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Cateteri venosi centrali Autore Lisa Dougherty MSc, RGN, RM, Clinical Nurse Specialist, Manager Intravenous Services, The Royal Marsden Hospital,London. Abstract I Cateteri venosi centrali sono usati in ospedale e nelle cure croniche nei pazienti domiciliari/ambulatoriali. Questo articolo esplora la storia e lo sviluppo di questi strumenti, e il ruolo dell'infermiere nella loro inserzione e cura. Parole Chiave : Emotrasfusioni Cateteri Terapia intravenosa Queste parole chiave sono basate sui titoli per argomento del British Nursing Index. Questo articolo è stato sottoposto ad una revisione in doppio-cieco. Scopi ed obiettivi didattici attesi Molti dispositivi d'accesso venoso centrale (CVAD) sono disponibili e vengono usati nei pazienti in trattamento per patologie acute e croniche in ospedale o nel territorio. Gli infermieri sono ora coinvolti,non solo nella cura e gestione dei CVAD, ma nella loro inserzione e rimozione. Finito questo articolo dovreste essere in grado di : Identificare le varie vene usate per l'inserimento. Riassumere vantaggi e svantaggi di ciascun tipo di CVAD. Descrivere la valutazione di un paziente prima di scegliere il dispositivo più adatto. Elencare le complicazioni dell'inserzione. Discutere la gestione del catetere inserito e come prevenire le complicazioni. Introduzione Negli anni i CVAD si sono sviluppati in termini di durata di permanenza in situ, numero di lumi e tipo di materiali e di estremità usate, permettendo un inserimento più semplice e riducendo il rischio di complicazioni, come occlusioni e infezioni. Questo non solo ha migliorato l'accesso a paziente e infermiere, ma ha anche fornito una serie di CVAD più sicuri ed economicamente efficienti. Un CVAD è un catetere la cui punta è posizionata nella vena cava superiore (VCS), vena cava inferiore (VCI) o nell'atrio destro (AD). Le vene centrali sono quelle che si trovano nel torace e in continuità diretta con l'atrio destro (Scales 1999). A queste si può accedere con ingresso diretto nella vena succlavia o giugulare o attraverso le vene antecubitali. Indicazioni L' inserzione di un CVAD è indicata nelle seguenti circostanze (Mallett and Bailey 1996):

Forse 2001, Cateteri Venosi Centrali

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Cateteri venosi centrali Autore

Lisa Dougherty MSc, RGN, RM, Clinical Nurse Specialist, Manager Intravenous Services,

The Royal Marsden Hospital,London. Abstract

I Cateteri venosi centrali sono usati in ospedale e nelle cure croniche nei pazienti domiciliari/ambulatoriali. Questo articolo esplora la storia e lo sviluppo di questi strumenti, e il ruolo dell'infermiere nella loro

inserzione e cura. Parole Chiave : Emotrasfusioni Cateteri Terapia intravenosa

Queste parole chiave sono basate sui titoli per argomento del British Nursing Index. Questo articolo è stato sottoposto ad una revisione in doppio-cieco.

Scopi ed obiettivi didattici attesi Molti dispositivi d'accesso venoso centrale (CVAD) sono disponibili e vengono usati nei pazienti in trattamento per patologie acute e croniche in ospedale o nel territorio. Gli infermieri sono ora coinvolti,non solo nella cura e gestione dei CVAD, ma nella loro inserzione e rimozione. Finito questo articolo dovreste essere in grado di : ■ Identificare le varie vene usate per l'inserimento. ■ Riassumere vantaggi e svantaggi di ciascun tipo di CVAD. ■ Descrivere la valutazione di un paziente prima di scegliere il dispositivo più adatto. ■ Elencare le complicazioni dell'inserzione. ■ Discutere la gestione del catetere inserito e come prevenire le complicazioni. Introduzione Negli anni i CVAD si sono sviluppati in termini di durata di permanenza in situ, numero di lumi e tipo di materiali e di estremità usate, permettendo un inserimento più semplice e riducendo il rischio di complicazioni, come occlusioni e infezioni. Questo non solo ha migliorato l'accesso a paziente e infermiere, ma ha anche fornito una serie di CVAD più sicuri ed economicamente efficienti. Un CVAD è un catetere la cui punta è posizionata nella vena cava superiore (VCS), vena cava inferiore (VCI) o nell'atrio destro (AD). Le vene centrali sono quelle che si trovano nel torace e in continuità diretta con l'atrio destro (Scales 1999). A queste si può accedere con ingresso diretto nella vena succlavia o giugulare o attraverso le vene antecubitali. Indicazioni L' inserzione di un CVAD è indicata nelle seguenti circostanze (Mallett and Bailey 1996):

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■ Misurare e monitorare la pressione venosa centrale. ■ Amministrare grandi quantità di fluidi o sangue, come nel caso di grandi interventi chirurgici o shock. ■ Fornire acesso a lungo termine per trasfusioni ripetute di sangue, emoderivati, nutrizione parenterale, terapia antibiotica o citotossica. ■ In caso di accesso periferico e of mediocre. ■ Per fornire un accesso affidabile per :

• mantenimento di liquidi e elettroliti. • somministrazione di farmaci dannosi per le vene periferiche, per esempio potassio

cloruro. • Frequenti prelievi sanguigni

Anatomia e fisiologia Le principali vene usate per l'accesso venoso centrale sono : ■ Giugulare interna ed esterna e vene succlavie (tutti i tipi di CVAD). ■ Vene Cefalica e Basilica (per cateteri centrali inseriti perifericamente). ■ Occasionalmente vene femorali. La parte destra del paziente è normalmete favorita perchè l'anatomia dei vasi permette accesso diretto alla VCS (Springhouse Corporation 1999) e fornisce la via più breve e semplice per l'inserzione da parte del medico del catetere, sebbene questo non si adatti sempre al paziente (Fig. 1). Giugulare interna E' un buon sito per l'alta percentuale di successo d'inserimento e bassa incidenza di complicazioni (Senff 1987a). La vena giugulare interna permette un'inserzione più semplice che la succlavia e quella destra in particolare fornisce la via d'accesso più corta e diretta, riducendo così il rischio di malposizionamento (Weinstein 1997). In più evita danni accidentali del nervo vago e dell'arteria carotide. I problemi associati all'uso di questa vena sono l'occlusione del catetere e l'irritazione dovuta ai movimenti del capo, la difficoltà di mantenere intatta la medicazione e il fatto che può essere di disturbo per familiari ed amici. (Weinstein 1997). Giugulare esterna Questa è la vena più visibile e quindi anche la più semplicemente accessibile, ma varia per ampiezza e la sua giunzione con la succlavia è angolata, rendendola più difficile da incannulare (Scales 1999, Weinstein 1997). Vena succlavia Ha un diametro di 19mm ed è la vena di scelta per l'accesso venoso centrale a lungo termine, per esempio nella nutrizione parenterale (Senff 1987b). E' spesso usata perchè richiede la minor lunghezza del catetere, perchè assicura un flusso sanguigno rapido e perchè c'è un diminuito rischio di irritazione ed ostruzione. Inoltre permette al dispositivo di essere assicurato alla parete del torace. Le contraindicationi per il suo uso includono: ostruzione della VCS, irradiazione del torace, frattura della clavicola e malignità della base del collo (ONS 1996, Weinstein 1997). Il pneumotorace è la complicazione più comune nell'utilizzo di questa via (Scales 1999, Senff 1987b). Se la punta del catetere è localizzata nella vena ascellare o nel segmento mediale della succlavia, conosciuto come catetere medioclavicolare, esso tende ad essere associato con un aumentato rischio di trombosi (Perdue 1995, Weinstein 1997). Vena Basilica

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Ha un diametro di 8mm. Sebbene associata a più valvole venose, è la vena preferita per I cateteri centrali inseriti perifericamente (PICC) perchè è una vena più corta, più diretta, permettendo l'avenzamento del catetere, e aumenta la capacità di emodiluizione. Vena Cefalica Ha un diametro di 6mm ed è una facilmente palpabile, grande vena, che è più lunga della vena basilica. L'angolo che forma con la succlavia può rendere più problematica l'inserzione dei cateteri centrali inseriti perifericamente (PICC). Vena Femorale Questa vena tende ad essere usata più spesso nei bambini, con la punta del catetere localizzata nella vena cava inferiore. Le medicazioni possono essere difficoltose e c'è un alto rischio di complicazioni come trombosi e infezioni (Senff 1987a, Scales 1999). Vena cava superiore e atrio destro Idealmente, la maggior parte delle punte dei cateteri sono localizzate alla giunzione della parte superiore della VCS con l'AD, o dentro la VCS o la parte superiore dell'AD (Davidson and Al Mufti 1997). C'è ancora qualche discussione sul posizionamento della punta nella VCS, ma il terzo inferiore sembra essere il preferito. Il posizionamento nell'atrio destro è praticato ancora in alcuni centri (Stacey et al 1991). Tipi di CVAD Cateteri centrali inseriti perifericamente Un PICC è inserito attraverso le vene antecubitali nel braccio e fatto avanzare nelle vene centrali, con la punta localizzata nella VCS (Gabriel 1996, Goodwin and Carlson 1993). Ciò è stato ulteriormente specificato come il terzo inferiore della VCS (INS 1998). E' solitamente inserito dopo l'applicazione di un anestetico locale e l'inserimento può essere realizzato al letto del paziente. I PICC hanno molti vantaggi : ■ Facilità d'inserzione. ■ Basso tasso di complicanze. ■ Riduzione nei rischi da inserzione, come pneumotorace ed emorragia (Gabriel 1996). Di conseguenza,esso è il dispositivo d'elezione nei pazienti particolarmente vulnerabili, per esempio, quelli a rischio di emorragia, inclusi I pazienti sotto anti-coagulanti o con conta piastrinica bassa, o quelli che sono immunocompromessi e a rischio d'infezione. Il PICC può essere sia in silicone che in poliuretano, ed è disponibile in varie taglie, ad uno o due lumi, e può rimanere in situ fino ad un anno. Il paziente necessita usualmente di un buon accesso nella fossa antecubitale; comunque, l'uso del Doppler ad ultrasuoni portatile ha aumentato il successo delle inserzioni (Gabriel 1999, MacRae 1998). In molti centri, particolarmente negli USA, gli approcci chirurgici tradizionali hanno ceduto il passo alle techiche immagine-guidate, spesso praticate da tecnici di radiologia interventisti (Vrazas 1999). La tecnica ad ultrasuoni sta diventando il metodo preferito per i pazienti che richiedono il posizionamento del PICC ma che non hanno vene periferiche identificabili (Sofocleous et al 1998).Il principale svantaggio è la flebite di tipo meccanico, ma anche il fatto che il PICC richiede la medicazione settimanale, il che può essere difficile da gestire per i pazienti dimessi. Catetere non tunnellizzato Questo catetere è usato principalmente in reparti e terapie intensive per terapie che durino meno di tre settimane (Scales 1999). Fornisce accesso multi-lume e sono disponibili cateteri che arrivano anche a cinque lumi. La sua durata media va da cinque a sette giorni (ONS 1996) ma può rimanere in situ da 10 a 14 giorni (controllare le raccomandazioni del fabbricante), dopo i quali può essere cambiato usando un nuovo sito o rimpiazzarlo usando una guida metallica. La principale complicazione è l'alto rischio d'infezione e, di conseguenza, gli industriali si sono concentrati nella produzione di materiali per cateteri impregnati di disinfettanti ed antisettici (Maki et al 1997, Raad et al 1997). Questi cateteri

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hanno dimostrato di ridurre le infezioni da gram-positivi, sebbene la letteratura abbia indicato chiaramente che ciò non dovrebbe sostituire una buona tecnica e pratica asettica (indossare abiti e guanti sterili, etc) durante l'inserzione e la gestione una volta che il catetere è posizionato (Elliott et al 1994). Catetere tunnellizzato I cateteri Broviac e Hickman furono sviluppati nella metà dei 70' ed erano I primi esempi di cateteri tunnellizzati (skin-tunnelled catheter, STC). Il tunnel cutaneo fornisce una distanza fra il sito d'entrata nella vena ed il sito d'uscita sulla cute, e questo ha dimostrato di ridurre il rischio di infezione, insieme alla cuffia di Dacron. La cuffia è situata solitamente a circa 5cm dal sito d'uscita ed il tessuto granula intorno ad essa, riducendo così il rischio di spostamento (Stacey et al 1991). Il STC offre un affidabile accesso a lungo termine e può essere in silicone o poliuretano. Sono disponibili cateteri a lume singolo, doppio o multiplo. Sono normalmente inseriti da medici o radiologi, ma gli infermieri cominciano a posizionare questi dispositivi nello sforzo di fornire un più flessibile ed efficiente servizio ai pazienti insieme ad una riduzione delle complicanze (Hamilton et al 1995, Fitzsimmons et al 1997). I principali problemi risultano essere l'occlusione o la trombosi. I STC possono essere rimossi esercitando una trazione (associata con danno del catetere e quindi possibile embolia del catetere) o con rimozione chirurgica (Mallett and Bailey 1996). Port impiantabile Un port impiantabile è un dispositivo di accesso vascolare totalmente impiantato che è inserito sulla parete toracica, nella bassa gabbia toracica, o nella fossa antecubitale. E' composto di un corpo d'entrata contenente un setto di silicone ed è impiantato in una tasca praticata dal chirurgo. Al port si può essere accedere soltanto usando un ago a punta smussata (huber), che è inserito attraverso la pelle nel setto. L'ago può rimanere in situ solo fino a sette giorni per volta (Camp-Sorrell 1992). Il vantaggio è che il port causa meno interferenza con le attività quotidiane e l'immagine corporea non ne risulta minacciata (Camp-Sorrell 1992). Il port richiede lavaggi eparinati minimi, usualmente una volta al mese, ed è associato con un basso rischio d'infezione (Richard Alexander 1994). Lo svantaggio dei port è che richiedono ancora l'inserzione di un ago. Questa dovrebbe essere praticata solo da un medico o dal paziente istruito ad hoc per prevenire le complicanze, come lo stravaso. (Camp-Sorrell 1992). TIME OUT 1 Accerta quali tipi di CVAD sono disponibili nel tuo posto di lavoro, di quali marche e se ci sono istruzioni specifiche per il loro uso, come la durata della permanenza in situ ed il tipo di medicazione. Valutazione dei pazienti Prima di scegliere un appropriato CVAD per il paziente, va eseguita una valutazione dei suoi bisogni bisogni clinici e terapeutici: ■ L'uso previsto è a breve o a lunga scadenza? ■ La terapia prescritta è continua o intermittente? ■ Quali tipi di farmaci si stanno usando, per esempio, emotrasfusioni? ■ Quanti lumi servono: accesso multiplo, terapia di supporto? ■ Il paziente ha avuto: – precedenti interventi chirurgici,come limfedema, mastectomia? – precedenti problemi all'inserzione del CVAD? – chirurgia o radioterapia a torace o collo? – fratture, per esempio della clavicola? ■ Stato vascolare, per esempio trombosi. ■ Stabilità ematologica, per esempio trombo-citopenia. ■ Accesso venoso del paziente.

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■ Funzione respiratoria, ad esempio, capacità di sdraiarsi,asma, pneumotorace. ■ Aumentato rischio di infezione/profilo settico, ad esempio immunocompromesso. ■ Stato allergico: anestetico locale, sedazione, medicazioni o soluzioni detergenti. ■ Stabilità cardiovascolare: pacemaker, aritmie cardiache.(Hamilton et al 1995, Hamilton and Fermo 1998). Una volta valutati i pazienti clinicamente, bisognerebbe informarli sui dispositivi che più potrebbero essere adeguati per loro, in modo che essi stessi siano coinvolti nella scelta del CVAD. I pazienti coinvolti in questa decisione infatti sembrano avere una maggiore compliance con la cura del dispositivo, e il monitoraggio dei sintomi/problemi e saranno più in grado di far fronte ai cambiamenti della propria immagine corporea e delle proprie normali attività (Daniels 1995). TIME OUT 2 Usando i criteri di valutazione, seleziona e decidi quale sarebbe il CVAD più appropriato ad venire incontro a tutti i bisogni clinici e terapeutici. TIME OUT 3 Riflettete su un paziente che avete assistito e che aveva un CVAD in situ. Quali problemi psicologici, sociali e di immagine corporea poneva il CVAD a quel particolare paziente? Complicazioni associate al CVADs Ci sono molte complicanze associate con l'inserzione del CVAD (Box 1). E' stato provato che più il medico è specializzato nell'inserimento dei CVAD, più basso è il tasso di complicanze, specialmente di pneumotorace ((Nightingale et al 1997). Tutti i CVADs richiedono l'esecuzione di una lastra RX del torace dopo l'inserzione per verificare l'ubicazione della punta e controllare che non ci sia un pneumotorace. L'infermiera che inserisce o assiste il medico nell'inserzione di un CVAD deve avere conoscenza di quando ed in quali pazienti è più probabile che avvengano complicazioni e devono prevenire questa evenienza dovunque possibile. Esse dovrebbero anche avere la capacità di riconoscere e gestire qualsiasi complicazione, che dovesse accadere durante l'inserzione o una volta che il CVAD è in situ. Queste includono l'infezione, la trombosi, l'occlusione, lo spostamento, lo stravaso o linfiltrazione, e il danneggiamento del catetere (Gabriel 1999, Lamb1999). Management del CVAD Molti pazienti saranno dimessi con un CVAD in situ, dunque la conoscenza della gestione del catetere è di uguale importanza per il paziente e l'infermiere. I pazienti devono ricevere istruzioni sia scritte che verbali e bisogna assicurarsi che abbiano compreso le tecniche di cura e gestione del catetere. Ci sono quattro regole principali nella gestione di ogni CVAD: ■ Prevenzione delle infezioni. ■ Mantenimento di un sistema IV chiuso. ■ Mantenimento di un dispositivo pervio. ■ Prevenzione del danneggiamento del dispositivo (Mallett and Bailey 1996). TIME OUT 4 Elenca le caratteristiche che sarebbero importanti per un opuscolo informativo che renda i pazienti che vanno a casa con un CVAD in grado di gestire il dispositivo. Informati se il tuo servizio dispone di un simile opuscolo. Prevenzione delle infezioni Il rischio d'infezione è influenzato ai seguenti fattori : ■ Condizioni di base del paziente. ■ Igiene personale. ■ Uso di tecniche asettiche. ■ Pulizia della cute (soluzioni e tecnica).

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■ Tipo di infusioni. ■ Tipo di materiale del catetere. ■ Numero di lumi. ■ Tipo di medicazione. Tecniche asettiche e compliance con le raccomandazioni su materiale e cambi di medicazione sono essenziali se bisogna prevenire la contaminazione microbica. Ogni qualvolta il luogo d'inserzione è esposto o il sistema endovenoso è rotto, dovrebbe essere praticata la tecnica asettica. La Chlorexidina (2% in 70% di alcol) si è dimostrata a essere l'agente più efficace per la detersione della cute intorno al sito d'inserzione del CVAD prima dell' inserzione e tra i cambi di medicazione. Comunque, soluzioni allo 0.5% sono più comunemente disponibili in UK (et di Maki al 1991, Perucca 1995). Solutioni detergenti dovrebbero essere usate non solo sui siti d'inserzione, ma anche per pulire raccordi e connessioni. Viene anche raccomandato di pulire vigorosamente con disinfettanti appropriati i coni d'iniezione (Brown et al 1997). L'asciugatura di qualsiasi soluzione di pulizia è vitale perchè la disinfezione sia completa.La frequenza della pulizia del luogo d'inserzione dipenderà dal tipo di medicazione usato. In ogni caso il sito d'inserzione dovrebbe essere controllato regolarmente, per verificare eventuali segni di infezione. Indolenzimento, piressia inaspettata ed una medicazione danneggiata, bagnata o sporca sono ragioni per ispezione immediata e rinnovo della medicazione (Mallett e Bailey 1996). Lo scopo di una medicazione di un sito endovenoso è minimizzare la contaminazione del sito d'inserzione e fornire stabilità al dispositivo. Perciò la medicazione ideale dovrebbe fornire una barriera efficace per i batteri, permettere che il catetere sia fissato in maniera sicura, sterile, facile da applicare e rimuovere, ed essere comodo per il paziente (RCN/ICNA 1992). Le medicazioni trasparenti permettono d'ispezionare il luogo dell'inserzione senza essere rimosse, e la maggior parte di esse è a tenuta d'acqua (Baranowski 1993,Keenleyside 1993) .Pare che le medicazioni trasparenti semi-permeabili permettano solo la traspirazione r devono essere cambiate solo una volta a settimana. Se comparate alle medicazioni con garze sterili, non sembra esservi differenza significativa nei tassi d'infezione e la medicazione semi-permeabile potrebbe ridurre davvero il rischio di infezione (Keenleyside 1993, et Treston-Aurand al 1997). TIME OUT 5 Valuta un paziente con un CVAD in situ. Usando la lista scrivi delle brevi note su come è possibile affrontare il rischio di sviluppare un'infezione e quali misure preventive potresti implementare. Mantenere un sistema IV chiuso La disconnessione accidentale pone a maggior rischio i pazienti con sistemi di accesso venoso centralerispetto a quelli con accesso periferico. Questo può produrre embolia gassosa o emorragia, il cui effetto dipenderà dalla condizione del paziente (Ostrow 1981). Materiali con sistemi tipo Luer-Lock forniscono un collegamento sicuro e tutto il materiale attaccato a un CVAD dovrebbe avere set d'infusione, prolunghe e coni d'iniezione.

BOX 1: Complicazioni all'inserzione di un CVAD

■ Idrotorace ■ Emotorace ■ Pneumotorace ■ Aritmia Cardiaca ■ Tamponamento cardiaco ■ Trauma del dotto toracico ■ Danno del plesso brachiale ■ Embolia gassosa ■ Embolia del catetere

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■ Emorragia ■ Maldirezione o torsione

Mantenere la pervietà di un CVAD E' sempre importante mantenere la pervietà del CVAD. L'occlusione predispone il CVAD a danni, infezioni, disagio al paziente e interruzione della terapia. Sebbene la più comune causa di blocco sia un coagulo di sangue, è importante accertare ciò che l'ha causato. L'occlusione può essere dovuta anche alla formazione di precipitati (dovuti a lavaggi inadeguati tra le infusioni di farmaci incompatibili) o a emulsioni di grassi dalla NPT dove gli agenti fibrinolitici non saranno efficaci e l'uso di alcol etilico o acido cloridrico è quindi raccomandato (Baranowski 1993, Reed and Phillips 1996). La punta del catetere potrebbe anche essere coperta da una guaina di fibrina, che può risultare in una persistente occlusione al prelievo (Mayo 1998, Richard Alexander 1994). Una guaina di fibrina funge da valvola unidirezionale permettendo la somministrazione di fluidi e farmaci attraverso il catetere, ma non permettendo il prelievo di sangue (Mayo and Pearson 1995). L'occlusione del CVAD causata dalla formazione di un coagulo può essere dovuta a: ■ Un set d'infusione o una pompa lasciata accidentalmente spenta per un lungo periodo. ■ Lavaggio insufficiente o incorretto del CVAD non in uso (Mallett and Bailey 1996). La pervietà può essere mantenuta sia tramite l'infusione continua (keep vein open, KVO) o con lavaggi intermittenti. Comunque, se usato per terapie intermittenti, il CVAD dovrebbe essere lavato dopo ogni uso, con una adeguata soluzione di lavaggio. Sembra ancora esserci una mancanza di consenso, nazionalmente e anche a livello regionale circa la miglior pratica per mantenere la pervietà dei CVAD (Clemence 1995, Kelly 1992). Due tipi di soluzioni sono usate per mantenere la pervietà negli accessi vascolari centrali. L'eparina è usata per prevenire la formazione di fibrina e il cloruro di sodio è usato per pulire il diametro interno del dispositivo da sangue e medicine (ONS 1996). Tutti i CVAD dovrebbero essere lavati con 10-20ml di soluzione fisiologica dopo il prelievo di sangue (ONS 1996). La fisiologica eparinata appare essere la soluzione indiscussa per mantenere la pervietà di cateteri venosi centrali per uso intermittente (et di Kelly al 1992). L'uso di fisiologica da sola non è ancora molto esteso (eccetto con certi tipi di catetere come i Groshong muniti di valvola). Quando si usano sistemi d'infusione dei medicina impiantati,dovrebbe essere consultata la scheda tecnica del produttore con riferimento all' eparinizzazione. La raccomandazione più estesamente indicata è un lavaggio mensile con 500 unità di eparina (ONS 1996, Springhouse Corporation 1999). Viene usata una varietà di volumi,1-5ml quello più usato, e questo può dipendere dalla lunghezza e taglia del catetere. La maggior parte dei cateteri hanno un volume interno tra il 1 e il 3ml, sebbene il PICC possa essere minore di 0.5ml. Procedure di lavaggio che variano da una volta al giorno a una volta a settimana sono risultati essere efficaci. È stato suggerito che uno degli aspetti più importanti per mantenere la pervietà è il metodo di irrigazione (Baranowski 1993). È importante usare un metodo pulsante (spingere-pausa-spingere), indipendentemente dall'ammontare di soluzione usata, per creare un flusso turbolento (amministrare soluzioni di un 1ml alla volta) e completare la procedura che usando la tecnica della pressione positiva. Questo si realizza clampando con un morsetto il catetere o la prolunga mentre s'inietta prima che la siringa sia completamente vuota. Altrimenti, la pressione può essere mantenuta sullo stantuffo della siringa mentre si sfila la siringa dal gommino, prevenendo così il reflusso di sangue nella punta del catetere e riducendo il rischio di coagulazione e blocco (Baranowski 1993). La punta del catetere influenza il grado di occlusione. I cateteri a punta aperta permettono il reflusso di sangue se non vengono irrigati usando la tecnica corretta, mentre quelli a punta chiusa muniti di valvolei, come i cateteri muniti di valvole tipo Groshong, mirano a prevenire il reflusso. Questo è realizzato con una valvola a due o tre vie nella punta che si apre solo quando viene esercitata pressione (Field 1988, Weinstein 1997). Altri cateteri hanno valvole di sicurezza

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nel fulcro prossimale del catetere (Inwood 1999). Alcuni fabbricanti hanno prodotto cappucci per iniezione, che creano una pressione positiva riducendo così il rischio d'occlusione. Sbloccare un CVAD Se capita un'occlusione, l'aspirazione delicata può rimuovere il coagulo e un lavaggio con fisiologica o soluzione eparinata potrebbe essere sufficiente a ristabilire la pervietà. La pressione delicata e l'aspirazione potrebbero dover essere ripetuti se il catetere è rimasto inatttivo a lungo e si è formato un grosso trombo. I cateteri in silicone si dilatano se sottoposti a pressione e lasciano passare I liquidi intorno al coagulo, permettendo la sua rimozione. Comunque solo le siringhe da 10ml o maggiori dovrebbero essere usate per cercare di sbloccare i CVAD. Siringhe più piccole sembrano creare un pressione più grande di libbre per pollice quadrato (il psi). Questo può produrre rottura del catetere e/o dei coaguli con immissione forzata nel sistema venoso (Hadaway 1998). Un sistema che usi pressione negativa (Gabriel 1996) è raccomandato poichè permette l'instillazione di un agente fibrinolitico senza aumentare la pressione nel catetere. La forza eccessiva non dovrebbe mai essere usata nell'irrigazione dei CVAD. Comunque, quando il lume del catetere è totalmente pervio, la pressione interna non aumenta durante l'irrigazione (Hadaway 1998). Se si avverte una resistenza (dovuta a un'occlusione parziale) ed si fa forza sullo stantuffo, si potrebbe produrre un'alta pressione nel catetere che si potrebbe poi rompere (Conn 1993, Hadaway 1998). E' in atto una discussione riguardo alla taglia della siringa usata per tutte le somministrazioni di farmaci. Conn (1993) raccomanda l'uso di siringhe da 10ml (o più grandi), specialmente quando si usano port. Comunque, Hadaway (1998) raccomanda che il CVAD sia controllato prima con 10ml di fisiologica e se non c'è nessuna pressione o occlusione, sarà poi sicuro usare una siringa più piccola. Gli enzimi urokinasi e streptokinasi sono stati entrambi usati per sciogliere trombi e ripristinare la pervietà nei cateteri. C'è comunque un generale problema di disponibilità dell' urokinasi, così i medici stanno guardando ora all'uso dell' attivatore tisssutale del plasminogeno (TPAs) come ad un'alternativa (Moureau et al 1999). TIME OUT 6 Considera il comportamento in uso nella tua realtà rispetto ai lavaggi del catetere – cosa viene usato, con quale frequenza e usando quale tecnica? Informati sulla procedura per sbloccare il CVAD e se la questione dei problemi dell'urokinasi è stata analizzata. Prevenzione e cura di un CVAD danneggiato Un danno può accadere per molte ragioni: ■ La maggior parte dei CVADs sono fatti di silicone, che è incline a incrinarsi o a rompersi se maneggiato non correttamente. Fortunatamente si possono effettuare riparazioni, temporanee e permanenti, ma prevenire, usando propriamente lo strumento è preferibile. ■ Sindrome del pizzico (dove il catetere rimane intrappolato fra clavicola e prima costola) può causare rottura del catetere (Reed and Phillips 1996, Verhage and van Boemel 1999). ■ Usare siringhe piccole può portare ad un aumento di pressione all'interno del catetere, conducendo alla rottura del catetere (Gabriel 1999). In caso di incidente, l'infermiere dovrebbe immediatamente clampare il catetere in vicinanza della rottura o dell'incrinatura per prevenire perdite di sangue o embolia gassosa. L'area incrinata dovrebbe essere coperta con un tampone imbevuto di alcol e dovrebbe essere eseguita una riparazione d'emergenza in asepsi. Conclusioni Un CVAD può fornire al paziente un'affidabile forma di accesso per tutti I suoi bisogni terapeutici. Comunque, l'inserzione di questi strumenti non è senza rischi, e scegliendo il giusto tipo, ed assicurando un'adeguata assistenza al CVAD una volta in situ, l'infermiere può prevenire la maggior parte delle complicazioni associate. TIME OUT 7

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