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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa nº. 1 del 2012 direttore Ugo Canonici Comunicazione Interactive Marketing Abituarli a gestire lo stress Multimedialità La TV al tempo del web DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3 Comunicazione con i cani Marketing d mc & Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Mensile - 5 Euro Dormirci sopra

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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

nº. 1 del 2012

direttore Ugo Canonici

Comunicazione

Interactive Marketing

Abituarli a gestire lo stress

Multimedialità

La TVal tempo del web

DM & ComunicazioneOrgano d’informazionedel Club C3

Comunicazione con i cani

Marketing

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Italia

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STRATEGIAMarketing

&Comunicazione

CREATIVITA’Grafica - WebPresentazioni Audiovisivi

EVENTI E MEETINGInOutMotivazione

FORMAZIONEFormazione finanziata

GESTIONE FORNITORIGESTIONE AMMINISTRATIVA

CLUB AZIENDALI

UFFICIO STAMPANewsletter

COACHING

CLEIS è una Società di Comunicazione d’impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi aziendali.

Cleis Spa - via Lazzaro Spallanzani 10, 20129 Milano - Tel 02 7422 221 - [email protected] - www.cleis.it

Cosa facciamo:

Fin dal 1998 ha acquisito la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001: 2000

per i sistemi di gestione della qualità nella progettazione ed erogazione di servizi di comunicazione d’impresa

e di servizi di formazione aziendale.

Cleis

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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresadmc&

Le uscite di dm&c

•n.1 febbraio •n.2 aprile •n.3/4 luglio •n.5 ottobre •n.6 dicembre

www.dmconl ine . i tdm&c è anche in tempo rea le

DMil Direct marketing è una strategia di marketing che utilizza la comunicazione per rivolgersi, con strumenti interattivi, a un pubblico mirato onde ottenere risposte misurabili

Marketing tutte la attività che vengono svolte da un’azienda per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca alle indagini di mercato, dal lancio del prodotto alla post-vendita)

Comunicazione D’impresa un processo che utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere efficaciemente al mercato l’offerta e determinante il posizionamente

I lettori di dm&c da un’indagine del Dicembre 2011

A QUALI AZIENDE APPARTENGONO QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA

Utenti di comunicazione 67,2% Titolari, presidenti, 18,5%amministratori

Direzione pubblicità, 28,2%responsabile Rel. Est.

Agenzie di comunicazione 22,4% e meeting planners

Concessionari, editori 2,7%

Commerciali, marketing 48,9%

Associazioni professionali, 6,3%Pubblica Amministrazione

Varie 1,4%

Media 1,5%

Creativi - direttori 1,8%

Varie Aziendali 1,1%

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EDITORIALE

7 Sulla via di Damasco di Ugo Canonici

MARKETING

15 Interactive Marketing di Paolo Carnevale Baraglia - Sabrina Bellodi18 Per vincere il ristagno economico di Axel Lo Guzzo22 La cortesia non è un optional di Barbara Coralli28 L’importanza delle regole di Marco Maglio

PENSIERO LIBERO

54 La goccia erode la montagna di Alessandro Lucchini

LA NOTA

8 Grande, la Vespa Special di Guido Montacchini

COMUNICAZIONE CON I CANi

40 No stress! di Davide Canonici

COMUNICAZIONE

10 La Tv al tempo del Web di Grazia De Benedetti13 Le parole e le cose di Ugo Clima20 Dormirci sopra di Ugo D.Perugini24 “New Internet”e futuro dell’economia di Carlo Cremona28 Agire in conflitto di Manuele De Conte30 Ricordate il Direct marketing? di Bruno Calchera33 Il colore dell’oceano di Maurizio Quarta36 Cervello? Tracce di Pier Giorgio Cozzi

RUBRICHE

42 Fatti & Persone45 Informalibri48 Comunicazione Sociale50 Comunicazione & Benessere52 Club dell’Osso

SommarioAnno 25 - no 1 del 2012

10

42I partner di questo numero:

8

40

pag. 2pag. 55pag. 27

pag. 56

pag. 41

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dmc&Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

Amico lettore, dm&c viene realizzato sia su supporto cartaceo sia su supporto digitale. Se desideri ricevere la Rivista, gratuitamente,

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“I giovani per trovare lavoro devono solo decidere di andare all’estero”.E’ un coro che sale sempre più. Io vorrei dire la mia. Per chi ne vuol parlare

la mia mail è proprio qui sulla destra.Nei giorni scorsi non sono andato a Damasco ma a Londra. Ad un master ho parlato di marketing e comunicazione. Dopo la teoria, un po’ di pratica e mie considerazioni, ho fatto un giro di tavolo con i ragazzi. E naturalmente la lin-gua è andata a battere sul dente indolenzito: il futuro e il lavoro.Dopo uno, due, tre che evidenziavano la necessità di lasciare i patri lidi pensavo che proprio tutti fossero (fossimo?) convinti che non c’era altro da fare. Ma una giovane ha detto “Io penso di tornare a casa. Abito in una terra particolarmente bella e piena di attrattive. Non ci credo che non potrò darmi da fare per trovare un’attività, magari nel turismo o nel congressuale o nella comunicazione, che mi permetta di lavorare con soddisfazione”.Ascoltavo e mi si accendeva una lampadina. Io stesso poco prima avevo invitato a cercare, dove possibile, una attività non consueta, innovativa, in cui buttare spirito imprenditoriale. E lo dicevo convinto, affermando che in questo mondo in cui tutto cambia non si può voler continuare a fare i mestieri di prima. O meglio come li si facevano prima. Se a casa nostra questi mestieri mancano è giusto andarli a cercare (questi stessi mestieri) da altre parti?Allora ho raccontato alla classe un fatto vero.In un paesino meraviglioso, dove la Natura non si è risparmiata nel profondere bellezze e unicità, c’era un fotografo. Ha sbarcato il lunario fino all’avvento del digitale che lo stava relegando in situazioni sempre più complicate. Un certo giorno, casualmente, gli chiedero un servizio fotografico per un matrimonio di due giapponesi che avevano scelto quella splendida terra per sposarsi. Poi capi-tò ancora. E poi furono cinesi, brasiliani, russi.Le cose andavano meglio. Ma il fotografo pensò “Se questi vengono sin qui a sposarsi, forse farebbe comodo loro avere sul posto qualcuno che possa dare di più di un servizio fotografico.” E così divenne “wedding planner” (facendosi aiutare, ovviamente, da chi ne sapeva di più). E vide che funzionava. E miglio-rava. Dopo un po’ si qualificava come “wedding designer”. E adesso mi dicono che stia cercando una definizione del tipo “il poeta dei matrimoni”…Di esempi come questo ce ne sono tanti. Certo bisogna avere gli occhi aperti, os-servare, prepararsi. Avere il coraggio. Fare le cose nuove, quelle più complicate.E magari si scopre che queste cose si possono fare anche a casa.Allora, se si deve scegliere, esaminiamo anche la possibilità di non emigrare.Così ho osato concludere con i ragazzi, con un invito, attraverso una citazione (scusami Steve): stay hungry, stay foolish … (and why not?) stay at home. no11 - 2012 - dm&c 7

Sulla via di Damasco

Ugo Canonici

[email protected]

Editoriale

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Muovendomi quotidianamente nel traffico milanese in motorino ho im-parato, per spirito di sopravvivenza pacifica nella selvaggia giungla urba-na, a leggere il linguaggio delle auto-mobili. E’ incredibile quanto un’automobile sia in grado di comunicare a proposi-to del suo conducente: della sua per-sonalità, del suo stile di guida, delle sue intenzioni, in modo da consenti-re addirittura di anticipare le succes-sive manovre.

Messaggi da decifrare

Marca, modello, anno di immatrico-lazione, a volte anche il colore sono messaggi che opportunamente deci-frati ci aiutano a convivere meglio con il traffico. Facile incominciare dal grande SUV tedesco (le altre marche ricadono sotto diverse tipologie), modello sempre aggiornato, massimo 3 anni, bianco, grigio, nero, rivela indiscu-tibilmente un carattere dominante (automobilisticamente parlando); la precedenza vale solo in base alle dimensioni e non accettano contrad-dittori; non amano intralci nel loro

percorso e tengono una distanza di non più di 5 centimetri dall’auto che precede. Ma con il cofano così imponente riescono veramente a capire dove fi-nisce il loro paraurti e dove inizia il mio posteriore? Meglio non scoprir-lo e lasciarli passare. Lunga station wagon metallizzata, nuova e pulita, conducente in abiti formali: sicuramente auto aziendale con manager alla guida; il tempo è denaro e quindi inizia a lavorare ap-pena sale in macchina.

Stili di guida

Lo stile di guida è a singhiozzo: velo-ce e dinamico appena parte, rallenta leggermente non appena è impegna-to nella prima conversazione telefo-nica, si distrae per inoltrare la e-mail appena ricevuta sul palmare e riparte con sprint appena si libera per qual-che secondo. In questi casi occorre flessibilità e co-gliere l’attimo per allontanarsi. Chi poi è alla guida della piccola city car a 2 posti molto alla moda è uno sportivo; è convinto di essere alla guida di una moto da strada, a volte

-

Guido Montacchini

A guardarla con attenzione l’automobile è un po-tente veicolo di comunicazione che ci fa compren-dere pensieri e comportamenti del suo conducente

L’automobile è un mezzo di trasporto o di comunicazione?

Grande, la Vespa Special!

La Nota

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di una bicicletta da corsa, e quindi si comporta come tale: supera la fila di macchine al semaforo per piazzar-si in prima fila, svolta a destra con il rosso, qualche breve contromano e mai le frecce; attenzione. La golf è una categoria a sé; non c’è differenza di versione, anno, colore ma nemmeno di età, sesso, naziona-lità, estrazione sociale del conducen-te. Chi è alla guida di una golf deve sempre stare davanti. Non vi pre-occupate quando la vedete sparire dallo specchietto retrovisore, non ha svoltato, vi ha superato.

Anche i furgoni

I piccoli furgoni da trasporto, rigoro-samente bianchi, stanno lavorando, loro, e quindi devono passare a tutti costi oppure fermarsi dove preferi-scono. “Sono qui per lavorare, io!” imprecano ad ogni suggerimento di spostarsi che gli venga mosso. Tutti gli altri lì in mezzo all’ingorgo sono venuti invece in vacanza per godersi il panorama?Le utilitarie, italiane ed anche giap-ponesi, mezza età la macchina e mezza età la conducente, colora-te, nonostante il traffico nevrotico mantengono serenità ed equilibrio, si difendono per non farsi sopraffa-re ma non aggrediscono; se concedi loro la dovuta precedenza, ti rispon-dono con un sorriso che aiuterà si-curamente ad incominciare meglio la giornata.

Chi è al volante

Per altre vetture è importante riusci-re a vedere chi è alla guida; il com-portamento dell’auto varia molto in funzione dell’età, del sesso del suo autista e delle attività collatera-li svolte nel frattempo: tipicamente telefonate, sms, trucco, lettura dei quotidiani gratuiti. Il grado di attenzione da tenere, e quindi la distanza di sicurezza, deve adattarsi al grado di distrazione sti-

mato del conducente.Anche il ragazzotto in motorino con gli specchietti retrovisori punta-ti verso il cielo, seduto tutto storto sulla punta della sella con il casco slacciato cerca di segnalarci: “fai at-tenzione, ho la testa tra le nuvole” anche se nel suo linguaggio giova-nile lui vorrebbe dire “Aho, guarda quanto so’ figo”.Anche la politica comunica attraver-so le automobili: il governo Monti pensiona le precedenti lussuose auto blu tedesche per rispolverare le più vecchiotte berline italiane; è questa una delle primissime azioni messe in atto per mostrare attraverso le im-magini amplificate dai media le linee guida del nuovo esecutivo.

Equilibri nei rapporti

In ambito professionale poi è deter-minante l’automobile come primo punto di contatto per meglio defi-nire gli equilibri nei rapporti; nelle grandi organizzazioni l’auto azienda-le è considerata il modo più esplicito ed efficace per affermare la propria posizione nella gerarchia interna, e quindi diventano importanti non solo marca, modello e cilindrata, ma la vera sfida si gioca sugli optional, gli accessori. Le auto sono lì, allineate nel par-cheggio interno, dove tutti possono vedere chi conta davvero.Nel rapporto fornitore-cliente è sem-pre delicato capire quale può esse-re il modo migliore di presentarsi; un’auto piccola e datata potrebbe dare un’immagine di scarsa solidità; meglio forse una macchina di rap-presentanza, recente ed elegante, ma cosa può succedere poi se è più bella di quella del cliente? Un fornitore che si presenta in Ferra-ri potrebbe invece suscitare qualche perplessità, meglio tenerla in garage.Ed io? Preferisco spostarmi con il mio motorino canticchiando: “ma com’è bello andare in giro per i colli bolognesi, con una Vespa Special che ti toglie i problemi”… no1 - 2012 - dm&c 9

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Strumenti e forme di comunicazione si moltiplicano e si connettono, invi-tando la pubblicità a sfruttare nuove opportunità. Dall’Ifa di Berlino 2011 e dall’edi-zione 2012 del CES (Consumer Elec-tronics Show) di Las Vegas, che pro-spetta un video advertising online e interattivo in continuo sviluppo, l’ondata d’innovazione del settore TV manda un messaggio chiaro: se il tablet è stata la mania del 2011, il 2012 è l’anno delle nuove TV, sem-pre più “intelligenti” e connesse in rete.

Web TV Smart TV

Con le nuove tecnologie, la televisio-ne non solo si relaziona col web, ma vi si immerge. Il discorso si fa com-plesso e rivoluzionario. La Web TV utilizza la rete, usufruen-do non solo di tutte le emittenti ma anche di una interconnessione glo-bale, con riproducibilità dei conte-nuti e interazione molto elevate. Per

i costi ridotti e il rapporto diretto coi cittadini, ne fruiscono anche le Isti-tuzioni. Con la Smart TV il concetto è capo-volto. Grazie alla presenza di un chip e d’un sistema operativo interno, i televisori vanno su internet come un normale PC, pescando i contenuti multimediali e porgendoli, su uno schermo più grande, nel salotto di casa. Il pregio è di fornire un acces-so tv personalizzabile e vario: da Fa-cebook a Youtube, dallo shopping a musica, film, videogiochi, chiamate Skype. Un ibrido polivalente e versa-tile, con funzioni aggiuntive, come ingressi di vari tipi, dalla fotocamera al lettore. Strategy Analytics riporta una sti-ma di oltre 400 milioni i dispositivi Smart TV in uso alla fine del 2011 e 1,6 miliardi previsti nel mondo en-tro il 2014. Ma finora, in assenza di uno standard comune tra i produtto-ri di televisori, ognuno ha sviluppato la propria piattaforma di SmartTV, senza un dialogo tra l’una e l’altra.

Grazia De Benedetti

Una comunicazione sempre più multiforme e com-plessa dove Internet, in crescita a due cifre, assume un ruolo determinante tra vecchi e nuovi strumenti

La Tv al tempo del Web

Comunicazione

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La televisione si declina in rete

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In Italia la partenza, meno suppor-tata dai servizi, è più lenta e la no-stra lingua non aiuta, alcune realtà si vanno però consolidando. La pub-blicità deve prepararsi a nuove pos-sibilità.

Minisiti d’approfondimento

Un esempio di come si può declina-re la comunicazione crossmediale sono le campagne di .Fox, network internazionale di pubblicità onli-ne, che offre contenuti televisivi di qualità in rete. -La Tv ci sarà sempre, con un posizionamento strategico anche nelle nuove tecnologie. -af-ferma Francesco Barbarani, Head of .Fox Networks & Digital e una lun-ga esperienza nel mondo internet e new media. -Il contenuto parte dalla Tv, ma ha una forte declinazione in digitale, attraverso l’interazione tra utenti e piattaforme disponibili. Lo chiamiamo “metamedia”, cioè oriz-zontale: i driver sono i contenuti, l’interazione è fondamentale e con i minisiti completiamo l’esperienza dei telespettatori. L’obiettivo è di es-sere sempre più vicini a loro e di in-teragire con i nuovi clienti digitali-.La formula affianca a una serie Tv un approfondimento online che valorizza il brand: progetti caratte-rizzati da formati ad alto impatto e strumenti all’avanguardia, quali skin brandizzata e box nel minisito, video e formati pre-roll nelle pillole della trasmissione.Un successo è stato il programma Sos Tata. Tra le ultime campagne, tutte supportate da un minisito online su FoxLife (canale 114 di Sky), il docu-reality settimanale, Tesoro Salviamo i Ragazzi, dedicato al benessere dei più piccoli, sponsorizzato da Be-To-tal (integratori). -La scelta di Be-total dimostra l’importanza di legare il proprio brand a contenuti di qualità per un target specifico, e conferma il potere del video nel coinvolgere e fidelizzare i consumatori-. commen-ta Barbarani -Il nostro obiettivo è di supportare le aziende nello sviluppo

di strategie di digital advertising, che promuovano in modo efficace marca e prodotti, e di raggiungere gli utenti con alti livelli di intrattenimento, fa-cendo leva su ciò che li appassiona-.

Contenuti e intrattenimento

Interessante l’abbinamento tra Sex Education Show (cosa si sa, non si sa, va saputo sul sesso), andato in onda su FoxLife, e il sito web, sponsorizza-to da Durex (profilattici). Il minisito dava accesso ad estratti, video inedi-ti, backstage e alla community, più la possibilità di interagire nel forum con una psicologa e formati box e leaderboard su Myspace e sui siti di altri canali Fox. -La campagna è un esempio innovativo di comunicazio-ne online legata ai contenuti, uni-sce la dimensione social del forum all’intrattenimento: consumatori e brand si confrontano su argomen-ti che vanno trattati in modo serio e professionale, ma anche con un approccio ironico e giocoso-. spiega Barbarani.

VocabolariettoPreroll : video spot visualizzato prima della fruizione del contenuto scelto dall’utente Postroll: video spot al termine della fruizione del conte-nuto scelto dall’utente Skin: home page dedicata al brand in tutti i suoi aspettiSplash page: pagina promozionale che accoglie l’utente prima di accedere al sito vero e proprioLeaderboard: banner pubblicitario che compare all’a-pertura di ogni nuova sessione

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L’importanza del web

-Le aziende sono attratte dal conte-nuto delle trasmissioni e dalle decli-nazioni possibili, forum, contest, ri-chiami alle puntate, e cominciano a capire l’importanza del web per tutto ciò che nasce in Tv. Un anno di web equivale a sette di un altro mezzo. -continua Francesco Barbarani. -La “generazione del click”, soggetto del futuro, prefigura nuove tecnologie. Dobbiamo capire quale sarà il nostro posizionamento. Strategica per noi è “Flop TV”, la televisione web che va su tutti i device, curata interamente da Fox, compresi i video: in meno di 3 anni ne sono stati visti 15 milioni.

Piace a un target trasversale, specie maschile, fino agli “over 40”. I suoi contenuti umoristici “unconventio-nal” sono d’un certo livello, non per la risata facile. Gli inserzionisti han-no una forte interazione coi social network, di cui possono misurare il gradimento. E’ un laboratorio speri-mentale che ci dà grandi soddisfazio-ni. Tra le produzioni, parodie di og-getti inesistenti e Super G, supereroi omosessuali-.Nell’offerta di .Fox anche documen-tari National Geografic e concerti, organizzati con My Space, il “secret show”(origine USA), che stuzzica la curiosità: annunciato un mese pri-ma, si rivela a rate, fino allo svela-mento. La campagna dello sponsor ha il pregio d’uscire dal web e diffon-dersi nel territorio.

Invito alla creatività

I risultati di .Fox nel 2011 testimo-niano che la scelta del format pub-blicitario video, in costante aumen-to, continua a rivelarsi d’impatto e vincente.La pubblicità online in Italia vale 1,7 miliardi di euro e il video adverti-sing nei primi 4 mesi 2011 ha avu-to un aumento dell’80%. -Le Smart TV aprono un mondo di opportuni-tà per gli inserzionisti. -affermaLuca Di Cesare, Managing Director Italia di smartclip, leader europeo per il video advertising. -La presenza del brand su più piattaforme consenti-rà soluzioni adv sempre più mirate ed efficaci. Dalla gamification alla rivoluzione dell’advertising parteci-pativo, il valore aggiunto dell’inte-rattività dei contenuti sta arrivando a maturazione, verso contenuti più sofisticati. Gli annunci pubblicitari dovranno essere coinvolgenti e si-gnificativi per il target, spingendo i brand a diventare più creativi-. Il discorso continua.

In supporto al docu-reality Tv su una corretta alimentazione, il mi-nisito offriva una scheda show, a misura del cliente verso un certo target, e contenuti extra brand, per arricchire l’intrattenimento: pri-ma di ogni puntata TV, l’accesso a estratti anticipatori, per incurio-sire e fidelizzare. Nello spazio web, “pillole” video del conduttore, che da “chef-scienziato” proponeva una ricetta tradizionale con in-grediente alternativo. Un confronto interattivo invitava a postare la propria ricetta, basata su uno dei “magnifici 20” alimenti indicati. Alle 20 ricette più originali, in premio una copia del libro di ricette. Inoltre, nel portale Fox di benessere e spettacolo, lo speciale Crescere Sani, e nei siti del network con target entertainment/femminile, box e leaderboard cobrandizzati e video pre-roll.

Un esempio: Tesoro Salviamo i Ragazzi

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Viviamo tempi strani.La lingua che parliamo mostra segni di decomposizione e usa registri sem-pre meno compatibili fra loro. I giovani, alla crescente povertà del loro linguaggio, uniscono un gergo nato dai telefonini e dalla tecnologia, il turpiloquio dilaga nella televisio-ne, negli spettacoli e nelle famiglie, l’eufemismo pretende di cambiare la natura delle cose, i luoghi comuni imperversano.Tempo fa un’amica mi chiedeva come mai in nessuna circostanza, io dicessi parolacce.

Domanda imbarazzante

Domanda imbarazzante. Forse per anticonformismo? Sono troppo dif-fuse. Per estetica: non le trovo ele-ganti. Per ottusità psicologica: non provo il bisogno liberatorio della coprolalia per ritrovare il mio equili-brio psichico. O forse temo una im-probabile regressione verso la puber-tà e l’adolescenza?Fatto sta che da molto tempo ho de-ciso di non dire parolacce e finchè sarò libero di non farlo, non lo farò.

Continuerò a subirle dagli attori di cinema, dai comici più o meno “cozzaloni”(vedi Checco), dalle pre-sentatrici che sbagliano la battuta e dalle liceali che conquistano così la loro emancipazione.

Tentativo patetico

Mentre questo avviene, è stupefa-cente e patetico il tentativo di addol-cire le brutture dell’esistenza, chia-mandole con un altro nome, o con circonlocuzioni temerarie, come il “politicamente corretto” impone.Così un “non udente” dovrebbe es-sere più felice di un sordo, un ”non vedente”di un cieco, un “paramedi-co” di un infermiere e un “non do-cente”, cioè ciascuno di noi, di un bidello.Parlando di disgrazie umane bisogna essere prudenti, perché il rischio di passare per cinici è grave. Ma è curioso percorrere il tortuoso itinerario attraverso il quale si è ar-rivati a definire “diversamente abili” coloro che sono colpiti da gravissime infermità.Nel mondo classico, i romani, gente no1 - 2012 - dm&c 13

Ugo Clima *

Le parole che utilizziamo mostrano segni di evoluzione e di involuzione. Il linguaggio sta diventando povero e a volte patetico

Una lingua in continuo cambiamento

Le parole e le cose

Comunicazione

-* Presidente Mercurio Misura.

Esperto di management, marketing e comunica-zione diretta, ha tenuto conferenze in numerosi congressi nazionali e internazionali, oltre ad aver diretto innumerevoli corsi di management per dirigenti e quadri

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Comunicazione

dm&c - no1 - 201214

Michele, penza un po’ che grande onoreFa l’edile, nun fa più er muratore.Armando che faceva lo scopino

Mo’ te l’hanno promosso netturbino.Tutto è cammiato per er sor Arvaro

Ch’è idraulico e nun fa. più lo stagnaro,e Pippo è paramedico: è un piacere

pe’ lui sapè, che nun è più infermiere.Nun fa la serva più la sora Rosa

Ma fa la corfe, tutta n’antra cosa.Arturo era bidello e mo’ se sente

Tutto “parà” (scolastico, s’intende).Ma er mestiere più bello e più felice

Lo fa la Nena, che mo’ è passeggiatriceE cammianno lavoro, cosa strana

Nessuno può più dì ch’è ‘na puttana

spiccia e crudele, dicevano “cave si-gnatos” , cioè “guardati dagli storpi”, perché li consideravano sgraditi agli dei, che avevano così provveduto a renderli riconoscibili. Non mostravano alcuna “pietas”, pur avendone inventato il termi-ne nel senso religioso di solidarietà umana.Ma, per fortuna c’è stata una evolu-zione di questo modo di pensare e, diciamolo, una umanizzazione.

Un mondo soffice

Nel nostro contemporaneo mondo, com’è noto infinitamente più soffice e solidale, si cominciò con handicap-pati, che parve subito poco incisivo e venne mutato in “portatori di handi-cap”, senza accorgersi subito che li si gravava di un ulteriore carico.Si arrivò così al “disabile”, che infine sbocciò nell’attuale “diversamente abile”. Senza sapere di essere precur-sore di un andazzo che avrebbe rag-giunto il suo apice qualche decennio dopo, un certo Aldo Navarro, vinci-tore del concorso di poesia dialettale Rugantino nel 1987, scrisse un sonet-to che avrebbe meritato maggiore no-torietà:

L’ipocrisia che trasuda dal linguaggio definito “politicamente corretto”, è

insopportabile. Soprattutto consi-derando che va di pari passo con la lussureggiante parassitaria fioritura di luoghi comuni e tic verbali che intossicano la maggior parte dei col-loqui fra persone.

Cervello in folle

Per cui, uno comincia un qualsiasi discorso con un “Niente…”, seguito dal fatto che è “ha avuto un’emo-zione”, ma che farà una riflessione “a 360 gradi”, perché la situazione di “questo paese”, (con la p minu-scola perché la frase vuole indica-re l’estraneità di chi parla allo stato deplorevole del Paese in cui si trova, e lo dice guardando verso terra con sguardo leggermente schifato), per concludere con un “sarò sincero…”, esplicita confessione di abituale diso-nestà solo eccezionalmente interrot-ta, per concludere con un inevitabile “quant’altro”, che va bene in qualsi-asi circostanza. Per concludere, di fronte allo sguardo leggermente perplesso del suo inter-locutore, con un “assolutamente sì” o “assolutamente no”, espressioni di granitica sicurezza in ciò che si dice.“Assolutamente forse”, per quanto consigliabile, non è contemplato.Sappiamo che il luogo comune of-fre il grande vantaggio di mettere il cervello in folle e permette di non pensare. Ma è proprio questo che rende in-sopportabili i “luogocomunisti”.

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In un contesto in rapida evoluzione, la maggior parte delle aziende deve competere per sostenere interazioni efficaci con la propria audience. Anzi, a volte capita che le aziende utilizzino ancora strategie di comu-nicazione senza una valutazione attenta dei messaggi e del target di riferimento.Al contempo, il mercato mette sot-to pressione le aziende pretendendo delle attività di marketing affidabili e in grado di dimostrare un ritorno dell’investimento. Oggi sono disponibili nuove moda-lità per raggiungere e coinvolgere i propri clienti e prospect, con comu-nicazioni tempestive, appropriate e piacevoli. Si tratta dell’ Interactive Marketing.Avviare un percorso di Interactive Marketing aiuta le aziende a rispon-dere al mercato in modo coerente, sfruttando la straordinaria possibilità di personalizzare e rendere interatti-ve le comunicazioni. Ma cosa significa realmente Interac-tive Marketing? Significa coinvolgere i consumatori/utenti all’interno di un dialogo di

comunicazione continuativo attra-verso più canali (email, direct mar-keting, advertising, mobile, social). Questo flusso di comunicazioni deve essere però basato sui comportamen-ti passati o presenti dei clienti, che vanno quindi accuratamente moni-torati, compresi e indirizzati.Con il declino dei tradizionali canali di marketing, infatti, e grazie allo svi-luppo dei canali online e dei social network, i clienti hanno un maggio-re controllo delle interazioni con le aziende. Inoltre, i profondi cambiamenti in atto impattano sulla capacità di av-viare campagne commerciali di suc-cesso.

La crescita dei canali online, mobile e dei social network

Virtualmente tutti i canali marke-ting, dai siti web ai motori di ricer-ca, supportano comunicazioni con i clienti mirate e personalizzate. Anche i canali di mass market, come la televisione, offrono programmi on demand, e la geo-localizzazione sta crescendo di pari passo con l’uti- no1 - 2012 - dm&c 15

Paolo Carnevale Baraglia *Sabrina Bellodi **

Avviare un percorso di marketing interattivoaiuta le aziende a rispondere al mercato in modo coerente personalizzando le comunicazioni

Per realizzare un dialogo continuativo attraverso più canali

Interactive marketing

-* Manager of Demand Pro-grams, Digital & Database Marketing IBM Italia

** Demand Program Manager IBM Italia

Marketing

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lizzo degli strumenti mobili. I n o l t r e , gli ultimi studi di m e r c a t o m o s t r a -no come i consu-m a t o r i , q u a n d o d e v o n o effettuare un acqui-sto, si fidi-no molto di più dei s u g g e r i -menti de-gli amici e della “voce” del web piuttosto che della comunicazione aziendale istituzio-nale.

Comportamenti nuovi

I clienti hanno sempre più potere e adottano comportamenti radical-mente nuovi.Sempre più, quindi, i clienti hanno la possibilità di accedere facilmente alle informazioni attraverso diversi canali, e questo ha permesso loro di ottenere un maggiore controllo nei rapporti con le aziende e sulle infor-mazioni, e spesso sono le aziende a farne le spese. Le aziende devono essere quindi in grado di comprendere, per ogni ca-nale a disposizione, il tipo di reazio-ne che i clienti possono avere rispet-to alle comunicazioni ricevute.Attraverso un approccio di Interac-tive Marketing, sia tecnologico che culturale, è possibile quindi dare al destinatario della comunicazione l’informazione giusta, al momento giusto e attraverso il canale corretto. Per promuovere questo approccio servono alcuni requisiti tecnologici. Esamineremo i primi 2 in questo ar-

ticolo, per poi con-c l u d e r e l ’ a n a l i s i nel pros-simo nu-mero.Q u e s t i requis i t i sono dun-que:1. Consa-pevolezza del clien-te;2. Proces-so decisio-nale cen-tralizzato;3. Gestio-ne cross-channel;

4. Attività di marketing integrate.

Consapevolezzadel cliente

Ascoltare attivamente significa com-prendere i punti di vista di un clien-te. I responsabili marketing devono essere in grado di identificare i com-portamenti dei clienti attraverso tut-ti i canali a disposizione, off e online. Per poter utilizzare queste infor-mazioni, e per rispondere in modo coerente alle future richieste, è ne-cessario avere a disposizione una tecnologia in grado di ottimizzare e di tenere traccia dei comportamen-ti e della situazione attuale di un cliente; ma anche di individuare le preferenze, avvisare quando ci sono opportunità relative a un potenziale cliente e prevedere i risultati delle at-tività di marketing. Per far si che tutto questo sia possibi-le, una soluzione di Interactive Mar-keting deve integrare:• analisi per valutare il comporta-mento, le preferenze e le opportunità relative ai clienti, e per suddividerli in gruppi da coinvolgere in iniziative di marketing mirate, passando velo-cemente dalle richieste alle azioni;

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• ana-lisi del t ra f f ico sul web per com-prende-re come n a v i -gano i c l i e n t i a l l ’ i n -t e r n o del sito azienda-le, par-tendo da a n a l i s i self-ser-vice, che permet-tono di mig l io -rare l’efficacia delle iniziative di mar-keting• analisi previsionali sviluppate per gli specialisti del marketing, non per esperti di statistica: strumenti semplici per segmentare il mercato, prevedere le risposte, le attività di cross-selling e la durata dell’offerta commerciale• rilevazione di eventi per monito-rare i modelli di comportamento dei clienti, e avviare azioni quando si verificano modifiche significative che possono suggerire nuove oppor-tunità, come ad esempio quando un cliente abbandona un carrello du-rante un acquisto online.

Conversazioni significative

Cosa accadrebbe se durante una conversazione tra due persone una di esse non si ricordasse più cosa ha detto l’altra un minuto prima, oppure se entrambe si ricordassero solo parte della discussione, come ad esempio quello di cui si è parlato al telefono, ma non quello che è acca-duto durante il pranzo? Una conversazione di questo tipo fa-rebbe sentire i due interlocutori mol-to frustrati.

Ed è pro-prio così che si sentono i clienti quando i n t e r a -giscono con le aziende attraver-so diver-si canali di con-tatto.Con un approc-cio mar-k e t i n g tradizio-nale e d e c e n -

tralizzato, il contact center azienda-le potrebbe avere regole interne di cross-selling, il sito internet potrebbe basarsi su diverse regole di compor-tamento per focalizzarsi sulle attività di comunicazioni più adatte, mentre il direct marketing potrebbe basarsi su un’altra tipologia di offerta.

Comunicazione caotica

La conseguenza migliore per una strategia di questo tipo sarebbe una comunicazione caotica, mentre la peggiore potrebbe essere l’irritazio-ne del cliente, che risentirebbe della mancanza di uno storico delle pro-prie interazioni con l’azienda. Ecco perché per una corretta strategia di Interactive Marketing è fondamenta-le avere un dialogo continuativo con i clienti, e per tutti i canali di comu-nicazione disponibili. Un processo decisionale centralizza-to permette alle aziende “di pensare prima di parlare” ai propri clienti, e di parlare basandosi sullo storico del-le conversazioni tenute con il cliente fino a quel momento. Questo è essenziale per coinvolgere i clienti all’interno di un dialogo effi-cace. (continua) no1- 2012- dm&c 17

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Il temporary shop è il derivante di-retto del retail di tipo tradizionale, fortemente influenzato della nostra quotidianità frammentata e della vo-glia d’occasioni.Si tratta di un semplice spazio com-merciale che rimane aperto per un breve periodo, ben determinato.

Rafforzare le relazioni

Al suo interno non si svolge un’at-tività commerciale così come gene-ralmente concepita, piuttosto un qualcosa di più simile a un evento artistico indirizzato a rafforzare la re-lazione tra prodotto e consumatore.Il fine è lo stesso di quello di una tra-dizionale campagna pubblicitaria, ma l’effetto ultimo per il visitatore è di avere la sensazione di partecipare a un vero e proprio evento.Decidere di aprire un temporary shop, significa voler entrare nella fase più moderna del marketing dove si cerca di cogliere e sviluppare le sfumature di ogni tendenza per com-prendere e sedurre, in breve tempo, il visitatore.Quella che è proposta all’utente fina-

le è un’esperienza unica, singolare; basata su un elemento importante: il tempo, ma non solo; ci si sente fortu-nati ad avere saputo del nuovo nego-zio e felici di poter fare un’esperienza originale e irripetibile, che tornando-ci alla mente è in grado di suscitare un senso di gradevole malinconia.A fianco alle classiche tecniche di marketing sono generalmente abbi-nati, degli studi a carattere di psico-logia ambientale per rendere al mas-simo l’impatto dell’ambiente sulla sensibilità dei visitatori che si recano nel punto vendita.

Strumento apprezzato

Questi sono gli elementi che hanno reso il temporary shop, uno strumen-to di comunicazione commerciale molto apprezzato dalle aziende che si stanno organizzando ad affron-tare la rapida evoluzione del nuovo modo di fare economia.Nati quasi per caso negli Stati Uniti circa sette anni fa, i temporary shop hanno visto la loro comparsa in Ita-lia solo da poco; e ora, come del resto in tutto il mondo, sono per cosi dire

Axel Lo Guzzo

Un semplice spazio commerciale che nasce dal nulla, rimane aperto per breve tempo con cam-pagne che sembrano eventi, e infine chiude

Il “Temporary shop”

Per vincereil ristagno economico

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esplosi.Se andiamo, però, ad ana-lizzare i fon-damenti psi-cologici su cui si basa questa particolare tecnica di marketing, ci accorgiamo che sono caratterizzati da fattori interperso-nali quali ad esempio, l’urgenza che ricopre una posizione molto impor-tante.

Una cometa

Il temporary shop, è visto come se fosse una cometa che si avvicina, passa e poi svanisce. Questo crea nell’inconscio del con-sumatore una sorta di “paura di per-dere l’affare o l’occasione”, timore che limita il fattore critico-logico togliendo tempo ed energia alla ra-zionalizzazione e soprattutto al noto meccanismo del “però, ci devo pen-sare sù”.L’elemento sorpresa, inoltre, anche per gli utenti più razionali assume un valore irresistibile. Cosa, più del temporary shop, può raffigurare l’imprevedibile e la no-vità? La comparsa repentina di un evento efficacemente spettacolariz-zato è considerata come un magnete sociale capace di accentrare con effi-cacia l’interesse dei consumatori.Inoltre, l’esclusività di un prodotto è avvertita come attraente e allettante quanto più è proposto come esclusi-vo e per pochi. L’esperienza offerta dal temporary shop è capace di fare leva perfetta-mente su questo principio.

Fuggire la monotonia

Infine, tutti siamo alla ricerca di mo-menti e occasioni per fuggire dalla monotonia della quotidianità e im-mergerci in situazioni anche ad alto contenuto emozionale. Oltre alla realtà commerciale del tem-porary shop, con la caratteristica in-novativa di avere per la chiusura un

tempo dettato da giorni, ore e minuti, han-no fatto com-parsa anche i” web temporary

shop” in grado di sfruttare le poten-zialità dell’e-commerce all’ultima moda nelle strategie di marketing e di proporre prodotti e offerte a tem-po limitato.Le aziende possono pubblicizzare sul proprio sito un prodotto che costi-tuisce, quindi, una singola offerta, esclusiva disposta ad esempio all’in-terno di una più ampia vetrina di prodotti. In questo modo il web temporary shop si presenta come un canale di vendita diverso per le aziende in gra-do di sfruttare le potenzialità della rete per la loro crescita e diffusione presso il proprio pubblico di riferi-mento.

Una buona idea

Per un commerciante, pensare di aprire un temporary shop in questo particolare periodo di stasi economi-ca è probabilmente una delle idee migliori che possa avere; il vantaggio principale che si può ottenere è si-curamente rappresentato dall’abbat-timento dei costi di gestione, molto inferiori rispetto a quelli di un classi-co esercizio commerciale. Inoltre, si ottiene un livello di gradi-mento elevato da parte dei consuma-tori per questo tipo di proposte che rendono lo shopping più piacevole e affascinante.Le ragioni che spingono ad aprire un temporary shop possono essere delle più svariate. Si passa dalla semplice esigenza di voler pubblicizzare il pro-prio brand aumentando la propria visibilità e organizzando eventi tem-poranei in un’area a elevato traffico pedonale, alla necessità di presentare nuovi prodotti e promuovere sven-dite particolari, oppure il bisogno di testare il gradimento di un nuovo prodotto presso i consumatori. no1- 2012- dm&c 19

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Per decidere in maniera efficace e trovare soluzioni a situazioni com-plesse, è necessario avvalersi sia della parte cosciente della nostra mente - che permette un’analisi razionale - che della parte incosciente – che permette all’intuito di fornire le sue elaborazioni. Ecco allora che un pisolino prima di prendere una decisione diventa un momento importante per dare spa-zio anche all’inconscio, permetten-dogli di fornire anche il suo punto di vista!

Ricerca attendibile

Secondo una ricerca molto attendibi-le, dormirci sopra è proprio la solu-zione più corretta quando ci trovia-mo di fronte a decisioni complesse e delicate. Ognuno di noi, quotidiana-mente, deve prendere decisioni, al-cune delle quali anche non semplici. Soprattutto perché dobbiamo tenere conto di diverse varianti, considerare il peso di pressioni esterne e perché non ci fidiamo di dare ascolto al no-stro istinto, che spesso è molto rapi-do, ma indubbiamente altrettanto

superficiale. Che fare allora? Meglio dormirci so-pra o prendere una decisione “a cal-do”, in modo impulsivo? Gli psicologi che studiano il com-portamento umano e il processo de-cisionale non hanno dubbi: chiun-que, di fronte a decisioni difficili, è giusto che si prenda un momento di riflessione, anziché dare una risposta troppo affrettata o d’istinto.

Un esperimento

Maarten Bos ha realizzato di recen-te un esperimento, pubblicato sul “Journal of Consumer Psychology”, coinvolgendo una serie di potenzia-li acquirenti di autovetture ai quali ha sottoposto una lunga serie di in-formazioni, realizzate allo scopo di “confondere” i soggetti. Alcune auto di scarsa qualità erano descritte esaltando aspetti positivi, anche se del tutto marginali, mentre altre auto, pur avendo maggiori qua-lità, venivano rappresentate in modo molto più semplice e “dimesso”.Coloro che hanno dovuto prende-re una decisione immediata hanno

Ugo D. Perugini

Un buon pisolino, prima di prendere decisioni complesse, diventa importante per dare spazio oltre all’analisi razionale anche all’inconscio

Anche nei momenti più difficili, anzi, soprattutto lì

Dormirci sopra

Comunicazione

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scelto auto di bassa qualità ma mol-to pubblicizzate, mentre gli altri, ai quali è stato concesso più tempo e hanno potuto, per così dire, distrarsi dalla decisione da prendere, hanno optato per le auto di buona qualità, compiendo quindi una scelta più corretta.

Tre consigli

Quali le conclusioni da trarre?Tre consigli anzitutto da seguire sem-pre, quando ci si trova di fronte a de-cisioni complesse e delicate:1. Raccogliere tutti i dati e le informa-zioni necessarie per poter valutare in modo obiettivo la scelta da compie-re. La mente cosciente ci deve aiutare a svolgere una analisi razionale della questione, sfrondando già da subito quelle soluzioni che possono essere scartate. Ad esempio, “quell’auto co-sta il doppio di quanto io possa per-mettermi”.2. Chiedere aiuto all’inconscio. L’at-tenzione cosciente, infatti, è limitata e se ci si affida solo ad essa si rischia di creare corto circuiti senza vie d’u-scita. Quindi, il consiglio è di “dormirci su”.3. A mente fresca, dopo aver lasciato lavorare l’inconscio, occorre tornare sulla decisione che è stata elaborata,

rivedendola attentamente, anche perché l’inconscio ha molte qualità, ma è impreciso e approssimativo. (Se dormi pensando di risolvere un problema matematico, difficilmente ti alzerai con la soluzione in tasca!)

Quando manca il tempo

È evidente che non tutti possono far-si un pisolino prima di prendere una decisione. Talvolta, manca il tempo. Allora, basta distrarsi: evitare di pen-sare al problema per qualche mo-mento, ascoltare un po’ di musica, svolgere qualsiasi attività che allon-tani il pensiero dal nostro “chiodo fisso”. E, poi, tornare a rifletterci. Di solito, in questo modo vi sono molte più possibilità di scegliere la soluzione giusta per i nostri proble-mi! A proposito: non tutti sanno che Barak Obama, prima di prendere la decisione di autorizzare il blitz che avrebbe ucciso Osama Bin Laden, ha voluto dormirci sopra. Eppure, molti non l’hanno apprezza-ta. Qualcuno lo ha definito addirit-tura irresponsabile e poco sensibile nei confronti dei propri collabora-tori. Fortunatamente, sono poche le persone che si trovano ad affrontare problemi tanto delicati come l’elimi-nazione di un terrorista. no1 - 2012 - dm&c 21

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Abbiamo parlato dell’uso perver-so dell’ IVR (Interactive Voice Re-sponse), l’albero di navigazione che dovrebbe avere la funzione di indi-rizzare l’utente all’interno di una struttura in base alle sue esigenze. Sappiamo bene che gli italiani non amano parlare con le macchine, in-fatti basta analizzare le nostre caselle vocali. Allora la miglior soluzione è un ad-detto in carne ed ossa? Si, a patto che ci siano una certa predisposizione, una formazione specifica e una base elementare di buona educazione; in una parola: professionalità.A tutti è capitato di scontrarsi con operatori inadeguati: maldestri, poco chiari o addirittura maleducati. Se poi si tratta di addetti stranieri, il più delle volte è quasi impossibile capire e farsi capire. L’argomento call center è complesso e articolato: serviranno alcuni ap-puntamenti per focalizzarne tutti gli aspetti. Il servizio clienti -inteso come assi-stenza post vendita- andrebbe gesti-to separatamente ed in modo diverso dal telemarketing, cosa che raramen-

te avviene: obiettivi differenti, quin-di diverso approccio, tranne che per una cosa: la qualità del contatto, che è imprescindibile e quindi partiamo da questo aspetto, o meglio da un elemento di esso: la cortesia.

L’immagine dell’azienda

E’ sempre più frequente, infatti, che si inneschino situazioni conflittuali, fino ad arrivare agli insulti, in certi casi-limite. Su questo punto va fatta una consi-derazione: al di là del risultato con-creto, l’addetto sta operando per nome ed in conto della società, che verrà quindi valutata in base alla qualità del contatto che, se scadente, produrrà effetti negativi sul medio o addirittura lungo periodo. Sembra però che non si tenga nella dovuta considerazione questo aspet-to. Non è la signorina tal dei tali che ci perde la faccia, ma l’azienda e, tra l’altro, gli addetti non si presen-tano nemmeno: al massimo usano il nome di battesimo, in barba alle regole di best practice che nessuno osserva più.

Barbara Coralli

L’argomento Call Center è complesso e arti-colato. Forse è arrivato il momento di ripen-sarlo e tornare al rispetto dei fondamentali

L’elementare educazione di base è un “must”

La cortesia non è un optional

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Barbara CoralliManaging Director e Senior Partner di Studio Telemaco – MilanoOpera da oltre 20 anni nel settore della comunicazione d’impresa.Esperta di Comunicazione PNL per i testi DM, web marketing e script di marketing telefonico.Nel 1988 fonda Telemaco Strategie S.r.l., società pre-valentemente incentrata sul marketing telefonico B2B per azioni di alto profilo Nel 1993 fonda Studio Te-lemaco, più focalizzata su consulenza e formazione per il Customer Care

[email protected]

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La cortesia pare essere diventata un optional, almeno nel nostro Paese. Ma è proprio vero? Siamo, al solito, gli ultimi della classe? Ho trovato una discussione lanciata in un gruppo americano di Linkedin dedicato alla qualità e alla formazio-ne in ambito call center. Vediamola.

Una discussione

Alys chiede: “pensate sia importan-te l’uso di ‘per favore’, e ‘grazie’ o li classificate come formule di cortesia vecchio stile?”. La questione non sa-rebbe nemmeno da porre. Ha ragione ed infatti “grazie” e “per favore” non rientrano nel campo delle formule di cortesia né ‘buona’ educazione: si tratta solo di semplice “educazio-ne”, quindi sono essenziali.Ho analizzato le risposte, date da formatori e team leader: su 13, solo uno le considera inutili e/o non de-terminanti sui risultati immediati e due “non sufficienti” a garantire una buona comunicazione. Ho estrapolato alcune osservazioni: − l’uso dei convenevoli può sembra-re ridondante a chi deve usarli molte volte al giorno, ma sono assoluta-mente necessari e il cliente se li aspet-ta, quindi non sono un’opzione; ma-gari non li nota, mentre sicuramente si accorge quando mancano. Naturalmente è importante anche il “come” si usano: il tono e l’infles-sione sono importanti, non devono suonare falsi. Trovando operatori scortesi, il cliente sceglierà altri me-todi di comunicazione oppure sem-plicemente cambierà fornitore.Il risultato non cambia: che cali il numero di clienti o l’uso del telefo-no come mezzo di dialogo, caleran-no anche i posti di lavoro (e questa è un’osservazione che gli addetti do-vrebbero considerare...n.d.r.)− Può essere difficile convincere gli addetti ad essere gentili in mancan-za di una naturale predisposizione, però ritengo che sia essenziale per comunicare efficacemente. Mi chiedo se la mancanza di atten-

zione a questo aspetto sia solo un fe-nomeno estremamente diffuso o se si tratti proprio di un cambiamento culturale. Ad ogni modo, continue-rò a formare gli addetti secondo le mie convinzioni e spero che alla fine la cortesia tornerà ad essere un ele-mento fondante del servizio clienti, com’è giusto che sia. − L’uso di formule di cortesia si ri-flette sull’intero comportamento dell’addetto e, dulcis in fundo:− Il bisogno primario del cliente è sentirsi ascoltato e importante.La discussione ha portato Alys a convalidare le sue convinzioni sull’importanza delle più elementari formule di cortesia e continuerà a ri-chiedere che vengano usate.

La qualità del contatto

Questa discussione presuppone un modo di operare che da noi s’è perso del tutto: penso alla realtà della mag-gioranza dei nostri call center ed al fatto che la valutazione del singolo operatore è ormai un retaggio del passato, con un team leader ogni 50 o più operatori e che, invece di stare costantemente in sala operativa per monitorare la qualità della comuni-cazione, resta chiuso in un ufficio ben isolato, limitandosi agli aspetti organizzativi e al calcolo dei risultati: pare che la qualità del contatto abbia perso ogni importanza. Eppure, anni fa, non era così. Forse è arrivato il momento di ripen-sare il call center e tornare al rispetto dei fondamentali, se non proprio alla “ortodossia” della comunicazione te-lefonica, perché il Customer Service è un eccellente strumento per col-tivare il parco clienti, ma se gestito male produce l’effetto contrario.Molte sono le cause che hanno de-terminato il declino della qualità del contatto, comune a telemarketing e servizio clienti: prima fra tutte, la mancanza di formazione adeguata; l’argomento merita un approfondi-mento: ne parleremo. no1 - 2012 - dm&c 23

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Non è facile rendersi conto della ve-locità con la quale può crescere una funzione esponenziale. Proviamo al-lora, per cercare di farcene un’idea, a rispolverare un antico apologo.Secondo una delle tante leggende che riguardano la sua origine, il gioco degli scacchi fu inventato in India da un modesto bramino di nome Sessa. Il sovrano dell’epoca, dopo aver pro-vato il gioco per qualche tempo, fu preso da tale ammirazione per il suo inventore che volle premiarlo pro-mettendogli, come ricompensa, qua-lunque cosa del suo regno - palazzi, giovani schiave vergini, oro, gioielli - che avesse desiderato.Sessa chiese invece solo del riso, e precisamente tutto il riso necessario a riempire la scacchiera mettendone un chicco nella prima casella, due nella seconda, quattro nella terza, e così via fino alla sessantaquattresi-ma, raddoppiando ogni volta il nu-mero dei chicchi. Il sovrano, magari un po’ irritato per una richiesta che dovette sembrargli fin troppo mo-desta, ma forse compiaciuto all’idea di potersela cavare con molto poco, diede ordine di esaudire il deside-

rio del bramino. Salvo poi restare allibito quando i suoi consiglieri lo informarono che la quantità di riso risultante era di gran lunga superiore alle risorse del suo regno, rendendo impossibile soddisfare la richiesta del bramino.I chicchi di riso che il sovrano - il qua-le evidentemente non conosceva le funzioni esponenziali - avrebbe dovu-to dare a Sessa, sarebbero stati esatta-mente 18.446.744.073.709.551.615, ovvero 2 elevato alla 64^-1. Ora, sapendo ad esempio che la pro-duzione mondiale di riso odierna si aggira attorno ai 700 milioni di ton-nellate, e che 16 grani di riso pesa-no 1 grammo, è facile calcolare che, pur con questa produzione, sarebbe-ro necessari oltre trecento anni per mettere insieme una tale quantità di riso.

Dall’India favolosa al World Economic Forum di Davos

Ciò premesso, ritorniamo ai nostri tempi, e precisamente all’ultima set-timana dello scorso mese di genna-io. In quei giorni si è tenuto a Davos

Carlo Cremona

Entro l’anno 2016 il numero degli Utenti della Rete si suppone che supererà i 3 miliardi (oggi sono 2), quasi la metà della popolazione mondiale

ABC Internet

“New Internet” e futuro dell’economia

Comunicazione

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-(prima parte)

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(Svizzera) il World Economic Forum - ovvero il consesso a maggior concen-trazione di potere e denaro al mondo - nel corso del quale, ogni anno dal 1971, una schiera (2600 erano que-sta volta i partecipanti) di leader po-litici, di alti funzionari governativi, di economisti, banchieri, grandi in-dustriali, intellettuali e consulenti di ogni tipo viene richiesta di distillare l’oroscopo del nostro futuro.Ma quest’anno il Forum di Davos è stato un vero fallimento, al punto da far dire a molti commentatori se un consesso così evidentemente pro-penso a conservare l’ordine esistente sia davvero il più adatto ad affron-tare il compito che gli era stato pro-posto: “La grande trasformazione, come formare nuovi modelli”.La riunione di questi 2600 personag-gi è parsa in effetti del tutto incon-grua, sia per la sua limitatezza (salvo per la percentuale di denaro mondia-le che ad essa fa capo), sia per la sua effettiva rappresentatività.

Guardare al futuro

Il dubbio che sempre più si insinua è se le élite che si riuniscono a Da-vos siano davvero tali, se cioè, data la loro incapacità di trovare risposte adeguate alle domande del presente, siano realmente in grado di esercita-re la loro funzione d’avanguardia per quanto riguarda il futuro.È infatti del tutto improbabile che le decine di teste coronate presenti in Svizzera (si, c’era anche l’87nne Abd Allah re dell’Arabia Saudita) si-ano ancora capaci di rappresentare i loro sudditi, per non parlare dei le-ader politici ed economici attuali e passati, ugualmente presenti in mas-sa. Come dimenticare che sono stati loro a pilotare in modo fallimentare le economie oggi in crisi, rendendo lecito il chiedersi se dei piloti falliti siano capaci di proporre nuovi e va-lidi modelli di sviluppo.Insomma mai come a Davos si è vi-sta rappresentata la crisi attuale nella sua essenza: in un mondo che è in

difficoltà perché non sa rinnovarsi, coloro ai quali si chiede di promuo-vere il cambiamento sono proprio quelli che non cambiano, i leader politici, intellettuali ed economici di sempre. Come ha chiosato l’italiano Francesco Guerrera, caporedattore fi-nanziario del Wall Street Journal di New York: “Siamo come pesci in un acquario, giriamo e rigiriamo senza toccarci e senza andare da nessuna parte.”

L’Internet e la tecnologia salveranno il mondo?

In verità non tutto ciò di cui si è parlato a Davos è stato deprimente: in due delle 260 sessioni di lavoro - quelle dedicate al mondo di Inter-net - si sono avanzate prospettive più ottimistiche.Stando infatti alle previsioni conte-nute nel rapporto “The Digital Mani-festo: How Companies and Countri-es Can Win in the Digital Economy”, presentato dal Boston Consulting Group, entro l’anno 2016 il nume-ro degli utenti della Rete, che alla fine del 2011 ha sfiorato i 2 miliardi, supererà i 3 miliardi - quasi la metà (esattamente il 45%) della popola-zione mondiale - e il valore dell’In-ternet economy nei paesi del G-20 raggiungerà i 4.200 miliardi di dolla-ri, raddoppiando la sua dimensione attuale.Una crescita le cui conseguenze non potranno essere ignorate né a livello delle nazioni né a quello delle im-prese. “Il fatto - come recita testual-mente il rapporto - è che ‘siamo or-mai entrati nella seconda metà della scacchiera’, dove la scala e la velocità del cambiamento, sul quale influi-rà in modo decisivo lo sviluppo dei mercati emergenti, la diffusione dei dispositivi mobili, e la crescita dei so-cial network, modificheranno inde-lebilmente nei prossimi cinque anni la struttura e il modo di fare business delle aziende, dando luogo a oppor-tunità che dovranno essere assoluta-mente colte.”

Francesco Guerrera

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L’altro rapporto, presentato dalla McKinsey e intitolato “Online and up-coming: The Internet’s impact on aspiring countries,” prende invece in considerazione le conseguenze della diffusione di Internet in 30 dei cosid-detti “mercati emergenti”. In questi Paesi la Rete sta già dando un contributo pari all’1.90 % dei loro PIL (vale a dire 366 miliardi di dollari nel 2010) (*), mentre nei 6 Paesi stu-diati in maggior dettaglio - Ungheria, Malesia, Messico, Taiwan, Turchia e Vietnam sarebbero già stati generati 2 milioni di nuovi posti di lavoro.

L’alba della “New Internet”

I due rapporti sopra citati - la cui elaborazione sembra aver richiesto più di un anno di lavoro ciascuno - non si limitano a dare numeri di tipo generico, ma spiegano perché, per quanto riguarda la Rete, il fatto di essere ormai entrata nella seconda metà della scacchiera consentirà la completa espressione di tutto il suo potenziale, anche quello economico, al punto di far parlare di “New In-ternet”.Secondo il Boston Consulting Group stanno infatti emergendo, nella na-tura e nell’uso dalla Rete, alcuni importanti fenomeni che non sono ancora stati ben compresi né dal mondo della politica né da quello dell’imprenditoria.Internet non è più uno strumento per pochi, come nell’ultima decade del secolo scorso, ma è ormai diffuso ovunque. Nel 2016 il 70% dei suoi utilizzatori nell’area G-20 apparterrà ai “mercati emergenti” (del G-20 fanno parte an-che Cina, India, Brasile, Turchia, Sud Africa...). E solo la Cina ne conterà oltre 800 milioni, un numero pari a quello de-gli utenti di Francia, Germania, In-dia, Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti messi assieme. Mentre il contributo dei mercati emergenti all’Internet Economy pas-serà da meno del 25% a più del 33%.Sempre nel 2016 i dispositivi mobili, e in particolare gli smart-phone (nel 2011 ne sono stati venduti 487 mi-lioni contro 414 milioni di PC) ori-

gineranno l’80% di tutto il traffico a banda larga nei Paesi del G-20. Anche i Network sociali stanno mo-dificando i vecchi modelli di comu-nicazione: un fenomeno che inte-ressa tutta la Rete che da “passiva” si sta trasformando in “partecipativa”. In Paesi quali l’Argentina, il Brasile, l’Indonesia e il Messico sono state addirittura saltate un paio di tappe in questa evoluzione. e ai Network sociali accede ormai il 90% dell’uten-za della Rete, in modo dunque molto più ampio di quanto non è ancora avvenuto nei Paesi economicamente più sviluppati.

I Social Network

Una delle conseguenze è che nei Pa-esi del G-20 (i quali rappresentano il 65% della popolazione e l’87% del PIL mondiale) oltre 1.300 miliardi di dollari di beni sono stati ad esempio acquistati “off-line” dopo essere stati cercati e individuati “on-line”.Infine le aziende - il Boston Con-sultin Group ne ha analizzate ol-tre 15.000 tra medie e piccole - che usano in modo esteso la Rete, ivi compresi i Network sociali, per ven-dere, fare marketing e interagire con clienti e fornitori, crescono più ve-locemente di quelle che non stanno sfruttando questa opportunità. Negli Stati Uniti le aziende molto presenti nella Rete sono cresciute, nel periodo che va dal 2007 al 2010, in media del 4,1%, ovvero sette vol-te più velocemente di quelle poco o non presenti. Un trend che è stato riscontrato esi-stere in tutti i Paesi presi in conside-razione dall’analisi, a prova del reale contributo che la Rete sta dando alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. (*) nei Paesi sviluppati il contribu-to al PIL della “Internet economy” raggiunge mediamente il 3.4%. Per quanto riguarda l’Italia nel 2015 l’In-ternet economy del Paese rappresen-terà tra il 3,3% e il 4,3% del PIL per un valore totale pari a 59 miliardi di euro. Il che sta a significare che per ogni euro di crescita del PIL circa 15 centesimi saranno da attribuire alla Rete.

Comunicazione

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Il conflitto, inteso come incompati-bilità di obiettivi, ha un ruolo fon-damentale nelle organizzazioni: se

non consi-derato nega-t ivamente, e quindi re-presso, la sua gestione può condurre a un ambiente stimolante, meno stres-sante, creati-vo e produt-tivo. Nel raggiun-gere questo traguardo la comunica -zione svolge un ruolo in-dispensabile. È infatti at-

traverso d’essa che il conflitto può essere esplorato e affrontato. Comunicare in modo efficace, tutta-via, non è sempre semplice. Spesso, infatti, è la stessa situazione conflittuale a influire su di noi e sul

nostro modo di comunicare con-ducendoci a reazioni inopportune: l’impiego di osservazioni offensive, la svalorizzazione dell’interlocutore, del suo discorso o delle sue idee, op-pure la delegittimazione dell’interlo-cutore a prendere il turno di parola, sono tutti elementi costitutivi della comunicazione conflittuale che pos-sono condurre il conflitto a intensifi-carsi e a diventare sempre più intrat-tabile. Come dobbiamo comportarci, quin-di, in situazioni conflittuali?

La managerial grid e il modello del duplice interesse

Un modello teorico per orientare l’a-nalisi e la pratica è quello che si rifà alla managerial grid o “griglia di ge-stione” elaborato da Robert Blake e Jane Mouton. Questi autori, nell’ambito della ge-stione delle organizzazioni, indicaro-no che gli stili di direzione di un’or-ganizzazione, assunti dal manager, variano in rapporto a due fattori: il primo è l’importanza riconosciuta dal manager alle persone o risorse

Manuele De Conti

Quando, a causa di obiettivi diversi, si origi-na una discussione la cosa non va considerata negativamente ma foriera di stimoli creativi

Un modello per la gestione consapevole di un momento complicato

Agire in conflitto

Comunicazione

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-Prima parte

Managerial Grid (Blake e Mouton, 1969)

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umane; il secondo è l’importanza ri-conosciuta da esso alla produzione.

Al variare dell’importanza attribuita a questi due fattori non varia solo il modo con cui il manager gestisce l’organizzazione ma anche la mo-dalità con cui comunica e affronta i conflitti che emergono con il per-sonale, identificando, più o meno esplicitamente, cinque differenti comportamenti comunicativi: la soppressione del conflitto, la ricon-ciliazione o l’accomodamento, l’evi-tamento del conflitto, la ricerca del compromesso e il problem solving.La logica presentata da Blake e Mou-ton attraverso la “griglia”, e che oggi è spesso utilizzata nell’ambito del cooperative learning per indicare i possibili atteggiamenti in un conte-sto collaborativo, fu ripresa e riela-borata in seguito da Rahim Afzalur. Quest’ultimo individuò negli “inte-ressi per sé” e “interessi per l’altro” i fattori in base ai quali differisce lo stile comunicativo con cui è affron-tato un conflitto. Nasce così la teoria del dual concern o “duplice interesse”: un alto disin-teresse per gli obiettivi della contro-parte e un alto interesse per i propri obiettivi conducono all’adozione di uno stile dominante e alla soppres-sione del conflitto; uno scarso inte-resse per gli obiettivi della contropar-te e uno scarso interesse per i propri obiettivi, possono condurre a evitare il conflitto; un alto interesse sia per i propri obiettivi sia per quelli della controparte, conduce invece all’ado-zione del problem solving o integra-zione. Dagli stili alle strategie

Mentre Blake e Mouton nel loro The Managerial Grid presentavano i vari comportamenti del manager come stili, molti degli autori a essi succes-sivi parlano invece, e soprattutto, di strategie. Gli stili sono i comportamenti agiti continuativamente e inconsapevol-

mente e pertanto considerabili come influenzati dalla situazione conflit-tuale; le strategie, invece, sono com-portamenti consapevolmente agiti, sempre nell’ambito della situazione conflittuale, per raggiungere qualche particolare obiettivo. Lo sviluppo di quest’impianto teori-co, verificato anche empiricamente, permette pertanto non solo di ana-lizzare come i nostri comportamenti comunicativi variano secondo l’inte-resse per i nostri e gli altrui obiettivi, ma anche di orientare tali compor-tamenti consapevolmente in base al risultato e al “clima relazionale” che si desidera ottenere.

Conclusione

Orientarsi nelle situazioni conflit-tuali non è mai semplice; non tutti, infatti, sono dotati per natura delle competenze di base per affrontarle. Tuttavia anche ai più favoriti, oltre che ai meno fortunati, avere model-li di riferimento elaborati da anni di studi e prove empiriche non potrà che essere d’aiuto: comprendere che per risolvere, gestire o impostare più correttamente il conflitto, è possibi-le adottare varie strategie non potrà che condurci a sfruttare più efficace-mente le risorse e i comportamenti che spesso già agiamo in contesti non appropriati riorientando così anche il nostro comportamento co-municativo. Illustrare queste strate-gie sarà l’argomento dell’articolo del prossimo numero. (Continua) no1 - 2012 - dm&c 29

Gli stili adottabili in un conflitto.

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Correva l’anno 1987 e quando partì DM (questa rivista così si chiamava all’origine) il mercato della comu-nicazione e del marketing si inter-rogava sul futuro di una disciplina di marketing molto nota negli Stati Uniti e che sarebbe dovuta esplodere in Italia: il Direct Marketing.Non solo v’erano agenzie specializ-zate, ma anche Aziende Pubbliche (SEAT in testa, e la consociata SA-RIN), che si facevano avanti per inse-gnare metodologie che erano inno-vative nel mercato italiano. C’era una associazione che le rag-gruppava tutte: l’AIDIM che con le sue settimane del Direct Marketing si poneva come crocevia per allarga-re la conoscenza di questo sistema di comunicazione.

Termini particolari

Interattività, Comunicazione diret-ta, Mail mirati: quantificazione delle redemptions dopo faticosi test effet-tuati con regressioni statistiche su Data Base precisi, composizione di una lettera commerciale, con scratch off e/o peel off ed anche la busta profumata, con accorgimenti per aumentare il tasso di ritorno della campagna, con tecniche per attirare

doppiamente l’attenzione del desti-natario della mail. Anche il telefono – il telemarketing - aveva le sue indicazioni: scripts, call sheet, adesione reale ed apparente, le domande di controllo, ecc…Un buon telefonista era un ottimo venditore e lo si capiva da come usa-va il tono della voce, da come dialo-gava, da come operava con perfetta conoscenza del prodotto/servizio che vendeva.Infine ce n’era anche per la pubbli-cità tabellare sulle riviste: il coupon doveva essere fatto in un certo modo, il Numero Verde, il posizionamento sulla pagine. E gli incontri personali dovevano essere preparati, attraverso Role Play precisi. Come pure un evento o una politica di incentive erano frutto di tecnica e grande attenzione manage-riale.

Su tutto: la relazione

Il cuore del Direct Marketig è sempre stata la relazione. Un rapporto diretto tra produttore e consumatore. Mai banale, sempre improntato sul-la franchezza, anche se a quel tempo c’erano i soliti furbi che vendevano

Bruno Calchera*

Una risorsa che non ha ancora trovato un suo giu-sto riconoscimento. Valida per instaurare una rela-zione purché si sappiano rispettare le giuste regole

La comunicazione mirata è una risorsa da ritrovare

Ricordate il Direct Marketing?

Comunicazione

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-

* Direttore Generale del Banco Informatico e mem-bro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia.

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idee che erano un tranello per chi aderiva: ricordiamo il famoso “Hai Vinto!” e solo dopo uno scopriva che avrebbe, al meglio, partecipato ad un concorso.In tutti quegli anni c’era una “affer-mazione” che girava “ questo sarà l’anno del Direct Marketing…”. Lo si diceva convinti che alla fine si sarebbe potuto far concorrenza a quell’altro sistema di comunicazio-ne: la pubblicità sia su carta che in televisione. Budget ingenti alla pubblicità, mar-gini sempre ristretti al Direct Marke-ting. Il sogno di tanti era sperimentare un modo, molto meno dispendioso, veri processi commerciali vincenti. Si sognava una rivoluzione culturale nel marketing, passando dalla comu-nicazione di immagine o di impulso a quella relazionale, reale, con l’iden-tificazione del prodotto giusto per il cliente perfetto.Dicono che tutto è cambiato con In-ternet.

Requiem per il D.M.?

Dicono pure che il Direct Marketing è defunto. E per certi versi hanno ragione. Infatti: i costi postali sono così alti per cui è difficile immaginare di fare mail. Prima le caselle di posta a casa erano piene di carta, oggi sono piene di bollette e fatture. L’unico mail che resiste. Poi è venuta la legge sulla privacy, le lettere con indirizzi acquistati sono divenute illegali. Il telefono è cambiato. Non più tele-fono fisso ma solo cellulari. Alti costi e su quale guida si poteva-no trovare i telefoni? La pubblicità, il famoso Direct Re-sponse, privo di Coupon, ma con immagini sempre più accattivanti, l’emozione. Lo scratch off ora im-piegato in modo molto diffuso su biglietti delle lotterie o sui cartellini della sosta. Infine la lettera giusta e la telefonata professionale non si sa più

come comporla.Però anche oggi si mandano lettere e si fanno telefonate.Anche oggi si cerca in mille modi di comunicare per farsi notare dall’interlocutore. E’cambiato il mezzo: ora l’ email (o lo spam)…il banner , il sito internet. Le telefona-te?… Ci sono infiniti Numeri Verdi … le segreterie telefo-niche automatiche, che con diversi passaggi sfidano la pazienza dell’interlocutore che ha bisogno.Una privacy individuale, protetta e spesso discussa e discutibile. Numeri di telefono con pedaggio temporale ad alto costo. Trasmissioni televisive che inducono alla chiamata per l’acquisto. Le “solite” truffe … le “solite” pro-messe sui siti WEB, che come allora, non danno ciò che promettono.

Attenzione alle affermazioni

Ma il “Marketing Diretto” di Bob Stone può insegnarci ancora qualche cosa?Il “Metodo Dialogo” di S. Vogele ha qualche cosa da dire ancor oggi?(Sono due testi base per coloro che hanno studiato e messo in pratica le metodiche del Direct Marketing di allora)Il Direct Marketing non esiste più, è da cancellare come metodo della co-municazione 2012?Innanzi tutto il Direct è metodo, cioè un modo di operare, di lavorare, di fare comunicazione. Prima di affer-mare che non serve andrebbe guar-dato con attenzione.Queste linee di metodo hanno alcu-ni capisaldi:- la misurabilità innanzi tutto: cioè la possibilità di conoscere con alto tasso di probabilità statistica l’esito di una campagna di comunicazione (test, data base, statistica, mail). - il metodo dialogo insegna a scri-vere le lettere: è opportuno che le lettere email vengano scritte no1 - 2012 - dm&c 31

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bene, con accortezze, magari in-serendo quei suggerimenti che sono indispensabili per “una let-tera di successo”, fatta di sottoli-neature ed immagini “captive”. In ottimo italiano, con parole semplici e una grammatica ben applicata.- la personalizzazione: conosce-re l’interlocutore arricchendo la nostra banca dati per conoscere non solo alcune informazioni di profilo, ma di gradimento, dei prodotti e servizi che si propon-gono. Ad esempio il Direct Mar-keting sviluppa la post vendita. Il Fullfillment è sempre stata una parola chiara nel marketing. Un sito internet è una vetrina ad esempio, ma deve dialogare. Far vedere, ma rendere possibile fa-cilmente un contatto personale. Si deve vedere l’interlocutore con cui si dialogherà. Un sogno? No. Una esigenza!

Altri suggerimenti

- la telefonata corretta: la prima domanda di controllo è sapere se è il momento opportuno per sapere l’opinione del destinatario sulla nostra proposta. Ora si par-te in tromba sul filotto : “ siamo una azienda … che ha … e che desidera ... abbiamo previsto” – circa 2 minuti ininterrotti di proposta senza le famose doman-de di verifica, o di conoscenza. Come se il telefonista non sapes-se “gestire” la relazione ma fosse un disco, anche ben registrato, fatto da una persona demotivata e poco propensa alla flessibilità nel modificare il proprio linguag-gio, con uno script rigido, senza vie di recupero.- il Data Base aggiornato: non si fa marketing diretto senza un Data Base “vivo”. Deve in ogni caso essere “vissuto” cioè testato in più occasioni, arricchito. - Direct Respone: e se alla fine si puntasse di meno sull’emozione,

sulla apparenza, sull’immagine da offrire di sé al mondo, se la pubblicità parlasse di prodotto, delle qualità, delle ricerche che la società ha fatto e non burlasse l’interlocutore con parole inesi-stenti.- le fiere: grandi momenti di incontro. Oggi si assiste ad una proliferazione esagerata di incon-tri, di workshop, come pretesto per far andare gente a visitare la fiera. Il Direct insegna a costru-ire in modo interattivo anche il momento fieristico. Lo stand deve diventare un luogo dove si fa esperienza della vita e dei pro-dotti di quella società. - il telefono: che la multimedia-lità ha reso strumento multi uso, al punto da disperdere lo scopo originale (si telefona o si guar-dano/ e fanno le email?). La te-lefonata serve ma bisogna avere un linguaggio ricco, che più che far capire, faccia vedere … cosa si dice.

Green communication

Il Direct Marketing insegna come disciplina ancor oggi a comunicare. Si impara a fare i conti con i fonda-mentali della comunicazione che in prima battuta si riassumono nella parola Redemption.Fai comunicazione. Ma se serve deve darti ritorni. E’ necessario quantifica-re i ritorni.Ad esempio la verifica su Google Analytics delle visite al nostro sito deve trovare un parametro di riferi-mento. Una frazione: quante visite fratto quanti ritorni. Quante visite fratto quante telefonate informati-ve o mail di richiesta dati. Insomma fare i conti con i numeri è una sag-gia pratica che il Direct Marketing ha introdotto in modo quasi mania-cale, per non far perdere quattrini e cancellare ogni autoreferenzialità dai prodotti pubblicitari in genere.Direct Marketing è Green Comuni-cation.

Comunicazione

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La notissima strategia Oceano Blu di W.Chan Kim e Renée Mauborgne in estrema sintesi sostiene che dall’oce-ano rosso della competizione spieta-ta bisogna cercar di passare all’ocea-no blu , calmo e senza concorrenza, dove per vincere bisogna innovare ed espandersi.Nel mondo del motorismo sporti-vo il Campionato Superbike (SBK) è un’ottima dimostrazione della vi-sione ricostruzionista della strategia, secondo cui per trovare il proprio oceano blu non è necessario a tutti i costi creare qualcosa di assolutamen-te nuovo, ma “solo” essere capaci di dare un nuovo valore a cose che già esistono, reinterpretandole in ma-niera diversa. Ovvero, per dirla con le parole “premonitrici” del marke-ting SBK nel 2001: “noi sappiamo guardare dove altri non vogliono guardare”.SBK:, nato nel 1988, è regolamenta-to dalla FIM (Federazione Interna-zionale di Motociclismo) e gestito e promosso da Infront Motor Sports di Roma, evoluzione della struttura originariamente creata da Maurizio Flammini, tra i più noti e creativi

promotori di eventi motoristici. I mezzi sono derivati dalla produzio-ne di serie e si tratta di moto 1.000 cc 4 cilindri o 1.200 cc. bicilindriche.

La strategia SBK

Per inquadrare l’approccio di SBK, possiamo leggere il mondo del mo-torismo sportivo (automobilistico e motociclistico) secondo due chiavi• campionati con mezzi in qualche modo derivati dalle produzioni di serie e campionati disputati tra pro-totipi e/o mezzi espressamente creati per la competizione • globalità dell’evento percepita da parte del grande pubblico. In questo senso, campionati certamente sentiti come globali sono la Formula 1 e il Moto GP, mentre a forte connotazio-ne nazionale sono ancora conside-rati DTM e NASCAR, tedesco uno e americano l’altro. Guardando poi a come le diverse formule hanno gestito nel tempo il trade off tra dimensione sportiva / popolare e dimensione legata al bu-siness, possiamo ancora distinguere tra almeno due fasi evolutive, quasi no1 - 2012 - dm&c 33

Maurizio Quarta

Il successo del Campionato mondiale Super-bike (SBK) può essere riletto come una sagace applicazione della strategia “Oceano Blu”

Saper guardare dove altri non vogliono guardare

Il colore dell’oceano

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-Foto “Rent a Journalist”

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due vere e proprie ere:• Una pioneristica, caratterizzata da grande presenza ed entusiasmo popolare sui circuiti, relativamente poche regole, grande confusione e spontaneismo (in senso positivo), grande presenza entusiastica di tanti sponsor anche piccoli e medi, com-presenza di tanti team dal grande al medio piccolo• Una fortemente business oriented, favorita anche dallo sviluppo televi-sivo e multimediale, caratterizzata da una grande, e talvolta eccessiva, ricerca dell’ORDINE (in lettere volu-tamente maiuscole). ORDINE che si ritrova dappertutto: nei percorsi di accesso ai circuiti, nelle modalità di accesso a box e paddock, in strutture di controllo e gestione accessi costo-se e molto sofisticate, nella riduzione degli inserzionisti sui circuiti, nella gestione degli sponsor che divengo-no molto pochi e con budget deci-samente impegnativi se non addi-rittura faraonici, nella creazione di barriere all’entrata per nuovi team, nel sempre più elevato livello di in-vestimenti richiesto ai team che por-ta quasi naturalmente alla soprav-vivenza dei soli più grandi, in una minore accessibilità complessiva di tutto il sistema.

Formula originale

L’originalità della formula SBK emer-ge chiaramente utilizzando lo sche-ma diagnostico del quadro strategi-co presentato da “Strategia Oceano Blu”. In un primo quadro, riferibile al mondo dei campionati motoristici che utilizzano mezzi di derivazione dalla produzione stradale, i fattori chiave sono:• sofisticazione tecnica, che esprime l’investimento richiesto per poter essere anche minimamente compe-titivi• investimento complessivo richie-sto ai singoli team per competere• investimento richiesto agli sponsor• accessibilità da parte del pubblico

a piloti, mezzi e all’ambiente che li circonda• Numero di case presenti• Globalità percepita• Copertura televisivaSBK, rispetto ad altre formule deriva-te dalla serie, ha trovato il suo oce-ano blu in una dimensione globale, ottenuta mantenendo comunque fede alle sue radici e al suo spirito di formula nata “minore”. Non è ca-suale che la Marketing Guide di SBK reciti testualmente: “ … il sistema integrato di studio e realizzazione di ciascun evento è finalizzato a mas-simizzare gli interessi di spettatori e Sponsor”.

Fattore “globalità”

Il fattore globalità ci porta quasi na-turalmente al secondo quadro strate-gico, che si riferisce al mondo degli sport motoristici globali. In questo contesto sono stati considerati i me-desimi fattori del quadro precedente, con la sola aggiunta della spettaco-larità della formula, con cui si fa ri-ferimento non tanto allo spettacolo godibile nel corso di ciascun evento, quanto a come il meccanismo agoni-stico (regole e struttura dell’evento) è disegnato per ottenere il massimo del godimento da parte del pubblico, sui circuiti e in televisione.Anche qui l’oceano blu di SBK emer-ge con notevole chiarezza.Dalle risultanze combinate dei due quadri strategici possiamo ridefinire cosa è SBK e in cosa sta la formula del suo successo: evento motoristico globale e accessibile.

Un percorso complesso

Sempre il modello di Kim e Maubor-gne può aiutarci a capire il percorso compiuto in questi anni, attraverso lo schema dell’ eliminare - aumenta-re – ridurre – creare.Sono stati eliminati l’’eccesso inutile di tecnologia e strutture di controllo ridondanti e troppo onerose.Sono stati aumentati il numero di

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case costruttrici e il numero di team in gara; la facilità di accesso al pub-blico soprattutto al paddock; la spet-tacolarità delle gare (due nell’arco della giornata); la presenza attiva ed entusiasta dei piloti; la cura per gli interessi di spettatori e sponsor (punto particolarmente qualificante, specie se si pensa alle medie aziende, come tali portatrici di budget non elevatissimi in assoluto).Sono stati ridotti il numero di stelle tra i piloti e i costi in generale.E’ stato creato un evento per tutti e accessibile a tutti (es. il Paddock Show, definito “cuore e anima del paddock”) e soprattutto una menta-lità aperta e disponibile ad offrirsi al pubblico.

I risultati della SBK

Logico misurarli in funzione del mantenimento della “promessa” di massimizzare gli interessi di pubbli-co e sponsor, specie di quelli medi.I circuiti sono sempre pieni e affolla-ti, con punte da Formula 1 su alcuni circuiti e grandi sono il divertimen-to, il coinvolgimento e la soddisfa-zione da parte del pubblico, con una forte attrazione esercitata anche nei confronti di chi motociclista non è. Le componenti del mix spettacolo:• moto strettamente derivate dalle produzioni di serie con un alto gra-dimento degli appassionati, che pos-sono veder correre i loro mezzi stra-dali in versione racing sui circuiti più prestigiosi• forte attenzione allo spettacolo e al mantenimento di una sana tensione agonistica. • un parco concorrenti ampio: ol-tre 20 piloti di otto nazioni, 7 case produttrici (con le italiane Aprilia, recente entrante e già vincente, e la veterana Ducati), una quindicina di team. A questi vanno aggiunti i pilo-ti delle serie di contorno, Supersport e Superstock 1000 FIM• un calendario internazionale ric-co e diversificato, con 13 gare in tre continenti: Europa, Australia, USA.

Un occhio agli sponsor

Guardando agli sponsor: oltre alla numerosità, emerge con chiarezza una forte e significativa presenza di PMI. Per budget medio piccoli e orientati agli aspetti di relazione è stato quasi naturale muoversi verso uno sport dove era ancora possibi-le trovare spazi. A ciò si aggiunga il fatto che la congiuntura economica negativa ha sì avuto ripercussioni anche sugli investimenti pubblicitari (-10/15% a seconda delle stime), ma ha anche visto una ridefinizione del mix a favore delle sponsorizzazioni sportive rispetto ad altre forme.Molteplici sono le motivazioni che spingono aziende di medie dimen-sioni a valutare positivamente un in-vestimento in SBK:• è uno dei tre eventi globali del mo-torismo sportivo, insieme a F1 e Mo-tomondiale• una copertura televisiva globale, con oltre 2 miliardi di spettatori at-traverso 90 televisioni in più di 170 paesi collegati. Solamente in Italia nel 2008 lo share su La7 è stato pari al 5.3% con tendenza in forte au-mento • un milione di spettatori sui circuiti • oltre 550.000 contatti unici mensili sul sito ufficiale della serie.

Elemento interessante

Soprattutto, un elemento di partico-lare interesse per le aziende italiane è rappresentato dalla forte componente di italianità presente nel campionato a livello di piloti (cinque in SBK tra cui spiccano i nomi di Max Biaggi, Marco Melandri e Michel Fabrizio), di eventi (tre gare a Monza, Misano e Imola). Cui vanno aggiunti il solo fornitore ufficiale di pneumatici, la Pirelli, che ha festeggiato l’evento di Monza del cento cinquantenario con il tricolore sulle gomme e l’anima ita-liana (in Infront, attuale proprietario e organizzatore della serie, è infatti confluito l’FG Group, legato allo sto-rico nome di Flammini). no1 - 2012 - dm&c 35

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Tre esempi su cui riflettere.“Oggetto: Re: R: Re: R: Recensioni Appena mollo il pupo ti chiamo: presu-mibilmente tra le 9.15 e le 9.30”. “Strategia di marketing finalizzata alla promozione territoriale dei d’intorni (sic) di Roma”. “Destagionalizzazione, obiettivo pri-mario degli operatori turistici della ri-cettività sul nostro territorio”.Tullio De Mauro, il noto linguista, ha lanciato l’allarme: il 70 percento degli italiani non è in grado di capire un testo italiano mediamente com-plicato. Non conosce il senso della parole né è in grado di afferrare quel-lo della frase. Dunque si assiste a un analfabeti-smo di ritorno in un Paese di laureati brevi e lunghi, digital born, e dove la permanenza sui banchi di scuola delle classi medie superiori spesso su-pera l’età dei diciott’anni, burocrati-camente la maggiore età.I tre esempi (reali) sopra riportati ne sono la testimonianza.Nella mia esperienza di docente di marketing e comunicazione a un master universitario per il turismo, mi sono imbattuto in quella tesi sul

rilancio turistico a favore del circon-dario romano; pensate forse che, al momento dello scrivere, l’autore si sia dibattuto tra lo scegliere fra “d’intorno loc. avv., loc..m. var. —> dintorno intorno a loc.prep.” e “din-torno avv., s. m. CO un paesino nei dintorni di Roma; non può essersi allontanato, deve essere ancora nei dintorni” (T. De Mauro, Grande di-zionario della lingua italiana)? Troppa grazia santantonio!

Difetto trasversale

E che dire allora del comunissimo di-fetto, ché di difetto trattasi, trasver-sale a tutte le classi sociali funzioni aziendali, pubbliche e private, di uti-lizzare una remota se non addirittura remotissima e-mail per agganciare on-line un interlocutore su un tema per niente legato al soggetto origina-le (RE:, chissà poi perché no: Ogg.: e basta ?), frutto di una pigrizia di-sonorevole: non m’affatico a cercare vado il nominativo in rubrica @, ma “becco” direttamente l’ultimo con-tatto utile della persona con cui vo-glio corrispondere on-line.

Piergiorgio Cozzi*

Non sappiamo più leggere né scrivere. Però preten-diamo di comunicare. Il 70 per cento degli italiani ha difficoltà con i testi scritti nella loro lingua

Il fenomeno dell’analfabetismo di ritorno

Cervello? Tracce

Comunicazione

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*giornalista, docente di comunicazione d’impresa

[email protected]

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Così, soprattutto nella corrisponden-za aziendale, quando vai a cercare la risposta del tuo capo redattore circa la domanda su quali temi indirizza-re la tua ricerca di libri da recensire, ti troverai a scoprire che detto gior-nalista è anche padre affettuoso, che prima di incominciare la sua faticosa giornata al giornale quotidianamen-te si occupa di trasportare personal-mente il “pupo” all’asilo.

Costretto a “scrollare”

E tu, nel frattempo, sei costretto a “scrollarti” leggendole tutte, perché il ‘Re’ inganna, decine di e-mail pri-ma d’incappare in quella ‘giusta’, fuorviato dall’Oggetto che non c’en-tra proprio col contesto. Proverbiale inefficienza personale e aziendale che vanifica il “supporto” della tecnologia? Pigrizia o, peggio, ignoranza tout court? Terzo esempio. Quando ai tempi del-le baronie universitarie del secolo e millennio passati si studiava davve-ro, cioè quando l’insiemistica non aveva ancora fatto la sua comparsa e la geografia non era ancora stata cas-sata dai programmi in quanto “non strategica ai fini dell’apprendimen-to” (ministro della P.i. Berlinguer), coloro che sarebbero poi diventati docenti universitari nelle varie facol-tà di Scienze turistiche (dipartimento di economia) ricorrendo a opportu-ne strategie e tattiche di marketing, avrebbero invitato gli operatori tu-ristici a prolungare, sviluppare, au-mentare, estendere, ampliare, accre-scere, dilatare, protrarre, allungare la stagione turistica. Giammai a “destagionalizzarla”. Perché sapevano che “destagiona-lizzare” - orrendo verbo ormai sulla bocca di tutti, ma proprio tutti, dal ministro del Turismo al più sprov-veduto agente di viaggi e studente di marketing - significa: “non tener conto, nell’analisi del mercato o di fenomeni di lungo periodo, dei dati evidentemente condizionati dall’in-fluenza economica di un preciso

momento dell’anno”, la stagione appunto (A. Gabrielli, Grande di-zionario italiano, Hoepli). L’abc del marketing. Eppure…Confusione e ignoranza di base tengono ben viva e attuale la definizione dello storico economista C.M. Cipolla che recita, lo ricordo per i più distratti: “ recare danno agli altri senza produrre vantaggi per sé configura la terza aurea legge della stupidità umana”. Non sappiamo più parlare, né scri-vere (guardate i rapporti e la comuni-cazione aziendale: c’è da inorridire). Perché viziati dagli sms e dalla tecno-logia dilagante, certo. Però anche perché abbiamo perduto la capacità di analizzare ‘razional-mente’ un testo. Qualunque testo, non solo quelli ‘complicati’.

Un test semplice

Volete un esempio? Eccovelo servito sotto forma di test semplice semplice con il quale, se lo desiderate, potete misurarvi.«Un illustre primario di un noto cen-tro di cura per le malattie mentali illustrava a una platea di specialisti della materia riuniti a congresso la sua tecnica di successo che, nel corso di lunghi anni di studi e di sperimen-tazione, aveva sviluppato con la sua équipe per individuare precocemen-te la pazzia umana. “Al momento del suo ingresso nella nostra struttura sottoponiamo ogni paziente al test della vasca da bagno. Lo portiamo in presenza di una vasca colma d’acqua e domandiamo quale mezzo sceglierà per vuotarla:• un cucchiaio da tavola?• una tazza da tè?• un secchiello come quello che i bambini usano in spiaggia al mare?A seconda della risposta, giudichia-mo se il soggetto è pazzo oppure no”, concluse l’illustre studioso».Voi per svuotare una vasca da bagno quale mezzo utilizzereste?Se siete interessati alla risposta, do-mandatemelo. Scrivetemi.

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E’ un principio che impariamo fin da bambini:“Ogni gioco ha le sue regole”. Ed è importante rispettar-le per far si che il momento ludico raggiunga il suo obiettivo principale che è quello di divertire chi decida di prendervi parte, ricreando il suo spirito.Se applichiamo questo principio al mondo del marketing e delle fide-lizzazioni le conseguenze sono sor-prendenti. Gli studiosi di questi metodi di rela-zione ci insegnano che fidelizzare il cliente richiede sempre di più fanta-sia e innovazione.

Meccanismi premiali

Non basta adottare meccanismi pre-miali che inducano il cliente a man-tenere la relazione con l’azienda. Occorre anche che il programma di fidelizzazione si trasformi in un’espe-rienza in sé, che sia piacevole e abbia elementi positivi per il solo fatto di prendervi parte. Se questa è la tendenza attuale dei programmi di fidelizzazione e del cosiddetto loyatly marketing si capi-

sce per quale motivo i programmi di fidelizzazione mescolino sempre di più le loro regole con giochi e mecca-nismi promozionali che hanno a che fare con il divertimento individuale oltre che con l’incentivazione a mec-canismi di acquisto.Questo comporta che sempre più spesso i programmi di fidelizzazione entrino nel territorio del gioco e del-la competizione. Tutto bene, sotto il profilo della cre-atività.

Confine sottile

Ma è importante tenere presente, come ricordavo nella premessa, che anche in tale contesto le regole van-no rispettate e non bisogna travalica-re il confine sottile che separa spes-so le tecniche di marketing efficaci dai comportamenti illeciti e vietati dall’ordinamento. Occorre quindi tenere presente, quando si organizzano programmi di fidelizzazione, che la creatività e l’innovazione non devono supera-re i confini segnati dai divieti delle cosiddette prassi commerciali sleali.

Marco Maglio

Chi crea programmi di fidelizzazione è bene che sappia che col gioco non bisogna esagerare e che questo deve essere solo uno degli ingredienti per ottenere la loyalty

Fidelity Card e Giochi

L’importanza delle regole

Marketing

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Si tratta di quelle norme, contenu-te nel Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005) che sanzionano ogni pra-tica contraria alle norme di diligenza professionale. Sono quindi da evitare le iniziative idonee a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in re-lazione al prodotto, del consumatore medio.In forza di tali disposizioni, queste pratiche sono vietate in particolare quando, tenuto conto delle caratteri-stiche e circostanze del caso, induca-no o siano idonee ad indurre il con-sumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.Conseguentemente occorre stare molto attenti a questi aspetti quan-do si crea un meccanismo di fideliz-zazione che intrattiene il cliente con elementi che hanno a che fare con giochi o con aspetti che possono al-terare il rapporto diretto tra il consu-matore ed il prodotto oggetto della promozione.

Imprese e consumatori

Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza 14 gennaio 2010 nel procedimento C-304/08, avente ad oggetto l’inter-pretazione della direttiva del Parla-mento europeo e del Consiglio 11 maggio 2005, 2005/29/CE sulle pra-tiche commerciali sleali delle impre-se nei confronti dei consumatori. La questione era stata sollevata dal giudice tedesco nell’ambito di un procedimento che vedeva contrap-posti, in Germania, un’associazione a tutela dei consumatori ed una so-cietà di vendita al dettaglio. Nel caso specifico con una mirata campagna promozionale denomi-nata “Diventa milionario!” la socie-tà invitava il pubblico ad acquista-re i propri prodotti, precisando che

l’acquisto avrebbe consentito agli acquirenti di accumulare punti; con almeno venti punti si partecipava gratuitamente a due estrazioni del lotto. Da qui la chance di diventare milionario, ma anche la denuncia dell’associazione e due condanne, in primo e secondo grado, per la socie-tà. Alla luce di questo precedente si può dire che anche la fidelizzazione ha le sue regole e che fidelizzare gio-cando è senz’altro efficace. Ma per evitare rischi occorre che il gioco sia chiaro e le norme che lo disciplinano siano trasparenti e non alterino il rapporto tra il gioco, il prodotto e la realtà. Insomma: niente di male nell’indur-re i consumatori a rimanere fedeli ad un prodotto attraverso i meccanismi del gioco. Ma occorre evitare di al-lontanare troppo il consumatore dal contesto nel quale opera per fare le sue scelte di acquisto. Il legislatore vuole evitare che il con-sumatore sia indotto al consumo solo perché vittima di un meccani-smo di gioco.

Spunto di riflessione

Lo spunto di riflessione è interessan-te e ci sarebbero molte osservazioni da sviluppare su cosa comporti que-sto criterio giuridico portato alle sue estreme conseguenze. Ma per chi crea programmi di fide-lizzazione credo basti sapere, come criterio pratico, che col gioco non bisogna esagerare e che alla fine, è bene che questo sia solo uno degli ingredienti che vanno sapientemen-te miscelati per rendere efficace un sistema di loyalty. Anche perché, come insegna la sag-gezza popolare un gioco è bello quando dura poco. E i programmi di fidelizzazione inve-ce, se sono efficaci, sono destinati a durare a lungo. no1 - 2012 - dm&c 39

[email protected]

Avvocato in Milano e fondatore di Lucerna Iuris, il primo Network

Giuridico Europeo formato da legali di tutti i paesi dell’Unione Eu-

ropea esperti di questioni di marketing e di comunicazione.

Insegna Diritto dei consumi e del marketing e Diritto della sicu-

rezza Alimentare nelle Università di Milano e Parma. Dopo esse-

re stato Consigliere Delegato di AIDIM (Associazione Italiana del

Marketing Diretto ed Interattivo) per le relazioni istituzionali, le

pubbliche relazioni e gli affari legali, dal 2004 presiede il Giurì per

l’Autodisciplina nella comunicazione commerciale diretta e interat-

tiva e nellevendite a distanza. E’ membro del Consiglio Direttivo di FEDMA (Federazione Europea

del Direct Marketing) in rappresentanza dell’Italia.

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Tutti gli stress traumatici prolungati, vanno attentamente annullati allo scopo di evitare la loro trasforma-zione in vere e proprie fobie, difficil-mente controllabili.Al fine di educare il cane e dandogli modo di fare esperienze utili, è ne-cessario abituarlo gradualmente alla loro sopportazione ed eventualmen-te riproporli di tanto in tanto come ricordo non spiacevole.Approfitta della convivenza in casa per abituarlo al classico rumore del-la porta che sbatte, prima molto len-tamente, poi in modo più violento. Durante le passeggiate, sosta spesso in prossimità di luoghi molto traffi-cati in modo che si abitui ai rumori cittadini. Se hai occasione, puoi riprodurre an-che altri rumori possibili e ricorrenti nella vita quotidiana. L’apertura di un ombrello potrebbe spaventarlo, perciò abitualo alla sua presenza, muovendolo in casa dove passerebbe inosservato. Lo stesso metodo può essere usato con scato-loni o altri oggetti ingombranti.È utile frequentare ambienti con presenze umane sconosciute per ave-re un buon livello sociale ed anche perchè si renda conto che gli umani, solitamente sono innocui. Frequenta ambienti in cui puoi tro-vare altri cani con i quali può socia-lizzare e giocare. Attento, quando vai al parco favo-risci contatti con cani conosciuti o

sotto controllo del loro padrone per evitare lo stress da minacce o zuffe.Quando è cucciolo, bisogna anche abitualo a restare solo anche per po-chi momenti, può essere utile a sop-portare lunghe permanenze in casa senza la presenza dei padroni. Puoi fare una buona simulazione, quando sei in casa, chiudendolo in una stanza da solo per poi entrare, come per caso, nei momenti in cui non chiede di uscire. È anche importante che accetti di ri-manere, senza problemi, con perso-ne sconosciute utili in casi di emer-genza. Fin da piccolo, è necessario abituarlo a piccoli viaggi in auto o se necessa-rio su mezzi pubblici. Molti problemi di mal d’auto o di nervosismo da orientamento, sono dovuti alla inesperienza della preca-rietà del suolo ed alla mancanza di equilibrio fisico. Ritardare o anticipare volutamente la somministrazione del pasto, l’in-tervento sull’orologio biologico, ha lo scopo di rendere più elastiche le sue abitudini. Può essere utile abitua-re il cucciolo al contatto per quando si dovrà fare la visita dal veterinario, quindi controllare le orecchie, tocca-re le zampine e anche le parti intime. È importante evitare traumi inutili, non si deve porre il cane sotto una campana di vetro perciò, con il tem-po, è necessario abituarlo a visite più tradizionali.

Davide Canonici

No stress!

Comunicazione con i Cani

È importante evitare traumi inutili ma non si deve porre il cane sotto una campana di vetro.Gradualmente va abituato alla vita di tutti i giorni

Per evitare fobie non controllabili

dm&c - no1 - 201240

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Viva la felicità Una ricerca evidenzia che l’attuale clima economico porta l’85% degli italiani a rivalutare ciò che è impor-tante nella vita, alla ricerca del “late-ral living”.La professione non è più l’unico in-dicatore dello status di una persona: solo il 28% giudica le altre persone per il lavoro che fanno, mentre il 77% ammira coloro che concretiz-

zano le proprie ambi-zioni e i propri sogni personali.La famiglia occupa oggi un posto essen-ziale nel cuore degli italiani: per 7 Italiani su 10 viene prima del-la vita professionale e un terzo circa (33%) degli italiani in futuro vorrebbe trascorrere più tempo a casa con i propri cari.Più di un quarto degli Italiani (27%) vorreb-be riuscire a trovare un miglior equilibrio.Oltre la metà (58%) dice di aver riscoperto cose, persone e attività

che aveva dimenticatoUn nuovo trend globale emergente che indirizza lo stile di vita verso au-tenticità, coscienza ambientale e ri-cerca dei valori. Il 78% degli intervistati (circa 2000 italiani sopra i 16 anni) dichiara che l’attuale clima economico li ha por-tati a ripensare la propria carriera e il 19% sostiene che Internet è un’im-portante fonte di ispirazione per esprimere il proprio potenziale.

Sicuri insieme Parte in questi giorni il progetto scuole promosso da Goodyear Dun-lop Italia con la partecipazione attiva della Polizia Stradale e il patrocinio del Ministero dell’Interno e di quello della Gioventù.

La campagna coinvolgerà 71 istitu-ti, 465 classi e oltre 12.000 studenti delle scuole secondarie di secondo grado di Lombardia, Lazio e Puglia.Si compie un ulteriore passo del pro-getto “Sicuri Insieme: Goodyear per l’educazione stradale”, iniziato la scorsa primavera con il lancio del cartone animato “Goodhero”. Obiettivo, contribuire all’educazione dei giovani sui temi della sicurezza stradale a partire da un linguaggio positivo e responsabilizzante. Al lancio del cartone erano seguiti la realizzazione di un sito web dedicato ai temi della sicurezza e di un’appli-cazione gioco per Facebook, iPhone e iPad. Quindi il progetto scuole. Le lezioni in classe vogliono offrire spunti di riflessione e apprendimento inerenti ai comportamenti stradali, suggerire accorgimenti utili per una circolazio-ne corretta e coscienziosa, in un’ot-tica di autotutela e rispetto degli al-tri, favorire la presa di coscienza dei propri limiti e delle proprie capaci-tà di reazione, approfondire il tema del valore della vita, dell’importanza dell’autonomia, della responsabilità e della convivenza civile.Professori d’eccezione di questa cam-pagna sono gli stessi poliziotti che nei mesi scorsi hanno partecipato ad un’apposita formazione ad hoc che prevede il coinvolgimento attivo dei ragazzi.

Giornalisti e social media

L’impatto sociale dei Social Media è inarrestabile, così come la presenza nell’ecosistema dell’informazione. Ma qual è la loro effettiva influen-za sul giornalismo e sui giornalisti? Quanto vengono considerati affi-dabili come fonte da sviscerare per costruire la notizia? Come sono utilizzati nel lavoro redazionale? E che ruolo hanno nella promozione dell’immagine di chi scrive?Uno dei nodi fondamentali del rap-porto tra Social Media e informazio-ne risulta essere l’affidabilità. dm&c - no1 - 201242

Fatti & Persone

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Solo il 5% dei giornalisti intervistati ripone piena fiducia in questi mezzi, mentre all’opposto, l’8% non si fida minimamente. La maggior parte (62%) li considera attendibili, preferendo sempre e co-munque verificarne la veridicità. Facebook, Twitter, blog e affini rap-presentano strumenti di ampissima diffusione, in grado di selezionare, elaborare, aggregare e condividere le notizie: ma che ruolo hanno effet-tivamente nel lavoro quotidiano di redazione? Il 38% attribuisce ai So-cial Media il ruolo di fonte di infor-mazione, da utilizzare unitamente a tutte le altre. Il 25% si serve dei vari post per confrontare i diversi punti di vista, mentre il 24% non li tiene nemmeno in considerazione. L’11% attinge dalle reti sociali dettagli e ri-cami per “farcire” le proprie storie, mentre rimane praticamente invisi-bile (2%) quella fetta di rispondenti che li utilizza come fonte primaria.Ma l’utilizzo dei canali Social nel la-voro di redazione per molti rappre-sentano un vero e proprio mezzo di promozione della propria immagine.

Aziende “social” Secondo i dati emersi dall’indagine “Quanto è Social la tua Azienda?” - condotta in collaborazione da AI-DiM, ANVED ed eCircle sull’utilizzo dei social media da parte delle azien-de che operano sul territorio italiano - emerge come i social media sono considerati strumenti molto utili per aumentare l’interazione con i con-sumatori e per raccogliere opinioni/feedback sul brand o sui relativi pro-dotti, ma mancano strategie chiare per sfruttarli efficacemente con l’o-biettivo di raggiungere concrete op-portunità di business.La ricerca ha raccolto pareri e opi-nioni di 315 responsabili marketing e direttori commerciali di aziende italiane che operano nei principali settori merceologici. Il dato sicuramente più significativo riguarda la percentuale di utilizzatori

dei social media: il 75% dei r i s p o n -denti ha infatti di-ch i a r a to di utiliz-zare già Facebook, T w i t t e r , blog & Co. e, nel caso delle a z i e n d e di e-com-merce, il dato rag-g i u n g e una per-centuale quasi intera. Gli intervistati che affermano di non aver ancora sperimentato questo ca-nale di comunicazione adducono come motivo principale quello di non avere ancora elaborato una stra-tegia chiara sul mezzo. Di questi, il 22% prevede di sperimentarlo certa-mente nel futuro, mentre il 42% lo farà con ogni probabilità.Due terzi delle realtà aziendali che già hanno adottato questi nuovi strumenti sembrano avere ancora obiettivi generici e poco focalizzati. Facebook si conferma il social net-work più utilizzato dalle aziende ita-liane (84%) anche per il settore B2B, seguito a ruota da LinkedIn e Twit-ter; nonostante sia “appena nato”, anche Google+ registra un alto tasso di gradimento (il 25% delle aziende lo ha già scelto). Oltre il 60% delle imprese sceglie di promuovere il pro-prio brand o prodotto con una fan page e il 50% lo fa con un profilo, mentre solo il 30% sceglie di piani-ficare campagne pubblicitarie sui so-cial media. Secondo il campione intervistato solo il 39% dei propri clienti intera-gisce con regolarità sui social media. I motivi dell’interazione sono chia-ri e precisi: scambio di opinioni sui prodotti con altri utenti (50%), ri- no1 - 2012 - dm&c 43

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chiesta di assistenza al customer care e feedback sul prodotto/servizio ac-quistato (oltre 30%). Impulsi e web Quante volte vi è capitato di cerca-re di resistere a quel tweet scritto in tarda notte o a voler controllare le email del lavoro un’ultima volta? La cattiva notizia è che secondo un nuovo studio che ha misurato i vari desideri e il loro manifestarsi nella vita quotidiana, gli impulsi legati al proprio lavoro e all’ intrattenimento sul web avrebbero la meglio sull’au-tocontrollo.Determinare come resistere ai propri desideri non è cosa facile.Nello studio sul controllo del desiderio, sono stati fatti indossare a 205 adulti dei dispositivi che hanno registrato un totale di 7.827 segnalazioni giornaliere sulle loro voglie e desideri. La voglia di dormire e di fare ses-so si son manifestati i desideri più forti, mentre la voglia di utilizzare strumenti di comunicazione multi-mediale e i desideri legati al lavoro, si son dimostrati i più difficili da re-sistere.Nell’immaginario comune, il tabac-co e l’alcool sono sostanze creanti forti dipendenze, eppure, lo studio ha dimostrato che i desideri associati a queste due sostanze sono stati i più deboli di tutti. Un’altra sorpresa per i ricercatori: il sonno e le attività legate allo svago rappresenterebbero le voglie più pro-blematiche, in quanto esisterebbe “una tensione molto forte tra l’istin-to naturale di riposo e la moltitudine di obblighi lavorativi e doveri della vita quotidiana”. Il “mobile” in Italia Il mobile advertising è uno dei feno-meni che hanno riscontrato, durante tutto il 2011, un’ascesa senza prece-denti. In Italia il network InMobi ha regi-

strato una crescita delle impression mobili del 390% rispetto al 2010, ma il fenomeno che ha destato ancora più interesse è quello degli smartpho-ne che crescono ben del 682%. Questi dati dimostrano che la pub-blicità su mobile è in netto sviluppo, ma soprattutto sta aprendo le porte sempre a nuovi mercati, anche in ambito creativo. Si pensi solo al fenomeno della pub-blicità all’interno delle applicazioni che con costi contenuti possono rag-

giungere target diversi e numerosis-simi. Nel solo quarto trimestre del 2011 InMobi ha realizzato in Italia più di un miliardo di impression con una crescita sul trimestre precedente del 82%; questo testimonia che il mezzo mobile sta entrando a tutti gli effetti nei piani media di agenzie e investi-tori e non è che l’inizio.Nella top five dei produttori, sem-pre in termini di quote di impres-sion, in testa Apple (36%), seguita da Samsung (33%), poi Nokia (11%), RIM (7%) e LG (4%) che subiscono un trend decrescente rispetto al tri-mestre precedente.Le tecnologie mobili, in particolare l’uso massiccio degli smartphone in Italia, hanno potenziato enorme-mente lo sviluppo dei mercati dei media e della pubblicità e spingono gli utenti ad accettare nuove forme di comunicazione attraverso canali nuovi ed emergenti.dm&c - no1 - 201244

Fatti & Persone

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iNFORMALIBRI

BUSINESS REVOLUTIONCome organizzare l’ azienda per avere più tempo libero e più soldidi Lorenzo Ait - Sperling & Kupfer

La prima guida per essere imprenditori oggi, con migliori risultati e più tempo libero.Come ristrutturare la propria aziendaCome guadagnare di piu’Come trovare nuovi ClientiCome ottimizzare le risorse umaneCome formare dei problem solverCome essere Imprenditori liberi dalla propria azienda.La maggior parte delle piccole e medie aziende sono “One Man Company ”, costruite da persone tenaci, a volte ge-niali, competenti e affette dalla malattia del “tuttofare ”: lavorano venti ore al giorno, sono grandi accentratori e quin-di, diventano insostituibili.Queste società costruite con tanta fatica hanno un difetto: sono delle “aziende a orologeria ” pronte a saltare appena il titolare si allontana. Infatti: 80% delle aziende fallisce al ter-zo anno di attivita’ 90% muore al pas-saggio della seconda generazione,solo il 3% degli imprenditori ha un’azienda efficiente che si espande anno dopo anno “L’imprenditore vuole essere parte di ogni processo aziendale, persino nella scelta della macchinetta del caffè. Io ho fondato la mia prima azienda a 18 anni – dice Alfio Bardolla – ad oggi ne ho create 29. Ho capito rapidamente che il compito dell’imprenditore é di creare sistemi che permettano all’azienda di funzionare in modo autonomo. Le aziende sono come i figli, hanno biso-gno di crescere e di essere indipendenti.Questo libro racchiude la mia esperienza e il mio metodo, messo a punto in 20 anni di attività imprenditoriale.”Alfio Bardolla, imprenditore, financial coach e autore di best-seller della finan-za personale con oltre 150.000 copie vendute, e’ ora nelle librerie con il suo nuovo libro).

BUSINESS RE-V O L U T I O N contiene una ri-flessione atten-ta e puntuale sull’imprendi-tore di oggi che sogna di coniu-gare autono-mia e maggiori guadagni, ma che si ritrova “incatenato ” al proprio lavo-ro.Dal business plan al control-lo di gestione, dal marketing alle procedure di performan-ce, al pensa-re di vendere u n ’ a z i e n d a prima di co-struirla, questo libro propone un sistema col-laudato per il successo aziendale, che consenta all’imprenditore una miglior qualità di vita.“Ho conosciuto Alfio Bardolla nel 2010 – dice Luca Santoro, presidente di Hou-se & Loft, azienda di intermediazione di immobili di lusso, specializzata in cross selling in prime location internazionali -Seguendo il metodo di Alfio, sono riu-scito ad ottimizzare il mio business con meno dispersioni di tempo ed energie, guadagnando tempo libero“.BUSINESS REVOLUTION raccoglie tutti gli elementi utili agli imprenditori o a chi vuole mettersi in proprio, per creare una azienda vincente, produttiva ed indipen-dente. no1 - 2012 - dm&c 45

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iNFORMALIBRI

LA NUOVA ERA DELLA COMUNICAZIONE Human satisfaction, multicreatività, comunità di marcaMarzio Bonferroni - Tecniche nuove - 24,90 Euro - pag. 364

La comunicazione d’impresa com’è con-cepita oggi è in sofferenza.Le aziende non sono più in grado di de-stinare budget elevati in un’attività il cui ritorno è sempre più incerto.Questo libro è stato scritto per dimo-strare che il problema sta, innanzitutto, nella logica con cui si concepisce il “con-sumatore” (customer) e lo si bombarda di messaggi.Il testo sostiene che il “consumatore” non esiste, esiste il cliente-persona (hu-man) la cui ricchezza individuale va colta a tutto tondo, soprattutto nelle relazioni fra valore dell’impresa ed effettive ne-

cessità: dalla custo-mer satisfaction alla human satisfaction. In questo proces-so sono coinvolti la multicreatività, prodotto del team mult idiscipl inare dove si uniscono più ambiti (non so-lamente di marke-ting) e la comunità di marca che è il mondo riconoscibi-le di ogni impresa.Il tema della human satisfaction viene affrontato anche attraverso gli auto-revoli pareri di una quarantina di im-prenditori e mana-ger appositamente interpellati, nonché con capitoli di ap-profondimento fi rmati da specialisti.Non è pertanto un volume di cruda teoria, bensì una proposta concreta di comportamenti attivi e una pro-vocazione volta a inaugurare un nuo-

vo mondo di comunicazione di brand e d’impresa.Marzio Bonferroni, nato a Firenze, lavo-ra a Milano. È fondatore e presidente di UniOne - Architetture di comunicazione, società consulenziale e operativa ade-rente ad Assolombarda. La sua visione della Human Satisfaction ha ottenuto pareri favorevoli da impren-ditori, manager e opinion leader, fra cui Philip Kotler. Ha tenuto corsi, seminari e relazioni alla IULM e in altre Università. Ha firmato per anni la rubrica sulla Hu-man Satisfaction per il mensile Mark Up.

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GEOMARKETINGI sistemi informativi territoriali (SIT - GIS) a supporto delle aziende e della pubblica amministrazionedi Salvatore Amaduzzi - EPC Ediitore - 19,00 Euro - pag. 128

Una guida completa al geomarketing, un libro che colma un vuoto nel pano-rama informativo italiano. In Italia, del resto, la disciplina non è ancora molto diffusa mentre, all’estero, è sempre più praticata. Il geomarketing mette insie-me le potenzialità della geografia con i vari aspetti del marketing, introducendo quindi i parametri geografici nell’inter-pretazione dei fenomeni del mercato e della comunicazione. Si cerca, insom-ma, di rispondere a domande chiave, ad esempio, quando si deve decidere dove posizionare una determinata attività produttiva: dove si localizzano i consu-matori appartenenti a un determinato target, dove si trova la concorrenza, in che modo individuare sul territorio i po-tenziali clienti. Oppure ancora se si può differenziare la distribuzione dei beni in un’area geo-grafica in base alla valutazione degli in-dicatori di reddito e in funzione di questi diversificare le politiche di prezzo. Il volume è dedicato a quelle figure pro-fessionali che non hanno uno skill tec-nico specifico e intende fornire tutte le informazioni utili a valutare se il geo-marketing possa essere un valido sup-porto alla propria attività. A questo proposito si descrivono i com-ponenti, i principali fornitori e le moda-lità operative per lo startup di un pro-getto di geomarketing, presentando diversi casi studio relativi all’attivazione di progetti in aziende e pubbliche am-ministrazioni evidenziando motivazioni, obiettivi, tecnologie e risultati ottenuti. Viene inoltre allegato un DVD e la pos-

sibilità di i s c r i z i one ad un por-tale che c o n t i e n e molte utili risorse: fil-mati, do-c u m e n t i , articoli, link a risorse sul web e a in-numerevoli webinar e podcast che consentono approfon-dimenti sui vari temi trattati.L’autore èS a l v a t o r e Amaduzzi.L a u r e a t o in Scienze dell’Informazione e in Informatica. Ricer-catore di Geografia, insegna Geomarke-ting, Sistemi Informativi Territoriali e Ge-ografia Economico Politica all’Università di Udine. Esperto di Sistemi Informativi Territoriali e Geomarketing è responsa-bile e coordinatore di diversi progetti per aziende e amministrazioni pubbliche. Fondatore e presidente di Tellus SPA (azienda leader nel settore dei SIT e Ge-omarketing). Membro del consiglio di CARTESIO (Centro Interdipartimentale di ricerca sul telerilevamento e GIS) per l’Università di Udine.

Ugo Canonici

Prefazione di Enrico Bertolino

Comunico…ergo sum

Se è importante saper fare, lo è altrettanto il far sapere.

Utilizzando una buona comunicazione.

Deus Editore s.r.l.

La piccola libreria di Deus Editorewww.miabbono.com/deus

Comunico …ergo sum Sarò Breve

Organizzare eventi aziendali

Scrivere. Una fatica nera.

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Il biteb: una nuova Organizzazione

Dal 2003 nel mondo del volontaria-to italiano opera il Banco Informati-co Tecnologico e Biomedico. Lo scopo originale è stato quello di dare una seconda vita alla tecnologia informatica. Il Banco ritira Compu-ter che le aziende ritengono obsoleti per le loro nuove esigenze, li revisio-na e li mette a disposizioni delle As-sociazioni e delle Cooperative del III Settore. I volontari del Banco hanno distri-buito nel 2011 circa 1500 computer revisionati e con un nuovo sistema operativo. Nel 2007 è stato dato avvio, con il Progetto “Dall’ospedale agli Ospeda-li” ad un’altra importante iniziativa: la cessione di attrezzature mediche, che venivano dismesse dagli Ospe-dali, principalmente quelli lombardi, alle ONG che operano nei paesi del Terzo Mondo, che hanno esigenze crescenti di tecnologia ospedaliera. Sono stati mandati in Africa, in Asia e nell’Europa dell’est oltre ai Com-puter, anche attrezzature mediche ancora funzionanti; il BITEB infatti avvia verifiche di sicurezza e di fun-zionalità prima di spedire questi beni all’estero.

Come fare per ricevere questi beni

E’ indispensabile avere i requisiti di appartenenza al Terzo Settore, essere una Associazione Non Profit, o una

Cooperativa ONLUS , andare sul sito . WWW:BITEB.ORG , accreditarsi, e poi vedere quali beni sono dispo-nibili in quel momento o segnalare quale è il proprio bisogno.L’accreditamento è indispensabile per garantire che i beni non vengono rilasciati a privati o immessi irrego-larmente sul mercato.Normalmente i costi richiesti sono quelli di trasporto ed una offerta, per i Computer, che copre la revisione della RAM e l’acquisto del sistema operativo e il programma di gestione da Microsoft.

Una novita’ nel mercato delle onlus: techsoup

Una grande Charity americana ha deciso di aprire, attraverso BITEB, la propria presenza in Italia, dopo aver avviato ben sedi in 45 paesi del mon-do.Dal 2010 Techsoup Italia (WWW.TECHSOUP.IT) è presente sul territo-rio italiano con Prodotti Nuovi offer-ti alle ONLUS. Si tratta di Software assolutamente nuovo e rinvenibile nella Grande Distribuzione Orga-nizzata della Microsoft, SAP, Syman-tech, e di Hardware della Cisco che sono messi a disposizione unicamen-te al Terzo Settore. Il prezzo di cessione supera il 90 % di sconto.Anche in questo caso occorre accre-ditarsi, dimostrare cioè di essere un Ente Non Profit, e accedere al Sito per vedere il catalogo dei prodotti che queste multinazionali mettono a disposizione.

Una opportunità per il mondo non profit: computer e attrezzature mediche perfettamente funzionanti

a disposizione delle organizzazioni sociali

Il Banco Informatico

Comunicazione Sociale

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Informazioni:BITeB onlusVia W.Tobagi 3020068 Peschiera Borromeo (Milano)Tel. 02 55300873Fax. 02 [email protected]

Informazioni

L’EDITORE

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La pagina bianca, temuta da molti per il senso di vuoto, assenza, invisi-bilità, silenzio. Simbolicamente rappresenta l’ini-zio, qualcosa di nuovo che si affaccia all’orizzonte con tutto il potenziale creativo e vitale che porta con sé. Ansia e inquietudine

Causa talvolta di ansia e inquietudi-ne, come il tormento di portare alla luce qualcosa da tempo in gestazione dentro. Percepita come un ignoto sconosciu-to può paralizzare sinché non si entra dentro le viscere del bianco per dar vita a un nuovo corso. L’atto del far nascere, del portare alla luce è un’energia vitale che altrimen-ti resterebbe intrappolata.Perché un nuovo ciclo possa aprirsi, non c’è altro modo se non accetta-re o determinare la chiusura di uno vecchio. Così come un nuovo anno inizia quando il vecchio finisce. Il bianco è il colore che più rappre-senta i momenti di passaggio esi-stenziali verso una nuova fase, nel-

la vita personale o professionale. Il bianco è il colore simbolo della na-scita, dei riti del battesimo, della cre-sima, del matrimonio.

Puro e pulito

Al bianco s’associa l’idea di puro, pulito, lindo: non a caso lavabi, va-sche da bagno, elettrodomestici, la-vatrici e involucri e immagini di cibi light sono in maggioranza preferiti di color bianco. Bianca è la neve, i paesaggi imbian-cati trasmettono un senso di quiete, di ovatta mento dal frastuono del mondo, immersi nel bianco i toni urlati si abbassano, le inquietudini si chetano. Considerato il colore dell’illumina-zione, della luce e della perfezione, il bianco contiene in sé tutti gli altri colori, comunica distinzione, raffi-natezza ma anche lontananza dalle pulsioni violente. Talvolta usato come provocazione per attirare l’attenzione. Chi indossa un completo immacolato si nota in-fatti da lontano. Simbolo di distacco dalle cose mate-

Antonella Lucato

Pagina bianca

Il bianco è il colore che più rappresenta i mo-menti di passaggio esistenziali verso una nuo-va fase, nella vita personale e professionale

Comunicazione & Benessere

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La fine per un nuovo inizio

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riali, una barriera bianca mette una distanza tra sé e il mondo, non è un colore adatto a tutti e da indossare ad ogni circostanza. Poiché porta alla luce e mette in ri-salto, indossato si adatta meglio a corpi sottili e richiede attenzione, un bianco macchiato, ingiallito o impolverato trasmette un senso di trascuratezza, inadeguatezza o sciat-teria.

Una sfida

Così come la pagina bianca è una sfida ad essere riempita, il vestirsi di bianco integrale sempre e comun-que è indice di sfrontata o fiera pro-vocazione. Specie se declinato al maschile. Il tutto bianco indossato in ufficio per un uomo è fuori discussione, proprio perché il bianco comunica lontananza e distacco dalle cose pra-tiche, vedere uomini d’affari vestiti integralmente di bianco è assai raro, perlomeno nella nostra cultura, in-fatti più si sale nella scala gerarchi-ca dell’organizzazione aziendale più l’abito si fa scuro, segno di sobrietà, eleganza e potere.Nel linguaggio dei fiori il bianco ha un ruolo speciale: il fior di loto af-fonda le sue radici nel fango ma il suo fiore candido è simbolo d’armo-nia e illuminazione, non a caso certe divinità son ritratte sedute su fior di loto. L’elegante giglio bianco veniva uti-lizzato nei riti greci e romani sin dall’antichità: il sacerdote poneva sul capo della sposa la corona nuzia-le di gigli con spighe di grano simbo-lo di purezza e abbondanza.

E, come testimoniano le scritture della letteratura e l’iconografia reli-giosa, il giglio bianco fu associato a diversi Santi, come Sant’Antonio da Padova, patrono della procreazione, rappresentato con un bambino in braccio e il bianco fiore in mano. I tre petali del giglio bianco venne-ro ritenuti simbolici delle tre virtù: fede, speranza e carità e allusivi alla Sacra Trinità.Leonardo da Vinci dipinse l’Annun-ciazione, 1472-1475 ca., dell’Angelo Gabriele che recava il messaggio di-vino reggendo un giglio bianco con la mano sinistra mentre con la destra benediceva la Vergine Maria e anche Sandro Botticelli, 1489-1490, raffigu-rò il giglio nell’Annunciazione.

Un linguaggio sussurrato

La rosa, regina dei fiori, nella sua va-riante bianca è simbolo di fedeltà, eleganza, dolcezza, parla di senti-menti puri, da rivelare con delicatez-za, di segreti da rivelare con discre-zione, un linguaggio più sussurrato che urlato. L’anno che si è chiuso ha inciso pagine tumultuose sulla sce-na nazionale e internazionale, i suoi effetti continueranno a condiziona-re gli anni a venire. Pagina bianca è prendersi un tem-po per ritrovare un attimo di quiete, reimpostare la direzione, compren-dere, metabolizzare. E’ riprender fiato, per iniziare con energia un nuovo anno, i cambia-menti e le sfide che porterà. Pagina bianca è scrivere da protago-nisti le pagine della storia personale.Pagina bianca è punto e a capo. Un nuovo anno, un nuovo inizio.

La comunicazione nelle sue diverse forme espressive è il filo con-duttore che accompagna studi, formazioni e attività di una vita. Il Gesto e la Parola, la Relazione tra comunicazione verbale e non-verbale è stato il tema della tesi in Relazioni Pubbliche all’U-niversità Iulm di Milano. Master in linguaggi espressivi, psico-logia della comunicazione e psicosomatica, un’intensa attività di comunicazione in note aziende multinazionali e l’insegnamento in prestigiose Scuole di formazione arricchiscono l’esperienza sino all’approdo alla scrittura. I libri pubblicati, diversi per genere, in comune hanno la ricerca interiore, l’arte sottile di scoprire e conoscere se stessi. Scrive per testate italiane ed internazionali.

Antonella Lucato

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Tra le attività principali del Club dell’Osso, oltre a quella della

partecipazione ad educational per scoprire e testare nuove location ed offerte, c’è la partecipazione ad incontri/discussioni su temi legati al lavoro del meeting planner.Nei giorni scorsi era giunta una notizia: “vietate le presentazioni in PowerPoint, sì invece alla sperimentazione e all’utilizzo di format più interattivi e adatti ai meeting dal vivo: sono le indicazioni che Meetings & Events Australia, ha dato agli speaker che interverranno alla prossima conferenza annuale”.L’argomento è sembrato ghiotto. Chi non ha a che fare, in qualsiasi tipo di riunione, con la necessità di proiettare delle immagini?Una volta erano i “flip chart”, grossi fogli appesi alle lavagne “portaflip”, con scritto ciò di cui si stava parlando. Poi furono le lavagne luminose con le pellicole trasparenti (per molto tempo). I più sofisticati utilizzavano le diapositive (le slide), colorate e ben costruite. Ma poi arrivò il dio-computer. E con lui un programma, che gli intimi chiamano PPT, il Power Point. Un miracolo della programmazione che permetteva di realizzare con poco sforzo, presentazioni colorate, con caratteri a scelta infinita, con sfondi, immagini e chi più ne ha...Ma qualcuno ha cominciato a percepire che forse se ne sta abusando. Sembra che ormai anche per dire nome e cognome si ha bisogno di un supporto in PPT. E non sempre l’utilizzo è tra i più felici: colori sbagliati e poco leggibili, caratteri di dimensioni improponibili, quantità

industriale di parole …Insomma, forse è il tempo di fermarsi un attimo e riflettere.Basta dunque a presentazioni con elenchi puntati, all’uso di grafici stereotipati, a format standardizzati e basta alla lettura delle slide dal podio, una modalità troppo rigida e superata dalle tecnologie per la quale può non valere la pena partecipare a un evento di persona.Secondo Meetings & Events Australia, la cui mission è anche quella di guidare i propri associati a comunicare più efficacemente con gli eventi, i relatori devono compiere ogni sforzo per innovare le modalità espositive, cercando di personalizzare gli interventi con l’utilizzo di video e foto, il racconto di case history, aneddoti e storytelling, muovendosi con agio all’interno delle sale e interagendo maggiormente con i partecipanti per potenziare l’impatto delle proprie presentazioni.Questo singolare appello, il primo di questo genere di cui si abbia notizia nel settore meeting ed eventi internazionale, vale per la prossima conferenza annuale dell’associazione, in programma dal 21 al 24 aprile al Sydney Convention and Exhibition Centre e per la quale sono attesi 900 delegati, ma vuole essere anche uno stimolo per i professionisti degli eventi che parteciperanno all’incontro affinché si facciano a loro volta promotori di format di eventi più efficaci, capaci di valorizzare meglio le possibilità offerte dagli incontri “live”.Forse, hanno concluso i soci del Club dell’Osso, potrebbe valer pena seguire con attenzione l’evoluzione…

Power Point? Vietato!

Club dell’Osso

dm&c - n 1 - 201252

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Demetrio Minutilli

Quando è troppo è troppo. Il ricorso eccessivo al PPT sta rendendo inviso lo strumento. Anche qui bisogna rinnovarsi

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dmcFondato nel 1987

dm & comunicazione

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Bruno CalcheraDirettore Generale del Banco Informatico e membro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia. Già Di-rettore U.O. della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia. Giornalista. Direttore Marketing in case editrici. Consulente alla Comunicazione in Enti pubblici e privati. Im-pegnato in attività del Terzo Settore da più di 30 anni.

Mario Pasquero Dopo esperienze in aziende leader del Largo Consumo (Ferre-ro, Diageo, Paglieri) in ambito Marketing e Commerciale entra in Poste Italiane come Direttore Marketing di Postel e poi nella Capogruppo Poste. Oggi è consulente specializzato in Direct Marketing e Product/Trade Marketing per il Largo Consumo.

Marzia CuronePartner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Asso-comunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto.

Chiara GrosselliResponsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprendito-ria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Alessandro LucchiniGiornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

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Michele FaldiDirettore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Univer-sità Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sem-pre si è occupato di Higher Education.

Maurizio NichettiArchitetto, attore, sceneggiatore, regista di cinema, televisione e cartoni animati. Debutta nella regia cinematografica con RATATAPLAN a cui faranno seguito una decina di lungometraggi. Attivo anche nel teatro di prosa, nel teatro lirico e nel cinema d’animazione.

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Questa rubrica non ha mai ospitato un’intervista prima d’ora. L’occasione lo merita.

A dicembre scorso, a Firenze, prima edizione del corso di comunicazione digitale organizzato dal Comune di Firenze e da Microsoft. Obiettivo: promuovere la partecipazione politica in chiave femminile. 120 giovani donne presenti hanno confermato l’interesse per le nuove forme di democrazia rese possibili dalla rete.Roberta Cocco, direttore CSR Microsoft Italia, ideatrice del corso: «Digital Democracy è un laboratorio di formazione per aiutare le ragazze, native digitali, a capire come sfruttare le loro capacità legate alla tecnologia e al mondo social per accrescere la partecipazione politica. Questo il punto di partenza: l’esperimento si sta poi rivelando ancora più ad ampio raggio, nelle prospettive e nella volontà delle ragazze che vi hanno partecipato.»Perché puntare sulle giovani donne?Gli uomini usano la tecnologia più delle donne, ma nelle fasce giovanili la differenza si abbatte: le teenager ne fanno un uso più ampio e più maturo. I ragazzi le superano in quantità d’uso, ma più per entertainment: gioco, risultati sportivi, notizie. Le ragazze usano internet per più ragioni: comunicazione (Hotmail, Twitter, Facebook, email), ricerca d’informazioni specifiche (scuola, hobby, interessi privati, turismo), e altri scopi. Come entra in questo quadro la politica? C’è grande fervore nei movimenti giovanili, c’è interesse a muoversi per le cause: ma c’è poca proattività nell’offrire idee nuove e concrete. Nasce da qui Digital Democracy. Il Comune di Firenze intendeva valutare se le ragazze, più attive nelle cause sociali, possono farsi promotrici di una nuova era della

partecipazione digitale democratica. Noi facciamo la nostra parte con la tecnologia, formando le giovani donne a un uso più ampio e più consapevole di qualcosa che conoscono già, ma che possono usare ancora meglio per produrre nuove idee. I contenuti del corso?Erano divisi in tre moduli. Una giornata sul web writing, con le tecniche linguistiche per potenziare l’interazione nei social network. Una su come usare professionalmente la rete in modo innovativo, con molti esempi e casi pratici. Una su come crearsi nuove prospettive di lavoro, legando le capacità digitali a una maggiore partecipazione alla società.Qual è stata la cosa che più ti ha sorpreso rispetto alle attese?La straordinaria partecipazione delle ragazze. Alla fine del primo giorno ho chiesto loro che ci mandassero uno scritto, al volo, entro la mattina dopo: un commento, un suggerimento, un’idea sul corso. La risposta è stata sorprendente. Le ragazze hanno scritto anche ai docenti. Abbiamo poi lanciato l’idea di scrivere a più mani un e-book sul tema, e stiamo raccogliendo molto materiale. C’è un mondo da esplorare.Quali gli sviluppi attesi?Con il grande interesse dei media e di altre Amministrazioni, la notizia è girata molto in rete. Io sto lavorando per portare futuro@lfemminile nel mondo, ma ora voglio pensare soprattutto all’Italia. Anche nella giornata di fine marzo intitolata web@lfemminile, la “24h made in women”, il tema sarà la partecipazione, nel significato di incontro, attivismo, concretezza. Significa cambiare davvero le cose, anche partendo dal piccolo. La goccia deve erodere la montagna: la montagna è grande, ma anche la goccia non è messa niente male :)

Intervista a Roberta Cocco, direttore CSR Microsoft Italia, fondatrice del progettofuturo@lfemminile

La goccia erode la montagna

Pensiero Libero

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di Alessandro Lucchini*

*Alessandro Lucchini, giornali-sta e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione profes-sionale. Tiene corsi business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it [email protected]

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