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Università Telematica Pegaso Introduzione all’ecologia
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 AMBIENTE --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 5
3 FATTORI ECOLOGICI ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 7
4 NICCHIA ECOLOGICA ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
5 HABITAT ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
6 SISTEMA ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
6.1 DEFINIZIONE DI SISTEMA -------------------------------------------------------------------------------------------------------12
7 ECOSISTEMA ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
8 EVOLUZIONE DI UN ECOSISTEMA O SUCCESSIONE ECOLOGICA --------------------------------------- 15
9 SPECIE E COMUNITÀ ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 18
9.1 CATENA ALIMENTARE -----------------------------------------------------------------------------------------------------------20
10 RIPARTIZIONE ED OTTIMIZZAZIONE DELL’ENERGIA ------------------------------------------------------ 24
11 GLI ADATTAMENTI -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 26
12 MODELLI DI EVOLUZIONE --------------------------------------------------------------------------------------------- 27
Università Telematica Pegaso Introduzione all’ecologia
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Introduzione
Nel mondo attuale, scrive Capra, “la sopravvivenza dell’umanità dipenderà dalla nostra
capacità di comprendere i principi dell’ecologia e di vivere in base ad essi. Questa è un’impresa
che trascende tutte le nostre differenze di razza, cultura o classe sociale. La Terra è la nostra
dimora comune, e creare un mondo sostenibile per i nostri figli e per le generazioni future è il
nostro obiettivo comune”.
(Fritjof Capra, “Ecoalfabeto”).
Mi sembra opportuno cominciare il corso di ecologia con questa affermazione del noto
scienziato autore di Il tao della fisica, La rete della vita e La scienza della vita (tutti editi da
Adelphi) opere scritte nella convinzione che la sopravvivenza della nostra specie si giochi
sull’educazione ecologica, e che la coltivazione di un orto scolastico sia pertanto un’attività
adatta a sviluppare la consapevolezza delle connessioni, complesse e delicate a un tempo, della
rete della vita, ovvero dei principi di base dell’ecologia e del pensiero sistemico.
In particolare in Ecoalfabeto, l’orto dei bambini (Stampa Alternativa, 2005), Capra
riprende i temi portanti della sua ricerca, applicandoli a una materia particolarmente interessante
per le sue implicazioni pedagogiche, civili, sociali e, naturalmente, ambientali. Questo tema sarà
ripreso nell’ultima lezione quando sarà presentata un’Unità Didattica.
Oggi l’ecologia è ancora più importante che mai, basti considerare che molti dei
principali problemi economici a scala planetaria hanno alla base una questione ecologica.
Inoltre il rapporto tra uomo e ambiente nel corso del XX secolo è cambiato (o meglio è
cambiata la percezione che l’uomo ha di questo rapporto).Infine, il campo delle scienze
ecologiche è ancora relativamente inesplorato, ma si intuisce che conoscere meglio l’ecologia e
le sue leggi aiuterà la società.
L’etimologia del termine Ecologia viene, senza dubbio, dal greco oikos=casa e
logos=discorso, (trattazione, studio). Lo studio dell’ecologia è quindi da intendersi come
conoscenza dell’ambiente naturale. I campi di indagine dell’ecologia sono i seguenti:
-Ecologia animale, vegetale, microbica e umana;
-Autoecologia: studio delle relazioni tra un dato organismo (specie o popolazione) ed i
fattori abiotici in cui esso vive.
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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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-Ginecologia: studio della maniera in cui organismi omo-etero specifici costituiscono
popolazioni e comunità, di come queste si evolvano nel tempo e interagiscono con le
componenti abiotiche dell’ambiente.
-Ecologia di popolazioni: studio dell’adattamento delle popolazioni all’ambiente.
-Ecologia ecosistemica : studio del funzionamento dei sistemi ecologici (ecosistemi)
-Ecologia comportamentale (eco-etologia) : studio del valore adattativo del
comportamento
-Ecologia di base, teorica e applicata
Oggigiorno purtroppo, le conquiste tecnologiche ci fanno sentire sempre meno
dipendenti dall’ambiente naturale per le nostre necessità quotidiane ma, l’energia, i materiali, i
processi fondamentali di mantenimento della vita come i cicli dell’ acqua e dell’aria si basano,
oggi come sempre, su equilibri degli ambienti naturali.
L ecologia, come tutte le scienze, ha conosciuto uno sviluppo graduale, anche se discontinuo.
Aristotele, Ippocrate, Plutarco sono solo alcuni tra i filosofi greci che si sono occupati di temi
ecologici.
Il termine Ecologia così come lo intendiamo noi, è però, molto recente: il primo a proporlo, su
basi scientifiche, è stato un biologo tedesco, Ernst Haeckel, nel 1869. Egli affermava che:
“L' ecologia è la conoscenza della somma delle relazioni tra gli organismi con il mondo
esterno, con componenti organiche e inorganiche”.
La prima drastica distinzione effettuata tra Ecologia Animale ed Ecologia Vegetale fu poi stata
superata negli anni, grazie agli studi effettuati sulle comunità biologiche, sulle catene
alimentari, sulle reti trofiche. Questi studi hanno contribuito a stabilire le basi teoriche
dell’Ecologia Generale.
Prima degli anni 70 l’Ecoloqia era considerata una branca della Biologia. Oggi, nonostante le
sue radici fondamentali siano ancora, ovviamente, da ricercarsi nella Biologia, l’Ecologia viene
riconosciuta come una nuova disciplina, basata su processi chìmico-fisici, biologici, sociali.
Nel 1985 KREBS ha definito l’ecologia come “studio scientifico delle relazioni.
che determinano la distribuzione e l’abbondanza degli organismi nell’ambiente”.
L’attuale definizione dell’ecologia, intesa come “scienza dell’ ambiente”, implica una
definizione ulteriore, e cioè quella dell’ambiente stesso.
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2 Ambiente
Il concetto di Ambiente viene proposto per la prima volta con la parola tedesca
UMWELT che deriva dalla fusione di UM (attorno) e WELT (mondo): idica dunque il mondo
attorno ad un osservatore in posizione centrale.
L’Ambiente oggi si definisce come: “una porzione di spazio con caratteristiche tali da
poter contenere vita, oppure suscettibile di contenere vita”.
La presenza, almeno potenziale della vita è essenziale nella definizione di ambiente.
Tale concetto però, così come definito, non è applicabile ne al sole ne alla luna.
Dobbiamo allora riconoscere due componenti diverse che costituiscono l’ambiente: una
BIOTICA e una ABIOTICA.
La componente abiotica dell’ambiente viene anche indicata come “mezzo”.
L’ambiente è composto da tre tipi di componenti abiotiche o mezzi:
solide (litosfera),
liquide (idrosfera),
gassose (atmosfera).
Nell’ambito delle componenti abiotiche si muove la componente formata dagli
organismi viventi (biosfera).
I due ambienti principali che esistono sulla terra, acquatico e terrestre, sono distinti in
base al mezzo fondamentale: aria o acqua. Questi due mezzi non sono completamente isolati tra
loro:gas atmosferici sono disciolti in tutte le acque naturali, mentre nell’atmosfera è presente
vapore acqueo.
L’aria è composta:
dal 79 % circa di azoto,
dal 21% circa di Ossigeno,
dal 0.03% circa di Anidride Carbonica, e da percentuali molto piccole di altri gas.
Le acque differiscono tra loro per le concentrazioni di sali disciolti:
Le acque marine contengono 35 g di sostanze minerali disciolte per litro.
Le acque dolci contengono al massimo 0.5 g di sostanze minerali disciolte per litro.
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L’acqua è un solvente quasi universale: molte sostanze entrano ed escono
dall’organismo e vi circolano in soluzione acquosa.
Aria ed acqua hanno densità molto diverse, ciò comporta che mentre i cambiamenti di
altitudine sono accompagnati da piccole variazioni di pressione, i cambiamenti di profondità
comportano forti variazioni di pressione.
Accanto alla definizione di ambiente e mezzo si aggiunge quella di Substrato, inteso
come “superficie su cui gli organismi poggiano e si muovono”. Il più importante substrato
dell’ambiente terrestre è il suolo.
Esso ha effetti sugli animali e soprattutto sulle piante, che da esso traggono acqua e sali minerali
necessari per la propria crescita.
Le caratteristiche del suolo da considerare sono:
la presenza di acqua utilizzabile : infatti questa è solo una parte dell’acqua totale
presente nel terreno; una parte è acqua capillare non assorbibile, un’altra parte è acqua di
gravità, che transita nel suolo per poi scendere fino alle falde
la tessitura e struttura del suolo, da cui dipende la porosità del suolo stesso
l’aerazione del suolo : la presenza di aria nel suolo dipende dalla porosità.
L’aerazione del suolo risulta fondamentale per:
respirazione degli animali presenti nel suolo
respirazione delle radici delle piante
svolgimento dei processi aerobi ad opera dei microrganismi ( la decomposizione della
sostanza organica richiede ossigeno)
la salinità del terreno ( poche specie alofite possono vivere con elevata salinità)
il ph del terreno. Ci sono specie adattate al ph acido ( suoli di montagna) ed alcalini (
ambienti ricchi di calcare; aridi o costieri)
Le caratteristiche del suolo determinano , come tutti i fattori che risultano limitanti,
le specie vegetali presenti e la crescita delle stesse ( intesa sia come numero che come
dimensione degli individui).
Oggi si parla spesso di “crisi ambientale”, i problemi nuovi, sono causati
dall’incremento della popolazione umana, dalla capacità (mai avuta prima) di intervenire e
modificare direttamente gli equilibri primari della biosfera da parte dell’uomo, da un consumo
di risorse senza precedenti.
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3 Fattori ecologici
Per fattori ecologici si intende ogni variabile fisica, chimica o biologica dell’ambiente in
grado di influire sulla vita di un organismo modificandone la struttura e composizione.
I fattori ecologici vengono suddivisi in modo alquanto arbitrario, in abiotici e biotici.
Luce, temperatura, acqua, ossigeno, sali minerali sono fattori abiotici, importanti sulla
terraferma gli stessi, più la salinità e la pressione, sono invece fattori ecologici importanti in
ambienti acquatici. I fattori Biotici sono per esempio la competizione, la predazione ed il
parassitismo e riguardano le interazioni intraspecifiche.
Possiamo suddividere ulteriormente i fattori ecologici in :
Fattori edafici e pedologici.
Fattori climatici. (temperatura, precipitazioni, venti, luce).
Fattori bioticì (interazioni).
Fattori topografici (altitudine, esposizione)
Ogni organismo possiede nei confronti di ciascun fattore ecologico un ambito di
tolleranza, entro il quale può svolgere le proprie funzioni vitali.
In base al grado di tolleranza, una serie di termini che usano il prefisso steno, nel
significato di “stretto” ed euri—, nel significato di “ampio” , sono divenuti usuali in ecologia:
stenotermo — eritermo (temperatura)
stenoidrico — euriidrico(acqua)
stenoalino — eurialino(salinità)
stenofago — eurifago (cibo)
stenobato — euribato (pressione)
stenoecio — euriecio (habitat)
Tutti i fattori ecologici agiscono determinando :
La PRESENZA o l’ASSENZA di una specie in un certo ambiente;
I ritmi di natalità e di mortalità, e pertanto i ritmi di crescita e perciò la NUMEROSITA’
di una popolazione in un ecosistema
I condizionamenti adattativi delle specie ( es: accorciamento delle ali degli insetti in
zone ventose, per selezione naturale, sfruttando la variabilità genetica delle specie)
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In altre parole se un dato fattore ecologico assume per un dato organismo valori che
superano i limiti di tolleranza, esso diviene fattore limitante, impedendone le sue funzioni vitali.
Quanto fin ora detto può essere espresso come “legge del minimo o di Liebig”.
Secondo Liebig il complesso degli elementi nutritivi assorbiti da una pianta è utilizzato
in proporzione a quello presente in quantità minima, relativamente ai bisogni della pianta
stessa..
Nella formulazione originale, la legge di Liebig gettava le basi dello studio, poi
sviluppato scientificamente, delle tecniche di concimazione in agricoltura:
“La crescita dei vegetali è determinata dall’elemento che è presente in quantità minore
rispetto ai fabbisogni”
Ampliata in tempi successivi, la legge del minimo spiega le modalità di crescita delle
popolazioni negli ecosistemi:
“La crescita di un individuo ( o di una popolazione) in un ecosistema è determinata dal
fattore ecologico che è presente in quantità minore rispetto alle necessità “
Tale fattore è detto “fattore limitante” perché di fatto determina il limite massimo di
crescita delle popolazioni.
Ogni specie infatti ha un intervallo ottimale di crescita – quando il fattore ecologico si
presenta ai valori ottimali; al di fuori di tali valori ottimali la specie ha ancora possibilità di
crescita, ma ridotta. Ogni specie presenta inoltre i propri limiti di tolleranza per ogni fattore
ecologico, al di fuori dei quali la specie non può esistere in un certo ambiente.
A seconda dell’ampiezza di tali intervalli, definiamo le specie come EURIECIE ( o ad
ampia valenza ecologica) o STENOECIE (o a valenza economica ristretta).
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4 Nicchia ecologica
Viene definita come: “Il ruolo funzionale di un dato organismo in un ecosistema”.
La nicchia consiste nell'ambiente totale e nel modo di vita degli individui membri di una
stessa specie e comprende perciò i fattori fisici, chimici, biologici, comportamentali e sessuali,
oltre all’insieme di tutte le interrelazioni di quell’organismo con l’ambiente in cui vive.
In un dato habitat ogni specie occupa una sua nicchia ecologica, che non è
semplicemente un luogo ma un modo di vita, un ruolo,
Le specie, in genere, occupano nicchie tanto più diverse quanto più diverse sono le loro
abitudini alimentari e ciò perché in questo modo viene a mancare un importante fattore di
competizione .Possiamo avere due tipi di nicchie:
NICCHIA POTENZIALE: (anche detta “fondamentale”) ovvero il massimo teorico di
risorse che possono essere utilizzate da una specie in assenza di competitori o di altri fattori di
disturbo;
NICCHIA REALIZZATA: porzione della nicchia potenziale occupata in una
determinata comunità, cioè le risorse effettivamente usate, spesso in presenza di competitori e di
altre limitazioni biotiche o abiotiche.
Le nicchie possono essere occupate da due diverse specie:
Specie chiamate specìaliste e altre generaliste. Le prime hanno nicchie limitate, possono vivere
in un solo tipo di habitat, si nutrono di un solo tipo di cibo e sono molto sensibili alle variazioni
dei fattori ambientali e climatici. Ne sono esempio il panda gigante della Cina e il koala
australiano, che si alimentano esclusivamente di piante di bambù ed eucalipto rispettivamente.
Sulle Alpi stenofagi sono il capriolo, la donnola, l’ermellino.
I generalisti sono gli organismi che hanno nicchie ampie e grande capacità di adattamento. Sono
specie generaliste le mosche, gli scarafaggi, i ratti, gli esseri umani. Negli ambienti in cui le
condizioni si mantengono costanti nel tempo, come le foreste pluviali, sono avvantaggiati gli
specialisti mentre i generaltsti, essendo più adattabili sono favoriti negli ambienti soggetti a
repentini cambiamenti. Talora una specie occupa, nei diversi stadi della sua vita, nicchie
diverse; basti ricordare, ad esempio i numerosi stadi larvali degli insetti che si sviluppano
attraverso la metamorfosi. Inoltre la stessa specie può occupare nicchie diverse in regioni
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diverse.
Spesso un organismo riveste più di un ruolo entro la comunità. Per esempio la tartaruga
azzannatrice è un predatore di giovani tartarughe acquatiche, ma è anche un saprofago: si ciba
cioè, di resti di animali morti che non ha ucciso.
La nicchia ecologica è un ipervolume, dove ogni dimensione rappresenta una variabile
ambientale è uno spazio ecologico a n dimensioni (Hutchinson)
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5 Habitat
L’habitat di un organismo è l’ambiente naturale in cui esso normalmente vive.
Lo spazio fisico nel quale vive una biocenosi (insieme di tutti gli organismi viventi che
coabitano in un biotopo) costituisce il biotopo (spazio fisico inanimato in cui vive una
biocenosi); l’habitat è quindi la somma dei biòtopi in cui un organismo può vivere in quanto
possiede tutti i requisiti necessari alla vita dello stesso.
Ogni habitat è caratterizzato dai suoi particolari aspetti fisici e chimici, e dalla struttura
della vegetazione. Così, ad esempio, l’habitat dell’aquila reale sono le zone montagnose poste al
di là del limite degli alberi sotto il livello delle nevi perenni, il koala vive esclusivamente
nell’habitat costituito dalle foreste di eucalìpto dell’Australi orientale, l’habitat del castoro di
montagna è costituito da fitti boschi in prossimità dell’acqua, gli scoiattoli hanno un habitat
arboreo, le talpe un habitat sotterraneo
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6 Sistema
Lo studio dell’ecologia è uno studio sistemico, occorre quindi definire il concetto di
sistema, specificare che cosa si intende per sistema ecologico ed individuare le principali
proprietà dei sistemi ecologici.
Un sistema è costituito da un insieme di parti interagenti, ne consegue che:
Un sistema può essere scomposto in più componenti (spesso a loro volta considerabili
come sistemi o sottosistemi)
A livello del sistema vi sono proprietà nuove, non deducibili dai sottosistemi, derivanti
dall’interazione delle parti.
Proprietà collettive o insiemistiche: sono deducibili dalla somma o composizione delle
proprietà delle singole componenti del sistema. Sono prevedibili conoscendo le singole parti.
Tendono a ridurre la loro variabilità con l’aumentare delle dimensioni del sistema.
6.1 Definizione di sistema
Ogni porzione dell’universo può essere interpretata come un sistema, ma occorre
considerare che un sistema rimane comunque un modo di interpretazione della realtà,
conseguentemente è arbitrario
I sistemi possono essere suddivisi in :
sistemi isolati: senza scambi con l’esterno (classici sistemi di cicli termodinamici)
sistemi chiusi: con scambi di energia ma non di materia
sistemi aperti: con scambi di energia e di materia (ogni sistema biologico)
Quali sistemi riguardano direttamente l’ecologia?
-Organismo/individuo
-Popolazione
-Comunità/ecosistema
-Paesaggi e sistemi paesaggistici
-Ecoregioni e biomi
-Biosfera
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Associate al concetto di sistema , vi sono le proprietà di “Resistenza e Resilienza”
La resistenza è la capacità del sistema di opporsi ai cambiamenti. Ciò si può attuare
attraverso l’omeostasi, ovvero la permanenza del sistema in condizioni immutate.
La resilienza è, la capacità del sistema di ritornare alla condizione iniziale. Quest’ultima
caratteristica si può attuare attraverso l’omeoresi, ovvero la capacità del sistema di mantenere un
flusso dinamico.
I sistemi hanno tre proprietà fondamentali:
Il capitale potenziale, ovvero biomassa, energia, capitale economico, che è
disponibile per cambiamenti futuri.
La connettività del sistema, intesa come la possibilità di controllo interno del
sistema stesso, attraverso la presenza di variabili, di cicli di feed-back ecc.
La capacità adattativi ossia la resilienza.
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7 Ecosistema
L'Unità funzionale di base dell'Ecologia è L'ECOSISTEMA (Tansley, 1955)
Gli ecosistemi sono sistemi aperti, ovvero scambiano energia e sostanze nutrienti,tra
comunità e porzione non vivente dell’ecosistema.
Un ECOSISTEMA è reso funzionale da:
una comunità
un flusso di energia
un ciclo di materiali
Gli ecosistemi sono contigui ed il passaggio dall'uno all'altro avviene in modo più o
meno graduale.
Queste zone di transizione più o meno estese sono chiamate ECOTONI.(slide 62-63) Negli
ecotoni la fauna è più ricca in quanto le specie provengono dalle biocenosi adiacenti e si
possono mescolare.
Questo processo viene anche definito effetto margine.
Gli ecosistemi possono essere di dimensioni variabili e si caratterizzano per la loro struttura, il
funzionamento e la storia.
Inoltre ecosistemi diversi contigui interagiscono tra di loro attraverso scambi di materia e
energia. Ecosistema può essere definito un lago, un corso d'acqua, una prateria, un bosco, ma
anche un singolo albero o una foglia.
In alcuni casi si possono definire abbastanza esattamente le dimensioni di un ecosistema, mentre
altre volte non è possibile definire i confini.
Essi si suddividono in:
Microsistemi (ad esempio un tronco di albero morto)
Mesosistemi (foresta, stagno, etc.)
Macrosistemi (oceano)
I vegetali sono la componente più immediata per la classificazione degli ecosistemi, in
quanto conferiscono al paesaggio l'aspetto caratteristico (ad eccezione delle zone afotiche di
oceani e laghi e dell'ambiente sotterraneo)
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8 Evoluzione di un ecosistema o successione ecologica
La maggior parte degli ecosistemi si sono formati con una lunga evoluzione dovuta a
processi di adattamento tra specie e clima e sono anche in grado di autoregolarsi e resistere a
repentine variazioni dell'ambiente esterno.
Gli ecosistemi però, non si mantengono stabili nel tempo, ma subiscono variazioni come
risultato dell’evoluzione delle interazioni tra i membri della comunità e tra quest’ultima e le sue
componenti.
L’evoluzione dell’ecosistema o successione ecologica si realizza attraverso una sequenza
di comunità che, partendo da una comunità pioniera, si succedono l’una all’altra nel tempo
(stadi di una serie), fino ad una comunità che presenta un certo grado di stabilità (comunità
climax).
L'evoluzione ecosistemica culmina quindi, con una fase detta CLIMAX per raggiungere
la quale si succedono una serie di passaggi graduali (stati serali).
La condizione di climax si prolunga fino a quando non interviene una perturbazione a
modificare le condizione esterne (variazioni climatiche, uragani, incendi, ecc.) oppure interne
(comparsa di nuove specie da taxa persistenti).
Il climax rappresenta pertanto l’unico punto di relativa stabilità nella successione.
Lo stadio finale CLIMAX, dinamicamente stabile, persiste finché quindi, non avvengono
cambiamenti.
Ritornando al concetto di successione, dobbiamo dire che essa risulta controllata dalle
comunità le cui popolazioni modificano continuamente l’ambiente determinando le condizioni
che provocano la scomparsa di alcune specie e favoriscono l’insediamento di altre; queste, a
loro volta, determineranno ulteriori cambiamenti nell’ambiente, fino alla formazione di
comunità climax, in grado di tollerare le modificazioni dell’ambiente da esse provocate.
Il concetto di successione è stato inizialmente usato per lo studio della vegetazione;
inseguito è stato esteso allo studio dell’intera comunità (piante e animali).
Possiamo ricordare due tipi di successione:
Primaria: quando la comunità pioniera si impianta in un’area precedentemente disabitata
(dune di sabbia, colate di lava, ecc.).
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Secondaria: quando la comunità pioniera occupa un’area abitata in precedenza da
un’altra comunità, poi scomparsa in seguita a gravi perturbazioni (una zona di foresta distrutta
da un incendio,un campo coltivato poi abbandonato, disboscamenti, ecc.).
Le successioni primarie hanno tempi lunghi (millenni) quelle secondarie più brevi
(decenni, alcuni secoli), in quanto la successione inizia su suoli già formati e non devono essere
completati i processi pedogenetici.
Essi sono dati da quelle variazioni che avvengono nel suolo sotto l'influenza dei fattori di
formazione ed hanno come risultato lo sviluppo del profilo del suolo e delle sue proprietà.
Inoltre, sono riconducibili a flussi di materia e di energia che avvengono tra il suolo e l'ambiente
circostante: atmosfera, idrosfera, biosfera e litosfera.Tramite questi processi, materiali possono
essere addizionati al suolo, possono essere persi, possono essere traslocati da una porzione
all'altra del profilo e possono essere trasformati.
Tra le successioni, distinguiamo quelle “autotrofiche” e quelle eterotrofiche. Le
“successioni eterotrofiche” si impiantano su sostanza organica morta vegetale e/o animale,
depositi fecali, etc, e si realizzano su una scala di tempi più brevi, terminando quando la risorsa
viene completamente metabolizzata e mineralizzata.
Le successioni autotrofiche iniziano con la colonizzazione di un habitat da parte di
piante verdi, si realizzano su una scala di tempi più lunghi, l’habitat non viene degradato e non
scompare, ma viene colonizzato e modifica nel tempo la sua composizione in specie.
La posizione di una specie in una successione dipende da:
• La velocità con cui essa invade un habitat neoformato o perturbato;
• Le variazioni delle caratteristiche ecologiche dell’ambiente (per es. la
disponibilità di nutrienti) che si realizzano nel corso della successione.
Alla base della dinamica delle successioni, sembra ci siano tre meccanismi :
• Facilitazione: ovvero la capacità presente soltanto in certe specie pioniere ad
insediarsi in un certo luogo;
• Inibizione: ovvero il meccanismo per cui la presenza di certe specie è in
grado di impedire l’ insediamento di altre;
• Tolleranza: ovvero il meccanismo per cui le modificazioni dell’ambiente
realizzate dai colonizzatori non influenzano la probabilità di insediamento di
altre specie.
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Una comunità prodotta dalla successione risulta costituita dalle specie più efficienti nello
sfruttamento delle risorse esistenti e non esiste alcuna specie in grado di insediarsi e di
accrescersi in presenza delle specie residenti.
Infine, dobbiamo ricordare che le successioni tendono verso una fase finale, che
corrisponde ad una utilizzazione ottimale delle risorse disponibili.
In questa fase la crescita del sistema viene progressivamente a cessare e la nuova materia
organica, che viene via via prodotta per fotosintesi, è trasferita al terreno o ai consumatori.
Il sistema viene dunque a trovarsi in una condizione stazionaria e non è in grado di
crescere ulteriormente. Questa condizione (climax), come abbiamo visto che si può prolungare
all’infinito.
DEFINIZIONI
Climax climatico: la comunità è in equilibrio stabile con le condizioni generali del
clima regionale (si autoperpetua)
Climax edafico: stadi stazionari modificati, in equilibrio con le particolari condizioni
locali del suolo.
Disclimax: ecosistema al quale non si permette di raggiungere il CLIMAX, perchè
l'uomo lo mantiene in disequilibrio (superpascolo, campo coltivato)
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9 Specie e comunità
Lo studio della componente biotica dell’ecosistema richiede anzitutto un’analisi delle sue
parti e la precisazione delle sue caratteristiche. Ciò viene ottenuto attraverso l’impiego di due
metodi generali di indagine : le analisi quantitative e qualitative.
Con l’approccio quantitativo i viventi vengono considerati globalmente: ad esempio la
biomassa presente in un ecosistema in un dato momento ed in una data area, detta produzione
disponibile, viene misurata in grammi di peso secco per metro quadrato o con analoghe unità di
misura. Con l’approccio qualitativo i viventi vengono distinti , in base alle loro caratteristiche, in
regni, phyla, classi, ordini, famiglie, generi, specie, popolazioni. I due metodi sono tra di loro
complementari ed i risultati delle due analisi si integrano a vicenda.
Esiste, inoltre, la possibilità di utilizzare i due metodi in sequenza, così da ottenere prima
una definizione qualitativa dei viventi presenti e quindi una misura quantitativa di ciascuno di essi.
Si hanno, quindi, tre possibili metodi:
• Analisi qualitativa: per definire la specie, inquadrabili come flora e fauna;
• Analisi quantitativa: per definire biomasse;
• Analisi quali-quantitativa: per definire comunità.
Il caso di un ecosistema la cui componente autotrofa sia costituita da una sola specie è
estremamente raro e limitato a condizioni estreme.
Gli ecosistemi includono produttori, consumatori e decompositori, quindi una pluralità di
specie che, oltre a vegetali e animali, comprende anche batteri praticamente ubiquitari nella
biosfera, almeno allo stato di spore.
Gli eucarioti che normalmente vivono in determinata area sono divisi tradizionalmente in:
• Flora, che comprende protisti fotosintetici, i funghi e le piante in senso
stretto;
• Fauna, che comprende i protisti non fotosintetici (protozoi) e gli animali in
senso stretto
Ricordiamo infine che: una POPOLAZIONE è costituita da organismi della stessa
specie, ovvero individui che possono potenzialmente incrociarsi fra di loro producendo progenie
fertile e pertanto possiedono un patrimonio genetico comune, che occupano lo stesso spazio
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nello stesso periodo di tempo (interagiscono fra loro nello spazio e nel tempo), condividono uno
stesso ruolo funzionale (ossia una medesima nicchia ecologica) e reagiscono in modo simile allo
stimolo dei fattori ambientali; formano un sistema biologico dotato di propri meccanismi di
controllo.
L’analisi della popolazione si avvale di due metodi di indagine:
Metodi Descrittivi
Metodi predittivi
I metodi descrittivi, consentono lo studio quantitativo dello stato del sistema;
essi si avvalgono di due diverse analisi: analisi statistica e analisi dinamica (mortalità-
natalità). L’analisi statistica viene effettuata in base a:
Censimento: consiste nel conteggio totale di individui di una popolazione in
un intervallo di tempo. Si applica a popolazioni poco chiuse formate da individui di
grandi dimensioni e poco mobili (mammiferi e alcuni vegetali).
Campionamento : si ottiene se da una parte della popolazione si vogliono
trarre informazioni sul totale. Per ottenere queste informazioni si usa il METODO
DELLA QUADRETTATURA (si divide lo spazio entro cui la popolazione vive in unità
di campionamento, normalmente di superficie quadrata e si attua la conta del numero di
individui (conta casuale). Si applica a popolazioni molto dense dove non è possibile una
conta diretta.
Cattura e ricottura :si basa sulla possibilità di marcare alcuni individui della
popolazione, cioè di contrassegnarli in modo da essere distinti dagli altri. Abbiamo due
campionamenti: nel primo gli animali vengono catturati, marcati e rilasciati; nel
secondo, che si effettua a distanza ravvicinata dal primo, gli individui vengono catturati
e poi suddivisi in marcati e non marcati. Otteniamo così:
N/M=C/R
N = dimensione della popolazione
M= individui marcati nel primo campionamento
C= catturati nel secondo campionamento
R= individui marcati e ricatturati
Transetti: si utilizza questo metodo nel caso si debba misurare una comunità
in zone di transizione (ECOTONI). In un transetto lineare i dati sono registrati lungo una
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linea che copre la comunità oggetto di studio. In questo caso viene considerata solo la
densità.
COMUNITA :è un’associazione di popolazioni di specie diverse che hanno lo stesso
habitat, legate tra loro, direttamente o indirettamente, attraverso una varietà di interazioni.
Caratteristiche di una comunità sono la diversità biologica, vale a dire il numero delle specie che
vivono in un dato habitat. il numero di individui di ciascuna specie (abbondanza relativa) e la
loro dispersione nell’habitat. Queste caratteristìche sono influenzate dall’azione combinata di
vari fattori:
— la piovosità, la temperatura, la composizione del suolo e altre caratteristiche geochimiche e
climatiche dell’habitat;
— il tipo e la quantità di cibo e di altre risorse disponibili;
- gli adattamenti anatomici, fisiologici e comportamentaii, grazie ai quali i componenti di una
specie sono in grado di sfruttare determinate risorse;
- le interazioni tra le diverse specie presenti nell’habitat.
9.1 Catena alimentare
In tutti gli ecosistemi naturali la fonte di energia primaria è il sole. La maggior parte di
questa energia viene persa sotto forma di calore, mentre una piccolissima parte viene utilizzata
nella fotosintesi, come primo gradino della catena alimentare. Guardiamo in dettaglio tutti gli
organismi:
1).PRODUTTORI AUTOTR0FI: rappresentano il primo gradino, e sono vegetali che,
tramite il processo di fotosintesi clorofilliana sono grado di sintetizzare la materia organica
partendo da sostanze inorganiche, utilizzando la luce solare come fonte di energia: 12 H20 + 6
C02 = C6H1206 + 6 02 + 6H20
2).CONSUMATORI (ETER0TR0FI): rappresentano il secondo gradino, animali erbivori
(consumatori primari) e carnivori (consumatori secondari, terziari etc.) che si nutrono di altri
organismi viventi.
Essi si suddividono in:
1. BIOFAGI (che si nutrono di altri organismi viventi);
2. SAPROFAGI (che si nutrono di sostanze organiche morte).
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Si differenziano anche in base al tipo di nutrizione che può essere:
OLOZOICA: ci si alimenta di pezzi relativamente grandi di sostanza organica
morta (es.: carnivori, erbivori, onnivori).
PARASSITARIA: ci si alimenta di sostanza viva, spesso danneggiando l’ospite
che la fornisce (es.: pulci, tenia).
SAPROTROFICA: ci si alimenta di piccoli pezzi di sostanza morta (es.:
batteri, mosche).
DECOMPOSITORI (Saprofiti): eterotrofi (principalmente batteri, protozoi,
funghi) che ottengono la loro energia sia demolendo tessuti organici morti, sia
assorbendo materia organica disciolta. Rimettono in circolazione la materia organica.
Gli scambi energetici tra produttori e consumatori costituiscono la catena alimentare.
I decompositori (saprofagi) si nutrono dei prodotti di rifiuto e dei tessuti degli organismi
(sostanza organica: proteine, lìpidi carboidrati etc.); decomponendoli contribuiscono a restituire
al terreno le sostanze inorganiche ( C, N, P, CO2, H2O etc.) assorbita dai produttori.
Esistono anche taluni organismi capaci di trarre energia da reazioni chimiche basate solo
sull’uso di molecole come il ferro o l’azoto: essi sono denominati CHEMIOAUTOTROFI.
Secondo questo modello, è teoricamente possibile che ogni consumatore di un certo
livello sia preda di un consumatore di livello superiore.
In realtà è raro che una catena alimentare abbia più di cinque livelli, poiché più sale il
livello del predatore più si riduce il numero di potenziali prede disponibili.
Le catene alimentari sono numerose, in quanto diversi consumatori si nutrono di più tipi di cibo.
Gli animali che appartengono a più di una catena alimentare collegano una catena all’ altra
formando una rete alimentare. Più questa è fitta più vi è perdita di energia. Visto che ad ogni
passaggio si consuma energia è necessario un suo continuo rifornimento. Ciò è continuamente
possibile grazie al Sole.
In ogni ecosistema comunque, sono presenti due differenti catene alimentari che
differiscono in base alle rispettive sorgenti di energia. Esse sono:
Catene del pascolo: dipendono direttamente dall’energia solare, hanno come primo
anello le piante verdi, come secondo gli erbivori e gli altri fitofagi, come terzo i predatori di
questi ultimi e come quarti i predatori di altri predatori.
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Catene del detrito: utilizzano l’energia da sostanze organiche morte; esse sono formate
da organismi decompositori e da loro predatori.
In una catena alimentare naturale la quantità di energia diminuisce da un livello all’altro,
ma la sua qualità, cioè la capacità di compiere un lavoro, aumenta. Lo sviluppo quantitativo e
qualitativo degli organismi viventi è fortemente condizionato dai fattori ambientali.
Ecco anche spiegato perché, oltre un certo livello di eterotrofia è impossibile andare: un
predatore di decimo livello non troverebbe, in pratica, da mangiare!
Nonostante questa complicazione, si tenta di inquadrare ogni specie ad un livello trofico,
prendendo in considerazione il ruolo ecologico prevalente. Questa suddivisione ci permette di
quantificare il flusso dì energia e di materia all’interno dì un ecosistema rappresentato, oltre che
dalle catene alimentari, attraverso le
PIRAMIDI ECOLOGICHE, che sono una raffigurazione grafica delle biocenosì
presenti nell’ecosistema. Le piramidi ecologiche vengono rappresentate con dei rettangoli
orizzontali di lunghezza variabile dal basso verso l’alto, disposti uno sopra all’altro,
rappresentanti un flusso di energia decrescente.
Ogni rettangolo rappresenta il numero di individui di tutte le specie (piramidi dei
numeri), oppure la biomassa (piramidi di biomassa) cioè il peso di tutti gli individui dello stesso
livello trofico. La rappresentazione grafica ha di solito un andamento a piramide poiché
passando da un livello all’altro si ha una dirninuzione del numero di organismi.
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Ecosistemi e catene alimentari 9
Catena alimentare marina
Livelli
trofici
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10 Ripartizione ed ottimizzazione dell’energia
In un ambiente scarsamente affollato o mutevole (soggetto a uragani. stress etc.) le
pressioni selettive favoriscono specie con elevato potenziale riproduttivo
(Specie r—strateghe ) alta resilienza, bassa resistenza
In un ambiente affollato o fisicamente stabile le pressioni selettive favoriscono specie con basso
potenziale riproduttivo ma elevate possibilà di utilizzo delle risorse
(Specie K—strateghe) alta resistenza, bassa resilienza
I fattori che fanno fluttuare le popolazioni agiscono sui tassi di riproduzione o di mortalità.
E’ possibile distinguere tra fattori estrinseci (cioè che operano sulla popolazione dall’esterno) e
intrinseci (che insorgono all’interno della popolazione).
Tra i più importanti fattori estrinseci troviamo l’effetto dei predatori, la disponibilità di risorse,
la competizione con altre specie (interspecifica), le condizioni climatiche.
I fattori intrinseci più importanti Comprendono la competizione intraspecifica. la dispersione
degli individui verso altre aree, etc. Alcuni di questi processi sono dipendenti dalla densità e
sono proprio questi i principali agenti che regolano la dimensione della popolazione, inibendo
l’ulteriore incremento di popolazioni numerose e promuovendo la crescita di quelle piccole.
Qualsiasi forma di competizione intraspecifica opererà in un modo dipendente dalla densità
limitando la crescita della popolazione. I fattori di tipo competitivo si manifestano solo in caso
di limitatezza delle risorse e man mano che cresce la densità di popolazione per unità di risorsa
cresce anche la mortalità.
Se due o più specie hanno delle richieste ecologiche identiche non saranno in grado di esistere
contemporaneamente. Quindi se due o più specie coesistono nello stesso habitat evidentemente
occuperanno nicchie ecologiche più o meno distinte.
Anche con la separazione nel tempo può essere evitata la competizione interspecifica, due
specie di animali possono cioè convivere nello stesso habitat, avendo ritmi di attività differenti.
“La selezione naturale agisce esclusivamente per mezzo della conservazione ed accumulazione
delle variazioni che sono utili nelle condizioni organiche e inoiganiche alle quali ciascuna
creatura è esposta in tutti i periodi della vita. Il risultato ultimo è che ciascuna creatura tende a
dA~rnire sempre più migliorata in relazione alle sue condizioni. Questo miglioramento
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lnevitabilmente conduce ad un graduale progresso delle organizzazione del più grande numero
di esseri viventi nel mondo” (Charles Darwin e l’origine della specie (1859))
Metaforicamente e, citando Darwin, possiamo dire che “la selezione naturale va
scrutando ogni giorno e ogni ora pel mondo intero ciascuna variazione anche minima:
rigettando ciò che è cattivo, conservando e accumulando tuffo ciò che è buono: essa lavora
insensibilmente e silenziosamente in tutti i luoghi e sempre quando si presenti l’opportunità, al
perfezionamento di ogni essere organizzato in relazione alle sue condizioni di vita organiche ed
inorganiche. Nulla noi scorgiamo di codeste lente e progressive trasformazioni fino a che la
mano del tempo abbia segnato il lungo corso delle epoche; le nostre cognizioni poi relative alle
età geologiche, da lungo tempo trascorse sono sì imperfette che noi accorgiamo solo che le
odierne forme viventi sono differenti da quelle d’un tempo”.
Il concetto di adattamento è strettamente correlato a quello di SELEZIONE NATURALE
poiché le variazioni cbe favoriscono la sopravvivenza di un individuo in competizione con altri
organismi e di fronte ad una pressione ambientale, tendono ad aumentarne il successo
riproduttivo (fitness) ed essere così conservate.
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11 Gli adattamenti
Si distinguono sostanzialmente tre tipi di adattamenti: morfologico, fisiologico,
comportamentali.
Gli adattamenti morfologici riguardano la forma e la struttura degli organismi.
La forma e la robustezza del becco del picchio, adatto per forare la corteccia degli alberi, sono
un valido esempio di adattamento morfologico.
Gli adattamenti fisiologici riguardano il metabolismo. Un esempio di questo tipo di
adattamento è la presenza nel sangue dei pesci che vivono nei mari polari di particolari proteine
“antigelo” che abbassano la temperatura di congelamento.
Gli adattamenti comportamentali sono particolari comportamenti degli organismi in risposta a
determinati stimoli ambientali. La fedeltà all’uomo del cane è un adattamento dettato dalla
necessità di procurarsi cibo e rifugio.
L’adattamento è molto spesso un compromesso tra esigenze diverse e l’evoluzione può
essere paragonata a un bricoleaur che debba continuamente fare compromessi per trovare la
soluzione migliore in una determinata situazione.
L’adattamento è inoltre un concetto relativo: una lepre che corre più veloce lascerà più
discendenti solamente se il problema principale da risolvere è quello di sfuggire ai predatori. Se
il problema è invece di dover resistere a una malattia, la lepre più adattata sarà quella che
presenta la resistenza contro quella specifica malattia.
Tuttavia è bene ricordare che alcuni cambiamenti evolutivi sono del tutto casuali e che
non è corretto cercare una spiegazione adattativa per tutti i fenomeni biologici.
Gli adattamenti possono essere attuati durante lo sviluppo o essese geneticamente determinati ed
immodificabili (adattamenti genotipici oppure possono evolvere durante la vita dell’individuo
(adattamenti fenotipici o acclimatazione) . L’acclimatazione può essere realizzata in un periodo
limitato della vita e può recedere se lo stress fisiologico è rimosso.
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12 Modelli di evoluzione
Si distinguono tre modelli di evoluzione:
evoluzione convergente, evoluzione divergente ed evoluzione parallela.
Per evoluzione convergente si intende il fenomeno dello sviluppo, in organismi che
vivono in condizioni ambientali simili ma senza alcuna parentela evolutiva, di strutture simili
dal punto di vista funzionale.
L’evoluzione convergente produce strutture analoghe, ovvero strutture che hanno
funzione simile, ma diversa origine evolutiva.
Il topolino delle piramidi che vive in Egitto e quello dei deserti del Nuovo Messico hanno
entrambi le zampe modellate allo steso modo, adatte a saltare sulla sabbia che è la caratteristica
comune degli ambienti in cui questi animali vivono.
Sia i cactus che le euforbie, piante diverse che vivono in ambienti aridi, possiedono
spine carnose e tessuti in grado di accumulare acqua.
Molti mammiferi che si sono adattati alla vita marina, come i cetacei e i delfini, hanno assunto
le caratteristiche dei pesci.
L’evoluzione divergente consiste nello sviluppo di caratteristiche diverse in due (o più)
popolazioni che condividono un antenato comune. L’evoluzione divergente può portare alla
formazione di varietà diverse della stessa specie, adattate alle specifiche condizioni ambientali
in cui vivono, oppure se agisce sufficientemente a lungo alla nascita di specie nuove.
Pur essendo entrambi mammiferi appartenenti all’ordne dei carnivori, le foche e i gatti
hanno un aspetto radicalmente diverso perchè vivono in ambienti differenti e si sono quindi
adattati a diverse pressioni selettive nel corso della loro evoluzione.
L’evoluzione parallela è il processo per cui specie imparentate evolvono in modo simile
per lunghi periodi di tempo, perchè sottoposte alle stesse pressioni selettive.