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PREPARIAMOCI alla Liturgia della Parola del 26 Gennaio 2014 III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno A - III settimana del salterio O Dio, che hai fondato la tua Chiesa sulla fede degli apostoli, fa’ che le nostre comunità, illuminate dalla tua parola e unite nel vincolo del tuo amore, diventino segno di salvezza e di speranza per tutti coloro che dal- le tenebre anelano alla luce. Per il nostro Signore Ge- sù ... Prima lettura (Is 8,23b-9,3) Nella Galilea delle genti, il popolo vide una grande luce. Dal libro del profeta Isaia In passato il Signore umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Mádian. Parola di Dio Salmo responsoriale (Sal 26) Rit. Il Signore è mia luce e mia salvezza. Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore. Seconda lettura (At 22,3-16) Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il nome di Gesù. Dagli Atti degli Apostoli In quei giorni, Paolo disse al popolo: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamalièle nell’os- servanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il colle- gio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti. Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco. Un certo Ananìa, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là re- sidenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”». Parola di Dio Canto al Vangelo (Mt 4,23) Alleluia, Alleluia Gesù predicava il vangelo del Regno e guariva ogni sorta di infermità nel popolo Alleluia > Vangelo (Mt 4,12-23) Venne a Cafàrnao perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa. Dal Vangelo secondo Matteo Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, la- sciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescato- ri. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. Zaccheo allora corse avanti e, per poter vedere Gesù, salì su un sicomoro … (Lc 19,4) e della Santa CROCE http://ilsicomoro.jimdo.com Celebriamo la Santa Messa alle ore 8,30 e 10 in S. CROCE e alle ore 11.30 in S. PAOLO II Domenica del Tempo Ordinario - Anno A di San PAOLO SETTIMANALE dell’UNITÀ PASTORALE DOMENICA 19 Gennaio 2014 anno IX (XVIII) 3 formata dalle COMUNITÀ CRISTIANE II settimana del salterio

di e della Santa CROCE Celebriamo la Santa …¹ predicava il vangelo del Regno e guariva ogni sorta di infermità nel popolo Alleluia > Vangelo (Mt 4,12 -23) Venne a Cafàrnao perché

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Page 1: di e della Santa CROCE Celebriamo la Santa …¹ predicava il vangelo del Regno e guariva ogni sorta di infermità nel popolo Alleluia > Vangelo (Mt 4,12 -23) Venne a Cafàrnao perché

PREPARIAMOCI alla Liturgia della Parola del 26 Gennaio 2014 III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno A - III settimana del salterio

O Dio, che hai fondato la tua Chiesa sulla fede degli

apostoli, fa’ che le nostre comunità, illuminate dalla

tua parola e unite nel vincolo del tuo amore, diventino

segno di salvezza e di speranza per tutti coloro che dal-

le tenebre anelano alla luce. Per il nostro Signore Ge-

sù ...

Prima lettura (Is 8,23b-9,3)

Nella Galilea delle genti, il popolo vide una grande luce.

Dal libro del profeta Isaia

In passato il Signore umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle e il bastone del suo aguzzino,

come nel giorno di Mádian. Parola di Dio

Salmo responsoriale (Sal 26)

Rit. Il Signore è mia luce e mia salvezza.

Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Seconda lettura (At 22,3-16)

Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il nome di Gesù.

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Paolo disse al popolo: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamalièle nell’os-servanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e

donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il colle-gio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti. Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco. Un certo Ananìa, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là re-sidenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”». Parola di Dio

Canto al Vangelo (Mt 4,23)

Alleluia, Alleluia Gesù predicava il vangelo del Regno e guariva ogni sorta di infermità nel popolo

Alleluia >

Vangelo (Mt 4,12-23)

Venne a Cafàrnao perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo

del profeta Isaìa.

Dal Vangelo secondo Matteo

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, la-sciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescato-ri. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

Zaccheo allora corse avanti e, per poter vedere Gesù, salì su un sicomoro … (Lc 19,4)

e della Santa CROCE

http://ilsicomoro.jimdo.com

Celebriamo la Santa Messa alle ore 8,30 e 10 in S. CROCE e alle ore 11.30 in S. PAOLO

II Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

di San PAOLO

SETTIMANALE dell’UNITÀ PASTORALE DOMENICA

19 Gennaio 2014

anno IX (XVIII) n° 3

formata dalle COMUNITÀ CRISTIANE

II settimana del salterio

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Una testimonianza cristiana dal Pakistan

Gesù dice: “Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me prima di voi. Se voi foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; ma siccome non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, allora il mondo vi odia (Gv 15; 18-19). Il „mondo‟ a cui Gesù si riferisce è la società di coloro che sono ostili a Gesù e ai suoi discepoli. Queste parole di Gesù sono di incoraggiamento per i cristiani in Pakistan. Nonostante tutte le minacce e le sfide, i cristiani continuano a vivere e a testimoniare la loro fede in una situazione ostile.

Il Pakistan è uno stato islamico con il 97% di musulmani e il 3% di altre minoranze religiose, e i cristiani in Pakistan costituiscono solo il 1,6% della popolazione totale di 180 milioni di persone. Nonostan-te siamo cittadini di questo paese da migliaia di anni, non immigrati, siamo considerati come immigrati. Ovunque i musulmani siano mi-grati, hanno fatto in modo che gli altri accettassero i requisiti del loro stile di vita islamico. Noi siamo una piccola minoranza religiosa, ma sicuramente non siamo immigrati; ciononostante, nella nostra ma-dre patria veniamo trattati come cittadini di seconda classe e non godiamo a pieno dei diritti di cittadinanza. Questa è la condizione dei cristiani in Pakistan, dove dobbiamo testimoniare la nostra fede in una situazione di paura e di continua minaccia. Siamo discepoli di Cristo, quindi dobbiamo prendere la nostra croce e seguire Gesù ogni giorno.

Prendere la propria croce significa identificarsi con Cristo, condivi-dere il suo essere respinto, la sua vergogna, la sua sofferenza, e anche la sua morte. Quando incontro fratelli e sorelle alla messa della domenica, negli incontri di catechesi per i giovani, nei ritrovi delle famiglie, io incontro la fede che porta la croce ogni giorno e segue Gesù Cristo. Nonostante le minacce e le discriminazioni, continuano a sopravvivere. La testimonianza dei nostri fratelli e so-relle cristiani, delle difficoltà che devono fronteggiare, mi rafforza nella fede. Le loro storie incoraggiano me e molti altri nel vivere e testimoniare la nostra fede. Vorrei condividere con voi alcune di queste storie e fare conoscere al mondo come i cristiani del Paki-stan testimoniano la loro fede.

Una di queste storie riguarda una mia amica che si chiama Amira, ha 22 anni ed era la sola ragazza cristiana in una scuola per infer-miere. Viveva nel collegio della scuola insieme ad altre ragazze musulmane, dove aveva una piccola stanza. Amira era una cristia-na devota e teneva nella sua cameretta una Bibbia che leggeva ogni giorno, e pregava il rosario ogni sera prima di dormire. Ma te-neva tutto per sé, in modo che le sue pratiche religiose non distur-bassero in alcun modo le altre ragazze. Però la sua devozione non era accettabile per le sue compagne. Dopo poco del suo ingresso nel collegio Amira era ritornata per una breve visita a casa sua, ed aveva portato da questa visita un calendario con immagini religiose che tutta contenta aveva appeso nella sua camera di collegio, sul suo letto. Un giorno, rientrando in camera, ha trovato il calendario e la Bibbia sul pavimento. Si è molto arrabbiata, ma ha tenuto tutto dentro e non si è lamentata con nessuno. Questo non è piaciuto al-le altre ragazze, che quindi hanno elaborato un altro piano. Hanno strappato delle pagine del Corano e le hanno buttate vicino al suo letto per dare a lei la colpa e incastrarla. La sorvegliante del colle-gio era ovviamente una musulmana; tutte le ragazze del collegio si sono raccolte intorno ad Amira in presenza della sorvegliante e l‟hanno accusata di blasfemia.

Le ragazze musulmane che hanno accusato Amira hanno poi in-formato i mullah (sacerdoti musulmani) locali. Siccome l‟accusa di blasfemia prevede la condanna a morte senza necessità di indagini di alcun tipo, Amira non aveva alcuna possibilità di reagire per di-mostrare la sua innocenza. La sorvegliante del collegio però aveva

capito che Amira non era colpevole, perciò anziché consegnarla ai mullah l‟ha rispedita a casa. Ha però ricevuto molte pressioni dai mullah e dalla direzione del collegio perché venisse quantomeno esiliata e mai più ammessa in alcuna scuola pubblica. Avendo su-bìto ciò, tante persone potrebbero allontanarsi dalla fede. Quando la fede mette a rischio la carriera e ancora di più la vita, uno si chie-de se valga la pena di essere testimone di Cristo. Amira non era tra questi. Sapeva che Dio aveva altri piani per lei. Ha quindi abban-donato il sogno di diventare infermiera e ha seguito una strada mi-gliore. Ha scelto di iscriversi all‟Istituto Pastorale cattolico di Multan (Pakistan) e diplomarsi come insegnante di religione. Vuole inse-gnare la religione nelle scuole (private cattoliche, NdT) e condivide-re la fede con i bambini, sapendo che questi pure dovranno fron-teggiare le medesime difficoltà nella loro vita. Amira sta ora fre-quentando l‟ultimo semestre e si diplomerà presto, poi insegnerà il catechismo nelle scuole per piantare lo stesso seme della fede nel-le generazioni future.

Anche io ho dovuto fronteggiare ostacoli e situazioni in cui la mia fede è stata messa alla prova. Crescendo in Pakistan in una fami-glia forte nella fede, mi è stato insegnato quando ancora ero piccola che dovevamo essere la luce del mondo e il sale della terra. Ho studiato in una scuola cattolica dove sono stata educata nella fede cristiana che era alla base del mio catechismo. Andavo regolarmen-te in chiesa con la mia famiglia. I miei genitori mi hanno incoraggia-to a prendere parte attiva nelle attività parrocchiali. Mio padre, che era il direttore del Centro Catechistico di Karachi, e io, non ci per-devamo un corso o un ritiro. Tutto ciò ha aiutato la mia crescita nel-la fede.

Tuttavia crescendo ed entrando nella vita vera, fuori dalla zona pro-tettiva della comunità cristiana, sono stata esposta ad un mondo dove ho capito che la mia fede sarebbe stata quotidianamente messa alla prova. Quando frequentavo una scuola pubblica di sar-toria e ricamo, dove ero la sola studentessa cristiana, mi sono state rivolte spesso domande difficili e tendenziose. Le mie compagne musulmane mi facevano domande sul digiuno cristiano (Quaresi-ma), sulla fede dei cristiani in tre divinità (Trinità) e altre domande come per esempio perché i nostri preti non si sposano. Trovare ogni giorno le parole giuste per rispondere a queste domande era molto stressante. Cercavo di evitare i loro interrogatori, nel timore che qualunque cosa potevo dire potesse tirarmi addosso una accu-sa di blasfemia.

In una di queste occasioni sono entrata in aula e ho trovato la mia insegnante e le mie compagne impegnate nella preparazione del Milaad (una funzione musulmana che si celebra in onore del profeta Maometto). Quando mi sono seduta al mio banco e ho cominciato a lavorare l‟insegnante, nonostante sapesse che ero cristiana, è ve-nuta da me e mi ha detto che si aspettava che io partecipassi alla funzione. Mi sono sentita offesa ma educatamente le ho risposto che non avrei partecipato. Irritata dalla mia risposta, mi ha detto che lei aveva una vicina di casa cristiana, la quale ogni anno per la ce-lebrazione di Eid-e-Milaad-ul-Nabi corre da loro per sedersi con loro ed assistere alla celebrazione della loro fede senza nessun proble-ma. Ha aggiunto che se io non avessi partecipato, non mi avrebbe più ammesso in classe. Mi sono sentita insultata e arrabbiata, e mi sono venute in mente le tentazioni di Gesù nel deserto. Come il diavolo cercasse di tentare Gesù offrendogli i tesori del mondo e cercando in questo modo di fare vacillare la sua fede. Questo mi ha dato forza e, nonostante le minacce, non sono andata al Milaad. Ovviamente al rientro a scuola dopo la celebrazione l‟insegnante mi ha vietato di sedermi in classe. Così non ho potuto completare il mio corso e ho dovuto cercare altre opportunità.

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Dopo qualche tempo mi è stato offerto un buon lavoro e un discreto stipendio in una struttura per bambini, perché avevo un buon titolo di studio in economia conseguito a Londra. Ho provato, ma poi ho deciso di lavorare nel campo della catechesi. Questo mi permetterà di aiutare i miei fratelli e le mie sorelle a crescere nella fede, in mo-do che queste difficoltà che si trovano a fronteggiare non li allonta-nino dalla Chiesa e dalla loro fede.

Ci sono molti altri che hanno reso testimonianza alla verità. Alcuni sono stati provati fino a scuotere la loro fede nel più profondo, altri hanno dato la vita nella speranza di portare un cambiamento in questa società. Abbiamo gli esempi di Salman Taseer (Governato-re del Punjab) e di Shabaz Bhatti (un cattolico, Ministro per le Mino-ranze del Governo Federale). Queste due persone hanno difeso i diritti dei poveri e degli oppressi e sono a loro volta caduti vittime del fanatismo. E per quanti Taseer e Bhatti possano nascere, ci sa-rà sempre, in quasi ogni strato della società pachistana, un Mumtaz Qadri (l’uccisore di Salman Taseer) pronto ad uccidere, e molti di-fenderanno il suo operato a qualunque costo.

La croce è diventata il nostro simbolo di forza, per vivere e morire per Gesù Cristo. I discepoli di Gesù in questo paese di oppressione hanno adottato la croce per simbolizzare la sola vita che vogliamo vivere. Nel segno della croce noi vinceremo le forze delle tenebre, dell’oppressione, dell’odio e del male. Per noi la croce rappresenta la nostra battaglia quotidiana, il dolore del tradimento, della soffe-renza, dell’afflizione e la fede trionfante nella sequela di Cristo.

Zarish Imelda Neno

Sosteniamo il progetto AMBOKALA

in Madagascar gestito da Enrica Salsi

Da due anni la nostra Unità Pastorale

si è impegnata a sostenere il progetto

che Enrica Salsi sta portando avanti a

Manakara in Madagascar.

Si tratta di dare un aiuto alla mensa dell’ospedale psichiatrico di Ambokala per gli ammalati più poveri, lì ricoverati assieme alle loro famiglie come è consuetudine in Madagascar. Sono quasi 150 le persone da assistere, compresi gli adulti ed i bambini, per cui l’impegno economico è considerevole, dal momento che l’intervento dello Stato è pressoché inesistente. La raccolta di fondi viene effettuata l’ultima domenica di ogni mese e il Centro Missionario Diocesano provvederà ad inviare quanto raccolto ad Enrica. Si chiede un libero contributo costante ogni mese per dare continuità al servizio svolto.

Le raccolte si effettuano al termine delle Sante Messe l’ultima domenica di ogni mese

Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore La 100a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato ha per te-ma. Proponiamo una nostra riduzione del messaggio del Papa. Cari fratelli e sorelle! Tra i risultati dei mutamenti moderni, il crescente fenomeno della mobilità umana emerge come un “segno dei tempi”. Se da una par-te le migrazioni denunciano spesso carenze degli Stati e della Co-munità internazionale, dall’altra rivelano anche l’aspirazione dell’umanità a vivere l’accoglienza. A destare preoccupazione sono soprattutto le situazioni in cui la mi-grazione non è solo forzata, ma addirittura realizzata attraverso trat-

ta delle persone e riduzione in schiavitù. Nonostante i problemi, i ri-schi e le difficoltà da affrontare, ciò che anima tanti migranti e rifu-giati è il binomio fiducia e speranza; essi portano nel cuore il desi-derio di un futuro migliore. Che cosa comporta la creazione di un “mondo migliore”? Il mondo può migliorare soltanto se l’attenzione primaria è ri-volta alla persona, se la promozione della persona è integrale, in tutte le sue dimensioni, inclusa quella spirituale; se non viene tra-scurato nessuno; se si è capaci di passare da una cultura dello scarto a una cultura dell’incontro e dell’accoglienza. La realtà delle migrazioni chiede di essere affrontata e gestita in modo nuovo, equo ed efficace. È importante la collaborazione ai vari livelli, con l’adozione corale degli strumenti normativi che tu-telino e promuovano la persona. Nessun Paese può affrontare da solo le difficoltà connesse a questo fenomeno. È importante poi sot-tolineare come questa collaborazione inizi già con lo sforzo che ogni Paese dovrebbe fare per creare migliori condizioni economiche e sociali in patria. Infine vi è un terzo elemento che vorrei evidenziare nel cammino di costruzione di un mondo migliore, ed è quello del superamento di pregiudizi e precomprensioni nel considerare le migrazioni. In que-sto, è necessario un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti; il passaggio da un atteggiamento di dife-sa e di paura ad un atteggiamento che abbia alla base la “cultura dell’incontro”, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fra-terno, un mondo migliore. Anche i mezzi di comunicazione sono chiamati ad entrare in questa “conversione di atteggiamenti” e a fa-vorire questo cambio di comportamento. Penso a come anche la Santa Famiglia di Nazareth abbia vissuto l’esperienza del rifiuto e della fuga all’inizio del suo cammino. Il cuo-re materno di Maria e il cuore premuroso di Giuseppe hanno con-servato sempre la fiducia che Dio mai abbandona. Per la loro inter-cessione, sia sempre salda nel cuore del migrante e del rifugiato questa stessa certezza. La Chiesa è chiamata ad essere il Popolo di Dio che abbraccia tutti i popoli, e porta a tutti i popoli l’annuncio del Vangelo! Si tratta, allo-ra, di vedere nel migrante e nel rifugiato un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare. Le migrazioni possono far nasce-re possibilità di nuova evangelizzazione. Cari migranti e rifugiati! Non perdete la speranza che anche a voi sia riservato un futuro più sicuro, che sui vostri sentieri possiate in-contrare una mano tesa, che vi sia dato di sperimentare la solidarie-tà fraterna e il calore dell’amicizia! FRANCESCO

SAGRA DI SAN PAOLO Sabato 25 ore 7.20 Lodi Mattutine Domenica 26 ore 11 Santa Messa a seguire il pranzo insieme in oratorio. Iscri-zioni presso Adriana (0522511066) oppure Raffaella (3295330123) entro mercoledì 22. prezzi: 10 euro adulti e 5,00 euro bimbi

Settimana per l’unità dei cristiani Ecumenismo: a che punto è il cammino?

di Guido Dotti in “popoli” del gennaio 2014 Due eventi maggiori hanno caratterizzato il panorama ecumenico del 2013: uno ampiamente previsto e preparato, l’altro totalmente inaspettato. Due eventi anche fortemente emblematici di aspetti complementari della costante ricerca dell’unità dei cristiani. L’ultimo in ordine di tempo è stata la X Assemblea generale del Consiglio

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ecumenico delle Chiese (Cec) svoltasi a Busan, in Corea del Sud, nei primi giorni di novembre. La sorpresa invece è arrivata tra febbraio e marzo: le dimissioni di papa Benedetto XVI e l’elezione del gesuita Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro, con il nome di Francesco. L’Assemblea di Busan, avente per tema «Dio della vita, guidaci alla giustizia e alla pace», è l’appuntamento che ogni sette anni riunisce le 345 Chiese che fanno parte del Consiglio ecumenico. Costituisce il momento principe di quello che potremmo chiamare l’«ecumenismo organizzato», la convergenza voluta e costruita giorno dopo giorno nella ricerca del consenso e del superamento di divisioni e incomprensioni a volte plurisecolari. Attorno a questo «tempo forte» dell’ecumenismo come impegno e fatica teologica e spirituale, ruota una molteplicità di dialoghi bilate-rali e multilaterali - che vedono tra i protagonisti anche la Chiesa cattolica, che non fa parte invece del Cec -, di Consigli regionali e nazionali delle Chiese, di commissioni teologiche, di movimenti e di iniziative di solidarietà in cui cristiani di confessioni diverse uniscono i loro sforzi e le loro preghiere per testimoniare con opere di carità la loro comune fede nel Signore risorto. UNA VISIONE COMUNE Il messaggio dell’Assemblea è in realtà un pressante appello a in-traprendere e proseguire un «pellegrinaggio verso la giustizia e la pace», sotto la signoria del Dio della vita e sulle tracce di Gesù Cri-sto. L’augurio dei delegati è anche una chiamata all’impegno fattivo cui nessun cristiano può sentirsi estraneo: «Possano le Chiese es-sere comunità di guarigione e compassione e possa la Buona No-vella essere seminata da noi in modo che la giustizia cresca e la profonda pace di Dio abbracci il mondo». In questo solco di dialogo teologico e di invito a «camminare insie-me», anche la presentazione del nuovo documento di Fede e Costi-tuzione - dipartimento teologico del Cec, al quale in questo caso partecipa anche la Chiesa cattolica -, dedicato a una comune visio-ne ecclesiologica, può davvero innescare un processo di conver-genza ecumenica analogo a quello suscitato nel 1982 dal cosiddet-to «Documento di Lima», intitolato Battesimo, eucaristia, ministero. Sono i frutti più maturi di un dibattito teologico che da decenni si nu-tre del confronto e dell’ascolto dell’altro, ma che ha bisogno di un’accoglienza attiva e cordiale da parte delle singole Chiese per potersi tradurre in una prassi di comunione reale ed evangelica e, di conseguenza, in una testimonianza più credibile. IL VESCOVO DI ROMA Ma la sorpresa maggiore riguarda il fortissimo impatto ecumenico provocato dall’elezione di papa Francesco. E questo non tanto per-ché il cardinal Bergoglio fosse già prima un protagonista del movi-mento ecumenico mondiale, quanto per il suo modo di parlare e di agire fin dai primi istanti successivi all’elezione: il definirsi ripetuta-mente «vescovo di Roma, Chiesa che presiede nella carità» (se-condo un’espressione di sant’Ignazio di Antiochia) ha subito im-messo un afflato ecumenico in un evento di solito considerato atti-nente alla sola Chiesa cattolica. Così, per la prima volta dalla separazione del 1054 tra la Chiesa di Oriente e quella di Occidente, un patriarca ecumenico ha presen-ziato alla Messa di inizio del ministero di un pontefice romano. Il fra-terno incontro tra Francesco e Bartholomeos a Roma è stato pegno e anticipazione di quanto cammino sia possibile percorrere se in-sieme si cerca di tornare alla prassi della Chiesa del primo millennio e a forme rinnovate di esercizio del ministero petrino. Non è in di-scussione il primato del vescovo di Roma, ma le modalità con cui viene vissuto, modalità che nel corso dei secoli sono mutate a più riprese e che già Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint chie-deva di ripensare, anche con l’aiuto dei cristiani di altre confessioni. Una conferma di come il clima ecumenico - da anni definito di «ge-lo» da parte di molti - sia cambiato è venuta sul finire del 2013 dalle

reazioni all’esortazione apostolica Evangelii Gaudium promulgata da papa Francesco a seguito del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Quello che è considerato un vero e proprio documento programma-tico del pontificato, ha ricevuto un’accoglienza attenta e partecipe anche da parte del mondo ortodosso e di quello della Riforma. Il linguaggio e lo stile marcatamente evangelici, la considerazione mostrata nei confronti delle Chiese locali e dei loro documenti teo-logici, l’insistenza sulla dimensione sinodale della Chiesa, la preoccupazione per la «corsa della Parola» nel mondo di oggi, la messa in guardia contro la mondanità che si insinua anche nelle persone e nelle strutture ecclesiali, la sottolineatura dell’opzione preferenziale per i poveri, hanno provocato reazioni positive non certo abituali e scontate da parte degli ambienti non cattolici. pastore luterano Olav Tveit, segretario generale del Cec: «Evangelii Gaudium è un documento che viene incontro alla necessità e ri-chiesta di un rinnovamento della Chiesa a tutti i livelli, richiamando l’urgenza del compito missionario». La consonanza di questo testo «stimolante e invitante» con le riflessioni dell’Assemblea di Busan è tale che il Consiglio ecumenico delle Chiese ha addirittura pro-grammato una giornata specifica di studio sull’esortazione apostoli-ca del Papa, caso più unico che raro nella storia del dialogo ecu-menico. Davvero possiamo dire che il 2013 ci ha mostrato come l’ecumenismo vive sì di confronto teologico, di programmi elaborati e di istanze ufficiali, ma anche e soprattutto di afflato evangelico, di comune ricerca della conversione quotidiana all’unico Signore, di concreta adesione al Vangelo della misericordia, di fedele obbe-dienza alla volontà di Gesù Cristo che tutti i suoi discepoli «siano una cosa sola». MERCOLEDÌ 29 GENNAIO ALLE ORE 21 CHIESA PARROCCHIALE DI PRATOFONTANA. Voi chi dite che io sia Mt 16,15-

Voi chi dite che io sia. È il titolo dato al nuovo recital del gruppo del teatro del nostro OPG. La domanda è quella che Gesù rivolge ai suoi discepoli al termine di un sondaggio che Gesù fa in ordine alla sua identità. Le opinioni sulla sua persona rivelano qualcosa di Lui, ma è quando Gesù chiama in causa personalmente i discepoli che viene rivelato il suo essere il Cristo. Vale a dire che alla persona di Gesù ci si accosta lasciando che coinvolga, riconoscendo che la nostra risposta può cambiare, non la sua vita, ma la nostra. Ricono-scerlo come "Cristo Figlio di Dio" vuol dire lasciare che la mia vita d'ora in poi è quella di un cristiano e di un figlio di Dio. Il recital - e lo fa in modo sapiente - è dare una risposta a questa domanda di Gesù a partire dalla situazione e condizione che vivia-

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mo in OPG. I testi, frutto della preghiera e del servizio della piccola comunità cristiana dell'OPG, esprimono questo. In modo analogico la domanda viene rivolta anche a coloro che vi-vono la spettacolo, da parte dei protagonisti. Il recital, infatti, termi-na proprio con la domanda: "Voi chi dite che io sia?" È evidente che, per quanto ci riguarda è più importante la rispo-sta… A seconda di quella che è la risposta, diciamo di noi, della no-stra vita, del nostro cammino. Sbagliare l'identità di coloro che por-tano i segni della "carne di Cristo" è sbagliare la nostra identità. Per questo il recital è tra le cose migliori viste e udite in 22 anni in cui sono cappellano. Mai come in questa occasione ci si è sentiti coinvolti da coloro ai quali per anni Gesù ha rivolto la domanda:"Voi chi dite che io sia?..." Grazie a tutta la tribù della Monica Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo spettacolo. Nel Signore. don Daniele

Commento al Vangelo di oggi Gesù non pretende la nostra vita, offre la sua Giovanni, vedendo Gesù venirgli incontro, dice: Ecco l'agnello di Dio. Parole diventate così consuete nelle nostre liturgie che quasi non sentiamo più il loro significato. Un agnello non può fare paura, non ha nessun potere, è inerme, rappresenta il Dio mite e umile (se ti incute paura, stai sicuro che non è il Dio vero). Ecco l'agnello che toglie il peccato del mondo, che rende più vera la vita di tutti attraverso lo scandalo della mitezza. Gesù-agnello, identificato con l'animale dei sacrifici, introduce qual-cosa che capovolge e rivoluziona il volto di Dio: il Signore non chie-de più sacrifici all'uomo, ma sacrifica se stesso; non pretende la tua vita, offre la sua; non spezza nessuno, spezza se stesso; non pren-de niente, dona tutto. Facciamo attenzione al volto di Dio che ci portiamo nel cuore: è come uno specchio, e guardandolo capiamo qual è il nostro volto. Questo specchio va ripulito ogni giorno, alla luce della vita di Gesù. Perché se ci sbagliamo su Dio, poi ci sbagliamo su tutto, sulla vita e sulla morte, sul bene e sul male, sulla storia e su noi stessi. Ecco l'agnello che toglie il peccato del mondo. Non «i peccati», al plurale, ma «il peccato» al singolare; non i singoli atti sbagliati che continueranno a ferirci, ma una condizione, una struttura profonda della cultura umana, fatta di violenza e di accecamento, una logica distruttiva, di morte. In una parola, il disamore. Che ci minaccia tutti, che è assenza di amore, incapacità di amare bene, chiusure, fratture, vite spente. Gesù, che sapeva amare come nessuno, è il guaritore del disamore. Egli conclude la parabola del Buon Samaritano con parole di luce: fai questo e avrai la vita. Vuoi vivere davvero? Produci amore. Immettilo nel mondo, fallo scorre-re... E diventerai anche tu un guaritore del disamore. Noi, i discepoli, siamo coloro che seguono l'agnello (Ap 14,4). Se questo seguire lo intendiamo in un'ottica sacrificale, il cristianesimo diventa immolazione, diminuzione, sofferenza. Ma se capiamo che la vera imitazione di Gesù è amare quelli che lui amava, desiderare ciò che lui desiderava, rifiutare ciò che lui rifiutava, toccare quelli che lui toccava e come lui li toccava, con la sua delicatezza, con-cretezza, amorevolezza, e non avere paura, e non fare paura, e li-berare dalla paura, allora sì lo seguiamo davvero, impegnati con lui a togliere via il peccato del mondo, a togliere respiro e terreno al male, ad opporci alla logica sbagliata del mondo, a guarirlo dal di-samore che lo intristisce. Ecco vi mando come agnelli... vi mando a togliere, con mitezza, il male: braccia aperte donate da Dio al mondo, braccia di un Dio agnello, inerme eppure più forte di ogni Erode.

Migrantes (Cei): «Via la Bossi-Fini» E anche l'Europa riveda le sue leggi di Luca Kocci «Occorre cambiare subito la Bossi-Fini: non si può andare avanti così». Monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della fondazione Migrantes – organismo della Confe-renza episcopale italiana che si occupa di immigrazione –, è peren-torio: la legge non funziona, va modificata. E non solo la Bossi-Fini, ma secondo il vescovo è l‟intera normativa europea in tema di im-migrazione ad essere inadeguata: «Lampedusa – isola che fa parte della "sua" diocesi – è il confine dell'Europa, oltre che dell'Italia, e a Lampedusa si vive la contraddizione di persone e famiglie aperte al-la solidarietà e all'accoglienza in uno Stato e in un'Europa che inve-ce chiudono le porte». Ieri, in occasione della conferenza stampa di presentazione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si celebrerà do-menica prossima in tutte le parrocchie e in piazza San Pietro con il messaggio di papa Francesco («Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore»), i responsabili del settore immigrazione della Cei hanno rivolto un severo monito alla politica, sia italiana che europea, inca-pace di affrontare la questione se non in termini di sicurezza e di di-fesa dei "sacri confini". «Non si può affermare che l‟immigrazione è una priorità e poi ne-garlo nei fatti, nei procedimenti e nei processi politici, per questioni di interessi o per una mediazione che si raggiunge mai», ha detto monsignor Giancarlo Perego, direttore della Migrantes. «Bisogna cambiare subito la legislazione europea e italiana e decidere di in-vestire più in integrazione che in sicurezza». Oggi invece si spende la maggior parte delle risorse per i Cie e i respingimenti e per «l‟integrazione - continua - restano le briciole». Per Perego, favorire l‟integrazione significa investire in «servizi sanitari» e «scuola», ov-vero «i luoghi nei quali si costruisce sicurezza sociale». La causa? Anche la crisi. Ma è un alibi, anzi una scusa, aggiunge il direttore della Migrantes: «Ci si nasconde dietro alla crisi per dimi-nuire la qualità della nostra democrazia. Basti pensare semplice-mente a come ci sia stata una caduta della tutela dei diritti dei lavo-ratori. I sette operai cinesi arsi vivi nell‟azienda tessile di Prato ne sono una testimonianza, gli sfruttati delle campagne dal nord al sud Italia o nella cantieristica ne sono un segno. La crisi sia letta anche guardando all‟immigrazione, solo così se ne può uscire». I numeri ricordati dalla Fondazione Migrantes sono eloquenti: in Ita-lia 1 lavoratore su 10 è un immigrato; i lavoratori immigrati «sotto-inquadrati» sono il 61% contro il 17% dell‟Europa, ovviamente sen-za tener conto di quelli in nero; le retribuzioni degli immigrati sono inferiori a quella degli italiani del 24,2%; 100mila infortuni sul lavoro denunciati riguardano lavoratori immigrati, con una percentuale doppia e talora tripla rispetto a quella degli italiani, senza contare i cosiddetti «infortuni invisibili»; nelle scuole italiane ci sono 800 mila studenti stranieri, il 47% dei quali di seconda generazione; i matri-moni misti hanno raggiunto quota 400mila, con un incremento di 24mila ogni anno. «La politica deve avere coraggio», aggiunge monsignor Montenegro. «Nessuno può fermare il vento e la storia. Non si può pensare improvvisamente di chiudere le porte. Perché la storia e la geografia ci dicono che quelle persone hanno bisogno di vivere e di sopravvivere. La politica deve prenderne atto e smettere di affrontare questo fatto semplicemente come una emergenza»

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CALENDARIO LITURGICO Liturgie nella Chiesa della SANTA CROCE Liturgie nella Chiesa di SAN PAOLO

Sabato 18 Gennaio Santa Beatrice e santa Prisca

Ore 17.30 Adorazione Eucaristica Ore 18.30 S. Messa: intenzione:

defunti delle famiglie Sassi Mattioli

Domenica 19 Gennaio II Dom. del T. Ord. (anno A) II settimana del salterio

Ore 8.30 S. Messa: intenzione: defunti Anna ed Ercole

Ore 10.00 S. Messa: intenzione: defunta Dido

Ore 11.30 S. Messa: intenzioni: defunti Giuseppe e Dina

Lunedì 20 Gennaio San Fabiano, san Sebastiano

Ore 18.45 S. Messa (ricordo del battesimo di don Gianni Bigi)

Ore 18.45 Liturgia della Parola e Comunione Eucaristica

Martedì 21 Gennaio Sant’Agnese

Ore 18.45 Liturgia della Parola e Comunione Eucaristica

Ore 18.45 S. Messa: intenzione: defunti Arnoldo e Cleonice

Mercoledì 22 Gennaio San Vincenzo Ore 18.45 S. Messa Ore 18.45

Liturgia della Parola e Comunione Eucaristica Giovedì 23 Gennaio Santa Emerenziana

Ore 18.45 Liturgia della Parola e Comunione Eucaristica Ore 18.45 S. Messa

Venerdì 24 Gennaio San Francesco di Sales

Ore 10.15 S. Messa presso il Centro Diurno STELLA POLARE

in Via Accursio da Reggio

Ore 18.45 Liturgia della Parola e Comunione Eucaristica

Sabato 25 Gennaio Conversione di san Paolo

Ore 7.20 VESPRI Ore 17.30 Adorazione Eucaristica Ore 18.30 S. Messa: intenzione:

Anime del Purgatorio Domenica 26 Gennaio III Domenica del Tempo Ord. III settimana del salterio

Ore 8.30 S. Messa: intenzione: defunti Giacomo e Ida

Ore 11.00 S. Messa: intenzione: defunti delle famiglie Foroni, Magnani e Iori

DIARIO DELL’UNITÁ PASTORALE

Domenica 19 Gennaio

Ore 17.30 in ORATORIO: INCONTRO PER LE COPPIE DI SPOSI

Lavoreremo sulle domande che il papa ha formulato sulla famiglia

Lunedì 20 Gennaio

Ore 21 in San Paolo e in Santa Croce

ASCOLTIAMO LE LETTURE DI DOMENICA PROSSIMA

Giovedì 24 Gennaio

Ore 21 in Santa Croce: Incontro dei ragazzi delle superiori

Domenica 26 Gennaio

Sagra di San Paolo: ore 11 Messa con la presentazione dei ragazzi che riceve-

ranno il sacramento della Cresima; ore 13 Pranzo

Mostra sul nostro quartiere l‟Atelier Bligny, in via Bligny n. 52 la seconda “mostra diffusa” – dal titolo: “Villa Cougnet: 10 anni di democra-zia underground” - organizzata dalla Circoscrizione Nordest e dal Centro Documentazione Storica di Villa Cougnet. Perché “underground”? Il filo narrativo della mostra ruota in-torno alla memoria “sotto traccia” delle Reggiane, una memo-ria che abita diffusamente nei quartieri della città e nei paesi della provincia ma ancora non trova il necessario riconosci-mento in quanto patrimonio culturale. Una selezione di scatti fotografici ripercorre alcuni “poli” di memoria nella vicenda industriale di quella che fu la più gran-de fabbrica meccanica dell‟Emilia: la nuova geografia urbana disegnata nel corso del „900 a “nord della città” (le case del “Cairo”, il Dopolavoro di via Agosti); la produzione ferroviaria e aeronautica; immagini del disastroso bombardamento del 7 e

8 gennaio 1944; il lunghissimo anno di occupazione della fabbrica tra il 1950 e il 1951; la successiva produzione bellica intrapresa con le “Nuo-ve Reggiane” nell‟ambito dei programmi di riarmo NATO. La mostra comprende inoltre alcuni oggetti e materiali a stampa d‟epoca, nonché una bandiera d‟eccezione: il vessillo del Consiglio di fabbrica delle “Reggiane” nel corso dell‟occupazione. Per l‟occasione verranno proiettati il docufilm “Reggiane Underground”, curato da Daniele Castagnetti e Antonio Canovi, e l‟inedito “Enaigger” by Nico Guidetti, una testimonianza preziosa di quello che fino al 2011 era l‟archivio storico delle Reggiane nel suo sito originario, per l‟appunto “underground”, sotto la palazzina a forma di “M” (come Mussolini) delle “Reggiane”.

L‟allestimento rimarrà visitabile sino a venerdì 24 gennaio 2014. Per visite guidate è possibile prenotare presso gli uffici della Circoscri-zione (0522.58.55.96) o accordarsi con il Centro di Documentazione Storica di Villa Cougnet (339.339.99.16).

TUTTI I Mercoledì in Santa Croce dalle 18,00 alle 18,45 e TUTTI i Sabati in San Paolo dalle 17,00 alle 18,30 don Davide e don Giordano sono di-sponibili per CONFESSARE o per CHIACCHIERARE. Rimangono disponibili, previo appuntamento, in altri momenti. Don DAVIDE tel.0522-511374

cel. 331 2777771 e-mail [email protected] Don GIORDANO tel.0522-920144 cel. 3406735040 e-mail [email protected]

Settimanale delle comunità cristiane (in unita pastorale) di Santa Croce Via Adua,77 Tel.0522-511374-920144 e San Paolo V.le Regina Margherita,17 Tel.0522-516876. Ciclostilato in proprio, ad uso interno. e-mail: [email protected][email protected] - [email protected]