata poi nel 1757 anche nel trattato
di José Herrando26, dove solo il volto viene sostituito) e poi nella traduzione in tedesco dello
stesso del 1782, edita dal Torricella27: Geminiani scrive in inglese “just below the collar-
bone”, ovvero “appena sotto la clavicola” e sceglie un'anno dopo per il frontespizio
un’illustrazione che non riproduce affatto questa tenuta, bensì quella più usuale per il suo
tempo, ovvero sopra la clavicola, ed è veramente strano che proprio questa immagine sia stata
scelta anche se non risponde assolutamente alla descrizione data nel metodo stesso; nel 1782,
nella traduzione in tedesco data alle stampe dal Torricella a Vienna solamente questo passo
non viene tradotto letteralmente ma diventa: “..zwischen dem Schlüsselbein und dem
Kinnbacke..” (tra clavicola e guancia). Un’altra ipotetica soluzione possibile a rinforzare
questa teoria potrebbe essere quella di una traduzione inglese sbagliata (dall’italiano dettato
da Geminiani al traduttore, o da Geminiani stesso, probabilmente non al corrente dei termini
anatomici corretti) delle ipotetiche parole “giusto sotto l’osso del collo” col loro significato
piuttosto “onomatopeico-fonetico” tradotto nell’inglese “just below the collar-bone” da
parole simili nel suono: “just ( = giusto) below the collar ( = sotto il collo)-bone (= osso)” . La
traduzione a questo modo “corretta” potrebbe essere in inglese “bone of the neck”, se così
fosse il testo corrisponderebbe all’immagine utilizzata. In ogni caso ci troviamo di fronte a
due evidenze (immagine e traduzione tedesca) contro una (il testo inglese di un compositore
italiano).
3.2. La rilevanza storica dei due trattati a confronto.
Chiaramente la rilevanza storica relativa ai due trattati analizzati va ricercata nella domandasul quanto possano essere stati importanti e quale influenza od impatto possano aver generato
questi due trattati (ma anche tutti gli altri) all’atto della loro pubblicazione o diffusione, e su
come le fonti in generale ci possano aiutare a descrivere una situazione storica per noi di
importanza rilevantissima.
25 John Wilson, “Roger North on Music”, Novello 1959 (Pag.309)26 José Herrando, „Arte y puntual explicacion del modo de tocar el violin....“, Madrid 1757 (Frontespizio)27 (Francesco Geminani) Christoph Torricella (editore a Vienna) - „Gründliche Anleitung oder Violin Schule ou
Fundament pour le Violon, composé par Mons.r Geminiany“, Vienna 1782 (Frontespizio)
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Nel caso di Prinner è soprattutto il secondo aspetto quello a venirci in aiuto, ed è quello che
dobbiamo principalmente considerare, ovvero che già verso la fine del seicento è
(eccezionalmente) presente la pratica della tenuta dello strumento col mento; se questo
avvenisse sempre o solo durante i cambiamenti di posizione non viene esplicitamente
spiegato, anche se il motivo della tenuta col mento viene spiegato nel raggiungimento della
maggior libertà della mano sinistra per andare “su e giù a premere le note”, quindi si potrebbe
dedurre che in assenza di cambiamenti di posizione l’uso del mento sia superfluo, ma non
voglio, in questo caso, fare lo stesso errore del trio “Moens-Haenen/Boyden/Kolneder”: cioò
che è scritto vale per ciò che è scritto. Ciò nonostante questa tenuta viene subitamente
relativizzata dalla presenza di virtuosi (quali essi siano possiamo solo immaginarlo) che si
ostinano a suonare come gli angeli, appoggiando il violino solamente sul petto e…….
suonando. Il primo aspetto ci riguarda solamente nel caso di Geminiani (essendo Prinner
presente solamente in autografo, quindi ad impatto zero sul pubblico della sua epoca) la cui
diffusione ed influenza (quindi l'impatto) sono manifestati dalla molteplicitá delle ristampe e
traduzioni di cui il suo trattato è stato oggetto. Geminiani testimonia e ribadisce a distanza di
quasi ottant’anni da Prinner che i virtuosi non hanno bisogno del mento per effettuare i
cambiamenti di posizione e non lo nomina neppure quando accenna ai cambiamenti di
posizione, sviluppando nel suo metodo un sistema alquanto preciso e dettagliato dell’uso del
pollice durante i cambiamenti di posizione28; nel suo caso il violino viene tenuto tra pollice ed
indice della mano sinistra ed appoggiato contro il petto, il dove lo abbiamo analizzato sopra,
in ogni caso in un punto situato tra collo e vita.
4. Le fonti storiche:
Qui di seguito le fonti primarie da me trattate cronologicamente, contenenti elementi
direttamente riferibili al violino nella sua forma “standard”, ovvero strumento “da braccio”con o senza tasti. Sono stati presi in considerazione trattati ed altre fonti contenenti
espressamente indicazioni specificatamente relative alla tenuta dell'arco e del violino. Oltre
alle suddette citazioni sono talvolta riportate anche quelle parti utili alla comprensione
28 “After having practised in the first Order, you must pass on to the second, and then to the third; in wichCare is to be taken that the Thumb always remain farther back than the Fore-finger; and the more youadvance in the Orders the Thumb must be at a greater Distance till it remains almost hid under the Neck ofthe Violin. (omiss.) It must be observed, that in drawing back the Hand from the 5th, 4th and 3d Order to goto the first, the Thumb cannot, for Want of Time, be replaced in its natural Position; but it is necessary it should be replaced at the second Note.” (The Art of Playing on the Violin, Op.cit, Preface, Pag.3)
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generale del testo e della tecnica contemplata nella fonte stessa.
(Due ritratti di F.M.Veracini, a sin. F.F. Richter, a ds. da „Sonate Accademiche“, London-Firenze 1744)
4.1. John Playford (1623 – 1686) – „A Brief Introduction to the Skill of Musick“(London 1667):
Violino & Arco (Pag.94): “First, The Violin is usually plaid abovehand, the Neck thereof being held by the left hand;the lower part therof is resting in the left breast, a little below the shoulder, and the Bow isheld in the right hand, between the ends of the Thumb and the 3 first Fingers, the Thumbbeing staid upon the Hair at the Nut, and the three fingers resting upon the Wood: Your Bowbeing thus fixed, you are first to draw an even stroke over each string severally, making eachString yield a clear and distinct sound. Secondly, for your posture of your left hand, place
your thumb on the back of the Neck, opposite to your forefinger, so will your fingers have themore liberty to move up and down in the several stops.”
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4.2 Johann Jacob Prinner (1624 – 1694) – „ Musicalischer Schlissl“ (Manoscritto1677):
Violino (Pag.95): „Die Violin ist ein khünstliche Geigen, auf welcher man seine Virtu haubtsächlich erweisen
khan, unangesehen sich auch die Bauren und Brätlgeiger darumb annehmen ihre schnizndarauf zu khrazen. Solcher Gestalt ist es freylich kheine Khunst, wan man wie solche Läuthdie Violin in die linkhe völlige Faust leget, mit den flachen Finger – oder mehr sozusagen
Bratwürstchen – mit zwen Fingern einen Burchstab oder Griff zugleich greift, den Bogen inder rechten Hand gleich wie Fuhrmans Peütschen fasset und regieret. Wan man aber dieseViolin recht beherschen will, so mueß man solche unter die Khay fassen, damit man denlinken Arm holl gebogen als wie einen Röff auch mit hollgebogener Handt den Hals oben beyden Schrauffen zwischenden Daum lege, und mit der Khay die Geigen sovill fest halte, dassman nicht Ursach hat mit der linkhen Handt solche zu halten, weillen es sunst unmöglichwähre, dass ich darmit balt hoch baldt nider lauffen und reine Greiffen khundte, es seye dan,dass man mit der rechten Handt die Geigen halten müsse, damit sie nicht entfalle, und
dadurch etliche Notten zu streichen verabsaumen würde. Unangeshen ich ansehlicheVirtuosen gekhennet, welche solches nicht geachtet und die Violin nur auf die Brust gesetzet,vermeinendt es seye schon und zierlich, weilen sie es etwan von einen Gemähl abgenommen,da der Engel dem heyligen Francisco vorgegeigt, also gemallener gefunden. Sie hetten aberwissen sollen, dass derselbigen Maller vielleicht woll khünstlich mit dem Bembsel, aber nichtmit dem Geigenbogen gewesen seye.“Arco (Pag.96): „Den Geigenbogen aber in der rechten Hand zu führen, sein wiederumb unterschiedliche
Manieren, weillen ich sonderbar in Wälschlandt die meisten gesehen, so den Bogen nur zwischen den Daumen und ander Finger, also mit zweyen allein bey dem Holz in der Mittedes Bogens also gleichsamb in ebenen Gewicht gefasst und damit gestrichen, welche Weisund Manier die rechten Khünstler nicht approbiren, sondern sagen, dass man den Bogenmehr bey dem Untersatz mit dem Daumen an den Haaren und die anderen Finger auf das
Holz legen solle, damit man mit dem Daum zuzeitten das Haar des Bogens anstrekhen unddurch einen Drukh den Bogen die Khrafft geben khönne, damit einen stätten langen Strich
führen, und die Geschwindigkeit der Fuseln mit der Buls und nicht mit den ganzen Armwüettendt sich selbst abmatten solle.“
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4.3. Georg Falck (1630 – 1689) – „Idea boni cantoris, das ist Getreu und gründliche Anleitung“, Nürnberg 1688:
Violino (Pag.189):„1. Daß er die Viol zwischen den linken Daumen und Ballen deß vorderen Fingers/gleichsam
eingeschlossen halte/ jedoch nicht zu vest/ damit er mit der Hand im Fall der Noth in die Höhe/dann auch wiederum zurück fahren könne. 2. Darnach / daß er die Violin auf derlincken Brust ansetze / doch also daß sie ein wenig gegen der Rechten abwerts sehe. 3. Daßer die beyden Aerme ja nicht an den Leib / sondern / um sich bald über = bald unter sichbewegen / und leicht agiren zu können / frey von dem Leib halte.“Arco (Pag.190):„Vor allen Dingen muß er den Bogen recht fassen und halten lernen / solcher massendaß der rechte Daum die Haar nächst bey dem Härpflein etwas eindrucke / damit selbige wolangezogen / einen satten Strich und Klang von den Saiten zu wegen bringen / darnach muß erdas Holz deß Bogens zwischen die zwey vordere Gelaich der Finger fassen und halten“
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4.4. John Lenton (1657 – 1719) – „The Gentleman Diversion or the Violin Explained“ London 1694
Violino & Arco29:"Of Ordering the Bow and Instrument.
What I have else to say, will be (by way of advice) my own opinion in ordering your Bow and Instrument to the best advantage; as for the younger sort, I would have them suit their Instrument to their size, that they may the better command it; and as I would have none get ahabit of holding an Instrument under the Chin, so I would have them avoid placing it as lowas the Girdle, which is a mongrel sort of way us'd by some in imitation of the Italians, neverconsidering the nature of the music they are to perform; but certainly for EnglishCompositions, which generally carry a gay lively Air with them, the best way of commandingthe Instrument will be to place it something higher than your Breast, your Fingers round and
firm in stopping, not bending your joints inward, and when you make a Shake let it be fromthe motion of the Finger alone, and not from any Squeeze of the body or Wrist (except) it be aclose Shake which is done by the consent and operation of all the Fingers; let your Bow be as
long as your Instrument, well mounted and stiff Hair'd, it will otherwise totter upon the Stringin drawing a long stroke; hold it with your Thumb half under the Nutt, half under the Hair
from the Nutt; and let it rest upon the middle of the first joynt, placeall your Fingers upon the Bow, pretty close, (or for the better guiding of it) you may place the out-side of the first joyntof the little Finger against the Wood, let the Bow move always within an inch of the Bridgedirectly forward and backward, let your Bow-wrist move loosly, (but not much bent),and holdnot up your Elbow, more than necessity requires: Stand or Sit upright, beware of unseemlyactions, etc. "
4.5. Daniel Speer () – “….Musicalisches Kleeblatt / Worinnen zu ersehen / wie man züglich und in kurzer Zeit…. III. Allerhand Instrumenta greiffen / und blasen lernenkan.” (Ulm, 1697, 2° edizione)
Violino (Pag.190):“Wie viel hat eine jede Saiten Griffe?[omiss.] NB. Der erste oben über der Rot hergezeichneter Versal-Buchstab ist kein Griff /
sondern die gestimmte Saiten an sie selbsten / und wird der erste Griff mit dem Zeig-Finger /der andere mit dem Mittel-Finger / der dritte mit dem Gold-Finger der lincken Handverrichtet; auf der Quint aber / wann es höher als bis ins “b” gehet / so der kleine Fingerverrichtet / so muß die ganze Hand hinaufwarts geruckt werden.”Arco:
Niente
29 Cit. da Malcolm Boyd e John Rayson in “Early Music 1982 10(3):329-332”
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4.6. Georg Muffat (1653 – 1704) - Introduzione al „Florilegium secundum“, (Passau1698):
Violino: nienteArco30:
„II.Plectrum. Del modo di condur' l'Archetto. La più parte die Todeschi convengono con i Lullisti nel modo di tener l'archetto stringendo ilcrine col pollice, e lasciando gli altri ditti appoggiati adosso. I Francesi lo tengono anchenell'istesso modo per suonar il Violoncino, dai quali differiscono gl'Italiani per le parti
soprane mentre lasciano il crine intocco; ed i Gambisti, come anche quelli ch'intramettono ledita frà il crine, e l'archetto, per il basso“
4.7. Gasparo Visconti (1683 – 1713?) – “Nolens Volens, The Third Book for the Violin, Being an Introduction for the Instructing of Young Practisioners on that Delightfull Instrument ……. By Seignr. Gasperini..” (London, Walsh, 1706)
Violino (Pag.2):
“Hold the Violin with your left hand about half an inch from the bottom of its head, wich isusually termed the Nut, and let it lie between the root of your thumb and that of your
forefinger: then you may proceed to the playing off the Notes specified in the Scale of theGamut…..”Arco: niente
30 Cit. da Walter Kolneder - “Georg Muffat zur Aufführungspraxis”, Baden-Baden 1990 (Pag.57)
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4.8. Michel Pignolet de Montéclair (1667 – 1737): - “Méthode facile pour aprendre a Joüer du Violon”, (Paris 1711/12):
Violino (Pag.2):“Le Violon se tient de la main gauche le manche pose entre le pouce et le doit suivant; il ne
faut pas le trop serer parce que cela roidiroit les doits et le poignet: Pour le tenir ferme etqu’il ne vacile point, il faut bien apuier le bouton qui tient les cordes contre le col sous la jouie gauche. Il faut che le Coude soit directement soit directement sous le Violon, que le poignet soit bien courbé et les doits bien ployez en arrondisant, afin qu’ills posent sur lescordes par leur extremité, en evitant neanmoins de les toucher avec les ongles.”
Arco (Pag.3):“L’Archet se tient de la main droite les quatre doits posez sur le bois et le pouce dessous lahausse qui éléve le crin. Il faut d’abord s’acoutumer á le tirer d’un bout á l’autre egallement
par tout et a le pousser de meme sans faire crier la corde. Dans les vitesses il ne faut pas trop serer l’Archet entre les doigts et ne point roidir le poignet ni le coude car c’est par la facilité
de leur mouvenemnt qu’on aquiert un beau coup d’Archet. Il faut bien accorder les deux mains ensemble afin que l’archet n’aille ni plus vite ni pluslentement que les doits de la main gauche, car c’est en cela que consiste la dificulté et labeauté du Violon.”
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4.9. Sebastien De Brossard (1655 – 1730) - „Fragment d’une Methode de violon par Brossard“ (Paris? ca.1712)
Violino (& Arco) (Pag. 13):„La main droite estant uniquement destinée pour conduire l’archet comme nous le dirait plus
bas aussi, l’unique office de la main gauche est de tenir le violon et d’exprimer en posant sesdoits sur la touche les divers sons de la tablature que les chordes ne peuvent exprimer al’ouvert. Pour bien tenir le violon, on pose la partie du manche qui est la plus proche deschevilles et du sillet et que on nomme le colet entre la pouce et le doit suivant de manierecependant que les colet cotes exterieurs de ces deux doits qui sont du coté de la teste duviolon soient tout proche du sillet, et qu’a les cotês qui sont au dedans de la main ne touchent
point ny au bourdon ny a la chanterelle, au fin qu’il n’empechent ou n’alevent point le son deces deux chordes quand on les voudra faire parler a l’ouvert. Pour tenir ferme le violon, onen appuje fortement le bout ou est le bouton contre l’epaule gauche un peu au dessous de la
joüe, ou plus bas selon qu’on le trouveira le plus commode, mais toujours en observant ceque et surtout que le coude sait tourné de maniere qu’il se trouve directement sous le violon.“
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4.10. Anonimo - “VI Book of Nolens Volens, or The most Compleat tutor to ye Violin, Being an Introduction to Learners on ty Instrument Digested in ye most plain & easy
Method yet Extant…..” (London, Walsh, 1715)
Violino & Arco (Pag.2):
Sulla tenuta riprende il “Nolens Volens” del 1706, (Visconti)
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4.11. Peter Prelleur ( bat.1705 – 1741) - “The Art of Playing on the Violin”, London 1731:
Violino (Pag.2):“Hold the violin with your left hand about half an inch from the bottom of ist Head, which isusually termed the Nut, and let it lie between the Root of your Thumb and that of your fore
finger: then you may proceed to the playing off of the Notes specified in the Scale of theGamut……”
Arco:niente
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4.12. Michel Corrette (1709 – 1795) – “ L’Ecole d’Orphée, Methode Pour Apprendere facilement a joüer Du Violon Dans le goût Francois et Italien…” (Paris, 1738)
Violino (Pag.7):“Il faut prendre le Manche du Violon de la main gauche, le tenir avec le pouce et le premier
doigt sans trop serrer la main, arrondir le premier, deuxieme, troisieme doigt, et tenir le petit plus allongé. Il faut necessairem.t poser le menton sur le Violon quand on veut dèmancher, cela donne tutte liberté à la main gauche, principalement quand il faut revenir à la positionordinare. Voyez la Figure cy-devant.
Arco (Pag.7):“Differentes manieres de tenìr l’Archet.
Je mets icy les deux manieres differantes de tenir l’Archet. Les Italiens le tiennent sur troisquarts en mettant quatre doigts sur le bois, A, et le pouce dessous, B, et les François letiennent du côté de la hausse, en mettant le premier, deuxieme et troisieme doigt dessus lebois, C, D, E, le pouce dessous le crin, F, et le petit doigt acosté du bois,G, . Ces deux façons
de tenir l’Archet sont ègalement bonne cela dèpend du Maitre qui enseigne. Il faut quand on joüe que le bois de l’Archet panche un peu du costé du sillet, mais il faut aussy prendre gardequ’il ne panche pas trop. Pour tirer du son du Violon, il faut tirer et pousser de grands coupd’Archet, mais d’une maniere gracieuse et agrèable.”
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4.13. Johann Philipp Eisel (1698?-1756?) – “Musicus autodidactos, oder Der sich selbstinformirende Musicus” (Erfurt, 1738)
Violino (Pag.27):“Gehet die Partie höher, so muß man mit der lincken Hand höher hinauf fahren, welches die
Violinisten abgesetzet heissen. Und sodann greiffet der Zeiger C. oder Cis, der Mittlere D. derGold-Finger E. und Dis. Man findet Partien, so noch höher hinauf steigen; allein solche gehören vor keine Lehr-Jungen sondern Meister auf diesem Instrumente.”
Arco: niente
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4.14. Robert Crome (?) – “The Fiddle New Model’d, or a Useful Introduction for theViolin, Exemplify’d with Familiar Dialogues”, London 1740
Violino:“Take the fiddle and hold it in your Left Hand. Let the Neck lie between your fore Finger andThumb, turning your Wrist, that your Fingers may lie over the Finger Board to be in
readyness when you want them: then let the back part rest on your left Breast. The best way isto stay it with your Chin, that it may remain steady.”31
Arco: “Tenete l'arco con la mano destra vicino al tallone, senza toccare il crine con le dita eil pollice”32
4.15. Joseph Friedrich Bernhard Caspar Majer (1689 – 1768): „Neu-eröffneterTheoretisch- und Praktischer Music-Saal“, Nürnberg 1741 (2a Edizione):
Violino & Arco:“Welcher nun auf der Violin etwas zu begreiffen gedenket, derselbe muß vor allen Dingenwissen, wie 1, die Geige zu halten, 2. Der Bogen zu fassen, und 3. Jede Note gestrichen
werden sollte.1. Muß man die Violin zwischen den lincken Daumen und Ballen des Zeig-Fingerseingeschlossen halten, jedoch nicht zu fest, damit im Fall der Noth die Finger ungehindert indie Höhe und wieder zurück springen können, alsdann wird die Violin auf der linken Brustangesetzet, doch also, daß sie ein wenig gegen der rechten Seiten abwärts sehe.2. Soll der Bogen also gefaßt, und beede Arme vom Leib gehalten werden, daß der rechte
Daumen die Haar nechst bey dem Härpflein etwas eindrucke, damit die Haare an selbigemwohl angezogen bleiben und man einenen langen Strich und Klang von denen Saiten zuwegenbringen könne. Die Application der Finger betreffend, so ist solche aus gegenwärtiger Figurnicht allein zu ersehen, sondern dabey zu observiren, daß die Hand, worinn die Geige ligt,hohl sey, und die Finger nach ihren Gelaichen etwas eingekrümmet, nahe über denen Saiten
gleichsam schweben, und dergestalt dieselbe nieder drucken, damit die nächste nicht auchberühret werde.”
31 Cit. da Maurice W. Riley - “The History of the Viola”, Ann Arbor 1980 (Pag.204) in Judy Tarling (Op.Cit.Pag. 66)
32 Cit. da Enzo Porta - “Il Violino nella storia”, EDT 2000, Pag.4
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4.16. Francesco Geminiani (1687 – 1762) – “The Art of Playing the Violin”, London1751:
Violino (Preface, Pag.1):“The Violin must be rested just below the Collar-bone, turning the right-hand Side of theViolin a little downwards, so that there may be no Necessity of raising the Bow very high,when the fourth String is to be struck. Observe also, that the head of the Violin must be nearly
Horizontal with that Part which rests against the Brest, that the Hand may be shifted with Facility and without any Danger of dropping the instrument.”Arco (Preface, Pag.2):“The Tone of the Violin principally Depends upon the right Management of the Bow. The Bow
is to be held at a small Distance from the Nut, between the Thumb and Fingers, the Hairbeing turned inward against the Back or Outside of the Thumb, in which Position it is to beheld free and easy, and not stiff. The Motion is to proceed from the Joints of the Wrist and
Elbow in Playing quick Notes, and very little or not at all from the Joint of the Shoulder; butin playing long Notes, where the Bow is drawn from one End to the other, the Joint of theShoulder is also little employed.”
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4.17. Leopold Mozart (1719 – 1787) – „Gründliche Violinschule“, Nürnberg 1756:
Violino (Pag. 54):„Wenn der Meister nach genauer Ausfrage findet, daß der Schüler alles itzt Abgehandeltewohl begriffen und dem Gedächtnisse recht eingepräget hat: alsdann muß er ihm die Geige
(welche etwas stark bezogen seyn solle) in die linke Hand richten. Es sind aber hauptsächlich zweyerley Arten die Violin zu halten; welche, weil man sie mit Worten kaum genug erklärenkann zu mehrerem Begriffe in Abbildungen hier vorgestellet sind.
Die erste Art die Violin zu halten, hat etwas angenehmes und sehr gelassenes. Fig.I. Es wirdnämlich die Geige ganz ungezwungen an der Höhe der Brust seitwärts, und so gelegen, weil,bey schneller Bewegung der Hand in der Höhe, halten: dass die Striche des Bogens mehr indie Höhe als nach der Seiten gehen. Diese Stellung ist ohne Zweifel in den Augen der Zuseherungezwungen und angenehm; vor den Spielenden aber etwas schwer und ungelegen, weil, bey
schneller Bewegung der Hand in der Höhe, die Geige keinen Halt hat, folglich nothwendigentfallen muß; wenn nicht durch eine lang Uebung der Vortheil, selbe zwischen Daumen und
Zeigefinger zu halten, erobert wird. Die zwote ist eine bequeme Art. Fig.II. Es wird nämlich
die Violin so an den Hals gesetzet, daß sie am vordersten Theile der Achsel etwas aufleget,und jene Seite, auf welcher das E oder die kleinste Seyte ist, unter das Kinn kömmt; dadurchdie Violin, auch bey der stärksten Bewegung der hinauf und herab gehenden Hand, an seinemOrte allezeit unverrücket bleibet. Der Griff, oder vielmehr der Hals der Violin muß nicht
gleich einem Brügel in die ganze Hand hineingeleget, sondern zwischen den Daumen und Zeigefinger also genommen werden, daß er an einer Seite an dem Ballen unter dem Zeigefinger, an der andern Seite an dem obern Theile des Daumenglieds anstehe, die Hautaber, welche in der Fuge der Hand den Daumen und Zeigefinger zusammen hänget,keinesweges berühre. Der Daume muß nicht zu viel über das Griffblatt hervorragen: sonsthindert er im Spielen, und benimmt der (G) Seyte den Klang. “
Arco (Pag. 56):„Der Bogen wird an seinem untersten Theile in die rechte Hand zwischen den Daumen und
zwischen, oder auch ein wenig hinter das mittlere Glied des Zeigefingers genommen. Manbesehe es in der Abbildung, Fig. IV. Der kleine Finger soll allezeit auf dem Bogen liegenbleiben, und niemal vom Bogen weg frey hinaus gehalten werden: weil derselbe zur
Mäßigung des Bogens, folglich zur nöthigen Stärke und Schwäche durch das Nachdrückenoder Nachlassen sehr vieles beyträgt. Sowohl die, welche den Bogen mit dem ersten Gliededes Zeigefingers halten, als jene, welche den kleinen Finger immer von dem Bogen weglassen, werden finden, daß die oben vorgeschriebene Art weit vorträglicher sey, einenrechtschaffenen und mannbaren Ton aus der Violin heraus zu bringen: wenn sie anders, es zu
versuchen, nicht zu eigensinnig sind. Man muß aber auch den ersten, nämlich den Zeigefinger nicht zu sehr auf dem Bogen[55] ausstrecken, und von den übrigen entfernen. Man mag alsdann den Bogen mit dem ersten oder zweyten Gliede des Zeigefingers halten; soist die Ausstreckung des Zeigefingers allezeit ein Hauptfehler. Denn dadurch wird die Hand
steif: weil die Nerven angespannet sind. Und der Bogenstrich wird schwermüthig, plump, jarecht ungeschickt: da er mit dem ganzen Arme gemacht wird. Man siehet diesen Fehler in der
Abbildung Fig. V.“
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4.18. José Herrando (ca.1720 – 1763) - „Arte y puntual explicacion del modo de tocar
el violin con perfeccion y facilidad, siendo muy util para cualquiera que aprenda,
asi aficionado como professor, aprovechandose los maestros en la enseñanza de sus
discipulos con mas brevedad y descanso“, Madrid 1757
Violino & Arco (Pag.2):
„En todos Artes, y Ciencias se busca la naturalidad, y comveniencia y asi en este como tan
apreciable y usado de tantos, se devera acomodar, a lo mas facil y breve, en cuio supuesto el
Violin se toma en la mano izquierda, poniendo su mastil en la Orquilla de ella, entre el dedo
Pulgàr y el Yndice, cerca del Remate del Violin, de modo que la muñeca tropieze quasi en
elladeando acia el Cuerpo el Codo, y de esta forma se bolverà la mano sin Violencia, ni
incomodo: El Cordal ha de venir bajo de la Barba, asegurandole con ella, hechada la vista
un poco à la mano derecha, tomando el Arco en ella, puestos los quatro dedos sobre el,
afirmandole con el Gordo, separado dos de la Nuez, ladeadas las Cerdas acia el Puente, y
que asoi mismo esten a igual distancia, no sentandolas del todo sobre las Cuerdas....“
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4.19. L’Abbé le fils [Joseph-Barnabé Saint-Sévin] (1727 – 1803) - „Principes duViolon“ (Paris 1761):
Violino (Pag.1):„De la Manière de tenir le Violon
Le Violon doit être posé sur la clavicule, de façon que le Menton se trouve du coté de laquatrième Corde, il faut abaisser un peu le coté de la Chanterelle ; la Main doit être à-peu- près à la hauteur du Col; le Manche doit être tenu sans trop de force entre le pouce et la première phalange du doigt Index, la partie du manche qui se trouve en deca du Pouce doitetre posée sur l’éminence charmue de sa première phalange; on doit observer de placer le
pouce vis-à-vis le La naturel du Bourdon."
Arco (Pag.1):"De la Manière de tenir L’Archet
Il faut poser le bout du petit doigt sur la partie de l’Archet qui tient à la Hausse ; l’Index doitetre placé de facon que l’Archet se trouve au milieu de la seconde phalange de ce doigt,
lequel, pour avoir plus de force, doit etre un peu éloigné des autres. Le Pouce doit etre vis-à-vis le doigt du milieu, la baguette ne doigt pas se trouver perpendiculairement au dessus duCrin, mais elle doit pancher un peu du coté de la Touche.Observations sur l’Archet
L’Archet doit etre tenu avec fermeté, sans cependent roidir les doigts, toutes leurs jointuresdoivent etre au contraire fort libres, en observant cela, les doigts feront naturellement desmovemens imperceptibles qui contribueront beaucoup à la beauté des sons : le Poignet doitaussi etre très libre, il doit conduire l’Archet droit, et le diriger toujours sur les Ouies duViolon. L’avant-bras doit seulement agir, et suivre le Poignet dans toutes ses opérations, lesbras proprement dit, ne doit se preter que dans les cas, où l’on employe l’Archet d’un bout-à-l’autre ; le Coude doit toujours etre détaché du Corps. On peut appeler l’Archet, l’Amme del’Instrument qu’il touche, puis qu’il sert à donner l’expression aux sons, à les filer, à lesenfler, et à les diminuer. Filer un son, c’est le soutenir un certain tems au meme dégré de
force. Pour enfler et diminuer le meme son, il faut le commencer foiblement, l’enfler pardégré, jusqu’à ce qu’il éclate pleinement, et ensuite l’addoucier de meme par dégré, de faconqu’il finisse insensiblement."
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4.20. C.R. Brijon (ca.1720 - ?) – „Réflexions sur la Musique, et la vrai manière del’exécuter sur le Violon“, Paris 1763:
Violino (Pag.19):„De la position du Violon
On pose le Violon sur la clavicule gouche, en le laissant pancher un peu du coté de l’estomac. La main qui le soutient doit etre, à-peut-prés; à la hauteur du col. Il faut tenir le manche sanstrop serrer, afin de laisser plus de liberté aux doigts. Placer le pouce à onze, douze, treize,quatorze ou quinze lignes du sillet, suivant la grandeur de la main. Avoir surtout l’attentionde ne poser que l’extremité des trois premiers doigts sur les cordes; & que d’une jointure àl’autre chaque doigt coubé soit à portée de frapper la corde, comme un petit marteau. Al’egard du petit doigt, il faut l’etendre, ou le retirer, selon que les circonstances l’exigent.
Bien entendue qu’il doit produire sur la corde le meme tact que les autres. On doit aussi avoir soin de porter le coude & le poignet en dedans. On concoit aisémant, sans le dire, que la grace exige qu’on tienne le corps droit.“
Arco (Pag.19-20):„De l’archet.
Il faut tenir l’archet avec fermeture, & du bout des doigts, sans cependant leur ôter la flexibilité, ensorte que le pouce soit placé tout près de la hausse sous le crin. Le premier doigtdonne toute la force à l’archet, & le pouce doit etre sous le second, c’est-à-dire, sous celui dumilieu, en arrondissant les doigts, & observant que le poignet soit au nieveau du dessus de lamain. L’archet doit etre posé sur les cordes, à un pouce du cheavlet. Il est surtout nécessaired’éviter que le bois n’incline de ce coté. Quelques personnes le laissent pencher du coté dumanche. Il faut alors que ce soit d’une manière presque imperceptible.
Il n’y a que deux coups d’archet; l’un tiré, l’autre poussé. Il faut tirer & pousser sur une ligne droite parallele au chevalet, meme en changeant decorde, &observer que le poignet s’adapte fléxiblement `l’action de l’archer, & que lemouvement souple de la main ne vienne que du poignet & du coude. Le poignet se creuse à sa
partie latérale interne, c’est-à-dire, celle du coté du pouce, à mesure que l’on tire l’archet,&produit le meme effet à la partie opposé lorsque l’on pousse; observation très nécessarie,
sans laquelle on ne pourroit maintenir son archet droit sur les cordes. Le coude s’exhausse graduellement, lorsque l’on passe des cordes de devant à celles de derriere“
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4.21. Giuseppe Tartini (1692 – 1770) – „Regole per arrivare a ben suonare il violino“, prima del 1771:
Violino ( niente sulla tenuta ma un consiglio per i cambiamenti di posizione) (Pag.1):„Nello smanicare non deve recarsi regola stabile, ma bisogna adattarsi a quello, che
nell'occasione riesce più comodo, onde si deve fare lo studio di smanicare in tutti li modi peresser sempre pronto ad ogni caso possa accadere.“Arco (Pag.2):„L'Arco va tenuto con forza ne' primi due dita, e gl'altri tre leggieri per cavar voce di polso, equanto più si vorrà rinforzar la voce, stringer vieppiù l'Arco con le dita, e corrispondere ancocon premere vieppiù sulle corde con l'altra mano.“
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4.22. Theodore-Jean Tarade (1731 – 1788) – „Traité du Violon, ou Regles pour cet Instrument“, Paris 1778:
Violino (Pag.8):„Maniére de tenir le Violon.
Le Violon doit se tenir de la main gauche le Coude dessous l’Instrument, le pouce vis-à-vis le second doigt, la main plate sous le manche, les doigts arrondis à distances les uns des autreseu regard aux dégrés des Tons pleins et Semi-Tons adaptés au Ton dans lequl on joue, lesintervales des Tons et Semi-Tons étant absolument nécessaires à observer pour toucher
juste.“
Arco (Pag.8-9):„Maniére de tenir l’Archet.
L’Archet est la partie la plus difficile et la plus essentielle du Violon, il doit etre tenu de lamain droite, du bout du pouce, les queatre doigts étendus sans roideur á un pouce de lahausse: il faut l’employer en entier en observant pour le tirer droit de boucher éxactement les
trous supérieurs des S.S. apellés les Ouies du Violon, l’Archet ne devant se trouver ni trop près du Chevalet ni trop près de la Touche.“
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4.23. George Simon Löhlein (1725 – 1781) - „Anweisung zum Violinspielen mit praktischen Beyspielen“, Leipzig 1781
Violino (pag.12):„§16... fasse mit der linken Hand das Instrument oben beym Halse so, daß das Instrument in
die leichte Hölung der Hand natürlich zu liegen komme, ohne eben mit dem Daumen und dem Zeigefinger fest gehalten zu werden. §17. Man stemme die Violin mit dem untern Theile, wo das Knöpfchen ist, daran derSaitenfessel befestiget, gegen die linke Schulter, doch ohne die Schulter zu heben odervorzuschieben, und drehe das Instrument etwas einwärts, nach der Brust zu. EinigeViolinisten legen auch das Kinn fest auf die rechte Seite der Decke, andere auf die Linke; am
freiesten bleibt der Körper und das Instrument, wenn man hier eben so wenig des festen Drucks mit dem Kinne als oben mit den Fingern zur sichern Lage bedarf. BeySchwierigkeiten, wo die Hand oft auf auf und ab fährt, ist indeß der Druck auf die rechte Seitevorzuziehen.“
Arco (pag.18-19):„§30. Der Bogen wird mit der rechten Hand gehalten, und zwar auf folgende Art: Man halteihn mit dem Daumen und den zwey ersten Fingern, gleich da, wo der Frosch sufhört, undnicht beynahe in der Mitten, so, daß er zwischen dem ersten Gelenke des Zeigefingersdurchgehe. Der zweite Finger wird in einiger Entfernung von dem ersten gesetzt, und schonetwas mehr gekrümmt als der erste, so, daß er mit der halben Rundung den Bogen berühre.
Mit diesen zweyen Fingern, besonders mit der Spitze des zweyten, drückt man ihn gegen den Daumen, der gegen die beyden Finger, indem man das erste Glied vom Daumen etwaseinlegt, und ihn zwischen den beyden Fingern unterwärts aufstemmt, den Gegendruck macht:durch dieses Halten muß der Bogen eine feste Lage bekommen, damit er nicht hin und herwanken kann. Die übrigen beyden Finger werden ganz leise darauf geleget, und dienen nurdazu, ihm eine bestimmtere Richtung zu geben. Dieses wird beystehende Figur faßlichermachen.“
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4.24. (Francesco Geminani) Christoph Torricella (editore a Vienna) - „Gründliche Anleitung oder Violin Schule ou Fundament pour le Violon, composé par Mons.rGeminiany“, Vienna 1782
Violino & Arco (Pag.1):
„Die Geige muß zwischen dem Schlüsselbein und dem Kinnbacken etwas auf die rechte Seite sinkend gehalten werden, auf daß man den Arm nicht zu stark aufheben müsse, wenn man derersten Saite benöthiget. Ferner muß der vorder und hintere Theil der Geige mit der Brust ineiner geraden Linie liegen, damit die Hand im Spielen desto leichter auf und abfahren, unddie Geige nicht entwischen kann. Endlich muß das Kinn auf der rechten und nicht auf derlinken Seite des Saitenfestes im Spielen zu stehen kommen. Der Laut, die Stimme oder der Tonwird durch den Bogen hervorgebracht: dieser soll nahe beym Fröschel, zwischen dem
Daumen und den Fingern, die Haare gegen den Sattel gewendet, ungezwungen gehalten und schön gleich gezogen werden.(...)Die Annehmlichkeit des Violinspielens besteht gröstentheilsin der Mäßigung der Töne, die durch den Druck des Bogens mit dem ersten Finger bald stark
zu, bald sanft abnehmen müssen.“
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4.25. Francesco Galeazzi – „Elementi teorico-pratici di Musica, Con un saggio sopral’arte di suonare il Violino“, Roma 1791 (sec. edizione Ascoli 1817)
Violino (Pag.79-82):„Regola I. 53. Si posi il Mento sul lato manco del Violino, cioè dalla parte del Cordone,
precisamente accanto alla Cordiera; o Codetta, e non dalla parte opposta. 54.
(Dimostrazione) È facile osservare, che tenendo il mento dalla parte del cantino, ne nascono sommi inconvenienti [omiss.] Ci siamo un po’ diffusi su di questa regola per correzione diquelli, che tuttavia si ostinano senza fondamento a fare il contrario di quanto abbiamoinsegnato.
Regola II. 55. Si deve tenere il piano del Violino non orizontalmente, o per piano, mainclinato, e un poco rivolto verso il volto del suonatore in modo, che il cordone resti in alto,ed il cantino a basso. (Dimostrazione) Tenendo il Violino affatto per piano, come una voltainsegnavasi, il braccio dell’arco per suonare ne’ bassi devesi soverchiamente alzare, eduscire dal proprio sesto [omiss.]
Regola III. 57. Non si tenga il manico del Violino neè troppo alto, nè troppo basso, ma inmodo che corrisponda a un di presso in mezzo al petto.
Regola IV. 58. Il manico del Violino, non deve tenersi in fuori, cioè fuor del corpo delSuonatore, ma si bene in dentro verso il petto in modo tale, che una linea retta checominciasse dalla superficie esteriore della mano che regge il Violino, e passasse in contattodella fascia di esso dove più sporge in fuori, venga a cadere direttamente in mezzo al petto.[omiss.]
Regola IV. 59. Il gomito del braccio sinistro deve tenersi ben piegato, e voltato in dentro al possibile anche appoggiandosi sul corpo, se bisogna.
Arco (Pag.94-95):„Regola III. 77. Si deve prender l'arco non totalmente colla punta delle dita, ma colle dita
stese in situazione naturale, osservando che tutto il naso resti fuori della mano dalla parte deldito mignolo.(Dimostrazione) Siccome l'arco per far bene il bene il suo giuoco deve esser bilanciato, econtrappesato, ne avviene, che coloro che lo tengono verso la metà, danno troppocontrappeso, ed impediscono, che l'arco possa aver forza, nè posson per conseguenza cavar
gran voce dal Violino: quelli, all'opposto che tengono il naso immediatamente sotto la mano,il pollice introducendo nel suo incavo lasciano tutto il peso d'avanti, nè hanno al di dietro uncontro peso che formi l'equilibrio, il chè è spesso di grande impedimento in certi salti d'arco,ed in certi giuochi, in cui l'equilibrio necessarisi rende.Converrà dunque (come nella scuola
Lombarda si pratica) tenere Frau questi due estremi un giusto mezzo, tenendolo come si èdetto nella regola.
Regola III. 78. Il pollice si tiene sotto la bacchetta dell'arco per sostenerlo; l'indice, che deveessere più avanzato del pollice serve ad accrescerne, o diminuirne la forza, e l'altre dita servono per regolarlo. Regola V. 79. Si devono accomodare le dita che sostengono l'arco in guisa, che il pollicecorrisponda al di sotto immediatamente del secondo dito, cioè al medio, e se si voglia taloraaccrescere la forza, si retrocederà un poco il pollice, cosicchè s'avvicini alla direzione delterzo, o annulare.
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4.26 Johann Adam Hiller (1728 – 1804) - „Anweisung zum Violinspielen, für Schulen,und zum Selbstunterrichte.“, Leipzig 1792
Violino & Arco (Pag.5-6):„Wie man die Violin halten, und den Bogen führen müsse.
§1. Bey manchem Violinspieler sieht man es sogleich aus dem Ansetzen und Halten der Violin,daß er nicht aus der besten Schule kommt, oder daß sein Spielen nicht viel bedeutet. Mozarthat von der Art die Violin recht zu halten eine doppelte Abbildung gegeben. Und ob er gleichdie erste für ungezwungen und angenehm hält, so gestehet er doch zugleich, daß siedeswegen nicht zu empfehlen sey, weil beym Hin- und Herziehen der Hand die Geige durchnichts fest gehalten wird, wenn man nicht, durch lange Uebung, sich des Vortheilsbemächtigt, sie mit dem Daumen und Zeigefinger gegen die Brust fest zu halten. Die zweite
Art, nach der zweyten Abbildung, ist sicher die beste. Es wird nämlich die Violin gegen den Hals angesetzt, so, daß sie am vordern Theile der Achsel etwas aufliegt, und mit der Seite, aufwelcher die obere E-Saite sich befindet, unter das Kinn kommt. Auf diese Weise kann sie, bey
jeder hin und her gehenden Bewegung der Hand am leichtesten mit dem Kinne fest gehaltenwerden. Das erste Glied des Daumens wird sodann an der linken Seite des Halses angesetzt,etwas auswärts gebogen, damit es nicht die untere G-Saite berühret. An der rechten Seite des
Halses schließt sich das dritte Glied des ersten oder Zeigefingers an, so daß, bey auswärts gebogener Hand, die übrigen Finger, in gekrümmter Stellung, mit gleicher Bequemlichkeitauf jede der vier Saiten gesetzt werden können. Es ist ein Hauptumstand, die Violin auf diese
Art zu halten, und nie die übrigen Theile der Hand sich an den Hals derselben anlegen zulassen.
§2. Bey dieser Art die Violin anzusetzten mag immer der freystehende Theil derselben ein wenigaufwärts stehen; denn sie ganz horizontal auf die Achsel zu legen, würde eben so gezwungenals unbequem seyn. Die Hand wende man nicht nach der linken Seite auswärts, sondern mehr
gegen die rechte, damit diese mit dem Bogen bequemer hinzu kommen kann. Auch halte mannicht den Kopf der Geige zu niedrig, welches geschieht, wenn man den linken Arm fest an dielinke Seite andrückt. Der linke Arm muß eben sowohl freygehalten werden, als der rechte; sowird der Kopf der Geige die gehörige Richtung gegen die übrigen Theile derselbenbekommen, das ist: nie höher stehen als sie, denn das wäre ein Fehler; aber auch nicht zu tiefherab hängen.
§3. Der Bogen wird an seinem untern Theile, nahe beym Fröschgen, in die rechte Hand, zwischenden Daumen und das mittlere Glied des ersten Fingers genommen. Der kleine Finger legt
sich mit dem ersten Gliede darauf, und dadurch ist die Lage der beyden übrigen Finger zugleich bestimmt.“
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4.27. Ignaz Schweigl (ca.1735 – 1803) - „Grundlehre der Violin, zur Erleichterung der Lehrer und zum Vortheil der Schüler“, Wien 1794 (Erster Theil) bzw. 1795 (ZweiterTheil)
Violino & Arco (Retro frontespizio):
A tal riguardo è riportata solamente un'immagine relativa alla corretta tenuta dello strumento edell'arco.
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4.28. Giuseppe Cambini (1746 – 1825) – „Nouvelle Méthode Theorique et Pratique Pourle Violon“, Paris 1795:
Violino (Pag.2-3):„De la maniere de tenir le Violon, et l’Archet
§1.) Il n’y a qu’une seule manière de bien tenir le violon. Toutes les autres sont vicieuses. L’experience et les lecons de bons maitres, l’ont sufficamment démontrée. Il faout poser lebas de l’instrument sur la clavicule, de manière á pouvoir y appuyer le menton vis-à-vis laquatrième corde, lorsque les changements de position de la main, ou si, l’on veut lesdèmanchements, éxigent que le violon soit soutenu avec plus de fermeté.
§2.) La tete du violon doit décrire une ligne horizontale à la hauteur de la bouche; plushaute, ou plus bas. L’instrument n’aurpoit plus cet aplomb, et cet immobiltié qui lui estnecessaire, pour que la main qui conduit l’archet puise toujours trouver une hauteurdéterminée a fin de parcourir les cordes avec plus de facilité, soit qu’on veuille les attaquerensemble, ou séparement.
§3.) Le manche de l’instrument doit etre tenu entre le pouce et l’index, mais de maniére á
laisser voir un petit jour au dessous. Les quatres doigts doivent etre arrondis en demi cercle,élévés des cordes au moins de la hauteur de quatre lignes, et toujours prets á frapper commedes marteaux: en observant que leur bouts regardent directement la troisieme et la quatriemecorde. Le pouce se trouve placé près de cette dernière doit etre toujours élévé pour eviter dela touche et ne doit laisser voir aux yeux qu’a la phalange superieure. Le reste du manche,doit etre appuyé sur la partie musculeuse de la main attenante ou pouce de facon que la petitequeue du manche qui se joint au corps du Violon, touche et s’appuye à l’extremité du poignet:ce qui conjointement à l’appui que l’instrument recoit du coté du fond par la clavicule, le
soutient pour ainsi dire en équilibre, sans que la main ait aucunement besoin de le tenir serré. Par ce procédé, la main se trouve libre d’aller et venir à son grè, et prend avec plus de facilité toutes les positions que la diversité de la musique lui rend frequentes, et nécessaires.On ne sauroit trop recommander cette manière de tenir le manche; autrement, il en résulteroitdes difficultés et des inconveniens sans nombre. Mais, je revierndrai sur cet objet, en me
promettant de mettre l’éléve sur la bonne voie par des Exemples frappants.“Arco (Pag.3-4):„de l’archet
§4.) L’Archet est l’ame, la pensée, l’esprit du Violon. Ce lui-ci, n’est qu’un simple automateque la mécanique a formé, les doigts sont les ressorts qui mettaent en mouvement; l’archet
seul le fait parler et chanter, aussi est il plus difficile à conduire que la voix meme; la naturene l’ayant favorisé d’aucun de ses dons. Il recoit toutes ses inflexions de la main qui lemanie; ; en tel bon que soit un Violon, cette main peut en extraire a son gré les accens
d’Orphée, ou la voix d’un Cocher. Jeune Èlève prenez y garde: si vous ne voulez que fredonner quelque Contredances, jettez au feu cette Méthode: un simole Prévot suffira pourvous instruire et vous vous épargnerez de longues veilles, que des difficultés sans cesserenaissantes rendront encore plus pénibles.
§5.) L'Archet doit être tenu entre l'extrémité du pouce et la premiere phalange de l'index prèsla jointure; les autres doigts poseront dessus la baguette, mais sans presque faire aucune
force: ils ne doivent servir qu'a le balancer et à lui donner l'equilibre nécessaire pour ataquerl'instrument, ainsi que pour le quitter sans faire gémir les cordes. Le petit doigt sur tout doitêtre toujour préparé a sotenir et relever la baguette pour faire ces deux operations. L'archetétant une fois posé sur les cordes, il faut que sans jamais s'arretter, d'ecrive constamment lamême ligne à la distance d'un demi pouce du chevalet ce n'est, comme on le verra ci-après,
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que pour augmenter le son, qu'il doit en approcher d'avantage; mais jamais plus qu'à troislignes de distance, même lorsqu'il veut en tirer le plus grand volume.“
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4.29. Antoine Bailleux (1720 – 1798) – „Methode Raisonnée pour apprendre à Jouer duViolon“, Paris 1798:
Violino (Pag.6):„De la maniere de tenir le Violon
Il faut poser le Violon de facon que le menton se trouve du coté de la quatrieme corde, etbaisser un peu celui de la chanterelle; le manche doit etre tenu avec le pouce et le premieredoigt, sans trop serrer la main, arrondir le premier, deuxieme, troisieme doigt, et tenir le petit
plus allongé.Quand on veut démancher, il faut poser le menton sur le Violon, cela donneu ne grandeliberté à la main gauche, principalement quand il faut revenir à la position ordinaire, onacquiert cette facilité par un exercice assidu.“Arco (Pag.6):„De la maniere de tenir et de conduire l’Archet
L’Archet doit etre tenu en mettant quattre doigts sur la baguette et le pouce dessous, vis-a-visle doigt du milieu, pour soutenir avec fermetè tout le poids de l’archet.
Le Poignet doit etre très libre, il doit diriger l’archet et le conduire droit, a une certainedistance du chevalet. Pour tirer un beau fort son de cet instrument, il faut que la baguette del’archet panche un peu du coté de la touche, tirer et pousser de grands coups d’archet, maisd’une maniere gracieuse et agréable; il ne faut pas conduire l’archet avec tout le bras,l’avant-bras doit seulement agir en se pretant à la direction du poignet; dans le cas ou l’onemploye l’archet d’un bout à l’autre, il faut un peu faire agir l’epaule et le coude un peu plus,en le détachant du corps.“
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4.30. Tavola riassuntiva sulla tenuta del violino e sulla presa dell'arco nelle fonti
esposte:
ANNO AUTORE TENUTA VL.
& ARCO (1-2)
POSIZION
E VIOLINO
USO
MENTO
NOTE
1667 Playford mano sinistra(1)
sul petto, poco sotto la
spalla
non citato indica posizione del pollice per effettuare i cambiamenti di
posizione1677 Prinner sotto il mento
(2*/1)-- sempre per
cambiamenticita virtuosi che tengono il
violino sul petto1688 Falck pollice e indice
(1)sul petto non citato -
1694 Lenton – (1) un poco piùalto del petto
non citato sconsiglia il posizionamentodel violino sotto il mento
1698 Muffat --- (2*/1) – – solo indicazioni arco1697 Speer – (--) -- non citato spostare la mano per cambiare
posizione
1706 Visconti mano sinistra,nell'incavo di pollice ed indice
(--)
-- non citato --
1711/12 Monteclair mano sinistra(1)
contro ilcollo, sotto la
„guancia“
non citato per non far „vacillare“ o pertenere fermo, premere contro il
collo1712 Brossard mano sinistra
(--)contro la
spalla, un po’sotto la
„guancia“
non citato tenere „ben fermo“ lostrumento premendo lo stesso
contro la spalla
1715 Anonimo (vedi Visconti) – -- uguale Visconti 17061731 Prelleur mano sinistra (-) -- non citato --
1732/41 Majer (1) poll. e indice (1) sul petto non citato uguale a Falck (1688)1738 Corrette mano sinistra(1/2*)
(sullaspalla?)
necessario per
cambiamenti
tenere „necessariamente“ colmento per i cambiamenti di
posizione, specialmente perscendere
1738 Eisel (mano sinistra?)(-)
-- non citato uso di posizioni solospostando la mano
1740 Crome (a) mano sin. (2) sul petto non citato --1740 Crome (b) mano sin. (2) sul petto (?) (sempre) „modo migliore“1751 Geminiani (pollice e
indice?) (2)sotto la
clavicola (?)non citato uso e posizione pollice durante
cambiamenti1756 Mozart (a) pollice e indice
(2)sul petto non citato posizione „bella ma difficile“
1756 Mozart (b) pollice e indice(2)
sotto ilmento
cambiamenti posizione „comoda“
1757 Herrando pollice e indice sotto ilmento
sempre --
1761 L’Abbé lefils
pollice e indice(2)
sullaclavicola
non citato quarta corda sotto il mento
1763 Brijon mano sinistra(1)
sullaclavicola
non citato --
1771 Tartini – (-) – non citato --1778 Tarade mano sinistra
(2)-- non citato uso del palmo della mano
„mano piatta“
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1781 Löhlein mano sinistra(2)
contro laspalla
sinistra
per standardnon citato
„alcuni violinisti usanoappoggiare il mento durantedifficoltà (di cambiamento)“
1782 Geminiani/Torricella
– (2) tra clavicolae mento
non citato Uso e posizione pollicedurante cambiamenti
1791 Galeazzi Mento (2) -- sempre cita tecnica „di una volta“(senza mento)1792 Hiller (a) Mozart (a) Mozart (a) non citato „ottenibile solo attraverso
studio intenso“1792 Hiller (b) pollice e indice contro il
collo, sopral'ascella,sotto ilmento
cambiamenti „modo migliore“
1795 Cambini Pollice-indice(2?)
sullaclavicola
cambiamenti „tenere il resto del manicoappoggiato al palmo dellamano in modo che il polso
tocchi il corpo dello
strumento“1798 Bailleux Pollice-indice
(2)sotto mento cambiamenti --
! in Italia
4.31. La tenuta dell'arco: una puntualizzazione indispensabile
Scorrendo le fonti sino a qui analizzate si possono individuare due aspetti principaliriguardanti la tenuta dell'arco, indicati nel riassunto precedente come punti 1 & 2:
1) La presa che definirei col “pollice sotto”, ovvero con il posizionameto del pollice sottoil tallone od alzo (fisso o a vite) ed a contatto con i crini stessi, con le due o trevariabili possibili, ovvero a contatto diretto con l'alzo, a qualche centimetro di distanzao come suggerito da Lenton, a metà.
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2) La presa che definirei col “pollice sopra”, ovvero quella più vicina (ma solo vicina) aquella in uso tutt'oggi presso i violinisti “tradizionali”, con la differenza della tenuta
più in “punta di dita”33 e delle possibili varianti di posizionamento della mano; più omeno vicina al tallone.
Nei trattati fin'ora qui visti, si può notare che la la presenza della variabile 1 vienedocumentata nell'area di lingua tedesca ancora nel 1741 (Majer) e non più nel 1756 (Mozart),in Francia ancora nel 1738 (Corrette), non più nel 1761 (Abbé le fils) per poi “riapparire”
brevemente nel 1763 (Brijon); in Inghilterra senz'altro sino al 1694 (Lenton). In Italia taletenuta non viene sostenuta da fonti scritte, se non altrimenti negata da Prinner nel 1677 o piùtardi da Corrette nel 1738; ciò nonostante esistono numerose fonti iconografiche che mostranoquanto questa tenuta fosse d'uso comune, eccone solo alcune in dettaglio:
a) b) c)
d)
a) Bartolomeo Biscaino (1632-1657), dettaglio b) Marcantonio Franceschini (1648-1729), dettaglioc) Pietro Novelli (1603-1647), dettagliod) Bernardo Cavallino (1616-1656), dettaglio (S.Cecilia)
33 F.Galeazzi (Op.cit.) Pag.94
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5. Conclusione
Dopo aver analizzato con attenzione i trattati menzionati precedentemente è necessario, prima
di trarre le conclusioni necessarie ed arrivare ad un esito riguardante una visione il più
oggettiva possibile, porre alcune considerazioni finali che forse non sono ancora state fatte e
che sono utili alla comprensione generale delle stesse:
1) Non esisteva nel sei- settecento una tipologia unica di suonatore di violino, questa era
differenziata in base all'epoca, all'area geografica ed all'istruzione ottenuta, molto
spesso oralmente.
2) È possibile raggiungere alti livelli tecnici e musicali indipendentemente dalla tecnica
violinistica usata. La tecnica era (ed è) relativa al repertorio in uso, ovvero la più
sviluppata ed evoluta del suo tempo.
3) Per i violinisti dell'epoca non esistevano tecniche alternative tra cui scegliere, la
propria tecnica violinistica (e quella del proprio maestro) era quella vigente e
preponderante.
4) La nostra odierna deve essere una posizione di osservatore e di studioso delle epoche
e delle tecniche passate, non di giudice.
5) “Sotto il mento”, “sotto la guancia”, od altre indicazioni simili relative alla parte del
corpo limitrofa al mento, si riferiscono al posizionamento “geografico” dello
strumento; tenere lo strumento sotto il mento non significa assolutamente tenere lo
strumento con il mento.
6) I risultati negativi del cambiamento di tecnica ed impostazione violinistica, per
esempio il passaggio da quella moderna ad una storica, sono imputabili
esclusivamente alla capacità di assimilazione, messa in opera e studio, assolutamente
non alla tecnica stessa, quale essa sia.
Il quadro offerto dalla panoramica dei trattati e dalle testimonianze viste sopra ci mostra una,
per la nostra mentalità e logica odierna difficile da accettare, varietà enorme di possibilità
riguardanti la tenuta di violino ed arco dall'inizio del XVII° alla fine del XVIII°
Queste spaziano dalla tenuta del violino contro le “short ribbs” di Nicola Matteis riportataci
da Roger North ed anche, in riferimento agli italiani in genere, da John Lenton, a quella quasi
moderna di Francesco Galeazzi .
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Sono quindi due gli aspetti innegabili che emergono da questo studio, ovvero l'innalzamento
progressivo della posizione dello strumento, appunto da sopra la vita a sotto il mento (inteso
come punto d'orientamento e non come presa dello strumento stesso), poi il concetto di presa
e tenuta standard dello strumento con la mano sinistra, tra dito pollice ed indice; quest'ultimo
aspetto dell'impostazione di base non è poi così lontano da quello odierno, nonostante la
nostra memoria tenda in questo campo a non funzionare molto bene, come questo esempio
ben dimostra:
„Andere überlassen das Stützen des Instrumentes der linken Hand, indem sie die Violine auf
das Schlüsselbein legen, während das Kinn bei bestimmten Lagenwechsel aktiv wird.“34
Quella che a prima vista sembrerebbe una descrizione quanto meno antica della tenuta dello
strumento, non differente dai trattati di cui sopra, è invece quella di uno dei massimi didatti e
caposaldi della nostra scuola violinistica odierna, Ivan Galamian , nel 1962.
5.1. Le tre tenute o prese del violino, dal 1667 al 1798
Qui di seguito sono riportate le tre tenute, ovvero prese “fisiche”, dello strumento,
indipendentemente dal posizionamento dello stesso, che, come abbiamo visto, può variare
d'altezza; nel caso del primo periodo (1667 – 1712) questo aspetto è d'importanza
fondamentale, dato che il posizionamento del violino su di una parte del petto esclude a priori
qualsiasi coinvolgimento del mento. Sono state considerate 33 fonti tratte dai metodi
analizzati e dalle testimonianze di Roger North; per quanto riguarda Robert Crome e John
Lenton, queste, in mancanza della fonte originale, sono state ricavate da: Malcolm Boyd e
John Rayson in “Early Music” (Lenton) e da: Enzo Porta in“Il Violino e la storia”, Torino
EDT 2000 (Crome).
1) La tenuta con la mano sinistra senza ausilio del mento (posizionamento tra area
della vita e collo):
34 Ivan Galamian (1903 – 1981) - „Grundlagen und Methoden des Violinspiels“ - (Ann Arbor, 1962, dt. Hamburg 1988, Pag.24)
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2) La tenuta con la mano sinistra e con l'ausilio del mento esclusivamente durante i
cambiamenti di posizione (posizionamento nell'area del collo, con mento sopra la
Ia o IVa corda):
3) La tenuta continua del violino col mento (posizionamento sotto il mento):
NB: Le tenute 1 & 2 consentono un posizionamento più frontale del violino ed una
indipendenza della testa dal violino, la tenuta 3 è laterale e non consente per esempio un
posizionamento „storico“ all'interno di un'orchestra barocca, per esempio all'opera, dove il
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violinista deve spesso voltare il capo per vedere il maestro di concerto al cembalo e/o quello
al violino ed anche seguire continuamente i cantanti nelle arie.
5.2. Alcune percentuali e grafici
Percentuali di presenza delle tre tenute nella trattatistica analizzata:
primo periodo (1667 – 1712):
secondo periodo (1715 – 1757):
64
88,88
11,11
tenuta mento
tenuta mano
tenuta mano con
ausilio mento
16,66
66,66
16,66
tenuta mento
tenuta mano
tenuta mano con
ausilio mento
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terzo periodo (1761 – 1798):
periodo completo (1667 – 1798):
Vedendo le percentuali d'uso, nelle varie epoche, delle tre tenute, si possono notare due aspetti
principali, ovvero la scarsa ed esigua presenza della tenuta continua col mento (1), addirittura
in diminuzione nel terzo periodo, mentre la tenuta esclusiva con la mano sinistra (2),
rimanendo comunque quella decisamente preponderante, lascia sempre più spazio alla tenuta
„mista“ (3) nel corso dei tre periodi. Per il primo periodo e per quello precedente, ovvero
65
8,33
58,33
33,33
tenuta mento
tenuta mano
tenuta mano con
ausilio mento
9,09
69,69
21,21
tenuta mento
tenuta mano
tenuta mano con
ausilio mento
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dall'inizio del XVII.° secolo, non essendoci fonti primarie utili al nostro scopo, quelle che ci
rimangono sono quelle iconografiche, che documentano, per questo periodo, una tenuta
piuttosto bassa dello strumento (sotto la clavicola, sul petto) che esclude almeno nella stessa
percentuale un uso anche solo temporaneo del mento.
5.2. Cambiamenti di posizione: alternative all'uso del mento
Anche qui è necessaria una puntualizzazione: l'uso delle posizioni è una pratica necessaria per
poter suonare note altrimenti non raggiungibili in prima posizione e non è una pratica,
secondo per esempio Johann Philipp Eisel35 (1738, l'epoca di J.S.Bach), consona agli
apprendisti, bensì riservata ai maestri dello strumento: “Gehet die Partie höher, so muß man
mit der lincken Hand höher hinauf fahren, welches die Violinisten abgesetzet heissen. Und
sodann greiffet der Zeiger C. oder Cis, der Mittlere D. der Gold-Finger E. und Dis. Man
findet Partien, so noch höher hinauf steigen; allein solche gehören vor keine Lehr-Jungen
sondern Meister auf diesem Instrumente.”.
Alla base dell'insegnamento vi è la tradizione orale della tecnica violinistica, tramandata da
maestro ad allievo, ed ancora assente è la presenza di un materiale didattico affermato,
universalmente riconosciuto e diffuso.
Nonostante ciò sono presenti ripetute indicazioni che ci offrono un quadro abbastanza chiaro
sulle tecniche relative ai cambiamenti di posizione, anche se questo termine deriva dalla
nostra impostazione moderna, che prevede un'unica posizione ed inclinazione della mano
(dita – mano – polso) in ogni posizione, almeno fino al raggiungimento del corpo dello
strumento (la parte delll'innesto del manico) con la stessa, alla fine del manico. Un termine
migliore è senz'altro quello italiano originario di “portamento” o “trasporto de la mano”36 ,
francese di “demancher” (smanicare, smanicamento) o inglese di “to shift ” (slittare o
scivolare); inoltre non c'é una concordanza assoluta tra le fonti per quel riguarda lanumerazione delle posizioni o “orders”; mentre per alcuni la prima posizione è la nostra
odierna, per altri questa è per così dire la posizione “zero” o di partenza, in seguito ci sono le
“lezioni al primo portamento”37 , al secondo, al terzo e così via.
Geminiani ci dà qui alcune indicazioni preziose, prima per la “salita” in posizione:
35 Op.cit. (Pag.27)36 Carlo Tessarini, “Grammatica di Musica”, Urbino 1741 (Primo Libro, Introduzione, ultima pagina)37 Carlo Tessarini, Op.cit. (Primo Libro, ultima pagina)
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“After having practised in the first Order, you must pass on to the second, and then to the
third; in wich Care is to be taken that the Thumb always remain farther back than the Fore-
finger; and the more you advance in the other Orders the Thumb must be at a greater
Distance till it remains almost hid under the Neck of the Violin.”38
e poi per la discesa:
“It must here be observed, that in drawing back the Hand from the 5 th , 4th and 3rd Order to go
to the first, the Thumb cannot, for Want of Time, be replaced in its natural Position; but it is
necessary it should be replaced at the second Note.”39
Questo ci fa capire come la mano stessa assuma svariate posizioni ed inclinazioni sotto il
manico, che probabilmente viene sostenuto durante le “discese” dal palmo della mano stessa,
come per esempio indicatoci da Cambini:
“ Le reste du manche, doit etre appuyé sur la partie musculeuse de la main attenante ou pouce
de facon que la petite queue du manche qui se joint au corps du Violon, touche et s’appuye à
l’extremité du poignet: ce qui conjointement à l’appui que l’instrument recoit du coté du fond
par la clavicule, le soutient pour ainsi dire en équilibre, sans que la main ait aucunement
besoin de le tenir serré.“40
e da Tarade: „la main plate sous le manche“41.
Sempre Tarade ci fornisce un'altro elemento utile, ovvero il piazzamento del pollice di fronte
al secondo dito, e non come „normalmente“ avviene, davanti al primo dito; questo
faciliterebbe lo spostamento delle dita, senza effettuare un vero cambiamento, tra la prima e la
terza posizione e viceversa. In questo modo il primo vero cambiamento di posizione sarebbe
quello nella nostra odierna 4a posizione, come spesso viene usato proprio dallo stesso
Geminiani, per esempio (Exempio X)42:
Geminiani inoltre ci lascia capire che forse il pollice della mano destra rimane „hid“
(nascosto) sotto il manico, come ci conferma anche L'Abbé le fils quando scrive:
„le Manche doit être tenu sans trop de force entre le pouce et la première phalange du doigt
38 Francesco Geminiani, Op.cit. (Preface, Pag.2)39 Francesco Geminiani, Op.cit. (Preface, Pag.3)40 Giuseppe Cambini, Op.cit (Pag.3)41 Theodore-J.Tarade, Op.cit. (Pag.8)42 Francesco Geminiani, Op.cit. (Pag.12)
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Index, la partie du manche qui se trouve en deca du Pouce doit etre posée sur l’éminence
charmue de sa première phalange; on doit observer de placer le pouce vis-à-vis le La naturel
du Bourdon." 43. Questo aiuterebbe il sostentamento dello strumento e faciliterebbe lo
scivolamento delle dita sul manico.
Le quattro fasi, col pollice di fronte al dito indice:
a) posizione iniziale
b) portamento (terza posizione)
c) portamento (quinta posizione)
d) preparazione pollice
e) posizione intermedia di rientro, con la mano sotto il manico a sostegno del violino e
contatto del polso con la parte di innesto del manico.
N.B. Nello smanicamento all'indietro il polso viene usato, nel suo punto di contatto con la
parte finale del manico, come un perno e come sostegno per la tenuta dello strumento,
donando libertà alle dita della mano sinistra ed alla mano intera (vedi Cambini e Fig. e/f).
a) b)
c) d)
43 L'Abbé le fils, Op.cit. (Pag.1)
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e) f)
Col pollice posto di fronte al secondo dito, sono possibili i cambiamenti dalla prima alla terza
posizione senza spostare l'intera mano, ma solamente le dita:
g) prima posizione
h) seconda posizione
i) terza posizione
g) h) i)
La stessa cosa (pollice di fronte al secondo dito, in prima posizione) ma con il pollice posto
sotto il manico, a suo sostegno (l).
l)
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Infine la salita in posizione e la preparazione del pollice dal „5th order“ di Geminiani:
m) salita
n) preparazione pollice
o) stessa cosa dagli occhi del violinista, col pollice „nascosto“
m)
n) o)
F I N I S.
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6. Bibliografia
6.1. Fonti primarie
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Anonimo, “VI Book of Nolens Volens, or The most Compleat tutor to ye Violin,
Being an Introduction to Learners on ty Instrument Digested in ye most
plain & easy Method yet Extant…..” London, Walsh, 1715
Antoine Bailleux, „Methode Raisonnée pour apprendre à Jouer du Violon“, Paris 1798
C.R. Brijon, „Réflexions sur la Musique, et la vrai manière de l’exécuter sur le
Violon“, Paris 1763
S. De Brossard, “Fragments d'une méthode de violon”, ms 1712
Charles Burney, “The Present State of Music in France and Italy”, London 1771
Charles Burney, “A General History of Music”, London 1789
Giuseppe Cambini , „Nouvelle Méthode Theorique et Pratique Pour le Violon“, Paris 1795
Robert Crome, “The Fiddle New Model’d, or a Useful Introduction for the Violin,
Exemplify’d with Familiar Dialogues”, London 1740
Michel Corrette, “ L’Ecole d’Orphée, Methode Pour Apprendere facilement a joüer DuViolon Dans le goût Francois et Italien…” Paris 1738
Johann P. Eisel, “Musicus autodidactos, oder Der sich selbst informirende Musicus”
Erfurt, 1738
Georg Falck, „Idea boni cantoris, das ist Getreu und gründliche Anleitung“,
Nürnberg 1688
Ivan Galamian, „Grundlagen und Methoden des Violinspiels“ , (Ann Arbor, 1962, ted.
Hamburg 1988)
Francesco Galeazzi, „Elementi teorico-pratici di Musica, Con un saggio sopra l’arte di
suonare il Violino“, Roma 1791 (sec. edizione Ascoli 1817)
F. Geminiani, “The Art of Playing on the Violin”, London 1751
F. Geminani, „Gründliche Anleitung oder Violin Schule ou Fundament pour le
Violon, composé par Mons.r Geminiany“, Vienna (C.Torricella) 1782
José Herrando, „Arte y puntual explicacion del modo de tocar el violin …..“,
Madrid 1757
John Lenton, „The Gentleman Diversion or the Violin Explained“, London 1694
Johann Adam Hiller „Anweisung zum Violinspielen, für Schulen, und zum
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Selbstunterrichte.“, Leipzig 1792
George S. Löhlein, „Anweisung zum Violinspielen mit praktischen Beyspielen“,
Leipzig 1797
J.F.B.C. Majer, „Neu-eröffneter Theoretisch- und Praktischer Music-Saal“, Nürnberg
1741 (2a Edizione)
M. P. de Montéclair, “Méthode facile pour aprendre a Joüer du Violon”, Paris 1711/12
Leopold Mozart, „Gründliche Violinschule“, Nürnberg 1756
Georg Muffat, Introduzione al „Florilegium secundum“, Passau 1698
John Playford, “A Breif Introduction to the Skill of Musick”, London 1658
Peter Prelleur, “The Art of Playing on the Violin”, London 1731
Johannes J. Prinner, Musikalischer Schlisl”, ms 1677
Francesco Rognoni, “Selva de Varii Passaggi”, Milano 1620
Ignaz Schweigl, „Grundlehre der Violin, zur Erleichterung der Lehrer und zum Vortheil
der Schüler“, Wien 1794 (Erster Theil) bzw. 1795 (Zweiter Theil)
Daniel Speer, “….Musicalisches Kleeblatt / Worinnen zu ersehen / wie man
züglich und in kurzer Zeit…. III. Allerhand Instrumenta greiffen / und
blasen lernen kan.”, Ulm, 1697, 2° edizione
Louis Spohr, “Violinschule”, Wien 1832
Theod.-Jean Tarade, „Traité du Violon, ou Regles pour cet Instrument“, Paris 1778
Giuseppe Tartini, „Regole per arrivare a ben suonare il violino“, prima del 1771 (ms.)
Gasparo Visconti, “Nolens Volens, The Third Book for the Violin, Being an Introduction
for the Instructing of Young Practisioners on that Delightfull
Instrument ……. By Seignr. Gasperini..”, London, Walsh, 1706
6.2. Fonti secondarie
David D. Boyden, „The History of Violin Playing from its Origin to 1761”, London 1965
M. Boyd & J.Rayson, „Early Music”, London 1982/II
Bruce Haynes, „The End of Early Music”, Oxford University Press 2007
Nicholas Kenyon, „Authenticity and Early Music“, Oxford University Press 1989
Walter Kolneder, “Georg Muffat zur Aufführungspraxis”, Baden-Baden 1990
Walter Kolneder, „Das Buch der Violine”, Atlantis Musikbuch-Verlag 1972
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Greta M.-Haenen, „Deutsche Violintechnik im 17. Jahrhundert”, Graz 2006
Paul Nettl, „Die Wiener Tanzkomposition in der zweiten Hälfte des siebzehnten
Jahrhunderts”, in Studien zur Musikwissenschaft 8 (1921)
Mimmo Peruffo, „Italian violin strings in the eightteenth and nineteenth centuries:
typologies, manufacturing techniques and principles of stringin”,
Recercare IX, 1997
Mimmo Peruffo, „The mystery of gut bass strings in the sixteenth and seventeenth
centuries: the role of loaded-weighted gut’, Lute society of America
Quarterly, Vol. XXIX, Lexington, Virginia, 1994.
Enzo Porta, „Il Violino e la storia”, Torino EDT 2000
Judy Tarling, „Baroque String Playing for ingenious learners“, Corda Music
Publications 2000
Oliver Webber, „Rethinking Gut Strings: a Guide for Players of Baroque Instruments”,
King’s Music 2006
John Wilson, „Roger North on Music”, Novello 1959
6.3. Fonti ulteriori
Bibliografiche:
Anonym, „Rudimenta Panduristae, Oder Geig-Fundamenta”, Augsburg, 1770
B. Bismantova, „Compendio Musicale“, Ferrara 1677
Marcus Buohl, „Musicalische Combination, Erfundenes und allen Liebhaberen DeßViolins, und Componisten sehr nutzliches Wercklein”, St Gallen, 1756
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