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Hanno collaborato: Gabriella Caponi – Paola Ciagli Zanetti - Lilia Foglietta Giovagnoni – Antonietta Gargiulo – Maria Stella Giovannelli – Guglielmo Poesia al Bonazzi Aprile 2012

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Hanno collaborato: Gabriella Caponi – Paola Ciagli Zanetti -

Lilia Foglietta Giovagnoni – Antonietta Gargiulo – Maria

Stella Giovannelli – Guglielmo Giovagnoni – Dina Raddi

Poesia al BonazziAprile 2012

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IL SIGNIFICATO DEI FIORI

L'attribuzione di un significato simbolico ai fiori e alle piante risale come abbiamo già precedentemente trattato, fin all'antichità per proseguire nel Medioevo e nel Rinascimento fino ai giorni nostri con alterna fortuna. Tuttavia è con l'Ottocento che l'interesse per il linguaggio dei fiori assume il massimo sviluppo, legato alla comunicazione dei sentimenti, tanto che si diffuse un'editoria specializzata nella stampa dei flower books, elegantemente illustrati con incisioni e litografie.

Tale linguaggio fu introdotto da Mary Wortley Montagu, moglie dell'ambasciatore inglese a Costantinopoli, dopo il suo soggiorno nella capitale turca negli anni 1716-18. Nelle sue lettere, pubblicate nel1763, ella riferiva dell'usanza - chiamata selam - di attribuire significati simbolici a ogni sorta di oggetti, e in particolare ai fiori, ai frutti e alle piante.

In Europa seguirono diversi libri e dizionari dedicati all'argomento, come l'Abécédaire de flore, ou language des fleurs, pubblicato a Parigi nel 1811, il Flowers: their Use and Beauty, in Language and Sentiment, edito a Londra nel 1818 o il Le Language des Fleurs, pubblicato a Parigi nel 1819 sotto il nome di Charlotte de Latour, pseudonimo, sembra, di Louise Cortambert, moglie del geografo e bibliotecario parigino François Eugène. Fu un libro particolarmente fortunato, che ebbe parecchie edizioni, arricchite da litografie tratte dai disegni floreali di Pancrace Bessa.

Charlotte DE Latour %

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Il significato simbolico dei fiori e il loro linguaggio nell’uso comune quotidiano era molto preciso, seguiva un’ attenta procedura e veniva usato comunemente in numerose occasioni.

Il significato di un fiore cambiava in base a come veniva indossato (fra i capelli, all'occhiello, inserito nel decolté, ecc.), a come veniva donato(con la mano destra o con la sinistra), a come veniva porto (da solo o inserito in un bouquet).Vi era un ben preciso uso nell’accosta mento di un fiore con altri per determinarne le "parole": se un fiore che significava "per sempre" veniva inserito in un

mazzo di fiori che significano "amore", il messaggio era "ti amerò per sempre", ma se veniva inserito in un bouquet con fiori che significavano "ricordo" e altri che significavano "odio", il messaggio era chiaro: "ti odierò per sempre e di te mi resteranno solo cattivi ricordi".

Oltre al significato di ogni fiore anche il colore complessivo del bouquet aveva la sua importanza: il bianco indicava la purezza, il rosso la passione, il giallo la gelosia. Aveva importanza il fatto che si inviasse una pianta, un ramo o il suo fiore; solo in particolari occasioni si inviavano mazzi dello stesso fiore e dello stesso colore, mentre ve ne erano alcuni che potevano essere inviati esclusivamente da soli (come l'orchidea) o al massimo con un altro fiore o ramo che ne sottolinei il significato.

Il significato dei fiori per chi ne fosse stato un abile conoscitore, poteva anche essere assunto come "codice" tra due o più persone, ad esempio il significato comune di fiori come il gladiolo, il mordigallina, o la clivia, era "appuntamento", con gli amici o con il partner; poteva quindi essere concordato che l'invio di uno di questi fiori significasse la richiesta o la concessione di un incontro e di rimando la risposta floreale poteva essere positiva o negativa (ad esempio se veniva inviato un gladiolo, si chiedeva un appuntamento: se se la risposta era una clivia l’invito era accettato, se era un garofano screziato era un diniego.

Attualmente soltanto sono i significati simbolici attribuiti ai fiori nell’uso comune è in gran parte domenticato. Restano soltanto poche varietà di fiori che vengono usati in particolari cerimonie o in diverse stagioni dell’anno.

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Modi di dire sui fiori

Interessante è l’uso del significato dei fiori in parecchi modi di dire, come ad esempio:

Il "fiore all'occhiello" si dice di qualcosa che rappresenta motivodi orgoglio.

Si dice del meglio di qualunque cosa o anche persona "il fior fiore".

A volte le cose non sono tutte "rose e fiori“. Qualche mattina è capitato a tutti di avere "i nervi a fior di pelle".

E inoltre "Un fiore non fa una ghirlanda e neppure la primavera", quando è troppo poco.

Mentre chi "ama il fiore e non il frutto" significa che è interessato più alle apparenze che non al valore effettivo.

Contributo di Gabriella Caponi

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Una delle meraviglie di Aprile è la fioritura dei fiori di ciliegio in Giappone chiamata  Hanami.

Hanami ( はなみ ) significa “osservare i fiori”

da hana= fiori e mi= vedere) ed è infatti il tradizionale evento giapponese che consiste nel celebrare e godere della bellezza

dei fiori, soprattutto i fiori di ciliegio (Sakura), osservandone il loro fiorire nelle belle giornate di primavera.E’ talmente bello vedere la loro fioritura che lo sbocciare delle loro prime gemme viene prevista dall’Agenzia Meteorologica Giapponese che studia il clima e la nascita dei primi boccioli permettendo così di determinare la data esatta della fioritura. In questo modo chiunque può prepararsi per tempo per l’occasione progettando serate all’aperto (Yozakura よざくら= Sakura Serale) o pic nic la mattina in parchi come l’Ueno Park.L’hanami è un evento nato molti secoli fa;all’origine riservato solo a persone di alto lignaggio, successivamente aperto a tutti così che nacque l’usanza di fare una festa all’aperto bevendo sakè e mangiando sotto una pioggia di petali rosa.L’hanami è una ricorrenza dedicata alla celebrazione della bellezza della natura ma non solo: la fioritura dei ciliegi infatti era il periodo legato al raccolto del riso. Anticamente le persone usavano gli alberi di ciliegio come mezzo per predire la qualità del raccolto di quell’anno e, portavano ai piedi dell’albero di ciliegio anche delle offerte di ogni genere e pregavano le divinità di concedere loro buona sorte.Oggi i giapponesi continuano ancora la tradizione dell’hanami anche perchè questo periodo coincide con l’inizio dell’anno scolastico giapponese. La gente e soprattutto i ragazzi amano raggrupparsi attorno a grandi alberi fioriti tenendo feste e piccoli banchetti o pic nic all’aperto.

Contributo di Gabriella Caponi

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MATTINATA

Batte a la tua finestra, e dice, il sole:Lèvati, bella, ch’è tempo d’amare.Io ti reco il desir de le vïoleE gl’inni de le rose al risvegliare.     Dal mio splendido regno a farti omaggioIo ti meno valletti aprile e maggio     E il giovin anno che la fuga affrenaSul fior de la tua vaga età serena.

Batte a la tua finestra, e dice, il vento:Per monti e piani ho viaggiato tanto:Sol uno de la terra oggi è il concento,E de’ vivi e de’ morti un solo è il canto.     De’ nidi a i verdi boschi ecco il richiamo— Il tempo torna: amiamo, amiamo, amiamo —     E il sospir de le tombe rinfiorate— Il tempo passa: amate, amate, amate. —

Batte al tuo cor, ch’è un bel giardino in fiore,Il mio pensiero, e dice: Si può entrare?Io sono un triste antico vïatore,E sono stanco, e vorrei riposare.     Vorrei posar tra questi lieti mâiUn ben sognando che non fu ancor mai:     Vorrei posare in questa gioia piaSognando un bene che già mai non fia.

Giosuè Carducci - Rime nuove (1906)

Contributo di Paola Zanetti

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Socchiusa è la finestra, sul giardino.Un'ora passa lenta, sonnolentaEd ella, ch'era attenta, s'addormenta a quella voce che già si lamenta,che si lamenta in fondo a quel giardino. 

Non è che voce d'acque su la pietra:e quante volte, quante volte udita!Quell'amore e quell'ora in quella vitas'affondan come ne l'onda infinitastretti insieme il cadavere e la pietra.

Ella stende l'angoscia sua nel sonno.L'angoscia è forte, e il sonno è così lieve!Par la luce d'april quasi una neveche sia tiepida. Ed ella certo devesoffrire, vagamente, anche nel sonno.

Tutto nel sonno si rivela il male che la corrompe. Il volto impallidisce lentamente: la bocca s'appassisce nel suo respiro; su le guance lisce s'incava un'ombra.. O rose, è il vostro male:

rose del sole nuovo, pur di ieri, ch'ella recise ad una ad una e intanto ella era affaticata un poco, e intanto l'acque avean su la stessa pietra il pianto d'oggi, oggi quasi sfatte, e pur di ieri! Ella non è più giovine. I suoi tardi fiori effuse nel primo ultimo amore. Fu di voluttà ebra e di dolore. Un grido era nel suo segreto cuore, assiduo: Troppo tardi! Troppo tardi! 

Ella non è più giovine. Son quasibianchi i capelli su la tempia; sonosu la fronte un po' radi. L'abbandonoella è supina e immota, l'abbandonofa sembrar morte le sue mani, quasi.

Né pure il gesto fa scendere maisangue all'estremità de le sue dita!La tragga il sogno lungi da la vita.Veda nel sogno almen ringiovanital'Amato ch'ella non vedrà più mai.

Socchiusa è la finestra, sul giardino.Un'ora passa lenta, sonnolenta.Non altro s'ode, ne la luce spenta,che quella voce che giù si lamenta,che si lamenta in fondo a quel giardino. 

Gabriele D’Annunzio Contributo di Antonietta Gargiulo

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Poesie di primavera a cura di Antonietta Gagiulo

GIANNI RODARI - Primavera Conosco una cittàdove la primavera arrivae se ne vasenza trovare un alberoda rinverdire,un ramo da far fioriredi rosa o di lillà:Per quelle strade muratecome prigionila poveretta s'aggiracon le migliori intenzioni:appende un po' di verdeai fili dei tram,ai lampioni,sparge dei fioridavanti ai portoni(e dopo un momentinose li riprende il netturbino).Altro da farenon le rimane,per settimane e settimane,che dirigere il trafficodelle rondini, in alto,dove la gentenon le vede e non le sente.Di verde in quella città(e dirvi il suo nome non posso)ci sono soltanto i semaforiquando non segnano rosso.

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Ada Negri - Primule 

Sbocciano al tenue soledi marzo ed al tepor de' primi venti,

folte, a mazzi, più larghe e più ridentide le viole.

Pei campi e su le rive,a piè de' tronchi, ovunque, aprono a berearia e luce anelando di piacere, le bocche

vive.E son tutti esultanza

per esse i colli; ed io le colgo a pienemani, mentre mi cantan per le vene

sangue e speranza.

Johann Wolfgang Goethe Primavera vicina

Più morbida, più lievel'aiuola, ecco, s'inturgida;candide come neve,ondeggian le campanule,un vivo ardor di fuocova dispiegando il croco;il suol di sangue stilla,lo smeraldo sfavilla.Le primule si gonfianocon borioso piglio;mentre l'astuta mammolas'asconde ad ogni ciglio,un alito possentescuote la vita intera.E' viva, è qui presenteormai la primavera Fine

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Due poesie di Giovanni Pascoli"Il vischio"Non li ricordi più, dunque, i mattinimeravigliosi? Nuvole a' nostri occhi,rosee di peschi, bianche di susini,parvero: un'aria pendula di fiocchi,o bianchi o rosa, o l'uno e l'altro: meli,floridi peri, gracili albicocchi.Tale quell'orto ci apparì tra i velidel nostro pianto, e tenne in sé riflessaper giorni un'improvvisa alba dei cieli.Era, sai, la speranza e la promessa,quella; ma l'ape da' suoi bugni uscitapasceva già l'illusïone; ond'essafa, come io faccio, il miele di sua vita.

NovembreGemmea l'aria, il sole così chiaroche tu ricerchi gli albicocchi in fiore,e del prunalbo l'odorino amarosenti nel cuore...

Ma secco è il pruno e le stecchite piantedi nere trame segnano il sereno,e vuoto il cielo, e cavo al piè sonantesembra il terreno.

Silenzio, intorno; solo, alle ventateodi lontano, da giardini ed orti,di foglie un cadere fragile. E' l'estate,fredda, dei morti.

Contributo di Gabriella Caponi

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Un poeta contestatoreGian Pietro Lucini (1867-1914) poeta e scrittore, è considerato precursore delle Nuove Avanguardie.Fu contestato dalla critica coeva,per le sue posizioni politicheconsiderate una eccezione nel contesto letterario. Lucini,si dichiarò antiborghese,anarchico,contro la monarchia, la Chiesa e l'esercito tanto da essere incriminato di antimilitarismo e offese ai regnanti. Rivalutato da Edoardo Sanguineti, oggiè un poeta studiato e analizzato profondamente ed è annoverato tra i maggiori innovatori della poesia italiana.

Or faccio il Giardiniere:non vi han detto: «Coltiva rosai in riva alle paludi?»Perfettamente, son io e schietto,Il Melibeo: e faccio il Giardiniere-per-bene.Ho coltivato e vado scegliendo rosa da rosa,tutte rose innocenti, quasi senza profumo:rose di seta, di panno, di velluto;rose che sembran camelie, frigide e pretenziose,rose di strano e pur comune tessuto.Immetto, tra la folla dei concorrenti astiosi,la mia candidatura al Premio di Virtù.

Contributo di Gabriella Caponi

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Narciso.Il tuo odore.E il fondo del fiume.

Voglio restare sulle tue sponde.Fiore dell'amore.Narciso.

Nei tuoi bianchi occhi passanoOnde e pesci addormentati.Passeri e farfallesi nipponizzano nei miei.

Tu minuto e io grande.Fiore dell'amore.Narciso.

Le rane che svelte sono!Ma non lasciano tranquillolo specchio in cui si guardanoil tuo delirio e il mio delirio.

Narciso.Dolore mio.E mio proprio dolore.

Federico Garcia Lorca (Poesie d'amore) Contributo di Gabriella Caponi

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Una poetessa contemporanea Giuliana Novelli Reatina di nascita, l’autrice vive da quasi quarant’anni a Perugia, dove ha insegnato in alcune scuole elementari. Scrittrice in lingua ed in vernacolo sia reatino che perugino,ha partecipato a premi letterari e nazionali ha vinto il primo premio al Concorso letterario nazionale “Valeria” a Cittaducale, Rieti.

GinestreSui colli declinanti

sale l’odore di ginestre.

Il giallo infiora

a pennellate sparse

tra il verde argentato

dei contorti ulivi.

Tiepida aria mattutina

si profuma e poi si espande.

Rosse con riflessi d’ocra,

le sere di tramonto

ai sogni fanno compagnia.

Nuova stagione attesa

s’avanza e si colora.

Contributo di Guglielmo Giovagnoni

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MIMOSE DI PRIMAVERA

Avvolti nel giallo,

occhi di fanciulla sorridono.

Sogni rinchiusi

forzano lo scrigno

ed attendono

l’intrepido giro di chiave.

La forza della vita irrompe

e, cancellando ombre di madri deluse,

si affaccia

su ciò che di più bello

può offrire l’avvenire.

Costruito nel cuore,

il castello fatato

si specchierà di nuovo

in acque limpide.

Lilia Foglietta Giovagnoni

Perugia, 4 aprile 2008

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PAESAGGIO ALPINO

Ricordo il treno che usciva dal tunnele mi portava in un mondo incantato,tra grandi spazi, case di legno, gerani,e maestose montagne,svettanti nell’azzurro.Il mondo delle cascate e dei torrentisotto ponti di legno e prati,colorati da genziane e fiori,di cui ho dimenticato il nome.Il mondo delle aquileche maestose solcano il cielo,sopra valli intagliate,verso l’orizzonte. Lilia Foglietta Giovagnoni

Perugia, 4 giugno 2008

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Dal libro “Il terrazzino dei gerani timidi” di Anna Marchesini. (Orvieto, 1953) è

un’attrice,doppiatrice e regista italiana.Ha fatto parte del celebre Trio con Massimo

Lopez e Tullio Solenghi fino allo scioglimento del Trio.L’attrice ha continuato la sua attività al fianco di Solenghi dal1994 al 1995 per poi proseguire da

sola la carriera di attrice teatrale.

Quasi sempre erano i gerani.

Un colore spento, si sarebbe detto quasi lilla, il fiore moscio,pallido opaco,insulso; non attirava nemmeno una vespa.

Gerani tutti in fila ordinati nei vasi tutti uguali - immobili segnaposto delle ore del tempo all’aperto - tutti dello stesso colore.

Erano stati tentati in passato diversi innesti manipolandola pianta madre, ormai esasperata e sfinita quasi estinta, ma le piantine avevano gettato ogni volta a sorpresa fiori di una tinta più angusta, un colorito spento, assopito, tramontato, qualcosa come fossero sempre le sette di sera.

I gambi, stecchi sottili senza alcuna bizzarria o chissà quale incrocio capriccioso; esili e tremanti, sorreggevano foglie, simili a giovani camerieri inesperti e impalati i vassoi vuoti alla fine di una festa.

I fiori emaciati come convalescenti tremolavano ad ogni refolo di vento, esalando appena un lieve odore di sacrestia.

Gerani inerti; stavano su per dovere – si sarebbe detto – nessuna memoria linfatica di bagliori lunari o profumo di crepuscoli vespertini, macché, certi petali trasparenti come ali di mosca morta.

Una specie di fioritura sacrificale, protratta a dispetto quasi tutto l’anno; ideale pavimentazione per le pietre tombali.

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Gerani, una vita al minimo, come se un pittore li avesse ad arte disposti dentro i vasi con l’intenzione di dipingere una natura morta.

C’era stato una volta, pare, un geranio diverso, di oscura provenienza, era rimasto però per anni in una incomprensibile fissità, non cresceva e non moriva e non fioriva, poi, durante una primavera inoltrata, pare nel mese di Maria, l’arbusto forse cattolico, si era coraggiosamente spinto oltre e riconquistata la memoria aveva prodotto una inusitata fioritura; gerani rosso carminio, fiori robusti grossi grassi e oleosi profumatissimi, soavi corolle spalancate ricche pelose ampie, aperte come borse svaligiate; petali vigorosi dalle guance rubizze e congestionate come vergini al primo turbamento, foglie carnose ben nutrite avviticchiate ad arbusti muscolosi come atleti, fiori sani patinati stipati fitti, incalzati da boccioli gonfi invadenti, tanti, rigogliosi, che chiedevano vigorosi di uscire o scoppiare.

In un’orgia di vespe api insetti coleotteri e moscerini tropicali calati a picco sui fiori, voraci, litigiosi e sbronzi di nettare caldo e di rumorosa follia, asserragliati in una mucillagine di ingorda pastura avvenente e fuori stagione, ci fu, pare, una specie di ohhh! L’eco di un suono lungo flaccido e livoroso.

Tutti i gerani, quelli in convalescenza, avevano dato simultaneamente una lenta girata di capo acida e invidiosa; erano rimasti pochi istanti, poi, come chiamati in posa per una fotografia, con uno schianto secco parvero tutti ripiombare di colpo in un tiepido e rancoroso silenzio per sempre, come sempre immobili.

Pensavo di averla imparata lì la malinconia, nel terrazzo dei gerani timidi;.....

Contributo di Maria Stella Giovannelli Passerini

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arra una leggenda diffusa nelle valli bresciane che, in un giorno di allegria, le fate del bosco uscirono dalle loro case segrete per dare vita a una bellissima festa fra gli alberi.

Cantarono e danzarono, spensierate e felici; celebrarono riti e godettero di una giornata piena di luce e di profumi.Ma le fate, prese dal vortice delle danze e dalla frenesia dei canti, avevano abbandonato sull'erba le loro tazze usate per bere a un ruscello.Le ritrovarono il giorno dopo, all'alba, moltiplicate di numero e nascoste sotto il fogliame. Il loro nume protettore aveva pensato bene di celarle a sguardi indiscreti.Poiché il prato risultava tutto chiazzato di piccoli calici bianchi, la tradizione popolare fece derivare da quel particolare il nome di "tazzine delle fate", dato ai mughetti.Essi, sempre secondo tradizione, simboleggiano la civetteria.

Contributo di Maria Stella Giovannelli Passerini

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Dal Cantico dei cantici 2° poema – La sposa(11-13).

Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. 

Il Cantico dei Cantici o semplicemente Cantico inteso come il più sublime dei cantici  è un testo contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana. È scritto in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea nel V-III secolo a.C. ad opera di un autore ignoto, sulla base di qualche testo più antico (risalente forse X secolo a.C.) È composto da 8 capitoli contenenti poemi d'amore in forma dialogica tra un uomo ("Salomone") e una donna ("Sulammita").È questo forse il messaggio principale del Cantico: l'amore tra uomo e donna, in tutte le sue dimensioni, quando è capace di recuperare l'originaria relazione col Creatore, ha una forza superiore a quella della morte, e libera l'essere umano dalla sua paura.

Contributo di Antonietta Gargiulo Fine