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DI MONIA NICOLETTI n anno fa. Maddalena, giova- ne psicologa, viene chiamata da una fondazione dove me- si prima aveva fatto un colloquio: le propongono un lavoro molto sti- molante. Ma, Maddalena ha da po- co visto colorarsi di rosa le due stri- sce di un test di gravidanza e, benché sappia che questa notizia può voler dire perdere l’offerta, decide di non nasconderla: «Accetterei volentieri, ma sono incinta: l’offerta è valida lo stesso?». Il recruiter si confronta con la direzione e la richiama: «Le ve- niamo incontro, decidiamo insieme i termini contrattuali». Perla rara la storia di questa psicolo- ga. Di solito non è così che vanno le cose. Secondo i dati pubblicati a di- cembre dall’Ispettorato nazionale del lavoro le donne che lo scorso anno si sono licenziate a causa dell’in- compatibilità tra il ruolo di mamma e di lavoratrice, sono 2700 nella no- stra regione. In Italia sono 30.672. Come si concilia un pancione con il lavoro? «Smart working – spiega Maddalena –. Per la fondazione ho U seguito un progetto di valutazione per una grande azienda che, avendo un alto tasso di impiegate donne con bambini, segue questa filosofia. E io stessa ne ho usufruito». Smart working, cioè la possibilità di lavo- rare godendo di orari e luoghi di la- voro flessibili. «Job sharing e smart working stanno prendendo sempre più piede – spie- ga Valeria Giaccari, presidente del Comitato per l’Imprenditorialità femminile della Camera di com- mercio di Roma –. Sono costanti i nostri sforzi per promuovere queste forme organizzative presso le im- prese associate per poter garantire il giusto equilibrio lavoro–famiglia». Eppure la situazione è tutt’altro che rosea. «Il 6 maggio scorso il Forum delle associazioni familiari del Lazio ha organizzato l’incontro “Essere mamme a Roma” – racconta Ales- sandra Balsamo, presidente del Fo- rum –. Le necessità dichiarate da 1015 mamme, in un sondaggio curato dal Forum, hanno fatto emergere la so- litudine delle lavoratrici romane, soffocate tra impegni professionali e familiari. Il Forum vuole favorire il confronto in ogni contesto per pro- muovere strategie che soddisfino le esigenze di cura dell’infanzia». Per Maddalena si avvicina il giorno del rientro a lavoro. Un momento delicato in cui le mamme decidono se lasciare il piccolo in mani altrui o restare a casa. Chi opta per la secon- da scelta spesso lo fa solo per l’as- senza di mani altre a cui affidare un bimbo di pochi mesi. Per il Coordi- namento donne della Cisl del Lazio nella nostra regione solo il 12,89% dei bambini sotto i 2 anni trova po- sto negli asili nido pubblici: un bam- bino su cinque resta in attesa. Ewa Blasik, responsabile del Coordina- mento, spiega: «In tutte le province scarseggiano i servizi educativi per la prima infanzia. La situazione mi- gliora solo su Roma, dove però le ret- te dei nidi sono di molto superiori alla media regionale. Non c’è da stu- pirsi se la maternità continua a inci- dere negativamente sul tasso di oc- cupazione delle donne lavoratrici. Nel 2018 le dimissioni per l’impos- sibilità di conciliare famiglia e lavo- ro sono salite del 5%. Nella nostra regione le donne che perdono il la- voro per essere diventate mamme so- no l’11% del totale, un dato in linea con la media nazionale del 12%. Il vero dramma è per il terziario: qui lo stesso dato per il Lazio è del 90%. A- perture domenicali, festive e assen- za di flessibilità nelle grandi catene del commercio o nel settore alber- ghiero, ad esempio, rendono im- possibile conciliare il lavoro con le esigenze di un bambino». Spesso chi riesce a far tutto conta sui nonni, da ritenersi un baluardo del welfare. Maddalena prende in braccio Stefa- no; nel suo caso gli arriverà l’aiuto da una zia: «Per fortuna posso contare su mia sorella che verrà a darmi una mano almeno finché lui avrà sei me- si, poi non so: ho avuto da poco un’altra offerta di lavoro da un’a- zienda molto grande e vorrei accet- tarla». Oggi è la festa della mamma. L’augurio per Maddalena è di poter accettare senza remore. Per le 2700 donne che hanno perso il lavoro per aver messo al mondo un bimbo e per tutte le mamme è di poter se- guire la propria ambizione. Qualsiasi essa sia. Perché restare a casa sia una scelta d’amore e non un’imposizio- ne dovuta all’assenza di servizi. Per- ché lavorare sia una scelta d’amore e non una costrizione dettata da ne- cessità economiche. Gli sportelli a sostegno dell’imprenditoria in rosa ono sempre di più le donne che per aspirazione professionale o per conciliare lavoro e famiglia, decidono di mettersi in proprio. È per dare loro risposta che nel marzo del 2015 sono nati gli sportelli “Donna forza 8”. Da allora sono quasi quattromila le donne che sono state coinvolte in percorsi di orientamento, formazione e networking. Qui sono a disposizione tecnici che forniscono assistenza mirata alle donne che intendano avviare una start–up, hanno un’idea imprendi- toriale, vogliono sviluppare nuovi progetti all’interno della propria a- zienda, o più semplicemente desiderano mettere le proprie cono- scenze e capacità al servizio di un progetto di social innovation. Questi sportelli non solo forniscono informazioni sui bandi di finan- ziamento per l’imprenditoria femminile, ma danno accesso ai percorsi di Lazio Innova più adatti a sviluppare il proprio business. Gli sportelli “Donna forza 8” si trovano all’interno di tutti gli Spazi at- tivi della Regione Lazio: Roma Casilina, Roma Tecnopolo, Bracciano, Civitavecchia, Colleferro, Ferentino, Latina, Rieti, Viterbo. (M.Nic.) S dalla Regione Per migliaia di donne l’arrivo di un bambino è coinciso con lasciare la propria occupazione Nel Lazio scarseggiano i servizi all’infanzia: trova posto al nido un bimbo su cinque È nato il progetto «Un fiocco in azienda» per aiutare i genitori a lavorare meglio anciata a Milano, ha subito attecchito a Roma e nel Lazio (tra le prime realtà a rispondere si segnalano la Johnson & Johnson, Maico Lazio/Zero Db, il Campus Biomedico, Risorse per Roma) l’iniziativa “Un Fiocco in Azienda”, voluto da Manageritalia e dal Gruppo Donne Manageritalia. Si tratta di un vero e proprio percorso – e dunque con una formula innovativa rispetto ad azioni similari – appositamente studiato per le aziende e le loro dipendenti in maternità, o prossime ad entrarvi, senza distinzioni o limitazioni di inquadramento. Ecco dunque che questo percorso si muove in realtà lungo tre precise direttrici: per le aziende, affinché possano vivere con maggiore beneficio e armonia la maternità delle proprie dipendenti (il servizio di consulenza è L fornito da Zetaservice); per le dipendenti neo–mamme, che ricevono sostegno, compresa una card pediatrica per il reperimento di un medico in casi di urgenza ed ogni tipo di facilitazione verso il rientro al lavoro; per i neo papà, accompagnati verso questo nuovo ruolo genitoriale, inserito in un contesto di coppia e quindi con la possibilità di partecipare anche agli incontri “Mamma Informa” e “Gravidanza insieme”. Numerosi sono i servizi per aziende e genitori messi a disposizione da Manageritalia e i benefici accertati sono riassumibili in tre punti cardine: miglioramento del clima interno; maggiore produttività delle future e neo–mamme e riduzione del tasso di abbandono del posto di lavoro dopo la maternità. Igor Traboni L’idea di Manageritalia si rivolge alle aziende e punta a migliorare il clima organizzativo sostenendo mamme e papà quotidianamente L EDITORIALE I L VALORE DEL TEMPO PER FARE UNA SOCIETÀ PIÙ COESA E FELICE AGNESE RANGHELLI* na rivoluzione “conveniente”, ma pur sempre una rivoluzione. Potremmo definire così la conciliazione dei tempi di lavoro e vita. Una questione solo apparentemente semplice, che investe ambiti del nostro vivere associato considerati distanti ed estranei tra di loro: dall’organizzazione del lavoro a quella dei servizi, dalle relazioni tra i sessi a quelle di cura, dai ruoli sociali all’educazione, dalle politiche economiche e di welfare a quelle previdenziali, fino alla modalità di produzione dei beni di consumo. Non c’è studio in merito che manchi di nominare la dimensione del benessere – sociale e soggettivo – e la qualità della vita, come esito e premessa di ogni intervento in uno qualsiasi di questi ambiti, insieme a principi fondamentali come la democrazia, l’uguaglianza e la solidarietà sociale. Ne è prova il lungo titolo della legge di riferimento nel nostro Paese: la Legge 8 marzo 2000 n. 53, «Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città». Che si tratti di una dimensione “speciale” lo dice bene uno dei documenti (la Risoluzione 29 giugno 2000) alla base della recente direttiva europea sul tema: «La partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini sia al mercato del lavoro che alla vita familiare costituisce un elemento indispensabile allo sviluppo della società, la maternità, la paternità e i diritti dei figli sono valori sociali fondamentali. L’effettiva parità delle donne e degli uomini nella sfera pubblica e in quella privata (deve essere) socialmente accettata come condizione di democrazia, presupposto di cittadinanza e garanzia dell’autonomia e della libertà individuale, con riflessi in tutte le politiche dell’Unione europea». Questa “pervasività” della conciliazione comporta che ogni intervento vada progettato e realizzato in modo integrato. Le caratteristiche fondamentali della conciliazione, dunque, sono tre e negano altrettanti stereotipi: non è un “affare di donne”; non è una questione privata; non è un bene di lusso. La più democratica delle risorse, come viene definito il tempo in una recentissima indagine Istat, è in realtà fonte di discriminazioni e di povertà. L’onere di cura grava sulle donne, con pregiudizio della loro realizzazione sociale e lavorativa, dunque economica e previdenziale, riproducendo stereotipi negativi all’interno delle famiglie e della società. Non si fa “un favore” alle donne realizzando interventi di conciliazione, ma si costruisce una società più sana, più giusta, più coesa, più felice. Lo sappiamo tutti, ma oggi è bene ricordarcelo: la mamma è sempre la mamma. Unica, coraggiosa, insostituibile. Anche quando lavora fuori casa. * responsabile Coordinamento donne Acli U Coordinamento: cooperativa Il Mosaico via Anfiteatro Romano, 18 00041 Albano Laziale (Rm) tel. 06.932684024 e-mail: [email protected] Avvenire - Redazione pagine diocesane piazza Carbonari, 3 - 20125 Milano tel. 02.67801 - fax 02.6780483 www.avvenire.it e-mail: [email protected] DIFFUSIONE COPIE NELLE PARROCCHIE: PROGETTO PORTAPAROLA e-mail: [email protected] SERVIZIO ABBONAMENTI NUMERO VERDE 800820084 Domenica, 12 maggio 2019 generazione giovani essere missionari non è solo viaggiare, cono- scere, prendere tutto ciò di più bello di una cul- tura e poi ritornare a casa propria senza che nulla sia cambiato nella vita. Essere missionari non è un semplice andare ad aiutare chi è più bisognoso o più povero. No! La missione è una vera e propria rivolu- zione, che parte da noi stessi e sfociando nel mon- do, a partire da un marciapiede fino ad arrivare nei palazzi di un parlamento. I missionari sono uno stru- mento di pace: essere quella voce fuori dal coro che urla per costruire un mondo migliore. Noi abbiamo bisogno di urlare la pace, giorno dopo giorno, ab- biamo bisogno di farlo prima di superare la zona di non ritorno. La pace non si costruisce per “sottra- zione” dove basta togliere guerra e sofferenza per po- ter vivere in un mondo giusto. Infatti, la pace si co- struisce per “addizione” mettendo giorno dopo gior- no un tassello in più su questo grande ponte che ci porta da noi stessi verso l’altro, scardinando tutte le catene che opprimono il mondo e anche la vita. Do- potutto, Gesù è venuto per gli ultimi di questa terra, allora perché non seguire il suo esempio sporcandoci le mani per costruire la pace? E tu sei pronto? Marco Fazari, incaricato Missio giovani Lazio L Ogni giorno in strada Per costruire la pace Esperti a confronto per capire i numeri e scoprirne i segreti a pagina 2 Supplemento di Professione e maternità: lontana la possibilità di una reale conciliazione ALBANO A SOSTEGNO DEI PADRI SEPARATI a pagina 3 ANAGNI PER COINVOLGERE I GIOVANI a pagina 4 CIVITA C. IL MESE MARIANO: FEDELI IN PREGHIERA a pagina 5 CIVITAVECCHIA GRANDE FESTA A TARQUINIA a pagina 6 FROSINONE UN NUOVO SACERDOTE a pagina 7 GAETA LIBERTÀ DI STAMPA CONVEGNO A FORMIA a pagina 8 LATINA SUL VALORE DELL’AMICIZIA a pagina 9 PALESTRINA INSIEME SULLE ORME DI SAMUELE a pagina 10 PORTO S.RUFINA QUELLA DEVOZIONE CHE UNISCE I CUORI a pagina 11 SORA LA MISERICORDIA PER I DETENUTI a pagina 13 TIVOLI TORNA IL PREMIO IGINO GIORDANI a pagina 14 NELLE DIOCESI RIETI PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO a pagina 12 Donne che fanno l’impresa L’11% delle donne laziali con pargoli è costretta a lasciare il lavoro per la famiglia. Il dato sale al 90% nel terziario Mamme al bivio tra figli e lavoro

e-mail: [email protected] Mamme · 2019-05-21 · per tutte le mamme è di poter se-guire la propria ambizione. Qualsiasi essa sia. Perché restare a casa sia una scelta d’amore

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Page 1: e-mail: portaparola@avvenire.it Mamme · 2019-05-21 · per tutte le mamme è di poter se-guire la propria ambizione. Qualsiasi essa sia. Perché restare a casa sia una scelta d’amore

DI MONIA NICOLETTI

n anno fa. Maddalena, giova-ne psicologa, viene chiamatada una fondazione dove me-

si prima aveva fatto un colloquio: lepropongono un lavoro molto sti-molante. Ma, Maddalena ha da po-co visto colorarsi di rosa le due stri-sce di un test di gravidanza e, benchésappia che questa notizia può volerdire perdere l’offerta, decide di nonnasconderla: «Accetterei volentieri,ma sono incinta: l’offerta è valida lostesso?». Il recruiter si confronta conla direzione e la richiama: «Le ve-niamo incontro, decidiamo insiemei termini contrattuali». Perla rara la storia di questa psicolo-ga. Di solito non è così che vanno lecose. Secondo i dati pubblicati a di-cembre dall’Ispettorato nazionale dellavoro le donne che lo scorso annosi sono licenziate a causa dell’in-compatibilità tra il ruolo di mammae di lavoratrice, sono 2700 nella no-stra regione. In Italia sono 30.672. Come si concilia un pancione con illavoro? «Smart working – spiegaMaddalena –. Per la fondazione ho

U

seguito un progetto di valutazioneper una grande azienda che, avendoun alto tasso di impiegate donne conbambini, segue questa filosofia. E iostessa ne ho usufruito». Smartworking, cioè la possibilità di lavo-rare godendo di orari e luoghi di la-voro flessibili. «Job sharing e smart working stannoprendendo sempre più piede – spie-ga Valeria Giaccari, presidente delComitato per l’Imprenditorialitàfemminile della Camera di com-mercio di Roma –. Sono costanti inostri sforzi per promuovere questeforme organizzative presso le im-prese associate per poter garantire ilgiusto equilibrio lavoro–famiglia». Eppure la situazione è tutt’altro cherosea. «Il 6 maggio scorso il Forumdelle associazioni familiari del Lazioha organizzato l’incontro “Esseremamme a Roma” – racconta Ales-

sandra Balsamo, presidente del Fo-rum –. Le necessità dichiarate da 1015mamme, in un sondaggio curato dalForum, hanno fatto emergere la so-litudine delle lavoratrici romane,soffocate tra impegni professionali efamiliari. Il Forum vuole favorire ilconfronto in ogni contesto per pro-muovere strategie che soddisfino leesigenze di cura dell’infanzia». Per Maddalena si avvicina il giornodel rientro a lavoro. Un momentodelicato in cui le mamme decidonose lasciare il piccolo in mani altrui orestare a casa. Chi opta per la secon-da scelta spesso lo fa solo per l’as-

senza di mani altre a cui affidare unbimbo di pochi mesi. Per il Coordi-namento donne della Cisl del Lazionella nostra regione solo il 12,89%dei bambini sotto i 2 anni trova po-sto negli asili nido pubblici: un bam-bino su cinque resta in attesa. EwaBlasik, responsabile del Coordina-mento, spiega: «In tutte le provincescarseggiano i servizi educativi per laprima infanzia. La situazione mi-gliora solo su Roma, dove però le ret-te dei nidi sono di molto superiorialla media regionale. Non c’è da stu-pirsi se la maternità continua a inci-dere negativamente sul tasso di oc-

cupazione delle donne lavoratrici.Nel 2018 le dimissioni per l’impos-sibilità di conciliare famiglia e lavo-ro sono salite del 5%. Nella nostraregione le donne che perdono il la-voro per essere diventate mamme so-no l’11% del totale, un dato in lineacon la media nazionale del 12%. Ilvero dramma è per il terziario: qui lostesso dato per il Lazio è del 90%. A-perture domenicali, festive e assen-za di flessibilità nelle grandi catenedel commercio o nel settore alber-ghiero, ad esempio, rendono im-possibile conciliare il lavoro con leesigenze di un bambino». Spesso chiriesce a far tutto conta sui nonni, daritenersi un baluardo del welfare.Maddalena prende in braccio Stefa-no; nel suo caso gli arriverà l’aiuto dauna zia: «Per fortuna posso contaresu mia sorella che verrà a darmi unamano almeno finché lui avrà sei me-si, poi non so: ho avuto da pocoun’altra offerta di lavoro da un’a-zienda molto grande e vorrei accet-tarla». Oggi è la festa della mamma.L’augurio per Maddalena è di poteraccettare senza remore. Per le 2700donne che hanno perso il lavoro peraver messo al mondo un bimbo eper tutte le mamme è di poter se-guire la propria ambizione. Qualsiasiessa sia. Perché restare a casa sia unascelta d’amore e non un’imposizio-ne dovuta all’assenza di servizi. Per-ché lavorare sia una scelta d’amore enon una costrizione dettata da ne-cessità economiche.

Gli sportelli a sostegno dell’imprenditoria in rosaono sempre di più le donne che per aspirazione professionale oper conciliare lavoro e famiglia, decidono di mettersi in proprio.

È per dare loro risposta che nel marzo del 2015 sono nati gli sportelli“Donna forza 8”. Da allora sono quasi quattromila le donne che sonostate coinvolte in percorsi di orientamento, formazione e networking.Qui sono a disposizione tecnici che forniscono assistenza mirata alledonne che intendano avviare una start–up, hanno un’idea imprendi-toriale, vogliono sviluppare nuovi progetti all’interno della propria a-zienda, o più semplicemente desiderano mettere le proprie cono-scenze e capacità al servizio di un progetto di social innovation.Questi sportelli non solo forniscono informazioni sui bandi di finan-ziamento per l’imprenditoria femminile, ma danno accesso ai percorsidi Lazio Innova più adatti a sviluppare il proprio business. Gli sportelli “Donna forza 8” si trovano all’interno di tutti gli Spazi at-tivi della Regione Lazio: Roma Casilina, Roma Tecnopolo, Bracciano,Civitavecchia, Colleferro, Ferentino, Latina, Rieti, Viterbo. (M.Nic.)

S

dalla Regione

Per migliaia di donnel’arrivo di un bambinoè coinciso con lasciarela propria occupazioneNel Lazio scarseggianoi servizi all’infanzia:trova posto al nidoun bimbo su cinque

È nato il progetto «Un fiocco in azienda» per aiutare i genitori a lavorare meglio

anciata a Milano, ha subitoattecchito a Roma e nel Lazio (trale prime realtà a rispondere si

segnalano la Johnson & Johnson,Maico Lazio/Zero Db, il CampusBiomedico, Risorse per Roma)l’iniziativa “Un Fiocco in Azienda”,voluto da Manageritalia e dal GruppoDonne Manageritalia. Si tratta di un vero e proprio percorso– e dunque con una formulainnovativa rispetto ad azioni similari –appositamente studiato per le aziendee le loro dipendenti in maternità, oprossime ad entrarvi, senza distinzionio limitazioni di inquadramento. Ecco dunque che questo percorso simuove in realtà lungo tre precisedirettrici: per le aziende, affinchépossano vivere con maggiore beneficioe armonia la maternità delle propriedipendenti (il servizio di consulenza è

L fornito da Zetaservice); per ledipendenti neo–mamme, chericevono sostegno, compresa una cardpediatrica per il reperimento di unmedico in casi di urgenza ed ogni tipodi facilitazione verso il rientro allavoro; per i neo papà, accompagnativerso questo nuovo ruolo genitoriale,inserito in un contesto di coppia equindi con la possibilità di partecipareanche agli incontri “Mamma Informa”e “Gravidanza insieme”. Numerosi sono i servizi per aziende egenitori messi a disposizione daManageritalia e i benefici accertatisono riassumibili in tre punti cardine:miglioramento del clima interno;maggiore produttività delle future eneo–mamme e riduzione del tasso diabbandono del posto di lavoro dopola maternità.

Igor Traboni

L’idea di Manageritaliasi rivolge alle aziende e punta a migliorare il clima organizzativosostenendo mamme e papà quotidianamente

L ’ E D I T O R I A L E

IL VALORE DEL TEMPOPER FARE UNA SOCIETÀ

PIÙ COESA E FELICE

AGNESE RANGHELLI*

na rivoluzione “conveniente”, mapur sempre una rivoluzione.Potremmo definire così la

conciliazione dei tempi di lavoro e vita.Una questione solo apparentementesemplice, che investe ambiti del nostrovivere associato considerati distanti edestranei tra di loro: dall’organizzazionedel lavoro a quella dei servizi, dallerelazioni tra i sessi a quelle di cura, dairuoli sociali all’educazione, dalle politicheeconomiche e di welfare a quelleprevidenziali, fino alla modalità diproduzione dei beni di consumo. Non c’èstudio in merito che manchi di nominarela dimensione del benessere – sociale esoggettivo – e la qualità della vita, comeesito e premessa di ogni intervento in unoqualsiasi di questi ambiti, insieme aprincipi fondamentali come lademocrazia, l’uguaglianza e la solidarietàsociale. Ne è prova il lungo titolo dellalegge di riferimento nel nostro Paese: laLegge 8 marzo 2000 n. 53, «Disposizioniper il sostegno della maternità e dellapaternità, per il diritto alla cura e allaformazione e per il coordinamento deitempi delle città». Che si tratti di una dimensione “speciale”lo dice bene uno dei documenti (laRisoluzione 29 giugno 2000) alla basedella recente direttiva europea sul tema:«La partecipazione equilibrata delledonne e degli uomini sia al mercato dellavoro che alla vita familiare costituisceun elemento indispensabile allo sviluppodella società, la maternità, la paternità e idiritti dei figli sono valori socialifondamentali. L’effettiva parità delledonne e degli uomini nella sfera pubblicae in quella privata (deve essere)socialmente accettata come condizione didemocrazia, presupposto di cittadinanza egaranzia dell’autonomia e della libertàindividuale, con riflessi in tutte lepolitiche dell’Unione europea». Questa “pervasività” della conciliazionecomporta che ogni intervento vadaprogettato e realizzato in modo integrato.Le caratteristiche fondamentali dellaconciliazione, dunque, sono tre e neganoaltrettanti stereotipi: non è un “affare didonne”; non è una questione privata; nonè un bene di lusso. La più democraticadelle risorse, come viene definito il tempoin una recentissima indagine Istat, è inrealtà fonte di discriminazioni e dipovertà. L’onere di cura grava sulledonne, con pregiudizio della lororealizzazione sociale e lavorativa, dunqueeconomica e previdenziale, riproducendostereotipi negativi all’interno dellefamiglie e della società. Non si fa “unfavore” alle donne realizzando interventidi conciliazione, ma si costruisce unasocietà più sana, più giusta, più coesa, piùfelice. Lo sappiamo tutti, ma oggi è benericordarcelo: la mamma è sempre lamamma. Unica, coraggiosa, insostituibile.Anche quando lavora fuori casa.* responsabile Coordinamento donne Acli

U

Coordinamento: cooperativa Il Mosaicovia Anfiteatro Romano, 1800041 Albano Laziale (Rm)tel. 06.932684024e-mail: [email protected]

Avvenire - Redazione pagine diocesanepiazza Carbonari, 3 - 20125 Milanotel. 02.67801 - fax 02.6780483www.avvenire.it e-mail: [email protected]

DIFFUSIONE COPIE NELLE PARROCCHIE: PROGETTO PORTAPAROLAe-mail: [email protected] SERVIZIO ABBONAMENTI NUMERO VERDE 800820084

Domenica, 12 maggio 2019 generazione giovani

essere missionari non è solo viaggiare, cono-scere, prendere tutto ciò di più bello di una cul-

tura e poi ritornare a casa propria senza che nullasia cambiato nella vita. Essere missionari non è unsemplice andare ad aiutare chi è più bisognoso o piùpovero. No! La missione è una vera e propria rivolu-zione, che parte da noi stessi e sfociando nel mon-do, a partire da un marciapiede fino ad arrivare neipalazzi di un parlamento. I missionari sono uno stru-mento di pace: essere quella voce fuori dal coro cheurla per costruire un mondo migliore. Noi abbiamobisogno di urlare la pace, giorno dopo giorno, ab-biamo bisogno di farlo prima di superare la zona dinon ritorno. La pace non si costruisce per “sottra-zione” dove basta togliere guerra e sofferenza per po-ter vivere in un mondo giusto. Infatti, la pace si co-struisce per “addizione” mettendo giorno dopo gior-no un tassello in più su questo grande ponte che ciporta da noi stessi verso l’altro, scardinando tutte lecatene che opprimono il mondo e anche la vita. Do-potutto, Gesù è venuto per gli ultimi di questa terra,allora perché non seguire il suo esempio sporcandocile mani per costruire la pace? E tu sei pronto?

Marco Fazari, incaricato Missio giovani Lazio

’L

Ogni giorno in stradaPer costruire la pace

Esperti a confrontoper capire i numerie scoprirne i segretia pagina 2

Supplemento di

Professione e maternità: lontana la possibilità di una reale conciliazione

◆ ALBANOA SOSTEGNODEI PADRI SEPARATI

a pagina 3

◆ ANAGNIPER COINVOLGEREI GIOVANI

a pagina 4

◆ CIVITA C.IL MESE MARIANO:FEDELI IN PREGHIERA

a pagina 5

◆ CIVITAVECCHIAGRANDE FESTAA TARQUINIA

a pagina 6

◆ FROSINONEUN NUOVOSACERDOTE

a pagina 7

◆ GAETALIBERTÀ DI STAMPACONVEGNO A FORMIA

a pagina 8

◆ LATINASUL VALOREDELL’AMICIZIA

a pagina 9

◆ PALESTRINAINSIEME SULLE ORMEDI SAMUELE

a pagina 10

◆ PORTO S.RUFINAQUELLA DEVOZIONECHE UNISCE I CUORI

a pagina 11

◆ SORALA MISERICORDIAPER I DETENUTI

a pagina 13

◆ TIVOLITORNA IL PREMIOIGINO GIORDANI

a pagina 14

NELLE DIOCESI

◆ RIETIPER IL DIALOGOINTERRELIGIOSO

a pagina 12

Donne che fanno l’impresa

L’11% delle donne laziali con pargoli è costretta a lasciare il lavoro per la famiglia. Il dato sale al 90% nel terziario

Mammeal biviotra figlie lavoro

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Page 2: e-mail: portaparola@avvenire.it Mamme · 2019-05-21 · per tutte le mamme è di poter se-guire la propria ambizione. Qualsiasi essa sia. Perché restare a casa sia una scelta d’amore

Si è svolto, sabato scorso a Roma, il seminariodedicato alla formazione per i giornalisti, daltitolo: «Il potere dei numeri». L’incontro è partedi un percorso culturale dedicato all’attualità

L’accoglienza che crea comunione

ustin ha 29 anni e Josephine 23,entrambi di nazionalitànigeriana, arrivati in Italia via

mare, su quei barconi che ormai si èabituati a vedere in televisione. Unviaggio lungo e travagliato in cuiJosephine perde la sorella in mare. Siritrovano nella città di Formia inprovincia di Latina, ospiti di duecentri di accoglienza per rifugiati tracui il Villaggio don Bosco. Austin,orfano di genitori, arriva per primo einizia ogni domenica mattina alle8:30 a partecipare alla celebrazioneeucaristica nella chiesa dellaMadonna del Carmine. Arriva a

Formia anche Josephine, fannoamicizia e la invita a venire con lui inparrocchia. Sono cristiani, una minoranza nellaNigeria, prevalentemente musulmanadove vengono perseguitati e ostacolatinel professare la loro fede. Diventauna buona abitudine eppure nessunoall’inizio si siede accanto a loro, sonosempre da soli. Le signore della primaMessa del mattino iniziano a vederlicon una certa costanza, iniziano aleggere più lentamente per alleviare ledifficoltà della lingua, porgono loroun foglietto e gli indicano le letture,gli regalano un Rosario e un ragazzo,Francesco De Meo, si avvicina, liinvita a trattenersi anche dopo lafunzione, a sedersi con loro piùavanti. I due giovani si sentono accoltie chiedono di essere battezzati, nelloro Paese non era possibile. DonCarlo Lembo, parroco della comunità

di Santa Teresa D’Avila e dellaMadonna del Carmine, senzaesitazioni accoglie il loro desiderio eaffida la catechesi in preparazione aisacramenti a Francesco che ormai liaccompagna. Austin e Josephine ladomenica delle Palme alla presenzadel vescovo della diocesi di GaetaLuigi Vari hanno partecipato al ritodell’iscrizione dei nomi e la notte diPasqua nella chiesa di Santa TeresaD’Avila a Formia sono stati battezzati,hanno ricevuto la prima Comunionee la Cresima tra gli applausidell’intera comunità e la loro evidentecommozione. Chi non li aveva maivisti gli ha stretto la mano, gli ha datoil benvenuto nella propria comunità,che non è solo quella cristiana. Ilragazzo, Francesco, è da oggi il loropadrino. L’integrazione può davverodiventare comunione.

Simona Gionta

A

n ciclo di incontri «per far conoscere ai giovani lastoria, i protagonisti e la mission dell’Ucid e abbiamovoluto iniziare proprio dal professor Angelo Ferro,

interprete autorevole dei valori della nostra associazione».Così Benedetto Delle Site, vicepresidente nazionale delgruppo giovani dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti,introduce all’iniziativa “Conoscere l’Ucid” che il 23 maggio aRoma (Istituto Sturzo, via delle Coppelle, alle 17) vedrà lasua prima tappa, con gli interventi di Stefano Zamagni,Giovanni Bazoli e Giuseppe De Rita. «Molti di noi appartengono alla nuova generazione degliimprenditori e dei dirigenti che si ispirano alla dottrinasociale della Chiesa e quindi non hanno avuto modo diconoscere Angelo Ferro, anche per questa ragione abbiamochiamato alcune personalità che sono state vicine alprofessore ». Interverranno anche Giovanni Scanagatta,Davide Viziano e Manlio D’Agostino Panebianco, dopoun’introduzione di Pierluigi Germani, referente nazionaleGiovani Ucid, e i saluti di Riccardo Ghidella, presidenteUcid, e di Riccardo Pedrizzi, presidente del comitatoscientifico.

Igor Traboni

U

Nel futuro del giornalismoci sarà l’Internet degli oggetti

Colombi, sociologo: «È possibile che fa notizia il dato delle 7mila famiglie sole e non Antonietta, una vedova che racconta la sua storia e la sua rinascita grazie ai volontari?»

Non solo percentuali,serve raccontare la vita

DI COSTANTINO COROS

arlare di numeri senza darei numeri». Questa è stata labattuta ironica condivisa

dai vari relatori, con la quale si sonoaperti i lavori del seminario dedicatoalla formazione dei giornalisti, daltitolo: “Il potere dei numeri. Trainterpretazione e rappresentazionedella realtà”, tenutosi sabato scorso

P«a Roma nella sala conferenze dellastazione Termini. L’incontropromosso dall’Ufficio regionale perle comunicazioni sociali e da LazioSette, inserto settimanale diAvvenire, fa parte di un programmache vede impegnate le diocesinell’ambito dell’animazioneculturale del territorio. I primi dueseminari si sono svolti lo scorsoanno. Uno è stato dedicato alle Fakenews, l’altro alla tratta ed allariduzione in schiavitù delle persone.La questione dei numeri al tempodei social è diventata sempre piùcentrale rispetto alla loro correttalettura ed interpretazione pergenerare una buona comunicazione.A tal proposito, Luigi Vari,arcivescovo di Gaeta e vescovoincaricato per le comunicazionisociali del Lazio ha ricordatoall’inizio dell’incontro che «i numerihanno una forza grande, non sipossono controllare, perciò ènecessaria una grande fiducia daparte di chi legge nei confronti di chiscrive, il che comporta per questiultimi una seria responsabilità nel

trattare la materia». E’ importantealtresì ricordare sempre che dietro inumeri ci sono persone reali con leloro storie. Su questo, il vescovo diAlbano e segretario del consiglio deicardinali, Marcello Semeraro, harammentato un detto popolare chedice «sei uno zero a sinistra» persignificare che una persona valemeno di nulla. Questa è un’accezione negativa di come il poteredei numeri può arrivare a sminuisceil valore umano di un individuo. «Alcontrario – ha proseguito il vescovoSemeraro – occorre avere unavisione ampia e accogliente dellecomunicazioni sociali da usare ognigiorno». Non solo i numeri fannosparire le persone, ma anche gliaggettivi se usati non correttamenteservono per nascondere l’uomo.Allora, la risposta sta nell’uso onestodelle parole e dei dati, facendolidiventare entrambi, strumentirispettosi dell’umanità. «Il numero èun’arma molto potente», ha ribaditoDavide Ludovisi, autore del saggio“Il potere dei dati. Il data journalisme le nuove forme del comunicare”

(edizioni Effequ, anno 2016),aggiungendo che «la nostra è l’epocadei big data, dato che questi sonosempre più disponibili e letecnologie sempre più facili dausare. Di questo, il giornalismo nedeve tenere conto». Ludovisi, nelcorso del suo intervento ha anchesottolineato che «dallo scavare ildato bisogna ricavarne una storia».Dal canto suo, Antonio Maria Mira,capo redattore di Avvenire haricordato che per raccontare realtàcome quella della terra dei fuochibisogna vederla con i propri occhi inquanto non c’è numero che possadescriverla fino in fondo. Infine, ilsociologo, Massimiliano Colombi,direttore di Anteas ha fatto notareche «bisogna cogliere i significati chei numeri ci dicono, arrivando aduna riconciliazione tra dato esignificato. E’ possibile che fa notiziasolamente il dato delle 7milafamiglie sole e non Antonietta, unasignora vedova che racconta la suastoria e la sua rinascita grazie allacompagnia dei volontari?», haconcluso Colombi.

e ultimamente sentiamo parlaredi dati in genere non è per

notizie rassicuranti. Attraverso di essigoverni e aziende hanno violato estanno violando la nostra privacy.Eppure i dati non sono solo questo,ovviamente. Sono anche una risorsapreziosa per il giornalismo, che li hasempre utilizzati. Un’informazionecorretta e professionale si dovrebbesempre basare su fatti verificati everificabili. Se poi questi fatti siaccompagnano a elementiquantitativi misurabili in modooggettivo ecco che si fornisce unelemento di credibilità in più allanotizia. I dati però sono unostrumento potente, da usare inmodo scientificamente edeticamente adeguato. Se una notiziafalsa si basa su un numero, unapercentuale, diventerà ancora piùfalsa. Anche se quelle cifre sonoreali. In ogni caso, viviamo nell’eradei cosiddetti Big data. Un’era in cuienormi quantità di dati (anchesensibili) possono essere divulgati ereperiti in modo piuttosto facile. Seè un potenziale rischio ciòrappresenta anche un’enormeopportunità. Dati significaconoscenza. E la loro divulgazione inmodo libero può rappresentare ilpiù alto grado di trasparenzainformativa. Per questo da circa undecennio si parla di Data journalism:l’elaborazione giornalistica e lavisualizzazione dei dati attraversosistemi informatici. Prevede articoliscritti, post su blog, video, ma ancheinfografiche statiche o animate,mappe interattive, complessidatabase spiegati e illustrati

attraverso app, e molto altro. A volteperfino combinato insieme. Perricavarne una storia. La storia è esarà al centro. Il lavoro delgiornalista è prima di tuttonarrazione. I dati da soli nonparlano, ma attraverso la lorointerpretazione possono raccontaremoltissimo. E non sono affatto incontrapposizione con le piccolestorie umane che rappresentanomagari un grande fenomeno. Ma piùil fenomeno è grande e complessopiù avremo bisogno di quantificarlo.Già nel 2012, Simon Rogers (uno deiguru del Data journalism) elencava imotivi di questo nuovo modo di faregiornalismo, che possiamoriassumere così: disponibilità diffusadei dati via internet; facilità dell’usodi strumenti tecnologici piuttostosemplici da usare e poco costosi; uncrescente interesse nellavisualizzazione dei dati, checonsente di capirli più facilmente(unita spesso all’interattività).Nonché alcune grandi storie che nonsarebbero esistite senza la statisticaalle spalle. Dove sta andando ora ildata journalism? Difficile dirlo. Ma siprospetta un’evoluzione dellapratica giornalistica legata alcosiddetto “Internet degli oggetti”.Un data journalism i cui dati sonoricavati direttamente dai sensori. Intempo reale e aggiornabiliall’istante. GPS, giroscopio,accelerometro, barometro,termometro, sensore di prossimità,cardiofrequenzimetro… sono soloalcuni degli strumenti già presentinello smartphone di ognuno di noi.

Davide Ludovisi

S

ell’era dei numeri, delle per-centuali, dei grafici di ogni tipo,

usati per descrivere fenomeni eco-nomici, sociali e di costume occorresapere quali sono le fonti che metto-no a disposizione queste enormiquantità d’informazioni. Sono gli O-pen Data. Questi si caratterizzano peressere disponibili e accessibili, riuti-lizzabili e distribuibili senza restri-

zioni, remixabili. Tra la miriade di ri-ferimenti, quelli di matrice governa-tiva, degli enti di ricerca, delle uni-versità, degli istituti di statistica, maanche di autorità internazionali co-stituiscono un grande bacino a cui at-tingere. Per esempio, in Italia c’è da-ti.gov.it, oppure openpolis.it ed ancheopencoesione.gov.it. Accanto a quel-li istituzionali ve ne sono molti altri

anche dai nomi accattivanti, è il ca-so di spaghettiopendata.org. Per e-sempio nel Regno Unito esiste what-dotheyknow.com, un portale che per-mette di chiedere informazioni alleautorità pubbliche. Mentre per sape-re cosa fa l’Unione Europea a favoredei cittadini c’è il sito https://what–europe–does–for–me.eu. La lista èlunga e il viaggio è appena iniziato.

NUna bussola per orientarsi tra gli «Open data»

Un restauro innovativo che valorizza i vecchi filmrendersi cura di repertori filmatibianco e nero d’epoca e attualizzarlicon la colorizzazione: Marco Kuveiller

e il suo staff ne conoscono bene il valore.Questo processo digitale prevede unrestauro accurato che fa rivivere scenestoriche e ne permette l’inserimento in filmattuali. Favorisce la lettura delle scene a unpubblico disabituato al bianco e nero.Riqualifica i diritti di sfruttamento degliarchivi che li conservano. L’interesse perquesto servizio è in crescita e richiedeprofessionisti altamente specializzati. Civuole passione, competenza e creatività.Elementi presenti nell’esperienza di MarcoKuveiller (lo zio Luigi ha firmato ladirezione della fotografia per registi comePetri e Argento). È cresciuto respirandocinema e sperimentazione, e oggi è lui unodei “nati nel secolo scorso” che sainsegnare cosa e come fare.

Kuveiller e i suoi collaboratori compiono iprimi tentativi di colorizzazione già dacirca 20 anni con il sogno di colorare unimportante documentario italiano del1926. Quando ormai il processo eradiventato “maggiorenne” e poteva esseremesso alla prova avviene l’incontro con ilregista Leonardo Tiberi mentre starealizzando un lungometraggio per ilcentenario della Prima guerra mondiale.«Per questo film – racconta Kuveiller –abbiamo restaurato e colorizzato circa 45minuti di filmati originali d’epoca, diproprietà dell’Istituto Luce. È iniziata cosìuna collaborazione che ha portato allaproduzione di altri due lungometraggi. Ilterzo, Il Destino degli Uomini, ha visto unanotevole crescita nella qualità del nostrolavoro». Il lavoro è interminabile ecomplesso. I repertori in bianco e nerosono danneggiati da righe, graffi, muffe e a

volte strappi. Devono essere acquisiti conscanner di alta qualità. Il materiale “balla”perché spesso le perforazioni della pellicolasono deformate. Poi occorre considerareche fino agli anni Trenta le riprese venivanogirate a 16 fotogrammi al secondo, mentrelo standard è divenuto 24 per il cinema e25 per la televisione. Infine, le tonalità digrigio devono essere colorizzate rispettandola realtà cromatica del tempo, attraversoindagini filologiche e storiche.Assieme all’Istituto Luce – Cinecittà e aLazio Innova, Human touch Production hacreato “ Lazio Film Lab”: il primolaboratorio di qualificazione professionaleper il restauro e la colorizzazione direpertori di archivio cinematografico etelevisivo in bianco e nero. Martedì scorso aCinecittà “Lazio Film Lab” ha concluso laprima fase del suo programma con laselezione dei giovani da formare

professionalmente per essere impiegati inlavorazioni per il mercato. «È un progettoinnovativo per un’attività nuova e unica inItalia – dice Marco Kuveiller –. Proporremoservizi sempre all’avanguardia perl’industria cinematografica e televisivainternazionale creando un polo dieccellenza con nuove professionalità per igiovani». Insieme alla neonata start–upinnovativa Human Touch Media cheHuman Touch Production ha fondato perpoter implementare la ricerca e ottimizzarel’esperienza di un gruppo di esperti con lostimolo dato dai più giovani. Una bottegadi artigiani dove sviluppare nuove tecnichedigitali per la colorizzazione e il restauro eoffrire anche servizi avanzati di motiontracking per il mercato degli effetti speciali.Per approfondire:www.humantouchproduction.com. (33. segue)

P

Due giovani nigerianihanno ricevuto nella nottedi Pasqua i sacramentiin una parrocchia di Formia

I relatori da sinistra:Ludovisi e Colombi, i vescovi Vari e Semeraro

le fonti

«Human touch» di Marco Kuveillersviluppa tecniche per «colorizzare»E con Istituto Luce e Lazio Innovaforma professionisti specializzati

2 LAZIOLAZIO dalla regioneDomenica, 12 maggio 2019

Oltre l’ostacolo. Storie di startupdi Simone Ciampanella

La sala conferenzedella Cappella alla stazione Termini

Don C. Lembo con F. De Meo, Austin e Josephine

Al via il ciclo di incontriper conoscere l’Ucid

TECNAVIA [CROPPDFINORIG] crop = -45 -30 -45 -30
Page 3: e-mail: portaparola@avvenire.it Mamme · 2019-05-21 · per tutte le mamme è di poter se-guire la propria ambizione. Qualsiasi essa sia. Perché restare a casa sia una scelta d’amore

Alla «Melone» gli studenti parlano di religioni e pace l maggio l’Ic “Corrado Melone” di Ladispoliha organizzato un incontro tra fedi diffe-renti, invitando a parlare alcuni rappresen-

tanti religiosi. Il preside Riccardo Agresti ha rin-graziato gli ospiti per la loro partecipazione, pre-sentando la giornata come uno dei percorsi di-dattici promossi dalla scuola per diffondere lacultura dell’ascolto reciproco, della buona epacifica convivenza.Don Alberto Mazzola ha aperto l‘evento par-lando di nuove vie di dialogo interculturale einterreligioso «per promuovere la pace, la ri-conciliazione, la cura del Creato e, soprattutto,uno sviluppo umano integrale con una parti-colare attenzione ai poveri». Con lui altri sa-cerdoti della città e l’ufficio Migrantes dioce-sano. Perché i popoli inizino a camminare as-sieme bisogno partire da ciò che c’è di comu-ne, spiega l’imam Salameh Ashour. Il rappre-sentante dell’Islam ha invitato i ragazzi ha co-noscere le loro differenze e, soprattutto, a ri-trovarsi sui punti comuni per favorire il senso

di comunità. «Sono da valorizzare – ha dettoAshour – le occasioni di incontro come quel-le proposte dalla scuola Melone, perché solonella conoscenza reciproca ci si riconosce fra-telli». Mustapha Mbackè, della comunità isla-mica muride, ha poi raccontato la sua espe-rienza di migrante a Ladispoli. Dal suo arrivoha trovato sempre una città accogliente dovepoter creare relazioni di amicizia e buoni rap-porti con altri cittadini.In questo, i ragazzi danno una bella testimo-nianza, molto di più dei grandi. Secondo donItalo Colombini nella scuola, così come neglialtri ambiti del quotidiano, i più piccoli rie-scono a creare rapporti di amicizia con facilitàperché partono dalla vita in comune e non daidiscorsi. Anche se poi hanno chiaro in testa co-sa significhi costruire contribuire a rendere lasocietà inclusiva.Nella seconda parte della mattinata, dopo a-ver ascoltato i rappresentanti religiosi, gli a-lunni hanno espresso la consapevolezza di un

mondo unito. Ognuno di loro ha messo a fuo-co un aspetto di quello che c’è in gioco nel dia-logo tra le religioni e tra le persone attraversopensieri personali e riflessioni di donne e o uo-mini di fede e di artisti. Con sensibilità diffe-renti hanno però tutti quanti messo in rela-zione la pace con la diffusione della fraternitàtra i popoli e tra le religioni. Andrebbero lettetutte queste parole piene di speranza. Uno deitesti, non firmato, raccoglie tanto di quello chei ragazzi della Melone imparano ogni giornograzie a insegnanti pieni di passione per l’e-ducazione e per la mondialità. «Io penso – silegge nello scritto – che alla base della fratel-lanza e della pace ci sia l’uguaglianza, ci sia ilrispetto dell’altro che è diverso da me. Alla ba-se della fratellanza e della pace credo ci sia lalibertà di pensare, di istruirsi, di vivere, di la-vorare, di scrivere, di scegliere e pensare. Se l’uo-mo è veramente libero, secondo me, non hapregiudizi. Non ha paura di chi lo circon-da...».(S.Cia.)

IUna scuola europea

L’Ic “Corrado Melone”quest’anno partecipa alprogetto Erasmus+ dal titolo“Jij en Europa, Europa enJij!” che si attua negli anniscolastici 2018/20. Questo sisviluppa dalle esperienze giàconsolidate di gemellaggiocon la scuola partner“Roelof Van Echten College”di Hoogeveen (Olanda) etende a rafforzare loscambio culturale tra i duePaesi, a promuovere tra glistudenti l’appartenenzaall’Unione Europea, ai suoivalori e ad una cittadinanzabasata sulla conoscenzareciproca e sul rispetto dellediversità.Colombini, Mazzaola e Ashour

Nel segno della caritàil patrono.La grande devozione di Cerveteriper san Michele ha avuto inizio nell’ottavo secoloDI SIMONE CIAMPANELLA

’otto maggio Cerveteri haricordato il suo protettore, sanMichele Arcangelo, in

occasione della Messa presiedutadal vescovo Reali nella chiesa diSanta Maria Maggiore. Con luisull’altare c’erano il parroco donGianni Sangiorgio, il suo vice donRonald Kigozi e padre MarioVecchierelli, parroco dellaSantissima Trinità. Presente ilsindaco Alessio Pascucci conl’assessore alla cultura FedericaBattafrano.La tradizione narra l’intervento delpatrono in difesa della città duranteun assalto dei saraceni avvenuto ametà dell’VIII secolo.Dopo aver saccheggiatoRoma, di ritorno aCivitavecchia, i pirati sidiressero verso le muradella città. La loroavanzata venne rallentatada una fitta nebbia, ma ilsuono della campana diSan Michele – cheavvisava la popolazionedel pericolo – continuavaa guidarli. D’improvvisolo scampanìo cessò e gli assalitoridesistettero dal loro intento. Lagente attribuì subito il miracoloall’arcangelo, le cui impronterimangono impresse sullacampana. Il racconto tramandaanche l’apparizione del santo sullemura del belvedere mentrerinfodera la spada, segno diprotezione e di sconfitta del male.Da quel lontano 8 maggio ilpopolo ceretano ha acclamato sanMichele come suo protettoreprincipale, devozione approvata daLeone IV e riconfermata da StefanoIV e da Clemente III.Questa storia conservata etrasmessa con orgoglio daicervetrani mostra un elementocomune a tutti i luoghi chevenerano san Michele, spiega ilvescovo nell’omelia. All’originedella sua invocazione «c’èun’esperienza di dolore, una

Lsofferenza per lacomunità e per la singolapersona, c’è un lotta chebisogna combattere, lalotta del bene contro ilmale, della pace control’inquietudine,dell’amore contro l’odio,dell’egoismo contro lafraternità, della superbiacontro l’umiltà, dellalibertà control’asservimento e laschiavitù, della fedecontro il disprezzo di Dioe l’ateismo».La lotta tra bene e male,continua il presule,«attraversa tutta la nostra

esistenza e ci chiede diprendere posizione»,perché, come racconta ilVangelo di Matteo nellaparabola del seminatore,sulla risposta che daremoal progetto di Dio saràdecisa la nostra vita.«Nessuno è esente dallaseduzione del male –spiega il pastore –, manoi abbiamo dei vaccini,come la Parola di Dio ela carità, quella realizzata,non quella fatta a parole. E la caritàè partecipazione, è condivisionedella cura del campo dove siamopiantati assieme ad altri». È uncammino quotidiano di scelte e diopere che deve seguire l’andaturadegli ultimi, non dei primi, «così lagiustizia risplenderà come il sole».Nel silenzio dopo l’omelia, il tufodel presbiterio, che è la parete

esterna della chiesa antica e gli abitidella confraternita rimandano asecoli passati. Tracce di unaspiritualità antica, che è viva eattuale nella preghiera attentadell’assemblea, aiutata da un corocosì grande e armonioso nel suono.Sono segni che rendono l’auspiciodi don Gianni nel saluto finale unaesperienza già realizzata e rinnovata

ogni anno dalla gente di Cerveteri:«Facciamoci toccare in fondo alcuore dalla spada di san Michele,che, come ci ha detto il vescovo,porta carità e giustizia». Tutta lacittà ha espresso questa sua grandedevozione in serata nella storicaprocessione dove i fedeli hannoinvocato assieme la benedizione ela protezione per Cerveteri.

Il vescovo Reali nella Messacelebrata mercoledì scorsoha spiegato che l’arcangelosostiene i fedeli nella lottacontro il male per seguireuna fraternità basata sullagiustizia e sull’amore di Dio

DI DEMETRIO LOGIUDICE

i è festeggiato in questi giorni il133° anniversario dalla nasci-ta di padre Lorenzo van den Ee-

renbeemt, cofondatore, con la bea-ta Maria Crocifissa Curcio, della con-gregazione delle Suore CarmelitaneMissionarie di Santa Teresa del Bam-bino Gesù. Il 3 maggio del 1886 pa-dre Lorenzo nasceva a Roma da Pie-tro Cristiano van den Eerenbeemt eGiovanna Negri. Nella provinciadella Capitale, ancora oggi, precisa-mente a Santa Marinella, il suo spi-rito e i suoi insegnamenti rimango-no vivi. Proprio lo scorso luglio, aBoko in Tanzania si è svolto il pri-mo convegno internazionale sul Ca-risma dei Fondatori, assise che haaffermato come l’unione di nobilisforzi dei fondatori abbia, al pari diun seme, dato vita ad un movimentoche non si è mai arrestato, pur con-servando le specifiche culturali del-le comunità dove si è insediato. Og-gi la comunità carmelitana è sempre

più orgogliosa di fondarsi spiritual-mente sulle orme di un uomo vici-no alla gente, disponibile, convin-cente e paziente pedagogo. Frutti in-nestati prima a Santa Marinella, poiquotidianamente in giro per il mon-do. Intanto, in Italia si è tenuto l’un-dicesimo capitolo provinciale cheha eletto superiora suor Ivana Cal-vo. Martedì scorso le religiose han-no pregato assieme al vescovo Rea-li in una Messa di ringraziamento.Suor Ivana assieme a suor Lucy Vel-la, suor Monica Muccio, suor Ma-riaGrazia D’Angelo suor Maria Ne-rina De Simone, anima una coin-volgente fraternità per la missione,un dirompente invito a partire e nonrimanere. Tutta la comunità carme-litana si è poi stretta gioiosa attor-no alla madre generale suor Dona-tella Cappello e all’orizzonte già sistagliano nuovi appuntamenti che,con la festa della famiglia, segne-ranno la fine delle attività scolasti-che in seno agli istituti della con-gregazione.

S

Lorenzo van den Eerenbeemtuna vita dedicata al prossimo

nche quest’anno i bambini che si preparano alla prima Comunione dellaparrocchia dei santi Marco Evangelista e Pio X di Roma sono andati in pel-

legrinaggio al Santuario del Miracolo Eucaristico a Lanciano in Abruzzo, ac-compagnati dal parroco don Cristoforo Dudala e dai loro catechisti.Arrivati al Santuario i genitori e i ragazzi hanno guardato un filmato che rac-conta in un linguaggio accessibile la storia del miracolo eucaristico. La proie-zione ha preparato i pellegrini ad entrare nella dimensione del mistero che o-gni giorno si compie sull’altare. In questo clima spirituale don Cristoforo, as-sieme ad altri sacerdoti, ha celebrato la Messa.Il pellegrinaggio si è concluso con la visita alla cripta, dove è avvenuto il mi-racolo. In questo luogo oltre mille anni fa un monaco basiliano, mentre stavacelebrando la Messa, fu assalito dal dubbio circa la presenza reale di Gesù nel-la Eucaristia. Appena ebbe pronunziato le parole della consacrazione sul pa-ne e sul vino, all’improvviso, dinanzi ai suoi occhi vide il pane trasformarsi incarne e il vino diventare sangue.

Filippo De Martino

A

Lo stupore del miracolo

DI FULVIO LUCIDI

omenica prossima gli insegnantidi religione (Idr) si riuniranno alCentro pastorale diocesano (via

della Storta, 783) per l’assemblea di fineanno. L’incontro tirerà un po’ le sommedell’attività formativa permanenteseguita dai docenti.Gli insegnanti di religione hannoiniziato a ottobre con la partecipazioneal corso interdisciplinare promossodall’università Auxilium. I tre sabatidell’iniziativa erano dedicati alle sfidedell’educazione nell’epoca digitale. Irischi e le risorse della Rete interpellanoprima di tutto gli insegnanti in quantodevono sapersi orientare in un ambiente

in cui tutto è connesso. La pedagogia, intal senso, ha bisogno di interpreti ingrado di comprendere i cambiantiantropologici e i nuovi stili diapprendimento.Quanto acquisito durante queste lezionifrontali è stato rielaborato dagli Idr ingruppi autonomi ed è stato poiapprofondito in classe con i laboratori. Irappresentanti dei vari gruppi di lavorocondivideranno con i colleghi i risultatiraggiunti con gli studenti.L’incontro del 19 è anche occasione diulteriore formazione. Parte della giornatasarà dedicata all’urgenza percepita damolti operatori di sostenere la culturadella vita tra i ragazzi. La diffusione dinuove sostanze stupefacenti chiede a

ogni docente di attrezzarsi per conoscerequali siano le nuove droghe e perriconoscerne i segnali di uso da parte deigiovani. A guidare gli Idr in un percorsointroduttivo al tema ci sarà AndreaZapparoli, tenente colonnello dell’Armadei Carabinieri, esperto in questocampo. Ampio spazio sarà dedicato alconfronto e alle domande dei docenti.La mattinata continuerà con leconclusioni di suor MarialuisaMazzarello, direttrice dell’Ufficio scuola.Nel suo intervento la religiosa aprirà leprospettiva di formazione del prossimoanno, raccogliendo le indicazioni e isuggerimenti emersi nella discussione.L’assemblea si concluderà con lacelebrazione eucaristica alle 12.

D

Come contrastare le nuove drogheunedì scorso papa Fran-cesco ha accettato la ri-

nuncia al governo dell’arci-diocesi metropolitana di Sie-na-Colle Val d’Elsa-Montalci-no presentata dal vescovo An-tonio Buoncristiani. Il presu-le era a capo di quella Chie-sa locale in toscana fin dal2001, dopo essere stato persette anni vescovo di Porto-Santa Rufina. Il Pontefice hanominato come suo succes-sore il vescovo Augusto Pao-lo Lojudice, finora ausiliareper il settore sud della Chie-sa di Roma e vicario genera-

le per la diocesi suburbicariadi Ostia. Lojudice è anche se-gretario della Commissione e-piscopale della Cei per le mi-grazioni.Il vescovo Gino Reali con tut-ta la diocesi di Porto-SantaRufina assicura la sua pre-ghiera al vescovo Lojudice peril nuovo incarico nella Chie-sa toscana ed esprime la gra-titudine e l’affetto al vescovoBuoncristiani per il ministerosvolto fino a oggi nella Chie-sa e per quello che conti-nuerà a fare nel ruolo di ve-scovo emerito. (S.Cia.)

L

Suor Marialuisa Mazzarello

Buoncristiani lascia Siena,Lojudice è il suo successore

Durante la Messa nella chiesa di Santa Maria maggiore a Cerveteri (foto Lentini)

il ricordo

in pellegrinaggio

OGGI56ª Giornata di preghiera per levocazioni.

15 MAGGIOMemoria di Sant’Isidoro, agricoltore,Patrono secondario della diocesi.

19 MAGGIOGiornata di sensibilizzazione per ilsostegno economico alla ChiesaCattolica. Assemblea di fine anno Ircalle 9.30 (Centro pastorale diocesano,via della Storta n° 783, Roma).

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PORTO SANTA RUFINA

Pagina a cura di don Giovanni Di Michele Curia diocesana

via del Cenacolo 5300123 Roma

e-mail: [email protected] www.diocesiportosantarufina.it

Domenica, 12 maggio 2019

L’agenda

Le suore carmelitane con il vescovo Reali dopo la Messa

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