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Il TOPAKLI. CAMPAGNA DI SCAVO 1970 Relazione preliminare di LUIGI POLACCO La campagna 1970 per lo scavo dello hiiyiik. di Topakli l si è svolta dal 5 luglio al 21 agosto. Ad essa hanno preso parte: prof. Luigi Polacco, direttore; dotto Elena Di Filippo e Guido Rosada, assistenti; sig. Giuseppe Penello, tecnico restauratore e disegnatore; sig. Severino Ton, addetto al personale. Commissario per l'Autorità turca il sig. Semsettin Koksal. La mi- nore durata della campagna e la più ristretta composizione della Missione sono dovute a intralci burocratici e ritardi nell'emissione dei fondi, che all'ul- timo momento hanno costretto alla formulazione di un ridotto piano di emer- genza; d'altra parte il calendario degli impegni accademici e scientifici non permetteva di svolgere la campagna di Topakli se non nel periodo già stabi- lito. Tanto più che la scelta del periodo è ormai decisamente orientata verso i mesi estivi: anche nell'estate 1970 il clima di Topakli si è confermato, se non proprio ameno, tuttavia temperato, a parte il vento che, sollevando soprattutto in alcuni giorni violentissime nubi di polvere, è sempre fastidioso. Comunque, come tosto risulterà in dettaglio, si è cercato di compensare la minore mole del lavoro di scavo con un maggiore impegno individuale e forse questa pausa di riflessioni e di ripensamenti alla fine credo debba con- siderarsi essere stata largamente positiva. Si è anzitutto potuto procedere ad un riordino e ad una revisione del materiale finora scavato e dare così avvio a due studi specifici, uno relativo al martyrion paleocristiano l'altro alla cera- l Topakli 1967 Kazisi in «Tiirk Ark. Derg.» XV,I 1967, p. 177 88.; Topakli. Prima campagna di scavo 1967. Notizia preliminare in « SMEA» VIII 1969, p. 76 88.; Topakli. Campaign 01 Excavation 1968 in « Tiirk Ark. Derg. » XVII 1969, p. 165 88.; Topakli. Cam- pagna di scavo 1968. Relazione preliminare in « SMEA» X 1969, p. 54 88.; Topakli. Cam- pagna di scavo 1969. Relazione preliminare in « SMEA» XI 1970, p. 17088. Le relazioni in « SMEA» 8ono qui di 8eguito citate in abbreviazione: Topakli 1967 ecc.

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Il

TOPAKLI. CAMPAGNA DI SCAVO 1970

Relazione preliminare di LUIGI POLACCO

La campagna 1970 per lo scavo dello hiiyiik. di Topakli l si è svolta dal 5 luglio al 21 agosto. Ad essa hanno preso parte: prof. Luigi Polacco, direttore; dotto Elena Di Filippo e Guido Rosada, assistenti; sig. Giuseppe Penello, tecnico restauratore e disegnatore; sig. Severino Ton, addetto al personale. Commissario per l'Autorità turca il sig. Semsettin Koksal. La mi­nore durata della campagna e la più ristretta composizione della Missione sono dovute a intralci burocratici e ritardi nell'emissione dei fondi, che all'ul­timo momento hanno costretto alla formulazione di un ridotto piano di emer­genza; d'altra parte il calendario degli impegni accademici e scientifici non permetteva di svolgere la campagna di Topakli se non nel periodo già stabi­lito. Tanto più che la scelta del periodo è ormai decisamente orientata verso i mesi estivi: anche nell'estate 1970 il clima di Topakli si è confermato, se non proprio ameno, tuttavia temperato, a parte il vento che, sollevando soprattutto in alcuni giorni violentissime nubi di polvere, è sempre fastidioso .

Comunque, come tosto risulterà in dettaglio, si è cercato di compensare la minore mole del lavoro di scavo con un maggiore impegno individuale e forse questa pausa di riflessioni e di ripensamenti alla fine credo debba con­siderarsi essere stata largamente positiva. Si è anzitutto potuto procedere ad un riordino e ad una revisione del materiale finora scavato e dare così avvio a due studi specifici, uno relativo al martyrion paleocristiano l'altro alla cera-

l Topakli 1967 Kazisi in «Tiirk Ark. Derg.» XV,I 1967, p. 177 88.; Topakli. Prima campagna di scavo 1967. Notizia preliminare in « SMEA» VIII 1969, p. 76 88.; Topakli. Campaign 01 Excavation 1968 in « Tiirk Ark. Derg. » XVII 1969, p. 165 88.; Topakli. Cam­pagna di scavo 1968. Relazione preliminare in « SMEA» X 1969, p. 54 88.; Topakli. Cam­pagna di scavo 1969. Relazione preliminare in « SMEA» XI 1970, p. 17088. Le relazioni in « SMEA» 8ono qui di 8eguito citate in abbreviazione: Topakli 1967 ecc.

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mica ellenistica: due temi importanti che nello scavo di Topakli trovano materia nuova e ben definita e costituiranno oggetto di prossime relazioni particolari. Sia con il riesame delle strutture edilizie finora emerse ai vari livelli di scavo sia con analoghe indagini da me ripetutamente compiute nei colli che circondano Topakli, ho quindi potuto cominciare a formulare un rapporto di massima sui materiali lapidei e le tecniche costruttive usate nei diversi livelli. Il materiale lapideo da costruzione è in prevalenza di origine sedimentaria ma anche vulcanica e in massima parte proviene da cave vicine, alcune sfruttate ancora oggi. Si distinguono delle pietre tufaçee te­nere e assai porose, di colore bianco o grigio, da altre più pesanti e com­patte, di colore verdastro o rossastro con sfumature che arrivano al giallò o all'azzurro; quindi marmi bianchi, a grana media o grossa, e marmi colorati, su una base fondamentalmente grigia e ricca di venature bianche, rosse, verdi, azzurre, viola. C'è anche un marmo rosso, micaceo, con forti venature dal grigio al viola. Questi marmi, soprattutto i colorati, non sono molto com­patti ma si scagliano con relativa facilità e contengono molte impurità. Ciò spiega" il loro esclusivo impiego ad uso di fondazione nella forma di schegge promiscue. Ancora oggi nei dintorni di Topakli questo materiale si reperisce facilmente in superficie. Infine la lava è raramente usata come materiale edilizio ma frequentemente negli instrumenta (frantoi); essa certo proviene da più lontano, forse dalle pendici dell'Erciyes. Mentre la pietra tufacea tenera, citata per prima, è pressoché l'unico materiale lapideo rinve­nuto nel livello A ed è ancora ben presente nel B, è invece pressoché igno­rata nei livelli sottostanti. Né finora sembra in questi essersi riscontrata una prevalenza nell'uso di un tipo di materiale rispetto ad un altro; il che si spiega ricordando che questo materiale lapideo era usato solo nelle fonda­zioni e per qualche filare basso di livellamento.

Più interessante e puntuale l'indagine che si è potuto tracciare sulle tecniche murarie. Si sono distinti cinque tipi:

a: a spinapesce (fig. 1), tipica dei livelli bizantini (A-B); b, c, d: a scaglie, a lastre squadrate, a blocchi rozzi, dei livelli C-D

(figg. 1-2); . e: a "blocchi di dimensioni maggiori e sommariamente squadrati, dal li­

vello D in poi (fig. 3). Soprattutto nei livelli G e inferiori le murature sembrano acquistare uria

maggiore solidità, essendo composte di paramenti esterni più massicci e con­nessi (sia pure in termini di relatività, entro cioè l'orizzonte di un'architettura di villaggio anatolico) e di un accurato riempimento interno fatto con piccole pietre e fango. E' inutile dire che a scavo ultimato questi temi saranno glo­balmente ripresi da specialisti: giova però, credo, averli già ora potuti avviare verso un discorso di dati concreti ancorché parziali e provvisori.

L'indagine sulle cave, che ci ha indotto a esplorare i dintorni di Topakli per un raggio di una decina di chilometri, e il rinvenimento di alcuni colos-

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Topakli. Campagna di scavo 1970 29

sali pithoi (figg. 4-5) effettuato casualmente entro il Vlcmo villaggio di çali~ (circa 3 km. a E di Topakli) da alcuni operai addetti alla stesura di cavi elettrici, ci hanno offerto lo spunto per alcune deduzioni che, sia pure con ovvie riserve, ci sono sembrate di grandissima importanza. Il giorno 30 luglio il sig. Katip Bekir, vicemuhtar di çali~, venne a Topakli ad informarci che durante lo scavo di una fossa per l'impianto di un traliccio, proprio dentro il paese, erano venuti alla luce intatti tre enormi vasi. Mi recai sul posto, assieme al commissario' turco, Semsettin Koksal: veramente belli, tre pithoi di forma ovoidale, a decorazione cordonata, di età romana, almeno a giudicare dai mascheroni applicati sulle spalle di uno di essi. çali~ è un vil­laggio di un migliaio di anime, adagiato in una valletta che scende longitu­dinalmente dall'Ismail Zirvesi. Non appaiono hiiyiik nel sito né negli imme­diati dintorni. Tuttavia la presenza dei pithoi è sufficiente indice di una presenza di vita sociale, non forse un abitato ma almeno una fattoria. La val­letta è irrigua e ben esposta, ancora oggi intensamente e accuratamente lavo­rata a orti e vigneti. Due volonterosi del posto, dissodando ulteriormente alla nostra presenza la fossa anzidetta, rinvenivano in frammenti un quarto pithos, di dimensioni ancor più colossali. I tre pithoi integri furono portati presso la casa del muhtar (in attesa di essere prelevati e introdotti nel museo di Nev~ehir, di ciò tosto debitamente avvertito), il quarto, in frammenti, fu portato presso la nostra Missione per essere prima ricomposto.

La nostra visita a çali~ fu però occasione per una scoperta a mio avviso ancora più importante, cidè una epigrafe romana (fig. 6) conservata presso la casa di K. Bekir, che qui trascrivo 2:

1 IMPERATOR CAESAR CAIVS IVLIVS VERVS MAXIMINVS

5 PIVS FELIX INVI CTVS AVG ET CA IVS IVLIVS VER VS MAXIMVS NO BILISSIMVS CAE

lO SAR VIAS E PONTE VETVSTATE CVN LAPSAS A SASRE~ [ENJJ;: VER ...

2 Mentre la lettura delle linee 1-11 è certa, qualche dubbio rimane per la linea 12, dove forse in luogo di SASRiES potrebbe anche leggersi SASREV. La linea 13 è fortemente guasta, ma si spera di poterne dare in seguito una atten.dibile lettura. L'epigrafe si trova su un cippo, a sezione ovale, fortemente rastremato, in marmo chiaro a grana fine con forti

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Questa epigrafe, assieme ad altro materiale (stele funerarie marmoree con iscrizioni greco-romane, vari oggetti fittili) che ci fu mostrato, non pro­veniva però da çali~, ma da Bel-kuyu, una località situata circa lO km. a nord. Qui ci recammo, K. Bekir, S. Koksal ed io, il giorno 11 agosto.

Bel-kuyu è una piccola e riparata conca entro la catena del modesto rilievo che separa il territorio di Topakli da quello di Kalaba (fig. 7). Dista in linea d'aria una decina di chilometri tanto da çali~, verso S, quanto da Topakli, verso W. Una pista carrozzabile porta a Bel-kuyu da çali~, ma la conca è aperta soprattutto verso NW, in direzione di Kosakli, a cui conduce un' altra pista (da noi però non percorsa). Il rilievo si fa più erto verso Kalaba; una terza pista vi si dirige valicando un piccolo e agevole passo. La cresta del rilievo tutto all'intorno è punteggiata di una ventina di piccoli tumuli. La conca è oggi del tutto inabitata; il suo fondo è coltivato a grano (vengono a lavorarvi i contadini appunto di çali~), i pendii invece sono step­posi, con vasti e compatti lastroni di pietra nuda. Non nella conca ma imme­diatamente intorno, tanto a \V/ quanto a S e ad E, ci sono delle cave. Nel fondo della conca è ben visibile la traccia di una città: la diatonia nelle colti­vazioni di cereali, tracce di strutture murarie affioranti, lunghi corridoi liberi (strade? ), vaste macchie di pietre di crollo, abbondanza in superficie di cera­mica e anche di elementi marmorei decorati (frammenti di stele funerarie e di motivi architettonici) rivelano la presenza di un notevole insediamento ur­bano, di età sicuramente romana. L'area della città sembra essere stata all'in­circa di 1 kmq. Lì presso, ai margini o forse appena fuori della città, verso E, è un piccolo hiiyiik, alto circa m. 5, di pianta ovale, con gli assi di circa m. 40 x 20. Si rinvengono in superficie cocci di varie epoche, dalla greco­romana al BA. Scavi clandestini sono stati fatti al centro (la terra di riporto Il presso accumulata ha formato un piccolo cocuzzolo) e sul pendio E. Ma non mi è sembrato, almeno in questo primo momento, tanto importante il piccolo hiiyiik quanto la città romana. L'epigrafe conservata a çali~ e sopra riportata ci dice esplicitamente che qui va situato un importante sistema viario. Il ponte è da supporsi sul Kizil Irmak o presso Avanos o piuttosto verso Kayseri. La Sasrasene (o Sasravene) è forse da identificare con le Aquas Aravenas della Tab. Peutingeriana e quindi con la Sarvena di Tolomeo, la cui ubicazione è oggetto di controversia. Il computo delle miglia riportato nella Tab. Peutingeriana potrebbe indurci a identificare qui Sermusa (54 da Mazaca Caesarea, Kayseri, 40 da Aquas Aravenas, Kir~ehir? ,distanze che all'in-

impurità grigiastre, locale. H. m. 0,92; diamo alla base m. 0,42, al colmo m. 0,32. Manca purtroppo la parte inferiore, sotto la linea 13.

* A testo stampato apprendo che nel 1967 l'epigrafe era stata vista e registrata da P. Meriggi, al quale però, da me lo scorso anno informato, sfuggi di avvertirmi del­l'identità del rinvenimento. G. Tibiletti ne ha curato uno studio, purtroppo non ancora pubblicato, che certo integrerà nel modo più esauriente il breve cenno qui dato.

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Topakli. Campagna di scavo 1970 31

circa corrispondono a quelle di Bel-kuyu dalle località attuali anzidette). Ma a prescindere dall'importantissima questione topografica (che ci proponiamo di tornare a discutere in un altro studio a parte), la presenza di questo grosso centro abitato a pochi chilometri da Topak1i ci fa rimeditare su quanto finora emerso a Topak1i e vederne in luce forse diversa i dati archeologici. Si presenta infatti la necessità di dare una spiegazione storica della vicinanza in età romana di una notevole città, come quella che appare dalle rovine di Bel-kuyu, e un cospicuo hiiyiik come quello di Topakli. Senza voler in nessun modo anticipare una soluzione che può solo venire dall'esame comparativo di una serie più larga possibile di dati storici, archeologici, topografici, non posso non ricordare come nei livelli A-G, da noi definiti genericamente elle­nistico-romani, tutti i reperti databili sono o antériori all'era volgare o poste­riori al III sec. d.C. Solo perché « a priori» sembrava impossibile l'assenza di livelli «romani» sotto quelli bizantini e tenuto conto delle persistenze tipologiche e stilistiche nelle ceramiche dall'ellenismo fino alla tarda antichità si è sempre preferito nelle nostre relazioni preliminari parlare di un periodo unitario ellenistico-romano. Ma la presenza, a pochi chilometri di distanza, di una notevole città sicuramente romana ci invita ad avanzare l'ipotesi, tutt'altro che infondata, di un'assenza, nella stratigrafia dello hiiyiik di To­pakli, di livelli tipicamente romani o per lo meno di limitarne in modo dra­stico l'entità 3. Il bollo di anfora e le lucerne ellenistiche trovate già nel livello D 4 possono forse essere ora prese non più soltanto come generico terminus post quem ma come vere e proprie etichette di cronologia assoluta.

Se questa nuova prospettiva dovesse allo studio analitico del materiale avere conferma, potrebbe uscire dallo scavo di Topakli un'importante e nuova classificazione tipologica e cronologica della ceramica ellenistica d'Asia mi­nore. Anche per questo motivo, chiuso lo scavo il 15 agosto, è stato molto utile un viaggio da me compiuto in compagnia del dotto Rosada attraverso molti campi di scavo e musei anatolici, soprattutto della zona centro-orientale.

Anche quest' anno al termine dello scavo furono consegnati al museo di Nev~ehir ventidue vasi venuti alla luce nella campagna appena conclusa, oltre a quindici reperti vari usciti nel 1968 e 1969 e restaurati nel 1970. Già in una sala di quel museo abbiamo visto esposti, tra altri, una ventina di pezzi provenienti dallo hiiyiik di Topakli; ci è stata data assicurazione che nel­l'inverno si sarebbe provveduto ad allestire una sala con materiale di Topak1i; lo stesso commissario Koksal avrebbe provveduto al suo ordinamento.

Ma veniamo allo scavo.

3 Anche i rinvenimenti dei pithoi nella campagna circostante ci possono portare a raf­figurare un ambiente di vita agricola molto sparso. Debbo ricordare (poiché finora non è stato mai fatto) che nel 1967, durante la costruzione di una stazione di rifornimento Mobil poco fuori l'abitato di TopakIi verso E, fu pure rinvenuto un pithos.

4 Topakli 1969.

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Durante il periodo intermedio tra le campagne 1969 e 1970 si sono veri­ficati alcuni gravi danni nella zona di scavo. Anzitutto quelli inevitabili dovuti al gelo invernale (e forse più ancora lo sgelo primaverile), di cui si è potuto quest'anno misurare l'eccezionale forza e incidenza anche su blocchi del peso di qualche quintale (quindi va esclusa ogni eventualità di guasti fortuiti o di giuochi di ragazzi), per esempio il blocco in granito sovrastante della base e in N16 (fig. 8) è stato trovato spostato di circa un metro, prima spinto a scivolo lungo il blocco sotto stante e poi rovesciato di fianco, senza dubbio per l'azione dinamica della coltre di ghiaccio. Non può quindi destare mera­viglia lo stato di sconvolgimento e di sovvertimento in cui di regola si trovano le rovine architettoniche negli hiiyiik dell'altopiano anatolico.

Ma il danno più grave è stato compiuto - almeno a sentire il cu· stode - da alcuni ragazzi del villaggio che hanno spezzato e asportato tutte le aste di livello da noi infisse e lasciate sulle pareti dei vari settori di scavo e tutti i caposaldi di misurazione collocati nel terrazzo superiore ad indicare materialmente sul terreno la suddivisione in quadranti. Inutile aggiungere quanto ci ha disturbati la perdita di questi punti di riferimento sulla cui pre­senza si faceva particolarmente conto per la misurazione delle quote e per i ri­lievi, tanto più non avendo potuto contare quest'anno la Missione sull'opera di un tecnico specialista rilevatore. Infine, a completare il quadro, alcuni uomini venuti, pare, direttamente da Avanos hanno nella primavera scorsa nottetempo asportato quasi completamente non solo gli sbarramenti in filo spinato da noi collocato nei punti di -accesso ai settori di scavo ma tutta la recinzione, sempre in filo spinato, collocata, ancora anni or sono, dall'autorità turca per isolare alla base dello hiiyiik la zona demaniale.

Lo scavo della FD ( fossa diacronica), giunto nel 1969 a quota - m. 9,00, aveva lasciato due problemi in sospeso. La presenza dell'edi­ficio tardo romano proprio sullo sbocco della FD verso il pendio NE poneva il dilemma di far deviare la FD a N o di sacrificare parte dell'edificio stesso. Inoltre da quota - m. 6,00 a quota - m. 9,00 si era proceduto in un' area molto ristretta (m. 8 x 4 ). Il programma per il 197 O prevedeva di aprire tutta la FD verso l'esterno e portare anche tutto il restante tratto estremo fino alla stessa quota di almeno - m. 9,00. Ciò permetteva un'ulte­riore verifica dei livelli A-G e una documentazione più estesa dei livelli H-M. Cosi, aperta completamente la FD a valle, si sarebbero poste finalmente le premesse per un agevole e più celere svolgimento dei successivi scavi sotto la quota - m. 9,00 senza il grave problema del deflusso all'esterno della terra di scavo, avendo questa ormai sulla fronte a valle della FD via libera per essere scaricata direttamente all'esterno e in basso a N o a S della FD (fig. 9).

Cosl come il terrazzo superiore dello hiiyiik è in lieve pendenza verso l'esterno (salvo qua e là risalire leggermente presso il ciglio), un'analoga inclinazione presenta anche la stratigrafia s. Quindi i valori negativi in uno

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V. III

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TAV. IV

1. Topakli. Tecniche murarie, tipo a e c.

2. Topakli. Tecniche murarie, tipo b e c.

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TAV. V

3. Topakli. Tecniche murarie, tipo e.

4. çalis. Pithoi fortuitamente rinvenuti.

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TAV. VI

5. çaMs. Pithos romano con mascheroni, fortuitamente rinvenuto.

6. çalis. Epigrafe da Bel-kuyu.

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TAV. VII

7. Bel-kuyu. Veduta dallo huyuk verso il passo per Kalaba.

8. Topakli. Quadrante N. 16: disgregazione dello scavo 1969 (a d. blocchi ro-vesciati della base e).

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TAV. VIII

9. Topakli. La FD vista dall'alto alla fine dello scavo 1971.

10. Topakli. FD, livelli C-D, brocca.

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TAV. IX

11. Topakli. FD, livelli C-D, frammento iscritto.

12. Topakli. FD, livelli E-F (in alto i livelli dell'edificio tardoromano e del mar­tyrium) .

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14.

TAV. X

13. Topakli. FD, livello E, vaso dipinto.

Topakli. FD, livello F, coppa a profilo rigido.

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TAV. XI

15. Topakli. FD, livello G.

16. Topakli. FD, livello G, piattaforma di lavoro.

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TAV. XII

17. Topakli. FU, livello G, ciotola carenata.

18. Topakli. F,O ,I,ivello H, piatto a vernice bruna.

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TAV. XIV

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21. Topakli. FD, livello l, ciotola carenata con omphalos.

22. Topakli. FD, livello L, zone a, b, c.

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TAV. XV

23. Topakli. FD, livello 'l, zona lastricata in G 13 SW.

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stesso livello sono ovviamente diversi e via via aumentano quanto più ci si avvicina alla periferia. I valori, che sono da noi assunti a titolo di indice dei vari livelli, sono quest'anno quelli calcolati sulla parete N all'incirca-in corri­spondenza dell'incrocio dei quadranti HG 12-13. Poiché il p.c. (piano di campagna) è qui a-m. 2,50, possiamo _ dire che lo scavo 1970 ha inve­stito la FD per uno spessore massimo di m. 6,50 e per una lunghezza mas­sima (cioè calcolata a quota -m. 9,00) di m. 24,50.

Dirò anzitutto, e me ne assumo la responsabilità, che abbiamo deciso di sacrificare la parte dell'edificio tardoromano insistente sulla FD. Pur consa­pevoli, come si è detto, dell'interesse che quell'edificio presentava, il conser­varlo significava far fare alla FD un gomito lungo i quadranti H 12-13 e G 12. L'aumento di lavoro che ciò comportava (e per livelli già abbondantemente conosciuti), la difficoltà di definire con esattezza i quadranti, privati come eravamo stati dei caposaldi di misurazione, l'aspetto sgradevole e la scomodità di una trincea a gomito, la sfiducia, largamente ormai fondata sull'esperienza;di poter validamente conservare contro la violenza del clima anatolico una strut­tura a sacco e per di più con paramenti a secco, il fatto che l'edificio era stato tutto largamente rilevato e fotografato e di esso comunque circa tre quinti continuavano a restare intoccati al di fuori della FD, sufficiente e valido testi­mone di un tipo architettonico e di una fase culturale, tutto ciò ci è sembrato motivo più che fondato per preferire di mantenere alla FD il suo originario impianto.

Lo scavo, come si è detto, ha interessato la parte terminale della FD, per portarla da circa quota - m. 3,70 (quota media dei pavimenti dell'edi­ficio tardoromano) fino a quota - m. 9,00, cioè la profondità massima finora raggiunta dalla FD. Si è pertanto ricontrollata la successione dei livelli da C a M, rilevando la continuità delle strutture architettoniche fino al ciglio dello hiiyiik, la loro morfologia e successione. Notevolmente arricchita è stata la documentazione dei reperti, alcuni datati o databili con sufficiente approssimazione. Nel complesso si è confermato - ' sia in senso verticale, della cronologia, sia in senso orizzontale, della cultura - il quadro emerso nello scavo 1969.

Livelli C-D: - m. 3,70-4,20. Nessuna struttura architettonica. La stra­tificazione sembra unitaria, con alternanze occasionali e confuse di strati (kerpiç disfatti, terriccio di riporto, veli cenerini). Nei periodi relativi a questo livello l'insediamento sembra essere stato limitato all'area centro­occidentale dello hiiyiik con uniforme coerenza di reperti, tra i quali emerge

5 I termini livello e strato sono da noi usati con significati ben distinti. Livello si rife­risce ad un preciso organismo architettonico e quindi è in esso implicito il riferimento ad un momento culturale. Strato è una semplice variazione del terreno, dovuta a qualsiasi causa. Pertanto in un livello possono aversi anche più strati né questi sono costanti e omogenei in tutta la estensione del livello a cui appartengono.

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una notevole quantità di frammenti di ceramica c.d. megarese, alcuni di ottima fattura, a decorazione a zone, in cui i motivi, a forte rilievo, sono prevalen­temente vegetali (palmette, foglie lanceolate, motivi « a goccia », ecc.) oppure aquile, anche un symplegma erotico. Altri frammenti invece presentano una decorazione incisa, altri parte incisa e parte impressa, a motivi geometrici. E' molto presente inoltre quella ceramica di tipo comune già trovata in grande quantità nei livelli corrispondenti dell'« acropoli », a superficie glabra, talora dipinta a fasce rosse o brune: piatti, ciotole, vaschette, brocche, pignatte, orci. Altri ancora a vernice rossa o nera, tra cui notevole un frammento di patera ombelicata a palmette incise e una brocchetta (fig. lO). Ci si chiarisce ora, come già detto sopra, la qualificazione culturale di questi livelli come elleni­stici e al più dell'inizio dell'età imperiale. Una conferma precisa ci viene da un coccio, in tre frammenti ricomposti, di un vaso d'uso comune, a impasto fine e chiaro e ingubbiatura gialla bene diluita, che reca inciso ... OY XAPIC (fig. 11). Un coccio eguale, con eguale iscrizione, era uscito da T 16 NE nella campagna 1968, in livello D. E per grafia e per confronto con mate­riale pergameno noto, J. Schafer considera questa formula da ritenersi al più del principio dell'età imperiale 6.

Livello E: _. m. 4,20-4,80 (tav. I sopra e fig. 12). In questo livello le strutture architettoniche arrivano sino al ciglio dello hiiyiik; è quindi l'ultimo periodo di completa estensione dell'insediamento, prima che esso si restrin­gesse verso W. In realtà, da un punto di vista architettonico, esso è stretta­mente legato al livello sottostante F, del quale qui costituisce solo qualche integrazione o rifacimento parziale. Pertanto sulle forme architettoniche ci intratterremo più avanti, parlando di quel livello. Si è notata nella stratifi­cazione corrispondente una grande quantità di frammenti ferrosi e di scorie. Continua un'accentuata percentuale di « megarese » e incisa, ma appare anche UIia ceramica dipinta a motivi geometrici piuttosto esili e generici e a motivi vegetali. Da notare: a) un vaso a collo e bocca stretta (fig. 13), non ansato, in buona parte ricomposto per restauro, di buon impasto, ingubbiatura gial­lina, decorato a fasce brune orizzontali attorno al ventre, a graticola molto stretta nella zona tra il ventre e il piede, a palmette sulla spalla; b) un fram­mento di vaso in argilla grigia, vernice bruna lucida, strette costolature verti­cali a rilievo; cl un aryballos piriforme in argilla chiara. Questi tipi ci portano a buona epoca ellenistica. Non possono certo fare testo in questo livello - come mai rinvenimenti isolati del genere - due monete, una di Costan­tino e una moderna, araba o osmanlica, difficilmente leggibile, perché quasi del tutto consunta e ossidata.

Livello F: - m. 4,85-5,20. Corrono per tutta questa parte terminale della FD alcune lunghe strutture murarie in direzione E. Permane pertanto

6 Hellenistische Keramik aus Pergamon, Berlin 1968, p. 85.

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l'orientamento riscontrato lo scorso anno allo stesso livello; si era allora pen­sato a qualche cortile, ora appare anche un lungo corridoio (tav. I sopra, a), e due grandi basi (tav. I sopra, b-c) segnano forse la fronte di un portico aperto verso il ciglio dello hiiyi.ik. Sembra scomparsa la « megarese » e abbon­dano invece i frammenti dipinti a fasce rosse, a denti di lupo, zig-zag in rosso o bruno, su fondo grigio o giallo. Da notare un punteruolo in osso ben lavorato, con elegante capocchia a profilo rigido (un altro bel punteruolo era stato trovato allo stesso livello lo scorso anno) e un frammento di piatto in marmo verde venato. I profili tendono generalmente al rigido (fig. 14).

Livello G: - m. 5,20-6,10 (tav. I sotto}. Il carattere di livello «cri­tico» intravvisto a questo punto lo scorso anno è decisamente confermato. Si verifica infatti un importante fenomeno, cioè un mutamento di orienta­mento delle strutture architettoniche pe~iferiche rispetto a quelle centrali (fig. 15). I vani 1 e 2 sono disposti radialmente, quasi seguendo :il margine esterno dello hiiyi.ik, mentre quelli più interni sono, come nei livelli sovra­stanti, orientati sui punti cardinali. In un primo momento si era sospettato di trovarci di fronte a strutture di difesa; invece i muri sono di tecnica e dimensioni consuete e danno forma ad ambienti che sembrano chiudere l'abi­tato. Naturalmente non possiamo per il momento dire se il fatto si verifichi o meno -in tutta la periferia; possiamo soltanto proporlo a titolo di ipotesi di lavoro. In realtà sembra di poter individuare anche una particolare destinazione di questi ambienti. Già nel livello F si era posta attenzione alla notevole quan­tità di scorie e frammenti ferrosi r·invenuti. Essi continuano ad apparire, in quantità anche maggiore, in questo livello e inoltre si fanno notare diversi syloi e focolari; proprio quasi sul ciglio poi è apparsa una singolare struttura ovale (fig. 16), costituita da un lastricato circondato da un giro di pietre poste per ritto (diametri m. 1,30 x 1,10). Presso la circonferenza esterna ed entro il lastricato è costruita come una cassetta quadrata con pietre poste per ritto ai lati e due pietre sovrapposte per fondo. Escluso assolutamente si tratti di .una tomba, ci è parso più probabile vedervi il piano di lavoro di qualche artigiano, forse un vasaio. Qualcosa del genere si incontra ancora nei villaggi anatolici. Nei livelli sottostanti di questi ambienti periferici si rinveniranno, come tosto si dirà, spessi depositi di terra refrattaria e tra i reperti compari­ranno alcune forme in gesso e una specie di scodelline di vilissima terraglia con­servanti ancora tracce di terre colorate. Grandi focolari, scorie e syloi si trovarono in T 15-16, cioè all'estremo opposto dello hiiyi.ik, durante la cam­pagna 1968. Forse tutto all'intorno, ai margini dell'abitato, erano collocati i quartieri degli artigiani? La ceramica di G vede scomparsa del tutto la « mega­rese » e la verniciata lucida sia rossa sia nera. Comincia invece a comparire una ceramica a vernice bruna o rossa spatolata, quasi a stralucido. Anche la ceramica dipinta è molto diversa da quella analoga dei livelli superiori (che però non scompare): accanto alle solite larghe fasce o ai denti di lupo, a colore

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rosso molto diluito, si presentano decorazioni molto più ricche e organiche sia nel repertorio, che è più vario, sia nella tecnica, che è più accurata, sia nel colore, che è caldo e vivo. Pur non potendola, direi, chiamare frigia, ne è però un'evidente continuazione. Tipiche ci sembr.ano certe bacinelle a profilo rigido e labbro introverso, con pieduccio e senza. Da notare un'altra forma tipica, il vaso carenato, di cui un esemplare è stato trovato integro dentro la « scatola» della sopradescritta area lastricata ovale (fig. 17).

Livello H: - m. 6,10-6,70 (tav. II sopra). La radialità delle strutture periferiche è presente anche in questo livello . Anche qui un'area pavimentata circolare, molto sconvolta, e, come si è detto, sopra e presso di essa una grande quantità di terra refrattaria. La ceramica è decisamente del tipo a ver­nice bruna o rossa spatolata (fig. 18). Ricordo nuovamente le forme di gesso e le tazzine per i colori. Balza agli occhi la stretta unità dei livelli G e H. Essi sembrano ormai estranei alla cultura materiale dell'età ellenistica ma procedere piuttosto come estrema propaggine di quella frigia.

Livello I: - m. 6,70-7,20 (tav. II sotto e fig. 19). Compaiono a que­sto livello in grande quantità frammenti di ceramica dipinta di tipo nettamente frigio, sia dal punto di vista della forma sia della decorazione. Sono piatti, tazze, vaschette a profili rigidi, con labbro estroverso e distinto dal corpo. Da notare un vasetto carenato, simile a quello uscito in G, ma più basso e proporzio­nato, con omphalòs sul fondo (fig. 21); un altro vasetto piriforme, con fondo forato, collo stretto e bordo dritto, la cui superficie esterna sembra lucidata a stecca. In questo livello si sono rinvenute alcune perle in pasta vitrea, una cote di pietra basaltica verde, un dado da giuoco in osso che, oltre alle cavità indicanti sulle varie facce i numeri, presenta due fori forse per essere usato come ornamento apotropaico. Vengono a~che fuori alcuni piccoli oggetti d'ar­gilla, forse lucerne, a forma trapezoidale, base piatta e bordo verticale ~perto sul lato minore: fanno parte dell'armamentario artigianale già ricordato. A que­sto livello si notano due zone pavimentate rettangolari, rispettivamente di m. 1,80 x 1,40 e m. 2,00 x 1,50, la cui regolarità di forme e la mancanza di relazione con strutture murarie possono far pensare a funzioni analoghe a quelle delle piattaforme circolari nei livelli precedenti {tav. II sotto, a-h).

Livello L: -ID. 7,20-8,00 (tav. III). L'andamento delle strutture sem­bra in questo livello rispondere a criteri diversi che nei livelli superiori, cioè una maggiore uniformità di orientamento. Solo verso ciglio dello hiiyiik si constata la presenza di un muro che ha andamento' subordinato al ciglio stesso. E' troppo presto per parlare di un muro di cinta (che nei livelli supe­riori è sicuramente e costantemente assente); il grave stato di rovina impedisce di valutare esattamente lo spessore. Certo anche la tecnica con cui sono costruiti i muri di questo livello presenta una qualche differenza: si notano strutture di maggiore larghezza, m. 0,80-1,00, e di composizione più solida, dato l'impiego di blocchi più grandi del consueto e più accuratamente squa-

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drati e legati. In H 13 NE ci sono alcune zone (fig. ~2), di forme diverse, cintate di piccole pietre (tav. III, a-h-c). La terra in esse contenuta è fram­mista a cenere e le pietre e i muri vicini sono anneriti dal fuoco. Qui sono stati trovati in situ tre vasi (tav. III, d-e-f), di cui due dozzinali, il terzo invece in argilla chiara, anche se non di eccellente impasto, ricoperto di una vernice lucida gialla e dipinto con motivi vegetali in rosso bruno (fig. 20). Il vaso è del tipo mammellonato con partiture lineari di fantasia . Un'altra struttura degna di nota si trova a E dell'area precedente, in G 13 SW. Qui alcuni blocchi di pietra arenaria, anche di notevoli dimensioni (per es. m. 0,80 x 0,40) sono disposti in ordine accurato in modo da formare lill

angolo fortemente aperto (fig. 23). La superficie a vista è certo quella di NE; altri blocchi disposti invece nell'area interna fanno pensare che tutta o quasi quell'area dovesse essere accuratame.nte e solidamente così pavimentata. Poiché la serie dei blocchi mostra di continuare ancora, entro la parete S della FD, non siamo in grado di dire quale potesse essere stata la forma compiuta di quest'area e tanto meno la sua funzione. Il vaso dipinto prima ricordato può essere avvicinato a quello trovato in E, ma ben più elegante e fantasioso. Molti frammenti di ceramica dipinta del tipo tardo e medio frigio e due gemme (una corniola e una pietra dura di un bel colore verde), di forma ovale, non figu­rate, confermano la distinzione dell'orizzonte culturale espresso da questo livello L.

Livello M: - m. 8,00-9,00 ... Questo livello non è stato ancora definito architettonicamente. Le strutture indicate alla tav. III dovranno essere inte­grate da altre ancora sepolte. I reperti ceramici sono sempre più tipicamente del tardo e medio frigio. Da notare uno strano ciottolo di arenaria grigio­verde di forma ovale (assi m. 0,26 x 0,225), a semisfera (h. 0,137 m.), che reca graffito molto rozzamente una specie di croce, di cui tre bracci sono a punta, il terzo invece è a base dritta. Ancora due cocci con iscrizioni: uno di impasto rossiccio, ingubbiatura giallo-verde, reca un'alpha piuttosto atipica, nell'altro, di impasto e ingubbiatura eguale, si legge ~\)~[ ... ] o anche ~\)~[. .. ] . La grafia del secondo ci porta inequivocabilmente in età arcaica.