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Fjalë shtegtuese: malattie degli animali e medicina popolare in albanese e in tre varietà arbëreshe della Calabria Antonio Mendicino - Giovanni Belluscio Università della Calabria Intervistatore:“E ktu e thoni... e njihni fjalën frajarti?” Marsio: Ah!... frejarti, xhustu, ma alla ltira, thughet frejarti. Pratikum me ltinjt’ e e dimi. 1 Marsio: Io qua c’ ho tante... tante... no? kruglianisu, u tornovisu, u tarsìere. Io andavo sempre in giro... Moglie: ...Che andava alla fiera allora... Marsio: ...per le fiere e avevo contatto con tante persone. Key words: Albanian of Italy, Animal diseases, Popular medicine. Abstract Veterinary terminology in Albanian and in some Arbëresh dialectal varieties of Calabria (Lungro, San Basile and Santa Sofia d’Epiro in the Province of Cosenza) is the topic of this contribution. The analysis and study of this lexical field has been carried out both on the basis of data collected during a field research in these three centres and of all the terms extracted from the 1980 edition of Fjalor i Gjuhës së Sotme Shqipe. The analysis of medical veterinary terminology in FGJSSH 1980 has put in evidence many lacks and deficiencies with reference to the number of lexical items and to the correspondances between scientific and non-scientific terminology. As far as Arbëresh, except for a short collection in Bellusci (1991) on sheep’s diseases and their cures, one may hitherto register both the lack of a complete lexical repertoire and of specific studies on this argument. 1 Queste due citazioni sono estratte dall’intervista con il sig. Marsio Baffa di Santa Sofia d’Epiro. “I. E qui la dite... la conoscete la parola frajarti? M. Ah!... frejarti, giusto, ma in italiano, si dice frejarti. Abbiamo praticato con gli italiani e lo sappiamo.”

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Fjalë shtegtuese: malattie degli animali e medicina popolare in albanese e in tre varietà arbëreshe della Calabria

Antonio Mendicino - Giovanni Belluscio

Università della Calabria

Intervistatore:“E ktu e thoni... e njihni fjalën frajarti?” Marsio: Ah!... frejarti, xhustu, ma alla ltira, thughet

frejarti. Pratikum me ltinjt’ e e dimi.1

Marsio: Io qua c’ ho tante... tante... no? kruglianisu, u tornovisu, u tarsìere. Io andavo sempre in giro...

Moglie: ...Che andava alla fiera allora... Marsio: ...per le fiere e avevo contatto con tante persone.

Key words: Albanian of Italy, Animal diseases, Popular medicine. Abstract Veterinary terminology in Albanian and in some Arbëresh dialectal varieties of Calabria (Lungro, San Basile and Santa Sofia d’Epiro in the Province of Cosenza) is the topic of this contribution. The analysis and study of this lexical field has been carried out both on the basis of data collected during a field research in these three centres and of all the terms extracted from the 1980 edition of Fjalor i Gjuhës së Sotme Shqipe. The analysis of medical veterinary terminology in FGJSSH 1980 has put in evidence many lacks and deficiencies with reference to the number of lexical items and to the correspondances between scientific and non-scientific terminology. As far as Arbëresh, except for a short collection in Bellusci (1991) on sheep’s diseases and their cures, one may hitherto register both the lack of a complete lexical repertoire and of specific studies on this argument.

1 Queste due citazioni sono estratte dall’intervista con il sig. Marsio Baffa di Santa Sofia d’Epiro. “I. E qui la dite... la conoscete la parola frajarti? M. Ah!... frejarti, giusto, ma in italiano, si dice frejarti. Abbiamo praticato con gli italiani e lo sappiamo.”

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Collated with lexemes extracted from the FGJSSH 1980 only 2/71 of Arbëresh arbour terms are mutual with Fjalor, 15/71 have their roots in Albanian while the 51/71 (71,8%) are borrowed from the adjoining romance varieties with adaptations. The work ends with brief observations on popular medicine and cures of animal diseases most of wich has now gone out of use and has been often associated with magic-religious formulas in the past.

* * *

1. Introduzione La raccolta della terminologia veterinaria nella varietà dialettale arbëreshe della Calabria e della medicina popolare rientra in un progetto di ricerca di tipo modulare avviato da Mendicino (2004) e proseguito da Mendicino (2009). L’analisi e lo studio di questo campo lessicale sono stati presi in considerazione a partire da una ricerca sul campo in tre comunità italo-albanesi della provincia di Cosenza: Lungro, San Basile e Santa Sofia d’Epiro. Il lessico raccolto è stato confrontato con la terminologia medico-veterinaria presente nel Fjalor i Gjuhës së Sotme Shqipe del 1980 (di seguito FGJSSH, Dizionario della Lingua Albanese Odierna)2. Come già osservato nelle ricerche citate, si tratta di un campo lessicale specialistico molto particolare e poco esplorato in ambito popolare, ma ancor più nell’ambito della lingua albanese e delle sue varietà dialettali3. Questo lavoro si suddivide in tre parti: a) la verifica dei termini scientifici e non, presenti nel repertorio lessicale ufficiale della lingua albanese standard, ricavati

2 I dizionari monolingue (alb. fjalor shpjegues) della lingua albanese pubblicati fino ad oggi sono tre: il primo fu pubblicato nel 1954, il secondo nel 1980 (con un’edizione ridotta del 1984), il terzo nel 2002 (con un’edizione ridotta del 2006). Tra questi, a nostro avviso, il più completo ed esaustivo resta il FGJSSH del 1980, il quale, benché viziato dalla comprensibile impostazione ideologica e mantenendo pertanto lo spirito del tempo, presenta un repertorio lessicale più ampio, così come più estese e comprensive sono le glosse e gli esempi riportati nei lemmi. L’edizione del 2002 si è sostan-zialmente limitata a cancellare l’impronta ideologica del FGJSSH 1980, registrando in parte (senza peraltro spiegare i criteri della scelta) i neologismi e i nuovi prestiti entrati nel frattempo nell’albanese dopo la caduta del regime, ma eliminando purtroppo (anche in questo caso senza motivazioni) lemmi ed esempi d’uso, riducendo indistintamente le glosse di moltissime voci. Appare dunque chiara la motivazione che ci ha portato a preferire l’edizione del 1980 per la raccolta del lessico riguardante questo campo. 3 Ovviamente parliamo dal punto di vista della terminologia popolare, mentre da un punto di vista prettamente medico-veterinario non abbiamo effettuato finora alcuna ricognizione. L’idea è di ampliare in futuro il numero dei punti investigati e di mettere in corrispondenza la terminologia popolare con quella scientifica albanese.

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dallo spoglio del FGJSSH (1980); b) la ricerca sul campo della terminologia arbëreshe riguardante le malattie degli animali e le cure popolari; c) l’analisi e la discussione della terminologia raccolta per le tre parlate arbëreshe investigate (ciò ha permesso di evidenziare microaree variazionali), terminologia4 che è stata successivamente confrontata con quella in uso in Albania e con quella già raccolta per il calabrese. 2. Il lessico veterinario albanese dal FGJSSH (1980) La terminologia medico-veterinaria albanese presente nel FGJSSH (1980) è stata estrapolata spogliando il dizionario ed estraendo tutti i termini specificati con le diciture mjek. (= term në mjekësi ‘termine in medicina’), veter. (= term në veterinari ‘termine in veterinaria’) e mjek. veter. (‘termine medico e veterinario’). Dallo spoglio sono stati ricavati 78 termini; ventisette di questi sono sinonimi5, altri sono estensioni di significato di parole appartenenti al lessico comune o di base, altri ancora sono termini medico-veterinari che non si riferiscono però a malattie. Una discussione a parte va fatta per quelle espressioni formate da a) nome per la zona colpita dalla malattia + agg. i, e keq(e) ‘maligno/a, cattivo/a: barku i keq, fyt i keq, kolla e keqe; b) nome comune + agg. i, e bardhë / i, e mirë ‘bianco/a, buono/a: grykët e bardha, kolla e bardhë (o e mirë), lulja e mirë, fshikëza e mirë, lia e bardhë (o e mirë), grykët e mira, koqe e mirë (FGJSH 2006 distingue tra questo e koqe e ligë); c) nome della malattia + agg. i, e zezë ‘nero’: lia e zezë; d) nomi comuni di malattia + specie animale colpita: dalja e gjesë, kolera e gjedhit, murtaja e pulave, zgjeba e dhenve. Tra queste espressioni, come si vede, si ricorre a diversi tipi di specificazioni che riguardano sia i tratti caratteristici delle malattie (come nel caso di lia e zezë, denominata così per via del colore delle vescicole ematiche sulla pelle; in questo caso la specificazione appare trasparente) sia la loro denomina-

4 Con l’eccezione di poche indicazioni etimologiche ricavate dalla letteratura specialistica e inserite in alcune voci, la discussione in merito alle possibili origini di questo lessico non sarà affrontata in questa sede. 5 Si tratta di sinonimi che ricorrono come entrate distinte nel FGJSSH 1980 o indicati come tali all’interno di singole voci: {butër, kërrnjotë}; {dalë: i thatë, çiban}; {difteri: fyt i keq, grykët e bardha}; {dizenteri: barku i keq}; {flamë, murtaja e pulave}; {freth, peth}; {gërmitë, kolera e gjedhit}; {gubë, zgjeba e dhenve}; {hikërr, hirrëz}; {kërrnjotë, butër}; {li: ligatë, këlbazë}; {nënkrye: ngalosë, zbekthi}; {hikrraqi}; {plasja, lulja e mirë}; {moçal}; {sëmundja e këlbazës}; {plasje, dalja e gjesë}; {qimez: qime, gangrenë, vigë}; {shkepëz, skerc}; {shurrëgjake, shurrëkuqe}; {skerc, shkepëz}; {tuberkuloz: ndishku, kolla e keqe}; {zgjebë, zhugë}. Si noti come, in molti casi, si tratta non di sinonimi veri e propri quanto piuttosto di espressioni eufemistiche, riguardanti soprattutto la moria degli animali, utilizzate, a quanto pare, per evitare volutamente di pronunciare il nome della malattia evidentemente tabuizzato.

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zione eufemistica che spesso contiene, volutamente, una qualità positiva utilizzata come elemento apotropaico. È questo il caso di kolla e mirë, letteralmente ‘la buo-na tosse’ ma che sembra indicare una malattia grave dell’apparato respiratorio; di grykët e mira, lett. “le buone fauci” ma che indica una malattia grave della tiroide; di lulja e mirë, lett. “il buon fiore”, fshikëza e mirë, lett. la buona vescicoletta e di dalja e gjësë, lett. ‘l’uscita della cosa’, che indicano tutte e tre malattie gravi che causano la moria del bestiame6. All’interno del repertorio terminologico presente nel FGJSSH (1980) abbiamo potuto operare una classificazione in base alle seguenti categorie: a) termini scien-tifici, cioè termini usati dalla comunità scientifica, in parte anche internazionali, massimamente standardizzati e di livello linguistico alto (per es. alb. brucelozë, ital. brucellosi, ing. brucellosis, ted. Brucellose, dan. brucellose, ru. бруцеллез); b) termini secondari e trasparenti, cioè termini per malattie comuni (umane e animali: çalë ‘zoppina’, fruth ‘morbillo’, li ‘vaiolo’, zgjebë ‘scabbia’) o parole comuni con estensione semantica di tipo medico-veterinario (asht ‘osso’ > ashtth, letteralmente ‘ossetto’, ma qui malattia che colpisce le ossa delle zampe dei cavalli; ujë ‘acqua’ > ujth, letteralmente ‘acquetta’, ma qui siero prodotto dalle piaghe, pus, ecc.); c) termini opachi, cioè parole di difficile interpretazione, in piccola parte riconducibili (non senza difficoltà) a qualche ipotesi di derivazione da termini primari; d) prestiti, due soli dal turco anche se ricorrono altri prestiti più antichi entrati penetrati nell’albanese in seguito al contatto con il latino e oramai acclimatati nella lingua albanese come, per es. zgjebë ‘scabbia’ (già presente in Bardhi 1635), sharrëz letteralmente seghetto, ma qui tetano, shpretkë pancreas ma qui sëmundja e plasjes te kafshët ‘malattia che fa crepare il bestiame’. Questa la classificazione completa:

a) Termini scientifici: aftë, aftëzim, brucelozë, cistit, difteri*, dizenteri, kolerë, paratifo, tifo*, tuberkuloz; (* hanno anche una variante analitica: grykët e bardha, fruthi i derrave o tifoja e morrit);

6 Riportiamo qui le glosse estratte dal FGJSSH (1980), relative alle voci i, e bardhe e i, e mirë, aggettivi che sono usati in modo estensivo per la creazione di termini eufemistici riguardanti particolari malattie: “i, e bardhë: “euf. Përdoret si gjymtyrë e dytë në emërtimet e pathjeshta të disa sëmundjeve ngjitëse e të rënda. Kolla e bardhë kolla e mirë. Grykët e bardha difteria. Liq e bardhë. Murtaja e bardhë tuberkulozi.] 3. zakon. pl. euf. Sëmundje të rënda që u bien fëmijëve (lia, kolla e mirë, fruthi etj.). E zuri e ëmbla. I kaloi të ëmblat. Shpëtoi nga të ëmblat”; i, e mirë: “15. euf. mjek. Përdoret si gjymtyrë e dytë në disa emërtime të pathjeshta që shënojnë sëmundje të rënda e ngjitëse; i bardhë. Kolla e mirë. Lia e mirë. Grykët e mira. Fshikëza (lulja) e mirë plasja. Koqe e mirë i thatë.” e ancora: Kolla e mirë (e ëmbla, e bardhë) mjek., euf. sëmundje ngjitëse e fëmijëve zakonisht deri shtatë vjeç, që shfaqet me kollë të fortë e të gjatë”.

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b) Termini secondari e trasparenti: ashër, ashtth, brengë, buzëz, çalë, dalë, fruth, dregëz, gërhaç, glasë, gojëz, gur, gjakëz, gji, hirrë(z), këlbazë, këmbëzezë, li, nënkrye, ngalosë, plasje, qimez, sharrëz, shpretkë, shtrëmbët, shurrëkuqe, tejmbushje, tërbim, ujth, vërbëria e pulave, zorrëz, zgjebë;

c) Termini opachi: bagë, burth, butër, flamë, freth, gërmitë, harmi, hikërr, hikrraq, kërrnjotë, ligatë, skerc, shkepëz, shkëptyrëz, shpirrë, urekth, zbekth, zgjonjë(z);

d) Prestiti: damlla, xhidavi.7 Nel repertorio estratto dal FGJSSH (1980) si nota purtroppo l’assenza di un’adeguata distinzione tra terminologia scientifica e terminologia dialettale o popolare (o comunque non scientifica)8 la quale, tra l’altro, non è adeguatamente associata alla corrispettiva terminologia scientifica; inoltre, a partire dalle poche indicazioni sintomatiche indicate diventa spesso difficile capire quale sia la malattia a cui si fa riferimento e cioè rende ancor più difficili i confronti interlin-guistici. Si è potuto rilevare infine che questo campo lessicale sembra non essere interamente rappresentato nel FGJSSH (1980). Considerando ad esempio il Leka-Simoni (1986), dizionario bilingue italiano-albanese, è stato facile ricercare, partendo proprio dalla terminologia italiana, i corrispondenti termini albanesi e scoprire come una buona parte delle traduzioni in albanese date dai due autori non sia presente nel FGJSSH (1980). Diamo qui di seguito alcuni esempi che sono stati rilevati dopo una prima parziale lettura: afta epizootica aftë epizootike9; agalassia mungesë qumështi (pas lindjes); mastite mastit, perzmatim i gjirit (mjek.); ematuria hematuri, gjak në urinë; carbonchio karbunkul (mjek.), plasja (veter.); stomatite stomatit, pezmatim i gojës (mjek.); adenite adenit (mjek.) pezmatim gjëndrre limfatike; morva sakagi; bolsaggine shpirrë (> FGJSSH); arrembatura çalim (i kalit etj.); chiovardo zënie (shkelje) e gozhdës (veter.); luparia: akonit i verdhë; setola: çarje gjatësore (në thundrën e kalit, etj.) (veter.).

7 Se si osserva con attenzione questo insieme di parole, esclusi i termini scientifici, appare evidente quale sia la strategia maggiormente utilizzata dai parlanti per formare nuovi termini indicanti malattie animali; si tratta di neoformazioni sulla base di parole comuni attraverso l’aggiunta di suffissi diminutivi, -ëz per il femminile e -th per il maschile. Persistono però dubbi sui termini opachi burth, freth, cerekth, urekth, zbekth, zburth e fruth ‘morbillo’ per i quali è difficile dire se si tratti effettivamente di diminutivi. Per Meyer (1891: 154) fruth è riconducibile a hurδe, urδe, senza ulteriori spiegazioni, e qui è difficile dire se anche i termini hurδe, urδe abbiano a loro volta qualche collegamento con arb. urth, -i ‘erpete della pelle’ (Giordano 1963) < ur, -i ‘tizzone’ (?). Questo l’elenco delle neoformazioni suffissali con -th {ashtth, ujth} e con -ëz {buzëz, dregëz, fshikëz, gojëz, gjakëz, hirrëz, qimez, sharrëz, shkepëz, shkëptyrëz, zorrëz, zgjonjë(z)}. Un meccanismo analogo si riscontra anche in italiano con riferimento a malattie, e non, del cavallo: mollette, formelle. 8 Con l’eccezione di qimez, zhugëz, indicati come forme dialettali. 9 Per questo stesso termine si veda anche il commento in nota 17.

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Tra i termini inventariati alcuni appaiono già nel primo dizionario della lingua albanese del 1635 (Bardhi 1635) come parole comuni: Ossiculum, ossetto Ashtëth, Labiolum Buzëzë, Lapillus, saxulum Gurth, Serra Sharra, Sandapila Vigtë e bdekunë, e in quattro soli casi come termini specifici: Scabies Zgjebe, Ulcus Plagë, dregëzë, Morbitus phlegma Këlbazë, Suppurare Me u këlbazune. Anche Dema (2005)10 riporta sia termini già noti che nuovi e, in taluni casi, con glosse più precise e dettagliate di quelle riportate nel FGJSSH 1980 (vedi Tabella 1): ashth ‘smundje qi u bjen kualve në kambë’; burth ‘pullagjel’11; butër ‘rrufë, flamë’; çalë ‘colë, shitë (smundje)’; gojzë ‘dulbzë (dergje berresh) qi u bjen kah turini’; dulbzë ‘dylbzë, gojzë, lemzë, dergjë, qi u bien berrave e dhive kah turini’; gurz ‘gurc, gurth, fundrri substancash sidomos minerale qi trajtohen te urina, tamthi etj. (ital. càlcoli)’; hikramë ‘sëmundje qi u bjen berreve tue u ushqye me kashtë sdomos me lulet e hikres (fagopirizëm)’; qimzë ‘smundje qi u bjen bagtive, vigë, ndër mushkëni (Strangylosa12 [sic]); skerc ‘shitë’; sharpth ‘shap, shapth’; shurrgjaksë ‘zuhadhe’ (poi sub zuhadhe ‘shurrëgjaksë, majësil’)13; shurrëxanë ‘ndalesa e përjashtimit të shurrës (it. anùria, anurèsi)’; urekth ‘l’uretère’.

A questo punto crediamo sia necessario sottolineare almeno due importanti aspetti utili per la nostra discussione: a) la necessità di creare per l’albanese un repertorio completo di tutti i termini di tipo medico e medico-veterinario, di quelli scientifici e soprattutto di quelli non scientifici, cioè dialettali e popolari, cercando di convo-gliare in un solo corpus l’intera terminologia oggi esistente; b) la necessità di stabi-lire una precisa correlazione tra terminologia scientifica e terminologia non scien-tifica, oltrepassando le definizioni generiche e spesso imprecise delle malattie e di quanto ad esse connesso; ciò sarebbe senz’altro d’aiuto non solo dal punto di vista dell’individuazione delle malattie ma anche con riferimento a possibili confronti interlinguistici e richiederà, necessariamente, l’intervento di specialisti medico-veterinari in grado di operare le corrette associazioni tra i vari termini e le relative malattie a cui essi si riferiscono.

10 Si tratta qui solo di alcuni esempi relativi ad uno spoglio ancora parziale del dizionario. 11 Per evidenti similitudini con il colore e la forma del bulbo del ciclamino, il termine per la malattia potrebbe essere un’estensione metonimica del significato principale di burth. 12 Dovrebbe trattarsi in realtà di strongilosi, probabilmente da Trichostrongylus spp., il che spiega bene anche il riferimento diretto a ‘pelo’ del termine qui registrato: alb. qim/e, -ja ‘pelo’ che si riferisce alla morfologia dei vermi causa della malattia. 13 In questo caso, però, sembra ricorrere una confusione semantica poiché Dema indica la forma suadhë riferendosi a un imprecisato Fjalor: nel FGJSH 2006, infatti, suhadhe viene spiegato come ‘hemorroidhet’ cioè emorroidi, significato per nulla inerente a shurrgjaksë, termine del tutto trasparente che invece indica con precisione la presenza di sangue nelle urine (v. anche Tab. 1, voci 60 e 61).

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Riportiamo qui di seguito, tradotto in italiano14, il repertorio completo dei termini medico-veterinari estrapolati dal FGJSSH (1980):

Tabella 1

1. AFT/Ë, ~A f., p. 8, it. ‘afta’, usato soprattutto al pl. ~A, ~AT. veter. vedi SHAP, ~I. (FGJSH 2006:29 med.-vet. vescicola con liquido bianco che si forma in bocca e sulla lingua; malattia con tali vescicole, shap (shapth)). 2. AFTËZIM, ~I m., p. 10: it. ‘aftizzazione’, veter. diffusione artificiale dell’afta tra gli animali sani del gregge colpito da afta, per abbreviare i tempi dell’epidemia. 3. ASH/ËR, ~RI m., p. 64, it. ‘zoppina del cavallo’ (il termine base, di genere f. indica un qualsiasi tipo di scheggia, soprattutto di legno). Lo stesso termine indica anche il tessuto cartilagineo situato nella parte posteriore dello zoccolo del cavallo. 4. ASHTTH, ~I m., p. 66, it. lett. ‘ossetto’. Malattia che colpisce le ossa delle zampe dei cavalli. Dema (2005) ashth. Bardhi (1635) Ashtëth Ossiculum, ossetto. 5. BAG/Ë, ~A f., p. 15, malattia che colpisce la zampa dei cavalli al di sopra dello zoccolo, causata di solito dal carico eccessivo. (FGJSH 2006: 65 veter. çalë.). Meyer (1891) bagɛ, bajgɛ. 6. BRE4G/Ë, ~A f. pl. ~A, ~AT, med.-veter. malattia della bocca che si manifesta con gonfiore; sin.: fyti i keq (gola malata, cattiva), difterite. 2. bitorzolo, cisti che si forma negli uomini e negli animali e il segno che lascia sul loro corpo; segno cicatrice di una piaga. Escrescenza come una specie di bernoccolo che si forma sul tronco degli alberi al rimarginarsi di un taglio, un solco ecc. Meyer (1891: 46) cita due ricorrenze per brengos in Naim e Sami Frashëri per ‘Drücke’, ma senza alcuna indicazione utile. 7. BRUCELOZ/Ë, ~A f., p. 183, it. ‘brucellosi’; veter.-med. malattia contagiosa del bestiame di piccola e grossa taglia e dei maiali, causato da alcuni batteri e che attraverso gli animali contagiano anche l’uomo. 8. BURTH, ~I m., pl. ~E, ~ET, p. 201: veter. malattia degli animali con zoccolo non fesso che si manifesta con vescicole piene di sangue sul palato. Dema (2005) burth, pullagjel. Meyer (1891: 55) dà un burkth < murk ‘schwartz, Rappe’, con -th suffisso diminutivo. 9. BUT/ËR, ~RI m., sin. kërrnjotë, p. 204: veter. Malattia contagiosa degli animali con zoccolo non fesso (soprattutto dei puledri), e che si manifesta con infiammazione delle mucose nasali o con presenza di pus nella bocca. 2. med. vedi RRUFË, ~A. Dema (2005) glossa con rrufë, flamë. 10. BUZËZ, ~A f., pl. ~A, ~AT, p. 207: it. lett. ‘labbruccia’. Veter. Malattia degli animali, soprattutto del bestiame minuto, che si manifesta con vescichette sulle labbra; il termine indica anche le vescichette che compaiono sulle labbra a causa di questa malattia. Bardhi (1635) Labiolum Buzëzë. Meyer (1891: 57) buzɛ. Bellusci (1991: 60) buza “quando si ammalano sulla bocca si guariscono con la feccia dell’olio”. 11. CISTIT, ~I m., pl. ~E, ~ET, med.-veter. Infiammazione della vescica 12. ÇAL/Ë, ~A f., p. 241: it. ‘zoppina’; veter. malattia contagiosa degli animali che provoca rigonfiamento e pus nei tessuti facendoli zoppicare. Dema (2005) glossa con colë, shitë (smundje). Meyer (1891: 444) lo collega al gr. σκολιός ‘hinke’ con ç- = ie. sḱ-.

14 L’elenco originale in albanese è inserito in Appendice alla fine dell’articolo. L’Appendice include anche alcuni termini veterinari raccolti nella Malësia di Tetova (Macedonia) da V. Bexheti (2008) del cui lavoro siamo venuti in possesso solo dopo la stesura definitiva del presente articolo.

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13. DAL/Ë, ~A f., pl. ~A, ~AT, p. 287: it. lett. ‘uscita, escrescenza, foruncolo’. Sin. i thatë, çiban (= escrescenza con pus che si forma in profondità sotto la pelle, alla radice dei peli o nelle ghiandole del grasso, sin. i thatë). Meyer (1891: 60) daľ. 14. DAMLLA, ~JA. colloq. 1. med. grave malattia che causa il riversamento di sangue nel cervello o dal coagulo del sangue nei vasi sanguigni del cervello e che causa la perdita dei sensi e l’interruzione del movimento, ma spesso senza interrompere la respirazione e la circolazione sanguigna; colpo. 2. fig un brutto colpo, un brutto evento inaspettato. Damllaja e qumështit, it. ictus: veter. grave malattia del bestiame che si manifesta con dimagrimento generalizzato, gonfiore agli occhi e della pancia e con irregolarità dell’andatura ‘del latte’: collegato al fatto che il latte quaglia? Meyer (1891: 61) dambłá, damułá ‘colpo apoplettico, apoplessia’, dal tu. damla ‘goccia, infarto’. 15. DIFTERI, ~A f. p. 333, = brengë: it. ‘difterite’: med.-veter. grave malattia contagiosa che si manifesta con infiammazione della bocca, delle mucose della gola e del naso e che colpisce soprattutto i piccoli; sin. fyt i keq ‘gola malata’, grykët e bardha ‘fauci bianche’. Difteria e shpendëve ‘difterite dei volatili’. 16. DIZE4TERI, ~A f. p. 346, it. ‘dissenteria’; med.-veter. infiammazione dell’intestino che causa dolore e scariche continue e a volte con presenza di sangue; sin. barku i keq ‘pancia malata’, lëbarke. 17. DREGËZ, ~A f. p. 369, pl. ~A, ~AT, it. crosta: Piccola piaga, graffio o vescicola con pus che si forma sulla pelle e che ha iniziato a coagularsi; la crosta di ferita o di vescicola con pus della pelle; vescicola. 2. solo al sg. veter. Malattia che si manifesta con vescicole piene di pus in diverse parti del corpo. Bardhi (1635) Ulcus Plagë, dregëzë. Meyer (1891: 74) drégεzε ‘Pustel, Schorf, Grind’, drezε in Rossi, proveniente da dreθε ‘Erdbeere, Hitzblatter’. 18. ERËKEQ/E, ~JA f. p. 433, letter. ‘cattivo odore, puzza’, veter. il crepare degli animali. 19. FLAM/Ë, ~A f. p. 483, (anche figura mitologica che provoca l’epilessia e le altre malattie gravi); 1. veter. malattia contagiosa del bestiame e dei volatili che si manifesta con macchie nere sul grugno o sulla cresta, con dimagrimento evidente, con l’interruzione della produzione di latte, del parto ecc. e che causa la morte in massa; sinon. murtaja e pulave peste delle galline. 2. med. denominazione di varie malattie gravi e contagiose (come il colera, la peste) che si diffondono per epidemia tra le persone. 3. med. epilessia. 4. med. raffreddore forte e lungo. 5. malattia che rovina pesantemente o del tutto l’uva. (FGJSH 2006: 280 *flakë). Meyer (1891: 107) fľamε, ‘Epidemie unter Tieren; Krankheit der Traube, < it. flemma (= ngr. φλέµµα aus φλέγµα) ‘Schleim’. 20. FRETH, ~I m. sin. peth; ‘frenulo della lingua’; p. 503, veter.-med. malattia che colpisce i cavalli al naso (a volte anche i bambini) e che rende difficile la respirazione. 21. FRUTH, ~I: veter. ‘Morbillo dei maiali. Tifo dei maiali’. Meyer (1891: 154) sotto hurδe, urδe. “Es scheint dass, hurθ und fruθ identisch sind.” Grundform für das Alb. pr�só-, dessen p- vor r- zu f- geworden ist.” 22. FSHIKËZ, ~A. pl. ~A, ~AT, p. 511: dimin. di FSHIKË, ~A ‘vescica’. Fshikëza e mirë it. lett. ‘la vescicola buona’, veter. euf. il crepare del bestiame. Meyer (1891: 276) sub mεšikε, “Aus lat. vesīca ‘Blase’. 23. GËRHAÇ, ~I m. p. 546, it. lett. ‘colui che russa’ (< gërhas ‘russare’), veter. malattia che colpisce la gola delle galline e inibisce la respirazione. 2. med. dial. Kolla e mirë. Meyer (1891: 123) gεrhás ‘schnarche, spinne (von der Katze). 24. GËRMIT/Ë, ~A f. p. 547, veter. grave malattia che colpisce di solito i bufali (maschi e femmine) alla gola; sin. kolera e gjedhit ‘colera del bestiame grosso. 25. GLAS/Ë, ~A f., pl. ~A, ~AT, p. 555, it. diarrea (?), veter. malattia che colpisce le galline, che si manifesta con continue scariche intestinali e con dimagrimento del corpo. FGJSH (2006: 317 purtha e pulave, [purthë = të hequrit bark ‘diarrea’]). Meyer (1891: 122) gεľasε ‘Vogelkloth’.

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26. GOJËZ, ~A pl. ~A, ~AT, p. 562, it. lett. ‘boccuccia’, dimin. di GOJË, ~A. 11. veter. malattia che colpisce il bestiame e che provoca emissione di bava dalla bocca. Dema (2005) gojzë = dulbzë (dergje berresh) qi u bjen kah turini. dulbzë= dylbzë, gojzë, lemzë, dergjë, qi u bien berrave e dhive kah turini. 27. GUBË, ~A f. p. 585, sin. zgjeba e dhenve, sin. med. qere. ‘scabbia delle pecore’; veter. malattia delle pecore che causa la perdita della lana. 28. GURTH, -I m., p. 592, it. lett. ‘sassolino’, 6. med.-veter. formazione solida in alcuni organi malati nel corpo delle persone o degli animali (ai reni, al fegato, alle tempie ecc.). Dema (2005) gurz, -i. Bardhi 1635: Lapillus, saxulum Gurth. 29. GJAKËZ, ~A f., p. 597, it. lett. ‘sanguetto’, veter. malattia che colpisce le pecore e le capre quando mangiano qualche erba velenosa o ‘erba medica’ e si cura incidendo l’orecchio e facendo scorrere il sangue. 30. GJI, ~RI m., pl. ~4J, ~4JTË, p. 618, it. lett. ‘seno, petto’, 8. veter. malattia che colpisce il bestiame minuto e che provoca il rigonfiamento e l’indurimento della mammella. 31. HARMI, ~A f., p. 654, it. lett. ‘frantumazione’ (< v. harmoj: spezzettare, sbriciolare, veter.-med. Tubercolosi delle ossa (soprattutto degli animali). 2. malattia che caria e rovina i denti. 32. HIK/ËRR, ~RRA15

f., p. 681, 1. latte tagliato (?); siero del latte. 2. veter. sin. Hirrëz it. lett. ‘sierino, sieretto’, ngalosë. Dema 2005: hikramë, -a sëmundje qi u bjen berreve tue u ushqye me kashtë sdomos me lulet e hikres (fagopirizëm). 33. HIKRRAQ, ~I m., p. 681, [cioè hikërr+suff. –aq]. veter. hirrëz ‘sierino, sieretto’, ngalosë. Agg. HIKRRAQ, ~E mb., p. 681, 1. Che è ‘tagliato’, rovinato, che diventa hikërr ←. 2. veter. Che è stato colpito da hirrëza ← (da hikrraqi ←), che è malato di ngalos ←. Dema 2005: hikrrak. 34. HIRR/Ë, ~A f., p. 681, 1. Liquido acquoso di colore giallo vivo, che esce quando si taglia il latte, quando filtriamo il formaggio fresco o che è prodotto dallo yogurt quando si coagula; si è allungato molto, è diventato acqua. 2. veter. Hirrëz, ngalosë. 35. HIRRËZ, ~A f. = ngalos; = zbekth; p. 685. dim. di HIRRË, veter. malattia contagiosa che colpisce il bestiame minuto, che trasforma il latte in siero e fa sbiancare gli occhi, li acceca e infiamma le articolazioni delle zampe, gli zoccoli. Hikrraq←, ngalosë←. 36. KËLBAZ/Ë, ~A f., p. 807, 1. bava densa e appiccicaticcia che si forma nelle vie respiratorie e nei polmoni emessa dal malato quando tossisce, kollac. 2. veter. malattia del fegato che colpisce soprattutto il bestiame minuto causata da una specie di verme sottile come una foglia. [Fasciola hepatica?]. Bardhi 1635: Morbitus, phlegma Këlbazë. Suppurare me u këlbazunë. 37. KËMBËZEZ/Ë, ~A, p. 813, it. lett. ‘piede nero’. Veter. grave malattia contagiosa che colpisce sia il bestiame grosso che minuto e che si manifesta con gonfiore dei muscoli, soprattutto dei lombi, delle spalle e delle articolazioni delle zampe. 38. KËRR4JOT/Ë, ~A, sin. butër; p. 826. 1. veter. epidemia che colpisce gli animali domestici, soprattutto i cavalli e i cani e che causa presenza di pus in bocca e muco nasale; fig. rrufë [= raffreddore] e keqe, rrufë e rëndë (per le persone). 39. KOLER/Ë, ~A, f., p. 849, 1. med.-veter. Grave malattia contagiosa, che si presenta con gonfiore degli intestini e presenza di pus, con scariche diarroiche e forte mal di pancia, con vomito e brividi. ‘Colera dei volatili’, veter. pericolosa malattia contagiosa dei volatili che causa indebolimento e morte immediata. 40. KOQ/E, ~JA f., pl. ~E, ~ET, p. 869, it. ‘chicco’. I. colloq. chicco; chicco nero (cattivo) veter.-med. il crepare (FGJSH 2006: distingue tra koqe e mirë e koqe e ligë).

15 Bot. chrozophora tinctoria, hikër (Krasniqi et al. p. 70)

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41. LI, ~A f., 1. med.-veter. Grave malattia contagiosa e pericolosa che si manifesta con febbri forti e con foruncoli rossi sul viso, in testa e nel corpo, i quali diventano poi vescicole piene di pus e che lasciano segni evidenti dopo la guarigione. Lia e vërtetë ‘il vaiolo vero’ sono i segni che permangono a coloro che hanno avuto questa malattia o sul braccio a coloro che sono stati vaccinati. Lia e zezë ‘il vaiolo nero’ il vaiolo che si manifesta con vescicole scure perché contenenti anche sangue. Lia e madhe ‘il grande vaiolo’ la forma più grave del vaiolo. Lia e bardhë (e mirë) ‘il vaiolo bianco (buono)’. Lia e dhenve ‘il vaiolo delle pecore’ malattia contagiosa che colpisce soprattutto i bambini e che si manifesta con piccoli foruncoli che poi diventano vescicole piene di siero. 2. Malattia che colpisce alcune piante e si manifesta sulla scorza dei frutti con macchie irregolari che poi si riempiono con una specie di polvere nera vaiolo dell’ulivo, dell’arancio. = LIGATË, ~A. sin. këlbazë, 1. veter. Këlbazë. Ligata e dhenve. Ligata e lopëve. I ka rënë ligata. 2. Ligatinë. Ra (ngeci) në ligatë. 42. LULJA E MIRË, med.- veter. euf. morte, moria. 43. MOÇAL, ~I m., pl. ~E, ~ET, sin. këlbazë, 3. veter., bised. malattia della këlbazes. 44. 4Ë4KRYE, ~JA f. veter. malattia causata da parassiti e che colpisce il cervello del bestiame minuto e grosso. 45. 4GALOS/Ë, ~A, sin. zbekthi, hikrraqi, f. veter. malattia che colpisce le pecore e le capre alle articolazioni delle zampe, agli occhi e alle mammelle. 46. PARATIFO, ~JA f., med.- veter. malattia contagiosa causata da alcuni bacilli simili a quelli del tifo intestinale e che si manifesta con febbre, debolezza generale e a volte con scariche intestinali. 47. PLAGA E LIGË, veter. morte del bestiame. 48. PLASJ/E, ~A f., pl. ~E, ~ET sin. dala e gjësë. 4. med.-veter. Grave malattia contagiosa che colpisce gli animali domestici (soprattutto gli erbivori) e le persone, causata da un bacillo che si manifesta di solito con una pustola nera con pus, con accaloramento, con schiuma alla bocca e con arrossamento delle mucose degli occhi. 49. QIMËZ, ~A f sin. qime, gangrenë, vigë, I. veter. malattia parassitaria degli animali domestici e dei volatili, causata da alcuni vermi molto sottili. 2. med.. necrosi dei tessuti intorno ad una piaga che tende ad allargarsi. Dema 2005: qimzë, -a = smundje qi u bjen bagtive, vigë, ndër mushkëni (Strangylosa [sic]). 50. SKERC, ~I m., sin. shkepëz, veter. malattia che colpisce soprattutto le capre alle ginocchia. Dema (2005) = shitë. 51. SHAP, ~III m., veter. grave malattia contagiosa che colpisce soprattutto il bestiame grosso e si manifesta con bolle in bocca, in petto e negli zoccoli. Dema (2005) sharpth. 52. SHARR/Ë, ~A f., pl. ~A, ~AT, 7. med.-veter. sin. sharrëza, malattia della terra [epilessia] Bardhi 1635, Serra sharra. 53. SHARRËZ, ~A f., = tetano, med.-veter. 1. malattia molto grave causata da un bacillo che penetra nell’organismo attraverso le piaghe o ferite e si manifesta con contrazione di tutti i muscoli del corpo e con forti tremori, tetano. 2. malattia del bestiame grosso che si manifesta con piccole escrescenze në bulçitë e sulla lingua, rigonfia le ghiandole rendendo difficile l’alimentazione. 3. anat. escrescenze carnose sulla pelle e di alcune mucose contenenti le terminazioni dei filamenti nervosi o dei capillari e che sono molto sensibili. 54. SHIT/Ë, ~A f., 2. veter. Shkepëz ←, bot. tipo di erba che si usa per la cura della shkepëzës. 3. dial. Shpullë. shuplakë. Meyer (1891) riporta il termine nell’indice ma non nel testo. 55. SHKEPËZ, ~A f., sin. skerc, veter. Claudicamento del bestiame minuto. 56. SHKEPTYRËZ, ~A f. veter. →Shkepëz. 57. SHPIRR/Ë, ~A f., colloq. 1. med. Asma, gulçim, frymëz, veter. malattia come l’influenza che colpisce i polmoni e le vie respiratorie degli animali e dei volatili domestici.

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58 SHPRETK/Ë, ~A f., pl. ~A, ~AT, anat. pancreas, Meyer (1891: 413) shpënetkë < splenēticum < splen, 2. veter. Malattia della plasja← negli animali. 59. SHTREMBËZ, ~A f, veter. vedi ÇALË, ~AI. it. lett. ‘stortina, piccola storta’. 60. SHURRËGJAK/E, ~JA f., veter. sin. Shurrëkuqe. Dema 2005: shurrgjaksë, -a zuhadhë (e questa= majësil, suadhë). Nel FGJSH 2006: suhadhe, -ja = hemorroidhet. 61. SHURRËKUQ/E, ~JA f., veter. malattia degli animali provocata da un parassita, il quale colpisce i globuli rossi del sangue facendo espellere urina rossa. 62. TEJMBUSHJ/E, ~A f., veter. Malattia degli animali che si manifesta quando assumono molto più cibo del necessario o quando bevono acqua appena finito di mangiare (lopeve, viçave, e derrave). 63. TËRBIM, ~I m., pl. ~E, ~ET, 2. med.-veter. Grave malattia degli animali e delle persone il cui contagio avviene attraverso il morso dell’animale malato e che causa forti contrazioni dei muscoli e la paralisi, fino alla morte. 64. TIFO, ~JA f., med.-veter. Malattia contagiosa, provocata da un microbo che penetra nell’organismo attraverso l’acqua sporca, gli alimenti ecc. Tifo intestinale che provoca piaghe alle budella. Tifo del pidocchio tifo provocato dalla puntura del pidocchio rosso e che si manifesta con macchie rosse sul corpo. 65. TUBERKULOZ, ~I m., med.-veter. Malattia contagiosa e cronica, provocata da un microbo chiamato Bacillo di Koch il quale colpisce i polmoni o altri organi del corpo. Sin. ndishku, kolla e keqe. (tubercolosi dell’intestino, delle ossa, delle ghiandole della gola). 66. UJTH, ~I i m., 1. Liquido acquoso che fuoriesce da piaga o da vescicola (flluskë). (In botanica: linfa) 3. anat. Vescica dell’urina; malattia della vescica. 4. veter. Malattia che colpisce gli animali soprattutto alle zampe dove si formano vesciche contenenti acqua. 67. UREKTH, ~I m., p. 2092, veter. malattia degli animali che produce pus nelle cavità del corpo. Dema (2005) = uretére. 68. VERBËRIA E PULAVE, p. 2131, veter. it. lett. ‘cecità delle galline’, malattia che colpisce le galline rendendole cieche. 69. VIG/Ë, ~A f., pl. ~A, ~AT, p. 2163, veter., dial. Qimëz ←. Bardhi 1635, Sandapila, vigtë e bdekunë. 70. XHIDAVI, ~A16 f. p. 2199, 2. veter. piaga del bestiame che si produce, nella zona indicata da questa parola, a causa dello strofinio della sella, grossa piaga [1. anat. la parte tra il collo e l’attaccatura dei prolungamenti della colonna vertebrale con le punte della spalla]. 71. ZBEKTH, ~I17 m. p. 2214, sin. Hirrë ←, ngalos ←; veter. malattia contagiosa delle pecore e delle capre che colpisce gli occhi, le articolazioni delle zampe e le mammelle, che rovina il latte trasformandolo in siero. 72. ZBURTH, ~I m. = zëmbicë ←; p. 2219, 1. veter. malattia che si manifesta con piccole vesciche sulle gengive e sul palato di alcuni animali (soprattutto del cavallo e dell’asino) e che provoca fastidi nell’alimentazione. 73. ZEKTH, ~I m., pl. ~A, ~AT, p. 2222, [anche toponimo e cognomi in Albania] 1. zool. tafano (?) insetto alato, col corpo quanto quello di una mosca grande, che vola producendo un rumore particolare e che in primavera e estate pizzica il bestiame grosso e ne succhia il sangue. 2. veter. malattia del bestiame grosso, causata dalle larve del tafano e che si manifesta con l’intaccamento della pelle. 74. ZËMBIC/Ë, ~A f. p. 2233, sin. zburth ←; veter.

16 Piaga da finimento che si forma per strofinamento e la parte anatomica indica la “malattia” come in lacertu (muscolo) 17 Possibile mutazione di zbehtë-a ‘itterizia’ > zbekt > zbektth (con suffisso diminutivo) > zbekth.

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75. ZGJEB/E, ~JA f. o ZHUGË, sin. kromë, p. 2237, it. ‘scabbia’ [Sarcoptes scabiei]; med.-veter. malattia della pelle contagiosa degli animali e delle persone che è causata da un paras-sita e che si manifesta di solito tra le dita, sulla pancia, sul dorso, sulle cosce ecc. con vescico-le o sfoghi pieni di acqua di kore, le quali causano forte prurito. Bardhi 1635 Scabies, zgjebe. 76. ZGJO4J/Ë, ~A18 f. anche ZGJONJËZ, ~A f. p. 2240, pellicina delle unghie (persone); 1. med.-veter. malattia che si manifesta con un foruncolo contenente pus al centro dello zoccolo degli animali. (es. cavalla). 77. ZORRËZ, ~A f., it. lett. ‘budellino’; p. 2248, dim. di ZORRË. veter. malattia del bestiame che causa il rigonfiamento e il deperimento dell’intestino crasso. 78. ZHUG/Ë, ~A f. anche ZHUGËZ, ~A f., forma dialettale, p. 2266, sin. di zgjebë.

3. Le malattie degli animali e terminologia affine nelle parlate arbëreshe di Lungro, San Basile e Santa Sofia d’Epiro Il materiale linguistico su cui si basa questa parte dell’indagine è stato raccolto sul campo nell’estate 2010 attraverso conversazioni guidate e registrate con tre informatori locali che sono stati da sempre attivi nel campo dell’allevamento, a carattere familiare o commerciale, e che si sono quindi dimostrati molto competenti in questo ambito19.

Come già sottolineato nella discussione relativa all’albanese standard, anche in questo caso si registra una mancanza di studi specifici sull’argomento e soprattutto l’assenza di un repertorio lessicale strutturato sia con riferimento alle malattie che alle singole comunità, fatta eccezione per la concisa e puntuale ricognizione riportata in Bellusci (1991: 45, 55-61) contenente una dozzina di brevi etnotesti riguardanti malattie di pecore e loro rimedi. Alcuni di questi termini sono stati rilevati anche nel corso della nostra indagine e saranno opportunamente richiamati di volta in volta, altri, come miuca [�miuʦa] ‘la milza’, kapgati20 ‘capogatto’, mallv’rrini ‘malattia gastrica delle pecore’, vrudhatina ‘brodaglia’, restano per ora circoscritti alla parlata di Frascineto.

Si riporta qui di seguito la terminologia rilevata nei tre punti d’inchiesta; i termini sono inseriti in un elenco che include, quando ciò è stato possibile, sia la relativa definizione medico-veterinaria che la traduzione in italiano dei brevi etnotesti con i quali gli informatori hanno meglio specificato le caratteristiche della malattia:

18 Forse da ZGJUA, -OI ‘arnia, sciame’. 19 Il metodo d’inchiesta utilizzato in questo caso è lo stesso già utilizzato e collaudato nelle indagini condotte da Mendicino (2004, 2009). Per Lungro è stato intervistato il sig. Saverio D’Elia, 62 anni, allevatore e macellaio, per San Basile il sig. Nicola Pugliese, 89 anni, allevatore pensionato, per Santa Sofia d’Epiro il sig. Marsio Baffa, 76 anni, allevatore in pensione. Tutti i termini sono stati elicitati richiamando di volta in volta la specie animale colpita, le parti interessate dalla malattia o le caratteristiche delle malattie stesse. 20 Per la discussione di questo termine cfr. la voce capuggattǝ in Mendicino (2009).

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Tabella 2

AFTA (LU SB SS), malattia che colpisce la lingua, le zampe e altre parti del corpo. Colpisce anche gli asini e soprattutto quelli [gli animali] con unghia fessa, facendoli zoppicare. (LU) L’afta gli prende le gambe, i çungarin ‘li azzoppa’, gli si gonfiano le ginocchia davanti. In Bellusci (1991: 55) la malattia, che si crede essere portata dai venti, si cura con sale e aceto applicato sulle labbra e con acqua e calce sulle unghie.

AKUAROLLA (LU), elicitato dopo che l’Informatore aveva già riferito il termine fucka ‘bolle’. ASSARTO DHI SA4GUE (SS) (cfr. Mendicino 2004 e 2009 alla voce bbotta ’e/’i/di

sangu/saŋŋu: ‘malattia dalle diverse manifestazioni’ come, ad esempio, l’eccessivo riscaldamento, dovuto ad affaticamento o ingestione di foraggi ipercalorici, che si risolveva provocando un salasso mediante ’u jìtimu, ‘lancetta di metallo’ di diverse dimensioni, con cui si incideva la vena giugulare; in questo modo, l’animale venìa ssagnatu): si curava incidendo l’orecchio e facendo fuoriuscire la quantità di sangue necessaria, perché sennò gli animali bufàrshin (si gonfiavano), per aver mangiato l’erba bagnata, e nxighshin /�nʣ����n/ ‘diventavano neri, cianotici’ e crepavano /poso�visjin/; si curava anche dando da masticare del sale racchiuso in uno strofinaccio o somministrando un infuso di corteccia di quercia; (LU) → kollponé gjaku.

BATHRRA (SB), fistola palatale che si formava nel palato del maiale e che si estraeva con un coltellino; ci si accorgeva perché l’animale non mangiava; → bathza.

BATHZA (SS), cisti palatale del maiale, ma anche delle mucche, che si curava solo mediante estrazione da parte di persone esperte.

BRUÇELLOZI (LU) brucellosi. BUFAR (u —) (SB SS) → rrivoti, → timbanaran. BURDIRTI (aburdirti) (LU), sin. per shtu. BUZA (u fri —) (SS) il rigonfiamento del muso si curava me lluparën [łu̍paˑɾa] ‘con l’erba

lupara’: “la seccavano, dopo la pisavano ‘pestavano’ come farina e la mettevano nel muso e guarivano”; (i dati rilevati durante l’indagine di Mendicino 2009 a San Giacomo d’Acri confermano che quest’erba era utilizzata sotto forma di infuso per fare lavaggi alle mammelle: coccia alla minna). (LU) → riconjat.

CELLI [�ʦɛɫɪ] (v. u cellas) diarrea, veniva curata con “radica di raponzo” [�raðika ði ra�pɔnʣɔ] vegetale con cui si produceva anche il sapone. LU cillaren, SB cellaran. Cfr. anche Mendicino 2004: 144.

ÇE4TUPECI o ÇE4TUFOLE (LU), centopelle, prestomaco dei ruminanti, interessato da alcune malattie o compromesso da cattiva alimentazione. Cento pezzi o cento pelle in Patriarchi (18213: 46); con quest’ultima forma lo si ritrova in Aprile (2001) dove viene fornita anche la variante cendepìezze per Ruvo di Puglia. Il termine è sconosciuto a SB ma è di certo all’origine del soprannome familiare Çimpeci.

ÇIKALLA (LU), elicitato ma precisato dall’Informatore “çikalla perché c’ha i vermi’. Cfr. Mendicino (2009) alla voce cicaδa, registrata a Spezzano della Sila: “affezione del capo causata da un piccolo verme, delle dimensioni di un bigattino, che colpisce soprattutto le pecore. Si tratta probabilmente di un’infestazione da Coenurus cerebralis, forma larvale della tenia Multiceps multiceps, caratterizzata da sintomi nervosi quali pazzia o capostorno”.

ÇIKÀT’ (dull —) ‘diventare cieco’. SB occhio chiuso o bianco, si interveniva con një gjëmb t’ bardh’ murrizi kat veshi (una spina di lazzaruolo selvatico inserita nel nervo al centro

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dell’orecchio) e l’occhio schiariva. A Santa Sofia d’Epiro la cecità, la cataratta (cepez ‘velo’ SS) o altre malattie simili dell’occhio venivano curate con varie pratiche come: alcune gocce di sangue estratto dall’orecchio della pecora malata (→ marmaruke); osso di seppia polverizzato e soffiato dentro l’occhio; inserendo due sottili steli d’erba, (non meglio specificata dall’Inf.) tagliati a misura, in due piccoli fori presenti nel palato e collegati con gli occhi (canali lacrimali?): l’animale guariva quando i due steli si seccavano,

ÇIMOJRA (SS) forte raffreddore con tosse, si curava con vapori di /�ku�pa�i/ ~ /�ku…pa�i/ ‘vitalba’ infuso nell’acqua (chiamata ‘corbezzolo selvatico’ dal nostro Informatore) e scarpe vecchie. SB çmojra.

ÇI4Ë4GA (SS, < cal. cinanca) nervo della coda che veniva sfilato per rinforzare fisicamente il gatto o il cane (la stessa pratica a SB era attuata pensando di rendere l’animale più docile). Cfr. Mendicino (2004, 2009) alla voce ciranga, cinanga «malattia della coda che, specialmente nei gatti e nei cani, ne causava la deformazione, e a causa della quale, spesso, si tagliava la parte terminale della coda stessa; parte terminale del midollo che si estraeva dalla coda di cani e gatti allo scopo di porre fine alla loro fame esagerata e di farli crescere meglio. Etimo: Rohlfs, NDDC, 178, cinanca, ciranca … [kinavgch]».

ÇU4G’ (verbo çungar, agg. i, e çungartur) ‘zoppo, azzoppare’ (LU SB SS). DRIDHMAT (SB) ‘tremori’, comparivano quando gli animali ng’ rrijin mir’ ‘non stavano

bene’ avevano la febbre e non mangiavano bene; i zun dridhmit ‘è colpito dai tremori’ (LU), con riferimento all’agnellino non accolto dalla madre.

FISHOLLA (LU) si brungita ‘come la bronchite’, provoca tra il polmone e la carne una specie di tumore; “se esce la pecora o la mucca, mangiando in quelle condizioni (cioè erba ricoperta di brina) li prende lla fisholla. SB Fishullàta, u fishullar ‘deperimento organico’ cioè l’animali vej prapa, mur t’praptin ‘peggiorava’. A Santa Sofia d’Epiro vishulla è un verme lungo che si trova nelle acque stagnanti; u vishullar ‘di animale contagiato da questo verme’. In Bellusci (1991: 56), a causa dell’ingestione di erba bagnata o umida, fisholla colpisce i polmoni che diventano gialli provocando la morte dell’animale. Giordano (1963: 212) riporta Bilotta e glossa come “specie d’alga palustre”. Cfr. Mendicino (2004, 2009) alla voce visciula, visciu(w)a, Fasciola hepatica «malattia causata da un parassita che vive nei polmoni o nel fegato di bovini, ovini, equini e suini. Si distinguono: visciula o visciula / visciu(w)a ’e jumara, causata dal parassita ‘grande’ che vive, allo stato larvale, nelle lumache d’acqua dolce (Limnea stagnalis) e visciula minuta o visciula / visciu(w)a ’e muntagna, causata da un parassita ‘piccolo’, che allo stato larvale vive nelle formiche». L’Informatore di Santa Sofia d’Epiro riconduce correttamente il termine al verme, l’agente eziologico della malattia. Il significato riportato in Giordano (ibid.) è dovuto ad una probabile estensione metonimica del significato originario (cfr. anche Mendicino 2009: § 4, quando si discurte della voce ardeḍa ‘fascioliasi’.

FRAJAR (LU, SB), abortire. FUCKA (LU SB), qualsiasi tipo di vescicola della pelle. Lo stesso termine indica anche la

vescica. Alb. flluskë. FURJA (SS, Baffa 2009: 38), infiammazione degli occhi, per la quale si usavano bagni di

camomilla [ba�ɲɔʎɛ mɛ kamɔ�mɪʎ̥]. Qui però si tratta di malattia che si riferisce solo alle persone. Il termine è riportato in Giordano (1963: 123) ‘congiuntivite, infiammazione degli occhi’ ma non è riconosciuto da Bellusci (1983: 32) dove è tradotto con ‘furia’. In area cosentina è stata ricondotta a ‘febbre catarrale maligna’ (Mendicino 2004: 137).

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Fjalë shtegtuese: malattie degli animali e medicina popolare 259

FURMÌKULLA (SS) malattia dello zoccolo [te ��und�a] degli equini. la si curava bruciandola con un acido /�aʧ���/, e la cura veniva effettuata dal maniscalco; furmikulla (LU), formika (SB).

GORREZA (SB), qualsiasi piaga piuttosto ampia e viva (zgarreza nella vicina parlata di Frascineto).

GUÀLERA (SS) [�ɣwaɛɾ] ‘ernia’, (LU, SB) → kulë. KARVU4I (LU), carbonchio. KËMISHA (LU) o velli, la placenta. → sekonda (LU SB SS) → shtrati. KOLPO4É GJAKU (LU) ‘colpo di sangue’ e sanjarmi ket nj’ vesh ‘pratichiamo un salasso

dall’orecchio’ e fuoriesce sangue acido e nero; → assarto di sangue (SS). KRIMBAT (i bëken —) (LU), in questo caso specifico si tratta di infestazione di vermi allo

stato larvale a livello neuro-cerebrale che provoca pazzia. Krimbat ‘i vermi’ in genere nascono da infezioni di tafani e mosche sulle ferite aperte sulla pelle. Bellusci (1991: 45) riporta un dettagliato etnotesto su un verme che nasce dalle narici delle pecore e da cui si genera una mosca la quale, a sua volta, infetta animali ed esseri umani facendo nascere altri vermi.

KULA (LU) ernia provocata da un colpo o da testata di altro animale (montone ecc.); → guàler (SS); l’Informatore di San Basile riferisce che in questi casi l’ernia veniva strozzata con un filo fino a farla necrotizzare.

KULLARI4I (i dolli—) ‘parte terminale dell’intestino crasso’ (SS, Baffa 2009: 55 kullarualli); kullarini (LU), kollarina (SB). Cal. cularinu.

LLI- / LLUÇERTU ‘lacerto’, (SS) si facìa alli ciucci ‘colpiva gli asini’. LLUPJELI (SS) ‘infarto’, quando l’animale ne è colpito diventa nero cianotico. Secondo l’Inf.

esso poteva essere causato da qualche erba che “gli andava contro”. Avvelenamento cardiaco o carbonchio ematico. Per l’Inf. di Lungro si tratta invece di un’infezione che colpisce prima la bocca estendendosi successivamente al corpo intero. Giordano (1963: 247) riporta il significato di cancro, cancrena. A SB il termine indica una malattia che colpisce soltanto l’essere umano.

MALLATÌA (LU SB SS) qualsiasi tipo di malattia o infezione animale, anche se per (LU) il termine indica i morbi incurabili.

MALLFARUTU (~ marf-) (SS) ‘affezione del dorso’, si curava con una bruciatura al di sopra dell’attaccatura della coda, te kudhila i digjij, con un ferro incandescente, segnando una croce, e a quel punto l’animale o guariva o moriva. Il termine è riportato per il calabrese in Mendicino (2009) con relativa spiegazione.

MARMARUKA (SS) pazzia delle pecore e dei maiali; delja marmaruke si provava a guarirla colando qualche goccia di sangue della stessa pecora prelevata dall’orecchio. (Rohlfs 1977: 392 marmarùca ‘pensiero fisso, fissazione’, collegato a marmacìa < gr. µυρµηκία ‘formicolio’; Accattatis ‘impazienza, smania, pazzia’).

MASTITA (SS) ‘mastite’, Quando dopo il parto il latte presentava tracce di sangue [forse per ragadi mammarie, NdA], l’animale veniva curato spalmando del burro sulla mammella. A Santa Sofia sembra non essere stato mai praticato l’uso della perforazione della mammella per la mastite delle pecore. La moglie dell’Inf. aggiunge, inoltre, il caso di capre che perde-vano la metà della mammella, anche per strada. Per curare la mastite (o la perdita di una parte della mammella) si usava un’erba simile alla spulìthera (“che non è la pullikarja”; Baffa 98: spilithje, -a; Maddalon-Belluscio 1997 la specificano come Inula conyza, Inula

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260 Antonio Mendicino – Giovanni Belluscio

viscosa), “la quale cresceva nei pressi di un mulino a Galatrella” e come veicolo dyll t’ virgjer ‘cera vergine’.

MBAJTI ~ 4Ë4G MBAJTI (LU SS) lett. ‘tenere ~ non tenere’, detto rispettivamente delle bestie che rimangono o non rimangono gravide.

MBASTURAR (LU) è il processo di fasciatura per mezzo di stecche di legno o canna in caso di frattura delle zampe degli animali; a (SS) mb- / mpasturar, -ate indica la legatura praticata ad una zampa delle cavalle durante il pascolo per mezzo di corde vegetali come sarmenti di viti selvatiche ecc. (< pastura, Rohlfs?). (SB) → ngavlar.

MBULLA (SS) malattia che colpisce l’ano delle mucche e che si cura dando da bere all’animale infusi di foglie di cavolo /fjeta �ak�je/ e di malva /m…ag/.

4ËJTHET (LU) ‘nei, porri’. 4GAVLAR (SB) → mbasturar. 4GROHESHI4 [�ŋgɾɔɣ̥ʃɪn] (SS) lett. ‘si riscaldavano’, cal. scardamentu, cioè quando gli

animali erano colpiti da pishasangu ‘pisciasangue’ ← per aver mangiato foglie di fico aumentava la temperatura corporea.

PESTA (SS) ‘peste’, con riferimento alle vacche; ‘malattia contagiosa’ (con evidenti riferimenti all’afta). Il nostro Informatore indica cure diverse a seconda della parti colpite: verderame per le unghie e aceto e sale per la lingua.

PIÇKIRRIDHA (SB) ‘porri sulla pelle’, visibili solo dopo la tosatura, che venivano curati con la morchia [dɾaːt].

PISHASA4GU (SB) ‘era una malattia senza rimedio’ e gli animali non si potevano né macellare né mangiare; (LU) malattia causata da eccessivo riscaldamento o sudore, un tempo inguaribile; (SS) vale anche per le mucche (→ ngrohëshin).

PUSTEMA (LU) ‘piaga con pus’; (SS) malattia delle vacche. Massaro (2010: 128) per la parlata di Chieuti riporta pëstemë ascesso.

QAGË (LU [cak], SB [cag], SS [caɣ]) qualsiasi tipo di piaga sempre e comunque curabile con olio bruciato. (LU) Bëri qagt ‘ha fatto le piaghe’, curabili con acqua e sale e un goccio di vino per disinfettare.

RICO4JAT (LU), bëri ricrat ‘è stato colpito da ricrat’; infiammazione delle labbra curabile con sale e aceto o acqua e aceto versati sulla lingua dell’animale che poi provvedeva da sé ad inumidirsi le labbra.

RREGMET (LU SB) reumatismi. RRIVOTI (SS) ‘rumine’. Rrivotar ‘ruminare’; ng’ rrivotarnjen ‘non ruminano’, detto di

animali che non riuscendo a far funzionare il rumine per aver mangiato erba bagnata/umida di rugiada possono ammalarsi e anche crepare /�pjasɲen/, → bufàr.

RRU4JA (SB) ‘rogna’, veniva curata con fiori di oleandro bolliti; a (SS) è soprattutto malattia dei maiali che si curava con grasso di maiale mescolato con zolfo, mentre a (LU) si usava olio di macchina esausto.

RRUSACA [ru�saʦa] (LU) ‘mal rossino’; a (SS) rrusajna non è conosciuta come malattia e l’arrossamento dei maiali era frequente e dipendeva dal tipo di paglia usata come giaciglio: quella che causava l’arrossamento era di grano tenero; se sostituita con paglia di grano duro l’arrossamento spariva.

SA4JARET (SS) ‘si salassa’, cal. sagnare. Taglio dell’orecchio ecc. → assarto dhi sangue; identico risultato si poteva ottenere con l’uso delle sanguisughe [ʃu�ʃəɲɟet].

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SEKO4DA (lla —) (LU SB SS); (SS) arb. shtrati ‘la placenta’. Per questo termine si è riscontrata una certa confusione tra gli informatori i quali non hanno distinto talvolta con precisione tra utero e placenta.

SIKU (SB) ë nj’ mallati brutu! faceva seccare la mammella alla pecora/capra, che così produceva latte come chicchi di riso [si ɾ̍iz̥t]. Alle parti colpite da questa malattia Bellusci (1991: 56) aggiunge anche gli occhi e le ginocchia, affetti da cecità e zoppicamento, e indica come rimedi una spina conficcata nel lobo dell’orecchio, una pomata spalmata sulla mammella, l’olio tiepido che con un pezzettino di legno viene inserito all’interno della coscia o una medicina per le zampe “che è proprio come il grasso”. La guarigione non è data per certa.

SI4JALLAT (SS) ‘segnato’ è un qualsiasi animale contraddistinto per un difetto fisico. SKAUDHARET (LU), con riferimento allo zoccolo del cavallo che si ammorbidisce formando

una piaga: “bisogna pulirlo, scalcarlo e lavarlo con acqua, aceto e sale, e poi va coperto con uno straccio”.

SKAUDHATI4A (SB), u skaudhar dhia ‘si è accaldata la capra’, con riferimento a ovini e caprini: “quando si tosavano le pecore e poi capitava un temporale e si trovavano fuori, uscivano come degli sfoghi che guarivano da sé e velocemente col bel tempo”.

SUSUMÌA (SS) ‘malattia dei maiali’, soprattutto delle scrofe (forse quando non venivano castrate [ku� n�ŋ ɣ�as�ta�ʃɪn]) che causava delle macchie bianche nella carne [kiʃ susu�mɪːn].

SHTERP (LU, SB) ‘sterile’. A (SS) [�t �p] l’Inf. dà anche la voce cal. strippa ‘sterile’. Di particolare interesse, per la presenza di [s] iniziale, la forma sterp/e ‘agg. sterile, riferito alle pecore’ riportata in Massaro (2010: 154).

SHTËRPOJ (LU SB) ‘perdere il latte’; (SS) [��tɾ�p��i̭] ‘ha perso il latte’, situazione non necessariamente dovuta ad agalassia. Il verbo indica anche la mancata fecondazione (i mbarsin ‘li feconda’) e la mancata gravidanza. Mendicino (2009) riporta la voce per le province di Catanzaro, Vibo Valentia e per quella di Reggio Calabria ma il termine indica il momento in cui i piccoli vengono allontanati dalla madre e questa perde il latte, va in asciutta.

SHTRATI ‘l’utero’; shkëmfi ‘utero’ è invece usato solo per le donne (Baffa 2009: 102). Una prima attestazione per questa parola per le parlate arbëreshe ci è data da G. Variboba (1762): shkëfi ‘seno, ventre, utero’.

SHTU (LU) ‘abortire’. (SS) shëlloi [��l�i�], frejarti è alla lëtire ‘frejarti è alla latina’ cioè calabresismo (→ frajar).

TIMBA4ARA4 (SB) ‘si gonfiano’, detto della condizione di capre e pecore in seguito all’ingestione di erba umida bar’ me akuatin (mashkurat’) ‘erba coperta di rugiada’. Il cibarsi con erba bagnata faceva inizialmente i vijin qurrat ‘colare il naso’ e poi provocava cellin, ‘la diarrea’. Tuttavia gli animali guarivano senza alcun intervento esterno: “per evitare questo inconveniente bisognava uscire con il gregge la mattina tardi”. Quando gli animali mangiavano troppo e non andavano di corpo i sanjarjin ‘li salassavano (alle spalle o al collo)’ mentre alle capre si dava da bere un po’ di vino con una bottiglia.

SGABJA ['sgabja] ‘scabbia’. A (SS) è indicata come malattia tipica della volpe; Massaro (2010: 128, 131) dà pëzorë ~ psorë scabbia per Casalvecchio di Puglia. Alb. zgjeba.

VÀRRULLAT (SS) pl. ‘ipodermosi bovina’; secondo il nostro Informatore colpisce di frequente le capre, ma soprattutto i capi più deboli; (LU) àadhullat. Giordano (1963: 530) varllë -a, ‘verruca che cresce sotto la pelle di animali ovini o bovini, con dentro il verme’. Varlla qésh

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verruche di buoi (Frascineto); varulla ‘valvola, piccola fessura o buco prodotto dai tarli’ (Bilotta, Dizionario).

VE4DURÒPULLI, il vortice d’aria e poi, per estensione, giramento di testa [pazzia?] Per il cal. e per ulteriori spiegazioni rimandiamo a Mendicino (2009).

VISHULLA (SS) → fisholla. ZMAMAR (LU, SB, SS) ‘togliere il latte ai piccoli’. ZMA4DRARTI (SS) si dice di vacca che in seguito al parto ha subito il prolasso dell’utero (cfr.

la voce smaṭṛari in Mendicino (2009). ZMA4IOSA (SS) Alla nostra richiesta l’Inf. risponde in forma di domanda: “la smanio[z]a è la

rogna che prende il cane e diventa pazzo?”. Sulla malattia e sulla deglutinazione della parte iniziale di leishmaniosi reinterpretata dal parlante come articolo “la” cfr. Mendicino (2009).

Nelle tre parlate investigate sono stati raccolti complessivamente 71 termini, raggruppabili in due macrocategorie così come specificate nella seguente Tab. 3:

Termini per le malattie o le affezioni varie Altro a) termini scientifici (afta21, bruçellozi, mastite); b) termini che si riferiscono alla sintomatologia (come ad es. celli, pishasangu, ecc.); c) termini che indicano le parti del corpo colpite dalla malattia (buza, çentupeci, ecc.); d) termini che si riferiscono all’agente eziologico (fisholla, furmikulla, krimbat)

e) termini indicanti le tecniche utilizzate per la cura degli animali (mbasturar, ngavlar, sanjar); f) termini indicano lo stato particolare di un animale (sinjalat, shterp); g) termini che si riferiscono alle varie fasi della riproduzione, dalla fecondazine fino allo svezzamento (mbajti, sekonda, shtrati, zmamarjen)22.

Tabella 3 – Suddivisione per macrocategorie del lessico veterinario arbëresh Per quanto riguarda la distribuzione areale dei termini si osserva che non è possibile allo stato attuale della ricerca operare alcuna marcata polarizzazione tra le tre parlate23. Si riscontra tuttavia una limitata variazione terminologica tra i punti investigati quando si prendono in considerazione termini come riconjat, nëjthet (LU) o çinënga, marmarùke, susumìa (SS) o ngavlàr (SB). La parlata che si

21 È utile riportare qui una prima attestazione di afta epizootica per mano di F. A. Santori nella sua opera Emira (1862 ca., Santori 1984: 192): Çë të më kish ratur gjuha si bie qevet kur kanë Epixoxinë! ‘Che mi fosse caduta la lingua come cade ai buoi quando hanno l’epizootica!’ 22 In questo sottogruppo rientra la maggior parte delle parole di origini arbëreshe, compresi anche alcuni prestiti antichi. 23 Pur appartenendo ad uno stesso gruppo dialettale la parlata di Santa Sofia si discosta per alcune sue caratteristiche da quella di Lungro e San Basile. Per eventuali approfondimenti sulla suddivisione dialettale delle parlate albanesi d’Italia si rimanda a Altimari-Savoia (1994).

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Fjalë shtegtuese: malattie degli animali e medicina popolare 263

distingue maggiormente per ricchezza terminologica è quella di Lungro, ma occorre tenere presente che l’Informatore proviene da una famiglia di allevatori da sempre attiva anche nell’ambito del commercio e che è stata spesso a contatto con medici veterinari acquisendone in parte anche la terminologia. Se si considera però il gruppo di termini in Tabella 4 è possibile, a prima vista, notare una maggiore omogeneità tra San Basile e Lungro da un lato e tra Lungro e Santa Sofia dall’altro, mentre sembra esserci maggiore distanza tra le parlate di San Basile e Santa Sofia, con la parlata di Lungro che si configura come una sorta di polo intermedio rispetto alle altre due varietà.

San Basile Lungro S. Sofia d’Epiro

Bathez/-irr + + Dridhmat + + ø Frajar + + ø Kula + + Gualer Mbasturar dgavlar + + Pustema ø + + Rregmet + + ø Vadhullat ø + +

Tabella 4 – Esempi di variabilità lessicale Per quanto concerne il rapporto tra questo lessico e quello della lingua albanese, già riportato in Tabella 1, si nota che le due sole parole comuni risultano essere fucka, collegato a alb. flluskë ‘vescicole sierose prodotte da scottature o da qualche malattia’, e shterp – idem in alb., ma assente in Tab. 1 in quanto non indicato come termine medico-veterinario nel FGJSSH (1980), dove viene riportato con la seguente glossa ‘che non partorisce o che non è stata gravida per un anno, sterile (anche per le donne)’. I termini di chiara origine albanese presenti in Tabella 2 sono 15, di cui dieci sostantivi – bathez < bathë, buza, dridhmat, fucka, gorreza, këmisha, krimbat, nëjthet, piçkirriidhat, shtrati –, un aggettivo, shterp, e quattro verbi – mbajti, ngrohet, shterpoj, shtu. Le neoformazioni tramite suffissi diminutivi sono: bathez24, nëjth < nëngj ‘nodo’ + -th ‘nodino’ (secondo una trafila anche qui del tutto regolare). Negli altri casi si tratta di termini propri della lingua albanese, ad es. krimbat ‘vermi’, o di antichi prestiti oramai acclimatati, ad es. këmisha e shtrati, entrambi di derivazione latina.

Con riferimento al rapporto tra parlate arbëreshe e quelle romanze si osserva che la maggior parte dei termini raccolti (51 su 71 = 71,8%) sono mutuati, con

24 La forma bathirr di SB sembra essere l’esito di un probabile incrocio di bathë × gjëndërr ‘ghiandola’, dove il passaggio ë [+atona] > i davanti a sonante è del tutto regolare per questa parlata.

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adattamenti, dai dialetti romanzi circostanti, così come attestato dalle stesse parole dell’Informatore di Santa Sofia riportate all’inizio del presente lavoro. Di questi 51 termini, 33 trovano un corrispondente nella lista di Mendicino (2009) (= 64,7%), mentre i restanti 18 (35,3%) contribuiscono ad arricchire ulteriormente questo campo lessicale.

4. Brevi osservazioni sulle cure delle malattie

Per il lessico albanese nel FGJSSH (1980) vengono indicati, cosa davvero eccezionale, due rimedi: shitë ‘tipo di erba che si usa per curare shkepëzën’, fitonimo che è anche sinonimo per questa malattia che causa il claudicamento degli animali (cfr. Tab. 1, voci 54 e 55); l’incisione dell’orecchio, facendo scorrere il sangue, per gjakëza, pratica quest’ultima senza alcun fondamento terapeutico che si riscontra anche tra le comunità arbëreshe investigate25 e quelle calabresi oggetto delle precedenti indagini (v. assartu ’i sangu e botta ’i sangu in calabrese).

I rimedi che sono stati riferiti dagli informatori nelle ricerche sinora condotte si possono suddividere sommariamente in tre gruppi: a) interventi diretti sull’animale (incisione o perforazione dell’orecchio, perforazione della mammella, perforazione dello stomaco, inserimento di un tubo di gomma dalla bocca fino allo stomaco, bruciatura con ferro rovente, incisioni per estrazioni di cisti, ecc.); b) uso di erbe o piante come landra ‘l’oleandro’, llupara ‘l’aconito di Lamarck26’, malva, vitalba, camomilla e altri tipi non identificati, di foglie di cavolo, di corteccia di quercia, ecc; c) uso di elementi naturali quali aceto, olio (anche olio di macchina esausto), sale, burro, grasso, cera d’api, verderame, calce, osso di seppia in polvere, zucchero, cenere, ecc. Se come già detto alcuni interventi diretti sull’animale (salasso) o altri rimedi (polvere di osso di seppia o zucchero spruzzati nell’occhio) erano privi di qualsiasi fondamento terapeutico, altre pratiche, che prevedono l’uso di elementi come calce, verderame, aceto e sale, spesso miscelati, sono tuttora efficaci nel contrastare alcune affezioni come ad esempio quelle podaliche27.

L’uso di formule magico-religiose, racjunat, associate alla somministrazione dei principi considerati attivi per contrastare le malattie è stato riscontrato anche in queste comunità arbëreshe. Non abbiamo però avuto la possibilità di registrare direttamente nessuna di queste formule, spesso tabuizzate, visto che gli informatori hanno volutamente evitato di trattare questo particolare aspetto28. Una varietà di

25 A Santa Sofia d’Epiro, come già ricordato, un rimedio alternativo alla sanjatura ‘salasso per incisione’ era l’uso delle shushëngjat ‘sanguisughe’ 26 Cfr. Mendicino (2004: 138 n.15). 27 Gli agenti eziologici responsabili di tali affezioni infatti sono meno resistenti in ambiente acido. 28 Sono notoriamente poche le persone che conoscono e praticano attivamente tali formule e che vengono riconosciute come le sole depositarie di tali conoscenze. Un esempio diretto raccolto a San Basile nel 1979 da G. Belluscio (Inf. Rosa Bellizzi 1898-1983), interessante per l’evidente

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esempi, tuttavia, la si può trovare in Bellusci (1983: 30-38) dove vengono riportate numerose racjuna sia per le persone che per gli animali e le cose; alcune di queste riguardano la guarigione di particolari malattie che vanno dall’orzaiolo, all’itterizia, alla rogna, ecc. Riportiamo qui, quale breve esempio, la formula in uso a San Costantino Albanese per la cura della rogna:

– Cos’hai tu, Pietro, che vai piangendo? – Che ho? Ho il capo pieno di rogna. – Voltati e vai a casa. Prendi olio ed orina, perché fra un anno sarai guarito!”

In Bellusci (1991: 57), con riferimento specifico alle pecore, viene riportato testualmente:

Dhent mund sh’rohen edhe me nj’raciún (…) ç’è a ranja? – Jo, përgjegjet jetri. E k’shtu per tri hér ‘Le pecore possono guarirsi anche con un’orazione (…) c’è a ragna? – No, risponde l’altro. E così per tre volte’.

Altri riferimenti a pratiche rituali sono contenuti a pag. 59 in relazione all’uso di un numero necessariamente dispari di pietre per la cura del morso di serpente e all’uso di un filo di colore bianco ritenuto ‘virtuoso’ rispetto a quello nero nella cura della cataratta (Bellusci id.).

La constatazione, in parte condivisa dall’Inf. di Lungro, sulla oramai generalizzata partecipazione dei veterinari nella conduzione degli allevamenti e nella cura delle malattie attesta un passaggio storico da un mondo agro-pastorale con i propri tempi, riti, credenze, miti e magie che si manifestano in modo chiaro nelle interviste raccolte e che sono ormai tracce di un passato i cui frammenti restano vivi in pochissimi parlanti. Tra i nostri tre informatori uno solo, il più anziano, ha più volte sottolineato la superiorità delle pratiche curative attuate dai pastori e la loro capacità di anamnesi delle malattie rispetto ai veterinari del passato, ma erano altri tempi:

...e bisogna pulire le unghie, ke t’i pullixjarsh ujt, ke t’i vësh disinfetant, ësht’ uno sprahj che si vende, che prima magari lo facevano con olio e aceto, gjith’ questi problemi. dani... questo non si usa più. (Saverio D’Elia)

commistione tra aspetto religioso cristiano e formule di scongiuro, nonché per l’alternanza tra calabrese e arbërishte, è il seguente: «Nel nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo. / Potenzia al tuo Padre, Sapienza al tuo Figlio, Madre Addolorata caccia ’sta fermitata a ’stu povero cristiano (o animale) (3 volte). / Nel nome del Padre ecc. Padre nostro... (3 volte). / Shën Mëria Santitatës, Shën Mëria Dulluratës, Shën Mëria Shkaunisë, mbit sit’ e lig e qelli nd’ dejtit (3 volte). / Nel nome del Padre... / Cu t’ ha fascinatu, cu t’ ha sfascinatu, Padre, Figliolo e Spirito Santo (3 volte). / Fora fasciu, fora fasciu, fora fasciu (3 volte, sputando per terra). / Fora u malucchiu. / Acqua di Bufania caccia ’sta malattia (3 volte, aspergendo la persona o l'animale con l’acqua benedetta il 6 gennaio). / Nel nome del Padre... ».

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266 Antonio Mendicino – Giovanni Belluscio

Bibliografia Altimari F., L. M. Savoia (1994). I dialetti italo-albanesi. Roma: Bulzoni. Aprile M. (2001). Giovanni Brancati traduttore di Vegezio. Edizione e spoglio

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Appendice

(1) Elenco originale dei termini medico-veterinari presenti nel FGJSSH (1980) (2) Terminologia veterinaria presente della Malësia di Tetova (Macedonia)

(1)

AFT/Ë, ~A kryes. sh. ~A, ~AT. 1. mjek. Fshikëz me lëng të bardhë a plage e vogël, që del në cipën e gojës ose në gjuhë nga disa sëmundje. bëhen (i dalin) afta. 2. veter. shih SHAP, ~I II. Ethet e aftës. U bie afta. AFTËZIM, ~I m. veter. Përhapja artificiale e aftës në kafshët e shëndosha të tufës së prekur, për të shkurtuar kohën e epidemisë. Bëj aftëzimin. ASHË/R, ~RI m. 1. Kërce në pjesën e prapme të thundrës së kalit. 2. veter. Çala e kuajve. ka rënë ashri. Çalon nga ashri. ASHTTH, ~I m. veter. Sëmundje që u bie kuajve në kockën e këmbës. BAG/Ë, ~A f. veter. Sëmundje që u bie kuajve në këmbë mbi thundër, që shfaqet me enjtje dhe që shkaktohet zakonisht nga ngarkesa e rëndë. Doli baga. BRE4G/Ë, ~A II sh. ~A, ~AT. 1. mjek., veter. Sëmundje e grykës, që shfaqet me enjtje të saj, fyti i keq, difteria. 2. Mëllë, bullungë që u del njerëzve e kafshëve dhe shenja që lë në trupin e tyre; gjurma, shenja e një plage; gjurmë që mbetet si gungë në trup të bimëve, pasi është mbyllur një prerje, një gërvishtje etj. BRUCELOZ/Ë, ~A f., veter., mjek. Sëmundje ngjitëse e bagëtisë së imët, e gjedhit dhe e derrave, që shkaktohet nga disa baktere dhe që nëpërmjet kafshëve u ngjitet edhe njerëzve. Bruceloza e dhenve (e dhive, e gjedhit, e derrit). BURTH, ~III m., sh. ~E, ~ET veter. Sëmundje e kafshëvë njëthundrake, që shfaqet në qiellzën e gojës me flluska të mbushura me gjak. Ra burthi. U sëmur nga burthi. BUT/ËR, ~RI m. 1. veter. Sëmundje ngjitëse e kafshëve njëthundrake (kryesisht e mëzave), që shfaqet me pezmatimin e mukozave të hundës ose me qelbëzimin e grykëve. E zë butri. 2. mjek. shih RRUFË, ~A. E ka zënë butri. Jam me butër. BUZËZ, ~A i f., sh. ~A, ~AT veter. Sëmundje e kafshëve, sidomos e bagëtisë së imët, që shfaqet me disa puçrra në buzë; puçrrat që dalin në buzë nga kjo sëmundje. Ka rënë buzëza. I kanë dalë buzëza. CISTIT, ~I m., sh. ~E, ~ET mjek., veter. Mahisje e fshikëzës së ujit të hollë. ÇAL/Ë, ~AI f. veter. Sëmundje ngjitëse e bagëtive, që i bën t’ u ënjten e t’ u qelbëzohen indet dhe të çalojnë. Iu ngjit çala. U ra çala dhive. I zuri çala kuajt. DAL/Ë, ~A f., sh. ~A, ~AT I thatë, çiban. D a l a e gjësë veter. plasja.

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DAMLLA, ~JA bised. 1. mjek. Sëmundje e rëndë që vjen nga gjakrrjedhja në tru ose nga mpiksja e gjakut në enët e trurit dhe që shkakton menjëherë humbjen e ndjenjave e pushimin e lëvizjeve, shpesh herë pa ndaluar frymëmarrjen e qarkullimin e gjakut; pikë. Ra (e goditi) damllaja. Vdiq nga damllaja. U ra si një damlla. Të rente damllaja! mallk. 2. fig. Fatkeqësi e madhe a goditje e rëndë dhe e papritur. Lajmi i vdekjes qe një damlla për të gjithë. D a m l l a j a e q u m ë s h t i t veter. sëmundje e rëndë e bagëtive, që shfaqet me dobësim të përgjithshëm, me fryrje të syve e të barkut dhe me çrregullimin e të ecurit. FRUTH, ~I Fruthi i derrave. veter. Tifoja e derrave. DIFTERI, ~A f. veter. Sëmundje e rëndë ngjitëse, që shfaqet me pezmatim të grykës, të mukozës së fytit e të hundës dhe prek zakonisht të vegjlit; fyt i keq, grykët e bardha. Difteria e shpendëve. Vaksinimi kundër difterisë. DIZE4TERI, ~A f. mjek., veter. Mahisje ose zhvoshkje e zorrëve që shkakton dhembje e heqje të shpeshta barku, nganjëherë edhe me gjak; barku i keq, lëbarke. DREGËZ, ~A f., sh. ~A, ~AT. 1. Plagë e vogël, gërvishtje a puçërr e qelbëzuar në lëkurë, që ka zënë kore ose ka nisur të përthahet; korja që zë një plagë ose një puçërr e qelbëzuar në lëkurë; puçërr. Dregëza e plagës. Fytyrë me dregëza. Ka zënë dregëz. I kanë dalë dregëza. 2. vet. nj. veter. Sëmundje që shfaqet me puçrra të qelbëzuara në pjesë të ndryshme të trupit. U ra dregëza dhive. � Ka zënë (ka vene) dregëz (kore) plaga shih te KORE, ~JA I. ERËKEQ/E, ~JA f. veter. Plasja e gjësë së gjallë. FLAM/Ë, ~A f. 1. veter. Sëmundje ngjitëse e bagëtive dhe e shpendëve, që shfaqet me njolla të zeza në turi ose ne lafshë, me dobësi të theksuar, me ndërprerjen e qumështit, të pjelljes etj. dhe shkakton ngordhjen e tyre ne masë; murtaja e pulave. U ka rënë flama. I preu (i shoi) flama pulat. 2. mjek. Emërtim për sëmundje të ndryshme të rënda e ngjitëse (si kolera, murtaja etj.), që përhapen si epidemi ndër njerëzit. Rente flama! mallk. 3. mjek. Sëmundja e tokës, epilepsia. 4. mjek. Rrufë e rëndë, që zgjat shumë. E zuri flama. Është me flame. 5. Sëmundje që i bie zakonisht rrushit dhe e dëmton rëndë ose e prish krejt. Flama e rrushit.6. mit. Figure e mitologjisë popullore, që sipas besimeve të kota, quhej shkaktare për sëmundjen e tokës dhe për sëmundje të tjera të rënda. 7. përd. mb. bised. Shumë i keq, shumë i mërzitshëm. (vihet para emrit). djë flame kollë. Ajo flamë sëmundje. � I ka rënë flama (flaka. zjarri) diçkaje shih te BIEI. I kalli (i futi) flamën (murtajën) dikujt a diçkaje shih te KALL. Ç’ i këllet flamën (plasjen)! shih te KËLLAS. S’ ka flamë që s’ e zë dikë është njeri që ndikohet lehtë nga ide, pikëpamje a vese të këqija.

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FRETH, ~I m. veter., mjek. Sëmundje që u bie kuajve në hundë (nganjëherë edhe fëmijëve) dhe që u vështirëson frymëmarrjen. FSHIKËZ, ~A sh. ~A, ~AT. 1. Zvog. e FSHIKË, ~A. Fshikëza e tëmthit. Fshikëza e krimbit të mëndafshit. 2. bot. Fshikartë, drokth. Fshikëza e mirë veter. euf. plasja e bagëtive. GËRHAÇ, ~III m. 1. veter. Sëmundje që u bie pulave në fyt e s’ i lë të marrin frymë. 2. mjek. Kolla e mirë. GËRMIT/Ë, ~A f. veter. Sëmundje e rëndë, që u bie zakonisht buajve e buallicave dhe u zë fytin; kolera e gjedhit. U ra gërmita. Të rente gërmita! mallk. GLAS/Ë, ~A f., sh. ~A, ~AT. . Pjesa e padobishme e ushqimit që nxjerrin jashtë shpendët (zogjtë dhe pulat). Glasa të thara. Glasë pule (zogu, pëllumbi). Pleh glasash. Bën glasën.2. veter. Sëmundje që u bie pulave dhe që shfaqet me dalje të shpeshta jashtë e me dobësi të përgjithshme të trupit. U ra glasa pulave.� I vuri (i la) glasën dikujt thjeshtligj., mospërf. shih te LË. E lëshon si pula glasën thjeshtligj. e thotë a e bën diçka pa pasur parasysh se ku ndodhet e në ç’ rrethana është, flet a vepron me vend e pa vend dhe pa përgjegjësi, e lëshon si lopa bajgën. GOJËZ, ~A sh. ~A, ~AT. 1. Zvog. e GOJË, ~A. Gojëz e bukur. Të lumte gojëza! 11. veter. Sëmundje që u bie bagëtive e i bën të nxjerrin jargë nga goja. zuri gojëza dhentë. U ra gojëza dhenve. GUB/Ë, ~A f. veter. Sëmundje e dhenve, nga e cila u bie leshi; zgjebja e dhenve. GURTH, -I 6. mjek., veter. Formim i ngurtësuar në disa organe të sëmura brenda në trupin e njeriut ose të kafshëve (në veshka, në mëlçi, në tëmth etj.). Gur në veshka (në mëlçi). Gurët e tëmthit. Gurët e dhëmbëve. I hoqën (i nxorin) dy gurë. GJAKËZ, ~A f. veter. Sëmundje që u bie deleve e dhive, kur hanë ndonjë bar të keq ose jonxhë të njomë dhe që mjekohet duke u prerë pak veshin për t’ u rrjedhur gjak. U ra (i zuri) gjakëza. GJI, ~RI m., sh. ~NJ, ~NJTË. 1. Pjesë e futur e gjoksit, mesi i kraharorit; gjoks. Marr në gji. Shtrëngon në gji. Mbështeti kokën në gji. 8. veter. Semundje e bagëtive të imëta, prej së cilës u ënjten dhe u ngurosen sisët. Gjiri i madh (i zi). HARMI, ~A f. veter., mjek. 1. Tuberkulozi i kockave (kryesisht për kafshët). Harmia e kuajve. Harmia e dhenve (e dhive). I rente (e preftë) harmia! mallk.2. Sëmundje që bren e prish dhëmbët. HIK/ËRR, ~RRA II f. 1. Qumësht i prerë; hirrë. Hikërr kosi. Bëhet hikërr qumështi pritet qumështi. 2. veter. Hirrëz, ngalosë. Sëmundja e hikrrës. HIKRRAQ, ~I m. veter. Hirrëz, ngalosë. U ka rënë hikrraqi dhive (dhenve). Është sëmurë nga hikrraqi.

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HIKRRAQ, ~E mb. 1. Që është prerë a është prishur, që është bërë hikërr. Qumësht hikrraq. 2. veter. Që e ka zënë sëmundja e hirrëzës (e hikrraqit), që është sëmurë nga ngalosa. Dele (dhi) hikrraqe. Dash (cjap) hikrraq. HIRR/Ë, ~A 1. Lëng si ujë, në ngjyrë të gjelbër shumë të çelur, që del kur pritet qumështi a kur kullojmë djathin e njomë ose që e nxjerr kosi pasi mpikset. Hirrë e tier. Hirrë qumështi. Hirra e djathit (e kosit, e gjizës). Është bërë si hirrë ëhtë holluar shumë, është bërë si ujë. 2. veter. Hirrëz, ngalosë. Hirra e bagëtive. E zuri hirra. HIRRËZ, ~A f. veter. Sëmundje ngjitëse që u bie bagëtive të imëta e ua pret qumështin si hirrë, ua zbardh syte, i verbon dhe ua mahis kyçet e këmbëve e thundrat; hikrraq, ngalosë. KËLBAZ/Ë, ~A f. 1. Jargë e trashë veshtullore, që formohet në rrugët e frymëmarrjes e në mushkëni dhe që e nxjerr i sëmuri kur kollitet, kollace. dxjerr (qit) këlbazë. 2. veter. Sëmundje e mëlçisë së zezë, që u bie zakonisht bagëtive të imëta dhe që u shkaktohet nga një lloj krimbi i holle si fletë. Këlbaza e bagëtive. KËMBËZEZ/Ë, ~A veter. Sëmundje e rëndë ngjitëse, që prek gjedhin e ri dhe bagëtitë e imëta dhe që shfaqet me ënjtje të muskujve, sidomos në kofshët, në shpatulla e në nyjat e këmbëve. Ka zënë (u ka rënë) këmbëzeza. KËRR4JOT/Ë, ~A f. 1. veter. Lëngatë prej së cilës kafshëve shtëpiake, sidomos kuajve e qenve, u qelbëzohen grykët dhe u rrjedhin e u zihen hundët, butër. Ra kërrnjota. I zë frymën kërrnjot. 2. fig. Rrufë e keqe, rrufë e rëndë (te njerëzit). KOLER/Ë, ~A 1. mjek., veter. Sëmundje e rëndë ngjitëse, që shfaqet me ënjtje e qelbëzim të zorrëve, me heqje e me dhembje të forta të barkut, më të vjella e më të ngjethura. Kolera aziatike. E hëngërt (e shoftë, e shpëlaftë) kolera! mallk. vdektë. 2. fig. shar. Njeri i fëlliqur, njeri i keq; gjë shumë e keqe dhe e fëlliqur. Kolera fashiste. K o l e r a e s h p e n d ë v e veter. sëmundje e rrezikshme ngjitëse e shpendëve, që shkakton dobësimin e përgjithshëm dhe ngordhjen e shpejtë të tyre. KOQ/E, ~JA sh. ~E, ~ET. I. bised. Kokërr. Koqja e zezë (e ligë) veter., mjek. plasja. LI, ~A f. 1. mjek., veter. Sëmundje e rëndë ngjitëse dhe e rrezikshme, që shfaqet me ethe të forta e me disa puçrra të kuqe në fytyrë, në kokë e në trup, të cilat bëhen si flluska të mbushura me qelb dhe lënë shenja të dukshme pas shërimit; Lia e vërtetë; shenja që u mbetet në lëkurë atyre që kanë kaluar këtë sëmundje ose që u mbetet në krah atyre që kanë bërë vaksinën kundër saj. Lia e zezë lia që shfaqet me flluska në ngjyrë të errët, sepse këto mbushen edhe me gjak. Lia e madhe forma më e rëndë e lisë së vërtetë. Lia e bardhë (e mirë). Lia e dhenve sëmundje ngjitëse, që u bie me fort femijëve dhe që shfaqet me puçrra të vogla në fytyrë e në trup, të cilat mi vonë bëhen

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si flluska të mbushura me lëhg. Lia e dushkut (e pyllit) lia e dhenve. Lia e dhive (e qenve, e lopëve). Shenja e lisë. I vrarë lie me shenjat e lisë në fytyrë e në trup. E zuri (iu ngjit) lia. U sëmur nga lia. E shkoi (e kaloi) line. Shartoi (shënoi) line. Bëri vaksinën kundër lisë. 2. Sëmundje e disa pemëve, që shfaqet në lëkurën e kokrrave me njolla të çrregullta, të cilat më vonë mbulohen me një lloj pluhuri të zi. Lia e ullirit. Lia e portokallit. LIGAT/Ë, ~A 1. veter. Këlbazë. Ligata e dhenve. Ligata e lopëve. I ka rënë ligata. 2. Ligatinë. Ra (ngeci) në ligatë. L u l j a e m i r ë mjek,. veter. euf. plasja. MOÇAL, ~I m., sh. ~E, ~ET. veter., bised. Sëmundja e këlbazes. U binte moçali dhenve. 4Ë4KRYE, ~JA f. veter. Sëmundje që shkaktohet nga parazitët dhe që prek trurin e bagëtive të imëta e të gjedhit. 4GALOS/Ë, ~A f. veter. Sëmundje që u bie dhenve e dhive dhe që u prek kyçet e këmbëve, sytë dhe gjinjtë; zbekthi, hikrraqi. Zuri ngalosa dhitë. Bar ngalose. PARATIFO, ~JA f. mjek., veter. Sëmundje ngjitëse që shkaktohet nga disa bacile të ngjashme me ato të tifos së zorrëve dhe që shfaqet me ethe, me dobësi të përgjithshme e zakonisht me heqje barku. Paratifoja e shpendëve (e dhenve). Vaksina e paratifos. Ka paratifo. U sëmur nga paratifoja. P l a g a e 1 i g ë veter. plasja e gjësë së gjallë. PLASJE, ~A f., sh. ~E, ~ET. 4. veter., mjek. Sëmundje e rëndë ngjitëse, që zë kafshët shtëpiake (sidomos barngrënëset) e njerëzit, që shkaktohet nga një bacil dhe shfaqet zakonisht me një puçërr të zezë me qelb, me shumë zjarrmi, me shkumë nga goja e me skuqje të cipave të syve; dala e gjësë. Plasja e bagëtive. Vaksina kundër plasjes. Plasja e preftë! mallk. I rente plasja! mallk. QIMËZ, ~A f. I. veter. Sëmundje parazitare e kafshëve shtëpiake dhe e shpendëve, që shkaktohet nga disa krimba shumë të hollë. Qimëza e mushkërive. Qimëza e mëlçisë. I ka rënë qimëza deles. 2. mjek. Kalbëzim i indeve rreth një plage, që përhapet më tej; qime, gangrene. Të hëngërt qimëza! mallk. SKERC, ~I m. veter. Sëmundje që prek kryesisht dhitë te gjunjët; shkepëz. SHAP, ~I II m veter. Sëmundje e rëndë ngjitëse, që zë kryesisht gjedhin dhe që shfaqet me disa fluska në gojë, në gji e në thundër. Masat kundër shapit. SHARR/Ë, ~A f., sh. ~A, ~AT 7. mjek., veter. Sharrëza; sëmundja e tokës. E kapi sharra. 1 rente sharra! mallk. SHARRËZ, ~A f. mjek., veter. 1. Sëmundje shumë e rëndë, e cila shkaktohet nga një bacil që hyn në organizëm nëpërmjet plagësh a gërvishtjesh dhe shfaqet me tkurrje të të gjithë muskujve të trupit e më të dredhura të forta; tetanos. E zuri sharrëza. Vdiq nga sharrëza. 2. Sëmundje e

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kafshëve të trasha, që shfaqet me koqëza të vogla në bulçitë e në gjuhë, i fryn këto dhe i pengon kafshët që të hanë. U ra sharrëza lopëve. 3. anat. Zgjatime të mishta mbi sipërfaqen e lëkurës e të disa mukozave, që përmbajnë fundin e fijeve nervore ose të enëve të gjakut dhe që janë shumë të ndjeshme. Sharrëzat e gjuhës. SHIT/Ë, ~A f. 1. mit. Ndëshkimi që i bënin zanat atij që u prishte padashur vallen ose tryezën, të shuplakurit, të shituarit (sipas besëtytnive). Të rente (të shitoftë) shita! mallk. 2. veter. Shkepëz. Bar shite, bot. Lloj bari që përdoret për mjekimin e shkepëzës. 3. krahin. Shpullë. shuplakë. SHKEPËZ, ~A f. veter. Çala e bagëtive të imëta. U ka rënë shkepëza delete (dhive). SHKEPTYRËZ, ~A f. veter. Shkepëz. SHPIRR/Ë, ~A f. bised. 1. mjek. Astmë, gulçim, frymëz. Vuan nga shpirra. E zëntë shpirra! mallk. 2. veter. Sëmundje si rrufë, që u bie kafshëve e shpendëve shtëpiakë në mushkëri dhe në rrugët e frymëmarrjes. Ka zënë shpirra dhitë. U ka rënë shpirra pulave. Macja ka shpirrën. SHPRETK/Ë, ~A f., sh. ~A, ~AT f. anat. pancreas 2. veter. Sëmundja e plasjes te kafshët. SHTREMBËZ, ~A f veter. shih ÇALË, ~A I. E ka zënë shtrembëza delen. SHURRËGJAK/E, ~JA f. veter. Shurrëkuqe. Bar shurrëgjakeje. U ka rënë shurrëgjakja. SHURRËKUQ/E, ~JA f. veter. Sëmundje e bagëtive që shkaktohet nga një parazit, i cili shkatërron rruazat e kuqe të gjakut dhe u skuq shurrën. E preftë shurrëkuqja! mallk. TEJMBUSHJ/E, ~A f. veter. Sëmundje kafshësh, që shkaktohet kur ato hanë ushqim shumë me tepër nga ç’ duhet ose kur pinë ujë menjëherë, pasi kanë ngrënë ushqime që bymehen shpejt. Tejmbushja e lopëve (e viçave, e derrave). Tejmbushja e stomakut. U sëmur (ngordhi) nga tejmbushja. TËRBIM, ~I m., sh. ~E, ~ET 1. Veprimi dhe gjendja sipas kuptimeve të foljeve TËRBOJ, TËRBOHEM. 2. veter., mjek. Sëmundje e rëndë e kafshëve dhe e njerëzve, që ngjitet me anë të kafshimit nga kafsha e sëmurë, që sjell tkurrje të forta të muskujve e paralizë dhe që zakonisht shkakton ngordhjen e kafshës ose vdekjen e njeriut të sëmurë. Mikrobi i tërbimit. Vaksina kundër tërbimit. E zuri tërbimi. Vdiq nga tërbimi. TIFO, ~JA f. mjek., veter. Sëmundje ngjitëse, e cila shkaktohet nga një mikrob që hyn në organizëm me anë të ujit të papastër, të ushqimeve etj. Tifoja e zorrëve tifo që shkakton plage në zorrë. Tifoja e morrit tifo që shkaktohet nga pickimi i morrit të kuq dhe që shfaqet me disa njolla të kuqe në trup. Mikrobi i tifos. Vaksina kundër tifos. E zuri tifoja. Iu ngjit tifoja. I sëmurë nga tifoja. TUBERKULOZ, ~I m. mjek., veter. Sëmundje ngjitëse e kronike, që shkaktohet nga një mikrob i quajtur “bacili i kokut” dhe që prek mushkëritë

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ose ndonjë organ tjetër të trupit; ndishku, kolla e keqe. Tuberkulozi i mushkërive (i zorrëve, i kockave, i gjëndrave të fytit). Tuberkulozi i kafshëve (i gjedhit, i derrave). Tuberkulozi i shpendëve. I prekur nga tuberkulozi. Vuan (u sëmur) nga tuberkulozi. Lufta kundër tuberkulozit. UJTH, ~I i m. 1. Lëng si ujë që del nga një plage ose nga një flluskë. Ujth me qelb. Ujthi i kallove. Fshikë me ujth. Pikon ujth. dxjerr ujthin. 3. anat. Fshikëza e ujit të hollë; sëmundje e fshikëzës së ujit të hollë. Ujthi i qengjit. 4. veter. Sëmundje që u bie kafshëve zakonisht në këmbë, ku u dalin flluska me ujë. UREKTH, ~I m. veter. Sëmundje e kafshëve, nga e cila u mbushen me qelb zgavrat e trupit. Ra urekthi. V e r b ë r i a e p u 1 a v e veter. sëmundje që u bie pulave dhe i verbon nga sytë. VIG/Ë, ~A f., sh. ~A, ~AT veter., krahin. Qimëz. XHIDAVI, ~A f. 1. anat. Pjesa e ngritur në fund të zverkut te bagëtitë, që formohet nga zgjatimet e rruazave të shtyllës kurrizore dhe nga majat e shpatullave. Xhidavi e gjerë (e rrumbullakët). Xhidavia e kalit (e gomarit, e lopës). Lartësia në xhidavi. 2. veter. Plagë që i del kafshës në këtë vend nga samari, plage e rëndë. Iu be një xhidavi. I hapi një xhidavi. ZBEKTH, ~I m. veter. Sëmundje ngjitëse e dhenve dhe e dhive, e cila u prek sytë, kyçet e gjinjtë dhe ua prish qumështin e ua bën si hirrë; hirrëz, ngalosë. Vaksina kunder zbekthit. I ka zënë zbekthi dhentë (dhitë). ZBURTH, ~I m. 1. veter. Sëmundje që shfaqet me puçrra në mishin e dhëmbëve dhe në qiellzën e disa kafshëve (kryesisht të kalit e të gomarit) dhe që i pengon të hanë; zëmbicë. I ka dale zburthi kalit. Ia preu zburthin gomarit. 2. fig. Inat; këmbëngulje me kokëfortësi. Doli zburthi. Ia hoqi zburthin. ZEKTH, ~I m., sh. ~A, ~AT. zool. Kandërr me krahë, me trup sa një mizë e madhe, që fluturon me një zhurmë të veçantë dhe që gjatë pranverës e verës pickon gjedhin e i thith gjakun. Zekthi i zakonshëm. Pickimi i zekthit. E zuri zekthi. 2. veter. Sëmundje e gjedhit, që shkaktohet nga larvat e zekthit dhe që shfaqet me dëmtimin e lëkurës. Sëmundja e zekthit. Lopë me zekth. ZËMBIC/Ë, ~A f. veter. Zburth. Ka rënë zëmbica kalit. ZGJEB/E, ~JA f. mjek., veter. Sëmundje ngjitëse e lëkurës te kafshët dhe te njerëzit, që shkaktohet nga një parazit dhe shfaqet zakonisht midis gishtave, në bark, në kurriz, në kofshë etj. me puçrra me ujë e me kore, të cilat kruhen shumë; kromë. Zgjebja e qenit (e dhive). Këpusha e zgjebes. Dregëzat e zgjebes. I ra (e zuri) zgjebja. Bar kunder zgjebes. Iu ngjit si zgjebja. ZHUGË, ~A f. edhe ZHUGËZ, ~A f. krahin. 1. mjek., veter. Zgjebe. U ra zhugëza dhive. I rente zhuga! mallk.

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(2) Bexheti Vebi (2008). Hulumtime etnolinguistike në veprimtarinë blegtorale të Malësisë së Tetovës. In Bexheti V., Xhaferi H., Ibrahimi M., Studime etnolinguistike, folklorike dhe sociolinguistike për kulturën shqiptare në Maqedoni. Tetovë: Universiteti i EJL, 6-51.

Frammenti estratti e tradotti dal paragrafo Sëmundjet e ndryshme dhe shërimi i bagëtive - Le diverse malattie e la guarigione del bestiame, pp. 37-38. (a) Quando crepava una pecora in famiglia si usava dire ka dalë ni dele, cioè

si è staccata dal gregge, è uscita dalla famiglia. (b) Se la pecora veniva mangiata dal lupo questo non veniva mai nominato e

veniva identificato con l’espressione gojë farkumi, cioè ai me gojë të farkuar, të gozhduar. Alle pecore che sopravvivevano dopo i morsi dei lupi le ferite venivano curate scottandole con acqua bollente (ujë valë) e grasso (dhjamë).

(c) Una volta individuate dal pastore esperto, alle pecore che si ammalavano e non seguivano più il gregge e che avevano bisogno della pulizia del sangue malato (pastrimin e gjakut të keq), veniva inciso l’orecchio o una piccola fossetta che si trova al di sopra dell’occhio facendone fuoriuscire del sangue (i lëshonte gjak). Spesso tali malattie derivavano dai pascoli inappropriati (cattivi) come per es. le erbe kërçani e shtara, note ai pastori esperti che evitavano di farle mangiare al gregge.

(d) La zampa spezzata si avvolge con la lana stretta tra due assi con del filo grosso (gjalmë) o con un pezzo di corda. La fasciatura viene allentata dopo qualche giorno, quando la frattura si è già ricomposta.

(e) La malattia del secolo è la shkepsa, apparsa qui da noi da circa quarant’anni. Questo nome popolare deriva dal fatto che si ammala l’unghia (thundra) e la pecora zoppica (shkepon, çalon). Per questa malattia inguaribile di solito si usano alcune erbe. Dopo aver tagliato l’unghia e dopo averla pulita dal sangue e dal pus essa viene unta con liquido di verderame e viene fasciata perché si mantenga pulita.

(f) Topallet ‘zoppina’. (g) Brucelloza ‘brucellosi’, viene trattata ufficialmente con la vaccinazione,

ma a quanto pare non c’è guarigione completa. (h) Zgjebja ‘scabbia’, colpisce le pecore più deboli, le quali perdono la lana

e come medicamento si usa un liquido, la vitalina. (i) Merlivja è un’altra malattia che impedisce alle pecore di seguire il

gregge.