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Noinoncifermiamomai ; vièsemprecosacheincalzacosa . . . Dalmomentochenoicifermassimo, lanostraOpera comincerebbeadeperire DONBOSCO Spedizioneinabbonamentopostale - Gruppo2° -2 quindicina A .XCII .N .14-16 LUGLIO-AGOSTO1968.DIREZIONEGENERALE :10100TORINO,VIAMARIAAUSILIATRICE,82 .TELEFONO48.29.24 CONVEGNOANNUALEDELEGATIISPETTORIALI COOPERATORISALESIANI CASELETTE(TORINO)26-27-28MAGGIO1968 DOMENICA26 Campagnaannuale1968-69 : IlMisteroEucaristicocentro divitaspiritualepersonaleedecclesiale (donVittorio Gorlero) FunzionamentodelCentroNazionaleOpereSalesiane (C .N.O .S .) (donEttoreSegneri) LUNEDÌ27 ICooperatorialserviziodellagioventùsecondoil pensierodeiloroFondatore (relazionedelsignorispettore donGuidoBonacelli) CiòcheiCooperatoripossonofareperigiovanidioggi . Orientamentipratici(relazionedidonTarcisioStrappazzon) MARTEDÌ28 Esigenzenuoveemetodiattualinellaformazionedel giovaneapostolo (relazionedidonElioScotti,DelegatoNa- zionaledellaPastoralegiovanile) Laformazionespiritualedelgiovanecheaspiraa essereCooperatore (interventodidonGiuseppeFerri) Giovani al serviziodelleMissioni . Icriteriperlaprepa- razionedelMissionarioLaico(undirigentedellaFederazione OrganismidiLaicatoMissionario) BOLLETTINO SALESIANO EDIZIONEPERIDIRIGENTI 77

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Noi non ci fermiamo mai;vi è sempre cosa che incalza cosa . . .Dal momento che noi ci fermassimo,la nostra Operacomincerebbe a deperireDON BOSCO

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo 2° - 2 • quindicina

A. XCII . N.14-16 • LUGLIO-AGOSTO 1968. DIREZIONE GENERALE : 10100 TORINO, VIA MARIA AUSILIATRICE, 82. TELEFONO 48.29.24

CONVEGNO ANNUALE DELEGATI ISPETTORIALICOOPERATORI SALESIANI

CASELETTE (TORINO) 26-27-28 MAGGIO 1968

DOMENICA 26

• Campagna annuale 1968-69 : Il Mistero Eucaristico centrodi vita spirituale personale ed ecclesiale (don VittorioGorlero)•

Funzionamento del Centro Nazionale Opere Salesiane(C.N .O .S .) (don Ettore Segneri)

LUNEDÌ 27

• I Cooperatori al servizio della gioventù secondo ilpensiero dei loro Fondatore (relazione del signor ispettoredon Guido Bonacelli)•

Ciò che i Cooperatori possono fare per i giovani di oggi .Orientamenti pratici (relazione di don Tarcisio Strappazzon)

MARTEDÌ 28

• Esigenze nuove e metodi attuali nella formazione delgiovane apostolo (relazione di don Elio Scotti, Delegato Na-zionale della Pastorale giovanile)•

La formazione spirituale del giovane che aspira aessere Cooperatore (intervento di don Giuseppe Ferri)• Giovani al servizio delle Missioni . I criteri per la prepa-razione del Missionario Laico (un dirigente della FederazioneOrganismi di Laicato Missionario)

BOLLETTINOSALESIANO

EDIZIONE PER I DIRIGENTI

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BREVINOTEDICRONACA

Posticipato di alcuni giorni rispetto alla data tradizio-nale (prima decade di maggio), per facilitare le celebrazionicentenarie della Basilica di Maria Ausiliatrice, il Convegnosi è svolto nell'accogliente sede di Caselette, casa per ritirie convegni a pochi chilometri da Torino. Ai lavori, direttidal Delegato Nazionale don Armando Buttarelli, parteci-parono 17 Delegati ispettoriali.

Un valido contributo alla buona riuscita dei lavori lodiede la presenza attiva dei rev .mi don Luigi Fiora, Di-rettore Generale dei Cooperatori, e don Ernesto Giovan-nini, Presidente della Conferenza italiana degli Ispettori .

Parteciparono anche don Guido Favini, Segretario Ge-nerale, don Agostino Archenti, Capo Ufficio Centrale, ilDirettore del Bollettino Salesiano don Pietro Zerbino, edon Stefano Maggio, Assistente religioso dell'Istituto se-colare delle Volontarie di Don Bosco .

La parola del Rettor Maggiore

Quasi a prolungare nel tempo una presenza che era di-venuta tradizionale, e soprattutto per dare una ulterioreprova del suo interessamento per la Terza Famiglia, ilrev.mo don Ricceri fece dono ai convegnisti di una rapidama graditissima visita nella mattinata di domenica 26 .Le sue furono parole di incoraggiamento e di invito ad an-dare avanti con tenacia e fedeltà allo spirito di Don Bosco,per dare alla Chiesa una risposta concreta ai suoi continuiappelli per un laicato responsabile .

Svolgimento dei lavori

Don Fiora, con brevi parole di apertura, diede il via ai78 lavori. Plauso ai presenti per lo zelo mostrato nell'as-

solvere il loro non facile compito, invito ad avere fiducianella bontà della causa per cui lavorano, assicurazioneche i superiori sono loro vicini e apprezzano quantoessi fanno .

Il programma venne svolto secondo l'ordine del giorno,in tempi serrati, con partecipazione vivace e interessata .A ogni relazione fece sempre seguito la normale discussionechiarificatrice, da cui emersero gli elementi per il memo-randum che, al termine dei lavori, venne steso, approvatoe inviato alla Commissione competente degli ispettori .

Visite gradite

Furono quelle degli ispettori don Zavattaro e don Ver-decchia. Essi portarono un prezioso contributo al convegno,sia dimostrando un particolare interesse ai lavori, sia of-frendosi - come già aveva fatto l'ispettore don Bona-celli - a chiarificare questioni e a illuminare situazionidegne di maggiore attenzione .

L'ing. Carlo Ruspa, consigliere nazionale, porse il sa-luto dei Cooperatori, di cui interpretò la riconoscenza perl'opera insostituibile dei Delegati ispettoriali .

Un tema vivo, attuale, urgente

Due delle tre giornate del convegno sono state dedicateall'approfondimento del tema < Gioventù » nei due seguentiaspetti

I Cooperatori a servizio della gioventù (apostolato pre-valente, nota essenziale e qualificante del Cooperatore) .

Il Ramo giovanile dell'Associazione (come offrire aigiovani, e con loro attuare, il disegno di Don Bosco perun laicato apostolico salesiano) .

È stato un buon tentativo di approfondimento del du-plice problema, tanto attuale quanto urgente, che la com-petenza dell'ispettore don Bonacelli e di don Scotti, Dele-gato nazionale per la pastorale giovanile, hanno avviatoa pratiche soluzioni.

Giorni di preghiera

Le meditazioni sulla Eucaristia di don Vittorio Gorlero,la recita in comune del divino ufficio, e specialmente laconcelebrazione quotidiana della Messa, diedero al con-vegno un gradito tono spirituale e sacerdotale, a richiamodelle finalità ultime di tutto un intenso lavoro apostolicola gloria di Dio e la salvezza delle anime .

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IL MISTERO EUCARISTICOCENTRO DI VITA SPIRITUALEPERSONALE ED ECCLESIALE

IntroduzioneI vescovi riuniti nel Concilio Va-

ticano II hanno detto cosa è laChiesa : il Popolo di Dio, o famigliadi Dio, costituita dall'insieme deifedeli, fratelli di Gesù Cristo, e, inLui, figli del Padre Celeste .

Proprio nel descrivere questa rela-zione con Gesù, essi dicono tral'altro : « I fedeli. . . partecipando alsacrificio eucaristico, fonte ed apicedi tutta la vita cristiana, offrono aDio la Vittima divina e se stessi conessa . . . Cibandosi poi del Corpo diCristo nella S. Comunione, mostranoconcretamente l'unità del popolo diDio, che da questo augustissimosacramento è adeguatamente espressae mirabilmente effettuata» (LumenGentium, n . 11) .La prima frase, «fonte ed apice

di tutta la vita cristiana», colpisceper la sua arditezza. Vi sono dueimmagini, "fonte" e "apice", conle quali l'Eucaristia viene indicatacome principio e, nello stesso tempo,come termine della vita cristiana .È come se il Concilio dicesse chela vita cristiana in tutto il suo svi-luppo è irradiata di luce eucaristica .Noi abbiamo cercato di unire le dueimmagini dicendo, nel titolo : « Cen-tro di vita spirituale personale » .

La seconda frase, « . . . unità delpopolo di Dio adeguatamente espres-sa e mirabilmente effettuata (dallaComunione) », colpisce invece per la

sua misteriosità. È stato sempre così,da quando il pensiero in essa conte-nuto fu espresso da S . Paolo in que-sto modo : « Poichè non vi è che unsolo pane, tutti noi formiamo unsolo corpo, proprio perchè tuttiabbiamo parte a quest'unico pane »(1 Cor. 10, 17) .

Se volessimo dire questa veritàcon le parole già usate per la prece-dente, potremmo dire : «Nel MisteroEucaristico la Chiesa ha la sua sor-gente e il suo apice » ; o ancora :« L'Eucaristia è centro di vita eccle-siale » .Vita è movimento interiore, è

"dinamismo". La verità annunciatadal Concilio può anche essere rias-sunta così : « Il Mistero Eucaristicoè centro dinamico di vita personaleed ecclesiale ».

Nessun cristiano mette in dubbioquesto. Ma il cristiano , "consape-vole" cerca di darsene ragione, dicapire ; e poi, periodicamente, viritorna con la riflessione, perchètempo e distrazioni rendono opacheanche le verità più luminose, e cosìla vita, anche quella cristiana, puòtrascorrere come nella penombra,piatta e senza senso .

Ecco la ragione di un periodo dimeditazioni e iniziative pratiche -una campagna annuale - sul Mi-stero Eucaristico e sulla sua centralitàdinamica per la vita personale edecclesiale .

Campagna annuale 1968-69

I . MISTERO EUCARISTICOSe il Mistero Eucaristico è centro

dinamico, fonte di vita per il fedelee per la Chiesa, questo è dovuto alfatto che esso racchiude già in sestesso un momento dinamico . Quale?

Per rispondere non verrebbe aproposito una riflessione sulla pre-senza del corpo e sangue di Gesùnell'Eucaristia. Su questo aspetto,tanto importante, si è fermata conpredilezione per molti secoli la teolo-gia e la pietà cristiana. Esso è un pre-supposto necessario : senza questo,puntodi partenza ogni riflessione sull'Eu-caristia, e in particolare sul sacrificiodi Gesù, non approderebbe a nulla .Dice Paolo VI : « Facendo parte,Sacrificio e Sacramento, dello stessomistero . . . non è possibile separarel'uno dall'altro . Il Signore si immolanel Sacrificio della Messa . . . nel mo-mento in cui per le parole della con-sacrazione comincia ad essere sacra-mentalmente presente » (MysteriumFidei, n . 17) .

Il momento dinamico dev'esserevisto nel fatto che la Messa è Sacri-ficio di Gesù .

Su questa verità si è espresso ilMagistero ecclesiastico con notevoleinsistenza in questi ultimi tempi, dal-l'enciclica Mediator Dei (Parte Il, Io)di Pio XII, alla Costituzione sullaSacra Liturgia del Concilio Vatica-no II (n . 47), all'istruzione Euchari-sticum Mysterium (n . 3). Essa è stata 79

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oggetto di studi numerosi, teologicie liturgici . Su di essa è necessarioche ci fermiamo con attenzione .

Prima di tutto per sottrarci ad unatentazione grossolana e sempre inagguato, quella di affiancare Croce eMessa . Da secoli (Concilio di Trento)il Magistero della Chiesa ha messoin guardia contro di essa, insegnandoche si tratta solo di diverso modo dipresentarsi (cruentemente-incruente-mente) dello stesso sacrificio . Nono-stante questo, noi, indotti dal rinno-varsi quotidiano del segno del sacri-ficio, abbiamo tendenza a "contare isacrifici di Gesù" sul numero delleMesse, e, così, la Messa "fa numero"con la Croce, invece di essere "il"sacrificio della Croce .Però, appena detto questo, dob-

biamo aggiungere subito che si trattadi una realtà che, per noi, rimanenecessariamente misteriosa . Immersi,come siamo, nel tempo e nello spazio,ci riesce impossibile capire come unfatto tanto lontano possa essere pre-sente per noi, ora, qui . La riflessioneteologica cristiana ha tentato moltevie per aggirare questa difficoltà, tal-volta ingenue, sovente geniali, sem-pre ispirate da profonda pietà e fedeltàal dato fondamentale : «sacrificio diGesù ». E così si parlava di "nuovaofferta" al Padre che Gesù, presentetra i fratelli, faceva di sè per loro,o che la Chiesa faceva di Lui ; oppuredi Gesù presente in quello stato di"vittima gloriosa" che aveva assuntoalla resurrezione .

Però il sentire cristiano provavasempre come una grande nostalgiaper la limpidità cristallina dell'inse-gnamento della lettera agli Ebrei :« Con un'oblazione unica Egli ha resoperfetti per sempre coloro che eglisantifica* (Ebr. 10, 14 ; cfr . 9, 25) .Proprio in assonanza con questo sen-tire cristiano si è sviluppata la rifles-sione teologica che sostanziava il mo-vimento liturgico, ed affermava : èlo stesso Mistero Pasquale che è pre-sente nella Messa ; per questo la Messaè il Sacrificio di Gesù . Risorgentiinterpretazioni addomesticate hannofatto o stanno facendo il loro tempo ;mentre il Magistero insiste : « nellaMessa si perpetua il sacrificio dellaCroce » ( Costit . sulla Sacra Liturgia,n. 47) .

Il momento dinamico della messava cercato nel dinamismo vitale delMistero Pasquale, di quella morte chemise Gesù in possesso della gloria .Certo, ciò che appare di quella morteè tutto in favore non di un dinami-smo, ma di "passività" : Gesù impri-gionato, vilipeso, crocefisso, ucciso .Ma sono apparenze ; sono la scorza,sono le fasi del deicidio . La realtà

profonda, quella che vede solo lafede, è un'altra. La fede, in quellamorte, vede invece un sacrificio, cioèun'offerta volontaria e totale di sèa Dio, un rendere se stessi sacri aLui, compiuto - tanto per usareun'immagine - col prender tutta lapropria esistenza e rimetterla nelleSue mani (Lc. 23, 46) per farne unSuo possesso totale. Questo, da Gesù,è stato fatto "volontariamente" (Jo .10, 17 s.), proprio per fedeltà allasua missione : rivelare l'amore delPadre per gli uomini (Jo . 17, 6-26) .Questo implicava necessariamenteun'opposizione irriducibile al male,fino alla morte, al male che è proprioil rifiutarsi di ricambiare quell'amoredonatore di vita divina per sprofon-darsi nella propria abissale, disperatasolitudine. Dunque in quella morte,in quel volontario passaggio al Padre- nel Mistero Pasquale - abbiamol'espressione volontaria suprema dellospirito filiale, della religiosità diGesù. Essa è il dinamismo religiososupremo .

Ogni Messa ci mette di fronte aquesto vertice e a questa matricedella storia religiosa del mondo .

11 . CENTRO DI VITASPIRITUALE PERSONALE

Vediamo ora come il cristiano, colpartecipare al Mistero Eucaristico,"faccia proprio" quell'elemento di-namico costitutivo del sacrificio diGesù. Esso, così, diventa - ci sipermetta di invertire l'ordine delledue parole, "fonte ed apice", usatedal Concilio - vertice e sorgente divita spirituale .

Vertice di un dinamismospirituale

Si è deplorata per molto tempo lapassività dei fedeli durante la cele-brazione dell'Eucaristia . Ricordiamotutti che era frase corrente : « assi-stere alla Messa, ascoltare la Messa » .La riforma liturgica ha inteso rom-pere questa passività . Ma già daltempo di Pio X si era insistito sulritorno alla Comunione Eucaristica deipresenti alla Messa, affinchè essi siunissero a Cristo . Questo dato, cosìtradizionale, include già un aspettodinamico, se visto non come un pas-sivo "ricevere", ma un attivo "met-tersi in comunione" . Infatti i sacra-menti parlano di realtà col linguaggiodei simboli . Nel nostro caso l'unionea Cristo, I-atto dell'unirsi", è ciòche il gesto indica spontaneamente .Quale simbolo può essere più par-lante del nostro quotidiano atto di

alimentarsi per indicare l'unirsi piùintimo e vitale tra due sostanze ma-teriali, quindi tra il nostro corpo equello di Gesù? Dobbiamo riconoscereche Gesù ha scelto bene, che hascelto da Dio il simbolo che dovevaindicare la forma più alta - "il ver-tice" - di unione del nostro corpoal suo.

S'intende, a patto che noi leggiamoin profondità quel simbolo, che nonne smorziamo il vivissimo realismocon addomesticanti : « si potrebbequasi dire . . . »! Semplicemente «sideve dire » (perchè questo vuole ilsimbolo) che il nostro corpo e il Suosi uniscono, che le nostre membradiventano di Cristo . Perchè è proprioquesto che noi intendiamo con quelgesto : non che Lui diventi questopoveretto che sono io, ma che questopoveretto diventi Lui, per essere inLui figlio del Padre .

Con una visione più vasta, cheiscrive l'Eucaristia in un contestosacramentale più ampio, quello cheabbraccia tutti i sacramenti dell'ini-ziazione cristiana (Battesimo, Cresi-ma, Eucaristia), la funzione di "ver-tice dinamico" dell'Eucaristia è ancorpiù evidente . Il movimento liturgico,e i "Direttori liturgici" riguardantil'amministrazione dei sacramenti,hanno resa di dominio comune laconoscenza del fatto che i sacramentidell'iniziazione cristiana non sonoslegati tra loro e come indipendenti,ma, al contrario, sono saldati tra loroda un legame profondo . Infatti sitrattava di dare un simbolo al verifi-carsi di una realtà semplicissima,questa : l'uomo si abbandona filial-mente all'amore del Padre solo se siinserisce "totalmente" in Gesù, Uni-genito del Padre, poichè al di fuoridi Lui non c'è comunicazione di vitadivina (Act. 4, 12). Però questa realtàsemplicissima è anche sbalorditiva-mente ricca nel suo contenuto. Essaè rinuncia al peccato, essa è fede chesi protende in speranza, essa è amoreche si dona incondizionatamente,essa è oblazione del corpo stesso,essa è un cementarsi soprannatural-mente con tutti gli uomini . Comepoteva un solo simbolo sorreggerela ricchezza di questo "dispiegarsivitale" dell'uomo che, in Cristo, siaffida all'amore del Padre ? Per questonell'iniziazione cristiana si ha unparallelo "dispiegarsi di simboli" .Anche se il sacramento che precederacchiude già tutta la salvezza, tut-tavia ha come una intrinseca attesadei seguenti. Il Battesimo e la Cre-sima attendono dall'Eucaristia il lorocompletamento e perfezionamento .Questo ci dice appunto che l'Euca-ristia è "vertice" del dinamismo

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spirituale che porta l'uomo al Padre,in Cristo .A questo punto dobbiamo dare

uno sguardo in profondità, per direin che cosa concretamente consistaquesto "vertice dinamico", questomassimo di vitalità religiosa legatoall'Eucaristia . È necessario ricordarele riflessioni fatte sul Mistero Euca-ristico : La Messa è lo stesso sacri-ficio della Croce presente ora, qui .Ora ci chiediamo : qual è l'unicoscopo di questa presenza sacramen-tale di quel sacrificio ? Questo : per-chè ogni cristiano possa personal-mente - e misteriosamente, certo,"sotto segni" - unirsi ad esso . Nonper farlo suo - inutile tentativo diimmiserirlo alla sua dimensione -ma perchè la sua piccola, poveravolontà di amore, espressa già nelBattesimo e nella Cresima, e là resafiliale perchè unita a quella di Gesù,si espliciti ora in quella stessa moda-lità che ha avuto l'amore di Gesùsulla croce : amore che si oppone finoalla morte a quanto ostacola l'esten-dersi della carità del Padre, cioè dellasua vita. Così il sacrificio di Gesùnon si rinnova propriamente, ma lostesso sacrificio della croce sacramen-talmente presente, acquista un'esten-sione a questa persona . Il cristianoche attualmente si unisce a Gesù nelsacramento della Sua morte sacrifi-cale, con Gesù passa totalmente edefinitivamente nel dominio del Pa-dre. Il sacrificio spirituale e sacra-mentale del cristiano è "consacra-zione". Proprio questo è il verticedinamico della sua vita spirituale,che, nell'Eucaristia, ha la sua espres-sione sacramentale.

Sorgente di un dinamismospirituale

La disposizione globale che il cri-stiano, unito a Gesù, assume in questomomento sacrificale, per natura suanon è un "momento-parentesi" dellasua vita, ma è un "momento-deci-sione", uno di quei momenti neiquali ogni persona prende come inmano la propria vita per dirsi : dellamia esistenza ne voglio fare "questo" ;anche se, ovviamente, non lo dicea voce alta e, forse, neppure esplici-tamente. E poi, quasi d'istinto, inbase ad essa stabilisce una gerarchiadi tutti i suoi interessi per incanalareverso quella direzione ogni pensieroe ogni attività. La "decisione euca-ristica" del cristiano ha proprio que-sto compito in rapporto a tutta lasua vita. Come si vede, l'Eucaristiava ben oltre i "dieci minuti" di rin-

graziamento, passati i quali si pensavadi aver soddisfatto i propri "doveridi cortesia" verso I-ospite divino" .Come dicevamo fin dall'inizio, l'Eu-caristia illumina della sua luce tuttala vita cristiana .

A livello spirituale quell'apice dina-mico s'incarna in tutti i momentid'amore adorante e riconoscente ; intutte le fiduciose, perchè filiali, do-mande al Padre, prima fra tuttequella dell'estensione della sua carità,che è beatificante già in grande mi-sura fin da questa terra - adveniatRegnum '! ; in tutti gli sforzi - tal-volta estenuanti da morirne - com-piuti perchè il male, opposizionediretta o almeno ostacolo al suoamore, scompaia dal nostro cuoree dal cuore di tutti gli uomini . Questoci fa intravvedere l'importanza cheassume la prima comunione al sacri-ficio sacramentale di Gesù compiutada un peccatore penitente .

Ma non si deve dimenticare chel'Eucaristia, come dice così bene ilsegno sacramentale, ha un riferimentodiretto al corpo del cristiano . Cheimmenso panorama si distende da-vanti al pensiero se consideriamo leinnumerevoli realizzazioni che dipen-dono dall'attività fisica dell'uomo -1"`umanizzazione del creato" - lequali vengono "cristianizzate dall'in-terno". Quanto di valido è realizzatodal cristiano questo stesso lo realizzaanche il Cristo, che - si permettal'immagine - attraverso le mani delcristiano continua l'opera iniziataall'inizio dei secoli con la creazione(Io . 1, 3). In particolare si comprendeperchè, per un cristiano non è pen-sabile un matrimonio che non sia"in Cristo", cioè sacramento : il suocorpo, per l'unione a quello di` Cristo,è diventato "di Cristo", sua proprietàa servizio del Regno di Dio . Quandoun cristiano dispone del suo corpo,necessariamente dispone di membradi Cristo (Efes . 5, 30). E in fine, sicomprende perchè ogni profanazionedel corpo sia per sua natura antieuca-ristica (I Cor. 6, 15-16) .

III . CENTRO DI VITAECCLESIALE

Le riflessioni fatte sopra ci per-mettono di spiegare bene l'intimarelazione dell'Eucaristia con la Chiesae con la sua vita ; con la Chiesa, chedall'Eucaristia viene costituita, conla sua vita che nell'Eucaristia trovasorgente e leggi di sviluppo .

L'Eucaristia costituiscela Chiesa, famiglia di Dio

Riconosciamo che questo modo diesprimersi può sorprendere chi suoleattribuire al Battesimo il compito dicostituire la Chiesa . Probabilmentequesto modo di pensare è favoritodal fatto che i tre sacramenti dell'ini-ziazione sono ricevuti in momentidiversi, e allora vengono ritenutislegati tra loro. Abbiamo già dettoche tra loro vi è un legame così pro-fondo che il primo sacramento, rice-vuto, anticipa già la ricchezza spiri-tuale degli altri . Ma è proprio l'Euca-ristia che significa e realizza la Chiesa(LG n . 11) .«L'unità del popolo di Dio da

questo augustissimo Sacramento èadeguatamente espressa », cioè signi-ficata proprio bene e compiutamente .Nelle regioni dove per necessità dicose il battesimo di un adulto nonè cosa infrequente è più facile capirequesto, così come lo si comprendevabene nei primi tempi della Chiesa,quando le conversioni al cristiane-simo di persone adulte erano fattoordinario . Il battezzato-confermatoentrava in chiesa ove i fedeli lo atten-devano per compiere con lui il ritodell'Eucaristia . Rito semplice : unatavola, pane, vino, un abbraccio cometra parenti che si incontrano, unagioiosa preghiera di ringraziamentoche arieggiava nei temi a quella dettada Gesù, e poi si mangiava insiemequel pane, si beveva quel vino . Qua-lunque estraneo presente avrebbedetto : « Come si vogliono bene ; sem-brano fratelli nella casa comune attor-no alla tavola di famiglia» (cfr . Atti3, 46) . L'Eucaristia si svolge comeun pasto tra i membri di una famiglia,e il rito al quale il battezzato prendeparte esprime eloquentemente l'ac-coglimento di un nuovo membroin essa .

Ma non l'esprime solo, ma lo rea-lizza pure e in forma mirabile. Questorimarrebbe assolutamente senza spie-gazione se non si pensasse al fattoche i membri di una famiglia sonotali perchè "consanguinei". Con que-sta parola intendiamo dire che sonocongiunti tra loro per via di carne esangue ; per questa via essi si ricolle-gano con qualcuno del quale ciascunopuò dire di aver la carne e il sangue .Veniamo all'Eucaristia. Abbiamo giàricordato le espressioni di S . Paolo,veramente forti e misteriose (I Cor .10, 17 ; Ef. 5, 30). Dobbiamo pren-derle sul serio, e non crederle deimodi di dire, altrimenti svuotiamo 81

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il rito eucaristico del suo contenuto :congiungere ciascun comunicante colcorpo-sangue di Cristo in sacrificio .Quanto è impegnativa la nostra fedese conosciuta nella sua ricchezza ;se si è convinti, per esempio, chequesto gruppo di persone che ingiorno festivo esce dalla chiesa oveha partecipato alla Messa è "unafamiglia", che si tratta di "consan-guinei", che sono veri "fratelli" inCristo (anche questa frase ora hasenso!), perchè unendosi a quelCorpo-Sangue essi si sono "impa-rentati" .

Evidentemente questo non valesolo della "prima comunione". Valeanche - e qui riprendiamo un pen-siero già accennato - di quelle chepotremmo considerare nuove primecomunioni: le comunioni fatte dopoun profondo pentimento espressosacramentalmente nella confessione .Il peccatore, che con l'egoismo -di ogni genere - si è separato dallafamiglia di Dio-Amore si ricongiungead essa perchè ha lasciato rifluire nelsuo cuore la carità, partecipa nuova-mente alla mensa dei figli di Dio .

L'Eucaristia sorgente di vitaecclesiale

L'Eucaristia costituisce la Chiesa ;ma proprio per questo ne comandala vita. Una situazione personale cosìsconvolgente, come quella che vienead avere il cristiano per l'Eucaristia,orienta concretamente tutta la vitadella Chiesa, cioè - per non rima-nere nel vago - il comportamento

IntroduzioneUn'espressione del Vat. Il (L G 11) offre la traccia di unaduplice serie di considerazioni impostate sulla comprensionedel Mistero Eucaristico .

MISTERO EUCARISTICOSupposta necessariamente la "presenza'" parliamo di "sa-crificio" .Non affiancare Croce e Messa .Presenza del sacrificio della Croce, misteriosa ma reale .Carica del dinamismo vitale del Mistero Pasquale .

CENTRO DI VITA PERSONALEa) "Vertice' di un dinamismo personale. Indicato dalla "Comunione" .

di tutti quelli che il sacramento hareso fratelli .

Si potrebbe qui rilevare come que-sto pensiero sia ispiratore di umileministero nei "fratelli" cui è affidatala cura spirituale dei "fratelli" .

Fermiamoci piuttosto alle nostrepossibilità e al nostro comportamento .Per l'Eucaristia ogni nostro atto dicarità diventa atto fraterno, cioè ani-mato da quell'indescrivibile tonodella benevolenza che si riscontrasolo tra consanguinei, e che forse hatentato di delineare concretamentePaolo nel suo inno alla carità (I Cor .13, 4-7) .

Per questo fatto la vita familiareacquista dimensioni nuove . Il ma-trimonio - l'abbiamo visto - haun riferimento necessario all'Euca-ristia ; ma ai genitori cristiani nonpuò sfuggire il senso "cristiano"(= orientato a Cristo stesso) dellecure che essi hanno per i figli, mem-bra loro e membra di Cristo (Gal .4, 19) .

Per questo fatto la riunione litur-gica domenicale della comunità par-rocchiale si svuoterà dell'aspetto diimposizione perchè sarà il "deside-rato incontro" nel quale le gioie e lepene sono messe in comune sia nellapreghiera sia nell'impegno vicende-vole affinchè la famiglia parrocchialenon abbia nessun . . . parente povero!Per questo fatto ancora, ma in

una panoramica più vasta, si vienea comprendere ancora come ogniatto di carità spirituale e corporalerealizzi la parola di Cristo : «lo avetefatto a me » (MT. 25, 40). A questoriguardo notiamo che ci fermiamo

SCHEMA

con predilezione ai momenti "espli-citi" della nostra carità . Ma unavisione eucaristica illuminata e illu-minante ci aiuta a scoprire una curaper le membra di Cristo là dove forsenoi non lo sospetteremmo . Pensiamoa quanta industriosa attività vieneimpegnata in ogni settore per mi-gliorare le situazioni spirituali e cor-porali in cui vive l'uomo. Fermiamocial settore corporale : dalla nascitaalla morte quanti si prendono curadirettamente o indirettamente delnostro corpo! Noi pensiamo subitoa medici e infermieri . . . ma ci è giàpiù difficile andare fino agli scopritoridi medicine, e poi a tante, tante altrepersone che, vicine o lontane, certoinconsciamente, ma per noi cristiani"evidentemente", si impegnano perla salute e la gioia di noi, membra del"corpo" di Cristo . E così passanodavanti ai nostri occhi attoniti per-sino i vorticosi manipolatori della"profana" società del benessere, daDio condotti con velata, sapienteeleganza a procurare il benessere ela gioia del Cristo nelle sue membra!

Conclusione

Veramente, come dice il ConcilioVaticano II : «il Sacrificio Eucari-stico è fonte ed apice di tutta la vitacristiana . .. Esso mostra concreta-mente l'unità del popolo di Dio »,la 'esprime adeguatamente" ed "ef-fettua mirabilmente" . Ispirati da que-sta visione ci è sembrato persino diintravvedere nell'Eucaristia il cuoredel mondo .

Indicato più ampiamente dall'insieme dei riti dell'iniziazione .•

Spiegato dall'unione a Cristo che si sacrifica .

b) "Sorgente" di dinamismo personale•

sia a livello spirituale•

sia anche a livello corporale .

CENTRO DI VITA ECCLESIALEa) L'Eucaristia "costituisce" la Chiesa, famiglia di Dio .•

Essa esprime questo .

Essa lo realizza .b) L'Eucaristia sorgente di vita ecclesiale .•

Il principio : ogni atto di carità diventa "fraterno' .

Le applicazioni : sul piano familiare, parrocchiale, generale .

Conclusione . Eucaristia cuore del mondo .

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Nella sua breve comparsa il r ev.mo don Ricceri

rivolse ai convenuti brevi parole d'incoraggiamentopaterno . « Sono venuto - disse tra l'altro - persalutarvi e per dirvi con là mia presenza che seguoil vostro lavoro, che so le vostre difficoltà ; ma questedifficoltà tutt'altro che arrestarci e tutt'altro che la-sciarci vivere in una rassegnazione sterile, ci de-vono impegnare .

D'altra parte, a proposito di difficoltà, v'invito apensare, con senso di serenità e di realismo, qualisono i settori di attività, oggi specialmente, in cuinon si trovino difficoltà . È stato sempre così, maoggi si deve combattere di più per essere veramenteattivi, nonostante le difficoltà che s'incontrano» .

Qui il Rettor Maggiore passava all'idea centraledel convegno : il problema giovanile. «Vedo conmolto piacere - disse - che nello studio di que-sto problema si trovano insieme la Pastorale gio-vanile, i Cooperatori e gli Exallievi . Questo mi diceche si è convinti di un principio fondamentale diogni azione apostolica . Oggi si parla tanto di pa-storale d'insieme . Ma la prima pastorale d'insiemedobbiamo attuarla in casa nostra . Come si notagiustamente a proposito del dialogo, si deve at-tuare un dialogo domestico prima di un dialogocon i lontani .

Così, parlando del problema dei giovani, noidobbiamo preoccuparci anzitutto di realizzare lapastorale d'insieme in casa nostra . I giovani, ri-

cordiamolo bene, non sono di nessuno di noi,non sono della pastorale giovanile, non sono

L'INCORAGGIAMENTODELRETTOR MAGGIORE

degli Exallievi, non sono dei Cooperatori . Sonodella Chiesa, sono per la Chiesa, sono di Cristo .

Ma è anche vero che ci sono dei settori partico-lari di apostolato giovanile . Allora bisogna trovareuna formula perchè i vari settori si armonizzino, coo-perino, si completino in modo che non avvengaquasi una specie di concorrenza interna . Quindibisogna trovare questa formula . Ripeto : rispettandole finalità, le caratteristiche di ogni settore, bisognafare in maniera che questi settori si completino, siarricchiscano, in' modo che si arrivi poi a quellache dev'essere la fase più ricca, più completa, piùconclusiva, quella che costituisce proprio l'attivitànostra a proposito dei giovani .

D'altra parte, e mi riferisco qui in modo specialeai Cooperatori, dobbiamo pensare che se è veroche l'avvenire è dei giovani, è non meno vero chel'avvenire della nostra attività è nei giovani e attra-verso i giovani. Ed è proprio l'indirizzo in cui laCongregazione vuole che si continui . Cioè che silavori con i giovani, andando verso i giovani,

senza peraltro mettere da parte e trascurare i ma-turi e gli anziani .

Il Rettor Maggiore concludeva dicendo che nonoccorreva fare un lungo discorso perchè dei Dele-gati conosceva la buona volontà, lo spirito di com-prensione e la fiducia nel proprio lavoro . Li pre-gava in fine di portare il suo saluto e la sua com-piacenza paterna ai Salesiani e alle Figlie di MariaAusiliatrice, che nei vari Centri si prendono curadei Cooperatori e delle Cooperatrici .

83

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Ho un compito ben preciso ed èquello di seguire il pensiero di DonBosco quando parla e legifera suiCooperatori per scorgere le finalitàche egli ha loro proposto nei riguardidella gioventù .

Affinchè tale pensiero appaia piùevidente dovrò cercarlo nelle espres-sioni della sua maturità, in cui egliandava ripetendo, rifinendo, puntua-lizzando la sua opera .

Ma siccome il pensiero di ogniuomo, specialmente d'un uomo d'a-zione quale fu Don Bosco, non è fattodi pura intuizione, ma dei condizio-namenti che gli avvenimenti, i com-pagni di via, le circostanze impon-gono, noi ci rifaremo anche ai primicenni del suo ideale, nella forma, di-remo, incandescente .Vedremo così il vero Don Bosco,

capace di tenere gli occhi aperti allamèta ideale, ma che va scegliendo imezzi più acconci e, per quello cheè possibile, più rispondenti alle con-crete esigenze .

Ne conseguirà, - almeno è nelleintenzioni - un chiarimento sugliscopi generici e specifici a cui DonBosco obbediva anche nel costituirei Cooperatori .

Ci interrogheremo allora se tutte leesigenze di questa cooperazione ven-gono adeguatamente da noi assolte .

Se ad esempio i Cooperatori ci aiu-tano davvero nella molteplice attivitàa pro dei giovani. Quali possano es-sere le cause di una mancata rispostadei Cooperatori su questo specificoterreno giovanile . E forse proporremoin umiltà un contributo di soluzione .

Oggi che si parla di Dialogo e dellesue virtù, non trovo che si citi quantolo praticasse Don Bosco e in manieraesimia, con i suoi stessi figli che avevaallevato e che tutto gli dovevano . Lovediamo specialmente nei riguardidella Unione dei Cooperatori circa laquale non sempre essi lo capirono,anzi in qualche modo gli frapposeroindugi .

Anche nel I Capitolo Generaledella Società Salesiana del 1877 laquestione dei Cooperatori ricomparve,e ancora lì gli fu bocciata la propostadelle conferenze mensili che eranopure nel regolamento . Ma appuntoin questo Capitolo Generale vediamoDon Bosco impegnato a lasciare chiareidee sulle Associazioni dei Devoti diMaria Ausiliatrice e dei Cooperatori,« anima della nostra Congregazione » .Proprio trattando al n. 4 dei Coope-ratori dice che « non sono altro chebuoni cristiani, i quali vivendo, in senoalle proprie famiglie, mantengono inmezzo al mondo lo spirito della Con-

84 gregazione di San Francesco di Sales . . .

I COOPERATORI AL SERISECONDO IL PENSIERODEL LORO FONDATORE

Relazione di DON GUIDO BONACELLI

allo scopo di favorire specialmente lacristiana educazione della gioventù . . .» .

E addita tra i membri da riceversi« anche gli istituti educativi » (comene avessero un diritto nativo per laloro finalità) e vi ribadisce la sola epura volontà di « far del bene alla so-cietà, specialmente con l'impedire larovina dei giovani pericolanti » . Ac-cesasi la discussione sulla questionedelle finanze per il Bollettino speditogratuitamente ai Cooperatori, DonBosco aveva occasione di spiegarneancora la finalità, facendo un'osserva-zione ancora oggi pertinente : «IL dun-que necessario che ogni Direttoreabbia buona cognizione di questiCooperatori, e poi ne parli nel verosenso. (E proseguiva) : Richiesti delloro scopo non c'è da rispondere altrose non che il loro scopo è di fare aigiovani tutto quel bene sì spiritualeche temporale che per noi si possa,e si preferisce far del bene ai giovanipiù poveri e più abbandonati » (M.B .XII, 253-264) .

Allorchè Don Bosco, a cui mons .Gastaldi negava la legittimità dellabase canonica dell'Unione, si rivolseper averla a mons . Salvatore Ma-gnasco arc . di Genova, questi il15-12-1877 nel decreto di approva-zione parlava dell'Opera dei Coope-ratori Salesiani «che aveva per fineprincipale di promuovere l'istruzionee la cristiana educazione specialmentedella povera ed abbandonata gio-ventù» (M.B . XIII, 604) .

E nella udienza del 16-3-1878 con-cessa dal novello Pontefice Leo-ne XIII, questi dopo aver detto : « Iovi amo, vi amo, vi amo . Sono tuttoper i Salesiani », credette di poter rias-sumere le ragioni della sua volontà diessere un Cooperatore e operatore,perchè : « Se vogliamo una societàbuona, non vi è altro mezzo che quellodi educare bene questa povera gio-ventù . . . » (M.B . XVII, 99-103) .

t

Era il concetto che Don Bosco aper-tamente palesava nell'accorta pubbli-cità, come nel foglio volante del24-5-1881 in cui tra le altre notiziedi pubblicazioni, si parlava dei Coo-peratori Salesiani, che « si propon-gono di esercitare opere di carità pergiovare al buon costume e alla civilesocietà dirigendo le loro speciali solle-citudini in favore dei fanciulli poveried abbandonati » (M.B . XV, 704-705) .Qui pare sinteticamente espressa laloro finalità remota e prossima : so-cietà, gioventù .

Ma su quella prossima, la salvezzamorale e civile del giovane, egli insi-steva specialmente nelle conferenzesalesiane .

Nella I Conferenza a Torino del16-5-1878 nella chiesa di San Fran-cesco di Sales, rifatta la storia del-l'espansione salesiana, terminava di-cendo ai Cooperatori : «Volete fareuna cosa buona? Educate la gioventù .Volete fare una cosa santa? Educatela gioventù . Volete fare cosa santis-sima ? ecc. », in un crescendo di enfa-tiche espressioni (M.B . XIII, 624-630) .

E così a Modena il 25-3-1879 e an-cora alle Cooperatrici di Torino nelmaggio del 1879, in cui in un flori-legio di opere per la salvezza dellagioventù, indicò i mezzi di una veracooperazione (M.B. XIV, 132-134) .

Sono raccomandazioni che ritor-nano nelle sue conferenze a Lucca(24-4-1880, M.B. XIV, 485) e a Sam-pierdarena del 1880 (ibidem, 791) o aTorino al pellegrinaggio francese gui-dato dall'abate Picard, invitandoli al-l'iscrizione all'Unione « dont le but,vous le savez, est de retirer du dangertant de jeunes enfants abandonnés . . . »(M.B . XIV, 497, 793) .

Ritornano così le indicazioni di la-voro, come ai Cooperatori di San Be-nigno Canavese (4-6-1880) : « Oggi,invece, oltre il pregare - che non

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VIZIO DELLA GIOVENTU'

deve mancar mai - bisogna operare,intensamente operare ; se no, si correalla rovina ». Ed indicava il lavoro :« Il catechismo cattolico negli oratorifestivi è l'unica tavola di salvezza pertanta povera gioventù in mezzo al per-vertimento generale della società »(M.B . XIV, 541) .

Ai rappresentanti della stampa cat-tolica, nella conferenza a BorgoSan Martino del 1°-7-1880, dopo averfatto la storia delle sue opere, trac-ciava una lussureggiante esemplifica-zione di come un Cooperatore develavorare per la gioventù (M.B . XIV,542-547) .Possiamo terminare questa docu-

mentazione con la duplice testimo-nianza di mons . Callegari, vescovo diPadova, che il 20-1-1884 riconoscevail valore dell'opera di Don Bosco :« Con i Cooperatori Don Bosco nonrestringe la sua azione alla sola To-rino, ma arriva a tutta la gioventù ealla restaurazione cristiana della so-cietà ». A lui Don Bosco dava il ma-gnifico attestato : l'unico che avessecapito il significato dei Cooperatoriera il vescovo di Padova, ribadendoper i Cooperatori che . . . « il loro veroscopo . . . è di prestare aiuto alla Chie-sa . . . sotto l'alta direzione dei Salesianinelle opere di beneficenza come cate-chismi, educazione dei fanciulli po-veri e simili* (M.B . XVII, 25) .

Dalle testimonianze riportate evi-denziamo due temi centrali nel con-cetto dei Cooperatori .

C'è l'idea di un'associazione o"consorzio in grande" che fosse diaiuto alla Chiesa.

C'è l'idea di un'associazione chestringesse in comune accordo i bene-fattori e collaboratori esterni per ilconseguimento dei fini della Congre-gazione ("la stessa messe" egli dice),di cui il principale è l'educazione dellagioventù per il risanamento della so-cietà .

Ora noi ricercheremo - breve-mente - la prima intuizione e ilprimo abbozzo di questa idea diCooperazione .

Ci pare di trovarlo già nel 1850 . Il17 novembre di quell'anno a Torinovediamo che Don Bosco con alcunicristiani volenterosi compilano un ab-bozzo di «Pia Unione Provvisoria »sotto l'invocazione di San Francescodi Sales . È una "istituzione laicale",anche se vi partecipano sacerdoti(M.B . IV, 172-174) . Eppure vi silegge il medesimo intento :

a) C'è l'idea di laici radunati albene, con un concetto nuovo di cen-tralità : vis unita fortior, concetto a cuiDon Bosco teneva tanto, come spie-gherà nel 1874 .

b) Si propone ai soci l'esempio diSan Francesco di Sales nel suo zelo,prudenza e carità come nella mentalitàe stile.

c) Si determina il terreno d'azioneche è la buona stampa, l'azione ener-gica verso l'irreligione e il protestante-simo, e « tutte le opere di beneficenzaistruttiva, morale e materiale . . . ».

Non si parla espressamente di gio-vani, ma nell'ultima frase ci sonodentro .

Don Bosco è ancora col suo sognodi immenso bene da fare, è ancora ilprete diocesano immerso nel con-testo diocesano, nei problemi gene-rali. Si occupa dei giovani, ma ancoradeve fare le sue scelte definitive chelo legheranno a loro per la vita e perla morte, e le sue opere con lui .

Solo nel 1852 verrà l'incarico diDirettore capo spirituale degli Ora-tori di San Francesco di Sales, daparte di mons . Fransoni .

Le scuole professionali e le LettureCattoliche sorsero nel 1854 .

Nel 1854 la prima proposta di unavita insieme (con Rua, Rocchietti,Artiglia, Cagliero) .

Nel 1855 i primi voti di Rua eAlasonatti .

Del 1856 il fiorire delle Compagnie(Immacolata e SS. Sacramento) chedànno le prime vocazioni .

L'abbozzo delle regole è del 1857 .Nel 1858 le presenta a Pio IX .Nel 1859 ha il primo gruppo di

chierici salesiani e può assegnare iprimi incarichi e così costituire laCongregazione .

La base organizzativa del suo am-pio progetto è gettata .

Nel 1860 ha il primo Coadiutore .Nel 1861 iscrive il primo Coopera-

tore come salesiano esterno ed èdon Ciattino Giovanni di Portaco-maro, parroco di Moretto, Diocesi diAsti, accettato come Terziario-Coo-peratore .

Nel 1862 sono le prime professionie nel giugno i primi due sacerdotisuoi : don Cagliero, don Francesia .

E già si delinea in quell'ora la primaidea delle Figlie di Maria Ausiliatrice(M.B . VII, 217) .

Nel 1863 apre il primo collegio vo-cazionale a Mirabello .

Nel 1864 apre Lanzo Torinese .Gli giunge finalmente il Decreto

di Lode sulla Società Salesiana (M.B .VII, 705-708) .

Come si vede, tutto andava pro-gressivamente specificandosi e deter-minandosi : la sua vocazione di fon-datore, le sue opere, i mezzi per farleprogredire .

Ormai sa quello a cui la Chiesal'ha chiamato, e con lui la Congrega-zione . E quando deve codificare la suaesperienza nella Regola, pensa ai"Salesiani esterni", com'erano chia-mati nel cap . XVI del regolamento,presentato nel corpo delle regole nel1864 e in appendice nel 1873, poisoppresso .

A loro dà gli stessi scopi e impegnivagheggiati nell'antico abbozzo del1850, ma oggi più caratterizzati dalfatto della esistenza di una Congrega-zione protesa a salvare la gioventùper salvare la società . L l'impegnoassorbente per lui quello della gio-ventù, impegno che è l'affanno quo-tidiano dei suoi figli nel lavoro tra imolti poveri bisognosi di pane e diistruzione .

Voi conoscete le vicende di quelcap. XVI delle Regole, cioè del rego-lamento dei Cooperatori, e non ve neparlo. Ma oramai Don Bosco ha ca-pito che i Cooperatori sono l'humusdove affonda la sua vitalità la Con-gregazione . Essi nel suo progetto sonouniti alla Congregazione tanto da vo-lerli inseriti nella Regola .

Essi saranno sempre per lui unafalange della Chiesa . Saranno pertutte le opere di difesa e di divulga- 85

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I COOPERATORI AL SERVIZIO DELLA GIOVENTÙSECONDO IL PENSIERO DEL LORO FONDATORE

zione della fede : stampa, esercizi,istruzione, carità .

Ma la loro specifica azione è la gio-ventù .

Ecco allora ì tre successivi abbozzidel regolamento nel '74 e '75 .

Tra gli scopi principali dell'Unioneè indicata sempre la cura della gio-ventù, anche se nella terza stesurasotto il titolo « Maniera di coopera-zione » c'è un qualche cambiamentodi espressione e di ordine e la curadella gioventù è spostata al n . 4 in-vece che al primo, ma c'è la frase«Ai Cooperatori Salesiani si proponela stessa messe della Congregazione diSan Francesco di Sales . . . » . La messeè la promozione della fede e dellapietà, delle vocazioni ecclesiastiche,della stampa, e in fine della gioventù .

Nel pensiero di Don Bosco l'anno1876 fu l'anno della chiarificazionedefinitiva dell'idea sui Cooperatori,idea su cui lavorava insistentementeda due anni (M.B . XI, 73 e XII, 84) .La chiarificazione venne fatta innanzialla Chiesa e alla coscienza della Con-gregazione . Non so se fosse l'idealeper Don Bosco, ma egli - ed è que-sto un altro grande suo insegna-mento - l'ideale lo metteva in quelloche l'ora e gli uomini gli consentivanodi fare . Per cui più spesso è necessariostudiare di Lui le prime mosse e leinsistenze che certi approdi che lecircostanze esistenziali gli segnavano .

Siamo ormai giunti alla supplicacon cui accompagnava la presenta-zione del regolamento a Roma . Inessa si afferma che col titolo di Coo-peratori Salesiani si invitano personedel mondo « a venire in aiuto a colti-vare quella stessa messe che forma loscopo della Pia Società Salesiana » .

Ora però la supplica presenta ilfatto nuovo storico, esistenziale dellacostituita e riconosciuta canonicitàdella Società Salesiana, a cui i Coo-peratori sono chiamati a dare unamano, per il servizio alla Chiesa . DeiSalesiani in Congregazione i Coope-ratori nel mondo debbono ricopiarele attitudini e le attività . Per essi inpratica c'è « la vita attiva su l'eserciziodella carità verso il prossimo e special-mente verso la gioventù pericolante » .

Di questo itinerario dei fini o, ingenere, dell'idea dei Cooperatori ab-biamo un riassunto di penna di DonBosco (ed è sulle M.B. XI, . 84-86)stilato per mons . Gastaldi quandoquesti non riconosceva la erezione ca-

86 nonica della Unione (1876) .

Le idee proseguirono ad esserechiarite da Don Bosco fino agli ultimianni di vita e questo lo abbiamo am-piamente provato .

L'excursus - incompleto - ci hadimostrato però che la diatriba se ilfine della salvezza della gioventù siapreminente e quasi esclusivo, o sesolo sia principale non ha luogo diessere . L'abbiamo visto, l'apostolatogiovanile non è esclusivo, è però« tendenzialmente . . . vocazionalmenteprimordiale e principale » .

Non so se riesca ormai chiaro ilprocesso dell'idea di Don Bosco : siva dal genere (era l'Unione cattolica)alla specie (Cooperatori Salesiani) :cioè dall'apostolato universale a quelloche la nativa vocazione e le circo-stanze storiche gli hanno proposto ein parte ridimensionato . Il suo sognorimanevano le "città salesiane" . « Ver-rà il tempo in cui il nome di Coope-ratore vorrà dire vero cristiano »(M.B . XVIII, 160-161, 15-7-1886) .« Non andrà molto che si vedrannopopolazioni e città intere uniti nelSignore in vincolo spirituale con laCongregazione Salesiana » (6-2-1877,nella chiesa di San Francesco di Sales .M.B. XIII, 81) .

La realtà era poi la incomprensioneanche dei figli, le prudenze delle Con-gregazioni Romane, il coartamentodelle circostanze e la gelosia .Ma proprio questo animo di Don

Bosco noi dobbiamo ritenere : questasimultanea caratteristica di ampiezzad'animo e di concretezza pratica .

Nel 1876, l'anno dei Cooperatori,a don Angelo Rigoli tra il serio e ilfaceto Don Bosco riproponeva i suoiprediletti temi spiegando cosa eranoi Cooperatori : « saranno la massoneriacattolica per la propria santificazionee per la propagazione di ogni sorta dibene nelle famiglie e nella società »(M.B . XI, 86-88). L'universale riaf-fiorava prepotente .

Oggi il regolamento ha conservatoil pensiero ultimo di Don Bosco e ilManuale dei Dirigenti lo commenta .

Il Capitolo Generale XIX, illumi-nato dal Vaticano II, per me avrebbefatto bene a proporsi la discussionenell'aula del documento sui Coope-ratori. Dovrà proporsela il nuovo Ca-pitolo Generale che occorre però pre-parare con questi incontri .

Qui mi premeva mettere in luce cheil pensiero e la scelta di Don Boscoerano i giovani, nell'ampia cornicedello scopo ultimo, il rinnovamento

R

della società e la Chiesa . Ricordate?« Il loro vero scopo . . . è di prestareaiuto alla Chiesa (fine ultimo) . . . sottol'alta direzione dei Salesiani, nelleopere di beneficenza come catechismi,educazione dei fanciulli poveri e si-mili (fine prossimo) (M .B . XVII, 25) .« Se vogliamo una società buona (fineultimo) non vi è altro mezzo chequello di educare bene questa poveragioventù » . Leone XIII, 1878 (M.B.XVII, 99-103) .

Ecco il servizio dei Salesiani e deiCooperatori : salvare il mondo sal-vando la gioventù . Fine non unicoperchè anche altri servizi occorronoperchè la società cambi . Ma un Sale-siano e un Cooperatore non possononon essere dei salvatori dei giovani,degli appassionati dei giovani, degliapostoli e tecnici nella salvezza dellagioventù .

1 . Noi appunto ora ci domandiamo :che cosa fanno i Cooperatori per igiovani?

Peccato che non abbia statistiche erelazioni per rispondere. Ma girandoe osservando, oggi, lo spettacolo diCooperatori a servizio dei giovani nonè evidente . Forse neppure ai tempi deiprimi figli di Don Bosco ; ma noi pen-siamo a oggi. Sì, oggi c'è del nuovo .Si parla persino di gruppi giovanili diCooperatori. Significa che i Coope-ratori non solo hanno guardato aigiovani, ma che addirittura li mo-bilitano per le grandi manovre sa-lesiane. Ma è un movimento ancoraagli inizi .

2. Vorrei invece con voi investigareun po' il problema della scarsa atti-vità dei Cooperatori in questo campoe domandarmi ulteriormente : da checosa dipende questa inerzia dei Coo-peratori e l'abbandono del loro campospecifico, i giovani?

La domanda allora si sposta su dinoi. Conosciamo noi salesiani il nu-.cleo vitale delle idee di cooperazioneche eravamo tenuti a passare ai Coo-peratori ? Quali i padri tali i figli, sidice. Legati alla nostra coscienza sale-siana, i Cooperatori subiscono i nostristessi umori . Solo un apostolo sa gene-rare apostoli (guardate Don Bosco!) .Un apostolo dei giovani sa generareun altro apostolo dei giovani . Ma nona parole e conferenze. Don Bosco ge-nerava apostoli, direi per talea .

Sul lavoro ben guidato e ben nu-trito di unione a Dio e di sacrificiosi forma l'apostolo .

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A noi è mancata - per i Coopera-tori - la scuola pratica a questa pro-fessione apostolica. Tale scuola ri-chiede una convivenza prolungata,assidua; una cooperazione a lungo ea modo compiuta .

Noi come abbiamo reclutato i Coo-peratori ? Anzi, parliamo di Coopera-tori, ma sono prevalentemente donne .

La situazione è grave perchè in-volge un travisamento del pensiero diDon Bosco . Sì, anche lui sapeva chec'era una svariata gamma di Coope-razione, ma la "falange" di cui luiparla deve avere il suo nerbo . Noiqualche volta convogliamo tra i Coo-peratori persone che sono fuori dellenostre attività, persone che aderisconoper bontà d'animo, ma non hanno di-namismo apostolico .

Ma i dirigenti nostri qualificatidove sono? I dirigenti dell'Oratorio,della Parrocchia, le giovani migliori,i nostri maestri di religione? Questafalange di veri collaboratori che noieduchiamo (se sappiamo farlo) nelduro lavoro apostolico, in prevalenzaper la gioventù . . . che potrebbero es-sere il nerbo dei Cooperatori, che po-tremmo davvero chiamare Coopera-tori, dove sono?

Sono insieme ai loro Sacerdoti sa-lesiani, lavorano con loro . Il Delegatodei Cooperatori li guarda con desi-derio, per farne degli adepti . . . per farloro le adunanze mensili, gli esercizi . . .mentre il Salesiano che li ha curati eli cura e ne ha bisogno, ha paura diperderli per le sue attività e non limolla. Perchè, iscrittili, poi il Dele-gato imporrà loro le attività propriedell'Unione .Ed allora noi proseguiamo ad ar-

ruolare gente anziana e ne rimaniamocondizionati nel capo apostolico e aloro, nelle conferenze mensili osiamoproporre l'apostolato dei giovani . Noiproprio che, come specialisti, sap-piamo cosa voglia dire lavorare tra igiovaniMentre i giovani li abbiamo tra

mano, sui campi, nelle sale, nei grup-pi ; abbiamo anche le giovani nelleparrocchie e non li abbiamo tra iCooperatori

Questi giovani e giovanette, ma spe-cialmente i loro dirigenti che abbiamotirato su nel lavoro sono i veri coo-peratori decorati sul campo del la-voro apostolico ; ma alla condizioneche restino a lavorare in loco inmezzo ai giovani, e non portandoliin serra nella Unione anche se lo

si facesse solo per il ritiro o adunanzamensile .

Quando il Capitolo Generale ha in-tuito la soluzione del ringiovanimentodella Unione e suggerisce di farvi en-trare i soci delle Compagnie e deiCircoli, i Catechisti degli Oratori, gliExallievi, i genitori . . . i Collaboratorivari . . . e gli Insegnanti cattolici . . .« non ci ha indicato come farli entrare,tocca a noi escogitare il mezzo mi-gliore » .

Il gruppo dei Cooperatori giovaniè un modo buono, ma non unico . Iolo riserverei per i giovani che sonofuori dei nostri ambienti i quali, an-ch'essi, hanno diritto di essere deiCooperatori e a cui bisogna dare unaformazione e anche un lavoro proprio .

Ma se vogliamo far entrare tra iCooperatori veri lavoratori od opera-tori dell'apostolato giovanile nostro,lasciamo che il salesiano che ha questicollaboratori, se li vada formando conmetodo progressivo di apprendimentodello spirito e della pratica salesiana,in mezzo al lavoro d'ogni giorno, finoad una certa maturazione per cui aloro farà singolarmente la propostadella vera cooperazione cui sono statiformati. Allora essi sentiranno chestanno compiendo una missione, lastessa del salesiano che li ha formati,della Congregazione, di Don Bosco .

Oggi un Direttore di casa o d'ora-torio non ha il cenacolo dei leaders?Un Parroco quello delle giovani, degliuomini, delle donne più attive? Deicatechisti più impegnati ? E questiCenacoli, o Consulte o Consigli par-rocchiali, non sono per un salesianovera scuola di santità e di apostolato,e tutta l'attività non sarà ugualmentecosì ? E non hanno i loro ritiri da farein chiave salesiana (seguendo magariil Bollettino Dirigenti)?

Facciamo di ogni dirigente sale-siano una specie di "decurione" (è ilconcetto a cui miro, non alla parola,irrepetibile) che curi i suoi dirigential vero apostolato specialmente tra igiovani . Don Bosco (v. Favini, pa-gina 106 ; M.B. XVI, 448-453) aln. 2 delle norme per i Decurioni dice :« Il Parroco è pregato di essere decu-rione dei Cooperatori della propriaparrocchia », e al n . 4 : « Dove esistauna Casa salesiana, il Direttore saràpure il capo dei Decurioni e Coope-ratori del luogo ».

Voi già vedete la soluzione del con-trasto che si delinea tra sacerdoti sa-lesiani e delegati dei gruppi giovanili

e anche non giovanili. Quello che èdetto del Direttore della Casa sale-siana riferiamolo al Delegato Coope-ratori: egli sarà il capo dei sacerdotiche si occupano dei Cooperatori checoadiuvano le nostre opere . Il suo la-voro sarà specialmente con gli esterninelle opere nostre ; con i Maestri edInsegnanti in genere, con tanti altriinfluenti nelle opere di apostolato,specie giovanili. Egli ancora coordi-nerà il lavoro di formazione di tuttii Cooperatori, ma indirettamente aiu-tando i nostri salesiani con sussidi,incontri di studio, qualche ritiro chesi rendesse utile in circostanze parti-colari, con lo svolgimento delle ideedella campagna nei ritiri di cenacoloo di parrocchia o di istituto, prestan-dosi per conferenze, coordinerà gliEsercizi Spirituali dov'è possibile, or-ganizzerà bene le due conferenzeannuali . Ce n'è di lavoro!È una proposta che noi stiamo

esperimentando in ispettoria . Espe-rimento da cui per ora non è possibiletrarre conclusioni. Ma è soprattuttola volontà di avere tra i Cooperatorigente che lavora sul serio, specie trai giovani, che dobbiamo tener pre-sente .

Di questa gente ne abbiamo intutte le Opere, non solo oratoriane,ma parrocchiali. Questa gente devesentire che è pienamente nel sensodella cooperazione salesiana appuntofacendo il lavoro che fa .

Diamole più spirito, più forma-zione, aiutiamo i loro sacerdoti sale-siani, ma non continuiamo a farecome abbiamo fatto finora .

Sia orgoglio di ogni Salesiano cheguida e forma cristiani al lavoro apo-stolico, di sentirsi formatore di au-tentici Cooperatori, diamo a lui lagioia di presentarli al riconoscimentoufficiale della Congregazione, senzasoverchie interferenze e aiutiamolo arealizzare la formazione .

Finalmente avremo veri Coopera-tori attivi, e nel campo loro specifico :quello giovanile .

Sarà questa una concretezza di la-voro operata in casa nostra che inse-gnerà agli altri fuori e non salesianiche la cooperazione salesiana non èun sogno; che l'ideale di Don Boscoè finalmente assimilabile e realizzabile .Tra qualche anno avremo un nu-

mero di Cooperatori attivi responsa-bili, dediti alla gioventù .

Idea questa che era lo scopo diquesta mia chiacchierata . 87

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Relazione diDON TARCISIO STRAPPAZZON

PREMESSEi . Le nostre Opere e la Congregazione Salesiana in

genere, se vogliono essere se stesse, devono considerarei Cooperatori Salesiani non come un settore staccatoe accessorio, ma come una componente vitale di cui,quindi, non si può fare a meno. Di conseguenza, iSuperiori devono provvedere che ai vari livelli ci sianoconfratelli qualificati e disponibili incaricati di questotipico apostolato salesiano .

2. Affinché i nostri Cooperatori possano essere beneavviati al servizio della formazione cristiana della gio-ventù, il primo problema da risolvere è quello delpersonale .

3. È necessario che gli incaricati di questo settoresi carichino di idee chiare, risalendo al pensiero au-tentico di Don Bosco e rapportandolo alle presentiistanze della Chiesa .4. Coloro che camminano già in linea dinamica nei con-

fronti di questo tema potranno offrire l'apporto pre-zioso della loro esperienza.

Con riferimento alla relazione del sig . Ispettore del-l'Adriatica, don G. Bonacelli, ricordiamo :

a) i Cooperatori Salesiani sono essenzialmente eprevalentemente apostoli della gioventù su due lineeconvergenti :•

a sostegno e a incremento delle opere salesiane e delleFiglie di Maria Ausiliatrice, qui e nelle Missioni-*' presso le rispettive Parrocchie o nella sfera dellaloro attività professionale e sociale, ma con lo spiritoe lo stile di Don Bosco, in comunione di intenti coni Salesiani e in rapporto con essi .

b) Possono aprirsi anche ad altre forme di apostolato,ma senza invertire l'ordine dei campi di azione ; l'aposto-lato a servizio della gioventù deve tenere il primo posto .In caso di slargamento ad altri impegni apostolici,rimanga la tendenza a ristabilire al primo posto l'aposto-lato giovanile ; e dove ciò non fosse possibile si conser-vino ugualmente rapporti di «nutrimento spirituale

88 e apostolico » con i Salesiani e le Figlie di M . A .

CIÒ CHE I COPER I GIOVAN

Approfondimento del l'e orientamenti pratici

Queste due posizioni devono rimanere ben ferme,poiché esse - e soprattutto la prima - puntualizzano.bene lo scopo pensato e voluto da Don Bosco ; sfasarloanche leggermente, significa mettere fuori asse tuttal'impostazione dei Cooperatori . Da questo scopo devonoprendere sostanza tutte le iniziative di carattere for-mativo-apostolico. È, infatti, la costante tendenza auno scopo-ideale ben chiaro che determina lo spirito,le espressioni operative, lo stile e la fisionomia spiritualedi una persona ; così come è la tendenza •alla conquistae al godimento della montagna che crea a poco a pocola fisionomia-persona di una guida alpina ; così comeè la donazione continua di sè per la formazione dellagioventù secondo lo spirito di Don Bosco che edificaadagio adagio il vero salesiano . Dire che un CooperatoreSalesiano è tale perchè svolge un apostolato x con lospirito di Don Bosco, è affermare una realtà (= apo-stolato), ma in senso generico ; dire invece che egliopera nell'apostolato giovanile secondo lo spirito diDon Bosco, è affermare che appartiene alla famigliaSalesiana, perchè egli opera nello stesso orizzonte deiSalesiani, in comunione di intenti con essi .

Qui ci si rapporta a una impostazione cristiano-apo-stolica convocazionale . In questa tendenza vocazionalechiaramente intesa il Cooperatore cerca e trova le for-mule per realizzarsi apostolicamente e non si confon-derà con altre associazioni, anche se realmente puòappartenere a talune di esse, recandovi la ricchezzadella sua carica fisionomica. Di qui ha un suo piùautentico significato la devozione alla Madonna sottoil titolo di Maria Ausiliatrice che Don Bosco ha sceltocome titolo ecclesiale perchè mosso dalle sue finalitàeducative ; e di qui viene la necessità di conoscereDon Bosco nella sua storia, il suo pensiero e il suosistema : diversamente sarebbe indifferente per un Coo-peratore approfondire o no la figura di un Santo o quelladi un altro .

Il discorso si svolge su un aspetto vocazionale spe-ciale, originato da un particolare carisma, anche sequesto non si pone come esclusivista. E qui si pre-senterebbe un tema di fondo teologico-morale-asceticoassai interessante, che mi sembra non sia ancora statoaffrontato, e che si trova in stretto rapporto di deri-

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OPERATORI POSSONO FAREII DI OGGI

dea

vazione con una teologia della nostra Congregazione(cfr. Don Midali, Como, 27 dicembre 1967) . E nederiverebbe questo interrogativo per noi molto im-pegnativo: avremmo, noi Salesiani, tanto da offrire ainostri Cooperatori che essi possano caricarsi e matu-rare pienamente la loro vocazione all'apostolato gio-vanile ?

In linea di massima si può affermare di sì, poichènoi indichiamo loro una meta ben chiara, elementi dispiritualità salesiana, strumenti validi di lavoro in chiavepedagogica, eccetera ; ma c'è ancora molta strada dafare in questo campo : il traguardo, se è impegnativo,è anche assai lusinghiero .

È evidente che l'apostolato giovanile risponde a unadelle ansie perenni della Chiesa, la quale attende dailaici «salesiani» una generosa e urgente collaborazione .Ad altri la Chiesa può chiedere altro ; ma, come daiSalesiani aspetta sempre una risposta operante e quali-ficata nel settore giovanile, così desidera molto dai nostrilaici cooperatori. Ritengo che una associazione di laicidediti alla gioventù sia talmente dentro il cuore dellaChiesa, che essa la prediliga e la desideri ancora megliodi qualche altra associazione di apostolato, purché icooperatori salesiani si qualifichino sempre meglioentro questo solco .

Oggi forse sopravvivono le associazioni che si quali-ficano; e se qualcuno avesse ancora dei dubbi intornoal pensiero di Don Bosco, potrebbe accettare comedecisivo questo motivo di istanza storica attuale, alloscopo di una impostazione dei Cooperatori più chia-ramente definita .

Lo stesso Regolamento dei Cooperatori salesianilasciatoci da Don Bosco e attualmente in diffusione,va interpretato nel quadro di tutto il pensiero storicodi Don Bosco, e particolarmente con le "costanti"che vanno dal 1864 al 1888 . Riferiamo qui alcuni utiliaccenni che si riferiscono specificatamente all'apportodi sostegno e di sviluppo che Don Bosco chiede aiCooperatori .

«Gli associati salesiani (Cooperatori salesiani) . . .facciano consistere il loro zelo nel coltivare segnata-mente la stessa messe della Congregazione salesiana . . . »

(1875, M.B. X, 537) . «Scopo dei Cooperatori Sale-siani è di dare alla Congregazione aiutanti che si assu-mano soprattutto una cura speciale dei giovani » (188o,M.B. XIV, 544) . « Lo scopo è il vicendevole aiutospirituale e morale non solo, ma anche materiale . . . »(vicendevole = salesiani -cooperatori) (1887, M. B .XIII, 81) .

« È necessario che noi abbiamo nel secolo degliamici, dei benefattori, gente che pratica lo spirito deisalesiani, ecc . . . . Essi (Cooperatori) sono il nostro aiutonel bisogno, il nostro appoggio nelle difficoltà ; nostricollaboratori in quello che si presenta da farsi per lamaggior gloria di Dio, ma che (sic) a noi mancanomezzi personali o materiali . . . Sono una associazioneper noi importantissima, braccio forte della nostraCongregazione . . . » (1877, M.B. XIII, 259 e segg .) .

Tra le condizioni richieste per essere Cooperatoresalesiano, Don Bosco, nel 1888, poneva queste primetre :

i . Età non minore dei sedici anni .2. Godere buona reputazione civile e religiosa .3 . Essere in grado di promuovere per se o per mezzo

di altri, con offerte, limosine o lavori, le Opere dellaSocietà Salesiana (M.B . XVI, 452 ) .

Si veda a proposito la prefazione di Don Bosco alRegolamento, datato il 17-7-1876, e fatto pubblicareanche da Don Rua a p . 5 dell'onuscoletto che recale indulgenze e il Regolamento per i Cooperatori (To-rino, Tip . Sal. 1899). Utilissimo anche il manualepratico promosso da Don Rua da lui presentato 1'8-12-1893 (PP- 9, 11-14, 18, 43-44, 68-93) e la lettera-testamento di Don Bosco ai Cooperatori Salesiani in-serita nello stesso manuale (pp . 120-123) e già pubbli-cata sul Bollettino Salesiano per desiderio esplicito diDon Bosco ("da spedirsi dopo la mia morte") nell'a-prile 1888 .

ALCUNI SUGGERIMENTI PRATICIi . Anzitutto è necessario che sappiamo bene noi

che cosa siamo e dove vogliamo puntare, rivedendo lenostre posizioni se ciò fosse necessario . Suggeriscodue indicazioni :

a) approfondiamo il pensiero di Don Bosco risalendodirettamente alle fonti delle M.B. : ci accorgeremo cheè purtroppo possibile travisarne il pensiero auten-tico. Impariamo dalla Chiesa, la quale in questi annisi è posta di fronte a se stessa con un coraggio avutopoche volte nella storia, si è ristudiata a fondo, ha evi-denziato alcuni errori, confessandoli apertamente esi è avviata verso un ristrutturazione .

b) Interiorizziamo di più i nostri convegni, dandoloro un contenuto maggiormente dottrinale ; talvolta 89

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essi si sbriciolano in iniziative distraenti e in aspettistrutturistici e organizzativi che sono a scapito delleidee. Organizzare e strutturare è necessario, ma semanca un robusto substrato di idee, le cose si con-sumano in se stesse ; mentre tutto diventa più sem-plificato e più fecondo se è ben caricato di idee profondee di chiare finalità. . .

Pur essendo utili talvolta alcune programmazioni supiano nazionale, conviene evitare quelle iniziative chesovraccaricano il lavoro dei Delegati Ispettoriali o lo-cali, remorando le attività necessarie per la vitalità deisingoli Centri .

• c) Diffondiamo idee giuste e chiare fra i confratellidelle nostre Case e le F.M.A. mediante conferenze,tavole rotonde e incontri, sottolineando che Don Boscoha pensato i Cooperatori come un sostegno e unincremento delle nostre Opere. Si può dimostrare peresempio :• Un'Opera salesiana che ignori o trascuri i Coope-ratori non potrà mai raggiungere il suo vero scopo ;la stessa nostra Missione personale e comunitaria ri-marrebbe assai lacunosa .• La cura dei Cooperatori è una nostra tipica missione,più ecclesiale ancora delle prestazioni per altri aposto-lati fuori delle nostre Case . I confratelli che vi si dedi-cano possono trovarvi un arricchimento per il loro mi-nistero sacerdotale .•

Le energie (persone, tempo, mezzi) dedicate ai Coo-peratori rientrano moltiplicate .• A questo apostolato a servizio della gioventù, pos-sono rispondere con maggiore slancio e competenzagli Exallievi Salesiani . « . . . Si favorisca l'inserimentodegli Exallievi . . . nell'apostolato dei laici e specialmentenella Pia Unione dei Cooperatori » (Atti Cap . Gen .,XIX, p . 162) . « L'Unione favorisca l'inserimento degliExallievi con loro spontanea e libera scelta nella Unionedei Cooperatori Salesiani per una più intima e direttapartecipazione all'apostolato della Congregazione sale-siana » (Regolamento Ex allievi per l'Italia, art . 62) .

d) Agli effetti di una maggiore efficienza convienedistinguere i veri Cooperatori da quelle persone sim-patizzanti . .. che potrebbero anche diventare Coope-ratori .

e) Si continui la sensibilizzazione dei Cooperatorianziani, salvando tutti i valori già acquisiti, ricono-scenti per il bene che ci vogliono e per quello che giàfanno ; ma, nello stesso tempo, bisogna avviare Coo-peratori giovani, evitando fin dall'inizio quelle noteche potrebbero far piegare su una impostazione fallace .f) Ai nostri Cooperatori . . . meno giovani parliamo

sovente delle nostre Opere, aggiornandoli sulle nostresituazioni, confidando loro gli avvenimenti della nostravita, come faceva Don Bosco ; promoviamo visite benpreparate e con stile familiare alle nostre case : facciamoliconoscere ai direttori ed ai confratelli ; diciamo loro conchiarezza che Don Bosco conta moltissimo sul lorocontributo di persona, tempo, lavoro, mezzi e preghiera .

Questo significa renderli partecipi della vita dellenostre Opere qui e nelle Missioni. Facciamo loro bencomprendere che - con tutto riguardo agli altri set-tori - aiutare noi o lavorare con noi non è defraudarela Chiesa locale . . ., ma è una missione prettamenteecclesiale, così come lo è la nostra stessa vita salesiana,la quale - appunto per poter rispondere alle aspetta-tive dello spirito Santo ha bisogno proprio di loro ;quando essi collaborano con noi, rispondono assiemea noi a una urgenza perenne della Chiesa .

Indichiamo loro poche mete precise : collaborazionenella vita degli Istituti, Oratori ; conoscenza delle nostreMissioni, gravitando su territori ben definiti, allo scopodi sensibilizzarli al problema missionario in senso con-creto e donativo : per questo è assai indicata la lineadei gemellaggi . Associamoli al problema delle voca-zioni, alla diffusione della stampa formativa della gio-ventù ecc. E se fossero già inseriti in forme di aposto-lato parrocchiale, in quadri sociali o in contesti politici,rendiamoli specificatamente sensibili ai problemi dellagioventù, facendo loro conoscere bene Don Bosco, inmodo che tendenzialmente operino in modi diversinell'apostolato giovanile .

Quando anch'essi avranno le idee e gli scopi benchiari, troveranno più facilmente le formule per megliorealizzarsi apostolicamente .g) Contemporaneamente bisogna avviare dei coo-

peratori giovani, come già fanno diverse regioni, allequali è bene ispirarsi .

A titolo indicativo può servire questa prospettiva :si tratta di una esperienza già in atto e che può venireapplicata in situazioni varie .

Ci si fanno indicare alcuni giovani o signorine chenon siano già segnatamente impegnati in altre associa-zioni, ma che si presume accetteranno un discorso .Si indicano loro le varie espressioni in cui potrebbeconcretarsi il loro apostolato battesimale, con riguardoalla loro sensibilità, senza bloccarli subito in legamiassociativi : apostolato della sofferenza, dello sport, delturismo, dei paesi sottosviluppati, delle Missioni, dellagioventù in specie . Si sensibilizzano alla situazioneattuale della gioventù, ben documentando ; e alla ne-cessità di fare qualcosa, indicando qualche settorepreciso, a raggio vicino o lontano : stampa formativaper la gioventù, assistenza ricreativa ecc . ; donazionepersonale a paesi lontani, evitando le soluzioni-avventura .

Intanto essi passano o a una scelta o a un rifiuto,e nel frattempo si spiega come essi potrebbero costi-tuire il prolungamento della Congregazione Salesiana,affiancandosi alla nostra stessa missione, in una dona-zione che maturerà un aspetto specifico della loro vo-cazione cristiana. Ritengo che sia meglio - fatte ledebite eccezioni - invitarli a inserirsi e a restare nelloro ambiente, o presso le nostre opere o direttamentenelle loro parrocchie ; se è utile talvolta, infatti, la di-mensione geografica, è anche vero che essa potrebberisolversi in esteriorizzazione disperdente : è meglioaiutarli a donarsi là dove sono : è cosa piú ardua, ma piùfeconda .

Generalmente questi gruppetti gradiscono solo lapresenza di un sacerdote e di una signora-mammanon anziana, se sono signorine, e analogamente di unpapà, se ragazzi ; talvolta pongono questa presenzacome una condizione. Una operosità che scelgono vo-lentieri è la diffusione della stampa per la gioventù ;in questi casi occorre prima far conoscere con prudenzaquello che realmente legge la gioventù di oggi, aperta-mente o di sottobanco, producendo una adeguata do-cumentazione ; si procede poi a una tecnica per la dif-fusione che eviti le forzature e le insincerità affidandoincarichi precisi. Come è ovvio, nascono, nel frattempo,problemi concomitanti che reclamano una opportunarisposta formativa .

h) Ci sono poi delle categorie di persone, degli inse-gnanti, per esempio, che gradiscono un discorso connoi e che possono contribuire notevolmente a colla-borare: gli insegnanti, anzi, dovrebbero costituire lanostra sollecitudine preferita .

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i) Naturalmente servono assai i contatti con le altreorganizzazioni, e particolarmente con quelle che siinteressano della gioventù, alle quali i nostri coopera-tori potrebbero recare il nostro messaggio apostolico .

Come si devono continuare i nostri « Laboratoriliturgici e missionari e le altre consuete attività, purchèesse rimangano nella tematica che stiamo approfon-dendo .

l) A tutte queste espressioni apostoliche che gravitanointorno alla gioventù, occorre rapportare ogni altraattività, a tutti i livelli, come la "campagna" indica-taci per il prossimo anno sulla Eucarestia .

Proseguendo nello sviluppo di questi concetti e tra-ducendoli in formule concrete, noi potremo dare ainostri Cooperatori una fisionomica formazione sa-

Alle relazioni di don Bonacelli e didon Strappazzon seguì, guidato da donFiora,, un lungo scambio di idee sul-l'ambito in cui debbono sorgere ed ope-rare i Centri dei Cooperatori e sulle at-tività che essi debbono svolgere . È statafatta prima una osservazione di carat-tere generale sul modo di servirsi delleaffermazioni di Don Bosco nei riguardidei Cooperatori . Don Bosco avevachiara in mente la vera natura delCooperatore, nella varietà delle sue ca-ratteristiche . Egli però parlava a pub-blici diversi e in circostanze molto dif-ferenti tra loro. In qualche caso, peresigenze occasionali dei suoi ascoltatori,egli metteva in evidenza l'aiuto mate-riale che i Cooperatori potevano por-tare alle sue opere, in altre parlava dicollaborazione alle sue attività giova-nili, ecc . È necessario perciò sempre,per intendere Don Bosco, specialmenteriguardo ai Cooperatori, non fermarsiad una semplice affermazione, ma ba-dare a quell'insieme di riferimenti chepossono riprodurre esattamente e tuttoil suo pensiero . Con delle citazioni stac-cate dalle Memorie Biografiche si po-trebbero dimostrare le cose più disparatesui Cooperatori.

Precisato questo, è stato affermatoche Don Bosco ha visto prima di tuttoi Cooperatori come la longa manus, icollaboratori delle opere salesiane stesse,con la partecipazione alle varie attivitàdi apostolato della Congregazione, e, an-che, subordinatamente, con l'aiuto ma-teriale . Questa cooperazione può eser-citarsi in un Oratorio festivo o in unaScuola, in una Parrocchia salesiana onella propaganda della stampa sale-siana, nella cura delle vocazioni o nel-

SINTESI DELLA DISCUSSIONE CHE NE SEGUÌ

l'aiuto alle missioni, ecc . ecc. Si puòdire che la maggior parte delle afferma-zioni di Don Bosco insistono su questaforma di cooperazione, la più logica enaturale per le necessità delle opere sa-lesiane stesse . Del resto il fatto cheDon Bosco avesse pensato in un primotempo ai Cooperatori come dei "sale-siani esterni" conforta questa idea che ilSanto pensasse i Cooperatori soprat-tutto in funzione diretta della Congre-gazione Salesiana .

Don Bosco però non si restrinse aquesto campo : vide la possibilità di or-ganizzare, con i Cooperatori, dei col-laboratori delle parrocchie e delle operenon salesiane, a vantaggio diretto deiparroci e dei vescovi. Egli perciò aperseanche questo campo alla attività deiCooperatori e si pose così ad un serviziopiù immediato della Chiesa, anche se ilsostegno delle opere salesiane era giàun aiuto alla Chiesa attraverso la Con-gregazione . A dire il vero le citazionidi Don Bosco per questo secondo set-tore di azione sono molto più ristrettedi quanto non lo siano quelle in favoredel settore direttamente salesiano, chegli stava più particolarmente a cuore .

Si intende che i Cooperatori debbonoimpostare la loro attività in modo ade-guato all'ambiente in cui lavoranoaltra sarà l'impostazione dei Coopera-tori in un Oratorio salesiano alle di-pendenze del direttore, altra quella cheavranno in un centro che sorge in unaParrocchia non salesiana alle dipen-denze del Parroco locale . Don Bosco,fissato il carattere essenziale del Coo-peratore nella sua disponibilità all'apo-stolato, ha lasciato una certa larghezzaed elasticità di .adattamento e di orga-

lesiana e una vitalità apostolica beh qualificata ; essi sisentiranno naturaliter una vera Terza Famiglia Sale-siana ; le nostre opere ne deriveranno un sensibile vi-gore e una maggiore sicurezza ; gli altri contesti neiquali essi si inseriranno non potranno non averne unnotevole vantaggio, poichè essi opereranno sempre,almeno tendenzialmente, in chiave di apostolato giova-nile secondo lo spirito di Don Bosco .Probabilmente dovremo rivedere posizioni o strut-

ture, prevedere o evitare interferenze con altri nostridicasteri, allo scopo di costruire una buona compa-gine vigorosa in senso convergente, offrendo il buonesempio della unione fraterna : tutto ciò è vivamentereclamato dalla Chiesa, è in linea con il pensiero diDon Bosco e risponde a quel frequente richiamo deinostri Superiori, di metterci bene a fuoco e a tutti ilivelli con la nostra specifica missione .

nizzazione ai singoli Centri per corri-spondere alle diversissime esigenze lo-cali .

Quanto alle attività dei Cooperatoribisogna dire che Don Bosco ha segna-lato una grande varietà di scelta, daquelle per i giovani a quelle per gliadulti, dagli Esercizi spirituali allastampa, da quelle ricreative a quellepiù accentratamente formative, ecc .

Però bisogna riconoscere che l'aposto-lato su cui egli ritorna con assoluta pre-ferenza è quello giovanile . Ne parla intutte le circostanze, a tutti i pubblici,dimostrandone la importanza e l'ur-genza, indicando mezzi e forme di col-laborazione. La finalità essenziale dellasua Congregazione viene anche indicatacome la finalità essenziale dei Coopera-tori, pur non escludendo altre attivitàdi apostolato. Perciò oggi la Congrega-zione, ereditando l'insegnamento diDon Bosco, non può se non segnalareai suoi Cooperatori questa dimensionegiovanile della loro collaborazione : lacosa dovrebbe essere facile sia per l'in-teresse che i problemi dei giovani eser-citano sempre nella società sia per l'ur-genza drammatica con cui si impon-gono oggi i problemi dei giovani . An-dare con i Cooperatori alle attività con-crete in favore dei giovani vuol dire su-perare una certa genericità amorfa deinostri Centri, farli uscire da quelle sem-plici pratiche devozionali o da quegliincontri di pura simpatia e cordialitàche spesso ne esauriscono la vitalità .I giovani, nella stragrande varietàdei loro interessi, sono il campo ca-ratteristico e specifico dell'apostolatodei Cooperatori .

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ESIGENZE NUOVE E METODI ATTUALI NELIRelazione di DON ELIO SCOTTI

Prima di agire come sacerdoti e pastori il nostrocompito è quello di essere educatori. Educare è faremergere quelle energie che Dio ha immesso in germein ciascuna anima, e il cui sviluppo rappresenta il po-tenziamento della propria personalità: questo potenzia-mento la rende felice perchè attua la sua vocazionenel piano di Dio, che la chiama sia a essere perfettasia a rendere migliore la società di cui è parte inte-grante. « Buon cristiano e onesto cittadino » (Don Bosco) .

Il buon educatore, prima di attuare la propria artee missione, cerca di conoscere il giovane, il suo am-biente di vita, i metodi che egli gradisce, le tendenzeche lo premono, gli ideali che lo attraggono, e la situa-zione che si creerà nel suo domani . L'educatore deveallenarlo alla capacità di orientarsi, di auto determinarsi,di scegliere il bene, di adeguarsi alla realtà contingente,sempre teso però verso l'ideale eterno della sua vocazioneumana e cristiana .

I . VALORI PREFERITI E PERSONALITANUOVE

La società di oggi propone ai giovani d'oggi deivalori preferenziali e determina quel nuovo tipo diuomo che si sta formando. Dice la Gaudium et Spes :« Sorgano uomini nuovi, artefici di una umanità nuova,con il necessario aiuto della grazia divina» .

Tra questi valori occorre distinguere :a) i contenuti umani e cristiani da prendere in consi-

derazione per evidenziare quel «nucleo dottrinale chefaccia mentalità di vita » e che dovrà essere utilizzatoper vivere credere sperare e amare ;

b) la tecnica con cui oggi è necessario agire per fron-teggiare l'enorme pressione esterna 'e la rapidità distimolazioni ;

c) il metodo per creare un "modo nuovo" di pensare,di decidere, di pregare senza lasciarsi travolgere .

In una parola quali sono gli aspetti preferenzialidella filosofia di vita del giovane d'oggi, e quale il dina-mismo che egli deve acquisire per difendere e poten-ziare la sua personalità .

1 . Contenuti : valori più sentiti dai giovanimigliori* I valori terreni si impongono al giovane e gli sonoimposti dalla civiltà, attraverso i mass-media . Essisono modi di vita, motivi determinanti della civiltà ;essi non sono purificati, ma sono legati anche al malee alla confusione . Primo compito dell'educazione èla scoperta dei valori autentici, liberandoli dalleincrostazioni del tempo, delle passioni e del peccato :

92 « Quanto di buono si trova seminato nel cuore e nella mente

degli uomini. . . non solo non vada perduto, ma sia purifi-cato elevato e perfezionato a gloria di Dio, confusionedel demonio e felicità dell'uomo » (Lumen Gentium, 17) .Tra i valori umani sono oggi in primo piano i valorisociali : tra di essi :

a) Il senso della solidarietà, della identificazionecon i popoli di tutti i paesi, specie dei sottosviluppati .Essa supera la stessa preoccupazione per i poveri dicasa nostra, che hanno pure i loro momenti di miseriae di indigenza . Tra le due mentalità, di difesa dellatradizione, legata al benessere occidentale, e quella digiustizia rivendicativa e di rivoluzione a favore deglialtri paesi, i giovani migliori scelgono la seconda ; esi giustificano perchè sentono di non comprometterela propria vita per sè, ma per gli altri . È un valore for-midabile da utilizzare per la formazione, quello dellaidentificazione con i popoli sottosviluppati . Vi sonooggi in Europa oltre go organizzazioni giovanili cheperseguono questa finalità sociale . Educare al sensoeuropeistico, universale e . . . planetario è educare alsenso di Dio creatore, al senso evangelico e missionario .Il giovane non si affeziona alla famiglia o all'associazionechiusa o alla parrocchia del parroco autoritario o allaispettoria, ente giuridico di una congregazione, sequesti non si aprono a orizzonti ecumenici : essere Coo-peratore gli piacerà, se questo nome significherà « Coo-peratore di Dio, della Chiesa universale, del popolodi Dio, di tutta l'umanità », come il cuore sconfinatodi Don Bosco gli ha prospettato .

b) Il senso della rivoluzione è sentito :

come critica dei metodi tranquilli della società che è« ben pensante » perchè è « benestante », di una societàstatica e conservatrice . Per parte dei giovani la cri-tica è bisogno di autenticità, di far le cose sul serio,di non addormentarsi o di non girare intorno ai pro-blemi, di preparare la società più universale del due-mila. R. Kennedy faceva sua la frase di Lincoln : « Poichèle circostanze sono nuove, altrettanto nuovi devono essereil nostro pensiero e la nostra azione . Dobbiamo liberarcidai vecchi schemi » ;

• come protesta in quanto il giovane ha bisogno di es-senzialità e superando problemi, angusti e locali, vuolportare la figura dei popoli sottosviluppati a confrontocon la nostra società del benessere : è il grido della Po-pulorum Progressio . Essi sentono questo confronto comedeterminante per la loro vita di domani quando essi,e non gli adulti di oggi, dovranno costruire un nuovomodo di vivere con o contro l'Africa e l'Asia, con o controle razze gialla e negra. Pensiamoci bene : hanno ragione ;• come giustificazione di una certa violenza : quella diPapa Giovanni, di Kennedy, del cardinale Lieger, diCamillo Torres, di Luther King, che furono ciascunoa proprio modo, dei violenti, o meglio dei cristiani

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LA FORMAZIONE DEL GIOVANE APOSTOLO

secondo il Vangelo . « Coloro, disse Kennedy, che ren-dono impossibile la rivoluzione pacifica, renderanno inevi-tabile la rivoluzione violenta » .

e) Il senso della pace e della fraternità : la pacesi profila come valore superiore a qualsiasi patria,partito, o religione (i giovani sono per l'Ecumenismo) .Al senso della pace è legato il senso dell'amore, cheviene espresso attraverso tutte le canzoni moderne eche, nel profondo dei loro sentimenti, supera il signifi-cato stesso delle parole per dirigersi col canto ad unidealismo giovanile che congloba tutte le loro energie .Viene deprezzata perciò ogni politica guerresca, ogniclassicismo o divisionismo, ogni razzismo, ogni vio-lenza che non sia per la «contestazione globale dellasocietà da rinnovare » . « La pelle di Dio, canta il com-plesso "Viva la gente", è nera, è rossa, è gialla, brunae bianca, perchè Lui ci vede uguali davanti a sè » ; e ag-giungono : « abbiamo bisogno di costruire un tipo nuovo diuomo per un'epoca di nuovo tipo » .

* Valorizzazione positiva. a) questo fenomeno ha esasperato il classismo deigiovani fino a generare il senso di "giovanilismo" . Ilritmo di velocità nella mutazione di ogni ordine umanoeconomico e politico, portato dalla automazione haimpedito il lento e maturato progresso, portando unsapore di giovinezza della vita . Esso sviluppandosisolo verso il domani, mentre provoca il distacco dalpassato, accresce l'indifferenza verso le cose terrenecome facilmente dominabili e superabili .

La "novità di vita" intesa come sola protesta o in-capacità di agire con realismo e costanza, è un giovani-lismo di cattiva lega, capace di scalzare dalle fonda-menta ogni formazione umana . Mentre il sentire ilsenso giovanile della società nuova è un autentico fe-nomeno di speranza e di escatologia di un mondo cri-stiano proteso in avanti, verso un progresso che uti-lizza la materia verso e fino alle soglie dello spirito .Un animatore o cooperatore che non sia un uomoumanamente e profondamente qualificato, aperto atutto ciò che è moderno e progresso, non potrà essereun apostolo tra i giovani .

L'uomo tecnico non si sente tanto collaboratore diDio, quanto costruttore e vero dominatore della ma-teria, creata da Dio . Il giovane però avendo distruttocol suo giudizio avventato il passato, ed essendosiproiettato nel futuro, dovendo ora costruire la realtàpresente e futura, non sa che cosa fare e cade nel pro-blematicismo e nell'insicurezza .

b) Il senso o meglio lo stato di problematicismoè un aspetto valido del giovane d'oggi perchè lo mettenella condizione del "povero di spirito" che attende,che ascolta, che vuol aggrapparsi a qualcosa o qual-

cuno: basta scalfire l'autosufficienza ostentata del gio-vane, per trovare in ognuno questo desiderio di essereaiutato a orientarsi : « Hominem non habeo » è il gridointeriore di ogni giovane . Il ritorno ai fiori e alla na-tura degli hippies è un profondo sentimento di fugadalla congestione del mondo odierno . La forte coesionedei gruppi spontanei è conseguenza del cercare la for-tezza di una difesa . Questo è il primo quesito di chifa parte dell'Unione : il gruppo di amici e l'uomo, ilsacerdote, il delegato che lo ascolti o lo capisca. « For-miamo uomini ed essi faranno opere» .

La civiltà tecnica si sta sempre più sganciando daun materialismo che ha creato il sentimento base del-l'umanità d'oggi : la insoddisfazione. Essa provocando lasolidarietà con i poveri, che non hanno avuto un ade-guato progresso e il senso di instabilità del domani,provoca l'interrogativo più profondo : quello dell'avve-nire dello spirito. La più grande e indispensabile virtùdi un giovane è l'umiltà : il riconoscimento della pro-pria debolezza che lo spinge a chiedere aiuto .

È facile allora trovarsi di fronte ai valori cristianie inserirli come risposte esaurienti di tutto il problema-ticismo giovanile .

e) La linea della nostra risposta è nella fede ;nelle persone del Padre, del Cristo, dell'Amore .

L'interrogativo dell'inquietudine, della ricerca diqualcosa di stabile, dell'ansia per un avvenire più si-curo è la base umana di un profondo slancio verso le cer-tezze eterne di un Dio, che è presente nell'uomo, chelo eleva alla natura divina, che lo fa partecipe del suoamore infinito di Padre .

In questo Padre c'è la soluzione della insicurezzapersonale, c'è la conferma della solidarietà tra i popoli,c'è l'invito alla rivoluzione non violenta, c'è la certezzadella pace, c'è la realtà di un Corpo Mistico in cuitutti gli uomini formano non una "internazionale" ouna "unità" di classe, ma una «fraterna unità univer-sale che è spirituale e reale, anche se misteriosa, at-tuale e perenne » Unum sumus in Christo Jesu .

La gioventù d'oggi, quella che vive con autenticità,con franchezza, con lealtà, senza conformismi, è la piùvicina a Cristo . La separa solo un cristallo opaco, unanebbia : essa è la testimonianza fredda, formalistica,laicizzata, pietistica dei cristiani cosiddetti praticantio credenti o magari consacrati, ma che vivono il "quo-tidiano" senza fede ardente nel Cristo, il figlio del Diovivente. Contro la filosofia della "morte di Dio" occorrefar provare al giovane l'esperienza dell'amore del Diovivente e presente in lui .

Il Cooperatore, prima di avere o donare o parlare,deve «essere Cristo » ; ecco la testimonianza del buonesempio del « Cooperatore sinonimo del buon cri-stiano » . L'Unione, il Centro sia il punto d'incontro,attorno all'anima irradiante del delegato, a cui il giovaneCooperatore si riferisce, per scoprire nella luce cristiana 93

e

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di gioia di redenzione di resurrezione, quei sentimentiche sono propri di un giovane moderno: e poi egliritorni nel suo gruppo di vita a cui appartiene, testi-moniando una «certezza interiore del Presente in lui»in mezzo ad amici incerti e insicuri .

* Novità di vita . L'esposizione può essere tacciatadi un sociologismo esasperato, e dimentica dei valoripersonali e interiori tradizionali. Rispondo che quiparlo della formazione del giovanotto di almeno 16anni e non del preadolescente che necessita dell'eser-cizio per l'educazione alla volontà, alla lealtà, all'obbe-dienza, al sacrificio, alla generosità ecc . e per la forma-zione alla preghiera, all'amicizia con Cristo, alla vita digrazia. Quando manca la preparazione preadolescen-ziale si costruisce sulla sabbia o sulle rovine : questoDon Bosco ce lo insegnò con energia .

Per confortare col pensiero del Concilio questo quadro,richiamo tre passi della Gaudium et Spes :

« La profonda e rapida trasformazione delle cose esige,con più urgenza, che non vi sia alcuno che, non prestandoattenzione al corso delle cose e intorpidito dall'inerzia,indulga a un'etica puramente individualistica » (30 )-

« Le condizioni di vita dell'uomo moderno, sotto l'aspettosociale e culturale sono profondamente cambiate, così cheè lecito parlare di una nuova epoca della storia umana.

La cultura odierna (tutti quei mezzi con i quali l'uomoaffina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo)è caratterizzata da alcune note distintive : le scienze"esatte" affinano grandemente il senso critico ; i più re-centi studi di psicologia spiegano con maggiore profonditàl'attività umana ; le scienze storiche giovano assai a farconsiderare le cose sotto l'aspetto della loro mutabilitàed evoluzione ; i modi di vivere ed i costumi diventanosempre più uniformi; l'industrializzazione, l'urbanesimo ele altre cause che favoriscono la vita comunitaria creanonuove forme di cultura (cultura di massa), da cui nascononuovi modi di pensare, di agire, d'impiegare il tempolibero ; lo sviluppo dei rapporti fra le varie stirpi e le classisociali, aprono più ampiamente a tutti e a ciascuno itesori delle diverse forme di cultura, e così poco a poco siprepara una forma più universale di cultura umana » ( 54) •

« I fedeli dunque vivano in strettissima unione con gliuomini del loro tempo, e si sforzino di penetrare perfetta-mente il loro modo di pensare e di sentire, di cui la culturaè espressione . Sappiano armonizzare la conoscenza dellenuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recentiscoperte con la morale ed il pensiero cristiano, affinchèla pratica della religione e l'onestà procedano in essi dipari passo con la conoscenza scientifica e con il continuoprogresso della tecnica, in modo che possano giudicaree interpretare tutte le cose con senso integralmente cri-stiano » (6 3)-

2 . Linee per la formazione di una personalitàdi nuovo tipo

La radice del nuovo modo di pensare è già delineatanelle sue direttive di fondo da quanto è stato detto .

Si arriva ai valori cristiani, stimolati dai valori umani,provocati questi dalla civiltà di oggi : questa è già unaindicazione del modo nuovo per formare nuove perso-nalità .

La personalità nuova richiede tra l'altro :

* una mentalità di dialogo, tra i valori terreni equelli cristiani ; senza opporre a Dio ciò che è creaturasua, distinguendo lo sforzo dalla grazia, la debolezza

94 dalla malizia, il male da ciò che ne ha solo l'apparenza,

o ne è solo occasione, sublimando in un continuo gio-ioso offertorio ciò che è umano, ciò che è progresso,tutto ciò che è buono ; (vedi epistola di San Paolo nellaliturgia della festa di Don Bosco) ;

una chiara idea della funzione della salvezzapasquale, dando al giovane una chiave di soluzionecristiana di tutti i fatti . Umani, ad esempio : ciò che èerrato debole e monco Dio lo corregge rinforza e com-pleta ; ciò che è valido Dio lo perfeziona . Babin proponeal giovane alcune griglie abituali di ripensamento :continuità tra l'uomo e il cristiano, rottura col peccato,perfezionamento con Cristo ; oppure libera azione dalmale, potenziamento col bene, elevazione a nuovodestino ; oppure con San Giovanni (VI, 24) il cristiano« è colui che passa con Cristo da morte a vita» ;

• una vita comunitaria ; la vita spirituale stessasi muove in coinonia, in comunione con gli altri, ingruppi che si incontrano attorno alla parola di Dio eall'Eucarestia e che verificano con la revisione di vitala loro condotta . La personalità del giovane modernoè socializzata e perfeziona la vita personale con la vitacomunitaria, anzi potenzia la formazione individuale,ma normalmente la sostiene solo con la partecipazionealla vita di un gruppo, che gli è indispensabile per uncontinuato riferimento ideale e per la ricarica dellapotenzialità spirituale e effettiva . L'attività del coope-ratore è comunitaria nello spirito anche se isolata nel-l'esecuzione : «Noi cristiani dobbiamo unirci in questidifficili tempi e di comune accordo promuovere ecc . » (DonBosco, art . I, Reg. Coop .) .

una attività, una esperienza pratica : lo svolgeredelle esperienze apostoliche non è considerata una at-tuazione delle verità meditate, ma un mezzo per farel'esame di coscienza più realistico della propria vitainteriore . Ecco il discorso apostolico che si apre comeesigenza e esplosione di bontà per verificare la propriafedeltà a Dio . Don Bosco volle formare i suoi novizi• i suoi chierici nell'attivismo apostolico, contro il pa-rere del suo Vescovo che chiedeva il noviziato chiuso• segregato . i l Salesiano esterno o Cooperatore fu lasua intuizione più profetica e ardita, ma troppo pio-nieristica per la mentalità clericale di quei tempi .

L'apostolicità non va intesa come conquista di anime(vedi discorso di Paolo VI, 4-1-1964) e nemmeno comeun portare la luce ove ci sono le tenebre, ma comefraternità e solidarietà di presenza, come incarnazionenei drammi concreti della vita dei fratelli, come lie-vito e fermento che provoca il passaggio "pasquale"da morte a vita . L'apostolo di oggi non pone l'alterna-tiva di un nuovo mondo, ma l'alternativa di un "nuovomodo di essere nel mondo" ; il cristiano gode più deglialtri del bene del bello del buono che il mondo contiene .Ogni istituzione cattolica non è l'alternativa ad altraistituzione laicale, ma è un mezzo per potenziare ilnuovo modo di essere dell'uomo battezzato : ad esempio,non c'è alternativa tra cine cattolico o non cattolico,ma tra cineforum cattolico e cinema non cattolico ;cineforum è il modo con cui il battezzato va al cinemacon un nuovo dinamismo interno, umano e sopranna-turale, capace di preservarlo dal male ed elevarlo peril bene che contempla. Per Don Bosco non ci fu alter-nativa tra divertimento e pietà, ma egli scelse il diver-timento sano e la pietà spontanea ; non tra dovere epiacere, ma il fare con piacere e amore il dovere benfinalizzato e gioioso ; non vi fu alternativa tra patria ereligione, ma modo cristiano di . essere buon italiano,e modo italiano di rimanere sotto la guida del Papa .

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II . METODI DI FORMAZIONE

1 . Processo psicologico formativoUna obiezione di fondo : idee . . . ideali . . ., ma come

agire praticamente?Occorre fare l'atto di fede e poi ragionare sull'incar-

nazione di Cristo, il quale si è fatto uomo, semita,giudeo, per poter parlare con la stessa lingua, pensarecon la stessa mentalità, ed esprimersi con immaginiadatte a chi, di volta in volta lo ascoltava . Egli pre-dicò in un ambiente molto peggiore del nostro per igno-ranza, usanze pagane, per il metodo di odio e di schiavitù,per la potenza di Satana imperante in quei tempi ; enon convertì alcuno, poichè la redenzione non era an-cora avvenuta e l'amore di Dio non aveva ancora presodimora nel cuore degli uomini, noi abbiamo enormivantaggi per l'apostolato tra gli uomini rispetto a Gesùuomo: « Farete cose più grandi di me » .

Ogni salesiano col giovane della sua regione, diquella data età, di quella speciale cultura, in quelladeterminata situazione, deve saper fare il proprio ade-guato discorso, dare la testimonianza di vita che lui ècapace e riesce a dare con l'aiuto di Dio. « Omnia possumin Eo. . . », dice San Paolo. Se Dio creò le anime a unaa una, se Gesù ci elesse nominatim, come sarà possi-bile offrire per tutti regole pratiche per la formazionedi giovani apostoli? Lo Spirito Santo è in noi, è neinostri giovani ; se ci amiamo, se saremo uniti in Cristo,se dialoghiamo per capirci, faremo insieme il camminogiusto. E ogni buon salesiano comunicherà, con lostile di Don Bosco che gli è insito, la santità di Cristoa ogni giovane che egli avvicinerà, poichè lo spiritonon è legato alle formule, ai regolamenti, ai gesti maè trasmesso vitalmente da anima ad anima .

Si può però suggerire una gradualità di azione diver-samente applicabile:

• Partire da dove i giovani sono già attivi ; ciò avvienedopo una chiara diagnosi della loro situazione . Data laciviltà attuale i giovani sono avvinti da qualcosa cheloro piace, nella protesta, nel servizio, nella ricerca,nell'azione, oppure sono impegnati nella musica, nellosport, nel turismo, nell'amore ; bisogna partire di lì,con loro, con i loro interessi, come fece Don Bosco .È inutile buttare l'amo dove non ci sono i pesci ; e ivivai dove si trovano con i corpi anche le anime deigiovani sono i campi da gioco, le palestre, i pullman,le spiagge, i monti, le sale cinematografiche, i bar, iballi, le scuole, le caserme .

• Il processo da seguire, partendo da questi valori,è di socializzare questi giovani, creando l'amicizia,l'amore vicendevole, facendo emergere valori umanistici,con il realizzare bene le attività che essi amano, discu-tendo l'aspetto tecnico, l'aspetto umano e l'aspettocristiano dei loro interessi . Riunioni, conferenze, con-vegni, ritiri, come gli ambienti, gli spettacoli, le gare,i campionati o i banchetti, fatti «alla buona» cioè ma-lamente, avviliscono, disgustano e allontanano il giovaneserio.

• I giovani amici, facendo comunità e svolgendo congusto e perfezione le loro iniziative, lasceranno affio-rare i loro problemi più vitali e intimi . La comunitàdel gruppo ne mantiene vivo l'interesse e li aiuta a ri-solverli ; qui entra in gioco l'animatore, il sacerdote,il delegato, il quale fa emergere i giovani leaders, chepossono essere tali per natura o per grazia ; egli li di-stingue e isola, in momenti determinati, dalla massa, percaricarli di valori umani e cristiani . Don Bosco nel

primo regolamento dell'oratorio stabilì che ogni gruppoaffidato a un catechista non dovesse avere più di 8-io al-lievi ; mi pare che l'animatore dei giovani Cooperatori siail "decurione", cioè colui che è a capo di dieci persone .

* Un Centro militante, o un Gruppo di giovani Coope-ratori non può essere come un qualsiasi centro giovanilema, a mio parere, deve esserne essenzialmente l'anima,e perciò un nucleo invisibile come il lievito nella pasta,il quale è stato espresso dalla massa giovanile di un cen-tro aperto a tutti. Colà, nel cenacolo della sezione giovaniCooperatori si coltiva in essi il contatto interiore con Dio,la gioia dell'amicizia, il gusto di servire Cristo nei fra-telli e in secondo luogo la capacità tecnica al dialogo ealla direzione dei gruppi, la responsabilità nel proprioruolo sociale, la pratica della gradualità di azione se-condo le possibilità e capacità concrete .* Ci sono, mi pare, due metodi per preparare il giovaneCooperatore . Quello descritto ora, che fu utilizzato dal-l'associazionismo giovanile salesiano a favore di tuttala massa giovanile; esso partendo dall'individuo inseritonella massa crea i gruppi spontanei, ne seleziona i leaderscurandoli nel «cenacolo di riferimento formativo e apo-stolico » e li rilancia nel proprio ambiente di vita . Questometodo si adatta con lunga e paziente fatica, ai gruppi diCooperatori che si formano isolati dalle opere salesiane, pres-so parrocchie, istituti vari, o in ambienti non ecclesiastici.

Oppure il metodo per noi più naturale, non certo esclu-sivo, di seguire spiritualmente gli animatori delle atti-vità degli oratori, degli istituti o delle parrocchie, i qualisono già operanti e di coltivare la loro ansia apostolica,in spirito salesiano, e rendendoli più compartecipi allamissione della Chiesa, mediante l'appartenenza alla terzafamiglia di Don Bosco. Per questi l'appartenenza all'UnioneCooperatori costituirà una sorgente più sicura e costantedi rifornimento spirituale e di sussidi di tecnica apostolica .Su questa seconda linea di formazione del giovane Coo-peratore è per sua natura schierato e a ancato all'Unioneil Centro di Pastorale Giovanile .

1 . Due pareri personali

a) Il vivo senso della propria personalità, esistente inogni giovane, esige per parte del delegato Cooperatori,una chiara visione del suo compito di scelta e anche diselezione, e poi di formazione, del giovane "aspiranteCooperatore" . L'ansia del numero, delle numerose se-zioni giovanili o dei molti giovani, la stessa volontà delfare un po' di bene a chiunque vi aderisca è il primo pe-ricolo di ogni gruppo apostolico . Gesù, per la conversionedi molti, volle solo dodici apostoli, e Don Bosco trattennein Congregazione neppure un quinto delle vocazioni sortenelle sue opere.

Ogni giovane ha una sua vocazione, insita nella suanatura o dono per elezione divina . Un Cooperatorenon può essere un buono e fedele gregario, o una pia e de-vota anima ; deve essere un capo, un apostolo formato,qualificato e capace di servire gli altri. Una sezione digiovani Cooperatori non implica l'iscrizione di tutti, masemplicemente un gruppo di giovani che si prepara, con lascuola di formazione, all'apostolato e che si concluderàcon l'iscrizione di chi è preparato, maturo e apostolo .Prima occorre che si formi il Cooperatore apostolo e poisi conferisce il diploma, allo stesso modo che la Congre-gazione prima constata la pratica della vita religiosanel giovane novizio e poi lo ammette alla professione .

Se è svilita la figura di un giovane Cooperatore di-nanzi agli altri giovani, per essi sarà squalificata la se-rietà dell'Unione .

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Le maggiori difficoltà che oppongono i giovani per chie-dere o accettare l'iscrizione, a me sembrano : l'essere og-getto di conquista, l'essere invitato a iscriversi per farpiacere a uno o ai salesiani, il doversi trovare con per-sone rispettabili ma inattive o di mentalità superata, ildoversi estraniare dal proprio ambiente di vita anche soloper alcune manifestazioni che non li convincono. . .

b) Non usando fretta, aiutandoli con la formazioneinteriore e lasciando loro molta libertà di iniziativa,si accontentano i giovani . Ma affinché i salesiani sentanoche i loro collaboratori nella parrocchia, nell'oratorio,nell'insegnamento . . ., sono « veri Cooperatori salesiani »,occorre qualificare meglio la figura del delegato . A mepare che la figura del delegato debba essere semprepiù quella dell"`animatore apostolico", del "pastore"di tutti gli adulti raggiungibili dallo spirito salesianoovunque essi siano : esso dovrebbe collegare "i molti"confratelli salesiani o Figlie di Maria Ausiliatrice o"decurioni" che normalmente formano curano e im-pegnano i propri collaboratori nei loro rispettivi am-bienti di vita .

2 . Caratteristiche salesianeIl Cooperatore salesiano è essenzialmente "un ot-

timo cristiano", poichè disse don Rua : « Lo spirito diDon Bosco è lo spirito della Chiesa » . Esso però ha alcunespecifiche caratteristiche che evidenziano il suo apo-stolato ; esse sono illustrate dalla letteratura salesiana ;qui elenco solo alcune colorazioni di attualità .

Oggi, più di ieri, costituisce salesianità :a) la capacità di far gruppo, di farsi amico di tutti,

di trasmettere simpatia, di creare affiatamento e calore,approfittando di qualsiasi valore della cultura del giocodella musica dell'apostolato . Avere, in altri termini,l'inclinazione ad accentuare l'aspetto di « amorevolezzapropria dello spirito di famiglia » ; essere un tecnicodel "fare comunione" con gli altri a qualsiasi ambientepartito professione età essi appartengano ; tutti sonoanime amate e redente da Cristo : Da mihi animas .

b) la facilità di polarizzare verso i sacramenti la cri-stianizzazione delle anime . Avere e trasmettere il senso

Alla relazione di don Scotti seguìuna nutrita discussione, alla quale donFiora premise che, non essendoci ancorada parte dei Superiori una legislazioneprecisa, si trattava solo di presentareidee individuali, esperienze fatte e pro-spettive future. Esse avrebbero costi-tuito un presupposto su cui i Superioriavrebbero potuto lavorare per dare di-rettive e passare da un periodo di spe-rimentazione a norme or?anizzative ea soluzioni definitive .

In sintesi don Scotti prospettò la col-laborazione tra il Delegato della Pa-storale giovanile e il Delegato degliApostolati sociali così : in alto, a livelloispettoriale, due uomini, l'uno preoc-cupato della formazione di tutta la gio-ventù, l'altro preoccupato della forma-

96 zione degli adulti apostoli . 1 due nostri

SINTESI DELLA DISCUSSIONE CHE NE SEGUÌ

grandi servizi ideologici sono : il Centrodi Pastorale giovanile e il Centro degliApostolati sociali. Con questi serviziideologici e tecnici e con le nostre orga-nizzazioni noi presentiamo alla Chiesaun arco unico del nostro laicato : dalragazzo che entra in un nostro istitutoo centro giovanile fino alla personaadulta che collabora con i salesianicome Cooperatore . Questo ragazzo cheentra . . . pagano e successivamente di-venta cristiano, apostolo, leader, ani-matore dell'associazione, quando nonsarà più allievo dei salesiani, per suanatura dovrà essere Cooperatore sale-siano, sia che rimanga nell'Oratoriosia che torni nella sua terra. Questo èil servizio che la Congregazione rendealla Chiesa : l'arco completo del laicatoformato allo spirito di Don Bosco .

della Eucarestia, come presenza personale di Cristo,che rende impellente l'azione spirituale e apostolica ;accedere e condurre alla Penitenza, come atto di abban-dono e di fiducia in Dio e con l'atteggiamento di umiltà,indispensabile per ottenere la grazia attuale, necessariaalla fecondità dell'apostolato .

c) l'atteggiamento verso il padre della comunità e versoogni salesiano come padre spirituale . Lo spirito sale-siano non forma rivoluzionari verso l'autorità, maanzi ne inculca il vero senso, forgiando il figlio di fa-miglia . Esso è confidente e affettuoso, anche se desi-deroso di dialogo e ansioso di iniziativa, insistente epressante per lo zelo che lo anima, ma non mai ribelle .

d) L'aspetto della gioia, caratteristica dello stile sale-siano, oggi si traduce nel giovane apostolo in ottimismonella interpretazione delle concrete e imperfette realtàecclesiali e sociali, nella vita rischiarata dalla serenasperanza in ogni vicenda, nella ricerca attenta di tuttii motivi di unione, nella cordialità dei rapporti calorosisinceri e aperti a tutti, nella fiducia e benevolenzaverso ogni aspetto nuovo della gioventù .

Le parole di Don Bosco, con cui concludo, sonoquanto mai vere oggi :

Io vado innanzi come il Signore mi ispira e le circo-stanze mi suggeriscono ; e queste altre : A tutti è indi-spensabile la pazienza, la diligenza e molta preghierasenza cui sarebbe inutile ogni regolamento .

Il Signore "ispira" anche voi, mentre il vostro ar-dore verso la persona di Cristo vivente nei fratelli viaiuta a essere testimoni e salvatori, e a suscitare altri«Cooperatori di Cristo e della Chiesa» .

Le "circostanze" sono i segni dei tempi, e cioè :le situazioni concrete, quelle che emergono dal dia-logo con i confratelli e le comunità educative, e daldialogo con cui i giovani esprimono le loro giuste esi-genze e manifestano il loro senso profetico e il lorocarisma specifico .

Si tratta di riconoscere e di rivivere in noi stessiquello che oggi, facendo più choc, si definisce «stiledel post Concilio* e che noi abbiamo sempre e sem-plicemente chiamato col nome di « spirito di Don Bosco » .

Ma poichè, per essere autentici Coo-peratori salesiani, ci vuole un atto espli-cito della volontà, noi non li forzeremo ;ma c'è da augurarsi che le nostre asso-ciazioni giovanili abbiano degli anima-tori che siano veramente CooperatoriSalesiani. Questi Cooperatori, nellosvolgimento del loro lavoro, natural-mente non dipenderanno dal delegato,ma dal direttore dell'oratorio se lavo-rano nell'oratorio ; dipenderanno dalparroco se lavorano nella parrocchia odal direttore se lavorano nell'istitutosalesiano . In ogni ambiente dove un sa-lesiano lavora, egli ha diritto di avereattorno a sè dei collaboratori che nonsiano dei laici qualsiasi, ma siano degliautentici confratelli Salesiani Coopera-tori.

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LA FORMAJIONE SPIRITUALE DEL GIOVANE CHE ASPIRAA ESSERE COOPERATORE

A) Il Cooperatore Salesiano è un cristiano im-pegnato nell'apostolato della Chiesa (specialmenteverso la gioventù), con lo spirito di Don Bosco .

Quindi, di un giovane attratto nella nostra orbita,perchè sia Cooperatore Salesiano, dobbiamo farne uncristiano, un apostolo e dargli lo spirito di Don Bosco .NB. Se viene e chiede, è segno che è disponibile ; toc-

cherà a noi non deluderlo, non essere superficiali, madargli quanto gli necessita per la sua riuscita, indicarglitraguardi, mezzi e metodi per la sua formazione spirituale .

Ricordi allora il Sacerdote Delegato, incaricato di faredi quel giovane un apostolo, che : apostolo è uno che hascoperto il Cristo-Dio, ha capito che Cristo-Dio lo ama,e lo ha "scelto", unendo la propria vita alla Sua, e oravuole comunicarlo agli altri ; e che perciò l'apostolato èla conseguenza della "scelta" di Cristo e della "vita conLui" ; che cioè si è veri apostoli nella misura in cui siè veri cristiani, che la testimonianza dell'apostolato è laconseguenza della vita cristiana vissuta .

Le tecniche di apostolato vengono dopo : avendo sco-perto Cristo e la sua salvezza, e volendo farlo conoscereanche agli altri, allora cercherò le formule più adatte, ilmezzo migliore per riuscirvi .

Ecco perchè primo compito del Sacerdote Delegatoè quello di guidare il giovane alla scoperta, all'incontrocon Cristo ; a rispondere responsabilmente al Suo amoree alla Sua amicizia ófferta ; avviarlo alla autentica vitacristiana, che è anzitutto vita interiore, vita di unionecon Cristo ; stimolarlo poi all'apostolato, come testimo-nianza dell'amore a Cristo, e introdurlo nello spirito estile apostolico di Don Bosco .

Formare spiritualmente gli uomini!Terribile responsabilità? Sì, ma anche meravigliosa

verità!« Dio, il quale solo è santo e santificatore, ha voluto

assumere degli uomini come soci e collaboratori, perchèservano umilmente nell'opera di santificazione » ( Pre-sbiterorum Ordinis, n. 5) .

B) La formazione spirituale del giovane aspiranteCooperatore.

Il tema è immenso . La trattazione non può essere cheschematica, stando all'essenziale .

Il "fine" da raggiungere è formare dei veri credenti,dei cristiani autentici che facciano traboccare il proprioamore a Cristo sugli altri . Questo implica essenzialmentetre cose :

1 . Formare dei giovani capaci di una risposta e di unafedeltà personale di fronte a Cristo Signore a al Padre .

Cìoè, si tratta di renderli capaci di percepire la presenzaviva e operante del Cristo Signore e del Padre, accanto

di DON GIUSEPPE FERRI

a loro in atto di offrire e proporre un'alleanza ; far lorocomprendere che sono invitati a dare una importante esplendida risposta, che poi impegnerà tutta la vita in unorientamento nuovo ; disporli a far entrare Cristo e ilPadre nella loro vita per sempre, decisi a costruire laloro vita e il mondo secondo il progetto e le indicazionidi Cristo-Dio, rinunciando a costruirli da soli e secondoprogetti soltanto umani ; si tratta di renderli coscienti chel'accettazione di Cristo, sanzionata dal Battesimo, li in-troduce in una situazione nuova (rigenerazione, nuovavita dall'alto) per cui essi vengono innestati sul Cristo Si-gnore, diventano suoi membri, suoi fratelli, legati a Luifino al « non sono più che vivo, è Cristo che vive in me » ;diventano, perchè uniti a Cristo, autentici figli adottividel Padre, "nati da Dio" per la forza dello Spirito ; equindi membri della Famiglia Trinitaria . . . e che tuttala loro vita è ormai impegnata in blocco in questa nuovaprodigiosa realtà : c'è da vivere da fratelli di Cristo eda Figli del Padre!

Ora, per realizzare questo, occorre che il SacerdoteDelegato favorisca gli incontri reali dei giovani con Dio,per aiutarli a fare 1`esperienza" della persona di Dio edel rapporto personale con Lui, col Padre, col Figlio,con lo Spirito Santo, facendo comprendere che le TrePersone divine desiderano entrare in relazione personalecon Lui ; offra occasioni di raccoglimento con il Ritiromensile e gli Esercizi spirituali annuali ; favorisca la pre-ghiera personale, come colloquio con Dio ; assicuri untimbro personale alla frequenza dei sacramenti della Con-fessione e Comunione, che sono i grandi incontri conCristo, capaci di trasformare le anime e la vita .

2. Formare giovani che abbiano principi chiari esolidi di dottrina e di azione per vivere e agire se-condo l'essere nuovo che hanno ricevuto nel Battesimo .Si tratta, cioè, di aiutarli ad arrivare a una "mentalitàdi Fede" che li renda capaci di avere la giusta visionecristiana di Dio, di se stessi e del mondo e li mettain condizione di vedere-giudicare-agire, 24 ore su 24,secondo gli insegnamenti di Cristo .

Ora, per questo, occorre che il Sacerdote Delegatodia ai giovani una Catechesi intensiva, sia pure sotto formevarie e adattate (c'è da scoprire l'universo nuovo rivelatodalla Fede!) ; una catechesi sintetica, non "a pezzi stac-cati", ma in cui Cristo appaia davvero come la chiavedi volta di tutto l'universo e della storia, punto focaledei desideri della storia e della civiltà . . . Una catechesivitale, esistenziale, cioè che esige la risposta e impegnala libertà dell'uomo, perchè, quando si è compreso chesi è diventati figli di Dio, lo si deve manifestare attra-verso tutte le proprie attività .

3. Stimolarli all'apostolato, cioè renderli capaci direagire, sempre e ovunque, da membri di Cristo, della 97

Page 22: DON BOSCO SALESIANObiesseonline.sdb.org/1968/196814.pdf · giovani, e con loro attuare, il disegno di Don Bosco per un laicato apostolico salesiano). È stato un buon tentativo di

Chiesa, suo Corpo Mistico, e di assumersi delle respon-sabilità nella straordinaria impresa divina di far avanzareil Regno di Dio tra gli uomini .

Bisogna spiegare che Dio sta operando ogni giorno ilpassaggio di tutti e di tutto da morte a vita : è la grandeimpresa pasquale sempre in atto . Egli ha operato unavolta per tutte, in se stesso, come Capo della umanitàe come Dio, la risurrezione di tutto l'universo ; e oravuol comunicare la vita risorta a ciascuno . . . ma con lanostra collaborazione (Pentecoste!), per cui vuol servirsidi noi come di punto d'appoggio, strumenti, coopera-tori . . . per la resurrezione degli altri .

Bisognerà spiegare che l'apostolato è associarsi a Cristo,allo Spirito e al Padre nella entusiasmante impresa difare tutto nuovo ; che l'apostolato non è dare a Cristoqualche cosa di sè, ma dare tutto se stesso e agire peril nome di Cristo assieme a Lui .

Ma per questo è necessario che il Sacerdote Delegatofaccia comprendere ai giovani che la Chiesa non è unaChiesa-Rifugio, ma è una Chiesa-dinamica, un corpo increscita, un immenso cantiere in costruzione e che cre-dere a Cristo è entrare a lavorare con Lui nella missionedi salvare il mondo e la storia .

Il Sacerdote deve impedire che i giovani concepiscanola vita cristiana come un piccolo affare che si svolge traloro e Dio, ma deve loro aprire gli occhi sulla immensaChiesa dello spazio e del tempo, infondere loro la santa"fierezza" di esserne membri, e il desiderio, anzi la"passione" di assumersi le loro responsabilità, di esseree fare da "sale, luce e lievito" affinchè il mondo siaimbevuto dello spirito di Cristo .

C) Ora, per formare a questa vita spirituale ilgiovane aspirante a diventare Cooperatore, ènecessario un consigliere spirituale illuminato :il Sacerdote delegato .

Egli è il rappresentante diretto e il collaboratore diCristo, del Padre e della Chiesa ; egli, nel dialogo con-fidente, individualizza l'incontro e la parola divina ; eglideve aiutare ciascuno a scoprire le sue risorse spirituali,deve impegnare ciascuno nella sua propria vocazione emissione personale .

Insomma, egli deve essere vero Consigliere, Direttorespirituale, illuminato maestro di vita cristiana, cioè diperfezione, di santità, che è vocazione di tutti i battez-zati. Ma santità è la vita stessa di Dio, già ontologica-mente donataci in germe nel Battesimo, e che ci ha fattirealmente "santi" : cioè figli di Dio, compartecipi dellanatura divina, che è santa . . . Perciò santità soggettiva èrisposta vitale alla natura divina ricevuta, è sviluppo dellevirtualità contenute nella santità battesimale, già in noi .E allora è necessario che il Sacerdote faccia conoscere

ai giovani, perchè già lo possiedano e perchè vi possanorispondere meglio, faccia conoscere questo nuovo orga-nismo soprannaturale, inserito in loro con il Battesimo,con tutte le implicazioni della inabitazione della SS . Tri-nità, dell'azione potente dello Spirito Santo, della Cri-stificazione e Divinizzazione ; il corredo già donato delleVirtù Teologali, la ricchezza dei Doni dello SpiritoSanto; l'altissima nobiltà della partecipazione all'ufficiosacerdotale, profetico e regale di Cristo, salvatore delmondo .

Ancora tocca al Sacerdote Delegato introdurre i gio-vani nello spirito liturgico, perchè è con i Sacramenti,soprattutto con quello dell'Eucaristia, che viene comuni-cata e alimentata la carità verso Dio e i fratelli ; introdurlinello spirito ecclesiale, perchè essi si santifichino nella

98 Chiesa che offre gli aiuti spirituali e i Sacramenti ; per la

Chiesa, al cui servizio mettono la propria vita ; con laChiesa, guidati dai sacri pastori .E tocca al Sacerdote guidarli al senso del combattimento

cristiano, al senso delle necessarie rotture con Satana, colpeccato, col mondo ribelle a Dio ; avviarli all'orrore del"compromesso" e invece al gusto della scelta lealmentemantenuta, anche nello sforzo doloroso per essere fedeli,e nella solitudine di un ambiente mondano spesso ostileo indifferente! . . . ricordando loro che essi devono sen-tirsi Chiesa amando il mondo, che debbono essereChiesa proprio là dove è il mondo .

Insomma, tocca al Sacerdote farli passare da un cri-stianesimo spesso formalistico a una preferenza, a unascelta assoluta di Cristo, che glielo faccia amare con tuttoil cuore, con tutta la persona, con tutta la vita . . . Toccaa lui farli arrivare a capire che « si è del Signore e per ilSignore »! « Nessuno di noi vive per sè e muore per sè ;perchè se noi viviamo, viviamo per il Signore, e semoriamo moriamo per il Signore : sia che viviamo, siache moriamo, siamo del Signore » (Rom . 14, 7-8) .

D) E tutto questo il Delegato dovrà farlo in unclima salesiano caratterizzato da autenticità, ri-spetto della libertà, gioia entusiasta.

Anzitutto il Sacerdote Delegato dovrà essere autentico,vero, leale. I giovani di oggi vogliono vedere prima in luiil testimone autentico di Cristo e della Chiesa . . . solo al-lora essi accetteranno lealmente la verità e le esigenzeche egli proporrà loro .

Poi, rispettoso della loro libertà, nulla imponendo dal-l'esterno senza motivazioni, ma stimolando la libera ri-sposta all'apostolato divino con una opzione personale ;e stimolando a scegliere liberamente almeno un certo nu-mero di comportamenti .

Infine egli deve essere carico di gioia cristiana, di gioiaentusiasta . I giovani vogliono vivere e la gioia è segnodi una vita ben riuscita. Ora la vita divina ricevuta nelBattesimo è una super-vita, è una vita in pienezza . Edunque il Sacerdote, maestro di questa vita, deve pro-vare prima lui stesso quanto sia magnifico ed esaltanteessere cristiano, essere figlio di Dio, e al servizio di Cristoper il bene dei fratelli . Allora gli sarà più facile trasmet-tere ai giovani la "gioia cristiana", di fronte alla noia eall'angoscia che prendono tanti uomini d'oggi ; la "fie-rezza cristiana" che è riconoscimento e apprezzamentodelle formidabili ricchezze che Cristo e la sua Chiesadepongono nella loro anima e 1 -audacia cristiana",propria di chi sa di essere alle dipendenze dell'invinci-bile Signore del cielo e della terra .

E) Da questa formazione spirituale, amorosa-mente e intelligentemente effettuata, dovrebberorisultare dei veri cristiani, degli autentici credenti,degli apostoli convinti ed entusiasti,

cioè quei laici cristiani che la Chiesa ci richiede, queglianimatori, quei "modelli di comportamento", di cui sisente tanto la necessità, capaci di vivere con disinvolturail loro moto pasquale di passaggio continuo da morte avita sempre più piena, protesi in avanti, con Cristo, e insintonia con il bene di tutte le cose ; capaci di pensarea voce alta, comunicando agli altri le motivazioni delproprio essere e agire, ravvivando la fede negli altri, fa-cendo scoprire il segreto delle cose o inquietando . . . in-somma, facendo da "sale, luce, lievito" del mondo .

Ci riusciremo? È l'augurio che faccio a tutti i De-legati ispettoriali e locali .

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GIOVANI AL SERVIZIODELLE MISSIONIDiamo in sintesi la relazione del Missionario Laico Gian Michele Portieri,membro del GLAM di Brescia, sulla natura delLaicato Missionario e sui criteri usati nella preparazione del Missionario Laico

Che cosa s'intendeper missionario Laico?

Sul piano umano è un volontario(come i volontari della pace, chesono spinti dal sentimento uma-nitario di elevazione sociale, cul-turale, economica dei popoli sot-tosviluppati) . Ma oltre a quelloche ha il volontario inteso gene-ricamente, la sua vocazione haalcune caratteristiche particolari .Ha qualche cosa di più, (nonqualche cosa di diverso) : lo misono sentito Missionario Laico an-che senza fare niente di partico-larmente trascendente .In sostanza, partono per il terzomondo coloro che possono, percondizione economica, sociale, ecc .oppure perchè hanno trovato unapersona o un gruppo che li hannoindirizzati .

Spirito che contraddistingueil missionario laico .

È ciò che lo distingue da un vo-lontario generico .• Porta una testimonianza di vitacristiana (non sempre richiesta nelvolontario) .• Un senso profondo della chiesa,per cui il giovane si sente '"inse-rito'" nella Chiesa .•

Deve essere chiaro che il suocompito non è sacerdotale .•

Esente da ogni paternalismo (so-ciale, economico e anche religioso) .•

Disposto a porsi a fianco degliindigeni (non sopra di essi) .

Il mandatodel missionario laico

Viene mandato dall'autorità eccle-siastica, ma c'è da approfondireteologicamente il problema .

Preparazione specifica

La preparazione specifica (nel suolavoro o nella sua arte) non ècompito specifico dell'Istituto : tut-t'al più se ne può appoggiare lapreparazione presso enti partico-lari. Comunque, occorre una spe-cializzazione in un lavoro partico-lare, non trascurando però com-pletamente gli altri campi .

Preparazione morale

Gli aspiranti debbono frequentarecorsi particolari almeno per unanno .Si richiede la frequenza ai corsi,anche per conoscerne la costanzae le tendenze .Si frequentano corsi di teologia,ci si prepara alla vita comune .Nella preparazione c'è anche uncorso di Esercizi Spirituali per ret-tificare l'intenzione e per educarealla vita di comunità .

Compito specificodegli organismi

Devono interessarsi della scelta dei

candidati e quindi soppesare tuttele caratteristiche naturali, morali,sanitarie, interessandosi delle esi-genze particolari di ciascuno e delletendenze che potrebbero essere incontrasto con le esigenze locali .Preparazione intellettuale : il can-didato deve conoscere la linguadel luogo .Abitudine alla vita comune, evi-tando particolarmente le incompa-tibilità di carattere .

Difficoltà

Dopo alcuni mesi cala l'entusia-smo : l'ambiente non cambia, glisembra di combinare poco, su-bentra la crisi . . .Difficoltà possono sorgere anchedalla convivenza col sacerdote,che tante volte,' con l'andar deltempo, può venire considerato co-me solo un superiore, un capo .Di qui può subentrare una certadiffidenza, un certo senso di indipendenza con conseguenze an-che nella vita spirituale .

Per il Centenario della Basilica di Maria Ausiliatricel'Accademia Mariana Salesiana ha preparato il volumeAIUTO DEI CRISTIANIMADRE DELLA CHIESALibreria del Pontificio Ateneo Salesiano,Piazza Ateneo Salesiano, 1 - 00139 Roma

Il volume di 200 pagine contiene studi che si pro-pongono di presentare l'attualità della devozione ma-riana in quest'epoca post-conciliare e di comme-morare il Centenario della Basilica di María Ausiliatriceper un positivo rilancio del nostro apostolato mariano .Per ordinazioni superiori alle 20 copie la Libreriaconcede lo sconto del 30°,10 sul prezzo di L . 1000 .

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