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Gente Bracciano Maggio 2015 numero 3 di

Gente di bracciano maggio 2015

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Un nuovo numero della rivista che approfondisce fatti del territorio sabatino tra storia, arte, cultura e società [email protected]

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GenteBraccianoMaggio 2015 numero 3

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GenteBraccianodi

Maggio 2015 Numero 3

Dedicatoa Gisella

Editore: AssociazioneGente di BraccianoPresidente: Claudio CalcaterraDirettore responsabile:Graziarosa VillaniRedazione:Francesco Mancuso, Vittoria Casotti,Mena Maisano, Biancamaria Alberi,Luigi Di GiampaoloCollaboratori: Massimo GiribonoFabercross, Pierluigi GrossiRegistrato al Tribunaledi Civitavecchia n. 1388/2014

Bruno Buozzi: l’orgoglio dell’operaio metallurgicoLaico, socialista, riformista, dalla Fiom ai vertici della Cgil.Trucidato dai nazisti il 4 giugno del 1944

La ricerca delle proprie radici e la consape-volezza della propria storia sono sempre

un atto di saggezza. Chi non ha il senso delpassato, vive il presente senza un progetto enon può pensare di costruire il futuro.E’ un principio che vale per i singoli ma che

diventa regola per i giovani e i meno giovani.Un insieme di idee, di esperienze, di vite hasenso e acquista significato se c’è un collante“identitario” che fa divenire una unica cosa lediversità tra generazioni.Spesso, questo collante non è solo un’ideo-

logia, non è solo idee, progetti, azioni. Ma è unuomo, che, in un dato momento storico, hasaputo diventare espressione eloquente di unavisione della politica, della società, dell’eco-nomia. Uno di questi uomini è stato BrunoBuozzi. Segretario della ConfederazioneGenerale del Lavoro, assassinato dai nazisticon 14 compagni sulla Cassia nei pressi dellatenuta Grazioli, a Roma alla Giustiniana.Bruno Buozzi si forma a Milano, ove si reca

agli inizi del Novecento poco più che ventenne,trovando occupazione prima alla Marelli e suc-cessivamente alla Bianchi. Nel 1905, a 24 anni,

d’operaio italiano dei primi del secolo: l’ope-raio metallurgico. Intelligente, umano, orgo-glioso della sua “dignità” professionale; chesta a testa alta di fronte al padrone, rispettato erispettoso; che legge “L’origine della specie” efrequenta l’università popolare e i loggionidella stagione lirica. Che ammira la tecnicatedesca e odia il Kaiser; che ama i nichilistirussi e vota per Turati.L’operaio socialista, cosciente di essere pro-

tagonista di una nuova storia che incomincia,da lui, operaio metallurgico.Bruno Buozzi, lungo il corso della guerra,

contribuì alla ricostruzione del sindacato inItalia e se non fosse stato ucciso, avrebbe sicu-ramente dato un enorme contributo alla crescitae allo sviluppo del sindacato nella giovanedemocrazia repubblicana. Si batté per avere unsindacato unitario. Per lui l’unità non significa-va assolutamente appiattimento su posizioniprecostituite. Il Patto di Roma per l’unità sinda-cale fu firmato il 9 giugno del 1944, ma vennedatato 3 giugno (il giorno prima dell’assassiniodi Buozzi) in omaggio alla sua memoria.

A cura di Claudio Calcaterra

si iscrive alla Fiom (la Federazione ItalianaOperari Metallurgici) nata nel 1901. Sempre inquegli anni, prende la tessera del PartitoSocialista , militando tra i riformisti ed avendocome punto di riferimento Filippo Turati.Autodidatta, studia ottenendo con grandi sacri-fici un titolo di formazione professionale tecni-ca. Rimane affascinato dalla società umanita-ria, una istituzione milanese che rappresentauna sorta di università per il mondo del lavoro:una fucina di idee che forgia una cultura edunetica del lavoro moderne e riformiste per lamilitanza nel sindacato e nei movimenti socia-listi. Buozzi frequenta “L’Umanitaria”, succes-sivamente diviene insegnante di una scuola diarti e mestieri nella stessa società. Buozzi sicaratterizza subito per la visione riformista nel-l’azione sindacale a cui rimarrà fedele per tuttala vita, con una forte tensione morale ed unapaziente e continua ricerca del consenso nellosvolgimento degli incarichi ricoperti.Della schiera degli organizzatori sindacali di

prima del Fascismo, usciti dalla feconda scuo-la della fabbrica, Bruno è indubbiamentequello che più di ogni altro rappresenta il tipo

Il sindacalista Buozzi all’uscita da Montecitorio nel 1924

Maggio 2015 Gente di Bracciano

Stampa: Tipo-Offset AnguillaraVia dei Vignali, 60Anguillara Sabaziasu carta riciclata

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Lezione di vitaLa voglia dell’anima che è il corpo.La detestabile percezione dell’effimeroSì, l’oscura materia, animata dalla tua mano,sono io, la parola strisciandoSarà la tua orma. La tua stessa ombra.Fu la tua unica e sleale avversaria.Questa casa vuota ch’è il mio corpo.Dove non tornerai.In quella rovina, fiorisce la cancrenadell’amore, la mortale vittoria della carne,e una spina di sangue, nell’occhio della rosa.Silenzioso gergo del cuore, connubiodi strozzata melodia, e agonia gioiosa.Metti un’anima, se la trovi.Blanca Valera

(A cura di Claudio Calcaterra)Dedicata a Mariella nel terzo anniversario della sua scomparsa

La storia abita anche quiMa quanto si potrà scrivere solo su Bracciano? Era questa una delle domande che la

redazione si faceva esordendo con questa nuova rivista “Gente di Bracciano”. Potevaessere una visione del mondo limitata appena a ciò che ruota attorno al castello dalle cin-que torri e al campanile del duomo di Santo Stefano. Eppure, numero dopo numero, conpiacere, la redazione va scoprendo che sono innumerevoli gli aspetti di Bracciano da appro-fondire, da riscoprire, da riproporre. Ed anche in questo numero la piccola storia si intrec-cia con la grande storia. Dalla vicenda dell’eroe Negretti morto nella Grande Guerra al con-fronto tra il grande scienziato Galileo e Paolo Giordano II. Dal vertice per fare l’Europa alcastello al racconto della originale orchestra mandolinistica della Primavera. Dalla tradizio-ne del solco diritto per il Santissimo Salvatore alla vicenda del Caffè Grand’Italia. Il lavo-ro così, numero dopo numero, ci appassiona e forti di nuove prestigiose collaborazioni con-tinuiamo a dar vita ad un progetto editoriale che fa da ingrandimento ai piccoli grandi fattiavvenuti nei secoli sotto il cielo di Bracciano.

In 70mila in lotta contro il tumore del senoGrandissimo traguardo raggiunto

quest’anno a Roma dalla storicacorsa per la vita della Susan G.Komen Italia il 15, 16, 17 maggio2015 con oltre 70.000 partecipanti.Un evento organizzato sotto l’AltoPatronato della Presidenza dellaRepubblica. Ai nastri di partenzainsieme alle madrine dell’eventoMaria Grazia Cucinotta e RosannaBanfi come sempre c’era lui,Riccardo Masetti, direttore dell’unitàoperativa di chirurgia senologica,direttore del centro integrato di seno-logia e presidente della Susan G.

Komen italia che dal 2000 opera per la lotta al tumore del seno. C’erano molte personali-tà a sostenere le oltre 5.000 “donne in rosa”, donne che si sono confrontate o che si stan-no confrontando col tumore del seno e che hanno indossato una speciale maglietta rosa pertestimoniare che insieme si può vincere la malattia. Evento di spicco dell’edizione è statocome ogni anno il villaggio della salute della donna dove uno staff medico diretto da AlbaDi Leone, chirurgo e senologa della Susan G. Komen Italia, ha effettuato gratuitamenteconsulti e accertamenti diagnostici più approfonditi valutati caso per caso dall’équipemedica, come ecografie senologiche mammografie, agoaspirati, visite ginecologie e pap-test, consulti per patologie tiroidee. Sono state offerte 2.500 prestazioni mediche.

A cura di Michela Testa

Rosa di sera 2015a cura di Associazione Susa G. Komen Bracciano

foto di copertina a cura di

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54Maggio 2015 Gente di Bracciano Maggio 2015 Gente di Bracciano

Nel 1920 Anna e Achille tornano aBracciano, la grande paura è passata.Nel 1923 Achille e Anna affittano dai

principi Odescalchi il locale del barGrand’Italia. Chiedo perché quel nome.Mi guardano divertite e orgogliose: “ilbar più grande e famoso di Roma, inpiazza Esedra, era il caffè Gran-d’Italia…anche Bracciano dovevaavere il suo Grande Caffè Italia, lodovevano, lo dobbiamo alla nostraamata terra!!!”.L’ambiente era una fucina di maniscalco

e i coniugi hanno dovuto “sistemarlo” perrenderlo commerciale. Il locale allora eralungo meno dell’attuale bancone, anchequi era frequentato da soli maschi, si co-noscevano tutti e quello era il luogo delleloro chiacchierate, dei loro sfottò, la seradopo il lavoro. Ogni tanto arrivava qual-che donna a prelevare il suo uomo un po’fuori giri, ma non s’azzardava mai a supe-rare la soglia del bar.Narrano che un pomeriggio, nel giorno

della festa del patrono, nel bar, pieno digente, Margherita “scomparve”. Achille eAnna fecero il giro della festa strillando ilsuo nome, nulla, la paura cominciò a pren-derli, finché, tornati affranti nel locale,furono avvicinati da un avventore occa-sionale del bar che chiese loro se stesserocercando una bimba piccola e soave, allarisposta speranzosa di Achille e Anna sor-rise un po’ e li portò su una panca dove labimba s’era addormentata… ”me ne sonoaccorto solo perché stavo per sedermisopra di lei…”, disse tra il divertito e ilrimbrottoso. Margherita passa le sue gior-nate al bar, cresce nel bar, ai quindici annicomincia a fare esperienza alla cassa.Scorgo la foto di Margherita, una donna

dal sorriso gioviale, aperto, il bar donasicurezza e fiducia alla famiglia. NelGennaio 1939 il bar viene ampliato, fino adove oggi c’è l’archetto che immette nelsalone. Lo testimoniano i documenti deipermessi ottenuti e delle fatture pagate,solo il bancone costò 31.209 lire, pavi-menti 2.283 lire, n.3 biliardi ecc. Arrivaanche un prezioso radiofonografo, lo testi-monia la fattura di 2.678 lire del 20 giugno1939 e Carmelita, amava sentire al fono-grafo Lili Marlene, quella musica le inon-dava il cuore.

che risiedeva nel taschino della sua giacca.Achille era un romanista sfegatato e

quando nel 1942 la Roma vinse lo scudet-to decise di pavimentare il suo bar conpiastrelle gialle e rosse, con un motivo alisca di pesce, era tanta la sua passione chenon pensò affatto di non manifestare lasua passione, se i laziali volevano entrarebenvenuti, ma in casa giallorossa!Nel 1914Achille eAnna si trasferiscono

a Brescia, dai fratelli di Anna, Alessandroe Rodolfo. Si stava avvicinando la tempe-sta, la prima guerra mondiale, e pensaronoche lassù sarebbero stati più sicuri. Feceroil viaggio in un camion malmesso, senzamai fermarsi, anche quando qualcuno,avvinghiato ai bordi, per effetto dei sob-

balzi, si ritrovava a mordere la polvere!Achille evitò di partire per il fronte, clau-dicava, un’anca gli era rimasta “storta”dopo essere caduto da un tavolino treppie-de, in che modo le sorelle non lo ricorda-no. Era soprannominato “grimaldello”,ma non ci sono notizie certe dell’eventoche gli affibbiò quel nomignolo. Nel ’15nasce Luisa e nel ’17 nasce Margherita, lamadre di Carmelita e Anna.

Ègiorno di riposo per il caffè Gran-d’Italia. Mi accomodo in un angolo

del bar e incontro le sorelle Carmelita eAnna, proprietarie del locale. Mi accolgo-no con una cartella di vecchi documentiche narrano la lunga storia del bar e unalbum di fotografie, rilegato in cuoio conun’immagine in rilievo, una “chicca”,dove mi guardano cinque generazioni chehanno permesso al Grand’Italia di diven-tare un punto di riferimento importanteper Bracciano.Carmelita ha passato una giornata a rior-

dinarli, ride di cuore quando mi fa leggereuna vecchia fattura, tra le tante voci c’èquella di una porta in legno massello di160 lire, la porta del “cesso” c’è scritto,tanto perché non nascessero equivoci!La storia a due voci del Grand’Italia ini-

zia con la presentazione diAchille Dolcinie Anna Buffoni, nonno e nonna di Carme-lita e Anna, lui del 1890, lei del 1895.Aprirono l’antenato dell’attuale bar, in

via Agostino Fausti, là dove oggi c’è lalibreria Giunti.Vendevano caffè, liquori, caramelle,

maritozzi e quant’altro ai loro avventori,rigorosamente maschi, spesso i sottuffi-ciali e gli ufficiali della caserma che nonpotevano farsi vedere con la “soldataglia”nelle bettole di Bracciano a bere vino egodersi un paninazzo alla mortadella, que-stione di decoro!In una foto si vede il padre di Achille,

cocchiere dei principi Odescalchi, ha unosguardo di sfida al mondo, lo chiamavano“pìommo”, forse si trattava del piombo,per via di quel grande orologio a catena

Carmelita e Anna: Caffè Grand’ItaliaL’eredità di passione e di lavoro dal nonno Achille Dolcini. Lo storico locale tra ricordi d’infanzia,aneddoti e ospiti di fama come il libico colonnello Gheddafi e il compianto Enzo Tortora

A chiudere il bar verso l’interno unaporta, oltre, la vigna e il pollaio. E arrivaSirio, il padre di Carmelita e Anna. E’capofficina nella fabbrica di aerei chesorge giù al lago, vicino a Persichella, rac-contava spesso del suo lavoro e della suaammirazione per le “sarte” che cucivanoparti delle ali dei “Caproni da combatti-mento” che lì si costruivano. Era una fab-brica importante per Bracciano, vi lavora-vano più di cento persone! Quel lavoro glievitò di partire per la seconda guerra mon-diale, c’era bisogno di aerei da combatti-mento! Finito di lavorare Sirio amava fareuna capatina al bar e fu così che s’invaghìdella giovane cassiera.Dai oggi e dai domani s’innamorarono e

si sposarono, nel 1941, il 29 ottobre del1941. Il 28 ottobre scadeva lasovvenzione per le famiglieche si costituivano, servivapopolo per le baionette.Sirio e Margherita decisero

di sposarsi il giorno dopo, nonvolevano quella sovvenzione,era gente con la schiena dritta,orgogliosa e con senso profon-do di sé e della loro vita. Inquel periodo il bar era frequen-tato in maggior parte dalletruppe tedesche di stanza aBracciano. Fu un periodo diffi-cile per Bracciano, per il bar,per Achille e Anna. Dopo l’8settembre Bracciano visse mo-

menti drammatici con i bombardamentioperati dai tedeschi acquartierati sulle col-line sopra Manziana: la scuola d’artiglie-ria, la ferrovia e la fabbrica di aerei eranoi loro obiettivi. Carmelita, nata nel 1942,ricorda ancora quei botti furiosi, i suoigenitori la trovavano spesso a letto con lemani a coprire le orecchie, per far sparirequei rumori di morte.Ancora oggi i fuochid’artificio non le sono molto simpatici.Ricorda anche quella stanza del castello,

messa a disposizione dai principi Ode-scalchi, dove si rifugiavano durante ibombardamenti, un interrato con una pic-cola grata affacciata sull’esterno e ricorda,oltre i rumori, i lampi delle granate checadevano dal cielo. Carmelita e Anna pas-sano il dopoguerra nel bar, lì studiano,

mangiano, la nonna preparava loro i pastinel cucinino dietro al bar.Chiedo loro in che rapporto fossero con

il bar che vivevano più della loro casa.Carmelita mi dice, con tono pacato, che inlei si sviluppò un senso di amore e ranco-re insieme, il bar era spesso come una pri-gione dorata, le amiche, il sabato e ladomenica, alle feste e lei lì, con la testaaltrove. Anna, invece, ha un ricordo piùgioioso. Racconta che spesso usciva dascuola con il tema dove aveva preso unsonoro dieci e si fiondava nel bar con lepagine in bella vista per farsi ammirare,dice anche che qualche avventore le rega-lava anche dieci lire, per premiare il suostudio. Nel 1950 il bar conosce un suomomento di “gloria”. Al posto della vignae del pollaio nasce una pista da ballo.Viene fatta una pavimentazione, un per-

golato con vite canadese e passiflora e unafontana al centro, il sabato e la domenicasera un’orchestrina a cantare e suonare learie di quei tempi ruggenti del dopoguer-ra, i maschi a chiedere un ballo alle fem-mine, rigorosamente accompagnate damadri, padri, zii e fratelli. E’ un tempod’oro per il bar. Arriva il telefono n. 4 diBracciano, dopo quello dei carabinieri, delcomune, delle poste e compagnia cantan-do, e arriva anche il centralino telefonicodove file di soldati di leva vengono persentire le voci dei loro cari lontani. Arrivail televisore Geloso, uno scatolone a tubicatodici, uno dei primi di Bracciano, dovespopolano “Lascia e raddoppia”, la popo-lare trasmissione di Mike Buongiorno, e lepartite di pallone, con il codazzo di com-menti e sfottò più o meno edulcorati.Insomma un luogo dove la comunità brac-cianese, maschile, si ritrova, per parlare,sparlare, sfottere, discutere, tutti insieme,appassionatamente. Improvvisamente miraccontano di Gheddafi, sì, proprio il dit-tatore libico assassinato nel 2011 durante

la guerra civile, che ha fatto lascuola di guerra a Bracciano.Racconta Anna che fu uno deiprimi uomini di colore che vide,tra la sorpresa e la curiosità. Nel1966 Sirio e Margherita decido-no di cambiare ancora una voltal’aspetto del caffè così il giardi-no diventa una sala da te con duebiliardi. Poi il bar, verso la finedegli anni ’60, vive un periodotravagliato. Viene dato in gestio-ne a diverse famiglie con esitialternanti, finché, nel dicembredel 1993 Carmelita, Anna e ifigli di Carmelita, Marco e Luca,decidono di riprendersi l’attività.

Da sinistra in primo piano, Elena Quinti, l’ingegner Nati (CampanileSera) Giacomina Starnoni, Stefano Sodano.In secondo piano da sinistra, Margherita Dolcini e Anna Anselmi

Achille Dolcini, 15 luglio 1941

Da sinistra: Baglioni, il cameriere Augusto,Achille Dolcini, e Sirio Anselmi

Enzo Tortora dialoga con Margherita Dolcini ai tempi di Campanile Sera

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76Maggio 2015 Gente di Bracciano Maggio 2015 Gente di Bracciano

Negli anni ’60 il Grand’Italia diventa anche punto telefonico per i soldati di leva

Al castello di Bracciano il 6 novembre 1971 si tiene il vertice tra 10 ministri in vista dell’allargamento europeo. Fotogrammi tratti dal “servizio L’Europa si muove”

Marco Di Pietro, Alberto Tomba, Anna Anselmi e la fidanzata di Alberto Tomba, 83 novembre 19989

Carmelita e Anna hanno un momentodi riflessione, hanno qualcosa da racconta-re ma non sono certe di doverlo fare. Poi ilracconto si snoda, è la morte di Achille,quasi un compendio per la sua vita passataa fare grande il bar Grand’Italia. Era l’8dicembre 1949 e come spesso capita neigiorni di festa si mangia e si beve un po’ dipiù. Poi c’è la gestione del bar eAchille vaa sistemate alcuni prodotti nella cella fri-gorifera, un po’ già soffriva di cuore e quelfreddo compì il mistero della morte, pro-prio nel suo bar, con la mano nel taschinoalla ricerca delle sue pillole, senza nullasoffrire, nel suo bar. Chiedo a Carmelita eAnna di loro, delle loro attività, dei lororicordi. Carmelita mi racconta dei suoistudi al pianoforte, anche qui un rapportodi rancore e amore. Per un anno non hapigiato un tasto, solo studio e solfeggio,poi arie di opere, un giorno portò alla prof.uno spartito di papaveri e papere, lo strap-pò in mille pezzi soffiando gelidamenteche quella non era musica! Anna mi parlainvece della sua passione per i vini, è unasommelier e ama il profumo e il gusto del-l’amarone. Fa parte di associazioni di eno-logi e promuove iniziative.Mi sento catturato dalle mura del bar,

piene di splendide fotografie di Bracciano,splendida quella della nevicata del 1956.Chiedo loro di parlare degli avventori

che sono passati per il bar e mi raccontanoun po’di storie di personaggi che sono pas-sati di lì.Una fotografia mostra gli attori del film

“Arrivano i dollari”, interpretato da unostraripanteAlberto Sordi e diretto daMarioCosta nel 1957. Alcune scene sono stategirate a Bracciano e nella foto si vede TuriPandolfini che sorseggia l’ottimo caffè delbar Grand’Italia. In un'altra c’è Fabiolo,

fratello di Fabiola, moglie di re BaldovinoI del Belgio, o meglio c’è don Jaime deMora y Aragón, nobile, attore, pianista,cantante, è lì mentre gira il famoso film“Il giudizio universale” di Vittorio DeSica e Zavattini, dove don Jaime faceva laparticina dell’ambasciatore. Poi Carme-lita mi racconta di Enzo Tortora e di Cam-panile sera, il famoso programma deglianni ’60 diretto da Mike Buongiorno edEnzo Tortora, un "gioco collettivo" inquanto veniva data la possibilità di gioca-re al pubblico che partecipava alla tra-smissione e a quello da casa. Attraverso ilgioco il pubblico veniva a conoscenzadella realtà dei piccoli paesi italiani edinfatti il filmato che dava inizio alla pun-

tata del quiz descriveva il paesaggio e larealtà produttiva dei comuni in gara.Bracciano vinse sette volte, contro Este,

Carpi, Ostiglia, Santa Maria Capua Vete-re…rimase famoso per la sua tensione e ilsuo brio lo scontro vinto contro Sa-lice…alla fine della vittoria tutti a festeg-giare al caffè Grand’Italia con EnzoTortora, che dirigeva la piazza braccianese.E che dire di Alberto Tomba e del suo

film “Alex l’Ariete”, dove faceva il poli-ziotto, un colossale flop di DamianoDamiani causa la pessima recitazione degliattori e l’approssimazione del copione edella sceneggiatura. Finito di girare alcunescene l’Albertone nazionale si rifugiava albiliardo del caffè Grand’Italia, ma nonvoleva nessuno tra i piedi e così il bar chiu-deva i battenti prima dell’orario prefissato.Stiamo per lasciarci, dico a Carmelita e

Anna che vedo la “meraviglia” di queltempo in cui la fontana, il pergolato, l’or-chestra donavano al bar la magia di unsogno. Un ballo, uno sguardo, un amoreche nasce…quasi non sento che mi stannodicendo che qui si facevano anche incon-tri di pugilato…rivado alla storia diPersichella, della palestra Audace, delbraccianese Curzio Sala, un talento, e acome, a volte, sanno incontrarsi storie evite…chissà se non fu proprio lui a com-battere quell’incontro…rigiro tra le manil’album delle foto, carezzo la brossura incuoio, m’infilo in quei volti austeri, fieri esogno, il futuro del caffè Grand’Ita-lia…grazie Carmelita, grazie Anna.

Francesco Mancuso

L’Europa di oggi è nata anche aBracciano. Il 6 novembre del 1971al castello Odescalchi di Bracciano sitiene uno storico vertice. Dieci ministridegli esteri si riuniscono per dare segui-to ad un percorso che dal mercato co-mune europeo conduca all’Europa poli-tica senza frontiere al proprio interno.E’Aldo Moro, all’epoca titolare della

Farnesina, a fare gli onori di casa.I ministri arrivano con un lungo cor-

teo di auto blu, varcano il cancello, pas-sano sotto l’arco di ingresso, entranodallo scalone del castello fino alla Saladelle Armi dove si tiene il vertice. Morosorride. Il tutto è immortalato da un“rotocalco cinematografico” dell’Archi-vio Luce. Attorno ad un tavolo sono sedu-ti i ministri di Lussemburgo, Belgio,Olanda, Italia, Francia, GermaniaOccidentale, Gran Bretagna, Norvegia,Irlanda, Da-nimarca.“Dieci Paesi per una sola Europa”

chiosa il cronista del servizio Luce“L’Europa si muove”. E’ un vertice pro-ficuo, quello di Bracciano.Si decide infatti di indire un nuovo

anche la occasione per uno scambio diinformazioni e di valutazioni sulle que-stioni di attualità internazionale”.L’euroscetticismo di questi giorniavrebbe certo amareggiato Moro chesempre riferendo in aula dei vertici diRoma e Bracciano del 1971 aveva paro-le di forte ottimismo.“Siamo convinti - ha detto - che l’al-

largamento del-la Comunità europeaassicurerà un mi-gliore equilibrio al suointerno e faciliterà il processo di inte-grazione, rafforzando la posizionedell’Europa nel mondo quale fattore dipace e di progresso”. Una integrazioneche oggi è ancora un traguardo da rag-giungere.Gli esiti dell’incontro di Bracciano e

di quelli del 1972 portarono il 1° genna-io del 1973 all’entrata nella Comunitàeuropea di Regno Unito, Danimarca edIrlanda. Non fu così per la Norvegia,oggi potenza petrolifera. I norvegesiinfatti con referendum, per ben duevolte (la prima il 25 luglio 1972) vota-rono “no” all’entrata in Europa.

Graziarosa Villani

summit per il 1972 che riunisca i capi diStato. Ed è lo stesso Moro riferendo inParlamento a sottolineare i passi inavanti fatti sia nel vertice del 5 novem-bre 1971 a Roma tra i Paesi fondatori,sia al vertice del 6 novembre 1971 alCastello Odescalchi di Bracciano allar-gato ai Paesi candidati ad entrare nel-l’allora mercato unico europeo.Dal resoconto parlamentare emerge

che Moro “indica lo sviluppo dellaComunità, con particolare riguardoall’unione economica, e monetaria, e ladefinizione delle prospettive che siaprono tanto sul piano della organizza-zione interna della Comunità allargata,quanto su quello delle sue relazioni eresponsabilità esterne”.“Si intende così arrivare - si legge nel

resoconto della seduta del 12 novembre1971 - alla definizione di un’identitàdell’Europa, sia nella sua struttura pro-pria, sia nella sua posizione verso iPaesi terzi, e specificamente gli StatiUniti, l’Est europeo ed i Paesi emergen-ti”. Moro aggiunge poi “che le riunionidi Roma e di Bracciano hanno offerto

Nel 1971 Aldo Moro a Bracciano per fare l’EuropaImportante vertice al castello Odescalchi con i Paesi che diverranno comunitari nel 1973

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8 9Maggio 2015 Gente di Bracciano Maggio 2015 Gente di Bracciano

Controcorrente 7: attorno alla Expo, cibo e alimentazionePro-Expo o no-Expo, guelfi o ghibellini, romanisti o laziali,bianchi o rossi, sembriamo un popolo di gente “decisa”, o

con me o contro di me, quasi mai a ragionare, a capire, a riflet-tere, a cercare ragioni, anche la Expo sembra diventata un’occa-sione d’oro per esprimere questa nostra “qualità” litigiosa.Feuerbach diceva che l’uomo è ciò che mangia.Heliot che nessuno può essere saggio a stomaco vuoto.Totò osservava che l’appetito non vien mangiando, ma quan-

do si è digiuni.Shakespeare, nell’Otello, atto I, scena III, scriveva che “di-

pende da noi essere in un modo piuttosto che in un altro.Il nostro corpo è un giardino, la volontà il giardiniere.Puoi piantare l’ortica o seminare la lattuga e le zucchine, met-

tere l’issopo ed estirpare il timo, far crescere una sola qualità dierba o svariate qualità, lasciare sterile il terreno per pigrizia ofecondarlo col lavoro.Il potere e l’autorità dipendono da noi”.Che messaggio offre questa edizione della Expo?, almeno a me.La Expo ha come base programmatico-culturale la Carta di

Milano, firmata da Stati, fondazioni, imprese, associazioni, cit-tadini/e, che enuncia impegni concreti per combattere lo sprecoalimentare, favorire l’agricoltura sostenibile e contrastare famee obesità attraverso la promozione di stili di vita sani, tutto persalvaguardare il futuro del pianeta e il diritto delle generazionifuture del mondo intero a vivere, con dignità, esistenze prospe-re e appaganti. Comprendere i legami fra sostenibilità ambien-tale ed equità è essenziale se vogliamo espandere le libertàumane per le generazioni attuali e future. I numeri illustrano,meglio delle parole, i tre grandi paradossi di questi tempi: sonoin aumento i bambini obesi rispetto ai bambini denutriti; solo il50 per cento della produzione agricola è destinata alla produzio-ne del cibo per gli uomini, il rimanente 50 per cento è usato pernutrire animali e produrre biocarburante; il cibo sprecato è suffi-ciente per nutrire i quasi 2 miliardi di persone affamate su scalamondiale. Per la prima volta la Expo è stata preceduta da un ampiodibattito nel mondo scientifico, nella società e nelle istituzionisul tema della nutrizione, ponendo riflessioni su quattro punti:� quali modelli economici e produttivi possono garantire uno

sviluppo sostenibile in ambito economico e sociale.� Con quali, tra i diversi tipi di agricoltura esistenti, si può riu-scire a produrre una quantità sufficiente di cibo sano senza dan-neggiare le risorse idriche e la biodiversità.

� Quali sono le migliori pratiche e tecnologie per ridur-re le disuguaglianze all’interno delle città, dove si

sta concentrando la maggior parte della popo-lazione umana.

� Come riuscire a considerareil cibo non solo come

mera fonte di nutri-zione, ma

anche

comecome identità socio-culturale.Mentre la Carta di Milano si pone questi obiettivi sul pianeta acca-

dono cose che viaggiano su binari opposti.McDonald’s che è uno sponsor importante della Expo, per fare i

suoi hamburger ha buttato giù un bel pezzo di foresta amazzonica perpermettere la crescita di manzi e “manzoni”, materia prima deglihamburger, contro le indicazioni della Carta di Milano. Ma qualcosasembra muoversi anche in questa tentacolare multinazionale del cibo“veloce”. Ad esempio ad Amritsar, vicino ad uno dei santuari piùsacri dell’India, vi è il primo Mc Veg del gruppo, un punto venditadell’azienda che non prevede nei menù carne alcuna. Le autorità reli-giose del Nord dell’India hanno proibito il loro consumo, ma l’ham-burger veg «McAloo» a base di patate speziate è diventato il piattopiù venduto nel Paese. Cibo veloce batte Visnù 2-0.In Malesia e Indonesia è stata deforestata una superficie della fore-

sta tropicale pari al territorio dell’Italia, della Svizzera e dell’Austriamesse insieme, contro le indicazioni della Carta di Milano. Al suoposto enormi distese di palme per produrre quell’olio che, sotto ilnome di olio vegetale, fornisce materia prima importante per saponi,prodotti alimentari (come la Nutella), polveri detergenti e quant’altro.Ai contadini, a cui hanno comprato, qualcuno dice estorto, i terreni,5 euro al giorno per lavorare il terreno e tirare giù i frutti della palma,contro le indicazioni della Carta di Milano. Altra foresta tropicale inMalesia e Indonesia è stata sradicata per dare spazio alle multinazio-nali dei gamberetti surgelati. Qui i contadini prendono ancora menodei guardiani dell’olio di palma.Altro che nutrizione intesa come identità socio-culturale, altro che

sostenibilità, altro che diritti per chi lavora, altro che salvaguardiadel pianeta!Ieri ho passato la giornata viaggiando su Google per i padi-

glioni dell’Expo. Un sogno. Realizzati con l’intento di farconoscere la cultura dei paesi partecipanti – oltre 140 -sul tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, ipadiglioni sono in competizione tra loro per stu-pire e meravigliare i visitatori. L’impegnodei Governi è stato quello di conquistareil primato coinvolgendo le firme piùprestigiose dell’architettura con-temporanea, adottando gli studie le progettazioni più origi-nali per la costruzionedegli spazi dedicati,adoperando i ma-teriali e i mo-delli di so-stenibi-lità

ambientale più innovativi e a impatto zero per catturare l’atten-zione costante dei media. Alla ricerca del ritorno sugli investimen-ti, i Paesi partecipanti hanno investito milioni di euro per la costru-zione del loro capitale d’immagine: visibilità, partecipazione delpubblico, condivisione di immagini e notizie sulla rete, consenso.Come l’esperienza di The Seed Pavilion del Padiglione UK al-l’Expo Shanghai 2010, piccolissima struttura a firma di ThomasHeatherwick che ha registrato il più alto numero di visitatori comemonumento britannico, superando i numeri di Buckingham Palacee del Big Ben su territorio estero. Ho seguito uno dei tour propo-sti: una selezione dei padiglioni più blasonati di cui si illustranol’idea creativa, il progetto, gli architetti e i designer coinvolti, imezzi di costruzione, i costi e i contenuti. Come in un parco gio-chi di progettisti sono passato di padiglione in padiglione, parten-do da Palazzo Italia, attraversando laWorldAvenue, il LakeArena,l’Expo Centre, per arrivare alle opere di Foster & Partners peril Padiglione degli Emirati Arabi, di Carlo Ratti per il PadiglioneNew Holland, di Daniel Libeskind per China Vanke, solo pernominarne alcuni. Ad un certo punto mi sono dovuto fermare,tanta bellezza e creatività mi ha stordito, sono passato di stupore instupore, ho dimenticato il loro costo e l’obiettivo per cui sono staticostruiti: nutrire il pianeta, creare energia per la vita.Poi ho cercato i menù e i loro costi. Alla fine della ricerca sono

dovuto andare a mangiarmi un pezzo di pizza bianca, fatta con lafarina prodotta nel paese in cui vivo, farcita con una inebriantemortadella di Bologna e annaffiata con un bicchierazzo di vinorosso, un profumato sangiovese, di un produttore di Vetralla comecompendio del mio spuntino, neanche 2 euro di spesa.I menù proposti dai vari Paesi, dalle crepès dell’Angola, al fast

food thailandese, al sushi giapponese, ai vini italiani, a piatti di unaraffinatezza “scellerata” mi hanno messo in moto i succhi gastricipiù languidi e, insieme, tanto sconforto quando ho visto i prez-zi…ho fatto un conto di massima e ho “saputo” che avrei potu-to vendere il mio spuntino anche per 20 euro.Poi sono tornato allo stupore, alla meraviglia: sulla

scena dell'Open Air Theatre, un anfiteatro da11mila posti all'interno della Expo, andrà inscena “Alla Vita!”, uno show dellacompagnia canadese di mimi, acro-bati e giocolieri Cirque duSoleil concepito intorno aun ragazzino che haricevuto in rega-lo un sememagicoe

poi un programma da urlo, dal jazz di Enrico Rava, ai dodici piano-forti "in dialogo" per Piano City, fino ai solisti della Filarmonica diTorino e poi Dante Alighieri letto da Massimo Popolizio. E se ilpadiglione Usa promette bande musicali e cori, quello israeliano sibutta sul metal portando a Milano gli Orphaned Land, mentrel'Institut Français presenterà, da Bolzano a Palermo, allestimenti framusica, danza, circo, teatro. Un’estasi dei sensi e del gusto. Unbiglietto per entrare costa 39 euro, anche se le offerte sono moltodifferenziate per gruppi, famiglie e tempistica di prenotazione.Insomma, una stupenda macchina da soldi.Ho lasciato metabolizzare i sentimenti contrastanti che mi hanno

attraversato cuore e testa per qualche giorno, poi mi sono chiestocosa pensarne e cosa fare. Non nascondo che ho sentito camminaresentimenti ambivalenti: una gioia per la bellezza dei padiglioni,un’acquolina per i piatti che ho visto camminare nelle immagini, unfastidio per il rapporto tra un luogo che potranno vivere solo quelliche “possono diventare obesi” e i destinatari conclamati, i duemiliardi di denutriti, che non riusciranno mai ad apprezzare la Expoe, forse, non potrebbero e vorrebbero neanche apprezzare.Allora sono andato sul sito della Carta di Milano e ho dato la mia

adesione, per un pianeta equo e sostenibile. So che è una goccianell’Oceano, ma so che l’Oceano è fatto di gocce. So che dico que-sto per conquistare punti per la mia autostima, compio un gestomeritorio, ma, insieme, so che quelle diseguaglianze continuerannoad esistere, che le multinazionali continueranno a cercare profitto,che il pianeta continuerà ad essere saccheggiato, sembra quasi chel’uomo apprenda qualcosa solo dai disastri, in attesa del prossimo.Intanto firmo e invito tutti a firmare la Carta di Milano, una pos-

sibilità per il futuro.Francesco Mancuso

Page 6: Gente di bracciano maggio 2015

“La storia, ma che storia è?”Per i tipi della Caravella Editrice è uscito in

queste settimane “La storia, ma che storia è?”scritto da Luigi Di Giampaolo. “Dai vissuti di unprofessore, maldestramente ribelle ai soliti cano-ni didattici, l’esperienza di un uomo e dei suoiragazzi vogliosi di conoscere la storia di un pas-sato che ci appartiene. Protagonista l’umanitàintera, messa a soqquadro e spoglia di quellaveste rigo-rosamentedistante.

Tutto quan-to in unlibro che sisfoglia conla stessaleggerezzadi una pau-sa goliardi-ca, in cuitutto ci ap-pare diver-s a m e n t eaffascinan-te e possi-bile”.

10 11Maggio 2015 Gente di Bracciano Maggio 2015 Gente di Bracciano

Nel giugno del 1630 esce dai torchi diAndrea Fei, stampator ducale di Brac-

ciano, un’opera scientifica dell’astronomogesuita tedesco Christoph Scheiner, finanziatadal duca Paolo Giordano II e naturalmente a luidedicata, dal titolo: “Rosa vrsina siue Sol exadmirando facularum maculsuarum phoeno-meno varius, ... a Christophoro ScheinerGermano Sueuo, e Societate Iesu. Ad PaulumIordannum 2. Vrsinum Bracciani ducem.Bracciani : apud Andream Phaeum typogra-phum ducalem. Impressio coepta anno 1626,finita vero 1630. Id. Iunij. Il volume di ben730 pagine è la ponderosa summa del lavoro diScheiner, frutto di anni di osservazioni dellecosiddette “macchie solari”. Oltre ad ascriverea se stesso la scoperta delle macchie solari,l’opera contiene anche una feroce critica aGalileo Galilei e alle sue teorie copernicane.Alla fine del 1611 il gesuita aveva già dato

notizia della sua scoperta, cioè di aver osserva-to per primo, delle macchie in prossimità delSole, in tre lettere indirizzate al banchiereMark Welser (1558-1614), raccolte poi, nelsaggio pubblicato l’anno successivo, Tres epi-stolae de maculis solaribus. Scheiner utilizzalo pseudonimo di Apelles latens post tabulam(“Apelle che si nasconde dietro la tela”, conriferimento alla leggenda secondo cui il pittoregreco Apelle, coprendosi dietro i suoi quadri,ascoltava le critiche che gli venivano rivolte),qualora le sue scoperte si fossero provate falseo errate.Nel 1610 lo stesso “strano fenomeno” era

stato però osservato anche da Galileo Galilei.Lo scienziato pisano, in un primo momento

aveva preferito non esporre pubblicamente lasua scoperta perché non sufficientementesostenuta dai necessari riscontri “scientifici”.Le insistenze di Mark Welser, suo socio lin-

ceo, lo inducono a rispondere con altrettantelettere datate rispettivamente 4 maggio, 16agosto e 1 dicembre 1612, indirizzate allo stes-so banchiere. Lettere che andranno a confluirein un’opera dal titolo Istoria e dimostrazioni

intorno alle macchie solari…. Lo scienziatotoscano confuta la tesi sostenuta dal gesuitaScheiner secondo il quale le macchie altro nonsono che ombre proiettate sulla superficie sola-re da corpi celesti che si muovono tra Terra eSole. Galileo le considera, invece, materia flui-da appartenente alla superficie del Sole.In realtà quella tra Galilei e Scheiner, è una

disputa scientifica e ideologica: il primosostiene le tesi eliocentriche e copernicane, tesiconsiderate del tutto eretiche, mentre le teoriedel gesuita si collocano nell’ambito della con-cezione aristotelica della perfezione e immuta-bilità dei corpi celesti.Mettiamo per il momento da parte questa

battaglia a colpi di pamphlet già nota e bentrattata, torniamo alle nostre cose provando achiederci i motivi per i quali il Duca PaoloGiordano fa pubblicare a sue spese, dal suostampatore, a Bracciano, l’opera delloScheiner.Dal vastissimo epistolario galileiano, conte-

nuto nei 21 volumi de Le opere di GalileoGalilei: edizione nazionale sotto gli auspici diSua Maestà il Re d'Italia, [direttore AntonioFavaro], Firenze, Barbera, 1890-1907, dedu-ciamo che i rapporti tra l’intera famiglia Orsinie lo scienziato pisano, sono ottimi e vannoavanti per oltre 25 anni. In una lettera del 18settembre 1605 indirizzata a Virginio Orsini,Galileo scrive: Io per tanto la supplico, che,con l’impiegar l’opera mia in qualche suo ser-vizio, … Qui humilisssimo me gl’inchino, etdal Signore Dio gli prego il colmo di felicità.(Arch. Orsini in Roma. Corrispondenza diVirginio II, dal 1610 al 1611). Paolo GiordanoOrsini scrive a Galileo il 7 marzo 1611: Horicevuto le rime mandatemi da V.S. et insiemela sua cortese lettera; che perciò rendole moltegratie dell’amorevol briga che si è presa e delconservato suo buono affetto verso di me.(Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P.I, T. XIV, car.57).Nell’aprile 1611 Galileo scrivendo a VirginioOrsini chiede espressamente protezione “circala verità dei miei scoprimenti, tuttavia midolgo della mia sventura, mancandomi il favo-re et protezione di V. E. Ill.ma, la quale con lasua autorità havrebbe agevolate tutte le diffi-coltà. (Arch. Orsini in Roma. Corrispondenzadi Virginio II, dal 1610 al 1611). In una letteradel 28 novembre 1615 Cosimo II, Granduca diToscana scrive a Paolo Giordano II Orsini:Venendo a Roma il Galileo matematico perl’occasione che V. E. intenderà da lui, ho volu-to accompagnarlo con questa mia letteraall’E. V., sì perché ella sappia che egli vienecon buona licenza et grazia mia, come per pre-garla a vederlo volentieri et favorirlo in tuttoquello che gli posso occorrere. (Arch. Orsiniin Roma. II D. Prot. XIII). Medesimi toni econtenuti nella lettera che Cosimo II scrive aAlessandro Orsini lo stesso 28 novembre.(Arch. di Stato in Firenze. Filza Medicea 87,car. 284). Il Discorso sopra il flusso e riflussodel mare, del 1616 lasciato inedito da Galileoper cautela nei confronti degli interlocutori

ecclesiastici che gli avevano imposto il silen-zio nel primo processo è dedicato aAlessandroOrsini. Rapporti che si fanno sempre più saldicon il passare degli anni conAlessandro, ormaicardinale, e con altri illustri componenti dellacasata. Paolo Giordano scrive a Galileo: Ha-vendo di bisogno qui per mio diletto d'unocchiale da veder da lontano, per haverlo de'migliori, desidero che mi venga dalle mani diV. S.; la quale io prego però con questa a farmipiacere di farmelo inviare quanto prima, men-tre con altrettanta prontezza mi offero a V. S. intutte le occorrenze di suo gusto o servizio. EDio la conservi e prosperi. Da Bracciano, il dì27 di Maggio 1622. (Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal.,P. I, T. XIV, car. 174) E una volta ricevuto l’oc-chiale, il 30 giugno successivo: Ho ricevuto ilcannone con i suoi vetri, che V. S. mi ha man-dato; il quale mi è stato tanto più grato, quan-to mi è reuscito più perfetto e più accommoda-to alla mia vista. Ne rengrazio V. S. affettuosa-mente; e come per questa sua nuova amorevo-lezza resto io tanto più tenuto ad adoperarmisempre per ogni suo servizio e gusto, cosìdoverà ella valersi di me con tanto più di pron-tezza in tutte le sue occorrenze, per le quali perfine me le offero di cuore. Da Bracciano, il dì

ultimo di Giugno 1622. (Bibl. Naz. Fir. Mss.Gal., P. I, T. XIV, car. 176).Nel giugno 1630Andrea Fei stampa la Rosa

vrsina siue Sol. Galileo ne reclama una copiascrivendo direttamente al Duca di Bracciano.Paolo Giordano lo accontenta e glielo comu-

nica con una lettera del 9 settembre daPosillipo: Ricordandomi haver V. S. mostratodesiderio di haver un libro del Padre Scheinerper quando si poteva havere, ho commesso alVecchi, mio Auditore a Roma, che le ne mandiuno per mia parte per il procaccio; in che gra-dirà il mio continuato desiderio d'impiegarmiin cose di suo gusto. E Dio la conservi e pro-speri. (Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XIV,car. 203). E successivamente il Galilei se nerammarica e anche se non ci è giunto il docu-mento, possiamo dedurlo da una lettera datata30 dicembre 1631, che il Duca Paolo Giordanoinvia allo scienziato pisano: Mi è giunto affat-to nuovo quel che V. S. mi scrive intorno alcontenuto del libro della Rosa Orsina), di suopregiuditio fuora d'ogni mia notitia, perchènon haverei permesso che i miei ministri diBracciano l'havessero passato. E può esseravvenuto che in assenza del nostro AuditoreGenerale lo possa haver riveduto il suo can-celliere, che non deve intendere altra latinitàche quella delli instrumenti. Dell'indiscrittionedell'autore non mi meraviglio molto, perchèl'ho trovato ancor io assai indiscreto, nell'ha-ver, nell'ultimo, rotto con me ancora, che ho inmolta stima le molte virtù et il merito di V. S.Alla quale prego da Dio ogni maggior bene.(Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XIV, car. 207).In questa missiva di risposta non può sfuggi-

re la vacuità della motivazione addotta dalDuca alle rimostranze mossegli da Galileo:ricordiamo che oltre a finanziare l’opera, il

Duca ne è il dedicatario. Il Cancelliere igno-rante in latino, che avrebbe deciso la pubblica-zione del libro al posto dell’Auditore Generaleassente in quei giorni, è una giustificazione cheappare poco credibile. Possiamo, quindi, sup-porre che i motivi siano stati altri. Di sicurosappiamo che Galileo stava spingendo i suoistudi verso territori pericolosi, verso posizionisempre più “eretiche”, che non sarebbero pas-sate inosservate agli occhi attenti dell’Inquisi-zione. Già nel febbraio 1616, il cardinaleBellarmino, prefetto della congregazione delSant'Uffizio, su ordine di papa Paolo V, avevaammonito il pisano: la Chiesa non gli avrebbepermesso di pubblicare più niente su nuoveconcezioni cosmologiche, che non fosserostate rigorosamente e scientificamente dimo-strate. Malgrado ciò, durante il primo proces-so, Galileo, viene trattato con tutti i riguardi; lecortesie e gli onori ricevuti, probabilmentefanno cadere Galileo nell'illusione che a lui siapermesso quello che ad altri è vietato: “nellecontraddizioni e distinzioni e compromessinati durante il primo processo è l'origine dellefuture complicazioni del secondo processo diGalileo”. Galileo, sa però di doversi muoverecon grande accortezza per il continuo pericolodi cadere in eresia. Studia, scrive e continua aconsolidare relazioni, rapporti con i potenti,amicizie negli ambienti che contano. Nel 1623pubblica il Saggiatore, opera dedicata al nuovopapa, Urbano VIII, che l'autore conosceva finda quando era cardinale. Salito al soglio ponti-ficio nello stesso anno, papa Barberini, gesuitadi formazione, noto per l'apertura alle arti ealla scienza, mostra di gradire molto il conte-nuto dell'opera. Galileo ha forse la sensazionedi poter ormai liberamente esprimere le sueidee intorno al moto della Terra. Nel gennaio1630 completa il Dialogo sopra i due massimisistemi e si reca a Roma in marzo per ottenerel'imprimatur ecclesiastico. Riparte da Roma il26 giugno, dopo tre mesi di discussioni, con leassicurazioni degli esaminatori, i domenicaniNiccolò Riccardi e Raffaello Visconti, dell'au-torizzazione alla stampa con poche modifichenon sostanziali (il Dialogo sarà pubblicato aFirenze solo nel 1632). I contentuti dell’operasono noti, quindi, potenzialmente pericolosi.Nello stesso giugno 1630, come detto, esce aBracciano, la Rosa Ursina del gesuitaScheiner, opera finanziata e dedicata al DucaPaolo Giordano II.Semplice casualità? Nessuno può affermarlo

con sicurezza. Oltre alla famosa lettera del 30dicembre 1631 dove Galileo chiede spiegazio-ni al Duca circa i motivi della pubblicazionedella “Rosa”, non risultano altri documenti tralo scienziato pisano e l’intera casata degliOrsini. Possiamo quindi supporre che il finan-ziamento e la stampa della Rosa Ursina rappre-sentino una presa di distanza definitiva da unpersonaggio, Galileo, che diventava semprepiù scomodo. Il quarto di secolo di rapportiintercorsi, di solida amicizia, di stima, tra gliOrsini e lo scienziato pisano, presumibilmente,

Galeotto fu il librodel gesuita Scheiner

che il duca di Braccianofece stamparea proprie spesedallo stampatoreAndrea Fei

si conclude con quella pubblicazione. Delresto, l’astio di Scheiner nei confronti diGalileo, pare sia considerato da molti storiciuno dei fattori che, fra gli altri, fece cadere loscienziato pisano in disgrazia presso i Gesuitie, di conseguenza, presso una parte influentedella Curia Romana. Infatti, successivamente,nel 1633, Galileo verrà severamente richiama-to a Roma dall'Inquisizione, processato e con-dannato per aver scritto un'opera più pericolo-sa della dottrina luterana e calvinista.Dopo la condanna al confino presso Arcetri

e l’abiura, il Dialogo sarà inserito nell’Indicedei libri proibiti. Fabercross

Galileo Galilei Paolo Giordano Orsini II

Sulle macchie solari si frantuma la decennale amicizia tra Galileo Galilei e Paolo Giordano

Page 7: Gente di bracciano maggio 2015

12Maggio 2015 Gente di Bracciano 13Maggio 2015 Gente di Bracciano

La festività del SS. Salvatore è la ricorrenza religiosa piùimportante di Bracciano moderna. Il suo culto è abbastan-

za diffuso anche in tutta Italia e, in gran parte, si è affermato intempi anteriori rispetto alla tradizione di Bracciano. Ora laricorrenza è fissata al 18 agosto ma le celebrazioni si svolgono,da un paio di secoli, la prima domenica dopo l’Assunta (ferra-gosto). In passato la festività veniva celebrata, invece, la vigi-lia dell’Assunta. Non conosciamo con certezza il periodo sto-rico in cui questo particolare culto si è affermato, ma si presu-me che sia avvenuta verso la fine del 1500, in contemporaneacon l’insorgere della leggenda legata al ritrovamento del tritti-co del SS. Salvatore, dal momento che nello Statuto diBracciano, emanato nel 1552, non si fa mai accenno a questafestività. E’ nota la leggenda del ritrovamento del trittico delSalvatore, evento che ha dato origine alla festa. Un contadino,arando un campo in località “I Terzi”, si era imbattuto in unagrossa pietra facendo così bloccare l’aratro. I buoi che trasci-navano l’aratro si fermarono e si inginocchiarono di fronte aquesto sottostante grande masso al cui interno, protetto da uncoperchio, il contadino rinvenne il prezioso manufatto dilegno, dipinto oltre due secoli prima. Trasportato in processio-ne a Bracciano, il trittico divenne subito oggetto di contesa trai frati Agostiniani di S. Maria Novella ed il clero locale della

collegiata (duomo) su chi dovesse ospitare le preziose tavole,prima ancora che il corteo giungesse in paese. Furono gli stes-si buoi che avevano trovato il trittico, e che lo trasportavano sulcarro, a decidere la controversia: passati davanti a S. MariaNovella fecero un gesto come per inginocchiarsi ma prosegui-rono per il duomo dove si fermarono a conferma della scelta.Fin qui la tradizione orale della leggenda.In memoria di questo ritrovamento si disputava a Bracciano,

fino alla metà del 1900, una gara che consisteva nel tracciareun solco, il più diritto possibile, con un aratro legato a duebuoi. La contesa si svolgeva ai piedi di monte Tonico, sopra ilfosso tuttora denominato, appunto, dei Quadri e veniva segui-ta ed ammirata da tutta la popolazione, essendo il luogo benvisibile dall’alto dell’abitato e dal belvedere de La Sentinella.Sul trittico appare la scritta che indica gli autori del dipinto e

la data: Gregorio e Donato d’Arezzo, anno 1315. Del duo sononote varie altre opere sparse un po’ dovunque, soprattutto nellaTuscia, e vengono identificati, abbinandoli, anche come “il mae-stro del paliotto di Hearst”. Hearst è un castello la cui costruzio-ne risale agli inizi del 1900, è ubicato negli Stati Uniti, Statodella California, e prende il nome dal ricco industriale che lo harealizzato. Oggi è diventato un museo che raccoglie varie colle-zioni, tra cui un’opera riconducibile a Gregorio e Donatod’Arezzo, da qui l’appellativo di “maestro del paliotto di Hearst”riferito a tutte le opere attribuite ai due artisti.Il trittico, di fatto un doppio trittico, è composto da una parte

centrale alla quale sono ancorati quattro sportelli mobili, dueanteriori e due posteriori, sui quali, compreso il corpo centrale,sono dipinte sette figure principali: il SS. Salvatore nella partecentrale anteriore con a fianco S. Nicola di Bari e S. GiovanniBattista, mentre nella parte posteriore appare al centro laMadonna Assunta con ai lati S. Lorenzo e S. Stefano. Non èidentificabile con certezza, invece, il settimo personaggiodipinto sul lato esterno di uno sportello. Non sono più visibi-li, perché deteriorate, le restanti tre figure che erano state dipin-te sempre nella parte esterna degli sportelli.L’immagine della Madonna Assunta è corredata da altre pic-

cole figure: ci sono quattro angeli che la sostengono e, in basso,gli studiosi identificano i santi Francesco e Tommaso d’Aqui-no, con quest’ultimo che si aggrappa ad una cordicella calatadalla Madonna. Qualche dubbio desta questa individuazionedal momento che, al tempo della realizzazione della pittura,non era ancora nemmeno iniziato il processo di beatificazionedel santo, che appare invece dipinto già con l’aureola.La controversia sorta tra il clero braccianese sulla attribuzio-

ne del possesso del trittico, già presente fin dall’origine dellaleggenda, trova conferma storica in atti successivi.Ci sono varie documentazioni che lo attestano, in particolare

una pergamena del 10 agosto 1715 (Archivio di Stato diRoma), dove il giudice della Curia romana richiama al rispettodel decreto della Congregazione dei Riti del luglio 1715 cheregola la processione del trasporto dell’immagine del Salvatoreche era impropriamente negata ai frati di S. Maria Novella daparte dei canonici del duomo. Nell’atto c’è la conferma che laprocessione avveniva la vigilia dell’Assunzione.Successivamente, e fino ai giorni nostri, la celebrazione della

festività venne spostata alla prima domenica dopo l’Assunta ene abbiamo conferma in un manifesto predisposto per elencaregli avvenimenti dell’anno santo 1900 dove viene indicataanche la festività del SS. Salvatore che ricorre il 19 agosto(domenica). La fissazione della ricorrenza al 18 agosto, poi,sembra un fatto alquanto recente e ricollegabile, molto proba-bilmente, ad altre località, soprattutto a Militello, in Sicilia,

Santissimo Salvatore: tra culto e leggendaUn tempo la tradizione del solco diritto ai piedi di Monte Tonico

Dal Duomo la partenza della Processione del Santissimo Salvatore

dove la festa, celebrata per tutto l’Ottocento nel giorno dellasolennità della Trasfigurazione (6 agosto), fu stabilita in datafissa nel giorno 18 agosto, con decreto Vescovile, agli inizi delXX secolo (12 luglio 1909).La datazione del dipinto e le immagini rappresentate, alcune

completamente avulse dalla tradizione locale, lasciano facil-mente intendere che l’opera non era stata realizzata su commis-sione per qualche luogo di culto braccianese. Nel 1315, infatti,a Bracciano, a parte la rocca, erano presenti solo poche case equindi mancava una vera specifica identità religiosa. E’ verosi-mile che l’opera sia stata realizzata per altri contesti e donata oacquistata nei secoli successivi. E’ però interessante segnalareche un analogo ritrovamento, del tutto simile perfino nei detta-gli, viene tramandato anche a Viterbo e collocato verso la finenel 1200, datato 1283, anche se comprovato da cronache suc-cessive, quindi anteriore a quello di Bracciano di circa 300anni. Già negli Statuti del Comune di Viterbo del 1344 e del1469 vengono stabilite le regole per lo svolgimento della pro-cessione che si teneva il giorno della vigilia dell’Assunta inmemoria di questo evento, stesso giorno della originaria ricor-renza anche per Bracciano. Mentre per Bracciano abbiamo solouna tradizione orale delle circostanze dell’originario ritrova-mento, è interessante conoscere la descrizione del ritrovamen-to viterbese riportata in un vecchio manoscritto.“Nell’anno dello Signore nostro Iesu Cristo 1283 a li …. delmarzo Ioseffo de lo Croco, Ioanne de la Cepolla aranno co liboi de Scipione de l’Annio ne lo campo de Iulio de laChirichera, li boi se restettero e no volerno ire nante e battutie pongolati se engenocchiorno uno provò co la cerrata e tro-vorno che l’arato era entoppato ne una preta granne.Scavorno co la zappa e conubero che era una cassa de preta

co lo cuperto pure de preta… e dentro c’era una emajene de loSalvatore ..”Appare evidente la quasi integrale identità delle circostanze

dei due ritrovamenti, per cui, essendo documentato in datanotevolmente anteriore quello di Viterbo, sembra verosimileche la tradizione del ritrovamento di Bracciano tragga origineda quella di Viterbo.A Viterbo, nella chiesa di S. Maria Nuova, è custodito il trit-

tico del Salvatore che è anteriore a quello di Bracciano di circa100 anni: la realizzazione del dipinto su cuoio, opera di anoni-mo romano con influssi spoletini, viene datata, infatti, ai primidel 1200. Qui la figura del Salvatore è sempre presente nellaparte anteriore centrale ma con ai lati la Madonna e S.Giovanni Evangelista, mentre nella parte posteriore sono raffi-gurati i santi Pietro, Paolo e S. Michele Arcangelo.Questi tipi di trittici sono dislocati numerosi in tutta Italia e,

senza andare troppo lontano, se ne riscontra un altro anche aTrevignano, pure questo anteriore di circa un secolo rispetto aquello di Bracciano. E’ firmato da Nicolò di Pietro Paolo ePietro di Nicolò e la figura del Salvatore è anche qui affianca-ta dalla Madonna e da S. Giovanni Evangelista, sia pur conimmagini e posizioni diverse. Sono attribuiti, invece, alla scuo-la viterbese, attiva nei secoli XIV e XV, i trittici custoditi nelduomo di Ronciglione e nella chiesa di Monterosi, e quindiposteriori anche al trittico di Bracciano.Il culto del Salvatore, oltre a manifestarsi nei dipinti, trova

spazio anche in associazioni appositamente dedicate, le confra-ternite, che sono state presenti, nella zona del lago, ad Anguillarae S. Maria di Galeria, dove è anche celebrato S. Nicola di Bari, lacui immagine è dipinta sul trittico di Bracciano.

Pierluigi Grossi

L’ospedale di Bracciano non chiuderà. Ormai il dato è certo.Il decreto 00197/2015 del commissario ad Acta ne pro-gramma il futuro: 57 posti letto di cui 25 di chirurgia, 2 di tera-pia intensiva, 4 di Osservazione Breve Intensiva. Resta la fun-zionalità del pronto soccorso. A presentare le novità il 27 mag-gio a Bracciano è stato il presidente del Lazio Nicola Zingaretti.“Il decreto è un inizio” ha ribadito rispondendo ai medici chechiedevano azioni per l’adeguamento della pianta organica.Molti i ringraziamenti. Il sindaco di Bracciano Giuliano Sala

ha evidenziato il risultato dovuto al “dialogo tra politica e isti-tuzioni”. Ha ringraziato i colleghi sindaci, i cittadini, il comita-to difesa salute pubblica, i Lions Club Anguillara Bracciano

Monti Sabatini “sempre in prima linea”. In molti hanno rico-nosciuto il ruolo dell’assessore Mauro Negretti. Per il sindacodi Manziana Bruni, Negretti ha saputo coordinare al meglio labattaglia. A ringraziarlo anche il manager della Asl Rm/FGiuseppe Quintavalle per “come ha saputo difendere le logi-che del territorio”.Negretti, infermiere di professione, ha messo in evidenza il

sacrificio dei lavoratori che in questi anni hanno continuato alavorare tra turni massacranti e disagi. “Ho visto tanta gentelavorare come se l’ospedale fosse il proprio” ha detto Negretti.Per il sindaco di Trevignano Luciani “ha vinto il buon senso”.Con nuove deroghe al blocco delle assunzioni potrebbero arri-vare tra gli altri quattro chirurghi e due anestesisti. Il Padre Pioe il San Paolo di Civitavecchia saranno un unico polo ospedalie-ro. Tra le richieste quello di riportare l’ospedale ai 120 posti lettooriginari. Pare un miraggio la riapertura di ostetricia e ginecolo-gia. In via di revisione anche il sistema degli affitti che aggrava-no il bilancio Asl.Su richiesta di Claudio Calcaterra sono state date risposte

anche sul parcheggio dell’ospedale chiuso dopo una denuncia diuna cittadina che ha riportato conseguenze per una caduta.L’area di proprietà della Asl è sottoposta a vincolo paesaggisti-co. Sarà ora la Asl a chiedere l’autorizzazione al Comune e pro-cedere poi all’asfaltatura del parcheggio.

G.V.

Il decreto salvaospedaleassegna al Padre Pio 57 posti lettoSoddisfazioni e sollecitazioni guardando alla sanità che verrà

L’intervento di Calcaterra all’incotro con il presidente Zingaretti

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14 15Maggio 2015 Gente di BraccianoMaggio 2015 Gente di Bracciano

Eccoci di nuovo al…poi. Come ci eravamo lasciati? Ah! Sì: allenubi minacciose. In ogni gruppo nibi minacciose. Purtroppo ci

sono sempre: appaiono, scompaiono, ricompaiono. Così è la vita cidiciamo spesso. Adesso, però, continuiamo a goderci il momentofelice. Il repertorio si amplia: entrano piano piano nuovi brani musi-cali: La Cumparsita, Voglio amarti così, Amapola, La Paloma,Vecchio Frac. Giungono inviti su inviti: ai Terzi, a Sutri, dalla stes-sa Bracciano per una serata all’archivio storico, tra musica e poesia,al liceo Vian. Melodie immortali: Santa Lucia, Reginella, Roma nunfa la stupida stasera, Quanto sei bella Roma, O Sole mio. Tornanoa rivivere e ad emozionare. Chi ascolta è come rapito: l’alternarsidelle note e il loro rincorrersi, ora, tra le corse delle chitarre ora, traquelle dei mandolini e della mandola, provoca una partecipazioneincredibile. Così quando, da presentatore dico: “ecco, ascolteremouna canzone che è diventata un inno alla città eterna”. Un politicomusicale che illustra tutte le sue bellezze con icanto. Faccio unapausa, per aumentare l’effetto, poi annuncio: “Quanto sei bellaRoma”. Gli applausi sembrano non finire mai. Lungo la schiena ditutti, orchestrali e pubblico, passa un brivido fortissimo.Altri inviti. Altri concerti. Altri successi. “La Primavera” parteci-

pa con i suoi brani, fa da filo conduttore ad una serata particolare, inricordo di una persona straordinaria: Renzo Renzi. Quell’occasionerivela ancora una volta, lo stretto rapporto tra Bracciano e la sua“Primavera”. Il maestro Mele, con il suo costante impegno, la portaad arricchirsi e a maturare musicalmente. I concerti al centro anzia-ni sono l’occasione per scatenare tanta allegria. I “giovanetti e legiovanette” accompagnano le melodie cantando quei ritornelli chericordano la loro lontana gioventù. Qualche “giovanetta”, però,aggiustandosi con fare civettuolo i capelli, strilla “Anziani, a chi!!!”.Nella giornata al liceo Vian dedicata a “il dovere della memoria”

all’interno della rassegna cinematografica internazionale Eserciti ePopoli, La Primavera sa coglierne a pieno lo spirito. I due bellissi-mi commoventi brani: Addio mia bella addio e Sul cappello, ripor-tano magicamente indietro la memoria. Al termine quel silenziobreve, ma carico d’emozione e tensione, si scioglie in un lungoapplauso liberatorio. Molti nella sala si alzano e a gran voce chiedo-no il bis. Che momento indimenticabile! Il tempo passa veloce.

Quelle nubi minacciose che sembravano essersi allontanate, eccoche tornano ad affacciarsi. Sono nubi scure, crudeli, come queldestino che porta via prima un orchestrale, poi un altro. Il grup-po si assottiglia, ma l’amore per la musica e per la “primavera”continua. Nessuno vuole darsi per vinto. Così La Primavera vaavanti nel suo percorso. La Primavera è in prima fila alla mani-festazione-concerto in cui si raccolgono fondi per la costruzionedella chiesa a Bracciano Nuova. In quella serata La Primaveracon i suoi orchestrali si supera: le melodie sembrano più coinvol-genti di sempre. Applausi a non finire. Ci piace pensare di averdato un contributo, non piccolo, a quella raccolta. Quelle nubiminacciose ritornano, ma La Primavera ha un animo forte, unanimo che non si lascia abbattere. Il maestro Mele unisce così LaPrimavera alla banda musicale che si chiama Filippo Cruciani diBracciano-Castel Giuliano. Lavora con grande abilità e passionesu brani che possono armonizzare i brani musicali. I risultatiancora una volta gli danno ragione.I successi ancora non mancano. A questo punto, ma ormai lo

sapete…”e poi”? Beh non so rispondere a questo…”e poi?”. Sosoltanto che La Primavera non morirà mai.

Luigi Di Giampaolo

Sarà sempre “La Primavera”morte di Salvatore Negretti, “un eroe” alquale venne intitolata una via in linea conla volontà di “memoria toponomastica”dell’immediato primo dopoguerra.

a cura di Massimo GiribonoDopo la fine delle ostilità uno dei pro-blemi più grandi per le famiglie dei

soldati partiti per il campo di battaglia eraquello di avere notizie dei loro cari: eranomorti, erano dispersi, erano feriti…questeerano le questioni che restavo spesso senzarisposta. Così spesso capitava che le fami-glie, di propria inziativa, pubblicasserodegli appelli sui principali giornali del-l’epoca in cui chiedevano informazioni onotizie sui figli dispersi. Ed è proprio rac-

Oltre settanta morti, decine di mutilati.Grande il tributo che Bracciano ha

pagato per quella che è passata alla storiacome la IV guerra di indipendenza italianaconosciuta anche come la Grande Guerra.Il ricordo dei caduti, le procedure che

portarono alla costruzione del Monumentoai Caduti in piazza IV Novembre già piaz-za delle Monache e altri documenti sonostati al centro di una interessante mostradocumentaria che si è tenuta dal 15 al 30maggio all’archivio comunale di Brac-ciano, a cura di Massimo Giribono. Moltigli inviati al fronte da Bracciano tra i qualiil sindaco Di Grisostomo. Tra i documentimolto interesse ha suscitato la lettera diMario Gazzaniga che testimonia l’eroica

cogliendo uno di questi appelli, che il padredi Salvatore Negretti riesce ad avere notiziadella fine eroica di suo figlio. Riportiamodi seguito la lettera scritta al sindaco diBracciano dal Tenente Mario Gazzaniga inservizio presso Siderno Marina che raccon-ta gli ultimi giorni di un Eroe.Siderno Marina, 6/03/1919Pregiatissimo Sig. Sindaco,sul Giornale d’Italia del 5 maggio 1919leggo nel trafiletto “Combattenti dispersi”che il sig. Negretti Felice abitante a Brac-ciano in via Flavia 38 chiede notizie di suofiglio Tenente Negretti Salvatore coman-dante agli ultimi giorni di ottobre 1917 lasettima Compagnia del 246° ReggimentoFanteria. Il sottoscritto amico e collega delpovero Salvatore sente il doloroso doveredi far partecipe a Lei perché comunichialla famiglia che il tenente Negretti morìda eroe conducendo la sua compagnia con-tro le odiate schiere tedesche che calpesta-vano il suolo sacro della patria. Morì col-pito da proiettile di mitragliatrice o fucilealla tempia sinistra il giorno 30 ottobre1917 nelle vicinanze di San Daniele delFriuli. Lo vidi morto, mi chinai su di lui,conservava il sorriso sulle labbra, guardavaancora il nemico. So che un Ufficiale Te-desco promise che avrebbe curata la suasepoltura, là sulle rive del canale che l’Eroeaveva avuto l’ordine di difendere. Altri uffi-ciali del 246° Reggimento fanteria potrebbe-ro testimoniare di quanto le porto noto. Allafamiglia dell’amico caduto invio un salutoriverente coll’augurio che possa trovareconforto al pensiero che il figlio morì per lapatria eroicamente, fulgido esempio ai col-leghi ed ai soldati: a lei distinti ossequi.

Tenente Gazzaniga Mario20° Reggimento Fanteria

Distaccamento di Siderno Marina

Salvatore Negretti: “morì da eroe”La testimonianza commossa del commilitone della settimaCompagnia del 246 ° Reggimento Fanteria

“Non tutti nella capitale sbocciano i fiori del male” recita-va l’indimenticabile canzone di Fabrizio De Andrè circa

venti anni fa che, a distanza di tempo, continua ad essere attua-le come restano sempre tutte le vere espressioni artistiche.E così Bracciano è assurto agli onori della cronaca con il “fat-

taccio” di sabato 23 maggio che ha visto protagonisti due ragaz-zi rivali in amore ed un terzo intervenuto per sedare la lite, par-ticolarmente feroce per la sua violenza, accoltellato al torace ericoverato d’urgenza all’ospedale “Gemelli” in gravi condizio-ni. Per fortuna nessuno è rimasto ucciso e anche il ferito gravesta gradualmente migliorando ma l’impressione sull’opinionepubblica è stata sicuramente forte e non è ancora caduta neldimenticatoio perché in fondo la comunità braccianese non èabituata ad assistere a questo tipo di esplosioni di aggressivitàpubbliche e per di più in pieno centro.Inevitabile la domanda su come si possa pensare di ignorare

qualsiasi regola del vivere civile e dare vita ad un vero e proprio“duello” a colpi di mazza e coltello per rivendicare il propriodiritto di maschio padrone su una donna espropriata dalla pro-pria possibilità di scelta.

Di sicuro emerge un’immagine antica della cultura maschilistache sicuramente non risponde più ai canoni dell’attualità, mache evidentemente permane nella mente di chi non riesce a stareal passo con il proprio tempo e per questo vive con sofferenzala propria frustrazione costante tanto che sembra sensato pensa-re che se l’oggetto conteso invece di una donna fosse stato, adesempio, uno scooter, probabilmente il risultato sarebbe stato lostesso. Va considerato che l’abbondanza di immagini violenteche ci circondano ogni giorno contribuisce di sicuro ad abbassa-re la consapevolezza individuale di comportamenti asociali e, aquesto, va aggiunta la crisi profonda che investe il ruolo maschi-le sempre più indebolito da un protagonismo femminile assolu-tamente nuovo nel panorama socio culturale dei nostri giorni.Un’ultima notazione interessante va fatta anche sulla sceltadelle armi usate, una mazza ed un coltello, che richiamano allamente immagini legate al medioevo dove la potenza fisica anda-va dimostrata anche attraverso la scelta degli strumenti usati percombattere ed il vincitore riceveva in premio lo status di uomoforte. Insomma una storia d’altri tempi ispirata a modelli che,evidentemente, purtroppo sopravvivono ancora oggi nellanostra società globale sommersa dalle contraddizioni.

Biancamaria Alberi

Cronaca nera a Bracciano

Il 12 aprile al Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle si è tenuto il Raduno Interregionale del Gruppo Quercia Radar per commemorarne i60 anni. Il reparto, dal 1955 tra le basi di Vigna di Valle e Poggio Ballone (GR) ha visto avvicendarsi 3.000 militari. Oltre 150 i camerati, provenienti da tuttaItalia, la cui carriera militare ha incrociato la storia di Quercia Radar. Sono stati accolti dal CoordinatoreAntonio Canonico e dal Presidente dell’AssociazioneArmaAeronautica Sezione di Bracciano Ge-nerale Divisione Aerea Umberto Formisano. “Tutta la mia vita militare - commenta Giancarlo Indiati, Ufficiale tecnico delCRC di Vigna di Valle e Capo Ufficio Tecnico DE 21° Gruppo Radar di Poggio Ballone - si è svolta all’ombra della Quercia e del Cerbero, distintivo del Reparto.Ho avuto modo di seguire la costruzione del Reparto che ha ereditato le tradizioni e l’operatività del glorioso Vigna di Valle. Poggio Ballone che ha ereditatocirca 30.000 intercettazioni svolte dai controlli di Vigna di Valle ha svolto un lavoro egregio conseguendo i massimi livelli in ambito delle Valutazioni della Nato.Poggio Ballone 21° Gruppo Radar ha concluso poiché nessun altro controllore della Difesa Aerea e Pilota della Difesa Aerea Nazionale utilizzerà il nomina-tivo di “Quercia". Un saluto alle Querce cadute e a tutti i partecipanti allo splendido raduno sul lago di Bracciano”.

Il Raduno del Gruppo Quercia Radar

I primaveristi