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SICILIA/BIBLIOTECHE 48/8 I manoscritti di Agostino Gallo A cura di Carlo Pastena 8

I manoscritti di Agostino Gallo A cura di Carlo Pastena 8 · Si ringraziano Maria Maddalena Milazzo e Giuseppina Sinagra per la trascrizione delle carte iniziali del manoscritto

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SICILIA/BIBLIOTECHE48/8

I manoscritti diAgostino Gallo

A cura diCarlo Pastena

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Edizione fuori commercio. Vietata la vendita

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Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”Palermo

Agostino Gallo

Notizie di artisti Sicilianida collocarsi ne’ registri secondo l’epoche rispettive

raccolte da Agostino Gallo(Ms. XV.H.20.1-2.)

Trascrizione e note diAngela Mazzè, Angela Anselmo e Maria Carmela Zimmardi

Introduzione di Angela Mazzè

Presentazione di Francesco Vergara Caffarelli

Regione sicilianaAssessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana

Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana2014

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Si ringraziano Maria Maddalena Milazzo e Giuseppina Sinagra per la trascrizionedelle carte iniziali del manoscritto. Si ringrazia il Priore del Convento di SanDomenico di Palermo, padre Sergio Catalano, per aver concesso la pubblicazionedella foto del monumento funerario di Giuseppe Patania

Fotografie di Gaetano Lo Giudice

Gallo, Agostino <1790-1872>

I manoscritti di Agostino Gallo / a cura di Carlo Pastena. - Palermo : Regione siciliana,Assessorato dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione. – v.1. Arte – Sicilia.709.458 CDD-22 SBN PAL0164433

8.: Notizie di artisti siciliani da collocarsi ne’ registri secondo l’epoche rispettive raccolte daAgostino Gallo (Ms. XV.H.20.1-2) / introduzione di Angela Mazzè ; trascrizione e note diAngela Mazzè, Angela Anselmo e Maria Carmela Zimmardi. - Palermo : Regione siciliana,Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana, Dipartimento dei beni culturali e del-l’identità siciliana, 2014. (Sicilia/Biblioteche ; 48.8)ISBN 978-88-6164-251-51. Artisti siciliani – Origini-Sec. 19. - Repertori. I. Mazzè, Angela. II. Anselmo, Angela. III. Zimmardi, Maria Carmela.709.458 CDD-22

CIP – Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”

© 2014 Regione siciliana. Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana

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Presentazione

Offrire al lettore l’ottavo ed ultimo volume di una serie iniziata quin-dici anni fa e lentamente protrattasi fino ad oggi, è per chi scrive motivodi grande orgoglio e, al contempo, felice occasione per esprimere altret-tanta gratitudine a tutti coloro che hanno reso possibile un percorso cosìlungo e fruttuoso.

Il grandioso progetto di edizione integrale dei manoscritti di AgostinoGallo (1790-1872) posseduti dalla Biblioteca centrale della Regione sici-liana prese l’avvio sul finire degli anni ‘90 e nel 2000 fu possibile dare allestampe i primi tre volumi della serie1. L’auspicata pubblicazione nel corsodi tre anni di tutti gli otto volumi manoscritti del Gallo, dovette ahimèrivelarsi troppo ottimista se misurata con l’oggettiva difficoltà del lavorocritico di trascrizione, interpretazione, annotazione che tali materialirichiedono.

Tutti coloro che hanno avuto occasione di consultare questi preziosimanoscritti sanno quanto sia irta di asperità la disordinata stesura delGallo e dei suoi collaboratori. Ad una scrittura corsiva già di per sé di dif-ficile lettura, si aggiungono cancellature, chiose, correzioni di ogni gene-re, e un inchiostro talvolta assai sbiadito, ma non basta! E’ la stessa strut-tura del contenuto, frammentario, ripetitivo, a tratti lacunoso, a rendereparticolarmente gravoso il compito del curatore dell’edizione. Occorreinfatti tenere presente che il Gallo affastellava sovente una grande quanti-tà di informazioni, annotazioni, opinioni correnti e citazioni da fonti anti-che, brani tratti da vari autori, articoli di giornali, con l’intento esplicito diprovvedere in un secondo tempo al riordino dei materiali raccolti e all’in-serimento opportuno in una delle sue opere. Il risultato di tale complessae disorganica attività consiste in lavori che, pur avendo un titolo e una pro-pria struttura, è difficile considerare conclusi. Quasi che l’Autore, maicontento, rimanesse sempre in attesa di raccogliere l’ultimo definitivo par-ticolare, la gemma erudita che avrebbe dovuto consacrare la sua opera erenderla degna di essere data alle stampe.

I criteri di edizione furono all’inizio definiti da Carlo Pastena e sonostati mantenuti invariati nel corso degli anni. La cura scientifica dei singo-

_________________________________

1 BCRS, Mss. XV.H.17 Notamento alfabetico di pittori e musaicisti siciliani ed esteri …; XV.H.14Notizie intorno agli architetti siciliani e agli esteri soggiornanti in Sicilia …; XV.H.16 Notizie intor-no agli incisori siciliani …, cfr. Prefazione al vol. I.

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li volumi, con la trascrizione del testo e la redazione dell’apparato criticoin nota è stata di volta in volta affidata a personale interno alla Bibliotecao a studiosi esterni. In particolare, il primo volume della serie, ilNotamento alfabetico di pittori e musaicisti siciliani ed esteri … (Ms.XV.H.17) è stato curato da Maria Maddalena Milazzo e GiuseppinaSinagra, colleghe dell’unità Fondi antichi, al pari di Angela Anselmo eMaria Carmela Zimmardi, cui si deve la pubblicazione del terzo volume,Notizie intorno agli incisori siciliani … (Ms. XV.H.16). Più ponderoso edapprofondito è stato il lavoro condotto da Angela Mazzè, storica dell’artedell’Università di Palermo, sul secondo volume, Notizie intorno agliarchitetti siciliani e agli esteri soggiornanti in Sicilia (Ms. XV.H.14), lacui trascrizione viene introdotta dal saggio L’incompiuta Storia delle BelleArti: progetti e polemiche, nel quale ampio spazio è dedicato alla ferocerivalità tra Gallo e Gioacchino Di Marzo, autore della coeva Delle bellearti in Sicilia dai Normanni sino alla fine del secolo XIV, edita a Palermotra il 1858 e il 1864.

Nel 2002, sempre a cura di Angela Mazzè, compare il quarto volume,Autobiografia2, il cui contenuto va integrato in parte con quello del presen-te, ottavo, volume3. Anche in questo caso, un cospicuo saggio della cura-trice, Il panorama biografico (pp.33-99) fa da commento al testo cheGallo dedica a sé stesso, mentre pari attenzione viene posta alla sua biblio-grafia ragionata nel saggio La produzione storiografica (pp.100-147).

L’opera Notizie di pittori e musaicisti siciliani ed esteri che operaronoin Sicilia, da collegare al Notamento alfabetico di cui al volume primo, èstata pubblicata in due distinti volumi, il quinto e il settimo: la Parte prima(Ms. XV.H.18) nel 2003, a cura di M. M. Milazzo e G. Sinagra; la Parteseconda (Ms. XV.H.19) nel 2005, ancora una volta affidata ad AngelaMazzè che introduce la trascrizione con un saggio su Il manoscrittoXV.H.19: le fasi della ricerca e le ipotesi cronologiche sulla stesura. Lastudiosa ne analizza l’impianto progettuale, le fonti, il lessico critico-arti-stico, concludendo con un breve paragrafo dedicato alle donne nella pittu-ra siciliana.

Nell’intervallo di tempo tra il quinto e il settimo, vede la luce nel 2004il sesto volume della serie (Mss. XV.H.15-16) a cura di A. Anselmo e M.C. Zimmardi. Esso propone una trascrizione riordinata e coerente del con-tenuto dei due manoscritti, probabilmente alterato da un errore d’origine_________________________________

2 BCRS, Ms. XV.H.20.13 Biografia di Agostino Gallo di Palermo vivente in marzo 1867, pp.3 – 27.

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nella legatura. Il primo riguarda per la massima parte la storia della scul-tura in Sicilia, pur presentando un titolo4 che ne circoscrive il contenutoagli aspetti artistici della monetazione siciliana, che nell’originale occupasoltanto le cc. 11r-43v. Il secondo manoscritto contiene le Notizie de’ figu-larj degli scultori e fonditori e cisellatori siciliani ed esteri.

Oggi, dopo nove anni, siamo finalmente in grado di concludere conl’ottavo volume la serie dei manoscritti di Gallo conservati in questaBiblioteca5. Anche in questo caso, esso presenta il contenuto di due volu-mi manoscritti (Mss. XV.H.20.1-2), la cui trascrizione si deve ad A.Mazzè, A. Anselmo e M. C. Zimmardi, preceduta da un’introduzione dellastessa Mazzè che così conclude la sua lunga frequentazione con il NostroAutore. La natura stessa dei contenuti, destinati ad integrare opere prece-denti, e la struttura disarticolata e confusa portano la studiosa a sottoline-arne “il disordine metodologico associato alla disorganicità concettuale estorica” che va tuttavia considerato dagli studiosi di oggi come un’oppor-tunità rara e preziosa per penetrare nella costruzione dell’opera in fieri,scrutandone impietosamente i ripensamenti, le ripetizioni, le sviste.

Proprio questa possibilità di entrare nel “repertorio” generale di ungrande erudito dai variegati interessi culturali e dall’intensa vita pubblica,è la maggiore attrattiva dell’opera che qui presentiamo, alla quale auguria-mo almeno la stessa fortunata considerazione che gli studiosi hanno fino-ra dedicato alla faticosa lettura dei manoscritti conservati in questaBiblioteca.

A tutti i colleghi che nel corso degli anni hanno collaborato a variotitolo alla realizzazione di questo progetto di lunga durata, va il plauso ela gratitudine della comunità scientifica insieme al mio personale affettuo-so ringraziamento.

Francesco Vergara Caffarelli

_________________________________

4 Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte dell’incisione delle monete in Sicilia dall’epoca araba sinoalla castigliana.5 Notizie di artisti siciliani da collocarsi ne’ registri secondo l’epoche rispettive raccolte da AgostinoGallo.

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NOTA TECNICA

Nella trascrizione dei manoscritti di Agostino Gallo, si è scelto di adottare unatrascrizione diplomatica del testo filologicamente corretta, ma semplificata. In parti-colare:1. È stata sempre omessa l’indicazione della carta;2. L’indicazione delle pagine bianche è stata omessa;3. Il testo è stato trascritto così come si presenta, riportando la grafia errata di

alcune parole presenti nel manoscritto. Palesi errori sono stati segnalati innota;

4. È stata in genere rispettata la punteggiatura originale;5. Le postille marginali, le aggiunte e correzioni sono state inserite nel testo,

senza segnalarlo in alcun modo, ma nel rispetto della trascrizione filologicadel documento. Eventuali cancellazioni o altre particolarità sono state segna-late in nota;

6. Le parole illeggibili sono state segnalate con tre punti tra parentesi quadre( [...] );

7. Gli spazi bianchi nel manoscritto sono stati indicati con tre asterischi ( *** );8. Le abbreviazioni che sono state sciolte nel testo, non sono state segnalate;9. Le integrazioni dei curatori sono state sempre inserite tra parentesi angola-

ri ( < > )

Note al testo

1. Di ogni artista viene data in nota la forma corretta del nome, seguita dagliestremi cronologici se conosciuti o degli anni della sua attività (ad es.: VitoD’Anna, allievo di Pietro Paolo Vasta, nato a Palermo nel 1718 ed ivi mortonel 1769);

2. Le citazioni bibliografiche di A. Gallo, spesso molto sommarie e imprecise,quando identificate sono date per esteso (ad es: Lazzaro Di Giovanni, Le opered'arte nelle chiese di Palermo, c. 48 r. Manoscritto del sec. XIX, conservatopresso la Biblioteca Comunale di Palermo);

3. Sono state segnalate in nota eventuali cancellazioni o particolarità del testo,ritenute utili per una migliore comprensione del testo;

4. L’indicazione di eventuali opuscoli a stampa, fedi di nascita o altro materialea stampa e manoscritto inserito tra le pagine del manoscritto, di norma non èstato trascritto ma solo segnalato in nota.

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Indici

Ogni volume è corredato da un Indice alfabetico degli artisti, in cui si rinvia alle pagi-ne del testo a stampa dove l’autore è citato, seguito, entro parentesi tonda, dall’indi-cazione della segnatura del manoscritto di A. Gallo e dall’indicazione delle relativecarte. Ad es.:

Borremans Anna (Ms. XV.H.18., c. 372r) p. 252Borremans Luigi (Ms. XV.H.18., c. 372r) » 252Borremans Wilhem (Ms. XV.H.18., cc. 351v, 355r, 356r-358v) » 235-236

238-241Bova Antonio (Ms. XV.H.18., c. 172r) » 118-119Bramé Paolo (Ms. XV.H.18., c. 27v; Ms. XV.H.19., cc. 687r-687v) » 21-22

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Introduzione

Il manoscritto XV.H.20.1, penultimo di quelli depositati presso laBiblioteca Centrale della Regione Siciliana “Alberto Bombace” (giàNazionale), si compone di 383 carte stilate alternativamente dal Gallo e daisuoi segretari. Custodisce preziosi brandelli di memorie storico-artistiche,corollari e/o addizioni, deputati, presumibilmente, sia a colmare le lacune siaad ordinare l’affastellata apologia della incompiuta Storia delle Belle arti inSicilia, la cui estensione temporale spazia dall’arte classica al XIX secolo.

La titolazione autografa del manoscritto, Notizie di artisti siciliani da collo-carsi ne’ registri secondo l’epoche rispettive raccolte da Agostino Gallo, indu-ce ad ipotizzare che codesta tranche di appunti reiterati avrebbe, presumibilmen-te, completato l’ambiziosa stesura dell’opera alla quale il Nostro aveva dedica-to energia intellettuale ed epistolare a partire dal 1819. La malferma salute, a par-tire dal 1855 lo costringe sovente a lunghe pause che danneggiando, inevitabil-mente, la qualità della concentrazione, creano vuoti di memoria che inficiano lastesura e si traducono – sovente – in ripetizioni, in omissioni, in sviste.

Che Gallo preconizzasse la sua dipartita o che ne avesse certezza, lo sievince dalla necessità che egli sente di stilare la sua autobiografia. In que-sto manoscritto, alla versione autografa che reca la data del 5 febbraio1855i, segue una seconda stesura sotto forma di note biografiche dettate (otrasmesse) nel 1867 a Pietro Citrano, e poi pubblicate da Paolo Sansoneii,entrambi suoi amici e segretari.

Il Citrano, a sua volta, nel 1873, ossia l’anno successivo alla dipartitadel Nostro, pubblicherà a Palermo il saggio intitolato Sulla vita civile,politica e letteraria del cavaliere Agostino Gallo notizie storico-critiche.

Il suo studio è subissato dalla caotica mole di annotazioni storiche ed arti-stiche, ma il Nostro, per custodirne e divulgarne la loro memoria, le fa tra-ghettare sulle sponde dei Beni Culturali con l’ausilio del Citrano, il qualedichiara: «dal 1869 ebbi … l’incarico di coordinare le di lui opere manoscrit-te rimaste inedite, di alcune delle quali n’ebbi un sunto sotto il suo dettato»iii.

Questa testimonianza giustifica il “disordine” metodologico associato_________________________________

i La versione autografa dell’autobiografia è stata pubblicata in: Agostino Gallo, Autobiografia (Ms.XV.H.20.1). Trascrizione, saggio introduttivo e note a cura di Angela Mazzè, Palermo, Regione sici-liana. Assessorato dei Beni culturali ambientali e della pubblica istruzione, 2002. ii Paolo Sansone, Biografia di Agostino Gallo, Palermo, Tip. Barcellona, 1872.iii Pietro Citrano, Sulla vita civile, politica, e letteraria del cavaliere Agostino Gallo di Palermo edella maggior parte delle opere edite, ed inedite del medesimo delle quali alcune finora ignare.Notizie storico-critiche. [S.l., s.n.], 1873 (Palermo, G. Priulla), p. 7. Paolo Sansone, Biografia diAgostino Gallo, Palermo, Tip. Barcellona, 1872.

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alla disorganicità concettuale e storica, all’assemblaggio di argomentiriproposti o rielaborati in più versioni. La “filosofia” del Gallo concedealle creazioni degli artisti la peculiarità di monitorare l’opera in fieri e dinon cristallizzarla nella forma finale. Il Nostro, infatti comunica e com-pendia, attraverso la scrittura visiva, la varietà delle tecniche artisticheadattate singolarmente alle tipologie pittoriche e decorative. Questa rifles-sione la suggeriscono le versioni biografiche dedicate al cavaliereGiuseppe Patania, suo istruttore di pittura, del quale il Gallo non è solol’amico fraterno ma soprattutto lo sponsor al quale affida l’esecuzione deicentocinquantadue ritratti di Siciliani illustri della sua pinacoteca privata.La morte improvvisa dell’artista (1852) sconvolge le fasi dell’itinerariostorico e metodologico: Gallo interrompe l’assemblaggio cronachisticodei fatti e misfatti della Palermo artistica e antiborbonica e si dedica, conacribia, a stendere ben quattro versioni biografiche del Patania, stilandol’elenco della sua produzione artistica a partire dal 1807. In ogni versionebiografica il Gallo insiste a rammentare i contrasti del Patania col MaestroGiuseppe Velasques, corregge qualche imperfezione, migliora (talvolta) laqualità della compilazione critica ed evidenzia, soprattutto, che il suoamico «fu il primo pittore a sostenere il buon gusto nell’arte e diffonderloper mezzo dei suoi numerosi allievi». Di essi il Gallo snocciola un lungoelenco differenziando gli «scolari» dai «dilettanti»; infine, per non tradireil suo “onesto” narcisismo, colloca il suo nome al secondo posto dopoLuigi Scalia. Non si tratta di piaggeria ma di un sincero legame riverente-mente affettivo, esteso dal Citranoiv il quale scrive in proposito: «… essen-do stata intenzione del Gallo pria di morire di pubblicarla … la rifuse dinuovo aggiungendo e togliendo qualche brano; ma io dubitando che ilsenso variasse in alcuni luoghi, ebbi l’accortezza di fare visibili le cancel-lature nell’antico, e unico Ms che si conserva. Essa vita si compone di duecartolari in foglio il primo recentemente dettato che forma l’introduzionetutto scritto di mia mano; il secondo di un copista, e forse dall’autore det-tato vivente il suddetto Patania. Ai detti cartolari si aggiungono i docu-menti e i cataloghi delle opere del nostro dipintore, composto dal Sig.Giuseppe Di Marzo allievo del Patania».

Le reiterate versioni biografiche hanno tuttavia il merito di divulgare letipologie del vasto repertorio tecnico del Patania, pittore storico, di genere,votato all’iconografia sacra, ma soprattutto insigne ritrattista. L’indaginepsicologica configura efficacemente la sua peculiarità figurativa: la critica_________________________________

iv Pietro Citrano, Sulla vita civile … cit., p. 11.

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e il mercato dell’arte lo segnalano tuttora tra i migliori interpreti della fisio-gnomica di età neoclassica. Dotato di memoria fotografica, il Patania nonesita a riproporre, a memoria (e sulla cera) le sembianze del defunto, oppu-re le recupera più facilmente dall’incisione o dal dagherrotipo.

L’archivio di documenti e ricordi pubblici e privati conclama la proli-fica attività del Gallo poligrafo. Ne fa fede la dichiarazione di RosaliaSansone e Scinà in Randazzo, erede e nipote di Domenico Scinà, la qualeavalla l’impegno del Nostro, «di lui affezionato scolare ed amico», di pub-blicare «in uno o più volumi le opere minori» dell’illustre docente di fisi-ca presso la Regia Università degli Studi di Palermo.

Era noto a tutti i bibliofili che Gallo aveva curato le edizioni delleopere dello Scinàv; l’A. tuttavia conserva deliberatamente il contratto.

Il manoscritto custodisce inoltre missive che il Gallo, presumibilmen-te non ha collocato nei faldoni del copioso epistolario: sono infatti letterederubricate dal suo ufficio e custodite come cimeli privati. Ne fa fede lasupplica inviatagli da Salvatore Politi da Siracusa il 20 luglio 1858, per«essere nominato a sorvegliatore» delle antichità di Siracusa «che fu untempo principessa delle greche città».

Un disordine metodologico caratterizza l’accozzaglia della progettatascrittura: sono infatti presenti ben quattro versioni correlate indistintamen-te, l’una al Proemio dell’Istoria delle Belle arti Siciliane, l’altraall’Introduzione alla storia delle belle arti siciliane. Per un successivoripensamento il Gallo rielabora altre due versioni del paragrafo e intitola, laprima, Belle arti antichissime in Sicilia e la seconda Belle arti antiche inSicilia reiterando argomenti, biografie e aneddoti già illustrati nei prece-denti manoscritti. Non tralascia tuttavia gli aggiornamenti bibliograficicome si evince dalla trascrizione integrale di un articolo estrapolato dalBollettino dell’Istituto di Corrispondenza archeologica del dicembre 1854.

La compulsione storiografica del Nostro non si arresta alla ricognizio-ne storica sull’antichità ma si estende altresì al secolo delle cosiddetteriforme illuministiche che investono anche la politica urbanistica diPalermo gestita, a partire dal 1778, dal viceré Marco Antonio Colonna.Presumiamo che il Gallo abbia estrapolato i puntuali ragguagli dagli Attidel Municipio di Palermo._________________________________

v Domenico Scinà, Opere letterarie e scientifiche edite e inedite di Domenico Scina da Palermo orpubblicate per la prima volta riunite, e ordinate da Agostino Gallo con sue note, e giunte a quelleletterarie e de’ professori Pietro Calcara e Domenico Ragona Scinà alle scientifiche, Palermo, Tip.Barcellona, 1847; Domenico Scinà, Storia letteraria di Sicilia dei tempi greci ... Con annotazioni edappendici di Agostino Gallo suo antico scolaro ed amico, Palermo, Tip. della ved. Solli, 1859.

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XIV

Con l’ultimo paragrafo intitolato Sul tipo siciliano o delle belle artipredominanti nell’isola nostra ab antico il Gallo riparte dal dorico e, attra-verso un veloce excursus sull’attività dei “paladini” della pittura di etàbarocca fino al neoclassicismo, arresta la scrittura al 27 luglio 1868, annoin cui il poeta neoclassico messinese Natale Carta è insignito della quali-fica di «Cattedratico di pittura per l’insegnamento del disegno». La cartasuccessiva reca il titolo Belle Arti in Sicilia, stilato autograficamenteseguito dalla chiosa redatta dal segretario, come si evince dal ductus dellascrittura, che recita: Notizie sugli artisti siciliani / da unirsi alla storiadelle belle arti.

Il capitolo successivo intitolato Belle Arti in Sicilia. Secolo XIII altronon è che un compendio di notizie storico-etnografiche estrapolate dallaSicilia sacra di Rocco Pirro (1630) e da Giovanni Maria Amato, De prin-cipe templo panormitano (1728) e riguardanti prevalentemente il settoredell’artigianato artistico.

L’enciclopedica “Storia delle Belle Arti”, come si evince dal titolo delparagrafo Protettori delle belle arti nei secoli XV e XVI approfondisce lostatus dei committenti, ma non conclude definitivamente il frastagliatopercorso storico interrotto da episodi che talvolta frantumano il fragilemosaico. Assillato dai ricordi, perseguitato dall’ansia, ma soprattutto debi-litato dalla salute malferma, il Gallo attua la ricognizione dello stato difatto delle opere che rubrica nel paragrafo Oggetti d’arte trasportati daSicilia all’estero. È una denuncia che trova un alleato nel segretario chericopia in bella scrittura le labili testimonianze grafiche che il Gallo avreb-be voluto divulgare.

È a nostro parere, una delle pagine di denuncia lirica nei confronti dellalegge Siccardi (7 luglio 1865) che ha depredato dell’arredo sacro le chiese,ma – cosa ancor più grave – contro « l’influenza della setta protestante» perla quale il Senato locale «ha già aperto tre scuole evangeliche in Palermo efatto molti proseliti» guidati da «Padre Lipari domenicano».

Sono pagine inedite di storia dei Beni Culturali da documentare inquanto il Gallo traccia le coordinate correlate allo scempio delle opered’arte che «nel febbraio e marzo 1866 furono fatte atterrare con rabbia ico-noclasta e coll’influenza protestante dell’assessore Raffaello DiBenedetto, il quale «avea provocato un subbuglio popolare nel piano delMonte» di Pietà che cagionò «lo spoglio delle chiese e la depredazionedegli oggetti sacri».

La rubricazione degli allievi del Maestro Patania fa da chiusa al “regi-stro” (per dirla con Gallo).

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XV

Il manoscritto XV.H.20.2. costituisce la chiusa integrativa e storico-documentaria dei precedenti volumi. Ancora una volta gli eterogenei argo-menti sono stati assemblati senza un metro cronologico da chi – amorevol-mente profano – ha voluto tramandare la filigranata laboriosità del Gallo.Pittura, scultura, architettura sono i temi principi corredati sovente damanifesti o da opuscoletti stampati che sdoganano esempi della fecondaproduzione isolana composta da artisti che, altrimenti, sarebbero rimastisconosciuti. Ci riferiamo, per tutti, a quel Giosuè Meli, autore della MadrePompeiana, la scultura osannata da Teresa Petrozzi nell’ode edita a Romail 15 luglio 1864.

Anche la progettazione del Pantheon siciliano cimenta la cultura dellamemoria intellettuale, come fa fede la ricevuta di pagamento in favore diRosolino Barbera, autore tra gli altri del busto di Gioacchino Ventura.

La variegata gamma di argomenti include altresì gemme aneddotiche,valga per tutte quella relativa all’amico e scultore Valerio Villareale. Esseinterrompono sovente la monotona reiterazione di argomenti rivisitati e alcontempo si associano a personali comunicazioni culturali e storiografiche.

Nella seconda sezione titolata dal Gallo Mosaici e arte musiva special-mente in Sicilia, l’autore non tralascia di affrontare un tema talvolta omessodai contemporanei. Il 22 settembre 1864 Gallo stila, o rielabora, una prezio-sa relazione sulla tecnica di preparazione dell’intonaco.

Di seguito sono inserite le biografie di Giambattista Citardo e di altrimodellatori in cera.

La discontinuità degli argomenti prosegue con l’esposizione della tec-nica dell’incisione in Sicilia e dei suoi rappresentanti.

Segue la sezione relativa all’Architettura in Sicilia dei tempi più anti-chi, nella quale Gallo rielabora con riflessioni personali le considerazionisugli antichi artisti siciliani dello storiografo gesuita e contemporaneoAlessio Narbone riportate nel capitolo Coltura primigenia del primo volu-me dell’Istoria della letteratura siciliana.

L’attualità riprende campo e Gallo accende i fari su CarmeloLanzerotti, capitano del R. Corpo del Genio, architetto militare, il quale glioffre lo spunto per retrocedere, attraverso la gloriosa epoca barocca, sug-gellata da Paolo Amato, alla primitiva architettura ciclopica.

L’accorpamento alternato tra antico e contemporaneo consegna, allastoria dell’archeologia isolana, e palermitana in particolare, l’attività del-l’architetto Saverio Cavallaro, e a quella dell’architettura le note biografi-che di Giuseppe Di Martino, Nicolò Puglia, Filippo Juvara, del messineseCarlo Falconieri e della famiglia palermitana dei Marvuglia.

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XVI

Il manoscritto contiene il resoconto della traslazione della salma del-l’abate Giovanni Meli, suo amico, medico e poeta vernacolare di famaeuropea.

Un foglietto contenente la “Traduzione libera dal francese di AgostinoGallo in metro italiano della Romanza di Mr. Bonnaré” potrebbe ancorauna volta testimoniare l’eclettismo culturale del Nostro.

Fin qui abbiamo passato velocemente in rassegna i ricordi, le medita-zioni dell’autore che intona, nel teatro del dibattito storiografico, acutenote di denunzia pubblica contro la classe politica e religiosa.

Il suo programma sociale e artistico orientato alla conservazione e allamemoria dei Beni Culturali sarà esteso dal Citrano il quale nella Biografiafocalizza le fasi di riordino e di assemblaggio delle carte. Scrive infatti: «lesuddette memorie.. abbraccia<va>no meno cento quaderni in foglio e<erano> racchiusi in una gran cartiera»vi. Durante le fasi di trasporto e dirilegatura si sono purtroppo dispersi molti cimeli autografi: ci riferiamo inparticolare all’Appendice che tratta degli artisti maltesi vii.

La lunga ed estenuante carrellata di notizie che si affastellano e costi-tuiscono, a nostro parere, il pregio della comunicazione immediata, spon-tanea, da custodire nell’archivio del tempo e della storia. E probabilmen-te, quando l’entusiasmo della scrittura “adombra” l’intensità dell’eventoda denunziare o da catalogare tra gli Annali della storia palermitana, ilGallo reitera (e talvolta ricopia) la pagina per non correre il rischio dismarrire la perla preziosa per rarità ed immediatezza. Ci resta la spontaneaesposizione di fatti e misfatti documentati dalla penna (talvolta astiosa) diun cultore d’arte di fede liberale.

Angela Mazzè

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vi Pietro Citrano, Sulla vita civile … cit., p. 11.vii Pietro Citrano, Sulla vita civile … cit., p. 11.

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Agostino Gallo

Notizie di artisti Sicilianida collocarsi ne’ registri secondo l’epoche rispettive

raccolte da Agostino Gallo(Ms. XV.H.20.1., cc. 34-383)

Introduzione, trascrizione e note di Angela Mazzè

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1Biografia di Agostino Gallo di Palermo vivente in marzo 1867

Dalle più antiche memorie di sua famiglia ricavasi che il conteAgostino Gallo nato in Brescia nel 1499, e morto nel 1570, fu celebreagronomo, e pubblicò un’opera intitolata Le venti giornate dell’agricoltu-ra e dei piaceri della villa, opera allora applaudita e riprodotta nove voltecolle stampe e tradotta in francese da M.r Belleforest con titolo alteratoSecret de la vraye agriculture et honestes plaisirs qu’on reçoit en la mena-gerie des chambre, Paris, 1571 ou 1572, in-4°. Quell’autore ha il vanto diavere il primo introdotto in Italia la coltivazione di riso del trifoglio(1)2.Un cadetto della sua famiglia passò in Savona e fu ammesso fra i patri-zi(2)3 ed un altro Agostino Gallo suo successore, ricco negoziante, vennein Palermo verso il 1664. Da lui derivarono successivamente un Pietro,Gaetano, un Salvatore ed il vivente Agostino di cui tessiamo la biografia.

Costui nacque in Palermo dall’accennato Salvatore e da GesualdaPisanti a 7 febbrajo 1790. Il padre addetto al negozio di porcellane di cri-stalli ed altri oggetti, era uomo onoratissimo; e benché avesse pochi capi-tali, pure non mancò mai di corrispondere a’ suoi obblighi mercantili, e dirsoleva: “Prego Dio di morir senza debiti e senza carrozza” ed essendo reli-gioso e caritatevole Dio ne accolse la preghiera e morì nel 1833 compian-to da’ buoni.

Soleva egli distribuir l’elemosina il sabato nel suo negozio, e peravvezzare il figlio alla carità verso i poveri, ancor fanciullo lo scelse suoelemosiniere, talché ritrasse egli quell’abitudine, che ha conservato nellasua lunga vita.

All’età di cinque anni l’avviò alla scuola de’ primi elementi; insieme_________________________________

1 Le cc. 1-33 del manoscritto XV.H.20.1. sono state trascritte e pubblicate nel v. 4 dei “Manoscrittidi Agostino Gallo”: Autobiografia (Ms. XV.H.20.1). Trascrizione, saggio introduttivo e note a curadi Angela Mazzè, Palermo, Regione siciliana. Assessorato dei Beni culturali ambientali e della pub-blica istruzione, 2002. Le cc. 34-54, qui trascritte, erano state già pubblicate da Paolo Sansone che le consultò, egli scrisse,su concessione degli eredi “come volere suo [del Gallo] e come promessa fattaci, alquanti anni primadi scendere nella tomba”: Biografia di Agostino Gallo, Palermo, Tip. Barcellona 1872, p. 7.2 A c. 34r nota in calce: “(1) Diz. di cognizioni utili. Torino, 1864. Tom. 5, pag. 188. Brunet, Manueldu libraire. Bruxelles 1838. Tom. 2, pag. 268. Di lui avvi il ritratto a bulino nella collezione degl’il-lustri italiani.”<Enciclopedia elementare. Dizionario di cognizioni utili specialmente alla studiosagioventù italiana d’ambo i sessi. Opera interamente riveduta da Nicomede Bianchi, Torino, Unionetipografico-editrice, 1863-1865, 11 v.; Jacques Charles Brunet, Manuel du libraire et de l’amateurde livres …. 4. éd., Bruxelles, Société belge de librairie, Hauman et Comp., Meline, Cans et Comp.,1838-1845, 5 v.>.3 A c. 34r nota in calce: “(2) Spotorno sulla pittura ligure.” <Giovanni Battista Spotorno, Della pit-tura genovese avanti Raffael d’Urbino, 1838>.

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con un fanciullo per principio liberale di uguaglianza sociale figlio di unaserva, per nome Giacinto Orlando affinché4 il figlio crescesse senza super-bia. Laonde quegli divenne il suo più intimo amico, e si amarono vicende-volmente e si compiansero nelle rispettive sciagure della vita.

Giunto il fanciullo Agostino all’ottavo anno, fu dal padre messo nelCollegio del Buon pastore in Palermo sebbene quel collegio fosse addettoprincipalmente alla musica, pure era fornito di buone scuole, che procede-vano dagli elementi grammaticali della lingua latina e italiana fino a quel-la di filosofia con ragguardevoli professori P. Imbastiani e il P. Villari.

A dieci anni apprendea ivi le lettere umane ma ignorava ancora i pre-cetti della poesia italiana; benché avesse letto alcuni poeti nelle due lingue,però, spinto da irresistibile tendenza alla poesia italiana cominciò a scrive-re in sciolti un poema, in cui rappresentò un ricco barone di Sicilia, il quale,volendo ritrarre maggior profitto da un suo podere, fece devastare alcuniantichi sepolcri sotterranei, e spargere al vento le ceneri dei morti ivi rac-chiuse; ma il Gallo immaginò che la seguente notte le ombre de’ defuntiapparissero al barone a spaventarlo, e alcune più rabbiose lo strozzassero.

Quel concetto poetico gli era venuto forse in mente per la venerazioneispiratagli dal padre pei morti, il quale teneva registro de’ suoi amici tra-passati, e coincidendo il giorno della loro rispettiva morte, ne alleviava leanime purganti con suffragî cristiani.

Verso quel tempo scrisse ancora due sonetti, uno per morte del celebreabate Francesco Carì, gran teologo, letterato e poeta, e l’altro per MariaClementina Arciduchessa di Austria, e prima moglie di Francesco I° erededella corona delle due Sicilie. Avendo il Gallo mostrato que’ due componi-menti al suo zio paterno abate Simone, buon poeta, fu avvertito dal mede-simo, che sebbene il concetto fosse affettuoso e poetico, e i versi di giustamisura, pure la forma del sonetto era sbagliata, avendola condotta con quat-tro quartetti ciascuno con rime diverse invece di due quartetti e due terzinecon rime alternate. Tanto il Gallo era allora ignaro dell’arte poetica, ed otte-nutone dallo zio i primi rudimenti proseguì a scriver sonetti con regolarità.

Uscito dal collegio a tredici anni, cominciò a frequentar la scuola dieloquenza e poetica, diretta dal P. Michelangelo Monti, insigne autore epoeta di classico gusto, e professore prima nell’accademia degli studii,indi Reale Università di Palermo e infine cancelliere della stessa.

Il Monti scorgendo i primi progressi del Gallo e la sua felice disposi-zione alla poesia italiana, lo predilisse su gli altri scolari. Cominciato avea_________________________________

4 Seguono, cancellate le parole: “con l’eguaglianza non montasse per adulto con”.

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egli sin d’allora la versione in sciolti italici delle odi di Orazio, dal Montiriputato il maggior lirico tra latini, che formar potea i giovani poeti.Avendo intanto compito il corso annuale gli permise di frequentar in casasua, affinché continuasse a tradurre5 le dette odi e gli furono utili le suecorrezioni nella iniziata traduzione, che conserva tuttavia manoscritta.6

Il Gallo imprese poscia a scriver buoni versi originali di vario metro,piaciuti al Monti e divenne7 l’intimo amico8 suo e alla morte lo preferì aglialtri scolari, affidandogli i suoi manoscritti di prosa e di versi, per pubbli-carne quelli che giudicasse migliori, il che fu eseguito dal Gallo esatta-mente9. Per riconoscenza premise all’indicata10 opera, la vita di quel valen-t’uomo, ne fe dipingere il ritratto dal celebre cavalier Giuseppe Patania11,e gl’innalzò in seguito un monumento funebre col suo busto marmoreoscolpito dall’egregio Sig.r Valerio Villareale12, allievo di Canova,13 nelPanteon degl’illustri siciliani promosso dallo stesso Gallo nella magnificadiscesa di S. Domenico in Palermo14._________________________________

5 Seguono cancellate le parole: “in versi sciolti le odi latine di Orazio, che egli riputava il migliorlirico latino, che formar potesse i giovani poeti”.6 Seguono cancellate le parole: “Il Gallo profittò del consiglio, e d’allora proseguì la versione ora-ziana”.7 Segue cancellata la parola: “vieppiù”.8 Seguono cancellate le parole: “del Monti, il quale”.9 Cfr. Elogio di Padre Michelangelo Monti, copia ms. del sec. XIX con aggiunte e correzioni diAgostino Gallo, Bibl. Comunale di Palermo 4QqD13, f. 40.10 Seguono cancellate le parole: “volume delle poesie”.11 Giuseppe Patania, pittore, incisore di età neoclassica, nato a Palermo nel 1780, ivi morto nel 1852.L’A. focalizza l’attività di incisore dell’artista cfr. Agostino Gallo, Notamento alfabetico di pittori emusaicisti siciliani, ed esteri che hanno lavorato pure per la Sicilia ricavato in parte in rari mss. dalMongitore nella Biblioteca del Senato di Palermo, con aggiunte di Agostino Gallo (Ms. XV.H.17).Trascrizione e note di Maria Maddalena Milazzo e Giuseppina Sinagra. Presentazione di MarcoSalerno, Palermo, Regione siciliana. Assessorato dei Beni culturali, ambientali e della pubblica istru-zione, 2000, p. 53-54. La moderna storiografia ascrive tre opere: Ivana Bruno, Giuseppe Patania dalneoclassicismo al romanticismo. Palermo, Ariete, 1996; Ivana Bruno, Giuseppe Patania pittoredell’Ottocento. Prefazione di Maria Concetta Di Natale; fotografie di Enzo Brai, Caltanissetta [etc.],S. Sciascia, [1993]; Civica galleria d’arte moderna <Palermo>. Giuseppe Patania nelle collezioni delmuseo. Civica galleria d’arte moderna 16 maggio-6 giugno. Catalogo a cura di Antonella Purpura;schede di Rossella Sinagra, [Palermo, 1998].12 Valerio Villareale, scultore, nato a Palermo nel 1773, ivi morto nel 1854. Il Gallo rubrica le operedell’artista neoclassico in due precedenti manoscritti: cfr. Agostino Gallo, Notamento alfabetico dipittori e musaicisti… cit., p. 72-74.; Agostino Gallo, Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte dell’in-cisione delle monete in Sicilia dall’epoca araba sino alla castigliana (Ms. XV.H.15., cc. 1r, 11-45v);Notizie de’ figularj degli scultori e fonditori e cisellatori siciliani ed esteri che son fioriti in Siciliada più antichi tempi fino al 1846 raccolte con diligenza da Agostino Gallo da Palermo (Ms.XV.H.16., cc. 1r-25r; Ms. XV.H.15., 62r-884r). Trascrizione e note di Angela Anselmo e MariaCarmela Zimmardi, Palermo, Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali, p. 272-274.13 Seguono cancellate le parole: “come può osservarsi”. Antonio Canova, scultore, nato a Possagnonel 1757, morto a Venezia nel 1822, rappresentante del neoclassicismo europeo.14 Agostino Gallo, Autobiografia… cit., p. 62 e seg.

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Durante il tirocinio scolastico di belle lettere, il Gallo studiava in orediverse gli elementi di Filosofia sotto il P. Li Donni, e di algebra e geome-tria sotto il canonico Giovan Battista Cancilla.

Ma primeggiando su gli altri condiscepoli nel liceo del Monti, erabensì inferiore ad essi nello studio delle matematiche, e solea dire ai mede-simi, se vi riesce ora d’umiliarmi, nelle belle lettere sarò nella seguentelezione a voi superiore.

Un curioso accidente gli fe acquistare la benevolenza di GiuseppePiazzi celebre astronomo, il quale era amicissimo del Monti.

Un bel giorno che Piazzi era nelle stanze di quello, sorvenuto il Gallomentre que’ due valent’uomini disputavano, potè osservare che il Piazzid’indole vivacissima, agitandosi, diceva con impazienza al Monti:“Possibile che non ti persuadi delle mie ragioni?”; e l’altro stringendo frale dita una presa di tabacco rispondeva colla solita sua freddezza: “Non mipersuadono”. Il Gallo a quella scena, con giovanile imprudenza disse: “Inquesto momento io scorgo il poeta nell’astronomo Piazzi, e l’astronomonel Monti, e non già il poeta”. Costui non se ne offese, il Piazzi ne rise, ereplicò: “Ma non vedi che anche il tuo scolare vuol dirti che sei ostinatoed hai il gelo delle Alpi nelle vene?” e così terminò il diverbio.

Il Gallo poco dopo scrisse un’ode saffica italiana, in cui accennavapoeticamente i grandi lavori astronomici e la scoverta del pianeta Cereredel Piazzi, ed egli che amantissimo era della poesia latina e italiana, gradìquel componimento e d’allora lo volle suo commensale al giovedì in cuiriuniva a desco alcuni suoi dotti amici; ma un funesto accidente gli minac-ciò la vita; perocchè ritornando dal pranzo e trovandosi nella gran piazzadel R. Palazzo due cavalli sfuggiti dalla corsa, nel dì festivo di SantaRosalia, erano quasi per investirlo e potè rimanere illeso agitando unbastoncino, che fe’ deviarli e permettergli che passasse tra mezzo: Mad’allora cominciò a soffrire per lo spavento una vertigine, che viepiù siaccrebbe per altri accidenti.

Scrisse egli verso quel tempo un’altra ode saffica italiana per l’abateDomenico Scinà, dal quale appreso avea la fisica generale e sperimentalesui suoi elaborati elementi, che meritarono di essere ripubblicati due voltein Palermo, e cinque in Milano ad uso delle scuole d’Italia. Lo Scinà fuanche autore dell’istoria della letteratura greco-sicula che rimase incom-piuta alla sua morte nel cholera del 1837; però fu data in luce con suppli-menti, note copiose ed appendici del Gallo15. Lo Scinà fu anche autore del-_________________________________

15 Agostino Gallo, Autobiografia… cit., p. 107 e 109.

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l’istoria letteraria di Sicilia del secolo XVIII e della topografia diPalermo16 per la parte di storia naturale, opera anche applaudita in Francia.

Nell’ode surriferita il Gallo descrisse i fenomeni della fisica con viva-ci immagini, rappresentando lo Scinà, che conducevalo a passeggiare peicieli, e ne svelava i misteri.

Egli, sebbene di carattere burbero e severo, pure lo predilesse fino allasua morte, e un giorno camminando insieme, mentre il cholera infieriva inNapoli, ed agitava di timori la Sicilia, che ancor erane esente, gli chiese:“Credete voi che noi avremo il cholera?” “Credo che no; perocché i citta-dini son vigilanti a guardarsene, il magistrato di salute dà lo sfratto ai legniprovenienti da Napoli, e il miasma cholerico dovrebbe traversare 180miglia d’aria marina, e la Sicilia altronde per l’Etna è isola del fuoco, chedistrugge i miasmi”. Ed egli replicò: “Ciò nonostante noi avremo il morbomicidiale, e il minor danno, che ne risentirà la Sicilia, sarà nei funesti effet-ti del morbo; perocché essa se perderà una parte di popolazione, vi succe-derà l’altra generazione; ma un danno maggiore ne avrà nel perdere tutti isuoi antichi dritti che col pretesto del cholera le saranno tolti dai ministri edal governo di Napoli. Io presagisco che sarò tra le prime vittime del cho-lera. Vi ricorderete voi di me? Scriverete qualche piccolo componimentopoetico, e m’innalzerete un busto anche di creta sulla mia tomba, poicchéio mi contento anche di poco. Lo spero dal vostro ben noto affetto”.

Avverossi in tutto il presagimento dello Scinà, il cholera penetrò inPalermo e trascorrendo per l’altre città e fece orrenda stragge in Sicilia di120mila abitanti, fra i quali lo Scinà e molti altri dottissimi uomini, e valo-rosi artisti.

Il morbo erasi introdotto per mezzo de’ controbandi e per la stolta riso-luzione del governo di ammettersi in contumacia i legni provenienti daNapoli.

Il Gallo ricordossi delle parole dello Scinà e per riconoscenza gl’innal-zò a proprie spese un monumento funebre nel Panteon di S. Domenico inPalermo colla sua medaglia in marmo e la seguente iscrizione latina da luicomposta

Domin. Scinà panormit. ordin. franc. eq.Phisices in R. Urbis atheneo professori

Ab historiis stabulisque_________________________________

16 Per ulteriori riferimenti bio-bibliografici, cfr. Giuseppe Maria Mira, Bibliografia siciliana. Ovverogran dizionario bibliografico delle opere edite e inedite, antiche e moderne di autori siciliani o diargomento siciliano stampate in Sicilia e fuori, Palermo, Ufficio tipografico diretto da G.B.Gaudiano, 1875-1881, v. 2, p. 346-347.

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Sophorum literatorum sui aevi principiiLibris sapientissime elucubratis praeclaroIngenio Empedocli cujus scripta illustravit

Moribus Catoni assimiliIV id. Iul. An. MDCCCXXXVII aet. suae LXXII

Indica lue peremptoAugustinus Gallus

Praeceptori et amico dilectissimo M.P.Il Gallo avea prima fatto dipingere il ritratto dello Scinà dal celebre

Patania, che fa parte della sua ricca collezione di 120 immagini di uominiillustri siciliani17 colle rispettive epigrafi in versi italiani da lui scritte.Sotto quella dello Scinà leggesi.

Forte intelletto del suo secol duce,D’onnigeno saper sparse la luce.Un’altra dimostrazione d’affetto avea egli dato prima al suo precettore.Un giorno mal soffrendo che Scinà fosse sparlato dal giovine avvoca-

to D.r Lo Presti gl’intimò un duello, e questi mancando all’appuntamento,l’affare finì con una soddisfacente conciliazione.

In quel frattempo, essendo il Gallo ancor giovine, continuò i suoi stu-dii scientifici e apprese il dritto civile dal Dr. Antonino Garajo, e i sacricanoni dall’insigne canonico Stefano Di Chiara e il dritto di natura e dellegenti dal D.r Carmelo Controsceri, essendo ancora incerto, se dovesseaddirsi al foro.

S’iniziò anche nella lingua greca sotto la direzione del Sig.r GiovanniLeone, e nella tedesca del Sig.r Giuseppe Truckses Sassone; ma fece pochiprogressi nell’una e nell’altra, non così nella francese e nell’inglese, chegiunse a scriverle e a parlarle.

Apprese pure l’istoria naturale dal Beneficiale Giovanni Cancilla, fra-tello del precedente accennato, e la botanica dal Sig.r Vincenzo Tineo, evolendo innoltrare nelle teorie dell’astronomia, i cui primi rudimenti aveaappreso nella fisica, frequentò la specula astronomica di Palermo, di cuiera direttore e precettor della scienza il Sig.r Nicolò Cacciatore, già allie-vo del Piazzi.

Fu poi discente nell’agricoltura ed economia politica del celebre abatePaolo Balsamo che nel 1812 fu incaricato dal governo liberale di allora, ascrivere gli articoli fondamentali della nuova costituzione, modellata suquella inglese._________________________________

17 Agostino Gallo, Autobiografia… cit., p. 75-82.

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Non guari dopo fu egli lieto di acquistar l’amicizia e la familiarità delceleberrimo poeta Giovanni Meli palermitano, che nel suo dialetto furiguardato da’ nazionali e dagli stranieri il novello Teocrito ed Anacreontedella Sicilia, e quindi meritò che le sue poesie fossero tradotte in greco, inlatino, in italiano più volte, in francese, in inglese e in tedesco, e le sue leg-giadre canzonette ornate di note armoniche da’ più insigni compositori dimusica.

Il Meli giovogli ad avviarlo viemmeglio nel buon gusto della bella esemplice poesia, e presagì che avrebbe proseguito con buon successo sullesue tracce.

Il Gallo per prender sollievo dagli studii, volle imparare anche il dise-gno e la pittura figurativa dall’egregio Giuseppe Patania e copiò alcuniquadri del suo maestro e un S. Girolamo di Pietro Novelli, detto ilRaffaello di Sicilia18.

Nel 1812 mentre era aperto il Parlamento in Palermo scrisse un fogliodi opposizione al giornale ministeriale, titolato la Cronaca, denominandoil suo Riflessioni sulla stessa che essendo spiaciuto al partito dominante edai ministri, i quali abusavano del potere, gli cagionò l’arresto di persona,non ostante che egli siasi gagliardamente difeso innanzi al tribunale; poic-ché fu incolpato di avere offeso Lord Bentick [!], ministro e generale perla Gran Brettagna in Sicilia, accagionandosi ciò al Gallo per la falsa inter-pretazione d’una allegoria, introdotta nel suo giornale. Nella prigionia, chedurò sei mesi, egli tranquillamente occupavasi a leggere, a scrivere e adipingere, ed era visitato da tutti i suoi amici, fra i quali il celebre poetaMeli, e il dotto abate Scinà, suo maestro, e il pittor Patania. Costui delineòin carta la stanza dell’arresto, se stesso che visitava il Gallo, lo stampato-re Vincenzo Li Pomi, che pure era ivi in prigione, il carceriere, e un suo_________________________________

18 Pietro Novelli, pittore, architetto scenografo di età barocca, nato a Monreale nel 1603, morto aPalermo nel 1647. La biografia dell’artista è rubricata in quattro versioni: cfr. Agostino Gallo,Notizie intorno agli architetti siciliani e agli esteri soggiornanti in Sicilia da’ tempi più antichi finoal corrente anno 1838. Raccolte diligentemente da Agostino Gallo palermitano per formar partedella sua Storia delle Belle arti in Sicilia (Ms. XV.H.14.). Trascrizione e note di Angela Mazzè,Palermo, Regione siciliana. Assessorato dei Beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione,2000, p. 64-66; Agostino Gallo, Notamento alfabetico di pittori e musaicisti… cit., p. 49-50 eAgostino Gallo, Parte prima delle notizie di pittori e musaicisti siciliani ed esteri che operarono inSicilia (Ms. XV.H.18.). Trascrizione e note di Maria Maddalena Milazzo e Giuseppina Sinagra,Palermo, Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione.Dipartimento dei beni culturali, ambientali e dell’educazione permanente, 2003, p. 120-123;Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti siciliani ed esteri che operaronoin Sicilia (Ms. XV.H.19.). Trascrizione e note di Angela Mazzè, Palermo, Regione siciliana.Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione. Dipartimento dei beni cultura-li, ambientali e dell’educazione permanente, 2005, p. 458-459, 466.

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famulo, con tale evidenza ne’ volti che possono essere riconosciuti. Questomonumento dell’arte dell’arte del disegno esiste ancora presso il Gallo19.

Lo Scinà, visitandolo, gli disse: “Mi congratulo con voi che per ilvostro onorevole arresto avete acquistato una prematura reputazione;perocché la vita di un letterato senza simili incidenze, passata tranquilla-mente, diviene poco interessante, come quella d’un viaggiatore che tra-scorre un deserto”.

Giovò bensì al Gallo, che era stato condannato a due anni d’esilio la pro-tezione della Signora Giovannina Belvedere, principessa di Paternò, per laquale avea scritto prima un’ode in cui s’intrecciavano le sue lodi con quelledelle sue leggiadre figlie, a quelle del pittore Patania, che ne avea dipintoegregiamente i ritratti. La principessa gli procurò la grazia dal Governo.

Uscito in libertà non volendo egli esercitare la professione forenze [!],e molto meno di assistere nel traffico il suo genitore; si determinò a con-siglio dello Scinà di recarsi in Napoli per concorrere all’onorevole caricadi referendario presso il supremo consiglio di cancelleria, addetto allariforma delle leggi e a frenare gli arbitrii dei Ministri, dovendo ogni loroatto legislativo esser prima da quello discusso per indi ottener la real san-zione. Giunse egli in Napoli in luglio 1817; dopo un lungo viaggio di cin-que giorni; ma il concorso era già eseguito.

Recossi subito a visitare il suo amico astronomo Piazzi, che allora tro-vavasi ivi per innalzarvi la specula e dissegli che sarebbe subito ripartito,essendo stato deluso nella sua brama e il Piazzi gli suggerì di attendereancora per pochi giorni dovendone implorare dal ministro Sig.r MarcheseDonato Tommasi, presidente del supremo consiglio, il suo favore. Difattiglielo raccomandò caldamente con espressioni assai lusinghiere, e queglirispose: “ma che posso io fare per il vostro raccomandato, se non giunse atempo per esporre il concorso? Se egli come mi dite è poeta, scriva unasatira contro Nettuno, che ne ha ritardato il viaggio”. Piazzi rispose allo-ra: “se da lei sono stati proposti al re sedici referendari, ne faccia aggiun-gere altri quattro con una seconda risoluzione, e son sicuro che Gallo risul-terà al concorso”. Il Ministro, sorridendo, replicò: “ebbene non possonegarmi a chi comanda il cielo e le stelle”.

Dopo pochi giorni fu promulgato il secondo decreto per l’aggiunta dialtri quattro referendarii da esporsi al concorso in dritto civile, penale, epubblico, e in economia politica. Gallo prescelse il dritto pubblico nelquale si era più versato, e altronde era allora inalterabile._________________________________

19 Per ricomporre la vicenda, cfr. Agostino Gallo, Autobiografia… cit., p. 39-41.

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Presentatosi al cimento con altri individui fra i quali il giovane giure-consulto Ferdinando Troja, che poscia ascese ai supremi gradi della magi-stratura, e infine fu presidente del consiglio dei ministri, ed entrambi, edaltri due risultarono nel concorso.

I temi dati al Gallo dagli esaminatori rappresentavano le circostanzedel regno di Napoli dopo l’invasione francese, ed erano i seguenti:

1. Se nel caso d’interna insurrezione ed invasione nemica il legitti-mo sovrano fosse costretto a lasciare il proprio regno, i suoi sudditi lodovessero prima difendere ad oltranza, e se alcuni di essi per obblighiparticolari fossero tenuti a seguirlo, e nel caso che rimanessero nel loropaese dovessero osteggiare il nuovo re e il suo governo intruso ovveroubbidire tranquillamente; dovendosi bensì nello sviluppo della tesicombinare i principii del dritto di natura col dritto pubblico, e i doverisociali.

2. Se la conquista dia dritto di legittimità al nuovo sovrano e per qualicircostanze.

3. Se per dritto di postliminio debbansi o no riacquistare da’ cittadini ibeni occupati o venduti dal conquistatore.

Il Gallo sul primo quesito scrisse: che se il sovrano abbandonava ilproprio regno, i cittadini che non aveano giuramento personale verso dilui, come l’hanno le truppe e gl’impiegati di corte, potevano rimanere nelregno conquistato, e non promuovere insurrezioni; perocché esse produco-no l’anarchia, che è il peggiore stato sociale, e attendere in pace finchè ilmonarca legittimo potesse riacquistare il proprio regno; essendo dovere dinatura provvedere ciacuno alla sicurezza, e ai bisogni della sua famiglia,anzicché esporla ai pericoli di nuove rivolte, e alla fame.

Sul secondo quesito provò che la conquista in se stessa, procedendodalla forza, che non costituisce dritto alcuno, non da legalmente alcunalegittimità; ma se il conquistatore dopo un lungo corso d’anni governi lanazione invasa, con giustizia e benignità e ne promuova il bene, alloraacquista dritto di legittimità col consenso de’ popoli, come già han conse-guito non pochi re d’Europa, eredi di conquistatori.

Sul terzo tema rispose: che dopo il ritorno del legittimo sovrano al pro-prio regno, i cittadini per dritto di postliminio sono abilitati a ricuperare iloro beni invasi e venduti dal conquistatore; e per quelli acquistati dagliesteri il monarca è obbligato a indennizzarne i sudditi stranieri.

Il Gallo sviluppò queste tesi nel corso di ventiquattro ore.Gli esaminatori ne’ quali presideva l’abate Sarno, insigne professore di

dritto pubblico, applaudirono agli scritti del Gallo e ne diressero favorevo-

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le rapporto al Ministro Tommasi, il quale invogliato dal loro giudizio,richiamò a se que’ scritti per leggerli.

Dopo alquanti giorni ordinò che si presentasse a lui il Gallo e ricevu-tolo bruscamente, rimproverollo dell’arditezza dei suoi principii politici,soggiungendo che sotto altro ministro anzicché ottenere la carica di refe-rendario, sarebbe stato imprigionato. E quegli rispose: che i principii da luiseguiti erano quelli della scienza e se li avesse stravolto avrebbe mostratoo codardia o ignoranza. Altronde ben sapeva che il marchese Tommasi erastato l’amico di Gaetano Filingeri e quindi era sicuro di conoscer bene lascienza, come palesò nello scrivere l’elogio premesso all’opera della legi-slazione del medesimo.

In ogni modo l’incolpazione non dovea addossarsi al Gallo; ma all’im-prudenza degli esaminatori, che scelsero que’ temi particolari.

“Avete ragione, replicò il Ministro, io ne farò forti rimproveri ai mede-simi, intanto io vi fo le mie congratulazioni, avendovi ben meritato la cari-ca, per la quale otterrete ben tosto il dovuto”; e così avvenne di fatti, ed’allora il Tommasi fu il suo special protettore.

Nel supremo Consiglio di cancelleria facea plauso egli ai rapporti delGallo sopra difficili argomenti che gli erano affidati, fra i quali quelli didoversi rivocare un Real Decreto, in cui un Ministro inaccortamente aveaspogliato il Sovrano d’un suo dritto di regalia.

Il Tommasi gli diè prova del suo favore in varii incontri, prima nel sen-tire che le poesie stampate dal Gallo nel 1816 erano state impedite dallaPolizia di Sicilia di pubblicarsi; talché avendole egli letto in un volumesurrettizio, che gliene presentò, dié subito gli ordini per la pubblicazione.

I suoi colleghi referendarii valevansi spesso del Gallo per implorarnei favori, ed egli volentieri si prestava. Egli scrisse in quel tempo una gravecanzone sulla nuova legislazione civile e criminale, che sotto la presiden-za del Tommasi erasi compilata, e ricevuto avea gli applausi universali persapienza e spirito umanitario.

Napoli, delizia degli uomini pel azzurro cielo, e per le amenissimecampagne, era divenuta al Gallo carissima. Ammesso in tutte le societàletterarie e poetiche, godea la stima dei dotti, e particolarmente di quelliche coltivavano le Muse, fra i quali levavano allora il grido FrancescoRuffa da Tropea, poeta tragico lirico e Gabriele Rossetti di Vasto inAbruzzi20, leggiadro e facile improvvisatore, ma scrittore allora di versi di_________________________________

20 Nota a piè di pagina: “(1) Rossetti profugo in Inghilterra per i suoi principii liberali collo studio diDante migliorò il suo stile e divenne pregievolissimo poeta dei fasti dell’Italia.”

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uno stile di gusto viziato del seicento. Egli illudeva bensì per le sue figu-re brillanti, recitando con enfasi i suoi carmi. Or avvenne, che il principedi Cassero di cui erano commensali il Gallo e il Rossetti, dovendo marita-re una sua avvenente nipote, incaricò i sue poeti a scivere il componimen-to epitalamico. Comunicò il Gallo al suo amico Ruffa l’incarico avutone;e costui gli disse: “tu sai che il Rossetti ambizioso di superiorità ammaz-zerebbe chiunque de’ suoi emuli? Bada bene pel tuo componimento, e sce-gli il metro delle ottave rime, in cui il tuo avversario è più debole; giacchénelle canzoncine, comunque sparse di secentismi, ha pure felice invenzio-ne, spirito, e grazia”.

Il Gallo seguì il consiglio del suo amico, ed essendo educato nello stileclassico, scrisse un poemetto di molte ottave rime, ove immaginò che ilfato, agitando l’urna, destinava per isposa alla bella fanciulla, nataSiciliana, un magnate napolitano, affinchè coll’esempio gli animi fin’allo-ra divisi delle due nazioni, potessero rannodarsi coi legami del matrimo-nio, e indi la musa Erato cantava le lodi degli sposi, e de’ lor genitori inpiccolo metro lirico, onde anche potesse in questo emulare il Rossetti.

Compiuto il componimento tre giorni prima delle nozze, il Gallo recol-lo al principe di Cassero, il quale lo consegnò al suo segretario ch’era unCalabrese, per farlo subito stampare; ma costui compatriota e amico delRossetti, glielo dié segretamente a leggere, e quegli scorgendone forse lasuperiorità, lo prevenne di trovare un pretesto per non farlo pubblicare;difatti sino al giorno dinnanzi alle nozze non era stato recato al tipografo.Gallo, avvedutosi dell’intrigo, in un giorno lo fé dare in luce, e la stessasera in cui si celebravano gli sponsali, fu distribuito alla nobile societàdegl’invitati.

Giunse più tardi il componimento del Rossetti, non già stampato; main una copia manoscritta, ed era una canzonetta lirica di sei sole stanzine,che girando attorno, sparì; ma un amico del Gallo ebbe l’agio di trascri-verla e il dimani la recò al medesimo, il quale la divulgò per Napoli insie-me al suo poemetto epico-lirico.

Il Rossetti se ne adirò fortemente, ed’allora divenne suo nemico.Profittò poco dopo d’una pubblica accademia, e conducendo seco i

suoi scolari, fé applaudire strepitosamente il suo componimento, e trascor-rer sotto silenzio quello del Gallo, il quale avvertì ben tosto esser quelloun maneggio del suo avversario.

In una prossima accademia, per la quale aveva promesso di scriverepure un carme, presentatosi egli all’assemblea se ne scusò, dicendo: cheaveva atteso invano da Palermo, sua patria dodici scolari per farsi applau-

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dire, come era costume di qualcuno (e qui col gesto additava Rossetti) nonvolea azzardare il suo componimento. Ne risero tutti, che ben conosceva-no l’artifizio del Rossetti, ed egli se ne adirò per modo, che terminata l’ac-cademia, lo prese per il braccio e gli disse: “Gallo la vuoi finire con me?Ma noi dobbiamo essere amici. I tuoi componimenti sono bene immagina-ti e.di elegante stile; ma tu le reciti forse per modestia, sì freddamente danon fare effetto. In un’altra accademia manda a me i tuoi versi, e son sicu-ro che bene declamati da me saranno applauditi”. E ciò era pur vero! Inun’altra accademia d’interessante argomento in cui, per ordine delGoverno, doveano stamparsi dopo una rigida censura, i carmi recitati,quello del Rossetti fu respinto fino a nuova correzione per i secentismi, el’altro del Gallo ammesso subito, e difatti fu stampato.

Oltre questa rivalità poetica che estese la riputazione del Gallo inNapoli, patria della poesia e della musica, un altro incontro, che riuscirpoteagli funesto, ebbe il Gallo in quella nobilissima città.

Frequentava egli la compagnia del maresciallo conte Anguissola oveerano ammessi molti suoi concittadini e qualche Siciliano fra i quali uncerto21 Salvatore Ruggieri che per lungo soggiorno e per altri rapporti siera dimenticato della patria.

L’Anguissola promosse imprudentemente un discorso col quale taccia-va i Siciliani d’inumanità per aver espulso i Napoletani dalla Sicilia nel1813 quando fervevano le idee liberali per la nuova costituzione e ilsedente parlamento.

Al Gallo sembrò suo special dovere di difendere i suoi connazionali, erappresentando i fatti come erano accaduti disse: che la torma de’ napole-tani che avean seguito il re Ferdinando e la corte in Sicilia, essendo statiscoverti di congiurare contro di essa per suggerimento della regina Carolinae di aver preparato delle armi, furono per ordine del parlamento mandati viadall’Isola; però per impulso umanitario determinò di somministrar loro20.000 onze per sussidio nella terra straniera ove si sarebbero ricoverati, equindi il Parlamento mostrassi generoso verso i suoi nemici beneficandoli.

Sorse allora il mentovato Ruggieri e disse al conte Anguissola: “nondate ascolto a costui che è un fanatico per la sua patria”, e il Gallo replicò:“Ruggieri ha sempre ragionato col fondo de’ suoi calzoni (recava egli allo-ra calzoni alla mussulmana con molte pieghe che lo rendevano ridicolo col-l’immenso involucro deretano). La compagnia smascellossi dalle risa chein quelle parole lo vide dipinto, e conosceva altronde la sua goffaggine;_________________________________

21 Segue cancellata la parola: “Ferdinando”.

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però il Gallo ebbe da lui intimato un duello che il conte seppe e maligna-mente non volle impedire conoscendo che Ruggieri era sperimentato edaudace duellista. Recaronsi gli avversari in solitario luogo ov’era il diroc-cato palazzo della regina Giovanna. Ciò avvenne nel maggio 1818. I patri-ni scorgendo che i duellanti eran trafelati di sudore, al primo assalto ordi-narono di abbassar le armi per prender riposo, il Gallo declinò la spada, ein quel punto il Ruggieri gli vibbrò un colpo che a stento l’altro poté ripa-rare; ma pure ne fu ferito lievemente al petto. Allora il suo patrino reclamòcontro l’altro per l’iniquo abuso del Ruggieri, e volea intimare all’uno eall’altro un duello; ma scusandosi amendue di non essersi avvertito l’ordi-ne, l’affare terminò colla pacificazione procuratta dallo stesso Ruggieri, eil Gallo dopo alquanti giorni fortunatamente si guarì dalla ferita.

Erasi già trascorsi tre anni che il Gallo serviva qual referendario nelSupremo Consiglio di cancelleria con piena soddisfazione del MinistroTommasi e dei comsiglieri, quando il Ministro gli disse che avrebbe volu-to per benemerenza promuovere a’ giudice del tribunale Civile in Messina.Il Gallo rispose che sebbene avesse studiato il dritto non era laureato neavea l’esercizio del foro, e quindi in buona coscienza non era sicuro didecidere sulle sostanze e la vita de’ cittadini.

Il marchese Tommasi replicò: potreste laurearvi adesso, ed entratonella Magistratura in breve tempo diverrete colla prattica un buon giudi-ce, ed entrerete in una carriera onorevole e progressivamente lucrosa sinoalla Corte Suprema.

Tuttavia ricusando il Gallo e mostrandogli di essere invece promossoad Ufficiale di carico del Ministero di Sicilia, il buon Tommasi volle con-tentarlo dicendogli: “ve ne pentirete”, perocché i ministri sono tanti pozziove se si getti una pietra non vi si pensa più; ma l’altro replicò: che la pro-tezione del Ministro già sperimentata gli sarebbe stata ulteriormente utile.I ministri nei piani de’ ministeri non hanno arbitrio, e sono obbligati a pro-muovere gradatamente i più antichi.

Il decreto del re lo scelse difatti Ufficiale di carico onorario nel ramod’istruzione pubblica, di belle arti, di salute e beneficenza pubblica, ed eglinel congedarsi dal Ministro ottenne un sopra soldo di dieci ducati inaggiunta a’ cinquanta di soldo ordinario mensile, ed un onorevole rescrit-to col quale era ammesso a tutte le feste di Corte della luogotenenza diSicilia. Il Gallo lo ringraziò; ma dissegli che del secondo favore nonavrebbe profittato, non amando di sciupar tempo in tali feste.

Recatosi in Palermo verso la fine di ottobre 1819 ebbe la fortuna dicominciar a prestar servizio nel suo ufficio sotto il Direttore Sig.r

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Antonino Della Rovere, uomo, oltre alla dottrina riuniva l’affabilità e laprotezione verso i letterati, talché il Gallo attirossi anche il suo favore e lasua confidenza, e molti utili progetti gli presentò che furon da lui beneaccolti; ma poco il Della Rovere rimase in quella carica essendo stato pro-mosso in altra eminente finanziaria. I ministri o direttori che gli successe-ro, essendo meno istruiti e abili di lui, si lasciarono spesso vincere dagl’in-trighi di altri ufficiali ignoranti e maligni, talché il Gallo rimase stazziona-rio per circa quarantadue anni essendogli preferiti altri meno antichi e talu-ni ammessi senza concorso. Dopo la rivoluzione del 1848 inviato dal re ilgenerale principe di Satriano coll’alter ego in Sicilia, dopo di avere incen-diato Messina e Catania e organizzata una ferocissima e micidiale poliziavolendo far sembiante di promuover le lettere quasi ricordandosi di esserfiglio del gran Gaetano Filingeri, famoso autore della scienza della legi-slazione, chiamò a sé il Gallo incaricandolo di scrivere in due giorni unpiano di riforme delle scuole elementari e delle Università di PalermoCatania e Messina. Il Gallo che acquistato avea una lunga pratica nel suocarico per tale facenda, gli presentò il suo lavoro che fu poi alterato e gua-sto dall’intrigante Antonino Scibona e dal Direttore Sig.r Celesti; talché lariforma riuscì peggiore per il progresso de’ buoni studii, e il Gallo neppu-re poté ottenere la promozione di giustizia che gli fu rapita da Scibona,meno antico troppo servile al principe Satriano.

In quel tempo uno strano avvenimento accadde in Palermo. Il Gallogiovandosi dell’amicizia de’ due pretori successivi Ignazio Lanza contedi Sommatino e Pietro Lanza principe di Scordia e Butera aveva, perloro mezzo, alquanti anni prima, indotto il Decurionato a destinare lasomma di onze 500 pel magnifico sepolcro al gran poeta Giovanni Meliproclamato, per le sue svariate poesie siciliane, il nuovo Teocrito edAnacreonte della Sicilia già tradotte in tutte le lingue antiche e moderne.Il sepolcro era stato scolpito dal celebre Sig.r Valerio Villareale allievodel Canova ed istoriato colla rappresentazione delle muse e decorato col-l’effigie di Meli. Il principe di Satriano ordinò una pubblica festa citta-dina pel trasferimento delle spoglie mortali del Meli nel grandioso tem-pio di S. Domenico destinato sin d’allora dal Gallo per Panteon degliuomini illustri Siciliani, ed a sue spese indi accresciuto di altri settemonumenti funebri22._________________________________

22 A c. 44v in calce nota: “(1) Quello del poeta e sacro oratore Monti e del dotto Domenico Scinà suoimaestri, di Giuseppe ed Emmanuele Marvuglia padre e figlio insigni architetti suoi parenti, di PietroNovelli insigne pittore ed architetto, di Nina Siciliana prima poetessa nel volgare italo-siculo, diGiuseppe Piazzi suo amico, sommo astronomo e scopritore della Cerere.”

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Or ricercatosi nella sepoltura de’ PP. Francescani lo scheletro del Meliove era stato deposto alla morte di lui ed era oggetto di curiosità di tutti iforestieri per la sua perfetta conservazione, non vi fu trovato, talché ilGallo dovette per due anni sostenere un’acerba lite co’ frati che l’aveanooccultato; ma il capitano Maniscalco allora direttore di Polizia per denun-zia avutane da uno de’ frati imprigionati, lo scuoprì chiuso in un anticosepolcro, e così poté essere eseguito il solenne trasferimento e celebratocon magnifica pompa diretta da un programma del Gallo.

Rimaneva intanto il Gallo defraudato del grado di avanzamento aCapo di divisione nel Ministero, e indispettito, recossi in Napoli nel 1858e per la protezione e benevolenza del suo antico collega referendario, com-mendatore Ferdinando Troja, già inalzato al posto di presidente delConsiglio de’ ministri, poté alfine ottenere la promozione desiderata, nonostante che gli fosse stato avverso il cav.re Giovanni Cassisi Ministro diSicilia in Napoli per proteggeva il suo favorito cav.re Mortillaro di mino-re antichità e ammesso senza concorso.

Gallo chiese allora al Re e poté ottenere il grado che gli spettava colsoldo mensuale di ducati 120, e stanco dei torti ricevuti, implorò di prestarservizio nella carica di Segretario archeologo con voto presso la commis-sione di antichità e belle arti ove si rese utile, come prima nel Ministero,per diverse proposte relative a quest’altro officio.

Succeduto al Governo borbonico quello d’Italia del Re VittorioEmmanuele, il Gallo, già inoltrato negli anni, domandò il suo ritiro e l’ot-tenne con l’intero soldo che gode anche al presente, sebbene onerato dipesi.

Libero da’ doveri d’ufficio egi consacra gli ultimi anni della sua vita adare compimento all’istoria delle belle arti in Sicilia e a quella della lin-gua siculo-italica e della rima, cui seguiranno i componimenti editi ed ine-diti ridotti a plausibile lezione, dei primi poeti nel volgare siculo-italico.

Prima di quel tempo, avvenuto il fatale cholera del 1837, il Gallo pro-mosse un’accademia funebre pel suo dilettissimo precettore DomenicoScinà. I migliori poeti di Palermo recitarono i loro componimenti, ma per-suasi che quel morbo che desolò la Sicilia fosse stato promosso dal reFerdinando 2° e da’ suoi perfidi ministri, coll’abolire lo sfratto di legniprovenienti da Napoli, ove infieriva il morbo micidiale, slanciaronsi ne’loro versi contro il re e i suoi consiglieri ed uno de’ poeti nell’impeto dellemuse ardì profferire, quasi prevedendo il contrito assassinio posteriore diAgesialo Milana, che attendeva che un pugnale squarciar dovesse il pettoa chi era stato cagione di tanta mortalità di cittadini.

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Il commendatore Rega napolitano, allor direttore di Polizia, era pre-sente, e mordendosi per via le labbra, insanguinò il suo bianco fazzoletto.Gallo avea trattato l’argomento con maggior prudenza, intrecciando le lodidello Scinà colla descrizione del cholera onde quegli era stato la vittima,e così pochi altri.

Il Rega scrisse subito al Governo di Napoli l’occorso ma il suoLuogotente [!] in Sicilia duca di Laurenziano che non era intervenuto allaaccademia, avendo avuto notizia di quelli audaci componimenti, l’indo-mani ne chiese informazioni al Gallo. Costui per salvare i suoi amici rispo-se freddamente: che egli avea udito soltanto versi descrittivi del cholera, enulla contro il Governo, e soggiunse: che se ne avesse voluto una prova,avrebbe potuto il giorno seguente presentargli tutti i componimenti. -ebbene li attendo - Corse il Gallo poco dopo a prevenire i suoi amici cheriformassero i versi che ferivano il governo, e glieli mandassaro a casa,così fecero tutti, meno colui che avea lanciata l’indicata imprecazione,lasciandola come l’avea recitata ne’ suo’ versi.

Il Gallo mentre ne ammirava il coraggio, anzi la tracotanza, prevede-va che sarebbe stato subito messo agli arresti e punito severamente, quin-di per salvarlo si fe lecito di sostituire altri versi a quelli dell’autore, e cosìrabberciati tutti i componimenti furono l’indomani presentati al luogote-nente Laurenzano. Costui non avvertì l’onesto stratagemma e avversocom’era al Direttore di Polizia, perocché sospettava a ragione di esserestato inviato anche per ispionarlo, scrisse un rapporto contro Rega e indifesa de’ poeti incolpati.

L’affare non ebbe funeste conseguenze essendo stati inviati i versi giàcorretti al Governo di Napoli.

Per altri importanti oggetti era stato il Gallo anche utile in Ministero,al Governo, e a’ suoi connazionali.

Egli per l’istruzione pubblica e per le belle arti presentò al luogotenen-te i Regolamenti della nuova Università di Messina, della BibliotecaComunale di Palermo, quelli dell’Esposizione delle Belle Arti da lui pro-mossa e dell’Istituto d’Incoraggiamento per l’Agricoltura e Pastorizia.

Fu il primo a suggerire d’introdursi in Sicilia la coltivazione dellepatate che tornò a sua grande utilità.

Molti altri suoi progetti rimasero ineseguiti col cambiamento de’ dueDirettori, il sig.r Della Rovere e il duca di S. Martino, e quest’ultimo indipromosso in Napoli alla Consulta del Governo, dolendosi di quel segreta-rio vincitore disse: che a quell’ufficio sarebbe stato veramente più adattoil Gallo; non per tanto questi rimase in Sicilia nel Ministero, trascurato,

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anzi conculcato dai successivi direttori per intrighi de’ suo’ colleghi. IlGoverno bensì reputandolo miglior letterato che abile Ufficiale delMinistero, lo scelse deputato della pubblica Biblioteca Comunale, e loconfermò per circa dieci anni. Egli acquistò alla medesima 18mila volu-mi, la fornì di 45 giornali scientifici, letterari, artistici, della serie di edi-zioni antiche, e principalmente delle Aldine, e di quella magnifica dellatipografia di Bodone di Parma, e di moltissimi manoscritti fra i quali quel-lo singolare in gran folio di tutte le antiche leggi di Sicilia fino al secoloXVI che contiene anche le famose Constituzioni dell’Imperadore Federicolo Svevo. Quell’immenso volume fu ammirato dal celebre cardinal Maj, ilquale profferì che la Biblioteca Vaticana non possedeva un codice piùmagnifico e interessante. Esso fu illustrato egregiamente dal dotto giure-consulto sig.r Diego Orlando autore di molte pregiate opere.

La Biblioteca mancava di una scala decorosa, ed egli ve la fe costrui-re di marmi rossi, e bene adornata di stucchi lucidi, innalzato il busto mar-moreo del fondatore Alessandro Vanni principe di S. Vincenzo, fin’alloranegletto, a cui appose l’iscrizione tratta da Orazio: Crescit laude recens

Il Gallo fu scelto anche dal Governo esamimatore di concorsi d’impie-gati, e propose un nuovo metodo di giudicar gli scritti: cioè, segnando perpunti e mezzi punti gli errori gravi e lievi, sui quali puossi agevolmenteconvenire dagli esaminatori, e per punti e mezzi punti il merito degli scrit-ti, talché sottraendo i primi poteasi ottenere più sicuro giudizio, ed esattorisultamento.

Dallo stesso Governo fu ammesso tra i primi socii fondatori del R.Istituto d’Incoraggiamento, di Agricoltura e Pastorizia, che dal PrefettoTorelli nel 1863 fu vandalicamente abolito per recare un risparmio di onze800 al Ministro Italiano delle Finanze, che il governo Borbonico gli aveaassegnato.

Furono vani gli sforzi del Gallo per lasciarlo sussistere e vi si sarebbeforse riuscito col Ministro Manna, suo amico, se costui continuava in cari-ca.

Il Gallo nel 1823 era stato anche incaricato dal Governo di scrivere iNuovi Regolamenti dell’Accademia di Palermo. Ed egli, immutandonel’antico titolo di Accademia del Buon Gusto, che indicava di occuparsiquasi esclusivamente di belle lettere, di poesie, e di archeologia, vi sosti-tuì quello più complessivo dello scibile, dividendola in quattro classi; cioèin quella di Letteratura, e di Storia, nell’altra di Scienze esatte, nella terzadi Scienze naturali, e nella quarta di Archeologia e Belle Arti; ciascunaaveva un Direttore, e un segretario, e l’intera Accademia un Presidente, un

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vice presidente e un segretario generale. Il Gallo fu più volte sceltoDirettore o Segretario di classe, e destinato ad apprestarne, come fece, itemi.

Fu il primo a cooperarsi ad introdurre in Sicilia le Scuole comunali colnuovo metodo di Bell e Lanchaster [!], già iniziato in Napoli sin dal 1819,dall’abate Antonio Scoppa siciliano, reduce da Francia, suo amico.

Sul proposito avvenne un fatto singolare. Stabilitasi in Palermo unascuola in ognuno de’ quattro quartieri interni, il Gallo pregò il Pretoredella città Ignazio Lanza conte di Sommatino di proporre in Decurionatoun’altra scuola dello stesso metodo per il popoloso quartiere esterno delBorgo Santa Lucia a spese del Comune come le altre.

Fattosene rapporto al Governo di Napoli, d’ordine del Luogotenente diSicilia, dallo stesso Gallo, per autorizzarsene la spesa, fu risoluto negati-vamente, e siccome quel metodo fu denunciato al re, come sospetto dieducare i fanciulli a’ principii liberali, fu da lui ordinato di abolirsi inPalermo le quattro scuole di quel metodo già stabilito; proponendosi bensìun altro mezzo che rendesse i sudditi attaccati al sovrano e alla religione.

Ne sentì grave rammarico il Gallo, e profittando delle espressioni didoversi sostituire un altro metodo d’istruzione primaria, fece ordinare dalDirettore del Ministero alla Commissione d’istruzione publlica; che primadi abolirsi le scuole lancastriane si occupasse a compilare il nuovo meto-do sui migliori de’ più colti regni d’Europa. E siccome ciò richiedevalungo tempo e gran fatica, era ben sicuro che l’ordine di abolizione dellescuole lancastriane sarebbe stato dimenticato o revocato, e così avvenne.Anzi accadde: che cambiato il Ministro d’Istruzione pubblica in Napoli, ilGallo ne profittò e fece reiterare dal Luogotenente di Sicilia la propostaprecedente, e aggiungersi altre scuole ne’ quartieri esterni, e queste furo-no approvate dal re.

Quelle scuole davano in ogni anno, con poca spesa comunale, circa700 fanciulli istruiti nei primi elementi di leggere o scrivere, ed abaco; maun tristo destino minacciava ulteriormente quelle utilissime scuole persostituirvi le attuali con metodo involucrato, più dispendioso e di minorerisultamento come erano introdotti in Piemonte.

Il governo italiano mandò espressamente in Sicilia il commendatoreFava a tale oggetto, e sebbene costui fosse un ragguardevole letterato, e ilGallo gli mostrasse la maggiore utilità del metodo lancastriano; pure fuobbligato ad ubbidire agli ordini del Ministro dell’Istruzione pubblica.

Il Gallo avea osservato che dopo la morte del celebre canonicoAntonino Mongitore avvenuta in Palermo sua patria nel 1743, autore della

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celebre opera Bibliotheca Sicula sive de scriptoribus siculis23, si trascura-va di scrivere ne’ giornali le biografie de’ valent’uomini che morivano edegli ripristinò l’uso in Palermo che si diffuse per tutta la Sicilia, dando eglil’esempio ne’ giornali periodici del suo tempo, talché molte ne diè in lucecome dal seguente elenco potrà rilevarsi.

Gallo non si è mostrato mai avido di onori sociali ed accademici, èstato sempre avverso a quelli cortigianeschi. In effetto non ha fatto maiuso dell’ordine sovrano per l’ammissione alle feste di corte, che sponta-neamente per sua benignità gli offrì il Ministro Tommasi.

Tuttavia in varie occasioni senza sua richiesta e maneggio n’è statopartecipe.

Il cavaliere Ghio napolitano suo amico segretario particolare del reFrancesco 1° volea una doppia copia delle opere del Gallo, una per sé, el’altra per presentarla al sovrano con una supplica per accordargli l’ordinecavalleresco da lui istituito. Negossi il Gallo, dicendo: che mai avea fattosimili domande, ma è indispensabile pel regolamento di farla; e quindi ilGallo giovossi di quel pretesto per non ottenere quella onorificenza, e fubene per lui, perocché nella successiva rivoluzione que’ cavalieri furonotutti riguardati come spie. Lo stesso gli accadde trovandosi in Napoli nel1858 e il Presidente del Consiglio de’ Ministri, commendatore FerdinandoTroja voleva decorarlo dello stesso ordine, ed aveva prevenuto il suosegretario cavalier Salvatore Aguglia di ricordaglielo all’imminente nomi-na, per varii altri letterati.

L’Aguglia confidò al Gallo l’intenzione del Ministro; ma ne fu pregatodi dissuaderlo a motivo del suo carattere che non ambiva tali onori, e cosìliberossene la seconda volta, e egli fu utile nell’altra rivoluzione del 1860.

Non poté bensì evitare simili onori del Governo Italiano che accordan-dogli il ritiro di tutte le cariche gl’inviò spontaneamente il diploma dicavaliere ufficiale dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro, del quale non hafatto mai uso nelle lettere e nelle stampe delle opere sue, né mai ha reca-to sul petto l’insegna decorativa; perocché riguarda quella onorificenza, edaltre simili, come ridicole vanità.

Non così quelle accademiche; perocché ne ha molte ottenute senzaintrighi, e particolarmente le straniere, essendo esse testimonianze di stimae di gradimento delle opere sue.

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23 Il canonico palermitano Antonino Mongitore distribuisce in due tomi il prezioso repertorio biblio-grafico edito in Palermo in due tempi, 1707 e 1714. Il Gallo ricopia i profili di alcuni artisti: cfr.Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 406-500.

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Laonde ha con piacere accolto l’ammissione all’Ateneo di Firenze,alle tre Accademie di Roma, cioè alla poetica detta Arcadia, e alle due diBelle Arti ed Archeologia di S. Luca e del Panteon, e così pure alle tre diLetteratura e storia di Napoli, la Sebezia, la Pontaneana, e quella Reale diScienze e Archeologia già detta Borbonica, e all’altra delle Belle Arti diMilano, di Antichità di Coppenaken [!], e della Storia Patria di Toscana edell’Emilia, oltre le molte di Sicilia.

Una conoscenza onorifica e singolare fece egli in Palermo allorché nel1845 l’imperatore di Russia Nicolò 1° soggiornò in Palermo sul pretestodi potersi ristorare in salute la sua augusta consorte, ma certo con qualchescopo politico, di che ben s’accorse lo stesso re Ferdinando 2°.

In quella occasione essendosi a lui presentata una strenna di prose e diversi splendidamente stampata coi ritratti dell’imperadore, dell’imperadri-ce, e di Olga loro bellissima figlia, il Gallo vi aggiunse una prosa sugliamori giovanili di Vincenzo Bellini, ed una sua inedita canzoncina messain una musica a dodici anni.

Un giorno il Ministro russo Nesselrod24 accompagnato dal suo maestrodi lingua italiana, venne a trovare in casa il Gallo, di cui avea letto qualcheopera di archelogia e belle arti, affinché lo scortasse per la città ad osservar-ne gli artistici monumenti, le chiese, i quadri, e le statue di maggior pregio.In effetto per più giorni si recarono in giro insieme, e l’illustre Ministroottenne le notizie e dilucidazioni istoriche e archeologiche che ne bramava,e d’allora volle egli che ne frequentasse la casa di sua dimora nella vicinacampagna dell’Olivuzza, e molte interrogazioni gli fece sulle cose di Sicilia.

Un simile incontro onorifico inaspettato ebbe egli nel 1861 essendostato invitato a pranzo dall’illustre Prefetto marchese Pallavicini insiemecon Sua Altezza Imperiale il principe Napoleone, ed altri illustri personagi.

Il Gallo non conosceva il Pallavicini, ma costui ne avea letto le opere,e siccome sapea che il principe Napoleone era amatore de’ monumentiantichi e delle belle arti, e a tale oggetto recava seco due archeologi, volleaggiungervi il Gallo che allora funzionava da segretario di quel ramo, epresentollo al principe.

Costui, parlando bene la lingua italiana; perocché aveva soggiornato aFirenze, gli indirizzò varie domande sulle antichità di Sicilia, alle qualiprontamente sodisfece.

Dopo quella benigna accoglienza il Gallo gli fe giunfere alcune sueopere, e ne ottenne una lettera di ringraziamento per mezzo del segretario_________________________________

24 Leggasi: “Nessel’rode”.

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del Prefetto marchese Pallavicini, accennando che le avrebbe letto alprimo momento di suo aggio.

Affettuoso e riverente il Gallo alla memoria de’ suo’ illustri amici eprecettori defunti, tenne in sua casa due accademie poetiche, una perVincenzo Bellini famoso compositore di musica, di cui avea fatto dipinge-re il ritratto dall’insigne cav.re Giuseppe Patania, e dopo di essersene cele-brate in casa le lodi, offrì in premio, a giudizio di un comitato di letterati,la copia di quel ritratto adorno di cornice dorata all’egregio poeta NicolòCirino che superò gli altri col suo componimento.

Nel giorno natalizio del Gran Poeta Giovanni Meli, volle il Gallo, suo inti-mo amico, festeggiarne la memoria in sua casa con poesie e musica sulle suestesse canzonette, e farne coronar di rose il busto, dall’ornatissima sig.aPrincipessa di Galati, e dall’egregia sig.a Concettina Ramondetta, e ne distri-buì agli altri poeti il ritratto bene inciso dal Waincher sull’originale del Patania.

Un altro progetto vagheggiava egli sin dalla sua giovinezza, di onora-re i principali uomini illustri antichi e moderni della Sicilia, con farnedipingere da Patania le loro rispettive immagini ricavate dal vero o sopraautentiche originali, e dei viventi già divenuti famosi per le loro opere.

Questo divisamento ha già eseguito, e in moltissimi anni quella colle-zione è giunta a 124 ritratti che insieme co’ quadri pregievolissimi, e dise-gni originali di valent’uomini, ed altri oggetti di antichità, rendono la suacasa un museo che spesso è visitato da’ nazionali e dagli stranieri, e chealla sua morte ha destinato al pubblico25.

A render poi un più solenne pubblico omaggio a’ suo’ famosi concitta-dini defunti, ha promosso un Panteon di monumenti funebri nella magni-fica chiesa di S. Domenico in Palermo, come si è accennato, ove si ammi-rano trentaquattro sepolcri con le loro effigie e inscrizioni latine e italianee in gran parte composte dal Gallo.

Sei di questi monumenti furono, come si è detto, a sue spese inalzatioltre dell’ultimo dei quali all’insigne astronomo Giuseppe Piazzi suo amicoe protettore, prvandosi egli in vita del busto marmoreo eseguito dalVillareale. Similmente ha donato al pubblico giardino, detto Villa Giulia, ilbusto marmoreo del poeta Meli, ove in breve sarà onorevolmente inalzato.

Essendo il Gallo persuaso che è meglio eseguire in vita che riserbarsi allamorte, per opera degli eredi ciò che può essere utile e decoroso alla patria.

Varie controversie letterarie ha dovuto egli sostenere con valent’uominiSiciliani e stranieri, e prima col sig.r A. Bonucci Bolognese, il quale ritraendo_________________________________

25 Cfr. Agostino Gallo, Autobiografia… cit., p. 78-83.

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da un antico codice una sacra poesia attribuita dall’antico amanuensi e dallostesso Bonucci a Dante, il Gallo provò di non appartenergli, e quella sua opi-nione fu confermata da tre celebri letterati e filologi, Salvatore Betti, VincenzoNannucci e Luigi Muzzi. Un’altra controversia ebbe con l’erudito pittoreGiuseppe Meli26 pel quadro della Beata Vergine col Bambino, S. Giovanni, eun angelo posseduto dai PP. Filippini di Palermo che il Gallo provò di esseredel pennello di Raffaello Sanzio27, e il Meli sosteneva di Lorenzo del Credi28.

Sei attestati di artisti e conoscitori stranieri, e di Valerio Villareale, insi-gne scultore ed esperto in tali giudizii, confermarono l’opinione del Gallo.Un’altra n’ebbe col P. Melchior Galeotti sulla patria del famoso AntonioGagini scultore del secolo XVI che il Gallo colle iscrizioni apposte dallostesso Gagini alle sue statue, ed altri documenti, provò di essere nativo diPalermo, mentre il Galeotti sosteneva che fosse nato in Messina29.

I Giornali italiani diedero ragione al Gallo. Ma egli aveava [!] giàrivendicato a Mesina sua patria il tanto celebre astronomo naturalista emedico Giannalfonso Borrelli del secolo XVII creduto da tutti napolitano;ciò che Gallo provò con documento tratto da un’opera dello stessoBorrelli, e dall’autorità del suo scolaro Alessandro Marchetti. Di più nefece copiare il ritratto, esistente nella Galleria di Firenze e che fa parte del-l’accennata sua collezione, inviandone in pari tempo una seconda copiaall’Accademia di Messina, che la gradì immensamente.

Ad un’altra più ragguardevole controversia è preparato pel recentissi-mo suo saggio critico degli scrittori moderni d’istoria di Sicilia30; nel

_________________________________

26 Giuseppe Meli, pittore, litografo, archeologo, teorico, critico e storico dell’arte, nato a Palermo nel1807, ivi morto nel 1893. Il 2 dicembre 1831 Giuseppe Patania lo dichiara «idoneo a poter copiarei quadri dipinti» e depositati presso il Real Museo di Palermo. A.S.PA., Permessi di studio… cit.,Misc. Archivistica, II, n. 316.27 Quadro della Vergine creduto di Raffaello, ma di Lorenzo di Credi, oggi nei depositi di PalazzoAbatellis. Cfr. Ciro D’Arpa, Architettura e arte religiosa a Palermo: il complesso degli Oratorianiall’Olivella, Palermo, Caracol, 2012, p. 81.28 Lorenzo di Credi, pittore, nato a Firenze fra il 1456 e il 1460, ivi morto nel 1536.29 Cfr. Agostino Gallo, Elogio storico di Antonio Gagini scultore palermitano, Palermo, dalla RealeStamperia, 1821. La polemica con gli storiografi precedenti da Tommaso Fazello ai messinesiPlacido Samperi e Caio Domenico Gallo ecc. è ben evidenziata dall’A. nelle note di p. 5-6 e sgg.; eMelchiorre Galeotti, Preliminari alla storia di Antonio Gagini, scultore siciliano del secolo 16. edella sua scuola, Palermo, Tip. M. Amenta, 1860.30 L’opera è stata pubblicata due volte nel 1824, la prima in Giornale di scienze lettere e arti diPalermo, v. VI, a. II (1824), p. I-XX (continuazione del prospetto tra le p. 128 e 129) con il titolo“Belle Arti. Pittura. Art. I°”, la seconda con i tipi del Dato. Successivamente, corretta e ampliata, coltitolo “Saggio sui pittori siciliani vissuti dal 1800 al 1842” fu pubblicata nel 1842, in: Memorie sula Sicilia tratte dalle piu celebri accademie e da distinti libri di societa letterarie e di valent’uomi-ni nazionali e stranieri con aggiunte e note per Guglielmo Capozzo, Palermo, Tip. di Bernardo Virzì,1840-1842, v. 3, p. 123-147.

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quale ha smascherato l’impostura dell’abate Gioacchino Di Marzo, pseu-do autore della versione dal latino del Lexicum topographicum di VitoD’Amico, e dell’opera sulle belle arti in Sicilia31; talché il Gallo a sessan-tasette anni combatte ancora per le lettere e le belle arti patrie. Egli, comerilevasi dal seguente elenco delle sue opere, ha fondato varii giornaliscientifici letterarii, ed ha avuto parte in quasi tutti quelli pubblicati inPalermo, e in alcuni di Roma e di Firenze.

Sul suo carattere

Quanto alla sua indole e al suo carattere morale è stato osservato,ch’essendo egli di temperamento bilioso sanguigno, disposto alla poesia enato in un clima caldo, ne risente gli effetti naturali. Laonde è irritabile(genus irritabile vatum) collerico e impetuoso; ma facile a dimetter l’ira ebeneficare anche i suoi nemici, e per queste ed altre sue buone qualitàgode la stima de’ suoi concittadini ed amici.

È tacciato inoltre di troppa bonarietà, e di prestar facilmente fede a chivoglia ingannarlo, non potendo egli supporre, giudicando di se, che visiano fraudolenti al mondo, talché è sovente colto alla rete.

Dal padre acquistò l’abitudine ad essere compassionevole cogl’infeli-ci e indigenti, e a rendere buoni ufficii a chiunque ne lo chiedesse, talchéè stato utile a’ molti nel Ministero cui apparteneva.

Egli si è mostrato sempre amico e protettore degli artisti, procurandoad essi lavori per mezzo de’ suoi rapporti sociali ed occupandone i miglio-ri per quelle di suo uso e permettendo di copiare in sua casa i quadri d’in-signi antichi e moderni pittori. Perocché è persuaso, che questa classe,educata com’è, al soave sentimento del bello, sia la migliore in società.

Il Gallo non ha mai corteggiato e adulato Re, ministri, e nobili, né hadedicato ad alcuno di essi le sue opere, ma a qualcuno de’ suoi amici defun-ti e all’accademie che l’hanno onorato ad ammetterlo alla loro società. _________________________________

31 Cfr. Vito Maria Amico, Lexicon topographicum siculum in quo Siciliae urbes, opida, cum vetustatum extantia montes, flumina, portus adiacentes insula ac singula loca describuntur, illustrantur...Tomus primus[-tertius], Panormi, excudebat Petrus Bentivenga sub signo SS. Apostolorum apudPlateam Villenam [poi] Catanae, in Aetneorum Academiae typographio apud D. Joachin Pulejum,1757-1760, 3 v. in 6 t., versione italiana: Dizionario topografico della Sicilia di Vito Maria Amico,successivamente tradotto e annotato dal latino da Gioacchino Di Marzo, Palermo, tip. Di PietroMorvillo, 1855-56, 2 v. La polemica è riportata nell’opera di Agostino Gallo, Sugli scrittori modernidi storie di Sicilia. Saggio critico. Opera iniziata nel 1865 e terminata in febbraro 1867, Palermo,Tipografia Barcellona, 1867., p. LXV, n. 3. Cfr. Gioacchino Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia,Palermo, S. Di Marzo, F. Lao [poi] S. Di Marzo, Clamis e Roberti, 1858-1870. 4 v.

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Egli viene accusato d’inconsideratezza e d’imprudenza, e ciò è vero,essendo irriflessivo e poco accorto.

Tuttociò che opera e scrive sempre di furia, e mancando di tenacememoria, è facile a commettere degli sbagli principalmente di nomi; tut-tavia detta colla maggiore facilità e sempre su svariati argomenti le operesue, né si contenta di una prima bozza ma spesso la rifà 2 e 3 volte e dopoche i suoi lavori sono stampati vi scrive marginalmente aggiunte e corre-zioni per una seconda edizione.

Nei suoi principii religiosi e politici, è stato sempre fermo e invariabi-le. Nato cattolico non si è lasciato mai sedurre a cambiar culto. Odiando ildispotismo ha raffermato collo studio i principii liberali, ma ha sempreabborrito le congiure e le rivoluzioni, che hanno sconvolto la sua patria.Ciò ha prodotto di essere stato escluso da tutti i partiti politici, e non ostan-te è stato da essi rispettato; ma da nessuno favorito, e quindi in questi ulti-mi tempi in cui hanno infuriato, non ha avuto alcuna ingerenza nelle cosecivili e letterarie.

Ecco il ritratto fedele delle sue qualità fisiche e morali.

Estratto da un articolo biografico corretto ed ampliato dal cav.reRaimondo Granata da Messina, egregio letterato nella sua Memoria stori-co-politica, Duecentosessanta giorni in Palermo nel 1861 (1)32. Ivi si leggea pagina 44 “Il Sig.r Gallo negli studii andò innante da darne saggio anco-ra giovanissimo: ma più che altro poi, la intrinsichezza in che venuto, laquale spesso in taluni puote a bene, con il Meli, Scinà, Monti, Gargallo,Piazzi, Patania, Velasques33, Riolo34, Villareale, e moltissimi altri insigniscienziati ed artisti, gli fu sprone alle lettere e belle arti con ardenza diaffetto. Per cui egli ora è poeta, ora pittore: e tra le poesie e le traduzioni,la di lui quadreria si freegia di disegni, e di copie di quadri, condotti percome cennato di sua mano, con tale accuratezza, da far chiaro delle cogni-zioni attinte nella nobile arte. Da qui addivenuto infaticabile nella ricerca_________________________________

32 Nota in calce alla c. 52v: “(1) Messina, stamperia del Commercio 1863, in 8°” <GregorioRaymondo Granata, Duecentosessanta giorni in Palermo nel 1861 ovvero biografia e gabinettoscientifico-artistico dell’archeologo signor Agostino Gallo, Messina, Stamperia del Commercio,1863>.33 Giuseppe Velasques, pittore, nato a Palermo nel 1750, ivi morto nel 1826. Due versioni biografi-che sono reperibili in Agostino Gallo, Notamento alfabetico di pittori e musaicisti… cit., p. 75, 77 ein Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 110-168.34 Vincenzo Riolo, pittore, figlio di Rosario, nato a Palermo nel 1772, ivi morto nel 1837. Direttoredell’Accademia del Nudo di Palermo nel 1829. Due versioni biografiche sono reperibili in AgostinoGallo, Lavoro … cit., p. 90 e in Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti… cit., p. 240, 255-262, 266-267.

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del bello artistico, dovunque frugando e disseppellendo antichità e ceneridi chiarissimi uomini, si è fatto archeologo, non secondo ai più illuminatifra noi.

Non altrimenti il benemerito cittadino dall’alba a notte vedesi preoc-cupato tra libri, manoscritti, disegni, quadri e gessi, posti per le pareti, eda ribocco dovunque nella stanza di studio: quant’egli sia operoso e utilespecialmente col proprio paese. Palermo non lo disconosce benché talfiata faccia le viste di sfingerlo [!]. Per si affettuoso cittadino essa si godedi moltissime illustrazioni: di opere d’arti, e bellezze artistiche, di saniconsigli, di proficue ricerche, ed utili rinvenimenti; a dir breve quanto dipatriottico e di antico sorge a giornata, è opera dello zelo di Gallo, che maiposa nella ricerca degli uomini illustri e degli antichi monumenti. Per esso,marmi e mezzo-busti, gessi e quadri, pergamene e privilegi grandeggianodetta città: tra le quali cose è opera immortale da eternare il promotore ilPanteon crescente, maestoso nel tempio di S. Domenico. Conciosia che ilnostro archeologo si è reso caro agli amici, alla patria ed alla intera Italia.Dapertutto le accademie e le istituzion d’antichità e belle arti, lo celebra-no conoscitore esimio in tali cose, ascrivendolo a collaboratore e sociocorrispondente ed onorario né mai arriva posta dall’estero senza recarglidiplomi e gradi accademici, ultimo essendo sin’oggi quelli indirettogli daVincenza [i.e. Vicenza](46)35 d’altronde il suo viaggiare per la penisolaove si ebbe ad amicissimi (47)36 in particolare il celebre Giuseppe Borghi,Giovanni Niccolini, Rosini, Lucchesini, ed altri illustri letterati, lorotenendo dotta corrispondenza (48)37, rese sì chiaro ed onorevole il di luinome, che non evvi angolo di nostra terra da non sapegliene grato.

Ora egli si vive modestamente tra le pareti del solitario suo gabinetto,riverito e ricercato dai forestieri, e dai cittadini di sano intendimento e di purocuore: la patria che a spilluzzico da le lodi e le remunerazioni, si contentaaverlo a segretario archeologo della Commissione di antichità e belle arti inSicilia; ed il Governo ad Ufficiale Capo di divisione del Ministero di Stato.

Il Gallo quantunque infaticabile solertissimo al prosperare del nostro_________________________________

35 A c. 53v nota in calce: “(46) In agosto 1861. Per cui il Gallo a ringraziamento inviò a quellaAccademia una canzone in lode della inaugurazione della statua di Andrea Palladio da Vincenza.Adesso però è l’ultimo diploma quello inviatogli da Milano dell’accademia di Belle Arti sotto il 14aprile 1863: sicché il Gallo fuori patria è ascritto alle più insigni accademie come in quelle di Napoli:la Sebezia, la Pontaniana, e la Reale; all’Ateneo di Firenze, all’Accademia di Archeologia diCopenaghen, di S. Luca e del Panteon di Roma.”36 A c. 53v nota in calce: “(47) Giacché i più son morti.”37 A c. 53v nota in calce: “(48) Le cui lettere si sono già cominciate a pubblicare nel giornale IlDiogene.”

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secolo che sapergliene grato i cittadini, ei pure come ogn’altro ingegno ino-norato nella propria patria ha dovuto sperimentare la certa sentenza delSalvatore: “Nemo propheta acceptus est in patria sua” a fede di ché questobrano di lettera lo dimostra (1)38. “I buoni padri Domenicani soltanto più cheil pubblico si sono mostrati caldi di gratitudine, per aver promoso con gravemio dispendio quei monumenti agli illustri siciliani, che rendono oramai illoro tempio grandioso ed elegante nelle sue semplicità, degno di essere visi-tato dai forestieri; quando quasi dimenticato da due terzi di Palermitani. Essireligiosi deliberarono capitolarmente di destinare alla mia memoria il pila-stro successivo a quello di Scinà, addossato di fianco all’urna di Meli, ciòmi diè occasione di comporre la mia epigrafe funebre nei seguenti versi:

Amò la patria con affetto antico di Meli di Scinà di Piazzi amico.

Non credo di meritare altra lode (dotta modestia) e l’amicizia di que’sommi, che mi fu sviscerata credo di riflettere un benigno raggio sulla miamemoria a’ posteri, come quella del Petrarca sul vostro Tommaso Caloria,del quale forse non si sarebbe né parlato né scritto se non era congiunto diaffetto col gran lirico erotico italiano ec.”. Chi ama sapere del Gallo laindole e il cuore, si faccia per poco ad osservarlo: la fisionomia è certascienza ed io di Lavater, di Gall e de’ loro seguaci mi tengo ammiratore. Gliè alto della persona e ben complesso; ha faccia grande e fronte quadra, sere-na ed isvelta; occhi grandi e castagni, incavati sotto alle sopra ciglia arcatee vellosette; naso poco più del regolare; guance carnose e colorite; labbracoralline poco grossette e ben pronunciate; bocca analoga alla grandezzadel volto, ben chiusa e presta a parlare pacato e piacevole; mento rotondoe carnoso: egli affatto alieno al parere di Musonio porta rasa la barba. Datale esteriore, che costituisce i segni dell’uomo onesto e scienziato, di leg-gieri possonsi indagare i talenti e le doti dell’animo del chiaro storiografo.

Prima seduta39

Palermo dodici dicembre milleottocentoquarantasei.I socj compilatori della Biblioteca storico sicula hanno stabilito quan-

to sieguePer ciò che riguarda il sesto, la carta, il prezzo della stampa, ed il nume-

_________________________________

38 A c. 54r nota in calce: “(1) inviatami li 27 marzo 1862.”39 Al margine sinistro: “Copia”.

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ro delle copie da tirarsi dell’opera anzidetta si rimettono alla convenzione chesi firmerà di accordo col tipografo Signor Muratori in questo stesso giorno.

Il prezzo di ogni dispensa mensile composta di quattro fogli, giusta ilmanifesto da pubblicarsi sarà di tarì tre, oltre a grana dieci per ogni rame,che occorrerà nel corso dell’opera.

La direzione dell’opera è affidata a Monsignor Crispi40

La stampa della medesima al marchese Villarena41

L’amministrazione, e l’Archivio al Signor CastagnaLa corrispondenza a D. Agostino GalloIl primo centralizzerà i lavori e passerà vistati allo incaricato della

stampa i materiali, che la società stabilirà doversi pubblicare, e collo stes-so ordine, che la medesima sarà per indicare.

Il secondo avrà la disposizione, ed esecuzione della stampa esclusa lacorrezione che sarà fatta dagl’interessati, e passerà vistati da lui col tipo-grafo i materiali, e gl’incontri.

Il terzo pagherà coi fondi dell’Amministrazione la stampa, a normadella surriferita convenzione, e le altre spese all’uopo occorrenti, conser-verà i fascicoli e le carte, e i documenti spettanti alla società, esigerà ilprezzo dei fascicoli che si venderanno ed avrà la cura di compilare, e con-servare il verbale delle sedute della società firmato da quattro socj.

Il quarto finalmente manterrà il carteggio co’ collaboratori per la parteletteraria, e quello ancora per lo spaccio delle copie di associazione.

Nelle prime, e seguenti dispense dell’opera si pubblicheranno, oltre lapreparazione all’opera del Signor Gallo,

Per la prima parte

I discorsi di Errante, ed i frammenti42 del medesimo previo il di lui per-messo da passarsi in Archivio dal Signor Gallo.

Le lettere di Platone di Padre Spata43

_________________________________

40 Giuseppe Crispi (1781-1859), noto grecista e docente presso la R. Università di Palermo.41 Vincenzo Mortillaro, marchese di Villarena, docente interino di lingua araba presso la R.Accademia degli Studi di Palermo, redattore di giornali. La sua attività storiografica è rubricata inGiuseppe Maria Mira, Bibliografia siciliana… cit., v. 2, p. 107-108.42 Errante Celidonio, I Frammenti di Dicearco da Messina raccolti, e illustrati dall’avvocato D.Celidonio Errante de’ baroni di Vanella, e Calastai, Palermo, presso Lorenzo Dato, 1822, 2 v.43 Nicolò Spata (1821-1855), grecista, allievo del Crispi, Monumenti storici di Sicilia tratti dall’epi-stole di Platone e dai frammenti di Timeo da Taormina, Eforo, Teopompo, Callia siracusano eDiodoro. Versioni ed illustrazioni del sac. Nicola Spata socio attivo dell’Accademia palermitana discienze e lettere, Palermo, Stabilimento tip. di Fr. Lao, 1852.

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I frammenti di Diodoro di Monsignor Crispi44

e la Geografia Nubiese di Castagna, se non vi siano altri frammentigreci, che dovessero procedere.

Per la seconda parteDiploma normanno di Mortillaro45

Per la terza parteArticolo sopra Palermo del Signor Gallo46.I materiali che dovranno far parte delle ulteriori dispense saranno sta-

biliti in altre sedute.Verranno invitati come collaboratori colla promessa del fascicolo gra-

tis i seguenti individui cioè:I Signori Errante, Spata, Vagliasindi, P. Palmeri, Cordaro.Clarenza, P. Tarallo, P. Lo Presti e P. Granata.Firmato: Giuseppe Crispi - Francesco Castagna - Agostino Gallo -

Vincenzo Mortillaro.47

Palermo dodici dicembre milleottocentoquarantasei.Fra noi sottoscritti signori nella qualità di socj compilatori dell’opera

periodica, che avrà per titolo: Biblioteca storica-sicola, ossia Collezionedi frammenti, Relazioni, Cronache e monumenti di ogni maniera relativialla storia di Sicilia, da una parte, ed il Sig.r Antonio Muratori dall’altra,si è fatta la seguente convenzione in doppio originale per aver forza dipubblico rogito.

Io sottoscritto di Muratori mi obbligo stampare nella mia tipografial’opera anzidetta nel formato in quarto a due colonne in carattere piccolo

_________________________________

44 Diodorus Siculus, I frammenti nuovi di Diodoro Sicolo ricavati da’ palimpsesti vaticani dal cardi-nal Angelo Mai e tradotti dal testo greco in italiana favella da Giuseppe Crispi; con un preliminareed un discorso e l’aggiunta di una rivista, correzione e scelta di varianti, e di nuove note ed altririschiarimenti, ed in fine di una scorsa biblioteca storica, Palermo, Reale Stamperia e Libreria,1847.45 Vincenzo Mortillaro, Catalogo ragionato di diplomi esistenti nel tabulario della Cattedrale diPalermo, ora coordinati per ordine del Real Governo da Vincenzo Mortillaro, Palermo, Stamp.Oretea, 1842.46 Potrebbe trattarsi del saggio pubblicato nella rivista “Passatempo per le dame”, a. IV, n. 6, 6 feb-braio 1836, p. 41-42 (I) e a. IV, n. 13, 26 marzo 1836, p. 97-99 (II), dal titolo Sopra alcune opere diarchitettura eseguite di recente in Palermo. Si tratta di un articolo dedicato ai progetti curati dall’ar-chitetto Emanuele Palazzotto, allievo di Giuseppe Venanzio Marvuglia.47 A c. 53v nota a margine: “Confronta coll’originale esistente in mio potere.Francesco Castagna.”.

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romano e nella carta che mi sarà somministrata da surriferiti signori nelnumero di duecentocinquanta esemplari oltre alle copie della Polizia nellacarta che mi sarà pure approntata, e ciò per lo prezzo di tarì venti per cia-scun foglio in quarto come si è detto in carattere piccolo romano a duecolonne per la composizione, di tarì dodici per l’impressione, e consumocome si è detto per duecentocinquanta copie, oltre a quelle della Polizia, edi tarì uno e grani cinque per cilindratura delle intiere duentocinquantacopie di ogni foglio, e precisamente secondo l’acchiusa pagina di modelloda tutti noi segnata otto facce della quale formeranno il foglio compreso sti-mandosi nel prezzo suddetto qualunque quantità di annotazioni di diversocarattere che occorrerà o di testino, o di mignona, e che occuperà luogo inpiè di pagina del testo, e che nell’intero foglio non ecceda la sesta parte.

Se vi saranno delle colonne in carattere greco queste saranno conside-rate alla ragione di onza una, e tarì due per ciascun foglio: ma ove andran-no soltanto delle parole greche nel testo, o nelle note, o anche qualchelinea, purché non oltrepassi la sesta parte della pagina, non sarà corrispo-sto alcun dippiù. Eccedendo tale quantità, sarà ragionato il prezzo in pro-porzione del contenuto.

E dall’altra parte noi sottoscritti ci obblighiamo non fargli mancare lacarta, e pagare al detto di Muratori il prezzo convenuto alla consegna diogni foglio, e ciò sino alla fine di ogni dodici dispense, o sia di quarant’ot-to fogli di stampa.

E compiuti i detti quarant’otto fogli, non s’intenderà contratta obbliga-zione da parte dei socj compilatori e dello stampatore per le seguentidispense, se non cominciata la stampa del foglio quarantanove.

Il detto Sig.r Muratori si obbliga dare gratis la stampa del Manifestodell’opera convenuta non dovendosi altro apprestare dai socj compilatori,che la carta corrispondente per duecentocinquanta copie.

Per non accadere degli equivoci nella tiratura dei fogli, il Sig.rMuratori, riceverà i materiali di stampa vistati da Mons. Crispi e daMortillaro e gl’incontri ancora vistati dal solo Mortillaro, senza di che nonavrà alcun diritto al pagamento; anzi sarà risponsabile delle rifrazioni chepotranno disporsi a di lui carico. E quando sarà al caso di consegnare ifogli tirati, o cilindrati adempirà ciò in mani del Sig.r Castagna comeamm.re della società dei compilatori, da cui sarà soddisfatto coi fondidell’Amministrazione medesima contro ricevo che dal Sig.r Muratori sirilascerà a favore dello stesso colla qualità anzidetta.

Se alcuno estratto si volesse della società degli articoli che farannoparte della Biblioteca, il tipografo sig.r Muratori resta obbligato ad appre-

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starlo non potendo altro pretendere che tarì sei per ogni cento copie, com-preso in detto prezzo ogni diritto di composizione tiratura e consumo e piùtarì uno per frontespizio. Se però le copie fossero più di cento, saranno cal-colate sin dal principio alla ragione di tarì quattro per ogni centinaio,dovendo sempre apprestarsi la carta dagli interessati.

Il sopradetto articolo sarà anche applicabile a tutti gli scrittori dellaBiblioteca.

Giuseppe CrispiAgostino GalloFrancesco CastagnaVincenzo MortillaroAntonio Muratori48

Palermo li 16 maggio 1839.Io qui sottoscritta qual Coerede del chiarissimo mio zio Sig.r Cav.r

Domenico Scinà consento che D.n Agostino Gallo di lui affezionatoscolare, ed amico assuma lo impegno di pubblicare in uno o più volumile opere minori dell’anzidetto mio zio, rinunciando per questo riguardoal dritto che ho come coerede sulle opere medesime, purchè si stampi-no ad ulteriore fama del medesimo. Rosalia Sanzone e Scinà inRandazzo.

Dritto accordato a D. Agostino Gallo dagli eredi Scinà per la stampadelle opere di quest’ultimo

e Contratto dello stampatore Barcellona col Sig Gallo per la stampa

delle opere di Scinà.

Palermo 16 novembre 1844. N. 3634a 4 luglio 1845,via Salinas Conte

I sottoscritti eredi del fu Sig. Cav. D. Domenico abate Scinà cedono alSig. D. Agostino Gallo ogni loro dritto sulla stampa delle opere dell’anzi-detto Sig.r Cavaliero loro defunto zio, tranne la Fisica, a condizione di_________________________________

48 A c. 58v nota a margine: “Confronta coll’originale esistente in mio potere.Francesco Castagna.”.

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doverne consegnare ai medesimi numero cinquanta copie al momento chene sarà fatta l’edizione, per distribuirsele fra loro, e gli altri eredi.

N. 3634 dalli quattro luglio 1845,lib 2, c. 209 f. 10, c. 5[…] 20

Michele RagonaRosalia Sanzone e Scinà in RandazzoSalvatore Randazzo marito, ed autorizzanteIo qui sottoscritto metto la mia firma sotto la condizione che l’edizio-

ne sia regolata e diretta da me e dal Sig.r Gallo e che, stampandosi l’ope-ra, si metta il mio nome e quello del predetto Sig.r Gallo quali editori dellamedesima. Domenico Ragona-Scinà.

Carlo Rosalo tutore dei minori Ragona.Palermo 17 nov 1844.Io qui sottoscritto rilascio la qui indicata concessione co’ patti annes-

sivi al S.r V. Mortillaro nell’intelligenza che debba imprender la stampadelle opere di Scinà fra lo spazio di quattro mesi. Agostino Gallo.

Il S.r. V. Mortillaro ringrazia il Signor Gallo, ma trovando poco deco-roso fare una ristampa sotto l‘altrui direzione, dichiara non essere in casod’imprendere l’edizione che si desidera.

V. Mortillaro49

S.R.M.SireD.na Emmanuela Di Blasi, e D’Angelo vedova di D.n Vincenzo Di Blasi

difonto nell’attuale esercizio di Sindaco della città di Palermo, infelicemadre del50 mal’avventurato figlio D.n Francesco Paolo Di Blasi, piena ditutta l’amarezza, e rossore prostrata innanti al trono di V.R.M. umilmenterappresenta, che nella sua vecchiezza carica di 75 anni, ed aggravata dinuovi dolori ed infermità è rimasta dopo la perdita di quest’ultimo figlio lapiù inconsolabile donna desolata, ed afflitta, ridotta a finire anticipatamente

_________________________________

49 Sul verso della c. 60: “Barcellona ***e e ScinàCastagnaper l’oggettodi stampa”.50 Seguono cancellate le parole: “l’unico”.

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i suoi giorni nelle continue lagrime, e nell’universal indigenza, senza veru-no sollievo, e conforto, e giacchè il Signore per alti giudizi l’ha privato del-l’unico mezzo da cui traeva ogni sovvenimento secondo la decorata condi-zione, ove Dio la fece nascere, si fà cuore ricorrere alla V.ra Real Clemenzach’è il Padre de’ suoi fedeli vassalli supplicandola che compassionando nelsuo real animo l’infelice stato di un’afflittissima Madre che nell’età caden-te,51 portando il cuore ferito di molte piaghe52 e profonde, prova la pena divedersi priva d’ogni soccorso, e gia vicina al sepolcro, si compiacesse persolo semplicissimo eccesso della sua sovrana beneficenza sollevarla con unpronto annuale sovvenimento quale grazia unicamente spesa dalla sovranaclemenza di V.R.M. per cui la supplica come l’Altissimo53.

Al Chiarissimo Signore il Sig. Agostino Gallo Capo di Ripartimentodel Ministero dell’Interno. Segretario della Commissione delle Antichitàper la Sicilia.

Signore, Salvadore Politi da Siracusa rassegna a V.S. che rimasto in tenerissima

età povero, e quasi fin d’allora padre di numerosa famiglia non protettod’alcuno, ma spinto solo dalla Provvidenza mercè un forte sentire allebelle arti del disegno à fatto sforzo per giungere in quel modo che megliogli è stato possibile.

In grazia di tanti veri stenti è egli onorato da dotti viaggiatori, e richie-sto di guida artistica, visitando il paese di tante gloriose memorie. Si fa undovere quindi Politi guidare molti viaggiatori in visitare gli avanzi dellamagnificenza dell’antica Siracusa istruendo, e chiamando alla loro memo-ria le classiche prische idee storiche che svegliano le loro osservazioni. Ilnostro Real Governo tanto vigile alla conservazione dei bei monumentinon à lasciato in ogni tempo di emanare le più provvide leggi, che mentreprovano la sapienza del nostro Real governo dimostrano bensì quanto siaimportante la conservazione di tai monumenti che tanto han contribuito alrisorgimento delle arti; all’assunto à nominato regi custodi, fra i quali unoper l’Epipoli ultima parte dell’antica Siracusa, l’altro per la curiosaLatomia celebre perché detta l’Orecchio di Dionigi54; Or siccome le anti-

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51 Seguono cancellate le parole: “ha avuto ferito il cuore”.52 Segue cancellata la parola: “ferali”.53 Sul verso della c. 65: “Memoriale della vedova D.a Emmanuela Di Blasi, e D’Angelo della cittàdi Palermo”.54 Per una ricognizione storiografica, cfr. Angela Mazzè, “I giardini del re orientale: le latomie diSiracusa”, in Agathón, 2010/2, p. 3-8.

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chità sono esistenti in vari punti dei quartieri del suolo di quella Siracusache fu un tempo principessa delle greche città, tanto celebrata dai classicidell’antichità, e di cui fasti son collegati con quelli dei popoli i più illustri,e dell’epoche le più memorabili.

Fa d’uopo che sia di mestiere un sorvegliatore che può riuscire consommo bene dei dotti viaggiatori, che si è il solo Politi in qualche modoesperto nel ramo di antichità patrie, e per essere egli quotidianamente incontinue osservazioni sui tanti rispettabili ruderi, in una agli istruiti culto-ri delle belle arti si nazionali, che stranieri.

Il supplicante si augura che venisse dalla saggezza, e benignità di V.S.proposto e nominato a sorvegliatore con assegnarle la mercede conveniente,e richiamando fortemente i custodi alla esatta osservanza dei loro doveri.

Siracusa 20 luglio 1858Salvadore Politi55

Palermo 23 febbraro 1852Deputazione della Pubblica Libreria del Comune di Palermo n. 117.Oggetto: Proposta di due supplenti con onza una al mese

Al Sig.r IntendenteDella Provincia di Palermo

SignoreAtteso l’ingrandimento della Biblioteca, e la distanza di sito, che da un

punto all’altro si frappone è indispensabile l’accrescimento di due impie-gati, che faccian da supplenti. Questa Deputazione si permette per ora pro-porli con onza una al mese, e di sua scelta, e senza, che si abbiano alcuntitolo per esser proposti […]portuno. La prega quindi a volerne autorizza-re la spesa sul fondo di rimunerazione tessuto nello stato discusso. I depu-tati marchese di Villarena

56Gius. Patania celebre dipintore che accrebbe ornamento a Palermosua patria e nome a questa illustre accademia escia e non era più l’anno divita dal giorno 23 febbrajo fatalissimo per la gloria della pittura naziona-le. Quella mente ispirata dall’antico genio siciliano quella mano guidatadalla grazia che furono si operose e feconde di parti sino al giorno innan-zi alla sua funesta dipartita giacciono fredde, e inerti nel sepolcro, e riman-_________________________________

55 Sul verso della c. 67: “A S.E. l’egregio Signor Agostino Gallo Capo di Dipartimento del Ministerodell’Interno Segretario della Commissione delle antichità per la Sicilia”.56 Il testo che segue è scritto a margine della c. 68v.

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gono solo in vita il suo nome, e la sua opera all’ammirazione de’ presen-ti, e de’ posteri

Il di che schiuse

Pag. stanza verso / testo stampato dal Giunti

Si aggiunga a / Patania/

Verità ed armoniaPatania fu sempre progressiva egli diceamiIl mio spirito non invecchia

Ad istanza dei Signori Santo Bruna, Paolo Farinella, maestroRosario Cammarata, Rosario Gangichiodo di Francesco Paolo, maestroGiuseppe Giarratana di Emmanuele, D. Salvatore Librizzi, e Librizzi,Maria Centineo in Messineo, Pasqua Oddo in Scelfo, D. GiuseppeAntonio Oddo di Rosario, Gaetano Pantano, maestro Calogero Pergola,Sig.ri Antonio Scelfo Rosario di Silvestre, D. Giuseppe Scelfo diFrancesco Paolo, Domenico Signa di Carmelo, Maria Gangichiodovedova Signa, Rosario Signa di Domenico, Salvatore, D. GiuseppeTedesco, Leonardo Ruggina di Antonio, maestro Filippo Guastaferro, D.Luigi Di Chiara, e consorti domiciliati in Alimena, e maestro RosarioMiserendino domiciliato in Bompietro rappresentati da me sottoscrittopatrocinatore domiciliato via Macqueda n.° 77, e sulla istanza altresì dime infrascritto domiciliato come sopra qual patrocinatore dei sudettiSig.ri Santo Bruno, e consorti sia intimato, e dato copia del soprascrittoprocesso verbale di giuramento dei periti del giorno ventitre Gennaro1860 registrata la copia in Alimena li quattro febbraro 1860 al n. 22 lib.3 vol. 5 f. 75 cap.1° dal ricevitore Brucato ai Signori Don Enrico Varvaroqual patrocinatore di Francesca Paola Calabrese vedova Gangichiodoqual tutrice dei suoi figli minori, Maddalena, e Rosario Gangichiodofigli, ed eredi del fù Antonio Gangichiodo, Maria La Lima, DomenicoSapienza marito, ed autorizzante la detta Lima e Francesco Scelfo e con-sorti, domiciliato discesa San Francesco nonché ai sudetti FrancescaPaola Calabrese vedova Gangichiodo qual tutrice dei suoi figli minoriMaddalena, e Rosario Gangichiodo figli ed eredi del fù AntonioGangichivo [!] Maria La Lima in Gangichiovo qual tutrice dei suoi figliminori Antonio, e Giuseppe, e Salvatore, figli, ed eredi del fù loro padreAndrea Gangichiodo Domenico Sapienza qual marito ed autorizzante

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detta Lima, Francesco Scelfo di Pasquale qual’erede del di lui fratelloAntonio, Giuseppa Porrovecchio in Pontano, Gaetano Rosario, eCalogera Pontano figli, ed eredi del fù Antonio, Pasquale Signa maritoed autorizzante detta Calogera, Antonia Gangi Chimenti PalmaGangichiodo, figlia, ed erede del fù Antonio e Francesco Scelfo diMariano marito ed autorizzante la detta Palma, Calogero Ippolito,Salvatore e Domenico Seminara, Domenica Vazzanò vedova di AntoninoSeminara qual tutrice della di lui figlia minore Rosa Ende del detto fuAntonio Seminara, e Giuseppe Di Chiara qual di lei secondo marito, edautorizzante e contutore di detta minore Illuminata Messineo, maestroRosario La Porta di lei marito ed autorizzante, Pasquale Messineo,Giuseppe ed Antonia Soldato, figli ed eredi delle furono loro Soldato eCalogera Abbate, Salvatore Rizza, Giuseppe D’Anna di SalvatoreDomenico Di Prima, Domenico Signa di Rosario, Francesco PaoloPalermo, Francesco Faulisi, D. Salvatore Gangi Chiodo maestroAntonio Di Maggio, Stefano Lorenzo, Salvatore e Giovanni Oddo,Giuseppa Messineo di lei marito, ed autorizzante, Francesca Paola Iuriain Oddo qual tutrice dei suoi figli minori Antonio e Calogera Oddo, edetti Oddo tutti figli, ed eredi del fu Giuseppe Oddo di Stefano, e mae-stro Rosario Faulisi qual secondo marito, ed autorizzante dettaFrancesca Paola Iuria, e come tale contutore di detti minori Giuseppe eRosario Seminara, Gaetano ed Antonio Sabatino, Teresa, SalvatoreDomenico, Pasquale, Francesca Paola, Maruzza, Antonina e MariaGangi Chiodo, Francesco Fazio qual marito, ed autorizzante dettaFrancesca Paola, Rosario Curione marito, ed autorizzante dettaMaruzza, Gaetano Randazzo marito, ed autorizzante detta Maria, eLucia Spedale tutrice del minore Francesco Paolo, Giuseppa Lo Cignoin Puma, Giovanni Signa, Giuseppe Carlotta fu Calogero; GiuseppeGangi, Dino Di Pasquale, Antonio Signa di Domenico, LucianoRandazzo di Rosario, Leonardo Malachia, Luciano di Prima di Lorenzo,Domenica Mantegna ved.a Coco, Carmelo Gangi di Lorenzo, MelchioreRusso di Gioachino, Calogero Federico di Michele, Giuseppe, e RosarioChimera, Pasquale Intronatolo, Vincenzo Burgo fu Pasquale, RosariaScelfo vedova di Pasquale Burgo, Rosario Miserendino, Rosa Vilardo,Francesco Bruna di Domenico, Lorenzo, e Domenico Valenza, DonnaRosalia Gennaro in Alonge, mastro Giovanni Cammarata di Rosario,Salvatore Librizzi in Farinella, maestro Stefano Signa, Salvatore Scelfodi Rosario, Giuseppe Castagna, Rosario, e Maria Antonia Venturella,eredi del fu loro padre Salvatore e Giuseppe Gennuso qual marito, ed

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autorizzante detta Maria Antonia, Maria Perna in Pera, Santa Saguto, eCalogero Oddo di lei marito, ed autorizzante, Salvatore Signa fuRosario, Rosa Messina in Lo Vetere, Francesco Paolo Oddo di Rosario,Maddalena Farinella, ed Antonio Cipriano di lei marito ed autorizzante,Michelangelo Richiusa, D. Salvatore Tedesco di Giuseppe e FilippoD’Amico coi nomi, donna Maria D’Amico di lui figlia, e GiuseppeChimera di costei marito, ed autorizzante, Anna Antonia Scelfo, eGiuseppe Bruna, Carmelo Signa di Domenico, Illuminata Signa, RosarioSigna di lei marito, ed autorizzante, Ignazio Federico col nome, AnnaMaria Signa, Francesco Paolo, e D. Giuseppe Giaimo, Francesco P.Gangi Chiodo, Rosaria Faulisi, D. Gregorio Federico, Francesco li Pumadi Giuseppe Antonio, e Giuseppe Alfano, Antonino Federico, Giuseppeli Puma Crocca, Antonina di Paola in Pera, vedova di Ignazio li Pera, D.Antonio Calabrese, Maria, Giuseppa, Francesca Paola Pergola, figli ederedi del fu Antonio, e Lorenzo di Paola; Giuseppa Scrivano, DomenicoSaguto marito, ed autorizzante le medesimi, D.a Anna Martina qualerede del di lei fratello D. Salvatore, Rosario Pantano del fu Antonio,qual erede del fu di lei fratello, Giuseppe, Salvatore, e GiovanniVenturella, figli, ed eredi del fu Calogero, tutti proprietarj,57 e consorti,domiciliati in Alimena, chiamati ad intervento forzoso, e per il presentedomiciliati nel detto loro domicilio di dritto in casa del detto patrocina-tore Signor Varvaro sito come sopra.

Restano inoltre intimati, ed avvisati tutte le dette parti a comparire, edessere presenti se lo vogliono il giorno sedici del corrente aprile 1860 alleore tredici, giorno ed ora destinati dai periti nel sudetto processo verbaledi prestato giuramento sulle terre esistenti nell’ex feudo Destri, territoriodi Petralia Soprana.

Sull’istanza de’ Sig.ri Santo Bruno Paolo Farinella maestro RosarioCammarata, Rosario Gangi Chiano di Francesco Paolo, maestro GiuseppeGiarratana di Emanuele D. Salvatore Librizzi e Librizzi Maria Centineo inMessineo Pasqua Oddo in Scelfo Giuseppa Antonio Oddo di RosarioGaetano Pantano maestro Calogero Pergola Signor Antonio ScelfoRosario di Silvestre D. Giuseppe Scelfo di Francesco P. Domenico Signadi Carmelo Maria Ganci Chiano ved.a Signa Rosario Signa di DomenicoSacerdote D. Giuseppe Tedesco Leonardo Ruggica d’Ant.o mastro Filippo_________________________________

57 Seguono cancellate le parole: “Signora Maria Purpura”.

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Guastaferro D.r D. Luigi Di Chiara Sace.te D. Giuseppe Antonio e Sig.aMaria Purpura ne’ nomi Giuseppa Maria Immurgia e Giuseppa Ceramivedova fu Ganci Dino ne’ nomi proprietarj domiciliati di Alimena emastro Rosario Miserendino domiciliato in Bompietro rappresentati da mesottoscritto Patrocinatore, e sull’istanza altresì di me infrascritto domici-liato Piazza Feravecchia qual pat.e de’ Signori Santo Bruno e consorti siaintimata notificata e con quest’atto data copia della sopra trasferita ordi-nanza emessa dal giudice regio del Circond.o di Alimena qual delegato diquesto Trib.le Civ.le nel di’ ventinove dicembre 1856 registrato inAlimena al N.° […] 306.

Ricevuti grana 30 dal sudetto Brucato a’ Signori 1. D. Benedetto Pirrone qual Patr.e della reverenda madre abbadessa delven.le monastero del Cancelliere dom.to in questa via Sant’Isidoro.2. nonché alla reverenda madre d.a Antonia Benedetta Penzabene qual’ab-badessa di detto venerabile monastero, nel suo domicilio di dritto in casadi d.o S.r Pat.e Pirrone sita come sopra.3. D. Michele Russo domiciliato ivi via Alloro qual Pat.e del S.r D. LuigiMammana agente giudiziario de’ beni della eredità Luparello, 4. nonché allo stesso S.r D. Luigi Mammana col nome, nel detto suo domi-cilio di dritto in casa di detto S.r patrocinatore Russo sita come sopra.5. D. Carlo Stefano Bonanno dom.to Piano del Cancelliere qual Pat.e diD.a Ottavina Ricca in Bonanno, nonché alla stessa D.a Ottavina Ricca inBonanno e D. Simone Bonanno nel d.o loro dom.lio di dritto in casa di d.oPat.e S.r. Bonanno sita come sopra. 6. D. Francesco Pistone ivi domiciliato Piano Cancelliere qual Pat.e del S.rB.ne D. Giuseppe Luparello e consorti nonché al detto7. 8. Signor Barone D. Giuseppe Luparello9. 10. D.a Francesca e D.a Rosaria Luparelli e D. Stefano Testa maritoautorizzante di quest’ultima ne’ nomi nel loro sudetto domicilio di drittoin casa di detto S.r. Pat.e Pistone sita come sopra.11. D. Girolamo Di Guardo domiciliato via Maccherronari qualPatrocinatore di D.a Francesca Paola Calabrese e consorti 12. nonché alla stessa Sig.ra D.a Francesca Paola Calabrese e consortinel d.o loro domicilio di dritto in casa di detto S.r Di Gerardo sita comesopra. E ciò per averne loro la piena conoscenza e per tutti gli effettilegali di riscritta con dichiarazione di essersi conseparato atto intimato enotificato nonché la sopradetta ordinanza ma altresì la dispositiva dellasentenza emessa da questo Tribunale Civile P.ma Cam.a li 24 marzo1855 reg.a la sped.e a 15 mag.o 1856 al N.° 7219 da Platania a’ periti

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nominati in detta sentenza D. Francesco Scelfo D. Pasquale Tedesco eSalvatore Alonge.

Restano inoltre intimati ed avvisati tutte le suddette parti a compa-rire ed esseri presenti se lo vogliono nel giorno venticinque cor.te gen-naro alle ore sedeci d’Italia alla prestazione del giuramento che faran-no i periti D. Francesco Scelfo D. Pasquale Tedesco e D. SalvatoreAlonge nelle mani del Giud.e del Circondario di Alimena in esecuzio-ne della sentenza nella sopraenunciata ordinanza meglio enunciata pre-venendoli che in caso di contumacia sarà il detto giuramento sempreprestato.

Fatt’oggi li 19 genn.o 1857.Francesco Spadaro Pat.e

L’anno 1800cinquantasette il g.no diciannove gennaro in Palermo.Io sottoscritto mg.to presso questo Trib.le Civ.e dom.to via Tornieri vi

ho intimato e dato rispett.a copia del presente del soprascritto atto e dellaordinanza in essa enunciata da me lo mag.to e firmata a’ signori:1. Rev.d Madre D.a Antonia Benedetta Penzabene abbadessa del Monast.odel Cancell.e di q.o e S.r D. Benedetto Pirrone Pat.e come sopra.2. R. D. Luigi Mammana col n.o e S.r D. Michele Russo Pat.e come sopra.3. Sig.i D.a Ottavina Ricca in Bonanno D. Simone Bonanno, e 4. S.r D. Carlo Stefano Bonanno Pat.e come sopra. Sig.i B.ne D. Giuseppe,D.a Francesca, e D.a Rosaria Luparelli, D. Stefano Testa marito aut.te que-st’ultima ne’ nomi, e D. Francesco Pistone.5. Pat.e come sopra.58 D.a Francesca Paola Calabrese e consorti, e D.Girolamo Di Guardo Pat.e come sopra rilasciato avendole ne’ pred.tirispett.i domicilj di d.i Sig.i Russo Bonanno Pistone, Di Guardo ePirroneconseg.le a mani delle rispett.e loro serve come dissero.

Costo Dritto Reg. Rip. onze 12.00Orig.le e Copia onze 6.00Copia di Ord.a onze 5.00

Carta onze 3.18Totale onze 26.18

Serafino Cannizzaro19 gen. 1857 1319

Mammana N. 1

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58 Cassate le parole: “Francesca di Calabrese”.

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Proemio dell’istoria delle belle arti siciliane

La Sicilia è la regione prediletta da numi dell’antichità e da’ poeti, laterra del meraviglioso naturale, della straordinaria e onnigena feconditàper produzioni agricole sì per gli svariati e vivaci ingegni onde CajoGiulio Solino straniero (1)59 ebbe ad esclamare: Quid quid Sicilia gignit,sive soli, sive hominis ingenio, proximum est iis, qui optima iudicantur.

Questa amplissima isola triangolare ha di circuito circa 500 miglia edè segnalata da’ tre promontori cioè dal Peloro che guarda la Calabria, inPacchino rivolto al Peloponneso e dal Lilibeo verso l’Affrica(1)60 al gradodi latitudine 36-39 sino a 38.6 e di longitudine da gradi 30.6 sino a 33.18.Sorge regina del Mediterraneo ed è circondata dal Mar Toscano a tramon-tana, dal Sicolo Adriatico in Levante, dal Libico a mezzogiorno.All’oriente è divisa dalla Calabria dal Faro di Messina, stretto di mar vor-ticoso di circa due miglia fra Cariddi e l’opposta Scilla, ove osservasi dirado il fenomeno singolare detto della fata Morgana il quale pel riflessodella luce solare degli oggetti ne’ dintorni di Messina rappresenta sull’op-posto orizzonte palazzi, boscaglie, giardini, animali, e talvolta carri, edarmate.

L’isola fu pria denominata Trinacria o Triquetra dalla sua figura atriangolo, indi Sicania da popoli Sicani, e in seguito Sicilia da Sicoli chevi soggiornarono. I poeti poi l’appellarono or isola de’ Ciclopi, or del soleed or Etnea. S’innalza gigante l’Etna indi detto Mongibello dagli Arabi nelVal Demone, sulla base di circa 100 miglia e torreggia perpendicolarmen-te sino a 4 miglia ed è diviso in tre regioni, la inferiore ossia la piemonta-na coverta di vigneti e di alberi fruttiferi, e di villaggi e a 10 miglia si elevala regione nemorale ingombra di boschi, e la soprana che per 8 migliaignuda ed arenosa conduce al vertice ove mirasi il principal ignivomo cra-tere o voragine della circonferenza creduta di 3 miglia.

Quel monte tremendo per le sue eruzioni di torrenti di lave infocate chetra le fiamme han subissato in vari tempi villaggi campagne e città è forseprincipal cagione con lo svolgimento interno delle materie infiammabilidella feracità della Sicilia, e de’ suoi frequenti tremuoti. Esso è riguardatocome un ricco e svariato museo delle più singolari produzioni naturali inerbe alberi arbusti, minerali, metalli, fossili, uccelli e animali d’ogni genere,e per la sua immensa ampie<zza> della circonferenza delle falde di eleva-_________________________________

59 A c. 73r nota in calce: “(1) fiorì in Roma verso la fin del I secolo di G.C. e in quel modo scrissenella sua ***”. <Caius Iulius Solinus, Collectanea rerum memorabilium, 10>.60 A c. 73r nota in calce: “(1) Poly hist. c. II”. <Polybius, Historiae, 1, 42, 1-7>.

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tezza che par che tocchi il cielo e per li suoi svariati fenomoni [!] è statooggetto sempre dello studio de’ naturalisti nazionali e stranieri, e argomen-to sublime de’ poeti i quali hanno immaginato nelle sue profonde internecaverne Encelado, Tifeo e gli altri giganti fulminati da Giove d’essere cal-cati dall’enorme peso di quella enorme smisurata mole. Né a quella bizzar-ra fantasia si sono arresta [!]; ma la Sicilia han reso culla di alcune divinità,e di altre sede prediletta. Cerere, già regina de’ Sicani, fu creduta nascere inEnna, e speculare e favorire l’agricoltura insegnando a’ villici l’arte di semi-nar e mietere il frumento per miglior<are> quello che producea spontaneola nostra terra. Giove la sedusse ed essa gli partorì Proserpina a cui fe donodell’isola e alla genitrice dell’impero; quando dopo d’essere stata rapitaProserpina da Plutone, ne combinò le nozze. Giove stesso, al dir dei poeti,adescò al suo amore la ninfa Talia siciliana e la rese madre degli dei Palici(2)61 Minerva e Diana preferivano a soggiorno di diletto la Sicilia e la primaavea scelto Ortigia e l’altra Imera che condusse a que’ bagni Ercole stancode’ suoi viaggi e molte prodezze operò in Erice, e altrove. Mercurio generòda una ninfa siciliana fra una selva di allori consegnata alle muse il pasto-rello Dafni che fu indi inventore della poesia bucolica (1)62.

Venere non lasciava di prodigar i suoi galanti favori in Sicilia ch’eraprediletta e qui diè in luce al suo amante Bute o Boeto ch’era re, il fanciul-lo Erice che divenne robusto lottatore e innalzò un tempio nella contradadi quel nome che dominava.

La dea della bellezza e della voluttà non dimenticava il figlio, e ognianno a primavera, preceduto da un nuvolo di colombe, recavasi come pervilleggiare in Erice e a ricevere omaggi e sacrifizii nel suo tempio chedivenne ricca e famosa. Essa però non potè preservare il suo figlio dallaforza di Ercole nella lotta e ne fu atterrato (2)63.

Vulcano stabilì la sua fucina ferraria nelle caverne dell’Etna per fab-bricare i suoi fulmini a Giove, ed Eolo l’isola di Lipari che fra le altre facorona alla Sicilia, per dominare e regolare i venti.

La fantasia de’ poeti ammaliata dalla nostra isola non solo creava numi,_________________________________

61 A c. 73v due note in calce, ma per la prima non risulta corrispondenza nel testo: “(1) Diod. lib. V,c. 2; Strab. lib. VII; Cic. in Ver. 5; Lactan, de fal. relig. c. 21.” <Diodorus Siculus, Bibliotheca histor-ica, V, 2-4; Strabo, Geographica, VI, 2, 1-11; Marcus Tullius Cicero, Orationes. Verrinae, II, 4, 106-112; Lucius Caelius Firmianus Lactantius, Divinae Institutiones. 1. De falsa religione deorum, 21>.“(2) Esch. Compend. di St. f. Macrob. l. V c. 19” <Ambrosius Aurelius Theodosius Macrobius,Saturnalia, V, 19, 18>.62 A c. 74 r nota in calce: “(1) Diod. Lib. IV”. <Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, IV, 83-84>.63 A c. 74 r nota in calce: “(2) Diod. Virg. Aen. Lib V”. <Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, IV,23; Publius Vergilius Maro, Aeneis, 5>.

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e intrecciava i loro amori per esaltarla; ma ne trascinava alcuni dall’Egitto,e dalla Grecia. Iside per ciò fu trasportata dal Nilo e trasformata in Cereresiciliana e così Saturno, Giano, Bacco recaronsi qui e l’onorarono di lorpresenza. Anche i Ciclopi feroci antropofaci[!], popoli Arimaspi dellaScizia sull’Eussino furon regalati con un solo occhio in fronte alla Siciliadivenuta teatro di fantasmagorie. Essi e i filosofi occorrevano a visitarla, eripararvi per trovar asilo e fortuna. Qui sospettasi di esser venuto Omero(3)64 (ma è certo), i filosofi Xenofane Colofonio, Protagora di Abdera,Zenone di Elea, Aristippo di ***, Pitagora, Filostrato, Xenocrate, Elicona,Fetone, Carcino, Platone ateniese ed Eudosso suo scolare, i poeti Archia diAntiochia, Filosseno il tragico, Eschine sotto Pindaro, Simonide e il suonipote Bacchilide, Filosseno da Citera ed altri.

Introduzione alla istoria delle belle arti siciliane

L’istoria delle arti industriali che servono a’ bisogni della vita e si svilup-pano per l’ingegno dell’uomo co’ primordi delle società è antichissima pressotutte le nazioni. E queste arti dette meccaniche, perfezionandosi grado gradocon la sua progressiva cultura intellettuale, lo eccitarono a procurarsi quelle didiletto che belle indi vennero appellate avendo per iscopo l’imitazione di ciòche presenta di bello nelle opere sulla multiforme e svariata natura.

La vetustà di queste due specie di arti in Sicilia rimonta a’ tempi favolosi.La mente de’ suoi abitatori in tutte le epoche più o meno col favor di

infinite circostanze benigne o avverse commossa dall’influenza del climafervido e salubre e dalla terra produttrice di quanto avvia di meglio altro-ve e atteggiata sempre al riso di primavera tra fiori perenni divenneanch’essa feconda di opere d’ingegno, d’industria e di gusto squisito. Labuccolica, la lirica, la commedia, il ballo qui vantano inventori e cultori diprim’ordine. Nella matematica, nella meccanica, nell’astronomia, nel-l’agricoltura e pastorizia, nelle scienze fisiche i siciliani segnalaronsi perle loro particolari speculazioni e vieppiù nel lungo periodo delle grechecolonie con le quali si frammischiarono ed esercitarono a gara il loro mira-bile ingegno divenendo poi unica famiglia.

Ma i Greci trovarono in quest’isola popoli più antichi che iniziato ave-vano la pubblica cultura sulle arti meccaniche e del disegno._________________________________

64 A c. 74 r nota in calce: “(3) Valguarnera, De orig. Pan. pag. 89 e seg.” <Mariano Valguarnera,Discorso dell’origine ed antichità di Palermo, e de’ primi abitatori della Sicilia, e dell’Italia, InPalermo, per Gio. Battista Maringo, 1614, p. 89 e seg.>.

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Ciclopi

Questa razza di uomini grandi e robusti che per la loro forza e ferocia diven-ne proverbiale ed incitò la fantasia de’ poeti e innanzi agli altri di Omero (1)65.

Primo pittor delle memorie antiche e indi di Pindaro, di Callimaco, diEuripide, di Teocrito l’esistenza del quale è contestata benanco da’ filoso-fi e istorici (2)66 è stata illustrata e confermata da moderni eruditi per modoche non puossi più dubitare che fosse un popolo della più remota antichi-tà che primariamente abitò la Sicilia.

Molti ne hanno indagata l’origine e il dotto mio amico Giuseppe Alessiriferisce de’ principali scrittori le opinioni (3)67 e parmi che abbia provatocon molti validi argomenti di essere di quella razza di uomini che nomadidalla Fenicia trascorsero in Grecia a fabbricar città scortati da Cadmo ven-nero indi in Egitto, si diffusero in Africa, in Sardegna, in Sicilia, in Melitae in Spagna (4)68.

Proemio alla storia delle belle arti siciliane

Tutti i popoli della terra, secondo la maggiore e minore influenza dellaloro peculiare fisica organizzazione, de’ luoghi nativi, e del clima con lostimolo del bisogno, e del diletto, la guida della ragione prerogativa da Diopiù o meno a tutti concessa, sono suscettivi anche nella fitta ignoranzade’primordi sociali d’una tal quale industria che li spinge ad acquistarsi icomodi della vita meno ad evitarne i pericoli o i disagi. Da questo direiquasi istinto procede l’origine delle arti meccaniche, e da queste le poste-riori imitative del bello.

La storia delle più antiche nazioni conferma quanto ho detto. I figli diAdamo cominciarono a costruire città onde sorsero Naidi Enova e daCaino Enochia.

Noè si costruì l’arca in cui salvò se stesso, la sua famiglia e le coppiedegli animali dal diluvio universale. Ripristinato il genere umano nacque_________________________________

65 A c. 75v nota in calce: “(1) Odissea lib. V e VI e Schol. lib. IX” <Homerus, Odyssea, 9, 134-147>.66 A c. 75v nota in calce: “(2) Platone, Strabone,Tucidide, Giustino, Solino, Plinio nelle rispettive loroopere”. <Plato, Leges, II; Strabo, Geographica, 1; Thucydides, Historiae, 6; Marcus IunianusIustinus, Historiae Philippicae, 4, II, 1-3; Caius Iulius Solinus, Collectanea rerum memorabilium,10; Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia, III, 8>.67 A c. 75v nota in calce: “(3) Stor. Crit. di Sicilia, Catania per Sciuto 1834, vol. I, cap. I, pag. 11 eseg.” <Giuseppe Alessi, Storia critica di Sicilia dall’epoca favolosa insino alla caduta dell’Imperoromano, Catania, dai torchi de FF. Sciuto, 1834-1843, 3 v. in 5 t.>. Cfr. anche Bibbia. Genesi, VI, 4(C’erano poi in quel tempo sopra la terra dei giganti … uomini potenti, famosi nel mondo).68 A c. 75v nota in calce: “(4) Diod. Sic. Lib. V”. <Diodorus Siculus, Bibliotheca historica>.

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insieme con essi lo spirito di discordia e di ambizione per la guerra deso-latrice e con essa si specularono le armi micidiali. Alcuni credono cheSetos abbia inventato le lettere. L’industria edificatoria era giunta alla suaperfezione quando il pazzo orgoglio di alcuni uomini li spinse a edificarel’immensa torre di Babele con la quale presumevasi di avvicinarsi al cieloonde fra gli operai ne nacque la confusione del linguaggio e l’arditissimaopera rimase imperfetta.

Abele speculò la pastorizia, Caino l’agricoltura, Lamech la caccia,Iabel le capanne pei pastori, Iubal la musica e alcuni strumenti, la famigliadi Noè il lanificio, e il modo di tessere, Tubalcain l’arte ferraria, e sin daitempi più remoti fuvvi chi costruissi delle zattere con tronchi d’alberi con-nessi per valicare i fiumi e trascorrere lungo le sponde marittime e tragit-tare i punti più vicini da un capo ad un altro.

Nico primo re degli Assiri par che sia stato il primo a piegare l’indu-stria edificatoria ad arte che aveva il primo elemento del bello, perocchèfe’ costruire un tempio e un simulacro a suo padre Belo e a promuoverneil culto e un simulacro in figure effigiate e quello più esteso degl’idoli inBelfagor Belial e Belzebub. L’arte plastica credesi inventata da Tareemopadre di Abramo (1)69.

Ecco i primi rudimenti dell’architettura e della scultura coi modelli increta poscia eseguiti in legno e da ultimo in marmo e in bronzo, che si dif-fusero ben tosto per l’Egitto e indi per la Grecia e per opera dei Pelasghiin Italia presso gli Etruschi e da lì in Sicilia se pure come opina ilMazzocchi70 l’industria e le prime informi arti belle non sorsero in Italiasenza introduzione degli stranieri.

Certo è bensì che a noi furono trasmessi dai Sicani, che qui passaronodal vicino continente e dai Fenicj che quasi allo stesso tempo occupandovarî luoghi marittimi della Sicilia le recarono dall’Egitto col culto di alcu-ne loro peculiari divinità come appresso vedremo. Alle colonie greche nonsi deve che il miglioramento di queste arti che trovarono da più secoli quiintrodotte. La Sicilia come isola ricever non poteva i primi elementi diogni cultura che dai popoli del vicino continente, ai quali colle zattere neitempi tranquilli era facile di passare e così a Fenici che riconosconsi uni-

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69 A c. 76v nota in calce: “(1) Iosuè 14”. <Bibbia. Giosuè, 24>70 Alessio Simmaco Mazzocchi, Dissertazione sopra l’origine dei Tirreni. In: Saggi di dissertazioni… lette nella nobile Accademia Etrusca di Cortona, III, 1741, p. 1-66. La dissertazione fu poi ristam-pata, postuma, insieme ad altri scritti del Mazzocchi, nel secondo tomo degli Opuscula quibus ora-tiones, dedicationes, epistolae, inscriptiones, carmina ac diatribae continentur, Neapoli, apudRaymundos, 1771-1775, v. 2, p. 75-204.

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versalmente come i primi navigatori della terra, i quali colla cultura cheavevano attinto dappertutto e coll’attività del commercio a cui eranoaddetti promossero nei paesi occupati la civiltà, procurarono a loro stessie alle nazioni ricchezza collo scambio e l’acquisto reciproco delle produ-zioni di ogni paese. I Greci scrittori ambiziosi di acquistar fama ai loroconnazionali, trascurarono maliziosamente di raccoglierne le tradizionidei Fenicj dei Pelasghi, dei Sicoli, dei Sicani e di altri popoli che li preces-sero onde ascriverne la gloria di ogni invenzione ai medesimi e soltantonel sincero istorico Diodoro Siculo assai tardi ne potè raccogliere pochememorie, mentre gli altri storici greci trombettavano i fasti dei loro con-nazionali. Ma certo si è che con la religione di questi popoli esteri sorserotempî, altari e simulacri e pubblici edifizî all’uso sociale e noi conosciamoi nomi delle loro divinità, alcune delle quali adottarono gli stessi grecicambiandone i nomi nella loro lingua, talchè parvero greche, ma l’istoriaci avverte di avere avuto in quest’isola tempî, e simulacri molti secoliprima che gli Elleni occupassero l’Isola nostra.

Introduzione all’istoria delle belle arti di Agostino Gallo

L’uomo dappertutto segue l’origine divina della mente che ha ricevu-to dal supremo Fattore l’attitudine a specular nuove cose prima a suaimmediata utilità e poi a suo diletto.

Appena in tempi immemorabili e antistorici avvicinossi in piccole bor-gate a’ suoi simili per legami di famiglia che manchevole di tutto ciòch’eragli necessario, per effetto di una certa industria datagli da Dio fra itanti privilegi sugli altri animali diessi ad aizzar il suo rozzo intelletto aprocurarsi il bisognevole al suo sostentamento, a difendere il suo corpodall’intemperie cercando un ricovero pria nelle grotte e cresciuta la suaspecie ed esaurite quelle a scavarsele ne’ monti di fragile tufo, come per laprima età del mondo si osserva dovunque, e in Sicilia in interi villaggicapaci a contenere in quelle cave qualche migliajo di persone. Quelle pic-cole città appellansi dagli archeologi trogolitiche e noi possiamo mostrar-ne almeno tre come appresso dimostreremo.

I dotti han diviso quella prima epoca da loro detta archeolitica, in piùsuccessive, cioè in quella neolitica così denominata da Michele Leicht,che presenta parecchi avanzi di umano lavoro in diversi oggetti necessarîeseguiti in pietra o in ossa di animali aguzzati per mancanza di strumentinon essendo ancora scoverto ne’ adoprato il ferro.

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In quest’età antecedente anche nelle tradizioni istoriche si sono trova-te in vari luoghi d’Italia e di Sicilia e d’altrove arnesi e strumenti di selceagli usi domestici e sociali, ed armi come coltelli, brandi, frecce e sinancoaghi d’osso.

E siccome la pietra è la materia principale che offriva spontanea lanatura all’uso domestico prima dell’invenzione del rame e del ferro, cosìquell’età remotissima venne dai dotti denominata età della pietra.

Segue indi tra l’epoche anteriori all’istoria quelle del bronzo e indil’altra del ferro.

Io crederei invero che (1)71 preceder dovesse quello del ferro, perocchèil bronzo composto del primo era con *** e la materia di base alla compo-sizione del secondo, e fa supporre uno sviluppo maggiore di anni.

Con queste epoche si chiudono le fasi della vita dell’umanità anteriorialla tradizione storica. E poiché tutti gli accennati lavori in selce, ossi d’ani-mali, rame, ferro, fan supporre negli uomini primitivi un’industria ondeprocurarsi in quel modo che potevano gli utensili loro necessarî anche neitempî delle loro primitive rozzezze. Così puossi scorgere da tutti questilavori che si conservano già in tutti i musei d’Italia e degli altri regni diEuropa la processione dello sviluppo del loro ingegno che li spingea grada-tamente dall’industria meccanica a quelle di maggior perfezione dopo cheil rame e il ferro l’argento, e l’oro ed altri metalli, furono scoverti.

E siccome le belle arti procedenti dall’industria dell’imitazione figliadi quelle che abbiamo accennato è propria degl’uomini già muniti in ampiconsorzî sociali, e che per il loro maggiore sviluppo meccanico ed intel-lettuale e per l’agiatezza coi commerci reciproci amano di congiungerealle arti di necessità quelle di diletto, così in questo periodo è da ricono-scersi ch’è quello delle belle arti, anch’esse progressive fino alla perfezio-ne, cui poterono attingere in più secoli.

La creta ne apprestò loro la materia e di essa già avevano fatto usoanche sin dall’epoca primitivissima detta di pietra formando delle pignat-te e delle ciotole per comodo domestico. Or della creta si valsero permodellar colle dita bovi, pecore, caprioli, ed altri animali. La religione fuistintiva in chiunque osservando le bellezze dell’universo, deve supporreun essere superiore che le abbia create s’industriò ad affigurarlo rozza-mente in quella materia e indi in legno ad imitazione delle propria figura;perocchè altra non sapeva imaginarne.

Per la grossolana scultura in legno si valse del rame o del ferro per for-_________________________________

71 A c. 82r nota in calce: “(1) Annuario scientifico e industriale, Firenze 1868, p. 137-139”.

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marne gli strumenti all’uopo. E poi aguzzando vieppiù l’ingegno e susci-tato colla selce il fuoco riuscì loro di liquefar dei metalli e sui modelli dicreta ben disseccata al sole cavarne le forme e indi i rilievi in detti metal-li Omero accenna le armi de’ combattenti nell’assedio di Troja non in ferroma in rame. E ciò si farebbe credere che prima fosse ritrovato questometallo che l’altro.

E come la razza ciclopica delle terza generazione furono riconosciutida Aristotele e dal Boccaccio come uomini industriosi, ferrarî, e muniafa-bri, inventori delle torri è detto uno che abitasse in Sicilia nelle cavernedell’Etna e nelle vicine isole Eolie, a foggiare armi, elmi e scudi ed altriad assicurar i piccoli consorzî sociali con elevar con pietre mura, e picco-li propugnacoli dall’invasione de’ nemici. Così l’arte ferraria e muraria èsupposto di essere state coltivate ne’ tempi antistorici in Sicilia.

Ma prima era prevalsa l’industria, come dissi, di scavare l’abitazioniin seno dei monti di tufo ad imitazion delle grotte.

Belle arti antichissime in Sicilia

Le belle arti in Sicilia rimontano a si recondita antichità che s’innesta-no con la favola e prendono origine dalla stessa. E sebbene essa non rap-presenti nudamente il vero, pure l’adombra in modo con ingegnosa alle-goria, procedendo dalle più vetuste memorie tradizionali de’ popoli che ciadditano i primi elementi dell’istoria.

Or siccome la Sicilia è la regione della favola, narrandosi che quiabbiano avuto culla o soggiorno molte divinità del paganesimo (1)72, èavvenuto che anche quella falsa religione, eccitando con l’influenza delfervido clima e la fertilità straordinaria della terra ornata d’una perenneprimavera, la mente ed il cuore de’ suoi abitatori, la poesia primogenitadelle belle arti, sia nata in quest’isola e poco dopo siano qui venute in lucele altre sue sorelle, la musica, l’architettura, la scultura e ultima la pitturaalle quali la poesia è stata scorta, e direttrice, additando ad esse la fonte delbello, che con l’esca del diletto attira e seduce gli uomini, e fa inoltre ser-vire la loro industria al culto della religione a’ vantaggi della vita sociale,e anche al lusso nell’epoca del loro perfezionamento.

Si accenna da qualche antico storico un tempio innalzato sulle faldedell’Etna alla favolosa e bella Galatea, amante dell’infelice Aci, schiaccia-_________________________________

72 Al richiamo non corrisponde nota.

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to da una rupe lanciatagli dal vendicativo e geloso Polifemo (1)73, capo de’Ciclopi, i primi selvaggi e feroci abitatori dell’isola nostra; ma quel tempiocredo io che se pur le sia stato eretto da’ nativi di quella contrada in memo-ria di lui esser debba posteriore di età. Non così il tempio antichissimosacro a Vulcano sulle falde dell’Etna di cui pria Eliano(2)74 in questi sensinella versione latina: In Aetna, Siciliae monte, sacra est Vulcani aedes, etcirca eam muri et arbores sacrae. Ibidem ignis perpetuus et inexstinctusadservatur. Sunt et canes in templo lucoque sacri; qui modesté ac decenterin templum et lucum accedenteis [!] blandé et adulantes excipiunt; et tam-quam familiaribus, benignos se illis ostendunt. At si quis sceleratus autmanibus impurus adeat; illum et mordent et laniant. Illos verò, qui libidinealiqua turpe se contaminarint fugant solùm et persecuuntur. E il Fazello75

nostro istorico diligente del secolo XVI soggiunge(1)76 ducenti passus infrasummum. Aetnae verticem vestigium vetustissimi fornicis lateritium extare;quod a Catanensibus Aetnicolisque turris philosophi nominetur [!].Praedicare quidpe eos, ducta a majoribus fama, hanc sibi Empedoclemolim ad explorandaos Aetnaei ignis causas ex testudinae opere constituisseaediculam. E lo stesso Fazello indi congettura di essere quella piccola casacreduta di Empedocle resto dell’antico tempio di Vulcano, e ciò sembracredibile; perocchè dopo molti secoli precedenti a quel filosofo agrigenti-no puossi ragionevolmente supporre che con i continui tremuoti cagionatidalle esplosioni ignee dell’Etna la fabbrica del tempio di Vulcano per quan-to solida fosse stata costruita era già scrollata ed Empedocle che pure perla sublimità del suo ingegno un altro dio era reputato si fosse creduto degnodi abitarlo facendone rialzare o ristorare le mura onde osservar da vicino ifenomeni naturali del monte Ignivomo, ma esser deve certamente falsoquanto scrive di lui Orazio nell’Arte poetica nei seguenti versi: (1)77 …Deus immortalis haberi./ Dum cupit Empedocles, ardentem frigidusAetnam/ insinuit. Sit jus liceatque perire poetis._________________________________

73 A c. 85v nota in calce: “(1) Ovidio che descrive questa favola nelle sue Metamorfosi sembra chel’abbia tolto da un poema di Polisseno che fu imprigionato da Dionisio per gelosia di essersi inva-ghito dell’amante di quel tiranno, e il poeta intese adoprar coll’allegoria mitica il proprio infortuniomettendo in scena Dionisio sotto il nome di Polifemo, Aci come lui stesso, Galatea come la suaamante, e Ulisse come loro amico.”74 A c. 85v nota in calce: “(2) De animal. lib. XI. cap. 3°”. <Claudius Aelianus, Varia historia, 11.3>.75 Tommaso Fazello, De rebus Siculis decades duae, nunc primum in lucem editae … (Panormi, apudIoannem Matthaeum Maidam, et Franciscum Carraram, 1558), p. 57.76 A c. 86r nota in calce: “(1) Hist. Lib. XI cap. IV dec. 1a.” <Tommaso Fazello, De rebus Siculis …cit., p. 57>.77 A c. 86v nota in calce: “(1) Arte poetica, verso la fine”. <Quintus Horatius Flaccus, Ars poetica,461-463>.

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Eliano si scorse della scherzosa espressione del gran lirico latino conla quale chiude la notizia popolare che Empedocle si slanciasse nella vora-gine dell’Etna ch’egli la deridesse; e tale esser dovea nonostante che ilfilosofo sia sparito dalla sua patria ove bensì con l’abolizione del consigliodei mille nobili si era attirato potentissimi nemici, e puossi verisimilmen-te che l’avessero fatto trucidare spargendo fra la credula plebe la notiziache egli, non avendo potuto comprendere la causa dei fenomeni dell’Etnaper disperazione vi si fosse lanciato in seno onde il sommo Scinà colla suasevera critica la smentisse.

Presso il moderno comune di Adernò circa 7 miglia lontano daCenturipe sulle falde dell’Etna rammentasi da Diodoro e da Stefano lavetusta città di Adrano di cui il citato Diodoro nel lib. XIV fa cenno par-lando di Dionisio e insieme di un famoso tempio dedicato al Dio Adranodi cui scrive Plutarco nella Vita di Timoleonte78 Adranitani, exiguum qui-dem, sed deo cuidam Hadrano, quem tota Sicilia religiosissimè veneraturoppidum incolentes etc.

Alcuni storici spacciarono che Adrano fosse padre dei fratelli Palicicontro l’opinione di Eschilo che li dice figliuoli di Giove. Credesi che ilculto di Adrano come pure quello dei Palici fosse recato in Sicilia dallecolonie Sirie o Fenicie che vennero a stabilirvisi. Diodoro narra che a quelDio fossero consacrati più di 100 cani che accarezzavano quelli i quali siappressavano al suo tempio e servivano di scorta anche agli ubbriachi masbranavano i malvagi.

Ciò sembra una ripetizione dei cani addetti al tempio di Vulcano, mapure poteva essere un’astuzia dei sacerdoti dell’uno e dell’altro Dio perallontanare i ladri da’ loro tempi e dalle case addette prossimamente aglistessi sacerdoti ove doveano essere accumulate le ricche offerte che glistolti devoti a quei falsi numi facevano ogni giorno.

I gemelli Palici di cui abbiamo fatto cenno avevano anche un tempiopresso un lago ad essi sacrato non lungi dalla città di Palica in Sicilia.

Secondo Macrobio (1)79 un poeta siciliano scrisse che Giove invaghi-tosi di una ninfa figlia di Vulcano da taluni detta Talia e da altri Etna80 l’in-gravidasse ond’essa pregò Giove di nasconderla nelle viscere della terradonde dopo il parto emersero i due gemelli detti Palici dal significato fan-_________________________________

78 Plutarco, Vita di Timoleonte <Plutarchus, Vitae parallelae. Timoleon, 12, 2>.79 A c. 87r nota in calce: “(1) Satur. 5 c. 10”. <Ambrosius Aurelius Theodosius Macrobius,Saturnalia, 5, 18-23>.80 Seguono cancellate le parole: “generasse i due gemelli Palici e per sottrarli alla vista e al risenti-mento di Giunone pregò l’amante”.

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ciulli usciti dalla terra. Essi furono riguardati come semidei ed avevano untempio presso un piccolo lago d’acqua bollente; il popolo credeva che ivifosse la culla ond’erano usciti in luce. In quel tempio e innanzi al lago sifacevano giuramenti solenni e quelli che vi erano ammessi si purificavanoe indi giuravano ai Palici di dovere pagare una forte ammenda se divenis-sero spergiuri oltre che erano sommersi nel lago o morivano di morterepentina. Quel tempio serviva di asilo agli schiavi maltrattati dai loro81

spietati padroni i quali erano obbligati a promettere a quei semidei ove livolessero riavere a trattarli con una uma<ni>tà il che adempivano pertimore di esserne severamente puniti in caso contrario.

Questa superstizione suggerita dai sacerdoti divenne utile all’umanitàe i ricchi e copiosi doni presentati a quei numi l’impinguavano intanto efacevano loro profferir i soliti ambigui oracoli e crebbe tanto il fanatismoche s’immolavano vittime umane.

Ciò mi conferma nell’opinione che sotto la dominazione deiCartaginiesi dovette introdursi questo nefando abuso della religione;perocchè quei popoli feroci erano usi a tali infami sacrifizî che poi solen-nemente nel trattato di pace concesso ad essi da Gelone dopo la lorodisfatta furono aboliti anche nella regione di Sicilia da lor dominata dovesi avevano introdotti per il costume della loro madre patria.

Altro tempio antichissimo fu quello edificato da Orione82 presso il faroin Messina e sacrato a Nettuno.

Credono alcuni mitologi siciliani ch’ei fosse figlio di Giove, altri diNettuno ed altri Mercurio. Fu egli di gigantesca statura, amantissimo dellacaccia e dell’arte fabbrile appresa da Vulcano e divenuto signore di Zancladopo Zancloto migliorò il porto naturale detto Aetna cingendolo di sco-gliere, innalzò vari delubri alle divinità fra i quali quello di Nettuno anzicitato che accennasi al di qua del capo Peloro al dir di Diodoro, di Esiodoe di Solino, ampliò e munì di torri la città; onde alla morte gli furono resionori divini e fu creduto appunto in esilio tra le costellazioni.

Questo personaggio, in parte favoloso ed in parte istorico tradizionalelasciò memoria ai posteri delle opere sue e sin dai tempi di Diodoro eanche adesso ne vengono indicati i ruderi.

Altro tempio di venustissima antichità fu quello dedicato a Venere inErice città di Sicilia distante da Trapani circa mille passi. Elevatasi quellosopra un monte che Solino83 dice: Eminet Sicilia montibus Aetna et Eryce_________________________________

81 Segue cancellata la parola: “immani”.82 Seguono cancellate le parole: “figlio di Serapione”.83 Solino <Caius Iulius Solinus, Collectanea rerum memorabilium, 10>.

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e Meda84 accenna montium Erix maxime memoratur ob delubrum Veneriab Aenea conditum e Polipio85 [!] scrivendo di quel monte il più alto dopol’Etna così si esprime: Habet hic in vertice planicium, cui immolita estVeneris Ericinae aedes; omnium sine controversia, quae tota insula spec-tatur, et divitiis et reliquo curtu86 longe clarissima. Urbs subixum verticemposita est: adscenditurque ad illam longa admodum hac difficili via.

Quel tempio che Virgilio dice di essere stato edificato da Enea puossi piùverisimilmente attribuire ad Aceste suo concittadino che lo accolse amorevol-mente non essendo probabile che il profugo troiano nella sua breve dimora inSicilia abbia potuto fabbricar tempî, anzi Diodoro dice chiaramente ch’Ericefiglio di Venere e di Buta lo edificò così esprimendosi: in cujus arce templummatri condidit; omnique adparatu et donariorum copia exornavit. Dea igiturcum pietati incolarum tum filii post mortem honori hoc rependit ut urbem adprime coram haberet, eamque Ericinam Venerem appellaret. Tomi hujus reli-giosi maiestatem si quis accuratius percitat, merita id admiratione prosequa-tur. Alia quidpe templa post aliqua gloriae incrementa adversi saepe casuslabefactant et convellunt, ut hujus fani cultus a primo dedicationis esordio tan-tum habest ut defecerit, ut contra sub inde majus acceperit augumentum; nampost honores habi Eryce institutos, Aeneas Veneris filius cum Italiam petiturusad Siciliam appelleret, multis templum bonis, quod matri consecratum esset,exornavit. At post cum Sicani per multos aetates impensa deam coluere, magni-ficisque templum sacris et donariis antius et illustrius reddiderunt subsequen-tiis hine temporibus Carthaginensis, parte Insulae in ditionem redacta, expri-mi deam cultu prosequi non destiterunt. Et Romani tandem, tota Insula potiti,honorum amplitudine omnes ante se longe superarunt. Idque haud in merito,unum enim generis sui ortum ad ipsam deam rediverunt; et propitiam in rebusgrandis fortunam id cicoexpediderunt: auctorem tanti incrementiconvenientegratia, et honore remunerarunt. Consules namque et praetores, et quiqunque[!] cum imperio in Insulam proficiscuntur, ubi ad Erycem perveniunt, sacris ethonoribus augustis templum decorant, et severitate magistrates sui paullisperdeposita, ad lusus et conversationem cum mulieribus se convertunt, nec alio,quam hoc, parto gratam se deae forturas praesentiam suone exsistimant. Hacsenatus romanum simulari quodam in honores deae propentione, decreto suostatuit, ut fidelissimae per Siciliam civitates quae numero sunt aurum Venericonferant, et duae militum centuriae pro templi custodia strationen agant. (1)87

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84 Leggasi: “Mela”. <Pomponius Mela, Chorographia, 2, 104>.85 Polibio <Polybius, Historiae, 1, 55, 8-9>.86 Leggasi: “cultu”.87 A c. 90r nota in calce: “(1) Diodo lib. IV in fine”. <Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, IV, 83>.

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Su Dedalo artista Ateniese venuto in Sicilia

Dedalo interessa le arti siciliane, a cui die’ vita e movimento, recando-si nell’isola nostra, e quindi di lui ragioneremo, dopo diligenti ricerche,spogliandolo del prestigio della favola, onde lo cinse l’antichità, per ridur-lo a personaggio istorico, qual si fu. A lui devono tanto le arti meccanichee liberali, e la Sicilia in particolare per averle qui spinte innanzi, e lascia-tavi fiorentissima scuola, che poi fu ridotta a perfezione dopo parecchisecoli dalle greche colonie sovraggiuntevi.

Di Dedalo molti hanno scritto. Il Tiraboschi riguardollo come un esse-re favoloso dimenticando che in Sicilia esistevano al tempo di Diodoro lesue opere di architettura e di scultura altronde contestate da Platone,Aristotile, Luciano, Callistrato, Pausania e rammentate da Plinio e in fineda Giunio88 e da Lessing89 ne’ loro cataloghi degli antichi artisti. L’abbate[Nicolas] Gedoyn ne scrisse un’erudita dissertazione, inserita nel tomoXIII dell’Accademia francese d’iscrizioni e belle lettere, della quale cisiamo in parte giovati, in parte di quello del nostro amico Ambrogio Baldi[!] Genovese che provò la realtà di lui e delle opere attribuitegli (1)90.

Tutti gli scrittori han sostenuto che vi furono più Dedali; anzi il suonome divenne titolo di onore di alcuni artisti, posteriori al più antico, chese l’appropriarono, e fra questi oltre il primo di cui ragioniamo ch’era nati-vo di Atene, un secondi [!] di Sicione nell’Acaja, figlio ed allievo diPatroclo che visse pochi anni appresso e un altro di Bitinia, noto per unastatua di Giove Strazio, cioè dio degli eserciti. Gli Ateniesi li confuseroinsieme o per ignoranza, o per vanità di cumulare i pregi di tutti in unosolo ch’era lor concittadino e l’adornarono inoltre di mitiche fantasie,facendone oggetto di meraviglia, particolarmente per la supposta inven-zione delle ali congiunte colla cera colle quali spacciarono di esser fuggi-to col figlio Icaro dalla prigione di Minosse. Difatti scorgesi quel dipintodell’antico Ercolano nell’atto di volare riguardando il figlio che rottaun’ala ha precipitato sul lido e in due altri monumenti pubblicatiWinckelmann91 secondo gli attributi datigli dalla favola._________________________________

88 François Du Jon, De pictura veterum libri tres, Amstelaedami, apud Johannem Blaeu, 1637, p. 299.89 Gotthold Ephraim Lessing, Laocoonte. Prima versione integra, con introduzione e note a cura diEmma Sola, Firenze, G.C. Sansoni, [1925], p. 272-273.90 A c. 95r nota in calce: “(1) Balbi, Opuscoli, Palermo, Tipogr. del Gior. sett. 1833. <AmbrogioBalbi, “Di Dedalo e della realtà di tutte le opere a lui attribuite. Dissertazione …” in Giornale discienze lettere ed arti per la Sicilia, v. XLI, a. XI (gen.-mar. 1833), p. 61-91>.91 Il Gallo rielabora la nota della traduzione italiana dell’opera di Johann Joachim Winckelmann,Storia delle arti del disegno presso gli antichi, Milano, nell’Imperial Monistero di S. AmbrogioMaggiore, 1779, v. 2, p. 134, nota 2.

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Questo prisco Dedalo nacque in Atene e viveva al tempo di Ercole libi-co, di Teseo e di Edipo e del 3° Minosse re di Creta e certo di Cocalo re deiSicani circa mezzo secolo prima della guerra di Troja avvenuta secondonele Tavole cronologiche di Blair92 1184 anni prima di Gesù Cristo. Il Balbitroppo recisamente scrive che non poteva esser nato prima più tardi del-l’anno del mondo 2705 abbenchè abbia cominciato a figurare nella storiacon alcuni dei surriferiti personaggi; ma in fatto di cronologia antica con-viene essere più cauti ad indicare gli anni con sicurezza e precisione.

Dedalo secondo narraci Diodoro fu figlio di Metione nipote di ErecteoVI re di Atene e secondo Pausania di Palamone che il Gedoyn93 correggein Eupalamo.

Dopo il diluvio di Decaudione erano appena trascorsi come credesi150 o poco più anni e la Grecia era ricaduta per le lettere e le arti iniziate-vi nella più tenebrosa ignoranza ma in Egitto si conservavano e particolar-mente quella di fabricare attribuita a Tucorto successore di Menete suoprimo monarca (1)94.

I Greci avevano imparato a disegnare e modellare le statue dagliEgiziani le quali invero erano rozzissime colle braccia pendenti e attacca-te al busto e le gambe e i piedi riuniti e le figure informi e senza atteggia-mento e vita così era la statua di Mennone rammentata da Filostrato (1)95.

Al tempo di Semiramide la pittura acquistò i colori al naturale nel suopalazzo onde scorgevasi rappresentata quella regina che col dardo ferivauna tigre e Nino colla lancia un leone ed ivi erano collocate le statue diGiove Belo di Nino di Semiramide e dei principali cortigiani (2)96._________________________________

92 John Blair, The chronology and history of the world from the creation to the year of Christ, 1753,London, printed in the year 1754.93 Pausanias, Pausanias, ou voyage historique de la Grece traduit en françois avec des remarquespar M. l’Abbé [Nicolas] Gedoyn, chanoine de la Sainte Chapelle ... tome premiere [-quatrieme], AAmsterdam, aux depens de La Compagnie, 1733.94 A c. 95v nota in calce: “(1) Syncell pag. 56 B Marsh pag. 43” <Georgius Syncellus, ... Georgiimonachi et S.P.N. Tarasii patriarchae CP. quondam Syncelli Chronographia, ab Adamo vsque adDiocletianum. Et Nicephori patriarchae CP. Breviarium chronographicum, ab Adamo ad Michaeliset eius F. Theophili tempora ; Georgius Syncellus è Bibliotheca Regia nunc primum, adiecta ver-sione latina, editus. Nicephori Breviarum ad varias editiones recensitum. His tabulae chronologicaeet annotationes additae. Cura et studio p. Iacobi Goar ... Parisiis, e typographia Regia, 1652(Parisiis, in Typographia regia curante Sebastiano Cramoisy, regis ac reginae architypographo,1652). John Marsham, Canon chronicus Aegiptiacus, Ebraicus, Graecus, et disquisitiones. Liber nonchronologicae tantùm, sed & historicae antiquitatis reconditissima complexus. Londini primùm a.1672 editus. Deindè in Germania recusus, nunc verò longè emendatior typis expressus, adjectislocorum Scripturae, Auctorum, & rerum indicibus locupletissimis. Franequerae, ex Officinâ,Leonardi Strick bibliopolae, 1696>.95 A c. 96r nota in calce: “(1) De vit. Apollon. L 6 C 4”. <Flavius Philostratus, Vita Apollonii, l. 6, c. 4>.96 A c. 96r nota in calce: “(2) Diod. L. 2, pag 121 e seg.” <Diodorus Siculus, Bibliotheca historica,II, 8. 6-7>.

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L’origine in generale del disegno indi applicato alla scultura, alla pittura ecisellatura vanta maggiore antichità e a quest’ultima sin dai tempi diAbramo e di Giacobbe in cui era già prevalso per l’Asia e per l’Egittol’uso di modellare idoli.

Dedalo non trovava in Atene ne modelli di opere d’arte ne maestri chesodisfacessero il suo genio conoscendo per la fama ch’erasi acquistatol’Egitto coi grandi monumenti che ivi soltanto con quegli ajuti divenirpoteva un grande artista e difatti recatovisi (3)97 e contemplativi i grandimonumenti divenne il primo artista di Grecia del suo tempo. Attirò la suaattenzione il vasto ingegnoso e avviluppato labirinto fattovi costruire daMendete antichissimo re (4)98 di Egitto come pure la proporzione delle sta-tue migliore di quelle informi che avea lasciato in Grecia studiò grandiosie vetusti edifizî anzi architettò (essendosi ivi già acquistata fama) il bellis-simo andito del tempio di Vulcano tenuto in gran pregio dagli stessi egi-ziani quali gli permisero di potere inalzare la sua statua da lui stesso scol-pita in legno e gli decretarono onori divini in un tempio edificatogli nel-l’isole vicine a Menfi che divenne oggetto di culto religioso per quegliindigeni suoi ammiratori.

Dedalo fornito com’era di tutte le cognizioni che appreso avea inEgitto antica sede della sapienza e delle arti, ove pure attinto le aveanoOrfeo, Museo, Melampode, Omero, Licurgo, Solone, Platone Pitagora,Eudosso, Democrito ed Euripide99 come riferisce Diodoro avere appresoda sacerdoti, ritornò in Atene sicuro che col proprio ingegno maturandolee recandovi maggiore sviluppamento sarebbe stato bene accolto ed esalta-to dai suoi concittadini.

E lo fu difatto perocchè Atene penuriando allora di artisti riguardolloalle prime opere che egli fece come un dio ma poco durò ivi la sua fama,la stima e l’affetto dei suoi concittadini. Imperciocchè ambizioso egli eradi unicità di merito invido dell’altrui e vendicativo di chi attentasse dirapirgli alcun pregio nell’arte.

Aveva egli educato in essa Talo (2)100 figlio d’una sua sorella il qualegareggiava anzi superava nell’invenzione il medesimo maestro onde egli_________________________________

97 A c. 96r nota in calce: “(3) Diod. l. 1° riferisce che sacerdoti egiziani rammentavano fra gli altriuomini illustri di Grecia e di altrove Dedalo di avere soggiornato in Egitto”. <Diodorus Siculus,Bibliotheca historica, I, 96>.98 A c. 96r nota in calce: “(4) A detta di sacerdoti e confermato dallo stesso Diodoro lib.1”. <DiodorusSiculus, Bibliotheca historica, I, 61>.99 A c. 96v nota in calce: “(1) Diod. Lib. 1°”. <Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, I, 96-98>100 A c. 96v nota in calce: “(2) Plinio lo appella perDice lib. X C. 20”. <Gaius Plinius Secundus,Naturalis Historia>. Nel libro X Plinio parla delle pernici, in latino perdix.

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avendo osservato la mandibola dentata di un serpente, l’imitò col ferroritrovandovi dei dentucci e ne formò una sega per separare le parti dellegno all’uopo dell’arte sua, speculò pure il tornio ed altri istrumenti peiquali fu da tutti ammirato e ivi suscitò livore in Dedalo e temendo chefosse in seguito ecclissata la propria gloria lo precipitò d’una torre e dopodi avere scavata la terra per seppellirne il cadavere fu sorpreso da qualcu-no e richiesto chi avesse inumato dissegli: un serpente ricordandosi chequegli da un serpente tratto aveva l’idea della sega. Scoverto il suo delit-to e dannato a morte dall’Areopago fuggì e ricovrossi nascondendosi inuna contrada dell’Affrica onde poscia quegli abitanti per memoria chiama-vansi Dedalidi (1)101.

Non credendosi Dedalo ivi sicuro delle ricerche del governo di Atenerifuggissi in Creta ove acquistò la stima dapria di Minos terzo re di quelnome per avergli scolpito in legno la statua delle sue figlie Fedra edArianna e della dea Britamarte venerata in quel paese.

Nel doppio magistero di architetto e di scultore inventò allora o primala livella e l’ascia e secondo Plinio il succhiello, il filo a piombo e perfinola colla di pesce (2)102 e poscia speculò alcuni ordigni per far muovere ecaminare i simulacri ai quali già dato avea un’aria di vita che mancava aquelli di Egitto aprendone le palpebre e toccandone le mani accollate allecosce talché quelle sue statue sembrarono meravigliose.

D’allora divenne egli il prediletto della corte di Minos e il confidentedella regina Pasifae la quale innamoratasi di Tauro servo di Minasse (1)103

era secretamente favorita nel maneggio dei suoi amori da Dedalo.Avvenne allora che ella partorisse due gemelli uno somigliante a Minos el’altro a Tauro e da ciò sorse la favola di aver dato in luce un Minotaurodopo che quell’artista ateniese le avea occultamente scolpito un tauro persodisfarne la libidine e all’uopo seguito avea un labirinto come quellocome quello di Mendete osservato in Egitto affinchè la regina, soltantocon un filo potesse fra gli intricati andirivieni penetrare nel sito di conve-gno ritrovar l’amante ma il geloso marito scovrì tutto e allora Dedalotemendone la vendetta determinossi a fuggire col figlio Icaro aggiungen-do di sua invenzione per la nave ai remi di antico uso l’aiuto delle vele; ilche die’ origine alla favola di aver egli speculato di formarsi delle ali con_________________________________

101 A c. 97r nota in calce: “(1) Diodoro lib. 4”. <Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, IV, 76> ePlinio luogo cit. <Gaius Plinius Secundus, Naturalis Historia>.102 A c. 97r nota in calce: “(2) lib 7° c. 56.” <Gaius Plinius Secundus, Naturalis Historia, 7, 198>.103 A c. 97v nota in calce: “(1) Servio antico speriaste di Virgilio nella sua nota al L. 6 dell’Eneide”.Nota di Maurus Servius Honoratus, conosciuto anche come Servius grammaticus, ai versi 431 e seg.del libro VI dell’Eneide.

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penne conteste dalla cera e che il suo figlio men abile al volo volendosiinalzare al calore del sole sciolti i vanni naufragasse.

In quel tempo godeva fama Cocalo re di Camico in Sicilia di essereospitale e fautore degli uomini prestanti d’ingegno laonde Dedalo a lui sidiresse ch’avea sede presso monte Agraganto ove poscia sorse Agrigentoe ne fu accolto ma avendo inteso Minos che Dedalo erasi rifugiato inSicilia nel doppio scopo di aver consegnato Dedalo da quel re e di vendi-carsi anche di lui che lo favoriva fornì una flotta di marinai e guerrieri cre-tesi per occuparne il regno e giunto alla sua sponda gli richiese lo stranie-ro fuggiasco.

Cocalo tutto promise e penetrando lo scopo del re cretese finse di acco-glierlo benignamente e dargli ospizio però prevenne in segreto le sue figliedi offrirgli un bagno nelle terme caldissime ed ivi serratone l’uscio farlomorir soffocato dai vapori ed eccessivi calori. E così avvenne.

Fremettero allor di rabbia e di vendetta i suoi soldati, ma Cocalo offrìloro delle terre vicine e quegli adescati dalla fecondità e dal clima vi fabri-carono una piccola città che ad onoranza del defunto loro re appellaronoMinua dandogli ivi decorosa sepoltura.

Dedalo intanto salvatosi da quella terribile bufera mostrossi ricono-scente al suo benefattore e costruì per lui una cittadella o rocca ove averpotesse una regia sicura da ogni aggressione che credesi dal Cluverio104

d’essere stata denominata Onfale105 alla quale non poteva ascendersi cheper via stretta e tortuosa da esser difesa di tre o quattro persone ed iviCocalo stabilì la sede regia e vi pose in sicuro il suo tesoro.

Io credo che quella regia sia la stessa che in seno del monte Camico siosserva tuttavia e si ammira per molti raggiri sotterranei che allora riceve-vano luce dalle aperture superiori e che insomma presenta una piccolacittà troglolite come vi fu descritta dal Cavalier Leonardo Vigo106 che lavisitò.

Nella vicina Megaride costruì la Colimbetra cioè a dire un gran baci-no ove riunitesi le acque disperse e micidiali per quelle campagne delfiume Alabone spinte poi dalla massa e dal proprio impeto andavano a sca-ricarsi nel mare. Costruì pei Selinuntini una terma che coi caldi vapori ecoll’uso delle acque minerali produceva un trasudamento nel corpo ed era_________________________________

104 Philipp Clüver, Sicilia antiqua cum minoribus insulis et adiacentibus, Lugduni Betavorum, exOfficina Elseveriana, 1619.105 Leggasi: “Onface”.106 Cfr. Lettera di Lionardo Vigo sugl’ipogei e catacombe di Girgenti, in Niccolò Palmeri, Memoriesulle antichità agrigentine, Palermo, dal Gabinetto tipografico all’insegna di Meli, 1832, p. 75-95.

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utile a guarire diversi mali. L’antico tempio inalzato in Erice a Venere ecrollante per vetustà e per trascendimento del terrreno fu da lui riparato ecollocati immensi massi a impedirne lo smottamento del terreno su cuiinalzavasi. E volendo egli rendersi la dea più benevola le offrì in voto unariete d’oro mirabilmente cesellato. In Onfale [!] scolpì un simulacrod’una dea favorita dei Sicani che poscia fu trasportato in Gela all’arrivodei Greci (1)107.

Dedalo secondo si narra Diodoro, visse molto tempo presso Cocalo e iSicani e per l’eccellenza dell’arte sua vi ebbe credito grande e vi fu assaionorato (2)108. Tra noi fondò egli una scuola alla quale non solo i sicilianiaccorrevano attirati dalla di lui fama ma anche gli stranieri e fra questi siaccennano un Eudro, un Dipeno, uno Scillide, ed un Alcone di Mile loda-to da Ovidio (1)109 per una sua tazza cisellata sebbene che fu offerta indono da Anio re di Delo ad Enea sebbene il P. Narbone creda che l’arte delcisello sia posteriore però è da osservare che Dedalo secondo Diodorol’avea esercitato anche prima nell’ariete d’oro presentato in dono a VenereEricina.

Dedalo sia per la morte di Cocalo sia per altre ragioni lasciò la Siciliae passò in Sardegna chiamatovi da Iolao nipote e compagno di Ercole chevi aveva stabilito una colonia coi suoi compagni tespiadi detta Iolea e larese ornata di molte e belle opere.

Ma la Sicilia più ridente ispirava il suo genio e quivi fondò egli unascuola famosa e della medesima e dei successori fan testimonianza alcunemetope selinuntine anteriori certo all’epoca greca in cui per vero l’artemigliorò di molto come per mezzo dei nostri artisti era già migliorata quel-la lasciatavi da Dedalo sia nell’architettura che nella scultura. Ne Dedalofu il primo che qui introdusse l’una e l’altra.

Tempî avevamo noi nell’epoca sicana come quello dedicato a Cerere aVenere Ericina ad Adrano a Nettuno in Messina anzi, se la favola ci per-mettesse di prestar fede istorica, il Ciclope Polifemo inalzò un delubrosull’Etna alla sua invano sospirata Galatea ed i Ciclopi della 1a razza dive-nuti più miti e sociali, secondo Aristotile furono gli inventori ed i primifabricatori di torri.

Statue informi vi erano pure in Sicilia dedicate a Diana, a Cerere, a_________________________________

107 A c. 98v nota in calce: “(1) Pausania l. 8 c. II”. <Pausanias Periegeta, Graeciae descriptio. 8.Arcadica, 2>.108 A c. 98v nota in calce: “(2) Diod. lib. cit.”, <Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, IV, 78.1>.109 A c. 99v nota in calce: “(1) Relazioni ritrovate del 1725 P. Michele del Giudice. Ms. della biblio-teca com. di Pal.”. Cfr. Notizie e conghietture sopra un antico sepolcro nuovamente ritrovato aPortella di mare. Ms. del sec. XVIII, Bibl. Com. di Palermo, Qq F 35 n.12.

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Venere ad Adrano a Nettuno ma queste credo io secondo la maniera egi-ziana rammentata di sopra aveano gli occhi serratte [!], le mani giunte aifianchi e senza il menomo indizio di vita pure quelli posteriori di Dedaloacquistarono il soffio della medesima e divennero modello a quelle famo-se migliorate e perfezionate poi dagli artisti greco-siculi.

Certo si è che *** secondo ci narra Pausania furono essi che in Atenecostrirono [!] la cittadella e vi aggiunsero per ornamento opere di sculturadelle teste dei leoni.

La pittura sebbene arte posteriore sembra che in epoca anche remotavi fosse recata dall’Egitto per mezzo dei Fenici perocché nel sepolcro sco-perto nel 1725 di uno dei due monumenti scolpiti in marmo di donne gia-centi trovati nella contrada vicina a Palermo detta Portella di mare vi eranodipinte figure muliebri sedenti in diversi atteggiamenti e alcuni cavalli fre-nati da un garzoncello ignudo(1)110 e in alcune dellle citate metope selinun-tine trovansi vestigi di colori.

Fenici in Sicilia

Molto tempo pria di Gelone, che già nel 2. anno dell’Olimpiade 72 erastato da Gela chiamato da’ Siracusani a dominar la loro città i Fenici avea-no stabilimenti, fattorie commerciali e borgate marittime in Sicilia; peroc-chè è accennato dalla storia che Gelone sul prestesto di voler vendicare lamorte di Dorico spartano, recatagli da’ Fenici nel voler costui qual succes-sore di Ercole rivendicava lo scettro di Egesta, avea divisato di scacciardalla Sicilia i Fenici; ma poi distolto da altre guerre più importanti ne dif-ferì l’impresa. In questa occasione par che i Fenici abbiano chiamato inSicilia i lor connazionali Cartaginesi ond’esser difesi, e i Cartaginiesi vifurono anche incitati da Serse per dare a Greci suoi nemici un diversivotemendo che fossero soccorsi da’ nostri Greci Sicilioti, come di fatti daquelli era stato tentato invitando Gelone ad associarvi la sua armata, il chenon avvenne volendone egli, e non consentendo quelli il comando di terrao di mare dell’esercito o della flotta destinata contro Serse.

I Cartaginesi divennero allora formidabili nemici di Gelone e dellaSicilia e quell’invitto sovrano, e generale li disfece nella famosa battagliapresso Imera._________________________________

110 A c. 99v nota in calce: “(1) Relazione del P. Miche. Del Giudice Ms. della Biblioteca Com. di Pal.”Vedi nota n. 109.

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I Fenici amanti della pace come commercianti, adescati altronde dalleminiere d’oro, e di argento della Spagna, abbandonarono la Sicilia a’Cartaginiesi più guerrieri di loro, sicuri che con essi avrebbero avuto sem-pre rapporti di commercio. Altra cagione dell’abbandono si fu l’averosservato che i Greci avevano già aperto un traffico attivo con Corinto e ilPeloponneso.

I Pelasgi di Italia derivati dai Fenici e mischiatisi insieme approdaro-no nell’isola nostra ed ivi furon denominati Ciclopi dalla greca voceκυκλος [ciclos] cerchio e ωψ [ops] occhio, perocchè si spacciò da Omeroche avessero un sol occhio in fronte che da’ critici si è giudicato che fosseuna lucerna accesa che si attaccavano per scavar le grotte destinate a loroabitazione. E quel Polifemo loro capo dipinto con vivi colori come antro-pofago da Omero nella voce greca altro non significa che famoso.

Statue d’uomini illustri in Siracusa ne’ tempi greci

Siracusa la più colta e popolosa delle città siciliane prestò omaggiosingolare non solo a’ suoi più illustri cittadini ma anche agli stranieri chela visitaro<no> fra questi Archiloco di Paro il poeta satirico fu onoratod’una statua. Erodoto lo fa contemporaneo di Gige, lib. I, c. 12. Ciceronedi Romolo (Tusc. Lib. I) Olimp. VI, 753 av. G.C. (1)111.

In Catania fu fatto un gruppo di bronzo a fratelli pii co’ loro genitorisulle spalle per salvarli dall’eruzione dell’Etna dell’Olimpiade 753 av.G.C. Quel gruppo fu trasportato in Roma da Marcello o da Verre e fu bendescritto in versi da Claudiano e da me tradotto.

Ciò importa che a quell’epoca remota la Sicilia aveva scultori come-chè vogliansi supporre assai rozzi ad Aristeo fu innalzato una statua da’Sicani nel tempio di Cerere.

Saffo celebre poetessa lirica sia che andasse in cerca del suo amanteFaone sia che fosse bandita con Alceo da Lesbo come intrigati nella congiu-ra contro Pittaco tiranno di quell’isola capitò in Siracusa e le fu innalzata unastatua nel Pritaneo (2)112. Essa fioriva verso la XLV Olimp. (600 av. G.C.).

A Stesicoro fu innalzato in Catania un magnifico sepolcro a guisa di tem-pio, e in Imera sua patria una statua descritta da Cicerone a Simonide di Ceo_________________________________

111 A c. 105r nota in calce: “(1) Narb. Stor. Letter. di Sicilia, t. I, pag. 189”. <Alessio Narbone, Istoriadella letteratura siciliana, Palermo, Stab. Tip. Carini, 1852-1863, v. 1, p. 190, n. VII>.112 A c. 105r nota in calce: “(2) Narb. ib. pag. 190”. <Alessio Narbone, Istoria … cit., v. 1, p. 190, n.VIII>.

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poeta lirico che morì alla corte di Gerone I in Siracusa verso l’Olimpiade 78(468 av. G.C.) fu pure innalzato un sepolcro che fu destrutto da feniceGenerale dagli Agrigentini quando condusero guerra a quella città.

Ad Epicarmo fu eretta una statua di bronzo nel tempio di Bacco inSiracusa a cui Teocrito pose una bella epigrafe in versi dorici.

Statua eretta a Gelone da’ Siracusani dopo la sua vittoria in Imera su’Cartaginiesi (verso l’Olimpiade 75: 480 pria di G.C.) e poi ch’eglimostrossi al pubblico per rinunziare al governo, e fu invece proclamato re.

Tempii da Gelone innalzati in Siracusa a Cerere e Proserpina, a Cererein Enna che rimase non compiuto nel 778 per la sua morte. Questi tempiifurono costruiti col bottino del suo trionfo su’ Cartaginesi in Imera. Eglidestinò il suo sepolcro un miglio quasi distante da Siracusa ed era racchiu-so da nove torri. I prigionieri de’ Cartaginesi d’Imera furono destinati acostruire pubblici edificj. Demarete moglie di Gelone della somma offer-tale da’ Cartaginesi fa coniare una medaglia bellissima detta demarete. Iprigionieri dati da Gelone agli Agrigentini costruirono gli acquedotti Feacidetti così dall’architetto Feaces, Di Blasi, t. I, pagg. 101 e seg.113.

Statua de’ tiranni di Siracusa destrutta, nel tempo di Timoleonte, con-servandone soltanto quella di Gelone.

I Siracusani avendo cacciato in Locri il tiranno Trasibulo fratello esuccessor di Gerone I coniarono una bella medaglia in oro, e argento conla testa di Giove e l’epigrafe in greco Giove liberatore.

In Selinunte è rammentato da Di Blasi t. I pag. 105114 il tempio diGiove forense ove fu trucidato Eurileonte capita<no> di Dorieo allorchéspento costui, quello volea renderlo signore di Selinunte.

Gelone abbellì di belli edificj e assicurò Siracusa dagli assalti de’nemici Siracusa [!] con inespugnabili fortificazioni e similmente FalarideAgrigento (Luciano Dial. 5)115 sacrò le piscine, gli acquedotti, i palazzi, iteatri, e i templi furono poscia edificati. E fra questi il famoso tempio diGiove Olimpio che forse fu costruito dall’architetto Feace, autore degliacquedotti. Erano mirabili le sculture di quel tempio la presa di Troia, e laguerra de’ Giganti.

Viveva in quel secolo Pittagora di Leontino vantato da Plinio cheavanzò nell’espressione e nella miologia lo stesso Policleto. Vantate eranotra le statue quella di artista siracusano vincitore ne’ giochi olimpici_________________________________

113 Giovanni Evangelista Di Blasi, Storia del regno di Sicilia dall’epoca oscura e favolosa sino al1774, Palermo, Tip. di P. Pensante, 1861-1864, v. 1, 108-109.114 Giovanni Evangelista Di Blasi, Storia del Regno … cit., p. 114.115 Seguono cancellate le parole: “fece costruire”. <Lucianus, Phalaris, 1.3>.

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nell’Olimpiade 73 e quella del giovinetto Libi ignudo che in una manotenea una lettera, e nell’altra alcune mele. Entrambe quelle statue si osser-vano in Olimpia e un’altra in Siracusa d’un giovane zoppicante per unapiaga che ne mostrava quasi il dolore, e che trasfondea commiserazioneagli spettatori.

Era famosa non lungi dal faro di Agrigento la statua di bronzo diErcole e l’altra di Apollo nel tempio di Castore e Polluce.

Da Plinio tra i pittori è ricordato Demofilo d’Imera maestro di Zeusi diEraclea ch’io ho provato esser anche di Sicilia (Vedi l’opera di Gallo).

L’arte d’incider le medaglie secondo il Torremuzza116 cominciò a fiori-re in Sicilia sotto il regno di Gelone e del suo fratello Gerone 2.

117e, secon-

do il Biancone118 bolognese i Siciliani precessero i Greci di Grecia madre.Cominciò anche allora a fiorir l’arte ceramica e si videro bellissimi

vasi fittili istoriati, e in Agrigento principalmente lavori cisellati in vasel-lame di argento e d’oro, e scolpiti in avorio com’erano le lattiche.

Valle d’Ispica e PantalicaSepolcri della Sicilia

Articolo copiato dal Bollettino dell’Istituto di corrispondenza archeo-logica in Roma, N. XII di dicembre 1854 soggiuntevi alcune osservazionidi Agostino Gallo

Mai fino ad ora, per quanto io sappia, fu fatta menzione sufficiented’una specie particolare di tombe che in gran numero si ritrovano nellaSicilia. Esse probabilmente non appartengono all’epoca greca, ma ad unsecolo antegresso Sicano o Siculo, e per la loro remota età destano specia-le interesse; queste son i cosi detti “Ddieri”119 di cui è piena tutta Val diNoto, il terzo della Sicilia al Sud Est._________________________________

116 Gabriele Lancillotto Castelli, principe di Torremuzza, Memorie delle zecche del Regno di Siciliae delle monete in esse coniate in varj tempi, in “Opuscoli di autori siciliani”, Palermo, 1758-1778,v. XVI (1775), p. 263-392.117 Fratello di Gerone I era Gelone, tiranno di Siracusa dal 485 al 478 av. C. Gerone II fu tiranno diSiracusa dal 270 al 215 a.C. Era discendente di Gelone.118 Il riferimento è all’opera di Giovanni Battista Bianconi, Parere intorno una medaglia di Siracusa,per occasione della quale si parla de’ professori antichi delle arti del disegno, Bologna, a SanTommaso d’Aquino, 1763.119 Il gergo vernacolare è reperibile nel Vocabolario siciliano, a cura di G. Piccitto, Catania-Palermo1977-1997, v. 1, p. 907: «tratti di parete calcarea in cui sono uno o più ordini di grotte (disposti inpiani paralleli) rese accessibili da un davanzale o cornicione di roccia, alcune di queste grotte servo-no tuttora come abitazioni».

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Le contrade ove, a mia conoscenza, si trovano tali Ddieri sono i con-torni di Leontinoi (i così detti campi i Laestrygoni) le vallate dei due fiumiMorcellino e S. Gusmano, che sboccano nel golfo di Megara Pleinmyrionora isola, i pendii delle montagne Thymbris che circondano la valledell’Anapos verso nord, Sortino, Pantalica, Ferla, Bibbio, Bauli,Vallonello o Maramman, Sperone, Gaetani, Pianetta, Castelluccio,Cornelio, la celebre Val d’Ispica e Pinica.

La caratteristica di queste tombe consiste nel loro difficile accesso,nella forma e nelle piccole proporzioni.

Quasi sempre si trovano in un taglio a picco assai alto di modo che nonsi può salire ad esse che con mezzi artificiali; edè perciò che sono princi-palmente opportuni i rapidi e perpendicolari pendii delle rocce nel luogodei fiumi ove specialmente noi le vediamo stendersi da ambedue le partiin fila lunghe varie miglia; com’è in particolare nella Val d’Ispica lungo ilfiume Morcellino, il Gusmano, Buttiglione ed Anapos presso Pantalica, esull’Anapos fra Sortino e Belvedere. Le uniche tombe cui facilmente siaccede sono quelle di Pleinmyrion; solo ponendo a repentaglio la vitasalimmo a quelle di Pinita. Queste ultime hanno la fronte verso Nord esono sovrapposte le une all’altre in 3 o 4 ordini, come quelle di Morcellinoe di Buttiglioni, disposte in file irregolari. Anche per arrivare alle file piùbasse è d’uopo servirsi di una scala che si tirava su per poggiarla di nuovoe salire al secondo piano. Ma come qui fosse assicurata la scala sulla primafila e più sopra, ove si voleva ascendere, non essendovi alcun punto diappoggio, per me è un enigma. Questo conservare i morti in luoghi inac-cessibili che facevano gli antichi abitanti della Sicilia, ci fa vedere,com’essi li ritenessero per sacri ed inviolabili e, per conseguenza quantodovessero essere innanzi sotto il rapporto religioso.

Le camere delle tombe non sono grotte naturali ma del tutto scavate ascalpello hanno piccoli ingressi quadrati a forma di finestra e per solitodella larghezza di due piedi e dell’altezza di tre; all’orlo di queste apertu-re si veggono ancora i buchi per i cardini delle porte di legno che vi eranoattaccate.

Al di fuori di questi orli e quasi cornici trovansi anche uno, due o treincavi che si allargano progressivamente nella parte esteriore, quasi che lapiccola porta più interna non bastasse, ma vi fosse stato bisogno aggiun-gere due, tre e quattro porte dalle quali ognuna fosse sempre un poco piùgrande dell’antecedente e tutte incastrate in questi incavi. È possibile chefuori la porta vi fosse applicato un quadro o qualche rilievo. Nell’internoil suolo è scarpellato e liscio e la forma rotonda, il soffitto orizzontale od

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a guisa di cupola. In una ho osservato un un banco di pietra alla manieragreca ed in un’altra due finestre.

Ad eccezione di poche più grandi queste tombe sono così anguste cheun uomo non può starvi che carponi. È molto difficile di conoscere, inquale posizione potessero qui collocarsi i cadaveri se non bruciati. V’è chisuppone che gli si desse la posizione che avevano nel ventre della madre.Una di queste tombe Ddieri in Sperano dev’essere una specie di piccoloθολος [tolos], un fabbricato di sassi poligoni, i cui intervalli sono riempi-ti con altri piccoli sassi. Ottanta di simili tombe si trovano in Pinita e senzanumero in altri luoghi.

Qui chiamo l’attenzione sull’opuscolo che tratta di queste tombeDdieri del dotto di Palazzuolo dottore Gaetano Italia Nicastro, Ricerca perl’istoria dei popoli Acrensi anteriori alle colonie elleniche, Messina, 1856.Al medesimo dotto vado debitore di alcune comunicazioni in iscritto intor-no nuove scoverte in un secondo luogo, di cui voleva ancor parlare, cioèintorno alle cosidette tombe ferinee nell’Acrocoro detto della Torre pres-so S.Giovanni egualmente sulla Pinita.

Già il baron Giudica120 avea ivi trovato 228 vasi più centinaia di tazze,ampolle, armille, aghi, crinali, affreschi ferinj, e sopra una tazza un’iscri-zione punica sopra due mense di pietra calcarea due altre iscrizioni l’unadi 7 e l’altra di 11 righe. Ora furono anche scoverte altre tombe scavate nelduro masso chiuse con coperchi di pietra ed ora coperte di terra piante ebrecce. Il suono vuoto che dava il terreno fu indizio al loro rinvenimento.Tra grandi e piccole se ne sono trovate 30 colla direzione per la maggiorparte da est ad ovest, altre però da nord a sud. Le tombe verso la primadirezione erano di donne, come si vede dalle ossa calcinate, dalle spille edai braccialetti che in esse si rinvennero; quelle nell’altra direzione eranoper gli uomini. In queste principalmente si trovarono tazze a fianco e sulpetto dei scheletri; si osservò peraltro una tazza anche nella tomba di unadonna e posta in posizione oscena coll’apertura verso i piedi. Nelle picco-le arche stavano piccolissime bottiglie e vasetti di forma singolare e dimateria grossolana, il loro colore era per lo più nero piombo con un colo-re carminio sottoposto che in altro era marrone scuro. Varie tazze avevanodue zone, l’una nero piombo, l’altra di un bianco sporco; le spille e i brac-cialetti erano tutti di rame. La lunghezza ordinaria delle arche è di m 1,50e m.tro 1,80. Appena si comincia ad aprire una tomba, esalava da ogni pic-cola fessura un fetore nauseante di cadavere, il quale producea certamen-_________________________________

120 Ma Judica.

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te anche la muffa che indicava sempre il luogo di un’arca. Gli scheletrierano completamente conservati, con teste assai schiacciate alle tempie edavevano quasi la forma di una mandorla, i denti molto sporgenti. G.Schudring121.

Nel Bollettino di settembre p. 193 seg. il ch.o Renier122 ci diede allaluce quattro lapidi latine scoperte recentemente a Iglitza non lontano daGalaez dal sgr. More le quali vennero a stabilire in quel luogo il sito del-l’antica città di Troesmis o Trosmis. Ora per la cortesia del real Ministerodegli Affari esteri, mi vengono comunicate altre iscrizioni inviate a cote-sto Real Governo del signor Blucher viceconsole prussiano a Galaez;quattro di esse nuove ma ritrovate nelle stesse località le quali mi affrettodi rendere di pubblica ragione corredandole di poche osservazioni.

Osservazioni di A. Gallo

Questo tedesco non rifletté che quelle scavazioni che accenna in granparte erano primitive abitazioni degli uomini innanzi che fosse sorta l’in-dustria di formar delle case per sovrapposizione di pietre squadrate. Certosi è che le camerette nella Val d’Ispica e quelle di Pantalica scavate indos-so ai monti di pietra docile a più ordini non hanno presentato cadaveriinteri ad opporsi ai diligenti frugatori; né presso gli antichi credo che vi siastato uso diverso da quello di riporre in loculi entro la terra i cadaveri.

In Pantalica ed Ispica che erano per certo due piccole borgate ove abi-tavano poche migliaia di cittadini quanto si argomenta poterne contenerequelle camerette eranvi dei cimiteri a pianterreno. Nè i luoghi indicati daltedesco Schubring sono i soli in Sicilia che indicano abitazioni primitiveper scavamento, ma molti altri se ne trovano in diverse contrade di Siciliae in altre parti del mondo; talchè puossi dedurre che gli uomini per istinti-va industria cominciarono dopo che le caverne furono esaurite per le lorofamiglie ad imitazion di esse a formarsi con gli scavamenti degli asili alleintemperie e in quelle di Sicilia a più ordini dovevano salirvi con scaleartificiali. Poco importava loro che per risparmio di fatica non facesseroquelle camerette alte da potervi agevolmente rimanere all’impiedi. Eranoper essi refugio principalmente per la notte e bastava ai medesimi che visi potessero sdraiare. _________________________________

121 Ma Johann Julius Schubring.122 Léon Renier.

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In questo argomento ha scritto una diligente memoria l’abate VincenzoDi Giovanni il quale in opposizione al tedesco ha sostenuto che servivanoper abitazione agli uomini che in secoli prima delle memorie istoriche pas-sarono forse dal vicino continente in quest’isola. Alla quale opinioneprima dell’abate Di Giovanni e di altri mi ero io abbagliato nella miaIstoria delle belle arti in Sicilia che ancora non ho pubblicato.

18 gennaio 1865Agostino Gallo

Giudizio critico sopra un articolo di archeologia sopra gli scavipraticati in Siracusa dal Dr. Cavallari123

Abbiamo letto con piena nostra soddisfazione un rapporto dell’insigneprofessore Saverio Cavallaro, egregio architetto ed archeologo negli ultimiscavi praticati in Siracusa sotto la di lui direzione per iscoprirsi un tempio dicui aveasi già indizio per alcune colonne adimate in seno della terra pressol’Ortigia e che tradizionalmente credevasi consacrato a Diana divinità predi-letta dai Siracusani. La precedente Commissione di Antichità e Belle Arti nellaquale avevo l’onore di appartenere come Segretario archeologo con votoprima della mia renuncia si era dato pensiero di sgombrare dalle soprappostefabbriche e particolarmente della casa di un certo Santoro l’area a colonnatodi quel tempio; ma non pochi ostacoli si presentavano al buon desio e primoquelli che opponeva il proprietario di quella casa e secondo le somme occor-renti pel pagamento di essa nell’atterrare le fabbriche e per eseguirsi gli scaviessendo allora miserabile la dotazione per tali oggetti. Nulladimanco con lagiudiziosa economia del denaro la Commessione avea fiducia di compierequell’opera quando dal Ministero centrale fu abolita e creata questa nuova congeneroso accrescimento di dotazione; talché è nel caso di meglio adempierequanto divisato avea la precedente e di recare ad effetto i progetti della mede-sima sopra Iccara ed altri siti di Sicilia e certo con miglior successo anche perla direzione ed il sapere dell’attuale architetto direttore Sigr Cavallaro.

Egli nella sua relazione ci dice che con lo scoprimento di un’altracolonna e di quella angolare di Nord-Est sotto il muro della piccola chie-setta delle grazie che deve atterrarsi ha potuto scoprire metà del prospettodell’antico tempio e metà del pronao e nelle gradinate di esso prospetto fu_________________________________

123 Francesco Saverio Cavallari, architetto, figlio di Cristoforo e Giuseppa Pirrone, nato a Palermonel 1809, ivi morto nel 1896, docente di architettura decorativa e disegno topografico presso ilCollegio delle Belle Arti di Palermo.

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lieto di scorgere in fronte al primo gradino la greca iscrizione benché inter-rotta dal muro della Chiesetta delle Grazie.

Si era già scoverta dal Signor Tarantello architetto locale un tronco dialtra colonna nel pronao della cella dove il Cavallaro iniziò i nuovi scavie così con la sua sagacia e perizia architettonica e archeologica ha potutocongetturare anche con altri dati che s’innalzavano 17 colonne nei due lati;come pure ha osservato che quelle del peristilio e della cella sono striateda 16 scanelli.

Nella sua dotta relazione ragiona a lungo sulla scelta della collocazio-ne del tempio riguardata sempre come importante dai Greci in quelli cheinnalzavano per riguardo alle divinità a cui erano dedicate.

Egli crede e bene si oppone al vero che i greco-sicoli imitavano in tuttoquelli della loro madre patria continentali e sulla ben nota favola del fiumeAlfeo che innamorato della ninfa Aretusa l’inseguiva per cammino sotto-marino fino in Ortigia e sulla cognizione che quel fiume d’Arcadia partivada un luogo ov’era dai Greci stato sacrato ad Artemisia Potomia124, un tem-pio suppone che anche quello nuovamente scoperto in Siracusa fosse a leidedicato che altronde si vede figurata nelle belle medaglie siracusane.

Questa sua supposizione può esser vera ma non è che una semplicecongettura, perocché nelle medaglie siracusane trovansi anche effigiatealtre divinità.

Importantissima è l’iscrizione da lui scoverta ch’egli giudica di nonoltrepassare il V secolo avanti Gesù Cristo e di corrispondere all’epoca diGelone. Ma ciò sarà confermato o rigettato dalla interpretazione che neattendiamo dall’insigne ellenista Sigr Giuseppe De Spucches principe diGalati125 il quale in quella intralciatissima e difficile di Taormina fra le tantece ne dié quella che più soddisfece ai cultori nazionale stranieri dell’elleni-smo e che altre ne ha spiegato con sapere filologico e scelta erudizione.

Il Cavallaro ha creduto di scoprire in quell’iscrizione il nome diCleomedej o Cleomenes e messo un celebre artefice destinato alla costru-zione dei sacri tempî e che figurerà nell’istoria nelle prime file tra i nomii più insigni di tutta la Grecia in onore della siciliana cultura e civiltà acui sono anteriori quello del quasi mitico Dedalo e dei fratelli Trofonio edAgimade126, illustri architetti che costruirono il tempio di Delfo._________________________________

124 Artemide Potnia Theron, patrona degli animali selvatici.125 Giuseppe De Spuches, ellenista, latinista, archeologo e poeta, è l’autore del saggio, Lettere illu-strative di una greca iscrizione trovata in Taormina, e di un tempio di Giove Serapide, Palermo, sta-bilimento Piola e Tamburello, 1862.126 Leggasi: “Agamede”.

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Noi sapevamo altronde che Gelone sorto tiranno di Siracusa e divenu-to, per la sua bravura militare d’indole mite e benigna, amatissimo sovra-no proclamato dal popolo, molto si occupò a migliorare la pubblica cultu-ra e a promuovere le belle arti e quindi la congettura del Cavallaro è con-sona all’istoria ed ove l’interpretazione di tutta l’epigrafe ne dia ulterioriindizî accrescerebbe gloria a Gelone e alla Sicilia che con l’architettoCleomede o Cleomene, che dobbiam reputare siciliano non incontrandonell’istoria di Grecia tal nome ci apprestò anche in epoca anteriore aPericle un bel modello architettonico di un magnifico tempio. Quel nomeè tanto più interessante quanto perché i Greci vietassero agli architetti diapporre i loro nomi ai tempî da essi costruiti riguardando forse come pro-fanazione di essere associati a quelli delle divinità. E difatti in un tempiodi Siracusa si scoprì l’artifizio di un architetto nel fare scolpire il suo nomesotto la base della superficie interna di una colonna, affinché ove fosserovesciato il tempio come accadde non venisse ignorato il suo nome.Quello però di Cleomede o Cleomene farebbe un eccezione a tal costu-manza e forse ne fu autorizzato pei suoi meriti straordinari dal popolo sira-cusano permettendogli bensì di scolpirlo in un gradino, la parte più umiledell’edifizio onde non offendere la divinità come i nostri devoti si fannodipingere prostrati e in atto di adorazione innanzi all’immagine di Cristo,della Vergine o di santi.

La relazione del Cavallaro è zeppa di opportuna e peregrina erudizio-ne artistica; ma noi facciam plauso principalmente per la sua fine critica equel tatto artistico ch’egli da molti anni acquistò coadiuvando nella gran-de intrapresa il duca di Serradifalco famoso illustratore dei nostri monu-menti greco-sicoli e normanni e nell’essersi arricchito d’infinite altrecognizioni nei suoi viaggi e soggiorni d’oltremonte e d’oltremare; talchècrediamo di dover rendere lode al Sig.r Ministro [Michele] Amari di aver-lo destinato a Direttore degli scavi e crediamo che sarebbe utile di asso-ciarlo alla nuova Commissione di Belle Arti e dargli il voto nelle sue deli-berazioni.

Sulle stanze scavate nella valle d’Ispica e in Pantalica e in altri luoghidi Sicilia nel tufo delle montagne per abitazione de’ suoi antichi popoli

Altrove ho data la descrizione di queste due vetustissime città troglo-litiche di Sicilia di altra scavata nel tufo delle montagne; qui soggiungoalcune osservazioni.

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Mi fu chiesto da un amico a quale epoca montar dovesse questo gene-re singolare di architettura. Risposi non dite architettura, ma industria per-ché quella suppone scienza ed arte che ancor non siano nate, laddove l’in-dustria a soddisfare con essi bisogni degli uomini primitivi nasce quasiistintivamente colla guida della ragione anche poco sviluppata, l’addestraa procurarsi la sicurezza e il comodo della vita.

Cresciute le umane famiglie e trovando già occupate le grotte da altriprecedenti per ricovero all’intemperie e a difesa contro le belve né servirpotendosi più di quello che loro offriva la natura, gli uomini più perspica-ci prima dell’invenzione del ferro con rami e tronchi d’alberi aguzzi ovve-ro con schegge aguzze di selce127 procurarono a grande e lungo stento discavarsi un ricovero pe’ giorni tempestosi, e nelle notti. Se la ragione illu-minata dalla scienza li avesse guidato, avrebbero preferito al penoso sca-vamento di molti avelli per una piccola stanza la costruzione più facile erapida con pietre sovrapposte perpendicolarmenti, che è il vero inizio del-l’architettura. Ma se non lo fecero, essa non era ancora speculata. Allorareplicommi l’amico: io nelle abitazioni, scavate ne’ monti della valled’Ispica, e in Pantalica, ho dovuto osservare quella regolarità che non avvinelle grotte; che servirà di modello agli uomini primitivi […] camerettequasi tutte quadrate, ad angoli retti, e talune con lucernali rotondi, e congl’ingressi sebbene senza scala, in linea perpendicolare e formanti pure adangoli retti. Ecco dunque in quegli uomini l’uso della scienza geometricavenuta in soccorso dell’infanzia dell’architettura.

Né l’una né l’altra risposi: l’uomo nella sua stessa persona e in altrioggetti naturali scorge le principali figure geometriche.

Dal suo femore al piede vede esternamente la linea retta, come ne’cipressi e in altri alberi, se innalza disteso l’antibraccio e il braccio all’al-tezza della scapula incontra sopra la linea retta e sotto l’ascella un angoloretto, slargato l’indice e il medio della mano vede un angolo acuto, labocca tutta aperta e la pupilla gli presenta la figura circolare, e l’esternodell’occhio l’ellittica.

Or essendo egli naturalmente dotato del talento d’imitazione nelle operesue è spinto a ritrarre meccanicamente quelle figure che ha osservato.

Ma a qual epoca e a quale razza di uomini appartengono quelle esca-vazioni? Ciò è difficile a congetturarsi, ma certo prima assai delle grechecolonie in Sicilia e prima anche dei Sicoli, e de’ Fenicj che ben conosce-_________________________________

127 A c. 114r nota in calce: “Si son trovate in Sicilia alcune schegge di selce acuminate per modo daservir come <at>trezzo il che mostra che in quell’età nei […]arii ritrova[…] usavano il ferro”.

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vano l’arte di fabbricare. Potrebbe sospettarsi che quelle cave fossero leabitazioni dei Sicoli che secondo Dionigi d’Alicarnasso prima di recarsi inSicilia abitavano le terre d’Italia occupate poscia dai Pelasgi i quali ajuta-rono gli aborigeni a cacciare i Sicoli nella Trinacria che poi da loro assun-se il nome di Sicilia (1)128.

Ma i Sicoli provenienti dall’Italia costruirono per sovrapposizione agran massi irregolari come puossi osservare in Cefalù e in altri porti del-l’isola nostra e quelle fabbriche impropriamente vengono dette [impro-priamente] Ciclopiche forse perché a dir di Diodoro la seconda razza deiCiclopi divenuti alquanto sociali si mischiò coi Sicoli e disparve. Con que-sti ultimi bensì passarono qui torme di Pelasghi ch’erano fabbricatori dicase e non iscavatori e dall’essersi confusi coi Sicoli vengono denominatiPelasghi Siculi da Pausania, Iperbio e Agragora129 i quali recaronsi da quiin Atene a fabbricar la cittadella e vi scolpirono anche per ornamento delleteste di leone come pure le magioni reali di Tirinto e di Micene che sonole più antiche opere dell’arte (3)130.

La Valle d’Ispica adunque e Pantalica dovettero essere scavate per abi-tazioni anche prima dei Sicoli e dei Pelasghi che vi si accompagnarononell’immigrazione o almeno nei primi tempi del loro arrivo dell’isolanostra; ma è più probabile che quest’immenso e santo lavoro d’industriafosse eseguito dai Ciclopi Tirreni quando già applodati [!] nella Trinacria,cominciando a dirozzarsi e ad unirsi in civile consorzio non trovando piùcaverne, si procurarono con l’industria naturale quei ricoveri.

Difatti Boccaccio appella i Ciclopi della seconda razza artificiosihomines (1a)131. E Plinio (2)132 li crede inventori del ferro ed esercenti l’ar-te ferraria. Poterono quindi adoprare il ferro negli scavamenti se non comeho sospettato in rami d’alberi aguzzi con la selce acuminata.

Frammistisi indi come accenna Diodoro coi Sicoli che avevano in Italiaacquistata l’arte del fabbricar per soprapposizione i massi e coi Pelasghiche vi si erano associati cominciarono a dir dello stesso Plinio (1)133 e a_________________________________

128 A c. 114v nota in calce: “(1) Dion. Alic. Ant. Rom. Lib. 1.”. <Dionysius Halicarnassensis,Antiquitates Romanae, 1.22>.129 Agrola e Iperbio, architetti pelasgi di origine sicula.130 A c. 115r nota in calce: “(3) Pausania lib. 1 cap. 28”. <Pausanias Periegeta, Graeciae descriptio.1. Attica, 28.3; 2. Corinzia, 16>. 131 A c. 115r nota in calce: “(1a) Genealogia degli dei, lib. 10”. <Giovanni Boccaccio, Genealogiadeorum gentilium, 10, 16>.132 A c. 115r nota in calce: “(2) Plinio presso Pol. Virg. da Vr Inv, lib. 2 cap. XVII”. <PolidoroVergilio, De inventoribus, 2, XIX>.133 A c. 115v nota cerchiata in fine: “(1) Lib. VII, cap. 56”. <Gaius Plinius Secundus, NaturalisHistoria, 7, 56>.

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costruir torri per loro difesa temendo sempre l’invasione dei pirati Tirreni.Da quanto ho premesso puossi probabilmente congetturare che Ispica e

Pantalica furono le città più antiche abitate dai primi uomini che trascorse-ro in quest’isola dal vicino continente sin da tempo immemorabile talchénon conoscendosi per l’istoria l’epoca furono spacciati come gli Aborigenidi cui parlano Diodoro ed altri vetusti nostri scrittori i quali non suppone-vano certi che fossero sorti dalla terrra come funghi di uomini seminati conCadmo come quelli nelle glebe della contrada indi detta Beozia.

La Sicilia staccatasi dal continente come accennano le tradizioni rima-stici presso gli antichi scrittori dovette prima o dopo quella cataclasi esse-re abitata da uomini che vi trascorsero dalle prossime contrade italiane oda altre più remote e costoro nel modo indicato si procurarono le abitazio-ni onde sorsero piccole città fatte per escavazioni finché la nuova industrianon erasi più oltre elevata come quella dei loro discendenti a costruire piùfacilmente per pezzi soprapposti e prima senza alcun cemento e poi permaggiore adesione al medesimo.

Belle arti antiche in Sicilia

Ateneo rammenta esser costume in Sicilia tenere nelle case le imma-gini delle ninfe, non dice se dipinte, o in scultura o forse dell’uno, e l’al-tro modo. Or a queste familiari divinità si faceano notturni sacrificj, e siprotra<e>va la notte nell’ebrietà tribudiando [!] innanzi a queste. Peròmolti cittadini per acquistarsi la grazia di Dionisio dissero che non conve-niva perdere il tempo al culto d’inanimate figure, ma più tosto rivolgersi acorteggiare il Tirreno, e quindi tralasciando quel culto si recavano a tripu-diare attorno a Dionisio. Athen. Dipnosoph. Lib. VI c. 6 pag. 321

Cecilio retore scrisse delle guerre servili. Athen. Lib. 6 cap. 7 pag. 348Dionisio, forse il giovane, scrisse lettere a Ipseusippo scolare di

Platone, a lui affine nelle quali esponeva ciò che era confacente allo studiodi ogni sorta di voluttà, all’amor del guadagno. Athen. Lib. 7 c. 3 pag. 357

Ninfodoro Siracusano nella sua circumnavigazione. Aten. Lib. 8 c. 1Clearco ne’ proverbi scrisse che Terspione134 sia stato precettore di

Orchestrato. Ath. Lib. 8 c. 5.Timeus Tauromenites Aristotelem etiam philosophum gulonum fuisse

scribit. Ath. Lib. 8 c. 6 p. 435_________________________________

134 Leggasi: “Terpsione”.

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L’istorico Callia in victis citato da Ateneo lib. 8 c. 6 pag. 437.Clearco nelle sue vite narra che il tiranno Falaride spinse sì oltre la sua

crudeltà che mangiasse i fanciulli lattanti Athen. Lib. 9 c. 9 p. 502Hermias Methymaeus lib. 3 rerum siculorum Ateneo lib. X c. 12 pag. 552 Phanias Eressius in libro interitus tyrannorum ex ultione IbidemAlcimus Siculus in Libro italico inscripto omnes scribit italas mulieres

idcirco vinum non bibere, quod cum Ercules sitiens in domum quondam,quae erat secundum viam apud Crotoniatem, ingressus esset accedensbibere poposcit: acciderat autem ut mulier domini eius domi dolium vinipaulo ante clam aperuit, quae tum ad virum dixit eum gravior esse factu-rum, si peregrini gratia delium aperuit, quae tunc ad virum dixit eum gra-vior esse facturam, si peregrini gratia dolium aperuisset, iussitque ipsumaquam bibere. Cum in foribus staret Ercules atque haec audivisset, virumquidem illius magnopere laudavit quem mox ipsum accedere dolium intue-ri iussit. Atque is egressus lapideum factum dolium repeperit. Aten Dipn.Lib X c. 13 pag. 56

Polemon autem Siracusis (forse deve essere scritto Siracusius) ait inlibro de Morycho et. Lib XI, c. 1, p. 582

Sembra che sia stato scrittore di storia di costumi.Cecilio retore (ex pulcra Acta) scrisse nella sua Storia che Agatocle re

possedeva molti vasi d’argento, e d’oro, e mostrandoli a’ suoi amici dice-va di averli acquistati durante il tempo del suo regno lib. XI, c. 4, p. 587.

Un Polemone scrisse un libro sui pittori dedicato ad Antigone.Ateneo lib. XI, c. 6 pag. 598

Polemone rammentato da Ateneo lib. XI c. 9, p. 600.Philetas Syracusius narrat placentarum ac panium reliquias in mensa

relictas cypella vocare consuevisse. Da questo Fileta siracusanosembrascrittore di cose domestiche Aten. lib. XI c. 9, pag. 609

Policrito Mendesio in Sicilia scrisse l’Istoria di Dionisio, e fu suo con-temporaneo, e visse con lui. Laerzio in Eschine

Cineto di Chio recatosi in Siracusa e raccozzando a’ suoi i versi diOmero li andava declamando. Fiorì verso l’Olim. 69. È citato dagli scolia-sti di Pindaro in Od. II

Clearco scrisse biografie al dir di Ateneo, e fra queste quella diDionisio minore tiranno di Siracusa

Eveno Pario, scrittore di Elegie, fu maestro di Filisto celebre storicoFrammenti di Stesicoro lib. XI, p. 17 p. 600.In Gorgia l. XI c. 21, pag 638Di Dione l. XI, c. 23, p. 642

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Di Gerone l. 12 c. 2 p. 647Di Stesicoro che cambiò molte cose dette pria da Xanto come

nell’Orestiade lib. 12 c. 2 p. 648 Frammento di Teognide l. 12 c. 2 pag. 648Frammento di Filemone, l. 12 c. 4 p. 653Celebres fuerunt etiam Siculorum mensae ob delicias, qui etiam mare

sibi vicinum dulce esse asserunt cum dapibus gaudeant quae fiunt ex eo,ut testatur Clearcus libro Vitarum quinto. Aten. lib. 12 c. 5 p. 665

Fram<menti> di Timeo lib. 12 c. 6.p. 656Fram<menti> di Timeo lib. 12 c. 6.p. 659 dello stesso p. 661 Ibid. p. 661Fram<menti> di Platone sulle Delicie dei Siracusani, lib. 12 c. 10 p. 667Policrate tiranno di Samo che si procurava tutte le delizie fra le altre

cose preferiva, e commetteva i porci di Sicilia lib. 12 c. 19 p. 684Sileno di Calatte scrisse delle cose siciliane un libro parla di un orto

magnifico in Siracusa p. 686 lib. 12 c. 2Callia nella storia di Agatocle parla della fiumara di Palermo lib. 12 c.

21 p. 686

Belle arti

Ateneo riferendo quanto scrisse Diodoro dice che i Gelesi costruironoun recinto del giro di sette stadj, e della profondità di venti onde appresta-re a Gelone il piacere di potervisi deliziare con il nuoto. In questo circui-to venivano a scaricarsi le acque di varie fonti e di un fiume. Vi fecero peresso una piscina, resa abbondevole di pesci e piena di cigni che d’intornovolavano, e la rendeano deliziosa Athen. Lib. 12 c. XX p. 686.

Era famoso in Siracusa un orto artificiale detto fabula ove soleva il reGerone amministrar la giustizia secondo è riferito da Atheneo lib. 12 c. 20p. 686 il quale cita Sileno di Calatti nel libro delle cose siciliane.

Sileno di Calatte scrisse un’istoria delle cose di Sicilia. Athen. lib. 12c. 20 p. 686

Campagna de’ dintorni di Palermo: At universa Siciliae panormitis hor-tus appellatur, quoniam domesticis arboribus tota est confita cum asseritCallias, libro octavo historiarum de Agatocle Athen. Lib. 12 c. 20 p. 686

Callia Siracusano storico.Damofilo siculo incitò la guerra servile Athen. Lib. 12 c. 20 p. 686Parrasio pittore dedito alle mollezze e alle voluttà Athen. Lib. 12 c. 20

p. 686

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Ateneo scrive di Aristippo alla corte di Dionigi Athen. Lib. 12 c. 22 p.689

Gorgia Leontino oratore famoso fu assai importante e visse, secondoClearco scrittor di vita 80 anni Athen. Lib. 12 c. 26 p. 695.

Di un antichissimo, e famoso sepolcro in Lipari riferito da AristotileSepolcro antichissimo in Lipari«In Lipara insula Eolica sepulcrum aiunt esse circa quod cum etiam

alia prodigiosa eveniant tum id, quod ea loca secure, totoque nemini acce-dere liceat, uno ne perhibent.

Sonitum enim tympanarum, cymbalorumque, et risum cum strepitu,plausuque manum, audiri manifesto. Aeque alterum cum primis monstruo-se id quoque circa nostrum accidit, quod ante lucano quidam ebrius somnoisthic oppressus triduum totum cubavit, quaesitusque a familiaribus quar-to demum die repertus est: qui mortuum rati ad proprium monumentumextulerunt; dum justa iam prope more celebrarent ex improviso surrexitquaeque sibi obtigissent, exposuit. Quae etsi ad fabulam proprius, quamveri fidem accedere videantur, non potui tamen de locis his scribens, taci-tus praeterire». Arist. De mirabil. auscult. liber pag. 727 Paris t. 2 1639

Antro ricco di fiori nell’Etna«In Aetna Siciliae monte est, ut inquiunt, spelonca quam circa florum

omnigena copia crescit omni tempore, tum violis immensum quoddamspatium obtegitur.

Quae finitima loca adeo fragantia sua replent, ut occupati hac suavita-te odoris, venatici canes, lepores vestigare nequeant.

Frumento naturale in SiciliaAc sub eodem hiatu obscurum quoddam antrum latet, quo

Proserpinam rapuisse Pluto fertur triticumque repetitur nec domestico,quo utuntur, neque alij importato simile, sed peculiari proprietate insigne.Quo argomento contendunt illic primum omnium triticum conspectumesse; et proinde Cererem etiam sibi, ut apud se natam vendicant».Arist. Ibid pag. 723 e seg.

Terra singolare in Lipari«In Lipara insula, aiunt, quidam terram reperiri, qua, si ollam obruas,

quidquid injicias linxetur». Arist. Ibid pag. 718«In Sicilia ferunt aeque vorticem esse, in quem mersa avis, reliquave

animantia soffocata, vitae restituantur» Arist. Ibid pag. 719Evaporaz.e nello stretto di Messina per effetto dei fuochi dell’Etna«Circa igitur Cyaneas non videtur ignis amitti, sed juxta fretum, qui

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Sicilia ab Italia distinguitur, ab utroque parte evaporatio, tum quod insulacontinue ipsa flagrat, tum quod flammae Aetnae sepe [!] totam regionemperimeant» Arist. Ibid pag. 729.

Croco o zafferano sul Peloro«In Peloro Siciliae promontorio tanta copia provenit ferunt crocus, ut

a quibusdam etiam inquilinis Graecis flos cuiusmodi sit haud internosca-tur: curribus magnis hunc comportant quibus libitum est. Tum vero strataex eo scenasque construunt». Segue

Arist. Ibid pag. 730Stagno mirabile annunciato da Policrito scrittore delle cose siciliane«Polycritus, rerum sicularum scriptor, loco mediterraneo stagnum esse

ait ambitu suo scutum nihil excedent, aqua resplendente quidem, sed tur-bolentiora nonnihil: in quem si quis lavandi gratia ingrediatur, in latumextendi; quod si staret, amplius dilatari; adeo ut amplificatum spatiumquinquaginta etiam viros capiat. Verum ad eam jam mensuram diffusumex imo intumescere corporaque lavantum [!] in sublime rapta foras inpavimentum sternere, ac mox ad veteris angustiae spatium contrahi, atqueid non solum humanis corporibus, sed quadrupedibus etiam ingressis usuvenire perhibent». Arist. Ibid pag. 730

Stretto di Messina«De siculo fretu cum alii complures scribent, tum hîc stupendam in eo

rem evenire inquit. Tyrrheni enim maris aestum strepitu ingenti utrinque,cum Siciliae tum Italiae oram quam Rhegium vocant, ferire, delatumqueex mari vasto in angustias postremo concludi, atque ibi fluctum sublimemtolli, sonitu magno spatioque altissimo, ut procul distantibus conspicua sithaec aquarum ebullitio, ut puta alba, et spumosa, nec similis maris incre-mento. Haec ut credibiliter narratur ita contueri venti nemo sustinet.Interdum enim diffusi rursus ex collisione mutua aestus adeo profundumac horribilem adspectum necessario intuentibus praebent, ut nonnulli praetimore animi impotentes velut offusa oculis tenebra concidant.

Postquam vero ad alterutram partem fluctus accisi, sublatique ad litussupremum, denuo in subiactum mare devolvuntur, tum magno rugitu, cumvorticibus et immensis, et crebris, ex imo fundo ebullit, inque gyrum ele-vatur, et omnigenos etiam colores reddit. Interdum etiam ater, nonnum-quam caeruleus, frequenter purpureus apparet caeterum cursum acimmensitatem fluxus refluxusque ne reptilia quidem vel audire, vel vide-re sustinent, quo circa ad radius montium justa confugiunt. Tempestateautem desinente, in sublime efferuntur voragines, specie relucente varia,turbinibusque ac motibus ventorum, aut ingentium serpentum spirir non

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adsimiles». Arist. Ibid pag. 733 e seg.Delle vespe di Nasso«Vespas, ferunt, in Naxo, si serpente gustato, quorum caro pergrata est

illis, aculeum infixerint alicui, tantos dolores exicitare; ut tolerabilioresvideantur ictus serpentum» Arist. Ibid pag. 736

Sul tonno salato primieramente posto in uso da fenici per trasportar-lo in Cartagine

«Phoenices, aiunt, qui Gaditam inhabitant *** thunnorum copiamisthic innumerabilem inveniri tradunt, magnitudine, densitaque incredibi-li, quos salsos vasis impositos Carthaginem deportant, unde soli non eve-huntur, sed ob singularem vanitatum absumuntur» Arist. Ibid pag. 734

Sulla marea del faro di Messina/ Fonte di Siracusa mirabile«Fretum inter Siciliam et Italiam una cum luna intumescit et subsidet.

Porro in prato iusta viam quae Syracusas ducit, fons est neque amplius,neque aqua larga scaturiens, ad quem cum turba numerosa confluisset,auctus subito praebuit aquarum abunde liberalem copiam».

Lago de’ Palici«Est et fons in Palice Siciliae amplitudine decaclini. Aquas ad sex

cubitorum altitudinem eiicit, ut inundaturus planitium omnem videatur,verum eodem loco diffluens constitit: porro iuriiurando hic sacer haberisolet. Quae enim cumque libet, tabellae inscribunt, inque fontem abiiciunt:ea si vero iureiurando confirmentur, natans in superficie tabula testabitur:sin secus, velut pondere depressa eripitur ex oculis, igneque corripiturperiurus. Quo circa fideiussorem capit sacerdos, qui iusta numinis vindic-ta sacrum execrandumque, si peierarit, asportet» Arist. Ibid pag. 720.

Fuochi notturni naturali che si veggono in Lipari«In Lipara conspicum quidem ignem lucentemque sed noctu tantum

videtur. Aiunt et themsis insulis aestuaria esse, ignea quidem vi, ferven-tique supra modum ardore, nec tamen flammam mittere.

Porro alterum in Lipara, inquit Xenophanes, interdum annis sexdecimprorsus extingui, decimo septimo rursum rediri».

Fuochi dell’Etna«Illam quoque ignis favillam que ex monte Aetna solet erumpere, aiunt

esse nec flammeam, nec continuam; sed post multos annos redire***Cum primis vero admiratione dignum est, quod circa Siciliae craterem,

inquiiunt, ignium emicentium latitudinem stadia quadraginta patere, alti-tudine autem vix ad tria usque tolli. Arist. Ibid pag. 718

Terra dum ignem sentit, quod plus aut minus it pati soleat, varios sapo-rum colorumque formas contrahit; quippe quae aluminis, calcis et caetero-

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rum id genus virtutibus plena reddatur: per quae dum trasmittitur aquaquae dulcis est, permutari solet. Et quaedam accessit quo modo in Siciliaagro Sicanico evenire videmus. Inibi enim oxalme (quem acidam muriaminterpretor) gignitur, qua ut aceto in quibusdam epularum generibus utisolent. Arist. Meteoro<lo>gicorum lib. 2 t. 1 ediz. cit. pag. 78

Architettura

Villa GiuliaA 11 giugno 1778 fu compito il giardino pubblico di Palermo detto

Villa Giulia dal nome della moglie del viceré di quel tempo MarcoAntonio Colonna.

Orto BotanicoA 27 ottobre 1789 per ordine del viceré Principe di Caramanico si

gettò la prima pietra dell’edificio dell’Orto Botanico in Palermo, sul dise-gno di Leone Duforny architetto francese135 che allora trovavasi inPalermo.

Campo santoA 21 aprile 1783 si gettò la prima petra del pubblico Cimitero in

Palermo, detto Camposanto, alla presenza del viceré DomenicoCaracciolo Marchese di Villamajna.

Seminario de’ GreciA 19 dicembre 1734 fu terminato e aperto il Seminario de’ Greci fon-

dato dal P. Giorgio Guzzetta sacerdote Palermitano dell’Oratorio di cuiesiste ivi il ritratto in alto rilievo in marmo dello scultore IgnazioMarabitti.136

Albergo de’ poveriL’Albergo de’ poveri di Palermo fu cominciato a 29 aprile 1746 sotto

il viceré Principe di Corsini. Terminata a metà la chiesa e qualche dormi-torio furono ivi trasferiti i poveri che erano nell’Albergo vecchio a Portadi Termini. Ciò avvenne a’ 6 aprile 1772.

<Palazzo Chiaramonte o Steri>Il Palazzo che s’innalza in fondo del largo della Marina detto Steri, e

serve al presente per uso di Tribunali fu fabbricato da Manfredi Chiaramonteverso il 1307 e fu occupato da quell’illustre famiglia fino al 1392 in cui_________________________________

135 Léon Dufourny, architetto, nato a Parigi nel 1754, ivi morto nel 1818, docente di architettura pres-so l’Institute de France, divulgatore del classic revival; presente in Sicilia dal 1789 al 1794.136 Ignazio Marabitti, scultore, nato a Palermo nel 1719, ivi morto nel 1797).

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Andrea Chiaramonte, ottavo di tal nome, e conte di Modica, fu decapitatocome ribelle, e il palazzo incamerato alla Reale Corte. Esso avea attinenzadi giardini per tutto il piano della Marina fino a quello di S. Erasmo e pelquartiere della Kalsa. Ivi avvi una chiesetta appartenente al Palazzo sottopiano della scala della Dogana che ne facea parte, vi è una sacra imaginedella Beata Vergine con Sant’Antonio in fondo dorato che è pittura di quel-l’epoca. I travi del palazzo sono tutti istoriati e con iscrizioni.

Il convento e la chiesa di S. Oliva de’ PP. Minimi di San Francesco diPaola in Palermo fu cominciato nel 1518 a spese del duca di Monteleone.

L’altro convento, e chiesa della Vittoria fuori Porta Nuova furonocostruiti nel 1598.

Carlo Ventimiglia fu nipote di Alfonso Roisio consigliere antico egrande amatore delle patrie antichità dal quale ebbe forse ispirato l’amoreper l’archeologia. G. Gualtieri Tab. ant. Siciliae pag. 82.137 Egli fu erededella sua raccolta archeologica Gualtieri pag. 40138 che donolla alla Societàdi Gesù.

Alfonso Zoppetta è lodato come veterum monumentorum investigator.Gualt. pag. 46139.

Eredia [!] Sicola

Da una lapide in Mazzara in un palazzo presso il Collegio si ricava cheMaximo Memoriano sia stato edile in Mazzara nell’epoca romana sottol’imperatore Antonino.

Nel Duomo in Mazzara vi sono due sarcofagi uno all’interno dellanave sinistra con una caccia e un altro con un uomo a cavallo e un canecon iscrizioni greche.

Altro sarcofago ove sta scritto Tutinus auctor est anno MCLXXX. Avviuna figura cavata da serpenti alati e un putto con vaso libatorio, forse èdell’epoca del difunto racchiusovi.

In una lapide è rammentata Mazzara come Catania augustaLilybetanorum.

Alfonzo Bernardo Zoppetta Palermitano gran raccoglitore e amatore dicose antiche regalò a Termini diversi monumenti che riguardavano Imera,_________________________________

137 Georg Walther, Siciliae obiacentium insulae et Bruttiorum antiquae tabulae cum animadversio-nib. Georgii Gualtherii, Messanae, apud Petrum Bream, 1624, p. 97, n. 81.138 Georg Walther, Siciliae obiacentium … cit., p. 40.139 Georg Walther, Siciliae obiacentium … cit., p. 46.

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credo che fosser monete dalla descrizione.Da una lapide greca in Marsala si ricava ch’ivi era un ginnasio per

l’esercizio pugile della gioventù, fra cui quello che superava era coronatodi ulivo. Prefetto destinato dal Senato ne era Eraclide Zopiro. In dettaiscrizione sono segnati i nomi di varj giovani vincitori e coronati; cioèAsclepiade, figlio di Asclepiade

Artemone figlio di EutimioAntallo figlio di AntalloPolixeno figlio di AgatarcoProtarco figlio di ProtarcoGelojo figlio di GorgiloAristione figlio di NimfodoroSoripoli figlio di IsidooNicaro figlio di PironeApollonio figlio di SattirrhiZopiro figlio di Grachide

Il popolo e il Senato fecero innalzare un monumento son detti PopulusIonicus Galeae novi coloni.

Da un diploma in Mazzara appare che Giorgio Rozier l’ammiraglioAntiocheno viveva nel 1093.

Ruggieri pei soccorsi dati a Guglielmo duca di Puglia nel 1122 acqui-stò il posesso di metà di Palermo, e del ducato di Calabria, e nel 1127 l’in-tero ducato di Puglia.

Caruso Mem. Ist. p. 212 p. 71 t. 3. Pirri Chr. Reg. Sic., Sarri Ius pub.Sic. p. 1 c. 1 p. 166. Et ex inde Magnus Comes Italiae Calabriae et Siciliaedieci capit.140

È da sapere che metà di Palermo pria d’essere stata ceduta a Ruggieriapparteneva a’ duchi di Calabria.

Da una raccolta di Francesco Tardia ms. della Bib. Com. di Palermo

_________________________________

140 Giovanni Battista Caruso, Memorie istoriche di quanto è accaduto in Sicilia dal tempo de’ suoiprimieri abitatori sino alla coronazione del re Vittorio Amedeo raccolte ... da Gio. Battista Caruso... Parte prima volume primo [-parte terza volume secondo], Seconda edizione aumentata e corret-ta sopra il manuscritto dell’autore, In Palermo, nella stamperia di Antonino Gramignani impresso-re del real collegio borb. de’ R.R. PP. Teatini, 1737-1745, v. 2.1, p. 71; Rocco Pirri, Chronologiaregum, penes quos Siciliae fuit imperium post exactos Saracenos. Vbi Regum etiam familiae magnaex parte explicantur; eorumdem vices-gerentes, & praecipui quique consiliarij recensentur. …Panormi, ex typographia Petri Coppulae, 1643; Gaetano Sarri, Gius publico siculo, arricchito dinuove note e di copiosissimo indice, In Palermo, dalle stampe di Gaetano Maria Bentivenga, 1786,v. 1, p. 134.

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<Adversus quem Theodosius> minor Orientis imperator bellumpreparavit, quod ad effectum non venit Huniis enim ThraciamIllyricumque vastantibus, exercitus Wandalorum à Sicilia revocatu, et addefendendos Thraces et Illyrianos transmittitur.

Ex Isidori opera, Chronicon Vandalorum, pag. 403

Isidorus vir egregius, Hispalensis Ecclesiae episcopus, Leandri episco-pi successor et germanus floruit a tempore Mauritii imperatoris etRecocaredi regis, in quo quiddam sibi antiquitas vindicavit, immo nostrumtempus antiquitatis in eo scientiam imaginavit.

Praenotatio ad Isidori operam.

Fenia nel 5 libro delle Piante scrisse che il captus [!] è una pianta spi-nosa siciliana, e Teofrasto nel 6 libro della piante disse che nasca soltantoin Sicilia, né si ritrovi in Grecia.

Ciò è riferito da Ateneo Dipnosoph. l. 2 c. 33

Ex Isidori opera Parisiis apud Ionnium, 1601.Originum lib. XIIII – Sicilia – pag. 194141

Sicilia a Sicano rege Sicaniae cognominata est: deinde a Siculo Itali fratreSicilia. Prius autem Trinacria dicta propter tria άκρα [akra], id est promonto-ria, Pelorum, Pachinum et Lilyibaeum: Trinacria enim Graecum est, quodLatine, triquetra dicitur, quas in tres quadras diuisa. Hec ab Italia exiguo fretodiscreta, Africum mare prospectans, terris frugifera, auro abundans: cavernistamen et fistulis penetrabilis, ventisque et sulphure plena. Unde et ibi Aethnaemontis extant incendia: in cuius fretu Scylla est et Charybdis, quibus nauigiaaut absorbentur aut colliduntur. Fuit autem quondam patria Cyclopum; et pos-tea nutrix tyrannorum, frugum fertilis, ac primum terris omnibus commississeminibus aratro proscissa. Principem urbium Syracusas habet: fontemAretusam, et Alphaeum fluvuium magnorum generatorem equorum. In eainsula primum est inuenta comoedia. Achaten lapidem ipsa primum ex Achateflumine edidit. Parturit et mare eius corallum; gignit et salses Agrigentinos inigne solubiles, crepitates in aquis. Omnis ambitus ejus clauditor stadiorumtrium millium. Sallustius autem dicit Italiae conjunctam Siciliam fuisse: sedmedium spatium impetu maris divisum et per angustiam scissum._________________________________

141 Isidorus Hispalensis, Originum sive Etymologiarum, in: Opera omnia … Parisiis, apud MichaelemSonnium, 1601, p. 194-195.

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Tapsus insula, stadiis decem a Sicilia remota jacens et planior, unde etnuncupata, de qua Virgilius – “Tapsumque iacentem”.

Aeoliae insulae Siciliae, appellatae ab Aeolo Hippotae filio: quempoetae finxerunt regem fuisse ventorum, sed ut Varro dicit, rector fuitistarum insularum, & quia ex earum nebulis et fumo futuros praedice-bat flatus ventorum, ab imperitis visus est ventos sua potestate reti-nuisse. Eadem insulae et Vulcaniae vocantur, quod et ipsae sicut Aethnaardeant. Sunt autem nouem habentes propria nomina, quarum primamLyparus quidam Lyparen vocavit, qui eam ante Aeolum rexit. AlteraHiera vocatur quod sit collibus eminentissimis, reliquae vero, id est,Strongyle, Didyme, Ericusa, Phenicusa, Euonymos, Ericodes,Phaecicodes: quae quoniam nocte ardent, Aeoliae siue Vulcaniae dicun-tur. Ex iis quaedam ab initio non fuerunt, quaedam postea mari editaeusque nunc permanent.

Isidori Opera origin. Lib. XIV pag. 194 e seg.Cui Gensericus frater suus (id est Gunderici primi rex Wandalorum) ex

catholico apostata factus succedit in regnum annorum sexaginta: qui deBeticae provuinciae litore ad Mauritaniam venit, et Africa relicta inHispaniam transfretavit. Cui Valentinianus Occidentis imperator nonvalens obsistere pacem mittit, et partem Africae quam Wandali possede-rant tanquam pacifico tradidit, conditionibus ab eo sacramenti acceptis nequid amplius invaderet. Ille autem sacramenti religione violataCarthaginem pervadit Siciliam depraedatur, Panormum obsidet, Arrianampestilentiam, per totam Africam intromittit, sacerdotes Ecclesiae expellit,martyres plurimos efficit. Adversus quem Theodosium142.

Sul tipo siciliano delle belle arti predominante nell’isola ab antico

Ogni regione ha il suo tipo particolare nelle belle arti e talvolta ogniprovincia, come di recente si è osservato in Italia, dopo il Risorgimentonelli vari secoli di pittura, di scultura e di architettura.

La Sicilia bensì fin da’più antichi tempi per le varie genti straniere chel’occuparono le quali provvenivano da diverse regioni e finalmente per lecolonie greche che in due terze parti la dominarono, ebbe tipi svariati de’quali si sono adesso perdute le tracce come quello dei Sicani, de’ Sicoli,_________________________________

142 Il testo, interrotto, è tratto da Isidorus Hispalensis, Historia Gothorum, Vandalorum et Suevorum,74-76

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degli Elimi e solo ne rimangono poche reliquie né intiere di qualchemonumento ma moltissime di quelle delle colonie greche.

Anche di queste il tipo della pittura ch’è più esposta all’ingiurie deltempo e per se’ evaniscente si è interamente perduta, non così nella scul-tura, e più nell’architettura delle quali ci rimangono frammenti e cimeli eanche opere intere di un gusto graduato dal più antico dell’arte men per-fetta fino progressivamente alla perfezione ma con la caratteristica nostraisolana143.

Nella scultura le statue o frammenti sono su’ modello del vero elevatoal grande direi michelangiolesco, se così è il famoso Torso che si conser-va nel museo Biscari in Catania, di cui avvi il gesso supplito e raccozzatodal Villareale144 nel nostro <Museo> di Palermo. Tipo di eleganza bensìfedele al naturale è quell’altro torso che io riconobbi di essere appartenu-to a un Mercurio ed illustrai con un mio scritto e trovasi nel nostro Museo.Un tipo assai più aulico di scultura siciliana è quello che presentano le duemetope selinuntine nel nostro Museo in una delle quali scorgesi Ercoleuccisore de’ due ladroni che appesi ad un’asta li reca quasi in trionfo pen-denti sulle spalle e l’altra di una Quadriga guidata da un vincitore. In que-sti due alti rilievi in pietra calcare lo stile avvicinasi all’egiziano ma modi-ficato su quello peculiare de’ nostri antichi abitatori che pricorsero i grecied io appellerei tipo misto.

Alcune statue arcaiche ritruate in Sicilia già appartenenti al museo delbarone Astuto e da me fatti acquistare, a quello dell’Università con altrimolti oggetti archeologici, meritano di essere osservate e studiate non giàper le forme rozze ma per essere singolari e pel costume degli abiti indican-ti bensì il carattere nazionale e gli usi degli abiti di quei vetustissimi tempi.

Due coverchi di sepolcri in marmo e sopra due figure muliebri ad altis-simo rilievo trovate a Palermo a Portella di mare mostrano l’antica scultu-ra che introdussero i Fenici nella nostra città dopo che l’occuparono conaltri siti marittimi e vi fondarono Palermo, Mozia, Solunto allorchè navi-gando 800 anni pria di G.C. per il mar Tirreno furono adescati dall’ame-nità a stabilirvi la loro sede che poi cessero a connazionali cartaginiesi.Questi coverchi sepolcrali si conservano nel nostro Museo di belle arti.

Però non sappiamo se la scultura di essi abbia ricevuto modificazionida’ Fenicj qui soggiornanti da quella primitiva lor patria. In ogni modoquello stile duro e tagliente fu esclusivamente qui da cui parte._________________________________

143 Seguono cancellate le parole: “elegantissimo ma singolari per noi”.144 Le copie in gesso costituiscono degli esemplari didattici utilizzati anche dai docentidell’Accademia del Nudo.

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Nell’architettura siciliana si manifesta apertamente un tipo tutto pro-prio in gran parte diverso da quello di madre Grecia e delle nostre stessecittà occupate da’ Fenici e poi da’ Cartaginesi benchè in generale ne seguail sistema degli ordini. Un tempio fra più vetusti in Siracusa è quello dori-co gravissimo con fusti assai corti e stretto intercolunnio tipo originale pri-mitivo siciliano.

Le colonne anche degli altri nostri tempii posteriori dell’epoca grecanon sono di cinque diametri ma sovente di quattro o quattro e mezzo, el’intecolumnio è sempre più stretto ed altre minute particolarità i rendonoquell’ordine in parte diverso dal Pericleo di Grecia madre. Talchè da tuttigli architetti è stato denominato per la differenza dorico-greco-siculo. Unaparticolare predilezione poi mostrarono i siciliani per quest’ordine quasiesprimente la loro antica robustezza e forza di carattere dimostrata in tanteimprese guerriere lasciando a’ Greci, lor primitivi progenitori, l’ordinesemplice ed elegante jonico e quello festoso ed ornato corinzio che di raros’incontra ne’ monumenti antichi siciliani.

Il nostro severissimo dorico si assomiglia a quello de’ vetusti templi diPesto, nella prossima Calabria, che gareggiava con la Sicilia.

Nel famoso nostro tempio di Giove Olimpico in Agrigento scorgonsitali particolarità nelle doriche e robuste colonne esterne con terzo addos-sate a’ pilastri interni e in altre cose che non s’incontrano in nessuno de’templi di Grecia madre e anche di Pesto, talchè puossi dire non concezio-ne architettonica ma tipo siciliano.

Il sontuoso sepolcro eretto eretto in Catania all’insigne poeta lirico edepico Stesicoro Imerese secondo la descrizione rimastane ha singolaritàstraordinaria in architettura anche nella forma della pianta che puossi scor-gere al tutto nuova e siciliana.

L’architettura de’ tempi della dominazione romana fu più imitativa cheoriginale in Sicilia, perocché que’ conquistatori l’assoggettarono a’ lorousi delle palestre, degli odei, de’ circoli ma pure i resti di quegli edifizîpresentano delle modificazioni che accennano che l’ingegno siciliano nonsi rese servile a’ conquistatori romani, i quali se ci diedero leggi politichecolla forza ce ne lasciarono molte amministrative e spogliando l’isolanostra di tutte le belle statue ed oggetti preziosi d’arte per mezzo de’ loroproconsoli, e più per le rapine di Verre pure tolsero da noi il codice agra-rio, l’uso di coniare monete di argento, di tosar la barba, della veste talareche dava più dignità e degli orologi solari sul modello di quel di Cataniatrasportato in Roma e anche il culto di Cerere che trasferirono con la gransacerdotessa nella loro città. Con questo par che siano stati più prudenti e

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giudiziosi del moderno governo italiano che tutto ha voluto destrurre inSicilia coll’annessione senza sostituirci il meglio, anzi in molte cose ilpeggio. Ed ora ci ha rapito preziosissimi lavori d’arte in vari oggetti dopola soppressione degli ordini religiosi.

A continuare le varie istorie degli antichi tempi diremo che gli Arabiche nel 7° sec. di G.C. invasero la Sicilia e l’occuparono fino al 1071quando i prodi Normanni colla spada la tolsero ad essi e all’impero bizan-tino, recarono in quest’isola la loro peculiare architettura ma non già la pit-tura e la scultura vietata ad essi dal Corano.

Quella bizzarra architettura torreggiante elevata su colonnette e sopraarchi a sesto acuto e ricamata dallo scarpello coi graziosi ornati di foglia-me di viti e di fiori tutto opposta a quello dei greci sobria, grave, e rego-lare e monotona nelle forme subì in Sicilia notabili variazioni come puos-si osservare al paragone con l’altra dagli Arabi introdotta in Ispagna piùricca, più capricciosa, ma più goffa, ne’ sappiamo se ciò sia avvenuto perl’influenza degli stessi Arabi o degli architetti siciliani, i quali ad essi siassociarono. L’architettura musulmana ha un tipo anche proprio in Siciliadiverso dagli Arabi di Spagna e quella successiva dei conquistatori nor-manni, che presenta un misto dell’araba della bizantina e della lor proprianormanna che scorgesi nei tempî cristiani innalzati al culto di Dio dalconte e re Ruggiero, di Guglielmo 1° e 2°145 si ha un tipo146 d’imitazioneanche nostro che puossi dire raccozzato dagli architetti siciliani e che furo-no raccolti da que’ valorosi conquistatori per tutta l’isola. Qui perché siasispeculata l’architettura simbolica perocchè essendosi fatta ricostruire daGualtiero di Offamilio arcivescovo di Palermo nel 1170 col soccorsopecuniario di Guglielmo II normanno detto il Buono si volle nella cornicedella parete portica indicare per le teste a mezzo rilievo con turbanti emostaccidi saraceni infedeli debellati che sulla pittura vi figurano appesequasi in olocausto alla religione di Gesù Cristo.

Egli è vero che di questa architettura simbolica, i greci sicilioti ci avea-no lasciati esempî, avendo ne capitelli delle sculture ne’ tempi delle lorofalse divinità fatti scolpire gli emblemi delle medesime così puossi osser-vare in molti capitelli del Duomo di Monreale147 raccolti da tempi più anti-chi pagani, e difatti in alcumi vi si scorgono gli emblemi di Cerere ed in_________________________________

145 Seguono cancellate le parole: “innalzati al culto di Dio”.146 Seguono cancellate le parole: “anche tutto proprio”.147 Cfr. Guido Meli, Un albero pieno di vita. Opera riscoperta nel portico meridionale dellaCattedrale di Palermo, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1991. Il lavoro fu pubblicato inoccasione del Convegno “Giornate medievali a Palermo”, Palermo 11-13 aprile 1991.

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uno particolare ch’io vidi nel cortile dell’Albergo del Pizzuto in Palermo148

eravi il tridente che mostrava di essere appartenuto a qualche antico delu-bro sacrato a Nettuno.

Ma nella Cattedrale di Palermo, come ho detto, il trionfo de’ principinormanni sopra i Saraceni149 è compitamente150 rappresentato. Nel porticomeridionale poi del nostro Duomo, costruito posteriormente151 nell’epocaaragonese come dallo stemma si argomenta, avvi espressa in minuti ediligenti bassi rilievi con simboli la creazione e i vari misterî di nostrareligione.

Quest’uso della scultura allegorica non è nuovo osservandosi in varîtempi del medioevo in Italia. Una cosa nuova bensì si è che nell’architet-tura di un palazzo siano espressi i dritti della carica del magnate che n’eraproprietario152. Francesco Patella e Abatelli, nobile palermitano prodeguerriero, pretore di Palermo e maest<r>o portolano fece costruire nel1475 il suo sontuoso palazzo nella via dell’Alloro e sulla porta del pro-spetto fe’ scolpire una forca legata con funi tra il trave superiore e queilaterali per indicare che colla qualità di maestro portolano ne’ casi di pesteaveva dritto di far afforcare i contrabbandisti che mettevano in pericolodel contagio la città. Certo che quella strana decorazione non può averealtro significato e non già lo stemma proprio della famiglia che vi è pureespresso in un grifo rappante[!].

Io sono stato il primo a spiegare quella bizzarra simbolica153 sculturache puossi aggiungere154 a quella precedente della cripta cattedrale e proro-gate in Palermo fin dal 1475 anno della costruzione del Palazzo Patella,come leggesi nelle due fastose iscrizioni laterali, ove sono indicate tutte lesue gesta e le cariche fra le quali si legge: Regni hujus magister portulanus.

Quel magnifico palazzo, mancando egli di figli fu dal medesimolasciato155 alla seconda sua moglie Maria Tocco e alla morte di lei ordi-nò di fondarvisi il monistero della Pietà156 e d’innalzarvisi a lato la chie-_________________________________

148 Già ubicato nel mandamento Castellammare, in piazza San Domenico. La residenza era stata rica-vata da alcune case possedute dall’omonimo proprietario, il protomedico Paolo Pizzuto.149 Seguono cancellate le parole: “colle teste de’ sovrani”.150 Seguono cancellate le parole: “indicato e così pure il”.151 Seguono cancellate le parole: “verso l’anno”.152 Seguono cancellate le parole: “e l’aveva fatto costruire”.153 Segue cancellata la parola: “allegoria”.154 Seguono cancellate le parole: “all’architettura emblematica”.155 Seguono cancellate le parole: “per ultimo”.156 Dal 23 giugno 1954 sede della Pinacoteca nazionale e successivamente denominata GalleriaRegionale della Sicilia. La sistemazione del museo reca la firma di Carlo Scarpa (Venezia 1906-1978), architetto, designer e restauratore.

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sa per la quale destinò onze 400 e annualmente per il culto onze 100. (1)157

Quel grandioso monistero e la splendida chiesa coverta di marmi colo-rati è decorata di un magnifico prospetto divennero preda nel 1866 delDemanio e almeno ne avesse fatto buon uso perocchè in tutte le altre sop-presse ha negato sinanco le spese del culto divino - e le poche monache iviancora ricoverate devono supplirvi col miserabile loro assegnamento allamessa quotidiana. E meno male che il158 Demanio159 cedendolo al nostroMunicipio da cotesto intento alla distruzione non160 sia fatto diroccare comel’altro delle Sacre Stimmate profanati per uso di Teatro,161 che nel correnteanno 1868 si è cominciato ad abbattere162 prevenendo forse di mezzo seco-lo l’innalzamento163 del Teatro Massimo pel quale nella penuria assoluta didenaro mancheranno le ingentissime somme all’uopo necessarie.

164L’architettura simbolica antichissima in Sicilia, come si è detto165

risorse fra noi rinnovato nel Medioevo e presenta166 pure un tipo naziona-le siciliano. La scultura e la pittura figurativa ch’erano qui disparse nella<e>poca saracena e addette soltanto al culto secreto167 de’ cristiani di quel-_________________________________

157 In calce alle c. 131r-132r cassato il testo: “(1) Per la smania antireligiosa di abbattere ed abolirecol fatto chiese, come la parrocchia di S. Giacomo incrostata di marmi colorati ed ora diroccandopremurosamente il monistero delle Stimmate destinato pel Teatro massimo, anche magnifiche, emonasteri che si elevano come paglicule negli occhi ai protestanti, si è anticipata di molti e moltianni la distruzione del monistero delle Stimmate non essendo ancora dopo un anno e mezzo sceltoil disegno riessendo qui arrivati i dis<egni> nonostante si è ancora sotto giudizio il disegno preferi-bile degli architetti stranieri destinati acciò e che manchi al Comune indebitato l’ingente somma elasciandosi intanto priva [!] del culto religioso il sontuoso tempio di S. Domenico e ingombrati ditavole le cappelle e i 36 monumenti degli illustri siciliani per appendervi i cento e più disegni. È daosservarsi intanto che per le ingenti somme pazzamente sprecate dall’attuale Municipio (1868) perla fusione di oltre circa tre milioni per il politeama che costerà almeno cinque milioni di lire e rovi-nerà la più bella strada suburbana e per l’altra spesa senza oggetto di quattro mostruosi nicchioni altutto inutili della Villa Giulia di cui uno solo è stato compito e pure han costato circa 800mila lire ilComune fallito non meno che l’Erario nazionale non sarà al caso almeno per mezzo secolo dicostruire un teatro che come ha imaginato dovrà costare una somma assai più ingente del Politeama.Intanto si è distrutto un grandioso monistero per favorire un impresario”.N.d.C. Il degrado della chiesa di s. Giacomo è datato 1860, anno del bombardamento borbonico e sicompleterà nel 1943 con le incursioni aeree del secondo conflitto mondiale che ne decreteranno lademolizione. Cfr. Le parrocchie. A cura di Angela Mazze; introduzione di Maurizio Calvesi,Palermo, S.F. Flaccovio, [1979], p. 79 e sg.158 Segue cancellata la parola: “provvido”.159 Seguono cancellate le parole: “col Ministero”.160 Seguono cancellate le parole: “l’abbia”.161 Seguono cancellate le parole: “come si essere”.162 Seguono cancellate le parole: “e destrurre”.163 Seguono cancellate le parole: “di quello”. 164 Precedono cancellate le parole: “Il tipo adunque”.165 Seguono cancellate le parole: “per rinnovarlo”.166 Segue cancellata la parola: “esso”.167 Seguono cancellate le parole: “ne’ siciliani nell’e”.

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la <e>poca168 e soltanto a’ Maomettani conservato l’intaglio169 in marmi170

e l’arte del mosaico per ornamento delle loro moschee ripreser nuova vitasotto i principi Normanni. E siccome la Sicilia resistette alla precedentepersecuzione di Leone Isaurico delle sacre imagini e della setta orientaleiconoclasta di oriente poté quest’isola vantare sull’Italia d’aver conserva-to la pittura e la scultura figurativa alla religione del Cristo.

Però per le barbarie di tempi si171 rappresentavano in colori o a mosaici ocollo scarpello i Santi, Dio padre, Cristo e la Vergine Maria della prima epocanormanna smilzi, secchi, come scheletri quali sono quelli del tempietto cheora appellasi di S. Simone e fu di sacre figure ornato per ordine e spesa diGiorgio Antiocheno, grande ammiraglio de’ due Ruggieri normanni. Però mai nostri artisti posteriori accortisi bentosto di quel difetto cominciarono adingrandirne le forme fino all’esagerazione come scorgesi nell’Eterno padredell’abside della Cappella Palatina di Palermo e della Cattedrale di Monreale.

Quei due periodi successivi a breve intervallo dell’arte del mosaico inSicilia ricevette la sua perfezione nelle sacre figure dell’abside del172

Duomo di Cefalù di gran lunga superiori del gran tempio di S. Marco inVenezia173, come ho potuto scorgere co’ propri occhi nel 1844.

La Sicilia adunque può presentare tre tipi successivi dell’arte delmosaico ne’ suoi magnifici tempî che se non sono originariamente proprî174

degli Arabi175 pure per le modificazioni e l’aplicazioni alle sacre figure,possono dirsi esser divenuta industria artistica nostrale essendo vietato176

a’ Musulmani dal Corano di rappresentare figure umane o sacre.

La pittura

I principi normanni e svevi ci lasciarono invero pochi monumenti dipittura177 con colori a gomma a toni d’uovi sopra tavole ingessate._________________________________

168 Segue cancellata la parola: “saracena”.169 Seguono cancellate le parole: “di ornati”.170 Seguono cancellate le parole: “che svariati e ingegnosi mosaici di decorazione”.171 Seguono cancellate le parole: “effigiavano a co”.172 Segue cancellata la parola: “tempio”.173 Costituiscono per la storia delle arti figurative l’archetipo della composizione pittorica bizantina.Il Gallo ricorda, presumibilmente, la decorazione del transetto della basilica di San Marco raffigu-rante La scoperta delle reliquie di San Marco (sec. XIII).174 Seguono cancellate le parole: “anche per il magistero e i vetri colorati invenzioni proprie”.175 Seguono cancellate le parole: “da loro recate in quest’isola”.176 Segue cancellata la parola: “agl’”.177 Seguono cancellate le parole: “a guazzo”.

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In due madonne una del tempio di S. Simone e l’altro di Monte Verginilo stile grandeggia goffamente, ma pure è nostro e al tutto contrario di quel-lo secco di Cimabue178 e di altri pittori che si osservano in Italia e di alcuni inparticolare nel Cimitero di Pisa179. Un trittico nella chiesetta di Gesù e Mariapresso quella di Santa Cuma ha la singolarità di mostrare l’arte in progressosebbene vi si legga l’anno segnato 1222 anteriore a Cimabue ed a Giotto.

Un altro quadro sopra asse, quasi della stessa epoca, vi fu fatto osserva-re180 dal nostro egregio scultore Villareale che conservavasi nell’interno delmonistero di S.ta Caterina e con gran croce istoriata a figure sacre,181 scor-geasi nel Parlatorio del Cancelliere e un Crocifisso dipinto alquanto poste-riore si conserva in Termini. Le quali opere mostrano un carattere propriosiciliano sì per la vivace espressione182 e alcune e alcune [!] per l’ingrandi-mento delle forme che in Italia riteneansi ancora secche e cadaveriche.

La varietà delle Scuole appo noi ebbero ragione verso la metà del seco-lo XV e in progresso.

L’architettura negli anni seguenti ritenne183 nelle fabbriche di alcuninostri professori l’antico carattere del Medioe Evo con gli archetti a sestoacuto e il ricamo di fogliami a traforo o scolpiti sui muri come si scorgenella gran finestra angolare nel palazzo arcivescovile184 in Palermo e nel-l’altro surriferito del maestro portulano Patella185.

Altri nostri artisti modificarono quel vecchio stile con quello del risor-gimento186 rendendo quasi circolari gli archi acuti come sono quelli delportico di Santa Maria della Catena187 e nell’altro ***188 nel quale poste-

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178 Cenni (o Bencivieni) di Pepo, detto Cimabue, pittore (notizie 1272-1302). 179 Il Camposanto di Pisa fa parte del complesso architettonico della piazza dei Miracoli, progettatoda Giovanni di Simone (1278-1283). Nel Camposanto fra gli altri si ricorda l’affresco del Trionfodella Morte prima attribuito al pittore Francesco Traini (sec. XIV), oggi invece al pittore Buonamicodi Martino, detto Buffalmacco, nato a Firenze nel 1290, ivi morto nel 1340. 180 Seguono cancellate le parole: “nell’inter”.181 Seguono cancellate le parole: “ma alquanto posteriore si conservano in Termini”.182 Cfr. Maria Concetta Di Natale, Le croci dipinte in Sicilia. L’area occidentale dal XIV al XVI seco-lo, Palermo, Flaccovio, 1992.183 Seguono cancellate le parole: “in alcuni nostri”.184 All’angolo della facciata principale di stile gotico del Palazzo arcivescovile, edificato a partire dal1460 per opera dell’arcivescovo Simone di Bologna, si staglia l’elegante trifora.185 Matteo Carnilivari, architetto, nato a Noto e vissuto nella seconda metà del sec. XV, è il progetti-sta dell’edificio. Cfr. Filippo Meli, Matteo Carnilivari e l’architettura del Quattro e Cinquecento inPalermo da documenti inediti, Roma, F.lli Palombi, 1958.186 Seguono cancellate le parole: “curvando gli archetti”.187 Il portico della chiesa di S. Maria della Catena presenta degli elementi ispanizzanti caratteristicidell’architettura del XV secolo.188 La similitudine stilistica è con la chiesa di S. Maria la Nuova che presenta il portico a tre arcatetra due filoncini.

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riormente fu addossata collo stesso stile la fabbrica delle stanze superiori.Queste novità in architettura son tutte siciliane e presentano un tipo

nostro peculiare che indi sviluppossi in quello palladiano d’Italia189.Sorsero allora tra noi come ivi le varie scuole di pittura e di scultura.

Primeggiarono quella di Palermo e l’altra di Messina più antica190. Ma laprima è tutta originale e la seconda di bella imitazione delle migliori scuo-le dell’Italia, avendo quel Municipio fin dall’epoca del risorgimento191

sostenuto fuori a studiare i suoi concittadini talché ritornarono egregî arti-sti sì ma seguaci per lo più di quelle d’Italia. Non così il municipio diPalermo che per molti secoli non si diè mai briga d’inviare in Italia i gio-vani artisti, ma invece in Bologna quelli che attendevano allo studio dellagiurisprudenza come Antonio <Beccadelli detto il panormita>.

Da questa trascuranza del Comune di Palermo provenne alle nostrescuole di pittura e di scultura un bene perocché studiando i nostri giovaniin patria acquistarono una originalità e si distinsero alcuni anche sugli arti-sti italiani contemporanei non raggiungendo bensì i sommi Buonarroti,Sanzio, Correggio e Tiziano.

L’Anemolo192 recossi in Roma, studiò le opere di Raffaello, fu iniziatoparticolarmente da Polidoro Caldara, ma avendo osservato il bel coloritode’ pittori veneziani nel disegno mostrossi raffaellesco e nelle tinte segua-ce della scuola veneziana e in parte di quella di Leonardo da Vinci che hatinte più robuste e sorgive. Egli puossi dire un pittore ecclettico, e incon-tra stabilmente per tal qualità superiore agli altri del secolo XVI inPalermo. Talché presenta nei suoi molteplici quadri e più nel suo capola-voro la Discesa dalla Croce193 pria nella chiesa di S. Giacomo ora nellanostra Università, un tipo di bellezza, eleganza artistica siciliana.

Pietro Novelli194 nato in Monreale a 2 marzo 1603 ma soggiornantesempre nella vicina Palermo e morto ivi a 22 agosto 1647 ne’ suoi moltis-_________________________________

189 Il concetto di palladianesimo espresso dal Gallo si riferisce al contesto classicistico a cui aderisco-no anche gli architetti del neoclassicismo siciliano: leggi per tutti Giuseppe Venanzio Marvuglia.190 Una lunga e tormentata controversia intercorre tra Gallo e gli storiografi delle due capitali dellearti figurative: Cfr. Carmelo La Farina, Ricerche intorno le belle arti e gli artisti fioriti in varie epo-che in Messina, Messina, Stamp. Fiumara, 1835.191 Segue cancellata la parola: “spedito”.192 Vincenzo degli Azani da Pavia, conosciuto anche come Vincenzo Anemolo, (detto anche ilRomano), pittore attivo dal 1529 al 1557, anno della morte. Una versione biografica è reperibile inAgostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 461-463. La mostraantologica, Vincenzo degli Azani da Pavia e la cultura figurativa in Sicilia nell’età di Carlo V. A curadi Teresa Viscuso, Siracusa, Ediprint, 1999, ne ha individuato le caratteristiche compositive e pitto-riche.193 Il dipinto non è citato nel catalogo Vincenzo degli Azani … cit.194 Vedi nota n. 18.

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simi quadri mostrò non solo fecondità d’invenzioni, rapida spontaneità dipennello e buon disegno e fondò in Sicilia una scuola di pittura che puos-si dire originale, perocchè è da riguardarsi anche per l’Italia come il primotra i pittori naturalisti che non fu da nessuno superato per la verità de’ voltie per l’efficacia dell’espressioni, talchè sembra a ciascuno che miri i per-sonaggi delle sue tele di averli conosciuti e incontrati in società o nellecampagne. Non pertanto in quelli di una classe più elevata scorgesi rigo-rosamente il vero congiunto ad un grado d’ideale che confondesi con l’al-tro lo nobi<li>ta ma non l’altera punto.

E siccome egli lasciò molti scolari che nol raggiunsero ma pure neseguirono le tracce può esser considerato come il fondatore del vero tipopittorico siciliano sì per l’anzidette qualità e sì per avere ritratto fedelmen-te le fisionomie de’ suoi connazionali.

Nella scultura in legno e particolarmente ne’ piccoli pastori da presepesegnolossi in Sicilia quasi allo stesso tempo del Novelli un certo Matera195 cheseppe ritrarre i villici, le pecore, i buoi, i cavalli con tale evidenza e fedeltànelle forme che non puossi far di meglio. Però, nell’effigiare i Re Magi per ipresepi, non seppe elevarsi alla dignità di quegli alti personaggi il che ci facredere ch’egli sia sempre vissuto nei campi. Similmente nella pittura abilis-simo mostrossi a rappresentare i villici e i loro costumi e gli animali.

Nella scultura possiam noi vantare una famiglia di artisti diCaltagirone per nome Bongiovanni, i quali dalla metà del secolo XVIIIfinoggi han modellato in creta i costumi de’ villici, degli artigiani de’ ven-ditori con tale evidenza d’imitazione e di volti di vario carattere che quel-le figure di circa un palmo sono ricercate avidamente dagli stranieri e for-mano ormai l’ornamento de’ gabinetti de i nostri e degli esteri amatori.

Quella scuola trascorse in Palermo e in essa si sono distinti *** Marino196,il quale esegue anche bene ritratti in cera ed è buono scultore in legno.

In quest’arte poi si elevarono Girolamo Bagnasco197 e FrancescoQuattrocchi198 poco dopo la metà del secolo corrente e ornarono di statuemolte chiese di Palermo e dell’interno dell’isola.199 Ne’ volti della VergineMaria e di altre sante e sé in quelle di vecchi di gran carattere è improntato iltipo siciliano e particolarmente in quello femineo la rotondità, il piccante e la_________________________________

195 Giovanni Matera, scultore, nato a Trapani 1653, ivi morto nel 1708.196 Pietro Marino, scultore, operante nel XVIII secolo.197 Girolamo Bagnasco, scultore, nato a Palermo nel 1759, ivi morto nel 1832. Cfr. Agostino Gallo,Lavoro … cit., p. 259-262.198 Francesco Quattrocchi, scultore e decoratore palermitano attivo nella prima metà del XIX secolo.199 A c. 135r nota a margine: “E tutti questi artisti non imitatori degli esteri hanno un tipo siciliano”.

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grazia delle nostre donne. Il Bagnasco anche si distinse anche ne’ pastori, ne’bassi rilievi di altari guidato bensì da’ disegni del suo amico Giuseppe Pataniae il Quattrocchi ne’ volti senili de’ santi ed elevossi nel suo Cristo morto, figu-ra al naturale nella chiesa della Solidad in Palermo. Era egli operosissimo infa-ticabile artista e in pochi giorni nel 1860 fe’ molte statue per macchine dispo-ste dalla nostra città per onorar la venuta del nuovo re Vittorio Emanuele eduna colossale in una notte e poche ore del giorno seguente, onde diffaticatosidi troppo ne morì. Nelle opere di questi due valorosi artisti vi ha sempre il tiposiciliano, che par che sia stato esclusivo di quelli di Palermo, onde possonomeritare il vanto di originalità fino a Giuseppe Patania di cui ora ragioneremo.

Costui, nato in Palermo nel 1780 figlio di un misero sarto cominciò adisegnar da se e per pochi mesi migliorò sotto il celebre GiuseppeVelasques200 e allontanatosene per il brusco trattamento del medesimo glidisse: Sarò pittore senza di lui. E lo fu. Perocchè nel procacciarsi da vivere,cominciò a dipingere per poca moneta cartelloni da teatro e progredendo col-l’esercizio in questi dipinti di grande effetto e in piccoli ad olio imitante l’an-tico divenne grado grado artista di prim’ordine principalmente per l’inven-zione, per la grazia e facilità di pennello. Riuscì in tutti i generi, nel paesag-gio e vieppiù ne’ ritratti e ne’ disegni a penna, ammirati dallo stesso celebreCamuccini201 in Napoli presso il marchese Gargallo alla mia presenza. Lasciòa’ suoi eredi di questi disegni di storia patria, profana, mitologica e della vitadi Gesù tutti di sua originale composizione e condotti con diligenza e vivaceespressione circa a 500 carte, di cui metà furono da me acquistati.

I migliori pittori attuali Giuseppe Bagnasco202, Natale Carta203, che or siè reso celebre in Roma, Giuseppe Carta juniore204, Giuseppe Di Giovanni205

ed alcuni altri che figurano ormai nell’interno di quest’isola furono suoi_________________________________

200 Vedi nota n. 33.201 Vincenzo Camuccini, pittore, nato a Roma nel 1771, ivi morto nel 1884, rappresentante del neo-classicismo romano.202 Giuseppe Bagnasco, scultore, nato a Palermo nel 1807, ivi morto nel 1882. Cfr. Agostino Gallo,Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 379-380.203 Natale Carta, pittore, nato a Messina nel 1800, morto a Palermo nel 1884. Cfr. Agostino Gallo,Parte prima delle notizie di pittori e musaicisti … cit., p. 275-276 e Parte seconda delle notizie dipittori e mosaicisti … cit., p. 322-324.204 Giuseppe Carta <junior>, pittore, figlio e allievo di Natale, nato a Palermo nel 1809/1810, ivimorto nel 1889. Cfr. Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti …, cit., p.389-391. Il Gallo lo chiama juniore per distinguerlo dal nonno Giuseppe, pittore, nato a Messina, eda un altro Giuseppe, pittore, cugino del padre, nato a Messina nel 1760, ivi morto nel 1832.205 Giuseppe Di Giovanni, pittore, incisore, illustratore di libri, nato a Palermo nel 1814, ivi morto nel1898. Il 23 novembre 1834 Valerio Villareale, firma la liberatoria d’ingresso alla «Quadreria dellaR. Università di Studi», reputandolo «abile a poter studiare ne’ gessi e dipingere» (Archivio di Statodi Palermo, Permessi di studio…, Misc. Arch. II, n. 316.

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scolari ma nessuno menochè Di Giovanni e il Carta seguì interamente lostile del maestro avendolo gli altri modificato colla scuola estera delRiolo206 e del Lo Forte207. Talchè il solo Patania e i predetti due diseguali eparticolarmente il loro maestro possono mostrare il vero tipo nazionale e ilPatania ne’ dipinti da cavalletto e ne’ volti feminei ritrae sempre con graziasingolare le nostre più belle ragazze, come puossi osservare nelle tre Venerich’io ne posseiedo e nell’Amor materno sul concetto di Correggio208. Morìegli compianto da tutti e da nessuno ancor seppelito nel 1852. L’invidia loproseguì fino alla tomba per essere egli stato preferito dal pubblico ed affol-lato di lavori. E ben disse sul proposito il poeta inglese Pope:

L’invidia siegue il meritocome il corpo in sentiero.Ma al par di quello mostraciche sia reale e vero.La prova incontrastabile si è che la sua Venere e Adone presentata dopo la

di lui morte all’Esposizione di Firenze e il suo Ritratto furono da tutti ammi-rati e i suoi piccoli quadri dai suoi eredi venduti al doppio di quanto egli stes-so discretamente rilasciavali, che ora anche al triplo, eppure i suoi invidi e nonemoli sparlano di lui e del suo massimo tra gli allievi Natale Carta che inRoma era già consigliere dell’Accademia di San Luca ed è stato eletto dal votodella medesima Accademia di San Luca cattedratico di pittura per l’insegna-mento del disegno insieme col commendatore Podesti209, come mi avvisa ilmio dolce amico Salvatore Betti con sua lettera del 20 luglio 1868. Sembrache col Patania sia cessata in Palermo e in Sicilia la scuola del suo tipo nazio-nale essendo gli altri valorosi artisti che hanno studiato fuori rivolti alle imita-zioni del bello sotto egregi maestri. Nella scultura e architettura che vantava-no tra noi una propria originalità ab antico l’han conservata ma sono divenu-ti imitatrici delle altre scuole italiane. E lo stesso Villareale insigne scultore eallievo di Canova dopo trent’anni circa di dimora in Roma in Napoli recò tranoi il bello classico dell’arte sua al quale educò Rosolino Barbera210, Rosario

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206 Vedi nota n. 34.207 Salvatore Lo Forte, pittore, nato a Palermo nel 1809, ivi morto nel 1885. Cfr. Agostino Gallo,Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 375-378.208 Antonio Allegri, detto il Correggio, pittore rappresentante del manierismo emiliano, nato aCorreggio nel 1488, ivi morto nel 1534.209 Francesco Podesti, pittore, nato ad Ancona il 21 marzo 1800, morto a Roma il 10 febbraio 1895.210 Rosolino Barbera, scultore, allievo di Valerio Villareale. Il 27 ottobre 1827 Giuseppe Patania, inqualità di docente della Scuola di Disegno presso la R. Università degli Studi di Palermo, dichiara«di conoscere tutta la suscettibilità» dell’allievo e lo reputa idoneo « a potere studiare sui modelli digesso esistenti» nella sede accademica. A.S.PA, Permessi di studio … cit., Misc. Arch. II, n. 316.

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Anastasi211, Benedetto De Lisi212, Nunzio Morello213, *** Barbera214 eGiuseppe Pollet215 che distinguesi adesso tra’ migliori scultori in Parigi.

E’ un problema bensì delle belle arti se il bello classico antico o purequello troppo naturale di pedantesca imitazione siano preferibili all’altrooriginale che mostra la fisionomia e il carattere e il tipo di un regno e diuna provincia.

Certo è bensi che l’Italia era fastosa delle sue varie scuole di cui pro-vinciali o di antiche città come sono la romana, la fiorentina, la lombarda,la bolognese, la napoletana e vi aggiungo la siciliana e fra l’estere la fiam-minga, la spagnola, la francese, inglese e tedesca. Laddove confuse questescuole in una o due soltanto di mera imitazione non possono rappresenta-re la varietà del bello e le umane figure e anche nel paesaggio che offre lanatura dapertutto. Ma così riunite con un modello d’imitazione perdonol’originalità ed acquistano la pesante monotonia che rifugge nella poesia enelle arti del disegno da quel bello svariato e piccante che noi ammiriamoin natura e riprodotto nelle varie Gallerie di Europa.

Palermo, 27 luglio 1868Dettato da Agostino Gallo

Belle arti in SiciliaNotizie sugli artisti siciliani216

Belle arti in Sicilia Secolo XIII

La dinastia dei principi Normanni che cominciò sin dall’XI secolo adominare in Sicilia impugnando i suoi due gran capitani RobertoGuiscardo e Ruggieri Bosso colla destra la spada e con la sinistra la crocefavorì sempre la religione cristiana e quindi col culto delle sacre imaginisorsero in quest’isola artisti in gran numero coi nuovi tempî erettivi; tal-_________________________________

211 Rosario Anastasi, scultore palermitano. L’8 ottobre 1830 Valerio Villareale avalla l’ingresso «nellostudio de’ quadri e gessi» presso il Real Museo di Palermo. A.S.PA., Misc. Arch. II, n. Permessi distudio … cit.212 Benedetto De Lisi, scultore, nato a Palermo nel 1831, ivi morto nel 1875.213 Nunzio Morello, scultore, nato a Palermo nel 1806, ivi morto nel 1875 o 1878.214 Carlo La Barbera, pittore attivo nel XIX secolo. Rubricato in Agostino Gallo, Parte seconda dellenotizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 388.215 Joseph Michel-Ange Pollet, scultore, nato a Palermo nel 1814 e morto a Parigi nel 1870. L’8 otto-bre 1830 Valerio Villareale ne avalla l’ingresso «nello studio de’ quadri e gessi» presso il Real Museodi Palermo. A.S.PA., Permessi di studio … cit., Misc. Arc. II, n. 316.216 Postilla dell’A.: “E tutti questi artisti non imitatori degli esteri hanno un tipo siciliano”.

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chè architetti, scultori, mosaicisti e pittori furono allora occupati conimmenso loro profitto in lavori magnifici e multiplici.

L’arte in quel tempo non era che una, la quale piegavasi sul fondamen-to del disegno all’architettura e alla scultura, alla pittura a colori sciolti ingomme o al torlo d’uovo o al mosaico con sassolini e vetri colorati.

La successiva dinastia Sveva sebbene non fosse stata molto tenera perla religione anzi provocata dai Papi l’ostegiasse pure in apparenza per con-fessar l’amore dei popoli mostrava di favorirla affinchè non desse maggio-ri pretesti alla corte romana che li avrebbe voluto suportarle a rivolta.

In quel secolo eransi iniziate in Germania per spirito di religione eforse di liberalismo le Compagnie degli artisti che si offrivano a costruiretempî a plausibili condizioni onde sorsero le sontuose cattedrali diGermania e d’Italia. L’imperator Federico, secondo il Pirri (1)217, sin dal1221 confermò in Sicilia la Festa dell’offerta dei cerei, stabilita forse neltempo dei principi normanni, dei varî consolati di mestieri dandone eglistesso l’empio con offrire il suo cereo nella Cattedrale di Palermo nei gior-ni solenni della Natività e Resurrezione del Redentore e nell’Assunzionedella Vergine.

Ecco le parole del Pirro: «Imp. Fridericus II insulae rex in unoque,videlicet anniversario tarenos 200 et cereos et ex aloe tam pro ipsis anni-versariis quam pro solemnitatibus dominice nativitatis resurrectionis etassumptionis Virginis secundum quod antea ipsa ecclesia consuevit».

Sembra che questa festa dei cerei siesi posteriormente limitata al gior-no 15 di agosto in cui festeggiasi dalla Chiesa l’Assunzione della VergineMaria e Palermo che con tutta la magnificenza la celebrava ne die’ l’esem-pio a tutte le cattedrali dell’isola come da un regolamento dell’arcivesco-vo di Palermo pei dì festivi dei santi titolari si argomenta (2)218.

Noi tralasciamo d’occuparci delle forme di quella solennità per trarreargomento da quella pratica religiosa seguita dai re Aragonesi e successi-vamente fino al 1860 in cui fu abolita nella vertigine dei tempi nostri chetutte le antiche usanze ha destrutto per mostrare che un gran numero diartisti vi dovea essere a Palermo nei tempi normanni, svevi, e successivi,il che reca meraviglia per le due epoche menzionate, in cui erano scarsis-_________________________________

217 A c. 140v nota in calce: “(1) Not. 1a Pan. pag. 144”. <Rocco Pirri, Sicilia sacra disquisitionibus,et notitiis illustrata. … Editio secunda. Correctior, ac aucta ampliori Regum Siciliae chronologia, ...Panormi, ex typographia Petri Coppulae, 1644, p. 144>.218 A c. 140v nota in calce: “(2) Amato, De principe templo panormit., <libri XIII> Pan. 1728, perAiccardo, pag. 88 e seg.” <Giovanni Maria Amato, De principe templo panormitano libri XIII, inquibus ostenditur panormitana cathedra a S. Petro apostolo instituta ... Panormi, ex typographiaJoannis Baptistae Aiccardo, 1728, p. 88 e seg.>

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simi in Italia benchè per poco fosse stata interrotta quella costumanza sulprincipio del secolo XVI che indi venne ripristinata e per straordinarie cir-costanze interrotta dal 1708 fino al 1729.

La popolazione divisa sin dall’origine della nostra monarchia in diver-si consolati di mestieri era tenuta a prestare omaggio alla Beata Verginecol cereo che offrirle dovea nella Cattedrale ad essa consacrata nel giorno15 agosto nel quale con solenne processione percorreano le vie dellanostra capitale. Da un documento addotto dall’Amato dell’opera citata(1)219 rilevansi tutti consolati ch’erano ammessi a quella sacra funzione frai quali quelle degli scultori e dei pittori e degli orefici. Però non veggomenzionati gli architetti per la ragione testè indicata che gli scultori e i pit-tori di quel tempo esercitavano congiuntamente quella professione.

Or trattandosi di consolati rappresentanti un ceto di persone addetti adun mestiere, non puossi supporre che fossero uno o due, ma molti sotto ilgoverno di un capo o superiore; laonde quegli artisti eran per certo in buonnumero ed invero nelle antiche chiese di Palermo e delle principali cittàdell’isola nostra si osservano ancora nonostante la destruzione recatavi daltempo degl’incendi e dalle guerre a cui essa è stata soggetta molte statuee dipinture e sacri e profani edifizi che annunziano la vetustà delMedioevo. Ma sia che gli artisti non ardivano di apporre il loro nome sottole sacre imagini forse per riverenza credendo profanarle, come era pur vie-tato nei tempi greci agli architetti pei tempî sia ch’ora allora prevalsa que-sta usanza per divieto del Governo, noi ignoriamo gli artefici che esegui-rono quelle opere e appena ho potuto di pochissimi indagarne il nomerammentati in diplomi ed altre antiche carte.

Ho incluso fra gli artisti gli orefici abilitati anch’essi a presentare illoro cereo perocchè tali devonsi riguardare e particolarmente in queltempo in cui facevano lavori mirabili di disegno figurativo e ornamentalein rame, in oro e in argento e in leggiadri smalti talchè in una mia operet-ta220 sostenni che l’arte di smaltare è antichissima in Sicilia, alcuni deiquali lavori conservansi ancora nelle nostre vetuste chiese.

Posteriormente prevalse tra noi l’uso che i consolati ciascuno dei qualiaveasi costruita una chiesa per le riunioni religiose nel dì della presenta-_________________________________

219 A c. 141r nota in calce: “(1) pag. 86 e seg.” <Giovanni Maria Amato, De principe templo panor-mitano ..., cit., p. 86-87>. Per le notizie storiche, cfr: “Opuscoli del marchese di Villabianca”,Francesco Maria Emanuele Getani, marchese di Villabianca, Processioni di Palermo sacre e profa-ne. A cura di Angela Mazzè, Palermo, Giada, 1989, p. 115-125.220 Cfr. Agostino Gallo, Sull’influenza ch’esercitarono gli artisti italiani in vari regni d’Europa adintrodurre, diffondervi e migliorar l’arte d’intagliare cammei e pietre dure, incidere in rame, cesel-lare e smaltare in argento e in oro, Palermo, Tip. Barcellona, 1863.

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zione del cereo conduceva nel Piano della nostra Cattedrale una macchinadi legno ornata architettonicamente di colonne dorate entro le quali scor-geasi la statua di legno del santo protettore ovvero l’imagine di esso contesta, mani e piedi modellati in cera e abbigliato di fine drapperia.

Il lusso religioso in questo in questo riguardo crebbe tanto che questemacchine, da noi dette cilî e quelle figure sacre divennero toneggiantimonumenti d’arte eseguite magistrevolmente secondo il gusto dei tempi.E in alcuni di questi cilî scorgeansi sempre rappresentati in molte figurebrani di storia sacra talvolta profane come nel cilio dei pp. Cappuccinidiviso in più ordini di architettura ove vi si scorgevano bene effigiati incera da circa 60 figure maschili e femmine e di bambini che io con sommorammarico vidi colla macchina distrutta vendersi a tenuissimo prezzo almodellatore in cera Giuseppe Cocchiara nel 1853 e tuttavia la sua vedovamoglie conserva di alcuni le teste.

Fra le macchine di tal genere più magnifiche oltre quelle or menziona-te dei pp. Cappuccini esservi l’altra dei pp. Domenicani di Santa Cita, seb-bene le altre meno grandi eran tutte variate e di bizzarro disegno coningente spesa d’intaglio e di doratura.

Le confraternite non avevano cilio esponevano e recavano in proces-sione le statue dei rispettivi santi protettori sopra una gran base di legnoche i devoti come i cilî anzidetti recavano indosso accompagnati da stru-menti musicali.

Fra queste statue era singolare il gruppo dei due Santi Cosma eDamiani non per bellezza artistica giacchè per questo riguardo era singo-lare quella scolpita da Gagini221 in legno di San Giacomo a cui indi fuaggiunta l’altra inferiore di S. Filippo.

Le due statue congiunte di S. Cosma e Damiano che appartenevanoalla Congregazione dei marinari, eran da loro condotte in processione conrapidissima corsa e in mezzo alla piazza Vigliena222 vi faceano eseguireuna specie di ridda aggirandoli a tondo come un anemolo.

Queste ridicole usanze e la celerissima corsa dei due santi ebbe origi-ne da un fatto istorico perocchè essendo essi implorati dalle città comeSanti medici nelle occasioni della peste ciascuna famiglia che n’era affet-ta desiderava di avere i santi innanzi la propria magione affinchè ne fosse_________________________________

221 L’opera non è registrata nel saggio che Agostino Gallo dedica all’artista: vedi nota n. 29.222 Piazza Vigliena, denominazione correlata al nome dell’omonimo viceré, nota altresi come Teatrodel Sole o Quattro canti di città. Altri appellativi sono piazza Villena e Teatro del Sole: cfr. MarcelloFagiolo – Maria Luisa Madonna, Il teatro del Sole. La rifondazione di Palermo nel Cinquecento el’idea della città barocca, Roma, Officina, 1981.

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liberata e fermandosi un istante in mezzo alla piazza Vigliena che è centrodelle quattro strade che s’incrocicchiano la loro presenza nell’aggirarsi erarivolta ai quattro quartieri della città, sui quali esercitar dovevano la lorosacra influenza. Dimenticata l’occasione primitiva di quell’uso divenivaquesto oggetto d’uso ai nazionali e agli homini spettatori.

Si aggiungeva a questo curioso spettacolo un altro non meno ridicoloe più periglioso ed era che un robusto facchino recava una gran bandieraattaccata sopra un’antenna di naviglio e la sosteneva or sulla pianta delladestra e anche sulla base del mento per modo ch’esquilibrata poteva riu-scir fatale a lui e agli spettatori.

Protettori delle belle arti in Sicilia secolo XV-XVI

Le nobili arti del disegno hanno incrementato sostegno per la protezio-ne de’ principi e di alti personagi che incoraggiano gli artisti commetten-do loro delle opere pubbliche o private, e rimunerandole largamente; tal-chè a questo titolo divengono benemeriti delle arti stesse, e impongonoall’istoria di lasciar di loro onorevol ricordanza.

Abbiam precedentemente parlato de’ principi Normanni e Svevi iprimi de’ quali predominati dallo spirito di religione promossero emigliorarono l’architettura in Palermo, la pittura principalmente a mosai-co, ed anche la scultura. Abbiam pure osservato che i principi Svevi edAragonesi occupati più in ostinate guerre e nella difesa di quest’isola sidiedero poca briga delle belle arti promovuendo e soltanto tra noi l’archi-tettura militare223, e a loro imitazione i nostri baroni, fabbricando òmigliorando i primi immense forteze, e gli altri castelli che servivano lorodi abitazione e di difesa.

L’opera certo più sontuosa che siasi ideata ed eseguita in Palermo ful’immenso prospetto occidentale della Cattedrale di Palermo che si esten-de in lunghezza pal. 92 e in larghezza pal. 118 composto di piccole pietreoblunghe ben lavorate e ornate a sgraffio in molte parti, che ha due torrilaterali di pal. 118 formanti in simmetria con altri due della parte portica.

Quel prospetto ha tre porte, la maggiore centrale di bianco marmo altapal. 26 e larg. 18 è lavorata a spire e artificiosamente tagliata con profu-sione di ornati, e similmente le altre due parti minori._________________________________

223 Il riferimento tipologico è all’architettura militare di età federiciana: in particolare il CastelloManiace di Siracusa e il Castello Ursino di Catania.

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Credesi dall’Inveges224 che sia stata promossa da Ottaviano de Labbroarcivescovo di Palermo nel 1352 e 1359, e sebbene contradetto dal Pirri225

che l’attribuisce all’arcivescovo Martino De Marini [i.e. Ubertino DeMarinis] nel 1430 e dal Pe Amato al Senato di Palermo prima del 1421,pure io giudicando dallo stile non posso riferirla che all’arcivescovo DeLabbro che potè iniziarla e per la ricchezza e complicazione de’ lavori nonpotè vederla compita; talchè fu attribuita all’arcivescovo posteriore DeMarini. Il Senato palermitano, come patrono della Cattedrale, dovette ero-garne l’immensa spesa.

Nel secolo XV in cui ebbe origine in Sicilia il governo viceregio sottoMartino il giovane e il vecchio, che avevano stabilito in Ispagna la lororesidenza, questi rappresentanti de’ nostri re procurarono, per esser gradi-ti a’ popoli dell’isola, di promuovere opere pubbliche, e grandi edifizî; tal-ché per questo riguardo meritano alcuni di essere rammentati, particolar-mente come protettori delle belle arti.

La regina Costanza divenuta Vicaria di Martino il giovane dal 1409 al1415 profuse ricchezze per migliorare il monistero di S. Placido dellemonache benedettine in Catania, e maggiori per la costruzione della chie-sa parrocchiale dell’Albergaria in Palermo col suo alto campanile a formadi torre, avendo ornato quel sacro edifizio di buona architettura conformea’ tempi226.

Sotto il governo del magnanimo Alfonso che da Napoli reggeva laSicilia sorse nell’ordine benedettino il P. Giuliano Majale da Palermo eacquistossi fama nelle sacre lettere, e pubblicò varie opere ascetiche, emostrò molta destrezza in varie ambascerie che sostenne a nome di quelsovrano. Costui al ritorno in patria spinto da carità cristiana e socialefondò l’Ospedale civico in questa capitale ripetto al R. Palazzo che duròdal 1440 in quel sito fino al 1849 quando il principe di Satriano lo conver-tì in quartiere militare, confinando gli ammalati in un meschino edifizioaddetto a’ militari nel quartiere dell’Albergheria227. L’inclito fondatoreavea meritato dalla chiesa per la santità della sua vita e dal principe diPandolfina Giuseppe Monroy allora soprintendente dell’ospedale unmonumento marmoreo scolpito egregiamente dal celebre Valerio_________________________________

224 Agostino Inveges, Annali della felice città di Palermo, In Palermo, nella typographia di Pietrodell’Isola impressor camerale, 1649-1651, v. 3, p. 449.225 Rocco Pirri, Sicilia sacra … cit., v. 1, col. 175.226 L’immobile nel 1874 è dichiarato fatiscente e negato alle funzioni religiose: cfr. Le parrocchie cit.,p. 313 e sgg.227 Cfr. Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria a Palermo dal XVI al XIX secolo. L’ospedale Grande eNuovo, Palermo, Accademia delle scienze mediche, 1992.

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Villareale da Palermo, che dopo la nuova destinazione dell’ospedale aquartiere fu da me fatto trasportare nel 1861 in S. Domenico divenuto permia cooperazione il Pantheon degl’illustri siciliani, usando prima chefosse ristorata la figura del genio che scrive il nome del beato Giuliano de’vasti recatigli da’ vandali militari228.

Sotto il vicerè Scimendarre229 fioriva in santità e dottrina il BeatoPietro Geremia da Palermo dell’ordine de’ pp. Predicatori. Costui nell’an-no 1444 sollecitò quel rappresentante del re Alfonzo a far riparare laCattedrale di Catania che minacciava rovina, l’anno seguente quel magna-nimo sovrano innalzò in Catania la famosa Università degli studii prima asorgere in Sicilia, e un magnifico edifizio vi fu costruito; talchè Alfonzomerita di essere riconosciuto benemerito delle scienze, delle lettere, e dellearti belle della Sicilia. Ma convien ricordare ad onor di Palermo che suoSegretario di stato e consigliere influente era il nostro Antonio Beccadelli,detto dalla sua patria il Panormita, insigne istorico e poeta latino, sebbeneosceno nel suo Ermafrodita; laonde quanto Napoli ov’egli stabilì la primaaccademia letteraria, che ingiustamente fu denominato il Pontaniana dalsuo successore Pontano, devesi principalmente all’illustre nostro concitta-dino Beccadelli, e a buon volere del magnanimo principe.

Simon Bologna Palermitano Arcivesco<vo> e presidente del Regno diSicilia sin dal 1453 sotto il medesimo Alfonzo, è da credere che promo-vesse la fabbrica del sontuosissimo portico della nostra Cattedrale decora-to di tre archi a sesto acuto, e nel prospetto sulla pietra dolce di sacre figu-rine e di rabbeschi, ove in centro si scorge l’aquila aragonese indicantel’origine d’Alfonzo che a quella famiglia apparteneva, sebbene figuracome secondo re castigliano.

Simon Bologna splendidissimo fra i nostri prelati dovette suggerire albenefico sovrano quell’opera che accresce magnificenza alla nostraCattedrale; molto più che di altro fu instancabile promotore230, e che lostemma reale ci richiama ad Alfonso e al tempo nel quale regnò, comepure a Simon Bologna che resse la chiesa di Palermo.

Tra i benemeriti delle belle arti deve pure annoverarsi Cesare Marullonobile messinese che fu prima vescovo di Girgenti, e poi arcivescovo di_________________________________

228 Il busto di Giuliano Majali, scolpito da Valerio Villareale, è collocato nella navata destra.229 Ximenes de Urrea, viceré di Sicilia dal 1443 al 1445. Cfr. Giovanni Evangelista Di Blasi, Storiacronologica dei viceré luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia. 3. ed. Palermo, tipografia PietroPensante, 1873, p. 66.230 Tra tutte le opere promosse da Simone Bologna (1446-65), arcivescovo e presidente del Regno,ricordiamo la edificazione della piazza e del portico meridionale della cattedrale e la costruzione delnuovo Palazzo arcivescovile.

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Palermo, uomo d’integerrimi costumi, e di somma carità cristiana chefondò l’Ospedale de’ Benfratelli231 pe’ sacerdoti infermi, ornò la Cattedraledi Palermo, costruì un carcere nel palazzo arcivescovile pe’ sacerdotidelinquenti, abellì il Palazzo arcivescovile, eresse dalle fondamenta ilSeminario de’ chierici nel 1582, e gli die’ un pingue assegnamento di 3000scudi all’anno. Amante della bella architettura aveva egli costruito inMessina un casino di delizie nella spiaggia di San Francesco di Paola.

Morì egli in Palermo a 12 novembre 1588, e fu seppellito nell’antica cap-pella del SS. Crocifisso della nostra Cattedrale, la quale cappella era statacostruita a sue spese. Eppure quell’ottimo prelato non visse che soli anni 51.

Nel 1494 si eseguì in Catania ed innalzato nella cattedrale il sepolcroe il busto marmoreo del viceré D. Ferdinando D’Acugna ivi morto.

Il viceré Ettore Pignatello duca di Monteleone (1517) fece innalzaresulla chiesa di Castellammare i due arieti di bronzo, lavoro greco sicolo,trovati in Siracusa e dal marchese Geraci pria portati in Castelbono sottoil viceré Gaspare di Spes. Vedi Mario Aretio, Del sito di Sicilia, e Carrera,Epig. 1523232. Furono indi collocati nel R. Palazzo di Palermo, uno destrut-to nella rivoluzione del 1820 e l’altro nel 1853 trasportato nella R.Università di Palermo (Auria, Istor. di viceré, p. 32)233.

Sotto il viceré Ettore Pignatelli nel 1530 Carlo V concesse in feudol’isola di Malta appartenente alla Sicilia sin dal tempo del re Ruggiero, acavalieri della religion gerosolimitana. Quell’isola fu nel secolo XIXappropiata dagl’Inglesi (Auria, p. 32).

Il viceré Ettore Pignatelli edificò a sue spese nel 1527 in Palermo ilmonistero de’ 7 Angeli, destrutto nel bombardamento delle truppe borbo-niche nella rivoluzione del 1860.

Lo stesso Pignatelli edificò nel 1519 il Conservatorio di S. Francescodi Paola fuori le porte di Palermo. Morì il Pignatelli dopo 17 anni di vice-regno morì in Palermo in marzo 1534 e il suo <corpo> ricevuto nella chie-sa de’ 7 Angeli fu indi trasportato in Monteleone in Calabria (Auria, p. 33).

La chiesa e confraternita de’ Bianchi vicino alla Gangia in Palermo fufondata da’ nobili circa 1540 (Auria, p. 34) e quella della Carità nel 1533dal Pignatelli. Egli troppo devoto bensì rimise il Tribunale dell’inquisizio-_________________________________

231 Cfr. Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria a Palermo dal XVI al XIX secolo. Parte II, Palermo,Accademia nazionale di scienze, lettere e arti di Palermo già del buon gusto, 1998, p. 25 e sgg.232 Claudio Mario Arezzo, De situ insulae Siciliae libellus, Panhormi, 1537 (Panhormi, in officinaAntonii de Mayda sua ipsius impensa excussus, mense decembri 1537).233 Vincenzo Auria, Historia cronologica delli signori vicere di Sicilia dal tempo che mancò la per-sonale assistenza de’ serenissimi rè di quella. Cioè dall’anno 1409 sino al 1697 presente. InPalermo, per Pietro Coppola stamp. cam. della SS. Inqu. e illustr. Senato, 1697, p. 32.

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ne sospeso per tumultuazione della plebe nel 1516 sotto il viceré Moncada(Auria, Ibidem, p. 33 e 34).

Nel 1532 fu innalzato il busto in marmo (forse opera di Antonio Gaginipalermitano) del viceré Ferdinando Gonzaga nella Compagnia de’ Bianchiin Palermo. Il Gonzaga fortificò Messina con bastioni nel 1536 e il castel-lo detto del Salvatore, e un altro castello detto dal suo nome Gonzaga e inPalermo migliorò il Castello del Molo e pure fortificò Trapani, Melazzo,Catania, Siracusa, Augusta, e ideava di fortificare anche Lentini. Sotto dilui ch’era valoroso guerriero fiorì in Sicilia l’architettura militare (VediGosellini che ne scrisse la vita, Ven. 1539234) Auria pag. 49.

Sepolcro marmoreo innalzato nel Duomo di Patti nel 1568 all’arcive-scovo di Terragona pria canonico Bartolomeo Sebastiano nella Cattedraledi Palermo (Auria pag. 47).

Don Garzia del Toledo, viceré di Sicilia nel 1565 progettò il Molo diPalermo in detto anno di cui gettò la prima pietra il presidente del regnoffte da viceré D. Carlo d’Aragona e Tagliavia a 19 luglio 1567 e proseguìla strada Toledo fino al mare. Cominciò in Messina la fabbrica dell’arse-nale per le galere che fu proseguita dal marchese di Pescara, dal duca diTerranova e dal marchese Briatico. Fortificò vieppiù Augusta fabbricando-vi due forti in mezzo del porto detto uno Garzia, dal suo nome, e l’altroVittoria da quello della moglie. Fondò l’Accademia d’armi di molti cava-lieri nel 1566 (Auria pag. 49 e seg.)

Il sudetto viceré D. Garzia Toledo fe’ comprare al Senato di Palermonel 1572 per il prezzo di ventimila scudi, 37 statue onde abbellirne la granfonte innanzi il Palazzo Pretorio. Queste statue erano destinate per unavilla del viceré Pietro Toledo in Napoli morto il quale i figli li vendetteroal Senato di Palermo. Francesco Camiliani235 scultore ed architetto par chene abbia suggerito l’idea. Nella statua di Vertumno si legge OpusFrancisci Camiliani Florentini 1554 e nell’urna del fiume Oreto anche ilsuo nome, la patria e l’anno 1555. Nell’urna poi del fiume Papireto, Opusme Angelus Vagherinus [!] flor. Fra le statue vi sono quelle di Venere, diAdone, di Ercole, di Bacco, di Apollide, di Diana, di Mercurio, di Pomona,di Cerere con Tritolamo236 e di Venere con Vertunno, di Opi con l’aquila e_________________________________

234 Giuliano Goselini, Vita dell’illustrissimo et generosissimo sig. d. Ferrando Gonzaga principe diMolfetta. Diuisa in tre parti ... Di nuouo ristampata, et ampliata …, In Venetia, [eredi di FrancescoRampazetto], 1579.235 Francesco Camilliani, o Della Camilla, scultore ed architetto, nato a Firenze nel 1530, ivi mortonel 1576, autore di tre delle statue dei fiumi della fontana di piazza Pretoria, la quarta fu opera diMichelangelo Naccherino scultore, nato a Firenze nel 1530, morto a Napoli nel 1622.236 Leggasi: “Trittolemo”.

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quattro statue di fiumi Oreto, Mare dolce, Papireto e Gabriele. AntonioVeneziano celebre poeta dispose e indi descrisse in versi latini la colloca-zione delle statue come rilevasi da una sua lettera riferita dal Baronio nellibro De maiest. Pan. Pag. 126.237

Però credo io che quanto alla parte architettonica la fonte sia statadiretta da Francesco Camiliani che venne in Palermo a tale oggetto e indirimase qui e fu fatto Ispettor generale delle fortificazioni di Sicilia conCarlo Ventimiglia, come ricavasi da un manoscritto della Biblioteca delSenato238. La Fonte Pretoria costò in tutto per compra di statue e colloca-zione onze 27277 e per prezzo delle case atterrate per la piazza ove fu col-locata onze 8823,09. In tutto cioè per le statue ed ornamenti onze 8400,per pulirle onze 1407, per assettarle onze 3641,15 per prezzo di undicidenari d’acqua onze 5005 (Auria, pag. 52 e seg.)

Sotto il viceré D. Carlo d’Aragona e Tagliavia detto nel 1571 si fece inPalermo la Piazza Bologna colla direzione di D. Giovanni Bologna nobi-le palermitano. Ivi nel 1631 fu innalzata poi la statua di bronzo di Carlo V(Auria, pag. 58).

Il presidente del Regno D. Carlo d’Aragona e Tagliavia palermitanofunzionante da Viceré per ordine di Carlo V° eseguito nel 1582, fe’ chiu-dere con grosse pietre la bocca del porto di Marsala vicino all’Africa ondenon essere invaso da’ Turchi. Credo io ch’era meglio di farlo custodiredalle galere, anziché di rovinarlo (Auria, pag. 89).

Egli l’Aragona fe’ costruire il Borgo di S.ta Lucia fuori di Palermo chesin dal 1575 era costruito in parte di mura e in parte di tavole onde poi fututto edificato insieme con la chiesa e parrocchia di pietre.

Nel 1572 i Padri Olivetani sgombrarono dal convento di S.ta Mariadello Spasimo per la costruzione di un gran baluardo in quella parte diPalermo e passarono nel monistero di S.to Spirito ove fu trasportato nelmese di luglio del 1573 il famoso quadro di S.ta Maria dello Spasimo delfamoso Raffaello e recato nella chiesa di S.to Spirito239._________________________________

237 Francesco Baronio Manfredi, De maiestate Panormitana libri IV, Panormi, apud Alphonsum deIsola, 1630.238 Camillo Camilliani, scultore, architetto e ingegnere, nato a Firenze, morto a Palermo nel 1603,figlio o fratello di Francesco, sistemò la fontana in piazza Pretoria e rimase a Palermo dove dal 1583si occupò delle torri costiere siciliane; Carlo Maria Ventimiglia, letterato e matematico (Palermo,1570-1667).239 Agostino Gallo, “Sopra un quadro di Raffaello Sanzio posseduto in Palermo da’ P. Filippinidell’Oratorio in Palermo. Osservazioni storico-critiche”, in L’indagatore siciliano, a. I (1835), vol.II, p. 27-43. Con l’ausilio della documentazione archivistica, l’A. rivendica la paternità artistica almaestro umbro. Il saggio successivo è titolato Sopra un famoso quadro di Raffaello nel tempiodell’Olivella. Storia prove ed illustrazione, Palermo, Tip. via dell’Università 44, 1871.

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Sotto di Marcantonio Colonna Viceré nel 1577 fu fatto eseguire dalSenato di Palermo il quadro di S.to Rocco e S. Sebastiano santi protettoridi questa città per la cessazione della peste. Il pittore fu Giovan PaoloFendulio240 cremonese che vi scrisse sotto il suo nome e l’anno 1578.Questo pittore stabilissi a Palermo e migliorò il suo stile guardando leopere di Vincenzo Anemolo241 palermitano della scuola di Raffaello. Edifatti il quadro di S.to Rocco sente tutto della maniera dell’Anemolomentre gli altri quadri del Fendulio che si osservano nella chiesa di PortoSalvo hanno un altro stile e sono di gran lunga inferiori (Auria, pag. 60).

Il Viceré Marcantonio Colonna (1577) fece costruire e gettar le fonda-menta di un grande edifizio nella via Toledo a tre aprile 1578 che servirdoveva per Regia Dogana, e indi fu convertito in carcere, e poi *** desti-nato a Palazzo delle Finanze e quasi interamente rifabbricato dall’architet-to Emmanuele Palazzolo242 che vi fece imitando come scimia il portico diGiuseppe Marvuglia243 che avea ideato per l’Università di Palermo nel1866 (Auria, pag. 61).

Lo stesso Viceré Colonna fe’ proseguire la strada Toledo dalla chiesa diPorto Salvo nel 1581 sino al mare, e allora si cominciò la costruzione dellamagnifica Porta (1583) denominata Felice244 per la sua moglie Felice Orsina,e lungo la Marina costruì il passeggio estivo per le carrozze, e allato dellaPorta de’ Greci vi pose una gran fonte con mostri marini e in mezzo la statuadi una Sirena che spargeva acqua dalle mammelle. Quella fonte come moltealtre di Palermo fu tolta via da quel sito verso il 1810, né collocata in altro.

Lo stesso vicerè nel 1584 fe’ innalzare la Porta detta Nuova opposta aquella Felice in memoria dell’ingresso trionfale in Africa dell’imperatoreCarlo V, e nell’anno precedente gettò anche la prima pietra del Seminariode’ Chierici attaccato al Palazzo Arcivescovile essendo allora arcivescovodi Palermo D. Cesare Marullo messinese (Auria, pag. 61)._________________________________

240 Giovanni Paolo Fonduli o Fondulli, pittore cremonese, operante a Palermo dal 1568, vivente nel1600.241 Vedi nota n. 192.242 Emanuele Palazzotto, architetto, nato a Palermo nel 1798, ivi morto nel 1872. Cfr. Agostino Gallo,Notizie intorno agli architetti … cit., p. 206-208. Tra il 1840 e il 1844 trasforma il palazzo dellaVicaria (piazza Marina) in Palazzo delle Reali Finanze con l’innesto di un portico dorico.243 Giuseppe Venanzio Marvuglia, architetto, nato a Palermo nel 1729, ivi morto nel 1814. Cfr.Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti … cit., p. 151-152 e Agostino Gallo, Parte secondadelle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 471-472.244 Il progetto originario è del 1582, forse di Giovanni Battista Collipietra; i lavori, interrotti già nel1582, furono ripresi nel 1602 e affidati all’architetto Mariano Smiriglio che vi lavorò fino al 1636,anno della sua morte; gli interventi di Pietro Novelli operati nel biennio 1636-37 sono documentatiin Guido Di Stefano, Pietro Novelli, il monrealese; prefazione di Giulio Carlo Argan; Catalogo delleopere e repertori a cura di Angela Mazzè, Palermo, S.F. Flaccovio, 1989, p. 299-302.

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Questo istesso arcivescovo fe’ coronare Francesco Potenzano245 diPalermo, pittore e poeta con pubblica solennità. Egli avea scritto un poemasulla destruzione di Gerusalemme in otto canti, stampati in Napoli perAntonio Pace nel 1600. Havvi di lui un quadro nell’altare maggiore nellaConfraternita della Pace presso l’attuale parrocchia della Kalsa246. I suoiversi bensì e le sue pitture l’annunziano come mediocre, ma fortunatopoeta e pittore ch’ebbe pure coniate delle medaglie. Il viceré Colonna partìda Palermo nella Spagna nel 1584 e ammalatosi a Medinaceli morì il 1agosto 1585 di anni 49 (Auria, pag. 62 e seg.).

Le torri che servivano di fari pel littorale di Sicilia onde avvertire coifuochi le invasioni nemiche credonsi anticamente stabilite dagli Arabi. Maindi furono accresciute sotto il viceré ***247 e ulteriormente sottoMarcantonio Colonna ottennero dai Parlamenti diverse dotazioni e sogget-ti ad un regolamento stampato nel 1658.

Il viceré D. Diego Henriquez de Guzman, conte d’Albadelista (1585)fe’ ristorare nell’anno seguente lo spedale di S. Bartolomeo248. Fondò laCasa delle verginelle nel 1591 attaccato alla chiesa di S.ta Lucia del Montedi Pietà a spese del Senato di Palermo. Ritornando da Messina a Palermoa 15 dicembre 1590 si sprofondò in mare il ponte costruitogli di legnopresso la chiesa di Piedigrotta e vi morirono annegati molti nobili e genti-luomini. Nel 1591 fe’ edificare a spese del Senato il Monte grande di Pietà.Nel suo tempo fe’ disseccare in Palermo il lago del Papireto a consiglio delProtomedico Filippo Ingrassia ond’evitare le febbri micidiali autunnali.Ridusse in bella forma la famosa fontana del Garraffo ora trasportata(1863) con poco senno nel Piano della Marina per consiglio dell’architet-to municipale Filippo Basile249 che non seppe calcolare di esser troppo pic-cina per quella immensa area come lo era adatta nel sito del Garaffo.

Altra fonte fé porre al Borgo di Santa Lucia nel 1587, altra al Molo nel_________________________________

245 Francesco Potenzano, pittore e poeta palermitano vissuto e operante nella seconda metà del XVIsecolo. La sua biografia è stata sapientemente redatta da Antonino Mongitore, Bibliotheca Siculasive de scriptoribus siculis qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt notitiae locupletissi-mae, Panormi, ex typographia Didaci Bua, 1707-1714, v. 1, p. 234. Ammirato dai contemporanei:cfr. Rime di diuersi eccel. autori in lingua siciliana. Al illustre pittore poeta S. Francesco Potenzanopalermitano. Con le risposte marauigliose del medesmo nella istessa lingua siciliana, In Napoli,apresso Horatio Saluiani Cesare Cesari & fratelli, 1582; è, altresì, autore delle seguenti opere: Epitafifatti in morte del sig. capitano Oratio Acquaviva nell’onorate esequie fatte in Barcellona, Roma,[s.d.]; La destruttione di Gerusalemme dall’Imperatore Tito Vespesiano. Poema heroico diviso inotto canti, Napoli, Pace, 1600, opera postuma.246 Demolita nel 1852. Per le notizie storiche, cfr. Rosario La Duca, Repertorio bibliografico degliedifici religiosi di Palermo, Palermo, Edi Oftes, 1991, p. 38-39.247 Juan de Vega (1547-1557) cfr. Salvatore Mazzarella - Renato Zanca, Il libro delle torri, Palermo,Sellerio, 1985, p. 35 e seg.248 Cfr. Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria …. parte II, cit., p. 142 e sgg.249 Giovan Battista Filippo Basile, architetto, nato a Palermo nel 1825, ivi morto nel 1891.

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1589. Ristorò nel 1591 il portico superiore per godere le signore del marepresso la Compagnia della Carità250, ed ora presso la casa di Santocanale.Pose due fontane presso alla porta della Vicaria, indi convertita in Casa diFinanza. Nel 1589 fe’ costruire lo Spedale detto degli Spagnuoli infermi,in parte convertito in Segreteria della Luogotenenza e abbellito nel 1850dall’architetto Carlo Giachery251. Continuò l’opera del braccio del molo.Coll’elemosine suggerì di costruirsi lo Spedale dei PP. Benfratelli nel1588252. Riformò e accrebbe le fortificazioni delle isole della Pantelleria eil suo castello e lasciò la Sicilia nel 1592 (Auria pag. 64 e seg.).

Don Enrico De Gusman conte di Olivares, viceré nel 1592. Fece ese-guire il braccio di grosse pietre sul piccolo porto detto della Garita.Proseguì lo Spedale degli spagnuoli nel quartiere militare253. Compì ilMolo cominciato da Don Garzia de Toleto. A 29 agosto 1593 sotto il suogoverno incendiossi la polverista entro il Castellammare e vi uccise molticarcerati, tra i quali il celebre poeta Antonio Veneziano da Morreale cheper una satira contro il Vicerè vi era stato racchiuso (Auria pag. 67).

D. Giovanni Ventimiglia, marchese di Geraci, eletto Presidente del Regnonel 1495 dopo il Conte di Olivares, il quale pria di partire avea fatto innalzarein una torre la lanterna del Molo. Il nuovo viceré conte Olivares nel 1595 fe’convertire in Vicaria l’antica Dogana, onde il Senato palermitano vi fece ingen-ti spese per le stanze superiori pe’ magistrati, e sotto per pubbliche carceri.

Statua emblematica di Palermo a SelinunteSotto Giovanni Ventimiglia s’innalzò nel 1595 nel cortile del Palazzo

Pretorio una antica statuetta marmorea rappresentante Palermo in un vecchiobarbuto, con un serpe che s’avvicina al petto e un canestro di fiori e l’aquilae fenice e un fulmine a’ piedi che il Fazzello (Deca I, lib. 8)254 dice che il serpesignifichi: suos devorat alienos nutrit, ed è simile ad una medaglia di bronzopresso di lui. Il Paruta255 bensì la riferisce a Selinunte, perché è rappresentataivi una donna, e in quella di Palermo un uomo (Auria, pag. 68)._________________________________

250 Cfr. Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria … parte II, cit.251 Carlo Giachery, architetto, nato a Padova nel 1812-, morto a Palermo nel 1865. Cfr. la recentemonografia curata da Giuseppe Di Benedetto, Carlo Giachery, Palermo, Flaccovio, 2011.252 Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria … parte II, cit.253 Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria … parte II, cit. 254 Tommaso Fazello, De rebus siculis … cit.; [trad. italiana:] Storia di Sicilia; presentazione diMassimo Ganci; introduzione, traduzione e note di Antonino De Rosalia e Gianfranco Nuzzo,Palermo, Regione Siciliana, Assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione,1990, v. 1, p. 400, descrive la fisionomia di Palermo con i tratti fisiognomici di un «uomo <con>barba lunga a punta, la … testa … cinta di un diadema regale; il suo petto è avvolto da un serpenteche lo succhia; davanti ai piedi ha una cesta piena d’oro e di fiori con questa scritta: Palermo vasod’oro divora i suoi e nutre gli estranei.255 Filippo Paruta, Della Sicilia di Filippo Paruta descritta con medaglie parte prima, In Palermo,appresso Gio. Battista Maringo, 1612.

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1597Don Bernardo Cardinas duca di Maccheda viceré sin d’aprile 1597 ingran-

dì il Reale Palazzo, e vi fece una galleria e il cortile con colonne di selce.Promosse la strada dal suo nome detta Macqueda che fa croce nel centro colCassero e s’aprì a 24 luglio 1600, fe’ proseguire il tempio di S. Lucia al Borgo,fortificò la castella marittima pel timore di aggressione della Sicilia di ScipioneCicala messinese rinnegato, e salito al grado di Bassa col nuovo nome Sinam;ma pur costui con la sua flotta sbarcò nella fossa di S. Giovanni presso Messinamandò al viceré un suo schiavo cristiano chiedendogli in grazia di fargli vede-re sua madre Lucrezia promettendo per tal favore di non assalir più la Sicilia, acui si era rivolto per vendetta che tal grazia aveva implorato invano per mezzodi suo figlio rimaso in ostaggio al viceré suo predecessore conte Olivares. Mail duca di Maqueda, reso accorto dal primo caso, il permise, né il Cicala piùminacciò la Sicilia con la sua flotta barbaresca che comandava ricevendo priae abbracciando con lacrime di tenerezza la madre, e due di suoi fratelli, e dandoad essi preziosi doni li rimandò (Auria pag. 71 [ma 70]).

Nel 1598 sotto il governo del duca di Maccheda avvenuta la morte delre Filippo II si eseguirono i sontuosi funerali nel Duomo di Palermo, e indimagnifiche feste per l’innalzamento al trono di Filippo III (Auria, p. 71).

Morì il Maccheda a’ 16 dic. 1601 ed essendo molto amato ebbe fune-rali sontuosi nel nostro Duomo ove gli fu innalzata una gran piramideornata di statue e di emblemi.

Pietro Carrera di Militello scrisse questi versi latini per quell’ottimovicerè, ch’esprimono quelle opere che promosse in Palermo.

Reddita quadrifida est me praecipiente Panormus,Accepitque suam Curia tota domum.Regia celsa novas aedes, seriemque columnarumInduit, ipse Afris terror, et ipse reis.Pacavi aequoreas sedes, urbemque viasque,mox cecidi, cita sors optima quaeque rapit.Auria p. 71 [ma 72]

Oggetti d’arte trasportati da Sicilia all’estero e monumenti destrutti a PalermoFonti pubbliche tolte via in Palermo

Una piccola fonte bassa nel semicerchio rimpetto Porta Felice.Altra grande elevata e adorna di statue di divinità marine allato di

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Porta de’ Greci e collocata a proposta di Agostino Gallo in centro dellapiazza di Santa Teresa dietro il Real Palazzo.

Alle statue furono rifatte le teste dal Villareale e sottratte nella rivo-luzione del 1848 e sostituito al gruppo di mezzo una sgarbata agugliaco’ nomi di alcuni liberali morti in quel tempo.

Due fonti magnifiche destrutteLa fonte nel largo del Carmine.

Statue distrutte nella rivoluzione del 1820 nel Foro Borbonico di Carlo2°, di Filippo V, di Carlo IV°, di Ferdinando 3 restituitosi l’ordine pubbli-co e rifatta da Villareale la testa a Ferdinando ed innalzata la statua diFrancesco 1° scolpita da Villareale coll’altra abbattuta nel 1848.

Ritornato il governo borbonico furono scolpite da artisti di Napolile statue di Carlo 3°, di Ferdinando 1°, di Francesco 1°, di Ferdinando2° furono distrutte nel 1848 e similmente quella leggiadrissima diFilippo 2° di scuola del Gaggini che dal palazzo del Santo Uffizio oradel Tribunale era stata collocata rimpetto la Doganella.

La statua della Beata Vergine presso la spiaggia rimpetto il palazzodi Aragona non si sa da chi involata.

Statua di Ferdinando 3° nel Palazzo Pretorio mutilata della testa.Statua di Filippo 2° di bronzo nella piazza del Real palazzo destrutta

nel 1848.Statue di bronzo di *** a lato della colonna di S. Domenico destrutta nel 1848.Statua di S. Gaetano a tre bassorilievi tolta dal lato dell’Università nel 1864.256

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256 Alla c. 153r-v duplicato il testo: “Oggetti d’arte trasportatai da Sicilia all’estero e i monumentidestrutti in PalermoFonti pubbliche tolte via in PalermoUna piccola fonte bassa nel semicerchio rimpetto Porta Felice.Altra grande elevata e adorna di statue di divinità marine allato di Porta de’ Greci e collocata a pro-posta di Agostino Gallo in centro della piazza di S. Teresa dietro il R. Palazzo.Alle statue furono rifatte le teste dal Villareale e sottratte nella rivoluzione del 1848 e sostituito algruppo di mezzo una sgarbata aguglia co’ nome di alcuni liberali morti in quel tempo.Due fonti magnifiche destrutte nella via di MezzomorrealeLa fonte nel largo del Carmine.Statue distrutte nella rivoluzione del 1820 nel Foro Borbonico di Carlo 2°, di Filippo V, di Carlo III,di Ferdinando III restituitosi l’ordine pubblico e rifatta da Villareale la testa a Ferdinando ed innal-zata la statua di Francesco I scolpita da Villareale coll’altra abbattuta nel 1848.Ritornato il governo borbonico furono scolpite da artisti di Napoli le statue di Carlo III, diFerdinando I, di Francesco I, di Ferdinando II e furon destrutte nel 1848 e similmente quella leggia-drissima di Filippo II di scuola del Gagini che dal palazzo del Santo Uffizio ora del Tribunale erastata collocata rimpetto la Doganella.La statua della Beata Vergine presso la spiaggia rimpetto il palazzo di Aragona non si sa da chi involata.Statua di Ferdinando III nel Palazzo Pretorio mutilata della testa.Statua di Filippo II di bronzo nella piazza del Real palazzo destrutta nel 1848.Statue di bronzo di *** a lato della colonna di S. Domenico destrutta nel 1848.Statua di S. Gaetano a tre bassorilievi tolta dal lato dell’Università nel 1864”.

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Oggetti monumentali e quadri e statue principali da osservarsi in Palermo.Università degli Studi

Dopo la prima soppressione dei PP. Gesuiti nel 1768 in Palermo essen-do stata eretta un’Accademia di studio nel Collegio Massimo gesuitico eripristinata la Compagnia di Gesù nel 1805 fu nella Casa dei PP. Teatinirimpetto al Real Teatro detto Carolino fondata la Regia Università per effi-cace cooperazione del P. Piazzi e del principe di Belmonte GiuseppeVentimiglia257. Il primo, facendo cedere dai PP. del suo Ordine Teatino quelloro magnifico edifizio, e l’altro cooperandosi colla Real corte per elevar-lo al grado di Università al pari di quell’antica di Catania.

Giuseppe ed Emmanuele Marvuglia famosi architetti riformarono lafabbrica all’uso a cui venne destinata. Ma sventuratamente il sontuosoportico dorico siculo, che avea cominciato ad innalzare GiuseppeMarvuglia per intrighi ed invidia dopo che il principe di Belmonte per latentata rivoluzione del 1812 cadde dalle grazie della Real Corte fu atterra-to quel portico, che ne avrebbe manifestato a’ posteri la sua beneficainfluenza, e vi fu sostituito quel presente ed ignobile ingresso sul disegnodel Sigr Cristoforo Cavallaro. E nel 1864 quel balordo prospetto eseguitodall’architetto Carlo Giachery milanese e professore di detta Università.

Il principe di Belmonte memore sempre delle sue patrie, e di quell’edifizio,che destinato ad una Università da lui promossa volle alla sua morte donare allastessa la sua scelta collezione di quadri e di stampe rare da sommi artisti incisealle quali furono indi rubate quelle rarissime dell’Eleghin258. Il marcheseHaus259, che prima n’era stato deputato lasciolle in testamento alcuni suoi qua-dri, altri le furono donati da Ferdinando 2° e di recente il famoso quadro di Lucadi Leiden260 e una Santa Rosalia del Van Dych261 dal principe di Malvagna262,_________________________________

257 Le vicende correlate alla presenza di G. Piazzi e di Giuseppe Emanuele Ventimiglia principe diBelmonte si intersecano nella poderosa indagine di O. Cancila, Storia dell’Università di Palermodalle origini al 1860, Palermo 2006.258 Probabilmente Jan van Helegen (sec. XVI).259 Giuseppe Haus, amico di Agostino Gallo il quale gli dedica la biografia: Su la vita e le opere delmarch. Giac Gius. Haus insigne letterato. Memorie, Palermo, dalla Tip. di F. Solli, 1833.260 Lucas van Leyden (Luca da Leida), incisore e pittore olandese (1489/94-1533).261 Antoon van Dyck, pittore fiammingo di età barocca, (Anversa 1599- Londra 1641). Una versionebiografica è reperibile in Agostino Gallo, Notamento alfabetico di pittori e musaicisti… cit., p. 70.Qui il riferimento è alla tela commessa all’artista nel 1624 in occasione della peste dilagata inPalermo dai Confratelli dell’Oratorio di S. Domenico e raffigura la Madonna del Rosario con S.Domenico e le patrone di Palermo, tra le quali fa capolino S. Rosalia, la taumaturga della moria. Ilpittore completa l’opera nel 1628 a Genova da dove la spedisce.262 Al patrizio è correlata la presenza dell’omonimo Trittico ligneo, prezioso olio su tavola dipinto nel1510 dal pittore fiammingo Jan Gossaert Mabuse (1478-1532). È raffigurata La Madonna in tronocol Bambino e angioletti (nella parte mediana), le SS. Caterina e Dorotea nella parte interna delleantine, Adamo ed Eva e altre figure all’esterno delle stesse.

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che ancora non si è potuto dall’eredità conseguire. Fu indi comprato il bozzet-to dello Spasimo di Raffaello vendutogli per onze cento dal Sig.r ValerioVillareale. E in seguito per maneggi di Agostino Gallo fu acquistata la testa delCristo spirante del Correggio venduta per onze cinquanta dal marchese di SantaLucia. Vi furono aggiunti altri due insigni quadri di Pietro Novelli, già apparte-nuti alla Congregazione del Ponticello rappresentanti San Pietro nel carcereliberato da un angelo, e l’altro Maria Santissima con altre sante vergini e ulti-mamente il quadro dell’Anemolo del San Corrao comprato dall’eredità delprincipe di Palagonia per onze quattrocento.

Dopo la soppressione degli ordini monastici nel 1866 quella PubblicaGalleria bene ordinata e fatta ristorare ne’ suoi quadri e nelle statue dalGallo quando era deputato dell’Università e salvato l’avea nella rivoluzio-ne del 1848 fu essa accresciuta notabilmente di nuovi quadri pregevoli. Esoprattutto di quelli dell’Anemolo scolare di Raffaello della chiesa distrut-ta di San Giacomo la Marina e delle Congregazione dei Santi QuarantaMartiri alla Guilla e di altri dipinti delle chiese e confraternite abolite; eprincipalmente di dodici quadri della Chiesa di Santa Cita dei PadriDomenicani, che possono riguardarsi come i migliori di Palermo.

Il Museo di antichità dopo di avere acquistato molte statue antiche dallavedova di M.r Fagan, console inglese per onze ottocento e la collezionenumismatica di monete greco-sicule del signor Gandolfo di Termini che fuin parte espilata nella rivoluzione del 1820 e in parte riacquistata per coo-perazione dell’abate Domenico Vinci allora cancelliere è stata accresciutacol dono del benemerito Sig.r Girolamo Valenza e di tutti i suoi libri d’ar-te. E finalmente con l’acquisto di un alto rilievo fenicio per diecimila lirevenduto dal principe di Niscemi, anche prima per cooperazione del baronePietro Pisani263 aveva acquistato le famose metope selinuntine anteriorialcune all’epoca greca ed altre nell’inizio della medesima scavata inSelinunte dai due artisti inglesi Harris ed Egel264 e raccozzate da molti fram-_________________________________

263 Pietro Pisani (Palermo 1760-1837), patrizio palermitano ed illuminato cultore d’archeologia e diarte, è l’icona della cultura positivi sta in Sicilia. Cfr. G. Agnetti-A. Barbato, Il barone Pisani e laReal casa dei matti, Palermo 1997; Angela Mazzè, “Tipologia e arredo nella Real casa dei matti diPalermo nel progetto di Pietro Pisani”, in: Struttura e funzionalità delle istituzioni ospitaliere sicil-iane nei secoli 18. e 19. Salute e società. Atti del 3. Seminario di studi, Palermo, 26-28 ottobre 1989.A cura di Calogero Valenti, [S. l.], Centro italiano di storia sanitaria e ospitaliera Sicilia, 1991(Palermo, S.T.ASS.), p. 313-323.264 Samuel Angell - William Evans, Sculptured Metops discovered amongst the Ruins of the Templeof the ancient City of Selinus. Londra, 1826. Traduzione in italiano di F. Gruis nel Giornale di scien-ze, lettere e arti per la Sicilia, v. 20, a. 5 (1827), p. 65-82. Cfr. anche Domenico Lo Faso Pietrasanta,duca di Serradifalco, “Sulle metope nuovamente scoperte a Selinunte: lettera… al sig. Gerhard”, inGiornale di Scienze Lettere e arti per la Sicilia, 36, 1831, n. 108, p. 290-297.

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menti con somma industria dall’egregio scultore sig.r Villareale ed arric-chito vieppiù dalla compra della collezione di statue, bassorilievi, candela-bri, iscrizioni del barone Astuto265, comprata per onze milledugento con lacooperazione del Sig.r Agostino Gallo. E finalmente accresciuto col museodi antichità etrusche per cooperazione del senatore del regno Sig.rFrancesco Di Giovanni, è diventato sì numeroso che non potea più conte-nersi nel locale antico dell’Università, sebbene vi si avrebbe potuto aggiun-gere come proposto avea il deputato Gallo un altro locale dietro ad una casalaterale de’ PP. Teatini.

Nulla di meno la deputazione di antichità e belle arti preseduta dalSig.r Francesco Perez266 propose di trasportarsi quadri, statue, bassorilievie tutt’altro nell’abolita casa dei PP. Olivetani che invero sarebbe stata trop-po angusta pei corridoi. Ma determinossi di alternare i nuovi divisori dellestanze monastiche e anche alcune volte; e così con ingente spesa si è resaadatta anche pei quadri grandi di chiesa. I tre cortili bensì sono opportuniper le statue, bassi rilievi, metope e iscrizioni ed altri oggetti.

Però essendosi erogata un ingente somma per la fabbrica e più pelcapriccio del Soprintendente Cav. Giovanni Fraccia267 destinato allo scor-so del Perez, la Commessione di Antichità e belle arti che ne ha fornito laspesa ha dovuto sospendere gli scavi di monumenti antichi.

Il Fraccia intanto profittando di venti stanze monocali dell’ordinesuperiore, ne avea formato un palazzetto per la sua famiglia, e di altrequattro stanze di suoi parenti con farvi costruire tre scale per proprio uso.

Il Governo bensì avvertito di questo enorme sopruso ne lo cacciò affi-dandone l’incarico della continuazione della riforma dell’edificio all’insi-gne architetto Sig.r Saverio Cavallaro268. Passeranno molti anni che quellafabbrica potrà dirsi compiuta. E se nella scelta si fosse avuto più giudizioa destinare per stabilimento delle belle arti la parte dell’edificio del_________________________________

265 Antonino Astuto, barone di Fargione, illuminato collezionista e fondatore a Noto (Siracusa) del-l’omonimo Museo di antichità congiunto ad un Gabinetto di storia naturale sicula e ad una bibliote-ca dotata di rari manoscritti. Cfr. Luca Francesco La Ciura, “Lettera intorno al Museo e allaBiblioteca Astuziana, col catalogo dei manoscritti di essa biblioteca”, in: Nuova raccolta di Opuscolidi autori siciliani, Palermo 1788-1797, v. VII (1795), p. 289-320.266 Cfr. Francesco Perez, Raccolta di prose e poesie edite ed inedite, Palermo, tip. Clamis e Roberti,1845. Un cameo critico è stato curato da Antonino Sole, Francesco Perez fra storia e ideologia,Palermo, 1990 (Siciliani illustri / Accademia nazionale di scienze lettere e arti già del Buon gusto diPalermo, 1/2)267 Fraccia Giovanni archeologo, numismatico e storiografo. La sua vasta produzione è rubricata inGiuseppe Maria Mira, Bibliografia siciliana … cit., v. 1, p. 365-366. Il riferimento è al saggioRicerche ed osservazioni ultimamente fatte in Segesta. Relazione archeologica … diretta allaCommessione di Antichita e Belle Arti, Palermo, Stab. tip. di F. Lao, 1855.268 Vedi nota n. 123.

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Collegio Massimo269 a man sinistra che corrisponde alla strada che condu-ce a San Cosma ove trovansi immense sale e un gran cortile interno, non sisarebbe sciupate quelle ingentissime somme erogate per le riforme dell’Olivella.La proposta di quella parte dell’edifizio gesuitico che era stata fatta dal Gallo albarone Mandralisca270 allora segretario del governo recarvisi insieme a visitarloe il trovarono opportunissimo all’oggetto ma uscendo egli di carica come pureil271 Gallo da quello di Segretario con voto della Commissione di antichità e bellearti fu abbandonata, e invece per intrighi del Sig.r Giovanni Fraccia che doveaprocurarsi per suo uso della famiglia e de’ suoi parenti un palazzetto fu preferi-to l’edifizio dell’Olivella privandosi il pubblico di una biblioteca di circa 30 milavolumi, che quei Padri tenevano aperta ad uso del pubblico ed anche del vantag-gio, di una farmacia fondata col sistema chimico moderno del celebre Dr.Casoria che vi avea bene istruito diversi allievi ed ivi discretissimo prezzo ven-donsi i medicamenti bene eseguiti. Invero poteasi conservare la biblioteca a van-taggio degli abitanti di quel quartiere e anche la farmacia aprendovi una picco-la porta nel lato settentrionale e dividendo ogni comunicazione nel primo atriointerno o destinato in parte al delle statue.

Il trasporto poi delle medesime degli alti rilievi delle metope delle lapidiiscritte dell’immensa quantità di altri oggetti archeologici ha costato moltissimoper le casse pe carretto e i facchini senza calcolarne il danneggiamento, contan-do i dolosi del Municipio che anzi di dover conservare di buono e pregevole_________________________________

269 Per la storia del Museo Salnitriano cfr. Roberto Graditi, Il museo ritrovato. Il Salnitriano e le orig-ini della museologia a Palermo. Direzione scientifica del progetto di documentazione FrancescoVergara Caffarelli, Palermo, Regione siciliana, Assessorato regionale dei beni culturali, ambientalie della pubblica istruzione, 2003 e le p. 396-397 dell’articolo di Angela Mazzè, “L’epifania dellaciviltà artistica. Il collezionismo litico in Sicilia (sec. XVI-XIX)” in: Plumelia. Almanacco di cul-tura/e a cura di Aldo Gerbino, Bagheria, Plumelia, 2010, p. 385-415.270 Enrico Pirajno, barone Mandralisca (1808-1864) raffinato naturalista collezionista d’arte classicae, numismatico, prestato alla politica sotto la presidenza di Ruggero Settimo, fonda nel palazzo patri-zio di Cefalù (Palermo) il Museo omonimo, noto per la custodia del Ritratto d’ignoto di Antonelloda Messina. Cfr. Pietro Saja, La pinacoteca del Museo Mandralisca, Palermo, L. Misuraca, 1979.271 A c. 160r-v: “ne alla lingua siculo-italica che passata indi sulle rive dell’Arno ripulissi e s’ingen-tilì per modo ch’e’ divenuta la delizia colla poesia e col canto di tutti i regni di Europa. E pratica-mente fu dal Frugoni proclamata “La lingua che nel ciel parlan gli dei”. Gli scrittori che in essa ste-sero le loro opere prima quasi della metà del secolo decimosesto in Sicilia e in Italia lasciaronsi gui-dare delle due linguedella grammatica latina; ma verso quel tempo cominciarono a compilaregram-matiche e vocabolarî per la lingua volgaresulle osservazioni da’ classici latini. Il primo fra gli scrit-tori italiani, secondo il Fontanini nella Eloquenza italiana [Giusto Fontanini, Biblioteca dell’elo-quenza italiana di monsignore Giusto Fontanini ... con le annotazioni del signor Apostolo Zenoistorico e poeta cesareo ... accresciuta di nuove aggiunte. Tomo primo [-secondo], Parma, per li fra-telli Gozzi, a spese di Luigi Mussi, 1803-1804], che pubblicasse in due libri in 4° in Ancona nel 1516le regole grammaticali della lingua volgare fu Gianfrancesco Fortuni [Giovanni Francesco Fortunio,Regole grammaticali della volgar lingua, (Impresso in Ancona, per Bernardin Vercellese, 1516 delmese di settembre)] ma l’eruditissimo Apostolo Zeno accenna per nata che il Fortunio seguì indi ilBembo nella sua prosa edita in Vinegia nel 1538 sulla lingua volgare di cui da’ precetti dati in unain Vinegia nel 1525 Nicolò Li Bormio aveva vulgato il trattato delle sue vulgari eloquenze. La lin-gua dotta come le orientali e la greca per tutto il secolo XIV e XV erano poco cangiate in Italia”.

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ch’eravi nella città in fonti pubbliche che costarono moltissimo adornavano lacittà e la strada di Mezzomorreale ed erano utilissime a’ cittadini furono quasitutte distrutte. E fra queste quelle anzidette di Mezzomonreale menochè due. Lafonte presso Porta de’ Greci, quella della piazza del Carmine, nell’altra fuoriporta di S. Antonino e nel largo della chiesa di S.ta Teresa fuori Porta Nuova.

Moltissimi de’ nostri sontuosi tempî appartenenti a conventi o a moni-steri sono stati aboliti, spogliati di quadri, di statue e di oggetti d’arte predain parte di un rapace artista che li ha venduti e continua a venderli di sop-piatto agli esteri amatori. E in parte sono stati almeno trasportati alla pub-blica galleria o al museo delle belle arti.

Per siffatto motivo accennerò i principali di quelli oggetti preziosi tra-sferiti in quel pubblico stabilimento e quelli che tuttavia si conservanonelle poche chiese rimaste illese dalla desolatrice rapina.

Dirò intanto quelle che sono state abolite.Le chiese di quasi tutte le congregazioni e confraternite convertite in

scuole pubbliche.Quelle del convento di S.ta Teresa fuori Porta Nuova, di S. Elena e

Costantino, di S.ta Elisabetta, della Ss.ma Trinità, delle monache della Pietà,e di S. Teresa alla strada Butera e a Porta de’ Greci, del convento delCarmine delle monache di S. Giuliano entrambi con magnifica cupola, delleStimmate e di S.to Vito, del convento di S.ta Cita, e di S. Domenico edaltre.272 E queste sono invero sontuose e magnifiche e ricche di quadri, di sta-tue e di sacri arredi. Talchè io credo che non senza influenza della setta pro-testante sia ciò avvenuto perocchè ha già aperto tre scuole evangeliche inPalermo e fatto molti proseliti, e fra questi la più pericolosa nel piano di S.toOnofrio che vi ammette di sera i giovanetti adescativi da un certo P. Liparidomenicano, di *** reso altronde scandaloso per il suo matrimonio.

Il popolo e le altri classi che rimangono attaccati al cattolicismo orestano pure di messa o de’ sacramenti, o devono percorrere da un puntoall’altro della città per adempiere quel sacro dovere.

Il Demanio ha preso possesso di tutte le chiese abolite, ha invaso le lororendite ha impedito la distribuzione dei legati di messe, non paga le spese diculto divino di quelle chiese esistenti, né la mercede a’ poveri preti o fratidisciolti, talché la miseria si è accresciuta per questa legge infelice troppobersagliata anzi calunniata di aver promosso la rivoluzione in Palermo nel_________________________________

272 Via che unisce Palermo a Monreale. Scrive al proposito Giuseppe Bellafiore, Palermo. Guidadella città e dei dintorni, 2. ed., [S.l., s.n.], 1980, p. 107: «In ricordo della battaglia garibaldina del1860 si chiama oggi Corso Calatafimi. Fu tirata in asse con il Cassaro negli anni 1580-84 al tempodel viceré Marc’Antonio Colonna. Nel 1630 furono poste lungo il suo corso sei esedre con altrettan-te fontane. Nei secoli XVII-XVIII e XIX vi si affacciavano numerose ville e palazzi suburbani».

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settembre 1866. Eppure il Parlamento che decretò di abolirsi i frati, le mona-che, i conventi, e i monasteri non v’incluse le chiese, anzi vi sostenne ener-gicamente il barone Vito Ondes deputato che non andavano comprese comequalche altro deputato sosteneva di doversi considerare di proprietà delGoverno come accessorî dei conventi e dei monasteri aboliti; ampia e scioc-ca proposta, perocché la casa di Dio non può riguardarsi che principale.

Dopo questa digressione scendo a ragionare de’ molti monumenti d’arteche pian gemevano nelle principali delle chiese abolite, e de’ pochi che tutta-via si osservano nelle chiese esistenti.273 Non parlo già dell’abuso e della sacri-lega devastazione di tutte le sacre immagini che per devozione de’ particolarierano sparse per la strada della città che nel febbraro e marzo 1866 furono fatteatterrare con rabbia iconoclasta e coll’influenza protestante o massonica del-l’assessore Sig.r Don Raffaele Di Benedetto, che aveva cagionato un subbu-glio popolare nel piano del Monte.274

Dopo quella prima esplosione ebbe inizio lo spoglio e la chiusura dellechiese, la depredazione degli oggetti sacri e l’invasione abusiva del Demanio,che dal popolo vien denominato demonio.

<Cattedrale>È rimasa illesa la Cattedrale e conserva tuttavia le belle statue marmoree

e i bassi ed alti rilievi del celebre Antonello Gagini da Palermo e de’ suoi figlie scolari che fiorirono nel secolo XVI. Fra quadri più antichi più pregevoliavvene quello piccolo della Vergine a mosaico sopra lavagna donata da reRuggiero uno antico di mezzana grandezza sopra asse di Scuola lombarda rap-presentante la Vergine col Bambino, quello di S. Francesco di Paola di PietroNovelli insigne pittore del secolo XVII e i due famosi dell’Assunzione dellaVergine, capolavoro di Giuseppe Velasques da Palermo celebre pittore de’tempi nostri, e l’altro della Santa Cristina coronata in cielo da Gesù Cristo.

Nella Cattedrale si conservano ancora i famosi sepolcri alcuni di porfido,altri di marmo de’ nostri re e nell’ipogeo quelli più antichi scolpiti con figureallegoriche in parte del Medioevo e in parte più antiche che contengono le spo-glie mortali de’ nostri arcivescovi ed altri illustri personaggi275._________________________________

273 Una puntuale rubricazione è stata condotta da Giovanni Sances, Appunti sulla topografia e sulletrasformazioni delle antiche chiese di Palermo, Palermo, Stab. tip. Virzì, 1914. Il puntuale aggior-namento storico e urbanistico è stato curato da Rosario La Duca, Repertorio bibliografico degli edi-fici religiosi di Palermo … cit.274 Più noto come Piano del Monte di Pietà, ubicato tra le vie Maqueda e Candelai. Noto per lo mani-fattura dei panni che conferiva alla piazza la denominazione Panineria.275 Ipogeo della cattedrale di Palermo oggi aperto al pubblico. Giovanni Maria Amato, De principe tem-plo panormitano ... cit., p. 184-194, riferisce notizie storiche sul Pontificium coemiterium ed in partico-lare a p. 188 riferisce che nel 1713 avvenne la traslazione dei sepolcri. Una successiva pubblicazione èquella di Giovanni Compagni, L’antico ipogeo del Duomo di Palermo, Palermo, Stamp. Oretea, 1840.

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Nella Cattedrale conservansi nella sua integrità nell’esterno coll’ag-giunta però di una cupola troppo elevata moderna in aperta contraddizionecoll’esterno col Medioevo come fu fatta costruire nel ***276 da GualterioOffamilio, arcivescovo di Palermo. Nell’interno poi fu tutta riformata dal-l’architetto Ferdinando Fuga, fiorentino277 che come scrisse il celebre conteRezzonico278 messa in quella riforma in fuga il buon senso, e peggio sareb-be avvenuto se incaricato dell’esecuzione del disegno il celebre architettoGiuseppe Marvuglia non l’avesse in piccole parti modificato279.

Nell’antica costruzione essa era tutta ad archi acuti, e nel cappellone vieran tre serie di statue di santi con gli angioli, a tutto rilievo e i miracolidegli Apostoli in piccole figure a tutto rilievo. Ma secondo il nuovo dise-gno del Fuga furono altrimenti distribuiti280.

Chiesa del Collegio Massimo de’ PP. GesuitiLa Chiesa del Collegio Massimo de’ pp. Gesuiti si conserva nello stes-

so stato, ma vi furono tolti i due bei quadri della Vita di S. Luigi del cele-bre Velasques.

Chiesa del monistero del SS. Salvatore.L’interno è di figura sferoidale in unica nave e tutta coverta di marmi

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276 Gualtiero, arcivescovo di Palermo, nel 1184 fa edificare la Cattedrale di Palermo che sarà consa-crata l’anno successivo.277 Ferdinando Fuga, architetto, nato a Firenze nel 1699, morto a Roma nel 1781. La notizia della“demolizione” dell’interno della Cattedrale balza agli onori storiografici: cfr. P. Fedele da S. Biagio,Dialoghi familiari sopra la pittura. A cura e con introduzione di Diana Malignaggi, Palermo,Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione,Dipartimento dei beni culturali ed ambientali ed educazione permanente, 2002. Ripr. facs. dell’ed.:Palermo, per D. Antonio Valenza, [1788], p. 189-190. Anche Gioacchino Di Marzo, Delle belle artiin Sicilia dai Normanni sino al secolo XIV, Palermo, Salvatore Di Marzo editore, Francesco Laotipografo, 1858-1862, v. 2, p. 196, stila una puntuale relazione sulla «sacrilega devastazione opera-tavi dal Fuga». Antonio Zanca, La Cattedrale di Palermo, 1170-1946, Palermo, IRES, 1952, p. 294giustifica il Fuga, affermando che «non resti limpidamente provato con documenti che egli vi siastato costretto da un esplicito incarico».278 Il viaggiatore Carlo Gastone conte della Torre di Rezzonico, che visita l’isola nel 1793, nel Viaggiodella Sicilia, Palermo, presso gli Eredi Abbate del fù Francesco, 1828, a p. 6 commenta: «Entrainella Cattedrale che si rifabbrica tutta nell’interno con un’architettura discordante dalla normannaesteriore».279 Per Giuseppe Venanzio Marvuglia vedi nota n. 243. Cfr. Guido Di Stefano, “Sguardo su tre seco-li di architettura palermitana”, in: Atti del VII Congresso Nazionale di Storia dell’Architettura.Palermo, 24-30 settembre 1950, Palermo, a cura del Comitato presso la Soprintendenza ai monu-menti, 1956, p. 393-407, pubblica alle p. 405-406 e nella tav. XXIX il progetto del Marvuglia rela-tivo alla trasformazione “in stile”della cupola tardo-barocca del Duomo e completamento del cam-panile progettato da Emanuele Palazzotto.280 Un primo “commento” sulla demolizione fu efficacemente condotta da Maria Accascina, “LaCattedrale di Palermo. L’opera di Ferdinando Fuga. La distruzione della tribuna di AntonelloGagini”, in: L’Ora, a. XXVII, n. 214, 8-9 settembre 1926, p. 4. Un’interpretazione architettonica èstata fornita da Roberto Pane, Ferdinando Fuga; con documenti a cura di Raffaele Mormone,Napoli, Edizioni scientifiche italiane, stampa 1956, p. 156-162.

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colorati con cupola ellittica centrale di mirabile artifizio dipinta egregia-mente dal celebre frescante Vito d’Anna281, palermitano, che vi rappresen-tò Il Paradiso.

Quel tempio fu eseguito sul disegno dell’insigne architetto Fra’ PaoloAmato da Ciminna282.

Ha quadri pregevoli del tenore di messinesi e qualche altro più antico.Il monistero fu nel 1866 destinato per l’influenza del generale Masi ad

Istituto di donzelle283.Chiesa di S. Giuseppe dei PP. TeatiniL’interno di questa chiesa si conserva con i bellissimi quadri del

Novelli284 ed altri antichi pregevoli. Però di questa grande e sontuosa chie-sa con cupola coll’abbassamento della via Toledo e via Maqueda285 la portaad ornato con sue colonne rimase elevata circa cinque palmi dal pianterre-no e così pure la fonte Pretoria ricchissima di statue della scuola delBuonarroti286.

Come ancora la vicina287 elegantissima chiesa ornata di marmi colora-ti in unica nave alla quale essendosi destrutta per l’abbassamento la gradi-nata alle due porte non vi sono da due anni sostituite dal Demanio, che neha in uso la rendita. L’interno nella chiesa rimane lo stesso288.

Chiesa di S. Matteo o delle Anime del PurgatorioIl magnifico prospetto marmoreo di questa chiesa ideato da Giacomo

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281 Vito D’Anna, pittore, nato a Palermo nel 1718, ivi morto nel 1769. Due versioni biografiche sonoreperibili in Agostino Gallo, Notamento alfabetico di pittori e musaicisti… cit., p. 3-4 e in Parteseconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 38-52, 55.282 Paolo Amato, architetto e teorico, nato a Ciminna (Palermo) nel 1634, morto a Palermo nel 1714.Una versione biografica è reperibile in Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti … cit., p. 107-113.283 Si tratta dell’Istituto magistrale Regina Margherita oggi Liceo psico-pedagogico.284 Si tratta chiaramente della tela raffigurante San Gaetano (1635-36): cfr. Guido Di Stefano, PietroNovelli il Monrealese, Palermo, F. Ciuni, 1940, e Guido Di Stefano, Pietro Novelli il Monrealese …Catalogo … a cura di Angela Mazzè cit., p. 219. Il dipinto raffigurante l’Estasi di San Gaetano, èstato inserito inefficacemente nell’elenco delle opere del Maestro barocco. A nostro avviso si trattadi una soffocante attribuzione alle fonti della storiografia artistica. Cfr. catalogo della mostra PietroNovelli e il suo ambiente. Palermo, albergo dei poveri, 10 giugno-30 ottobre 1990. [Redazione ecoordinamento dei materiali Maria Pia Demma ... et al.], Palermo, Flaccovio, [1990], p. 200.285 «Tra il 1856 e il 1860 il livello della via Maqueda fu abbassato di circa m. 1,30 per regolarizzarel’altimetria dell’intera zona circostante l’Ottangolo» [Quattro canti]: Cfr. Giovanni Cardamone, Lascuola di architettura di Palermo nella Casa Martorana; presentazione di Marcella Aprile; pre-fazione di Mario Giorgianni, Palermo, Sellerio, 2012, p. 182.286 Le recenti ricerche condotte sono registrate in: La fontana pretoria in Palermo: hic fons, cui sim-ilis nullus in orbe patet. A cura di Maria Pia Demma, Giuseppina Favara, Palermo, Assessoratoregionale dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione, 2006.287 Nota illeggibile a causa dell’inchiostro sbiadito.288 Nota illeggibile a causa dell’inchiostro sbiadito.

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Del Duca289 di Cefalù, scolare del Buonarroti avea molto sofferto nel latosinistro e fu fatto riparare bene secondo l’antico per cura dell’attualeDeputazione. La chiesa frequentatissima si conserva co’ suoi quadri pre-gevoli due del Novelli nel pristino stato ed è la sola abbondante di messee quindi frequentata da’ fedeli.

OlivellaAbbiamo accennato le due devastazioni del Convento di quei buoni e

nobili Padri esemplarissimi. Fortunatamente la <chiesa> è rimasa nellasua integrità senza spogli e depredazione di quadri. Ivi ammirasi il quadrodi Raffaello290 dell’Adorazione del San Giovannino sostenuto da un ange-lo col neonato Gesù e questo tempio magnifico sì pel prospetto, sì pell’adornamento interno di squisito gusto eseguitavi dallo architettoMarvuglia291 è la sola finora in cui il Demanio non ha disteso interamentegli artigli ed è bene officiata e ben frequentata da’ fedeli. Però il Demaniocredette di aver diritto sopra una moderna statua di argento della BeataVergine e l’incarcerò in un magazzino, per motivo che nel giorno dellaConcezione si poté esporre al pubblico. Però un devoto che vi aveva dona-to una bella corona di argento tempestato di gioie si credette in diritto diripigliare in deposito il suo dono finché la Beata Vergine ne fosse scarce-rata, e fece bene.

Chiesa di S. Simone o della MartoranaQuesta chiesa fondata da Giorgio Rosier ammiraglio del re Ruggiero è

coverta all’interno di mosaici figurativi e ornamentali con un magnificoquadro di Vincenzo Anemolo292, scolare di Raffaello, e con due interessan-ti mosaici rappresentanti uno L’adorazione del fondatore a Gesù Cristo el’altro La coronazione di Ruggiero da Gesù Cristo stesso. Manca il pavi-_________________________________

289 Giacomo (o Jacopo) Del Duca, scultore e architetto, nato a Cefalù (Palermo) intorno al 1520, ivimorto nel 1604. Cinque versioni biografiche sono reperibili rispettivamente in Agostino Gallo,Notizie intorno agli architetti … cit., p. 45-49; Lavoro … cit., p. 129-131; Notamento alfabetico dipittori e musaicisti… cit., p. 31; Parte prima delle notizie di pittori e musaicisti … cit., p. 19; Parteseconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 437-438.290 Madonna con Gesù bambino e san Giovannino di Lorenzo di Credi, a lungo attribuito a Raffaello,oggi al Museo di Palazzo Abatellis a Palermo. Cfr. Ciro D’Arpa, Architettura e arte religiosa aPalermo … cit., p. 81.291 L’approccio cronologico di Giuseppe Venanzio Marvuglia con i padri Filippini risale al 1763, annoin cui l’architetto presenta il modello ligneo della chiesa. Per ulteriori riferimenti, cfr. VincenzoCapitano, Giuseppe Venanzio Marvuglia, architetto, ingegnere, docente. Parte prima [-terza],Palermo; Sao Paolo, Renzo e Rean Mazzone Editori, 1984-1989, 3 v. Maria Giuffrè, “Classicismo eneoclassicismo nell’opera di Giuseppe Venanzio Marvuglia”, in: Ricordo di Roberto Pane. Incontrodi studi, Napoli, Villa Pignatelli, 14-15 ottobre 1988. [Promosso da] Dipartimento di storia dell’ar-chitettura e restauro, Universita di Napoli Federico II, Napoli, Napoli Nobilissima, stampa 1991292 Si tratta dell’olio su tavola raffigurante l’Ascensione collocata sull’altare maggiore. Per ulteriori infor-mazioni storico-bibliografiche, cfr. il catalogo della mostra Vincenzo degli Azani … cit., p. 372-374.

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mento d’ingresso per l’abbassamento del piano della regia porta. Dicesiche l’interno sarà destinato a scuola di belle arti. 293

Antico Palazzo PretorioVi fu adibita una cappella di S.ta Rosalia294 e venduto vergognosamen-

te una gran mazza di argento indicante il dominio del Municipio ed altrioggetti antichi.

Chiesa di S. Domenico dei PP. PredicatoriQuesto tempio a tre navate con colonne di marmo bigio era più gran-

de in Palermo. Ha un prospetto di marmi bianchi con statue di stucco e duecoronanti campanili; ma nell’interno non è vestita di marmi colorati anchenella cappella a sfondo. Però nella sua semplicità è imponente per la suagrandezza perocché secondo il calcolo fatto da uno dei dotti padri in mate-matica295 può contenere all’impiedi escluso il coro ***.

Ha a sinistra del T<ransett>o uno de’ migliori quadri di Anemolo296

rappresentante La Vergine del Rosario in un giardino di rose co’ santidomenicani e il popolo devoto abbasso, e gli angioli superiori che versa-no rose sul medesimo in allusione alla devozione per cui accorrer solevaivi di primissimo mane. Mancava a compimento di questo tempio unacupola e l’adornamento di marmi colorati nelle pareti. L’insigne oratoresacro P. Luigi Di Maggio297 presentò al pubblico un programma affinchécon particolari contribuzioni potesse eseguirsi, ma il suo progetto per lecircostanze dei tempi non fu secondato.

Il signor Agostino Gallo che avea osservato in suoi viaggi in Italia, eparticolarmente in Firenze e in Bologna onorata memoria de’ rispettiviuomini illustri con magnifici monumenti funebri con busti, medaglie,iscrizioni divisò di promuovere in S. Domenico il Panteon dei famosi sici-liani298 e ne diede esecuzione a proprie spese col monumento del famoso_________________________________

293 Non siamo in grado di poter documentare, cronologicamente, la notizia. Giovanni Cardamone, LaScuola di Architettura di Palermo… cit., p. 62, afferma al riguardo: «senza voler entrare nel meritodelle trasformazioni interne». Il faticoso iter burocratico è stato ricomposto dal Cardamone alle p.216-220.294 Le notizie sono state tratte, presumibilmente, dal coevo Giornale dell’Intendenza di Palermo.295 Il riferimento è all’architetto Andrea Cirrincione, attivo nella IIª metà del XVII secolo, il quale«nel 1640 presentò il disegno e curò la riedificazione della nuova chiesa». Cfr. A. Gallo, Notizieintorno agli architetti … cit., p. 61.296 Il riferimento è alla preziosa tavola di gusto manieristico raffigurante la Madonna del Rosario coni santi Cristina, Vincenzo Ferrer, Tommaso d’Aquino e Ninfa (1540). Per ulteriori informazioni sto-rico-bibliografiche, cfr. il catalogo della mostra Vincenzo degli Azani … cit., p. 378-382.297 Luigi Di Maggio, segretario generale a vita dell’Ordine dei Padri Domenicani dal 1876, sepolto inSan Domenico. Un cameo è stato filigranato da Enrico Onufrio, Guida pratica di Palermo con lapianta della cittá. Nuova ed., Milano, F.lli Treves, 1892, p. 32.298 Cfr. Agostino Gallo, Autobiografia cit., p. 62.

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pittore ed insigne architetto del secolo XVII Pietro Novelli da Morrealesua patria detto Morrealese299.

E persuaso che il governo Borbonico era negativo a qualunque novitàdi suo arbitrio col consenso dei PP. Domenicani ne collocò il busto scol-pito dallo egregio Villareale in una bene ornata nicchia con sua iscrizioneitaliana essendo egli persuaso di adoprare la lingua latina per gli uominidotti e la volgare per gli artisti, o di altri personaggi più noto al popolo.Accadde che il re Ferdinando 2° visitando quel tempio osservò il monu-mento del Novelli, lesse l’iscrizione col nome di Gallo, chiese ai Padri chifosse costui che ne avea fatto la spesa e avutane informazione di apparte-nere al ministero rispose: Lo conosco e ha fatto bene ad onorar la memo-ria del Novelli. Talché d’allora fu colla parola del re approvato il nuovoPanteon, che crebbe progressivamente di altri monumenti. Un’accanitalotta dovette bensì sostenere coll’Intendente di Palermo, duca di Laurino,il quale seccato di essersi trascurata la sua autorità che sarebbe stata con-traria come lo fu in tutte le cose utili in questa antica capitale, e fingendodi proteggere i Padri Francescani del Terz’Ordine che dalla loro sepolturaconservavano il corpo del celebre poeta Giovanni Meli ostinossi alla pro-posta del Gallo di trasferirsi nella chiesa de’ PP. Domenicani per collocar-si in un magnifico sepolcro marmoreo scolpito nel fronte in un basso rilie-vo colle Muse del Villareale, e cagionò un’accanita lite di due anni tra ifrati e il Gallo, pel corpo del Meli ch’era stato da loro occultato, e cedutoda suoi parenti per ricevere maggior omaggio nel Panteon di SanDomenico300. Il Governo di Sicilia espose a S. M. il contrasto tra il Laurinoautorità e il Gallo semplice ufficiale di carico in Ministero e il re diederagione a quest’ultimo. Però ricercatosi il cadavere allora stato occultatoda i frati ne fu mostrato uno acefalo che per alcuni indizi del corpo fu cre-duto del Meli e particolarmente per i tre diti congiunti della destra in atti-tudine di stringere ancor la penna. Il principe di Satriano, alloraLuogotenente di Sicilia, ordinò che si fossero fatte perquisizioni in tutte lestanze di monaci per ritrovare il teschio del celebre poeta affinché ricon-giunto al corpo fosse trasportato solennemente in S. Domenico e ne inca-ricò il Gallo. Vane furono per allora le perquisizioni della Polizia e un pro-_________________________________

299 Il Gallo, stilando l’epigrafe (1865), lo segnala «tra i dipintori siciliani massimo imitator della natu-ra, sperto architetto e incisore».300 Il 6 giugno 1853 i resti mortali del poeta sono trasferiti dalla chiesa di S. Francesco d’Assisi; saràsepolto vicino la cappella di S. Rosalia Il cameo scultoreo (altorilievo), opera di Valerio Villareale(1828) reca sul basamento il corteo delle muse del canto e della poesia, preceduto dal dio Apollo cheincorona il Meli seduto su un tronco di albero d’alloro. Il testo dell’epigrafe, curato da M. Monti,recita: «Theocritus alter et Anacreon musarum sicelidum, amor deliciae decus….».

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cesso a carico dei monaci fu iniziato. Ma essendo tre frati trovati in con-traddizione furono imprigionati ed uno di essi per nome FrancescoCatalano denunciò al fine al Direttore di Polizia, capitano SalvatoreManiscalco, l’antica tomba nell’ultima cappella presso l’altaredell’Immacolata Concezione, dov’era occultato.

Rimosso ivi e fattonelo estrarre e chiuso in una cassa lo trasportò nellaparrocchia de’ Tartari301 chiuso e sugellato in una stanza della sagrestia, eindi fattane la ricognizione giudiziaria fu solennemente con pompa magni-fica trasportato in un feretro per la città accompagnato da professoridell’Università, dell’Accademia e da’ magistrati solennissimamente inprocessione fra i nembi di fiori che gli piovevano da tutti i balconi.

Nel tempio era preparato un arco di trionfo, una musica solenne e unfunebre elogio profferito dal P. Melchiorre Galeotti302.

Questa orazione fredda, insipida e inopportuna non soddisfece il pubbli-co, anzi fu accompagnata da qualche sibilo di disapprovazione. Ma l’orato-re che avea protestato di non richieder mercede, scroccò al Gallo onze otto.

La direzione di questa magnifica festa funebre affidata al Gallo riuscìa piena soddisfazione del pubblico. Il quale desiderava di scorgere l’effi-gie del gran poeta che era stato chiuso in un tumulo di legno. Il Galloaveva predisposto una maschera di cera ricavata co’ proprî naturali coloridal busto marmoreo del Villareale modellato prima sullo stesso Meli esomigliantissimo. Talché i vecchi che l’aveano conosciuto gridarono: Èd’esso, è d’esso, contuttoché non avesse apparito col suo abito di abate maavvolto in un manto bianco di seta con ricami d’oro. Per un giorno interofu soddisfatta la curiosità del pubblico che per l’affollamento nella chiesanon avea potuto intervenire a quella funzione.

A sera fu racchiusa nella magnifica tomba fra le preci della chiesa ilcorpo di quel valentuomo.

Il Gallo incoraggiato dal buon successo proseguì con efficacia ad arric-chir di altri monumenti il Panteon che egli a proprie spese ne fece innal-zare tombe onorarie de’ suoi precettori p. Michelangiolo Monti, insignepoeta ed oratore303 professor di belle lettere nell’Università di Palermo,_________________________________

301 Dichiarata fatiscente nel 1874 e successivamente demolita. Per le notizie storiche e documentarie,cfr. Le parrocchie cit., p. 313-339.302 Melchiorre Galeotti, Elogio di Giovanni Meli nella traslazione del suo corpo al monumento eret-togli dal Senato di Palermo nel tempio di S. Domenico con una breve narrazione della pompa cele-bratasi con l’intervento di S.E. il principe di Satriano luogotenente in Sicilia, Palermo, per M.Amenta 1854.303 Monti Michelangelo († 1822) monumento funebre a San Domenico Il Gallo indirizza l’epigrafelatina al «praeceptori amantissimo».

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dell’abate Domenico Scinà sommo scienziato e letterato, ed ivi professordi fisica, di Giuseppe Marvuglia e del suo figlio304 Emmanuele capi archi-tetti e professori entrambi nella detta Università, riformatori del buongusto nella scienza ed arte edificatoria, del menzionato Pietro Novelliegregio pittore, di Nina Siciliana305 prima poetessa in volgare, di GiuseppePiazzi, primo astronomo e ritrovatore del pianeta Cerere, fondatore dellaSpecula di Palermo e di Napoli, e anche professore dell’Università306, ami-cissimo e protettor del Gallo ed ora vi à anche destinato il busto diVincenzo Bellini, suo amico. Ma ne è stato impedito da una circostanzache or ora accenneremo.

Il Gallo poi promosse qual Segretario della Commissione di Antichitàe Belle Arti, che questa a proprie spese innalzasse i monumenti de’ treinsigni pittori Patania307, Velasques308 e Riolo309 e dello egregio scultoreSig.r Villareale.

Il principe di Galati, ragguardevole ellenista e poeta originale, letterato edarcheologo innalzò ivi un grande alto rilievo opera del Villareale alla di luimoglie Giuseppina Turrisi celebrata poetessa310. E così la Signora MargheritaAdamo alla di lei figlia, poetessa signora Lauretta. Dal conte di Gallitani fufatto eseguire il busto dal suo nepote, signor Narciso Gozzo che combatten-do per la libertà italiana nella conquista di Napoli per salvare un amico feri-to rimase anch’egli ucciso. In seguito sorse il magnifico sepolcro del sommo

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304 Giuseppe Venanzio Marvuglia monumento funebre a San Domenico. Sepolto insieme al figlioEmanuele Alessandro, i loro profili emergono dal bassorilievo marmoreo. Il Gallo ne perpetuacosì il ricordo professionale: «…co’ loro precetti nell’Ateneo e co’ modelli di bene ordinati edifi-zi per la Sicilia diffusero la scienza e il buon gusto dell’architettura attinto in Roma maestra dellebelle arti e or nelle vetuste elleniche forme or nell’eleganti palladiane tramutarono le precedentigoffe e capricciose entrambi per sapienza e severa virtù esempio agli artefici». AlessandroEmanuele, architetto camerale e figlio di Giuseppe Venanzio, nato a Palermo nel 1773, ivi mortonel 1845. La sua versione biografica è reperibile in Agostino Gallo, Notizie intorno agli architet-ti … cit., p. 171-172.305 Il monumento funebre è stato distrutto durante le incursioni aeree della seconda guerra mondiale.306 Piazzi Giuseppe monumento funebre a San Domenico: Il Gallo ricorda ai posteri che «ab anno1780 R. nostrae Universitatis conspicuus praeceptor Italiam Galliam Britanniamque diu pergratuseffusi astronomorum maximus Speculae Panormi et Neapoli fondatae moderatorque…».307 Il Gallo ne celebra il talento artistico: «Franco inventor scelse in natura il bello /pinse e animârle Grazie il suo pennello».308 Il medaglione, scolpito da Rosolino Barbera, sovrasta la poetica epigrafe: «Diè alla pittura chegiacea informe vere purgate ed eleganti forme».309 Il medaglione, scolpito da Rosolino Barbera, sovrasta la poetica epigrafe: «Alla patria pitturaesaminata diè vaghe tinte ombre gagliarde e vita».310 Il monumento funebre è stato scolpito da Valerio Villareale nel 1849.

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archeologo ed architetto Domenico Lo Faso duca di Serradifalco311, erettoglidalla sua figlia signora Giulietta marchesa di Torrearsa ed altro più magnifi-co fu innalzato al maresciallo Ruggero Settimo presidente del Regno diSicilia312 nel 1848, uomo liberale saggio e virtuoso.

Figuravi anche ivi con busti o medaglie il medico e professore univer-sitario signor Michele Pandolfini313 e il poeta leggiadro e magistrato PietroCirino314, ed il dottor *** Bellia315 intrepido difensore di rei di Stato e ilcerusico Giovanni Salemi316, che meritò l’onore di essere ascrittoall’Istituto di Francia e il bravo pittore Giovanni Patricolo317 e il dotto p.Barcellona318 dell’Oratorio Filippino celebrato per opere sue ecclesiasti-che. E infine il sig.r Carlo Giachery architetto e professore nella nostraUniversità. Fra i monumenti eravi quello antico sontuoso del marcheseVillabianca319 ineffaticabile istorico e illustratore delle cose patrie.

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311 Una pletorica epigrafe ricorda il suo vissuto letterario e politico: «Con la mente con le avite dovi-zie le lettere e le arti siciliane promosse incorando per beneficî la gioventù al sapere. Presidente dellaCommissione di Antichità i vetusti tesori di civiltà greca e normanna studiò e dottamente descrisse… al ritorno della borbonica dinastia patì l’esilio. Rivide la terra natia non pur anco redenta e piocaritatevole ne divise i dolori, ma poi mirò l’Italia risorta per sempre al più bello avvenire…».312 Ricordato nell’epigrafe come Ministro di Guerra e di Marina (1778-1863).313 Il monumento gli fu eretto nel 1861 e reca la seguente epigrafe «Insigne medico quanto ardito filo-sofo per integrità di vita e potenza d’ingegno in questa Università professore di Patologia, di cele-brati volumi aureo scrittore».314 In effetti il monumento è dedicato a Nicola Cirino, nato a Nicosia nel 1802, morto a Palermo nel1851, «sapiente magistrato e poeta… ornamento dl XIX secolo». Il fratello Giovanni gli innalza ilmonumento nel dicembre 1862.315 Si tratta di Emmanuele Bellia, da Paternò. Il mausoleo funebre a San Domenico scolpito daBenedetto De Lisi nel 1861. L’epigrafe ne focalizza la statura culturale: «dotto ed eloquente giure-consulto di virtù pubbliche e private modello con la parola e col senno in tempi difficili salvò moltevite dalla ferocia di corti militari».316 Salemi Giovanni (†1849): l’epigrafe del suo mausoleo recita: «nel professare il chirurgico magi-stero ebbe all’Ateneo sì felice la mente e la parola come esperta all’oprare la mano la decorazionedella legione d’onore meritar seppe non accettar turpemente per virtù domestiche e sociali alla fami-glia agli amici alla patria dilettissimo in vita…».317 Patricolo Giovanni, pittore, nato a Palermo nel 1789, ivi morto nel 1861. Due versioni biografichesono reperibili rispettivamente in Agostino Gallo, Notizie intorno agli incisori siciliani … cit., p. 91e in Agostino Gallo, Parte seconda …, cit., p. 9, 18, 304-307 L’epigrafe del mausoleo recita: «Piobuono devoto sacerdote ed in pittura valentissimo». Il medaglione fu scolpito da Benedetto de Lisinel 1862.318 Barcellona Antonio (1726-1805), religioso della Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri.L’epigrafe focalizza le sue doti morali e intellettuali: «antiqua morum disciplina rei Theologicaesapientia spectantissimo et admirando ab doctissimas in profeta et evangelia lucubrationes».319 Seppellito nella cappella gentilizia di S. Rosalia, secondo le sue volontà testamentarie. Il mauso-leo fu scolpito da Leonardo Pennino; nell’epigrafe sono focalizzate le virtù morali ed intellettualidel «Caesaris» noto «clari eruditone, comitate, prudentia, religione vero muneribus, boni publicostudio…».

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Avevo io disposto d’innalzare il busto marmoreo a Vincenzo Bellinifamoso compositore di musica, ma abolitisi gli Ordini monastici nell’otto-bre del 1866 sul pretesto della rivoluzione del precedente settembre, pocodopo la chiesa fu chiusa e ceduta dal Demanio al Municipio di Palermo,venne dal medesimo destinata a sala di esposizione de’ progetti del granTeatro da costruirsi in Palermo, Dio sa quando.

La chiesa fu spogliata di *** pregevolissimi quadri che appartenevanouna volta a quella di Santa Cita dello stesso Ordine domenicano e ch’erastata da più anni convertita in ospedale militare320.

Quei quadri sono stati i più pregevoli delle chiese di Palermo e princi-palmente la Disputa di S. Tommaso con altri teologi e col re Carlod’Angiò321, altro busto ad Antonello da Messina, pittore del secolo XV. LaDeposizione dalla croce, capolavoro di Vincenzo Anemolo, Sant’Annache conduce a mano la giovinetta Maria con in fondo un tempio; una dellemigliori opere di Rosalia Novelli, ed altri dipinti ragguardevoli che furo-no tutti trasportati nella Galleria della Regia Università322.

L’esposizione de’ disegni del nuovo Teatro durò più mesi; ma è già unanno che la chiesa è serrata attendendosi che il Municipio scelga tre archi-tetti per decidere quale tra i trentadue disegni sia preferibile per ordinarnela costruzione323.

Questo esame, a mio avviso, durerà più anni dovendosi di ogni proget-to esaminare la pianta, lo spaccato, il prospetto e le altre carte particolaridi decorazione. Intanto il pubblico è privato per un oggetto profanissimodelle funzioni sacre di una delle chiese più frequentate e i forestieri checondotti da’ servidori di piazza amavano di visitare i monumenti ne sonodelusi. Che se il Municipio non influito dallo spirito protestante adesso_________________________________

320 La trasformazione è datata 1 maggio 1853: cfr. alla p. 81: Angela Mazzè, “Topografia sanitaria inSicilia (sec. XII-XIX)”, in: Sanità e Società. Udine, Casamassima, 1986-1990, v. 3: Sicilia eSardegna secolo XVI-XX, a cura di Calogero Valenti, Gianfranco Tore, p. 51-107.321 Tommaso De Vigila, pittore (1444, notizie- 1497). Per un’esaustiva conoscenza storico-artisticacfr. Maria Concetta Di Natale, Tommaso De Vigilia (Parte I), Quaderni A.F.RA.S. n. 4, Palermo1974, e (Parte II) n. 5, Palermo 1977.322 In esecuzione della Ministeriale 2 agosto 1830, l’Università degli Studi di Palermo acquisisce leopere d’arte provenienti dagli edifici religiosi della città.323 Il riferimento è correlato all’esposizione dei 35 progetti stilati per la partecipazione al concorsodell’erigendo Teatro Massimo. L’8 aprile 1867 si inaugura la prima rassegna grafica cui seguirà laseconda compresa tra il 16 agosto e il 4 settembre 1868. La manifestazione registra enorme succes-so, contestualmente alla stampa di un opuscolo-guida curato dall’ing. Pietro Mutti: Una visita a S.Domenico. Esame dei progetti pel Teatro Massimo di Palermo. Impressioni provate e scritte,Palermo, Stamperia di Francesco Roberti, 1867. Per i dettagli iconografici, cfr. Il Teatro Massimocento e più anni fa. Fonti storico-documentarie A cura di Eliana Calandra, Palermo, I.L.A. Palma,1997, p. 68.

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prevalente avesse fatto senno di chiedere per mezzo del Ministero di CasaReale a S. Maestà il re d’Italia una delle sale superiori del R. Palazzo diPalermo che resteranno a lungo a disposizione dei topi, certo che ne avreb-bero ottenuto il permesso. E il grandioso tempio di S. Domenico per l’ad-dietro frequentatissimo da’ fedeli sarebbe rimaso a disposizione del pub-blico anche per ammirarvisi da’ nazionali e da’ forestieri il Panteon degliuomini illustri che presenta ormai trentadue monumenti. Né il Gallo hapotuto innalzare quelle al Bellini. Un altro grave inconveniente ha potutodanneggiare quelli già esistenti; perocché i nostri maestri falegnami tra-scurati come sono per far presto hanno potuto addossare le favole sopra imonumenti per affiggervi tutt’intorno i disegni teatrali. Ma tutto inPalermo si esegue alla carlona e senza procedimenti.

Altri danni ha pure sofferto quel tempio monumentale nel prospettoperocché abbassatosi il portone, le basi delle colonne e la gradinata sonostati tolti e i marmi derubati. Talché si è dovuto supplire con gradini dilegno per essere osservati dal pubblico i disegni. Né si pensa a ristorarequesti guasti perché il Municipio crede doversi eseguire a spese delDemanio, e questo dell’altro avendo esso prodotto i danni indicati.

La chiesa adunque rimarrà chiusa e inefficiente per moltissimi anni enotabilmente danneggiata nel suo sontuoso prospetto.

Sull’antiche cattedrali di Palermo sino all’ultima attualeriedificata nell’interno nel sec. XVIII

Tralasciando di ragionare del sacro luogo di riunione de’ primitivi cri-stiani di Palermo per l’esercizio degli atti della nuova relione [!], che il P.Amato nell’opera De principe templo panormitano324, e il celebre canoni-co Stefano Di Chiara, mio maestro, in quell’erudito suo discorso sullechiese maggiori o cattedrali325, ri<co>noscono essere stato l’antico sotter-raneo dell’abside dell’attuale Cattedrale allor detto Cimitero di tutti iSanti, essendovi stati sepolti i corpi de’ SS. martiri, esporrò le vicende delnostro Duomo contestate con maggior certezza dall’istoria, dopo le treantichissime, è quello accennato.

Il Di Chiara con una lettera del pontefice S. Gregorio Magno alla quale_________________________________

324 Giovanni Maria Amato, De principe templo panormitano ... cit., p. 21.325 Stefano Di Chiara, Discorso istorico critico sopra le chiese maggiori e cattedrali a Dio in questacittà erette e dedicate sin da’ primi tempi del suo cristianesimo del canonico Stefano di Chiara pro-fessore di sacri canoni nella R. Università di Palermo, Palermo, tipografia di F. Solli, 1825.

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assegna la data del dicembre 603 dopo G.C., prova che già era sta<ta>innalzata indubitamente una Cattedrale a Palermo; perocché quel santopontefice concede al vescovo, che l’Amato326 credette esser Giovanni, lafacoltà di farne la rituale consacrazione, prova anche con plausibili argo-menti che occupasse superiormente lo stesso sito dell’antico cimitero.

Sospetta ragionevolmente il Di Chiara che quella Cattedrale per ragionde’ tempi e sull’esempio di altre non potea esser grandiosa e magnifica;ma crede che fosse ancora in piedi nel 1071 quando i prodi conquistatoriNormanni debellati i Saraceni occuparon Palermo, e restituirono quel tem-pio profanato colla falsa religion maomettana al culto del vero Dio, e dedi-cata ab antico alla Beata Vergine Maria, come rapporta lo storico contem-poraneo a’ principi Normanni Goffredo Malaterra327. A questa prova stori-ca, io ne aggiungo una di fatto sfuggita al Di Chiara. Nell’attuale portico,rivolto a mezzogiorno, si leggono nelle colonne di granito, scolpite inarabo alcune iscrizioni tratte dal Corano328, il che mostra che quelle colon-ne erano state aggiunte all’antico Duomo, quando dagli Arabi fu converti-to in moschea, e serbate pel valor del granito vennero adoperate poscia pelportico. Certo si è che secondo la testimonianza del Malaterra, il ducaRoberto e il conte Ruggieri dopo la conquista di Palermo ripristinarono ilculto della Beata Vergine l’antica chiesa cattedrale vi richiamarono ilvescovo confinato nella miserabile chiesa di S.ta Ciriaca, ne accrebbero ladote, e gli ornamenti e quel duomo sussistette fino al 1180, quando l’arci-vescovo di Palermo, Gualterio Offamilio di nazione inglese, che godea lagrazia del re Guglielmo II, detto il Buono, essendone stato precettore,ottenne da lui il permesso di riedificarlo a proprie spese e di quel religio-so sovrano, in una forma più splendida, e di maggior estensione nello stes-_________________________________

326 Giovanni Maria Amato, De principe templo panormitano ... cit., p. 33.327 Galfredus Malaterra, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardiducis fratris eius, citato da Amato, p. 115-116, lib. 2, cap. 45, f. 313: “10 luglio 1071: Panormo prin-cipe Regni urbe capta, primarium illius templum, B. Virgini Mariae quondam sacrum, catholicisceremoniis expiatum, eidem Virgini postlimini jure resti tui, infra: priori Domina, Magnae Dei matrirestitui, dicarique”. <Giovanni Maria Amato, De principe templo panormitano ... cit., p. 45>.In edizione moderna: Galfredus Malaterra, Imprese del Conte Ruggero e del fratello Roberto ilGuiscardo. Introduzione Vincenzo D’Alessandro; traduzione e note di Elio Spinnato, Palermo,Flaccovio Editore, 2000.328 Cfr. Guido Meli, Un albero pieno di vita … cit., foto 12, p. 13. In particolare il Meli afferma: “Ilrecente restauro ha portato alla straordinaria scoperta di un portico dipinto rinvenendo l’originariacomposizione cromatica del programma iconografico, secondo quanto confermato dalla fonti archi-vistiche. (…) Molti sono gli elementi architettonici che, ad una attenta osservazione, risultano reim-piegati e provenienti da precedenti costruzioni. Una preziosa tavoletta del Corano inciso sulla colon-na laterale sinistra del portico, dichiara la sua provenienza dalla distrutta Moschea <Sura VII delCorano v. 55> (…)”.

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so luogo ov’era l’antico, e per l’intera nuova costruzione dovette atterrarele mura di quello e per l’ingrandimento destrurre nel 1187 la sontuosa cap-pella di S. Maria Maddalena329 di padronato di Alvira moglie di reRuggiero, ov’erano i sontuosi avelli di porfido che contenevano i corpi diprincipi e principessa della dinastia normanna. E per ampliare l’abside checorrispondeva al sottostante cimitero ingrandissi anche questo, però con-servando l’antica cappella di S. Maria l’Incoronata330, così detta perché ivicoronavansi i nostri monarchi; però per ragion di simmetria la staccò dalcorpo del Duomo.

Questa insigne Cattedrale fu compiuta in quindi<ci> anni nel 1085 nelterzo lustro dell’arcivescovato di Gualterio, come rilevasi dall’antica iscri-zione che tuttavia è affissa al lato destro di chi entra per la porta maggio-re ed è del tenor seguente:

Si ter quinque minus numerent331 de mille Ducentis / invenient332 annosrex pie Christe tuos / Dum tibi constructum333 praesul Gualterius aulam /obtulit officii post tria lustra sui. / Aurea fulgebant334 Villelmi335 regnasecundi / Quo tantum tanto sub duce fulsit336 opus / Sit tibi laus perpes, sitgloria Christe perennis / Sit decus et templi sit tibi cura tui / Tu quoqueflorigerae mater pulcherrima turbae / Perpetuus sacrae virginitatis apex/ Respice prostrati lacrymas, et vota clientis / Aeternis penses haec suadona bonis.

Questi versi, credo io, che fossero stati composti dallo stesso arcive-scovo Gualtierio che si sa di essere stato versificator latino, e di avervieducato lo stesso re Guglielmo al quale si attribuisce pure un inno sacro.

Il tempio fu dedicato a Maria Vergine Assunta in cielo e consacrato a6 aprile 1186 dal medesimo arcivescovo (1)337. Ignorasi338 l’architetto diret-tore del medesimo e gli altri subalterni che co’ loro nomi avrebbero reca-to onore all’arte edificatoria siciliana del XII secolo, come per quelli igno-ti altresì del Duomo di Monreale, di Cefalù, di Messina, de’ tempii di S.Pietro nel Regio Palazzo, e dell’Ammiraglio Rozier or detto di SanSimone in Palermo; ma furon certo siciliani già istruiti dagli Arabi famo-_________________________________

329 Cfr. Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria …. parte II, cit. 330 Ubicata in via Matteo Bonello, di epoca normanna.331 Leggasi: “numeres”.332 Leggasi: “invenies”.333 Leggasi: “constructam”.334 Leggasi: “florebant”.335 Leggasi: “Wilhelmi”.336 Leggasi: “surgit”.337 A c. 176v nota in calce: “(1) Ciò si ricava da un antico Breviario del Duomo”.338 Seguono cancellate le parole: “chi stato fosse”.

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si edificatori i quali molti insigni monumenti lasciarono nell’isola nostra,e particolarmente in Palermo, lor sede principale forse a que’ siciliani siaggiunsero architetti bizzantini; perocché molti qui soggiornavano di quel-l’impero orientale a cui era stata prima soggetta la Sicilia.

Lo stile misto arabo-bizzantino di quella Cattedrale mi conferma intale opinione.

E siccome essa fu destrutta nell’interno nel 1781 come diremo, né tro-vasene disegno così credo conveniente per non perdersene la memoria,ritrarne almeno la descrizione da Tommaso Romolo, scrittore del 1688nell’opera sua: Gli orti Esperidi339, e da quella eruditissima del P. Amato,De principe templo panormitano pubblicata in Palermo nel 1728.

Il Romolo ci fa sapere che quella cattedrale innalzata dall’arcivescovoGualterio fu assai più grande della precedente. Soggiunge che l’altaremaggiore dell’abside era rivolta all’oriente, e la porta maggiore all’occi-dente come molte altre chiese del medioevo e secondo il primitivo rito cri-stiano. Era essa di croce latina, a tre navate che stendevansi sino a’ gradi-ni innanzi l’abside in lunghezza 390 palmi siciliani, in larghezza da unaparete all’altra delle tre navi palmi ottanta, ed elevasi al tetto diviso in cas-settoni con freggi dorati a pittura palmi ottantaquattro. Nelle due navi infe-riori che faceano ali alla maggiole [!] centrale s’aprivano per comunica-zione in ciascuna cinque grandi archi a sesto acuto poggianti sopra piloni,e in corrispondenza al vano vi erano altrettante cappelle con fondo ed alta-ri dedicati a varii santi. L’abside elevavasi su due gradini era poco men chequadrato con quattro grand’archi poggianti sopra pilastroni che sostene-vano la soffitta con ricchi ornati d’intaglio in doratura. Suppongo che lacornice interna del tempio sia stata poco sporgente secondo l’uso degliArabi nelle loro moschee ch’era piuttosto un listellino e che fu adottatonell’architettura successiva dai Normanni con aggetto di poco maggiore.Nella tribuna di centro Gualterio fè costruire sopra tre gradini un magnifi-co altare marmoreo, e l’arcivescovo Diego Aedo l’ingrandì ed elevò aquattro gradi ed altro di legno e il successore Paolo Visconti nel 1469innalzò sull’altare una statua in marmo della Beata Vergine che poi l’altroarcivescovo Giovanni Paternò nel 1510 trasferì nella parte destra laterale.

Prima di costoro dovette il suo fondatore Gualterio fornire di sacreimmagini in marmo o in mosaico o in altra guisa di pittura la sua chiesaprediletta. Si sa anche per tradizione che nel tempio precedente atterrato_________________________________

339 Giuseppe Maria Polizzi, Gli horti hesperidi tributarij nella solennità dell’anno MDCLXXXX allavergine patrona S. Rosalia liberatrice di Palermo sua patria dal mortifero dragone della pestilenzaestinto dalla fragranzia delle ritrouate di lei odorose reliquie, In Palermo, per Tomaso Romolo, 1690.

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da Gualterio vi fosse un quadro a mosaico sopra pietra rappresentante latesta della Beata Vergine donata dal re Ruggiero, la quale in parte danneg-giata principalmente nel campo dorato fu fatta ristorare dal signor Riolo amio suggerimento dal dotto mio amico canonico Alessandro Casano340 edora si osserva nella predella di un altare a man destra di chi entra.

Si sa pure che per tradizione che lo stesso re Ruggiero donò a quellachiesa una macchinetta con colonne e filagrani e statuette d’argento overiponeasi la Sfera del Sacramento e conduceasi in processione nella chie-sa. Quest’opera di singolare lavoro artistico per quei tempi dettaConfalone fu tolta da Ferdinando III residente in Palermo dopo il 1806 efusa con tutti gli altri vasi sacri delle nostre chiese per ricavarne argentoda coniare monete. Questo Confalone era stato conservato nella Cattedraleinnalzata da Gualterio con tutte le altre immagini di santi come pure lagrande sfera sacramentale d’oro circondata di gemme a guisa di stelle cri-nite del valore in oro di seimila onze e delle gemme di onze 450341.

Non sappiamo se questa magnifica sfera sacramentale sia stata fusacon gli altri oggetti di argento e d’oro della chiesa fra per i quali vi eranosei grandi candelabri certo [!] dell’epoca aragonese essendovi cisellatal’aquila bicipite stemma di quella dinastia, i quali erano calcolati del valo-re di onze mille. Vi era l’anno segnatovi 1630 e il nome del Cardinal Doriae la notizia di essere stati eseguiti a spese della chiesa. Uno di essi rubatofu supplito sotto l’arcivescovo Pietro Martines. In detto cappellone fudipinta la tela quadragesimale d’Antonio Grano di Palermo342 nel 1682 ovescorgeasi in color celeste oscuro Gesù Cristo spirante sulla croce e a pièdella stessa la Vergine Madre e le Marie dolentissime.

Al lato destro del cappellone eravi una minor cappella in forma semi-circolare della profondità di palmi sedici con sei colonne. Sulla finestraaltra uguale con la statua marmorea della Vergine di sopra accennata ed ivierano i sepolcri degli arcivescovi, secondo fu stabilito dallo stessoGualterio che ivi volle esser deposto, e nel 1510 vi fu collocata la bellis-sima tavola dipinta della Presentazione al tempio della vergine._________________________________

340 Alessandro Casano, Del sotterraneo della chiesa Cattedrale di Palermo, Palermo, Stamp. dellaved. Solli e C., 1849, p. 8.341 Maria Concetta Di Natale, Ori e argenti di Sicilia dal Quattrocento al Settecento, Milano, Electa,1989, p. 153 attribuisce ad un «argentiere siciliano l’ostensorio raggiato in filigrana d’argento»,custodito nel Tesoro della Cattedrale di Palermo e lo data agli «inizi del XVII secolo».342 Antonino Grano, pittore, architetto, incisore, nato a Palermo nel 1660, ivi morto nel 1718. Quattroversioni biografiche sono reperibili rispettivamente in Agostino Gallo, Notizie intorno agli architet-ti … cit., p. 117; Parte prima delle notizie di pittori e musaicisti … cit., p. 134, 135-136, 254-256;Notamento alfabetico di pittori e musaicisti… cit., p. 35; Parte seconda delle notizie di pittori emosaicisti … cit., p. 415-417, 481.

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Quella cappella fu adornata di marmi da Vito Solfarello, ed ornata inpittura dei simboli della Vergine da Andrea Carreca trapanese343 ed ulte-riormente abbellita da diversi arcivescovi.

Paolo Amato da Ciminna architetto del Senato nel 1689 diè il disegnoper nuovi abbellimenti di quella cappella e Baldassare Pampillona paler-mitano344 vi scolpì sei statue marmoree di angioli, e prima il celebreAntonio Gagini da Palermo345 quelle di S. Giovanni Battista e di S. Silviadella città di Monte S. Giuliano.

Nel 1469 era stata commessa a Francesco Laurana veneziano346 peronze 62.6. la statua in marmo di Maria Vergine347; ma il Senato palermi-tano ammirandone il lavoro volle ritenerla per la nostra Cattedrale.Quella statua divenuta famosa pei miracoli procacciò a Laurana di ese-guirne la simile pel Monte S. Giuliano348 nel 1469 e indi ad AntonioGagini altra simile nel 1538 per la chiesa di S. Maria di Gesù inCaltagirone349 Vincenzo350 Guercio351 palermitano altro conforme nel 1611pel Duomo di Ciminna.

La primitiva del Laurana si osserva ancora in una cappella del latosinistro di chi entra, sebbene essa abbia cambiato il titolo in quello diMaria Vergine che libera nos a poenis infermi, ed è certo lavoro diligen-te e pregevole per quel tempo; ma di gran lunga inferiore a quelle chepochi anni dopo scolpiva il nostro rinomato Antonio Gagini come vedre-mo.

Quella cappella magnificamente ornata costò per vasi di argento,gemme, 1500 onze.

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343 Andrea Carreca, pittore, nativo di Trapani agli inizi del secolo XVIII, attivo fino al 1677. Una ver-sione biografica è reperibilein Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti …cit., p. 413, 480.344 Pampillona Baldassare, scultore, nato a Palermo nel 1646, ivi morto nel 1710. Una versione bio-grafica è reperibile in Agostino Gallo, Lavoro … cit., p. 172-173.345 Antonello Gagini, scultore, nato a Palermo nel 1478, ivi morto nel 1536.346 Francesco Laurana, scultore, nato a Vrana in Dalmazia intorno al 1430, morto dopo il 1500. Dueversioni biografiche sono reperibili, rispettivamente, in Agostino Gallo, Lavoro … cit., p. 82-83 e inParte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 413, 480. Gallo reitera il refuso mnemo-nico affermando che il Laurana è veneto: cfr. Notamento alfabetico di pittori e musaicisti… cit., p.38. Per un aggiornamento cfr. “I rapporti con Antonello da Messina” in: Benedetto Patera, FrancescoLaurana in Sicilia, Palermo, Novecento, 1992, p. 66-71.347 Seguono cancellate le parole: “di Trapani da collocarsi in una cappella a lei dedicata”.348 Antica denominazione di Erice (Trapani).349 Seguono cancellate le parole: “e dal suo figlio”.350 Segue cancellata la parola: “Gagini”.351 Gaspare Guercio, scultore (notizie dal 1635-† 1679).

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Opere pubbliche fatte in Palermo dal 1778 fino al 1832

1778 Essendo pretore D. Antonio La Grua Talamanca marchese diRegalmici si cominciò la cosi detta Villa Giulia sul gusto de’ giardini fran-cesi ideata da M.r Le Notre352, prese nome di Villa Giulia dalla moglie delvicerè Colonna allora dominante.

Fu costruito nel *** il regio Orto Botanico sul disegno di M.rFourny architetto francese353 con l’assistenza di D. Giuseppe VenanzioMarvuglia354, il quale inalzò di sua idea i due piccoli edifizj laterali detti ilcaledario, e il tepedario. I bassi rilievi del portico dell’edifizio centrale, ei ritratti de’ principali botanici di Europa nell’interno son lavoro del pen-nello di don Giuseppe Velasques355.

Fu aperta verso quel tempo la porta detta Reale, che corrisponde rim-petto all’ingresso laterale della Villa Giulia.

Furono costruite in quel tempo tre nuove vie, una che conduce daMolino356 fino al luogo di Cappello presso il Ponte dello Ammiraglio, e passaper li Sette Cannoli o sia Musica d’Orfeo; altra per la parrocchia diBrancaccio sino a Mar Dolce, e l’ultima che va direttamente a Buon riposo.

1822 Fu destinato il locale di S. Giovanni de’ Leprosi, antico Ospedalede’ matti357, per la fabbrica delle pelli, dopo che i maestri conciapelle ven-nero allontanati dal centro della città358 per la rivoluzione del 1820.

Fu aperto lo stradone della Porta di S. Antonino che procede per quasimezzo miglio sino alla Guadagna, e termina con un ponte lasciato a metàper mezzo del quale si dovea tragittare alla parte opposta della Guadagna.

Fu costruito il pubblico Cimitero detto Campo santo nel luogo ov’esi-ste l’antica chiesa di S. Spirito, famosa pel Vespro siciliano359._________________________________

352 Andrè Le Nôtre, architetto dei giardini, nato a Parigi nel 1613, ivi morto nel 1700.353 Vedi nota n. 135. 354 Giuseppe Venanzio Marvuglia ma è Trombetta il vero architetto.355 Per il ciclo degli affreschi eseguiti: cfr. Angela Mazzè, “L’iconografia del naturalismo nel ciclo pit-torico dell’Orto Botanico di Palermo”, in: I naturalisti e la cultura scientifica siciliana nell’800.Palermo, 5-7 dicembre 1984. Atti a cura di G. Liotta; con la collaborazione di A. Agro e S. Burgio,Palermo, 1987 (Palermo : STASS), p. 371-385.356 Via del Molino <dei Mulini>, mandamento Orto Botanico. Carmelo Piola, Dizionario delle strade diPalermo. Preceduto da una corsa per Palermo e i suoi dintorni, Palermo, Reprint, 1994. Ripr. facs.dell’ed.: Palermo, Stamperia M. Amenta, 1870, p. 142, la colloca «fuori Porta S. Antonino, via Oreto».357 Dal 1824 il luogotenente marchese delle Favare D. Petro Ugo concede al barone P. Pisani, per gra-zia del sovrano Ferdinando I di trasferire i malati di mente dall’ospedale di S. Giovanni dei Lebrosialla casa del Noviziato dei P. Teresiani scalzi.358 I conciapelli erano a Santa Margherita: Cfr. Le parrocchie cit., p. 291 e sgg.359 Noto con l’appellativo di S. Orsola, progettato dall’architetto Carlo Chenchi e fondato nel 1782dal viceré marchese Domenico Caracciolo. Inglobato nell’area in cui sorge la chiesa medievale di S.Spirito o dei Vespri (1173-1178).

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1819 Furono alberati, e divisi in viottoli simmetrici il Piano di S.Teresa360, il Piano della Marina361, e aggiunte due passeggiate alberate alpasseggio esterno della Marina.

1827 Fu collocato nel piano di S. Teresa una gran fonte, che pria eralaterale.

1827 Nel cominciamento dello stradone di Mezzomonreale fu erettauna colonna milliarica dal disegno dell’architetto Raineri362.

Fu ampliato, e decorato l’edifizio detto del Noviziato di S.Teresa, già destinato ad Ospizio de’ matti363. Il disegno è dell’architet-to Raineri: il gran bassorilievo esterno, e un quadro interno rappresen-tante Orlando furioso, furon dipinti a fresco da D. Vincenzo Riolopalermitano.

1826 Fu ristorata la Porta Nuova dopo il tremuoto del 1823 e decora-ta nell’interno di vasi, trofei, ed iscrizioni dal capo maestro Patricolo364. Idue genj che sostengono lo stemma reale nell’interno della porta furonomodellati da D. Francesco Quattrocchi365.

Furono ritrovati e ristorati gli antichi sepolcri che credonsi dell’epo-ca saracena verso la Porta di Ossuna366.

Ivi vicino la casa di Gastone fu costruito l’ospedale degli etici tisi-ci367.

1832 Fu aperto lo stradone rimpetto la casina del razionale Delfinodietro il giardino del convento di S. Francesco di Paola che rettamenteconduce all’Olivuzza368.

Fu costruita la Porta detta di Carini._________________________________

360 Piano di S. Teresa, ex piazza omonima, oggi Indipendenza. La sua denominazione rimanda allebattaglie combattute durante le storiche rivoluzioni siciliane.361 Piano della Marina, oggi Foro Italico.362 Pietro Raineri, architetto, nato a Palermo nel 1739, ivi morto nel 1816. Cfr. Agostino Gallo, Notizieintorno agli architetti … cit., p. 178.363 Riconosciuta come chiesa di S. Maria dei Rimedi dell’Ordine carmelitano, ubicata in piazzaIndipendenza.364 Giuseppe Patricola, capomastro della Real Casa, attivo a Palermo nel XIX secolo. Le notizie bio-grafiche sono reperibili in Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit.,p. 304-307.365 Vedi nota n. 198.366 Un aggiornamento storiografico è stato condotto da Giuseppe Lo Jacono - Clemente Marconi,L’attività della Commissione di Antichità e belle Arti in Sicilia, parte II (1835-1845), in: “Quadernidel Museo Archeologico Regionale Antonino Salinas. Supplemento, 1998, n. 4, p. 129.367 Una interessante carrellata storico-documentaria è stata condotta da Francesco Di Gesù - AntonioMartorana, Assistenza sanitaria della malattia tubercolare in Sicilia nell’età borbonica. Strutture,terapie, medici e ciarlatani, in: “Struttura e funzionalità… cit., p. 53-83.368 Olivuzza (corso), mandamento Molo, ubicato fuori Porta Carini, via Volturno, via AlbertoAmedeo: cfr. Carmelo Piola, Dizionario … cit.

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Fu edificato l’Orfanotrofio di Ardizzone369. Il prospetto, e l’internariforma deesi all’architetto Don Emmanuele Marvuglia.

Furono aperti due stradoni, uno che giunge sino al Piano di S. Oliva370,ed è traversato dall’altro, che da un lato giunge fino alla Porta di Carini, edall’altro fino al Borgo di S. Lucia371, e precedentemente a’ QuattroCantoni, che da un lato va alla chiesa di S. Francesco di Paola, e dall’al-tro fino al Borgo372.

Fu costruito il Collegio di Maria al Borgo a spese del parroco Custosindi vescovo di Mazzara.

Fu aperto lungo, e largo stradone che dalla Casina del duca di Gualtieriallo Ucciardone373 conduce a pié del Monte Pellegrino, che poi venne spia-nato nel 1830374 dal luogotenente marchese Nunziante.

Fu condotta l’acqua con grandissimo dispendio dalla fonte delGabriele375 sino alla Casina detta della Favorita per opera dell’architettoGiuseppe Venanzio Marvuglia376.

Fu stabilito da Mons.r Gioeni il Seminario Nautico nel convento de’Padri Mercenari al Molo377._________________________________

369 Istituito, per volontà testamentaria nel 1818, dalla marchesa Ardizzone, la quale emana anche iRegolamenti per l’Orfanotrofio femminile. Ubicato in via Pignatelli Aragona, sotto titolodell’Immacolata Concezione. Cfr. Antonino Abbadessa, Tre allievi di Giuseppe Venanzio Marvuglia,Palermo, Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione,Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Palermo, 1999.370 Oggi piazza, mandamento Molo, ubicata nei pressi di piazza Ruggero Settimo.371 Mandamento Molo, ubicato fuori porta S. Giorgio.372 Mandamento Molo, ubicato fuori porta S. Giorgio.373 La documentazione grafica è riportata nel giornale Il telegrafo siciliano, a. II, n. 27, 2 aprile 1836,p. 4. La recente storiografia delle fonti ha rubricato i disegni delle piante custodite nel Gabinetto deiDisegni e delle Stampe presso la Galleria Regionale della Sicilia, cfr. Palermo nell’età dei neoclas-sicismi. Disegni di architettura conservati negli archivi palermitani. A cura di Maria Giuffrè -Marco Rosario Nobile, Palermo, Dipartimento di storia e progetto nell’architettura, Università deglistudi di Palermo, 2000, p. 23 e sgg.374 Già noto nell’antichità con l’appellativo di Ercta. Per ulteriori notizie cfr. Lucia Bonanno -Salvatore Amoroso, “La città e il suo monte. Iconografia storica e sviluppo urbanistico”, in: Actasdel VI Congreso Internacional de Expresion Grafica Arquitectonica.Pamplona, 9-10 de mayo de1996, Pamplona, [EGA], 1996.375 La doviziosa storiografia è compendiata in Villabianca, La Fontanografia oretea, a cura di S. DiMatteo, Palermo 1986, p. 80-87.376 Il Parco è apprezzato, soprattutto, dai viaggiatori stranieri: Cfr. Angela Mazzè, Il paesaggio antro-pico. La Sicilia da Idrisi a Brandi, Palermo, Pitti, 2012, p. 210-226, passim.377 Seminario nautico Gioeni, fondato nel 1788 da mons. G. Gioeni dei duchi d’Angiò, aveva sedeall’Acquasanta. Trasferito nel 1792 nei locali del convento dei P. Mercedari al Molo ristrutturati, perl’uso, dall’ing. Teodoro Gigante. Nel 1864 acquisisce la denominazione R. Istituto nautico della mari-na Mercantile e l’anno successivo sarà intitolato a “Gioeni Trabia”. Dopo il 1943 la sede definitiva,progettata da Antonio Bonafede, P. Gagliardo, Giuseppe Spatrisano e Vittorio Ziino sarà Piazza delCavallo marino. Cfr. Alfonso Sansone, Storia del R. Istituto Nautico “Gioeni-Trabia” (1789-1892),Palermo, Tip. Filippo Barravecchia e figlio, 1892 e Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria ... parte II, cit.

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Fu ristorata la lanterna del Molo, e il Fortino contiguo378.Fu rifatto l’antico Forte della Garita379, e ridotto a camere matte con

piloni, e lamie, e con una salita rampa.Presso lo stesso furono riformate le stanze per la Deputazione della

Salute380.Fu costruita la barchetta della Marina con sedile spalleggiato.Fu innalzata un’aguglia marmorea alla fine della Villa Giulia.1824 Nel Foro borbonico381 furon meglio distribuite le statue di Carlo

2°, Filippo 5° Carlo 3° e Ferdinando 3° e aggiuntavi quella di Francesco1°, lavoro di Valerio Villareale palermitano.

All’occasione della venuta di S.M. Ferdinando 3° nel 1798 fu ese-guito il mosaico nella parte esterna della Cappella Palatina, rappresentan-te Ferdinando 3. e la regina Carolina. Nell’ante sagrestia di detta Cappellafurono fatti scolpire due bassi rilievi da D. Liberto Quattrocchi382 palermi-tano rappresentanti il battesimo del defunto principe D. Ferdinando figliodel re Francesco, e di Maria Clementina seguito nel 1800, e l’altro delprincipe D. Ferdinando attuale re seguito nel 1810. Nell’altro bassorilievodello stesso scultore si scorgono gli stessi sponsali della real principessaMaria Cristina con Carlo Felice principe ereditario di Sardegna seguito nel1807, e l’altro della real principessa Maria Amalia sposata con LudovicoFilippo duca d’Orleans nel 1809.

Nel R. Palazzo fu costruita la Specola astronomica dall’architetto D.Giuseppe Venanzio Marvuglia sotto la direzione del celebre abate Piazzi383.

Fu traslocato l’Ospedale militare di S. Giacomo nella Casa di S.Francesco Saverio384._________________________________

378 Il Gallo cita la notizia riportata dalla chiosa di Girolamo Di Marzo Ferro, Guida istruttiva perPalermo e suoi dintorni riprodotta su quella del cav. d. Gaspare Palermo, Palermo, Stamperia diPietro Pensante, 1859, p. 732: «dal 1° aprile 1853 in vece delle 32 lucerne» l’illuminazione del Faroè sostituito da un «fanale posto sulla torre del Molo con apparecchio catadiottrico…».379 Forte della Garita (1592-97), «braccio di pietre grosse…sicurissimo sbarcatore….piccolo Molo»destinato all’approdo dei Vicerè.380 Cfr. Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria a Palermo …. Nuovo, cit., p. 33.381 Denominazione settecentesca dell’asse viario incluso dalla Cala al piano di S. Erasmo. Le statuedei sovrani borbonici conferirono l’omonima denominazione alla strada che nel 1848 fu ribattezza-ta Foro Italico.382 Quattrocchi Liberto, scultore, nato a Palermo nel 1782, ivi morto nel 1811. Una nota biografica èreperibile in Agostino Gallo, Lavoro … cit. p. 249-250.383 Più noto come Osservatorio astronomico, è ubicato sulla Torre Pisana del Palazzo Reale. Edificatonel 1791, al tempo del viceré Caramanico, vi si accede dalla loggia più alta del cortile Maqueda.384 S. Giacomo dei Militari trasferito a S. Francesco Saverio, Per le vicende storiche, cfr. AngelaMazzè, L’edilizia sanitaria … parte II, cit. Del documento grafico (1824 ca) relativo al prospetto del-l’immobile si evincono informazioni nell’inventario curato da M. Giuffrè- M.R. Nobile, Palermonell’età dei neoclassicismi… cit., n. 22, p. 43-44.

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Fu costruito un magnifico portico d’ordine dorico siculo dal capitanoRagona per decorare la Pubblica Biblioteca del Senato385.

Fu costruito l’infame portone della Regia Università dall’architettoCavallaro386, sostituito al bellissimo portico dorico siculo ideato dal cele-bre D. Giuseppe Marvuglia.

Nella stessa Università fu costruito il magnifico salone dall’architettoD. Antonino Gentile387 per collocarvi i quadri, e per le funzioni delle lau-ree dottorali.

Ivi fu costruito dallo stesso architetto il magnifico Teatro Anatomico388.Dopo il terremoto del 1823 fu ristorata la Casa Pretoria389, costruitavi

un’infame scala, ed erettovi un vestibolo discordante dall’ordine internodell’edifizio dall’architetto Niccolò Raineri390.

Fu costruito il portico del Regio edifizio della Posta dall’architetto D.Emmanuele Marvuglia391.

Fu costruito il R. Teatro Carolino dall’architetto D. Niccolò Puglia392.Fu costruito il Teatro S. Ferdinando393.

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385 Costruito nel 1858, il portico di ordine dorico-siculo in calcarinite per interessamento dell’abateD. Scinà, durante il governo del pretore principe di Torrebruna. Cfr. per la storia, Le parrocchie cit.,p. 38-39.386 Così viene ricordato da Girolamo Di Marzo Ferro, Guida istruttiva per Palermo … cit., p. 464-465: «…si è aperto un gran portone nella strada Nuova con quattro colonne scannellate di pietrabigia di Billieme con cancello di ferro, del quale nel fronte si legge Regia Studiorum Universitas, eal di sopra una ringhiera con parapetto di marmo, con delle nicchie ai fianchi, dove dovranno situar-si delle statue, ed in cima dell’apertura della ringhiera si è collocato lo scudo colle armi reali. Il dise-gno è dell’architetto D. Cristofaro Cavallaro, sotto la direzione, per Real Ordine, di tre ingegnerimilitari, Giambattista Mori e Sig. brigadiere D. Errico Sanchez».387 Antonino Gentile, architetto, nato a Palermo nel 1790, morto a Catania nel 1834. Le notizie bio-grafiche sono reperibili in Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti … cit., p. 182-199.388 Il «nuovo anfiteatro anatomico», istituito da Giovanni Gorgone nel 1828, occupava l’ultimo piano:cfr. Orazio Cancila, Storia dell’Università di Palermo dalle origini al 1860, Roma-Bari, Laterza,2006, p. 466-481.389 Un puntuale riferimento ai danni, classificati secondo un criterio topografico, fu condotto daltenente colonnello del Genio Carlo Dolce, autore del saggio Riflessioni sul tremuoto avvenuto inPalermo il 5 marzo 1823, Palermo 1823; una puntuale ricognizione storica e documentaria è statacondotta da Pietro Gulotta in: Camillo Filangeri, Palermo. Palazzo delle Aquile. La residenza munic-ipale tra arte e storia [di] Camillo Filangeri, Pietro Gulotta, Maria Antonietta Spadaro, [Palermo],Quattrosoli, [2004]. In particolare cfr. il cap. IV, p. 45-65 esaustivo di notizie correlate agli interven-ti di restauro e di riqualificazione di alcune parti dell’immobile.390 Nicolò Raineri, architetto attivo nel XIX secolo.391 Con R. Dispaccio del 16 aprile 1787 la Casa di San Cataldo fu destinata alla Posta delle Lettere,rammenta Girolamo Di Marzo Ferro, Guida istruttiva di Palermo… cit., p. 291.392 Nicolò Puglia, architetto, morto a Palermo nel 1855.393 Denominato successivamente Umberto, era ubicato in Via Merlo. Costruito come teatro di tipopopolare (1802-1816), fu distrutto dai bombardamenti nel 1943. Cfr. Antonella Mazzamuto, Teatridi Sicilia, Palermo, S.F. Flaccovio, 1989, p. 95.

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Fu costruito un portico d’ordine dorico-romano nel Piano della Marinaper uso della Gran Guardia394.

Fu costruita una Loggia decorata da servizio per la estrazione delRegio Lotto dall’architetto D. Emmanuele Cardona395.

1823 Fu demolita la chiesa della Kalsa396 di disegno arabo normanno,e nobilitata la strada del principe di Butera.

Fu spianato il passaggio superiore delle Mura delle Cattive, e fattoviun giardino pensile, e decorato di statue, vasi, e sedili per opera dell’archi-tetto Raineri397.

I Quattro Telamoni de’ due ingressi furono scolpiti da piccoloBagnasco398.

1825 Fu riunito allo Spedale Grande quello di Santo Bartolomeo, edestinatone l’edifizio a’ projetti399. La riforma fu fatta dall’architettoRaineri, il gran bassorilievo da D. Vincenzo Riolo, le statue di stucco delcornicione da Niccolò Bagnasco. Il ritratto di Francesco, e le due figurelaterali da Francesco Quattrocchi.

È stato destinato l’antico palazzo di Pietraperzia dietro S. Cita aMonte di Prestamo sotto il titolo di S. Rosalia400.

Fu fatta la fabbrica quadrilatera con le botteghe nella Piazza dellaBucceria dall’architetto D. Carlo Chenchi401.

18** Nel locale dell’antica Conceria fu fatta la piazza del mercato dicommestibili dallo architetto D. Vincenzo Di Martino402. L’edifizio di con-tro del barone Grasso fu ideato dall’architetto Puglia403.

Fu trasportato il portico del Duomo in avanti per opera di D. GiuseppeMarvuglia, e del capo maestro Patricolo404._________________________________

394 Ubicato in piazza Marina, vicino al Palazzo dello Steri (oggi sede del rettorato dell’Università), fuabitazione dei principi di Niscemi Valguarnera e successivamente acquistato dalla Regia Corte.395 Giovanni Emanuele Cardona, architetto (notizie fino al 1820).396 Cfr. Angela Mazzè, Le parrocchie cit., p. 246 e sgg.397 Vedi nota n. 390.398 Nicolò Bagnasco, scultore, nato a Palermo nel 1791, ivi morto nel 1827. Le notizie biografichesono reperibili in Agostino Gallo, Lavoro … cit., p. 253-254 e 260-262.399 Cfr. Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria …. parte II, cit., p. 129, 133 e sgg.400 Ubicato in via Bara all’Olivella. I passaggi di proprietà sono stati rubricati da Rosario La Duca,Repertorio bibliografico degli edifici pubblici e privati di Palermo. Palermo, D. Flaccovio, 1994-1997, v. 1: Gli edifici entro le mura, p. 187-188. Il recente restauro è stato condotto dall’ architettoGae Aulenti (1906-2013).401 Carlo Chenchi, architetto, nato a Palermo nel 1740, ivi morto nel 1815. Le notizie biografiche sonoreperibili in Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti … cit., p. 175-177.402 Vincenzo Di Martino, architetto, nato a Palermo nel 1773, ivi morto nel 1837. Le notizie biogra-fiche sono reperibili in Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti … cit., p. 210-214.403 Vedi nota n. 392.404 Vedi nota n. 364.

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Furono restaurati li quattro campanili a guglia di stile arabo-normannoda Fra Felice di Palermo cappuccino405; e altro costruitovi dello stesso stileda Don Emmanuele Palazzotto406.

Fu rifatto l’interno del Duomo di Palermo sul disegno dell’architettoFuga, ed eseguito con modificazioni notabilissime dall’architettoMarvuglia407.

I pesantissimi genj di stucco, che sostengono le armi reali, e il Padre eter-no furono modellati da Francesco Quattrocchi. La volta fu dipinta dal pittoreMariano Rossi da Sciacca408. Il quadro dell’Assunta, e di S. Ninfa da Velasques.Il fonte battesimale fu scolpito da D. Filippo Pennino409. I due grandi alti rilie-vi nella Cappella di S. Rosalia furono scolpiti da D. Valerio Villareale.

Fu stabilito lo Spedale de’ convalescenti a lato a quello de’ Sacerdoti,e dipendenti dall’Ospedale Grande.

1833 [!] Fu terminata la parrocchia di S. Antonio rovinata dal terremo-to del 1823 sul disegno imitante lo stile arabo normanno dall’architettoNiccolò Raineri410.

1830 Fu abbellito lo spiazzo del Papireto e fattovi un giardino peropera del generale Tschudy.

1834 Fu abbellito l’esterno prospetto del palazzo del principe diPartanna411 dall’architetto Domenico Cavallari.

1834 Similmente fu abbellito l’esterno del prospetto di palazzo delduca della Ferla, e rifatto l’interno dopo che passò in proprietà dell’Ex.Presidente Arcuri412 dall’architetto Firriolo413, il quale in qualità di stucca-tore vi fece il bassorilievo sulla entrata._________________________________

405 Fra Felice da Palermo, architetto cappuccino, attivo nella prima metà del sec. XIX. Le notizie bio-grafiche sono reperibili in Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti … cit., p. 178-179; eNotamento alfabetico di pittori e musaicisti… cit., p. 58.406 Vedi nota n. 242.407 G.iuseppe Venanzio Marvuglia trasporta il portico del Duomo.408 Mariano Rossi, pittore, nato a Sciacca nel 1731, morto a Roma nel 1807. Le notizie biografichesono reperibili rispettivamente in Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti … cit., p. 89-93.409 Filippo Pennino, scultore, nato a Palermo nel 1733, ivi morto nel 1794. Le notizie biografichesono reperibili in Agostino Gallo, Lavoro … cit., p. 202, 221.410 Le parrocchie cit., p. 182 e sgg.411 Già ubicato in Piazza Marina era appartenuto a Girolamo Grifeo e Statella principe di Partanna(1788). Le successive destinazioni sono state: Palazzo dei Telegrafi, Sede dell’Istituto Superiore dicommercio (1920), Facoltà di Economia e Commercio (1937). Parzialmente distrutto nel 1943,demolito nel 1956, nell’area di risulta è sorto un fabbricato condominiale. Cfr. Rosario La Duca,Repertorio bibliografico degli edifici pubblici e privati … cit., v. 1, p. 199-200.412 Palazzo del duca di Miraglia, barone della Ferla. Cfr: Rosario La Duca, Repertorio bibliograficodegli edifici pubblici e privati … cit., v. 1, p. 179.413 Firriolo Giovanni, architetto e scultore, nato a Palermo nel 1759, ivi morto nel 1837. Le notiziebiografiche sono reperibili rispettivamente in Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti … cit.,p. 209-210 e in Agostino Gallo, Lavoro … cit., p. 262-263.

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1832 Fu fabbricato il palazzetto del negoziante francese Mario Guendanello stradone, che conduce ai Quattro Venti414, dall’architetto D.Arcangelo Lauria415, allievo di Speranza416.

1833 Fu terminato il prospetto stile arabo-normanno della parrocchiadi S. Antonio dall’architetto comunale D. Niccolò Raineri417.

1835 Fu terminato il grande edifizio dell’albergo de’ poveri diMonreale418 dall’architetto D. Luigi Speranza sul disegno fattone dal suoallievo D. Arcangelo Lauria.

1834 [!] Fu fatto il prospetto della R.l Segreteria di Stato sul disegnodi D. Luigi Speranza, con alcune modificazioni suggerite dal Sig. D.Agostino Gallo419.

1835 Fu abbellito il prospetto del Palazzo del principe di Cutò, rimpet-to il Duomo, dall’architetto D. Emmanuele Palazzotto420.

1835 Fu terminato il campanile del duomo di Palermo di stile arabo-normanno, dallo architetto D. Emm.le Palazzotto.

1834 Fu terminato il prospetto del Palazzo del principe della Cattolicaalla marina, or posseduto dal marchese Forcella421, con la direzione dellostesso marchese. Le pitture della Stanza di compagnia furon cominciate daVincenzo Riolo e terminate dal suo figliuolo Antonio422._________________________________

414 Mandamento ubicato fuori porta S. Giorgio. Tra via del Borgo e via Molo. La denominazione deri-va dalla fontana, eretta nel 1589 (e distrutta nel 1786), coperta da una cupola poggiata sopra quattroarchi di pietra, munita di sedili, che nella stagione estiva rendeva gradevole la sosta per la gradevo-le quaterna ventilazione.415 Lauria Arcangelo architetto operante nella prima metà del XIX secolo.416 Speranza Luigi, architetto (Palermo 1763-1835). Le notizie biografiche sono reperibili in AgostinoGallo, Notizie intorno agli architetti … cit., p. 180-181.417 Vedi nota n. 390.418 Fondato nel 1733 da F:P. Gravina, principe di Palgonia, su progetto di Orazio Furetto, il cantiereè aperto nel 1746 e, dopo alterne vicende si chiude nel novembre 1829, sotto la direzione di NicolòPuglia. Una puntuale ricerca storico-archivistica è stata condotta da Maurizio Vitella, Il real Albergodei poveri di Palermo. Premessa di Maria Concetta Di Natale. Presentazione di Maria Giuffrè,Napoli [etc.], Edizioni scientifiche italiane, [1999].419 Ubicato in via V. Emanuele (già Toledo), l’immobile costruito nella prima metà del XIX secolonell’area dove sorgeva il settecentesco palazzo Reggio di Acicatena.420 Vedi nota n. 242.421 Ubicato sul tratto delle vecchie mura della Porta dei Greci, la sua denominazione è correlata alproprietario, il marchese Enrico Forcella, amministratore generale della Casa e dei siti reali diPalermo, “dilettante” di architettura, esperto conoscitore del medioevo siciliano, “progettista” del-l’omonimo palazzo oggi De Seta. Per i riferimenti storici cfr: Rosario La Duca, Repertorio biblio-grafico degli edifici pubblici e privati … cit., v. 1, p. 104-105.422 Riolo Antonio, pittore, figlio e allievo di Vincenzo, nato a Palermo nel 1808, ivi morto nel 1837.Biografia compendiata nel ms. XV. H.19: cfr. Agostino Gallo, Notizie di pittori e mosaicisti… cit.,p. 262-263. Il 19 luglio Vincenzo Riolo, avalla l’istanza dell’allievo che «desidera studiare e dise-gnare i gessi in questa Reale Università» e lo dichiara «atto a tale studio». A.S.PA., Permessi di stu-dio…cit., Misc. Arch. n. 316.

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1834 Fu abbellito con un piccolo giardino il largo del R. Palazzo coldisegno dell’architetto Raineri e la direzione del generale Tschudy.

1835 Fu costruito il litterino della chiesa del R. Palazzo col disegnodell’architetto D. Niccolò Puglia.

1835 Fu abbellito il prospetto dell’antica torre di Santa Ninfa nel R.lPalazzo, ove sta la Specola col disegno arabesco423 dell’architetto Puglia.

Luglio 1835 Riforma ed abbellimento del palazzo del principe diCutò424 nel prospetto fatta dall’architetto D. Emmanuele Palazzotto.

Novembre 1835 Campanile a due ordini con aguglia sopra costruitorimpetto alla porta maggiore

del Duomo di Palermo, ed appartenente allo stesso dall’architetto D:Emmanuele Palazzotto secondo lo stile arabo-normanno sul gusto dillialtri quattro della stessa Cattedrale che costò la spesa di onze 2000425.

1835 Fu terminato il quartiere della Vittoria fuori Porta Nuova dagliarchitetti militari426.

1834 [!] Fu terminato il prospetto e la chiesa del Collegio di Maria diSchi<a>ttini in Palermo dall’architetto D. Niccolò Puglia427.

1835 In ottobre di quest’anno si buttò la prima pietra senza alcuna for-malità della nuova prigione in Palermo nel Piano del Ciardone428. Il dise-gno fu fatto da D. Vincenzo De Martino429, e poscia riformato con l’ag-giunta di quattro fortini agli angoli dagli architetti militari. Il prospetto, ein parte, l’interna divisione rimase come era stato ideato dal De Martino.

1835 In quest’anno fu terminato dagli architetti militari *** il quartie-re della Vittoria a Mezzomonreale, e ristorato quello di S. Giacomo.

1835 Furono diroccate le antiche fabbriche di stile arabo-normannorimpetto il palazzo del principe della Cattolica430 nella strada di S._________________________________

423 Disegno arabesco: tipo di decorazione vegetale utilizzato nel linguaggio della critica d’arte intor-no alla metà del XVI secolo. Il teorico Paolo Pino, nel Dialogo di pittura di messer Paolo Pino nuo-uamente dato in luce, In Vinegia, per Pauolo [!] Gherardo, 1548 (In Vinegia, per Comin da Trino diMonferrato, 1548), afferma che «lo dipingere arabesco <fu> usato dai Mori». La letteratura artisti-ca, a partire da G. Vasari rielabora i concetti storici e iconografici.424 Ubicato in Corso Vittorio Emanuele. I passaggi di proprietà sono stati rubricati da Rosario LaDuca, Repertorio bibliografico degli edifici pubblici e privati … cit., v. 1, p. 121.425 Neogotico: fenomeno architettonico di cultura e di gusto associato alla rivalutazione del Medioevoe diffusosi in Europa tra i secoli XVIII e XIX. Anche la Sicilia ne viene influenzata.426 Cfr. Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria a Palermo … Nuovo, cit., p. 111 e il doc. 250, p. 190-197.427 Ubicato nel quartiere Kalsa, altrimenti noto col titolo di Collegio di Maria della Sapienza.428 Dal francese chardon, ossia cardo spinato, nell’area della produzione vegetale sorgeranno le gran-di prigioni progettate da Vincenzo Di Martino La denominazione deriva dalla piazzadell’Ucciardone. Mandamento Molo, fuori porta S. Giorgio.429 Vedi nota n. 402.430 Palazzo del Principe della Cattolica. Cfr. Rosario La Duca, Repertorio bibliografico degli edificipubblici e privati … cit., v. 1, p. 103-104.

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Francesco, e costituitevi le attuali case con semplice ed elegante prospetto.1836 Fu cominciata la riforma interna della chiesa di S. Francesco

[d’Assisi] dall’architetto Patti padre431 devastandosi barbaramente e senzaurgente necessità le pitture della volta, e delle ali fatte dal celebre PietroNovelli432, non che quelli degli spigoli degli archi per ridursi gli stessicapricciosamente dalla forma di sesto acuto a quella semicircolare. Aquest’oggetto furono ricoverti gli affreschi dei sottarchi dipinti daGherardo Astorino433 forse su i cartoni del Novelli e con lo stesso stile permodo che erano stati giudicati di lui, e solo fu avvertito di esseredell’Astorino essendosi trovato in uno di essi scritto G. Ast. S 16…. Lariforma rimase interrotta, fu continuata per tutto l’anno 1836 sulle stessetracce del Patti dall’architetto Domenico Cavallaro434 e terminata nelseguente anno 1837. È da avvertire che la maggior cappella era statariformata molti anni prima sul modello della quale vi seguirono gli archi,decorata da pilastri corinzi.

1836 Fu cominciata la riparazione della chiesa di S. Rocco nell’ango-lo laterale alla strada che conduce alla Piazza Nuova e fu elevato il pavi-mento della chiesa per costruirsi tre botteghe con la direzione dell’archi-tetto D. Niccolò Raineri.

1837 Fu fatto il prospetto delle case laterali a detta chiesa di S.Rocco435 ove pria era l’Orfanotrofio col nome del menzionato Santo436 chefu trasferito nell’antico Collegio dei Padri delle Scuole Pie. Delle qualiopere fu architetto Niccolò Raineri._________________________________

431 Patti Giuseppe, architetto nativo di Partinico, attivo nella prima metà del sec. XIX. La ricostruzio-ne documentaria condotta da F. Rotolo, La basilica di S. Francesco d’Assisi in Palermo, Palermo1952, p. 159-163, compendia i punti salienti dell’infausta decisione del Patti (1823): sostituire levolte reali «per alleggerire… il peso, e scemare di vantaggio la spinta delle medesime»; demolire «leattuali volte di pietra e ricostruirle con delle curve di legname , vestite di canne, ricoperte di calce»per agevolare la «leggerezza delle volte».432 La documentazione storica e archivistica è riportata in Guido Di Stefano, Pietro Novelli …Catalogo … a cura di Angela Mazzè cit., p. 188-195.433 Astorino Gherardo, pittore, architetto, matematico e scultore, nato a Palermo, ivi morto nel 1663.Il Gallo elabora ben cinque versioni della biografia dell’Astorino: cfr.Agostino Gallo, Notizie intor-no agli architetti … a cit., p. 81; Notizie intorno agli incisori siciliani … cit., p. 20; Notamento alfa-betico di pittori e musaicisti… cit., p. 16, 63-64; Parte prima delle notizie di pittori e musaicisti …cit., p. 113, 144-145; Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 431-432.434 Domenico Cavallari Spatafora, architetto, figlio di Cristoforo e Maria Antonia Spatafora, nato aPalermo nel 1788, ivi morto nel 1837. Cfr. Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti … cit., p.208-209.435 Distrutta e già ubicata in via Maqueda; per la ricognizione storiografica, cfr: Rosario La Duca,Repertorio storiografico degli edifici religiosi … cit., p. 182.436 Orfanotrofio di S. Rocco, Già ubicato in via Maqueda; per la ricognizione storiografica, cfr: R. LaDuca, Repertorio storiografico degli edifici religiosi … cit.

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1837 Incominciata ad abbellirsi la Villa Giulia sotto la direzione delbotanico D. Vincenzo Tineo437 e per darle vista di maggiore estensione fudemolito il nuovo divisorio tra la detta Villa e l’Orto Botanico, e sostitui-tavi una ferriata con colonnette che lo sostengono in guisa che si presen-tano all’occhio i due giardini pubblici in continuazione.

Opere di pittura che si vanno eseguendo in Palermo

1828 Quadro ad olio di S. Vincenzo di Paola438 che predica in un villag-gio a persone di campagna dipinto da Francesco La Farina439 palermitano,scolare di Velasques e da me illustrato. È di buon effetto, e buon disegno.

Ritratto del conte D. Corrado Ventimiglia, mezza figura a olio dipintoda Patania.

Le Grazie, ed Amore che dorme, quadretto a tempera dipinto daPatania in uno stanzino della casa di campagna di detto Ventimiglia, a’Quattro Cantoni; e due paesi, una de’ quali rappresenta il Bagno di Diana,e l’altro Atteone cangiato in cervo, da me illustrato.

Due ballerine, ed amorini che suonano degli strumenti nella camerada pranzo, a tempera.

Pitture di soggetti mitologici dipinte a tempera nella volta dellaGalleria di detto Ventimiglia, dipinto da Francesco la Farina, e il coverchiodel cammino [!] ad olio rappresentante soggetto mitologico. Gli ornati diquesta elegante casina furono dipinti da D. Raimondo Gioia napoletano.

1823 Piccoli ritratti ad olio sopra rame di diversi ufficiali tedeschidipinti dal Patania.

Gran ritratto del generale *** tedesco dipinto ad olio dal Patania.1828 Ritratto grande della moglie del console francese Mr. *** dipin-

to da Patania.Ritratto piccolo, ad olio, del P. Palermo di Alcamo dipinto dal Patania.1828 Ritratto piccolo ad olio, del marchese Haus presso lo stesso, e

replica per me. Patania._________________________________

437 Vincenzo Tineo, botanico, nato a Palermo nel 1791, ivi morto nel 1856. Tra gli encomi degni dinota, rammentiamo quello espresso da Enrico Onufrio, Guida … cit., p. 28: «È qualche cosa chenulla a che fare con l’Acquasola di Genova, coi Giardini pubblici di Milano, col Valentino di Torino,col Pincio di Roma. È leggiadro, elegante, fantastico… la eleganza dei giardini inglesi incastonatanella splendida vegetazione del mezzogiorno».438 S. Vincenzo de’ Paoli.439 Francesco La Farina, pittore, nato a Palermo nel 1789, ivi morto nel 1837. Cfr. Agostino Gallo,Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 268-281.

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Patania

1824 Piccoli quadri orizzontali rappresentanti le Storie di Amore ePsiche, dipinti ad olio con estrema diligenza ed amore da Patania per il R.Procuratore R D. Antonio Agnetta.

1824 La Madonna e il Bambino, e S.n Giuseppe quadrettino ad oliocondotto con grande amore, e diligenza da Patania pel Sig.r D. GiuseppeTortorici, e da lui regalato a D. Antonio Agnetta.

Patania

Ritratto della principessa di Belvedere, piccolo all’impiedi presso ilconte di Sommatino.

Ritratto della principessa di Montevago che incide alcune lettere sopraun albero.

Mezze figure a olio

Ritratto della principessa di Butera.2 ritratti della baronessa Martines.Ritratto della marescialla Minutoli per la principessa di Paternò.Idem per la principessa di Beaufrimont440 rappresentata da Ebe presso

Paternò.Idem per la marescialla Filangeri rappresentata da Psiche presso

Paternò.Ritratto della moglie del Sig. D. Ferdinando Perricone, è bellissimo.Ritratto della moglie del Sig.r D. Medina, che sta acconciandosi i

capelli alla toletta, è bellissimo.Ritratto dell’abate Filangeri fatto a memoria dopo morto, presso lo

stesso pittore Patania.1828 [Ritratto] Del pittore Patania dipinto da lui stesso pel suo amico

l’Abate Palermo.1828 [Ritratto] dell’Abate D. Giuseppe Crispi per Gallo.1827 [Ritratto] Del pittore Giuseppe Velasques per lo stesso. Fu fatto

quasi a memoria._________________________________

440 Leggasi “Beaufremont”.

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Patania

1828 Piccola Battaglia, sopra legno di figura rotonda, da servir dacompagna a tre antiche. per Gallo.

1824 Venere che abbraccia Adone ritornata dalla caccia, quadro picco-lo di grande amore e diligenza per servire di compagno ad uno copia sopraCorregio [!] di Venere che scherza con Cupido, fatto per D. VincenzoCappone verso il 1812. Ora sono entrambi presso di Gallo.

1820 Gran quadro di altare rappresentante la Religione che offre GesùCristo morto a Dio Padre, in Sant’Orsola in Palermo.

1826 La Beata Vergine addolorata bellissima mezza figura ad olio fattapel ***

Replica fatta a un forestiere.1822 Una ragazza che bacia una colomba mezza figura ad olio di bello

effetto, grazia, e diligenza presso Gallo.1814 [!] Un putto che abbraccia un coniglio presso lo stesso. È di colo-

rito assai grazioso, e dipinto con gentilezza, e sommo amore, presso Gallo.1826 Ritratto a mezza figura dell’abate Cirillo. È di bellissimo effetto,

e di un fare grandioso.1826 Ritratto intero della marchesa D.na Marianna Merlo, e D’Amico.

Ha un’arpa in mano ed è vestita secondo il costume della corte di Enricoquarto.

1825 Ritratto dl marchese D.n Domenico Merlo mezza figura seduta.È somigliantissimo e di buono effetto.

Patania

Ritratto della famiglia del principe Cutò in un giardino; piccole figurealla pussina441. È quadro condotto con molta diligenza.

1816 Ritratti di quattro figli del principe di Trabia. Le figure sonobene aggraziate, e l’invenzione

è graziosa.Ritratti di due figli del principe di Villafranca. È ben dipinto, e la com-

posizione è graziosa._________________________________

441 Il riferimento è alla tipologia pittorica di Nicolas Poussin (1594-1665), pittore fiammingo vocatoallo studio dell’antico e della pittura italiana. L’artista si muove tra due poli intellettuali: dal manie-rismo cromatico di Tiziano all’ideale classico di Raffaello Sanzio. Da qui l’invenzione poussinianache spazia dai soggetti mitologici a quelli storici e sacri.

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Ritratto d’un inglese con un gran cane.Ritratto della famiglia del Cancelliere della Gran Corte de’ Conti, D.

Giuseppe Milazzo. Le figure sono alla pussina, i ritratti somigliantissimi,la composizione è graziosa.

4 teste di filosofi a mezze figure per lo stesso. Sono ben dipinti.1828 [!] Una sacra Famiglia per D. Paolo Fagiano, piccolo quadro di

graziosa composizione, e molto diligente.1827 Due ritratti al naturale del Presidente D. Francesco Cupane,

somigliantissimi. Uno presso lo stesso, e l’altro presso il suo amico ***.1824 Ritratto del principe di Cutò all’impiedi. È somigliante, e di

buono effetto. Trovasi nel R. palazzo nella sala de’ Viceré442.1825 Ritratto del principe di Campofranco all’impiedi. È somigliantis-

simo, e d’un effetto mirabile ed è di stile rigoroso. È nella sala de’ Viceré.1821 Ritratto del cardinale Don Pietro Gravina all’impiedi. È eccellen-

te, e trovasi nella sala de’ Viceré.

Patania

Ritratto a mezza figura della madre dell’architetto D. Giuseppe Puglia.È bellissimo malgrado che l’originale sia una vecchia bruttissima.

Ritratto a mezza figura della prima donna Camerani. È in Napoli.Ritratto piccolo di D. Giambattista Cutelli. Fu fatto a memoria ed è a

sufficienza somigliante.Ritratto a mezza figura del Consigliere D. Giambattista Cutelli.Una Venere che abbraccia Cupido presso lo stesso Cutelli. È graziosa.1828 Ritratto di Patania dipinto da lui stesso con abito nero in seta, e

regalato al principe Lanza.Una Madonna col Bambino piccolo quadro presso la principessa

di Butera.1826 Ritratto della principessa Lanza madre, e ritratto del principe

Lanza padre.1827 Ritratto dell’abate Raimondi.1827 Ritratto grande del principe Lanza vestito alla spagnuola, seduto

sotto un albero. È di bell’effetto, e somigliante.

_________________________________

442 Cfr. Nel Palazzo dei Normanni di Palermo. Ritratti di Vicerè, presidenti del Regno e luogotenen-ti generali di Sicilia. 1747-1840. A cura di Romualdo Giuffrida; presentazione di SalvatoreLauricella, Palermo, Accademia nazionale di scienze lettere e arti, 1989.

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1828 Una taverna sopra tavola con varie figure alla pussina, che indi-cava lo stravizzo d’un banchetto, e l’ubbriachezza. È opera dipinta congran verità, con bell’accordo di luce, e di colori, e di composizione grazio-sissima sullo stile fiammingo443. Piacque molto all’insigne dipintore fiam-mingo Henseleere.

1826 Ritratto d’una ragazza, figlia del marchese *** presso il principeLanza suo zio. È graziosissima.

1826 Ritratto piccolo sopra rame della ballerina *** presso il principeLanza.

Patania

1819 Ritratto ad olio all’impiedi del maresciallo D. Domenico Merlodipinto da D. Giambattista

Carini. Era di buono effetto, e fu destrutto nella rivoluzione del 1820.1826 Ritratto ad olio mezze figure di S.M. Francesco e di S.M. la regi-

na. Furono copiati da D. Giambattista Carini su gli originali mandati daNapoli, e fatti da D. Giuseppe Camerano; presso la Real Segreteria diStato in Palermo.

1827 Ritratto di Ferdinando principe ereditario delle Due Sicilie,copiato sopra l’originale di Camerano dallo stesso Carini. È delle miglio-ri sue opere, nella Real Segreteria di Stato di Sicilia.

1825 Quadro grande da altare rappresentante S. Francesco in estasi,dipinto ad olio da Carini nella chiesa delle Stimmate, in Palermo. È duro.

1816 [!] San Carlo Borromeo, ad olio, nella chiesa dell’Olivella. Fudipinto da Carini. È duro.

1823 Ritratto ad olio mezza figura di Ferdinando I dipinto da Patania.Nella Real Segreteria di Stato. È dipinto con molto effetto ed energia.

1823 Copia di detto ritratto di Carini nella Real Segreteria di Stato.1827 Ritratti a mezze figure ad olio di Francesco I, e della Regina

Elisabetta sua moglie. Sono dipinti con molta grazia di colore, e partico-larmente la regina. L’abbigliamento di seta è toccato mirabilmente, nelloappartamento basso di S.M. nel R. Palazzo in Palermo.

1827 Cefalo, e Procri quadretto ad olio sopra legno, e compagno,

_________________________________

443 Arte che nasce nelle Fiandre, l’attuale Belgio. La cultura figurativa, ossia la pittura, è caratteriz-zata da una minutissima analisi dei particolari resi più preziosi dall’uso dell’olio (sulle tavole o sulletele) che conferisce trasparenza.

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144

Galatea che piange dei morti, e Polifemo che sta sulla rupe. Questi duequadretti son disegnati, composti, e coloriti egregiamente. Il tocco dipennello è diligente, e risoluto allo stesso tempo, e furon fatti daPatania con impegno pel poeta suo amico, cioè D. Leonardo Vigo diAcireale.

Patania

1828 Piccolo ritratto dell’abate [Domenico] Scinà, e ritratto a mezzafigura della madre dell’anzidetto Vigo.

1828 Ritratto ad olio del signor Linares di Girgenti pel figlio fatto daPatania.

1826 Ritratto d’una ragazza figlia del marchese Spedalotto. È assaigrazioso e con tocco felice presso il principe Lanza.

1826 Ritratto della Sig.a *** ballerina presso lo stesso. È sopra ramee in piccolo, e ben toccato, presso il principe Lanza.

1828 Ritratto del Procurator generale Duca di Cumia, Don MarcelloFardella. Patania.

1828 San Vincenzo Ferreri che predica la fede di Cristo a molte perso-ne, quadro grande con mezze figure sotto per la chiesa di *** nella città diCarini, fatto per onze ***

Vincenzo Riolo da Palermo

1826 Quadro grande ad olio della moglie del negoziante Fazio, in attodi scrivere. È molto somigliante e ben dipinto.

1825 [!] Ritratti a mezze figure riunite in un quadro della famiglia diM.r Donody444 francese. Sono vagamente dipinti, e somiglianti.

1824 [!] Ritratto del negoziante D. Stefano Campo, con la toga di giu-dice del Commercio. È somigliantissimo.

1828 Quadri trasparenti per la macchina dell’artificio di fuoco rappre-sentante i fatti di Enea in Trapani ideati da Riolo, e dipinti in unione de’suoi scolari Li Volsi, e Calascibetta445._________________________________

444 Leggasi “Donaudy”.445 Paolo Calascibetta, pittore, nato a Palermo nel 1801, ivi morto nel 1834. Una succinta scheda bio-grafica è reperibile in Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p.328-329.

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1823 [!] Cappelle dipinte a tempra, nell’Olivella. Rappresentano fattisacri di storia antica, e moderna. Gli angeli sotto gli archi furno dipintidallo scolare di Riolo, Lo Forte detto il barbiero.

Riolo

1828 Una piccola testa dipinta da Riolo, e regalata ad Agostino Gallo. Èsecondo la maniera di Rubens446 e condotta con bel colore e carattere robusto.

Opere di Giuseppe Patania

1811 Ritratto ad olio del medico dottor Don Francesco Calcagni,presso le eredi.

1819 La Madonna del Coniglio di Corregio [!] copiata sopra un ramepresso D. Giambattista Castelli.

1822 Venere che bacia Amore, piccolo quadretto presso lo stesso. Èassai diligente, e grazioso

1815 Danae giacente quadro mezzano di grande espressione presso lostesso

1827 Due paesi mezzani presso lo stesso1824 Ritratto di Pietro Baglio, presso Don Giambattista Cutelli.1821 (sic) [Ritratto] di Rosalia Cutelli, piccolo sopra rame, presso

Don Giambattista Cutelli.[Ritratto] di Salvad. Cutelli sopratela presso Don Giambattista

Cutelli[Ritratto] di Pelligra Cutelli, e di Giorgio [Cutelli] presso Don

Giambattista Cutelli[Ritratto] di Giuseppe Patania presso Don Giambattista Cutelli.1823 [Ritratto] di Vincenzo Li Pomi in Caltanissetta.1818 [!] Ecce Homo per lo stesso Li Pomi.1826 [Ritratto] della principessa di Larderia, in piccolo, sopra rame,

pel principe Lanza.Replica per il principino di Larderia.1818 Ritratto intero in picciola dimensione della duchessa di

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446 Pieter Paul Rubens, pittore fiammingo di età barocca, nato a Siegen nel 1577, morto ad Anversanel 1640.

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Castrofilippo presso il conte di Sommatino.1819 Ritratto del principe di Trabia, mezza figura, in casa del principe.Detto della principessa di Trabia. mezza figura, in casa del principe.1819 Ritratti de’ figli di esso principe, in unico quadro per uso di sopra

arcata.1822 Quattro sopra porte a tempera di soggetto di storia gotica in casa

del principe di Belmonte nella strada dell’Alloro447.1821 (sic) Uno stemma con figura, presso il medesimo.1825 Uno stemma con figura del confettiere Gulì.1812 [!] Un leone per la bottega di d. Giovanni Lanzitti, destrutto nel

1831.1816 [!] Ritratto di D. Niccolò Puglia architetto.1826 Ritratto del marchese Mango.1828 Ritratto della Signora Medina.

Patania

1831 Quadrone a tempra rappresentante Gesù Cristo, la Beata Verginee San Giovanni Evangelista, per la chiesa de’ Greci.

1826 [!] Ritratto del conte Corrado Ventimiglia.1826 Detto della marchesa D. Marianna Merlo.1826 Detto del principe Lanza.1830 Ritratto del cavaliere D. Domenico Grano da Messina.1830 Ritratto del marchese Cassibili, ivi.1830 Ritratto del trafficante Manzella.1828 [!] Ritratto d’una religiosa antoniana, di tinta caldissima, di stile

grande, e somigliante.1824 [!] Ritratto del giovane Lo Forte pittore. Sente della maniera di

Wandick448.1831 Ritratto di Sua Maestà, in mezza figura per la Regia Università

di Palermo.1831 Altro per la Direzione di Ponte, e Strade.1831 Altro per il Monte grande di pietà, all’impiedi.1831 Ritratto di S.A.R. D. Leopoldo Borbone conte di Siracusa, per la

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447 Potrebbe trattarsi di un refuso: Rosario La Duca, Repertorio bibliografico degli edifici pubblici eprivati … cit., v. 1, p. 71-72, lo colloca in corso V. Emanuele, di fronte alla piazza Bologni.448 Vedi nota n. 257.

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direzione di Ponti, e Strade.1831 Medoro ferito, e medicato da Angelica quadretto per D. Paolo

Faggiani ligator di libri.1831 S. Spiridione, quadro di altare ben dipinto, con tinta calda e di

bello effetto, per la Piana de’ Greci.1828 [!] S. Rosalia, S. Sebastiano, s. Rocco che pregano la Beata

Vergine per far cessar la peste. Quadro ben condotto, e di bello effetto perla chiesa di *** illustrato da D. Ferdinando Malvica.

1828 Gesù Cristo che dà le chiavi a S. Pietro. Quadro d’altare per laChiesa madre di Noto, illustrato da Agostino Gallo.

1826 [!] La Beata Vergine del Rosario con due sante monache. Quadroper altare per la chiesa di ***

1827 Gesù Cristo che consegna il grege cristiano a S. Pietro congi apostoli. Quadro imitato da Raffaello con qualche varietà, per lachiesa di Montevago fondata da monsignor cardinale D. PietroGravina.

Di Giuseppe VelasquesQuadri di chiesa grandi

Gesù Cristo che discaccia i profanatori dal Tempio in CastelterminiLa donna adultera in una chiesa in Casteltermini.Il re Guglielmo 2° che rinviene il tesoro, quadro grande nella scala del

monistero dei Benedettini in Monreale. Il bozzetto presso il marcheseGargallo in Napoli.

La Madonna dell’Itria, San Gaetano abbozzati da Francesco La Farinaper chiesa nel Regno.

S. Vito per la chiesa regia della Ficuzza.Pitture a tempra nel R. Palazzo di Palermo rappresentanti Le forze di

Ercole fatte nel 1790, per onze 270.Queste pitture furono poi cancellate dallo stesso Velasques, e rifatte

nel 1800 con gli stessi soggetti per onze 540. Più soggiunte altre pittureper onze 260.

Più per medaglie a chiaro oscuro nell’ornato onze 120, calcolate lemedaglie ad onze 6 l’una.

Quadro ad olio rappresentante una Danza di Amorini in un giardinoinnanzi la statua di Cerere nella stanza che guarda la strada Nuova dalpalazzo Pretorio in Palermo.

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Giuseppe Patania

1827 Ritratto di D. Paolo Fagiani.1827 Nascita del Salvadore presso d. Paolo Fagiani1828 Riposo in Egitto presso d. Paolo Fagiani1831 Angelica e Medoro presso d. Paolo Fagiani.1827 [!] Ritratto del fu barone D. Giuseppe Merlo, presso gli eredi.1826 [!] Ritratto del morto principe Lanza.1826 Detto della vecchia principessa Lanza.1827 Ritratto dell’abate D. Vincenzo Raimondi, presso lo stesso prin-

cipe Lanza.1828 Ritratto del Padre Giglio Paolotto.1829 Ritratto del Padre Barcia prete greco.1828 Ritratto del signor Gravaglia.1831 Gesù Cristo morto in braccio della Beata Vergine con angioli,

quadro mezzano.1831 La nascita del Salvatore, presso ***1826 [!] Ritratto, in mezza figura, di monsignor Gatto, vescovo di

Patti.1826 Ritratto del signor Dottor Don Francesco Cupane, Procuratore

generale della Suprema Corte.Replica1824 Ritratto del cavalier D. Antonio Mastropaolo, ministro presso il

Luogotenente di Sua Maestà.1821 [!] Ritratto di Ferdinando I re delle due Sicilie.1826 Ritratto all’impiedi di monsignor *** vescovo di Cefalù.1823 [!] Ritratto del cav. Figueras spagnuolo.1828 Ritratto de madame Clouseau, moglie del console francese.

Patania presso Cutelli

Madonna del Coniglio.1820 Venere che bacia Amore.1822 Venere, e Marte a cui amore presenta un dardo di colombe.1815 La Danae.1827 Due paesi.1824 [!] Ritratto di Pietro Bajle.1821 [!] [Ritratto] di Giovanni Battista Cutelli.

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1820 [!] [Ritratto] di Rosalia Cutelli.1828 [Ritratto] di Salvadore Cutelli.1812 [!] [Ritratto] di Pellegra Cutelli e di Giorgio.1823 Ritratto di Patania.

Il Bagno di Venere per il principe di Mattabagnaca.Il suo ritratto.Venere e Marte.

La festa dell’offerta dei ceri alla B. Vergine influente sulle Belle Arti dal secolo XI sino al 1863

La Cattedrale di Palermo ricostruita dall’arcivescovo GualterioOffamilio inglese nell’epoca normanna e dedicata alla Beata Vergineassunta in cielo sin dall’origine attirossi la protezione de’ sovrani di quel-la dinastia e de’ posteriori che l’arricchirono di rendite e di privilegi accen-nati dal Pirri, e raccolti in gran parte in apposita opera dall’eruditissimocanonico Antonino Mongitore, instancabile illustratore della gloria di ognigenere della Sicilia.

Or i re normanni con il loro esempio introdussero la devozione, di pre-sentare un cero alla Beata Vergine nella nostra Cattedrale a 15 agosto,giorno della sua Assunzione in cielo. Questo costume è stato costantemen-te seguito da tutti i re di Sicilia fino al 1859.

In un diploma del 1211 di Federico II lo Svevo imperatore trascrittodal Pirri (1)449 si concessero a’ cannonici [!] del nostro Duomo duecentotarì e i soliti ceri per anniversario funebre del re Rugieri, Guglielmo e perl’anima de’ genitori e parenti di esso Federico e per celebrar le feste dellaNatività e Resurrezione del Redentore e de l’Assunzione di Maria Vergine.Un altro simile diploma del 1368 avvi di Federico III l’aragonese detto ilsemplice, ed altro del re Martino del 1392 riferiti nelle Memorie sull’isto-ria letteraria di Sicilia (1)450 anzi quel sovrano ordinò che col solito cero sipagasse al Duomo onze dugento d’oro. Dalla corte passò la devozionedella presentazione de’ ceri sull’altare di Maria nel giorno indicato, in tutte_________________________________

449 A c. 217r nota in calce: “In Eccl. Pan.” <Rocco Pirri, Sicilia sacra disquisitionibus, et notitiis illu-strata. … Editio secunda … cit., p. 144>.450 A c. 217v nota in calce: “(1) Parte 2 pag. 82 e seg. ediz. in Pal.o per Bentivenga 1756.” <DomenicoSchiavo, Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia. Tomo primo [-secondo], In Palermo,nella stamperia de’ SS. Apostoli, per Pietro Bentivenga, 1756, v. 2, p. 82-86>.

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le classi e condizioni professionali de’ cittadini rappresentati da’ lororispettivi capi; talché essendo grande l’affollamento, e magnifica la fun-zione, dovette il re Martino emettere un regolamento (2)451 nel quale siscorgono anche accennati all’obbligo de’ ceri gli architetti, i pittori e gliscultori che allora come tutte le altre professioni e mestieri avevano con-fraternite e superiori laonde argomentasi che gli artisti addettivi eranonumerosi come gli artigiani e sin da quel tempo avevano tutti i rispettiviconsolati.

Verso la fine del 500 la Deputazione della Maramma, presiedutada’Arcivescovo di Palermo e intenta alla riparazione delle fabbriche eall’abbellimento di quel magnifico tempio ordinò che fosse scolpita da unallievo di Antonio Gagini452 morto nel 1571 e forse da uno de’ suoi figliGiacomo e Fazio453 un grande alto rilievo in cui scorgesi al naturale e inte-ra spiccante dal fondo del mare la Beata Vergine circondata da una coro-na di angeli nell’attitudine di salire in cielo. Quella bellissima scultura cheper poco non gareggia con le opere magnifiche di Antonio non so se fudestinata ad essere attaccata sulla parte maggiore del Tempio, ovvero sullaparete di qualche cappella, ma certo è che nella barbara riforma che si fecenel 1778 nell’interno del tempio di architettura di greco stile in contraddi-zione dello esterno rimaso, meno che la cupola aggiuntavi di stile arabo-normanno e ciò sul disegno di Ferdinando Fuga, fiorentino, quell’insignealto rilievo fu tolto e gettato in un magazzino insieme con un piccolosepolcro in marmo effigiato nell’epoca normanna dov’erano forse depostele ceneri dell’arcivescovo Nicodemo chiamato dal conte Ruggierodall’Africa a reggere la sede di Palermo, ed altri angioli e sacre figure alle-goriche o bei festoni di fiori furon tolti dal tempio come cose inutili, lad-dove dopo la riforma si potevano adattare ad un sito per la decorazione delmedesimo. Il sepolcro di Nicodemo che era stato per l’interesse istorico diquel vescovo divenuto santo, oggetto di dispute del secolo presedente congli angioli, festoni, ed altri marmi fu venduto al duca di Serradifalco checollocollo nel suo giardino con gli altri ornati ed angioli. Io il riconobbi ene avvertii il dotto canonico Alessandro Casano, il quale per l’interessereligioso e istorico lo recuperò gratuitamente dal signor duca di_________________________________

451 A c. 217v nota in calce: “(2) Amato de Temp Princ. Pan. cap. 3 pag. 86”. <Giovanni Maria Amato,De principe templo Panormitano libri XIII, Panormi, ex typographia Joannis Baptistae Aiccardo,1728, p. 86>.452 Seguono cancellate le parole: “e forse dai suoi figli”.453 Giacomo Gagini, scultore, nato a Palermo nel 1517, ivi morto nel 1598. Le notizie biografichesono reperibili rispettivamente in Agostino Gallo, Lavoro … cit., p. 104. Fazio Gagini, scultore earchitetto, nato a Palermo nel 1520, ivi morto nel 1567.

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Serradifalco e lo ripose con gli altri sepolcri d’istorici personaggi nell’ipo-geo della Cattedrale. L’avvertì similmente di conservarsi ancora in unmagazzino il sopradetto grande alto rilievo della Vergine assunta in cieloe il buon canonico ch’era grande amatore delle cose d’arti ne lo feceestrarre e riparare in alcuni guasti degl’angioli dallo scultore RosarioAnastasi454 di Acireale, già allievo di Villareale e ne adornò una cappella aman sinistra della cattedrale ove fa un bellissimo effetto.

Ritornando ora alla indicata sacra funzione dei ceri presentavansi dainostri re e da tutti i consoli delle varie arti e mestieri a’ 15 di agosto sog-giungo che circa al 1600 crescendo vieppiù in Palermo lo spirito religio-so, molte confraternite che appartenevano ai detti consolati credetteroopportuno per viemeglio dimostrare la loro devozione particolarmenteverso S.ta Rosalia divenuta santa padrona di Palermo dopo la cessazionedella peste sul 1624 di far costruire dei cilî, ossia grandi macchine dilegno, talune a due altre a tre ordini di architettura con colonne e pilastri-ni ben dipinti con lavori d’intaglio dorati collocandovi nel centro sacreimmagini di legno e di cera, e queste macchine portate sul dorso di robu-sti facchini erano esposte successivamente nello spiazzo innanzi allaCattedrale illuminati a cera nella sera de’ 14 luglio della festività di santaRosalia e erano condotti nelle successive ad accompagnare la processionedella Santa e l’immensa urna di argento istoriata magnificamente a cesel-lo co’ fatti della medesima, lavoro egregio di grandissimo valore del seco-lo XVII nel giorno della processione.

Artisti anatomici siciliani del secolo XVI e XVII

Nelle Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia pubblicato inPalermo nel 1756 per Bentivenga, fra le altre eruditissime lettere anonimeavvene una a pag. 389 della parte 4ª che reca la data de’ 10 dicembre diquell’anno in cui scrivesi l’elogio di Gaetano Giulio Zummo455 siracusano

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454 Rosario Anastasi, scultore, nato ad Acireale nel 1806, morto a Palermo nel 1876.455 Gaetano Giulio Zumbo (o Zummo), ceroplasta, nato a Siracusa nel 1656, morto a Parigi nel 1701.Al “genio prodigioso” il Gallo dedica un rilevante cammeo: cfr. Agostino Gallo, Lavoro … cit., p.176-180. Una smilza sintesi biografica è altresì reiterata in: Agostino Gallo, Parte seconda dellenotizie di pittori e mosaicisti… cit., p. 430. Ha esplorato, con acribia critica, la sua personalità arti-stica A. Gerbino, La corruzione e l’ombra. Civiltà figurativa siciliana, Caltanissetta-Roma, S.Sciascia, 1990, p. 206-207. Un interessante articolo curato da Amelia Crisantino, in Repubblica4.09.2007, ripercorre l’itinerario delle Mostre e delle pubblicazioni dedicate al “Mago della cera”,ideatore dei “Teatrini della morte”.

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da’ continuatori del Dizionario del Moreris456 chiamato erroneamenteGiovan Gastone Zummo, che i giornalisti di Trevoux appellavano GaetanoGiulio.

In quella lettera molte cose si accennano di quel valentissimo model-latore in cera colorata ed anatomico, che seppe bene effigiar figure umanee si rese famoso in Italia.

Ma di costui scrisse posteriormente l’elogio con più diligenza il dottocanonico e parroco indi monsignor Ignazio Avolio di Siracusa.

Io ho spigolato dall’uno e l’altro elogio e ridotto in maggior compen-dio le notizie che riguardano quel valentuomo.

Gaetano Giulio Zummo e non Zumbo nacque in Siracusa nel 1656 danobile genitore appartenuto ad antica patrizia famiglia di cui Fra’ Giaimoe Don Niccolò cavalieri gerosolimitani trasferitisi in Palermo impiegaro-no le loro ricchezze a fabbricare il monastero di S. Vito sotto titolo diSanta Maria di tutte le grazie nel 1629 (1)457.

Gaetano Zummo comunque dall’autore della lettera citata si annun-ziasse poco fornito di beni di fortuna pure mancar non doveva di mezzi persoddisfare l’intensa brama di viaggiare per perfezionarsi nelle arti deldisegno in cui erasi iniziato in patria modellando delle piccole figure increta e in cera.

E a viemeglio riuscirvi riuscirvi volle apprendere gli elementi del-l’anatomia persuaso di essere indispensabile ad uno scultore. Giovinettoancora senza la guida di maestro modellò in cera un S. Girolamo peniten-te e due ritrattini che ancora si conservano nella sua patria e mostrano iprimi lampi del suo genio.Egli sin d’allora avea preferito la cera coloratacome più agevole del marmo e del legno per soddisfare la sua irresistibiletendenza alla scultura (2)458.

Egli recossi in Roma, e indi percorse tutta Italia per ammirare e studia-re i più bei dipinti e le statue migliori de’ valentuomini antichi e del suosecolo della bella penisola. Rivoltosi a Bologna lavorò in cera diverse_________________________________

456 Louis Moreri, Le grand Dictionnaire historique. Nouvelle edition dans laquelle on a refondu lessupplémens de l’abbé Goujet, revue et augmentée par Drouet. Paris, 1759.457 A c. 219r in calce nota: “(1) Il monistero e la chiesa adorna di bei quadri del Novelli della suafiglia Rosalia e di Giacomo Lo Verde [pittore trapanese morto a Palermo nel 1687] di quella scuolafurono aboliti con tutti gli altri monisteri e chiese annessevi nell’ottobre 1866 con precoce rivoluzio-ne del vandalo generale Cadorna che ne anticipò di due mesi il decreto del Parlamento sbandò lemonache e i frati. Indi venne destinato il monastero di San Vito allo Stabilimento degli artigianelli.Nella sagrestia si osservano ancora i ritratti dei due fondatori.”458 A c. 219v in calce nota: “(2) Si attribuisce a lui un metodo particolare di colorar la cera in varietinte pe’ volti e per le vesti e vi riuscì meglio che il Marino e il Rallo aveveano in essa operato pic-coli ritratti prima di lui”. Rallo Antonino, scultore, operante nella IIª metà del XVII secolo.

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figure che precedettero la sua fama riducendosi indi a Firenze. Il grandu-ca Ferdinando 2° de’ Medici amantissimo, come gli altri di sua famiglia,delle belle arti avendo osservato alcune statuette del Zummo lo ricolmò dionori e di doni e volle ritenerlo alla sua corte ordinandogli di rappresenta-re in piccole figurine le miserie della vita humana con l’uomo agonizzan-te; indi morto in seguito quello che comincia a corrompersi altro già cor-rotto e459 quello pieno di putredini e di vermi rappresentò infine una sepol-tura460 i cadaveri secondo io metodo di disseccarli e collocarli in nicchieperpendicolari ed orizzontali praticato dai PP. Cappuccini di Palermo461

ch’egli forse aveva osservato.Quelle affliggevoli rappresentazioni462 che io ho veduto ed ammirato

chiuse in vetrine nel Museo di Firenze fanno invero raccapriccio per laverità. Lo scultore vi appose il suo ritratto dipinto ad olio sopra una picco-la lastra che io feci copiare ed aggiunsi alla mia collezione degli uominiillustri siciliani (1)463. Egli mostrossi un giovane di circa anni trenta di unatinta pallidetta e con occhi sentimentali, di un naso ben profilato e lunghet-to e con piccola bocca atteggiata a sevenità, con gran parrucca nera e inabito alla spagnuola con bavero quadrato. Mentre io ammiravo lo Zummoin quelle sue figure, che mi facevano rabbrividire, non sapevo applaudireal suo gusto per la scelta. Avrebbe egli potuto sfoggiare il suo mirabiletalento rappresentando il bello virile e muliebre nelle figure de’ nostriprimi progenitori. Ma il suo umor malinconico pur troppo visibile nel suoritratto464 lo trascinò a quegl’ingrati e attristanti soggetti.

Pure piacquero al granduca quelle figurine e ne fece ornamento del suoGabinetto e indi passarono nel Museo di Firenze.

Altre opere certo, dovette egli modellare per il granduca e per la nobil-tà fiorentina amantissima delle belle arti e per gli stranieri che in quellacittà accorrono in folla di frequente essendo ivi rimaso molti anni.

Voglioso com’era egli di viaggiare chiese congedo dal Granduca, il_________________________________

459 Seguono cancellate le parole: “finalmente un cadavere”.460 Seguono cancellate le parole: “col metodo di disseccare”.461 Presso il Convento dei Cappuccini è possibile ancora oggi visitare le catacombe con l’esposizio-ne dei cadaveri disseccati.462 Seguono cancellate le parole: “delle affligevoli miserie umane”.463 A c. 220r in calcea sinistra nota: “(1) Quello che si osserva nel tomo 2° della Biografia degli uomi-ni illustri della Sicilia annesso all’elogio scrittone dall’Avolio è certo imaginario come gran parte diquei ritratti perocché per nulla somiglia all’altro di Firenze che nel costume è vestito alla spagnuo-la, sì nella fisionomia.” I. Avolio, “Gaetano Giulio Zummo”. In: Giuseppe Emanuele Ortolani,Biografia degli uomini illustri della Sicilia ornata de’ loro rispettivi ritratti. Napoli, presso NicolaGervasi, 1817-1821, v. 2.464 Segue cancellata la parola: “fisionomia”.

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quale gli disse. ‘Voi potrete trovare un mecenate più ricco di me, ma nontroverete al certo chi meglio sappia apprezzarvi e stimarvi’.

Da Firenze si condusse egli in Genova. (1)465 Ivi modellò la Natività diGesù Cristo e la Deposizione dalla croce opere meravigliose per diligen-za, bellezza ed espressione delle figurine, e nel Cristo ignudo depostodalla croce per lo studio dell’anatomia; talché ne fu ammirato dal chirur-go francese monsieur De Nouves466 che fe’ disegno sullo Zummo di trarnevantaggio facendogli modellare sopra i pezzi umani da lui preparati i simi-li in cera varî pezzi anatomici, e poscia gli suggerì di rappresentare al natu-rale il corpo ignudo di una donna dal cui addome che aprivasi mostravasiil feto tolto e l’organismo interno (1)467; ma poco dopo si disgustò colZummo per ragion d’interessi.

L’Orlandi nel suo Abecedario pittorico pag. 15468 lodando i lavori delloZummo dice ch’egli principalmente riusciva ne’ cimiteri, ne’ cadaveri enegli scheletri era verissimo artista. Ma non riflette s’egli acquistò celebri-tà come anatomico giovando alla scienza colle rappresentazioni in ceradurevoli per le osservazioni che a lungo non permettono i cadaveri nocen-ti alla salute. Egli fu non pertanto sommo artista ne’ soggetti devoti chepossonsi riguardare senza rimbrezzo [!] come in quello famoso dellaNatività di Cristo e della Deposizione dalla croce. Però non sappiamo eabbiamo dal lato figure voluttuose in cui abbia potuto raccozzare il bellonaturale e ideale e mostrare gusto più delicato. In ogni modo in quelle dueopere sacre fatte in Genova, egli riponea gran fiducia per la sua reputazio-ne, e di fatto recavale seco, e giunto a Marsiglia le mostrò a monsieurMontmor<t>469 Intendente delle galere, il quale ammirandole ne scrissealla Real Corte e n’ebbe risposta d’inviare a Parigi quel forestiere. Eglipria d’imprendere quel viaggio volendo mostrare la sua abilità anatomicas’impose ad effigiare sopra un470 reciso capo umano appostato là da un gio-

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465 A c. 220v inserita nota, poi cassata: “(1) Ciò è detto nelle Memorie di Trevoux”.466 Si tratta di Guillaume Desnoues, chirurgo parigino dell’Ospedale di Genova.467 A c. 221r nota in calce: “(1) Questa figura fu poi imitata per il teatro anatomico dell’Università diPalermo da uno scultore fiorentino per nome ***.”468 L’Orlandi nel suo Abecedario pittorico pag. 15 <Pellegrino Antonio Orlandi, Abecedario pittori-co dall’autore ristampato, corretto et accresciuto di molti professori e di altre notizie spettanti allapittura a monsieur Pierre Crozat, Bologna, per C. Pisarri, 1719>: «Abate D. Gaetano Zumbo sici-liano: questo virtuoso comparve in Bologna l’anno 1695. E fece stupire i più virtuosi dilettanti collesue figurine di cera colorite che formava, ma spezialmente nei cimiterj, nei cadaveri e negli schele-tri era rarissimo. Di tale perfezione se ne compiacque il serenissimo principe di toscana, che permolti anni o trattenne al suo servigio, stipendiato alla grande. Morì in Francia l’anno 1702».469 Jean-Louis Fargis-Habert, cavaliere di Montmort.470 Seguono cancellate le parole: “i teschi”.

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vane chirurgo il simile in cera ch’esattamente mostrava nell’esergi l’inter-na struttura cerebrale con tutti i più minuti organi; e partito da Genova471

recossi a Parigi ove espostolo all’Accademia delle Scienze essa ne diéconto nella Istoria della medesima ove leggesi che in quel lavoro anato-mico si trovano le più piccole particolarità naturali, e con arterie, nervi,muscoli, tutti coloriti al naturale; laonde l’Accademia giudicò che quellainvenzione meritava di esser proseguita. Perché se vi fossero simili imagi-ni di tutte le parti del corpo umano si sarebbe fuori d’imbarazzo di cercarcadaveri che non sempre si hanno pronti quando si vogliono e lo studiodell’anatomia diverrebbe meno disgustaso e più familiare (1)472.

Quel lavoro fu da tutt’i medici applaudito e S.A. Filippo delfino diFrancia, duca d’Orleans, profuse anch’egli lodi al grande artista e influìforse a farla acquistare a gran prezzo dal re e a donarlo a monsieurMaresciall suo primo chirurgo. Mentre lo Zummo godeva de’ trionfi delsuo sapere e della sua abilità artistica e attendeasi in quella entusiastica ericca città che gli fossero affidate lavori d’importanza la <morte> lo sor-prese nel 1701 e fu compianto e onorato dall’Accademia delle Scienze.

Ma un avvenimento inopinato doveva473 mettere in dubbio la reputa-zione meritamente acquistatasi; perocchè dopo cinque anni ch’egli erasceso nel sepolcro nella vertigine delle cose che sparge d’oblio co’ grandiavvenimenti i minori di Parigi quel lavoro dello Zummo fu dimenticato. Enon si <sa> come sia passato in mano del chirurgo monsieur De Noûues[!] il quale avea conosciuto e sperimentato l’abilità artistica e anatomicadello Zummo in Genova che ignorava474 quello fosse opera del medesimo.Epperò cominciò a mostrarli a varî suoi colleghi spacciandola come fattada lui, il che acquistò facile credenza essendo egli chirurgo e giunse l’au-dacia al punto di fare inserire un articolo nella Memoria di Trevoux (1)475

spacciandosi autore di quell’opera e quel che più trattando lo Zummocome furbo e impostore chi se l’aveva aggraziato. Ma non andò guari nontrascorsero che pochi mesi che scoverta l’impostura del chirurgo franceseche ne trionfava, gli stessi giornalisti di Trevoux con ammirevole zelo disincerità annunziarono al pubblico di essere stati ingannati e addusseroincontrastabili prove e documenti che quell’insigne lavoro anatomicoapparteneva allo Zummo e ne tesserono gli elogi meritati, come pure delle_________________________________

471 Seguono cancellate le parole: “si pose (passò) allo spedale di Marsiglia”.472 A c. 222r nota in calce: “(1) Hist. dell’Accad. Royal des sciences an. 1701, pag. 57.”473 Seguono cancellate le parole: “offuscarne la fama. Perocché”.474 Seguono cancellate le parole: “che il capo modellato da lui a Parigi eppur fosse opera dello Zummo”.475 A c. 222v nota in calce: “(1) Anno 1707 mese di giugno pag. 1297”.

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altre sue opere meravigliose conchiudendo colle seguenti parole Eccoqual’era quest’uomo che l’invidia sembrò rispettare mentre c’ei visse enon osò attaccarlo se non che morto per perseguitarlo soltanto di là dallatomba. L’autore però che osò oltraggiare la di lui memoria dovea ricor-darsi che non è lecito insultare i morti e che il vero merito trova sempredifensori in tutti quelli che sono amici della verità. Onde si da noi che unesposizione semplice plice [!] di essa ci cattiverà il credito dei nostri let-tori assai meglio che molte riflessioni che avranno potuto fare (1)476.

Sembra che l’impostore siasi allontanato da Parigi e che ebbescritto una lettera da Roma colla quale risposero conchiudendo i gior-nalisti che doveano ringraziarli se si erano astenuti a bello studio difar su lui delle riflessioni che non sarebbero state di suo gusto. Tutti idotti di Parigi conobbero l’impostura e non dubitarono che quella [!]insigne lavoro anatomico al pari di tanti altri di quello e di altri gene-ri che aveva esposto altrove, appartenesse allo Zummo, di cui fè ono-rata memoria l’Orlandi e l’eruditissimo Tiraboschi nella sua Storialetteraria, il quale lo colloca nella classe di quelli che illustrarono lascienza anatomica del secolo XVII e se nol può conoscere coi libriquanto ci ne sapesse mostrollo col fatto e in modo da farne stupirel’Accademia delle scienze di Parigi (1)477. E il Signorelli non sololodollo come artefice raro ma dotto nell’anatomia da meritare gliencomî della posterità (2)478.

Come artefice modellatore in cera io soggiungo ch’egli doppiamentemerita di essere applaudito, si per l’arte di avere479 ben rappresentato ilvero in soggetti sacri e profani, e si per essere stato utile agli anatomicicon alcune sue opere480 e sarebbe maggiore il di lui merito se prima deglialtri, come credo, abbia applicato a quest’uso l’arte che indi per l’anato-mia con altri congegni e con altri mezzi481 fu seguito dall’anatomicoGiuseppe Mastiani palermitano che meritossi anch’egli la lode de’ medi-ci di Francia.

La sig.a Anna Fortino contemporanea allo Zummo poi gentil donnapalermitana eccelse sopra tutti nei lavori in cera di sacre immagini e diritratti e di lei faremo particolare invenzione._________________________________

476 A c. 223v nota in calce: “(1) Memorie di Trevoux, ottobre n. 137 p. 1380 e seguenti.”477 A c. 224r nota in calce: “(1) Torino VIII, lib. 2.”478 A c. 224r nota in calce: “(2) Vicende della cultura tomo V p. 349.”479 Segue cancellata la parola: “espresso”.480 Seguono cancellate le parole: “non sapendo se altri abbia prima dello Trevoux”.481 Seguono cancellate le parole: “di filetti di ferro”.

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Memoria artistica presentata da Agostino Gallo all’illustre suo amico Sig.r Francesco Di Giovanni senatore del Regno d’Italia e presidente

della Commissione di Antichità e Belle Arti in Sicilia

1° La precedente Commessione coi propri fondi innalzò in S.Domenico i monumenti di Velasques, di Riolo, di Patania e di Villareale.Per che convenga all’attuale Commessione di adoprarsi ad accrescere illustro del Panteon siciliano con altri monumenti e potrebbe essa farlo conlieve spesa ordinando che fosse trasferito ivi il busto del celebre DiGregorio dalla chiesa di S. Matteo che dipende omai non più dai confrati,ma da una estranea deputazione di uomini istruiti e zelanti di amor patrioe similmente far trasferire dalla chiesa della Mercé al molo già abolita l’al-tro busto di Fileti insigne matematico e navigatore.

Nella Biblioteca Comunale fu depositato dal nostro Municipio il bustodell’insigne arabista Salvatore Morso, scolpito dal Villareale a spese delComume. Ivi è mal collocato e per nessuna ragione vi appartiene. Dovrebbesuggerirsi al nostro Municipio di farlo trasferire in S. Domenico con appor-vi una iscrizione opportuna di memoria adesso essendo stato con le sue illu-stri fatiche memerito di questa città coll’opera del Palermo antico482.

2° Il Museo dell’Università di Palermo manca di una statua del nostroVillareale, il migliore scultore che possiamo vantare. Havvi quella dellaPsiche che è tra le sue più pregevoli che potrebbe acquistarsi a discretissi-mo prezzo ed a rate dal signor Sommariva che la possiede.

3° Nel magnifico monumento marmoreo della piazza di S. Domenicodedicato alla Beata Vergine con statua in bronzo della stessa di G. BattistaRagusa palermitano483 mancano due altre statue in bronzo di Carlo 3° edella regina Amalia Walburga atterrate e fuse nel 1848 che rendono adessodeforme e incompiuto quel monumento e ristorarsi nei guasti sofferti giàinnalzato a spese del Regio Erario nel 1729. Dovrebbero supplirsi anchecon minore spesa in marmo sostituendo alle antiche le statue di VittorioEmanuele e del principe Umberto e così sarebbero pure incoraggiati i nostriartisti, il che è obbligo ancora della Commissione di Belle arti.

4° In Firenze tutte le opere di architettura, di scultura e di pittura sifanno a spese del Municipio son dirette dal Consiglio di quellaCommissione locale di Belle Arti.

In Palermo si fa tutto ad arbitrio del Municipio e spesso male._________________________________

482 Salvatore Morso, Descrizione di Palermo antico ricavata sugli autori sincroni e i monumenti de’tempi, Palermo L. Dato, 1827.483 Giovanni Battista Ragusa, scultore, morto a Palermo nel 1727.

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La nostra Commissione dovrebbe acquistare questo diritto.Gli oggetti di belle arti che si rinvengono nell’interno dell’Isola per

mezzo degli scavi fatti a spese della nostra Commissione e che siano tra-sferibili dovrebbero trasportarsi nel Museo di Palermo come sotto il pas-sato governo praticavansi in Napoli e ne fu arricchito quel magnificoMuseo e similmente gli altri più magnifici di Roma. Le città dell’isolanostra hanno diritto soltanto agli oggetti che si rinvengono per gli scavifatti a spese loro, dei quali oggetti potrebbero formar dei piccoli musei enon appropriarsi quelli che appartengono alla nostra Commissione.

5° La precedente Commissione aveva stabilito in ogni quartiere dellanostra città e nelle principali dell’isola letterati ed amatori per vigilare aglioggetti di belle arti ed avvertir la nostra Commissione dei guasti che vi sirecano. Quest’utile pratica484 credo che sia andata in dimenticanza.Converrebbe ripristinarla.

Presso lo nepote ed erede del sig.r. Giuseppe Scaglione esisteva fino apoco tempo addietro un bel quadro a mosaico rappresentante PietroPerugino e Raffaello Sanzio. Converrebbe acquistarlo per la Galleriadell’Università, si perché il lavoro è bellissimo e sì pei ritratti ricavati daquelli del Vaticano di quei due celebri artisti.

Nella chiesa di Montesanto esiste un bel quadro di Pietro Novelli dan-neggiato; ma agevole a ben ristorarsi. Converrebbe reiterare gli ordini alsuperiore di quei religiosi sull’oggetto e minacciarli in caso di resistenzadi trasportarsi all’Università.

Nella Congregazione abolita di S. Agata li Scorruggi havvi un bel qua-dro di van Houbracken segnato del suo nome485. Al cappellano che486

negossi più volte alla passata Commissione di Belle Arti di consegnarlo,si potrebbe adesso facilmente costringere anche depositarsi nella Galleriadell’Università.

Dovrebbe anche la Commissione suggerire al Consiglio Municipaled’innalzarsi un busto a Giacchino Ventura palermitano celebre sacro ora-tore e scrittore politico il quale pubblicò due famose opere, una sul dirittodella Sicilia a proclamar la decadenza borbonica e l’altro sulle menzognediplomatiche a danno della stessa. Non par credibile che un uomo sì bene-merito per tanti titoli e che sacrificò la sua vita in 14 anni di esilio nonabbia ottenuto un omaggio dalla sua ingrata patria.

Se il Municipio farà senno ad innalzargli un busto, io sarei pronto ad ele-_________________________________

484 Seguono cancellate le parole: “fu anche adottata per le principali città dell’isola”.485 Giovanni van Houbracken, pittore fiammingo del sec. XVII, si trasferì a Messina.486 Segue cancellata la parola: “mostrosi”.

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vare anche un altri a mie spese, ciò al celeberrimo astronomo Piazzi ascrit-to alla cittadinanza di Palermo ed a Bellini, egregio compositore di musica,nonostante che prima avessi sofferto il grave dispendio di onorare conmonumenti Scinà, i due architetti Marvuglia, Michelangelo Monti, PietroNovelli e Nina Siciliana prima nostra poetessa nel volgare siculo italo.

Artisti stranieri in Palermo Secolo XIX

L’anno il 1814 recavasi in Palermo Paolo Caccianica paesista, scenogra-fo, architetto e poeta tragico milanese, e qui diessi ad esercitar que’ suoi sva-riati talenti. Dipinse varii paesi, e particolarmente alcuni ricoverti di neve chesapea bene imitare, e due pel barone Pietro Pisani, uno rappresentante unSepolcreto, e fra le varie tombe quella del suo figlio Antonino, ch’ora è pos-seduto dal cav. Baldassare Galletti, ereditato dalla principessa di S. Cataldo,sua madre, e l’altro il Tragitto per gli Elisi dall’ombra del suddetto AntoninoPisani con graziose figurine, dipinte dal nostro celebre Giuseppe Velasques,fra le quali vi erano rappresentati due medici che lo spacciarono nell’ultimainfermità, ed erano battuti a colpi di remi da Caronte, bizzarro e vendicativopensiero suggerito al pittore dal barone Pisani.

Dipinse pure varie scene ed una nave che furono applaudite. Costruìnel giardino dell’Olivuzza del duca di Monteleone un portichetto d’ordinejonico, ch’è grazioso, e regolare.

Dipinse un tempio dorico in un gran quadro del Velasques del Martiriodi S. Giacomo per la città di Randazzo, pel quale ed altri due, essendosorta lite fu scelto apprezzatore il Caccianiga e sostenne le ragioni del pit-tore e gli fe pagare più del doppio del meschino prezzo convenuto.

Pubblicò in Palermo due tragedie regolari nella condotta, e con buoniversi ma freddi nel dialogo, una delle quali Il Telogono fu dedicata adAgostino Gallo, che gli diresse una sua ode stampata in Palermo con le suepoesie nel 1816.

Verso il 1819 il Caccianiga ritornòin Italia, né so che sia più avvenutodi lui.

Verso quel tempo recaronsi a Palermo tre valorosi artisti fratelli, credopiemontesi, o milanesi, Battista, Antonio e Vittorio Calleani che avevanostudiato in Roma. Antonio era divenuto un famoso disegnatore e compo-sitore di grandi invenzioni, ma nel colorito sia a fresco che ad olio, era unpo’ duro e tagliente, come mostrò in un vastissimo affresco nel R. Palazzo

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di Caserta del quale espose in Palermo il cartone a chiaro scuro che fu datutti ammirato, e più da me che il giudicai migliore per l’effetto del frescoda me osservato in Caserta. Il nostro Velasques solo avrebbe potuto con-tender con lui nella bravura del disegno, seppure nella mitologia il Galeani[!] non gli era superiore, come il Velasques a quello nella pittura. Quel car-tone del Caleani svegliò la mente, e la gara di tutti i nostri artisti, Riolo,La Farina, Scaglione, Patania, Calascibetta, e divennero più accurati, ediligenti disegnatori, nell’andamento de’ muscoli e particolarmente loScaglione. Calogero de Bernardis487, mediocre pittore, divenne scolare delCalliani, e migliorò molto, e sarebbe progredito, se non fosse morto di tisipochi anni dopo.

Il Calleani dipinse a fresco la gran volta d’una stanza da caffè nel giar-dino surriferito del duca di Monteleone, rappresentandovi il parnaso d’il-lustri siciliani, fra’ quali alcuni viventi, amici del duca. Dipinse anche alvero l’intera figura della Sig.ra Arianna Tessuti, bellissima toscana favori-ta del duca, e sospettasi anche segnatamente dello stesso pittore. Dipinseanche il ritratto in grande della signora Margherita Adamo. L’affresco diUlisse e Telemaco che riconosconsi e s’abbracciano nella volta d’unastanza del palazzo del duca di Sperlinga fuori Porta Maqueda inPalermo488, decorato nella sopra porta di belle e franche pitture a olio dalPatania. Io capitai lo schizzo a penna del fresco del Calleani segnato delsuo nome, e lo tengo carissimo.

L’altro fratello Battista era insigne e insuperabile miniature e portò epose in mostra in Palermo il ritratto di Napoleone I a cavallo in un carton-cino di circa un palmo ch’ei dicea di averlo ricavato dal vero. Questo dili-gentissimo lavoro condotto con gusto ed arte singolare fu da tutti ammira-to, ed indi acquistato dal signor Testa suo amico.

L’altro fratello, Vittorio, era un buono architetto, e credo che abbiacostruito al duca di Monteleone quella grande stanza rotonda da caffè disopra riferita.

I fratelli Galeani erano liberali in un tempo in cui i governi dopo il1815 cominciarono una più feroce reazione. Antonio e Vittorio vollerolasciar Palermo verso il 1819 per recarsi in Spagna, e Battista forse altro-

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487 Calogero De Bernardis, incisore, nato a Palma di Montechiaro, Agrigento, nel 1790, morto aPalermo nel 1824. Cfr. Agostino Gallo, Notizie intorno agli incisori siciliani … cit., p. 97-98. Altrareplica biografica in: Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p.326-327. 488 Ubicato in piazza Garraffello. I passaggi di proprietà sono stati rubricati da Rosario La Duca,Repertorio bibliografico degli edifici pubblici e privati … cit., v. 1, p. 268.

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ve. Que’ due giunti in Madrid si associarono col resto de liberali di quellacittà, ed arrestati con molti altri furono barbaramente fucilati.

Verso il 1823 venne in Palermo il signor *** Rosaspina colla moglie,incisor bolognese, figlio del celebre intagliatore in rame. Il padre gli erainvero di gran lunga superiore nel maneggio del bulino, sebbene l’altrofosse anche abile in quell’arte, e pure buon disegnatore come mostratoavea nelle molte tavole condotte in semplici contorni a litografia de’ capilavori della Galleria di Bologna.

Quell’artista, capo liberale del suo paese, o sfuggito forse alla fierapolizia romana, se l’intese agevolmente co’ nostri, e intanto per viverespacciava i rami della collezione bolognese di suo padre, e diessi ad inci-dere per associazione le principali vedute di Palermo e de’ suoi contornicampestri e molti ne pubblicò in diversi anni, che appena passavano lamediocrità, però, essendo egli più inoltrato de’ nostri incisori nell’arte,giovò a’ medesimi; giacché Pietro Waicher palermitano489 oriundo tedescoegregio disegnatore, scolare di Velasques ed elegante incisore in semplicicontorni de’ costumi romani, Bartolomeo Pinelli490 e della porta delBattistero di Firenze di Lorenzo Ghiberti491, aveva lasciato pochissimiallievi, anche dopo il suo breve soggiorno in Roma, ove incise anco a tuttobulino i ritratti de’ poeti Meli e Scimonelli.

Il Rosaspina dopo il 1848 lasciò Palermo. Verso il 1860 recossi in Palermo Saverio Pistolesi romano492, degno

allievo di Lasinio il giovane nell’invenzione a contorni e messe in vendi-ta la sua egregia collezione de’ capi-lavori degli artisti italiani di 300 tavo-le pubblicate col modesto titolo di Album pittorico. Lavorò subito 20 tavo-le a bulino e a mezzombra per l’opera dell’Istoria delle belle arti in Siciliadel abate Di Marzo e il pontefice *** per la vita dello scultore Marino, ilritratto di Zeusi, e due statue del Gagino per le opere di Agostino Gallo.

Questo insigne artista figlio di Erasmo, archeologo, ben conosciuto inItalia, imprese in Palermo l’opera in gran foglio con illustrazioni dellaguerra d’Italia di Vittorio Emmanuele, e di Napoleone III nel 1860 e peiloro trionfi in Magenta, S. Martino, e Solferino nelle rappresentazionidelle battaglie e i ritratti degl’illustri capitani che vi ebbero azione. I dise-_________________________________

489 Pietro Waincher, pittore, nato a Palermo nel 1789, ivi morto nel 1846. Un’esaustiva biografia èreperibile in: Agostino Gallo, Notizie intorno agli incisori siciliani … cit., p. 100-105; 119-121.490 Bartolomeo Pinelli, disegnatore e incisore, nato a Roma nel 1781, ivi morto nel 1835.491 Lorenzo Ghiberti, scultore, nato a Firenze nel 1378, ivi morto nel 1455. Partecipa con la formel-la del sacrificio di Isacco (Firenze, Museo del Bargello) per la seconda porta del Battistero diFirenze.492 Saverio Pistolesi, artista operante nella seconda metà del XIX secolo.

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gni parte suoi, e parte di altri sono eseguiti a mezzombra a litografia493.Fondò in questa occasione una scuola in sua casa di giovani siciliani, egl’istruì a disegnare e a colorir le tavole con buono effetto. Imprese posciaa pubblicare con lo stesso metodo e nella stessa grandezza, l’opera dellarivoluzione di Sicilia del 1860, lo sbarco a Marsala, e l’entrata trionfale inPalermo del generale Garibaldi co’ suoi mille prodi. L’illustrazione è scrit-ta con fuoco da Giovanni Villante494, giovane palermitano. Sono uscitifinora 12 fascicoli con 24 tavole, il resto è in corso di stampa (1865).

Su l’atterramento delle sacre immagini in Palermo nel marzo 1867per insofferenza di protestanti

In Sicilia, e particolarmente a Palermo, tutto cospira in danno della reli-gione di Cristo, dei suoi ministri, sia preti, sia ex frati, e anche monache.

A disprezzo delle chiese sono stati addossati i pisciatoi e tolte via lecancellate di ferro anche quelle che non impedivano il passaggio del pub-blico essendo nelle gradinate. Nei mesi di marzo e di aprile scorsi rinovos-si l’esempio degli eretici iconoclasti d’oriente sotto l’empio LeoneIsaurico: e furono strappate le sacre immagini vicino le porte dei cittadinie ammonticchiate sopra carrette vennero trasferite al nostro Municipio perordine secreto del sindaco sig.r Salesio Balsano con vandalica esecuzionedell’assessore sig.r Raffaele Di Benedetto. Nel quartiere del monte gran-de di prestano, il popolo s’era mosso a subbuglio, e similmente nella viaMacqueda per una Madonna detta la Bella, collocata in un angolo sopraun altarino marmoreo. Essa apparteneva ad un buon prete il quale abitavavicino e inteso il fracasso che facevano di notte i maestri, si fé consegna-re l’immagine e l’ordine ricevuto dal Di Benedetto. La popolazione divo-ta, di quella strada ne fremette, e il prete fu calunniato di avere lui abusi-vamente tolta la sacra immagine e alla minaccia dell’arresto dalZuccatore, presentò l’ordine in iscritto e poté evitarlo.

L’immagine allora fu rimessa ma senza alcun ornamento de’ preceden-ti ricami colorati.

La grandiosa chiesa di S.ta Cita dei PP. Domenicani con il convento,_________________________________

493 Il Gallo traduce la terminologia “ombra media o mezzana” scelta da Leonardo da Vinci (1452-1519) nel Trattato della pittura (n. 673), in cui si legge: «ombra mezzana è detta quella che tinge lasuperficie de’ corpi ombrosi dopo l’ombra principale, e vi si contiene dentro il riflesso, e si fa tantopiù oscura o chiara, quanto essa è più vicina o remota dall’ombra principale».494 Sconosciuto alle fonti della letteratura artistica.

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da tre anni prima della loro abolizione, fu con violenza occupata dagli offi-ciali addetti allo spedale militare, i quali presero domicilio nel convento eservironsi della chiesa per aggregazione all’ospedale vicino, sfondaronoalcune cappelle, ma quel luogo riuscì fatale ai poveri ammalati per man-canza di ventilazione e divenne un cimitero. I monaci intanto, cacciatidalle loro celle, trasportarono via i quatri magnifici della chiesa nell’altroloro Ordine in S. Domenico e ivi ebbero asilo. Quei quadri più pregevoliche vi erano a Palermo, fra i quali la Deposizione della croce di VincenzoAnemolo scolare di Raffaello e l’altro più antico e rarissimo della disputadi S. Tommaso di Antonello da Messina495, e così pure alcuni di PietroNovelli e di sua figlia Rosalia496 furono tutti restorati e forniti di cornicidorate con grave spesa del convento, e collocati nella ante sagrestia nellaquale si aprì un lucernale superiore per l’effetto artistico. Essi richiamava-no l’attenzione dei forestieri che venivano a visitare i monumenti funebridegli uomini illustri che decorano l’annessovi magnifico tempio. Gli exfrati addetti al servizio del medesimo temendo che fossero que’ quadri toltivia e trasportati dalla Commissione di Antichità e Belle Arti nella suaPinacoteca, scrissero al Ministro del culto per essere conservati nella lorochiesa e il ministro si annuì, ma cambiato costui, il successore autorizzòl’anzidetta commissione a’ portarli via con grave rammarico non solo de’frati, ma anche degli amatori, che li scorgevano ivi meglio collocati chenella pubblica Galleria, la quale divenuta troppo angusta, essendo altron-de priva di buon effetto di luce per mancanza di un lucernale nella volta.

La sudetta Commissione tolse via dall’altare del tempio dei PP.Benedettini bianchi una bellissima statua della Beata Vergine col Bambinodi Antonio Gagini palermitano, celebre scultore del secolo XVI, comepure da un altro altare il quadro di S. Benedetto titolare della chiesa dipin-to dall’insigne artista Giuseppe Velasques.

Così per furti violenti si spogliano le chiese in Palermo, le quali sonofrequentate e non abolite.

Restituitasi quella di S. Cita agli ex frati, tutte le cappelle sono rimase senzale antiche immagini carpite come si disse dalla Commissione di belle arti.

Gli ex frati mascherati ormai da preti regolari ai quali è stato affidato ilculto delle rispettive chiese, languiscono di fame perocché da 7 mesi man-cano del sussidio lor promesso dal parlamento e dal Governo. Il Direttoredelle tasse e del Demanio, signor Minneci che per effetto delle sue funzioni_________________________________

495 Antonello da Messina, pittore, nato a Messina nel 1430 ca., ivi morto nel 1479.496 Rosalia Novelli, pittrice, nata a Palermo nel 1628, ivi morta dopo il 1688, figlia di Pietro e mae-stra di Anna Fortino.

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avrebbe dovuto esigere le rendite dei corpi morali in case e botteghe e fondirustici se ne è creduto autorizzato ed ha scritto più volte a Ministro senzaottenere risposta. Intanto gli ex frati e le moniali non sono pagati, e così puretutti gli impiegati nei conventi e nelle abadie che secondo la promessa con-servar doveano i loro soldi. Gl’inquilini delle case e botteghe, e gli affittato-ri de’ fondi degli aboliti corpi morali e i poveri ex frati e le monache no sodi-sfano all’erario i loro debiti e muojono di fame. Molti litigi son sorti persequestri lasciati al direttore del demanio, dei creditori di conventi e di aba-die, e i giudici non credonsi abilitati di demolire secondo giustizia contro ilGoverno, e tutto ciò perché il Ministero non permette l’esigenza ne’ i paga-menti e fa perdere nell’imminente agosto in effettuar lo sgombero, l’introitidell’asse ecclesiastico per l’abolizione sanzionata; laddove se desse gli ordi-ni corrispondenti al Direttore del Demanio di far depositare in una cassa aparte i detti introiti potrebbero sodisfarsi tutti i creditori.

Palermo non solo è desolata dalla miseria per migliaia d’impiegati chesono usciti o escono dalla disponibilità ma pure per497 moria di artigiani498

che mancano di lavori e di impiegati dimessi di tanti utili uffici499 di giàaboliti500. Fu abolito, di fatti, l’Istituto Centrale d’Incoraggiamento, diAgricoltura, Pastorizia e Industria, onde la Sicilia non ha più unica centrodirezione nell’invio dei suoi prodotti scelti all’Esposizione di Parigi eprima a quella di Dublino e il commercio che ne derivava è in minorato.

Fu sospeso per più anni lo Stabilimento della Statistica affinché fosseriformato, talché adesso i dati501 del movimento di popolazione ed altrimolti presentano una lacuna.

Le utili scuole lancastriane furono abolite e sostituitovi un metodo bar-baro anche per quelle elementari a peso dei municipii. I libri scolastici nonsi possono stampare a Palermo, essendo inviati dal Governo centrale, tal-ché i nostri tipografi accrescono il gran numero dei miserabili.

La lucrosa coltivazione dei tabacchi sì prospera in Sicilia, è impedita,e frattanto i cittadini son gravati dal Governo e dal Municipio di onze un25 % oltre la ricchezza mobile, e al mutuo forzoso, che si estende sin’an-co sopra i ciabattini, e i barbieri.

Il numero dei briganti, i sequestri di persona, gli omicidii e i furti cre-scono ad ogni giorno né il governo ha saputo remuovere questa peste_________________________________

497 Segue cancellate le parole: “mancanza di lavori”.498 Segue cancellate le parole: “ma si pure per”.499 Segue cancellata la parola: “sociali”.500 Seguono cancellate le parole: “e i loro impiegati messi sul lastrico”.501 Seguono cancellate le parole: “di statistica”.

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sociale502. Maggior flagello per la tranquillità domestica è l’istruttione deiprocessi. Il signor Nicolosi che per farsi merito e salire503.

Aggiunte all’articolo di belle arti

Ma dimenticò il Meli che il supposto capo di quella scuola da lui dettaesanime era il Camuccini autore del gran quadro dell’Assassinio di GiulioCesare, in cui tutti i congiurati che l’attorniano non sono esanimi, ma in unatremenda attività di movenze, di attitudini, di espressione e dell’altro quadrodella Morte di Lucrezia che pure è amatissimo e sono stati amendue ammi-rati come capolavori da tutti gl’intendenti italiani e stranieri ed è pure auto-re della Caduta di S. Paolo ch’io vidi in Roma nel quale all’infuori di aversiabusato del troppo lusso di colori, le figure sono animatissime, né ricordossiil Meli dell’altro gran dipinto della Giuditta del Benevenuti504 ch’io ammiraiin Arezzo e che al merito della magnifica e serrata composizione unisce quel-lo delle figure che spirano energica vita. Camuccini e Benevenuti furon certoi primi grandi pittori del corrente secolo e avendo stancata la fama e attirato-si l’onore universale anche con le molteplici incisioni delle loro opere, hansuscitato da pochi anni dopo la morte un popolo di piccoli artisti a discredi-tarli; e il volgo de’ loro scolari vi han fatto eco. E ciò è avvenuto in parte pelnostro Velasquez [!] e degno di seder terzo tra cotanto senno artistico, essen-dosi molto avvicinato per la correzione del disegno e per la sennata compo-sizione del Camuccini, perché entrambi procedevano alla insaputa l’uno del-l’altro collo stesso metodo, cioè, di disegnare sul nudo, e di guardare ad untempo l’eleganti forme delle statue greche. E così correggere i difetti di cuisovente nell’individuo tra la generalità pena il vero, non sempre bello in tuttele parti di un solo, due o tre uomini anche di belle forme.

Ma a questo metodo si è gridata la croce sostituendo il vero, comun-que sia, e spacciandosi arte morta quella degli antichi qui per tanti secoliammirata nelle loro statue. Difatti le ho vedute bandite dagli studî deinostri pittori che credono tenere il primato e imitando solo il vero ne imi-tano anco le sconcezze dell’individuo.

È tempo questo di pervertito giudizio in tutto, in tutto. E gli italiani che_________________________________

502 Seguono cancellate le parole: “Circa lo stato di Palermo e di conseguenza della Sicilia”.503 La stesura del testo s’interrompe a causa della distrazione del rilegatore che ha tagliato la partefinale del foglio.504 Pietro Benvenuti, pittore, nato ad Arezzo nel 1769, morto a Firenze nel 1844, diffonde a Firenzei principi del neoclassicismo.

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già furon primi e di alte cose insegnatori altrui guidati dal loro esclusivogenio dell’arte, or pochi esclusine son divenuti tapini imitatori degli stra-nieri di cui erano per l’addietro maestri, da’ quali è lor pervenuto questomal vezzo nelle belle arti.

Gli antichi nostri pittori naturalisti come il Novelli seguivano più davicino il vero; ma pure facevano scelta di modelli umani, che meno difet-tassero; talché il Novelli ha tutta l’efficacia del vero; ma vero non disgu-stevole da parti viziose e triviali. E i suoi vecchi, i bimbi, particolarmentesono ammirati e per le sue grandi invenzioni per la saggia distribuzione eper le altre qualità indicate soddisfano pienamente gli artisti, sebbene neldisegno505 mostri l’eleganza greca sposata al vero come il Camuccini, ilBenvenuti, il Velasques. Che cessi una volta questa smania di novità chedella rivoluzione e dalla politica de’ tempi e dal giornalismo si trasferiscealla letteratura e alle belle arti.

Le novità son belle e buone quando son necessarie, opportunamente intro-dotte e regolate dal giudizio. Ma506 il gran concetto del bello ideale raccoltodalle parti belle di inclite persone devesi a Zeusi siciliano (1)507 fu applauditoda tutta la Grecia e se dominò per moltissimi secoli sulla pittura di tutte lenazioni successive ebbe il consentimento di milioni e milioni di uomini e nonavrebbe dovuto essere sì facilmente bandito dalle meschine scuole di questiultimi anni al più ravvisato dalla congiunta imitazione del vero. Ma i delirînella razza umana cessano dopo alquanti anni e presagisco, senza esser profe-ta, che si ritornerà a quel bello colle modificazioni del Camuccini, delBenvenuti e del Velasques. Per ora son sicurodi gridare al deserto!

Epigrafe per la mia storia delle belle arti in Sicilia

L’Histoire des arts est peut-être le plus utile de toutes, quand elle jointà la connaissances de l’invention et du progrès des arts la description deleur méc<h>anisme ancient.

Enciclopédie arthistoire par La Clar Javoust.

_________________________________

505 Seguono cancellate le parole: “e nel colorito non senta”.506 Seguono cancellate le parole: “il tipo delle figure”.507 A c. 231bis v nota in calce: “(1) Io ho provato in una mia operetta che Zeusi, con solidi argomen-ti fu nativo di Eraclea di Sicilia e non di Grecia, ove ben iniziato nell’arte da Demofilo di Imera passòad esercitarla in Atene. I giornali stranieri han confermato questa mia opinione”.

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Giuseppe Patania

Nacque in Palermo a 19 gennaio 1780 e morì a 23 febbraio 1852 daumili e onesti genitori.

Studiò per pochi mesi sotto il Velasques, e se ne allontanò, divenne pit-tore studiando più da sé che sotto la scorta altrui; si perfezionò nel dise-gno nell’Accademia del Nudo nella Regia Università di Palermo direttadal Velasques; giovossi molte delle pitture e della Galleria Borbonica allo-ra trasferita da Napoli in Sicilia, e imitò anche da principio il colorito diVincenzo Riolo che da Roma erasi già trasferito a Palermo ma lo ridussein seguito a più evidenza e verità coll’esercizio continuo di copiare il veronei molteplici ritratti che dipinse. Fu oltremodo diligente nei piccoli qua-dri, e di bello effetto nei grandi. La grazia era la sua special prerogativa,fu felicissimo nell’invenzione, come l’attestano centinaia di schizzi apenna di soggetti istorici e mitologici. Quelli del Telemaco passati inParigi furono ammirati ed incisi e molto lodati sui giornali. L’Accademiadi belle arti di Nuova York, ove penetrò un suo ritratto di un inglese loscrisse, ad unanime voto a suo socio onorario a 12 maggio 1841, comerilevasi dalla lettera del segretario m.r Morton. Anche prima era stato ono-rato dal re Francesco del titolo di Cavaliere dell’Ordine di Francesco I.

Il Patania fu uomo modesto benefico e dotato di tutte le virtù sociali ecristiane; incoraggiava i giovani artisti. La sua scuola ne era affollata edopo il Velasques è stato il primo pittore a sostenere il buon gusto nell’ar-te e a diffonderlo per mezzo dei suoi numerosi allievi.

Egli riuscì nei quadri di storia, nei ritratti e nel paese e talvolta dipin-se anche con felice successo quadri di genere.

Il pubblico mostrò estremo cordoglio alla di lui morte. Circa a centoartisti amici e conoscenti vollero consociarne il cadavere che fu depostoonorevolmente nella chiesa di S. Maria di Gesù vicino Palermo.

M.r Vicar508

per 35 anni rimase in casa.Ritratto della regina de’ Francesi, lodato dallo Chateaubriand, altro ed

alcuni schizzi dal Camuccini.Il dottor Minà, e Catolica e Sanfilippo.

_________________________________

508 Jean Baptiste Joseph Wicar (Vicar o Vicart), pittore, nato a Lille nel 1762, morto a Roma nel 1834.

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Giuseppe Patania nacque in Palermo da umili ed onesti genitori a 19gennaio 1780 e morì a 23 febbraio 1852. Apprese per pochi mesi il dise-gno sotto il Velasques, e se ne allontanò. Divenne poi pittore studiando piùda sé, che sotto la scorta altrui. Si perfezionò nel disegno all’Accademiadel Nudo della Regia Università di Palermo, diretta dal Velasques.

Giovossi molto delle pitture della Real Galleria Borbonica allora tra-sferita da Napoli in Sicilia, e imitò anche da principio il colorito diVincenzo Riolo che da Roma erasi già recato a Palermo; ma lo ridusse inseguito a più evidenza e verità coll’esercizio continuo di esprimere il suonei molteplici ritratti che dipinse. Fu oltre modo diligente nei piccoli qua-dri, e di bello effetto nei grandi. La grazia era la sua special prerogativa.Fu felicissimo nell’invenzione, come l’attestano centinaia di schizzi apenna di soggetti istorici e mitologici.

Quelli del Telemaco passati in Parigi furono ammirati ed incisi, emolto lodati nei giornali. L’Accademia di Belle Arti di Nuova York, ovepenetrò un suo ritratto di un inglese l’ascrisse ad unanime voto a suo socioonorario a 12 maggio 1841, come rilevasi dalla lettera del segretariomister Morton. Anche prima era stato onorato dal re Francesco del titolodi Cavaliere dell’Ordine di Francesco I.

Il Patania fu uomo modesto, benefico e dotato di tutte le virtù socialie cristiane. Incoraggiava i giovani artisti. La sua scuola ne era affollata, edopo il Velasques è stato il primo pittore a sostenere il buon gusto nell’ar-te e a diffonderlo per mezzo dei suoi numerosi allievi.

Egli riuscì nei quadri di storia, nei ritratti, e nel paese e talvolta dipin-se anche con felice successo quadri di genere.

Il pubblico mostrò estremo cordoglio alla di lui morte. Circa a centoartisti amici e conoscenti vollero consociarne il cadavere che fu depostoonorevolmente nella chiesa di S. Maria di Gesù vicino Palermo.

Patania

Nel 182* il marchese della Favara, luogotenente di Sicilia, ebbe segre-to incarico dal re Francesco I di proporgli alcuni distinti scienziati ed arti-sti siciliani per conferir loro il titolo di cavaliere dell’Ordine nuovamenteistituito che portava il suo nome. Don Giovanni Lima allora segretario delGoverno, conferì con me l’affare, essendo io l’Ufficiale di carico nelMinistero destinato alle cose letterarie, scientifiche ed artistiche. Io glidissi che quelli tra i viventi che godevano allora maggior stima erano

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l’abate Domenico Scinà e l’abate Francesco Ferrara. Fra gli artisti poi ipittori Giuseppe Patania Vincenzo Riolo, l’architetto EmmanueleMarvuglia e lo scultore Valerio Villareale, e il compositore di musicaGiovanni Bellini. Da questa nota furono esclusi il Marvuglia e ilVillareale, e in vece fu sostituito Vincenzo Tineo botanico che allora ordi-nava ed abbelliva la villa del Luogotenente Favara a Malaspina. Tutti glianzidetti individui, e non so se altri uomini di merito lette<ra>rio, e scien-tifico furono decorati del titolo di Cavaliere, e della medaglia d’oro diFrancesco I. Il Villareale, e il Marvuglia furono esclusi a quel che credoper antiche opinioni politiche che nella vecchiaja in cui eran ridotti pote-vano dimenticarsi. Fra gli altri che si congratularono col Patania dell’ono-re conferitogli vi fu d. Ferdinando Rossi a cui rispose, come costui mi hariferito: Se questo onore mi fosse stato conferito de’ celebri pittoriCamuccini, o Benvenuti dopo di avere osservato le opere mie io ne mene-rei vanto sicuro che valessero qualche cosa; nulla di meno l’ho gradito, emi protesto tenuto nel Governo; ma non saprei tenermi da più del passato.

L’abate Scinà, similmente par che ne abbia preso conto; perché sisegna col titolo di cavaliere e ne recò addosso la medaglia non così Ferrarache509 ne’ pranzi di etichetta presso il principe di Trabia, al Regio palazzo,come talvolta recaronsi ne aveva decorato il petto.

[Epitaffio]

Qui riposa / Giuseppe Patania da Palermo / celebre onnigeno dipinto-re / del R. Ordine di Francesco I / cavaliere della Commissione diAntichità / e di Belle Arti / Alle Accademie nazionali / e a quella delDisegno di Nuova York / ascritto / Ne accrebbe ornamento / ispirato dalgenio / prediletto dalle Grazie / gareggiò nell’arte coi migliori di Sicilia. /Accostossi ai sommi d’Italia / emulò il vero nei ritratti / nei paesi nei fiorinella frutta / ma superò molti e sé stesso / nei quadri di storia / e più inquelli di leggiadro argomento. / Per cercatrice fantasia e fecondità d’inge-gno e prontezza di mano / negli schizzi a penna, e nelle tele / Da tuttiammirato / per indole buona gentile / generosa soccorrevole / dai parentie dai poveri amato / ai suoi amici agli allievi carissimo / cagion di cordo-glio in morte / spirò in Dio d’anni LXXII / a 23 feb. MDCCCLII. / ____ /_________________________________

509 Seguono cancellate le parole: “PataniaQuando il Patania fu insignitodel titolo di cavaliere dell’ordine di Francesco I”.

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Chi ha senso al bello e alla virtù / pianga sul suo frale funerale???/ E preghi paceall’anima benedetta / Le eredi meste e riconoscenti /questa lapide posero.510

Scolari di Patania

Giuseppe Meli di Palermo511.Andrea D’Antoni di Palermo512.Salvatore Cutelli di Palermo513.Gerlando Marsiglia regnicolo514 che recossi in Nuova York ove morì

nel 1851.*** Adelfo515

Carlo La Barbera di Palermo516.Ferdinando Raimondi di Misilmeri, adesso a Roma.Giuseppe Bagnasco da Palermo517.Natale Carta da Messina.Giuseppe Carta da Palermo.Giuseppe Caponetto di Palermo*** Minutilla da Palermo518 che lasciò la pittura e fa il pedante.Luigi Lo Jacono di Palermo519 e poi studiò sotto Lo Forte.Angelo Zarbo da Licata ove al presente fa il pittore.Angelo Guadagnini di Canicattì520 e ora è nell’estero, e fa il pittore.

_________________________________

510 Il necrologio, dettato dal Gallo, contempla e compendia (in forma esaustiva) l’abilità tecnica e pit-torica nonché le modulazioni compositive e iconografiche dell’amico.511 Giuseppe Meli, pittore, nato a Palermo nel 1807, ivi morto nel 1893.512 Andrea D’Antoni, pittore, nato a Palermo nel 1811, ivi morto nel 1868. Il 17 maggio 1832Giuseppe Patania firma la dichiarazione connessa all’abilità del giovane allievo a «copiare i quadrie disegnare i gessi» nella Regia Accademia degli studi di Palermo. Cfr. A.S.PA, Permessi di stu-dio…cit., Misc. Arch. II, n. 316.513 Salvatore Cutelli, pittore. Il 25 giugno 1829 Valerio Villareale avalla il suo ingresso nellaQuadreria della Regia Università di Palermo per «studiare tanto ne’ gessi che ne’ quadri». Cfr.A.S.PA, Permessi di studio…cit., Misc. Arch: II, n. 316.514 Gerlando Marsiglia, pittore, nato a Giuliana (Palermo) nel 1793, morto a New York nel 1852 ca.Una prima versione biografica è reperibile in Agostino Gallo, Notamento alfabetico di pittori, emusaicisti… cit., p. 47: una reiterazione in Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori emosaicisti … cit., p. 290-291.515 Antonio Adelfio, pittore, sconosciuto alle fonti della letteratura artistica.516 Vedi nota n. 214.517 Giuseppe Bagnasco, pittore, nato a Palermo nel 1807, ivi morto nel 1882.518 Giuseppe Minutilla Lauria, pittore, attivo nella seconda metà del XIX secolo.519 Luigi Lojacono, pittore, nato a Palermo nel 1810, ivi morto nel 1880, padre di Francesco.520 Angelo Guadagnini, pittore. Valerio Villareale il 25 giugno 1829 avalla il suo ingresso nella R.Università di Palermo «per studiare tanto ne’ gessi che ne’ quadri». Cfr. A.S.PA, Permessi di stu-dio…cit., Misc. Arch. II, n. 316.

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Giuseppe Di Marzo da Palermo.Pietro Lo Jacono da Palermo521 e ora dipinge in Napoli.Giuseppe Tranchetta da Palermo e ora dipinge in Napoli.Pietro Volpes da Palermo522 e ora studia sotto D’Antoni.*** Bonanno da Palermo523, e indi studiò sotto Lo Forte.Eugenio Formisano da Palermo che nel 1832 fu per concorso prescel-

to a perfezionarsi nella pittura in Roma.Baronello Di Stefano di S. Stefano dilettante indi studiò in Roma sotto

Natale Carta.Giovanni Nizzola che indi diessi alla miniatura e fu apprezzato in

Firenze.I fratelli Sacco miniaturisti.I fratelli Faja.

Dilettanti

Luigi Scalia di Palermo.Agostino Gallo da Palermo.Padre Sarulli da Ciminna524, monaco francescano.Padre Gaetano da Traina Cappuccino, ora studia sotto D’Antoni.Padre Arcangelo Cappuccino525 ora morto che riuscì nel paese.

Morte di Patania

Giuseppe Patania palermitano celebre dipintore morì di anni 72 il gior-no di lunedì 23 febbraro 1852 alle ore 18 ¾ e 33 minuti in un attacco con-vulsivo.

Fino al giorno precedente avea dipinto il ritratto della Signora Piraino_________________________________

521 Pietro Lo Jacono, pittore attivo nel XIX secolo. L’8 ottobre 1830 Valerio Villareale autorizza l’in-gresso del giovane nel R. Museo di Palermo per addestrarsi allo «studio de’ quadri e gessi». Cfr.A.S.PA, Permessi di studio…cit., Misc. Arch. II, n. 316.522 Pietro Volpes, pittore, nato a Palermo nel 1830, ivi morto dopo il 1886.523 Antonino Bonanno. Il 19 giugno 1829 Valerio Villareale lo dichiara «abile» a studiare nel Museodell’Università di Palermo. A.S.PA., Permessi di studio…cit., Misc. Arch. II, n. 316.524 Pasquale Sarullo, pittore, nato a Ciminna (Palermo) nel 1828, morto a Palermo nel 1893, frateminore conventuale.525 Padre Arcangelo da Palermo (al secolo Giuseppe Rizzo), pittore, nato a Marsala (Trapani) nel1786, morto a Palermo nel 1849. Notizie bio-bibliografiche più estese sono presenti in AgostinoGallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 391-192.

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e ne avea quasi compita la testa. Alle ore otto italiane della notte fu attac-cato da forte dolore al petto con vomito, ed evacuazione che indi si comu-nicò alle viscere. Furono tosto i medici, Dottor Minà e Dottor San Filippoe gli apprestarono i rimedi che credettero opportuni, ma lo fecero muniredei sagramenti che egli alla mia presenza ricevette con straordinaria tran-quillità d’animo. Egli conservò serenissima la testa, ed essendomi io avvi-cinato a lui, due ore prima di morire, per dargli qualche conforto, non solomi ricobbe e mi chiamò a nome ma rispose a quelle mie parole: io sonoindifferente alla vita, e alla morte. Essa non mi disturba, e vi sono appa-recchiato.

La sua camera era affollata dei suoi amici, dei suoi scolari, e dei suoiparenti e questi ultimi me ne rammentavano i benefici, e tutti gli altri levirtù, uno dei suoi parenti disse: quest’uomo travagliò tutta la vita per soc-correre a tutti noi; e sospirando piangeva. Il pianto e il dolore era in tuttigli astanti. Don Ferdinando Melazzo, suo esecutore testamentario anchepresente, rammentava che egli detto gli avea un giorno: io desidero mori-re repentinamente, perché in una lunga malattia dovrei consumare quelpoco di danaro che ho raccolto, o ridurmi alla miseria; ciò sarebbe a dannodei miei parenti.

Salvatore Lo Forte egregio artista impetrò dal Rettore dell’Universitàdi tener chiusa la scuola per dimostrazione di lutto, sebbene non ne fossestato professore, ma semplice esaminatore di concorsi artistici.

Dettato da me Agostino Gallo

Un mese circa prima di morire avea dipinto in una tela di palmi 4 pertre, e mezzo orizzontalmente una Sacra Famiglia a mezza figura, e colputto Gesù intero ignudo. In quest’opera spiegò uno stile grande e unamirabile armonia di colori. Il putto è d’una bellezza straordinaria ed unode’ suoi migliori. Dipinse anche per me il Ritratto di CostantinoCostantini, poeta, e giureconsulto.

La sera innanzi alla sua morte, fino a 3 ore disegnò, e cominciò a trac-ciar di penna uno degli schizzi che per consuetudine far solea dicendo chesi divertiva con la penna, e di cui un gran numero esistono fra le sue carte,e circa 60 gliene furono rubate relative all’istoria di Sicilia da un suo sco-lare, e che egli in parte e con nuona invenzione rifece indifferente a tantaperdita.

Quello schizzo ultimo rappresenta Gesù Cristo condotto a Pilato pergiudicarlo.

La brevità del tempo che dà la legge dello stato civile di tenere in casa

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i cadaveri mi aveva posto fuor di speranza di vederlo accompagnato da’suoi amici, e dagli artisti, molti de’ quali per corto spazio della sua malat-tia ne ignoravano la morte. La mattina però del 24 di prim’ora vennero-da me circa 10 artisti condotti da Bonanno, già stato suo scolare, e michiesero di associarmi a loro per far corteggio di lutto al cadavere. Ciò fueseguito e in men di un’ora si vide una furia di circa 80 artisti ed amici.Il corteggio commuoveva i cuori, ed era magnifico delle carrozze, e ser-vitori a lutto che alcuni magnati vollero inviargli. Tutti lo seguivanomestamente, e a capo scoperto, e fecer me precedere che come il più inti-mo amico vi ero più addolorato. Un d’essi per la strada sclamò accompa-gniamo il padre di tutti noi, l’uomo virtuoso, un grande artista che ha fattoonore a Palermo sua patria, e alla Sicilia. Io gli feci togliere per ricordoun ciuffo di capelli.

Agostino Gallo

La moglie del pittore Giuseppe Patania fu la vedova D.na NardaBucalo, bellissima donna ch’era stata pria sua amica. Di lei esiste unsomigliantissimo e magnifico ritratto a mezza figura presso la suafiglia.

Un’altra sua figlia, per nome Concetta, ch’era bella, graziosa e di cuiavvi quasi il ritratto in un dipinto del Patania di una Fanciulla che baciauna colomba, si maritò con *** ispettor di Polizia.

Un altro figlio, somigliantissimo a Patania, ha nome GiuseppeBucalo, che coltivava la musica e la pittura a miniatura, ed era singolarenella mimica imitativa delle persone e gli animali. Di lui innamoratosiMaria Malibran celebre cantante, lo recò a Parigi, e alla di lei morte sisostenne con accademie di canto e con la pittura a miniatura. Indi passòin America.

Patania costituì suoi eredi: Concetta *** nella somma di circa 6milaonze in danaro e in vendita di quadri, e di stampe e fu suo fedecommessa-rio D. Ferdinando Melazzo.

La moglie di Vincenzo Riolo chiamavasi Maria Stella Torciarottosorella d’un maestro di scherma e parente di mia madre.

La moglie di Giuseppe Velasques chiamavasi Anna, una figlia Teresamaritata con l’avvocato Anselmo, un’altra con Riolo e un figlio morto, permorso d’un cane rabbioso. Di lei avvi il ritratto in una donna che abbrac-cia un bambino nel quadro di S. Vincenzo Ferreri in S. Domenico.

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Su Patania

Il signor Lorenzo Ruggi526 da Bologna professor di architettura, edautore d’un’egregia opera di architettura prospettica per gli artisti, e inten-ditissimo di pittura, ch’ebbe la bontà di visitarmi nel dicembre del 1856osservando in mia casa la raccolta de’ miei quadri antichi e moderni, guar-dò con compiacenza quelli del Patania del quale mi chiese notizie, giun-gendogli ignoto il suo nome, disse: questo è un delicato, leggiadro, e sim-patico pittore, che fa onore alla scuola siciliana.

Patania

Patania sul fiore della sua età e del suo genio pittorico dipinse per l’av-vocato signor Antonio Agnetta che dilettavasi di sporcar tele co’ colori, seiod otto quadri di figure terziane di soggetti della mitologia di Psiche cheper l’invenzione per la grazia e il florido colorito furono reputati i miglio-ri tra le opere sue e quelle degli artisti contemporanei di Sicilia. Mi ricor-do con diletto il Bagno di Psiche con le ninfe, il Ratto della medesima incielo fra gli abbracci di Cupido. Que’ quadri furon pagati in amicizia onzeventi ciascuno.

L’avvocato Vaginelli in emulazione commise a Patania altri otto qua-dri di soggetti varij mitologi<ci>, che ho riveduto a 25 giugno 1867. Siconservano dopo molti anni splendidi, e freschi. Avvi una Venere dormien-te e presso un Satiro che vuole scoprirla, Danae, Psiche trasportata incielo, e in altre attitudini, Venere che prega Giove a favorire i Troiani, esimili soggetti in parte replicati di quelli Agnetta ma con diversa invenzio-ne, però non migliori. La grazia del pennello del Patania il bel colorito ela fusione e lo smalto delle tinte è sempre lo stesso; ma alcune figuresono527 trascurate nel disegno. Gambe e braccia troppo lunghe, e corpi assisvelti, e in generale dipinti con minor cura e più rapidamente de’ quadri diAgnetta; sebbene gli fossero stati pagati allo stesso prezzo.

I soggetti dei quadri per il dottor Pietro Vaginelli, sono: Giove che bacia la Ninfa Io.Venere che carezza Vulcano per foggiare le armi di ***.Giove cambiato in toro che rapisce Europa.

_________________________________

526 Forse l’incisore del sec. XIX riportato in: Giorgio Milesi, Dizionario degli incisori. Saggio dibibliografia ragionata a cura di Paolo Bellini, Bergamo, Minerva Italica, 1982, p. 216.527 Segue cancellata la parola: “più”.

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Venere che abbraccia Adone.Un Satiro che tenta d’assalir una ninfa che dorme.Giove in pioggia d’oro che scende su Danae.Venere che sorge dalla spuma del mare.Quadri descritti nel seguente sonetto dall’abate Francesco Ferrara.

Sonetto all’avvocato Pietro Vaginelli1° quadro: Io languisce di Giove ai baci ardenti.2° Tinto ispira a Vulcano ciprigno amore.3° Un nume Toro con ferito core rapisce528 Europa529 al mar s’affida e

a’ venti.4°Adon la bella dea con dolci accenti530 tiene e si strugge di cocente

ardore 5° 531Un Satiro con lubrico furore par che una ninfa d’assalirla tenti.6° Giove in oro532 su Danae discende.7° Dalla spuma del mar Venere nasce.8° Fiamma d’amore in sen cupido accende / di si soavi immagini si

pasce. / qui l’occhio, o Pietro, o qui l’Olimpo scende /O qui di Grecia algenio rinasce.

Dall’abate Ferrara

Per otto quadri di circa tre palmi per larghezza e circa quattro per lun-ghezza dipinti da Patania pel Signor barone Avvocato D. Pietro Vaginelli.

Il cavalier D. Giuseppe Patania dipinse un ritratto di Mr LaurenceAmericano, il quale commise allo stesso tempo il ritratto di sua moglie alpittore Lo Forte, e riportò l’uno e l’altro in America, e li presentòall’Esposizione dell’Accademia Nazionale di disegno di New York.

Ivi il corpo di professori applaudì a quello del Patania, e il propose permembro onorario della stessa in data de’ 12 maggio 1841, e il giorno dopogliene fu partecipato l’avviso dal segretario Giovanni L. Morton e fuglispedito il i regolamenti, e il libro degli oggetti dell’esposizione in pittura,disegno, scultura ed architettura, coiè n. 330 oggetti di pittura, e disegno,e n. 18 pezzi di scultura, e modelli di architettura. Ciò mostra quanto ilPatania sia apprezzato non che in Sicilia, ma fuori ancora._________________________________

528 Segue cancellata la parola: “tolto”.529 Seguono cancellate le parole: “l’affida”.530 Seguono cancellate le parole: “per lei”.531 Precedono cancellate le parole: “Par ninfa in sogno”:532 Seguono cancellate le parole: “un dio”.

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In Firenze fu mostrato poi da D. Agostino Gallo nell’agosto 1841 unoschizzo a penna di gran composizione al celebre pittore commendatorePietro Benvenuto e dal medesimo fu assai lodato. L’altro celebre pittoreCamuccini lodò allo stesso Gallo due altri schizzi che aveva molti anni faveduti in Napoli in casa del marchese Gargallo. Il famoso scrittoreChateaubriand loda il ritratto fatto dal Patania alla duchessa di Berry cheda Sicilia era stato trasportato in Parigi.

Lo Forte

BaufrimontAbate Giglio di ***Cav. D Francesco Trigona S. Elia.Barone Vito presso Franco.Quadro del Beato Valfrà[!] uno in Messina e l’altro all’Olivella in

Palermo.Copia del quadro del Novelli di S. Maria Maddalena di S. Cita.

National Academy of DesignNew York may 13, 1841.

SirI have the honor to inform you that at the Annual Meeting of the

Academy held on the 12e Inst. You were unanimously elected anHonorary member of the National Academy of design.

With great respect.I have the honor to be you obt. Ser.t

John L. MortonSec. N.A.

ChevalierJoseph Patania

Sul pittore Giuseppe Patania

Il Patania non soleva mai censurare alcuno artista né soffriva chealcuno facesse osservazioni critiche su i dipinti proprii e di altri; benché

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pe’ suoi interrogasse in secreto qualche amico amatore, e intelligente, frai quali chiedeva l’opinione dell’egregio disegnatore e pittore sig.Giuseppe Scaglione533, dello scultore Valerio Villareale, del dilettantesig.r Ferdinando Melazzo, e anche la mia. Una sera, trovandomi solo conlui mi domandò se egli si fosse avvicinato al suo maestro GiuseppeVelasques di cui faceva grandissima stima al punto di dire che tutti i pit-tori siciliani vivendo in chiuso, il primo lui, nessuno valeva un pelo delVelasques. Io, secondo il mio giudizio, credevo che nella grazia de’ voltifemminei l’avesse superato essendo stato in gioventù più amante delledonne, laddove l’altro era scrupoloso ed aveva una buona, ma bruttamoglie; ed egli, il Patania, una bella. Ne’ putti talvolta eguagliava in leg-giadria il Villareale, nel colorito e nell’originalità e facilità della compo-sizione il superava; nella perfezione del disegno, e ne’ volti di gran carat-tere gli era inferiore.

Egli non si offese del mio giudizio riconoscendolo sincero.Dopo alquanti giorni mostrommi alcune teste di gran carattere dise-

gnate e condotte a chiaro-scuro che immaginava di rappresentareAchille, Diomede, Ulisse, e non molti di appresse altre di filosofi esommi personaggi dell’istoria con venerandi aspetti tutti variati, e di suainvenzione, e dissemi: mi sono avvicinato a Velasques per le teste digran carattere? Si, risposi io, ma voi non li avete dipinti con lo stessoeffetto come li avete ora disegnati. Li dipingerò meglio appresso. E difatti li eseguì nel quadro della Flagellazione di Gesù Cristo ne’ manigol-di per la chiesa della Magione, e ne’ poveri del S. Gaetano per la chiesadel titolare in Monreale. Io possiedo la collezione di quelle magnificheteste a chiaro-scuro.

Un’altra volta io gli parlavo svantagiosamente di un ritratto dipinto daun suo invido e ingrato scolare che lo sparlava, ma egli ignoravalo.Dissemi: ho veduto quel ritratto. È somigliante e mi piace. Ma vi piaccionle mani, che mi sembran di gatta. Io non parlo di mani, ma del volto. Male mani sono ben disegnate? Non so dirvelo, ma già lo avete detto con lavostra reticenza!

Un altro giorno vidi scolpiti ad alto rilievo in legno da FrancescoQuattrocchi alcune figure mitologiche nelle botteghe in via Toledo delduca di Serradifalco, e conobbi nello stile di essere ricavati da’ disegni in

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533 Giuseppe Scaglione, pittore, nato a Militello (Catania) nel 1772, morto a Palermo nel 1857. Labiografia dell’artista è rubricata nell’opera di Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittorie mosaicisti … cit., p. 241-244.

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grande del Patania. Me lo richiese, ed egli adirato si tacque. Ho capito, evieppiù s’adirò. Erano eseguite su’ suoi disegni che far soleva di notte e aporte chiuse pe’ suoi scolari, e amici artisti.

D. Carlo La Barbera fece i cartoni d’una volta da lui dipinti per la chie-sa nell’interno dell’isola nostra.

Presso l’erede dell’egregio scultore in legno Girolamo Bagnasco vidimoltissimi disegni del suo amico Patania pe’ bassi rilievi di altari che que-sti in varii tempi scolpì con grazia e diligenza.

Un giorno disse il Patania ad un suo maledico [!] scolare che spar-lava un pittore miglior di quello: ma non vedi che sei sciocco, se tuencomiassi il merito qualche parte di lode rimarrebbe per te che gli seiinferiore, e quindi perdi e non acquisti non restandoti che la taccia dimale lingua. E se sparlassi anche me da cui hai imparato l’arte, turesteresti un nulla. Abbii giudizio, studia, e con la tua buona disposi-zione supera me e gli altri, e fa che tutti dicano che tu sei di me, e deglialtri miglior pittore. Per ben giudicare è d’uopo d’aver molto studiato,molto veduto e contemplato fuori le opere de’ valentuomini, e moltoprogredito nell’arte. Così il Patania educava i suoi allievi non solonella pittura; ma anche nella morale e meritossi l’affetto, e la stimauniversale.

Opere di Patania

Ritratto al vero all’impiedi bellissimo, somigliante, e nobilmenteatteggiato di Giuseppe Mantegna con costume spagnuolo, da maschera

Ritratto a mezza figura dell’architetto Niccolò PugliaIdem del cav. Gaetano VanniIdem della sua moglie signora RosaliaIdem del magistrato signor GramignaniDue quadri bellissimi orizzontali co’ Fanciulli, figli del barone Paino

che scherzano seduti in una campagnaUn quadro bellissimo della Famiglia del consigliere Melazzo in una

villa campestreRitratto, a mezza figura, di Alessandro Cutò, e della signora

BianconciniRitratto, a mezza figura, d’una donna di Gaetano Filingeri junior, or

principe di SatrianoI ritratti nell’attitudini delli Cenci della baronessa Martines

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Ritratti di Patania

Per Parigi:Di S.A.R. Maria Amalia indi regina de’ Francesi

Per Roma:Della signora Vincenza Grassellini duchessa Brolo, per suo fratello il

cardinale.Del greco Madragna, pel suo figlio in Roma

In Napoli:D. Vincenzo Bellini, presso l’incisore Aloisio534

In New Iorck [!]Di un giovane che pose il suo ritratto all’Esposizione e l’Accademia in

benemerenza, ascrisse fra’ suoi soci di onore PataniaDi mister Sigar, negoziante inglese in Palermo, e di suo fratello, che

trovasi in LondraDel magistrato Gramignani, presso il figlioDell’architetto Niccolò Puglia, presso il nipoteDel Bellini, presso il Gallo e Santo CanaleDi Scinà presso il Gallo, col canonico Vigo in AcirealeDi Donna Rosalia Vanni, presso il fratello in NapoliDi Gaetano Vanni, presso i suoi nepoti.

2 quadri per la chiesetta nel podere Judica, feudo del conte Tasca unorappresentante la Vergine Addolorata e l’altro S. Lucia, dipinti egregia-mente da Giuseppe Patania535.

Biografia di Giuseppe Patania

Giuseppe Patania nacque in Palermo a 18 gennajo 1780.Il suo genitore Giacinto, sarto di professione e la sua madre

Giuseppina D’Anna, levatrice l’aveano appena avviato alle scuole ele-mentari, essendosi per discordie in famiglia separati, pigliò cura di quelgiovinetto l’ava paterna; ma scorgendo costei che poco attendeva allo stu-dio occupandosi sempre a disegnar sulla carta o a modellare in creta bam-_________________________________

534 Tommaso Aloysio Juvara, incisore, nato a Messina nel 1809, morto a Roma nel 1875, figlio diGiuseppe e Nicoletta Juvara. Cfr. Agostino Gallo, Notizie intorno agli incisori … cit., p. 117-119.535 Questa nota a c. 260r è scritta sul verso di una convocazione per il giorno 11 luglio 1867 dell’as-semblea della Commessione di agricoltura e pastoirzia [!] per la Sicilia.

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bocci il condusse allo studio di uno scultore di figure e d’ornato in legno.Quel fanciullo non toccava ancora i 10 anni e quasi sentiva per

impulso di sangue ch’egli per parte della madre era pronipote del celebredipintore frescante Vito d’Anna, e sin da quella tenera età mostrava nellefigurine modellate ed ornate in creta di esser nato artista. Talché essendoquei diligenti e graziosi lavori osservati da un architetto consigliò i suoiparenti di destinarlo alla pittura ed assunse egli l’incarico di condurlo allostudio del rinnomato pittore Giuseppe Velasques, principe degli artistisiciliani e riformatore del buon gusto dell’arte del disegno e del colore.

In pochi mesi giunse egli a disegnare busto e statue in gesso con tantaesattezza di contorni e intelligenza di chiaroscuro che il suo maestro pre-vide fin d’allora che sarebbe divenuto suo emulo; laonde essendo stato dalui richiesto un giorno di permettergli di copiare ad olio in colore una testada quello dipinta ne fu sgarbatamente minacciato colla bacchetta, di chepiccatosi il giovinetto raccolse i suoi disegni nel cartolare e gli disseandando via, io sarò pittore senza il vostro ammaestramento.

D’allora cominciò a dipingere in casa ed a frequentare l’Accademiadel Nudo536. E come erano ricercate dall’amatore signor Giambattista DiStefano quadrettini e bozzetti antichi il Patania diessi allora in vecchie telead imitarne il tocco in composizioni bensì originali ch’erano comprati daquello; ma scovertane finalmente la fraude anziché adirarsene, divennesuo protettore e continuò ad acquistarne piccoli lavori.

In quel tempo solevano esporsi dall’impresario del teatro di prosadetto di Santa Lucia537 i cartelloni dipinti ov’era espresso il punto princi-pale dell’opera drammatica da rappresentarsi. Il Patania giovinetto a 15anni fu preferito ad altri e per tutta quell’impresa e la seguente ogni gior-no dava bella e finita un quadro in carta spesso di composizione compli-cata per soli due scudi.

Questo esercizio gli sviluppò l’imaginazione, il sentimento e resepronto e celere il suo pennello, qualità che ritenne per tutta la vita miglio-randole.

Un giorno che il cav. Tommaso Puccini da Pistoia gran conoscitore edirettore della Galleria e Museo di Firenze il quale soggiornava allora a_________________________________

536 Fondata nel 1783 presso la Reale Accademia degli Studi, con sede nella casa dei P. Teatini. Ladirezione è affidata al pittore Francesco Sozzi. Nel 1805 l’Accademia acquisisce il titolo di RegiaUniversità e l’insegnamento prosegue nella stessa sede. Cfr. Regolamenti dell’Università degli studidi Palermo, 1805-1841. A cura di G. La Grutta, R. Giuffrida, [S. l., s. n.], stampa 1978 (Palermo,STASS). Ripr. facs. dell’ed.: Palermo, dalla Reale stamperia, 1805.537 Oggi denominato Bellini, ubicato nell’omonima piazza. Cfr. Antonella Mazzamuto, Teatri diSicilia, Palermo, S.F. Flaccovio, 1989, p. 88 e sgg.

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Palermo osservò appeso sulla piazza Villena uno di quei cartelloni in com-pagnia del barone Pisani, suo amico. Gli chiese il nome e l’età del pittoree saputo ciò gli disse: - Incoraggiate questo giovinetto; io presagisco chediverrà gran pittore tanto genio egli mostra in questi saggi.

L’amor del guadagno non isviava bensì il Patania dallo studiare il dise-gno da sé sulle migliori stampe, sui gessi e nell’Accademia del nudo quan-do per la fama che già cominciava ad acquistarsi, fu invitato da un ricconegoziante di recarsi seco a Maone, città marittima nell’isola di Minoricaper dipingere di figure e di ornato le stanze della sua casa e i ritratti di suafamiglia assegnandogli un buon soldo e offrendogli ospitalità, pranzo eservizio.

Accolse egli la proposta e giunto a Maone imprese subito i lavori ordi-natigli e per la dolcezza e gentilezza del carattere e la figura avvenente el’abilità pittorica divenne bentosto il favorito di quella famiglia.

Molti quadri e ritratti lasciò in quella città che priva com’era di opered’arte furono riguardati e si ritengono tuttavia come opere prodigiose. Eraegli adescato dalle larghe mercedi a stabilirsi ivi; ma l’amor della patria edell’arte essendo lontana dalla prima e conoscendo di non potere ivi pro-gredire nell’arte per esser mancante di capi-lavori determinassi dopo circadue anni a ritornare alla terra natia col pericolo di far naufragio.Approdando a Napoli, fermossi ivi alquanti giorni ed avidamente contem-plò più e più volte i quadri, i marmi e i bronzi della Galleria e del MuseoBorbonico e colla semplice vista non avendo il tempo di poter nulla copia-re si eccitò e sviluppò in lui a cento doppî il talento pittorico per modo cheritornato a Palermo colle prime opere che fece ad olio ed a fresco nellachiesa del Ritiro di San Pietro538, nel Refettorio del SeminarioArcivescovile539 e nella casa del barone Atanasio acquistossi fama di egre-gio dipintore per modo che l’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia cheammirato avea in Roma i capi lavori dell’arte e riformata in Sicilia l’archi-tettura credette meritevole il giovane Patania di fargli dipingere un quadroper la chiesa della Real Casina della Ficuzza540 in competenza del suo mae-_________________________________

538 Conservatorio fondato nel 1666 dal sacerdote G. Bonfante per accogliere le donne traviate. Ladenominazione fu scelta in onore del cardinale D. Pietro Martines Rubio.539 Ubicato in via dell’Incoronazione, collaterale alla chiesa della Badia Nuova (altrimenti nota comeS. Maria di Monte Oliveto). Edificato, nel 1512, sui resti dell’ex monastero della Badia e del vec-chio Arcivescovado.540 Una recente indagine è stata condotta da Giovanni Fatta - Tiziana Campisi, “La costruzione dellaReal Casina di Ficuzza”, in: Il Barocco e la regione corleonese. Atti della giornata di studio ChiusaSclafani, 5 ottobre 1997. A cura di Antonino G. Marchese; introduzione di Maria Giuffre; premessadi Giuseppe Governali, Palermo, Sao Paulo, Ila Palma, 1999, p. 169-230.

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stro Giuseppe Velasques, laonde verificossi il presagio ch’egli fatto aveadi sé che avrebbe divenuto buon pittore senza di lui. Verso quel tempopoco prima ritornava da Roma Vincenzo Riolo, palermitano che erasi iviperfezionato nell’arte sotto la disciplina dell’insigne dipintore franceseM.r Vicart541.

Del Riolo morto nel 1837 l’epigrafe funebre apposta al suo monumen-to da Agostino Gallo rappresenta le qualità pittoriche nei seguenti versi:

Alla patria pittura esanimitadiè vaghe tinte ombre gagliarde e vita.Il Patania profittò ben tosto dei pregi dei quadri del Riolo e d’allora

divenne miglior coloritore e compositore dandovi maggior risalto di chia-roscuro ai suoi dipinti; talché un bozzetto542 presso il menzionato di Gallofu da tutti i conoscitori giudicato del Riolo, come pure un S. Pietro. Maavendolo osservato il Patania disse sorridendo di essere sua opera giova-nile da non meritare di essere accolta in una galleria e così pure profferìper modestia per una sua Danae presso lo stesso Gallo, sebbene nel voltomostra tal voluttà che meglio non l’avrebbe potuto esprimerla quandodivenne più adulto nell’arte. Così proseguiva egli a dipinger quadri, ritrat-ti nella maniera gagliarda del Riolo, che costituisce il suo secondo stiledopo il primo che sentiva alquanto del Velasques.

Giunse intanto in Palermo M.r Fagan pittore543 e console inglese ilquale espose in sua casa alcuni quadri da lui eseguiti con delicatezza ditinte per mezzo di velature. L’effetto era debole ma grazioso. Il Patanial’adottò ben tosto e dipinse in quel modo Due fanciulle figlie di GiuseppeAlliata principe di Villafranca che si contendevano un piccione tolto alnido della madre, la quale colle ali544 lottava a difendere i suoi nati, com-posizione anacreontica e corregesca lodata in una canzone del predettoAgostino Gallo. Allo stesso modo dipinse Un giovinetto da costui or pos-seduto e due Ritratti delle giovinette figlie della principessa di Paternò.Ma essendosi accorto che col sistema delle velature545 le tinte svanisconoin pochi anni ritornò alla precedente maniera riolesca e già divenuto_________________________________

541 Vedi nota n. 508.542 Seguono cancellate le parole: “che io ne acquistai”.543 Robert Fagan (1761-1816), pittore e console inglese a Palermo dal 1089 al 1816. Durante la per-manenza romana (18 anni) svolge l’attività primaria di pittore e associa quella di collezionista edesperto di opere d’arte.544 Seguono cancellate le parole: “faceva loro”.545 Luigi Grassi – Mario Pepe, Dizionario della critica d’arte, Torino, Einaudi, 1978, v. 2, ad vocem:«pittura condotta con colori molto diluiti, utilizzata sovente sovrapposta ad una superficie già dipin-ta per correggere il tono di un colore, per ottenere particolari effetti».

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padrone dell’arte non più replicava le figure ma le dipingeva alla prima e<a>vevano bellissimo effetto.

Il Patania venne allora in competenza col Riolo, ed essendosi esercita-to senza precedente ammaestramento a dipinger bene il paese fu scelto dalD.r Vincenzo Gagliani ad esprimere col pennello l’origine del ballo inSicilia in una amenissima campagna con una Musa che ritraeva la signoraCampilli famosa ballerina e un altro quadro anche di grazioso argomentoe in contrapposto affidò al Riolo argomenti più gravi per due quadri. Il giu-dizio del pubblico restò dubbio; ma per la grazia di pennellare ebbe piùparteggiani il Patania.

Il paesaggio ch’egli nell’uno e nell’altro introdusse gli diè opinione diessere allora il miglior paesista e il generale Fardella gli commise un qua-dro di una Festa campestre come il barone Battifora la rappresentazionedi un villaggio la dama e il proprietario ed era accolto dai suoi vassallicon offerte di fiori, di frutta e con giuochi festivi, quadro che puossi riguar-dare come un poemetto anacreontico.

Venne indi in competenza col Riolo e coll’abate Giovanni Patricola,già stato allievo del Velasques per alcuni quadri di gran dimensione rela-tivi ai Fasti del re Ruggiero in una delle Gallerie del Real Palazzo diPalermo ed essendosi trasmessi i bozzetti di tutti e tre al marchese Ruffo,direttore del Ministero di Casa Reale in Napoli, costui sul giudizio diquell’Accademia riconobbe preferibile quello del Patania. Quei quadrifurono indi eseguiti a tempra dai tre competitori e per la grazia fu dal pub-blico proclamato il migliore quello del Patania.

Nella luogotenenza di S.A.R. il principe D. Leopoldo Borbone ebbeanche affidato un gran quadro ad olio esprimente Il giardino d’Armida egli amori di lei con Rinaldo. E questo quadro fu certo il migliore che aves-se fin allora dipinto il Patania per la bellezza del volto della maga sedu-cente e del giovine guerriero sedotto per la voluttà del sentimento e perl’incantevole campagna che l’adornava.

Patania si esercitò molto nel dipingere i ritratti, in cui riuscì meravi-gliosamente. Le più belle donne di Palermo e le straniere che qui capita-vano ambivano di avere la propria effigie che sapeva con fina artece<le>brarne i piccoli difetti non tralasciando di riuscir somigliantissimi.La giovane marchesa Merlo fu dipinta in una bella campagna nell’atto disuonar l’arpa. La graziosa signora Medina in attitudine di vagheggiarsiallo specchio. La signora baronessa Concetta Martinez, una delle più belledonne del suo tempo in varii atteggiamenti. Due ritratti fece al principeGiovanni Lanza, uno al naturale vestito da crociato in amena campagna e

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l’altro a mezza figura seduto. E i ritratti ancora della signora Rosalia Vannicome una sibilla e del suo marito cav. D. Gaetano, in cui seppe esprimerequell’aria beffarda e mordace del suo carattere.

Agostino Gallo amicissimo del Patania gli fè eseguire in molti annisuccessivi circa 20 ritratti a mezze figure per la sua collezione degli uomi-ni illustri siciliani antichi e moderni ricavati da genuini originali e daivalentuomini del suo tempo.

E qui è da osservarsi la generosità del pittore che disse al suo amico:conosco che le vostre finanze sono inferiori alla vostra nobile impresa; iomi contento di un prezzo discretissimo per favorir voi e servire alla patria,ai fasti della quale è destinata quella collezione.

Il suo pennello era così rapido riuscendo546 sempre alla prima che in tregiorni il rtitratto era già bello terminato e maestrevolmente dipinto. IlGallo gli chiese allora i ritratti di Velasques, e quello dello stesso Pataniae volendogli dare la pattuita mercede rispose: Non vendo la testa del mioMaestro, né la mia. E così generosamente donò pure i ritratti dello stessoGallo e dei suoi genitori.

Per Gallo dipinse ancora una Venere e Adone che inviato dopo la mortedel pittore all’Esposizione di Firenze del 1861 fu ammirato da tutti. Aveadipinto pure per Gallo la copia della Venere con Amore e il satiro che gliruba la faretra attribuito al Correggio ritraendola da una mediocre incisio-ne migliorandola nel disegno. Dipinse anche prima Un putto che stringeal seno un coniglio, ed una fanciulla, una tortorella ritraendo in questa unasua bella figlia. Dipinse per lui ancora in competenza del Riolo e delVelasques in piccoli quadretti, La Speranza che abbraccia Amore, IlTempo che avverte la Bellezza di esser troppo fugace, mentre i dueAmorini trangosciano nelle […]547 e il bozzetto del Ratto di Proserpina,bellissimo quadro dipinto per il conte D. Corrado Ventimiglia.

Moltissimi paesi di piccola dimensione rappresentanti le vicende del-l’anno e della campagna pel signor D. Angelo Nicolao e quattro altri peril D.r Antonino Samonà al quale e per la sua moglie fece pure i ritratti.

Avea dipinto per la regina Elisabetta di Napoli una Santa Rosalia, qua-dro di piccola grandezza e finito con tutto amore e diligenza che nonessendo stato ulteriormente richiesto fu acquistato da Agostino Gallo.

Il Patania riusciva principalmente nei quadri da cavalletto, nei ritrattie nei paesi; tuttavia fu adoprato in diversi grandi quadri di raro argomen-_________________________________

546 La c. 266 è mal rifilata per cui la parola “riuscendo” scritta al margine inferiore si intuisce appena.547 Illegibile l’ultimo rigo del foglio, in quanto la c. 266 è mal rifilata.

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to per chiese nei quali se si fece ammirare pure è inferiore a sé stesso prin-cipalmente per l’effetto del chiaro scuro, sebbene nella composizione, neldisegno e nel colorito si mostri già maestro nell’arte.

Fra questi gran quadri vuolsi eccettuare però il primo ch’egli dipinseper una chiesa di Randazzo, ove rappresentò l’Adorazione dei Magi alume di notte548 con bel colorito e grande effetto di luce procedente dalBambino Gesù e dalla Vergine, onde sono irradiati con artifiziosa degra-dazione i Re dell’Oriente e la turba che li segue.

Altro quadro per chiesa che per le stesse qualità attirossi la pubblicaammirazione è quello del S. Gaetano che sfama i poveri e scorgesi nellachiesa del titolare delle monache in Monreale, che trionfa al confronto diquello miserabile di Giuseppe Meli e dell’altro migliore di GiovanniPatricola che, a dire dell’egregio pittore Verburt549, sembrano opere didilettanti.

Tra i migliori quadri d’altare è quello della Flagellazione di GesùCristo nella chiesa della Magione a Palermo. La figura del Cristo è nobi-lissima, imponente e di un disegno che tende all’ideale. La composizioneed espressione delle varie figure è mirabile e l’insieme lascia un po’ a desi-derare un effetto più gagliardo.

Non così saprei lodare per la composizione e pel disegnorappresen<ta>nte questo che si offre a Dio Padre e gli angioli che recanoil simbolo della Redenzione e che scorgesi nella chiesa delle monachedella Badia Nuova in Palermo. Meritano lode all’incontro due altri quadrid’altare, quello delle Anime del Purgatorio ove la luce del fuoco è benriflessata sulle figure ignude che spiccano tra le fiamme e un altro di S.Francesco di Paola. È similmente ammirevole il S. Vincenzo Ferreri chepredica e si scorge nella sua chiesa di Carini e quello550 di Gesù Cristo cheguarisce un sordomuto e nel Collegio addetto a quegl’infelici in Palermo.La pittura mostra quasi la sordità e la mutolenza di quel giovinetto che giàcomincia a scioglier la voce e a porgere le orecchie al suono della parola.

È pure bello il S. Nicolò di Bari per una chiesa di Palazzo Adriano. Mapiù che queste opere è da ammirare il quadro551 della Cena di Gesù Cristocoi due discepoli in Emmaus con figure al naturale che dipinse per il_________________________________

548 Il Gallo rielabora la scrittura di Giovanni Paolo Lomazzo, Trattato dell’arte della pittura, scoltu-ra, et architettura, …, diuiso in sette libri. … In Milano, per Paolo Gottardo Pontio, stampatore regio,a instantia di Pietro Tini, 1585, secondo il quale l’adozione del pittore del lume “naturale”, quellonotturno, indebolendosi, sembra «quasi spento».549 Probabilmente Franz Vervloet, pittore, nato a Mechelen nel 1795 e morto a Venezia nel 1872.550 Seguono cancellate le parole: “della Vergine a cui si raccomanda devotamente”.551 Seguono cancellate le parole: “di mezzana grandezza”.

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Refettorio del Seminario dei PP. Benedettini in Monreale, ove552 è divinoper bellezza il volto di Cristo, florido il colorito e insuperabile l’espressio-ne del riconoscimento.

Per il consigliere Cafisi di Favara dipinse con figure di circa due palmicon somma cura e diligenza L’Ambasceria dei Siciliani al re Giacomod’Aragona, chiedendogli di lasciar libera e indipendente al suo fratelloFederico la Sicilia essendo a quello spettata per eredità l’Aragona. Il reaccoglie di mal animo la domanda e fa scrivere al suo Segretario di Statola negativa mentre gli ambasciatori accorati ne ascoltano il divieto. In que-sto quadro dipinse, tra essi, i volti dei suoi amici Gallo e Cutelli.

Due ritratti del Patania, uno di Giorgio Matranga e l’altro della duches-sa di Brolo furono recati in Roma, meritarono gli encomî del famoso pit-tore Camuccini, e un altro Ritratto di una signora americana condotto aNuova Iorch [!] a mezzo all’Esposizione fé ottennere al pittore l’onor disocio di quella Accademia di Belle arti e gli avrebbe attirato il premiocome accennò il segretario se fosse stato esposto a quest’oggetto e d’ordi-ne del pittore.

Patania valeva sopra tutto pel talento mirabile dell’invenzione, compo-sizione ed espressione. Egli con incredibile prontezza letto o ricevuto iltema sia sacro sia profano o mitologico, ne improvvisava a penna glischizzi, lavoro che ordinariamente, come diceva, per suo sollazzo esegui-va la sera spesso alla presenza de’ suoi amici e in poche ore era ogni sog-getto recato a compimento. Tra le sue carte si trovarono da circa cinque-cento schizzi di composizione riguardanti la storia di Sicilia antica emoderna, fra i quali quelli delle rivoluzioni del 1820-48 acquistati in partedal sig. Agostino Gallo. E qui è da osservare che circa 60 schizzi di argo-menti siciliani, essendogli stati rubati da un suo scolare, egli freddamentedisse al Gallo che n’era dolente: Ebbene li rifarò migliori, avendo più pro-gredito nell’arte. E li rifece, in effetti, in pochi mesi con nuova composi-zione e migliori. Tra i primi schizzi eravi la serie di quelli che rappresen-tavano le varie vicende del bel romanzo francese di Fenelon, Il Telemaco.Questi disegni a penna in mezzo foglio di carta comune furono donati alsuo figliastro Giuseppe Bucalo e Patania che, recatosi a Parigi li mostrò alsommo amatore intelligente, signor Antonio Descamps553. Costui in unarticolo pubblicato in un giornale di Belle Arti di Parigi del 1846 scrissedel Patania paragonandone la felice invenzione con i migliori pittori allo-_________________________________

552 Seguono cancellate le parole: “gareggiano in bellezza”.553 Antonio Descamps, pittore ritrattista, operante nel XIX secolo.

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ra viventi nel modo che segue554 qui tradotto dal francese: “Mi è cadutasotto gli occhi una collezione di disegni sul Telemaco, lavoro del signorGiuseppe Patania da Palermo.

Al certo se vi ha cosa che possa farci riconciliare con gli artisti italianidi quest’epoca sono appunto questi superbi studj, dai quali esala quasi unprofumo della terra di Grecia. Tutta l’antichità pagana coi suoi simbolimeravigliosi e la sua brillante mitologia è evocata innanzi allo spettatore.

Tutti questi disegni fatti a penna, sembrerebbero eseguiti al tempo deifalsi dei, se non si sentisse, per dir così, il sangue moderno siciliano circo-lare in queste figure antiche. Ciò avviene perché in effetto la Sicilia un dìabitata dai Greci rappresenta anche oggi tutti i modelli classici, e tutte leattitudini naturali che tanto piacciono al pittore ed allo statuario.

Quindi il distinto artista di cui parliamo, è bene avvisato di ritrarre cosìper analogia la Grecia antica, soltanto osservando i suoi compatriotti diPalermo. Il signor Patania distinguesi soprattutto nel saper rappresentarel’attenzione e la varietà delle attitudini. Non vi ha nulla di più poetico e altempo stesso più vero delle Ninfe vedute sdrajate intorno a Calipso. Le bat-taglie son trattate con mano maestra in quest’opera, e fa meraviglia comela stessa matita abbia ritratto così bene delle cose tanto diverse la grazia ela forza. Ciò avviene perché bisogna esser forte per esser grazioso.

I disegni di cui parliamo sono 40 e non s’incontra ripetizione in que-sta lunga serie di soggetti, ove gli stessi personaggi ritornano soventeinnanzi ai nostri occhi. Coloro che hanno ben presente allo spirito le operedi Haxaman555 e di Auerberch556 potranno farsi un’idea della maniera del-l’artista italiano.

Il Sig.r Patania, ch’è dotato di una gran memoria, ha eseguito questilavori in Palermo, senza quasi sortir mai dalla sua camera.

Travagliando tutto il giorno ed in gran parte della sera, egli ci presen-ta una di quelle imagini di pittori che non si vedono mai in prospetto per-ché sono piegati sopra le loro opere. Felice privilegio di un arte che com-prende al tempo stesso l’invenzione ideale e l’esecuzione materiale, e chepermette così di travagliar quasi sempre. La testa si riposa e la mano tut-tavia agisce, che va colla mente e col corpo dimora, secondo l’espressio-ne di Dante._________________________________

554 Seguono cancellate le parole: “da noi”.555 Eugène Haussamann (Parigi 1809-1891), urbanista francese, noto per la sua pianificazione con-servativa.556 Friedrich Overbeck (1799-1869), pittore tedesco orientato prevalentemente allo studio delle operemedievali italiane di carattere religioso. Nel 1810 fonda a Roma il gruppo dei Nazareni.

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Questi belli disegni sono stati affidati alla pietà filiale di uno de’figliuoli dell’autore che coltiva a Parigi l’arte della pittura con un ardoretutta siciliana e con il gusto di un artista riflessivo e studioso.”

Antonio Deschamps

E questo stesso francese illustre conoscitore pagò un altro tributo diomaggio al Patania nel giornale dell’Illustrazione con un articolo necrolo-gico riproducendone il ritratto da quello che recato avea in Sicilia il di luifigliastro.

Altronde se il Patania fu ammirato per i suoi schizzi in Parigi non loera stato meno da monsieur Chateaubriand per il bel Ritratto di MariaAmalia regina dei Francesi che le fu dipinto quando il duca d’Orleans lasposò a Palermo.

Il Patania puossi dire onnigeno pittore. Nella sua giovinezza dipinseanche a miniatura. Indi ad olio, a tempra, a fresco, e quadri557 di figure, dianimali, e di paesi. Sono commendati di lui una piccola tela di fiori cheinvitano ad odorarsi, altro di frutta, altro di pesci, un quarto di uccellameche seducono la gola e son posseduti dal marchese Merlo. Tentò anche conbuon successo di pingere a pastello.

Il Patania fu d’indole buona e virtuosa. Amava i suoi allievi558 di cui sivide nella sua lunga vita affollato e ad essi era generoso anche di soccor-si quando eran poveri come lo fu a varî artisti mancanti di lavoro neltempo delle due rivoluzioni. A tutti essi apprestava disegni gratuitamente.

Nell’ultimo periodo della sua vita per l’inesprimibile facilità di pen-nello affrettava559 i suoi lavori dipingendo alla prima e siccome era malsa-no in salute per una giovanile infermità così credea di dover provvederealla vecchiaja che lo potesse rendere inabile con far presto a guadagnardenaro. Difatti nonostante un furto commissionatogli di circa 1200 duca-ti, lasciò alla sua morte agli eredi circa D.ti 18mila ducati.

L’ultima sua malattia fu di poche ore. La sera precedente al giorno 23febbraro 1852 aveva fatto lo schizzo a penna della Presa di Cristo all’Ortomancante soltanto d’una figura accessoria e nel giorno terminato quasi ilRitratto della signora Piraino, meno che le mani. La notte fu assalito daforte dolore alle viscere e indi al petto, ove per il freddo dei gioni prece-denti tutto l’aere erpetico che gli era disperso dal braccio sinistro s’era tra-sfuso. Il giorno appresso alle 2 p.m. non era più._________________________________

557 Seguono cancellate le parole: “di vario genere, cioè di storia”.558 Seguono cancellate le parole: “e l’educava”.559 Seguono cancellate le parole: “forse di troppo”.

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Conservò fino all’ultimo istante la favella e l’uso dell’intelletto e chie-sto da Gallo se lo riconoscesse, gli disse: Oh, non conosco il mio amico diquarant’anni.

Costui il confortava e insinuavagli a ricevere i sacramenti. Volentieri,rispose, essendo io buon cristiano, non avendo rimorsi se Dio vuol conce-dermi l’acetto, se à disposto che io muoja ne son contento. Così spirò ilgiorno 23 febbraro 1852 placidamente in Dio e fu accompagnato al sepol-cro da una immensa turba di artisti e di amici.

Notizie della vita pittorica del sig. D. Giuseppe Patania560

Nato nel 1780 a 19 gennaio sul Bastione dello Spasimo, ed in questoluogo561 ove si formano i modelli di figure, e di adorni, che dovevano ser-vire al Carro di Santa Ros<al>ia, il ragazzo Patania si sentiva spinto natu-ralmente a modellare, e disegnare.

Dall’età di anni sette una sua zia, che aveva conoscenza con un modellato-re di figure di desar562, lo collocò a scolare presso di questo, ove passò due annisenza che il maestro gli avesse dato delle nozioni, motivo per cui l’istesso mae-stro, facendosi scrupolo suggerì ai parenti del ragazzo di collocarlo altrove.

Il ragazzo Patania levato da questo maestro fu messo nuovamente allascuola, ed in questo tempo sua nonna, con cui dimorava fu chiesta se pro-seguiva col suddetto maestro, e quella riferendogli il passato, questi lesuggerì di collocarlo in scuola di pittura, e da quel momento andò a stu-diare presso Velasques, e dopo cinque anni circa, che il ragazzo avea stu-diato ivi, Patania chiese al suo maestro di voler copiare un’accademiadipinta perché tutti gli altri scolari di minore abilità copiavano siffatti studjdipinti; a questa inchiesta il maestro Velasques lo minacciò colla bacchet-ta. Da questo momento il ragazzo Patania mortificato di siffatto affronto,determinò di andarsene dal suo maestro, e così praticò.563

Di allora in poi Patania sempre è rimasto solo senza altro maestro,senonché pigliando dei lumi, discorrendo col sig. D. Vincenzo Riolo,_________________________________

560 Al margine sinistro grafia diversa da quella del Gallo: “inutile, essendo stato il contenuto trascrit-to nell’altro più lungo e distinto cartolare”.561 Seguono cancellate le parole: “il ragazzo Patania si sentiva spinto a modellare, a disegnare leopere che si facevano per le feste”.562 “Dessert”. Cfr. Leonardo Vigo, “Giuseppe Patania”. In: Il vapore. Giornale istruttivo e dilettevo-le, a. III, v. III, n. 2 (20 gennajo 1836), p. 13.563 Seguono cancellate le parole: “Per tutte queste circostanze Patania si determinò”.

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che era venuto da Roma, ed allettato di quello nuovo stile procuravaimitarlo; in quest’epoca il Patania si esercitava nel dipingere cartelloniper la compagnia comica, dei soldati, masnadieri, turchi, ed altre figu-re per i maestri di fuochi artificiali. In questo tempo cominciarono aconoscierlo gli ornamentisti, e lo impiegarono a dipingere nelle voltedelle camere dei bassirilievi, delle figure colorite, nel grande artifizio difuoco di S.a Rosalia, e così conoscendolo il pittore scenografico lovolle a dipingere nelle scene, molto più quando si trattava di figure,paese, e fabriche rustiche; in questi lavori consumò sei anni, doveacquistò facilità di lavorare. Per mezzo degli ornamentisti Navarra feceil primo quadretto a secco in una volta della casa del presidente di SanGiuseppe, dopo per l’istessi le furono allegati varj lavori nella casa delconte Capace, che dopo aver terminato la prima stanza diede mano allagalleria nella quale si migliorò di molto, quando non avea che fare inquesti sudetti lavori dipingea varj quadretti a oglio dando ad un vendi-tore di quadri il quale portava dal Distefano delettantissimo, e le com-prava per quadri dipinti da pittore forestiere, che poi sapendo che eranodipinti dal Patania lo commissionava di varii quadretti. 31 anno [!]addietro fu adibito per andare a dipingere una casa, per la parte dellefigure564 in Minorea nella città di Maone dove stette un anno, e dopoandò in Napoli dove stied<e> meno di un mese, e se non era per le ver-tigine politiche andava a vedere Roma, tornò in patria, e dopo variilavori che fece fu colpito dalla malattia che lo afflisse per un anno, emezzo.

Ristabilito cominciò nuovamente a lavorare dei molti quadri, molti perchiese di provincia, come pure varii quadri per volte per case di Palermo,ritratti, e quadretti pure per Palermo.

Ornatissimo signor ZerecaCosì alla meglio che ho potuto vi servii, anzi accausa [!] ch’io no [!]

sto bene in salute l’avevo fatto cominciare da un mio amico, e siccome ildetto dovea andarsene di premura, mi sforzai di io continuarlo, e feciquanto legerete.

Devo ringraziarvi anticipatamente del favore che mi farete nello scri-vere la mia biografia, ma d’altro lato mi dispiace di vedere scatenata la cri-tica, e l’invidia, giaché io non mi credo meritevole di tante cose, che perme si fanno._________________________________

564 Seguono cancellate le parole: “in Porto”.

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Conservatemi la vostra amicizia, e tornandovi a ringraziarvi mi do ilbene di dirvi

Palermo 18 gennaio 1836Um.o Servo ed Amico

Giuseppe Patania

Eccellenza

Il cav. Giuseppe Patania da Palermo pittore, ed uno de’ componenti laCommessione di Antichità e Belle Arti, rispettosamente espone all’E.V.quanto segue:565

Fu stabilito dalla detta Commessione di doversi rifare interamente ilquadro a mosaico dell’Immacolta Concezione devastato dall’incendioavvenuto nella chiesa di S. Francesco in Palermo, per cui è indispensabi-le che sia dipinto ad olio che servir deve di modello allo stesso.

Or l’esponente è venuto in cognizione che si voglia farlo dipingere daqualche abile artista italiano. Se vivesse il Camancini [!], o il Benvenuti,pittori di fama europea, il commetterne ad uno di essi l’incarico sarebbeplausibile risoluzione, quantunque non lusinghevole pel decoro dell’artesiciliana, ma poicché l’Italia li ha perduto, e la Sicilia mercè il genio delVelasques e del Riolo morti da alquanti anni, ha già una buona scuola dipittura l’affidare il quadro ad un artista italiano, tornerebbe adesso a diso-nore della nostra natione e a discapito dell’opinione degli artisti siciliani.

L’esponente già allievo del Velasques è il più anziano tra costoro.Spiace566gli in quest’occasione di dover parlar di sé e riferir fatti che sem-brar potrebbero jattanze567 ma è per d’uopo rammentarli568. Qual che egli,sia si è acquistato in patria e fuori il benigno compatimento del pubblicosin d’allora che eseguì il Ritratto di Maria Amalia indi regina de’ Francesiche fu569 rammentato con onore dal celebre monsieur Chateaubriand.

Una sua opera capitata in America fu sì ben ricevuta da attirargli la ele-zione a socio onorario dell’Accademia di Nuova Yorc [!], e due altre inRoma furon lodate da un Camuccini. Ha avuto anche l’onore essere570 ado-

_________________________________

565 Segue cancellata la parola: “Essendosi”.566 Seguono cancellate le parole: “all’esponente di essere spiato della necessità a dover”.567 Seguono cancellate le parole: “ed essere ascritti alla doverosa modestia”.568 Seguono cancellate le parole: “per sostenere di mostrare che gode l’opinione del pubblico”.569 Segue cancellata la parola: “lodato”.570 Seguono cancellate le parole: “scelto a pittore di corte dalla nostra R.”.

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prato insieme col Velasques e col Riolo dal re Ferdinando I, Francesco edall’attuale sovrano, per cui ottenne l’Ordine cavalleresco571 di Francesco I.Per572 tali riguardi, e per quello di avere anche573 dipinti i bassi rilievi pe’funerali di Ferdinando I fatti eseguire dal Senato palermitano, il qualedovrà a proprie spese far eseguire574 pel quadro di cui si tratta, e per essereanche uno de’ componenti la Commissione di Antichità e Belle Arti, credel’esponente di dovere essere agli altri ottimi artisti siciliani, preferito.

E ciò spera della benignità e giustizia dell’E.V.

Patania

Nel 1845 o poco prima o dopo il Patania ricercava575 nelle sue cartiere glischizzi a penna ch’egli delineato avea ricavandone i soggetti dall’Iliade diOmero e dall’istoria di Sicilia e non li rinvenne in quella ov’erano stati da luicollocati, e dopo di essersi diffaticato invano restò convinto d’essergli statirubari. Non eran questi oggetti di poco conto, si perché studiati, ed eseguiticon tutto il foco dell’immaginazione della sua mente576 per l’addietro più fer-vida, e vigorosa per l’età, sì perché condotti a penna con tutta diligenza, sì per-ché al numero di circa 60 carte di un mezzo foglio di carta doppia. Pure pla-cidamente mi disse: se mi resta ancor577 vita li rifarrò forse migliori nelle sereinvernali come pel passato. Però cadutogli in sospetto per fondati argomentid’essergli stati sottratti da un suo prediletto scolare che spesso li svolgeva ech’erasi da lui allontanato, non tralasciò d’interporre la Polizia per ricuperar-li; ma divulgatosi il caso tornaron vane le ricerche. Egli si diè subito a ripro-durre i principali soggetti, e fornito com’è di memoria mi faceva osservare diaver alcuni migliorato nelle attitudini delle figure e nella composizione, e a meparea per quanto avessi potuto ricordarmi degli antici [!] che ciò era vero mache578 sebbene più regolari, alcuno perduto avea di fuoco, e di vivacità.

Gli dissi una volta, essendo a solo con lui, che il579 suo maestro GiuseppeVelasques era stato da lui superato nella grazia delle teste femminili, ma che_________________________________

571 Seguono cancellate le parole: “del secondo”.572 Segue cancellata la parola: “siffatti”.573 Seguono cancellate le parole: “fatto lavori”.574 Seguono cancellate le parole: “il nuovo”.575 Seguono cancellate le parole: “fra’ suoi”.576 Segue cancellata la parola: “allor”.577 Segue cancellata la parola: “tempo”.578 Seguono cancellate le parole: “con la maggior regolarità”.579 Seguono cancellate le parole: “di lui”.

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all’incontro gli fosse superiore nelle teste senili, e principalmente di grancarattere. Egli lodò moltissimo quest’ultimi, e l’eleganza e correzione deldisegno in tutte le sue opere, ma si tacque sul riguardo del paragone.

Dopo circa un mese mi fé osservare in mezzi fogli di carta doppia varieteste senili e di gran carattere condotte a sfumo di tutto finimento, collequali intendeva rappresentare altissimi personaggi dell’antichità comeAchille, Aiace, Ettore e simili secondo ci sono stati annunziati dall’istoriaper le rispettive passioni di cui per vero portavano in volto le caratteristi-che ne’ suoi disegni. Questa collezione variata indi per sesso, età, e nazio-ni, e caratteri fu da lui condotta sino ad un numero di circa 50.

1846. Mi aveva egli una volta confidato di aver cumulato da circa onzeottocento co’ suoi onorati lavori, e di ritenerli per sussidio della sua vecchiaianel caso che per incomodi in salute non potesse più ritrarre la giornaliera sus-sistenza dall’arte sua. Io gli feci osservare che essendo egli solo in casa (giac-ché era morta sua moglie) quel denaro era mal sicuro, e che avrebbe potutoprocacciargli qualche sciagura, e gli consigliavo di depositarlo in banco, odimpiegarlo in frutti onesti. Mi rispose che si sarebbe più tosto a questo secon-do partito; ma che in tanto dubitava per alcuni indizj che tutto o parte gli fossestato rubato. Certificatevene, gli riposi io e tosto. Al che replicò: non l’ho fattofinora sul dubbio di potermi esser fatale alla salute la certezza. La sera seguen-te alla presenza di altro suo amico confidente, il sig. Ferdinando Melazzo siriprodusse da lui quel suo dubbio funesto ed entrambi il consigliammo a darsianimo e a verificarlo. Ci mostrò allora due scanzie di libri, una delle quali ciannunziò di aver trovata aperta, si schiusero la porta, si sgombrarono i volu-mi, e si rinvennero tre o quattro saccetti [!] di meno della serie di quelli che infila eran dietro collocati. Rispose egli tardamente: meno male che non mihanno rubbato [!] che da circa onze 300 in questa scanzia. Vediamo l’altraopposta. Si tolsero il libri della scaffa di mezzo da lui indicato [!], e non si tro-varono sacchi. Egli disse freddamente: ma questo è troppo, pigliarsi poi tutto.Vediamo, soggiunsi io, se trovansi nella scanzia superiore. Si fece ricerca, e sitrovarono i sacchi in fila. Meno male, sclamò il Patania, mi hanno lascaitoquesti, e gli altri, il ladro è stato discreto.

I sospetti cadevano sopra una sua cameriera ch’erasi allontanata inpochi mesi dal suo servizio, e cambiata nuova fortuna. Di fatti fattale dallaPolizia visita domiciliare la trovò bene agitata, e le sorprese un cinto checon moneta d’oro, che in parte era quella che mancava al Patania. Fu postaagli arresti. Nulla confessò, la prova secondo la legge non era sufficiente,dopo qualche mese fu posta in libertà, Patania perdette da circa onze 300e conservò la sua tranquillità d’animo e il suo buon umore.

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Patania

Giuseppe Patania dopo pochi mesi di esercizio di disegno sotto GiuseppeVelasques desideroso di copiare a olio un di lui bozzetto fu minacciato dalmaesto come presuntuoso di colpi di bacchetta; ond’egli piccatosi allontanas-si dal suo studio, e cominciò a dipingere da sé. E siccome conosceva eglialcuni pittori del Teatro di S.ta Cecilia580 si offrì a dipinger loro i cartelloni chesi581 mettevano in vista del pubblico per582 raffigurare il punto principale del-l’azione drammatica che si doveva rappresentare. Questo genere di pittura aguazzo sopra carta richiede la maggior possibile rapidità di pennello, prontae viva imaginazione per rappresentare con tono il soggetto, e un grand’effet-to nell’esecuzione per vie meglio colpire i riguardanti e adescarli al teatro.Nello spazio di metà del giorno il cartellone doveva esser terminato, e affis-so al pubblico. Sovente l’azione era composta di tre quattro o sei figure concampi a paese, a stanza, a tempio, etc. Era insomma l’accingersi a questogenere un’improvvisata pittorica. Non studj, non ischizzi preventivi. IlPatania disegnava e coloriva alla prima la sua rappresentazione espostagli avoce, o brevemente in iscritto dal poeta direttor del teatro. In questo violentosforzo del suo genio, il giovinetto pittore mostrossi prodigioso. È stato riferi-to da testimonio degno di fede che il celebre cavaliere Tommaso Puccini,direttore dell’Imperiale e Regia Pinacoteca di Firenze, soffermatosi una voltaa riguardare uno di quei cartelloni volle sapere il nome dell’artista e venutoin cognizione ch’era giovinetto, disse: costui riuscirà un gran pittore. E comeegli guardando le opere del Riolo sin d’allora provetto nell’arte, in che erasiperfezionato in Roma sotto il Vicari, si era dato ad imitare il vivace coloritouna volta fu creduto da un conoscitore che uno di quei cartelloni fosse dipin-to dal Riolo, e gliene fece le sue congratulazioni. Di che questi si offese,rispondendogli bruscamente: io non pingo cartelloni, rivolgetevi a Patania.Egli bensì sin dall’ora presagì di aver in costui un emulo del quale un giornosarebbe stato oscurato. Nulla di manco in un momento di espansione di cuoredisse a me: io invidio a Patania il modo di sfilare e ondeggiare i capelli, e labarba, la grazia delle bocche, e quell’umido che traspare negli occhi delle suefigure. Molte volte furono messi in competenza, fra le altre quando dipinseoinsieme i gran bassi rilievi in chiaro-scuro pe’ funerali fatti nella Cattedraledi Palermo al re Ferdinando I dal Senato di Palermo. Toccò a Patania di effi-giare in molte figure l’incontro di quel sovrano negli Elisi con Carlo 3°, e gli_________________________________

580 Ubicato nell’omonima piazza. Cfr. Antonella Mazzamuto, Teatri di Sicilia, cit., p. 83.581 Segue cancellata la parola: “presentavano”.582 Seguono cancellate le parole: “per mostrare dell’”.

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altri suoi maggiori secondo il tema da me datogli. In questo lavoro portossiegregiamente talché recatasi la tela dipinta per attaccarsi al mausoleo insie-me con quella di Riolo, tutti corsero ad ammirare l’opera del Patania permodo che l’altro accortosi della poca attenzione che facevasi alla sua, la tolsevia di mezzo per allora onde sfuggir il paragone. Il Senato poi spinto dallelodi del pubblico la volle conservare nel Palazzo della città, e retribuì al pit-tore onze 10 di più della somma convenuta. Questa tela fu destrutta dopomolti anni nell’occorrenza de’ ripari fatti in quel Palazzo. Similmente venneil Patania in concorrenza col Riolo e col Patricolo nel Regio Palazzo diPalermo, ove nella volta della gran galleria fu destinato a ciascuno di essi ungran quadro furono da tutti e tre gli artisti inviati pria i bozzetti in Napoli almarchese D. Giuseppe Ruffo direttore della Real Segreteria di Casa Reale.Costui mostrogli a’ migliori artisti di quella città, e agli stranieri che vi si tro-vavano e secondo egli mi disse fu giudicato infinitamente miglore quello diPatania, e così in effetto riuscì il quadro. Quel bozzetto il conservava eglinelle sue stanze come lavoro prezioso. S.A.R. il principe D. LeopoldoBorbone nel tempo della sua luogotenenza in Sicilia gli avea commesso unagran tela rappresentante Armida e Rinaldo voluttuosamente abbracciati. Diquesto quadro egli era sì pienamente soddisfatto che recatolo in Napoli edessendosi bruciato con altri oggetti del suo appartamento, mi disse nel 1843che principalmente dolendogli della perdita di quell’opera egregia. Al che iorisposi: Altezza, Patania è vivo, potrebbe averla adesso, anche migliore, poi-ché egli sempre più progredisce nell’arte. E bene, replicò, dopo che sarà ras-setato il mio palazzo penserò a’ quadri.

Il Patania dicevami un giorno, ch’ora dava trasparenza, e dolcezza agliscuri de’ suoi quadri, mischiando al nero l’oltremare e che ciò gli era statosuggerito da un buon paesista romano.

Patania

Giuseppe Patania da Palermo ritrasse [della pit]tura il genio dell’artepittorica, e ne [trattò] bene tutti i generi. Cominciò da ragazzo a dipingera guazzo583 cartelloni da teatro, e fé t[utti] presagire, comecché fosse scor-_________________________________

583 Tecnica pittorica realizzata mediante colori stemperati con colla e gomma diluiti in acqua, comeafferma Filippo Baldinucci, Vocabolario toscano dell’arte del disegno nel quale si esplicano i pro-pri termini e voci, non solo della pittura, scultura, & architettura; ma ancora di altre arti a quellesubordinate, e che abbiano per fondamento il disegno ... In Firenze, per Santi Franchi al segno dellaPassione, 1681. Spesso si identifica con la pittura a tempera.

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retto nel disegno, con l’originalità della invenzione, con le gagliardemovenze, e adatta attitudini e l’espressione, e al franco maneggio del pen-nello co’ colori sciolti in acqua, e colla che sarebbe divenuto un grandeartista. Servì indi di ajuto agli ornamentisti di storie nelle figure dipinte acalce, e vi riuscì. Tentò allo stesso tempo dipingendo a olio d’imitare l’an-tico e ingannò spesso con le sue tele il signor Giambattista di Stefanosaputo il miglior conoscitor de’ suoi tempi, il quale convinto poscia del-l’inganno diessi generosamente a proteggere chi lo aveva illuso co’ quadriche gli aveva venduto e gliene commesse degli altri.

Vide in seguito alcuni paesi del Pequignon584

posseduti dal principe diBelmonte, e ricavando de’ bei punti campestri da’ dintorni di Palermo dipin-se in quel genere con tal verità e grazia di colori, sp[…]deggiando gli altri,e smaltando di verzura e di fiori il terreno con tal bravura, che fu dettodagl’intendenti che il suo genere favorito era il paese. E questa opinioneconservò molti anni essendo riputato di molto superiore non che a Velasquesche poco vi si era esercitato, ma a Riolo che con lui spesso gareggiò.

Non avea mai dipinto a fresco finallora e volle farne esperimento nelrefettorio del Seminario dei Chierici in Palermo e vi riuscì nella Cena diEmmaus. Non avea neppure dipinto a miniatura e tuttavia con molta gra-zia, e do[…] il ritratto d’un fanciullo, e una donna ignuda strajata, dipintasopra carta ch’io possiedo ed è bellissimo tuttoché non finita.

Gli giungeva nuovo il gener di fiori, frutta, uccelli, e pesci e ne dipin-se quattro quadri sul vero, per il marchese Merlo, indi per l’avvocatoFranco che parvero meravigliosi.

Non conoscea il metodo di dipingerer a secco sul muro, e condusse in talguisa con felice successo tre gran quadri nella volta della galleria del palaz-zo del principe di Belmonte in Palermo ora posseduto dal barone Riso, e indii piccoli quadri in quella del duca di Serradifalco; anzi da sé per la miglioreunione delle mezzetinte co’ chiari, e gli oscuri di tratteggiarli a traverso conuna tinta più calda generale che avesse ad unirli e dargli maggiore armonia.

Si era intanto molto esercitato con quadri ad olio d’istoria e, all’occasionedipingeva anche ad olio il ritratto, e fu osservato che nessun altro de’ pittori pro-vetti sapea colpir si bene la somiglianza all’originale, e condurlo con franchez-za e armonia e gusto di colori. Fu detto allora quel [che] si disse per la sua bra-vura nel paese. E diffuse la fama ch’egli era il miglior ritrattista; giacché quel-li di Riolo mancavano spesso nella somiglianza dipinse migliaia di ritratti. Tutte_________________________________

584 Jean Pierre Pequinot, paesaggista e pittore di genere, nato a Beaume-les-Dames (Doubs) nel 1765,morto a Napoli nel 1807.

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le belle donne domandavano il proprio ritratto a Patania, che sapea con gran-d’arte conservar loro la bellezza, e coprire a molte le ingiurie degli anni.

Dotato di felice immaginazione, e ritentiva tanto talvolta pel bisognodi far ritratti a memoria. Un suo amico gli richiese quello d’una sua aman-te. La vide tre volte, e ne impresse l’immagine sulla tela senza la di lei pre-senza. Similmente pel padre del barone di Stefano che negossi al figlio diprestarsi ad esser ritratto sul pregiudizio di mal augurio di vicina morte.Del pari pel ritratto dell’abate Filingeri suo amico che morto improvvisa-mente volle averne per sé l’imagine.

Per quello di mia madre gli bastarono poche linee che ne trasse il DiGiovanni per darmene il ritratto a olio somigliantissimo, e quanto il vero.

Agostino Gallo

Riverit. P. Arciprete

Dal Padre D. Francesco Tresca per una sua lettera intesi che passata lavernice al quadro di S. Rosalia fino alle ore 20 fa buono effetto, ma scor-si diviene tutto lucido. Io a ciò fo’ riflettere a V.R.a che questa lucidezzaproviene dal cambiamento della luce, poiché è solito che fino ad una certaora il quadro riflette tutta la sua bontà, ma poscia va cambiando come vaa tramontare il sole. La vernice si passa per la conservazione della pitturaallorquando si trova disseccata come fanno tutti, ed hanno fatto tutti i pit-tori del mondo, e sulle prime, cioè quando è stata passata per lo più fà l’ef-fetto di luccicare, ma scorso alquanto tempo questo lucido si và a mitiga-re, ed il quadro ritorna ad esser più bello di prima. Vi posso ancora som-mettere che io ho spedito questa vernice585 per far figurare la mia opera,contentandomi anche del dispendio, e ciò pel buon’essere del quadro.

Mi auguro che di ciò mi restiate convinto non solo voi, ma tutte quel-le persone che sono persuasi così malamente, a cui vi prego di comunica-re le ragioni sopra esposte, ed ossequiandovi mi dico.586

Riveritis.o S.r Arciprete

Per una lettera del signor D. Francesco Tresca intesi che passata la ver-rnice al quadro di S. Rosalia fà sino alle ore 20 buono effetto, ma dopodiviene tutto lucido; io vi posso dire che è una coglioneria di ritenere ciò,_________________________________

585 Seguono cancellate le parole: “piuttosto per riportarne il quadro”.586 Nota a matita di mano di A. Gallo: “Bozza di lettera del pittore Giuseppe Patania al p. arcipretedi Montevago”.

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mentre è solito che girando il sole produrre tale effetto, e precisamentequando il sole guarda direttamente il quadro, quindi serenatevi una volta,e per sempre, e non stiate a credere tante chiachere, e mi auguro che nerestiate convinto non solo voi stesso, ma pure tutto il Comune.

Vi ossequio, rispettando tuttoi gli amici, sono

Palermo 16 aprile 1847Di VoiS.r Arciprete diMontevago

Vostro Servo

Elenco delle opere eseguite dal cav. Giuseppe Patania

Quadri presso il principe di S. Giuseppe.Altri nelle volte della casadel conte Capaci.Volta nella casa del magistrato Atanasio.

Nell’anno 1811

Un leone giacente, dipinto ad olio per insegna della bottega di d.Giovanni Lenzitti.

Un quadro ad olio denotante S. Antonio Abbate, per la chiesa di S.Biagio vicino porta di S. Agata.

Un picciolo quadro per la volta dell’istessa chiesa.Quadri a tempra rappresentanti i Miracoli del Beato Tommasi, fatti per

la beatificazione del medesimo.

Opere eseguite dal cav. Giuseppe PataniaRitratti

Merlo – Melazzo - Cutò - Montevago - Campobello – Castrofilippo –Montalto – Butera – Perricone – Medina.

Ritratto del Borrelli e di Epicarmo per D. Agostino Gallo.Sopraporte da Castrofilippo Adone, e Venere nella volta, ivi.

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Quadri ad olio per chiesa

S. Spiridione, e S. Filippo Neri per la Piana dei Greci.Battesimo di Gesù Cristo e Gesù Cristo coi discepoli in Emmaus, qua-

dro a tempera per la chiesa dei Greci in Palermo.La fucina di Vulcano pel barone Catania di Mistretta.Quadro picciolo denotante Leda con due suoi figli Castore, e Polluce

per il signor Guglielmo Bechi da Napoli.Quadretto di Fiori per lo stesso.Giove e Leda, e Giove e Danae per lo architetto Raineri.Il Salvadore per Padre Sgarlata.La Beata Vergine della Purità per Padre Giglio.La Beata Vergine col Bambino e S. Giovanni per D. Giuseppe Cantoni.La Beata Vergine col Bambino pel Padre Palermo di Alcamo.Tre poeti per l’inglese M.r Grimsham [!].La morte di Saffo colla veduta del promontorio Leucadio per Padre

Palermo di Alcamo.Gesù Cristo crocifisso, S. Francesco e S. Chiara, quadro grande per S.

Stefano di Camastra.Ritratto al vero del giureconsulto D. Antonino Torretta.Gesù Cristo, la Beata Vergine e S. Giovanni Evangelista nella volta

della parrocchia dei Greci a PalermoRitratto di monsignor Chiarchiara vescovo greco.Altro del prete greco Ferrara.Altro del Padre Giglio Paulotto.Altro del prete Vico.Angelica che medica la piaga a Medoro per Fagiani, ligatore di libri.Atala spirante in braccio al suo amante, per lo stesso.Questo quadro alla morte del Fagiani fu riacquistato dal Patania.La nascita di Gesù Cristo per lo stesso Fagiani.Il riposo in Egitto.Un paese.Il ritratto del menzionato Fagiani.Ritratto del dottor Don Salesio Emmanuele.Detto della baronessa Martines.Detto del barone Martines.Altro del marchese Drago.Altro del canonico Cirino.Altro dell’inglese mister Grimsham [!].

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200

Altro del cav. Lucchesi col flautoRitratto di S.M. Ferdinando II all’impiedi pel Monte.Detto per il Lotto a mezza figura.Idem per l’Università di Palermo.Altro per la Direzione dei Ponti, e Strade.Detto di S.A.R. D. Leopoldo.Ritratto di [Tommaso] Gargallo per Gallo.Ritratto di [Vincenzo] Bellini per Gallo.Detto per Santocanale.Detto per Catania.Detto per [Tommaso] Aloisio [Juvara] di Messina.

Elenco delle opere pittoriche eseguiteda Giuseppe Patania nell’anno 1832

Ritratto di Gian Alfonso Borrelli.Altro del dottor D. Salesio Emmanuele.Altro del barone Martines.Altro dell’inglese Grimsham [!].Altro in mezza figura del cav.e Lucchesi col flauto in mano.Altro mezzano di un gentiluomo di Terranova.Altro di monsignor Chiarchiara.Altro del Padre Giglio.Altro del defunto marchese Sessa.Altro, a mezza figura, dell’abate Cirino.Altro del marchese Drago.Altro del re all’impiedi, nel Monte grande di Pietà.Altro ritratto a mezza figura per l’officina del Lotto. Altro, come sopra, per l’Università degli Studî.Altro, come sopra, per la Sopraintendenza delle Strade, e Ponti.Altro, come sopra, per la Real Segreteria.Ritratto di S.A.R. il conte di Siracusa per la Real Segreteria.Altro per la Sopraintendenza delle Strade, e delle Foreste.Ritratto del professore di musica Vincenzo Bellini, sull’originale, per

la collezione del signor D. Agostino Gallo.Copia dello stesso per D. Filippo Santocanale.Altro per la famiglia del Bellini di Catania.Ritratto della signora Carlotta Vico per Aci-Reale.

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201

Elenco delle opere pittoriche eseguitedal cav. Giuseppe Patania nell’anno 1835

Un quadro grande per l’Albergo di Monreale, rappresentante La Pietà.Altro per la chiesa del Collegio di S. Maria del Gisino [!] che rappre-

senta L’Immacolata.Altro per il monastero di S. Vincenzo Ferreri in Carini, che indica la

Crocifissione di Gesù Cristo.Altro piccolo per Aci-reale dell’istesso soggetto. Altro che contiene il solo Crocifisso per il signor D. G. Cutelli.Quattro sopraporte sull’istoria romana per il signor conte Si Stefano di

S. Ninfa.Un quadro per la Piana [dei Greci] nel quale scorgesi effigiato, a

mezza figura, [il] Beato Sebastiano Valfrè.Un picciol quadro la di cui composizione è ricavata dal romanzo, La

monaca di Monza.Un quadro per il Monte Erice ov’è dipinto il Cuore di Gesù più picco-

lo del naturale.Un S. Crisostomo, secondo il naturale, per il Palazzo Adriano.Una Madonna a mezza figura per il Comune di Sciacca.Un Cuore di Maria per detta città.Il Ritratto del signor [Giuseppe] Borghi.Altro di una signora romana.Quello del dottor D. Benedetto Morici.Quello del principe di Leonforte.Un altro di una signora di cognome Cannone.Due ritratti per due inglesi-americani, uno uomo, e l’altro donna.Un ritratto dell’attuale regnante Ferdinando II a mezza figura per

Caltanissetta.Altro anche a mezza figura del sig. barone Salvatore Cutelli.Altro del marchese Villalba.Un quadro di S. Vincenzo di Paola, a mezza figura, per il sacerdote sig.

D. Giovanni Cirino.Un ritratto, a mezza figura, del signor Bruno, confettiere.

Nell’anno 1836

Un ritratto a mezza figura della figlia della principessa di San Cataldo.

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202

Un ritratto sulla maschera del birraio Manzella.Una replica del Ritratto di Bellini per l’incisore sig. [Tommaso]

Aloisio [Juvara].Un picciolo quadro indicante la Madonna Addolorata.Due Amorini che si lottano per una palma, piccolo quadretto per la

signora principessa di Montevago.Un bozzetto d’Ifigenia.Altro per un quadro di altare il di cui soggetto è Santo Nicolò di Bari,

per il signor Sergio.Un ritratto a mezza figura dell’inglese signor Valentine.Ritratto del presidente Cannizzaro a mezza figura sulla maschera.Altro, di mezza figura, di D. Graziano Cirino.Altro, anche a mezza figura, della baronessa Mortellara.Altro, nell’istessa posa, del figliulo d’Urso.Altro ritratto sino al ginocchio del ministro Averna.Un quadretto di palmi tre che rappresenta il Ratto di Proserpina per

S.E. il P. D. Corrado Ventimiglia.Un ritratto, a mezza figura, di un barone ***.Altro, a mezza figura, della signora Urso.Altro della principessa Lanza.Altro, a mezza figura, della principessa Belvich.Altro piccolo della medesima.Ritratto della signora Cloos in maschera a mezza figura.Ritratto intero del contino Bellavia.Altro, come sopra, del figlio di D. Luigi Sergio.Ritratto della Signora Valentine.Altro, a mezza figura, della signora Lucchese. Ritratto, per intero, del dottor Surretta.Altro, a miniatura, della marchesa Spitalotto.Ritratto, a mezza figura, del dottor Antonio Urso.Ritratto del ministro Fardella, sino a ginocchio, per Trapani.Altro del detto, per il signor duca di Cumia.Copia del ritratto della fu principessa di Butera, a mezza figura per

l’avvocato Franco.Un ritratto, sino al ginocchio, della principessa di Resuttana.Un quadro per altare, di grandezza palmi 11 per 7 denotante S. Nicolò

di Bari, che patrocina tre individui creduti rei di delitto capitale, dinanziall’imperadore Costantino. Il detto quadro è per commissione del baroneSergio di S. Stefano di Camastra.

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203

Nell’anno 1837587

Ritratto, a mezza figura, della marchesina Gregorio. Altro, come sopra, dell’avvocato Tumminelli.Altro del beato Giuliano Majali, per Gallo.Altro di Guido delle Colonne, per detto Sig.r Gallo.Gran quadro rappresentante il Sacrificio d’Ifigenia.Ritratto, al naturale, del giureconsulto Torretta, sedente.Altro, mezza figura, della marchesa di Serradifalco.Altro di D. Ignazio Serretta.

Nell’anno 1838

Ritratto, quasi intero, del signor D. Gaetan Fiamingo.Altro, a mezza figura, del Pres.e Costantino.Altro, come sopra, del duca di Serradifalco.Altro del marchese Rudinì.Replica del ritratto dell’abate Nascè, a mezza figura, per D. Gaetano

Fiamingo.Un ritratto a memoria del signor Di Stefano di Santa Ninfa, a mezza

figura.Replica del ritratto del marchese Rudinì, a mezza figura.Un picciol quadro pel barone Seggio [!], ov’è rappresentata la Vergine con

Santa Rosalia, e S. Stefano con un angiolo che discacciò il mostro cholera.Replica del ritratto di Serradifalco.Ritratto, a mezza figura, del marchese Spitalotto.Ritratto, sulla maschera, della signora Emmanuella Violante, per il di

lei sposo signor D. Calogero Violante.Replica per uso della signora D. Rosalia Tedeschi, di lei sorella.Ritratto del duca di Cumia e della fu duchessa, sino a ginocchio, per

Regalbuto._________________________________

587 Cassato e perimetrato da quattro linee: “Copia del ritratto a mezza figura della fu principessa diButera per il Sig.r Avvocato Franco.Ritratto sino al ginocchio del ministro Fardella per Trapani.Altro del detto ministro, più piccolo del naturale per il signor duca di Cumia.Un quadro per altare di grandezza palmi 11 per 7 che denota S. Nicolò di Bari, che patrocina dinan-zi all’imperatore Costantino tre individui creduti rei di delitti capitali. Questo quadro fu eseguito perS. Stefano di Camastra per commissione del signor D. Luigi Sergio.Ed un ritratto a mezza figura della fu signora pricipessa di Resuttano.”

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204

Uno piccolo della fu duchessa, a mezza figura, per la famiglia.Un quadro di pal. 11 per 8.8 per il paese di S. Mauro, rappresentante il

S. Francesco di Paola nell’atto che restituisce in vita un suo nipote com-missionato dal signor dottor D. Francesco Franco.

Ritratto della nostra sovrana per il Magistrato supremo di salute.Ritratto di S.M., a mezza figura, per Aci reale.Ritratto, a mezza figura, del signor Nicolò Palmeri.Altro, come sopra, per l’architetto Di Martino, entrambi per il signor

D. Agostino Gallo.Una mezza figura denotante la Gioventù, per il Dottor Franco.Due ritratti, a mezza figura, in una tela <raffigurante> Il padre ed una

bambina per Antonio Vaccaro.Ritratto, a mezza figura, di D. Salvadore Biondi.Ritratto del fu ciantro Bacile di Caltanissetta, mezza figura con le mani.Una Madonna col bambino, al naturale, per l’avvocato Franco.Ritratto, per intiero, della fu duchessa di S. Martino.Un ritratto, a mezza figura, del medico D. Mariano Dominici.Altro, come sopra, della principessa Giardinelli.Idem, di monsignor Balsamo.Ritratto, a mezza figura, della fu duchessa di S. Martino, per il signor

Franco.Ritratto di una signora, a mezza figura ed a memoria.Un quadro di pal. 6 per 5.4 eseguito per il signor Franco, rappresentan-

te Lucrezia e Sesto Tarquinio.Un ritratto, a mezza figura, del giudice di Navarra.Ritratti, a mezza figura, della fu principessa e principe di Torremuzza.Ritratto, sulla miniatura, a mezza figura, della fu principessa di Altofonte.Altro, a mezza figura, della moglie di D. Salvatore Biundo.Copia del ritratto della fu principessa di Torremuzza per il di lei fra-

tello marchese San Giacinto.Ritratto, a mezza figura, del prete regolare *** Cirino, per suo fratello.Altro, come sopra, del P. Preposito dell’Oratorio della Piana.Altro, con mani, della moglie del dottor Erech, inglese.Altro, su contorno, del pittore Francesco Zerilli, a mezza filigrana, pel

signor D. Agostino Gallo.Due ritratti, a mezza figura, del fu D. Giacinto Astorina per D. Isidoro

Testaferrata.Ritratto, come sopra, della signora Cirino per suo figlio beneficiale.Ritratto, senza mani, del cav. Galletti, figlio della principessa San Cataldo.

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205

Nell’anno 1839

Un quadro alto pal. 18 per pal. 10.7 per la chiesa dell’abadia di S.Gaetano in Monreale, rappresentante il detto Santo che dà il pane agliaffamati.

Un ritratto, con una mano, di fanciullo, figlio del valente chimico fuFuritano.

Ritratto della regina con mani, per il Palazzo reale.Un picciol quadro per i Padri Capuccini di S. Francesco d’Assisi, sul

concetto del Domenichino.Un piccolo ritratto del duca di Serradifalco.Un ritratto, sino al ginocchio, di Maria Carolina principessa per la R.

Segreteria.Un ritratto di D. Fania Sancataldo, con le mani.Un ritratto piccolo, ed intiero, del cav. Di Stefano con una giumenta

per il paese di Santa Ninfa.Ritratto, con le mani, del trafficante Gud588 Inglese.Ritratti di due inglesi.Un ritratto della figlia del sopradetto Gud.Un ritratto intero di Ferdinando II per l’Albergo di Monreale.Altro, a mezza figura, del marchese Nunziante.Una replica di uno dei ritratti de’ due inglesi sopra cennati.Quadro di Maria Addolorata con le mani, per il signor D. Giambattista

Cutelli.Ritratto a mezza figura della principessa di Fitalia in età giovanile,

ricavato da una miniatura.Altro, sino a ginocchio, sulla maschera, della fu M. Altavilla per suo

marito, il signor tenente Longo.Ed uno, sino a petto, per il signor avvocato Franco.Un quadro della Madonna Addolorata, con mani, per Mistretta.Altro del signor Gud per il signor D. Gaetano Fiamingo.Un ritratto, a mezza figura, di S. E. il principe di Campofranco per

S.A.R. la duchessa di Bari.Un quadro di pal. 12 per 8 denotante la Madonna del cholera con S.

Stefano, S. Rosalia ed un cherubino che discaccia il mostro, per il signorD. Luigi Sergio, da collocarsi in Santo Stefano di Camastra.

Un ritratto, a mezza figura, del Prefetto di polizia._________________________________

588 Presumibilmente George Wood.

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206

Un ritratto, come sopra, di un inglese.Un quadro a guazzo di pal. 5 circa, dove si esprime l’Amore, per il

signor Tasca.Un ritratto, a mezza figura, sulla maschera, del duca di Castrofilippo.Una grande parte di un freggio esprimente una Allegoria degli sponsa-

li antichi, cioè per via di Genietti. Il freggio è di pal. 1.1. di altezza e pal.18.6 per la stanza di dormire del signor Tasca.

Nell’anno 1840

Continuazione del sopradetto freggio del barone Tasca.Un picciolo ritratto di un inglese.Ritratto a mezza figura del capitano di marina Vincenzo Di Bartolo.Altro, con una mano, del signor P. Giardinelli.Ritratto di un Inglese americano Lorenz, a mezza gamba, per Nuova

Iorck [!].Tela di pal. 2.9 p. 2 del Crocifisso per D. Gerardo Volpe.Ritratto a mezza gamba del fu signor Tasca.Un quadro di p. 2.6 p. 2 rappresentante uno dei martirj di S. Filomena

per Regalbuto.Un Gesù in mezzo ai misteri della Passione, per il padre regente

Giglio.Quadro di palmi 2.6 p. 2 rappresentante Maria con Gesù, e S. Giovanni

per il barone Mendola di Favara.Due ritratti, a mezza figura, dei marchesi Cafis<i> di Favara, uno del

padre, eseguito a memoria, e l’altro del figlio, sul vivo.Un ritratto, al ginocchio, del Procuratore generale Carbonaro di

Catania.Una Madonna Addolorata in un tela di pal. 8.6 per 2, per il sudetto

marchese di Favara.Una replica del ritratto del P. Giardinelli, per il marchese Rudinì.Altra, a mezza figura, del ritratto dell principessa ***.Un ritratto di un ragazzino con una mano; egli è figlio di contadini.Un ritratto, a mezza gamba, del vescovo di Mazara, monsignor

S<c>alabrini, per la Collegiata di Alcamo.Altro, con mezza mano, della sorella del dottor Franco, vestita da edu-

canda.Altro della duchessa di Caccamo, a mezza figura, eseguito a memoria.

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207

Questo ritrato, eseguito nel 1830, fu compito nella vestimenta, l’anno1840.

Altro, sino al ginocchio, della fu duchessa di Sperlinga.Una copia del ritratto a mezza figura del fu duca di Santo Stefano.Un quadro di pal. 2 per 2.6 rappresentante S. Giuseppe che mostra un

cardellino al Bambino Gesù, per il marchese Cafisi di Favara.Una replica del quadro eseguito per il barone Mendola, della Madonna

con il Bambino, e S. Giovanni per589 l’avvocato Agnetta.Un ritratto, sino a mezza gamba, del barone Pastore.Altro del cavaliere Vanni.Altro della moglie del detto Vanni.Un quadro di S. Francesco di Sales, in una tela di pal. 4.6 <e> p. 3.6

per il barone Pastore.Un ritratto a mezza figura del nipote dell’abate Cirino. Altro per sua moglie.Una mezza figura ritrattesca per l’avvocato Franco.

Nell’anno 1841

Un ritratto, sino a mezza gamba, della duchessa S. Rosalia, moglie delsignor Ingam.

Altro, sino al ginocchio, di mister Giuseppe ***, nipote del dottorIngam.

Ritratto del negoziante Ingam, sino a mezza gamba.Un ritratto di Giovannino Villa, intiero, secondo il naturale, che scher-

za con un pecorello.Un quadro di caccia per Francesco Franco.Un quadro di pal. 4.6 per 4 esprimente Erminia che trova i pastori, per

il marchese Cafisi di Favara.Un ritratto, a mezza figura, della figlia del marchese Spedalotto.Quadro di pal. 4.6 per 4 esprimente il Templario che vuole rapire

Rebbecca, soggetto preso dell’Ivanoe di Valter Scot [!], per il marcheseCafisi.

Un ritratto, a mezza gamba, del barone Bordonaro.Replica del medeimo, sino al ginocchio.Ritratto della sorella di D. Luigi Scalia, sino al cinto con una mano.

_________________________________

589 Seguono cancellate le parole: “il marchese”.

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Un quadretto di cinque putti che con festoni di fiori girano attornoun’ara da servire per portello di camino per il principe di Montevago.

Due quadri di pal. 4.6 per il marchese Cafisi da Favara, denotante unoD. Abondio che viene abbordato dai Bravi, soggetto cavato dai PromessiSposi del Manzoni, l’altro esprimente una nostra Bettola.

Ritratto a mezza figura, con mano, della sorella del dottor Franco.Un quadro dell’Immacolata con varî putti, alto pal. 10 per 6, per il

signor D. Lucio Tasca.Altro di una Madonna Addolorata con due putti.Ed una testa di Addolorata per capezzale.Un quadro di pal. 5.4 per 4.6 esprimente Venere che esce dal bagno,

per l’avvocato Franco.Un ritratto dell’abate Scinà, in mezza figura, pel signor D. Agostino Gallo.Numero due quadretti di pal. 2.6 per 2 per il contino Tasca.

Nell’anno 1842

Un quadretto di palmi 2 per 2.6. esprimente L’Assunzione di MariaVergine con tre putti per il canonico D. Leonardo Palermo d’Alcamo.

Un Ritratto, a mezza figura, del fu D. Fedele Barbalunga.Un ritratto del re Ferdinando II, a mezza figura, per il principe Scilla.Un quadro di palmi 7.4. per 5.3 denotante Il Ritorno da caccia, sullo

stile del 500 per il barone D. Francesco Battifora.Un quadro di palmi 8 per 5 circa, rappresentante S. Antonio abate, per

Capizzi.Un ritratto di un inglese , a mezza figura, per mister Vood [!].Replica dello stesso.Un quadro di palmi 8 per palmi 11.8 denotante il Martirio di S.

Bartolomeo per la chiesa di questo santo in Randazzo.Un ritratto, a mezza figura, dell’abate D. Nicolò Buscemi.Altro, come sopra, del fù abate Cirino.Altro del fu astronomo [Nicolò] Cacciatore.Altro picciolo del fù D. Ignazio Sanfilippo.Un picciolo quadro denotante Il Tempo che fa conoscere alla Bellezza

il suo impero, per il signor Agostino Gallo.Un ritratto della signora Di Bartolo.Un quadro di palmi 8 per palmi 11.8 denota S. Benedetto che risusci-

ta un bambino per la chiesa di questo santo in Randazzo.

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Altro di palmi 8 per *** denotante la Triade SS. per Calatafimi.Ritratto del marchese della Favara all’impiedi per la sala dei

Luogotenenti.N. 6 piccoli paesi.Un ritratto a mezza figura del fu d. Ignazio Sanfilippo per D. Agostino

Gallo.

Nell’anno 1843

Un picciol quadro sulla tavola rappresenta Le tre Marie ai piedi dellaCroce per ***.

Un ritratto a mezza figura della baronessa Mortellaro.N. 4 quadretti che raffigurano, in mezza figura, quattro illustri sicilia-

ni: Empedocle, Archimede, Gaggini e il Novelli per il confettiere Rolleri.Un ritratto a mezza figura del barone Mortellaro.Un ritratto di un ragazzino espresso da S. Giovanni Battista.N. 2 ritratti, uno di donna e l’altro di uomo a mezza figura per D.

Mariano, e D. Leonardo Gambino d’Aci [Reale].Due quadri di palmi 6 per 4 circa esprimenti uno S. Pietro che al canto

del gallo si accorge di avere negato il suo divino Maestro, l’altro S.Stefano che porta nella sinistra man il suo martirio, e nella destra ilVangelo, entrambi per Calatafimi.

Un ritratto sul dagherotino590 del celebre musicista di musica Paccini[!].

Due ritratti a mezza figura delle sorelle del canonico Cirino.Un’Immacolata con mani per il detto canonico.Un paesetto che esprime quanto scrive il Petrarca nella sua Canzone,

Chiare, fresche etc. per D. Agostino Gallo.Un quadro di palmi 5.8. per palmi 4 esprime Maria col Bambino che porta in mano una picciola croce con

vari serafini nel campo, per Aci Reale.Un ritratto a mezza figura del dottor D. Diego Orlando.Un quadro di palmi 9 circa per palmi 4 rappresentante una Madonna

addolorata con mani, commissionata dall’architetto D. Giuseppe Patti.Una picciola Addolorata con mani per un nepote dell’autore.

_________________________________

590 Processo fotografico ideato, nel 1838, dal francese Louis-Jacques-Mandé Daguerre, pittore, sce-nografo francese (1789-1851).

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Altra pel padre reggente Giglio.Un picciolo quadro esprimente due Amorini che lottano per una

palma, per D. Simone Gramaglia.Un ritratto della fù moglie di D. Mariano Leonardi Gambino d’Aci.Un picciolo ritratto del signor D. Agostino Gallo.Altro di Amore e Psiche sull’idea del Corregio per il detto signor Gallo.Un ritratto della duchessa Brolo sino a ginocchio, per suo fratello, il

prelato Grassellini.Un ritratto con una mano del duca di Caccamo.Altro con mani della moglie di D. Gaetano Fiamingo.Una replica del Ritratto a mezza figura del padre del canonico Cirino. Ritratto a mezza figura della moglie del capitano di marina Di Bartolo

e sorella del signor Bracci. Un quadro di palmi 10 circa per 9 rappresentante i Discepoli in

Emmaus per il Refettorio del Seminario di Monreale.Un ritratto con una mano del fù figlio di Cusimano. Altro a mezza figura del pittore Vandik.Altro con una mano di Correggio per D. Giuseppe Cantone.Altro con una mano del duca di Caccamo vestito da gentiluomo di

Caccamo per la Compagnia dei Pescatori di Termini.Un quadro di palmi 7 per 13 circa denotante S. Benedetto che dà la

Regola a S. Scolastica per Aci. Un quadro di palmi 4 per 3 rappresentante Maria con Gesù che lo

carezza ed ella rivolta al cielo versa delle lagrime, a commissione dell’av-vocato Franco.

Nell’anno 1844

Un quadro di palmi 12 per 8 circa esprimente Gesù Cristi no[!] in attodi esser legato alla colonna per venir fragellato, per la chiesa detta laMaggione.

Un ritratto con una mano sopra miniatura del fù Pignatelli Farina.Altro, come sopra, di un americano.Altro a mezza figura del fratello del canonico Cirino.Una replica del ritratto di [Vincenzo] Bellini per il signor Florio da

Catania.Un ritratto con le mani di un americano.Un picciol quadro denotante Il Riposo in Egitto, per il barone D.

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Francesco Battifora.Un ritratto con le mani del figlio del principe Scilla.Altro con le mani di una ragazzina, sulla maschera.Un Ecce Uomo [!] con mani, al naturale, per D. Giovanni Battista

Cutelli.Un picciol quadro che esprime Polifemo ubbriaco per l’artista

[Nunzio] Morello.Un ritratto con le mani del canonico D. Giovanni Cirino.Altro a mezza figura del giudice D. Francesco Prato.Altro come sopra del cognato del sudetto Cirino.Un bozzettino per il signor Panebianco591 denotante Amore che vuol

provare il suo arco scagliando un dardo ad Anacreonte.Un quadro di palmi 13 circa per palmi 8 denotante l’Adorazione dei

Magi per la chiesa dei Benedettini in Randazzo.Un picciol quadro ove si raffigura la Gioventù che sollazza nulla

curando il Tempo che volando sorride, per il dottor in chirurgia SignorMinà.

Un quadretto che rappresenta Una giovane che riceve un biglietto disua consolazione, per D. Antonino Savona.

Due piccoli paesi.Un picciolo ritratto della fu baronessa di Mandrascate nell’età giova-

nile, per il suo consorte.Un paese di palmi 3 per 4 [raffigurante] la Veduta della Guadagna, per

il negoziante Florio.Un ritratto di un capitano inglese dell’Armata delle Indie, sino a

mezza gamba.Altro a mezza figura di Raffaele di Urbino.Altro, come sopra, di Poussin592 per D. Giuseppe Cantone.Un picciol quadro d’un palmo circa esprime S. Rosalia in penitenza, a

richiesta del marchese Forcella, per la Regina Madre Isabella, moglie diFrancesco I.

Un cane corso, quasi al naturale, dipinto ad acquerello per il detto mar-chese.

Un paesetto con alte rocche, e cascata d’acqua per ***.Un ritratto a mezza figura della fu moglie di Palmieri, sulla maschera.

_________________________________

591 Michele Panebianco, pittore, nato a Messina nel 1806, ivi morto nel 1873. Cfr. Agostino Gallo,Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti… cit., p. 306-358.592 Vedi nota n. 441.

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212

Nell’anno 1845

Due sopra porte di palmi 8 una per palmi 2.8, in ciascuno dei quali visono dipinti Due putti per il nipote del barone Bordonaro.

Un ritratto con una mano della fu moglie di D. Ferdinando Barone,eseguito sulle parole.

Un ritratto della signora Dicsiton [!]Numero 4 paesetti esprimenti il primo una Cascata d’acqua, l’altro

l’Eruzione di un Vulcano, il 3° Un uragano e l’ultimo finalmente unaTempesta di mare per il signor Savona.

Un ritratto sino a ginocchio del Prefetto di Polizia, Mistretta.

Ritratto di Carlotta Vigo.Ritratto della marchesa Sessa.Quadro bellissimo del Patania dentro la Madrice di Monte S. Giuliano

[Erice], rappresentante il Cuore di Gesù, nella figura cioè di Gesù Cristoche mostra il suo cuore ai fedeli593.

Catalogo del quadri di Giuseppe Patania dal 1835sino al 23 febbraio 1852, giorno di sua morte

Si avverta che quelli precedenti in gran parte trovansi nell’elenco fat-tone da Agostino Gallo indicati nel Giornale del Vapore e del Passatempoper le dame594

Anno 1835

Un quadro grande per l’Albergo di Morreale, la Pietà.Altro per la chiesa del Collegio di Maria di Gisino [!], l’Immacolata.Altro per Carini, nella chiesa del monasto [!] di S. Vincenzo Ferreri, la

Crocifissione._________________________________

593 Sul verso della c. 300 una contabilità di onze siciliane.594 Il riferimento più fedele è al giornale Il Vapore, dove il Gallo dedica due articoli al maestro del neo-classicismo siciliano: cfr. tomo V, 1833, “Intorno a due quadri uno dipinto dal cav. V. Riolo e l’altrodal cav. G. Patania per commissione di S.A.R. il Luogotenente generale di S.M. in Sicilia il conte diSiracusa D. Lepoldo”; nel secondo saggio l’A. ricorre all’ausilio tecnico dell’artista: cfr. t. VII, fasc.20-21, p. 3-15, “Sul dipingere quadri a fresco portatili. Lettera critica di Agostino Gallo segretariodella classe di Letteratura, e belle arti nell’Accademia di Palermo diretta dal cav. Lionardo Vigo”.

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Altro piccolo dell’istesso soggetto per Aci Reale.Un Crocifisso solo per il p. D. Giovanni Battista Cutelli.Quattro sopraporti [!] sull’istoria romana per il signor cavaliere Di

Stefano di Santa Ninfa.Un Beato Sebastiano Valfrè per la Piana [dei Greci] mezza figura.Un quadretto esprimente un punto del romanzo detto la Monaca di

Monza.Quadro del Cuore di Gesù più piccolo del naturale, per il Monte

Elice [!], per il Palazzo Adriano.Un S. Giovanni Crisostomo al naturale.Una Madonna a mezza figura.Il Cuore di Maria per Sciacca.Il ritratto del P. [Giuseppe] Borghi.Altro di una signora romana del dottor D. Benedetto Morini.Altro del principe di Leonforte, di una signora di cognome Cannone.Due ritratti per due inglesi americani.Altro sulla maschera del dottor ***.Altro del Re, per Caltanissetta, sino al petto.Altro del dottor D. Salvatore Cutelli, a petto.Altro del marchese Villalba.Un quadro di S. Vincenzo di Paola per il sacerdote signor D.

Giovanni Cirino, a petto.Un ritratto, a petto, del confettiere Bruno.

Anno 1836

Ritratto della figlia della principessa di S. Cataldo, a petto.Altro del cerusico Manzella, sulla maschera.Una replica del ritratto di [Vincenzo] Bellini per il signor [Tommaso]

Aloisio [Juvara] incisore.Una Madonna addolorata, piccolo quadro.Due Amorini che si lottano per una palma.Piccolo quadretto per la signora principessa Montevago, un bozzetto

[raffigurante] l’Ifigenia.Altro per un quadro d’altare per il signor Sergio, rappresentante S.

Nicolò di Bari.Ritratto del P. Valentain [!] inglese, a petto.Altro del Presidente Cannizzaro, a petto sulla maschera.

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214

Altro di D. Graziano Cirino, a petto.Altro della baronessa Mortillaro, a petto.Altro di Nené Urso, a petto.Altro del ministro Averna, sino a ginocchio.Un quadretto di palmi 3 per 3/6, [raffigurante] Il ratto di Proserpina,

per S.E. D. Corrado Ventimiglia.Ritratto di un barone *** a petto.Altro della signora Urso, a petto.Altro della principessina Lanza.Altro della principessa Belvich, a petto.Altro di D. Policarpio Fogliani, sulla maschera.Altro della signora Gloos, a petto, sulla maschera.Altro del contino S. Marco, intiero.Altro del figlio di D. Luigi Sergio.Altro della signora Valentain [!].Altro della signora Lucchese, a petto. Altro dell’avvocato Turretta per intiero.Altro della signora Spitalotto, sulla miniatura.

Anno 1837

Copia del ritratto della principessa di Butera, a petto, per il R. avvo-cato Franco.

Ritratto del ministro Fardella, a ginocchio, per Trapani.Altro simile, più piccolo del naturale, per il R. duca di Cumia.Un quadro d’altare di grandezza palmi 11 per 7, denotante S. Nicolò di

Bari che patrocina dinanzi l’imperatore Costantino tre creduti rei di delit-to capitale, per commissione di D. Luigi Sergio da S. Stefano di Camastra.

Ritratto della fu signora principessa di Resuttana, a mezza figura.Altro, replica di detto, per sua sorella, la marchesa di Altavilla.Altro sulla maschera della sorella dell’avvocato Franco, con le mani.Altro, a petto, della signora marchesa *** figlia di Scazzone.Un paralume esprimente l’Ultimo giorno di Pompei, per il signor

Garofalo figlio.Ritratto della fu signora principessa di Resuttana, per intiero, con

molti accessori, per suo padre signor principe di Fitalia.Altro del signor Don Ignazio Serretta, a petto.Altro della fu s.a duchessa di Serradifalco, per il principe Lanza, a petto.

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Replica dello stesso per il signor duca, suo sposo, a petto, sulla minia-tura.

Altro, sulla miniatura, della principessa Larderia, a petto, per il signorprincipe Lanza.

Altro per lo stesso.Numero sette ritratti in una tela di palmi 5 per palmi 6 circa denotan-

te varie persone della famiglia del signor avvocato Franco, tutti sono sinoal dettride [!]

Un piccolo quadro, il Salvatore, per il P. reggente Giglio Paolotto.Un quadro di palmi 4 per 3 esprimente un Baccanale per il signor Don

Giovanni Battista Cutelli.Ritratto di Guido delle Colonne per D. Agostino Gallo.Altro del fu D. Gioachino Zappulla, a petto, sulla maschera.Un quadro di palmi 6/6 per palmi 3/8 rappresentante Efigenia che gli

viene annunziato il suo sacrifizio, per il signor avvocato Dara di ***.Un piccolo ritratto del figlio del fu Enrico Merlo per la signora mar-

chesa Merlo.Ritratto, con una mano, della fu figlia del principe di Montevago.Altro del Beato Giuliano Majale, copiato su quello ch’esiste nello

Ospedale Grande.Un quadro, a mezza figura, della Madonna del Soccorso, per Trapani.Un ritratto, sino a mezza gamba, del fu padre del barone Riso.Un quadro di palmi 4 per 3 esprimente S. Rosalia che prega il

Bambino Gesù in braccia della S. Vergine e vicino vi è S. Giuseppe,abbasso a lato dritto S. Venere, e vicino ad essa un putto che si tura il nasoguardando un teschio.

Ritratto del fu Lucchese, a petto, sulla maschera.Altro del fu Petrino Urso, con una mano, fatto a memoria.Altro della principessa Scilla, di palmi 4 per 3.Altro del fu egregio [Domenico] Scinà di palmi 5 per 4, cavato su di

quello del signor Agostino Gallo, da servire pei PP. Di S. Calasanzio.Piccolo ritratto della fu figlia della principessa di Montevago.Ritratto del Re per l’Università dei Studi, sino a mezza coscia.Altro del figlio del cavaliere Ramondetta, a memoria.Altro del sud.o cavaliere, sino a petto.Altro di D. Gaetano Marvuglia.Altro di donna Gaetanina Urso.Altro di donna Teresa Urso, replica.Altro di Peppino Urso, sino al ginocchio.

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Anno 1838

Altro di D. Gaetano Fiamingo, quasi intiero.Altro del presidente Costantino, sino a petto.Altro del duca di Serradifalco, sino a petto. Altro del marchese Rudonì [!]Altro dell’abate Nascè, replica per D. Gaetano Fiamingo, sino a petto.Altro del P. Dis<te>fano di S. Ninfa, sino a petto, a memoria.Altro del marchese Rudonì [!]. Replica, mezza figura.Un quadretto per il barone Sergio, consistente la Madonna, S. Rosalia,

S. Stefano ed un angelo che discaccia il mostro colera.Replica del ritratto di Serradifalco.Ritratto del marchese Spedalotto, sino a petto.Altro della signora Emmanuela Violante, per il signor D. Calogero

Violante di lei sposo, sulla maschera.Replica dello stesso per la signora donna Rosalia Tedeschi di lui sorella.Altro del duca di Cumia.Altro della fu signora duchessa, sino al ginocchio, per Regalbuto.Altro piccolo per la fu signora duchessa, sino a petto, per la famiglia.Un quadro rappresentante S. Francesco di Paola nell’atto che pare di

vivere un suo nipote, di palmi 11 per 8.6., commissionato per il signor D.Francesco Franco da servire per S. Mauro [Castelverde].

Ritratto della Regina per il magistrato supremo di salute.Altro del Re per Aci Reale, mezza figura.Altro del fu Nicolò Palmeri, sino a petto.Altro dell’architetto [Vincenzo] Di Martino, sino a petto, entrambi per

il signor D. Agostino Gallo.Una mezza figura denotante la Gioventù per l’avvocato D. Francesco

Franco.Due ritratti in una tela, Il padre ed una bambina, per Antonio Vaccaro,

sino a petto.Altro di D. Salvatore Biundo, sino a petto.Altro del fu ciantro Basile di Caltanissetta, mezza figura con le mani.Una Madonna con il Bambino, al naturale, per l’avvocato D.

Francesco Franco.Ritratto della fu duchessa di S. Martino, per intiero.Altro del medico D. Mariano Dominici, sino a petto.Altro di monsignor Balsamo, sino a petto.Altro della fu duchessa San Martino, sino a petto, per l’avvocato Franco.

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Altro di una signora, a memoria, sino a petto.Un quadro di palmi 6/6 per palmi 5/4 rappresentante Lucrezia Sesto

Tarquinio, per l’avvocato D. Francesco Franco.Ritratto, a petto, per il giudice di Favara.Altro a petto della fu principessa Torremuzza.Altro del principe di Torremuzza, sino a petto.Altro della fu principessa di Altomonte, sulla miniatura, fino a petto.Altro della fu moglie di d. Salvatore Biundo, sino a petto.Altro del fu principe di Torremuzza pel di lui fratello marchesino S.

Giacinto Replica.Altro a petto del prete regolare Cirino per suo fratello.Altro del Proposito dell’Oratorio della Piana [dei Greci] sino a petto.Altro della moglie del dottor Vrecchi inglese con le mani.Altro del pittore D. Francesco Zerilli595 sino a petto, per Agostino

Gallo.Due ritratti sino a petto del fu Giacinto Astorino per Don Isidoro

Testaferrata.Altro della signora Cirino, a petto, per suo figlio, il beneficiale.Altro del cav. Galletti figlio della principessa San Cataldo, senza

mani.

Anno 1839

Un quadro alto palmi 18 per palmi 10.7 per la chiesa dell’Abadia di S.Gaetano in Monreale, rappresentante il Santo che dà il pane agli affamati.

Ritratto di un fanciullo, figlio del fu [Antonio] Furitano, valente chi-mico, con una mano.

Altro della Regina, con le mani, per il Palazzo Reale.Un piccolo quadro di S. Francesco di Assisi con le mani, dal concetto

di Domenichino596 per i PP. Cappuccini.Un piccolo ritratto del duca di Serradifalco.Ritratto, sino a ginocchio, della regina Maria Carolina d’Austria per

la Segreteria Reale.Altro di donna Fania San Cataldo, con le mani.Altro del cav. Di Stefano, piccolo ed intero con una giumenta, per S. Ninfa.

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595 Francesco Zerilli, pittore, nato a Palermo nel 1794, ivi morto nel 1837.596 Domenico Zampieri detto Domenichino, pittore, nato a Bologna nel 1581, morto a Napoli nel1641, rappresentante dell’ideale classicista in età barocca.

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Altro del trafficante Gud, inglese, per intero.Altro del Re, intiero, per l’Albergo di Monreale.Altro del marchese Nunziante sino a petto.Altro replica dei due inglesi.Quadro di Maria Addolorata, con le mani, per il S.r D.Giovanni

Battista Cutelli.Ritratto della fu principessa di Fitalia dell’età giovanile, sino a petto,

cavato da una miniatura.Altro della fu marchesa Altavilla, fino a ginocchio, sulla maschera per

suo marito il Tenente Longo.Altro, sino a petto, per l’avvocato d. Francesco Franco.Un quadro della Madonna Addolorata, con le mani, per Mistretta.Altro del trafficante Gud sino a petto, per il signor D. Gaetano

Fiamingo.Altro di S.E. signor principe di Campofranco, sino a petto, per S.A.R.

la duchessa di Berry.Un quadro di palmi 12 per 8 denotante la Madonna del cholera con S.

Stefano, S. Rosalia, ed un cherubino che discaccia il mostro per il S.r D.Luigi Sergio, da collocarsi in S. Stefano di Camastra.

Ritratto del Prefetto di Polizzi, sino a petto. Altro di un inglese, sino a petto.Un quadro a guazzo di palmi 5 circa ove si esprime l’Aurora, per il S.r

Tasca.Ritratto fino a petto del duca di Castrofilippo, sulla maschera.Una quarta parte di un fregio esprimente una allegoria di Sponsali

antichi, ciò per via di genietti.Il cennato fregio è di palmi 1.1/2 di altezza e palmi 18.6 da servire per

la stanza di dormire del signor Tasca.

Anno 1840

Continuazione del sopradetto fregio del barone Tasca.Un piccolo ritratto di un inglese.Ritratto del capitano di marina, Vincenzo Di Bartolo, a petto.Altro con una mano, del principe di Giardinelli.Altro fino a petto del *** parente di Don G[iusepppe] Marvuglia.Altro di un inglese americano detto Lorenzo, sino a mezza gamba,

mandato a Nova Jorchs [!]

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Un Crocifisso in una tela di palmi 2/9 per 2 per D Gerardo Volpe, percommissione.

Ritratto, fino a mezza gamba, del fu signor Tasca.Un quadretto di palmi 2/6 per palmi 2 rappresentante una dei martiri

di S. Filomena, per Regalbuto.Un Bambino Gesù in mezzo ai Misteri della Passione per il padre

Reggente, Giglio.Un quadro di palmi 2.6. per palmi 2 rappresentante Nostra Donna col

Bambino Gesù e S. Giovanni per il barone Mendola di Favara.Due ritratti del marchese Cafis<i> di Favara, uno del padre eseguito

per via di suggerimenti, l’altro del figlio, entrambi sino a petto.Altro del presidente generale Carbonaro di Catania, sino a ginoc-

chio.Una Madonna addolorata, in una tela di palmi 2.6 per 2 per il suddet-

to marchese di Favara.Ritratto del P. Giardinelli, replica per il marchese Rudonì [!].Altro, sino al petto, dello stesso.Altro di un ragazzino con una mano, figlio di contadini.Altro, a mezza gamba, del vescovo di Mazzara, monsignor S<c>ala-

brini, da collocarsi in Alcamo nella Nuova Collegiata.Altro della sorella dell’avvocato D. Francesco Franco, vestita da edu-

canda, con mezza mano.Altro della duchessa di Caccamo, sino a petto, eseguito a memoria a

dieci anni prima e indi finito il vestimento.Altro della signora duchessa di Sperlinga, sino a ginocchio.Copia del ritratto del fu duca di S. Stefano, a petto.Un quadretto di pal. 2 per 2.6 rappresentante un S. Giuseppe che

mostra un cardellino al Bambino Gesù, per il marchese Cafisi di Favara.Replica della Madonna, Bambino e S. Giovanni come quella del baro-

ne Mendola, per l’avvocato D. Antonio Agnetta.Ritratto, sino a mezza gamba, del barone Pastore.Altro, sino a mezza gamba, del cavaliere Vanni.Altro, dell’istessa misura, di sua moglie.Quadro di S. Francesco di Sales in una tela di palmi 4.6 per 3.6 per il

barone Pastore.Ritratto del nipote dell’abate Cirino, sino a petto.Altro per sua moglie, a petto.Mezza figura, sino a petto, ritrattesca, per l’avvocato D. Francesco

Franco.

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Anno 1841

Ritratto della duchessa S. Rosalia, moglie d’Ingham, sino a mezzagamba.

Altro del nepote d’Ingham, mister *** sino a ginocchio.Altro del negoziante Ingham, sino a mezza gamba.Altro di un ragazzo, Giovannino Villa, intiero al naturale, che scherza

con un pecorello.Un quadro di caccia per D. Francesco Franco.Un quadro di larghezza pal. 4.6 per 4 esprimente Erminia che trova i

pastori, per il marchese Cafisi di Favara.Ritratto, sino a petto, della figlia del marchese Spitalotto sul ritratto

all’ombra.Quadro di palmi 4.6 per 4 per il marchese Cafisi, esprimente il

Templario che vuole rapire Rebbecca, soggetto preso dall’Ivanou di ValterScot [!].

Ritratto del barone Bordonaro, sino a mezza gamba.Altro, replica dello stesso, sino a ginocchio.Altro del presidente Piraino, sino a ginocchio.Altro della sorella di D. Luigino Scalia, sino a cinto, con una mano.Un quadretto di cinque putti che con festoni di fiori girano attor-

no un’ara da servir per portello di camino per il principe diMontevago.

Due quadri di palmi 4-6 per li denotanti, uno Don Abondio abbordatodai Bravi, cavato dai Promessi sposi del Manzone [!], l’altro esprime unanostra bettola per il marchese Cafisi di Favara.

Ritratto della sorella dell’avvocato Franco, sino a petto, con unamano.

Quadro dell’Immacolata con varii putti di altezza palmi 10 per 6 per ilbarone D. Lucio Tasca per un suo feudo presso Valle d’Olmo.

Quadretto di fiori per suo nepote.Altro quadro per il medesimo luogo ed uguale grandezza per detto

signor Tasca della Madonna addolorata con due putti.Una testa di Addolorata, per capizzale.Quadro di grandezza palmi 6.4 per 4.6 esprimente Venere che esce dal

bagno, per l’accennato Franco.Ritratto dell’abate [Giovanni] Meli per D. Agostino Gallo, a petto, per

darlo al marchese Ruffo.Due paesetti di grandezza palmi 2.6 per 2 per il contino Tasca.

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Anno 1842

Quadretto di palmi 2 per 2. 6 esprimente l’Assunta Maria Vergine contre putti, per il canonico D. Leonardo Palermo di Alcamo.

Ritratto, fino a petto, del fu D. Fedele Barbalunga.Altro del Re, sino a petto, per il principe Scilla.Quadro di palmi 7.4. per 5.3 denotante il Ritorno dalla caccia, costu-

me del ‘500, per il barone D. Francesco Battifora.Quadro di palmi 8 per 5 circa rappresentante S. Antonio abate, per

Capizzi.Ritratto di un Inglese per mister Nood[!], sino a petto.Altro replica dello stesso.Quadro di palmi 8 per palmi 11.8 per Randazzo, denotante il Martirio

di S. Bartolomeo per la chiesa di questo santo.Ritratto sino a petto dell’abate D. Nicolò Buscemi.Altro dell’abate Cirino, sino a petto.Altro del signor astronomo [Nicolò] Cacciatore.Altro piccolo del fu D. Ignazio Santifilippo.Piccolo quadretto denotante Il Tempo che fa conoscere alla Bellezza il

suo impero, per D. Agostino Gallo.Ritratto della signora Di Bartolo.Quadro di palmi 8 per 11.8 per Randazzo, nella chiesa di S.

Bartolomeo, appartenente alle monache benedettini, esprimente S.Benedetto che fa redivivere un bambino.

Altro denotante una S. Triade per Calatafimi, di palmi 8. per ***.Ritratto, all’impiedi, del marchese della Favara per la Sala dei luogotenenti.Numero sei piccoli Paesi.Ritratto a petto del fu Don Ignazio Sanfilippo.

Anno 1843

Un piccolo quadretto sulla tavola, rappresentante Le tre Marie ai piedidella croce per Don Salvatore Di Marzo.

Ritratto, sino a petto, della baronessa Mortillaro, sino a cinto.Numero quattro quadretti esprimenti quattro uomini illustri siciliani,

sino a petto, cioè Empedocle, Archimede, Gaggino e il Novelli per il con-fettiere Rollieri.

Ritratto fino a petto del barone Mortillaro.

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Altro di un ragazzino espresso da S. Giovanni Battista.Numero due ritratti di marito e moglie sino a petto, in una tela per

Mariano Leonardo Gambino di Aci.Due quadri di palmi 6 per 4 circa, esprimenti S. Pietro nel momento

che sente il gallo e si accorge di avere negato il suo Divino Maestro; l’al-tro S. Stefano portante la palma del suo martirio e nella destra tienel’Evangelo, tutti e due per Calatafimi.

Ritratto a petto del celebre maestro di musica [Giovanni] Pacini, suldagherrotipo.

Altri due a petto delle sorelle del canonico Cirino.Un quadro dell’Immacolata sino a petto per il detto canonico Cirino,

con le mani.Un Paesello esprimente la Canzona del Petrarca, Chiare, fresche etc.

etc. per D. Agostino Gallo.Quadro esprimente la Madonna col Bambino che tiene una piccola

croce; nel campo vi sono varii serafini, di palmi 5.8. per 4, per Aci reale.Ritratto a petto di D. Diego Orlando.Quadro della Madonna addolorata con le mani, pal. 5 per 4 circa com-

missionato dall’architetto D. Giuseppe Patti.Altra piccola senza mani, per un nipote del detto Patania.Altra piccola per il P. Reggente, Giglio Paolotto.Quadretto esprimente Due Amorini che lottano per una palma, per D.

Simone Gramaglia.Ritratto della fu moglie di D. Mariano Leonardo Gambino di Aci.Altro piccolo di D. Agostino Gallo.Quadro piccolo per detto Gallo, denotante Amore e Pisiche, sull’idea

di Correggio.Ritratto della duchessa Brolo sino a ginocchio, per suo fratello il pre-

lato Grassellini.Ritratto con una mano del duca di Caccamo.Altro con le mani della moglie di D. Gaetano Fiamingo.Altro del padre del canonico Cirino, replica, a petto.Altro della sorella di Bracci, moglie del capitano di nave Di Bartolo, a petto.Quadro di pal. 19 e palmi 9 circa rappresentante I Discepoli in

Emmaus per il Refettorio di Monreale.Ritratto con una mano del fu figlio di Cusumano.Altro a petto del pittore [Anton] Vandich597.

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597 Vedi nota n. 257.

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Altro di Correggio con una mano per D. Giuseppe Cantone.Altro del duca di Caccamo con una mano, vestito da gentiluomo di

Camera, per Termini per la Compagnia dei Pescatori.Quadro di palmi 7 palmi 13 circa denotante S. Benedetto che dà la

Regola a S. Scolastica per Aci.Altro di Nostra Donna col Bambino Gesù in atto che lo carezza ed ella

rivolta al cielo visa [!] una lacrima, di palmi 4 per 3, per l’avvocatoFrancesco Franco.

Anno 1844

Quadro di palmi 12 per 8 circa esprimente Gesù Cristo che lo stannolegando alla colonna per flagellarlo, per la chiesa dell’Amagione598.

Quadro del fu Pignatelli Farina con una mano sopra una miniatura.Altro di un Americano con le mani.Altro del fratello del canonico Cirino sino a petto.Altro del Bellini replica per il signor Florio di Catania.Altro di un Americano con le mani.Quadretto rappresentante Il riposo in Egitto per il barone D. Francesco

Battifora.Ritratto del figlio del principe Scilla, con le mani.Altro di una ragazzina, sulla maschera, con le mani.Un Ecce Omo [!] con le mani per Don Giovanni Battista Cutelli, al

naturale.Piccolo quadro che esprime Polifemo ubriaco per l’artista [Nunzio]

Morello.Ritratto con le mani del cavaliere D. Giovanni Cirino.Altro del giudice Don Francesco Prado, a petto.Altro del cognato di detto Cirino, a petto.Un bozzettino per il pittore Michele Panebianco dinotante Amore che

vuol provare l’arco scagliando un dardo ad Anacreonte.Quadro di palmi 13 circa per palmi 8 esprimente L’Adorazione dei

Magi per la chiesa delle monache benedettini di Randazzo.Un quadretto della Gioventù che si sollazza niente curandosi del

Tempo che volando sorride, per il dottor di chirurgia Minà.Altro di una giovane che ha ricevuto un viglietto consolante, per Don

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598 Intendi chiesa della SS. Trinità della Magione.

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Antonino Samonà.Due piccoli paesetti.Un piccolo ritratto della fu baronessa Mondrascate di quando era

giovane, per suo consorte.Un Paese di palmi 5 per 4: Veduta della Guadagna per il negoziante

Florio.Ritratto di un Capitano inglese dell’Armata delle Indie, sino a mezza

gamba. Si crede di aver rimasto in Palermo.Altro, fino a petto, di Raffaele d’Urbino.Altro di Possino per Don Giuseppe Cantone, ambidue.Un quadretto di un palmo circa esprimente S. Rosalia penitente, per la

Regina Madre detta Isabella, moglie di Francesco I, commissionato dalmarchese Forcella.

Un cane corso, quasi al naturale, dipinto all’acquarella per l’istessomarchese.

Un Paesetto con alte rocche e cascate d’acqua per ***.Ritratto della moglie di [Nicolò] Palmieri, sulla maschera, a petto.

Anno 1845

Due sopraporte di palmi 8 per palmi 2.8. ove sono dipinti Due Puttiper ciascuno con varii accessorii per [il] barone Bordonaro.

Ritratto, con una mano, della fu moglie di d. Ferdinando Bronfatto,sulle parole.

Altro della Signora Dichson.Numero quattro Paesetti esprimenti uno Cascata d’acqua, altro Una

eruzione di Vesuvio, Un uragano, ed il quarto Una tempesta di mare, peril signor Samonà.

Ritratto, fino a ginocchio, del Prefetto di Polizia, Mistretta.Replica del ritratto della fu duchessa di Serradifalco, sino a petto.Altro dell’Inglese Dixchson, sino a petto.Numero altri tre paesetti di sopra cennati, e repliche, il quarto è nota-

to nell’anno 1844.Quadro di palmi 4 per 3 rappresentante Gesù Cristo che và al

Calvario, Maria sua Madre all’estremo dolore, per Cutelli.Ritratto della fu signora governante della casa del duca di Sommatino,

sulla miniatura e sino a petto.Altri due di marito e moglie del chirurgo Cataliotta, sino a petto.

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Altro della moglie in un piccolo quadro sino a ginocchio. Altro di Giorgio Matranga della Piana dei Greci, sino a petto.Una testina del Salvatore Altra del Battista.Ritratto di una bambola seduta sopra una pelle di leone che scherza

con una cagna figlia del barone Paino.Altro della baronessa Bordonaro, sino a ginocchio.Una Nostra Donna intitolata il Cuore di Maria, per Cefalù.Ritratto piccolo del padre dell’inglese Dixson[!], sino a ginocchio.Due piccole Teste, una del profeta Geremia, e l’altra di Giuditta per il

barone Ciotta.Un Bambino Gesù che dorme, al naturale per Don Giovanni Battista

Cutelli.Ritratto, con una mano, copiato da dagherrotipo della figlia del mar-

chese Spitalotto per la principessa San Cataldo.Altro della stessa San Cataldo, con le mani, per Spitalotto.Piccolo bozzetto o quadretto del Principio del Vespro Siciliano per

l’autoreRitratto della fu moglie del medico Di Bartolo sulla maschera sino a

petto.Detto del fu Morana, sulla miniatura, sino a petto.Altro della moglie del barone Bordonaro di palmi 5 e palmi 4.Altro di un fanciullo rappresentante S. Giovanni Battista, con le mani.Altro della madre di questi, rappresentante una Saffo, ambidue della

principe Lanza.Altro della principessa San Cataldo, con le mani, replica.Altro del cavaliere Di Giovanni con l’uniforme di cavaliere di Malta,

con mezza mano.Altro del Reverendo Bartolini, con le mani.Quadretto a lume di lanterna che rappresenta Torquato Tassso visitato

da Eleonora per Don Agostino Gallo.Due piccole Teste sulla tavola, una Giuditta, e l’altra Geremia.

Anno 1846

Ritratto piccolo della signorina De Franchis, sino a petto.Veduta della Torre dell’Acqua de’ Corsali a vedere da Bagheria, di

palmi 4 per 3 per l’avvocato Emmanuele Viola.

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226

Altri Due Paesi, uno ideale, l’altro la Veduta del principe di Trabiaalla Bagheria per composizione dell’architetto Palazzolo.

Ritratto, sulla maschera, del fu [Giuseppe] Bertini.Altro del fu Francesco Villa, colle mani, sulla maschera.Altro del fu barone Bellizini di Noto, con le mani sopra, un cattivo

ritratto per sua nepote.Una Testa esprimente Giuditta che parla col Fattore delle cose pria di

vibrare il colpo, indi Oloferne al naturale, per Don Giuseppe Di Martino.Ritratto del colonnello Di Piazza Punio, sino a petto.Altro all’impiede vestito di gentiluomo di Camera del principe di

Manganelli.Altro del canonico Valenza, sino a ginocchio.Altro di marito e moglie Corrao, abitanti a Nuova Jorch, sino a petto,

con una mano.Copia di ritratto della principessa di Partanna, per l’avvocato Franco.Un quadretto di S. Vito nel momento che nega di sacrificar agli Idoli,

per Regalbuto.Quadro di palmi 9 per 7 circa rappresentante la Madre e tre figli per il

nipote del barone Bordonaro.Ritratto di un bambino che tira un gattuzzo per la coda, figlio del

barone Paino.Altro, sino a ginocchio, del re Ferdinando 2° per l’IstitutoAgrario.San Giovanni Battista che predica, sino a ginocchio, per Cutelli.S. Giuseppe col Bambino, sino a ginocchio, per lo stesso Cutelli.Immacolata, fino al ventre, per l’avvocato Franco.

Anno 1847

Quadro di palmi 9.6 per palmi 6/2 rappresentante la Crocifissione diGesù Cristo con la Madonna, S. Giovanni e la Maddalena, dell’istessamnisura con l’altro rappresentante la Sagra Famiglia, cioè S. Giuseppe,Nostra Donna, il Bambino Gesù ed il piccolo Giovanni entrambi per lachiesa in Alcamo, detta la Madonna dei miracoli, per commissione delcanonico D. Leonardo Palermo.

Due ritratti dei coniugi D. Ferdinando Lello, in tela, di palmi 4 per 3.Copia del ritratto del principe di Manganelli, fino a petto.Due ritratti dei coniugi Raccuglia, sino a petto.Quadrettino esprimente una Rissa di ladri.

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Altro da servire di bozzetto per un quadretto esprimente la Nascita diCristo, da servire per una cappella domestica del barone Cafisi di Favara.

Ritratto, sino a petto, di Don Antonino Samonà.Altro di palmi 3 e palmi 4 del fu avvocato Francesco Franco.Altro dello stesso, sino a petto, sulla maschera.San Francesco Saverio di palmi 4 per 3, per Sciacca.San Giuseppe col Bambino per il cavaliere Cirino.Ritratto dello stesso autore Patania, sino a petto, per il marchese Milo.Altro del fu barone Papaleo di Scicli, di palmi 4 e palmi 5 sulla

maschera.Altro di D. Pietro Mirto morrealese, con le mani, sulla maschera.S. Paolo con le mani, di palmi 3 per palmi 2½.S. Pietro con le mani, come sopra.Ritratto della signora Scoppa con una mano.Altro del marito.Altro della signora Catalano, sino a petto.Altro della moglie di D. Diego Orlando.Altro di un fanciullo con le mani, figlio del dottor SamonàUna piccola Addolorata per il dottor Cappello di Settecannoli.

Anno 1848

Un piccolo quadro del Salvatore.Quadretto, copia sulla stampa della Madonna della segiola di

Raffaello, per l’abbadia delle monache benedettini di Randazzo.Numero quattro piccoli quadri, uno del Vespro siciliano. Altro

l’Assassinio di Guglielmo I. Il terzo, Il giorno 12 del gennaio 1848, ilquarto La fuga dei soldati che difendono il Palazzo Reale di Palermo.

Ritratto del barone Cafisi, con una mano.Altro del di lui fratello, il cavaliere, sino a petto.Altro del marchese Di Gregorio, la moglie e il figlio, fino a mezza

gamba.Due quadretti di palmi. 2 per palmi 1.1/3 circa, in uno, S. Rosalia nella

grotta con il libro, nell’altro S. Filomena.Ritratto della moglie Amodea *** messinese, con le mani.Altro della moglie del signor Grasso, sorella di D. Luigi Ciotti, con le mani.Altro della signora Rossi di Petralia, fino a petto.Altro di D. Ruggiero Settimo, con le mani, per Vittoria.

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Il Vespro siciliano, quadro di palmi 4 e palmi 5 per il barone Cafisi di Favara.Altro quadro denotante Guglielmo detto il Malo, compagno del

Vespro, nell’atto che i congiurati lo stanno per assassinare.Ritratto di D. Ruggiero Settimo.Altro del marchese di Torrearsa.Altro piccolo, con una mano, della signora Gazzanica, prima donna

cantante, per la famiglia Scaglione.Altro del fu Leonardi D’Aci, con le mani, per suo figlio.Altro di D. Angelo Nicolao, con le mani.Altro per sua moglie.

Anno 1849

Quadro di palmi 5 per 4.8. per il cav. Cafisi di Favara, rappresentantequando Gli ambasciatori siciliani si presentano al re Giacomo d’Aragonae francamente gli parlano. Nel detto quadro vi sono 26 figure ed in questivarii ritratti, quello che al re dirigge la parola è Agostino Gallo, quello cheha la mano sul viso Giuseppe Velasques maestro dell’autore, quello chesiede con le mani sulla tavola, Vincenzo Riolo, quello che parla con questoun apprendista detto Formisano, il primo del quadro alla sinistra, D.Giovanni Battista Cutelli, il pittore di genere ed ornamentista GiuseppeTripi599, vicino vi è l’autore. All’altro fianco del signor Gallo, Ottavio Viola.

Immacolata, piccolo quadro per un prete.Paese, per D. Simone Gramaglia.Ritratto dello stesso autore Giuseppe Patania con una mano tenendo

una bacchetta per D. Angelo Nicolao.Quadretto di palmi 3 per 2.6. denotante il Tempo dopo la battaglia di

Benevento, quando Carlo d’Angiò fa cercare il corpo di Manfredi fra icadaveri, per lo stesso D. Angelo Nicolao.

Piccolo S. Francesco di Paola per uso di un confrate per un fallegname.Ritratto rifatto di Rosalia Novelli, per Agostino Gallo. Quadro compagno del sudetto di Manfredi per detto Nicolao, denotante

Annibale che assolve le matrone salinontini dopo la rovina della detta città.Piccolo Salvatore, per lo stesso Nicolao.Numero otto piccoli Paesi.Più altri quattro della istessa misura, una per detto S.r Nicolao.

_________________________________

599 Giuseppe Tripi, pittore attivo nella prima metà del XIX secolo.

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Ritratto della fornaja Russo con le mani.Piccolo quadro di una Venerabile monaca teresiana, a mezza figura.Quadretto esprimente Federico lo Svevo che detta il testamento, per

Luigi Ciotti.Ritratto, a petto, del direttore di Grazia e Giustizia, La Lumia.Altro del fu Martino Spitalotto, sopra un ritrattino, sino a petto.Due altri del Re, sino a ginocchio, per la Gran Corte dei Conti, e per

l’Intendenza.Numero quattro Paesetti poco più grandi di quei sopra descritti, per

l’Inglese Dixchson[!].Quadretto denotante S. Teresa che infiamma una giovane a farsi mona-

ca, per l’abbadia di detta santa.Ritratto del Re e della Regina per il Magistrato di Salute.Altro del cavaliere Di Giovanni sino a petto con l’uniforme di ufficia-

le della Guardia Nazionale.Numero quattro Paesetti uguali ai predetti, per mister Dixchson [!].

Anno 1850

Quadretto denotante la Regina Bianca che esce dal tetto per fuggiredalle mani di Caprera.

Ritratto all’impiede del Re per la Consulta.Altro, a petto, della moglie di Paterna droghiere.Altro, con le mani, dell’avvocato Buttafoco.Altro di sua moglie ed un nipotino.Altro del celebre anatomico, Giovanni Gorgone, con le mani.Altro, sino a petto, del Direttore di Polizia, Maniscalco, sopra un pic-

colo ritratto.Piccolo quadro denotante una Mascherata per l’autore.S. Lorenzo, quadretto per D. Giuseppe Cantone.Ritratto di una signora annoverese, sino a petto.Quadro di palmi 11.6 per 6 con la figura di vescovo greco, S. Nicolò

dei Bari per il Palazzo Adriano.Ritratto della signora Caterina Scalia di anni 70, sino a petto.Un semi quadretto denotante la Nunziata.Altro simile denotante la Nascita della Bambina.Altro simile denotante la Discesa del popolo palermitano in buio da

Monreale.

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Altro simile denotante la Condotta del cavallo corsiero col premio perle strade di Palermo, a lume di fiaccole.

Piccolo ritratto della moglie di Salvatore Attinelli, fatto a memoria.

Continuazione dell’anno 1850

Un ritratto fino a petto con una mano della fu signora Sciarrino inSalvo, sulla maschera.

Ritratto del figlio dell’architetto Palazzotto.Due Paesi, uno di marina, l’altro di campagna, per il nipote di

Bordonaro negoziante.Un ritratto del commendatore Benintende, sino a petto.Un ritratto all’impiedi del cefalutano Giovanni Battista Favara.Un ritratto della signora Buzomo, con le mani.Un quadro esprimente l’Angelo Raffaele con Tobiolo per la Chiesa

Madre di Termini.Un ritratto del fu figlio del marchese Rudonì [!] a mezza gamba, sulle

parole.Un Cuore di Gesù per andar in Corsica.Un ritratto del fù cav. Ajroldi, sino a ginocchio.Un ritratto della moglie del fu Costantoino Costantini, sino a petto.Un ritratto all’impiedi del marchese Rodinì [!] vestito da gentiluomo.Un ritratto della moglie del cavaliere Ramondetta, fino a petto, sulla

maschera.Numero 4 ritratti, di forma ovali, della famiglia Statella per il marche-

se Spaccaforno.Un ritratto, all’impiedi, del fu marchese delle Favare per la Sala dei viceré.

Anno 1851

Un quadretto di S. Giovanni Battista che predica, fino a ginocchio, peril canonico Palermo.

Un ritratto all’impiedi del principe di Campofranco per la Sala deiVicerè.

Un quadro per altare dell’Annunziata, per Alcamo.Un ritratto con una mano per il principino di Satriano di una signora.Un ritratto di una cantante per il principe di Cutò, sino a petto.

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Un ritratto, sino a mezza gamba, del celebre maestro di contrapunto,signor Raimondi.

Un ritratto di un orefice Cataldi con una mano.Un ritratto fino a petto del barone Martines.Un ritratto dell’architetto [Nicolò] Puglia, sino a petto.Un ritratto, sino a mezza gamba, del fratello maggiore di D. Angelo

Nicolao.Altro piccolo dello stesso, per intero.Altro simile della stessa misura, e con le mani, del fratello minore del-

l’istessa facoltà.Due ritratti, sino a petto, del principe di Cutò.Altro quadro compagno dell’Annunziata per Alcamo e per la stessa

chiesa, esprimente la Nascita della Bambina.Un Santo vescovo non al natutrale, per lo stesso paese.Un quadro che esprime Gesù Cristo nell’atto che spiega un passo

della Scrittura a S. Giuseppe, di grandezza al naturale, per una chiesa lati-na del paese greco detto Palazzo Adriano.

Un ritratto, a mezza mano, del prete Pietro Gulli.Un quadro esprimente Gesù Cristo che guarisce un minuto[!]. La gran-

dezza delle figure mettà del vero per la Cappella dei sordomuti in Palermo.Un ritratto, a mezza mano, di una sorella di d. Ferdinando Melazzo.Un ritratto del fu giudice di Commercio, Adamo.Un ritratto del pittore G. Patania con mezza mano per il gioielliere Cataldi.Un quadretto esprimente Flora e Zefiro presso il figlio di Di Stefano

che si trova in Sciacca.Un ritratto, a mezza gamba, del padre del negoziante Lello.Quadretto della Madonna del rosario, per lo stesso signor Lello.Un ritratto di donna con le mani.Ritratto di Ariosto con una mano.Altro di Tasso per Cantone.Due Paesetti per D. Angelo Nicolao.Un bozzettino per un napolitano, Caino ed Abele ed Angelo.Una copia del ritratto del presidente Costantino Costantini per D.

Agostino Gallo.Un ritratto della figliastra del pittore Patania da bambina, fatto anni

prima e finito ora.Due ritratti, senza mano, del medico Dominici.Altro del figlio.Altro, fino a petto, del medico Proiti se pure un cattivo ritratto.

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Anno 1852

Un quadro di Gesù, Maria, Giuseppe per D. Angelo Nicolao.Un ritratto del principe Lanza, fino a ginocchio.Un S. Francesco piccolo per i Cappuccini.Un ritratto dello stesso Patania da servire per le stanze dei Ritratti dei

pittori nella Galleria ducale di Firenze.Un ritratto della nuora del presidente Piraino con le mani, che non

compì perché fu l’ultimo lavoro pria di morire.

Supplimento degli anni 1837 sino al 1851

Anno 1837Ritratto dell’avvocato Turetta, intero.S. Nicolò di Bari, quadro per Sergio. Le figure al naturale pel S.

Stefano di Camastra.Un quadro di palmi 4 per 3 esprimente un Baccanale per Giovanni

Battista Cutelli.Un quadro di palmi 6.6. per 3.8 rappresentante Efigenia che sta per

sposare Achille per Girgenti, per l’avvocato Dara.

Ritratto di [Domenico] Scinà, palmi 4 per 5 per il Calasanzio.

Anno 1838Ritratto dell’abate [Francesco] Nascè per il S. Gallo.Un quadro di Varj santi con il mostro colera per Mistretta, di grandez-

za al naturale.Un quadro di S. Francesco di grandezza palmi 11 per 8.6. per S.

Mauro.

Anno 1839Un ritratto di un negoziante americano detto Loren, fino a mezza

gamba.Un quadro di S. Gaetano per l’abadia di S. Gaetano di Monreale, alto

pal 18 per pal. 10.7.Un ritratto intiero del Re Ferdinando 2° per l’Albergo di Monreale.Un fregio per la camera a dormire de conte Tasca, rappresentanti Varii

putti che esprimono varj fatti del matrimonio.

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Anno 1840Un quadretto di S. Filomena, che prende il martirio.Altro simile per Regalbuto.

Anno 1841Un quadro di Erminia che trova il Pastore, di grandezza palmi 4.6 per

4 per FavaraAltro quadretto per Cafisi per Favara, rappresentante il Templario che

vuole rapire Rebecca, sul romanzo [di] Valter Scot [!]Altro di Don Abbondio che è parlato dai sgherri. Manzoni, Monaca di Monza.Più altro che esprime una Nostra taverna.Un quadro denotante il Ritorno dalla caccia per il barone Battista, di

palmi 7.4 per 5.3.Altro pello stesso di palmi 2 per 3 esprimente il Riposo di Egitto.N 1° quadro grande [raffigurante] la Trasfigurazione alto 21 per 8

circa per Randazzo.Numero 3 quadri per altare, cioè l’Adorazione dei magi, il Martirio di

S. Bartolomeo, ed Un miracolo di S. Benedetto.Un quadro per altare rappresentante S. Benedetto, per Aci Reale, che

dà la Regola a sua sorella Abadessa.Due quadri mezzani per Calatafimi, un S. Pietro ed un S. Stefano.Altro della Trinità per l’altare maggiore per Calatafimi.Quadro [rappresentante] i Discepoli di Emmaus per il Refettorio dei

PP. Benedettini di Monreale.Un quadro per altare denotante S. Gaetano che distribuisce il pane agli

affamati, per la chiesa di S. Gaetano.

Anno 1844Un quadro di Gesù Cristo che stanno leganno alla colonna, di gran-

dezza palmi 12 per 8 circa.Un ritratto del celebre [Vincenzo] Bellini, per Gallo.

Anno 1845Un ritratto di Giorgio Matranga della Piana dei Greci, spedito a Roma.Un picciolo quadretto del Vespro Siciliano, presso l’Autore.

1846 e 1847Due quadri mezzani per una chiesa di Alcamo, uno raffigurante la

Crocifissione, e l’altro la Sacra Famiglia.

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Altri tre quadri per la stessa chiesa, uno fatto anni prima per l’altaremaggiore ove ora vi sono Varie Sante, e due più piccoli, uno l’Annunziatae l’altro la Nascita della Madonna.

1848Due quadri, uno il Vespro Siciliano e l’altro l’Assassinio di Guglielmo

per Cafisi di Favara.

1849Un quadro di palmi 6 per palmi 4.8 per il cavaliere Cafisi di Favara,

rappresentante Gli ambasciatori siciliani che si presentano al re Giacomodi Aragona.

Un Paese per D. Simone Gramaglia, di mezzana grandezza.Due ritratti dello stesso S.r Patania, uno per D. Angelo Nicolao, e l’al-

tro per il gioielliere D. Pietro Cataldi.Due quadri di Istoria Sicula, uno dopo la battaglia di *** dove Carlo

trova il corpo di Manfredi; l’altro Annibale che fa grazia a molte donne diSelinonte di palmi 3 per palmi 2.6, per D. Angelo Nicolao.

1850Un quadretto esprimente la Regina Bianca che esce dal tetto per fug-

gire da Caprera, per lo stesso Patania.Un ritratto del celebre anatomico D: Giovanni Gorgone.Numero 4 piccoli quadri denotanti un Carnevale, la Discesa di

Monreale, il Cavallo premiato, e la Processione dell’Immacolata inPalermo, per ***.

Un quadro con le figure, molte dal vero, esprimente Tobiolo, per Termine.Due Paesi per il signor barone Bordonaro.Un Salvatore, mezza figura per Corsica.S. Nicolò di Bari, quadro al vero, per il Palazzo Adriano.

1851Ritratto di una prima donna cantante con una man<o>.Quadro con le figure al naturale denotante S. Giuseppe ed il Salvatore

per il Palazzo Adriano.Un quadro che esprime Gesù Cristo che guarisce un mutolo per lo

Stabilimento dei Sordimuti con le figure molto al naturale.Un quadretto di Flora e Zefero.

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Su Giuseppe Patania celebre pittore

Giuseppe Patania che tanto onorò Palermo, sua patria e sé stesso conl’arte di Apelle in cui fu eccelso dopo il Velasques, suo maestro, e che erafornito di tutte le virtù sociali e cristiane e lasciò scolari degni di lui, nes-suno de’ quali bensì l’ha superato, meritò in vita di essere da tutti riveritoed amato menocché da un ingrato e fanatico suo discente che ultimo fra ipittori viventi ne ha offeso la memoria in una sua indigesta opera titolataDelle Belle Arti in Sicilia pubblicata a nome dell’abate D. Gioacchino DiMarzo per iscanzare la vergogna della iniqua maldicenza delle sue pazzelodi come riformatore della pittura in Palermo600.

Il Patania ottenne in vita l’onore di una biografia scritta dall’egregiopoeta sig. Lionardo Vigo di Acireale e d’infiniti artisti di varî scrittori sulleopere ch’egli dipinse e non per la poesia e fra questi autori di prosa e diversi vuolsi nominare il primo, il celebre abate Giovanni Meli, il qualevisitandone lo studio, il ritrovò in compagnia di diversi letterati che ama-vano di vederlo dipingere e gli diresse il seguente sonetto

601:

Dissi chi non ti invidiu ‘ntra stu munnu / S’aja un tozzu, e la paci stacu mia; / Ma doppu ch’acconusciu a Patania, / Di la mia indifferenza nunrispunnu / Vidiri un omu non vinci a funnu / D’una fecunna e ricca fanta-sia, / E quantu pensa, imagina e disia / Lu crea e anima in tili netti esummi / Vidirlu in tra la stanza immenza a tanti / parti di lui so geniu ecurunatu / Da genti saggia e di bell’arti amanti / Cunfessu a tali vista chitentatu / Jeu sugnu da l’invidia non ostanti / Ch’aju lu tozzu e la mia pacia latu.

Fra gli altri componimenti poetici avvi un ode di Agostino Gallo, suoscolare, in cui rassegna partico<lar>mente alcune delle principali operedel Patania, e quel componimento fu allora applaudito e inserito nelladecade delle Belle Arti e indi corse stampato fra le poesie del *** pubbli-cate colle stampe del Dato nel 1816.

Questi scrisse poi varî articoli su gli altri dipinti del medesimo, comequelli della Lega [!] col cigno602, bellissimo quadro dipinto sopra tavola,pel cav. *** fiorentino, segretario della Commissione di Belle Arti in_________________________________

600 Per l’opera di Gioacchino Di Marzo cfr. n. 25. Il riferimento è al pittore Giuseppe Meli, allievodel Patania, ritenuto dal Gallo l’artefice della fatica; difende altresì il Patania nel saggio Sugli scrit-tori moderni … cit. p. 76-78, dove fa un’acuta disanima dell’arte del Maestro.601 Cfr. Poesie siciliane dell’abate Giovanni Meli. … Volume postumo che può servir di seguitoall’edizione del 1814 pubblicato a spese delle eredi da Agostino Gallo, Palermo, per Baldanza, 1826.602 Potrebbe trattarsi del cav. Puccini. Cfr. Agostino Gallo, “Leda col cigno, favola dipinta daPatania”, in: Mercurio Siculo, 1826, n. 31.

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Napoli, e lui indi lo vendette a carissimo prezzo, e scrisse pure un altroarticolo sul quadro da chiesa rappresentante Cristo che consegna a S.Pietro le chiavi alla presenza degli altri apostoli, opera delle migliori ingran dimensione commessagli da monsignor Gravina arcivescovo diPalermo per la chiesa di Montevago. L’avvocato Zerega Antonino amato-re delle belle arti, D. Ferdinando Malvica ed altri scrissero pure articoliencomiastici per altri quadri del Patania603. D’allora vennero ricercati almedesimo da varî amici il suo ritratto, a’ quali prestossi egli gratuitamen-te e primo pel suo più intimo Agostino Gallo e da ultimo per la Galleri diFirenze richiestagli per mezzo del Gallo dal Direttore della medesima. Lapubblica opinione in tutto favorevole al Patania gli attirò una folla di com-missioni tanto per Palermo che per l’interno dell’isola, per Roma e ancheper America e per Francia sebbene non fossero che ritratti, nel qual gene-re egli allora primeggiava per la somiglianza e per la grazia ed espressio-ne. Il suo ritratto di un giovane inglese fu esposto a Nuova Jorch [!] e giu-dicato degno del premio. Ma l’inglese che lo presentò disse che non avevaavuto quell’incarico e quindi invece del premio ottenne l’ammissione avôti unanimi di socio di quella Accademia.

Il ritratto di Maria Amalia regina dei Francesi, capitato in Francia, fuapplaudito da monsieur Chateaubriand e due altri, uno della signoraVincenza Grassellini duchessa di Castelbrolo dipinto di commissione delcardinale suo fratello e un altro di un prete greco, come pure alcuni suoischizzi a penna, furono lodati dal celebre pittore cav. Camuccini.

Pervenuti in Parigi alcuni schizzi a penna sulla Storia del Telemacorecativi da Giuseppe Bucalo, suo figliastro, meritarono a Patania in ungiornale di belle arti604 un lungo articolo encomiastico e alla sua morte unaltro necrologico col suo ritratto.

Lo stesso Governo borbonico, poco curante de’ letterati e degli artisti,spinto dalla pubblica opinione, avea già decorato dell’Ordine cavalleresco diFrancesco I quell’insigne dipintore. L’invidia intanto si accresceva tra i suoicolleghi che vedevano scemati assai i lavori al loro pennello e per abbatternela reputazione605 lo discreditavano dicendo che il Patania pingesse di manie-ra e come suol dirsi a braccio con un falso colorito. I conoscitori imparziali egli stranieri artisti ed amatori che visitavano sovente il suo studio giudicava-_________________________________

603 Antonino Zerega, “Sopra un dipinto di Patania”, in: Passatempo per le dame, 9 maggio 1835 eFerdinando Malvica, Santa Rosalia pregante la Vergine perché spegnesi la peste del 1743 che laSicilia desolava. Egregio quadro di Giuseppe Patania dipinto, da Ferdinando Malvica illustrato,Palermo, presso Lorenzo Dato, 1828.604 Il presunto riferimento è al giornale Il Vapore. Vedi alle p. 277-284.605 Segue cancellata la parola: “giudicavano”.

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no all’opposto. Il vero si è che Patania non aveva fra i suoi contemporaneialcun rivale nella invenzione e composizione pittorica, ch’egli eseguiva inschizzi a penna con la rapidità del fulmine senza guardare le movenze dellestampe dei personaggi. E io spesso la sera da lui destinata a questo esercizioda lui riguardato come passatempo gli apprestai dei temi istorici e mitologi-ci, ch’ej improvvisava subito sulla carta. E di queste sue composizioni sullastoria di Sicilia dopo di essergliene state rubate circa 60 da un suo scolare,egli mostrandosene poco dolente disse al Gallo: «Ebbene le rifarrò certomigliori perché sembrami di esser meglio progredito nell’arte» e non trascor-sero che pochi mesi che furono eseguiti di nuovo. Dotato di tanta fecondità efacilità d’ingegno, egli lasciò nelle sue cartiere da circa 600 schizzi606.

Questo prodigio avveniva per le sue facoltà intellettuali che in luierano in grado eminente per l’immaginazione e la memoria. L’una chesapea attuare prontamente il il concetto artistico ideato o datogli e l’altroritenere a memoria le attitudini e le movenze delle persone, che giudicavaformar parte della composizione ch’egli diligente com’era aveva osserva-to e ne riteneva in serbo le immagini607 nella memoria; talché solea dire checome vivo gli si presentava il pensiero, la mano l’ubbidiva sul momento.

La seconda incolpazione ch’egli pingesse di maniera era anche falsa ecalunniosa e così pure la terza che il suo colorito fosse falso. Egli ritraevasempre dal vero i movimenti dell’attitudine de’ quadri grandi che avea giàdeterminato collo schizzo, e quelli dei piccoli quadri li ricavava spesso dalmettere in mosse i suoi scolari e l’eleganza dei contorni delle statue digesso al confronto del vero secondo il sistema di Velasques, onde ottener-sene l’evidenza e l’eleganza ad un tempo. Era impossibile poi per lui chedipinse molte centinaia di ritratti somigliantissimi di uomini, di donne, digiovani e di vecchi e di fanciulli, di cui coll’esercizio riteneva la varietàdel colorito che gli apprestava la natura negli originali che avesse poipotuto falsarlo nelle figure ideali delle sue composizioni. Però come istin-tivo era in lui e per abitudine divenuto608 abituale il bello, avveniva che lesue figure lo mostrassero talvolta di troppo. Ed io una volta che fu chiestoda lui se nelle teste di carattere avesse raggiunto il suo insigne maestroVelasques, gli dissi francamente di no; ma l’avete bensì superato nelleteste muliebri, perché siete stato più donnaiolo di lui609 e sapete meglioesprimerne la grazia sì ne’ ritratti delle giovani donne talché tutte le belle_________________________________

606 La Galleria Regionale della Sicilia di Palermo custodisce i preziosi reperti.607 Segue cancellata la parola: “della”.608 Segue cancellata la parola: “familiare”.609 Segue cancellata la parola: “Rise”.

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di Palermo han ricercato a gara il vostro pennello. Rise al mio giudizio tem-perato con equità di biasimo e di lode e dopo alquanti giorni cominciò amostrarmi delineati e tratteggiati a lapis e a fumino610 in carta varie teste dicaratteri differenti ch’egli indicava col nome di diversi personaggi dell’Iliadedi Omero e dell’istoria conosciuti per le diverse passioni e per l’indole lorpropria. Ed erano invero molto espressive. Ma osservai che ne’ suoi quadrigrandi l’espressione appariva più debole e principalmente nel colorito in cuimolto sacrificava all’effetto del vero; e difatti i manigoldi della Flagellazionedi Gesù Cristo, quadro insigne ch’egli dipinse per la chiesa della Magione viavrei desiderati più fieri e un colorito più fosco - nei piccoli bensì, e ne’ suoisoggetti leggiadri e particolarmente nei quadri da cavalletto.

Patania vantar poteva il primato tra i pittori della sua età, e basterebbea sua gloria l’accennare le due Veneri, l’una dell’idea del Correggio colsatiro che ruba il turcasso ad Amore, e l’altra di sua invenzione col suoamante Adone che ritorna dalla caccia, che fu ammirato nella Esposizionedi Firenze, come si disse.611 Altri tre piccoli quadri di singolar venustàch’egli dipinse con amore sommo e due pel suo amico signor GiambattistaCutelli e l’atro per me. Ma tutte e tre ora pervenute in mio potere sonoessi612 Venere che bacia con un viso di sentimento di voluttà e compiacen-za materna il suo fanciullo Cupido, l’altro Cupido che abbraccia laSperanza mentr’essa ne sostiene viva la face; tema da me dato al pittorein contrapposto di altri quadrettini di egual misura, uno del Velasques incui Venere allatta Cupido e l’altro di Vincenzo Riolo ove scorgesi Amoreche annoda le braccia al Tempo con un serto di fiori.

Il terzo quadrettino di Patania è ricavato dall’idea di Correggio soprauna stampa meschinamente incisa presentatagli per613 copiarne il concettodal signor Cutelli e rappresenta l’Affetto materno con tre bambini, uno614

all’impiedi presso la poppa, l’altro stretto da lui colla sinistra e il terzo sulcollo cui porge un bacio. In questo quadrettino di singolare bellezza,Patania corresse il disegno viziato nella incisione e sulla idea che avevadella grazia del Correggio cercò di supplirla col suo legiadrissimo pennel-_________________________________

610 Dalla forma latina lapis haematites, pietra di color rosso sangue adatta per disegnare, deriva l’ita-liano lapis amatita. Il teorico Filippo Baldinucci, in Vocabolario toscano dell’arte del disegno(Firenze, per Santi Franchi al segno della Passione, 1681), la identifica in «una pietra naturale moltodura, della quale si vagliono i Pittori, er fare i disegni su’ fogli, lasciandovi il suo colore, che èrosso». Fumino è il termine elaborato presumibilmente dal Gallo: è assente nel lessico tecnico, èinvece presente il verbo fumeggiare, ossia degradare i colori smorzandoli mediante il chiaroscuro.611 Segue corretto “Un altro piccolo quadro” in “Altri tre piccoli quadri”.612 Segue cancellata la parola: “una”.613 Seguono cancellate le parole: “l’imitazione”.614 Segue cancellata la parola: “alla” sostituita da “all’impiedi presso la”.

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lo quasi volendone emulare l’originale. È questo615 una gemma di orna-mento del mio gabinetto, e son persuaso che opera più diligente e venustanon fu mai dipinta da quel mirabile artista.

Patania fra le delizie del bello e delle grazie era giunto a non sentirepiù gli affanni della sua vita travagliata da un lungo morbo, che converti-to in erpete, gli aveva corroso tutto il braccio sinistro ed estendevasi quasial petto essendogli d’uopo deviarne l’umore di due emissarî alle gambeche disseccati lo tolsero a’ viventi per l’umore che gli assalì il petto inpoche ore nel nevoso febbraio 1852 e spirò tra le mie braccia co’ suoi con-sueti sentimenti e gli ajuti della religione, e fu accompagnato al sepolcroda tutti gli artisti anche da quelli che gli erano stati avversi in vita.

Noi abbiamo voluto premettere questo articolo a maggiore schiarimentodella sua necrologia scritta da616 Carlo Frataccia suo scolare e pubblicato laprima volta nel Giornale dell’Armonia in Palermo617 e riprodotto nel Polioramapittoresco col suo ritratto somigliante nell’anno 1853 a pag. 279 e sg.ti.

Necrologia di Giuseppe Patania

Il dì 22 febbraro 1852 il pittore Giuseppe Patania mancava ai viventi.Spirava fra le braccia dei congiunti e degli amici che non sapevano regge-re a tanto strazio.

Una crudelissima cistite che per lunghi anni afflisse la sua esistenzagià in preda a tanti mali, vinse le sue tenui forze vitali. Eppure non poteaconcepirsi come questa esistenza tutta concentrata nello spirito, questavita in cui solo brillava il pensiero, questa larva animata dal genio si fossespenta. Nella stanza contigua ove giacea fredda la salma dell’artista, eglivivea nelle sue opere di cui parte, ordinavano le pareti e confortavano ilriguardante, che in quelle era chiuso un avvenire per l’illustre pittore.

Patania nacque per l’arte. Fu dotato di altissimo ingegno e dalle soleprime notizie del disegno seppe elevarsi alla sublime conoscenza dell’ar-te pittorica non meno che all’analisi filosofica del cuore e degli atti umani;e quindi di trasferire nelle sue opere questo sapere vestito delle forme sen-sibili dell’arte. Una spontaneità nel comporre, una618 evidenza nel conce-_________________________________

615 Seguono cancellate le parole: “il meglio”.616 Seguono cancellate le parole: “chi gli fu”.617 Carlo Frataccia, “Necrologia”, in: Giornale dell’armonia, a. 3, n. 18 (29 febbraio 1852). L’articolonon è firmato.618 Segue cancellata la parola: “conoscenza”.

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pire i soggetti, un sano giudizio nella esecuzione erano i suoi primi pregiche lo somigliano a’ più grandi artisti. Egli era uso dire che allorquandovolea comporre, gli si rappresentava così viva l’idea del quadro, che gliparea toccarlo; e la mano mal prestavasi per ubbedire alla foga del pensie-ro. L’anima sua gentile gli dettò uno stile nel pingere che da’ classici nonavea potuto apprendere a cagione della sua inferma salute che gl’impedìdi recarsi a studiare in Roma. Egli fu però nel colore di un sentire teneroe di un affetto mediocre, amando meglio la calma anziché quel tono vibra-to che sovente abbaglia la vista ma non muove l’intelletto e il cuore. Ne’suoi quadri oltre l’eleganza del disegno s’operò quasi sempre una conve-nienza ed uno spirito proprî del genio e congiunti alla riflessione.

Molti sanno ch’egli componea del continuo, e lasciò infatti una innu-merevole quantità di schizzi o a dir meglio composizioni a contorno. Leore che v’impiegava erano per lui le più deliziose della vita, poiché dice-va esser la composizione l’unico lavoro del quale rimaneva soddisfattoquand’ei, pingendo ricorrea alla mente colle opere dei più grandi artistidesistea spesso dal lavoro e con trasporto ne parlava agli amici, talchéparea informarsi del genio degl’illustri pittori; e ne ragiovava con tantogusto nell’arte, che, tenendo parole di Raffaello fu visto cadergli qualchelagrima.

Ma in Patania non si è perduto solamente l’illustre pittore. Era egli ilpadre di quanti artisti a lui ricorrevano, de’ giovani che accoglieva nel suostudio per educarli nell’arte, dei poveri che domandavano il di lui soccorso.

Ei dirigeva gli uni nelle opere di arte; istruiva gli altri nei principî conquel disinteresse, con quello impegno ch’è proprio delle anime benfatte egrandi. Era giusto e spassionato ammiratore del619 merito degli artisti suoicontemporanei e cercava sempre lodarne i pregi serbando un ammirevolesilenzio per la parte dei difetti. Sensibile sino al grado del fanciullo amavail bello in modo che lo movea a sdegno il deforme. Il suo cuore accoglievacon tanta tenerezza la virtù con quanto orrore detestava il vizio. Dolce e insi-nuante nei modi, nel conversare era tanto piacevole che rendeva difficile achiunque il prender commiato da lui. Ragionava con tanto buon senso dellasua patria e sulla morale e sopra altre difficili materie che gli uomini dottiaveano qualche volta a cavarne argomenti di nuove ed utili riflessioni.

Benché innoltrato negli anni, il suo cuore non avea perduto le dolci illu-sioni della gioventù ed era ardente nei desiderî e nelle speranze. Fiero dellasua dignità, e modesto del poco in vita sino all’umiltà, sapea a proposito_________________________________

619 Segue cancellata la parola: “genio”.

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lanciare uno sguardo fulmineo, una parola sdegnosa e accogliere senz’alte-rigia la lode scevra d’adulazione. Fermo ne’ suoi proponimenti, animaumana non potea rimunerarlo mai. Rifuggiva dalla idea della vendetta, sealcuno volea nuocergli, o gli nocque. Odiò i tristi, perché amava la virtùnon già perché lo avessero costretto a tracannare il calice dell’amarezza.

Fu alto di statura, nobile e gentile di forme, il suo naso alquanto sfor-mato per morbo aggiungeva per lui una caratteristica anche più interessan-te. Gli occhi eran grandi e pieni del fuoco del genio, e quegli occhi ubbidi-vano a tutti i modi del suo intelletto, informavansi di tutti i sentimenti delsuo cuore. Avea lunghi i capelli, e quella chioma ormai fatta rara, chiudevacome in una cornice un bianco volto tinto di un interessante pallore, e in cuila vita del pensiero parea reggere l’esistenza organica del grand’uomo.

Vivendo chiuso sempre in una stanza nella quale una tremenda malat-tia l’avea forse da un 20° confinato, lavorava incessantemente né mai stan-cavasi, impiegando più di 12 ore al giorno in profonde applicazioni.Costretto ad esser parco nei cibi, a limitarsi entro una sfera ristrettissimadi fisiche soddisfazioni, la sua vita era un miracolo; la scintilla inventricedel suo genio lo reggeva, anzi parea che l’arte sola fosse l’unica sua vita;ed egli ripetea di continuo, in tuono malinconico ch’era stanco alfined’una esistenza piena di dolori, che il solo amor dell’arte gli rendea sop-portabile, e ancor men dura.

Ed il momento fatale si appressò e fu sì breve che rispose affatto a’suoi desideri. Parlò con coraggio del suo fine. Ringraziò a Dio che lo con-ducea in porto e con serenità ricevé gli estremi ufficî della religione.Quando egli compiva la sua carriera toccava gli anni 72.

Chi scrive queste parole, con l’anima rattristata per la perdita di untanto uomo, non può tratteggiare in breve cenno la vita di un artista degnodi eterna memoria, e sul quale l’Haez620 e il D’Azeglio non che molti altriartisti non italiani hanno profferito onorevoli sentenze.

Il suo corpo fu seppellito nella chiesa di S. Maria di Gesù dopo esserestato accompagnato da tutti gli artisti di Palermo.

Sui pittori G. Patania, G. Velasques e Giuseppe Camerano

Michele Cortegiani621 stato scolare di Patania, rapportava al signor_________________________________

620 Francesco Hayez, pittore storico, nato a Venezia nel 1791, morto a Milano nel 1822.621 Michele Cortegiani, pittore, nato a Napoli nel 1857, morto a Tunisi dopo il 1897.

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Ferdinando Milazzo che ritrovandosi in Roma ed essendo un giorno incompagnia di varii artisti, e fra’ quali il nostro cavaliere Natale Carta egre-gio pittore, e il commendatore Tenerani622 celebre scultore *** si mossediscorso dal Cortegiani sul merito pittorico del Patania e specialmente nellapronta invenzione. Carta soggiunse in alcune cose è certo un valente arti-sta. Il Cortegiani disse vol farvi meglio conoscere anche da un semplicedisegno a penna di sua invenzione delineato sotto gli occhi miei in due ore,e corse subito alla vicina sua casa, poco dopo recò all’onorevole brigata ildisegno a penna d’una Venere giacente con Cupido in un’amenissima cam-pagna; quindi può idearsi quella di Cipro o di Citera. Fu tosto diligente-mente contemplato da tutti gli artisti quel disegno e fu ammirato per la gra-zia e623 l’espressio[ne] e pel buon disegno, per la facilità d[…]co dellapenna, e il commendator [Tene]rani in particolare lodollo per la […] quali-tà prevalente nel suo famoso Cupido e in altre statue di soggetti leggiadri.

Un simile caso avvenne a me in Napoli quando il cav. VincenzoCamuccini insigne pittore, avea recato ivi il suo egregio quadro del mira-colo di S. Francesco di Paola che resuscita un morto, e si ammira nellachiesa di quel santo, di contro al Real palazzo di città. Era stato egli invi-tato a pranzo con me dal marchese Tommaso Gargallo. Costui mostrò alCamuccini tre bozzetti del nostro Giuseppe Velasques, e due disegni apenna del Patania. Questi, alla mia presenza, disse: Velasques è un granpittore, guardando poi attentamente i disegni del Patania, chiese l’età di luiche allor contava anni 38, e saputala disse: costui mostra un felicissimoingegno nell’invenzione e una grazia ed espressione singolar con la penna;ma difetta nella prospettiva degli edifici di cui ha ornato una composizio-ne e di ciò resi tosto avvertito per lettera il Patania che d’allora dessi a stu-diar meglio la prospettiva, comprando qualche opera su tale oggetto.Quando poi rividi in Roma il Camuccini dopo molti anni il Camuccini nel1841, egli ricordandosi del Velasques, e di Patania del quale dicevami diaverne ammirato il Ritratto della duchessa di Brolo presso il figlio, mon-signor Grassellini, e un altro di un greco-sicolo, mi chiese se ancor vive-vano ed io gli dissi che il primo era morto nel 1827 e l’altro viveva anco-ra, e progrediva nell’arte, affollato di commissioni. Il Camuccini dissemi:potete vantare due valorosi artisti e per la grazia della pennetta e del pen-nello particolarmente Patania, e prima di essi quel Mariano Rossi624 da_________________________________

622 Pietro Tenerani, scultore, nato a Torano, Carrara, nel 1789, morto a Roma nel 1869, rappresentan-te del neoclassicismo europeo.623 Il testo che segue è incompleto per una lacuna della c. 337.624 Vedi nota n. 408.

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Sciacca per il chiaro-scuro e colorito e grandi composizioni sebbene sen-tano alquanto di maniera ne’ panni e nelle attitudini convenzionali; e di piùfra’ pittori giovani e viventi il vostro Natale Carta qui soggiornante chegareggia co’ migliori nel dipingere il ritratto, e si distingue ne’ quadri dileggiadro argomento pel suo delicato stile Guidesco625.

Don Ferdinando Milazzo intimo amico di Patania al pari di me,Agostino Gallo, riferivami che un giorno si facevan alla sua presenza delgiovane medesimo pittore Calogero De Bernardis626 elogio d’un quadro inuna chiesa di Sciacca, d’un quadro da lui attribuito a Mariano RossiPatania gli domandò che rappresentasse e la chiesa ove fosse. Quegli glie-lo disse.627 Patania sorridendo rispose: [il] quadro da molti anni fu dipintoda [Mariano] Rossi. Eb[…] rerico il [De Be]rnardis: Allora voi dipingeva-te meglio d’ora. Montò in furia il Patania e disse: E tu minchione che sape-sti distinguere il mio stile tutto diverso da quello di Rossi, pensi giudicarse allora pingeva meglio di adesso?

Anche Giuseppe Camerani628 che nato in Sciacca dimorò sempre inNapoli e segnalossi nelle629 complicate composizioni sì istoriche comequel del Gran Sipario del Regio Teatro di S. Carlo, lodava il Velasques colPatania, e dicevami che al primo avea servito da aiuto, trovandosi aPalermo in gioventù. Il Camerano poi menava vanto di esser nato sicilia-no, e quando era in broncio con altri artisti napoletani, dir soleva: io sonsiciliano, né mi lascio vincere da voi marmotte. Egli scriveva versi dante-schi napoletani ed epigrammi piccanti e per diletto rappresentava benissi-mo in Carnevale ne’ teatri privati il personaggio di Pulcinella in cui erasireso fanno suo padre.

Or quando intese che un artista napoletano detto avea ch’era migliorPulcinella che pittore, gli disse: il rappresentando quel personaggio mipropongo di far ridere, ciò che ottieni tu dipingendo, ed io all’incontro colpennello fo’ guardare con attenzione e diletto i miei quadri.

Ad un altro pittore, suo nemico, che avea fatto una Venere accovaccia-ta, e un Cupido in piedi con la caccia aperta, figure leccate e con sfuma-ture condotte, scrisse per epigrafe il Camerano: Pittura liscia, liscia/l’Amore caca, Cupido piscia._________________________________

625 Riferimento allo stile del pittore Guido Reni, nato a Bologna nel 1575, ivi morto nel 1642, edu-cato nell’Accademia emiliana dei Carracci.626 Vedi nota n. 487.627 Segue cancellata la parola: “Allora”. Il testo che segue è incompleto per una lacuna della c. 337.628 Giuseppe Camerani (o Cammarano o Camerano) pittore, scenografo, nato a Sciacca nel 1766,morto a Napoli nel 1850.629 Segue cancellata la parola: “grandi”.

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Camerano lasciar voleva un ricordo di riconoscenza nel Duomo dellacittà di Sciacca, ov’era nato, un suo quadro della Beata Vergine per la pre-della dell’altare maggiore e scrisse al Vicario per inviargliene la propor-zionata dimensione. Costui gli mandò la misura d’un immenso quadro delcappellone. Il Camerano disgustatosi per l’indiscrezione come dicevaminon gli dipinse e donò né l’uno né l’altro. Dipinse bensì, per la miaCollezione degli uomini illustri siciliani, il suo ritratto da me chiestogli epagatogli discretamente, ch’è somigliante e ben dipinto al quale apposi laseguente epigrafe: Gius. Camarano nato in sciacca nel 1765, morto inNapoli nel 1850. Pittor e poeta, comico e faceto / sé, e la patria onorevolin sul sabato.

Lasciò un figlio per nome *** pittore scenografo e un altro *** poetaegregio, comico.

Un anedoto [!] della vita di Giuseppe Patania, celebre pittore palermitano

Giuseppe Patania fu pittore operosissimo di pronta esecuzione, essen-do di pronta immaginazione, e di rapido e instancabile pennello. L’amoredell’arte e della gloria era in lui prevalente sull’amor del guadagno, e deldenaro. Di fatti metteva egli un prezzo assai discreto alle belle opere sue,che per l’indicata qualità del suo ingegno, furon pressoché infinite, parti-colarmente i ritratti, i piccoli quadri da cavalletto in che egregiamente eprincipalmente riusciva.

Cumulò quindi nella lunga sua vita alquante migliaia d’onze; nonostante che molto spendesse per la sua cronica infermità, pel suo sostenta-mento, per soccorsi mensili dati al padre, al fratello, e per largizioni segre-te a’ poveri artisti.

Rapporterò un fatto narratomi da un pittore adornista sulla beneficien-za usatagli dal Patania. Nella rivoluzione del 1848 era quegli senza lavo-ro, e una mattina, privo di mezzi, di dare vitto alla sua famiglia, visitòPatania, che trovavasi solo, si accorse costui dell’aria mesta dell’altro. Neindovinò la cagione e il soccorse, senza richiesta, di onze due.

Nella sua stanza da studio tenea due grandi scanzie di principalmentedi storia, di mitologia, di costumi antichi e moderni, di autori d’opere d’ar-te, e di poeti. Eran questi ben legati, e in buon ordine disposti. Erasi eglifornito di sacchetti da potere ciascuno contenere onze630 cento. Dietro i libri_________________________________

630 Segue cancellata la parola: “cinquanta”.

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delle superiori scanzie teneva nascosti quei saccetti pieni di moneta diargento, e in uno di essi riunite molte di oro. Con nessuna precauzione quel-le scanzie eran fermate da una piccola chiave e da un cricchetto interno; tal-ché con lo scu<o>terne i telai si staccava il crocchetto, e quelli si aprivano.

Dormiva egli in un prossimo camerino. Alzatosi da letto una mattinanell’entrar nella stanza da studio si accorse di essere aperti gli sportellidelle scanzie. Suppose che nella notte gli fosse stato rubato il danaro; matemendo che col verificare il sospetto dovesse soffrirne dispiacere, chiusenuovamente gli sportelli, e si pose, secondo il consueto, a dipingere. Perònon ripose più altro denaro che ricavava pe’ suoi lavori in quel sito, ma inun armadio meglio custodito.

Alla sera io, e D. Ferdinando Melazzo, ch’eravamo i più intimi amicidi lui, trovandoci in sua casa, egli ci narrò l’avvenimento accennato, e ilsuo sospetto che chiudea nel cuore da sei o più mesi. Amendue sclamam-mo: oh, poi questa vostra è un’apatia senza esempio. Rispose scusandosi,che non voleva aver certezza di ciò che potea nuocere alla sua salute.Replicammo: dunque tenete quasi per certo che il danaro vi sia stato ruba-to? Si, per vero; perché i chiusi le scansie e le ho trovate aperte. Se dun-que adesso ne foste confermato coll’ispezione ne soffrireste gravemente.Non più; perché son persuaso che il danaro mi è stato involato. Dunqueverifichiamo il fatto. Ecco le chiavi, e tosto ce le porgette. Rimanevaintanto impassibile al suo tavolino a tracciar di penna un disegno, suaoccupazione consueta, e gradita della sera.

Furon da noi aperte le due scanzie, buttati a terra i libri, e nella primaosservossi un vôto di spazio di631 quattro sacchetti, rimanendovi gli altri inserie successiva. Allora egli alzò gli occhi, e disse: meno male, mi è rima-sa tanta somma da poter viver alquanti anni stentatamente, se non avrò piùlavori.

Tolsimo via i libri dalla’altra superore scansia e vi632 trovammo sac-chetti. Me l’era aspettato, rispose, egli, senza alterarsi punto. Convien averpazienza!

Ma veggiamo se possiam trovare negli altri scaffali. Fate – replicò-Sgombratine tosto i volumi, apparvero i sacchetti. Li vide il Patania, e scla-mò: mano male. I ladri sono stati discreti, m’involarono soltanto alcuni sac-chi dell’altra libreria. Fatto allora il calcolo sul numero di essi che occupardoveano e sulla somma che approssimativamente come gli altri contenerpotevano, rilevossi che il furto era di onze 350, fra le quali 50 in oro._________________________________

631 Segue cancellata la parola: “sette”.632 Seguono cancellate le parole: “furon trovati”.

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Spintolo a dirmi su qual persona cadevan i suoi sospetti per farnereclamo alla Polizia, rispose di essersi avvenuto che una sua camerieraentrata in casa poverissima, in progresso facea sfogio di abiti di seta, discialli, di ornamenti d’oro, e che da un mese prima gli avea chiesto con-gedo sul pretesto ci convenirle meglio far sicari che servire. Con reniten-za divenne il Patania a presentare a suo nome ricorso alla Polizia. Fu ese-guita visita domiciliare alla donna. Le fu trovata una casa ben fornita e uncinto di cujo con le onze cinquanta di moneta d’oro. All’interrogazionefattale dal giudice rispose che co’ risparmi del suo salario avea raccolto, econvertito in oro quel denaro. In difetto di altre prove, il giudice la sciol-se in libertà, e il Patania ne pur se dolea, e diceami: era meglio di secon-dar la mia volontà di non ricorrere alla Polizia, e al giudice.

Altra volta gli furono anche rubati sessanta bellissimi disegni a pennadi storia di Sicilia fatti di sua invenzione ed eseguiti mirabilmente a penna,dissemi freddamente: li farò nuovamente, e migliori nella composizione,perché ora ho progredito alquanto nell’arte; in meno di due anni li rifece,e son quelli in parte ch’io comprai da’ suoi eredi.

Osservazioni di Patania sul rame del Toschi633 del quadro dello Spasimodi Raffaello raccolte a 10 settembre 1847

Il rame è della altezza di palmi due, e oncie sette, largo palmo uno edonze undici collo scritto: Lo Spasimo di Sicilia dal quadro originale nellaR. Galleria di Madrid. A Ludovico, re di Baviera. Pubblicato a Mannheimda Arteria e Fontaina a destra Raffaele d’Urbino dipinse a sinistra,P[aolo] Toschi disegnò a Parigi, e incise a Parma.

La composizione è ottimamente ideata, giudiziosamente distribuita edessendo disposta in un quadro per lungo di piccola estensione ha dovutofaticare la mente di Raffaello per superare la difficoltà di esporreordina<ta>mente, senza confusione, sedici figure oltre quelle di piccolis-sime macchie, che tutte hanno un particolare ufficio nelle quali, sebbenealcune si scorgano a metà, altre anche erano tutte634 bensì fanno argomen-tare per la parte visibile l’intero movimento e l’attitudine di quella che nonsi vede._________________________________

633 Toschi Paolo, pittore, incisore, architetto, nato a Parma nel 1788, ivi morto nel 1854, interpreteoriginale anche delle opere del Correggio e del Parmigianino.634 Segue cancellata la parola: “mostrano”.

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L’intera composizione è divisa in due grandi masse, e suddivisa in dueprincipali numerosi gruppi di figure, nella parte più bassa, e in un altro dallato sinistro, e in una figura anche superiore dal destro. D’onde risulta unamirabile armonia, e varietà delle linee, e635 la figura geometrica dei duesemicerchi opposti; mentre poi il centro costituito dalle figure basse pira-mideggia, e presenta un grazioso contrasto, e una bella varietà nello insie-me, e colla parte superiore, lasciando nel centro signoreggiare il Cristocome oggetto principale.

Il gruppo inferiore a destra è composto di cinque figure, cioè dallaVergine Madre, da tre Marie e dal San Giovanni636. In questo gruppo visi-bilmente richiama l’attenzione, come dovrà, la Vergine Madre. L’altrogruppo inferiore, a sinistra, si compone di quattro figure in avanti, e di piùindietro, e fra’ queste il Cristo trionfa su tutte.

È d’esso in atto di sostenere colla sinistra mano sopra un sasso dopo diesser caduto sotto l’ingente peso della Croce, mentre il Cireneo procura disollevarla per farlo risorgere. Un manigoldo intanto colla lancia lo minac-cia incitandolo di far presto, e l’altro volto di spalle colla fune che legataal cinto del Cristo, procura di tirarlo. Un soldato collo scudo par che rice-va gli ordini dal proconsole a cavallo che appartiene al gruppo superiore asinistra ed è accompagnato da altri capi della nazione giudea, e da due sol-dati. Alla parte opposta havvi un centurione a cavallo colla bandiera spie-gata colle lettere iniziali S.P.R., che precede l’accompagnamento alCalvario. Il campo a destra presenta superiormente una delle porte dellacittà; il rimanente mostra il Calvario con637 alberi, e piccolissime figure638

in più gruppi. In uno si scorgono i due ladroni accompagnati da manigol-di, e seguiti da un personaggio639 con corona radiata che par che vogliaindicare il re Erode; in un altro piccolo gruppo si veggono alcuni che por-tano una scala, al lato opposto alcuni viandanti su i cameli, e per permezzo altri individui che si diriggono alla parte superiore del Calvario,ove stendesi un piano con due croci già piantate, e dove dovrà similmen-te innalzarsi quella del Cristo, ove scorgesi il popolo che attende la croci-fissione de’ tre destinati all’ultimo supplizio. Si è voluto descrivere questaparte accessoria, e le piccole macchiette per mostrare che in questa com-posizione di Raffaello nulla è vizioso, tutto si collega al soggetto principa-_________________________________

635 Seguono cancellate le parole: “una bella”.636 Seguono cancellate le parole: “nel quale”.637 Segue cancellata la parola: “piccoli”.638 Seguono cancellate le parole: “. L’Aria è”.639 Segue cancellata la parola: “coronato”.

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le, e tutto tende a svilupparne l’azione direi drammatica. Volgendo oral’attenzione alla parte del disegno, giova osservare che nell’eleganza con-sueta di Raffaello all’imitazione del vero, alla nobiltà, e bellezza delleforme in ciascun personaggio secondo il proprio carattere, Raffaello vollecongiungere un certo carattere di grande non eccedente ricavato bensì dalnaturale dei manigoldi scelse una robustezza di forme, e particolarmentenella figura innanzi, volta di spalle di colui che sostiene la corda640 ed è unode’ carnefici, ove il braccio muscoloso sinistro, e le gambe poderosemostrano tutta la forza virile. Il Cireneo anche vigoroso, pure al paragonedel carnefice è meno, ed il soldato colla lamia anche meno di costui, èmeno l’altro collo scudo che stà dietro; talché in quattro figure mostrasi unadegradazione di forza secondo il rispettivo officio di ciascuno. La testa diGesù Cristo è grande, e nobilissima, come pure quella della Vergine Madresebbene di un carattere più gentile appropriata al sesso muliebre, e alla suaetà, e questa nobiltà va insensibilmente degradando in due Marie, e nel S.Giovanni, giacché nella terza, quasi in profilo si avvicina alla VergineMadre, mentre nella Maria atteggiata a mani giunte, il disegno si piega aduna maggior gentilezza, e leggiadria. Nelle figure superiori si scorge uncarattere di un disegno al naturale, e meno grandioso.

Se il quadro è ammirevole per l’espressione, e il disegno secondo irispettivi caratteri, lo è vieppiù nella espressione vera, e toccante, e nellamovenza delle figure, in che Raffaello non fu da nessuno superato, anziviene riguardato come il filosofo dei pittori; egli è vero che a questa partemolto contribuisce la composizione stessa, e il disegno, ma pure havvi unelemento tutto proprio che il pittore sa cogliere nelle osservazioni delcuore umano, e colle passioni che si modificano in società, secondo laqualità delle persone. E in questo riguardo puossi asserire francamente cheil quadro dello Spasimo è superiore a tutti gli altri quadri di Raffaello,avendo egli saputo trarre profitto dal soggetto che presenta la scena piùcommovente che possa esservi in società, quella cioè dell’incontro di uninfelice madre col suo figlio condotto al supplizio, e straziato acerbamen-te dai manigoldi nel tragitto. E cominciando dalla Vergine Madre si strug-ge essa in lagrime sopraffatta da cupo, immenso e profondo dolore nel tre-mendo abboccamento, e mostrasi sfinita dal dolore in mod, che la manodestra è quasi sul punto di cadere abbandonata, e cadrebbe per terra lungola persona se non fosse sostenuta dalle ascelle da due pietose Marie, esembra anche dal S. Giovanni. La testa, e il petto pendenti in avanti_________________________________

640 Seguono cancellate le parole: “ch’è una specie”.

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mostrano il vivo desiderio di avvicinarsi al suo caro figlio, e quasi l’irre-sistibile istinto di volerlo soccorrere, il cordoglio è minore nelle altre figu-re di questo stupendo gruppo e quello della più giovane delle Marie piùtenero, ed affettuoso come questa passione esser suole nella più fresca età.La Maddalena ch’è la terza figura più indietro che la sostiene per l’ascel-la, mostra ad un tempo l’ardenza dell’affetto, e del dolore, ma che pure lepermette di dire alcune parole al Cristo, laddove la V.M. è641 sopraffatta daldolore, e può volgerle appena qualche parola; mutolo e piangente è pure ilS. Giovanni, ma sembra più intento a soccorrer la Madre e voglia quasievitare ad osservar lo strazio di Cristo. Piange con dolore più aperto l’al-tra Maria, in ginocchio, che sostiene la V.M.

Il Cristo è predominato da due intensi dolori, quello dello strazio chesoffre nell’essere trascinato, e gravato dell’immensa croce, e vieppiù daldolore dell’afflizione della Madre. Lo scontro degli occhi suoi con quellidi lei, è d’una espressione che non puossi indicare in parole, e in questo lapittura di Raffaello è superiore alla prosa e alla poesia la più commoven-te, energica ed eloquente.

Le attitudini principalmente del Cristo e della Vergine Maria seconda-no la forza delle espressioni, il Cristo piega verso la Madre la testa, ed essasimilmente verso il Figlio642. Il Cristo piange, e il suo volto è sparso dilagrime, e di sangue, ma le lagrime sono più abbondanti nella Vergine per-ché il Cristo coopera volontariamente al gran mistero della Redenzione, enon versa lagrime che per gli affanni della Madre, laddove essa è strazzia-ta dai patimenti del figlio, e versa lagrime più copiose spinta dall’amorematerno.

L’espressione643 si manifesta anche nelle parti accessorie per indicareche la caduta del Cristo è avvenuta nello istesso momento dello scontrosaggiamente ha dipinto le pieghe della larga manica del braccio sinistronel punto che stan per trascendere giù spinte dal peso naturale del grossopannolano. Similmente per dare migliore effetto di espressione graziosaalla Maria in ginocchio che sostiene la Vergine Madre colla sinistra, e nonlasciarla senza l’altra mano visibile immaginò il pittore che il manto dellaVergine Maria era sul punto di caderle indietro dalla testa, e la Maria lorialza, e così fa scorgere l’altra mano. Il carnefice poi mostrasi al tuttoimpaziente del ritardo della funesta esecuzione cagionata dalla caduta delCristo, e colla destra sgarbatamente tira la corda che lo lega al Cristo,_________________________________

641 Seguono cancellate le parole: “quasi muta”.642 Seguono cancellate le parole: “il movimento degli occhi, e delle ciglia”.643 Segue cancellata la parola: “mostrasi”.

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mentre rivolgesi al Cirineo di accelerare l’inalzamento della Croce cheavrebbe ritardato di potersi il Cristo rialzare. Dietro al Cireneo havvi unmanigoldo che mostra tutta la ferocia dell’animo perocché mentre collasinistra calca la Croce sul Cristo caduto onde fargliene più soffrire il pesopar che lo derida, e allo stesso tempo lo minaccia con la punta [della] lan-cia644, tarda a risorgere. Il Cirineo poi che ben si accorge dell’inumanità diquell’uomo efferato mentre con ambe le mani si affretta a rialzare la croce,indispettito sembra che lo rimproveri di tanta crudeltà. Il645 vessillario acavallo ha tutto il nobile contegno di un militare romano. Il proconsolePilato a cavallo dal lato opposto sul volto esprime una certa commisera-zione in conformità di quella dimostrata allorquando646 gli venne strappa-ta la sentenza del popolaccio ebreo, e dai scribi, e farisei, e fa intravedereancora quella dubbiezza di carattere che lo costituisce un imbecille nel-l’istoria della Passione di Cristo; all’incontro l’ebreo capo del popolo, chegli sta a fianco, manifesta in viso tutta la burbanza e la severità di unanimo freddo che con pronta volontà si presta647 all’ingiusta esecuzioneordinatagli dal Governo, gli altri soldati hanno un’aria triste, e quasi sonpervasi dall’ingiusta esecuzione.

Chiaro-scuro

Sebbene non sappiamo argomentar compitamente del merito del chia-ro scuro del quadro che in parte risulta dai tuoni dei colori perché lontanodagli occhi nostri, pure fidando nell’abilità del Toschi che n’eseguì eglistesso il disegno, mentre questo capolavoro, trovavasi in Parigi648 ne dire-mo alcunché guidati soltanto dal suo egregio rame.

Per quanto permette la dimensione del quadro in linea perpendicolarela luce, non potea meglio distribuirsi in tutte le parti principali, ed acces-sorie, perocché essa dal lato destro, e quasi per angolo, và a diffondesisugli oggetti, e siegue il suo movimento della composizione e si compor-ta con molta intelligenza nei due gruppi principali, quello cioè dellaVergine, e dei manigoldi dal lato opposto649._________________________________

644 Seguono cancellate le parole: “il Cristo”.645 Seguono cancellate le parole: “soldato che sostiene la bandiera spiegata”.646 Seguono cancellate le parole: “a viva forza”.647 Seguono cancellate le parole: “con piacere”.648 Seguono cancellate le parole: “che n’eseguì egli stesso il disegno”.649 Seguono cancellate le parole: “; lasciando il corpo l’abito del Cristo in oscuro con qualche trattodi luce scegliendo”.

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Per effetto di questa collocazione e distribuzione di luce, risultano gran-di masse di chiari e di oscuri. Laonde il piano avanti del terreno è tutto inombra ove si scorgono sassi, e piante screziate appena di luce a interromperla monotonia della massa oscura. Per tale effetto il pittore ha scelto anche perl’abito del Cristo un colore opaco, giacché650 quello chiaro gli avrebbe guastol’effetto. Chiari però651 ha fatto gli abiti del Cirineo, e dei manigoldi per dareuna massa di luce a questo gruppo che si equilibra al gruppo opposto delleMarie. In questo bensì la luce principale è riunita sulla Vergine Maria, onderichiamare l’attenzione su di essa del riguardante, perché il soggetto è pro-priamente lo spasimo della medesima. E qui è da osservare che per consegui-re questo oggetto le pose addosso varj bianchi veli, che richiaman più la luce,e lasciò il di lei volto in chiaro ed in contrapposto in minor luce la figura inginocchio di una delle Marie in primo avanti, onde meglio far risaltare l’al-tra. L’istesso artificio si scorge sull’altra Maria più vicina e sul S. Giovanni,e maggior luce che in costoro havvi nella più giovane Maria situata nell’altodel gruppo, e così gradatamente va decrescendo la luce sull’altro grupposuperiore del Pilato coi compagni, e similmente nella652 figura opposta delportabandiera. In contro posizione poi di questa gradazione di luce, ha sapu-to distribuire in grandi masse le ombre per l’effetto generale del quadro, eparziale delle figure, dando una maggiore forza e intenzità di ombre nel ter-reno di primo avanti653. Né deve sfuggire all’osservatore che per conseguirequesto effetto ha saputo scegliere opportunamente la qualità, ed i colori dipanni che anche nella cattiva copia che ne abbiamo in Palermo si possono, inconferma, osservare e nelle parti anche accessorie ben si scorge la stessasagace intelligenza, perocché come la luce va degradando nella parte supe-riore del quadro654 e nel cielo che mostrasi in aria cupa. Così la bandiera spie-gata è trattata di un tuono più in basso dello stesso vessillario, e la fabrica inopposto presenta una massa di oscuro all’angolo onde concentrarsi tutto l’ef-fetto di chiaro, e di scuro ne’ gruppi inferiori, il che giova opportunamenteallo stacco, e allontanamento del655 monte Calvario in fondo del quadro.

Le pieghe degli abiti de’ varj personaggi sono, in generale, trattati converità, e con largo e bello stile, ma particolarmente secondo la qualità656

della materia del tessuto._________________________________

650 Seguono cancellate le parole: “con color”.651 Segue cancellata la parola: “affatto”.652 Segue cancellata la parola: “gruppo”.653 Seguono cancellate le parole: “coll’aspetto”.654 Seguono cancellate le parole: “il cui cielo che mostra il”.655 Seguono cancellate le parole: “piano, che”.656 Seguono cancellate le parole: “di pannolano o di pannolino”.

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In effetto657, quelle di pannolano sono più grandiose,658 e le altre dimateria di tessuto; e materia più fina sono più sottili, tal che se ne può rico-noscere la loro rispettiva qualità. In somma, in questa parte Raffaellocome in altre della pittura tenne il primato, e in questo quadro mostrossiin essa non meno studioso, sagace, e diligente che nelle altre parti, masopra tutto trionfa il suo merito pittorico per l’espressioni come abbiamoosservato di sopra, in cui sembra difficile non che di poter essere eguaglia-to, ma superato.

Giuseppe Patania

Patania compose, e delineò due schizzi a penna pel marcheseTommaso Gargallo, allora residente in Napoli, affinché scegliesse uno traessi per soggetto di un quadro che egli doveva commettere.

Un di questi rappresentava Cicerone che rinveniva in Siracusa ilsepolcro di Archimede, tema favorito del detto Gargallo, e ch’egli prece-dentemente avea affidato al Velasques, e per ragion del prezzo non potéottenerne il quadro, come indicai nella sua vita. L’altro rappresentava ilVerboso contrasto fra Damone e Pitia pittagorici siracusani innanzi altiranno Dionisio, cui eran divenuti sospetti, affinché l’uno liberasse l’altrodalla morte accusandosi ciascuno reo. La composizione di amendue glischizzi era ricca di figure, ma il secondo, come era conveniente, era cal-dissimo di espressione. Il marchese Gargallo volle mostrarlo a Camucciniche allora era in Napoli, un giorno ch’eravamo stati invitati a paranzo dalui, come pure gli volle mostrare due bozzetti del Velasques che avevanella sua collezione di quadri. Il Camuccini lodò molto pel disegno leopere del Velasques; ed osservando poi gli schizzi di Patania, ne commen-dò la composizione, e la grazia, e franchezza come eran condotti a penna.Però osservò in quello di Damone e Pizia che le linee delle fabbriche nonricorrevano bene secondo le leggi di prospettiva, e a di più che sembrava-gli poco giudizio che il carnefice il quale attendeva la fine del contrasto659

di quei due eroi dell’amicizia, e la decisione di Dioniso per dar la mortead uno di essi fosse in sì grande attitudine di sorpresa, dicendo ilCamuccini che in un manigoldo di cuore sembrar doveva incompetente talsentimento espresso dal pittore._________________________________

657 Seguono cancellate le parole: “le prime sono”658 Seguono cancellate le parole: “e sinuose”.659 Seguono cancellate le parole: “di uno”.

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Il marchese Gargallo riferì per lettera l’opinione del Camuccini, ePatania, persuaso del suo errore, quanto alla parte prospettica architet-tonica l’emendò, anzi ciò gli diè occasione di studiar meglio la prospet-tiva, e si fornì di libri all’uopo. Per riguardo all’attitudine del carnefice,volle sentire l’opinione di Don Giuseppe Tortorici, uomo assai dotto eintendente delle belle arti660, il quale così ragionò sull’istoria nelloschizzo raffigurata ch’indusse il dipintore a quell’atteggiamento. Stranoe singolare era il caso di due che, per amicizia, s’incolpano all’oggettol’uno di salvar l’altro dalla morte. Il tiranno Dionisio ne fu tanto colpi-to che infine liberò entrambi dalla pena decretata. Il carnefice s’eraavvezzo al sangue non era però avvezzo a scorgere simile lotta di stra-ordinaria virtù. Era anch’egli un greco-siculo di energico sentir dotato,e quindi ammirar dovea quel tratto di virtù straordinaria, e rimanernestupito, ed esprimer co’ gesti la meraviglia.

Molti approvaron l’opinione del Tortorici, e Patania non credet<t>edovere emendare lo schizzo nella parte di censura fattagli dalCamuccini. Io era allora in Napoli (1819). Pranzai una volta in casa delvecchio principe di Cassaro, ove era stato invitato anche il Camuccini.Alla fine del pranzo mi accompagnai con lui, e mosso discorso delPatania, egli encomiollo per que’ due schizzi come pure lodò ilVelasques per li suoi bozzetti.

Essendomi poi nel 1841 recato in Roma e visitatolo, tornò a parlar-mi con lode del Patania, e del Velasques.

Giovinetto copiò il Patania un quadro del Padre Fedele da SanBiagio cappuccino661 alla di lui presenza, e ne fu molto lodato.

Nell’occasione della Beatificazione del Beato Tommasi della fami-glia dei principi di Lampedusa dipinse sopra tela a guazzo, varj granquadri rappresentanti i Miracoli del medesimo che furono sommamen-te applauditi, e indi fatti trasportati in Palma di Sicilia, città della sud-detta famiglia, ove osservati dal pittore Don Calogero Di Bernardisfuron creduti del celebre pittore Mariano Rossi di che disingannollo lostesso Patania.

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660 Dei saggi di estetica di estetica di Giuseppe Tortorici ricordiamo: Lettera sulla contesa letterariase sia preferibile ai nostri tempi lo scrivere secondo lo stile degl’antichi, o adottare quello de’ buoni,e moderni italiani, In Palermo, dalle stampe del Solli, 1790 e Le Grazie, Palermo, Lorenzo Dato,1831, 2 v.661 Padre Fedele da San Biagio (al secolo Matteo Sebastiano Tirrito), pittore, storiografo, letterato eaccademico, nato a San Biagio Platani (Agrigento) nel 1717, morto a Palermo nel 1801. Cfr.Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti… cit., p. 104-105.

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Patania

Riferirò una risposta del Patania che mostrerà quali fossero i principi cheguidavano il suo cuore nell’amicizia e la sua mente nel giudicar delle cose.

Ben conosceasi da qualche maligno artista quanto affetto e reciprocastima, da moltissimi anni tenesse in saldi vincoli me e lui. Non ignorava-si che le migliori sue opere erano state da me illustrate e ch’io non lascia-vo sfuggirmi l’occasione di tesser le sue lodi. Si ideò da quel maligno ilprogetto di farci disputare e cagionar tra noi una rottura.

Si fece susurrare all’orecchio del Patania che un giorno che io eramiincontrato al pranzo di un magnate con un pittore reduce da lunghi viaggie abile conoscitore in fatto di bello arti, io fossi convenuto con lui chePatania appena toccasse la mediocrità, e particolarmente nel paesaggiogenere in cui era quegli in vero giudice competente.

Patania ascoltò pacatamente quanto gli fu riferito e disse al calunnia-tore: non può esser vero, io conosco bene l’indole del mio amico, si è volu-to ordire questa menzogna per allontanarlo da me ed io anzi avrei per luipiù affetto e stima d’oggi innanzi se maggiore potessi sentirla.

Narrommi il giorno appresso ch’io lo visitai l’occorso ed io giustificarmi voleva con lui dicendogli il vero che neppur conoscevo di vista quelpittore, e molto meno ch’ero stato suo commensale.

Troncommi le parole ridendo ed abbracciandomi mi disse: credevaquel malvagio ch’io fossi uno sciocco, ma la palla è tornata contro di lui,peroché non metterà più piede in mia casa.

Un simile avvenimento è narrato da Valerio Massimo di Platone (1)662 acui era stato riferito che Senocrate suo scolare aveva sparlato di lui; al chenon663 prestò fede e chiedendogli l’accusatore perché non dava credito allesue parole, rispose: perché non è credibile ch’ei non fosse amato scambievol-mente da colui ch’egli cotanto amava, ma l’altro, avendolo affermato congiuramento, soggiunse che non volendo disputare se avesse in quel puntogiunto il falso664, concluse che Senocrate era tal uomo da non dir simili cosedi lui se non a retto fine. E qui, osserva Valerio Massimo che Platone abita-va non già in un corpo mortale,665 ma in una rocca celeste discacciando da sécon animo invitto l’impatto delle passioni ed affetti umani, e conservandonell’altezza e profondità del suo petto tutte le virtù della maggior perfezione._________________________________

662 A c. 352v nota in calce: “(1) Detti e fatti memorabili lib. 4°”.663 Seguono cancellate le parole: “diede orecchio”.664 Seguono cancellate le parole: “disse va”.665 Il testo passa dalla c. 352v alla c. 354r.

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Patania imitò Platone senza aver letto le sue opere né quelle di ValerioMassimo, e il suo cuore e la sua mente incontraronsi col filosofo atenieseper uniformità di principî e rettitudine ispirata nel nostro dipintore dabuona indole, e nell’altro da questa e dalla sapienza.

Anedoto [!] riguardante Patania666

Narrasi che Zeusi, avendo dipinto una vite con grappoli d’uva gliuccelli volgessero il volo al quadro per beccarla; dal che fu giudicato giu-stamente che fosse mirabilmente dipinta. Un simile anedotto riferirò di unritratto dipinto dal cavaliere Giuseppe Patania.

Aveva questi, che in quel genere era insuperabile, dipinto a mezzafigura al naturale, il cavalier Gaetano Vanni, giudice della Gran Corte equel ritratto sembrava a tutti meraviglioso non solo per la somiglianza ne’tratti esterni del volto; ma ben anche per l’espressione del suo spirito mor-dace, e irrisorio per modo che essendo stato ciò osservato da alcuni magi-strati napoletani egli rispose sgarbatamente: il Patania mi ha dipinto nel-l’attitudine di coglionar voi quando cianciate nell’aula di giustizia. Oraavvenne ch’essendo egli seduto gli fu presentato da sua moglie unacagnetta per ammirarne la bellezza, ma egli la rigettò con un calcio, equella povera bestiola sebbene non colpita corse via nella prossima stanzaov’era il ritratto del suo offensore, e667 al guardarlo identico all’originale,credette che fosse lui stesso e bajandogli in faccia668 e digrignando i denti,fuggiva intanto in altra stanza.

Un fatto dello stesso genere avvenne all’egregio scultore ValerioVillareale. Aveva egli in caso un nipotino a quattro anni circa, che familia-rizzato con un cane domestico gli porgeva del pane. Il Villareale ristoravaallora il famoso quadro de’ PP. Olivetani di Palermo ove scorgesi S.Giovannino fanciullo che adora il Bambino Gesù. Lasciò il quadro sulcavalletto, e sul merigge andò a dormire. Svegliatosi poscia, e ritornandonella stanza trovò il cane che lambiva con la lingua il San Giovannino cheper l’età e carnagione somigliava al di lui piccolo nipote, come far solevaquando porgevagli il pane.

Questo anedoto mi fu dallo stesso Villareale riferito, deducendone unargomento per l’insuperabile verità di quella figura, ch’egli e il Patania_________________________________

666 La c. 353 contenente il testo è rilegata all’inverso.667 Segue cancellata la parola: “credendolo”.668 Segue cancellata la parola: “timidamente”.

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reputavano la migliore in quel quadro. Ecco una testimonianza anche di uncane al merito straordinario di Raffaello, come nel precedente anedotto aquello del Patania pel ritratto del cavaliere Vanni! L’uomo è meno facile aingannarsi in simili casi, perché giudica col senso della vista e della ragio-ne; non così gli animali che, con l’uso della prima, illudonsi più facilmen-te; ma non pertanto contestano nella pittura co’ segni che loro son conces-si, e senza prevenzione la somiglianza perfetta al vero!

Quadro dello Spasimo di Raffaello

Sul quadro dello Spasimo di Raffaello che si trovava nella Chiesa de’PP. Benedettini in Palermo e fu per male arti sottratto, e trasportato inIspagna per ordine segreto di Filippo IV.

Questo sovrano amante della pittura scrisse al suo viceré in Sicilia cheavrebbe avuto a piacere d’otte<ne>re il quadro indicato. Il viceré adoperòil suo confessore di maneggiare co’ PP. Benedettini; ma costui conoscen-do che nulla vrebbe ottenuto co’ mezzi regolari ebbe segreta conferenzacol loro superiore abate Scoropoli669 perché permettesse di farne segreta-mente la copia da sostituirsi all’originale che sarebbe inviato al re ed egline avrebbe ottenuto una pingue Abadia e pensione. Ciò fu eseguito perchéil quadro teneasi chiuso in una custodia in chiesa; ma il venerdì santo incui si apriva fu il furto scoverto.

Veggasi l’altro mio scritto estratti dall’archivio de’ PP. BenedettiniBianchi.

Materiali riguardanti la vita del celebre pittore cavalierGiuseppe Patania da Palermo

Esaminati e spogliati di ciò che poteva essere superfluo alla stessa.Potrebbero però di nuovo consultarsi nel caso di stamparsi quelli ordi-

nati e corretti dall’autore che trovansi riuniti nelle Memorie storiche dellebelle arti tra’ pittori del secolo XIX.670

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669 Clemente Staropoli, olivetano, abate. Cfr. Sergio Troisi, “Spasimo e Serpotta. San Giorgio raccon-ta” In: La repubblica. Sez. Palermo, 3 ottobre 2009.670 Potrebbe trattarsi dell’operetta curata dal Gallo, Saggio sui pittori… cit., p. 123-127.

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N. 3Materiali riguardanti la vita di Patania insigne pittore

Esaminati e spogliati di ciò che poteva essere superfluo alla stessa.

Scolari della 2ª epoca di Patania671

Eugenio Formisani in Napoli672.Giuseppe Dolce Palermo673.Pietro Volpes Palermo.Tronchetta [Tranchetta Giuseppe] da Palermo morto giovane.Pietro Lojacono da Palermo, in America 674.Giuseppe Mosca, da Palermo675.Antonino Perdichizza da Messina, indi allevio [!] di Lo Forte, oggi in

Firenze.Minutilla sordomuto, da Palermo, adesso in America.Nizzola miniaturista.Michiele Corteggiani676.Giocomia [!] Morrealese che studia a Roma677.Sacco miniaturista da Palermo678.Guglielmo Faija679.Andrea D’Antoni, Palermo.Giuseppe Bagnasco da Palermo.Giuseppe Dimarzo da Palermo.Giuseppe Meli da Palermo.Natale Carta da Messina indi studio sotto Velasquez e poscia in Roma

sotto CamucciniAlgozer, miniaturista

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671 Al margine sinistro nota: “Pittura secolo XIX da unirsi al Patania”.672 Eugenio Formisani, pittore operante nella seconda metà del XIX secolo.673 Giuseppe Dolce, pittore palermitano, operante nella seconda metà del XIX secolo.674 Vedi nota n. 521.675 Giuseppe Mosca, pittore attivo nella seconda metà del XIX secolo.676 Vedi nota n. 621.677 Salvatore Giaconia, pittore, nato a Monreale, Palermo, nel 1825, morto a Palermo nel 1899. Il 30marzo 1842 Giuseppe Patania approva la sua’ammissione per «disegnare nella Quadreria della RegiaUniversità degli Studi». A.S.PA, Permessi di studio…cit., Misc. Archivistica, II, n. 316.678 Francesco Sacco pittore miniaturista palermitano, operante nella prima metà del XIX secolo.679 Guglielmo Faija, pittore e miniaturista, nato a Palermo nel 1803, ivi morto dopo il 1861.Un’interessante nota biografica è reperibile in: Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pitto-ri e mosaicisti… cit., p. 358-360.

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Paolo Priolo da Palermo andò poscia in Inghilterra, ove si è fatto onore.Giuseppe Carta da Palermo cuggino [ma figlio] a Natale nel 1867 in

Costantinopoli.Andrea Di Martino680 da Palermo pria scolare di Patania poscia di

Benvenuto in Firenze.Carlo Barbiera da Palermo riuscì principalmente nei ritratti: dipinse il

Ritratto di Pio IX in Napoli, un’Immacolata per il re. Ritratti per il princi-pe del Cassaro.

Antonio Licata da Licata681 seguì lo stile del Patania osservandolospesso a dipingere. Passò in Napoli ove la fama di buon pittore di storia.

Scolari di Patania

Vitale Giuseppe da Sciacca682.Carta Natale, Giuseppe.Ramistella Giuseppe da Palermo683.Dantone684 pria scolare di Patania e poi di Patricola.Pietro Loiacono da Palermo685 per il paese.Giuseppe Gulotta da Termine.Giuseppe Spampinato da Palermo pensionato in Roma da la comune

di Palermo.Ferdinando Santifallari da Palermo686.Filippo Barba suo nipote da Palermo, progredì in Roma.Pasquale Conti da Palermo687.Raffaello Genovese da Palermo688.

_________________________________

680 Martino Andrea Antonio, pittore, nato a Palermo, ivi morto nel 1864.681 Antonio Licata, pittore, nato a Licata, Agrigento, nel 1810, morto a Napoli nel 1891.682 Giuseppe Vitale da Militello, assente nei repertori biografici d’arte, è citato da Agostino Gallo,Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 100.683 Giuseppe Ramistella, ignoto alle fonti della letteratura artistica. L’11 ottobre 1834 ValerioVillareale concede al giovane di «disegnare i gessi e copiare i quadri della Regia Università diPalermo»: A.S.PA., Permessi di studio…cit., Misc. Arch. II, n. 316.684 Dantone potrebbe trattarsi di d’Antoni.685 Vedi nota n. 521.686 Ferdinando Santifollar, pittore della seconda metà del XIX secolo. Il 13 giugno 1829 GiuseppePatania lo dichiara «abile a copiare i quadri e igessi che esistono nella R. Università»: A.S.PA.,Permessi di studio… cit., Misc. Arch. II, n. 316. 687 Pasquale Conti, ignoto alle fonti della letteratura artistica. Il 28 novembre 1831 Valerio Villarealeavalla l’istanza del giovane ritenuto «abile» e lo ammette «a studiare ne’ gessi e quadreria» del «RealMuseo». cfr. A.S.PA., Permessi di studio… cit., Misc. Arch. II, n. 316.688 Raffaello Genovese, ignoto alle fonti della letteratura artistica. Il 21 dicembre 1835 ValerioVillareale avalla il suo ingresso nel laboratorio dei gessi presso la R. Accademia di Palermo.

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Scolari di Giovanni Patricola

Ultimi scolari di Patania sino alla sua morte nel 1852Eugenio Formisani. Da Palermo buono, ora in Napoli.Pietro Lojacono. Da Palermo, buono, ora in Napoli.Pietro Volpes. Da Palermo, buono nel ritratto.Ignazio Cortegiani da Palermo, buono.Giuseppe Tranchetta da Palermo nel ritratto e copia.Giuseppe Mosca da Palermo restò nel disegno, ora presso D’Antoni.Stefano Conigliaro da Palermo689, buono copista della casa di Patania.Leonardo Piombo da Trapani, nella copia.Giuseppe Dolce da Palermo buon pittore nella copia, ora presso

D’Antoni.Antonio Perdichizzi da Messina disegnava bene, ora presso D’Antoni.Carlo Fratacci da Palermo copiava presso Patania; ora è in Napoli ed

è peggiorato.Girolamo Spallino690 in miniaturaNizzola da Palermo riuscì bene nella miniatura, e fu gradito in Firenze.

Scolari di PataniaPrimi scolari di Patania

D’Antoni palermitano.Giuseppe Bagnasco palermitano.Giuseppe Meli palermitano.Giuseppe Di Marzo dilettante ottimo alla copia.Lo Jacono palermitano, indi allievo di Lo Forte.Lillo De Bernardis691 indi di Galeani.

Scolari di Patania

Gerlando Marsiglia fu in RomaGiuseppe Navarro di Palermo, fu in Roma.

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689 Stefano Conigliare, pittore, attivo nel XIX secolo.690 Girolamo Spallina, pittore e scultore, nativo di Prizzi, attivo nella seconda metà del secolo XIX.691 Calogero (detto Lillo) De Bernardis, pittore, nato a Palma di Montechiaro, Agrigento, nel 1790,morto a Palermo nel 1824.

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Andrea Martino di Palermo, fu in Firenze.Ferdinando Raimondi di Misilmeri fu in Roma.Guglielmo Faija di Palermo miniaturista in Roma, e in Parigi.Giambattista Marchese fu scolaro di Patania, e indi di Errante, copiò

da Patania in miniatura, Cefalo e Proeri.Natale Carta nato in Messina, fu in RomaGiovanni Giampallari morto a 17 anni nel 1825. Era abilissimo a

copiare in lapis.Giuseppe Bagnasco di Palermo riesce nel ritratto ad olio.Antonino Adelfio di Palermo copiava ottimamente le pitture di

Patania. Tabella del Leone col cigno, del Cane col serpe, una Madonna delPatania, e diverse teste di uomini illustri siciliani del Patania.

Carlo La Barbera di Palermo ritratto del barone Ondes, ad olio. Riescenei ritratti a lapis, fra i quali è bellissimo quello di Velasques, di Patania,di Ca[…]tore, ed altri. Psiche a lapis trasportata dai Zefiri a lapis, pressoil luogotenente marchese delle Favare.

Luigi Lo Jacono di Palermo, Ebe che versa il nettare all’aquila, inse-gna di caffè.

Necrologia di Giuseppe Patania

Prevenuti dal pubblico cordoglio annunziamo la morte di GiuseppePatania famoso dipintore, agli stranieri che l’ignorano; perocché egli eranon solo onor della Sicilia, ma dell’Italia ancora.

Egli nacque in Palermo a 19 gennaio 1780 da umili ma onesti genito-ri. Fu avviato nell’arte da Giuseppe Velasques, allora massimo pittore inPalermo. Poco tempo rimase bensì sotto la sua disciplina peroché tostoallontanossene per gli aspri modi di quello, e cominciò a disegnar da sé, ea frequentar l’Accademia del Nudo, diretta dallo stesso Velasques. Perprocacciarsi da vivere, imprese indi a dipingere i cartelloni figurati del tea-tro comico, e ciò contribuì a sviluppare il suo genio. Essi furono ammira-ti, e fecero sin d’allora presagire qual pittore sarebbe divenuto.

Giovossi de’ vaghi dipinti di Vincenzo Riolo, reduce da Roma, e colo-rì meglio, e con più forte macchia pittorica i suoi quadri. La Regia GalleriaBorbonica verso quel tempo trasferita da Napoli in Palermo, contribuì co’capi lavori dell’arte al suo progresso.

Egli tentò tutti i generi e, se non in tutti, in parecchi ottenne il prima-to. Dipinse a fresco, a tempera, a olio, ad acquarello, e sinanco a miniatu-

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ra, e usualmente a olio quadri di storia, paesi, ritratti, frutta, fiori, uccelli,pesci. Il suo genio si piegava ad ogni modo di rappresentar al vivo tutte lecose che uscirono dalla mano di Dio; ma quelle su cui il Creatore sparsoavea il sorriso della grazia richiamavano la sua mente, e il suo cuore e loeccitavano; talchè non fu mai più gran pittore che ne’ soggetti leggiadri. Inquesti non avea rivali in Sicilia, negli altri aver potea competitori.

Egli recossi giovinetto a Minorca, e vi lasciò opere che furon pregiateda que’ paesani.

Ritornato in patria fu affetto da tale infermità, divenuta indi abitualeche non gli permetteva di uscir di casa; ma non gl’impediva ad essere,oltre ogni credere, operoso anzi instancabile nell’arte. Pressoché infinitifurono quindi i suoi quadri più da cavalletto che da chiesa, e viepiù diritratti, nel qual genere, sì per la somiglianza che per la fusione delle tinte,e la bravura del pennello si avvicinò a’ più grandi maestri.

Il Patania fu amato, e stimato da tutti. La Real Corte l’adoprò insiemecol Velasques, col Riolo, e indi col Patricolo. Il ritratto da lui dipinto allaprincipessa Maria Amalia, indi regina dei Francesi, meritò in Parigi le lodid’un Chateaubriand, e quello dell’inglese mister Lorenz il fece proclamarsocio onorario dell’Accademia del disegno di Nuova York; ma più chequest’onore può egli andar fastoso degli encomj del celebre Camuccini, ilmoderno Raffaello, il quale ne ammirò alcuni schizzi in Napoli presso ilmarchese Gargallo, e in rame il Ritratto della duchessa Brolo: dulce estlaudari a laudato viro.

Il Patania fu decorato della medaglia d’oro di Francesco I ed eletto dalGoverno membro della Commissione di Antichità e Belle Arti. Morì dianni 72 compiti il giorno 23 del corrente febbrajo alle ore 19, munito de’soccorsi della religione.

Due ore pria di spirare disse al suo amico Agostino Gallo che gli por-gea parole di conforto: La vita, e la morte mi è (sic) indifferente. Quellaaccetto, se Dio vuol concedermela, questa non mi sgomenta. Con tal sere-nità di coscenza, e mente tranquilla volò l’anima sua al cielo.

Tutti i suoi amici e scolari e gli artisti d’ogni genere, atteggiati a dolo-re, col capo scoverto ne accompagnarono il cadavere alla chiesa di S.Maria di Gesù. Alcuni nobili gl’inviarono a cortegio funebre le loro car-rozze. [Un] de’ vecchi artisti gridò allora per la via: abbiamo perduto ilnostro padre. E ben a ragione, perché egli aiutò sempre i suoi colleghi cheaver poteano bisogno di soccorsi pecuniarj, e di suoi schizzi, onde dar loromezzi di sussistenza. Non conobbe invidia, e gelosia di mestiere, né cen-surò alcuno. Accoglieva amorosamenti i giovani che a lui si presentavano

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per esser ammaestrati. Fu semplice, e modesto, senza abiezione soccorre-vole a’ poveri ed a’ parenti. Amò la gloria; ma sdegnava di procacciarselacon ciarle ed intrighi, né aveane bisogno sicuro, com’era, del suo merito.Compianto da tutti, e sebbene lontano per 35 anni da’ sollazzi della socie-tà, visse, e morì felice co’ soli piaceri che si procurava con l’arte.

Che Dio accolga nel suo amplesso l’anima sua dolce, e virtuosa!Agostino Gallo

Necrologia di Giuseppe Patania

Appena il dolore mi permette di annunziare692, non già ai miei concit-tadini palermitani, ma agli altri693 connazionali e agli stranieri, che ne sonoignari, l’irreparabile perdita che ha fatto questa città, la Sicilia tutta, e direianzi l’Italia, dell’egregio dipintore Giuseppe Patania. Sollecitato da alcu-ni bennati giovani694, dottori di questo giornale, ho dovuto cedere alle loropremure, non ostante che il mio spirito agitato dal cordoglio e dal tristospettacolo di vederlo spirar fra le mie braccia credea non mi avesse per-messo di spargere questi primi fiori di encomio sul suo cadavere695, mafatta energica forza a me stesso696 e rianimato dal mio e dal suo affetto,scrivo ora queste incomposte e dimesse parole, come il cor mi detta, e lamemoria de’ suoi fogli mi suggerisce per adempiere quel sacro dovere cheun’amicizia inviolata e costante di quarant’anni m’impone.

Giuseppe Patania, originario di Acireale, nacque in Palermo da umilima onesti genitori a 19 gennajo 1780. Eccitato dal genio delle belle arti sinda fanciullo, né oltrepassando ancora il duodecimo anni, fu introdotto apreghiere di una zia, e per mezzo dell’archite[tto] Attinelli697 nello studiodi Giuseppe Velasques, massimo tra i pittori siciliani del corrente secolo.In pochi mesi egli già copiava colla matita i disegni del maestro con taleuna franchezza e diligenza, che quegli ben s’accorse ch’era nato perlasciare un nome nell’arte, e per rapirgli un giorno non pochi fiori alla sua_________________________________

692 Seguono cancellate le parole: “la morte”.693 Segue cancellata la parola: “miei”.694 Segue cancellata la parola: “estensore”.695 Seguono cancellate le parole: “che ho accompagnato lacrimando fino alla tomba”.696 Seguono cancellate le parole: “per come fui in si lugubre occasione, detto”.697 Salvatore Attinelli, architetto camerale, nato a Palermo nel 1736, ivi morto nel 1802. La biografiadell’artista è rubricata in quattro versioni: cfr. Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti… cit.,p. 165-167. Il primo impianto del giardino reca la sua firma: cfr. Tiziana Campisi - Sabrina Mutolo,“Il giardino di Botanica di Palermo nel progetto dell’ingegnere camerale Don Salvatore Attinelli”,in: Quaderno di Botanica Ambientale Applicata, 10, 1999, p. 69-79.

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corona; epperò alla domanda del giovinetto di voler copiare a olio in colo-re698 un suo bozzetto, lungi di secondarlo, il minacciò colla pittorica bac-chetta, di che699 quegli indispettito, e insofferente, raccogliendo i suoi car-tolari dileguossi balbettando con dire: sarò pittore senza di voi. Il disse eil fu, ma a vero dire per la influenza del Velasques da cui ritrasse meditan-done le opere. Il bello stile gli fece onore. Perocché la luce di un grandeuomo si spande come quella del sole e per l’universo ne è mestieri di rac-coglierla dalla sua stessa fonte.

D’allora il giovinetto Patania cominciò disegnare e a dipingere da sé,e scarso com’era di soccorsi domestici700, imprese per alimentarsi a figura-re e colorar i grandi cartelloni da teatro che si esponevano al pubblico peradescarlo alla rappresentazione della sera. Ciascuno di essi era l’opera delgiorno precedente, e la mercede corrispondente al lavoro di un giovinettoe del breve tempo impiegatovi. Ma queste opere gli valsero allo sviluppodel genio, e a fargli proseguire gli studj. E per vero quelle opere improv-visate701 schizzavano scintille702 d’immaginazione e di sentimento e piace-vano al pubblico e furon lodate dal cav. Puccini fiorentino, sommo cono-scitore e Direttore della Regia Imperiale Galleria di Toscana, il quale allo-ra qui soggiornava, e presagì qual sarebbe divenuto in progresso il giova-ne artista. Egli non tralasciava intanto di frequentare assiduamentel’Accademia del Nudo diretta da Velasques, e studiò per molti anni, piùche altri, sel credo, il vero e l’antico su gessi di capi lavori703 dell’arte e for-mossi gradatamente uno stile come quello del suo maestro704, che riunisceall’eleganza delle forme, l’efficacia del vero scelto in natura.

Nato egli705 con un versatile ingegno che a tutti i generi dell’arte pie-gavasi, non solo diessi alla pittura istorica706, ma al ritratto, ed al paese, einvitato a trasferirsi a Minorca da un ricco di quel paese, vi si recò perdipingere; recovvisi e dopo circa due anni di soggiorno lasciovvi opere divario genere che incontravano il general gradimento.

Restituitosi a Palermo, e avvenuto verso quel tempo da Roma il ritor-no “in patria” di Vincenzo Riolo che qui condusse il troppo colorito e la

_________________________________

698 Seguono cancellate le parole: “una delle più belle teste”.699 Seguono cancellate le parole: “l’altro”.700 Seguono cancellate le parole: “cominciò a colorare”.701 Seguono cancellate le parole: “mostrano i migliori”.702 Seguono cancellate le parole: “di quel genio che animava il suo ingegno”.703 Seguono cancellate le parole: “dell’antichità”.704 Seguono cancellate le parole: “elegante e vero congiuntamente”.705 Seguono cancellate le parole: “con genio onnigeno per l’arte”.706 Seguono cancellate le parole: “al paese ed”.

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forte macchia pittorica del suo maestro, monsieur Vicar707, ne restò sifatta-mente708 adescato il Patania che diessi tosto ad imitarlo, per modo che diuna sua tela di quel tempo pugno di me fu creduta da un attuale valorosopittore opera del Riolo, e da Patania riconosciuta per sua, consigliandomibensì a bruciarlo, come lavoro di poco conto.

L’energia dello stile del Riolo era già709 trascorsa e divenuta propria nelpennello del Patania, quando qui710 venne mister Fagan buon pittore ingle-se711 di cui osservato avendo troppo soavi perché condotti a mezze tinte712

e per semplici velature svogliossi egli dello stile del Riolo, e all’altro (que-sto- cassato con una linea orizzontale) appligliossi e in esso perdurò moltianni, lusingato dalle lodi di molti, finché viaggiando io in Italia713 e con-templati i quadri de’ valent’uomini, gli scrissi fra le altre cose, sacrificatealla divinità delle ombre e diventate sommo e714 invidiabile pittore. Né ilmio consiglio tornò vano; perocché d’allora rafforzò di generi715 i suoidipinti e ben tranne argomento la Lucrezia716 ch’eseguì verso quel tempoper l’esimio avvocato signor Francesco Franco; ma non caricò mai d’om-bre717 per brama di grand’effetto ma quanto il vero in luce ristretta richie-de; perocché diceami che col tempo crescendo sempre più vendono i qua-dri disgustevoli718 e contradico al vero719 che dee aver di mira la pittura.

Il Velasques e il Riolo applauditissimi720 nell’arte si videro circa quin-dici anni prima di loro morte721, scemati i722 lavori; perocché molti lor pre-ferivano723 il Patania, e tutti nel ritratto e nel paese lo credevano, e non atorto, a quelli superiore, finché scesi essi nel sepolcro rimase a lui il campodella pittura in Sicilia che ora è occupato da altri valorosi artisti, parte da_________________________________

707 Segue cancellata la parola: “adescò”.708 Seguono cancellate le parole: “il giovane artista”.709 Segue cancellata la parola: “passata”.710 Segue cancellata la parola: “recatosi”.711 Seguono cancellate le parole: “allora svogliossi dello stile del primo e quello dell’altro seguì trop-po grave”.712 Luigi Grassi – Mario Pepe, Dizionario della critica d’arte, Torino, Einaudi, 1978, v. 2, ad vocem:«tinta intermedia tra due o più colori diversi, ma più luminosi o più scuri».713 Seguono cancellate le parole: “ed osservando le opere”.714 Segue cancellata la parola: “egregio”.715 Seguono cancellate le parole: “il suo stile”.716 Seguono cancellate le parole: “da lui dipinta”.717 Seguono cancellate le parole: “i suoi dipinti”.718 Seguono cancellate le parole: “allontanano dal”.719 Seguono cancellate le parole: “l’effetto delle figure”.720 Seguono cancellate le parole: “pittori fino a pochi anni prima della loro morte”.721 Segue cancellata la parola: “videro”.722 Segue cancellata la parola: “loro”.723 Seguono cancellate le parole: “ad essi”.

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lui educati724 e parte725 del suo maestro Riolo negli ultimi anni di lorovita726, e parte ancora ammaestrati in Roma, e in Firenze i quali accresce-ranno, pian piano, nuovi fasti alla pittura siciliana727.

Il Patania fu felicissimo e spontaneo nella invenzione e composizionecome puosssi rilevare in più centinaja di schizzi a penna ch’egli improv-visava la sera sulla storia della mitologia, e sopra altri728 soggetti de’ qualipassati in Parigi, quelli relativi al romanzo del Telemaco furon lodati ne’giornali ed elegantemente incisi.

Sua special prerogativa fu la grazia e l’armonia729 nella scelta delletinte e quindi riusciva in preferenza ne’ piccoli quadri e ne’ soggetti leg-giadri in cui non ebbe730 competitore.

Tentò anche la pittura di genere e mostrò pure quanto in questa vales-se; talché furono ammirati i suoi quadri di fiori, di frutta, di uccelli e dipesci che dipinse pel marchese Merlo, e per l’avvocato Franco.

Nel paese ebbe pochi731 rivali, anzi fu il primo del nostro tempo adesser salutato per egregio paesista; perocché imitando732 seguiva la naturada lui studiata nella sua prima gioventù, e il frappeggiar del Denis733 e delPekignon734 che vide nella Galleria della Regia Università di Palermo,735

ma la natura era per lui sempre abbigliata in abito di nozze. Le sue cam-pagne eran sempre vaghe e ridenti736, e ben rappresentavano quelle che inprimavera ornano, e profuman di odori la centrale Palermo. Egli ne varia-va le parti737 su i suoi antichi schizzi, come può osservarsi in quelli dipin-ti per l’avvocato e indi consultore Vincenzo Gagliani, pel generale e mini-stro Fardella, e da ultimo del signor Nicolai.

Maggior corona da tutti consentita, acquistossi ne’ ritratti per la somi-glianza, per la verità, e fusione delle tinte e per la738 venustà del pennello._________________________________

724 Segue cancellata la parola: “fuori”.725 Seguono cancellate le parole: “in patria superstiti da lui e dal suo maestro”.726 Seguono cancellate le parole: “di quei periti artisti727 Seguono cancellate le parole: “; perocché né han di quelli che hanno alcuni cui non manca la scin-tilla del genio e l’ammaestramento dell’arte”.728 Seguono cancellate le parole: “obbietti fra”.729 Seguono cancellate le parole: “de’ colori”.730 Seguono cancellate le parole: “in vita”.731 Segue cancellata la parola: “competitori”.732 Seguono cancellate le parole: “quelli della natura”.733 Antoine Denis, pittore e incisore operante nel XVII secolo. Accolto nell’Accademia romana di S.Luca.734 Segue cancellata la parola: “francese”. Vedi nota n. 584.735 Seguono cancellate le parole: “rappresentava vaghissime”.736 Seguono cancellate le parole: “camapagne che circondano Palermo raccozzandone”.737 Seguono cancellate le parole: “e variandole”.738 Segue cancellata la parola: “grazia”.

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Egli fu il pittore di tutte le nostre belle, le quali non potendolo avere a casaper i suoi incomodi abituali739 di salute, di qualunque condizione si fosse-ro recavansi al suo studio740 per farsi ritrarre, ed ammirar durevolmentesulla tela. Da circa cento ritratti di uomini illustri siciliani antichi e recen-ti dipinti per me. Uno egregiamente condotto di un inglese americano e dalui esposto all’Accademia di New York fu preferito a tutti gli altri e pro-cacciogli l’onore di esserne proclamato socio all’unanimità di voti, comerilevasi dalla lettera del segretario de’ 13 maggio 1841.

Il ritratto che fatto avea alla reale principessa Maria Amalia indi regi-na de’ francesi, passato in Parigi, fu ammirato e fatto degno di lode dalcelebre monsieur Chateaubriand. Il Camuccini, pittor di gran rinomanza,le profuse741 a quello della duchessa Brolo dipinto per di lei fratello mon-signor Grassellini risedente in Roma, e quegli pure ivi mi rammentavacon742 sentita stima alcuni schizzi a penna che ne avea veduti in Napoli incasa del marchese Gargallo.

Fra i suoi grandi quadri di743 sacro argomento primeggiano il Cristo744

flagellato nella chiesa della Maggione in Palermo, il San Vincenzo Ferreriin Carini, il San Gaetano in Monreale e i Ss. re Magi in Randazzo745,abbenché il primo746 gran quadro da lui dipinto.

Fra quelli di argomento profano e di mezzana o piccola dimenzione ilcui numero è pressoché infinito, io747 accennerò L’ambasceria de’Messinesi a Giacomo d’Aragona nel quale rappresentò il Velasques, ilRiolo, Giambattista Cutelli, e me.

Un idilio del Gesner vagamente dipinto, la Festa del villaggio all’ar-rivo del barone feudatario e della sua moglie e la sublime poesia delNiccolini è il quadro del Vespro siciliano.748

Ne’ quadri mitologici e soggetti graziosi egli è guidato dal genio di unAnacreonte, di Teocrito, e di Meli. Tale è Venere che abbraccia Adone alritorno dalla caccia, La Speranza che stringe il suo amore, una Fanciulla_________________________________

739 Seguono cancellate le parole: “della di lui”.740 Seguono cancellate le parole: “fra le quali una di esse fino al giorno che precedette la sua morte”.741 Segue cancellata la parola: “encomii”.742 Segue cancellata la parola: “lode”.743 Segue cancellata la parola: “storia”.744 Seguono cancellate le parole: “legato alla colonna e deriso”.745 Seguono cancellate le parole: “che fu pure fu”.746 Segue cancellata la parola: “daltro”.747 Segue cancellata la parola: “racconterò”.748 Segue cassato il testo: “Venere e Adone, un ragazzo che stringe al petto un coniglio, una fanciul-la che bacia una colomba, la speranza ed amore piccoli quadri da me posseduti ed altri molti fra iquali alcuni dal dottore Agnetta si fanno ammirare per felice invenzione per elegante disegno pervero e vago colorito ricavato dal vero e per la spontanea grazia inseparabile dal suo pennello”.

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che bacia una colomba, e un Ragazzo che ferma col mento e con le brac-cia un fugitivo coniglio, quadri per me dipinto con sommo amore.

Né diversi sono la Psiche con la ninfa nel bagno, e l’altra trasporta-ta in aria da’ Zeffiri presso l’egregio avvocato signor Agnetta, e laFrancesca da Rimini sorpresa col cognato dal marito, dipinta per altroavvocato di Palermo, e cento altri quadretti tutti fioriti di leggiadria, e disoave espressione.

Né è da trasandare una Sacra Famiglia dipinta, non è un mese, per ilsignor Nicolai con grande stile, e belle forme nella Vergine, e nel putto Gesù.

Il Patania fu da circa quarant’anni affetto da tale abituale infermità chegli impediva di uscir di casa, tranne poche volte all’anno nell’estiva sta-gione, gli permetteva di essere operoso, anzi ineffaticabile nel maneggiodel suo pennello al giorno, e della penna alla sera, in cui lavorava perdivertirsi come diceva, i suoi schizzi. Sul proposito io gli feci osservare,che l’arte ed egli stesso davano a quaella infermità la gloria che749 ottenu-tane pel suo concentramento, per l’assiduo studio non mai750 distratto daipiaceri della società, al che risposemi: ciò751 se pur fosse vero, non mi faperò goder del mondo; ma io me ne sono rivendicato de’ suoi piaceri per-duti752 con quelli che mi sono creato coll’esercizio dell’arte che fa la miapassione.

Il cielo aveva versato per lui, a piene mani, non solo i doni dell’intel-letto ma l’egregie qualità del cuore cui753 or tocchiamo di volo, essendo754

a quei che il conobbero ben nati, e che è pur giusto che passino non alte-rate a’ posteri.

Egli fu semplice nelle maniere e non conobbe né invi<di>a o la gelo-sia di mestier, dignitoso e modesto senza abbiezione ed avverso alle lodi755.Ei diceva un giorno ad un esagerato encomiatore: lasciate questa profusio-ne di lodi, io non credo meritarle e per altro mi recan più male che bene.

Sfuggì sempre di censurar menomamente gli artisti, sebbene ne fossetalvolta provocato da qualcuno mediocre.

Negossi più d’una volta ad osservare qualche nuovo quadro di talunoper evitare che gli fosse appiccato un giudizio ch’egli dato non avrebbe756._________________________________

749 Seguono cancellate le parole: “n’era conseguita”.750 Segue cancellata la parola: “pagato”.751 Seguono cancellate le parole: “può esser”.752 Seguono cancellate le parole: “col procacciarmi”.753 Seguono cancellate le parole: “delle quali che”.754 Seguono cancellate le parole: “a tutti”.755 Segue cancellata la parola: “talché”.756 Seguono cancellate le parole: “poteva bensì”.

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Se ascoltava l’altrui troppo aspro e severo, il moderava colle sue benigneriflessioni757 o taceva se sostener non potesse la difesa.758

Accoglieva nella sua scuola759 amorosamente tutti i giovani760 che a luisi presentavano, e molta cura si dava a ben guidarli nell’arte coll’apprestarloro disegni e modelli e a mandarne di sua mano le copie, e indicarne avoce i difetti, soccorreva spesso quelli che non erano favoriti da fortuna761

di mezzi bisognevoli all’arte, laonde molti a lui correvano e le sue stanzeeran sempre affollate di discenti né in ciò soltanto utile si rese; perocchéalcuni di essi già provetti, e altri non suoi scolari ritraevano le sue inven-zioni e i suoi cartoni che egli loro disegnava generosamente giovavansi [!]per facilitarli a conseguir lucro e credito nell’arte.

Tra i suoi migliori allievi, or già762 artisti di763 onorevol reputazionesegnalavansi Giuseppe Bagnasco, Carlo La Barbera, e Giuseppe Carta.

Egli fu affabile e soccorrevole a’ poveri e segnatamente a’ suoi paren-ti per i quali non volle ritenere a vitalizio un buon valsente, raccolto collesue oneste fatiche, come altri il consigliavano, ed uno di essi fu udito scla-mare col linguaggio del cuore mentre egli agonizzava: Ei travagliò inces-santemente sessant’anni per trarne un meschino pranzo, che altro la suasalute non comportava, e per dar da vivere a tutti noi.

Con queste prestanti qualità di ingegno, e di cuore non è da mervigliareche meritato avesse in vita la stima e l’affetto d’un Meli, d’uno Scinà, d’unGargallo, d’un Turtorici, e di quanti altri uomini dotti riuniva Palermo atempi migliori, né da meravigliar manco che la sua morte avvenuta per cesti-te improvisa dopo dieci ore del primo assalto, e dopo di essere stato soccor-so in vano dall’arte medica,764 e piamente dalla religione, abbia recato uni-versale dolore. Egli menar poté il vanto di essere amato da tutti, da nessunoodiato. Spirò765 il giorno 23 di questo infausto febbraio alle ore 18¾ e 10minuti, con la tranquillità di animo dell’uom virtuoso, e del buon cristiano,e di fatti a me, che qualche conforto poco innanzi alla tremenda dipartita glidavo, riconoscendomi, rispose: la vita e la morte mi è indifferente, accettola prima se Dio vuol concedermela, l’altra non mi sgomenta._________________________________

757 Seguono cancellate le parole: “ove fosse troppo appena. Agevolò tutti gli altri”.758 Segue cancellata la parola: “Riceveva”.759 Segue cancellata la parola: “benignamente”.760 Segue cancellata la parola: “artisti”.761 Seguono cancellate le parole: “alcuni talché alcuni”.762 Segue cancellata la parola: “pittori”.763 Segue cancellata la parola: “buona”.764 Seguono cancellate le parole: “ed efficacemente”.765 Seguono cancellate le parole: “fra le mie braccia”..

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E ben ne avea ragione, poiché moriva senza rimorsi, e con l’intimoconvincimento di aver fatto sempre bene a’ suoi simili.

Conservò766 fino a quest’ultimo punto della vita buona la vista, fermae operosa la mano lucida la mente, creatrice di tanti singolari concetti finoal giono innanzi in cui terminato avea di dipingere la testa della signoraPaino e fino alle ore tre della sera, in cui compì lo schizzo a penna di GesùCristo presentato a Caifas. Divulgatasi la nuova della sua morte più rapi-damente767 del fulmine, i suoi affezionati scolari mi chiesero che io mifacesi loro guida nell’accompagnarne il cadavere alla chiesa di S. Maria diGesù, ove destinato avea di essere modestamente seppellito, ma in ciò fucontraddetto dal pubblico voto; perocché alcuni della nostra nobiltà768 ilfecero anch’essi associare dalle loro carrozze e da servidori a lutto, men-tre tutti gli artisti e gli amici suoi, a capo scoverto, atteggiati a dolore, erammentandone a quando a quando le virtù e i pregi dell’ingegno glifaceano lungo e numeroso corteggio ed un vecchio artista fu udito gridarfuori di città: abbiam perduto il nostro padre.

A me suo amico di quarant’anni, e suo sincero ammiratore769 nella per-dita fatale che di lui ho fatto, mi è solo rimasa a conforto la sua immaginech’ei dipinse e donommi che par che dicami ad ogni istante: “procurad’imitarmi se puoi nelle virtù e preparati a seguirmi, e par contento sirimanga da’ quell’epigrafe che io gli scrissi:

Franco inventor, sposò natura al be<llo>Pinse, e animar le Grazie il suo pennel<lo>

Qui riposa /Giuseppe Patania da Palermo / onnigeno dipintore digran nome / cav. del R. Ordine di Francesco I / ascritto alla Commessionedi Antichità e Belle Arti / alla Nazionale Accademia / E a quella delDisegno di Nuova York / Ne accrebbe ornamento e decoro / ispirato dalgenio / prediletto dalle Grazie / Gareggiò nell’arte co’ migliori di Sicilia/ Accostossi a’ sommi d’Italia / Emulò il vero ne’ ritratti / Ne’ paesi ne’fiori e nelle frutta / ma superò molti e sé stesso / ne’ quadri di storia / E_________________________________

766 Seguono cancellate le parole: “quasi fino all’ultimo istante”.767 Seguono cancellate le parole: “ch’io non credevo”.768 Seguono cancellate le parole: “che più a lui affezionato per le opere che aveano del suo pennellofatte a loro”.769 Seguono cancellate le parole: “del suo ingegno e delle sue virtù”.

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più ne’ piccoli di leggiadro argomento / per creatrice fantasia e sennatocomporre / per eleganza di stili e nuova espressione / Negli schizzi apenna e nelle tela/ in quest’isola sorrisa dal cielo / E fuori ammirato /della patria amantissimo / i fasti e gli illustri suoi figli / Ne eternò col pen-nello / Modesto affabile leale / d’animo compassionevole e generoso / da’parenti da gli amici / da suoi allievi da tutti / meritossi in vita la stima el’affetto / l’universal cordoglio in morte / Spirò in Dio d’anni LXXII / a 23febbrajo MDCCCLII /_____ / Chi ha senso al bello e alla virtù / spargalacrime pel suo frale / e preghi pace all’anima benedetta! / _______ / Leeredi meste inconsolabili / Questa lapide / posero.

Scolari di Patania

Gerlando Marsiglia buon copista che recossi in Nuova York ed ivimorì sul cominciamento del 1832.

Ferdinando Raimondi buon disegnatore e copista, che vive in Roma1851.

Carlo La Barbera palermitano, buon pittore di ritratti, che vive inNapoli 1852.

Giuseppe Bagnasco da Palermo il migliore suo scolare che operava colRiolo ne’ trasparenti de’ fuochi di S. Rosalia770.

*** D’Antoni palermitano, buon pittore.Natale Carta, da Messina figlio di Giuseppe che pure fu scolare del

Velasques, ottimo pittore che vive in Roma (1852).Giuseppe Carta da Palermo suo cugino [ma figlio], buon pittore, che

vive in Palermo 1852.Rosolino La Barbera da *** che studiò il disegno sotto di Patania, e la

scultura sotto Villareale (1852).*** Cortigiani che indi studiò sotto Natale Carta in Roma (1852)

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770 Sono dipinti su tela «illuminate da tergo», dove «la pittura, spiegando a sua posta il bel prestigio,rappresenta in quei quadri le più sublimi immagini». Cfr. Silvana Riccobono, “I “trasparenti” nellefestività di S. Rosalia e i pittori dell’Ottocento” in: Immaginario e tradizione: carri trionfali e teatripirotecnici nella Palermo dell’Ottocento. Palazzo Abatellis, Palermo 14 ottobre 1993-9 gennaio1994. Premessa di Vincenzo Abbate; saggi di Elvira D’Amico ... [et al.], Palermo, Novecento,[1993], p. 89-102; p. 90. Il procedimento non è dissimile dalla preparazione degli affreschi: si pre-parano i cartoni su scala, e poi si trasportano sulla mussolina e si usa l’olio ed «acqua di raja». Dopoaver amidato il tessuto «con colletta ed amito ed indi dopo asciutti darsi una passata d’acqua raggiamista con cera di Trieste». Catalogo della Mostra Immaginario… cit., p. 232. L’effetto cromatico eluministico dei trasparenti, posti dietro un’adeguata illuminazione, offriva una sapiente scenografiateatrale.

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Paolo Cataldi di Capaci che indi si diè al cisello e all’orificeria.Giuseppe Di Giovanni di Palermo incisore e pittore Carlo la Barbiera palermitano riuscito buon pittore di ritratti e stabili-

tosi in NapoliGiovanni Nizzola di Palermo che diessi alla miniatura.Giuseppe Di Marzo di Palermo buono dilettante ch’esercita la profes-

sione di patrocinatoreGiuseppe Lo Jacono da Palermo che fu iniziato nell’arte dal Patania e

poi passò sotto la direzione di Salvatore Lo Forte.Giovanni Fecarrotta771 che diessi alla incisione ad acquaforte, e bulino

al cisello e all’orificeria, e riuscì egregio artista.Adelfio da Palermo che diè prove di gran abilità in un Leone giacente

che dipinse per mostra d’una bottega772 indi si ritrasse dalla pittura.

Qui riposa / Giuseppe Patania da Palermo / onnigeno dipintore digran nome / cav. del R. Ordine di Francesco I / Ascritto alla Commessionedi Antichità e Belle Arti / Alle Nazionali Accademie / E a quella del dise-gno di Nuova York / ne accrebbe ornamento e decoro / Ispirato dal Genio/ prediletto dalle Grazie / Gareggiò nell’arte co’ migliori di Sicilia /Accostossi a’ sommi d’Italia / Emulò il vero ne’ ritratti / Nei paesi nei fiorinegli uccelli nei pesci / Ma superò molti e sé stesso / nei quadri di storia/ E più ne’ piccoli di leggiadro argomento / per creatrice fantasia e senna-to comporre / Per eleganza di stile e vivace espressione / In questa isolacui sorrise il cielo / E fuori ammirato / Della patria amantissimo / I fastie gl’illustri suoi figli / ne eternò col pennello / i fasti e gli illustri suoi figli/ ne eternò col pennello e coll’artistica penna / Modesto affabile leale /d’animo compassionevole generoso / dai parenti da gli amici / dai suoiallievi e da tutti / meritossi in vita la stima e l’affetto / l’universal cordo-glio in morte / Spirò in Dio d’anni LXXII / A 23 febbrajo MDCCCLII /__________ / Chi ha senso al bello e alla virtù / sparga lacrime sul suofrale/ E preghi pèace all’anima benedetta! / ________ / Il fratello e glialtri eredi e mesti e riconoscenti / Questa epigrafe scritta col core dal suoAgostino Gallo / sacrarono._________________________________

771 Giovanni Fecarotta, incisore, nato a Palermo nel 1799, ivi morto dopo il 1830. Un’esaustiva bio-grafia è reperibile nel ms. XV.H.16, Agostino Gallo, Notizie intorno agli incisori siciliani… cit., p.114-116.772 La tradizione delle pitture di insegne era stata introdotta nella cultura meridionale da PolidoroCaldara da Caravaggio, pittore allievo di Raffaello Sanzio, nato a Caravaggio nel 1500ca., morto aMessina nel 1546. Egli, noto per le decorazioni a stucco e a grottesche che inquadrano piccole sceneaffrescate, in seguito al Sacco di Roma, si trasferisce infatti a Messina.

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1773 Qui riposa 92774 Giuseppe Patania da Palermo 24

3 Onnigeno dipintore di gran nome 274 Cav. del R. Ordine di Francesco I 25

5 Ascritto alla Commessione 236 Di Antichià e Belle Arti 21

7 Alle nazionali Accademie 228 E a quella del disegno di Nuova York 26

9 Che accrebbe ornamento e decoro 2910 Ispirato dal genio 26

11 Prediletto dalle Grazie 1612 Gareggiò nell’arte co’ migliori di Sicilia 21

13 Accostossi a’ sommi d’Italia 3.514 Emulò il vero ne’ ritratti 23

15 Nei paesi nei fiori nella frutta negli uccelli nei pesci 2316 Ma superò molti e sé stesso 22/16

17 Nei quadri di storia 3318 e più nei piccoli di leggiadro argomento 3319 Per creatrice fantasia e sennato comporre 3620 Per eleganza di stile e vivace espressione 3621 In questa775 isola cui sorrise il cielo 16 /14

E fuori ammirato22 Della patria amantissimo

23 I fasti e gli illustri suoi figli24 Ne eternò col pennello e coll’artistica penna

25 Modesto affabile leale26 D’animo compassionevole generoso

27 Dai parenti dagli amici28 Dai suoi allievi e da tutti

29 Meritossi in vita la stima e l’affetto30 L’universal cordoglio in morte

31 Spirò in Dio d’anni LXXII32 A 23 febbraio MDCCCLII

__________

_________________________________

773 Il testo dell’epigrafe reca annotati a matita, a sinistra il numero di ogni rigo e a destra il numerodei caratteri per ciascun rigo.774 Al rigo 2 nota al margine sinistro: “più grande”.775 Segue cancellata la parola: “coltissima”.

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776Chi ha senso alla virtù 26Sparga lacrime sul suo frale 24

E preghi pace all’anima sua detta!__________

28 Il fratello e gli altri eredi mesti e riconoscenti777 24Questa epigrafe scritta col core dal suo Agostino Gallo778 12

Sacrarono

Qui riposa /Giuseppe Patania da Palermo /Onnigeno dipintore digran nome / Cav. del R. Ordine di Francesco I / membro dellaCommessione / di Antichità e Belle Arti / delle Nazionali Accademie / E diquella del disegno di Nuova York / Socio ornamento e decoro / Ispirato dalgenio / Prediletto dalle Grazie / Gareggiò nell’arte coi migliori di Sicilia/ Accostossi ai sommi d’Italia / Emulò il vero nei ritratti / Nei paesi neifiori nelle frutta / ma superò molti, e sé stesso / nei quadri di storia / E piùnei piccoli di leggiadro argomento / per creatrice fantasia e sennato com-porre / per l’eleganza di stile e vivace espressione / Negli schizzi a pennae nelle tele / Qui e fuori ammirato / Della patria amantissimo / Ne eternòi fasti / E gli illustri suoi figli col pennello / Modesto affabile leale / Dianimo compassionevole e generoso / Dai parenti dagli amici da suoi allie-vi / Meritossi in vita l’affetto / l’universal compianto in morte / Spirò inDio d’anni LXXII / A 23 febbrajo MDCCCLII / ________ / Chi ha sensoal bello e alla virtù / sparga lacrime sul suo frale / e preghi pace all’ani-ma benedetta! / ________ / Le meste e riconoscenti eredi / Questa lapide/ Posero.

Qui riposa /Giuseppe Patania da Palermo / Egregio ed onnigenodipintore / Cavaliere / Del R. Ordine di Francesco I / Della Commessionedi Antichità / E belle Arti / Delle Nazionali Accademie / E di quella deldisegno di Nuova York / Socio ornamento e decoro / Ispirato dal genio /Prediletto dalle Grazie / Gareggiò nell’arte coi migliori / Che vanti Sicilia/ Accostossi ai sommi d’Italia / Emulò il vero nei ritratti / Nei paesi neifiori nelle frutta / E superò molti e sé stesso / nei quadri d’istoria / E piùnei piccoli di leggiadro argomento / Per creatrice fantasia / Per sennatocomporre / Eleganza di stile e vivace espressione / Negli schizzi a penna_________________________________

776 Al rigo 26 nota al margine sinistro: “più piccolo”.777 Seguono cancellate le parole: “questa lapide”.778 Segue cancellata la parola: “posero”.

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e nelle tele / In patria e fuori ammirato / Buono modesto affabile genero-so / Dai parenti dagli allievi / Dagli amici e da tutti amato in vita / E com-pianto in morte / Spirò in Dio d’anni LXXII / A 23 febbrajo MDCCCLII /________ / Chi ha senso al bello e alla virtù / sparga lacrime sul suo frale/ e preghi pace all’anima benedetta / ________ / Le meste eredi ricono-scenti / Questa lapide / Posero.

Qui riposa /Giuseppe Patania da Palermo / Egregio ed onnigenodipintore / Cavaliere / Del R. Ordine di Francesco I / Della Commessionedi Antichità / E belle Arti / Alle Nazionali Accademie / E a quella del dise-gno di Nuova York / Spontaneamente ascritto / ei fu ornamento e decoro /Dal genio ispirato / Prediletto dalle Grazie / Gareggiò nell’arte coimigliori / Che vanti Sicilia / Accostossi ai più rinomati sommi di grannome / Onde primeggia l’Italia / Emulò il vero nei ritratti / Nei paesi neifiori nelle frutta / E superò molti e sé stesso / nei quadri d’istoria / Emeglio nei piccoli di leggiadro argomento / Per creatrice fantasia / Persennato comporre / Eleganza di stile e vivacità d’espressione / Neglischizzi a penna e nelle tele / Fuori ammirato / Per bontà modestia e cuorgeneroso / Dai parenti dagli amici dagli allievi e da tutti / Amato in vita /E compianto in morte / Spirò in Dio d’anni LXXII / A 23 febbrajoMDCCCLII / ________ / Chi ha senso al bello e alla virtù / sparga lacri-me sul suo frale / e preghi pace all’anima benedetta / ________ / Le eredimeste e riconoscenti / Questa lapide / Posero.

Qui riposa /Giuseppe Patania da Palermo / Onnigeno dipintore digran nome / Cav. del R. Ordine di Francesco I / Ascritto allaCommessione / di Antichità e belle Arti / Alle Nazionali Accademie / E aquella del disegno di Nuova York / Ne accrebbe ornamento e decoro /Ispirato dal genio / Prediletto dalle Grazie / Gareggiò nell’arte coimigliori di Sicilia / Accostossi a’ sommi d’Italia / Emulò il vero ne’ ritrat-ti / Ne’ paesi ne’ fiori nelle frutta / Ma superò molti e sé stesso / Ne’quadridi storia / E più ne’ piccoli di leggiadro argomento / Per creatrice fanta-sia e sennato comporre / Per eleganza di stile e vivace espressione / Neglischizzi a penna e nelle tele / In quest’isola sorrisa dal cielo / E fuori ammi-rato / Della patria amantissimo / I fasti e gl’illustri suoi figli / Ne eternòcol pennello / Modesto affabile leale / D’animo compassionevole e gene-roso / Da’ parenti da gli amici / Da suoi allievi e da tutti / Meritossi invita la stima e l’affetto / L’universal cordoglio in morte / Spirò in Diod’anni LXXII / A 23 febbrajo MDCCCLII / ________ / Chi ha senso al

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bello e alla virtù / sparga lacrime sul suo frale / e preghi pace all’animabenedetta / ________ / Le eredi meste e riconoscenti / Questa lapide /Posero.

Allievi in pittura del signor Patricola e alcuni anche di Patania

1 Sig. Giuseppe Vitale da Sciacca.2 Sig. Andrea d’Antone da Palermo e anche fu scolare di Patania.3 Filippo Provenzale, idem.4 Sig. Ramistella Giuseppe, idem5 Sig. Pietro Lojacono, idem, fu anche scolare di Patania.6 Sig. Giuseppe Varvaro suo nipote, idem.7 Sig. Pasquale Conti, idem.8 Sig. Raffaele Genovese, idem. 9 Sig. Ferdinando Santifoller, idem.10 Sig. Giuseppe Gulotta da Termini.11 Sig. Giuseppe Spampinato da Palermo.12 Sig. Giuseppe Buja idem. 13 Sig. Salvatore Cento, miniaturista, idem.14 Sig. Popò Milazzo, idem.15 Sig. Giuseppe Barone, incisore di camei, da Termine.17 [!] Sig. Giuseppe Rasura da Palermo.18 Sig. Salvatore Gulotta, idem.18 [!] Sig. Placido Crastonuova da Palermo

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Agostino Gallo

Notizie di artisti Sicilianida collocarsi ne’ registri secondo l’epoche rispettive

raccolte da Agostino GalloMs. XV.H.20.2.

Trascrizione e note diAngela Anselmo e Maria Carmela Zimmardi

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Appunti sui pittori

Pietro Ruzzolone1 pittore

Sua croce con sacra storia descritta dal Cav. Di Miceli2, in Termini, conl’anno del contratto 1483, nella cattedrale.

In quell’anno nasceva Raffaello Sanzio.Altra simile ma alquanto variata nella figura nella chiesa di S.

Francesco, senz’anno.Vi erano sue opere sino sino [!] al 1520.Baronio3, Mongitore4

Prodigio artistico attuale

Tutto rinnovasi e si riproduce nell’istoria in cui le vicende le grandiimprese gli eccelsi talenti i vizii le virtù degli uomini di tutte le nazioni edetà come se fossero affissi ad una ruota al suo volgersi vi apparisconoquasi nello stesso aspetto o con piccole differenze.

Nessuno che abbia percorso quello delle belle arti ignora ciò che aven-ne [!] un giorno a Cimabue pittore del XIII secolo. Errava egli a diportoper osservare le svariate bellezze della natura per la campagna del villagiodi Vespignano vicino a Firenze sua patria quando si accorse d’un garzon-cello che stando in guardia d’un branco di pecore per passar mattana eratutto intento a disegnare sopra una lastra con selce appuntuta una delle suepecore che strajata e tranquilla ruminava la pastura. E sorpresolo alle spal-le ebbe agio ad osservare che quell’animale nell’attitudine, nella peculiarsembianza ne’ velli era a perfezione delineato qual da mano maestra spe-rar si potesse. Di che meravigliato chiese al fanciullo se bramasse di esse-_________________________________

1 Pietro Ruzzolone, pittore palermitano, operò tra il 1484 ed il 1526 in vari centri dell’Isola. Cfr.Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti siciliani ed esteri che operaronoin Sicilia (Ms. XV.H.19.). Trascrizione e note di Angela Mazzè, Palermo, Regione siciliana.Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione. Dipartimento dei beni cultura-li, ambientali e dell’educazione permanente, 2005, pag. 460.2 Ignazio De Michele, Sopra un’antica croce nel Duomo di Termini Imerese, Palermo, Stabilimentotipografico di Francesco Lao, 1859.3 Francesco Baronio Manfredi, De maiestate panormitana libri IV, Panormi, apud Alphonsum deIsola, 1630, v. 3, p. 102.4 Antonino Mongitore, Memorie dei pittori, scultori, architetti, artefici in cera siciliani. A cura diElvira Natoli, Palermo, S.F. Flaccovio, 1977, p. 136-137.

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re istruito da lui nella pittura, e quegli mostrandosene lieto si abbandonòal volere del padre che acconsentì, talchè il condusse al suo studio e inbreve superò il maestro per modo che Dante scrisse credette Cimabuenella pittura tener lo campo, ed or ha Giotto il grido, sì che la fama dicolui oscura (1)5. E non solo oscuro Cimabue il che non era difficile, matutti gli altri artisti contemporanei nella verità e nella grazia, e diligenza,laonde merito l’amicizia e le lodi di Dante intendente del disegno e la pro-tezione de’ pontefici Benedetto XI, Clemente V, e Bonifacio VIII e lasciòopere che tuttavia si ammirano benchè l’arte fosse posteriormente progre-dita. E nella mia prima giovinezza conobbi pel grido della fama cheGiuseppe Velasques6 da Palermo, fanciullo, senza la direzione di maestroimitava con la penna le istorie incise in rame e poscia sovramettendo aqueste i cristalli le ritraeva esattamente a colori finchè entrando nello stu-dio di Giuseppe Tresca7, e al primo anno l’ecclissò e procedendo rapida-mente nell’arte di opera in opera divenne nella composizione, nel disegnoil primo pittore della Sicilia che non è stato finora superato e lo sarà diffi-cilmente. E così pure avvenne al suo concittadino Valerio Villariale8.Costui a 7 anni senza guida di alcuno modellava pastori in creta pel suozio canonico Mandalà che ne adornava9 il suo presepe, e poi a 10 anni unpoco più li scolpiva in legno in buone proporzioni con vivace espressionedi volti e di attitudine, ed io ho veduto uno di questi suoi presepi possedu-to ormai dal cav. Benzo e segnato col nome del giovinetto artista che nellefigure è mirabile per le indicate qualità e sembrano di uomo provetto nel-l’arte.

Il cav. Lioy allora ammiratore dei fondi della Magione assegnati aS.A.R.D. Leopoldo principe di Salerno vide queste figurire del Villarealee da buon conoscitore qual’era volle presentarlo a S.A. e l’ardito giovinet-to gli chiese in grazia di permettergli di modellargli in creta il busto e inpochi giorni l’eseguì con tal somiglianza e grazia che superava di gran_________________________________

5 A c. 3r nota al margine sinistro: “(1) Purgat. c. XI.”6 Giuseppe Velasquez, pittore, nato a Palermo nel 1750 e ivi morto nel 1827.7 Giuseppe Tresca, pittore, nato a Sciacca nel 1710, morto a Palermo nel 1795.8 Valerio Villareale, scultore, nato a Palermo nel 1773 e ivi morto nel 1854.9 L’articolo Prodigio artistico attuale, riportato alle c. 2-3, che termina con le parole “che ne ador-nava” prosegue alla c. 187v con le parole iniziali “il suo presepe” e le parole finali “negli anni e nel-l’arte”, alla c. 186r-v con le parole iniziali “Laonde S.A.R.” e le parole finali “gli disse: proteggete”,alla c. 187r con le parole iniziali “questo giovinetto che mostra genio” e le parole finali “più cultiregni di Europa”, e alle c. 188r-191r con le parole iniziali “e sarebbero certo saliti” e le parole fina-li “nella istoria dell’arte”.Alle c. 4-7: Ignazio De Michele, "La Sala del Consiglio comunale di Termini Imerese". Estr. da:L'Imerese, n. 6, in due copie. In testa al titolo la nota manoscritta: Pel pittore Vincenzo Barbera diTermini 1610.

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lunga quelle scolpitogli in marmo da Federico Siracusa10, artista provettonegli anni e nell’arte Laonde S.A.R. dopo qualche anno gl’interuppe dallaR. Corte il sostentamento in Roma, ove con l’ammaestramento del Canovadivenne anch’egli sì egregio scultore da meritare l’affetto e la stima delsuo maestro Giuseppe Patania11 anche di Palermo. Né conviene trasanda-re sul proposito di giovinetti artisti che per impulso di genio pria che perammaestramento dell’arte fan presagire dai più teneri anni la loro riuscita.Egli era figlio di un sarto e al sesto anno e di pria che maneggiasse lapenna per iscrivere tracciava sulla carta graziose figurine e dopo qualcheanno che attese allo studio elementare delle lettere persistendo a scaraboc-chiare figurine, a consiglio di un architetto fu allogato nello studio di unoscultore e poi presentato a quello di Giuseppe Velasquez ove in 6 mesigiunse ad disegnare con diligenza ed esattezza in gesso e preso ardimentochiese al suo maestro di volerne dipingere una testa, ma quegli bruscamen-te il minacciò alla bacchetta ma il giovinetto insofferente della minacciaraccolse i suoi disegni e gli disse: sarò pittore senza la sua direzione e andòvia. Difatti cominciò a dipingere i cartelloni di teatro in cui rappresentava-si la scena principale del dramma spesso con molte figure al vero che glivenivano pagate due scudi per ciascuno ed erano esposti ad uno dei can-toni della piazza Vigliena. Or avvenne che passando un giorno il cav.Puccini,12 direttore della galleria di Firenze e grande amatore ed essendoin compagnia del suo amico Bar. Pietro Pisani fermossi a guardare quellascena dipinta e chiese al barone chi ne fosse l’autore. Gli fu risposto d’es-sere un giovinetto a 16 anni e quegli meravigliatosene gli disse: protegge-te questo giovinetto che mostra genio, fantasia in queste opere, e diverràegli con lo studio gran pittore, e lo fu come mostrò in breve nella cena inEmmaus nel refettorio del Seminario arcivescovile e in altri dipinti di queltempo e progressivamente nell’invenzione spontanea e nella grazia e nel-l’espressione nelle opere successive qualità in cui non è stato ancora egua-gliato.

Pare che gli artisti ed altri uomini di genio in diverse discipline sorga-no in Sicilia spontaneamente come funghi. La natura figlia di Dio li creama l’arte13 sua nepote secondo il concetto di Dante può solo educarli allaperfezione.

Abbiam veduto verso il 1830 sorgere in Sicilia dei meravigliosi fan-_________________________________

10 Federico Siracusa, scultore, nato a Trapani nel 1759, morto a Palermo nel 1837.11 Giuseppe Patania, pittore, nato a Palermo nel 1780 e ivi morto nel 1852.12 Tommaso Puccini (1749-1811), studioso d’arte.13 Seguono cancellate le parole: “come balia l’educa”.

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ciulli decenni matematici e un violinista senza studio ma col semplice pra-tico esercizio recan stupore a’ più culti regni di Europa e sarebbero certosaliti all’apice della scienza fino all’astronomia se il ministro Santangelonon li avesse sviato e voltili ad altra carriera privandoli dei larghi sussidiottenuti dalla beneficenza comunale. Ed ora un altro fenomeno artisticosingolare è sorto in Sicilia. Nella meschina14 terricciuola di Villalba checonta appena 1.018 abitanti e dipende dalla diocesi di Girgenti una villicafamigliuola di sei individui di cui fu genitore Gaetano Piemonte e madreMarianna Cristianna ha dato un genio nell’arte scultoria nel suo quartofigliuolo Litterino. Il padre addetto pria alla vanga e poi a guardiano di unfondo del sig. Nicolò D’Ina lasciò nella miseria morendo la famiglia e ilfiglio Litterino all’età di anni 8 e il figlio maggiore Giuseppe provvedeval’una ad alimentarla con istruire all’industria delle calze le fanciulle delvillaggio e l’altre alla fatica giornaliera della campagna.

Il misero fanciullo Litterino a tre anni cominciò a modellare in creta ipastori del villaggio e colorandoli li vendeva agli altri fanciulli e cresciu-to, dopo la morte del padre, ajutava il fratello maggiore a zappar la terra enei ritagli di tempo continuava a modellare in creta delle figurine. Lamadre l’avviò alla scuola di quel paese e appena potè imparare a leggerestentatamente; ma il fratello per l’utile proprio ne lo ritrasse e punto al 12anno copiò in creta a tutto rilievo dell’altezza di due palmi una statua inlegno di S. Giuseppe e la vendette, poi un Crocifisso di tre palmi eun’Immacolata sopra una statua, ma non potè compirla e indi si ruppe.Giuseppe Cammarata l’adoperò per effigiargli i pastori, gli animali, laVergine, S. Giuseppe e il Bambino per il suo presepe. In Villalba non havvialcuno che potè istradarlo nel disegno e nell’arte di modellare e quantoegli operava nella creta era impulso del suo genio, diligenza nell’osserva-zione dei modelli ed occhio finissimo nel conservare le forme e le propor-zioni originali delle copie.

Un bel giorno avendo egli inteso che in Palermo vantatagli come gran-de città vi erano moltissime belle statue e quadri eccellenti spinto dal-l’amore dell’arte e raccolti pochi tarì dai suoi lavori fuggì15 dalla casapaterna a 25 luglio 1844 e recatosi qui vagava per la strade entrando inogni chiesa che incontrava e rimanendo sbalordito ad ogni imagine disanto o di santa che scogeva sugli altari per modo che all’ora di chiudersile chiese n’era cacciato dai sagrestani._________________________________

14 Segue cancellata la parola: “villaggio”.15 Seguono cancellate le parole: “verso la fine di luglio di quest’anno”.

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Non aveva fin allora potuto ritrovare ricovero e già aveva esaurito lepiccole monete recatesi in tasca quando per caso introdottosi nella RuaFormaggi si avvide che ivi lavorava nel suo studio in legno una statuadella Vergine il signor Giovanni Scimone, fermossi a lungo a contemplar-la e quegli accortosene e lo richiese se gli piacesse. Rispose il dodicennefanciullo: Moltissimo, ma io so fare anche qualche cosa. Ebbene, replicòlo Scimone, qui vi è creta, se sai fare modella qualche testa. Esultò il pic-colo Litterino e die’ opera ad effigiare ad alto rilievo al vero di memoriala testa del Cristo spirante che avea copiato nella sua patria. Ne rimase sor-preso lo Scimone nello scorgere la prontezza dell’operare e la regolaritàdel disegno del modello, e lo accolse in casa e gli ha dato fino adesso ali-mento. Sia lode quindi a quel buon uomo tanto più che tira bene unamedioce sussistenza dalla sua professione.

Divulgatasi la fama di quel fanciullo prodigioso d.n Leopoldo Borbonie d.n Ferdinando Consales lo recarono da me per farmi ossevare la testadel Cristo che a vero dir sembrommi così regolare di grande espressionenell’indicare l’atto di chi spira che io avrei creduto quell’opera di un gio-vane provetto nello studio di un buono artista anziché di un fanciullo chesapea far tanto senza la guida di maestro.

L’indomani recommi modellato un bambino di un palmo modellato dimemoria in tutte le proporzioni del corpo. Allora mi convinsi che queglifosse un prodigio artistico dei nostri tempi ed insieme col sign. Consalese Scimone gli abbiamo formulato una supplica al governo per dargli qual-che ajuto ed io lo raccomandai particolarmente al cav. Senatore FrancescoDi Giovanni Presidente della Commissione di antichità e belle arti nonpotendo io fare altro che dargli dei piccoli soccorsi avendo già renunziatoalla carica di segretario archeologo con voto di quella Commissione. Ilgiorno 27 del corrente agosto recossi da me nuovamente il fanciullo, portòseco della creta e volle modellare sotto gli occhi miei al vero in alto rilie-vo la testa del Meli sul busto che io ne possiedo, ed in meno di un’ora eragià abbozzata sì bene che la nepote di quel poeta recandosi a casa da mesubito lo ravvisò. Il giorno appresso l’attendevo avendolo invitato a pran-zo da me ma egli non venne e ne chiederò notizia allo Scimone avendomipromesso di dover terminare quel suo lavoro.

Spero che il governo voglia interessarsi di questo giovane prodigiosonell’arte perocché il suo comune miserabile com’è non può sostenerlo inPalermo e appena ha saputo ottenere un piccolo soccorso dalla sua madreindigente da me da Scimone e da qualche altro. Veramente la provincia diGirgenti che è ricca e alla quale appartiene Villalba dovrebbe dargli un

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assegnamento mensile per progredire nell’arte sotto la direzione di un ottimomaestro in Palermo, e poi spedirlo in Roma come praticò col Carta la gene-rosa principessa di Paternò, la quale partecipa ormai alla gloria di sì gran pit-tore ed il nome di amendue passeranno alla posterità nella istoria dell’arte.16

Vincenzo La Barbera17 da Termini pittore del secolo XVII

Di lui havvi un bellissimo quadro della cena del Signore coi dodi-ci apostoli figure al naturale nella cappella dello Spedale di Caccamo.

Pittura siciliana sec. XVI

Luigi Roderigo18, detto il Siciliano, nacque in Palermo verso la fine delsecolo XVI da Diego Roderigo ufficiale spagnuolo di Filippo III, mentre colàtrovavasi stanziato con la guarnigione. Desiderava il padre che Luigi, studia-te le lettere, fossesi applicato alle armi; ma non così avvenne, chè egli circail suo diciassettesimo anno volle darsi alla pittura, ricevendo i primi insegna-menti da un pittore palermitano. Nel 1604, venuto in Napoli con un suo ziomaterno, onde perfezionarsi nell’arte da lui prescelta, fu messo a scuola diBelisario Corenzio19, come quegli che in quell’epoca avea maggior grido.Studiò Luigi indefessamente e con grande profitto, come lo attestarono le pri-mitive sue opere eseguite nella chiesa dello Spirito Santo. Impegnato a dipin-gere alla Certosa i freschi dell’atrio della chiesa, commessigli dal suo mae-stro Belisario, trovò che vi dipingea anche il cav. D’Arpino, ed egli curioso eparte per ammirare le opere di sì famoso artista, non fu tardo ad affezionar-_________________________________

16 Al margine si legge: “sull’epoca della nascita del volgare”.17 Vincenzo La Barbera, pittore ed architetto, nato a Termini Imerese, attivo tra la seconda metà delXVI secolo e la prima metà del XVII.18 Luigi Rodriguez (o Roderigo), detto il Siciliano, nato a Messina, documentato a Napoli tra il 1594e il 1608. Altri ipotizza come date di nascita e morte: 1585-1630, cfr. Agostino Gallo, Parte primadelle notizie di pittori e musaicisti siciliani ed esteri che operarono in Sicilia (Ms. XV.H.18.).Trascrizione e note di Maria Maddalena Milazzo e Giuseppina Sinagra, Palermo, Regione siciliana.Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione. Dipartimento dei beni cultura-li, ambientali e dell’educazione permanente, 2003, p. 31-34, 60-61; Agostino Gallo, Parte secondadelle notizie di pittori… cit., p. 451-452, 492-493.Giambattista Gennaro Grossi indica come data di nascita “circa il 1594” in Le belle arti dell’avvo-cato G.B. Gennaro Grossi… Opuscoli storici su le Arti, e Professori dipendenti dal disegno ne’ luo-ghi che oggi formano il Regno di Napoli, Napoli, dalla Tipografia del Giornale Enciclopedico, 1822,v. 2, p. 114.19 Belisario Corenzio, pittore di origine greca nato in Acaia nel 1558 e morto ad Esperia (FR) intor-no al 1646, fu attivo nell’Italia centro-meridionale.

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glisi, allettandolo non poco la bella maniera del cavaliere, che se’l volle tene-re compagno in altri lavori che dovea eseguire in diverse chiese della capita-le. Di poi furongli allogati i freschi della navata della chiesa del Carmine,esprimenti fatti del Redentore, freschi che gli procacciarono infinite lodi; perla qual cosa attiratosi contro l’invidia del Corenzio suo primiero maestro,questi un dì entrato nella chiesa del Carmine, e riunitosi alla moltitudine cheivi trovavasi per ammirare le opere di Luigi, onde sentire da vicino che chene dicessero, domandò ad uno della folla (che era un artista) il nome dell’au-tore di quelle pitture, e qual giudizio egli ne desse, e sentendo da colui cheerano opere del Roderigo, il quale discepolo di Belisario, avealo in quelle digran lunga superato nell’arte, fu preso da tale odio e livore contro dell’infeli-ce Luigi, che ne giurò la perdita; propinandogli un lento veleno, fattogli beread un pranzo in cui lo avea invitato, che in fra non molto lo estinse. La suamorte che seguì nel 1630, fu da tutti compianta con immenso rammarico. Leultime sue opere, lasciate imperfette, osservavansi nella chiesa dellaConcezione degli Spagnuoli, ora non più esistente.

Comunicazione del Dottor G. Bandiera

Alcuni paesisti ed internisti di Palermo.Sopra un famoso pittore20 sig. Abbate21 soggiornante

in Napoli nel 184622

Pochi de’ nostri pittori si son dati a questo leggiadro genere di dipintiad olio offrendo scarso lucro a coloro che potrebbero esercitarne in Sicilia.

Due dilettanti bensì il p. Piazzia da Palermo che appartenevaall’Ordine Benedettino in Monreale dipinse il famoso chiostro del medioe-vo del suo monistero da un punto angolare da cui poteansi scorgere i quat-tro lati e riuscì col bello effetto pittoresco.23 Anche il cav.re Benzo24 daPalermo studiando la prospettiva si esercitò nel dipingere l’interno dellanostra real Cappella palatina e della camera a mosaico del re Ruggiero nelR. Palazzo la quale è stata ritratta molte e molte volte da pittori stranieri eridotta in incisione. Ma il Benzo ha colpito il vero da un punto più favo-revole e per diligenza ha gareggiato con gli esteri dipintori._________________________________

20 Seguono cancellate le parole: “d’interno siciliano”.21 Vincenzo Abbate, pittore, attivo nel secolo XIX.22 Seguono cancellate le parole: “professore Abbate”.23 Segue cancellata la frase: “e con molta intelligenza della prospettiva architettonica”.24 Salvatore Benzo, pittore, attivo nel sec. XIX.

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Il celebre internista M.r Verbrut25 che io conobbi familiarmente dipin-se in Palermo verso il 1846 diversi interni delle nostre più belle chiese ein particolare il bellissimo prospetto meridionale della nostra cattedrale.Egli era intelligentissimo prospettico e pittore di gusto squisito anche dipaesi e quel prospetto della nostra cattedrale fu da lui eseguito per ordinedi Ferdinando 2° e pagatogli largamente. Massimo d’Azeglio milanesecelebre romanziere e non meno celebre paesista e internista, essendosirecato in Palermo verso il 1846 per rannodare le fila della rivoluzione ita-liana con quella di Sicilia che dovea promuoverla ricavò gli schizzi de’ piùameni siti campestri di Palermo, che io osservai con diletto e stuporeessendo divenuto suo amico, dopo di essere stato commensale con lui inun pranzo nella sua casina a’ Colli datogli dal principe di Scordia.

In quella occasione io gli dissi: Sapete che ignorando io che voifoste pittore, dalle letture dei vostri romanzi, l’indovino ed egli sorriden-do mi rispose: Qualch’altro mi ha fatto la stessa osservazione. Eravamointanto verso il tramonto del sole affacciati al balcone di quella deliziosamagion campestre e l’astro maggior della natura ravvivava i bei colori delvicino monte Pellegrino, e l’Azeglio ammirando quella gran massa di roc-cia per le belle tinte dissemi O quanto bramerei di aver quel monte vicinoMilano per istudiarvi quel seducente colorito ravvivato dalla luce. Ebbenerisposi io noi siamo pronti a regalarvi quel monte, avendone altri attornoPalermo e giovandovi molto di sgombrare quel sito settentrionale chec’impedisce il libero passaggio dell’aria più salubre. Ed egli, il farei volen-tieri se me lo potessi trasportare nella mia patria che manca al tutto dimonti e di modelli a’ nostri pittori sì colossali e ornati di sfolgoranti e sva-riati colori.

Ritornando agl’internisti ed a’ pittori di paesi dirò che de’ primianni replico penuria in Sicilia non già de’ secondi.

Il primo che in Palermo abbia dipinto con verità e buon gusto dicolori il paesaggio fu Giuseppe Patania26 il quale nella sua prima gioven-tù ritrasse a matita i più bei punti pittoreschi delle campagne attorno aPalermo e ne arricchì i suoi cartolari, onde servirgli variandoli e raccoz-zandoli pe’ suoi dipinti; e così fece in effetto elevandosi sopra VincenzoRiolo27 che pure tentò il paese e vie meglio sul massimo GiuseppeVelasquez28 famoso figurista, del quale abbiam solo quattro paesi presso_________________________________

25 Franz Vervloet, pittore, nato a Mechelen nel 1795 e morto a Venezia nel 1872.26 Vedi nota n. 11, p. 289.27 Vincenzo Riolo, pittore, nato a Palermo nel 1772 e ivi morto nel 1837.28 Vedi nota n. 6, p. 288.

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il Monistero de’ Benedettini in Morreale ed uno migliore presso di me.Del Riolo poi ve ne sono alcuni commessigli dal Dr. Vincenzo Gaglianoda Catania che lo pose a gara col Patania in alcuni paesi con personaggiistorici.

Dopo quel tempo Giuseppe Tripi29 da Palermo imitatore del Pataniaessendo assiduo al suo studio quando dipingeva paesaggi avvicinossi alsuo stile e ne dipinse molti che pur sono veri e leggiadri, ritraendoli coicontorni campestri di Palermo, e di cui io ne possiedo i bozzetti. Fra imigliori paesi dipinti dal Patania avvi una serie di alcuni di piccoladimensione in cui esprime tutte le vicende della natura nei giorni e ne’mesi dell’anno. Prima aveva dipinto un uscita di selve pel miniaturistadella Real Corte Giovanni Salvaggio30 e l’altro del Riolo in contrappo-sto.

Altro bellissimo paese di lui fu quello pel principe di Santantimolodatissimo da un pittore straniero altro pel Generale poi ministroFardella rappresentante una danza campestre, altre pel barone Battiforarappresentante l’arrivo d’un feudatario nel suo villaggio e una festa cherendono al loro padrone alcuni villici e forosette. Io ne possiedo quattroche nonostante che siano della sua prima età pure sono graziosi.

Giuseppe Bucalo31, figliastro del Patania, dipingeva ad olio prospettie figure che sentivano lo stile del Patania e indi passò in Francia ovedivenne attivo ritrattista in miniatura.

La scuola napoletana influita allora da l’Alpe guastò alcuni nostri deidilettanti paesisti come con quel maledetto color rossastro che predomi-na dapertutto i dipinti. Fra questi fuvvi il sigr. Giovanni Ondes cheposcia se ne ritrasse come pure Giovanni principe Lanza Vettimiglia [!]quando non era ancora divenuto cieco che mostrava ad imitazione delPatania melliflua disposizione non che nella pittura di genere come pescifiori e frutti in piccole dimenzioni ad acquarello a colore.

Erasi recato in Palermo colla R. Corte il sig.r Raimondo Gioja32

napoletano pittore eccellente scenografo e ornamentista il quale diessiposcia a dipingere ad acquarello paesi di bellissimo effetto ma di falsetinte. E costui anche eccitò in Palermo nei nostri dilettanti l’amor del

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29 Giuseppe Tripi, pittore, attivo nel secolo XIX.30 Giovanni Salvaggio (o Salvagio) scultore in legno nato a Sciacca, attivo nel secolo XVII.31 Giuseppe Bucalo, pittore attivo nel secolo XIX, figlio di Narda Brucalo, o Bucalo, moglie diGiuseppe Patania.32 Raimondo Gioia (o Gioja), pittore e scenografo, nato a Napoli intorno al 1772 e morto a Palermonel 1837.

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paesaggio occupandosi in questo genere a tempere colorate negli ultimianni della sua vita e offrendo le sue dipinture delle quali io possiedo due.

Il sig.r Gaspare Peranni33 figlio del generale letterato dilettante dipinger paesi superò il padre in questo genere e molti paesi e interni hadipinto par per alcuni condotti con molta diligenza.

Su tutti questi paesisti e dilettanti pittori s’innalzò di recenteLojacono34 figlio di35 Giuseppe valente dipintore figurista. Appresoavea in Napoli il paesaggio ove quel genere è coltivato egregiamente.Molti ne ha eseguito dipinti su imitamento sul vero ma che mancanotalvolta di effetto non credendo di dovere aggiungere uno due alberoo una rupe per il contrapposto pittorico, e conducendo i suoi dipinticon minuziosa esattezza.

Nulla di manco ha un tocco felice ed è mirabile nelle imitazionidal vero. Io ignoravo un celebre internista siciliano che soggiornandoin Napoli anche pria del 1847 n’ebbi notizia leggendo alcuni ricordid’artisti di Domenico Ventimiglia36 messinese, il quale descrivendouna veduta cittadinesca che in Napoli dal largo di S. Ferdinando metteal vastissimo piano del castello dipinta da Gabriello Carelli37 così scri-ve parlando anche degli interni del medesimo. Chi vide difatti “que-gl’interni ch’egli recò all’ultima esposizione delle nostre arti riconob-be in lui un internista degnissimo di stare accanto al siciliano Abbate38

del quale ho veduti stupendi interni e fra tutti meraviglioso quello rap-presentante la Galleria dell’onorando Duca di Caporana largo protet-tore delle arti ed artista egli pure assai lodati”.

All’opinione del Ventimiglia che ne’ suoi ricordi artistici oveerano citati mostra buon giudizio intorno alle belle arti io non sapreioppormi, ma non avendo veduto nulla del sig.r Abbate, mi uniformoal parere del sig.r Ventimiglia. Né per vero pel nostro dipintorepotrebbe vivere in Napoli colla pittura dell’interno se non fosseriguardato come uno tra i primi in quel genere perochè ivi moltissimil’imitano con fede.

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33 Gaspare Peranni, pittore, attivo nella prima metà del XIX secolo.34 Francesco Lojacono, pittore, nato a Palermo nel 1838, ivi morto nel 1915, figlio di Luigi, non diGiuseppe, anch’egli pittore. 35 Segue cancellata la parola: “un” ed è aggiunto successivamente il nome “Giuseppe”. Ma il padredi Francesco era Luigi, e non Giuseppe.36 Domenico Ventimiglia, Arte e storia, ricordi della Sicilia, Palermo, 1856.37 Gabriele Carelli, pittore, nato a Napoli nel 1820 e morto a Londra nel 1900.38 Vedi nota n. 21, p. 293.

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Gliptica in Sicilia 1866

Pietro Bordino39 figlio del fu Francesco e di Vincenza Ilardi nacque inTrapani a 13 marzo 1803 studiò il disegno nel patrio liceo sotto FrancescoCutrona40 trapanese buon disegnate [!], felice inventore e mediocre colori-tore. Diessi indi all’incisione in pietre dure sotto Michele Laudicina41 diquella città ch’era stato scolaro in Roma del famoso Picheler42. Dopo lamorte del Laudicina maestro in quel liceo di gliptica avvenuta nel 1831 ilBordino ne fu scelto sostituto finchè ne fu soppresso l’insegnamento.Recossi in Palermo nel 1841 indi in Napoli ove eseguì molti lavori d’in-venzione e di ritratti in pietra dura.

Restituitosi in Palermo ha sempre atteso all’arte sua con crescentereputazione e vive sino al corrente agosto 1866.

Opere in diversi musei

Nel museo de’ Gesuiti, un’imitazione egiziana ed altro intaglio in quel-lo di Valenza reputati antichi.

Su calcedonia i segni del zodiaco presso un inglese.Un fatto romano sopra corniola con 4 figure presso un inglese.Un suggello ovale sopra gran corniola cotognina imitazione di quello

di Cesare Augusto con una testa imberbe, con un delfino e un tridente econ globo e iscrizione greca.

Ritratto reale di F. II sopra sardonica.

Celebre dipintura sopra tavola del secolo XIV

Nell’anno 1516 fu rinvenuta sepolta in43 un nascondiglio un famoso_________________________________

39 Per Pietro Bordino cfr. Agostino Gallo, Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte dell’incisione dellemonete in Sicilia dall’epoca araba sino alla castigliana (Ms. XV.H.15., cc. 1r, 11-45v); Notizie de’figularj degli scultori e fonditori e cisellatori siciliani ed esteri che son fioriti in Sicilia da più anti-chi tempi fino al 1846 raccolte con diligenza da Agostino Gallo da Palermo (Ms. XV.H.16., cc. 1r-25r; Ms. XV.H.15., 62r-884r). Trascrizione e note di Angela Anselmo e Maria Carmela Zimmardi,Palermo, Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione.Dipartimento dei beni culturali, ambientali e dell’educazione permanente, 2004, p. 258.40 Francesco Cutrona, pittore trapanese, attivo tra la fine del secolo XVIII e l’inizio del sec. XIX.41 Michele Laudicina, incisore, nato a Trapani nel 1762 e ivi morto nel 1832.42 Antonio Picheler, incisore, nato a Bressanone nel 1697 e morto a Roma nel 1779.43 Segue cancellata la parola: “antico”.

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antico dipinto sopra tavola rappresentante sette angeli nella chiesa e moni-stero di tal denominazione in Palermo fondato da Ettore Pignatelli alloravicerè di Sicilia.

Il sac.te Antonio Lo Duca dotto e pio ecclesiastico eletto dalPignatelli rettore di quella chiesa eccitato avendo la divozione delpopolo verso i sette santi angeli fu spedito in Roma ed ottenne permezzo del cardinal Dal Monte che si potesse a’ medesimi celebrarmessa festiva.

Questa tavola esisteva ancora nell’interno del monistero sino al1848 quand’esso fu rovinato come altre parti di Palermo dalle bombeborboniche; tuttavia fra le macerie fu osservata da un mio amico pitto-re e indi sparì, come credesi rubata da un trafficante di antichi quadriche li vende segretamente a gran prezzo agli stranieri amatori44.

Pitture del secolo XV in Polizzi

Nell’Abadia di S.ta Croce, sita nell’Agro di Polizzi, edifizio delsecolo XIII di stile arabo-normanno, come rilevasi da antiche scritture,che contestano non solo l’epoca, ma di esservi stato annesso un mona-stero de’ PP. Benedettini, nella volta, e nelle pareti della chiesa che45

ancor si conserva con 6 nicchiette ne’ due lati, essendo distrutto ilmonistero, si osservano i resti delle vetuste pitture a fresco quasi sva-nite. Nel cappellone era dipinto, in quanto il vero, Gesù Cristo, chesustenea il libro degli Evangeli con la scritta: Ego lux mundi, e coll’in-dice della destra che l’indicava. Sull’interno della porta eravi dipinta laregina Bianca, che Rocco Pirri credette fondatrice, ed altri dotatricedella chiesa46

Nelle pareti si scorgono anche vestigie di sacre pitture.Notizia comunicatami dal p. Ciro Marzullo che n’è l’AbateNella chiesa di S. Maria delle Grazie de’ PP. Gangetani avvi una bella

copia in tavola detta spasimo di Raffaello. Notizia comunicatami dal pit-tore Andrea Sottile47.

_________________________________

44 Su c. 15v. “Al carissimo sig. Agostino Gallo uomo di lettere Sicilia Palermo”Incollati quattro francobolli da 1 centesimo e due da 5 centesimi.45 Seguono cancellate le parole: “sola rimane”.46 Rocco Pirri, Sicilia sacra disquitionibus et notitijs illustrata… Liber secundus, Panormi, apud hae-redes Petri Coppulae, 1733, p. 829.47 Andrea Sottile, pittore, nato a Termini Imerese nel 1802, documentato fino nel 1856.

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Pittura in Sicilia del secolo XVII e seguenteGiovambattista Bruno e Cristofaro Manna di Castrogiovanni

Giovambattista Bruno48 nato a 2 giugno 1647 in Castrogiovanni appar-tenne all’ordine dei Minori Conventuali di S. Francesco e segnalossi dap-prima nelle belle lettere e nella poesia pubblicando in progresso canzonisiciliane sacre, morali e proverbiali (1)49 ed una tragedia col titolo s.Clemente. Nel 1666 fece i voti solenni nel suo ordine religioso, ove otten-ne il titolo di cancelliere e fu scelto professore di filosofia nel patrio ceno-bio in Messina e in Palermo.

Però incontrando in quelle facoltà delle forti vertenze si rivolse allematematiche discipline e siccome nella famiglia paterna si era esercitata lapittura anche a quest’arte liberale volle darsi e vi riuscì, per modo chedipinse quadri nella cattedrale di Catania, nelle città di Piazza, di Butera,di Terranova ed anche in Palermo come riferisce il Mongitore (2)50 il qualeci dice nella sua Biblioteca che ancor vivesse quando la pubblicava inPalermo nel 1708.

Dall’opera del Bruno annoverata dal Mongitore: Anatomia di prospet-tiva ottica, anottica e catottica51 puossi congetturare che coltivasse ancoracon le matematiche applicate l’architettura.

Un altro suo concittadino di epoca posteriore per nome CristoforoManna abbiam notizia che fosse pittore di vaglia e di molte lettere (1)52

Null’altro sappiamo di questo nostro artista e spiacemi che sia morto ilcanonico Alessi53 mio amico anche per non potere ottenere informazioni di_________________________________

48 Giambattista Bruno, letterato e pittore, nato ad Enna nel 1647, morto non prima del 1707.Mongitore lo ricorda vivente a p. 354 del v. 1 della Bibliotheca sicula, stampata nel 1707.49 A c. 17r nota in calce: “(1) In Palermo per Felice Marino 1701” < Giovanni Battista Bruno,Fascetto di mirra, ò vero Mazzetto di diverse canzoni siciliane sacre, morali e proverbiali, Palermo,per Felice Marino, 1701>.50 A c. 17r nota in calce: “(2): Bibliot. Sic. pag. 324” < Antonino Mongitore, Bibliotheca sicula, sivede scriptoribus siculis qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt, notitiae locupletissimae...Panormi, ex typographia Didaci Bua [poi] ex typographia Angeli Felicella, 1707-1714, p. 324.>51 Giambattista Bruno, Anatomia di prospettiva ottica, anottica e catottica. Opera rimasta manoscrit-ta cfr. Giuseppe Mira, Bibliografia siciliana. Ovvero gran dizionario bibliografico delle opere editee inedite, antiche e moderne di autori siciliani o di argomento siciliano stampate in Sicilia e fuori,Palermo, Ufficio tipografico diretto da G.B. Gaudiano, 1875-1881, v. 1, p. 131.52 A c. 17v nota in calce: “(1): Guida per la Sicilia di Giovanna Power. Napoli Stabilimento poligra-fo del Cirelli pag. 146. Citiamo questa eruditissima viaggiatrice che abbiamo conosciuto in Palermoe che strinse rapporti letterari girando la Sicilia col dottissimo canonico Giuseppe Alessi dal qualericavar dovette le notizie di Castrogiovanni sua patria come la suddetta sig. Power far soleva giovan-dosi in ogni nostra città dei lumi dei letterati” <Jeannette Power, Guida per la Sicilia, Napoli, dalloStabilimento Poligrafico di Filippo Cirelli, 1842, pag. 146>.53 Giuseppe Alessi, canonico erudito, naturalista, collezionista, nato ad Enna nel 1774 e morto aCatania nel 1837.

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quel pittore suo concittadino, di cui non fa cenno il Mongitore nella suaBiblioteca Sicula, come uomo di molte lettere il che mi fa congetturare chevivesse dopo il54 1708 quando pubblicò l’opera sua.

Di quanti artisti della nostra interne città che illustrarono la Siciliaabbiam perduto memoria per mancanza di scrittori locali. E ciò è pureavvenuto in Palermo, città capitale di maggior cultura ove dai nostri auto-ri sono stati trascurati gli artisti; talchè molta fatica ho dovuto durare alme-no per secondarî di rintracciarne la memoria e di non pochi di cui osser-viamo le opere non di rado pregevoli ignoriamo sinanco il nome.

Pittura siciliana nel secolo XVIII

Paolo Girgenti55 nacque in Girgenti circa il 1769 e giovinetto recossi inNapoli, ove non so se come è costume per gli esteri gli sia stato applicatoil cognome ritratto dalla patria in sostituzione a quello della famiglia.Studiò il disegno forse sotto il Fischetti56 ed ebbe a compagno GiuseppeCamerata57 che nato in Sciacca da fanciullo fu dal padre napoletano fu [!]portato in patria; ma il Girgenti conoscendo che il colorito è la magia dellapittura diessi a copiare in quella R. Galleria e nelle altre private nobileschei quadri de’ migliori, e più vaghi coloristi, e conseguì il bramato intentoper modo che dal governo per la fama acquistatasi fu scelto professoredelle varie maniere di colorire nelle regie scuole dell’arti dipendenti daldisegno, e membro della R. Accademia delle Belle Arti (1)58 e fu addetto ecustode dell’anzidetta R. Galleria. Ivi copiava i migliori dipinti sì bene chen’erano adescati gli amatori stranieri, e nazionali e glieli pagavano a granprezzo. Giuseppe Ventimiglia da Palermo, principe di Belmonte ne acqui-stò un bel putto dormiente al naturale che per il florido colorito e l’espres-sione dell’ansare dal sonno non che pel buon disegno è ammirato da tuttie copiato da’ giovani nella pinacoteca della R. Università di Palermo allaquale fu donato da quel pattriotta e munifico principe in morte, con gli altri_________________________________

54 Seguono cancellate le parole: “prima del”.55 Paolo (o Paolino) Girgenti, pittore e incisore, nato ad Agrigento intorno al 1769, morto a Napolinel 1819.56 Fedele Fischetti, pittore, nato a Napoli nel 1734 e ivi morto nel 1789.57 Intendasi Giuseppe Camerano (o Cammarano). Pittore scenografo, nato a Sciacca nel 1766 e mortoa Napoli nel 1850.58 A c. 19r nota in calce: “(1): Grossi sulle Belle Arti. Ricerche sulle stesse. Annotazioni pag. XXVIII.Nap. 1822” <Giambattista Gennaro Grossi, Ricerche su l’origine, su i progressi e sul decadimentodelle arti dipendenti dal disegno, Napoli, dalla tipografia del Giornale Enciclopedico, 1821, p.XXVIII, n. 17>.

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suoi sceltissimi quadri. Né solo segnalossi il Girgenti nelle sue facilissimecopie condotte bensì con franco pennello come in quella eccellente d’unaMadonna di Raffaello d’Urbino; ma fa mostra della sua abilità pittoricane’ quadri di originale composizione59 è rammentato dal Grossi intelligen-te scrittore quello di S. Francesco di Sales. Il Grossi che pubblicava l’ope-ra sua nel 182260 non accenna l’anno di morte del Girgenti che forse igno-rava, ma essendomi io recato in Napoli nel luglio del 1817 non vidi tra icustodi della R. Galleria né intesi parlar di lui, il che mi diè indizio di suamorte.

Il Grossi nell’opera citata a pag. XXIX61 dice che Giuseppe Cameranofu napoletano e nacque circa il 1767 e lo accenna come scolare delFischetti. Io fui amico del Camerano e lo conobbi in Napoli nel 1817, edegli manifestommi ch’era nato in Sciacca e ragazzo fu condotto dai suoigenitori in Napoli loro patria e che recossi adulto in Palermo e lavorò colcelebre nostro dipintore Giuseppe Velasques. Quanto all’anno di nascitasbaglia anche il Grossi perocchè il Camerano vide la luce in Sciacca nel1766 e morì in Napoli nel 1850. Ivi per la sua abilità nell’arte fu sceltoprofessore delle regie scuole del disegno in cui era valentissimo come purenelle complicate composizioni e ne diè prova principalmente nel gransipario del Real Teatro di S. Carlo, ove erano rappresentate tutte le provin-cie del Regno di Napoli e di Sicilia bene aggruppate e in belli atteggia-menti. Dipinse molti affreschi nei reali appartamenti di Napoli e di Casertae nel guazzo era riguardato a niuno secondo. Coltivò la poesia e la musi-ca. Era di spirito piccante ed epigrammatico e rappresentava egregiamen-te nel carnevale il personaggio di Pulcinella. Ebbe un figlio che divennefamoso nelle composizioni comiche.

Agostino GalloVedi l’altro articolo che riguarda il Camerano da me scritto

Leggesi nel Mondo Illustrato giornale universale62 che si pubblicain Torino al foglio anno 4 N° 7 16 febbraro 1861 che il cav. GiovanniBusato, professore di pittura e degno sostenitore del decoro della scuolaveneta era allora tornato da Pietroburgo, ove d’ordine dell’imperatore di_________________________________

59 Segue cancellata la parola: “lodato”.60 Giambattista Gennaro Grossi, Ricerche … cit.61 Giambattista Gennaro Grossi, Ricerche … cit., p. XXIX, n. 22.62 Il mondo illustrato. Giornale universale, Torino, 1847-1861.

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Russia dipinse vari lavori nel nuovo teatro Michele63 ricostruito dal cav.reCavos64 pure veneziano. Il Busato65 raffigurò nel soffitto di quel teatro learti liberali civilizzatrici del mondo. Dipinse pure il nuovo sipario rappre-sentante l’inaugurazione del busto di Moliere all’Accademia di Franciasulla composizione dell’altro egregio professore italiano Cosroe Dusi66

morto prima del 1861. Il Busato compose due grandi cartoni coloriti pereseguirsi a mosaico ed esser collocati nella chiesa di s.to Isacco e dipinsepure nel teatro Maria sul soffitto della loggia del ministro una graziosissi-ma Ebe che versa nettare all’aquila di Giove auspici le Grazie ed altrimolti quadri per privati amatori reggi.

Da questi tre artisti italiani surriferiti la capitale della Russia ha ricevutonuovi impulsi al miglioramento della pittura e dell’architettura, nonostanteche siansi fondate ivi scuole per le belle arti oltre che il governo vuole sem-pre inviare e mantenere in Roma i giovani artisti fra i quali nomineremo uncerto G.C. Mogel [!], il quale riuscì valentissimo dipintore e ora ne apprestaargomento il ritratto a mezza figura al naturale della signora Pelagia Bolognimoglie del console di Russia, dipinto dal Vogel67 in Roma, opera che io pos-siedo ammirata dal Patania. Dicesi che questo pittore siesi suicidato.

Anche mister Fagan68 console inglese educato in Roma e riuscito deli-cato dipintore dessi la morte affogandosi nel Tevere.

Anche nel 1841 quando io fui in Roma fui invitato ad ammirare ungran quadro di affollata composizione e di mirabile effetto di un pittorerusso. Insomma lo splendore delle arti non parte che dall’Italia e principal-mente da Roma e si diffonde per tutta Europa.

Da Caccamo 7 aprile 1864Ottimo distintissimo signore

Sebbene tardi, ma rispondo alla mia promessa archeologica - E primo.Nella chiesa de’ Padri Agostiniani esiste un dipinto di Matteo Stommer69,_________________________________

63 Si tratta del teatro Mariinskij di San Pietroburgo intitolato a Maria, moglie dell’imperatoreAlessandro II.64 Alberto Cavos (1800-1863), architetto veneziano naturalizzato russo.65 Giovanni Busato, pittore, nato a Vicenza nel 1806 e ivi morto nel 1886.66 Cosroe Drusi, pittore, nato a Venezia nel 1808 e morto a Marostica (Vicenza) nel 1859.67 Carl Christian Vogel von Vogelstein (noto con il solo nome Vogel), pittore, nato a Wildenfels nel1788 e morto a Monaco di Baviera nel 1868.68 Robert Fagan, pittore e archeologo, nato a Londra nel 1761 e morto a Roma nel 1816, nel 1809console generale inglese per la Sicilia.69 Matthias Stomer, pittore, nato a Amersfoort intorno al 1600 morto in Sicilia dopo il 1650.

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rappresenta S. Isidoro Agricola visitato da un grande di Spagna, il santobattendo la pertica su cui si pogia manegiando l’aratro fa il miracolo di farscaturire dell’acqua. Le figure sono tutte al vivo, ed in grande. Dipinto diquel renomato pittore. Il bozzetto trovasi in Termini presso De Michele -Nella chiesa de’ padri Domicani [!], che può dirsi un santuario, poiché esi-ste il corpo del mio beato Giovanni Liccio, chiuso in una cassa. Vi ha nellacappella 3a a man sinistra una statua della Madonna con un Bambino.Statua di porfido, di forme così belle, divine, chiunque la ha veduta è rima-sto per un momento sorpreso, quel che più, l’artista col suo divino scarpel-lo ha voluto dar forme diverse, poiché, guardando la Madonna in faccianel mezzo della cappella vi mostra un sentimento. Guardandola da uno deilati allora vi parla di un’altro [!] sentire. Signore, come han detto piùuomini intendenti, avanza lo scarpello del Canova. D’essa viene appellatala Madonna degli Angeli, perché vuolsi per tradizione essere stata là postadagli stessi. Nessuna notizia negli archivii, nessun millesimo, o cifra nellastatua. Può Ella prenderne conto dall’ottimo pittore Meli palermitano -Nella parrocchia dell’Annunzione [!]. Un dipinto nell’altare magiore.Quadro in grande rappresentante l’Annunzione [!] di Maria Vergine. LaMadonna in atto di adorazione in ginocchio innanzi ad un genuflessario,di una espressione così divina, così dolce, e semplice degna del pennelloartistico, e poi una pannegiatura così naturale, che giurereste esser dallatela in fuori. Il dipinto è di Guglielmo Borremans70 fatto nel 1725. Più unsan Girolamo in atto di chieder perdono battendosi il petto con un sasso, èdipinto ignudo sino amezzo del corpo. Dipinto al vivo molto pronunziatonelle membra, più santo nella faccia, dicesi del Barbieri71 inteso ilGuercini, certo un dipinto di non poco rilievo. È stato posto nell’oratoriodi detta chiesa. Una statua di san Giuseppe degna di ammirazione vuolsidello Zoppo di Gangi72. Più in detta chiesa quattro evangelisti statue alvivo in stucco de nostro Serpotta ed altri piccoli putti, e un presepe dellostesso. Vi sono altri quadri che non meritano tanta importanza, ma buoni.Finalmente una Madonnina con un Bambino di due palmi in quadro.Dipinto raffaelliano - Nella chiesa di Padri Francescani. Una croce allagreca dipinto dal pittore De Ruzzulone73. Croce a due facci, nella prima un

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70 Guglielmo Borremans, pittore, nato ad Anversa nel 1670 e morto a Palermo nel 1744.71 Giovanni Francesco Barbieri, detto Guercino, pittore, nato a Cento (Ferrara) nel 1591 e morto aBologna nel 1666.72 Con lo pseudonimo di Zoppo di Ganci sono conosciuti due pittori: Giuseppe Salerno, nato a Gancinel 1570 e ivi morto nel 1632, e Gaspare Vazano, nato a Gangi nel 1565 e morto a Palermo nel 1630.73 Vedi nota n. 1, p. 287.

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Cristo estinto - ai quattro angoli della croce, i seguenti simboli. In testaun Pellicano che dilania le proprie carni, e le porge in cibbo ai pellicanot-ti pulcini dipinti al vivo - agli altri angoli le Marie piangenti d’un aspet-to calmo, angelico. Nell’altra faccia rappresenta un Cristo risuscitato colstendardo - ai quattro angoli i quattro evangelisti che parlano, e più acan-to la tomba una testa di un giudeo spaventato perché il sepolcro vuoto.Scherzo del pittore che fa conoscere la franchezza del pennello. Più nelladetta chiesa dipinto anco sopra la tavola, la ascesa al Calvario di moltefigure dicesi di Simone Vumbrech74, anche questi dipinti in osservati, edabbietti per l’avarizia ed ignoranza dei monaci. Degenerati dall’immorta-le istitutore. Degenerati da quelli antichi frati e primi apostoli e guerrieriad un tempo, degni frati allora di propaganda religiosa e di politica anco-ra. Esistono pure in detta chiesa altri quadri che ristorati possono annove-rarsi fra il numero di quadri, i più uno che rappresenta i tre Maggi guida-ti dall’astro in Bettelem [!] - Nel monastero di s. Benedetto. Un bel qua-dro in grande dipinto alla greca del 400, rappresentante s. Lorenzo, peròassai schietto. Monache senza sentimento - Nell’Ospedale civico. Ungrande quadro l’apparizione del Signore agli apostoli, quadro di 13 figu-re dipinte al vivo dal Barbera75 pittore rinomato - Finalmente nel Duomo.Cinque quadri, i cinque sensi scuola messinese del Rodriguez76, quadrioriginali. Altro del Pietro Novelli77 la Madonna della Grazia, quadro diquel grande uomo. Più un Cristo dello stesso autore come dicono, taluniperò il negano, però buon dipinto. Quattro quadri rappresentanti fatti diSacra Scrittura del cavalier D’Anna78. Più altri due quadri di Patania sullostesso genere, e finalmente tre piccoli quadri alla greca dipinti in tavoladegni di tutta l’ammirazione, di fratelli Cresenzi79, quadri del 400. Unorappresenta un S. Giorgio a cavallo. L’altro un Madonna ed il terzo un S.Pietro col gallo.

Nel castello esiste tuttavia un avanzo di prospettiva de’ tempi degliAragonesi. Più esistono due avanzi di entrate alla saracena.

Ecco quanto ho potuto raccogliere per prometterlo a lei amante e piùpromotore e propugnatore delle cose patrie. A lei qual uno degli archeolo-gi siciliani prego d’accogliere, e compatire queste poche righe._________________________________

74 Simon de Wobreck, pittore, nato ad Lharlem ed attivo a Palermo tra il 1558 e il 1587.75 Vedi nota n. 17, p. 292.76 Vedi nota n. 18, p. 292.77 Pietro Novelli, pittore, nato a Monreale nel 1603 e ivi morto nel 1647.78 Vito D’Anna, pittore, nato a Palermo nel 1718, ivi morto nel 1769.79 Antonio (o Antonello) Crescenzio, pittore, nato a Palermo nel 1467, ivi morto nel 1542; GuglielmoCrescenzio, fratello minore di Antonello.

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Mi onori de’ suoi comandi, gradisca e fora gradire quando ne avràoccasione all’altissimo Sg. Principe di Galati e Sig.ra Principessa, nonchéall’ottimo sig. medico Longo i più distinti rispetti ho l’onore segnarmi

Illustr. SignoreSg. Agostino GalloPalermo

Aff. Obb. ServidoreVincenzo Rini80

Intorno ad un quadro dipinto ad olio del cav. Natale Carta81

Il cav. Natale Carta82 è divenuto in Roma e nelle altre provincie d’Italiae fuori un fasto della pittura siciliana.

Condotto fanciullo dal suo padre Giuseppe, buon ritrattista, daMessina in Palermo83 sua patria fu da lui iniziato nel disegno e tentò dimaneggiare i colori e in breve fu di ajuto al suo genitore nel vestire i per-sonaggi che egli ritraeva. Questi con buon senso l’introdusse nello studiodel cav. Giuseppe Patania, ove quel giovinetto divenne fra la turba degliallievi il più diligente ed esatto disegnatore. Il sig.r Agostino per adescar-lo al lavoro ne comprava i disegni onde convertirne il prezzo in lapis ecarta. Il Patania presagì fin d’allora che84 avrebbe fatto onore alla sua scuo-la. Benché il Carta fosse assiduo allo studio di Patania pure visitava spes-so quello del celebre pittore Giuseppe Velasques dal quale se non imparòper principio l’arte, apprese con gli occhi il suo elegante stile. Laonde nefè prova dipingendo un quadro che espose nello studio del suo genitore efu allora da tutti ammirato per la franchezza del pennello superiore alla suafresca età. Giunto a circa 14 anni il padre di Patania l’indusse a dipinger-gli il ritratto ed egli rispose scherzando il farò, ma mel dovete pagare el’altro replicò, la merenda per la tua età si è una guastella85 per cinquegiorni in cui l’opera dev’essere compita. Fatemi apprestare tela e colori davostro figlio ed eccomi pronto. Patania rideva di questo scherzevole diver-bio. Gli fè dare una tela preparata e la tavolozza, e richiesto il ritratto a_________________________________

80 A c. 23v: “Notizie interessanti di opere d’arti in Caccamo – Risposta”.81 Nota scritta a matita: “Stampato”.82 Natale Carta, pittore, nato a Messina nel 1800 e morto a Palermo (o Messina) nel 1884.83 Segue cancellata la frase: “all’età di anni quattro”.84 Segue cancellata la frase: “sarebbe divenuto il migliore fra i suoi scolari”.85 Seguono cancellate le parole: “al giorno”.

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mezza figura al vero in cinque dì fu bello e compiuto e di tale evidentesomiglianza che il maestro gli disse: mi hai dispensato a dipingere il ritrat-to di mio padre e difatti lo ritenne sempre nel suo studio. In quel tempo ilGallo frequentava la sig.ra Giovannina Belvedere principessa di Paternò,la quale avea fatto dipingere da Patania i ritratti delle due sue figlie e dellamarescialla Minutoli, sua amica. Cadendo il discorso sul Patania chieseella al Gallo se quel gran pittore avesse qualche scolare da poterlo un gior-no eguagliare un giorno. Le rispose che il giovinetto Carta promettea didivenirne emulo - presentatemelo, lo voglio conoscere. Questi86 fu condot-to un bel mattino alle stanze della principessa e benissimo accolto. Or sic-come scherzevole egli era e faceto alla di lei inchiesta se credesse poterdivenire buon87 artista rispose - Se rimarrò a Palermo credo che88 sarò pit-tor di barche e di corvette ove scorgersi santi e madonne con bocche edocchi storti con volti da ubbriachi; ma se avrei la fortuna di essere soste-nuto in Roma potrei sperare di divenir buon pittore - Ebbene io ti appron-terò il sostentamento in quella città. Nell’udir89 quelle parole il Gallo cre-dette giovarsene a pro di cuel [!] giovinetto e scrissi ritornando a casa unarticolo e pubblicai tosto sull’occorso che pubblicò in un giornale deltempo annunziando la benefica promessa di quella dama generosa.Affidato il giornale al Carta per recarlo a lei, essa dopo di averlo letto concompiacenza disse - Siamo in ottobre, nella vegnente primavera ti mande-rò e sosterrò a mie spese in Roma. L’ardito giovinetto replicò - Io ci ande-rei anche90 adesso e mi getterei a nuoto. - E che? Potresti correr pericolodi annegarti - Forse che no91; sapendo io ben nuotare e spero poi che s.Pietro mi salvi - Ma avvi legno che porta per Fiumicino? Ve n’è appuntouno che fa vela questa sera - Attendi un po’ che scriverò una lettera aTurronia di apprestarti sei once al mese, ti bastano? - Si per certo e ne laringrazio infinitamente. Scrisse, allora, la lettera d’ordine per Turronia e ilgiovinetto li tolse avidamente, fece valigia e la sera partì.

Dopo pochi mesi inviò in dono alla sig.ra principessa ad onor del suonome una copia del S. Giovanni di Guido Reno92 che sembrava invero ese-guita da pittor provetto. Perocchè uscito egli dalla scuola del Patania93 e_________________________________

86 Seguono cancellate le parole: “invitato da me”.87 Segue cancellata la parola: “pittore”.88 Segue cancellata la parola: “diverrò”.89 Seguono cancellate le parole: “Io ove mi giovai … di quella grande promessa e congedatici da lui”.90 Seguono cancellate le parole: “col timore”.91 Seguono cancellate le parole: “no signora principessa”.92 Guido Reni, pittore, nato a Bologna nel 1575 e ivi morto nel 1642.93 Segue cancellata la frase: “e dall’imitazione congiunta all’imitazione di quella del Velasquez intro…”.

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frequentando quella del Velasques che altronde erano affini tra loro di perla placida maniera sebbene quella del primo fiorente di leggiadro coloritoil Carta94 trovossi ben disposto anche per propria indole a seguire lo stiledi Guido95 Reno in parte conforme a quella dei maturati artisti siciliani.Cominciò egli fin da principio a frequentare lo studio del celebreCamuccini, valoroso disegnatore di raffaellesca eleganza, il quale disse alGallo in Roma nel 1843 - Carta è buon pittore istorico; ma primeggia trai valorosi ritrattisti d’Italia.

Per circa 10 anni continuarono le beneficenze della principessa diPaternò verso di lui e quando egli inviavale in dono qualche suo dipintoella per sovragiunta di generosità ricambiavagli il dono con denaro.96 Oravendo egli cominciato ad acquistar fama in quella città non volendo piùabusare dei favori della principessa le scrisse97 ringraziandola e pregando-la di togliergli il conferito assegnamento del quale più non avea bisognoessendo già98 affollato di lucrosi lavori. In Roma verso quel tempo condus-se a moglie una bella romana che gli servì spesso da modello per quadrid’istoria nelle avvenenti figure muliebri.

Egli par che abbia in parte ereditato in parte il genio di Patania nell’in-venzione nel colorito e nella grazia laonde questi era divenuto nell’osser-varne i quadri che inviava a Palermo suo ammiratore particolarmente perla delicatezza dei paesaggi, delle mezze tinte e per la99 leggiadria dellostile. E100 per riguardo alle mezze tinte confessava con animo nobile egeneroso quasi di averlo superato101 e difatti ne ritenne compiacente nelsuo studio il ritratto di Giuseppe Bucalo suo familiare e invero puossi102

asserire che nell’artifizio delle mezze tinte abbia forse superato tutti i pit-tori contemporanei. Egli oltre d’esser massimo artista ne’ ritratti come si èdetto e di felice invenzione principalmente ne’ soggetti sacri, istorici emitologici e principalmente in quelli di leggiadro argomento. La sua com-posizione è sempre ben regolata103 il disegno corretto e placido e incante-vole il colorito. Il Carta ha conosciuto una gran verità nell’arte annunzia-ta per altro da Leonardo da Vinci che chiesto da un suo scolare qual colo-_________________________________

94 Segue cancellata la frase: “beneficar prende che trovasse ne’ dipinti”.95 Segue cancellata la frase: “per analogia di stile con terzo ottimo precettore”.96 Segue cancellata la frase: “Il Carta stesso spinto da discreta moderazione”.97 Seguono cancellate le parole: “alli i Paternò”.98 Segue cancellata la parola: “fornito”.99 Segue cancellata la parola: “grazia”.100 Seguono cancellate le parole: “in quest’ultima”.101 Seguono cancellate le parole: “ed io soggiungo di essersi innalzato sovra tutti”.102 Segue cancellata la parola: “francamente”.103 Seguono cancellate le parole: “da buon giudizio”.

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re dovesse adoperare in un dipinto, rispose a scherno Se tu none sai mettidel nero riguardando quella tinta come avversa alla buona pittura e similea chi voglia uscir d’imbarazzo con un falso effetto. Laonde il nostro arti-sta è nemico giurato del nero ed a ragione perocchè nella carnagione dallanatura fu escluso, e mostrasi soltanto ne’ capelli, nella barba e nelle pupil-le di alcuni giovani e negli occhi e nelle chiome di talune donzelle.

Tutt’i colori dell’iride confondonsi dolcemente ne’ volti umani, il nerone rifugge, quindi Raffaello, Guido, Domenichino, Tiziano lo bandironodalle loro figure riserbandolo soltanto misto ad altri colori alle vesti ed a’campi104 con giudiziosa economia e se alcuni pittori ne abusarono in con-traddizione del vero in natura furono meritamente detti oscurantisti e con-fessarono col fatto che non sapevano ben maneggiar le mezze tinte.

Al Carta di recente fu affidato un quadro che servir debbe ad una chie-sa di Sicilia, rappresentante la Vergine Immacolata fra un coro di angiolima gli fu prescritto di dover copiare un dipinto su quel soggetto d’anticofamoso pittore. Egli scelse quello del Vandick105 della cattedrale diTermini.

Quell’insigne artista fiammingo che recatosi in Palermo verso il 1623dipinse la famosa tela delle sante vergini palermitane per la chiesa delRosario e atterrito dalla sopravvenuta peste lo compì in Malta e inviollo aPalermo106 ha uno stile singolare che tiene in parte a quello del suo maestroRubens e in parte è tutto suo proprio, perocchè nell’adoprare squisite tintene’ volti particolarmente delle donne contrappone sempre nelle vesti colo-ri gagliardi pel maggiore effetto. Nel quadro indicato dell’Immacolata perTermini adoprò quel suo metodo favorito, ma nella Vergine immersa nelroseo chiarore di un cielo ridente osservasi il piccolo manto in troppo oscu-ro celeste107 e queste tinte gagliarde invero de la tunica in cupo rosso con-trastano coll’aria d’intorno, se pure gl’indicati forti colori108 non siano coltempo di troppo cresciuti. Il Carta fu invero costretto ad imitarlo e convienche ciò si avverta perché non gli si addossi la colpa dell’originale. Però ilvolto della Vergine109 è del suo tipo: nobile, bello e maestoso, e l’insiemedella figura, le mani e i piedi ben disegnati e i nove angeli che l’attornianoin svariate attitudini e movenze sembran discesi dal Paradiso, e leggieri egraziosi volteggiano nell’aria circostante. Non so se nell’originale per fine_________________________________

104 Seguono cancellate le parole: “per l’effetto”.105 Antoon van Dyck, pittore, nato ad Anversa nel 1599 e morto a Londra nel 1641.106 Seguono cancellate le parole: “da Malta”.107 Seguono cancellate le parole: “non bene armonizzano”.108 Seguono cancellate le parole: “dell’abito e del manto”.109 Seguono cancellate le parole: “e bellissima come puossi ben”.

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accorgimento110 del Carta la parte bassa del quadro che indica il mondo, siastata trattata con tinte assai calde quasi indicanti un cielo tempestoso. Sequesto fu un artifizio del nostro artista conviene applaudirlo avendo eglibene espresso l’attuale politica situazione di Europa immersa fra le guerree le rivoluzioni. Certo che se il nostro artista non fosse stato costretto acopiare un quadro antico ed avesse operato di sua invenzione e secondo ilsuo stile consueto avrebbe fatto meglio, evitando quel rosso e il celestetroppo cupi e taglienti.111 E son sicuro, che se egli fatto avesse senza lapastoia dell’imitazione, che preferito avrebbe le solite sue tinte soavissimele quali avrebbero meglio armonizzato col campo e con gli angioli.

E invero per quel sacro argomento, credo io, che sarebbe stato migliormodello la Vergine Immacolata del Morillo che si osserva112 nella privata gal-leria dell’or defunto signor Michele Puero113 che spicca sugli altri quadri perl’armonia e le tinte squisite; ma il Carta non potea averla presente in Roma eprescelse invece quella di un pittore altronde famoso, ma in quest’opera infe-riore a se stesso e la Beata Vergine con gli angioli inviata all’Esposizione diPalermo nel 1862114. Però condusse la copia con tal facilità di pennello dagareggiare con l’originale;115 talche puossi dire più tosto una libera imitazio-ne116. Essa ha quindi il pregio particolare della117 vaghezza del volto dellaVergine improntata di celestial maestà e della grazia e di quelli degli angioliin cui egli si è sempre segnalato, e basterà ricordare l’altro suo quadro di pro-pria invenzione sullo stesso soggetto da lui presentato nell’esposizione diPalermo nel 1842, la famosa vestale per principe di Campoformio, le treGrazie con gli amorini presso il dr. Rocco Nicoletti, la Dea Flora che spargerose sulla terra presso il sig. Agostino Gallo; talchè per questi ed altri suoi_________________________________

110 Segue cancellata la parola: “artifizio”.111 Segue cancellata la frase: “Né so se avesse preferito d’imitar per modo che”.112 Segue cancellata la parola: “ammira”.113 Seguono cancellate le parole: “ammirata da tutti”.114 Catalogo degli oggetti di Belle Arti esposti nelle sale del Palazzo Comitini in Palermo il dì 7 giu-gno 1863, Palermo, Tipografia Morvillo, 1863, p.17 n. 137.115 A c. 28r segue cancellato il testo: “… pel coro degli angioli già egli negli aspetti muliebri giova-nili e ne’ putti si è sempre segnalato e basterà osservare la sua famosa vestale pel principe diCampofranco, le tre grazie presso il dr. Rocco Nicoletti e la dea Flora che sparge rose pel mondopresso di Agostino Gallo. Quindi ben si è adempito il presagimento del Patania e del Comencini cheegli dovea primeggiare tra i pittori italiani ed essere insuperabile ne’ ritratti, come ben contestanoquelli della famiglia della principessa di Paternò della marchesa Rudinì e gli altri anche della fami-glia del grande amatore e suo mecenate principe di Cassaro e in particolare quello del medesimodegno di figurare in una pubblica galleria”. Il testo cassato è sostituito dalla nota riportata alla c.28bis, nella quale sono cancellate le prime parole: “ In ogni modo quella copia del Carta che”.116 Segue cancellata la frase: “dal famoso originale per la facilità e franchezza del pennello com’ècondotta”.117 Segue cancellata la parola: “bellezza”.

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dipinti si è bene avverato il presagimento del Patania e del Comencini sulnostro artista. E qui giova osservare che quando le copie sono eseguite davalentissimi professori col tempo tengon luogo di originali perocchè questivan deperendo ogni anno e gli altri rimangono. E sul proposito ben si avvi-sava il conte Algarotti, celebre conoscitore, il quale proponea ai sovrani e ric-chi amatori che di tutt’i capi lavori dell’arte italiana si eseguissero per loroconto da valentuomini viventi, secondo il proprio genio, la copia nella stessadimensione da supplir poi agli originali che il tempo dovrà distrudere. E que-sta del Carta che abbiamo descritto sarà certo una delle118 migliori; come lofu quella del suo maestro Patania rappresentante il S. Pietro in vinculis delNovelli la quale con colori meno119 gagliardi da imitare i primitivi non iscu-riti dal tempo, potrà figurarsi appresso come una replica più fresca dello stes-so Novelli di che ognuno rimarrà persuaso osservando nella chiesa dei PP.degli esercizi spirituali fuori porta S. Antonino. Tra i ritratti del Carta di mag-gior celebrità sono indicati quelli della principessa di Paternò, della marche-sa di Rudinì e gli altri della famiglia di Antonio Statella principe del Cassarogrande amatore suo mecenate e in particolare incluso quello magnifico di luistesso che potrebbe figurare in una pubblica galleria.

Il Carta ha bensì un emulo in Sicilia nella delicatezza e soavità delpennello e questi si è l’insigne pittore Michele Panebianco120, messinese ilquale di recente ha spedito il suo ritratto a mezza figura al sigr. AgostinoGallo ch’è stato oggetto di encomi121 dei nostri artisti e giunse opportuna-mente pel confronto ma con l’altro ritratto dipinto dal Carta del famososacro oratore Fr. Ventura commessogli dallo stesso sigr. Gallo e queldipinto è stato pure applaudito da tutt’i conoscitori non solo per l’eviden-te somiglianza, ma pure per la verità e la delicatezza del pennello nelle suemezze tinte che ben armonizzano e risaltano in un fondo cupo rossastro.

A.G.

Opere di Vincenzo Riolo122

da Palermo morto nel 1837 in Palermo

Nel palazzo del principe di Villafranca nella volta della Galleria lacaduta di Fetonte. _________________________________

118 Seguono cancellate le parole: “più pregevoli”.119 Segue cancellata la parola: “scuriti”.120 Michele Panebianco, pittore, nato a Messina nel 1806 e ivi morto nel 1873.121 Seguono cancellate le parole: “e di ammirazione”.122 Vedi nota n. 27, p. 294.

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In casa del barone Pietro Coglitore alcuni suoi dipinti e il suo ritrattoal naturale.

Nel palazzo pretorio o della città soggetti mitologici nella volta ….del principe Principe di Palagonia presso la chiesa della Gancia

figure cinesi graziosissime….del marchese Forcelli ora principe di Montevago figure fantastiche

nelle pareti….del principe di Cassaro ora del principe Niscemi sulla volta e nelle

sovraporte soggetti mitologici….del principe di Fitalia soggetti mitologici dipinti in concorrenza con

Velasques. Nella stanza del maresciallo Settimo 3 dipinti mitologici a chiaroscu-

ro ora posseduti da Agostino Gallo.Nel R. Palazzo della Favorita soggetti cinesi in concorrenza con

Velasques.In casa del negoziante sig.r Floria via de’ materassari nella volta della

Galleria Diana ed Endimione e putti in un’altra stanza, e sovraporte.In casa del barone Inguaggiato ora di Sommariva presso la chiesa di

Casa Professa de’ Gesuiti, soggetti mitologiciNel palazzo del principe di Pandolfina, putti.Nella chiesa de’ PP. Filippini Olivetani soggetti sacri nelle volte delle

cappelle. I putti ne’ sottarchi furono dipinti da Salvatore Lo Forte suoscolaro.

Nel cortile della Casa de’ matti Orlando Furioso il cui bozzetto è pres-so il Gallo e anche un filosofo che legge un papiro a lume notturno e ilritratto di Rubens.

Nel R. Palazzo di Palermo nella volta di una galleria uno de’ tre qua-dri sul conte Ruggiero dipinti in competenza di Patania e Patricolo.

Fuori di Palermo

Nella chiesa del monistero del Salvatore a Petralia Sopranal’Ascensione di Gesù Cristo e l’Assunzione di Maria Vergine.

Nella cattedrale il martirio di san PietroIn una chiesa di Petralia Sottana la Madonna del Carmine con le anime

del PurgatorioPresso gli eredi del dr Vincenzo Gagliano in Catania l’origine della

danza in Sicilia ed altri quadri dipinti in competenza con Patania.

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Pittura e Accademia del nudo in Palermo

Don Vincenzo Riolo fu scolare prima di recarsi in Roma del pittoredon Francesco Sozzi123 il quale sollecitò il Governo recandosi in Napoli astabilirsi in Palermo. L’Accademia del nudo a cui fu indi direttore la qualeera prima privatamente tenuta dal principe della Catena in propria casaindi venduta dagli eredi al Governo per locale di ministero essendo quelprincipe gran dilettante divenuto anche buon pittore sotto la direzione delcelebre Gioacchino Martorana.

Del principe della Catena vi erano in quella casa le sopraporte di figu-re a paesaggi ben dipinti come io potei osservare nel tempo che apparte-nei al Ministero.

Belle arti sec. XIXNota necrologica del pittore Andrea Martin

Il pittore Andrea Martin124 figlio di francese maestro di casa del princi-pe di Belmonte morì a 4 marzo 1864 di anni 60. Si era reso celebre neldipingere pesci, frutta e caccie fu scolare in Firenze del famosoBenvenuti125. Recò da lì un suo bellissimo quadro rappresentante Prometeolegato ad uno scoglio che fu premiato nell’esposizione di Palermo dipin-geva bene i ritratti. Eseguì in Palermo il gran quadro di composizione diVenere ed Adone con Amorini e florida campagna e sebbene le figure prin-cipali fossero belle e ben disegnate, tuttavia mancando il quadro di armo-nia non piacque ed egli indispettito lo distrusse. Lasciò alla morte un qua-dro a mezze figure sacre sull’imitazione di Correggio con bellissimo colo-rito che fu posto all’esposizione della società incoraggiatrice nel 1863.Dipinse un bel ritratto al naturale con un cane del principe di Castelreale,altro all’impiedi per la principessa di Partanna Lucia Migliaccio, altro diun inglese con un gatto bellissimo. Altro dell’indoratore *** più ritratti delGenerale Garibaldi.

Fu d’indole placida buona e modesta e poco ambizioso di fama, gra-vato di numerosa famiglia visse sempre povero, nonostante il suo meritopittorico e abbisognò spesso dei soccorsi degli amici in vita e in morte perl’esequie e la tumulazione._________________________________

123 Francesco Sozzi, pittore, nato a Palermo nel 1731 e ivi morto nel 1795.124 Andrea Antonio Martino, pittore, nato a Palermo nel 1797 e morto nel 1864.125 Pietro Benvenuti, pittore, nato ad Arezzo nel 1769, morto a Firenze nel 1844.

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Pittura in Sicilia sec. XIX

Andrea Martin, che italianizzando il suo cognome si fe chiamareMartino nacque in Palermo da padre francese e madre palermitana. Il suogenitore ch’era maestro del palazzo di Giuseppe Ventimiglia principe diBelmonte, scorgendo la felice disposizione del suo figlio per l’arte deldisegno per mezzo di fantocci ch’eseguiva con la penna l’inviò allo studiodi *** ed accortosi che progrediva e dava ottime speranze di sé, volle spe-dirlo in Firenze co’ soccorsi del suo padrone in Firenze ove con la racco-mandazione del medesimo fu ricevuto nella scuola del Benvenuti che allo-ra era divenuto famoso pel suo quadro della Giuditta ch’io ammirai nellacattedrale di Arezzo ed è divolgato per belle incisioni.

Il Martino in più anni che si ritenne in Firenze presso quel rinomatoartista divenne buon disegnatore e colorista per la sua abilità e pel suo pla-cido carattere ed onorati costumi meritò la stima e l’affetto del suo mae-stro com’egli dicevami quando io nel 1843 fui a visitarlo in casa. IlMartino non solo ne seguì facilmente lo stile; ma procurò di perfezionarsinell’arte e nel gusto con la diligente osservazione de’ capolavori che nellechiese e pubbliche e private pinacoteche ivi si contemplano. Volle alloratentare un quadro grande di sua composizione, e dipinse al naturalePrometeo incatenato, e smanioso giacente sopra una rupe.

Quella figura e una bell’accademia ritratta dal vero, molto studiata perla parte della miologia, molto efficace nell’espressione della rabbia e deldolore ben dipinta e armonizzata col fondo e gli accessorj, e meritatoavendo l’approvazione del Benvenuti fu da lui incoraggiato a presentarlaall’esposizione ove meritò d’esser premiata.

Ritornato il Martino in Palermo recò seco quel quadro che fu da tutti inostri artisti ammirato per modo ch’alcuni maligni tra essi spacciaro diessere opera del Benvenuti. L’autore soffrì in pace quella calunnia persua-so di smentirla con altre opere, nonostante che non era credibile che ilBenvenuti, che mettea tanta stima e gran prezzo a’ suoi abbia voluto essergeneroso al suo scolare d’uno grande e ben studiato. Essa fu poi presenta-ta all’esposizione di Palermo ed ottenne la prima medaglia d’oro e indivenduto al principe di Pandolfina.

Diessi allora a ideare un quadro immenso di complicata composizionecon molte figure di soggetto mitologico, e scelse Adone di ritorno dallacaccia seguito da’ suoi compagni che si presenta a Venere la quale era cir-condata dalle Grazie e da alcune ninfe che le offrivano due colombe. Ilfondo era un amenissimo giardino. Lavorò il Martino per anni in quel qua-

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dro ed io lo vidi quasi finito. Mi parvero le figure femminee, e maschiliben disegnate ma la composizione era mal distribuita, i colori per troppolusso di tinte discordanti; sebbene ogni figura fosse ben dipinta e stessebene da se. Venere era assai leggiadra e le ninfe partecipavano della suagrazia, e sfoggiavano con quella bellezza del nudo.

Gli feci alcune osservazioni e le accolse benignamente, e dissemi, tardimi sono accorto io stesso dei difetti del mio quadro, ma ora non potreiripararvi che cancellandolo. Di fatti l’abbandonò ne so che ne abbia fatto.

Nulla dimanco quel quadro avendo i pregi da me indicati se ne avessecertato i difetti e principalmente quello della mancanza di armonia e inparte di prospettiva anco avrebbe fatto compitamente onore al Martino, ilquale essendo allora giovanissimo prometteva che sarebbe in breve dive-nuto ottimo artista, anche nella pittura istorica; ma il nostro paese non glie-ne presentò occasione; perocchè non si ricercano qui quadri per chiese,essendo anche cessato l’uso di adornare di pitture le volte, le sopra portee le pareti delle stanze dei palazzi dei nobili e dei privati, e solo fino apochi anni addietro rimaneva l’uso dei ritratti ad olio, per gli affetti difamiglia ed a miniatura per quelli di amore. Ma anche quest’uso è statobandito dal Dagherotico [!] e poscia interamente dalla fotografia, la qualemeschinissimi prezzi vi ha supplito col suo meccanismo.

Il Martino profittò dei pochi anni di transizione tra l’antica, e la nuovaeconomica usanza, e dipinse molti ritratti ad olio pregevolissimi non soloper la somiglianza, ma anche pel calore e la grazia del pennello, e quandogli originali il permettevano anche per il colorito. Io ne vidi parecchi sor-prendenti uno a mezzo figura al naturale d’un inglese che carezzava unagatta, ed un altro dell’indoratore Cortina, e diverse repliche di mezzanagrandezza del generale Garibaldi. Su questi primeggiava bensì quella alnaturale del principe di Castelreale, in costume di cacciatore stando inriposo col suo cane a piedi in amenissima campagna. Questo ritratto cheriuniva tutti i pregi del buon disegno, della somiglianza, del vago colori-to, del cane, del paesaggio, fu premiato nella nostra esposizione essendostato giudicato come un bel quadro. Un altro suo ritratto all’inpiedi alnaturale, pure molto applaudito fu quello della sig.ra Lucia Migliaccioprincipessa di Partanna indi moglie di coscenza del re Ferdinando I. Labellezza e la grazia di quella dama rifiorirono sotto il pennello delMartino, che giovossi del di lei ricco abito di corte, e di tanti ornamenti evezzi feminei, egregiamente dipinti e bene armonizzati, per isfoggiar lasua bravura. Questo ritratto che si ammira ed è il migliore tra la serie dina-stica de’ principi e principesse di Partanna nel lor palazzo in Palermo può

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quasi gareggiare con quello magnifico ma poco somiglievole della princi-pessa di Villafranca, dipinto dal Benvenuti per gran prezzo di che ottenneappena un terzo per il suo scolaro Martino.

Altri bei ritratti dipinse, fra i quali il suo, che adorna la mia ricca col-lezione degli illustri siciliani, come pare eseguì diverse sacre famiglie epure i quadri di santi, e sante, tutti di sua invenzione e ben condotti. Eraegli abilissimo nel ristorare e supplire con felice imitazione le parti man-canti in pregevoli quadri antichi come il mostrò nel dipingere la testa dellaBeata Vergine in una tela della nascita di Nostro Signore da lui creduta delCorreggio. Il Martino tentò per mancanza di lavori di maggiore importan-za la pittura di genere e principalmente quella di pesci, di uccellame e difrutti di cui avea dato in Palermo l’esempio con felice riuscita GiuseppePatania onnigeno pittore in quattro quadri per il marchese Giuseppe Merloinsieme con quello di fiori che parevano raccolti nell’orto del Paradiso.

Al Martino bensì devesi l’onore di aver fondato in Palermo e recato adeccellenza una scuola della pittura di genere. Nei pesci era poi proclama-to insuperabile per la verità e la grazia del pennello. Di questo suo pecu-liare metodo artistico trassero profitto alcuni maligni pittori figuristi eritrattisti per toglierli i negozi di qualche quadro istorico o di ritratti, spac-ciando che in quel genere soltanto riuscisse; laonde occupossi egli princi-palmente della pittura di genere tutta la vita che trasse fra le angustiedomestiche e il morbo di stranguria d’uretra che finalmente lo condusse alsepolcro nella miseria all’età di circa anni 60 il giorno 3 marzo del corren-te anno 1864.

Il Martino si rese ammirevole non solo per la pittura di genere e peiritratti e sul primo fiore della gioventù per il suo quadro del Prometeo, mapure per le sue virtù domestiche e sociali, pel suo carattere placido e gen-tile e per la sua avversione alla mormorazione. Egli lodava i buoni artisti,sebbene non lo avessero favorito taceva dei mediocri. Quindi fu amato,apprezzato e riverito da tutti e compianto in morte.

Secolo XIXFrancesco Ognibene126

Nacque in Palermo da un conciapelle. Fu avviato nello studio diGiuseppe Velasques e nell’accademia del nudo di cui era direttore, e riu-_________________________________

126 Francesco Ognibene, pittore, nato a Palermo nel 1785 e ivi morto nel 1837.

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scì ottimo e castigato disegnatore. Profittò di Vincenzo Riolo genero diVelasques che conviveva con lui, e in parte ne imitò il colorito sebbene piùlanguido e giallognolo. Fu quindi miglior disegnatore e felice composito-re che coloritore. Verso il 1834 dipinse nell’età giovanile un quadro sacroper una chiesa di Randazzo in gara di Patania e di La Farina127 e quello diOgnibene anche piacque. Essendogli stati tolti i quadri della chiesa de’ pp.Liguorini all’Uditore nella campagna presso Palermo dall’abate GiovanniPatricolo montò in ira e pazzia, e con un rasoio si taglia legermente ilcollo. Io lo feci recare all’ospedale e ne guarì e doleasi indi meco dicen-domi ch’era meglio che lo lasciassi morire per torsi d’una vita misera epenosa.

Ognibene dipinse in fresco a chiaro-scuro, genere in cui più riusciva,nel palco per l’estrazione dei numeri del lotto, la fortuna e i suoi capriccicon buon disegno e felice invenzione. Dipinse a olio e a colori nella chie-sa di san Filippo e Giacomo un quadro di altare della Beata Vergine bendisegnato e composto; ma di languido - flavo colorito, e nella parrocchiadel Borgo la Madonna del Rosario in competenza dell’abate Patricolo chevi dipinse il martirio di s. Lucia ed amendue que’ quadri fanno onore agliautori e quello di Ognibene è forse meglio di Ognibene. [?!] Fece il carto-ne della Madonna col Bambino eseguito in istucco da Sanseverino128 nellaporta del prospetto della chiesa del Carmine. Diessi all’incisione e sidistinse pel tratto energico del bulino. Incise molte piante per l’opera bota-nica di Mr. Rafinesque e pel sig.r Vincenzo Tineo.

Verso il 1835 essendo pazzo con lucidi intervalli fu indotto a dipinge-re a fresco a colori sotto la sorveglianza del suo amico adornista VincenzoLi Greci la cupola nel liceo dello stabilimento agrario del principe diCastelnuovo a’ colli presso Palermo. Ivi effigiò Sileno ubriaco sull’asinofigura poco più del vero, Cerere che129 insegna ad un villico ad arar la terra,l’agricoltura rimpetto una donna indicante la pastorizia che munge unavacca che par vera. Minerva che ammaestra nella scienza agraria un gio-vinetto.

Ai quattro spigoli della cupola dipinse a chiaro-scuro le quattro stagio-ni. In fondo alla via de’ cipressi aveva prima della pazzia dipinto a fresconel muro in fondo un gran paese con strada, la montagna di Gallo, un tem-pietto. Quest’opere sono tra le sue reputate migliori.

Morì di circa 64 anni miserabile nel calare del 1837._________________________________

127 Francesco La Farina, pittore, nato a Palermo nel 1778, ivi morto nel 1837.128 Bartolomeo Sanseverino, stuccatore, attivo nel sec. XVIII.129 Seguono cancellate le parole: “insegna a un fanciullo alato”.

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Francesco Ognibene da Palermo pria scolare di Velasques e poi diRiolo riuscì un valoroso compositore, e disegnatore e in seguito un dili-gente incisore in rame. Segnalossi nella pittura a fresco monocromatacome puossi vedere nelle sue rappresentazioni mitologiche sulla fortu-na nel palco di la R. Lotteria in Palermo. Fu anche ammirato nel suoquadro a olio del martirio di s. Lucia nella parrocchia di detta santa nelborgo di Palermo, per la composizione, pel disegno, anche pel coloritosuperiormente per questo riguardo in quell’opera, sebbene in altre ten-desse troppo al flavo e al monotono, come in un quadro nella chiesa dis. Filippo e Giacomo. Son lodati del suo pennello alcune storie di s.Filippo Neri in un pulpito de’ PP. Dell’Oratorio nella loro villa Filippinadi Palermo.

Si occupò molto dell’incisione a bulino e ad acqua forte, e moltepiante incise per un’opera di Mr. Rafinesque naturalista americano e perdiverse tavole botaniche del sig.r Vincenzo Tineo direttore dell’ortodelle piante.

Egli condusse a penna in fogli di carta grande con molta grazia ed esat-tezza i disegni della Fata Galante poema di Giovanni Meli e venne a garacon Giuseppe Patania che ne avea fatte le vignette come pure dell’altropoema del don Chicotte dello stesso poeta, quelle del Patania sebbene infigure microscopiche sono più graziose; ma l’invenzione in amendue èfelice.

In un accesso di delirio tagliossi con un rasoio superficialmente lefauci, e fatto da me recare all’ospedale fu guarito, e rimproverommi chegli aveva procurato una vita che gli era divenuta insoffribile per la miseriadovendo sostenere una famiglia di tre maschi ed una femina.

Era buono, compassionevole e me ne diè una prova che avendogli iofatto apprestare dopo la sua guarigione un brodo con ovo e una pagnottadi pane, e scorgendo dal balcone un povero per la strada scese subito perle scale e divise la merenda col medesimo.

Però era troppo iracondo e sul proposito mi riferiva che avendo unavolta eseguito un gran disegno a chiaro-scuro d’un edificio per contodel sig.r Giambattista Bertino ed essendo da costui avvertito di non soquale difetto, nell’istante lo tagliò tutto col temperino e perdette duemesi di fatica.

Fece per me il disegno del quadro del Trionfo della morte di ***nell’Ospedale e i lucidi delle istorie di s. Francesco in S. Maria diGesù.

Morì nell’indigenza di anni ***.

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<Gerlando Marsiglia>

Gerlando Marsiglia130 morì in New York nell’aprile del 1850, lavoravaritratti fra degli altri quello di Cristadoro Giuseppe, e restauratore di qua-dri antichi.

Pittura in Sicilia de’ bassi tempi

Quando morì nel 1467 Giorgio Castriota Scanderberg re d’Albania,prode guerriero, e cadde quella greca regione in potere de’ Turchi, moltefamiglie di varie condizioni vennero profughe in Sicilia e chiesero aGiovanni re di Aragona e dell’isola nostra l’autorizzazione di fondarvidelle città per loro soggiorno e l’ottennero. Si divisero allora in quattrocolonie, una fabbrica un piccolo comune denominato Piana de’ Greci, 16miglia distante da Palermo, l’altra Palazzo Adriano, 42 miglia, la terzaMezzojuso 26 miglia, e l’ultima Contessa 36 miglia.

Fra quella immensa turba eranvi nobili preti di rito greco-cattolico, agri-coltori, artigiani131 con le loro donne e figli e nepotini, e argomento che vifossero pittori, scultori e architetti, avendosi essi stessi fabbricate case,palazzetti, e chiese che fornivano immagini di Dio Padre, di Gesù Cristo,della Vergine Maria, di S. Lucia, di San Spiridione, e altri Santi della Chiesagreca che si oppose gagliardamente ben da principio all’eresia degli icono-clasti introdotta in Oriente con violenza dall’imperatore Leone Isaurico.

La pittura e la scultura in quell’impero e in tutta Grecia erano andategiù si per la ignoranza prevalsa e per le successive persecuzioni degli ico-noclasti e per il pregiudizio religioso di attenersi sistematicamente a certitipi uniformi nelle devote immagini che sembravano secchi e immobilicadaveri più che viventi. Tutto in esse era uniforme, i volti, la attitudine, icolori, i fondi dorati a guisa dei mosaici, i colori parziali e l’uso di pinge-re trittici in tavole di vetro di dimensione varia per le case e per chiese.

Il risorgimento della pittura in Italia per opera del fiorentino Cimabuemorto di anni 70 nel 1310 sentiva lo stile della greca decadenza ma le figu-re cominciarono ad aver vita all’aura d’Italia col pennello di quel beneme-rito e l’acquistarono interamente con quello di Giotto coetaneo di Dante._________________________________

130 Gerlando Marsiglia, pittore, nato a Giuliana, in provincia di Palermo, nel 1792 o 1793, morto aNew York nel 1850. Il Marsiglia fu uno dei fondatori nel 1726 della National Gallery of Design diNew York.131 Seguono cancellate le parole: “e artisti”.

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Le sue figure, condotte con la maggiore diligenza, per l’aria de’ volti, e lemovenze espressero le svariate passioni.

In Sicilia il risorgimento era anticipato almeno d’un secolo e mezzo,perocchè nonostante l’occupazione de’ Saraceni, che proibivano, secondoil precetto del Corano la rappresentazione d’immagini, e durante il divie-to degli imperatori iconoclacisti, la pittura era secretamente coltivata peril fervore dei cristiani di quest’isola talchè quando la conquistarono inte-ramente i Normanni nel 1071 subito migliorò ne’ mosaici e ne’ quadrisopra tavola che tuttavia esistono e di cui altrove farò distinta menzione.

Cimabue e Giotto posteriori, e molto meno i pittori delle colonie alba-nesi che più tardi vennero in Sicilia per nulla contribuirono non che al risor-gimento, ma neanche al miglioramento della pittura tra noi che già era statooperato dagli stessi artisti siciliani a’ quali si poterono unire alcuni pochiesteri che qui erano venuti per far fortuna, anzi taluni de’ nostri per indolegirovaghi giovar poterono all’Italia come nel Duomo d’Orvieto (1)132.

Un gran numero di dittici a due battenti o trittici a tre con sacre figure dipin-te a gomma sopra legno o tela sovraposta ingessata corrono in Sicilia, sia chefossero imitate sovra quelle antiche bizzantine, ma essendo più animati e disanti e sante del rito latino mostrano di essere di pennello siciliano e dallo stilesi argomenta di appartenere alcune al secolo XIII altre al successivo e talaltreal XV. Ve ne ha nella galleria della R. Università di Palermo, un trittico famo-so nella chiesa di S. Michele Arcangelo e altri inferiori depositati dopo la risto-razione fattane eseguire da Pizzillo per disposizione del deputato Sig.r D.oDomenico Arista nella camera della contabilità all’ospedale civico in S.Francesco Saverio, altro trittico del cominciamento del secolo XVI nella chie-sa del Cancelliere e in altra di Palermo, non molte dall’interno dell’isola nostra.

Ma i dittici e i trittici di cui principalmente abonda la Sicilia son quel-li recati qui dalle colonie albanesi e fatti eseguire da’ loro artisti già dive-nuti siciliani nella seconda generazione.

Il rinnomato archeologo P. Paciaudi su queste dipinture scrisse unaerudita dissertazione che è la quinta tra quelle dell’opera sua: De cultu s.Iohannis Baptistae133 Ivi accennando alle medesime così si espresse:_________________________________

132 A c. 41 v nota in calce: “(1) Nel catalogo degli artisti lasciatoci dal Vasari vi sono alcuni sicilia-ni” <Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori scritte da m. GiorgioVasari pittore et architetto aretino, di nuouo dal medesimo riuiste et ampliate con i ritratti loro etcon l’aggiunta delle Vite de’ viui, & de’ morti dall’anno 1550 insino al 1567. Prima, e seconda [-terza] parte. Con le tauole in ciascun volume, delle cose piu notabili, de’ ritratti, delle vite degli art-efici, et de i luoghi doue sono l’opere loro, In Fiorenza, appresso i Giunti, 1568>.133 Paolo Maria Paciaudi, De cultu S. Johannis Baptistae antiquitates christianae accedit in veteremejusdem ordinis liturgiam commentarius, Romae, excudebant fratres Palearini ad theatrum Pompeii,1755, Dissertatio sexta, p. 229.

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Tabulae effigiatae inter altaris ornamenta sunt recensenda. Non autemhaec semper diptychae et bipatentis sed sepe triptychae et ad modum plu-tej, qui duobus ostiolis interius, esteriusque ornatissimis claudebatur.Aliquando unica tabula omnis effiguratio continebatur(1)134.

Uno dei trittici più antichi, giudicato de’ tempi normanni(2)135, compo-sto di laminette di rame indorato al di fuori e ne’ fianchi assai piccoli dueanelletti al di sopra per recarsi appesa al petto e che i Greci diceanoEncolpio136. Esso esistea al museo salnitriano de’ PP. Gesuiti di Palermo,che certo andò perduto nella rapina fattavi nel 1863 dopo la terza espul-sione de’ PP. Gesuiti. Nella laminetta a destra vi erano dipinti i santi dot-tori della Chiesa orientale, S.n Nicola, S. Giovan Crisostomo, S. Gregorio,S. Basilio, a sinistra S. Stefano, S. Giorgio, S. Demetrio, S. Antonio abate,nel mezzo Gesù Cristo sedente in trono, a destra la Beata Vergine a sini-stra un santo ricoverto da un pallio. Nello stesso museo esistevano purepria della [!] dell’ultima depredazione due altre piccole tavolette con sovrapittura ritrovate nella chiesa sotterranea di S. Conone abate in Noto. Nelmuseo Martiniano conservasi un quadro di mezzana grandezza acquistatodal p. Salvatore Maria Di Blasi, dipinto sopra tavola ad imitazione de’musaici. Esso rappresenta S. Giovan Battista con ali grandissime la destrain atto di benedire alla greca e la sinistra che sostiene una lunga e sottilecroce, e una cartella svolta con ellenica iscrizione e sopra sacri monogram-mi e sotto in lettere greche in cui scorgeasi il nome del pittore PietroLuparao137.

La pittura sembra del secolo XIV e si avvicina allo stile nobile, e gran-de del seguente. Quel Pietro Luparao non appare fra’ pittori italiani, anziil cognome l’annunzia siciliano e138 seguace del rito delle albanesi coloniequi residenti, che abbia per esse e sotto la lor direzione dipinto quel qua-dro singolare non solo per bellezza nella bizantina maniera e con maggio-re spirito, ma per le ali appiccate nel dorso di quel santo (1)139.

Un altro trittico di mezzo palmo creduto dell’epoca aragonese in_________________________________

134 A c. 42r in calce: “(1) Presso l’art. X p. 17, part. 3 Mem. per la Storia lett. di Sicilia, Palermo perBentivenga, 1756” <Domenico Schiavo, Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia, Tomoprimo[-secondo], In Palermo, nella stamperia de’ SS. Apostoli, per Pietro Bentivenga, 1756, v. I, pt.III, p. 28>.135 A c. 42r in calce: “(2) Ibid. pag. 29” <Domenico Schiavo, Memorie… cit., v. I, pt. III, p. 29>.136 Domenico Schiavo, Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia, Tomo primo[-secondo],In Palermo, nella stamperia de’ SS. Apostoli, per Pietro Bentivenga, 1756, v. I, pt. III, p. 29.137 Domenico Schiavo, Memorie… cit., v. I, pt. III, tav. inserita dopo p. 16.138 Segue cancellata la parola: “forse”.139 A c. 42v in calce: “(1) Io l’ho osservato molti anni addietro ma si potè scorgere l’incisione nellecitate Memorie letterarie di Sic. t. I parte 3” <Domenico Schiavo, Memorie… cit., v. I, pt. III, p. 24>.

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Sicilia cioè del secolo XIII e seguente che era in Girgenti e passò nelmuseo Martiniano mostra dipinti la Beata Vergine col Bambino nel mezzonella tavoletta a destra S. Giovanni Evangelista, e nella sinistra S. GiovanBattista a’ suoi piedi la testa fattagli recidere da Erode (2)140.

Nel museo anzidetto c’è pure un altro trittico d’un palmo creduto delsecolo XIV con S. Niccolò da un lato nell’interno e la reliquia di s.Spiridione dall’altro, indicati da una iscrizione e nell’intorno due tavolet-te, la Beata Vergine e l’angelo Gabriello e nel centro Dio Padre col Figlioe la mistica colomba dello Spirito Santo. Nello sgabello dell’Eterno padresta scritto in greco dopo questo una voce in latino: In primis recordare,Domine, Cyrilli falsi monaci idest peccatoris(3)141. Dall’iscrizione suddet-ta pare che si possa argomentare che il monaco Cirillo ne sia stato il pitto-re: talchè in tre trittici abbiamo i nomi di chi tra essi esercitava la pitturanel Medio evo, altri di un Pietro rammentato in un diploma della epocanormanna.

Pittura del medioevo in Sicilia dal 1132 sino al 1482

La R. chiesa Palatina dedicata a S. Pietro e cominciata a costruirsi perordine del re Ruggieri, nel 1129 e terminata nel 1132 ha il tetto a soffittaa cassettoni, e questa insieme co’ travi riquadrati e dipinta a rabeschi, efigurine di santi con arabe iscrizioni, il che mostra che quelle pitture furo-no eseguite subito che la chiesa fu finita essendo allora prevalente la lin-gua araba. Quando sul cominciamento del sec. XIX dovette in parte risto-rarsi trascurossi di copiar le iscrizioni e delinearsene le sacre figurine chea stento ora si scoprono da basso. Dovettero essere dipinte con colorisciolti in gomma liquida secondo l’uso del tempo e sono un singolaremonumento anteriore al risorgimento della pittura in Italia ch’ebbe iniziocon Dulichio142 creduto greco e Cimabue fiorentino nato un secolo e piùanni dopo.

Le molte sacre storie di santi rilevati a mosaico in tempi successivi, madi cui i più antichi nel cappellone e nel te [!] furon nell’epoca di Ruggierilavorati da greci artisti come scrisse il contemporaneo istorico greco_________________________________

140 A. 42v in calce: “(2) Ibid. pag. 29”. <Domenico Schiavo, Memorie… cit., v. I, pt. III, p. 29>.141 A. 42v in calce: “(3) Memorie della storia let. di Sicilia parte IV pag. 272”. <Domenico Schiavo,Memorie… cit., v. II, pt. IV, p. 272>.142 Buscheto (o Buschetto), architetto pisano vissuto a cavallo dei sec. XI-XII, da taluni creduto ori-ginario di Dulichio (probabilmente l’odierna Cefalonia).

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Giambattista Amelio; ma quelli artisti erano delle tante famiglie bizantinee trapiantate in Sicilia, e quindi divenuti siciliani, che ritenevano non pertanto la denominazione e il rito della loro origine. Io credo che greco-sicu-li, vi lavorarono; ma con essi arabo-sicoli cui Ruggieri permise di rimane-re e conservare la loro religione dopo la sua conquista della Sicilia compi-ta nel 1071. Ai saraceni-siculi furono senza dubbio affidati i mosaici d’or-nato in cui erano abili artisti e di feconda invenzione, non potendo esegui-re le sacre figure per divieto del Corano, e i greco-siculi erano esclusiva-mente addetti a questi insieme, com’è da supporre da un’artista che avevaorigine siciliana, perocché i santi della chiesa greca avevano il corrispon-dente costume e l’iscrizione greca e per posto quelli della chiesa latina.Amelio ch’era greco ne volle dare tutto l’onore ai suoi connazionali origi-narii.

Matteo Ajello gran cancelliere di Guglielmo 1° fondò in Palermo lachiesa or detta della Magione nel 1150 e la consacrò alla SS. Trinità. Sullaporta maggiore vi fe’ dipingere tre angeli seduti a Mamre e Abramo pro-strato, e leggevasi scritto in lettere gotiche il motto nella scrittura Tres viditet unum adoravit. Quella dipintura fu rovinata con la intrusione del nuovocampanile, e sarebbe stato interessante forse ragionare sul tempo e pelmodo com’era eseguita, supponendosi che fosse a fresco, essendo per piùsecoli resistita all’intemperie dell’aria esterna e della pioggia.

Un quadro sopra tavola sullo stesso soggetto si osserva nel cappelloneche fu fatto dipingere da Teutonici e che fu concesso la chiesa coll’annes-so convento dall’imperatore Arrigo VI nel 1195 e vi rimasero per circa tresecoli. Il quadro è bell’opera del secolo XV.

Nella chiesa Monistero del Cancelliere fondata dallo stesso MatteoAjello per esecuzione del testamento di sua moglie nel 1771 entro il par-latorio grande si osserva una gran croce in legno con Gesu Cristo dipinto-vi e nell’estremità dei quattro lati sacre figure. Nella chiesa poi avvi unquadro sopra legno della Madonna detta della perla donato dallo stessoMatteo Ajello, ma ristorata più volte.

Nella chiesa di S. Paolo esistente pria del 1316 eravi un antico quadrodella conversione di quel santo.

Nell’antica cappella dell’Incoronata presso il Duomo così detta perchéivi coronavansi i nostri antichi re, si osservava sul muro pria del bombar-damento del 1860, dipinti a fresco sul muro esterno e nell’abside interna143

l’Eterno Padre e le sacre figure e la scrittura Hic regi corona datur alla_________________________________

143 Seguono cancellate le parole: “a fronte Gesù Cristo”.

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sinistra e S. Pietro che colla destra coronava Pietro di Aragona e la suamoglie amendue genuflessi. A fianco del re era S. Pietro col motto piccan-te relativo a Dio Padre Petrus ero Petro regi Siculorum intendendosi cheDio stesso e con il suo vicario in terra coronava il re Pietro in difetto del-l’altro che si era negato. Allato della regina Costanza era S. Paolo con unmotto svanito per antichità. Quella pittura è certo del 1282 ed avanti vi siosservava la immagine, benchè alquanto fosse vetusta svanita, pure misembravano di uno stile un po’ goffo, ma grande all’opposto dei quello de’quadri d’Italia da me veduti nei viaggi del 1841-43 che erano secche,cadaveriche e deformi. Le nostre pitture somigliano a mosaici più antichidella menzionata chiesa di S. Pietro del R. Palazzo in Palermo a quelliquasi contemporanei della Chiesa di S. Simone detta La Martorana e aquelli del Duomo di Monreale. Nell’antico cortile dell’Ospedale di S.Giovanni dei Lebbrosi nella campagna meridionale un miglio distante daPalermo affidato dall’imperatore Federico II a’ Teutonici nel 1219 vidi, giàson molti anni molte figure dipinte a fresco sulle mura, ma mi parverogoffe e appartenevano all’epoca indicata. Nell’Ospedale dei pellegriniattaccato alla Chiesa antica di S. Cristina fondati nel 1174 da GualtieroOffamilio, arcivescovo di Palermo si osservavano sul muro esterno diver-se figure dipinte a fresco di pellegrini alquanto goffe e nell’altare dellaparte dell’Epistola vi era un trittico, un fondo dorato ov’era rappresentatala Vergine Maria, S.ta Cristina a destra e S.ta Caterina a sinistra e sotto alettere gotiche leggevasi: Anno Domini 1402 hoc opus fieri fuit PetrusBelvedere canonicus panormitanus per manus Nicolai de Magès de son …

L’Oratorio fabbricato dalla compagnia aggregato alla chiesa ed ospe-dale di S.ta Cristina la Vetere prima ch’essa compagnia fosse abolita fudipinto a fresco da Antonio Pomazzo144 probabilmente siciliano e nel cap-pellone scorgeasi un antica tavola, un Gesù Cristo recato al sepolcro chealcuni credevano di esser dipinto dal fiammingo Simone Volbech145.

Nella chiesa del Monistero di Monte Vergini avvi un quadro sopratavola della Madonna detta della Consolazione dipinta a stile bizantinoquella stessa che il conte Ruggieri fondando la chiesa di S. Maria laMazzara nel 1075 le avea donata e poi abolita passò nel 1453 a quella diS. Giorgio in Alga, e anch’essa abolita fra molt’altre cose pervenne allachiesa di Montevergine. In uno scudo sotto si legge: Mater consolationisiterum renovata anno Domini 1690; ma ciò par che debba intendersi della

_________________________________

144 Antonio Pomazzo, pittore attivo a Palermo nel sec. XVII.145 Vedi nota n. 74, p. 304.

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cornice perché la pittura tuttavia esistente e da noi più volte osservata hatutto l’aspetto di pristina antichità dell’epoca del Medioevo.

Nella chiesa di S.ta Maria Maddalena entro al quartiere militare edifi-cato nel 1187 da Gualtiero Offamilio arcivescovo di Palermo eravi un qua-dro su tavola rappresentante la resurrezione di Lazzaro; ma non si sa nellariforma di quella chiesetta che ne sia avvenuta.

Nell’antica chiesa di S. Michele Arcangelo che rimonta al di là del1149 e fu di recente riparata, vi era un antico trittico sopra tavola che rap-presentava l’Epifania creduto di Filippo Lippi fiorentino, ed altro146 quadroantico sull’altare maggiore dedicato ai santi Arcangeli. Passata la chiesa indominio del grande Ospedale civico il deputato dr Domenico Arista nel1861 fe’ ristorare quei quadri da Michele Pizzillo e riacquistato l’anticosplendore per la diligenza di costui furono ritenuti dal suddetto deputatonella contabilità dell’Ospedale presso la chiesa di S. Francesco Saverio.

Nella sudetta chiesa di S. Michele eravi l’antica confraternita deiNaupatissari nel cui diploma pubblicato dal beneficiale Salvatore Morsoscorgevasi l’immagine ben dipinta a miniatura della Beata Vergine appar-tenente all’epoca normanna. Il disegno inciso in contorno trovasi nell’ope-ra del medesimo titolata Palermo antico147.

Nella chiesa ed Anciconfraternita di S. Nicolò lo Reale fondata nel1306 trovasi l’antico ruolo dei fratelli fra i quali il re Federico III° e in que-sta gran tabella vi sono varie figure che per quel tempo annunziano esse-re la pittura in progresso. Ivi è ancora il quadro di S. Nicolò che dallo scrit-to annunzia di esser dipinto da Tommaso Vigilia148 nel 1448.

Nella chiesa della Compagnia di S. Maria di Gesù presso quella di S.taAnna havvi un trittico coll’anno segnatovi a caratteri gotici 1220, giacchèquella chiesa è di antichità anteriore sebbene rifatta nel 1687 e adornata aimiei tempi.

In quel trittico posto adesso sull’altare a sinistra vicino il cappellone siscorge la Madonna della Misericordia sopra fondo dorato assisa in unasedia ornata di mosaico a pittura col Bambino in braccio e ai fianchi quat-tro angeli, a destra S. Giovanni Battista e a sinistra S.ta Caterina coll’an-no come si è detto MCCXX.

Nell’antica chiesa detta della Pinta riunita a quella della Madonna_________________________________

146 Segue cancellata la parola: “trittico”.147 Salvatore Morso, Descrizione di Palermo antico ricavata sugli autori sincroni e i monumenti de’tempi. Edizione seconda riveduta ed ampliata dall’autore, In Palermo, presso Lorenzo Dato, 1827,p. 111-113.148 Per Tommaso De Vigilia cfr. alla voce Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori… cit.

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dell’Itria rifabbricata nel 1390 e149 atterrata per isgombrare quel sito nel1648 e ricostruita nuovamente a poca distanza eravi l’antica imagine dellaMadonna dell’Itria e un crocifisso dipinto a fuoco staccato dal muro del-l’antica chiesa e il quadro sopra tavola della Madonna della grazia con S.taCaterina e S.ta Agata opera dello stile del secolo XV.

Nella Compagnia di S. Alberto presso il Carmine si osserva unantico quadro del titolare collo scritto Hoc opus depinxit magister deParucho150 anno Domini 1412.

Nell’antico palazzo fabbricato da Manfredo Chiaramonte nel 1307come rilevavasi dall’iscrizione che fu detto dello Steri e terminato nel1320 e abbellito di pitture dall’ammirante Manfredi III Chiaramonte nel1380 se ne conservano alcune tuttavia, una cioè nella scala su fondo dora-to con la Beata Vergine in mezzo a S. Antonio abate e un altro santo, operache io credo eseguita sotto Manfredi III, ma quelle che sono certo del 1320son le sacre figure e i rabeschi dipinti nelle travi e cassettoni delle soffit-te. In una trave della seconda stanza ora coverta dalla volta moderna siscorgeva S. Giorno [!] a cavalli [!] accompagnato da due cavalieri.

Quel palazzo per la ribellione di Andrea Chiaramonte a cui fu fattatroncare in punizione la testa dal re Martino venne confiscato dal governoe rivolto ad uso di tribunale è stato barbaramente alterato in s[…] modifi-cazioni.

Artisti di NicosiaPittori principali che fiorirono in Nicosia in varie epoche

Nel secolo XVII segnalossi nella pittura in Nicosia Nicolò Mirabella151

che ivi era nato. Egli dipinse quadri di152 bella invenzione e di gran com-posizione come quella dell’Ascenzione nel Duomo, del GiudizioUniversale nella chiesa della Misericordia, della Cena e Deposizione dellaCroce e della morte di S. Francesco ai Cappuccini. Tra i suoi quadri pre-gevoli havvi la natività di Gesù Cristo in sant’Eligio, la circoncisione in S.Antonio, la morte di S. Giuseppe nella chiesa del titolare, e la SacraFamiglia in S. Maria dell’alto fuori le mura.

Se appartiene al suo pennello come è stato giudicato da qualcuno di_________________________________

149 Segue cancellata la parola: “trasferita”.150 Matheus De Peruchio, pittore, attivo tra il 1392 ed il 1435.151 Nicolò Mirabella, pittore nativo di Nicosia, attivo nel sec. XVII.152 Segue cancellata la parola: “grande”.

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Nicosia il quadro della morte della beata Vergine Maria con gli Apostoli chesi scorge nella chiesa di S. Francesco in Palermo in una parete della naveminore a man dritta il Mirabella merita lode non solo per la ricca composizio-ne, ma pel buon disegno e colorito e sembra ch’egli abbia attinto il suo stileda qualche scolaro di Vincenzo Anemolo. Se non che non ha l’eleganza delfondatore di quella scuola nè le belle teste raffaellesche che nei suoi quadri siammira, nulla di manco è certo uno dei migliori pittori del cominciamento diquel secolo in cui fiorì. Ignorasi l’anno della sua nascita e della morte.

Tra i pittori del secolo XVII nati in Nicosia si possono ricordarecon lode Giacomo Campione153 che dipinse la Circoncisione in S. AntonioAbbate, il Cenacolo in S.ta Domenica, S. Lorenzo in S.ta Maria ed altriquadri pregevoli in quella città. Puossi aggiungere a costui un AntonioCardella154 che fornì vari buoni quadri alla chiesa del Carmine, di S.Calogero, di S. Antonio e di S.to Stefano fuori le mura, come pure appar-tenne a quella città e forse alla fine del secolo pure Ascanio Donguida155

canonico regolare lateranense che ben maneggiava il pennello e la penna inopere di pittura ed ascetiche e morì nel 1600. Il Beritelli156 nella sua diligen-te storica di Nicosia accenna che molte varie dipinture del Donguida esisto-no in Palermo, ma noi le ignoriamo non essendo segnate del suo nome157.

Nel declinare del secolo XVIII dipingeva Giovanni Garigliano158 difamiglia patrizia di Nicosia il quadro della Madonna de Libera Inferninella chiesa di S.ta Agata, il S. Francesco in quella dei Cappuccini ed altriquadri nel Collegio di Maria.

Filippo Randazzo159 da Nicosia fiorì verso la metà del secolo XVIII efu allievo del celebre Sebastiano Conca160 morto nel 1764. Si era distintoanche a Roma tra i migliori allievi di quell’insigne dipintore, ed ivi e inNapoli dipinto aveva pregevoli quadri e in Palermo tutta la volta dellachiesa161 della Casa Professa dei PP. Gesuiti, ove segnalossi pei vari com-_________________________________

153 Giacomo Campione, pittore, nato a Nicosia, attivo nei primi anni del secolo XVII. E’ citato con ilnome “Domenico” in Agostino Gallo, Parte prima delle notizie di pittori… cit., p. 205.154 Antonio Cardella, pittore, nato a Nicosia, attivo nel secolo XVII.155 Ascanio Donguidi, canonico regolare lateranense siciliano, ex gesuita, studioso della suaCongregazione, autore di opere di spiritualità, morto nel 1601. Per la sua attività di pittore vediAgostino Gallo, Parte prima delle notizie di pittori… cit., p. 93; Agostino Gallo, Lavoro di AgostinoGallo sopra l’arte dell’incisione… cit., p. 136, 145.156 Giuseppe Beritelli, Notizie storiche di Nicosia compilate da Giuseppe Beritelli e La Via barone diSpataro riordinate e continuate per Alessio Narbone, Palermo, Stamperia di Giovanni Pedone, 1852.157 Seguono cancellate le parole: “Antonio Cardella. Al cominciamento del 1600”.158 Giovanni Garigliano, pittore, nato a Nicosia nel 1727 e morto nel 1797.159 Filippo Randazzo, pittore, nato a Nicosia nel 1692 e ivi morto nel 1744.160 Sebastiano Conca, pittore napoletano, nato nel 1680, morto nel 1764.161 Seguono cancellate le parole: “di Gesù”.

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partimenti per ricca e feconda invenzione nei dipinti a fresco di sacro argo-mento, sebbene spesso con colori troppo vaghi e disarmonici e con unostile che tirava al minuto.

Il Randazzo istoriò anche a fresco la chiesa del Monistero di MonteVergine in Palermo e dipinse ad olio nell’altra di S.to Vito il quadro delmartire S. Ciro. In Nicosia, sua patria,162 lasciò molte dipinture nel Duomoe nelle chiese di S. Calogero e S. Francesco di Paola.

Nella Guida del Cav. Palermo si accenna che il Randazzo fosse mono-colo163 ma, ma [!] ciò si tace dal suo concittadino Beritelli barone diSpataro. Anche Nicolò Sauro164 da Nicosia, cappellano dei Cavalieri diMalta si era rivolto alla pittura e ne avea dato saggi soddisfacenti; macessò di vivere nel fior degli anni nel 1782.

Scultori nativi di Nicosia

Vincenzo Calamaro165 padre e Giovan Calogero166 figlio segnalaronsinella scultura principalmente nel secolo XVII il padre era anche pittore edarchitetto e lasciò molte opere di pennello e di architettura in diverse cittàdella Sicilia; ma principalmente riuscì nella scultura in legno e il figlio neibassi rilievi in stucco di cui adornò la navata di S. Nicola e il cappellonedi S.ta Maria, Vincenzo scolpì in legno il Crocifisso al naturale nella chie-sa di S. Maria Maggiore e di S. Giovanni evangelista della sua patria.

Felice Cardella167 figlio di Antonio buon dipintore di sopra menziona-to vestito l’ordine carmelitano segnalossi in diligenti lavori figurativi inavorio e in osso che incontrarono il gusto del nostro vicerè Pietro Giron,Duca d’Ossuna, il quale li spedì in dono alla corte di Spagna. Fioriva quin-di questo buon religioso poco dopo del 1611 quando quel Duca cominciòa governar da vicerè la Sicilia e terminò nel luglio 1616._________________________________

162 Segue cancellata la parola: “dipinse”.163 Gaspare Palermo, Guida istruttiva per Guida istruttiva per potersi conoscere con facilita’ tanto dalsiciliano che dal forestiere. Tutte le magnificenze, e gli oggetti degni di osservazione della città diPalermo capitale di questa parte de’ r. dominj prodotta... dal cav. Gaspare Palermo dei principi diSanta Margherita. Giornata III e IV, In Palermo, dalla Reale Stamperia, 1816, p. 146.164 Fra’ Nicolò Sauro da Nicosia, pittore, attivo nella seconda metà del sec. XVIII, morto nel 1782.Cfr. Giuseppe Beritelli, Notizie storiche di Nicosia… cit., p. 357 e Agostino Gallo, Parte secondadelle notizie di pittori… cit., p. 222.165 Vincenzo Calamaro, scultore, pittore e architetto, nativo di Nicosia attivo nel secolo XVII. 166 Giovanni Calogero Calamaro, scultore, nativo di Nicosia attivo nel secolo XVII. 167 Per Felice Cardella cfr. Giuseppe Beritelli, Notizie storiche di Nicosia… cit., p. 352; AgostinoGallo, Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte dell’incisione… cit., p. 140, 146.

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In quel tempo adunque vuolsi stabilire che fiorivano nell’arte Antonioe Felice Cardella.

Giambattista Li Volsi168 da Nicosia fu insigne scultore in legno sulcadere del secolo XVI e sul cominciamento del seguente quando ancorasostenevano con decoro l’arte della scultura Giacomo e Fazio Gagini figlidel celebre Antonio.

Giambattista Li Volsi frequentò la loro scuola e ne apprese i segretidell’arte, e ne seguì lo stile per quanto il permetteva il secolo che alteravadi già le belle forme. Molte opere fece in sua patria e particolarmente èlodato il Cristo alla colonna in S. Francesco, l’Angelo custode e il S.toOnofrio in S.ta Maria Maggiore, il S. Giovan Battista nella chiesa del tito-lare e il S. Nicolò a mezzo169 rilievo nella soffitta del Duomo, come pure iquattro rilievi uno esprimente l’ingresso del Salvatore in Gerusolima, l’al-tro l’Assunzione di Maria in cielo, il terzo il martirio di S. Bartolomeo e ilquarto S. Nicolò.

Nel 1630 per la fama acquistatasi fu scelto in Palermo170 a modellare lastatua che doveasi fondere in bronzo per onorar Carlo V imperatore e chepoi fu eseguita come osservasi nella piazza Bologni. In quella statuaammirasi uno stile nobile e severo. Sul suo modello credo pure che siasifusa la statua in bronzo di Filippo IV che decorava la piazza del RealPalazzo e fu vandalicamente abbattuta e rotta nel 1848.

Stefano Li Volsi171 figlio del precedente riuscì pure sotto la direzionedel padre buono scultore, particolarmente nei bassi rilievi del coro dellaCattedrale di Nicosia. Sono pure pregiate le sue statue di S. Benedettonella chiesa S.ta Domenica e di S. Calogero in quella del titolare e le tredi S. Michele nella parrocchia di quell’Arcangelo nel Duomo diCaltanissetta e nel comune di Leonforte. Intendeva pure l’architetturacome ne diè prova nell’elegante prospetto dell’organo grandioso delDuomo di Nicosia e nella bella e ingegnosa bara di S. Lorenzo nellaBasilica di S.ta Maria.

I due Li Volsi fondarono una numerosa scuola di giovani nella loropatria, fra i quali merita ricordanza un Filippo Provenzale172 ch’opera ibassi particolarmente in eleganti rabeschi in legno, come scorgonsi nelseggio senatorio di Nicosia intagliati circa il 1665._________________________________

168 Giovanni Battista Li Volsi, scultore, nativo di Nicosia, attivo nel sec. XVII.169 Segue cancellata la parola: “reale”.170 Seguono cancellate le parole: “modellare e scolpire il modello del”.171 Stefano Li Volsi, scultore, nativo di Nicosia, attivo nel sec. XVII.172 Filippo Provenzale, scultore in legno, nativo di Nicosia, attivo nel sec. XVII.

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Nel secolo XVII fioriva anche Macario da Nicosia173 laico cappuccinoscultore ed architetto che fu caro a Francesco Bonavides Duca di S.Stefano, spagnolo che fu vicerè di Sicilia sotto Carlo II dà 29 novembre1678 sino agli 11 aprile 1687 e da lui fu adoperato come architetto secon-dario nell’immensa costruzione della cittadella di Messina e in altre for-tezze dell’isola nostra, essendo divenuto peritissimo nell’architettura mili-tare. Non sappiamo quali opere di scultura abbia fatto comecche dalBeritelli sia stato indicato come scultore.

E poiche ho trasceso a parlar del Macario come architetto militare diròin soggiunta che segnalaronsi pure in essa il nobiluomo Gutterra dellaValle174 barone di Valdora che il Beritelli rivendicò a Nicosia, essendo statocreduto, e annunciato palermitano dal Mongitore nella sua BibliotecaSicola175, poiché a lungo visse in questa città e morì nel 1725. Il Gutterrastanziando in Roma patria originaria di sua famiglia coltivò ivi gli amenistudii e le arti liberali, e particolarmente l’architettura civile e militare.Viaggiò indi per le altre città176 d’Italia per la Francia, e per diversi altriregni di Europa, ove contrasse amicizia con molti dotti, e si fè ammirareper estese cognizioni, pei suoi talenti poetici e la sua cultura nelle bellearti. Ritornato in Sicilia fu capitano di fanteria, e scrisse un compendio sul’arte militare, fu certo adoperato in opere di fortificazione, ma non sap-piamo quali fossero.

Luigi La Via177 anche nativo di Nicosia fu capitano de’ rr. eserciti diS.M. Ferdinando IV di Napoli, III di Sicilia e venne adoprato in variecostruzioni militari in quella metropoli, ed essendo per esse reputato valo-roso professore, fu scelto primo ingegnere di quel sovrano che regnò dal1759 sino al 1824 nel quale periodo visse Luigi La Via.

Gaetano Cipolla178 da Nicosia cappuccino acquisto nel secolo XIX talrinomanza in architettura civile che il tribunale del R. Patrimonio inPalermo, ove quegli stabilito avea il soggiorno l’adroprò in molte costru-zioni, e meritossi anche la carica di architetto regio ossia camerale._________________________________

173 Macario da Nicosia, scultore e architetto, attivo nel sec. XVII.174 Guttera Della Valle, letterato e architetto, nato a Nicosia (o Palermo) nel 1648 e morto nel 1725.Per la data di morte cfr. Giuseppe Beritelli, Notizie storiche di Nicosia… cit., p. 343.175 Antonino Mongitore, Bibliotheca Sicula… cit., v. 1, p. 267-268.176 Segue cancellata la parola: “provincie”.177 Per Luigi La Via e Beritelli cfr. Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti siciliani e agli ester-isoggiornanti in Sicilia da’ tempi più antichi fino al corrente anno 1838. Raccolte diligentemente daAgostino Gallo palermitano per formar parte della sua Storia delle Belle arti in Sicilia (Ms.XV.H.14.). Trascrizione e note di Angela Mazzè, Palermo, Regione siciliana. Assessorato dei Beniculturali, ambientali e della pubblica istruzione, 2000, p. 152-153.178 Gaetano Cipolla, architetto, progetta nel 1801 la porta di S. Francesco ad Alcamo.

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Brevi memorie sulla179 vita del pittore Michele Panebianco180

da Messina scritte da lui stesso nel 1865

Io nacqui a Messina il 20 dicembre 1806 da Cosimo Panebianco nati-vo da Aci Reale, e da Caterina Di Bartolo messinese, e fui battezzato nellaparrocchia di San Leonardo in Messina.

Sin da fanciullo ebbi la più grande inclinazione per l’arte del disegno, ecercai con tutte le forze dell’anima mia d’istruirmi in essa. Però in quel temposperimentandosi nel mio paese mancanza di bravi artisti, fui costretto dallanecessità ad imparare i primi rudimenti del disegno dal signor GiuseppeMiller, il quale non era altro che un professore di lingue, e di callegrafia, eche nello stesso tempo dilettavasi di fare qualche ritratto in miniatura.

Venuto in seguito il Subba in Messina cercai iniziarmi presso di luinella carriera dell’arte; ma non confacendosi col mio carattere, e col miomodo di sentire, il metodo adottato dal detto professore, decise di fare dame stesso, e di abbandonarmi a quel fuoco d’ingegno che il Buon Dio siera degnato concedermi. Per la quale cosa pregai il mio amico SignorCarmelo La Farina, che in quell’epoca s’avea la carica di prefetto dellaquadreria di Messina, perché mi permettesse l’ingresso nella stessa perstudiare quanto di buono si contenea. Infatti ottenuto il chiesto permessocolla più grande ansia di progredire nell’arte mi accinse allo studio deicapolavori della scuola messinese, facendo quanto meglio poteva e sape-va da me stesso, senza altra guida che la mia sola ispirazione.

Così durai per alquanti anni poi che il Municipio del tempo di questacittà, volendo mandare a spese comunali un giovane pello studio della pit-tura in Roma, aprì un concorso. Diversi giovani intelligenti del mio paeseintervennero alla nobile gara, e tra costoro io quantunque giovinetto, e dapoco esercitato nell’arte. Il Signore secondò i miei desiderii, vinse i mieicompetitori, e dopo poco tempo partii a spese del Municipio per Roma. Ivigiunto per mezzo del cardinale Gregorio ebbe l’accesso allo studio delCamuccini181, valoroso artista, e disegnatore correttissimo, il quale toltomida mano la tavolozza e i pennelli, mi fece ricominciare lo studio del dise-gno, e sotto la sua scuola severa ed altamente classica, fui in grado con-correre dopo sei mesi, dacchè era in Roma, ai premii pel nudonell’Accademia di San Luca in182 quella città nel quale ottenni il primo pre-_________________________________

179 Segue cancellata la parola: “mia”.180 Vedi nota n. 120, p. 310.181 Vincenzo Camuccini, pittore, nato a Roma nel 1771, ivi morto nel 1844.182 Segue cancellata la parola: “Roma”.

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mio. Contrassi in seguito amicizia coll’esimio artista mio compatriotacavaliere Natale Carta, il quale pieno di amabilità, e gentilezza mi avviònello studio della pittura, e sotto la sua direzione fece [!] i miei studii sulcolorito.

Da questo tempo in poi comincia la mia vita artistica, durante la qualeho fatto moltissimi lavori, e per classificare i quali fa d’uopo distingueretre epoche in cui la mia maniera di dipingere ha subito delle notevolimodificazioni secondo le svariate influenze dei miei maestri, e secondo icapolavori che ho indefessamente studiati.

La prima epoca incomincia dalla mia prima gita per Roma avvenuta nell’8gennaio 1828 e termina col mio viaggio per Venezia intrapreso nel 1845.

Durante questo periodo in tutti i miei lavori cercai sempre d’imprime-re una purezza, ed una severità nel disegno, e d’esprimere il concetto conquella robustezza, che ho potuto migliore; imitando la maniera pienad’energia, propria del mio maestro Camuccini, e cercai l’effetto piuttostonella forza, e nella purezza dei contorni, nell’armonia del chiaro-scuro,anziché nel colorito.

Le opere da me eseguite nel succennato periodo con figure grandi alvero sono le seguenti:

- Un sant’Antonio eremita per Aci reale - Un’Immacolata con una gloria di Angeli ai piedi pella chiesa del

Convento di San Francesco in Messina - La Madonna degli Agonizzanti per la chiesa dei PP. Crociferi in

Messina - Il sipario pel teatro La Munizione in Messina rappresentante i giochi

olimpici - Il Ritratto del Signor Duca di Sperlinga - Una grande tela con undici ritratti rappresentante l’intiera famiglia

del B.ne Pennisi di Aci Reale.Ho ancora eseguiti diversi lavori a mezza figura, che sono:- Una Vergine col Bambino Gesù fra sant’Omobono e san Gerolamo

per Reggio di Calabria - Un San Lorenzo, e una Santa Cristina per un paese di Calabria - Una deposizione dalla croce per un privato - Un Santo Rocco, e una Madonna della Purità per Aci Reale - Un’Immacolata, un San Paolo, e un San Bartolomeo per un privato - Il Samaritano lavoro eseguito, e che non giunse nel tempo stabilito

per un concorso aperto in Napoli, ma che in seguito spedito in Palermo fupremiato colla grande medaglia d’argento

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- Quasi un centinaio di ritratti mezze figure più o meno grandi del verodi diversi privati

- Due disegni originali a chiaroscuro ad acquarello premiati in Napoli,ed in Palermo nell’esposizione con medaglie d’argento, ed un terzo grandeeseguito collo stesso metodo premiato con medaglia d’oro, e d’argento.

Venuto l’anno 1845 partii per Venezia in cui mi condusse il desideriodi perfezionarmi nel colorito. Dalla partenza per quella monumentale cittàprincipia la seconda epoca della mia vita artistica, la quale termina col miosecondo viaggio per Roma avvenuto nel anno 1854. Arrivato colà contras-si amicizia col Gregoletti183 per mezzo del quale ebbi il libero accesso nellaveneta quadreria, in cui con tutto lo zelo possibile mi diedi a copiare icapolavori del Tiziano, di Paolo Veronese, e di tanti altri celebri artisti cheformano il decoro della scuola veneziana.

Imbevuto della maniera dei veneti pittori, ed educato a quelle loro tinteper quanto vaghe, altrettanto vere ritornai in Messina, dopo aver percorsole principali città italiane, e sotto l’influenza di tale scuola eseguii diversilavori, nei quali si rivela palpabilmente un sostanziale mutamento nellamia maniera di colorire. In seguito con Ministeriale dell’8 giugno 1852 fuinominato professore di disegno, pittura e nudo nell’Università di Messina.

Durante il periodo della succennata seconda epoca ho eseguito iseguenti lavori:

- Il ritratto del Cardinale Villadicani intiero, e grande al vero in cui hofatto lusso di colorito. La quale opera riuscì secondo il mio parere felicis-sima, ed in quanto a me la è una delle migliore opere da me fatte.

- Una natività di nostro Signore con figure grandi al vero.- Il grande sipario pel teatro massimo di Messina rappresentante

Gelone, che accorda la pace ai Cartaginesi, con figure più grandi del vero.- Una grande tela con numero sei ritratti delle figlie e ragazzino del

Principe Alcontres di Messina.- Un quadro con figure metà del vero rappresentante il riposo in Egitto

della Vergine col Bambino, e San Giuseppe, eseguito per il celebre PietroTenerani, per cui il sommo artista indirizzavami la seguente lettera:

“Signor Prof.re Panebianco amico pregiatissimo:Rispondo alle due stimatissime lettere da me ricevute negli ultimi di

dicembre, e ne’ primi giorni di gennaio p.p. Colla prima Ella mi dava lapiacevole notizia del quadro del Riposo in Egitto, che lei si è compiaciuto_________________________________

183 Michelangelo Grigoletti, pittore, nato a Rorai Grande di Pordenone nel 1801, morto a Venezia nel1870.

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eseguire per me, e che mi giunse in ottimo stato. Coll’altra si degnava,nella sua solita cortesia, esprimermi i suoi buoni auguri nell’occasione delnovello anno. Benchè si per l’una che per l’altra le abbia fatto dare precra-riamente [!] riscontro del signor Zagari, conosco bene che avrei dovutodarglielo io direttamente, ma per ragione di salute, come ben sa, e dellemolte faccende, ne fui impedito, onde su questo punto pregola di volermiscusare. In quanto al quadro, ha Ella saputo l’ottimo incontro che ha fatto,come dovea esserci senz’altro appresso coloro che l’hanno veduto, e mein particolare, ed il signor Minardi, il quale riconobbe che Ella anche intema religioso si è maestrevolmente informato allo stile ed al carattere chegli è propizio. Egli ne fa seco Lei i più sinceri rallegramenti; ma soprattut-to ne sono rimasto io soddisfatto quanto mai possa dirsi, e contento di pos-sedere questo prezioso ricordo della somma sua valentia nell’arte e dellasua pregiata amicizia. Su questo particolare sarebbe stato pieno ogni miodesiderio, qualora Ella si fosse piegato alla preghiera che le feci fare dalnostro Zagari, volendomi dare un cenno per mia regola per retribuirla diquel dispendio, e tempo, che da Lei detratto ad altre sue opere ha impie-gato per me in questo lavoro; ma posto che Ella nella sua delicatezza harimesso la cosa a me, io nell’intendimento solo di mostrarle in qualchemaniera la mia riconoscenza, e ben lungi dell’idea di sdebitarmi verso diLei delle mie obbligazioni, Le faccio tenere col mezzo del Signor Zagariscudi romani quattrocento, che pregola di accettare qual contrasegno, sic-come dissi della mia piena soddisfazione per suo egregio lavoro. Neltempo stesso però ne abbia ancora i miei ringraziamenti anche per quegliaugurii, che con tanta espressione d’animo volle manifestarmi per Capod’anno, auguri, che sebbene allora non Le ricambiassi, pure feci nel cuormio, e faccio sempre per la sua prosperità. Mia moglie La saluta, ed uni-sce le sue congratulazioni a quelle di tutti gli altri amici per la sua bel-l’opera. Carlo, figlio del Tenerani, non mai dimentico di quanto Ella hafatto per averlo iniziato nello studio del disegno la riverisce e ringrazia.

Mi comandi senza risparmio, e creda con alta stima invariabilmente.Roma 11 Febbraio 1859

Suo aff.mo e obb.mo amicoP. Tenerani”

E finalmente in detta seconda epoca dipinsi più di sessanta ritratti diprivati mezze figure più o meno grandi.

- Una Madonna col Bambino Gesù con figure metà del vero fatta pelvillaggio di Bordonaro sopra tavola.

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- Altra mezza figura grande al vero rappresentante la Vestale pelPrincipe di Castellaci.

- Un piccolo quadro dipinto sopra tavola rappresentante la SacraFamiglia pel B.ne Pennisi.

- Una replica del ritratto del Cardinale quasi intiero, con qualche modi-fica nel fondo per il M.se Moleti.

E tante altre opere per feste pubbliche, e per diverse occasioni.Ricevuta dal Municipio di Messina la commissione di un quadro di

grandi dimensioni, cioè di palmi 22 di lunghezza per 12 di altezza, rappre-sentante la compagnia dei Verdi, che difende l’Eucaristico Sacramentodella persecuzione dei Saraceni, ripartii per Roma, perché ivi studiassimaggiormente la composizione in discorso, e mi giovassi di tutti i mezziche offre quella metropoli per le Belle Arti.

Da questa seconda partenza per Roma, avvenuta nell’anno 1854, datal’incominciamento della terza epoca, la quale dura fino a questo giorno incui scrivo.

Pergiunto in Roma trovai l’arte grandemente progredita, e gli artisti diquell’epoca facevano già presentire nei loro lavori il sorgere di una scuo-la novella, che avrebbe tracciato, con un metodo del tutto originale all’ar-te una novella via, dischiudendogli un campo novello. Io studii [!] le operedi questi nuovi artisti, e le imitai in tutte quelle cose che a me parverobuone a seguire, e che si affacceano nello stesso tempo al mio sentimen-to. La qual cosa portò delle modificazioni nella mia maniera di dipingere.

I lavori da me eseguiti durante quest’ultimo periodo sono i seguenti:- La sopradescritta tela dei Verdi dipinta in Roma con figure più gran-

di del vero, che attualmente conservasi in Messina nel Gabinetto diMineralogia dell’Università di Messina

- Una Sacra Famiglia ed un Cuor di Gesù con figure grandi al vero ese-guiti in Roma per la Chiesa del Monistero di Santa Maria della Scala inMessina.

Per tutti e tre sudetti lavori, fui nominato mentre trovavami in Romanel 1855, virtuoso di merito nell’insigne congregazione dei virtuosi alPantheon.

Ritornato da Roma in Messina dipinsi le seguenti opere con figurequanto al vero:

- Sant’Agata nelle prigioni nel momento, che le appare San Pietro perAci Reale

- Due quadri per Barcellona Pozzo di Gotto rappresentanti l’unoSant’Eleuterio, e l’altro il Cuore di Gesù

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- Le stigmate di San Francesco per la chiesa del Monastero di SantaChiara in Messina

- Un quadro con figure metà del vero rappresentante la morte di SanFrancesco

- L’Olimpo nel momento che Aurora abbraccia Psiche, per un privato- Una deposizione dalla croce per Attolia villaggio di Messina- Un quadri di grandi dimensioni pel soffitto dell’Oratorio dei

Mercanti in Messina rappresentante l’Apoteosi di San Francesco- Tre mezze figure rappresentanti un Cuor di Gesù, un’Immacolata, un

San Giuseppe- Due quadri con figure metà del vero rappresentanti l’uno

l’Annunziazione della Vergine, l’altro San Giuseppe- La battaglia di Milazzo con figure terzine - Una Venere ed una replica della stessa metà del vero- Numero 20 ritratti mezze figure più o meno grandi del vero- Finalmente sto lavorando per Venetico un quadro con figure poco

meno del vero rappresentante un miracolo di San Nicolò- Una mezza figura grande al vero rappresentante un Cuore di Gesù per

un privato.Dalla lettura dell’elenco delle mie opere si rileva facilmente, che la

maggior parte delle stesse sono di genere religioso, ramo di pittura in cuimi ho sempre versato sin da principio della mia carriera, e per cui ho sem-pre avuto un’inclinazione particolare. Riguardo al disegno l’ho ritenutosempre, per come è, parte principale nella pittura, e mezzo efficace perchéun artista potesse ottenere l’effetto, che brama nella composizione, per cuinon è da recar meraviglia se ho posto tutte le mie cure per perfezionarmiin esso, e se la franchezza prodotta dal lungo esercizio, e la scrupolosaesattezza nell’incassare le figure delle mie composizioni, forma la caratte-ristica principale del mio184 stile nella pittura. Ho tanto indefessamente stu-diato questo ramo, ed ho acquistata tanta franchezza nel maneggio dellamatita, che un giorno ebbi il compiacimento di disegnare in meno di unamezz’ora fra una brigata d’amici, mentre trovavami ammalato a letto in unpezzo di carta più di 50 puttini, che dormivano in posizioni differenti; e ciòoltre a tanti lavori che al presente non mi ricordo, e a tanti altri eseguiti perAlbum di amici, e molti schizzi a matita fatti per mio esercizio.

Finalmente ho cercato per quanto hanno permesso le mie forze di man-tenere l’Arte nella sua matronale dignità a cui la chiama l’altezza della sua_________________________________

184 Segue una parola cancellata di cui si leggono solo le prime due lettere “ma=”

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missione, né mi sono mai servito di essa per accarezzare passioni di qua-lunque siasi genere. Mi ho sempre sforzato d’imprimere nella gioventùnascente, che attende allo studio dell’Arte, i più sani principi del Vero edel Bello, ed ho fatto e faccio quanto posso per progredimento dell’Arte,che ho sempre amato con tutte le potenze dell’anima mia.

Messina li 20 agosto 1866Michele Panebianco185

Quadri di Gius. Velasques186

In casa del M.se Vannucci in Palermo sopra porta e volta i fatti di Eneadesunti da Virgilio.

In MaltaNella chiesa di S. Paolo alla VallettaIl naufragio di S. Paolo, e l’arrivo in Malta gran quadroL’altro quadro S. Paolo quando guarisce dalla dissenteria il padre di

Pubblio [!] giacente in letto. Publio era governatore di Malta inviato da’Romani. Egli fu consacrato vescovo da S. Paolo, e morì martire in catene.

Notizia comunicatami da papa Nicola Bicera Parroco cattolico inMalta

Pietro Alberti187 pittore

Pietro Alberti nato in Erice l’anno 1778 da un calzolaio che era in vocedi valoroso meccanico, morto ivi nella fresca età di anni 22, mostrò sin dafanciullo tale un’indole da parer nato fatto per la divina arte di Raffaello;vasto cioè e fervido immaginare, organizzazione squisita sotto una ruvidascorza, sentimento del vero bello188 e una scintilla di quel fuoco sacro cheaccendendo il cuor dell’uomo, lo solleva sopra la schiera volgare. Sfornitoperanco di ogni istruzione, tracciava con mano pronta in quadri condotti oa penna o a matita i parti della sua bollente fantasia in modo da eccitar lamaraviglia nei riguardanti sotto la disciplina di un cotal Giuseppe_________________________________

185 Alle c. 60-65, testo a stampa di Antonio Picciotto, “Cenno artistico sopra un dipinto del ProfessoreMichele Panebianco”, Messina, Tipografia Ribera, 1866. Estr. dalla Gazzetta di Messina del 18 e 25luglio 1866.186 Vedi nota n. 6, p. 288.187 Pietro Alberti, pittore, nato a Erice nel 1781 e ivi morto nel 1802.188 Seguono cancellate le parole: “bello verace”.

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Pollina189, mediocre pittore e scultore ericino; apprendea in patria celeris-simamente i principii dell’arte. Fra gli aneddoti del suo genio precoce sinarra che un bel dì il suo maestro occupato nella dipintura di un quadro,non ponea mente a quello che il giovine Alberti si facesse dentro l’offici-na medesima. Da ultimo rivoltosi istintivamente, lo trovò arrampicatosopra sgabelli e sedie sul punto di condurre a fine con del carbone un qua-dro del Giudizio universale, di che aveva istoriato una intera parete.Attonito il buon maestro si guardava dallo scuoterlo, quasi temesse di nonveder compiuto190 quell’egregio lavoro, e come ei discese, corse con unoslancio irresistibile a serrarlo fra le sue braccia. Recatosi indi l’Alberti inTrapani ad apparare sotto il pittore Cutrona191, vi facea maravigliosi pro-gressi. Ben conscio a sé stesso di che immenso e multiforme sapere abbi-sogna colui che vuol procacciarsi gloria verace nella pittura, rivolgea conmano diurna e notturna i volumi dei classici, poeti, storici ed artisti.Studiava con trasporto in tutti i tempi, in tutte le ore, sotto ogni aspetto:nella primavera che schiude il sorriso dell’anno, allorchè la verzura è sìfresca, i fiori così svariati; nei campi coperti di messe, allorchè la brezzadel mezzogiorno sviluppa le larghe dorate ondulazioni; e in quelle tinteabbaglianti, vermiglie, di cui è colorato l’orizzonte al cadere di un giornod’estate. Nel verno poi l’imponente spettacolo del patrio monte, ora gre-mito di nebbia, ora di neve, la fioca luce dell’astro maggiore semivelato, itronchi anneriti e adusti della campagna, le acque spumose dei torrentiingrossati dalla pioggia, il baleno dei lampi, il rombo dei tuoni, lo schian-to delle folgori rapiano l’Alberti fuor di sé stesso. Non istancavasi egli maidi vedere e di osservare; i segni forieri della tempesta non lo sgomentava-no, non lo turbavano affatto, che anzi trovando la furia degli elementi necontemplava rapito in un’estasi taciturna gli orrori sublimi. Tutte le facol-tà dell’anima sua si esaltavano, entusiasmavano alle magnifiche scenedella natura. Venuto carissimo al col. marchese Agostino Cardillo, alloraPresidente del Regno, e cultore, non che mecenate delle belle arti e scien-ze, fu da lui raccomandato al sommo pittore Giuseppe Velasquez, in queitempi Precettore del nudo nella Università di Palermo. Nella metropoli diSicilia nostra correva a passi di gigante il difficile aringo del disegno, vin-ceva alla prova i suoi colleghi, e si meritava sempre egli solo i premi men-sili. E già arrivava ben presto al punto da metter da banda le sue matite permaneggiare il pennello. Già possedea molta correzione nei contorni, puri-_________________________________

189 Giuseppe Pollina, pittore e scultore, nativo di Erice, attivo nel sec. XVIII.190 Seguono cancellate le parole: “un’opera tanto solenne”.191 Vedi nota n. 40.

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tà nelle forme; ai quali pregi aggiunse bentosto la soavità del colorito, edei tocchi fini e morbidi. Per che il Velasquez fra una numerosa corona diallievi prediliggeva l’Alberti192. Nel disegno dei paesaggi e degli adorninessuno potea vincere o eguagliare il giovine artista ericino. Però è adolersi che pochissimi monumenti ci restino di quel senno preclaro. Lachiesiuola dell’Ex-fondo di Inici, pertinente al Cardillo, mostra ancoranelle sue pareti i freschi a stucco dipinti dall’Alberti, rappresentanti lavita di S. Paolo primo eremita. E questo bel lavoro lo faceva prima dicondursi in Palermo per apprendervi la pittura. Poscia che mal condottoin salute fece ritorno alla patria, dipinse colà con freschi a stucco la chie-siuola di S. Chiara. Conducea a lapis in soli 3 giorni un quadro mirabile,rappresentante l’apostolo S. Paolo che predica nell’Areopago di Atene,bella copia dell’unico Raffaello, e ne facea dono all’illustre famigliaPalazzolo ericina, da cui riconosceva nella sua carriera incitamenti e con-forti. Corre grido che il cel. Vincenzo Manno193, mentre in Erice ornava difreschi la chiesa di S. Martino, conosciuto il merito grande dell’Alberti,volesse dargli a sposa la propria figliuola, matrimonio, a cui il giovinepittore, innamorato unicamente dell’arte, si rifiutava. Gli schizzidell’Alberti, sorprendenti per l’invenzione, si conservavano dal prete eri-cino d. Carmelo Peraino194, buon paesista, stanziato in Palermo, ed ivi let-tore di disegno nel nobile Convitto delle Salesiane, e alla morte di essoPeraino passavano nelle mani di suo nipote Vito Alastra, buon pittoreanche lui. I sospiri dell’Alberti erano rivolti a Roma, sede e maestra dellearti belle, ove si struggea per desiderio d’ispirarsi a quei non periturimonumenti che chiamano lo straniero nella città eterna dei Cesari e deiPapi. Ivi la scintilla del suo genio volea prorompere, ivi brillare di tuttala sua luce. Ed oh! Se egli avesse potuto incarnare quel grande divisa-mento! La sua fervida immaginazione, l’esattezza del disegno, l’inarriva-bile celerità nel comporre, sposata allo studio dei capo-lavori dellaGalleria Romana, ne avrebbero fatto un sommo artista. Ma il cielo nonsecondò i voti dell’Alberti. Una consunzione ribelle a tutti gl’ingegnidella medicina lo rapia sul verde aprile degli anni alla speranza dellaPatria, cui già preparava tale un serto novello di gloria da non invidiarenè a Morreale il suo Novelli, né a Messina il suo Antonello, né a Trapaniil suo Errante._________________________________

192 Segue cancellata la frase: “e se non mentisce la fama, sceglieva l’Alberti a coadiuvarlo nella pit-tura del Duomo di Palermo”.193 Vincenzo Manno, pittore, nato a Palermo intorno alla metà del sec. XVIII, ivi morto nel 1821.194 Carmelo Peraino, pittore e intagliatore in legno, nato ad Erice, attivo nel sec. XIX.

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Pittura in Sicilia, e scultura in legno nel secolo XVIII

Francesco Ugdulena195 da Termini nato di agiata famiglia pria dellametà del secolo XVIII e morto o verso la fine o ne’ primi anni del seguen-te. Avea per diletto studiato la pittura in Palermo nella scuola del celebreVito d’Anna o de suoi migliori allievi i fratelli Manno196. Restituitosi inpatria l’esercitò generosamente, donando per lo più i suoi quadri a chiesedi monasteri e confraternite della sua patria e ritraendoni [!] complimentie forse la spesa di tela e colori. Più volte venne in gara col suo concittadi-no Alessio Geraci197, e lo superò per diligenza, per bel colorito ed effettoche col suo buon gusto si formò da se, abbandonando quello languido deManno; talchè il celebre Giuseppe Velasquez al guardare i quadridell’Ugdulena dicea: Se costui fosse rimaso a Palermo a studiare piu alungo avrebbe superato i Manno anche nel disegno e nella composizione.

Fra i migliori suoi quadri in Termini si additano quello198 di MariaVergine, e di199 S. Marco nel monistero della Concezione nella chiesa delCollegio di Maria la B. Vergine fra una turba di ragazze, S. Bartolomeo inatto di pregare Dio nella chiesa del titolare. Inferiori sono i quadri di S.Vincenzo di Paola che predica al popolo nella chiesa di S. Giuseppe200.

L’Ugdulena fu anche buono e diligente disegnatore a penna, e sculto-re in legno.

Nella chiesa del convento del Carmine in Termini avvi di lui la statuadella Beata Vergine di quella denominazione e in quella di S. Giacomo lastatua della Vergine addolorata col Cristo morto201.

Paesaggio in Sicilia nel secolo XVIIIFrancesco Politi202 e Gandolfo Ferrara203 da Termini

Contemporaneo e concittadino a Ferara e ad Ugdulena in TerminiFrancesco Politi che riuscì buon paesista a tempera e ad olio di cui molti_________________________________

195 Francesco Gregorio Ugdulena, pittore, nato a Termini nel 1730 e ivi morto nel 1792.196 Antonio, Vincenzo, Francesco e Salvatore Manno, pittori palermitani attivi tra il XVIII e il XIXsecolo.197 Alessio Geraci, pittore, attivo nel secolo XVIII.198 Seguono cancellate le parole: “della Concezione”.199 Seguono cancellate le parole: “di S. Bartolomeo orante”.200 Segue cancellata la frase: “S. Bartolo in atto di orare pria del martirio, nella chiesa del titolare”.201 Seguono cancellate le parole: “su le ginoc”.202 Francesco Politi, pittore, attivo nel secolo XVIII.203 Gandolfo Ferrara, pittore, nato a Termini nel 1766 e morto intorno al 1830.

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si conservano nella casa de’ particolari. Poco dopo vivea204 GandolfoFerrara dilettante che schizzava con diligenza paesi a penna di cui io, neho alcuni. Egli morì vecchio.

Artisti Termitesi del secolo XVIIIFrancesco Ugdulena205

Statue Maria del Carmelo a conventoAddolorata con il Cristo morto nelle gambe in S. GiacomoQuadri nel monastero di S. ChiaraConcezione * e S. MarcoColleggio di Maria la Vergine con educande ragazze*In S. Giuseppe S. Vincenzo de Paula che predicaIn S. Bartolo per il detto Santo in adorazione*

notizie datemi da Andrea Sottile pittore Terminese

Francesco Pulito206 paesista207

Pittura in Sicilia nel secolo XIXSalvatore Ajello208 da Palermo

La pittura del paesaggio, e di genere d’ogni maniera era stata trascura-ta in Sicilia sino al cominciamento del secolo XIX.

Pel paese appena accennavasi un Onofrio Lipari209. BenedettoCotardi210 napoletano buon pittore adornista trattava qualche volta nellevolte e nelle pareti de’ palazzi il paese, fiori e frutta, ma sempre di fanta-sia con facilità e deboli tinte. Con miglior gusto di colore e maggior gra-zia successe al Cotardi Raimondo Gioia211, anche napoletano, e indi il suoscolare Giulio Bonomo da Palermo, e indi il suo concittadino Giuseppe_________________________________

204 Segue cancellata la parola: “fra”.205 Vedi nota n. 195, p. 339.206 Vedi nota n. 202, p. 339.207 A c. 71v: “All’Onorevole Cittadino Sig. D. Francesco Sottile delegato capo in Marsala”.208 Salvatore Aiello, pittore, nato a Palermo nel 1801 e morto nel 1865.209 Onofrio Lipari, pittore, nativo di Trapani fu attivo nel secolo XVII.210 Benedetto Cotardi, pittore napoletano, a Palermo operò tra il 1775 e il 1818.211 Vedi nota n. 32, p. 295.

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Tripi212, vivente, egregio adornista e buon paesista. Ma su tutti elevossi neldipinger paesi Andrea Martino213 nato in Palermo da madre siciliana e dapadre francese. Andrea riusciva anche nella figura e nel ritratto scolare delcelebre Benvenuti; ma prescelse il genere dei paesi, nel quale non fu supe-rato da alcuno.

Il cav.r Giuseppe Patania214 palermitano onnigeno pittore e celebre ne’quadri di storia, e nei ritratti, pennellegiò il primo con verità e grazia ilpaese, spesso di sua invenzione, ed eseguì per commissione dal marcheseGiuseppe Merlo un quadro di caccia uccellanea, altro di pesci, altro difrutta, e un quarto di fiori, che furono riguardati come meravigliosi. Allorasi eccitò una gara fra molti e si divisero la pittura del paese il p.Arcangelo215 cappuccino e Andrea Sottile216, e quella di genere Tripi, diMartino e Salvato [!] Aiello che frequentavano la sua scuola e col vederlodipingere i paesaggi, e i quadri del Merlo divennero suoi imitatori.

L’Ajello scelse in particolare il genere della frutta e vi riuscì egregia-mente e riportò premj nella nostra esposizione di belle arti e fu suo compe-titore ma inferior di merito il dilettante barone Melchiorre Pisani217. L’Ajellonel paese, e ne’ fiori218 non acquistossi egual reputazione che nella frutta.Egli morì di anni 64 di polmonite acuta agli 11 novermbre 1865. Era d’in-dole buona e pacata sottili nell’economia, e diligentissimo ne’ suoi lavori.

D.n Salvatore Ajello pittore di frutta premiato con diverse medaglie,morì la notte degli undici novembre 1865 in età di sessantaquattro anni.

219Opere pittoriche di Vincenzo Riolo220

Grande affresco nel palazzo del principe di Villafranca – La caduta diFetonte.

Altro nel palazzo del Duca di Cannizzaro ora del cav. Galletti.Altro nella casa del Bne Pietro Coglitore e suo ritratto al naturale.Figure cinesi ad olio nel palazzo del pricipe di Palagonia.Pitture ad olio presso il principe di Pandolfini.

_________________________________

212 Vedi nota n. 29, p. 295.213 Vedi nota n. 124, p. 312.214 Vedi nota n. 11, p. 289.215 Padre Arcangelo da Palermo, cappuccino, nato a Marsala nel 1786, morto a Palermo nel 1849.216 Seguono cancellate le parole: “il barone Melchiorre Pisani”.217 Melchiorre Pisani, pittore, nato a Palermo nel 1787e ivi morto nel 1840.218 Seguono cancellate le parole: “fu inferiore”.219 Precede cancellata la parola: “Contrapponghi”.220 Vedi nota n. 27, p. 294.

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Figure cinesi nel R. palazzo della Favorita.Figure ad olio nel palazzo già della principessa di Montevago ora della

duchessina di Serradifalco.Pitture ad olio dipinte in competenza col Velasquez nel palazzo del

principe di FitaliaUn filosofo che legge un papiro al lume di notte presso D. Agostino GalloIl bozzetto di Orlando Furioso e un piccolo ritratto di Rubens e un altro

bozzetto Gesù Cristo con la Samaritana221

Pittura siciliana secolo XIXAgostino Martines222 da Palermo

Due disegni ad acquerello uno che sembra originale è rappresente laSacra Famiglia e l’altro copiato da S. Rovetti rappresentante223 laSperanza, l’Amore e Venere che spennacchiano e acciuffano il tempoentrambi da me posseduti e condotti con diligenza, nel primo dei quali èsegnato Agostino Martines Pan s. delineavit 1806 nell’altro AugustinusMartines delin. 1803 mi han fatto conocere questo pittore o dilettante cheio ignoravo. Dallo stile del disegno della Sacra famiglia argomento ch’egliappartenne alla scuola dei fratelli Manno, che fu numerosa di allievi fra iquali il Coppolino e il Salpietra che prima avevano studiato col celebreVito D’Anna comune maestro coi Manno ed224 erano stati di ajuto ald’Anna nel condurre il grande fresco della cupola del SS.o Salvatoreessendo quegli gravemente attaccato di tisi onde poco dopo morì.

Il Martines forse fu anche uno degli ajuti in quella celebre dipintura, ilcui cartone con l’immensa composizione era stato lavorato dal D’Anna.

Pittura in Sicilia verso la fine del secolo XVIIIAlessio Geraci225, e Francesco Ugdulena226 da Termini.

Questa città che fu patria ad entrambi ha avuto ne’ suoi figli vari cul-tori di belle arti, che noi abbiamo rammentato secondo l’ordine de’ tempiin cui vissero. Riuniamo ora il Geraci e l’Ugdulena entrambi essendo com-paesani e coetanii._________________________________

221 Seguono le parole: “Al Sigr Gallo”. A c. 74v a stampa: “Il Socio Segretario Giulio Strina”.222 Agostino Martines, pittore palermitano, attivo nel secolo XIX.223 Seguono cancellate le parole: “le Grazie e la Fama”.224 Segue cancellata la parola: “avevano”.225 Alessio Geraci, pittore, nato presumibilmente a Termini Imerese, attivo nel secolo XVIII.226 Vedi nota n. 195, p. 339.

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Il primo fu allievo in Palermo della scuola fondata dall’egregio fre-scante Vito D’Anna di cui abbiam fatto onorata menzione e alla sua mortesostenuta con minor plauso dai fratelli Manno.

Dopo il tirocinio ritiratosi il Geraci in patria dipinse molti quadri perle chiese della stessa e pe’ privati, seguendo sempre lo stile, e spessocopiando le composizioni di quell’insigne capo scuola, e più ravvivando-ne talvolta il colorito, come in quello di S. Ferdinando di Castiglia neltempio del R. Castello, atterrato con la fortezza nella rivoluzione del 1860.

Egli era buon frescante sull’esempio del D’Anna e dipinse in quellamaniera le Anime del Purgatorio nella volta del tempio di S. Orsola quasicopiando l’egual soggetto da quello dipinto in S. Matteo in Palermo.

Condusse a olio il quadro dell’Angelo Custode nella chiesa dellaNunziata in Termini, ed ivi S. Agata in quella di Gesù e Maria, e S.Bartolomeo nella Gancia. Il miglior suo quadro è forse quello sulla mortedel B.to Agostino Novelli nella Parrocchia.

Rapportasi che il Geraci penuriasse con la sua famiglia poco ritraendodalla pittura nonostante che fosse sollecito ed operoso e molti quadri ese-guisse per varie chiese dell’interno dell’isola. Ma ciò fa credere che si con-tentasse per bisogno di discretissima mercede. Dicesi che il padre Fedeleda S. Biagio, cappuccino e fecondo pittore anch’egli richiesto una volta didipingere un quadro da chiesa avesse detto a chi ne avea l’incarico: Andatedal Geraci e ve lo dipingerà bene se lo pagherete bene, a me non occorredenaro essendo un frate provveduto di tutto dal mio convento e trovando-mi occupato sempre a dipinger quadri per le chiese della mia religione.

L’Ugdulena poi che era agiato attendea la pittura più qual dilettanteche professore e spesso donava i suoi quadri alle chiese ai particolari otte-nendone regali o ringraziamenti. Egli dipingeva più per l’amor della glo-ria che pel guadagno. Le sue migliori sono le seguenti: ***.

Il Geraci cessò di vivere in prolungata età verso la fine del secoloXVIII o nel cominciamento del seguente e l’Ugdulena ***.

Secolo XIXPittura e vasi fittili moderni imitanti i greco-sicoli

Libertino Cardella227 nacque in Girgenti o negli ultimi anni del secolo_________________________________

227 Libertino Cardella, pittore, nato ad Agrigento nel 1778, vivente nel 1845, non si conoscono luogoe data di morte.

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XVIII, o nei primi del seguente. Avviatosi nella carriera ecclesiastica, edeccitato intanto dall’amore per le belle arti recossi in Palermo e vi fu allie-vo del celebre pittore Giuseppe Patania sotto la direzione del quale nonsolo progredì nel disegno figurativo, ma cominciò a dipingere e a copiarbene i quadri del maestro, imitandone il colorito. Ritornato in patria dies-si alla composizione di storie sacre e profane. I suoi dipinti per quanto fos-sero graditi non gli apprestavano mezzi di sussistenza.

All’occasione dell’arrivo in Girgenti di S.E. Pietro Ugo marchese delleFavare Luogotenente generale in Sicilia volle offrirgli un suo quadro diargomento istorico per procacciarsene la protezione e difatto in seguitogiovogli, come vedremo. Io osservai quel quadro nel palazzo del marche-se Ugo, e indovinai che l’autore era stato allievo del Patania per la somi-glianza del colorito.

La protezione di quell’alto personaggio essendogli allora tornatainfruttuosa, e scorgendo il Cardella che i suoi quadri o non eran ricercati,o meschinamente pagati imprese a speculare d’imitar gli antichi vasigreco-sicoli de’ quali in Girgenti molti si eran disotterrati e o veniva a granprezzo comprati dagli stranieri ed alcuni conservavansi da intelligentiamatori del paese.

Dopo diligente studio sulle svariate forme dagli antichi fittili, cavandode migliori i disegni delle figure anche dalla incisione dell’opera diAmilton228 e di altra che ne accompagnano le illustrazio [!], giunse ad imi-tarne la leggerezza col decantare la creta, e l’eleganza delle forme deline-andovi esattamente le figure. Però non pote mai il segreto della vernicenera degli antichi, si aderente alla creta e sempre lucida che si osserva neifondi de’ vasi, e che i chimici stessi non hanno saputo finora indovinare.Ma il Cardella vi supplì con vernice a spirito, che è poco durevole e facil-mente sfregata collo spirito si toglie, laddove l’antica resiste. Nulla dimanco quella speculata dal Cardella illudeva per modo da ingannar sinanco i conoscitori che non facevano l’esperimento dello spirito.

Molti vasi si fattamente imitati fece e vendette a gran prezzo a’ fore-stieri che li credevano antichi.

Raddoppiando studio e diligenza ne modellò uno di straordinaria gran-dezza e vi delineò più ordini di figure con la maggiore eleganza, talchèinorgoglitosi della riuscita dell’opera, che riguardava come suo capolavo-ro, ad imitazione de’ pochi229 pregevoli antichi, su cui l’artefice scriveva il_________________________________

228 William Hamilton, Pitture de’ vasi antichi posseduti da sua eccellenza il sig. cav. Hamilton...Edizione prima fiorentina, Firenze, presso la Società Calcografica, 1800-1803, 4 v.229 Segue cancellata la parola: “più”.

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suo nome, anche il Cardella volle segnarvi il suo in minutissime letteregreche e lo confinò in un canto ov’era poco visibile.

Quel vaso creduto greco-sicolo da un ricco inglese e da lui comprato arilevantissimo prezzo, fu230 trasferito in Londra, ed esposto all’ammirazio-ne de’ conoscitori, che lo giudicarono opera insigne antica, senonche un diloro più diligente, vi scoprì colla lente un nome in greco, e però lo credet-te di maggior pregio; ma al leggere il nome Cardella, l’inglese che l’aveacomprato avvertì ch’era quello del venditore ch’egli per memoria aveanotato nel tacuino. Allora s’accorse dalla fraude, e dopo alquanti mesiritornò di proposito in Girgento col vase, e recatolo in casa del Cardella,gl’impose con minacce di riprenderselo e restituirgli il denaro, e ciò dovet-te eseguire l’artista senza replica.

Il Cardella nonostante queste231 geniali occupazioni, dopo il 1820 s’im-picciò in una setta liberale, e fu arrestato e condotto a Palermo, racchiusoin rigidissimo carcere nel nostro castello, ove per le incontrastabili provetemea, come tanti altri di dover essere fucilato; ma un bel giorno, ricerca-to nel carcere per essere interrogato dalla Commissione militare, eradisperso fu creduto allora che ciò era avvenuto per la potente secretainfluenza del marchese Ugo, memore del merito di quell’artista, e di ciò èpur giusto applaudirlo.

Il fugitivo Cardella non si sa ove siasi recato, né mai si è avuto piùnuove di lui. Convien supporre ch’egli sia morto in estero paese ove rifug-giosi; perocche nelle successive rivoluzioni dal 1848 a 60 non fece piùritorno, come con sicurezza il potea, in Sicilia.

Notizie storiche in Palermo

Nella chiesa di Monserrato a Palermo si osservano molte pitture diPietro dell’Aquila232 sì affresco che ad olio.

Fra quelle233 ad olio si osservanoS. Benedetto che sale in cielo con due angioli e sotto vari monaci del-

l’ordine Benedettino.Altro suo quadro ad olio dell’altare di contro rappresentante la

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230 Seguono cancellate le parole: “da lui”231 Segue cancellata la parola: “artistiche”.232 Pietro Dell’Aquila, pittore e incisore, nato a Palermo (o a Marsala o a Mazzara) intorno al 1630 emorto ad Alcamo nel 1692.233 Seguono cancellate le parole: “a fresco”.

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Madonna col Bambino S. Gregorio Magno e la chiesa Romana in unanobile e dignitosa donna.

In S.ta Cita havvi un intera cappella nel Tè a man234 destra di chi entraa fresco dello stesso dell’Aquila.

Nella chiesa del Monistero di S.ta Teresa nel cappellone vi sono duesuoi grandissimi quadri ad olio, cioè, il padre che abbraccia il figlio pro-digo pentito ed altro rimpetto di sacro argomento.

Nel palazzo del principe di Cutò vi erano moltissimi quadri ad olionelle sovraporte e a fresco nelle volte, e fra questi il ritratto del celebrecapitano e letterato Giovanni Filingieri, sinatore di Roma.

Nella chiesa di S. Pietro martire vi sono quattro quadri ad olio di sacroargomento riguardati come belli fra le sue dipinture. Egli si esercitò inRoma nell’incisione ad acquaforte ed a bulino insieme col suo fratelloFrancesco235, ritraendo gran parte degli antichi monumenti. Le sue tavolein rame sono molto pregiate.

<Giuseppe Patania>236

Da Giuseppa D’Anna cugina del celebre pittore Vito D’Anna e daGiacinto Patania oriundo da Aci Reale nacque in Palermo sul bastionedello Spasimo Giuseppe a ***. Suo padre sarto di professione, e la madrelevatrice poco si occupavano dell’educazione del giovinetto; ma l’avamaterna per nome *** e Antonina Benevires sorella del padre se ne diede-ro la briga, e l’avviarono alle pubbliche scuole ove poco profittò, occupan-dosi in preferenza a modellar figurine in creta. La zia Antonina volendosecondare la inclinazione del nipote l’introdusse presso un modellatore difigure di Desir per nome Mariano nel cui studio rimase per due anni dedi-to più presto a’ suoi servizi domestici che ad altro. Lavorava bensì allaforma delle piccole foglie di quercia, e di soppiatto faceva delle figure. Ilsuo maestro intanto scorgendo che il giovane allievo mostrava de’ talenti,ed essendo geloso della sua professione lo mandò via.

L’ava allora gli procurò un introduzione nello studio di pittura delVelasques per mezzo dell’architetto Attinelli.237

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234 Segue cancellata la parola: “sinistra”.235 Francesco Faraone Dell’Aquila, incisore, nipote di Pietro Aquila, nato a Palermo nel 1676 ca., atti-vo a Roma dal 1690 al 1740.236 Vedi nota n. 11, p. 289.237 Sulla c. 80r: “Patania”.

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Pittura sicilianaPietro Ruzzolone238 da Palermo

Secolo XV

Di Pietro Ruzzolone pittore palermitano aveva fatto encomî il p.Amato nell’opera sua De principe tem. Pan.239 come uno dei miglioriseguaci dello stile raffaellesco e il Mongitore nel suo manoscritto degliartisti siciliani240 li aveva ripetuto, ma né l’uno né l’altro riflettè cheRaffaello nacque quando il Ruzzolone era già pittore provetto e quindinon potè egli seguire lo stile; ma piuttosto quello241 di Pietro Peruginomaestro del Sanzio. Laonde fu dal Ruzzolone adottato nella sua242 gio-vinezza e che era altronde conforme243 alla prima maniera di Raffaello,come ho osservato in Perugino così puossi tra loro in alcune parti incon-trarsi244 qualche somiglianza di pennello. Mongitore accenna che delRuzzolone eravi un quadro nell’altare maggiore della chiesa di S. Pietromartire in Palermo rappresentante il titolare e dipinto sopra legno.Avendone io fatto ricerca mi fu detto che da’245 precedenti confrati nonsono molti anni fu convertito in un tavolino pei superiori. Altri suoiquadri col suo nome non ho potuto incontrare in questa città, forseavvene qualcuno246 anonimo tra molti che abbiamo nella chiesa e nellagalleria della R. Università che nello stile mostrano appartiene a quel-l’egregio artista l’andamento pittorico del secolo XV. Però dobbiamoalla diligenza e alle cognizioni pittoriche247 del cav. Di Micheli di avereincontrato e verificato con un contratto del 1483 di essere stata dipintacon molte sacre figure una magnifica e grande croce pel Duomo diTermini248. Altra alquanto variata nella figura ne fu da lui scoverta inCaccamo nella chiesa di S. Francesco._________________________________

238 Vedi nota n. 1, p. 287.239 Giovanni Maria Amato, De principe templo Panormitano libri 13… Panormi, ex typographiaJoannis Baptistæ Aiccardo, 1728. L’elogio non è di Amato, ma di Francesco Baronio Manfredi, Demajestate Panormitana libri IV, Panormi, apud Alphonsum de Isola, 1630, lib. 3, p. 102.240 Antonino Mongitore, Memorie de’ pittori, scultori… cit., p. 136 corrispondente al f. 225 del mano-scritto conservato nella Biblioteca Comunale di Palermo ai segni QqC63.241 Seguono cancellate le parole: “la maniera”, “quello”.242 Segue cancellata la parola: “prima”.243 Seguono cancellate le parole: “a quella di Raffaello. Laonde”.244 Segue cancellata la parola: “conformità”.245 Seguono cancellate le parole: “gli antichi”.246 Seguono cancellate le parole: “di quei”.247 Segue cancellata la parola: “artistiche”.248 Ignazio De Michele, Sopra un’antica croce … cit.

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Del Ruzzolone vi sono opere segnate fino al 1520 quando appuntomorì Raffaello.

Or supposto che il Ruzzolone quando dipinse la croce di Termini, cioè,nel 1483 avesse almeno 25 anni di età essendo quell’opera di artista249 pro-vetto dovette egli nascere verso il 1455 e morire oltre i 75 anni, perocchènel 1520 dipingeva ancora.

Ed essendo egli nativo di Palermo recar deve meravigliar di non250 tro-varsi suoi quadri nelle nostre chiese essendosi barbaramente devastatoquello di S. Pietro martire come dissi251 e all’incontro alcuni essersene rin-venuti nelle altre chiese delle subalterne città dell’Isola nostra.

Quale essere potè la ragione di ciò, credo io poterla indovinare.Dopo il 1520 era ritornato in Palermo sua patria il celebre Vincenzo

Anemolo252 che frequentato avea la scuola di Raffaello e imitato il colo-rito dei veneziani e il chiaro scuro di Leonardo da Vinci; onde era riusci-to nel disegno delle teste, nell’estremità e nei panneggiamenti pittor raf-faellesco dell’ultima maniera e assai miglior pittore del Ruzzolone cheriteneva ancora253 l’antico far peruginesco. Tutt’i lavori della capitalefurono quindi affidati ad Anemolo e al Ruzzolone rimasero quelli dellealtre città subalterne254, sembra bensì che costui abbia migliorato nelcolorito dopo il ritorno in Palermo d’Anemolo, perocchè mi è stato rife-rito dall’intelligente cav. Di Michele che le figure della croce istoriata diCaccamo abbiamo un colorito più vivace e gustoso di quelle della crocedi Termini.

In ogni modo il Ruzzolone fu certo uno dei migliori pittori255 che nelsecolo XV si possono vantare tra i nostri. L’anno di nascita, e di morte diPietro Vannucci, detto il Perugino (1)256, bene si accordano con l’età delRuzzolone ed è probabile ch’egli avesse frequentato la sua scuola o neabbia studiato i dipinti, talchè il suo stile come mi è stato assicurato dalcav. Di Michele sente del Perugino._________________________________

249 Seguono cancellate le parole: “un uomo”.250 Segue cancellata la parola: “riscontrarsi”.251 Seguono cancellate le parole: “trovandosene alcuni in quelle delle città del regno”.252 Vincenzo Anemolo è da identificarsi con Vincenzo degli Azani da Pavia, detto anche VincenzoRomano, pittore nato a Pavia nell’ultimo ventennio del Quattrocento e morto a Palermo nel 1557. Ilcognome Ainemolo o Anemolo è riferito dal Mongitore, sulla base della testimonianza del cappella-no della Confraternita di San Pietro Martire, cui il pittore pare appartenesse.253 Seguono cancellate le parole: “la maniera”.254 Seguono cancellate le parole: “e pare”.255 Segue cancellata la parola: “siciliani”.256 A c. 81v nota in calce: “(1) nacque nel 1446 e morì nel 1524.”

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Francesco Zerilli257 da Palermo pittore paesista

Francesco Zerilli nacque in Palermo da un Giuseppe e da una donna dicui ignorasi il nome verso il 1793. Il genitore era cameriere del monisteroed ospizio dei Benedettini e scorgendo l’inclinazione del giovinetto per lapittura l’avviò alla scuola del celebre cav. Giuseppe Patania.

Questo insigne professore può riguardarsi come onnigeno pittore diquadri di storia, di ritratti e anche di paesaggi. Egli fu il primo, a vero dire,che trattò questo genere con buon gusto e verità e fedele imitazione dellabella natura. Nella sua prima gioventù quando non era oppresso da maliche gl’impedivano di uscir di casa ritraeva dalle amenissime campagnede’ dintorni di Palermo schizzi a matita e ne aveva riempito i suoi cartolo-ni e così pure di animali. E ritenendo le tinte di memoria o pure per accen-ni dipingeva ad olio i suoi paesi raccozzando le varie parti dei diversi sitiche avea ricavato ne258 dipingeva ad olio paesi259 che mostravano una bellaoriginalità, ma260 tutta ricavata da natura. Il Patania fu felicissimo e svaria-to nel grandeggiare nella degradazione dei mari e dei monti261 ed arieggia-re nelle acque brillanti di luce, nelle rupi e ne’ tronchi di alberi talchèacquistossi al suo tempo pure gran fama come buon paesista oltre quellageneralmente più consentita di felice inventore ne’ ritratti ne’ suoi schizziistorici e nell’esecuzione dei piccoli quadri a cavalletto e segnatamente perla grazia e vivacità dell’esecuzione.

Il giovane Zerilli che per genio era trascinato più al paese che alla figu-ra guardava attentamente le opere del maestro in tal genere, che ne diven-ne imitatore; come lo fu anche il cappuccino *** e Giuseppe Tripi egregiopittore ornamentista.

Il Zerilli bensì che intendea più di proposito a trarre vantaggio dalpaese come sua sussistenza preferì a’ colori ad olio quelli più pronti a tem-pra e disegnò tutti i contorni di Palermo anche la topografia a volo diuccello o in prospetto dal mare; talchè col corredo di questi disegni abboz-zati in colori a gomma e poi ricopiati in grande con somma abilità adesca-va i nazionali e principalmente gli stranieri esponendoli nel suo studio apian terreno vicino Porta Felice. Bentosto fu affollato di vendite e di com-missioni, perocchè i suoi paesi ritraevano fedelissimamente le nostre belle_________________________________

257 Francesco Zerilli, pittore, nato a Palermo nel 1794 ed ivi morto nel 1837.258 Segue cancellata la parola: “formava”.259 Segue cancellata la parola: “originali”.260 Seguono cancellate le parole: “faceva secondo”.261 Al margine cancellate le parole: “a diversità dell’aria”.

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scene campestri, la veduta deliziosa della marina di prospetto a Palermo eanche l’insieme della città,262 osservata dalla strada e da’ punti eminenti diMorreale. Nella diligenza maneggiò delle tinte adattabili a’ diversi ogget-ti e nella grazia era egli insuperabile e gareggiava col suo maestro Pataniase non che adoprando costui i colori ad oglio e lo Zerilli quelli più variatie più brillanti a gomma nelle cassettiere inglesi adescava più gli occhi, tal-chè in molti anni dell’esercizio dell’arte sua visse agiatamente.

Dicesi ch’egli263 frequentasse la scuola di Vincenzo Riolo,264 che pureavea tentato di maneggiare ad olio il paese, nonostante che265 era ottimo edenergico figurista ed era entrato in emulazione col Patania nel paese sin daquando il Ch.o giureconsulto Dr. Vincenzo Gagliano fe’ dipingere alcunipaesi al Riolo ed altri al Patania. Ma gli uni e gli altri volle che fosseroornati di figure istoriche. Il Zerilli si avvide che Patania superava il Riolonel paesaggio e seguì più da vicino lo stile del pittore266. Egli sciagurata-mente fu una delle numerose vittime del fatale colera del 1837 in Palermo,ed era appena giunto florido e robusto al 44° anno di sua età.

Io ne feci copiare il ritratto dal Patania per la mia collezione degli illu-stri siciliani che riuscì somigliantissimo e ben dipinto come gli altri,ch’egli eseguimmi.

Sulle arti in Sicilia del sec. XIXscultori e incisori trapanesi

D.n Michele Laudicina267 trapanese fu in Vienna, ed ebbe commessadall’imperatore l’incisione in pietra dura del suo ritratto e dell’imperatricecollocati sulle ali dell’aquila imperiale. Questa incisione si conserva nelmuseo di Vienna.

Lo stesso artista fece il ritratto del re Francesco ed Elisabetta su duecornacopie, e con un caduceo nel centro che sostiene la corona. E’ soprasardonica.

Di Tipa268 il cavaliere Fardella Ripa ha un bellissimo Cristo, e la prin-_________________________________

262 Segue cancellata la parola: “veduta”.263 Segue cancellata la parola: “pur”.264 Seguono cancellate le parole: “eppure avea”.265 Segue cancellata la parola: “prima”.266 Segue cancellata la parola: “Patania”.267 Vedi nota n. 41, p. 297.268 Andrea Tipa, nato a Trapani nel 1725, ivi morto nel 1766, scolpì in marmo e legno, ma anche inavorio, ambra, conchiglie, alabastro e pietra.

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cipessa Pignatelli la presentazione dei Magi con figurine di quattro polli-ci. Sono di avorio.

Giuseppe Scudieri269, trapanese, valoroso scultore di figure in ala-bastro e in legno, morto nella età di circa anni quaranta in agosto 1820. Inun momento di delirio lanciossi dalla sommità della sua casa. Lavoròmolte opere pregevoli, fra le quali in legno una statua della Madonna diTrapani, che si conduce processionalmente ogni anno in quella città, ed inalabastro un Mercurio di due palmi circa in atto di lanciarsi a volo, forseimitato da quello di Gian Bologna.

Un Moisè in selce di circa un palmo e mezzo. Castore e Polluce inmarmo, circa due palmi e mezzo. Il Moisè esisteva in Marsala presso mon-signor Spanò.

Questo artista fu maestro elementare di figura dell’incisore D.n PietroBordino.

Vitta270, trapanese, spedito dalla sua comune in Roma per impararel’incisione pochi anni prima del 1836. Fece molte opere a bulino, che furo-no graditissime ai conoscitori.

Nel cominciamento del secolo XIX fiorirono un certo Genovese271 dicognome; ma nativo di Trapani. Fu educato in Roma nella scultura a buli-no sì per la figura che per gli ornati. Protetto dal suo concittadino genera-le Fardella allora ministro di guerra in Napoli ottenne ivi l’impiego di inci-sore nella R. Topografia e molti lavori fece per la medesima e altri in par-ticolare anche di figura che per la diligenza furono ammirati. Egli segna-lossi bensì nell’incidere fiori come ho potuto osservare in un piccolo festo-ne di essi che adorna il nome del suo mecenate Fardella per biglietto divisita che ei lasciava di gusto squisito272.

Osservazioni del p. Carmelo Narbone […] ex gesuita professore difilosofia e belle lettere morto di circa anni 63 nel 1860

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269 Per Giuseppe Scuderi cfr. Agostino Gallo, Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte dell’incisione…cit., p. 257.270 Per Giuseppe Vitta cfr. Agostino Gallo, Notizie intorno agli incisori siciliani diligentemente rac-colte da Agostino Gallo (Ms. XV.H.16.). Trascrizione e note di Angela Anselmo e Maria CarmelaZimmardi, Palermo, Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblicaistruzione, 2000, p. 121-122.271 Per Michele Genovese cfr. Agostino Gallo, Notizie intorno agli incisori… cit., p. 121.272 Incollato a piè di pagina il biglietto da visita del generale Fardella su cui è scritto: “Genovese fuvalente incisore in rame. Nacque in Trapani. Lavorò nella Tipografia Reale di Napoli, nella quale fuimpiegato per opera del generale Fardella”.

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Corpo deposto273

del r.p. Alessio Narbone della Comp. di Gesù274

Nato in Caltagirone, l’agosto del 1789, da pii consorti il dottore inmedicina d.n Giuseppe e d.na Carmela Blandini, par succhiasse col lattel’amore alla275 virtù ed alle lettere del che col crescer degli anni dava proveognora maggiori, infinchè nel 1806, abbandonato il mondo, venne inPalermo, ove, da pochi anni in fuori, visse per sempre, per entrare nellaCompagnia di Gesù.

Se, durante il biennio del tirocinio, fu divoto ed edificante, fatti al finedi quello i voti semplici, da lui privatamente anticipati d’un anno, senzalasciar d’essere appresso quel di prima, diessi con ardore agli studi, talchèdopo fatta con plauso pubblica difesa filosofica, fosse inviato a Modicaper insegnare umanità e rettorica in quel collegio276 riaperto l’anno stesso1812, il che fece con molta riputazione del suo nome e pari utilità de’discenti per un triennio; e finito il corso teologico e già sacerdote da unanno, ne sostenesse pur in pubblico e maestrevolmente ben dugento pon-derode tesi, comechè la sua preparazione stendesi a quattrocento. E277

rispondendo a que’ di dottrina278 gli sperimenti di religiosità279, dal marzodel 1825 ammettavasi alla solenne professione de’ quattro voti propridell’Istituto. Oltre alla Rettorica che ripetutamente280 insegnò, la Linguagreca, la Logica, e la Metafisica colla Matematica, la Scrittura, la Storiaecclesiastica, la Canonica, la Teologia dogmatica, e questa per anni venti.Fu prefetto delle scuole inferiori del Collegio Massimo assai lungo tempoe della biblioteca pubblica e della privata del medesimo; Esaminatore giu-rato del sapere di chi trà suoi s’avesse a giudicare idoneo alla solenne pro-fessione; Consultore ed Ammonitore del Rettore dello stesso collegio;Elettore del nuovo preposito generale, a nome della siciliana provincia,nella congregazion generale del 1827 in Roma; Storiografo della provin-cia medesima; Esaminator sinodale, dal 1830; regio Revisore de’ libri dapubblicarsi, dal 1836; Teologo della Monarchia ed Apostolica Legazia dal1846; Socio delle principali Accademie dell’Isola e segnatamente della_________________________________

273 Seguono le parole: “dal di lui fratello il celebre”.274 Seguono le parole: “e sull’artic. biografico di Giu. Pitrè”.275 Segue cancellata la parola: “pietà”.276 Segue cancellata la parola: “allor”.277 Seguono cancellate le parole: “e presi sopra lui”.278 Segue cancellata la parola: “Appresso”.279 Seguono cancellate le parole: “ e dottrina”.280 Segue cancellata la parola: “professò”.

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palermitana, prima del Buongusto, dal 1818, poscia di Scienze, Lettere edArti, dal 1832, levato successivamente quivi a gradi onorevoli;281 e nelCongresso de’ vescovi dal 1850 si volle la facesse da Segretario. Le tanteincombenze, egregiamente da lui eseguite, non gli erano d’impedimento acomporre282 le sì numerose opere onde sol parte vide la luce. Alle riporta-te però dalla sua Bibliografia sicola283, qual apparato, premessa alla Storialetteraria sicola284, si vogliono aggiugnere quelle altre285 le quali286 ricordan-si nel Catalogo ragionato che delle stesse sue opere edite o inedite, poc’an-zi all’ultima sua malattia da lui medesimo si dettava, perita però287 moltedelle inedite e parte d’esso catalogo come vedrossi più sotto.

Nè distoglieanlo dall’udire le confessioni de’ suoi o degli esterni, mas-simamente scolari, prigioni e gente povera e bassa; o dal predicare288 chespesso era, oltre a’ suoi conreligiosi, nella chiesa del collegio agli scolari,nella congregazione di s. Luigi di esso collegio, composta di giovinettiscelti tra quelli, della quale fu perpetuo direttore ed alla quale aggiunse ilRistretto di s. Stanislao per gli scelti in tra la detta congregazione; nelGesù ove il pubblico ne udì anche il quaresimale, l’annuale, ed orazioniper ogni più splendida e straordinaria congiuntura; in monasteri di sacrevergini all’occorenza d’avvento, di quaresima, d’esercizi spirituali; dialtro ad ogni sorte di adunanze come quando per gli esercizi concorreva-no nel duomo i funzionari e gli impiegati ovvero il clero secolare e rego-lare289. Anzi il vigor dello spirito talmente suppliva in lui alle forze delcorpo da sostenere le gravi fatiche di missionario in varie città riguardevo-li dell’Isola, col farla più volte da capo.

Assistette caritatevolmente a’ colerici nel 1854 e molto più nel 1837,in pro loco290 consecratosi presso a un mese, ed a’ feriti che trasportavansinel convento di S. Anna nel 1848, ed a’ giustiziati nel 1851, siccomeascritto alla Congregazione de’ Bianchi.

Ma lo zelo pe’ prossimi, concepito nel noviziato, nutrito negli studi,_________________________________

281 Segue cancellata la parola: “Segretario”.282 Seguono cancellate le parole: “assai molte”.283 Alessio Narbone, Bibliografia sicola sistematica o apparato metodico alla storia letteraria dellaSicilia, Palermo, stamperia di Giovanni Pedone, 1850-1855, 4 v.284 Alessio Narbone, Istoria della letteratura siciliana, Palermo, Stabilimento tipografico Carini,1852-1863, 12 v.285 Segue cancellata la parola: “inedite”.286 Segue cancellata la parola: “invengonsi”.287 Seguono cancellate le parole: “buon numero di loro nel sono da ricordare”.288 Segue cancellata la parola: “assiduo”.289 Seguono cancellate le parole: “pel fine degli esercizi”.290 Seguono cancellate le parole: “impiegandosi dì e notte”.

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notabilmente cresciuto all’ora del sacerdozio e a quella della solenne pro-fessione, non era da lui posto in opera che coll’intedimento di santificaresé stesso, come fan fede indubitata i suoi ricordi in molti luoghi privati edi proprio pugno i quali, per sorte campati con altri suoi scritti dalla rubae da’ danni del sacco291 che dirò, si son avuti con gioia alle mani. E se ilconcetto che s’avean di lui i suoi e gli altri quanti l’ebbero conosciuto, eraquello d’un gesuita egualmente virtuoso che dotto; egli era davvero un dicoloro qui esuriunt et sitiunt justitiam ed il proponimento da lui fatto alprincipio di sua carriera religiosa e che ne’ su cennati ricordi si rinviene:“Non solamente non perderò l’anima con un peccato mortale, e non lerecherò detrimento con un veniale deliberato; ma nè anche lascerò unminimo grado di grazia o di gloria per tutto il mondo”, regolò tutta suavita.

Però la lezione de’ libri spirituali frà quali a lui sempre carissimo quel-lo De celesti conversatione del p. Natale; la meditazione santa da parerein essa come assorto e dandovi, in virtù di voto, tempo oltre il prescritto;il rigido esame generale e particolare della coscienza; il diligente registrodelle cose dell’anima; il frequente render conto intorno ad esse ai superio-ri; il ritiramento d’un giorno in ogni mese conformemente a un secondovoto oltre varî altri alla ricorrenza di vigilie, di feste, o del suo proprionatale, de’ suoi voti religiosi, del suo sacerdozio, della sua solenne profes-sione; l’assistenza cotidiana a più messe oltre al dire la propria; le spessevisite al Divin Sacramento, stando in casa o, uscendo fuori, per le chiesedella città; la divozione alla sacra Infanzia, alla Passione, al Cuore di GesùCristo e a quello della divina Madre, il culto dei quali Cuori per un terzovoto s’era obbligato a promuovere; il prender parte ad ogni sorta di sacrealleanze, come alla Propagazione della fede, a diffonder la quale e nonpoche altre ei parimenti impiegavasi; il praticare per sé quanti atti292 reli-giosi insinuava ad altri colla voce e co’ libretti in istampa; e finalmente ilperenne esercizio della presenza di Dio con profondo sentimento intornoal medesimo e con indirizzare a Lui l’intenzione in tutto ciò che faceva.

Or mentre la sua pietà era d’ordinario coronata dal dono delle lagrime,persuaso egli che il generale e necessario strumento della perfezione cri-stiana e religiosa è l’annegazione e mortificazione, estendeva questa finoà moti primi, talchè poi, contro al vero, creder si potesse flemmatico.Severa custodia de’ sensi, rari passeggi; scarso uso de’ sollievi soliti accor-_________________________________

291 Seguono cancellate le parole: “la dichiarazione del quale tuttora si differisce”.292 Seguono cancellate le parole: “di pietà”.

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darsi a’ suoi confratelli, poco sonno, astinenze a mensa, e digiuno, con unquarto voto promesso, i venerdì e i sabbati tutti dell’anno, ed in pane edacqua, almen per metà, le vigilie delle principali solennità, e disciplinarsi,e portar la catenella ed ciliccio.

Esimio nell’umiltà trovava in ogni cosa i motivi d’esercitarla alcospetto di Dio e al paragone degli altri, qualunque fossero. Ella gli eranorma nel vestire, nel parlare, ne’ portamenti tutti, e suggerivagli di mini-strare a’ poveri nella porteria del collegio, di servire293 i suoi fratelli a tavo-la, e di palesare allor che e’ vi sedeano, ginocchioni, a capo chino, a manigiunte, suoi mancamenti294 a tutti loro, chiestane da’ superiori la licenza e295

fattasi imporre la penitenza.Nel faticare tanto per Dio, senza mira di nulla umana ricompensa,

vedeasi la sua carità la quale egli spingeva all’eroismo quando, col suopatriarca Ignazio, prescindeva dall’acquisto della gloria celeste: vedeasinel patire per Dio, spezialmente il lungo corso delle malattie che lo finiro-no. E mercecchè rinosceva Dio stesso nel prossimo, lungi dal fare a296

veruno ancor minima offesa, usava affabilità ed ogni termine di rispettocon chicchessia ancorchè difettuoso; e le offese a sè fatte ricambiava concortesie e benefici, massimamente verso il creduto avvelenatore d’una suasorella.

Specchio di regolare osservanza, amava sommamente la suaCompagnia, conoscendo sì bene dal molto studio sull’Istituto, sulle storiedi lei, sulle opere di que’ dell’Ordine, quanto e quale strumento ella fossedella gloria di Dio e del297 bene delle anime: e pigliava motivo d’amarladalle stesse persecuzioni d’essa. La onorò col298 sua condotta, la illustrò edifese dalle calunnie cogli scritti né mai cessò di procurarne a tutt’uomo ivantaggi spirituali e letterarî, professandosele debitore d’ogni suo sapere.

Nell’immensa afflizione per lo scioglimento alla medesima impostodel 48 qui in Sicilia come in299 quasi tutta l’Italia, ottenne ricovero nel con-vento di S. Antonino ove edificava que’ religiosi, intervenendo al cantodell’ufficio del coro, e300 prendendo insieme con301 essi il lor comune ali-_________________________________

293 Seguono cancellate le parole: “a mensa”.294 Seguono cancellate le parole: “alla comunità ond’era membro, insieme adunata per la refezione”.295 Seguono cancellate le parole: “la prescrizione del”.296 Segue cancellata la parola: “questo”.297 Segue cancellata la parola: “vantaggio”.298 Seguono cancellate le parole: “coi suoi portamenti”.299 Seguono cancellate le parole: “due altre provincie d”.300 Seguono cancellate le parole: “alla mensa”.301 Seguono cancellate le parole: “loro e quale un di loro”.

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mento, non pretermesse le sue letterarie occupazioni. Poscia nel 49 gli sidiè ricetto e cattedra di rettorica nel seminario arcivescovile; finchè302 ilnovembre dell’anno stesso rientrò nel collegio a riprendere i suoi consue-ti uffici.

Infermo303 però gravemente dal principio del 1860, non potè seguire glialtri figli d’Ignazio, banditi nel giugno dall’Isola; ed impetrò d’essereammesso nell’Infermeria de’ rr. sacerdoti, ove i suoi libri e manuscritti equant’altro da povero religioso avea, precedentemente trasportativi, incor-so aveano il saccheggiamento e dove il 12 dicembre304 dell’accennatoanno, ricevuti gli ultimi sacramenti ed assistito dal vice deputatodell’Infermeria e dal proprio germano il p. Carmelo,305 gesuita pur egli,spirò nella confidenza de’ giusti l’anima benedetta, contando d’età anni 71di già compiti.

Si ricevea con rammarico l’annunzio di tal morte e mentre altri lamen-tava la perdita di tanto letterato, d’un sì stimabile illustratore delle patriecose, un affettuoso ripetere d’altri e non volgo: è morto un santo, è mortoun santo,306 il che tuttor siegue a fassi, menzionati particolarmente la suamodestia ed umiltà, né mancando chi domandasse alcuna cosa di lui comedi santo.

Si disponeva poi da m. arcivescovo di Palermo che da’ rr.pp.Cappuccini si desse al cadavere un luogo distinto; ed appresso, correndol’aprile del 1863 ed essendo già quello più che abbastanza rasciutto, che,da307 due testimoni riconosciuto, si serrasse in una cassa la quale dal suocancelliere sigillata, in luogo similmente distinto si tenesse riposta.

Nascimento in Caltagirone il 9 agosto del 1789, genitori di civil con-dizione e pii.

Trasporto dagli anni primi per le cose sante e per lo studio, da secola-re fino alla metafisica.

Ingresso nella Compagnia in Palermo il 3 ottobre del 1806.Dopo due anni di noviziato, due di studio di Rettorica, due delle

Filosofiche, quattro delle Teologiche discipline, interpostivi tra queste e_________________________________

302 Seguono cancellate le parole: “nell’ottobre”.303 Segue cancellata la parola: “poi”.304 Segue cancellata la parola: “consecutivo”.305 Seguono cancellate le parole: “dell’Ordin medesimo”.306 Segue cancellata la parola: “come”.307 Segue cancellata la parola: “quattro”.

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quelle tre altri d’insegnamento d’Umanità e Rettorica, e terminato il corsod’entrambe con pubblica difesa di numerose tesi date alle stampe308.

Sacra ordinazione sulla fine del 1818; professione solenne di 4 votiche in riguardo di virtù e di dottrina s’accorda nell’Ordine, nel marzo del1825.

Vita fino all’ultima malattia durata un anno, di applicazione indefessa,di grande austerità ed esemplarità, in continuo esercizio di zelo, spezial-mente rispetto alla gioventù studiosa ed alla povera e bassa gente, per tacerciò che spetta a’ suoi confratelli.

Predicazione frequente al Gesù di Palermo, ov’anche se ne udì il qua-resimale e l’annuale, oltre alle orazioni per ogni splendida e straordinariaoccasione; ed in altre chiese come nel duomo per gli esercizî del clero eper quelli de’ funzionarî ed impiegati; e in varî monasteri d’uomini e didonne; sempre con comune soddisfazione.

Sacre missioni in diverse e ragguardevoli città dell’Isola, con farlaanche da capo.

Assistenza a’ colerici nel 1854 e molto più nel 1837, ed a’ feriti, nelconvento di s. Anna nel 1848, ed a’ giustiziati nel 1851, come ascritto allaCongregazione de’ Bianchi.

Magistero, oltre quel ripetuto di Rettorica, di Lingua greca, di Logica,Metafisica e Matematica, di Sacra Scrittura, di Storia ecclesiastica, diCanonica, di Teologia dogmatica, il quale ultimo fu ventenne.

Prefettura di più congregazioni di spirito, degli studi inferiori, dellabiblioteca pubblica del Collegio.

Qualità d’uno de’ 3 Elettori del Preposito generale, spediti dalla gesui-tica provinciale di Sicilia alla general Congregazione del 1829 in Roma;deputazione dal 1830 di Esaminator sinodale; dal 1836, di regio Revisorede’ libri da pubblicarsi; dal 1846, di Teologo della Monarchia ed apostoli-ca Legazia.

Ammissione alle principali accademie dell’Isola, e segnatamente allapalermitana del Buon-gusto, nel 1818, ed a quella che le succedette diScienze e di Lettere, nel 1832, ove fu Anziano, Segretario generale eDirettore della 2° Sezione.

Nel 1848, sciolti i collegi, ricovero nel convento di s. Antonino, e309

l’anno appresso nel seminario arcivescovile e quivi cattedra di rettorica:

_________________________________

308 Alessio Narbone, Theses philosophicae publicae disputationi propositae facta cuilibet post ter-tium arguendi potestate, Panormi, typographia Philippi Barravecchia, 1812.309 Segue cancellata la parola: “poi”.

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nel 1860 complicazione di gravissime malattie che non gli consentonod’ire in bando; e ricetto nell’Infermeria de’ rr. Sacerdoti ov’era avvenutoil sacco dei suoi libri, manuscritti ed altro.

Morte nella detta Infermeria il 12 dicembre dell’anno poc’anzi notato,ricevuta, dopo la confessione sacramentale e il s. viatico, l’estrema unzio-ne, e contando d’età anni 71 già compiti. In questo, dolersi altri della per-dita d’un tanto letterato, d’un tanto insigne illustratore delle patrie cose; unripeter altri, e non volgo: è morto un santo, è morto un santo, il che seguea farsi fin oggi; menzionata in particolare, tra le altre virtù, la modestia el’umiltà, e non mancando chi come di santo domandasse alcun che di lui.

Sepoltura presso i rr.pp. Cappuccini.Le opere edite ed inedite310 riporta la Bibliografia sicola, premessa,

qual apparato, alla Storia letteraria sicola di cui s’è di fresco stampatoquanto mancava a compire il tomo decimo, restando i manuscritti dell’un-decimo e del duodecimo ed ultimo, dal periodo del sacco felicemente cam-pati. Nell’indice dunque degli autori compresi in tutta la Bibliografia,posto in sul fine del 4° vol. di essa, trovasi il nostro coll’indicazione deiluoghi che parlan di lui (a)311. Articolo biografico nel giornale la Religionee la Patria312, ed altro nel Precursore313 addì 31 dicembre 1860.

N.B. Non si pretende in niun conto che s’abbia a far uso di tutto che èqui scritto, ma si lascia liberissima la scelta.

Note a Pitrè

p. 88 con un compendio dell’opera ec. Dicasi in vece: con un compen-dio del primo tomo dell’opera.

ivi dieci volumi. Dicasi in vece: dieci tomi in dodici volumetti,stante l’essere gli ultimi due di quelli divisi in due parti o volumi.

89 Aggravato dagli anni ec. Tutto questo periodo va soppresso.ivi (1852 e seg. ec.). Si corregga: (1852-64 t.i XII)ivi Ha un’appendice ec. Si dica in vece: Siccome nel tomo terzo

avvi un’appendice sopra de’ monumenti esotici, esistenti tuttora fra noi;_________________________________

310 Seguono cancellate le parole: “benchè molte di queste siensi perdute”.311 A c. 93v nota in calce: “(a) Altre nella Bibliografia non ricordate han luogo nel Catalogo ragiona-to che delle stesse sue opere egli dettava poc’anzi all’ultima sua malattia: benchè molte delle inedi-te andaron perdute nel suddetto saccheggio.”312 Religione e Patria, Palermo, 1860, a. I, n. 11 (20 dicembre 1860), p. 87-88.313 Il Precursore. Giornale politico quotidiano, Palermo, 1860-1870.

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così fu disegno dell’autore che poscia il dismise, d’apporne un’altra altomo ultimo sulla coltura ec.

ivi non potè ec. Dicasi in vece: non potendo abbracciare tutti irami storici de’ tempi appresso, si proponea darne come per assaggio unosoltanto, cioè la Storia letteraria della Compagnia di Sicilia. Indi di ciòstesso depose il pensiero in vista di suo314 mal essere: e i materiali chedicea averne in pronto, fece in gran parte lacerati315 e dispersi nel sacco dicui più innanzi si dirà.

90 Varie iscrizioni ec. Dicasi in vece: un tometto d’Iscrizioni lati-ne e d’italiane.

91 Cessava di vivere il 13 ec. Anzi il 12.ivi Il fratello di lui ec. Se questo tratto fino alla parola Palermo non

vuolsi al tutto omettere, può riformarsi così: Il fratello di lui curò l’edizionerimanente a farsi d’una parte del tomo decimo e degli altri ultimi due dellaStoria letteraria sicola, non essendo per una felice combinazione di cose imanuscritti a ciò richiesti soggiaciuti al pericolo del sacco anzidetto. Il mede-simo conserva quegli che potè raccorre dopo quella ruba e que’ danni. GliAnnali sicoli poi della Compagnia di Gesù, in 4 vol. in folio, dalla provinciaripristinata nel 1805 fino al 59, e gli Elogi de’ suoi defunti, in un volume paria’ cennati, eran riposti nell’archivio provinciale dell’Ordine. La storia di que-sto Seminario arcivescovale che dalla seconda metà del secolo scorso fino atutta la prima del presente stese il p. Narbone, in continuazione della pur ine-dita del can.co Di Giovanni, si trova nella libreria dello stesso seminario.

ivi chi appartiene a quella compagnia ec. Attestato impareggiabi-le su l’ambizione, i brogli, la misantropia de’ gesuiti!

<Opere di Giuseppe Patania316>

2 quadri a fresco dal C.r Capaci.3 volte a fresco da Atanasio.1 volta a fresco dal P.pe di Cassaro.

sovraporte del medesimo.quadro della favorita.

ritratto del ragazzo di Leonforte.ritratto di M.a Amalia.

_________________________________

314 Seguono cancellate le parole: “i avversi”.315 Segue cancellata la parola: “irreparabilmente”.316 Vedi nota n. 11, p. 289.

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una volta a fresco da Siciliano.sovraporte del med.ritratto della figlia del P.pe di Villafranca.5 paesi per Gagliano.l’origine del Ballo.i Romani che disbarcano le rapine di Verre tolte alla Sicilia.la morte di Dafne nella grotta.la statua scoperta.E l’onde del fiume.Il quadrone della trasfigurazione.Il ritratto di Susinno.un paese del brigadiere Fardella.

un quadro di frutta.altri paesi prima d’allora.la divisione di Venere e d’AdoneVenere di Caponequadro a fresco d’Artale

Sovraporte di Sperlingaritratto di GargalloPaese di QuattrocchiFiori del M.se Merloquadro de’ Maggi.ritratto del Panittieri.ritratto della nipote D. Costanza.ritratto della figlia di Paternòdue paesi di Sperlingadue altri per detto317

_________________________________

317 Alla c. 98 v. è scritto: “And where is the late king James II; having abdicated. L’ultimo vizio finalmente inerente alla costituzione di questo Governo è quella continua fluttuazio-ne di potere tra i diversi corpi che si dividono l’autorità, fluttuazione difficile a prevenirsi, fluttua-zione che in ultimo risultato produce l’incostanza della costituzione. All’apparenza è così, e realmen-te in parte è vero, ma io dirò che ove questo governo non sia nel massimo stato di depravamento edassai la tirannide allora questa fluttuazione anzi che nuocere dee giovare, perchè essa è l’espressio-ne dirò così del vigore della libertà, e perché non si cambia che per migliorare in una nazione chenon venda la sua libertà al re. Bisogna però supporre che le prerogativea del potere esecutivo fosse-ro stabilite, in modo tale che non dessero luogo ad equivocazione, ove la nazione non possa usurpar-ne senza vedere che guasta guastare l’equilibrio della bilancia da cui risulta il sostegno di tutti e duei poteri, allora, costanza non può nuocere perché non si usurpa i diritti all’altra […]er trovare i mezzimigliori onde ven[…]”.In senso inverso è scritto: “fremer venti o contro i proter scelesti indegni in seno

intro al turcasso i stralicontro i protervi acuti stali sentio frementilento al turcasso in seno”.

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<Filippo Iuvara>

Vi son di Juvara una raccolta di targhe fatta da professori primarjdi Roma disegnate e intagliate dal cav. Filippo Juvara318 architetto ed acca-demico di S. Luca ristampata per la seconda volta nel 1722 in Roma319.

Juvara ideò tre armi del porto di Messina che sono delineati nell’ulti-ma pagina del libro in detto *** da le proporzioni pratiche per ben dise-gnar, dette targhe, o armi.

PataniaRitratto di una ragazza del P.pe di VillafrancaRitratti di famiglia MelazzoS. Atanasio nel duomo di Palazzo AdrianoQuadronetto

MelazzoPatania

2 paesi4 filosofi

1 MadonnaRitratti di famiglia320

<Vincenzo degli Azani321>

Quadro di Vincenzo Anemolo rappresentante la Madonna delRosario esistente in Lipari nella Cattedrale *** oltre altro quadro dell’epo-ca del 1400 rappresentante la morte della Madonna M.a Santissima nellastessa cattedrale. Altro quadro di Vincenzo Anemolo rappresentante laCirconcisione esistente nella chiesa dell’Addolorata in Lipari su al castel-lo vicino la Madrice._________________________________

318 Filippo Juvarra (o Juvara), architetto, nato a Messina nel 1676 e morto a Madrid nel 1736.319 Filippo Juvarra, Raccolta di varie targhe di Roma fatte da professori primarj, disegnate, edintagliate da Filippo Juvarra architetto e dedicate all’eminentissimo, e reverendissimo principePietro card. Otthoboni vice-cancelliere di S. Chiesa, In Roma, per Antonio de’ Rossi alla piazza diCeri, 1711.320 Sul verso della carta è scritto: “Biglietti Giusep[…]”.321 Vedi nota n. 252, p. 348.

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Vincenzo Anemolo da PalermoPittura del sec. XVI

Dovette recarsi in Roma circa 1515 e dicesi ivi mandato e sostenuto aspesa di una dama palermitana che il sig.r Lazzaro Di Giovanni manife-stavami di aver letto in un antico manoscritto di essere stata una principes-sa di Cattolica. Supposto che quella dama si fosse invogliata a protegger-lo dopo di averne osservato i primi saggi di pittura322 che ben prometteva-no la sua riuscita, egli doveva allora contare anni 20 e quindi era natoverso il 1495. Raffaello Sanzio era di 12 anni323 maggior di etàdell’Anemolo. Raffaello erasi prima recato in Roma sin dal 1508 chiama-to da papa Giulio II ed avea cominciato a dipingere la Sala dellaSegnatura, e tosto si vide affollata di scolari, attirati da quella prima operadel suo genio prodigioso.

Polidoro Caldara nato in Caravaggio nel 1495 coetaneo quindidell’Anemolo erasi anche portato in Roma nel 1511 e si pose a servir damanovale nella fabbrica delle Logge vaticane, ove scorgendo dipingereRaffaello e i suoi scolari s’accese di amore per l’arte, e cominciò anch’eglia disegnare e meritò l’attenzione e la stima del Maturino ch’ivi lavorava,e giovogli co’ suoi consigli. Disegnavano poscia324 insieme i monumentiantichi, cioè fabbriche e statue e bassirilievi. Polidoro riuscì a dipingerlibenissimo a mano ormai si bene che indi fu adoperato dallo stessoRaffaello in tal genere.

Anemolo conobbe allora Polidoro, si affezionò a lui e ne ottenne dire-zione, mentre osservava attentamente i prodigj del pennello di Raffaelenell’opera delle stanze del Vaticano. Morto Raffaello in Roma nel 1520 èprobabile che l’Anemolo facesse qualche corsa a Milano per osservare leopere stupende di Leonardo da Vinci, come alcuni volsi, e l’effetto delchiaro-scuro di varie sue figure il mostrano. Dovette anche recarsi aVenezia ove i quadri di gl’impararono a colorire con maggior gusto.Ritornato in Roma, e avvenuto nel 1527 il sacco del Borbone fuggì inNapoli col suo amico Polidoro, due miserabili e furono accolti da Andreadi Salerno antico scolaro di Raffaello. S’imbarcarono poi per Messina, efecero naufragio vicino alla spiagia di Lipari, e salvatisi a stento furonosoccorsi da un negoziante. In Lipari dipinsero due quadri uno sulla_________________________________

322 Seguono cancellate le parole: “di lui”.323 Seguono cancellate le parole: “di Raffaello Sanzio e recarsi in Roma nell’anno 1515 sopra indi-cato”.324 Segue cancellata la parola: “amendue”.

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Madonna del Rosario per la Cattedrale e l’altro sulla presentazione al tem-pio per la chiesa ***.

S’imbarcarono in seguito per Messina, e Polidoro ch’ebbe ivi affidatimolti lavori vi rimase più anni e divenne agiato, ma nel 1543 fu strango-lato di notte dal suo scolaro Tonno calabrese per rubargli il denaro.Anemolo assai prima era passato a Palermo, ove fece molti bei quadri,formò una scuola e morì vecchio. Il quadro della Madonna del Rosario inS. Domenico in Palermo fu da lui dipinta nel 1540.

Statua antichissima

In Catania in un piccolo delubro eravi un’antichissima statua di Cererealla quale solo le donne poteano avere accesso e da donzelle era esercitatoil culto ed era quindi quasi ignota agli uomini. Verre n’ebbe notizia325 e larapì con altri monumenti d’arte alla Sicilia. / Eusebio Praep. Ev. lib. I c. 10326

Pittura in Sicilia del secolo XVISebastiano Bagolino327

Nacque in Alcamo da Leonardo pittor veronese ch’erasi ivi stabilito eda Caterina Tabonia alcamese a 19 gennaro 1560. Avviato ai buoni studiseguì la professione del padre, coltivò la musica e proseguendo nelleumane lettere fu diretto nell’arte poetica da Marco Gentiluccio di Spoletoe recatosi in Napoli s’innoltrò negli studj dell’arte oratoria sotto AscanioVopisco e quindi acquistò rinnomanza particolarmente nella poesia latinae giunse spesso a improvvisare in latino, in italiano e anche in spagnuoloe fu ammirato dagli uomini dotti del suo tempo. In Napoli aprì scuola allagioventù nobilesca e celebrò nei suoi versi latini molti individui di precla-re famiglie come Fabio Giordano, Andrea Tufo, marchese di Gargano,Adriano Spatafora ed altri molti.

Ritornato in patria sposò Francesca Battiati e recatosi in Palermodivenne familiare di Francesco Moncada, principe di Paternò e fu suo pre-cettore nella poesia e nella pittura e da quello largamente rimunerato. Allamorte di quel generoso principe avvenuta nel 1597 divenne caro a_________________________________

325 Seguono cancellate le parole: “il seppe”.326 Eusebio di Cesarea, De evangelica praeparatione.327 Sebastiano Bagolino, pittore e poeta, nato ad Alcamo nel 1562 e ivi morto nel 1604.

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Giovanni Orosio vescovo di Agrigento, come in Palermo al dotto e cele-bre Mariano Valguarnera, a Filippo Paruta, a Bartolomeo Sirillo e altriuomini dotti e restituitosi ad Alcamo e fondando ivi un’insigne scuola dipoesia latina morì verso328 di febbre a 27329 luglio nel 1604.

Molte opere poetiche nella lingua del Lazio principalmente e anche initaliano e in spagnuolo scrisse ed alcune pubblicò, altre lasciò manoscritte.

Ignoriamo bensì il suo valore nella pittura, perocchè il Mongitore330 dacui abbiamo ricavato queste notizie tralasciò, considerandolo soltanto comescrittore, di accennare quali siano e dove trovansi in Alcamo e in Palermo.Alcune, credo io, debbansi rinvenire nei palazzi in Palermo di Paternò e diValguarnera, e forse in alcune nostre chiese, ma non avendovi segnato ilsuo nome non sapremmo indovinarli. Ci basta bensì di avere accennato chequesto pregevolissimo poeta latino fu anche pittore e musico.

Pittura siciliana secolo XIXSalvatore Lo Forte331 da Palermo

Da un barbiere nacquero Salvatore, Gaetano e *** Lo Forte. L’ultimovestì l’abito religioso di S. Filippo Neri, gli altri due che mostravansi incli-nevoli alla pittura cominciarono a frequentare lo studio di Vincenzo Rioloegregio artista e Salvatore che era il maggiore d’età fece maggiori progres-si, talchè giovinetto ancora fu volto dal maestro in suo ajuto pei lavori pit-torici nella riforma della332 Chiesa dei PP. Olivetani di S. Filippo Neri inPalermo ed eseguì gli angioli sotto gli archi della medesima nello stile diPietro Novelli, ma col colorito brillante di Riolo. Dopo quel tempo acqui-statasi un opinione recossi in Roma, sostenuto a spese di e frequentò perpoco tempo lo studio del Camuccini e indi dessi a dipingere bozzettini chevendeva ai forestieri. Ritornato a Palermo verso il 1837 dopo alquanti anniottenne senza concorso la direzione del nudo per la morte avvenuta del suoprimo maestro Riolo che vi era addetto e convenne di rilasciare onze duedel suo soldo alla vedova di quello. Erano ritornati in quel tempo da ItaliaGiuseppe Meli333 e Andrea D’Antoni334 e convennero con Salvatore Lo_________________________________

328 Seguono cancellate le parole: “l’anno 1596”.329 Segue cancellata la parola: “giugno”.330 Antonino Mongitore, Bibliotheca sicula… cit., p. 213-214.331 Salvatore Lo Forte, pittore, nato a Palermo nel 1804 e ivi morto nel 1885.332 Segue cancellata la parola: “cappella”.333 Giuseppe Meli, pittore, critico e storico d’arte, nato a Palermo nel 1807, ivi morto nel 1893.334 Andrea D’Antoni, pittore, nato a Palermo nel 1811, ivi morto nel 1868.

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Forte di cui conoscevano il merito pittorico, di collegarsi insieme perabbatter l’opinione dei precedenti ottimi artisti Giuseppe Velasquez daPalermo già morto sin dal 1827 che lasciato avea gran numero di opere egran reputazione di se e Giuseppe Patania che meritamente la godeva conVincenzo Riolo, amendue allora viventi e palermitani. Il Riolo bensi eratrattato col disprezzo del silenzio, il Velasques col titolo di pittor di manie-ra / eppure era stato il primo a bandirla dalla pittura siciliana coll’imitazio-ne del vero essendo direttore dell’Accademia del nudo e colla scorta delbello dell’antiche statue di cui raccolto avea i gessi nel suo studio, Pataniaperò come superstite e più affollato di lavori era divenuto il sogno a cuimiravano tutti i loro strali di maldicenza, e diceano di lui, e particolarmen-te Meli più cianciatore ed avventato, sebbene inferiore di gran lunga nel-l’arte agli altri due, ch’era pittor di falso, e debole colorito, ma invero nonpoteva ne dovea di tal difetto essere incolpato dopo di aver335 in diversitempi poi studiato il vero e diverso colorito ne’ suoi ritratti somigliantissi-mi che sono circa trecento(1)336, onde in questo era riguardato come ilprimo e insuperabile artista. Que’ maligni co’ frizzi non poterono travol-gere la pubblica opinione; talchè gli cresceano ogni giorno le commissio-ni; e gli fu d’uopo in una nota stabilire il tempo successivo pei lavori, cheesattamente adempiva e solea dirmi che da’ soli ritratti che sbrigava in tregiorni quand’erano a mezzo busto al naturali senza mani e che facevasipagare ducati 24 e in otto giorni a mezza figura con le mani d.ti 54 ritrae-va egli regolare sussistenza, pel tempo che v’impiegava, dipingendoli allaprima, e velandoli qualche volta in alcune parti, giacchè co’ quadri dachiesa che richiedevano lungo studio e spesa di modelli, di gran tela, e dimodelli pel prezzo stabilito di d.ti 240 nulla si profittava e dipingevali peramor della gloria.

Lo Forte cominciò a muovergli una sorta [!] guerra e toglieva ilavori sì di ritratti, e di quadri grandi, valendosi de’ maneggi di suoi amiciDaita, Peres, Castiglia,337 i due sfratati Lo Giudice e Galetti338, alcuni de’quali a voce, altri con articoli ne’ giornali dicevano e scriveano mirabiliadi questo artista vantato come genio straordinario, e si giunse a tale arro-_________________________________

335 Seguono cancellate le parole: “per circa trecento volte”.336 A c. 106v nota in calce: “(1) Circa un centinaio ne dipinse per me per la collezione degl’illustrisiciliani antichi, e moderni. Tutte le belle di Palermo di quel tempo ambivano di averne il suo, comemagistrati, nobili, e ricchi negozianti.”337 Segue cancellata la parola: “padre”.338 Intendasi: “Galeotti”. Amici del Lo Forte furono Gaetano Daita, poeta, Francesco Paolo Peres, let-terato e ministro, Benedetto Castiglia letterato e giornalista, Paolo Emiliani Giudici, storico e criti-co letterario, Melchiorre Galeotti, religioso erudito.

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ganza e pazzia che il poetastro secentino *** Di Petra che ne avea scroc-cato un suo piccol ritratto scrisse un carme in cui manifestava che due geni(egli e il Lo Forte) ben si apprezzavano, e onoravansi a vicenda e il pitto-re avea già eguagliato Raffaello e stava per dargli di cappotto. Si rise dagliuomini del cattivo poeta fanatico, e del buono artista che nel suo stile nonavea nulla del sublime ideale, e della grazia ingenua di Raffaello; ma piùtosto la maniera gagliarda e caratterista della brusca fisonomia delCaravaggio, con un colorito forse più sugoso.

Il Lo Forte fece la prima prova nel ritratto a mezza figura, dipingendoquello dello scultore Nunzio Morello, rappresentandolo facchinamentemezzo scombiniato [!] colla mano appogiante alla ***, e il braccio su untavolo e una pietra. Il ritratto era somigliante ed animato; ma monotononella tinta gialliccia predominante. Tuttavia da’ suoi amici si fece baldoriaper quel mediocre dipinto, e giuntane notizia al sig.r Vincenzo Riolo,primo maestro di Lo Forte, disse un giorno a me e al sig.r d. AntoninoZeriga, che aveva impegno di vederlo; ma non volendo mostrare di ricer-carlo di proposito avrebbe voluto che ciò apparisse per casualità. E’ facilea combinar questo fortuito incontro, risposimo al Riolo. Il ritratto trovasidepositato nella bottega del nevajuolo fuori porta Macqueda presso ilpalazzetto già del Marchese Forcella, noi vi precederemo e faremo intan-to porre il ritratto sulla panca, e chiameremo voi ad osservarlo, fingendod’interrompere il vostro passeggio. Così fu fatto ma noi, bramosi di sentirla sua opinione, lo interrogammo, che ve ne pare: egli rispose con le voca-li: a, e nulla più. Riolo ch’era giudice competentissimo, e dovea anzi esserparziale pel suo scolare, non profferì una parola in lode; ma col suo silen-zio, sembrommi che non rimanessene contento. E pure quel fatto, conte-stato da me e dall’onorato dr. Zerega egregio avvocato, alla morte di Rioloavvenuta nel colera del 1837 nella vita di lui scritta, dopo quella ch’io,immediatamente ne pubblicai339, dal frate Paolo Lo Giudice340 fra le altrebugie fu detto che Riolo che orgoglioso era per vero, abbia profferito inosservar quel ritratto: Ahi spiacemi ch’io son vecchio, che se nol fossi,vorrei divenir scolare del mio scolare.

Con questi mezzi, e con la progressiva abilità cresceva la reputazionedi Lo Forte, ma non giunse mai ad atterrare quella di Velasquez, di Rioloche sopravvisse pochi anni, e di Patania moltissimi essendo morto nel 1852_________________________________

339 Agostino Gallo, Cenni sulla vita di Vincenzo Riolo da Palermo egregio dipintore scritti daAgostino Gallo, [Palermo, dopo il 1837].340 Paolo Emiliani-Giudici, Vincenzo Riolo. In: Biografie e ritratti d’illustri siciliani morti nel chole-ra l’anno 1837, Palermo, presso G. Alleva librajo-editore, 1838, p. 203-216.

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il quale fino allora tenne principalmente il campo della pittura in Palermo,lasciando a Lo Forte, e agli altri poche spighe rimase dalla messe.

Lo Forte341 mancato il Patania, apparia indubitamente il pittore di piùbello effetto di chiaroscuro, e di più vigoroso colorito, ed efficace espres-sione, sebbene sia povero di propria invenzione, aiutandosi spesso dellealtrui per le attitudini delle figure ricavate dalla sua copiosa collezione distampe. Egli non elevossi mai all’ideale nel disegno, neppure se dovessetrattare soggetti mitologici, e di Cristo, di Dio Padre, della Vergine Maria,o di Santi, e Sante che assunti in cielo dee supporsi che debbano avereacquistato forme342 più nobili delle consuete nel disegno quindi si per la cor-rezione che per l’eleganza non è superiore né uguale a Velasques chemigliorava il vivo dell’uomo nudo colte co’ gessi dalle statue antiche che ilLo Fonda343 [!] ha bandito dal suo studio. E’ monotono anche nel disegno isuoi modelli non sono che due, quelli dell’accademia per le figure giovani-li e un certo Piediscalzi facitore di pennelli per la provetta e barbuta.

Il S.n Niccolò di Bari, de’ PP. Olivetani e il S.n Benedetto sono fratel-li somilissimi.

Per circa 30 anni egli sudò a contrastare invano la palma a Patania, pit-tore di fecondissima invenzione, e sennata composizione (e basti dire chelasciò circa 600 schizzi a penna di soggetti mitologici, storici, sacri, fanta-stici che in buon numero io possiedo, alcuni de’ quali mostrati alla miapresenza in Napoli al cav.re Camuccini furon da lui lodati, e sol censuratiper la linea di prospettiva di edifizj nel campo).

Appena il Lo Forte trapelava che si volesse affidare un quadro da chie-sa o altro a Patania che con maneggi, e intrighi de’ suoi amici gli toglievail lavoro, mostrando di contentarsi dello stesso modico prezzo di d.ti 240che poi non eseguiva, o per lite ne pretendeva il doppio o il triplo.

Io avevo procurato a Patania la commissione del Cristo flagellato dellachiesa della Maggione col Marchese Ugo deputato di cui fatto avea loschizzo a penna, mercè le tante raccomandazioni dei nobili amici di Ugofu il Lo Forte preferito allo stesso prezzo, e ottenutane l’anticipazione did.ti 120, in tre anni non avendo fatto nulla, fu sfidato in giudizio ed obbli-gato a restituire il danaro e il quadro fu indi eseguito da Patania in un anno.

Gli tolse anche il quadro di S. Benedetto per la chiesa di S. Maria delBosco pel quale in sei anni avea dipinta una sola testa, e poi lo cedette344

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341 Segue cancellata la parola: “morto”.342 Seguono cancellate le parole: “migliori e ideali”.343 Intendasi: “Lo Forte”.344 Seguono cancellate le parole: “per minor prezzo con la tela”.

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al meschino pittore Battista Carini dandogli la tela e ritenendo per sé partedel prezzo convenuto.

Gli usurpò anche l’altro quadro del S.n Niccolò all’Olivella commes-sogli dal P. Lucchese-Palli, e questi alla viva istanza del Lo Forte, disseglise Patania a cui ho dato la mia parola vi consente, io devengo ad affidarloa voi. Interrogato quello rispose nobilmente Io ho molti lavori e pocom’importa di quel quadro; diasi pure a Lo Forte, che il può far bene.

E questa volta invece corrispose all’impegno e all’aspettativa, ed io gliho lodato quel quadro in un giornale; sebbene son ora persuaso che la naveche si scorge tempestare non sia in buona prospettiva, e per l’effetto dellaluce, e delle ombre inferiore a l’altro nella stessa chiesa del beato Valfrè,ove bensì l’attitudine del povero giacente è tolta di peso da una composi-zione del Camuccini.

Ma un fatto di più trista conseguenza avvenne per altro quadro di S.Giuseppe col Bambino commessogli dal suo amico il consigliere Castagnaintegerrimo magistrato per una chiesa di un monistero di Modica cuil’abadessa sua zia voleva farne dono; ma non era in grado di spendere piùdi ducati 180. Lo Forte negossi da pria di assentire a quel prezzo, e ilCastagna dissegli dissegli [!]: Vi darò qualche cosa di più, intendendoneducati 30.

Lo Forte assentì con la condizione di dovere eseguire anziché un suooriginale, la copia di quello del Novelli in una nostra parrocchia. Dopo treanni il quadro fu terminato; ma egli ne chiese d.ti 600, e gli mosse lite,profittando che non eravi convenzione in iscritto. Il giudice volle interro-gare le parti contendenti. Lo Forte negò l’accordo a voce e diede alCastagna in pubblico una mentita. Quegli che era un magistrato e un uomd’onore se ne accurò tanto che ammalossi, e morì; talchè la timide sorelleeredi, per togliersi d’addosso la molestia si contentarono dargli d.ti 450.

Ecco i fasti della condotta civile ed artistica di Lo Forte, la quale gli hain conseguenza minorato i lavori di grandi quadri;345 pochi sono stati inmolti anni quelli da lui dipinti;346 talchè a’ surriferiti per compierne ilnumero conviene aggiungere l’altro347 del beato Valfrè per una chiesa diMessina, divenuto tenebroso, e un S. Benedetto per348 quella dellaGattina349 di Noto, in cui la testa del santo è bella ed espressiva, ma quel-_________________________________

345 Segue cancellata la parola: “talchè”.346 Seguono cancellate le parole: “per modo che a quelli”.347 Segue cancellata la parola: “quatro”.348 Seguono cancellate le parole: “la chiesa”.349 La chiesa di Noto cui fa riferimento l’autore è quella di S. Chiara.

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la di sua sorella triviale e l’altra d’un frate goffa. L’originale modello dellatesta di S. Benedetto dipinta con maggior franchezza e spirito è possedu-to dal Principe di Galati.

Ne’ ritratti che non richiedono il talento dell’invenzione e composizio-ne Lo Forte si portò meglio che ne’ gran quadri da chiesa. Egli ne colpivain generale la somiglianza da esserne riconosciute le persone rappresenta-te, ma non con quella evidenza de’ ritratti di Patania che possono dirsiidentifici agli originali con cui sembra a chiunque di sentirli parlare.Questa direi identità risaltava in parte dalla facoltà potentissima in lui diritenere le immagini; talchè fece una volta innanzi a me prova di fare ilritratto al vero improvvisato dell’abate Filangeri suo amico, che gli disseun suo scolare esser morto la notte precedente e così fece pure pel sig.reIgnazio Sanfilippo professore alla R. Università di Palermo di Economiapolitica, e pel suo maestro Giuseppe Velasques, ritratti somiglianti dellamia collezione degli illustri siciliani.

A questa sua speciale facoltà si associava, anzi la favoriva il suo meto-do di dipingere i ritratti alla prima, e senza replica di colori, laonde guar-dò con doppie occhiate attentamente l’originale e disegnandolo col lapisbianco, e talvolta col pennello intinto nel rosso con la maggior scrupolosaesattezza di ritratto riconoscevasi da’ semplici contorni, e con le franchepennellate con la guida del vero risultava somigliantissima. E il vero loavvertiva a non caricare le ombre, e valersi per lo stacco dalle parti di sem-plici e lievi mezzetinte; perché il vero non dà ombre forti, che al lume dilucerna, o almeno nelle tarde ore vespertine. E così vidi condotto un belritratto di Guido Reni in Pavia ma Lo Forte usando un opposto metodoartificiale con ombre risentite tanto ineria al vero, che non le ha, quanto dàdi effetto al ritratto, e se non illude più, piace maggiormente col suo stilepiccanti a’ mezzani, conoscitori e artisti della scuola caravagesca, e nongià della raffaellesca nemica de’ forti sbattimenti.

Con queste considerazioni prenderò all’esame dei ritratti di lui per lopiù a mezza figura con mani. Del primo di Nunzio Morello ho già parlato.

Il ritratto del vecchio B.ne Riso seduto in un seggiolone coverto di vel-luto ora ammirato dagli sciocchi pel medesimo artifizio di mostrare queldrappo in alcune parti scioperato; il che era prodotto da una piccola ombra.Piaceva a molti per l’atteggiamento naturale e consueto della persona e inparte per la somiglianza; ma non piacque al Barone il quale ignaro dell’ar-te incolpava il pittore di avergli fatto i bianchi calzoni sporchi e non siaccorgea ch’erano le ombre delle pieghe, ma invero troppo forti. Rifiutò ilritratto e fu comperato dal d.d. Francesco Franco.

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Poi verso quel tempo dipinse quella della principessa Beaufrimont350 amezza figura quella dama era bianchissima di carnagione, la caricò diombre e di rosso. Essa ricusò il quadro dicendo al pittore: mi avete fattouna villana non lo voglio e fu similmente comprato dal d.r Franco, il qualefacea collezione di ritratti di belle donne. Alla sua morte si credette con-veniente dall’esecutore testamentario *** nel vendersi i quadri d’inviare ilritratto della principessa a lei medesima per acquistarlo a prezzo di vendi-ta: disse, Non lo voglio, come non lo volli quando mi fu fatto, recatelo alDuca di Monteleone che forse lo acquisterà perché desiderava di sposar-mi, ne si potè combinare il matrimonio.

Al beneficiale Giglio aveva fatto ritratto il Patania somigliantissimo.Ne volle un altro di Lo Forte, il quale gli diè un’aria ispirata da poeta, lad-dove egli non era altro che un buon prete da breviario. Io fui invitato avederlo dal p. Giglio che ne rimanea contentissimo, meno forse pel somi-glio che per quell’attitudine interessante.

Chiese il mio giudizio a come quel dipinto era collocato a fianco del-l’altro di Patania io gli dissi: Questo è il vostro ritratto che vi rappresentacome uom dabbene, buon prete e non già qual poeta non conoscendovitale, né io, né il pubblico. Ma rispose e spiritosamente e con arte atteggia-to, ed io sorridendo replicai: Non omnibus omnia.

Dipinse inoltre Lo Forte i ritratti del cav. Michele da Termini, del cav.Gioachino Ondes da Palermo, del d.r Antonio Gulli, dell’abate Longo,delle signorine Di Stefano e del consigliere Cini. Non avendoli osservatonon ne dò giudizio. Vidi bensì quello del consigliere Castagna ch’essendodi carnagione pallida lo ritrasse351 con quella di un campagnuolo e in cari-catura nei contorni similmente quello della sig.a Giuseppina TurrisiColonna or posseduto dal principe di Galati, ma pregevole per l’espressio-ne del volto.

Copiò dall’originale di Patania a mezza figura il ritratto di Ferdinando2° ma per mostrare ch’era suo originale sostituì nel campo alcune colon-ne alla cortina di un drappo verde.

Fra tutti i ritratti di Lo Forte il più bello fu quello della sig.aMariannina Majo, figlia del duca De’ Majo luogotenente in Sicilia. Neritrasse bene i contorni, la carnagione brunetta e la grazia e n’eseguì conmolto artifizio gli ornamenti352 della sua toelette e il drappo nero di cui

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350 Leggasi Beaufremont.351 Segue cancellata la parola: “come”.352 Seguono cancellate le parole: “dei dentelli”.

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era abbigliata. Quel ritratto potrebbe meritare di essere un giorno espo-sto in una pubblica galleria, molto più ch’essendogli stato riferito che iol’avevo censurato per altri ritratti per le ombre troppo caricate, egli se neastenne trattandosi di una leggiadra donzella e ne fu da me lodato comemeritava.

Ciò importa ch’egli potrebbe mettersi nel buon sistema di dipingerecon seguire rigorosamente il vero particolarmente nei ritratti fra i qualiad eccezione di questo della signorina Majo gli altri di donne sono sem-pre inferiori e migliori a quelli di uomini che abbiano teste di grancarattere.

Lo Forte fino al corrente anno 1865 non ha fatto altre opere d’impor-tanza ed ora molto più havvene poche a sperare, perocchè è poco attivo etardo nell’operare e amante di svagarsi ed ora principalmente che ha otte-nuto l’accrescimento del soldo come direttore del nudo nella R.aUniversità di Palermo dalle meschine onze 80 a circa onze 400 annuali edegli altronde traffica a comprare e vendere quadri antichi, su di che è belloil tacere circa ai mezzi che adopera nell’acquistarli sostituendone le copieagli originali.

Ritratti di Lo ForteMariannina MajoBarone RisoCav. De MicheleScultore MorelloCav. Gioacchino OndesBeaufremont principessaGalatiD.r Antonio GulliFerdinando 2° copia da PataniaAbate LongoSignorine De StefanoCirinoCons. CastagnaBeneficiale GiglioG. Turrisi ColonnaB. Valfrè a Palermo, e a Messina S. Niccolò di BariS. Benedetto a Noto monastero delle sr. GattineCopia di S. Giuseppe per Noto

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Francesco Lopes

Sebbene il genio degli artisti è costituito principalmente dall’invenzio-ne; pur nella perfetta e diligente esecuzione e nel gusto onde son condot-te le opere avvi pure una parte secondaria di genio ch’io dirò di meccani-smo qualora esso sia applicato ai lavori del bello o grazioso effetto; peroc-chè il bello e la grazia sono il vero scopo delle arti liberali.

Franco Lopes appartiene a questa seconda classe di artisti, non ostanteche operasse soltanto di commesso di marmi colorati in cui riuscì eccellente.

Per tre successive generazioni i suoi maggiori esercitarono l’artemedesima da Francesco e dal suo fratello *** seguita, istruitivi dal lorogentitore.

Lavori di fogliami, di fiori, e di svariati simili rabeschi in marmi colo-rati per pavimenti, e per cappelle, per tavolini furon da Francesco esegui-ti che attiravano l’attenzione per la diligenza ed esattezza da nazionali estranieri e quest’ultimi in gran numero recaron fuori le tavole in marmobene ornate di Francesco e di suo fratello, che belle e fatte trovavano divarie dimensioni a diversi prezzi nella loro officina presso Porta Felice.

L’opera che recò maggiore onore a Francesco fu la gran fonte contestadi diaspri con un tempietto ottagono per base che le dame di Palermo rega-larono a Vittorio Emmanuele re d’Italia, la quale fu ammirata da tutti nellaesposizione che se ne fece a Palermo, e quando fu inviata a Torino, e sucui scrissi io un articolo nel giornale il Diogene353 tributando all’artista imeritati elogii.

Una gran prova di abilità prima dato avea allorchè per incarico affida-tomi dal Senato di Palermo e da me al Lopes commesso staccò l’immen-so pavimento di marmi colorati e intrecciati in vari disegni della confra-terna della Pace fatta atterrare per ragioni politiche nel 1851 dal luogote-nente Principe di Satriano, e ricollocava nella sua integrità e bellezza nellagalleria del palazzo Pretorio.

<Giovanni Patricolo>

Si aggiungano se mancano le seguenti notizie all’art. necrologico delpittore Giovanni Patricola354 da Palermo stampato nel giornale il Diogene._________________________________

353 Diogene. Giornale letterario, Palermo, 1858-1889.354 Giovanni Patricolo, pittore, nato a Palermo nel 1789 e ivi morto nel 1861.

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Patricolo segnalossi principalmente nel dipingere i putti e sono bellis-simi quelli che fece in casa del conte Tasca fuori porta S. Antonino inPalermo come pure quelli nella casa del negoziante De Michele Lucionella via Butera.

Si distinse similmente nel dipingere a tempera o a guazzo e sono leg-giadri i quadrettini di vario argomento nella volta e negli spigoli degliarchi nella Parrocchia di S. Ippolito.

Segnalossi egualmente nel dipingere tele quaresimali che nella setti-mana santa si veggono pendere nella volta dinanzi all’altare maggioredelle chiese rappresentanti la discesa dalla croce del corpo di Gesù Cristo.

Egli introdusse il primo il costume di dipingerli a diversi colori al natu-rale, invece di essere monocromate di color turchino che invece è disgu-stevole.

La tela a colori della chiesa del Monistero di S. Caterina è ricca dicomposizione e di bello effetto.

È’ pure bella quella del Monistero di S.ta Teresa e inferiore l’altra dellaParrocchia di S. Antonio.

Il quadro ad olio del transito di S.ta Rosalia che fu da lui dipinto nellachiesa del Monistero del Salvatore sostituito a quello più antico diGiacinto Calandrucci355, pittor palermitano, non è delle migliori opere delPatricola e inferiore in merito a quello del suo predecessore. E così purdicesi dell’altro quadro nell’altare maggiore del Monistero dell’Assuntasostituito al precedente di Giuseppe Marchese scolare del Novelli.

Gli ultimi suoi quadri a tempra nella volta e ad olio nel primo altare amano sinistra entrambi nella chiesa del Monistero delle Stimmate nonsono certo de’ migliori, sebbene in quella ad olio vi siano delle belle testesenili.

In Carini vi sono in diverse chiese quadri ad olio del Patricola.In Palermo l’opera migliore per feracità di composizione, armonia e

buon gusto di colorito, sebbene in molte figure con poca correzione neldisegno è quella dell’altare maggiore della sudetta chiesa delle Stimmateche fu la prima opera grande ch’egli dipinse, promettendo più di quelloche poi fece in progresso di anni lavorando troppo a braccio e di praticaper l’affollamento delle commissioni.

Un’altra sua opera insigne è quella sul Conte Ruggiero dipinto356 atempera in centro nella galleria del Real palazzo di Palermo in gara con_________________________________

355 Giacinto Calandrucci, pittore e incisore, nato a Palermo nel 1646 e ivi morto nel 1707.356 Seguono cancellate le parole: “a fresco”.

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Giuseppe Patania e Vincenzo Riolo che pur vi dipinsero alle due opposteestremità altre azioni di Ruggiero, e in esse il Patania superò Riolo e que-sti il Patricola.

Famiglia siciliana Del Po’ cioè Pietro Giacomo e Teresa Celebri artisti

Famiglia siciliana Del Po’che diè rinomati artisti

Pietro Del Po’357

Nacque costui in Palermo nel 1610 forse fu allievo, ma certo imitato-re del Domenichino in Roma ove esiste di Pietro il quadro di S. Leonenella chiesa della Madonna di Costantinopoli. Era principalmente ammi-rato per diligenza squisita ne’ quadretti di storia. Si conservavano di essiun S. Giovanni decollato e la crocifissione di S. Pietro presso i signoridella missione di Piacenza. Nell’Accademia di S. Luca in Roma insegnòanatomia e prospettiva; ivi diessi ad incidere ad acquaforte e a ritoccare lestampe a bulino. Molte ne incise fra cui la Vergine con angioli delDomenichino, S. Girolamo genuflesso, la prudenza, la giustizia, la tempe-ranza, la fortezza, S. Girolamo nel deserto sull’originale di AnnibaleCaracci [!], la Cananea dal medesimo, l’Annunciazione della Vergine e lafuga in Egitto dal Poussin, Nettuno sul cervo da Giulio Romano.

Par che i piccoli quadri da lui ben dipinti e pure l’incisione gli abbia-no dato maggior fama. Morì in Napoli nel 1692 di 82 anni.

Giacomo del Po’358

Figlio del precedente. Non si sa se sia nato in Palermo o in Roma oNapoli verso il 1654 (1)359. Già per ragion del padre dalla legge è da con-siderarsi palermitano.

Il padre gli diè i primi elementi del disegno, ma volle poi avviarlo allascuola di Niccolò Pussino, suo amico, talchè cogli ammaestramenti di_________________________________

357 Pietro Del Po’, pittore, nato a Palermo nel 1610 e morto a Napoli nel 1692.358 Giacomo Del Po’, pittore, nato a Palermo nel 1654 e ivi morto nel 1726.359 A c. 117v nota in calce: “(1) De Dominici Vita dei pittori, scultori ed architetti napoletani. Napoliper Trani, 1846, tom. 4, pag. 280” <Bernardo De Dominici, Vita de’ pittori, scultori ed architettinapoletani... In Napoli, per Francesco e Cristoforo Ricciardi, stampatori del Real Palazzo, 1742-1743, v. 3, p. 496-515>.

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amendue riuscì egregio disegnatore e studioso di anatomia come il suogenitore e a 19 anni meritò di essere accolto nell’Accademia di S. Luca inRoma ove trovasi notato fra varî nel 1664 e gli fu conferita la carica di pre-cettore di anatomia.

Ivi dipinse il quadro del martirio di S. Lorenzo nella chiesa diSant’Angelo in Peschiera, l’altro della beata Vergine col Bambino, S.Agostino ed altri santi che furono molto lodati, ed egli se ne inorgoglì tantoche divenne aspro censore delle opere altrui da cattivarsi molti uomini; tal-chè il suo genitore risolvette nel 1679 di recarlo con lui in Napoli e fu rice-vuto nella congregazione dei pittori ed ivi mostrò molto valore nel disegnodel nudo e venne riguardato come ottimo disegnatore col fondamento di ana-tomia, di che intese gelosia il vecchio maestro Francesco Di Maria360 e più siaccrebbe il disgusto fra loro361 per ragion del nome di un muscolo e di un’ar-teria che il De Maria aveva sbagliato e indovinato il giovinetto Giacomo.

Insolentì Giacomo nel trionfo e fattosi amici molti giovani pittori, nonsolo divenne loro maestro, ma lodato da essi e sostenuto dal merito dellesue opere condotte con amore, studio e diligenza.

Fu adoprato da molti particolari in quadri da camera e indi da’ pp.Predicatori nella Chiesa di S.to Spirito di palazzo, ove rappresentò Gesùbambino circondato dagli angioli nella parte superiore e nell’inferiore vidipinse S. Pietro e San Paolo. Nel quadro mostra ch’egli si era già piegatopiù allo stile di Lanfranco362 che del Domenichino, ma non è certo de’ suoipoiché superò se stesso negli affreschi di quella chiesa. Aveva egli fattomolto studio pe’ poeti latini e italiani ed eccitatasi la fantasia ideava castecomposizioni di poemi pittorici con incredibili varietà di figure e bizzarrieabbaglianti per accidenti di luce, e magia di ben armonizzato colore.

Questo nuovo sistema l’allontanò dalla semplicità del Domenichinotrasfusagli nella prima età da suo padre, talchè trascese alquanto nel difet-to di grandi frescanti macchinosi del suo secolo e in parte nel manierismo.

Tuttavia il suo pennello brilla negli affreschi del marchese Genzano inuna stanza del duca di Matalona e in altre sette del principe di Avellino.

Francesco Solimena363, gran compositore e buon coloritore sebbenesentisse più di maniera di Giacomo che sapea all’opportunità moderarlaforse per invidia o per diversità di stile sprezzava le opere di Giacomo e vi_________________________________

360 Francesco Di Maria, pittore, nato a Napoli nel 1623, ivi morto nel 1690.361 Seguono cancellate le parole: “la gara”.362 Giovanni Lanfranco, pittore, nato a Parma nel 1582, morto a Roma nel 1647.363 Francesco Solimena, detto l’Abate Ciccio, pittore, nato a Canale di Serino, nel 1657, morto aBarra, Napoli, nel 1747.

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contrappose le sue che da molti furono preferiti per la fama e pe’ rapportiche godeva, di che Giacomo rimase dolentissimo e volendosi rivalere posemaggiore studio in un affresco del palazzo del principe di Cellammare oveintrecciò364 alla favola dello sponsalizio di Teti con Nettuno figure di fintostucco con quelle colorate e pregò il principe di non manifestare chi nefosse l’autore finchè non avesse sentito il parere del Solimena. Chiamatocostui a giudizio con altri pittori lodò quell’opera, ma per lo stile già muta-to e migliorato di Giacomo non seppe indovinarne il pennello.

D’allora Giacomo salì in rinomanza e moltissime e principali opereper chiese e per palazzi ebbe affidati in quella città come nel palazzo delDuca di Maddaloni, del M.se Positano, nella chiesa di S.ta Caterina aFormello365 de’ PP. Domenicani, come pure nella cappella del Real Palazzoove dipinse Dio Padre fra una schiera di angioli nella sagrestia di S.Domenico maggiore ove gareggiò col Solimena che ne avea dipinto la sof-fitta. Le opere di Giacomo ivi figurano fra le sue migliori.

Infinite sono quelle ch’egli fece nelle chiese di Napoli e sempre conbella e felice invenzione con tocco franco e con gusto ed armonia di colo-ri e gli si perdona se talvolta pecca secondo il secolo alquanto di maniera,ma in lui è pur grazioso e tollerabile. Ed io nel mio reiterato soggiorno inNapoli ammiravo sempre i quadri di questo insigne artista che se fosse vis-suto nel cinquecento avrebbe certo primeggiato tra i pittori di second’or-dine, ma in quello in cui visse fu uno dei primai, sì per la composizionesempre originale sì pel buon disegno e sì pel colorito.

Giacomo fu anche buon incisore; ma occupossi di quest’arte meno delpadre366, e morì in Napoli di anni 72 nel 1726 avendo meritato un lungo artico-lo biografico di Bernardo De Dominici fra le vite degli artisti napoletani; sebbe-ne egli non affermi assolutamente di essere nato in Napoli. Giacomo giovòmolto con l’emulazione da lui eccitata in quella città al progresso della pittura eper suo padre nell’incisione e vi lasciò molti scolari, ma nessuno il raggiunse.

Teresa Del Po’367

Fu figlia di Pietro e sorella di Giacomo. Anche per essa si dubita se sianata in Palermo, in Roma o in Napoli, ma per ragione del padre può riguar-_________________________________

364 Seguono cancellate le parole: “al soggetto mitologico”.365 Intendasi: “Formiello”.366 Seguono cancellate le parole: “di cui intagliò qualche”.367 Teresa Del Po’, pittrice, incerto il luogo della nascita (Palermo, Roma o Napoli) intorno alla metàdel ‘600, morta a Napoli nel 1716.

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darsi come palermitana. Dal progenitore apprese la pittura e progredì sotto ladirezione del fratello. Dapprima diessi a colorire ad olio piccole istoriette, poisotto un bravo miniatore straniero apprese in Roma a dipingere in quellamaniera ed indi anche a pastello. I suoi diligenti e leggiadri lavori li procac-ciarono l’onore di essere ancor giovinetta ascritta all’Accademia di S. Luca.

Recatasi in Napoli diessi a dipingere ritratti a miniatura e a pastello ea mezze figure la Maddalena e S. Giambattista per il duca di Maddalone epe’ sig.i Valletta una testa di cherubino ch’è modello di bellezza e perfe-zione e spira un aura di paradiso sembrando delle mani di Guido Redi368.Per la duchessa di Laurenzano Aurora Sanseverino dipinse l’immaginedell’Immacolata Concezione di Maria corteggiata dagli angioli. In casaBisignano eranvi suoi quadretti preziosissimi, cioè una Sacra Famiglia e lamorte di S. Giuseppe ben disegnati dipinti con meravigliosa finitezza.

Imitando il padre maneggiò il bulino e l’acquaforte; e incise opere diGiacomo suo fratello e di altri valentuomini e pel marchese del Carpio acui fu carissima la famosa Madonna col Bambino e l’angioletto, opere delCorreggio.

Sposatasi in Napoli e divenuta madre di una figliuola per nomeVittoria l’educò bene e ammaestrolla anche nella miniatura e poi diella amarito al sig. Bonifacio Patino, gentiluomo di S. Germano. Di costeidipinti possedeva il sig. presidente Tommaso Criscuolo un ballo graziosodi putti e una Madonna col Bambino con mezze figure al naturale. Perònon raggiunse col pennello la perfezione della madre. Essa cessò di vive-re nel 1716 con dolore universale di tutti, che ne avevano ammirato i suoisingolari talenti artistici.

Di Teresa Del Po’ io possedo nella mia collezione il ritratto al natura-le del giovine conte di Monforte dipinto mirabilmente a369 pastello concorazza a gola riccamata dipinta a tempra e bianca e prolissa parucca conricci capelli toccati a370 pastello. Sotto vi sta scritto: Teresa Del Po’ acca-demica romana.

Questo famoso ritratto anche per la bellezza del nobile personaggiosiciliano, che secondo il gusto strano del suo secolo essendo giovanissimoamava di comparir vecchio colla bianca parrucca fu da me acquistato, daun rivenderglielo [!], ma era alquanto sfregiato perocchè il pastello nonricoverto di cristallo facilmente si guastò.

Io il mostrai al celebre pittore Giuseppe Patania il quale anche nello_________________________________

368 Leggasi: “Reni”.369 Seguono cancellate le parole: “chiuso in ammirabile”.370 Segue cancellata la parola: “tempra”.

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stato in cui si era ridotto ammirollo talchè m’invogliai a farglielo ristora-re ed egli l’eseguì con tanta bravura che vedesi ripristinato alla primitivabellezza. Ed io ne lo pregai di scrivervi allato opposto col nome dell’au-trice e il nome dello stesso Patania come ristoratore e l’anno 1844.

Epifanio371 pittore forse del secolo XII°

Da una lapide e dalla tradizione rilevasi che il Conte Ruggiero in duecontrade vicine a Caltagirone riportò una vittoria sopra i saraceni e quin-di372 si appellano tuttavia il piano del Conte e lo Sarracine. Ivi fu innalza-to da quel prode guerriero un tempio a S. Giacomo di Galizia in omaggioalla riportata vittoria. Or son due secoli (1869) quel tempio crollò per untremuoto e rimase soltanto una cappella e il vetusto campanile. Si sa peruna lapide che la chiesa era tutta istoriata di affreschi e nella lapide silegge ancora Epiphanius pinxit. Ignorasi bensì quando fosse pitturataquella chiesa e donde fosse nativo quel pittore. Il dipingere a fresco è deitempi più antichi ed è probabile che dopo di esser compito quel delubro ilconte Ruggiero e i devoti del Santo in tempo non molto posteriore viabbian fatto dipingere da Epifanio i miracoli del Santo o altre sacre isto-rie. Se esistesse ancora effigiata qualche figura si potrebbe indovinare373

l’epoca in cui visse ed operò l’artista al confronto di altre dipinture anti-che che abbiamo in Palermo o che sono sparse nell’isola nostra.

Ne’ miei registri di artisti i cui nomi ho raccolto con gran pena e dili-genza non ho incontrato quello di Epifanio. Convien credere quindi chefosse un pittore locale, e forse di Caltagirone città colta ed opulenta. Io hocreduto di assegnarli il tempo di un secolo dopo a Ruggiero – quanto hocreduto opportuno pel compimento della chiesa col campanile per introdur-vi la sacra officiatura e per adornar di pitture le pareti – queste notizie misono state partecipate dal sig. Prof. Antonio Grimaldi di Caltagirone consua lettera di 20 Ott. 1869, nella quale chiedeva da me notizie e chiarimen-ti sull’indicato dipintor e gli fu risposto da me a 26 del detto mese comeappare dal mio registro nel modo che ho indicato compendiosamente.374

_________________________________

371 Epifanio Rosso, pittore, nato a Noto, attivo a Caltagirone nel sec. XVI.372 Segue cancellata la parola: “quella”.373 Seguono cancellate le parole: “al confronto”.374 Alle c.123-124 bifolio a stampa contenente l’ode “La madre pompeiana” dedicata da TeresaPetrozzi allo scultore Giosuè Meli. A c. 124r note manoscritte: “Questa opera di scultura fu apprez-zata a Roma trenta-mila piastre e un Inglese, che l’ammiro, ha fatto un Cuntratto per averla a Londra,riturlo dal G. Meli a cui darà settemila lire sterline.” e “che si crede parente del nostro poeta Meli”.

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Scultura siciliana 1864Giosuè Meli375

Costui nacque in Palermo e vantasi di appartenere alla famiglia delcelebre poeta Meli, ed io credo piuttosto che sia di una delle altre dellostesso cognome che esistono in Palermo ma di diversa origine e forse èfiglio di uno che faceva pupi di carta e di creta ed abitava pria del 1848 inToledo rimpetto la chiesa di porto Salvo.

Giosuè Meli giovinetto lasciò Palermo verso il 1844 recossi a Romaove studiò la scultura, e riuscì pregevole artista; talchè avendo impreso ascolpire in marmo una statua al naturale rappresentante una donna desola-ta nell’eccidio di Pompei, per la quale lavorò cinque anni fu ammirata daque’ conoscitori, ed apprezzata trenta mila scudi e lodata con un’ode daTeresa Petruzzi e venduta ad un ignoto signore inglese sette mila lire ster-line con l’obbligo di recargliela sana collocargliela nel suo palazzo inLondra.

Il Meli difatti partiva da Roma e indi da Livorno ove avea spedito lastatua nell’agosto del 1864.

Notizia comunicatami dal cav. Carlo Merlo con sua lettera da Livornode’ 24 agosto 1864.

Del dipingere a fresco intonacare

Questa maniera di pittura rimonta all’epoca greca, e passò nel Lazio edin Roma come si osserva in Ercolano, Pompei e in ***. Gl’Italiani quat-trocentisti l’ereditarono e i posteriori la seguirono preparando l’intonacocon calce ed arena crivellata di fiume; giacchè quella del mare co’ sali chespuntano fuori nuoce alla pittura. Vi si adoprano colori che la calce che visi mischia non può alterare, e questi sono le terre colorate. Le grandi operedi Raffaello, di Michelangelo Buonarroti e di Correggio mostrano per l’ef-fetto che il metodo moderno non è diverso dall’antico. Però i colori degliaffreschi di Ercolano, e di Pompei sono più vivi. Si è supposto che gli anti-chi conoscessero più bei colori che noi ignoriamo, e in effetto in Orientevi son terre colorate più belle che in Italia e di fatto la scuola di Veneziache col commercio se ne provvedeva è la più colorita fra le altre italiane.

Il sig.r Niccolò Müller originario tedesco; ma nato in Messina con_________________________________

375 Giosuè Meli, scultore, nato a Luzzana nel 1816 e morto a Roma nel 1893.

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assidue ricerche credette di trovare il modo come gli antichi dipingevanogli antichi [!] e dato prove che sono state applaudite, e particolarmentelodate a cielo da Luigi Cangrini [!] in una nota a pagina 261 del suo belPoema in isciolti Beatrice o il campo della natura e la sapienza italiana376:Napoli per Nobile 1860.

A me sembra che quanto al metodo nulla abbia potuto specular o con-getturare di nuovo, se non l’adoperar maggior diligenza nel preparare conla calce, e l’arena di fiume ben crivellata, e lavata, nè questa può dirsiinvenzione.

Più tosto ha potuto trovare a specular migliori colori più adatti pelbello effetto negli affreschi. E questo è certamente un gran servizio che hareso a quella maniera di dipingere. Del resto se egli non isvelasse il suovero o supposto segreto non puossi giudicar d’altro che dell’effetto de’colori.

I messinesi menarono gran vampa in un loro giornale ove apparve l’ar-ticolo l’intonaco Zancleo377, come un gran ritrovato. Un accenno sul meto-do si trova nella nota citata dal Cancrini [!] ch’è del tenor seguente: “Si ècreduto finora che gli antichi dipingessero sugl’intonachi freschi dellacalce; ma è questo un more che per tanti secoli ha intratenuto l’opinionede’ chimici e de’ pittori. Non è così per Muller, il di cui intonaco sembraun granito per durezza; ed egli mostra che i dipinti di Pompei non sono tra-sfusi sulla calce fresca, e sviluppa co’ fatti, com’eglino dipingessero,mercè la forza de’ colori e liquidi incancellabili sull’intonaco fresco”.

Sul passo indicato mi sia lecito osservare che il metodo del sig. Mullersi riduce non a dipingere sul tonaco fresco, come s’è fatto finora, per modoche i colori sciolti in calce aderiscano perennemente su quello, ma sull’in-tonaco secco. Or questo modo di dipingere detto da’ pittori a secco è cono-sciuto. Però non potendo i colori immedesimarsi e disseccar mutanoperennemente coll’intonaco fresco, la pittura è meno durevole perchèl’aria particolarmente quand’è esposta all’aperto e più la pioggia se laporta via non così sull’intonaco ancora umido.

Ne importa che quello del sig.r Muller dopo di essere disseccato sem-bra un granito per durezza, perocchè tale diviene ancora l’intonaco dopodi essere prosciugato. Non saprei quali prove adduca che i dipinti di_________________________________

376 Luigi Cancrini, La sapienza e le arti, o, La terra di Beatrice. Poema in 3 volumi, Napoli, Androsio,1851-1852.377 Carmelo Allegra, Pittura a fresco sull’intonaco Zancleo scoperta dal messinese Nicola Miller…Messina, Stamperia di M. Nobolo, 1845. Estr. da: Scilla e Cariddi. Giornale messinese di Scienze,lettere ed Arti, diretto dall’ab. Carmelo Allegra, anno III, Nuova Serie, fasc. I.

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Pompei non siano stati trasfusi sulla calce fresca giacchè non saprei per-suadermi che per la forza dei colori liquidi siano essi divenuti incancella-bili sull’intonaco secco. Si adduce per prova che il toro dipinto dal Müllersembra staccato da Pompei; essendo seccato potrà esser caduto in ingan-no com’egli asserisce qualche forestiere osservandolo. Credo verissimo ilcarminio e cinabro più tenero e i gialli adoprati dal Muller possano appa-rire vivi e così pure l’amaranto e il violaceo, e ch’egli adopri anche ilverde ignoto agli antichi frescanti, e questo colore in particolare sia statotrovato dal Muller. Ciò conferma quel che dissi di sopra che per tal riguar-do e non per altro la pittura a secco e non a fresco debba a lui moltissimo.

Poiché altro non si ottiene dal metodo di Müller che l’antico dipinge-re a secco nel quale il celebre nostro Giuseppe Patania da Palermo feceopere bellissime come puossi scorgere in tre sacri dipinti entro la chiesadel Seminario dei Greci nella gran volta della Galleria nell’antico palazzodel principe di Belmonte, ora del Barone Riso in Palermo di soggetti mito-logici non siamo al Müller obbligati pel suo metodo che è antico quanto lapittura; ma solo pe’ colori che ha potuto egli come asserisce l’articoloZancleo aggiungere nuovi e più splendidi a’ suoi dipinti.

Il suo metodo a secco ha l’inconveniente ch’essendo i colori distesi sulmuro non sfumano tra loro come quando sono sciolti in olio sulla tela, sullegno e anche sul muro. E per questo diè un felice risultato il nostro insi-gne pittore Gioachino Martorana378 nel gran quadro dell’altare maggiorenella chiesa dei PP. Crociferi in via Macqueda a Palermo; talchè ciascunoè convinto alla sfumatura delle tinte e mezze tinte cogli oscuri che il muroè suscettibile delle degradazioni quante volte i colori siano sciolti in olio.

Nel dipingere a secco bensì co’ colori sciolti in acqua collata sulla telao sul muro essi difficilmente possono tra di loro sfumare e risultano duri etaglienti, menochè non si osservi il dipinto a gran distanza.

Patania previde con fine accorgimento questo effetto e speculò d’inter-secare a guisa di rete con fine pennello le parti del dipinto tra la luce, lemezzetinte e le ombre con colori omologhi; talchè venne a sparire ladurezza e il tagliente del primo effetto e le carni ov’egli adoprava quest’ar-tifizio appariscono morbidissime come nell’antica maniera della miniatu-ra a piccoli tratti o a punta di pennello.

Della nuova invenzione del Müller potrassi dir forse se non sia com-provata coll’essere esposti i suoi dipinti per lunghi anni alle intemperie acui solo possono reggere i colori a calce sul muro fresco quello che io pro-_________________________________

378 Gioacchino Martorana, pittore, nato a Palermo nel 1736 e ivi morto nel 1779.

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vai colla esperienza nel tentativo del sig.r Mariano Grassi da Acireale checredette di avere speculato di dipingere a fresco con calce ed arena fineben lavata, ma sopra tavola e non sopra muro. Quel metodo sarebbe statocomodo invero al pittore che eseguendo il suo quadro pelle volte ponerdoveva a maneggiar il pennello colla testa supina credea il Grassi cheessendo il dipinto eseguito comodamente sul cavalletto poteva poi sospen-dersi con sgraffie di ferro alla volta ma ingannossi.

Ed io gli scrissi un articolo critico in un giornale379 provando che lacalce anche con un mestruo adesivo non si attaccava mai fermamente allegno; talchè resi fermi i suoi dipinti alla volta, in breve per il peso dellacalce e dell’arena dovevano staccarsi e cadere sul capo di che vi stavasotto.

Patania fu incaricato a giudicare della quistione e accorto com’eravolle per più mesi lasciato il dipinto in sua casa e senza anche esseresospeso in aria la calce si screpolò non avendo potuto aderire al legno sot-tomesso onde sarebbe stato pericoloso affisso ad una volta.

Il rinnomato poeta cav. Lionardo Vigo che scritto avea in favore delsuo concittadino Grassi380 restò convinto che l’invenzione di quello eravana e difatti fu in Grecia dimenticata. Così presagisco di quella di Müller.

Palermo, 27 gennaio 1866Io qui infrascritto certifico che nel Libro de’ Consigli di questo

Convento di S. Domenico di Palermo trovai scritto quanto appresso: Palermo, 18 gennaio 1866

Fu congregato consiglio per me p. maestro fr. Domenico Cipolla prio-re di questo Convento di S. Domenico nel tenore seguente:

Da molti artisti e amatori di belle arti si desidera che dal Convento deiPadri Cappuccini fossero trasferite in questa nostra chiesa le ceneri delchiarissimo pittore Giuseppe Velasquez, di cui noi abbiamo un bel quadrodi S. Vincenzo. In questo nostro Panteon già esiste un monumento innal-zato meritamente alla memoria di quell’illustre artista. Sarebbe perciò_________________________________

379 Agostino Gallo, Lettera di Agostino Gallo al chiarissimo sig. Leonardo Vigo di Aci-Reale egregiopoeta sul dipingere a fresco quadri portatili. In: Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia,Palermo, a. II(1833), v. VII, p. 107-124. La lettera è datata 20 agosto 1833.380 Lionardo Vigo, Su di un trovato di Emmanuele Grasso Naso pittore d’Aci Reale per dipingere afresco sopra tavola o tela: Lezione di Lionardo Vigo pronunciata nella tornata pubblica ordinariadell’Accademia di Scienze Lettere ed Arti de’ Zelanti d’Aci-Reale addì 14 marzo 1833. In: Effemeridiscientifiche e letterarie per la Sicilia, Palermo, a. II(1833), v. VI, p. 240-251. Il testo è “copia con-forme all’originale esistente nel primo volume degli atti dell’Accademia di Scienze Lettere ed Artide’ Zelanti d’Aci-Reale” (p. 251).

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conveniente e giusto che, previo il permesso delle autorità ecclesiastiche ecivili, dalla Chiesa dei Padri Cappuccini si trasferissero in questa nostra lespoglie di quel celebre Pittore tanto benemerito alla patria e tanto stimatodagli artisti.

A questo i Padri componenti il Consiglio annuirono e passatosi ilsegreto scrutinio, tutti i voti furono affermativi.

P. Maestro fr. Domenico Cipolla Priore, P. Maestro fr. Luigi DiMaggio, P. M.ro de’ Novizî di Provincia e Sottopriore fr. Giovan BattistaVaccaro, P. Predicatore Generale fr. Reginaldo Lodato, P. Lettore fr. LuigiDi Lorenzo, P. Lettore fr. Francesco Ferrante, P Lettore fr. VincenzoCapritti Segretario.

Per copia conformeIl Segretario de’ Consigli

P Lettore fr. Vincenzo Capritti

Pittori a miniatura in Sicilia

Riuniamo in questo solo articolo un legiadrissimo genere d’arte pitto-rica che sin dal secolo XII fu coltivato in Sicilia infinito è il numero di librisacri di varie dimenzioni adornati di figurine della vita di Cristo, dellaVergine e dei santi, e anche dell’antico testamento e di rabeschi a colore ein oro che si conservano nella biblioteca di Catania dei PP. Benedettini inquella dei medesimi di S. Martino presso Palermo, della Comune in que-sta città e presso i particolari. Le ho veduto molte ed uno in particolareposseduto dalle monache del Salvatore che secondo un’antica tradizioneed un’iscrizione a mano in greco apparteneva alla Regina Costanza men-tre ivi rimanea prima di sposarsi a Enrico VI.

Quel sacro ufficio in piccolo sesto fu da me illustrato con alcune sto-riche e critiche osservazioni381.

Le figurine di tutti questi libri divoti ordinariamente dipinti sopra per-gamena sentono dello stile dei musaici e mostrano che i pittori adoprati nelpreparare i fondi per essi colle figure a colore si occupavano anche a dipin-gere a miniatura in quei libretti; o che altri derivanti dalla loro scuola nefossero gli artisti. Quelle figure più o meno ben condotte mostrano colorivaghissimi particolarmente i vermigli, i celesti o pavonazzi e i gialli._________________________________

381 Agostino Gallo, Di un sacro codice membranaceo esistente presso le monache basiliane del SS.Salvatore in Palermo, che credesi essere appartenuto alla regina Costanza normanna. Relazione,Palermo, [1823?].

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L’arte della miniatura par che sia stata in decadimento tra noi nel seco-lo XVII se debbo giudicare da un dipinto della Beata Vergine col Bambinoricavato dall’originale del Correggio e ridotto alla dimenzione di palmo 1.e 4. di lunghezza e di palmo 1. di larghezza, che io possiedo lasciatomi inmemoria da mio padre.

Nel cominciamento del secolo XVIII bensì cominciò a risorger que-st’arte in Sicilia e particolarmente a Palermo come ho potuto osservare damolti quadrettini di varie istorie nel Palazzo di Trabia vicino Palermo die-tro il Reclusorio delle Croci. E particolarmente progredì quando ilVelasques accogliendo nel suo studio e indi il Patania molti allievi382

migliorarono notabilmente la pittura ad olio.Giuseppe Scaglione383 da Mistretta che frequentava lo studio del

Velasques impegnato nell’esercizio di dipingere il nudo e di dipinger adolio diessi tra i primi ad esercitare anche la miniatura divenuta a lui pro-fittevole pei ritratti; talchè egli ricavava da questo genere maggiore lucroe divenne il migliore miniaturista del suo tempo e meritò di essere sceltoa precettore384 del Duca e della Duchessa d’Orleans soggiornanti in Sicilianel 1812 indi saliti al trono di Francia.

Lo Scaglione disegnando correttamente le figure e con estrema somi-glianza i ritratti sapea condurre i suoi lavori con buon gusto dei colori ebell’effetto.

Io ne possiedo un quadrettino di circa 2 palmi e 4 per largo e dipalmi 2 per lungo della famiglia di Francesco Bologni rappresentatoda cacciatore, la moglie ed una figlia in una casina campestre conveduta d’un giardino e pure dello stesso Scaglione un altro quadretti-no quasi della stessa dimenzione ove scorgonsi due fanciulli che sitrastullano in un giardino. Ho veduto pure di lui un ritratto a miniatu-ra della dimensione di un palmo per lungo e poco meno per largo rap-presentante un signore inglese vestito per bizzarria alla musulmana,lavoro insigne da meritare un posto distinto in un gabinetto di unapubblica galleria.

Lo Scaglione solea dipingere sopra cartoncini inglesi preparati all’og-getto non appunti di pennello come anticamente predicavansi ma a trattivicinissimi da non poterne scorgere la prossimità, talchè le tinte sembra-vano fuse tra loro come se fossero ad olio ed aveano tale effetto vigorosoche le figure sembravano dipinte ad olio._________________________________

382 Seguono cancellate le parole: “fecero progredire”.383 Giuseppe Scaglione, pittore e miniaturista, nato a Mistretta nel 1772 e morto a Palermo nel 1857.384 Seguono cancellate le parole: “di miniatura”.

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385

Buon pittore e miniatore fu Francesco Sacco385 da Palermo e anche uncerto Cento386. E sebbene il primo fosse dell’altro migliore entrambi nonraggiunsero lo Scaglione il quale abbandonatosi alla miniatura e a darlezione di disegno perdette l’esercizio di dipingere ad olio, in cui sembra-va di riuscir bene con i387 primi suoi quadri da chiesa dipinti per la suapatria.

Il Nizzola388 da Palermo allievo del Patania ridusse a miniatura sotto lasua direzione alcuni suoi quadri da cavalletto di leggiadro argomento erecatosi a Firenze migliorò molto nell’arte e divenne, morto lo Scaglione,amico del Sacco.

Anche un certo Spallina389 da Palermo copiando il mestiere paterno ditagliapietre ove giovinetto disegnava su’ massi e sulla carta e osservato dalre Ferdinando 2° gli assegnò una piccola pensione. Introdotto da me nellostudio di Patania e inoltratosi, nel disegno cominciò a copiare a miniatura ipiù leggiadri quadri del suo maestro, ed io ne possiedo uno ov’è rappresen-tata una donna con tre bambini, che il Patania ad inchiesta di d. Giov. Batt.Cutelli ricavato avea dalla stampa originale del Correggio. Egli diessi poicon buon successo alla pittura ad olio. Il Patania nella sua prima gioventùdipinse bene a miniatura come negli altri generi e fece il ritratto del giovi-netto figlio del marchese Drago come pure una donna ignuda giacente sulletto voluttuosamente che lasciò incompiuto, e che io possiedo e quello equesta ben dipinti e particolarmente il primo con la consueta sua grazia.

Superò tutti bensì il vivente Guglielmo Faija390, che dapprima si eser-citò nella miniatura in Palermo col suo fratello Stefano391 e lasciollo indie-tro allorchè ebbe la fortuna d’essere sostenuto da d.a Giovanna Moncadaprincipessa di Paternò per migliorare nell’arte prima in Napoli e poi inFrancia presso il celebre M.r Comte392 ove divenne un artista di prim’ordi-ne in quel genere.

Aspirando egli a maggior fortuna recossi in Londra e avendo mostra-to al pubblico i suoi ritratti condotti con mirabile artificio e squisito gustoacquistò fama di essere il migliore artista in quel genere altronde ben col-_________________________________

385 Francesco Sacco, pittore e miniaturista, nato a Palermo nel 1797, vivente nel 1841.386 Salvatore Cento, pittore miniaturista, nato a Palermo e documentato nel 1833. Cfr. ASP, RealSegreteria di Stato, Presso il Luogotenente Generale in Sicilia. Ripartimento Polizia, Repertorioanno 1833, filza 170, fasc. 1, doc. 104 (21 nov. 1833).387 Segue cancellata la parola: “alcuni”.388 Giovanni Nizzola, pittore e miniaturista, attivo nel secolo XIX.389 Girolamo Spallina, pittore e scultore, nativo di Prizzi, attivo nella seconda metà del secolo XIX.390 Guglielmo Faija, pittore e miniaturista, nato a Palermo nel 1803, morto a Londra nel 1861.391 Stefano Faija, miniaturista, nato a Palermo, vivente a Parigi nel 1848.392 Pierre-Charles Comta, pittore, nato a Lione nel 1823, morto a Parigi nel 1895.

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tivato da’ diligenti inglesi e la393 regina Vittoria che ne volle i ritratti lonominò pittore di corte. Vive egli agiatissimamente nella città e sposò unasignora inglese.

La miniatura in Palermo come altrove è stata destrutta dalla fotografiadopo il 1830, in cui essendo stata introdotta in questa città dal menzionatoStefano Faija e poscia da molti altri siciliani e stranieri e apprestando ritrattisomigliantissimi, opera del sole e non dell’arte al modico prezzo di una liral’ha reso quasi inutile essendo sin più dispendiosa. Io previdi sin dal principioil danno che recar doveva394 la fotografia395 ai pittori tanto ad olio che a minia-tura molti de’ quali vivevano co’ ritratti, e ne scrissi un ragionato articolo incui provai non solo il danno, ma che non meritasse quella invenzione di esse-re neppure esaltata perocchè in essa non può ammirarsi l’arte ch’esalta l’inge-gno dell’uomo per l’imitazione del vero e gareggia con la natura; laddove que-sta, ministra di Dio, opera per effetto della sua potenza e non fa ammirare l’uo-mo che nella sua fisica struttura, e insieme Dio per questa e per le facoltà intel-lettuali insieme. Sostenni poi che sia vero che la fotografia diviene utile peralcuni casi straordinarî quando, cioè, non avvi il tempo sufficiente per condur-re ad olio o a miniatura un ritratto, e che giova poi moltissimo all’architettura,perocchè possono ottenersi senza il dispendio d’innalzar palchi i disegni de’grandi e belli edifizî, che sono norme agli studiosi di quell’arte, i quali neottengono i disegni facendo le esatte proporzioni degli originali. Difatti io neho veduti molti e fra questi in una gran carta il portico del Vaticano. Ad ora lafotografia ha tanto progredito che all’esposizione di Firenze fu presentato ilritratto al naturale dell’intera persona di Vittorio Emmanuele Re d’Italia, néseppesi giudicare se fosse in un solo pezzo o in varî ben congiunti artifiziosa-mente infime. Quella fotografia era certo una meraviglia dell’arte.

Su Paolo Brami396 o Bramero397

e su Giovanni Brama398 entrambi di Palermo

Poco sappiamo di questo egregio artista palermitano che fiorì dopo lametà del secolo XVI. Il Mongitore appena ne accennò il nome399 in un suo_________________________________

393 Seguono cancellate le parole: “Real Corte”.394 Seguono cancellate le parole: “alla pittura”.395 Seguono cancellate le parole: “agli artisti”.396 Paolo Bramè (o Bramero), pittore, nato a Palermo nel 1560, morto presumibilmente tra il 1609 edil 1610. Cfr. Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori… cit., p. 455.397 Seguono cancellate le parole: “di Palermo”.398 Giovanni Brame, pittore su porcellana, nato a Palermo, attivo a Faenza nel 1546.399 Antonino Mongitore, Memorie dei pittori, scultori, architetti … cit., p. 120-121.

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manoscritto ed io un quadro da chiesa dipinto ad olio400 della Circoncisionegià posseduto dalla Camera Notarile di Palermo e donato alla Pinacotecadella nostra Università. In esso leggesi il nome latinizzato e l’anno 1589.Il Mongitore lo crede scolare di Polidoro da Caravaggio. A giudicare dallostile di quel quadro comunque alterato per molti restauri a me sembra cheegli abbia seguito la maniera grandiosa del Buonarroti. Io copiando ilMongitore lo accennai per nota di n. 1 a pag. 23 nell’elogio del Novelli401,indicandolo anche allievo del Polidoro, ma a più matura riflessione locredo piuttosto del Buonarroti.

Posteriormente sono venuto in cognizione di un altra sua opera acqui-stata dal Duca della Verdura, ed è un suo diligente dipinto a miniaturasopra una pergamena circa un palmo lunga, larga oncie otto rappresentan-te in figure intere all’inpiedi diligentemente colorate S. Francesco e S.Lorenzo con rabeschi in oro attorno al quadrettino e sotto i piedi de’ duesanti in minutissimi caratteri leggesi Paolo B.ma F che facilmente s’inter-petra [!] Paolo Brama fece. Molto più che che in un’opera veduta sullemaioliche e porcellane stampata e pubblicata in Parigi da Demmin402 pag.26 sta annotato un Giovanni Brama di Palermo come autore di una lastradi creta di Faenza a smalto vitreo della Deposizione dalla Croce, col dettonome senza accorciamento, e l’anno 1546 e sotto sta scritto Faenza checonservasi in un museo di Scugard403 in Germania.

Dunque il nome di famiglia era Brama che ridotto in latino nel quadrodi Paolo divenne Bramerus.

Or questo Giovanni che viveva e dipingeva stoviglie figurate inFaenza nel 1546 per l’anteriorità a Paolo, che fioriva nel 1589, puossi sup-porre, essendo come l’altro palermitano, di essere stati padre, zio o fratel-lo maggiore di Paolo.

Giovanni poi, lasciando Palermo si addusse come artista operajo allafabbrica di Faenza. Quanto a Paolo che appartenne come è da supporrealla stessa famiglia, par che abbia fornito i suoi studi in Roma, poiché ne’quadri ad olio, come in quello della nostra galleria rilevasi par che abbiaimitato il gran Buonarroti, e nella stessa sua miniatura scorgesi lo stile404

michelangiolesco nonostante la piccola diligenza e finitezza del lavoro._________________________________

400 Seguono cancellate le parole: “de’ santi Pietro e Paolo”.401 Agostino Gallo, Elogio storico di Pietro Novelli da Monreale famoso dipintore anchitetto ed inci-sore … Seconda edizione riveduta e corretta, Palermo, R. Tipografia,1828, p. 27, nota 1.402 Auguste Demmin, Guide de l’amateur de faïences et porcelaines … Paris, Veuve Jules Renouard,1861; Nouvelle édition augmentée, Paris, Veuve Jules Renouard, 1863.403 Forse Stuttgart.404 Seguono cancellate le parole: “ma con maggior”.

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Altri suoi quadri non abbiamo in Palermo, forse se ne possono incontrarenelle chiese dell’interno dell’Isola nostra, onde può credersi ch’egli morìgiovane senza aver lasciato altre opere.

Nella destrutta parrocchia di S. Giacomo alla Marina in Palermo vi eraun quadro rappresentante S. Pietro e Paolo figure al naturale, che io giudi-cai del suo stile ma o della prima gioventù o sia di qualche suo scolare.

Di Giovanni suo parente altro non sappiamo che il dipinto della majo-lica in Faenza.

Appunti sulla scultura

Queste antichissime sculture in Sicilia sentono dello stile etrusco,come quelle su le rocce, e alcune dello stile egiziano come tre metope den-tro de’ tempii di Selinunte che scorgonsi ora deportate nell’Università diPalermo, e che appartengono agli scolari siciliani dagli scolari di Dedalo,ma quelle sulle rocce forse sono più antiche e dovettero essere lavorate daqualche artista etrusco passato in Sicilia dal vicino continente.

Si sa dall’istoria che gli Etruschi coltivarono la scultura e la pitturaprima de’ Greci come ha provato con buone ragioni il Mazzocchi nell’ope-ra sua sull’origini italiche405.

Si sa ancora dall’istoria che Suriano scultore etrusco 590 pria di Cristofu chiamato in Roma da Tarquinio per farvi de’ lavori di scarpello, e il suofiglio dello stesso nome detto il Superbo invitò anche in Roma altri406 moltiscultori allo stesso oggetto; perocchè pria di quel tempo fiorivan le arti inEtruria, come può rilevarsi dall’opera del Conte di Caylus sulle antichitàetrusche407 / Tallets Chronol, t. 1 pag. 533/.408

_________________________________

405 Alessio Simmaco Mazzocchi, Dissertazione sopra l’origine dei Tirreni. In: Saggi di dissertazioni… lette nella nobile Accademia Etrusca di Cortona, III, 1741, p. 1-66. La dissertazione fu poi ristam-pata, postuma, insieme ad altri scritti del Mazzocchi, nel secondo tomo degli Opuscula quibus ora-tiones, dedicationes, epistolae, inscriptiones, carmina ac diatribae continentur, Neapoli, apudRaymundos, 1771-1775, v. 2, p. 75-204.406 Segue cancellata la parola: “artisti”.407 Anne-Claude-Philippe de Pestels de Levis de Tubières-Grimoard, archeologo francese noto comeComte de Caylus. Scrisse la Recueil d’antiquités égyptiennes, étrusques, grecques et romaines,Paris, 1752-1767, 7 v. 408 Francis Tallets, Chonological tables of the history. Citato In: Johann Burkhardt Mencke,Bibliotheca Menckeniana quae autores praecipue veteres graecos et lat. historiae item literariae,eccl. et civilis, antiquitatum ac rei nummariae scriptores, philologos, oratores, poetas et codicesmss. complectitur, ab Ottone et Jo. Burchardo Menckeniis, patre et filio multorum annorum spatiostudiose collecta, et justo ordine disposita, Editio altera, longe emendatior, ordinatiorque, quartanunc parte aucta, et notulis raritatis appositis, magis ad usum accomodata, Lipsiae, apud Jo. Frid.Gleditschii fil, 1727, p. 250.

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La vicinanza dell’Etruria alla Sicilia ci fa fondamenta credere che laprima e più antica scuola di scultura in quest’isola sia stata fondata da qual-che artista qui venuto da quella regione o da qualche siciliano ch’essendo-si recato in Etruria e poi ritornato in patria vi abbia introdotta quell’arte.

La scuola di Dedalo che venne e dimorò molto in Sicilia sarebbe poste-riore all’etrusca.

Notizie artistiche

Il canonico vicario Pietro Calcara possiede un lavoro egregio model-lato in cera di figure della celebre Anna Fortino409 rappresentante la fugain Egitto con Maria il Bambino e S. Giuseppe ed una corona di angioli.L’autrice reputandolo degno di lei vi scrisse il suo nome.

_____________Il Presepe di molte figure incise in legno nella prima gioventù di

Valerio Villareale410 con grazia ed espressione singolare e segnati dal suonome acquistato dal cav. Benzo fu venduto nel 1865 ad un signore ingle-se che lo spedì in Inghilterra.

Però con poco decoro n’escluse alcune figure di villani che furono rite-nute dal cav. Benzo.

Soscrizione per un monumento onorario funebre del celebre p.Gioachino Ventura col suo busto marmoreo nella Chiesa di S. Domenicoin Palermo divenuta il Panteon degl’illustri siciliani per cooperazione diAgostino Gallo.

Il p. Gioachino Ventura411 nato a Palermo agli 8 dicembre 1792 e mortoa412 a Versailles a 2 agosto 1861 acquistò somma celebrità con la sua onni-gena dottrina, colla sfolgorante sacra eloquenza e con le molte sue opereapplauditissime in Roma, in Napoli, nelle altre parti d’Italia e finalmentein Parigi ove gareggiò nel pulpito col rinomato Lacordaire413 e dagli stessi_________________________________

409 Per Anna Fortino cfr. Agostino Gallo, Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte dell’incisione … cit.,p. 208-209.410 Vedi nota n. 8, p. 288.411 Gioacchino Ventura, religioso, filosofo e patriota palermitano.412 Segue cancellata la parola: “Parigi”.413 Jean-Baptiste (in religione Henri-Dominique) Lacordaire (1802-1861), religioso, giornalista epolitico francese, sostenitore del cattolicesimo liberale.

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giornali francesi n’ebbe la preferenza e meritò da Napoleone 3° un bustomarmoreo.

Questi titoli basterebbero ad ottenergli in patria l’omaggio di un monu-mento funebre; ma ben altri per noi importantissimi può egli vantareperocchè con quattro opere414 politiche difese i dritti della Sicilia e sma-scherò la perfidia della diplomazia che di concerto col Governo napoleta-no li avevano annullati. Egli sostenne la decadenza della real famiglia allo-ra dominante e per quest’opera ed altre dovette rifugiarsi in onorato esilioin Parigi e premorì col desiderio di riveder la patria libera e unificataall’Italia. Ma essa seguace dell’antica sentenza Nemo propheta in patriasua ha interamente or obbliato la sua memoria che fu onorata soltanto dauna415 vita in Italia fra quelle degli ultimi insigni uomini del secol nostro416,e prima di una più estesa e più sennata e particolarizzata nel supplimentoalla biografia universale antica e moderna417, stampata a Parigi da Beck nel1862 e compilata da’ primi letterati e colti della Francia.

Questi onori tributati meritatamente al Ventura dagli stranieri sono untacito rimprovero alla sconoscenza della sua patria, che neppur ne possie-de il ritratto. A ciò riparar volle Agostino Gallo, suo ammiratore, e ne fe’dipingere in Roma l’effigie dal suo amico cav. Natale Carta418 sull’origina-le, che ne possiedono i pp. Teatini in Roma ed è riuscito di tal somiglian-za ch’è stato riconosciuto da tutti.

Or egli419 desideroso d’innalzarglisi un monumento funebre in S.Domenico offre per modello del busto il ritratto che ne possiede e a sìnobile impresa invita tutti i suoi buoni concittadini zelanti delle gloriepatrie e affinchè non si dica ch’egli sia largo in parole420 e avaro infattinonostante le sue ristrette circostanze per altri simili dispendî nel Panteonindicato si sottoscrisse il primo

Agostino Gallo ————————————————-lire 25_________________________________

414 Segue cancellata la parola: “diplomatiche”.415 Segue cancellata la parola: “biografia”.416 Enrico Montazio, Gioacchino Ventura, Torino, Unione Tipografico-Editrice torinese, 1862 (I con-temporanei italiani. Galleria nazionale del secolo XIX, 56).417 Biographie universelle ancienne et moderne, ou Histoire par ordre alphabétique de la viepublique et privée de tous les hommes qui se sont fait remarquer par leurs écrits, leurs actions, leurstalents, leurs vertus ou leurs crimes, ouvrage entièrement neuf, rédigé par une société de gens de let-tres et de savants, Paris, 1811-1862, 85 v.418 Vedi nota n. 82, p. 305.419 Segue cancellata la parola: “propone”.420 Il testo che termina a c. 140v con le parole “ch’egli sia largo in parole” continua alla c. 145r con leparole “e avaro infatti” e termina con le parole “lire 25”. Segue trascritto il testo delle c. 141-144 checomincia con le parole “Sul p. Ventura di Palermo” e termina con le parole “pe’ pp. Teatini di Roma”.

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Sul p. Ventura di Palermo celebre orator sacro e scrittore politico

In una vita del Ventura scritta da Enrico Montazio nelle raccolte deicontemporanei italiani del secolo XIX e stampate in Torino dai tipi dellaSocietà editrice nel 1862 con l’incisione del ritratto affatto dissomigliante(1)421 un avvenimento interessante di quel valentuomo è appena accennatoe tradita in parte la di lui nobilissima aspirazione all’unità italiana secon-do la possibilità del tempo calcolando con poco senno le progressivemutazioni nel Governo italiano quando nel 1860 agglomerò la penisola ela Sicilia allo stato piemontese.

Il Montazio liberale italianissimo e fautore dell’unità non calcolò benei tempi successivi benchè rapidi quando adopravasi il Ventura al grandescopo e scriveva alcune opere sue e gli addebitò colpe che non meritavané seppe penetrare nel primario scopo del medesimo, né ravvisare l’indo-le morale e intellettuale.

Il Ventura nato in Sicilia in Palermo amantissimo della patria alloraoppressa dalla tirannide, spogliata di tutti i suoi antichi dritti costituziona-li e cruciata da feroce polizia dettò le sue opere politiche sulla Sicilia perstrapparla al giogo borbonico e conservandone l’indipendenza e la costi-tuzione politica annodarla per lega difensiva ed offensiva agli altri statid’Italia sotto il nuovo sovrano scelto dal Parlamento del 1848 talchè rico-noscendo i principî manifestati allora di Pio nono e la supremazia cheapprestavagli la religione col papato potesse giovare all’isola nostra anchecolla protezione del medesimo dal Ventura espressamente implorata ondeFerdinando la cedesse al di lui secondogenito. Tutto ciò ignora ilMontazio, né penetrò mai quel gran principio del Ventura opportunissimoallora, cioè che la religione sostiene la libertà dei popoli e la libertà la reli-gione. Principio ch’egli sparse in tutte le sue opere.

Ignorava anche il Montazio i motivi segreti e le mene cardinalizie perfar cadere dall’animo di Pio nono il Ventura che ne dirizzava la mente e lacoscienza talchè fu obbligato ad abbandonare Roma e ripararsi in422 Parigiove coll’eloquenza del pulpito superò o almeno rivaleggiò col celebreLacordaire come i fogli francesi annunziarono e s’attirò la stima di LuigiNapoleone nonostante che gli abbia annunziato ardue verità onde gli fuinnalzato un busto.

Le ragioni segrete che l’indussero ad allontanarsi dal Pontefice ch’egli_________________________________

421 A c. 141r nota in calce: “(1) Potevasi ricavare dall’originale somigliantissimo dipinto del celebrecav. Natale Carta pe’ pp. Teatini di Roma.”422 Segue cancellata la parola: “Francia”.

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tanto riveriva ed amava al quale pe’ suoi consigli contribuito avea adacquistare una fama universale e l’amore de’ popoli.

Questi motivi sono svelati dal prelato monsignor Carlo Gazola cheacquistossi estesa riputazione coi suoi dotti giornali *** e il Positivo423

scritti nelle vertigini del 1849-50 per cui dopo la reazione e il ritorno delPontefice nonostante l’amnistia generale fu egli dall’iniqua corte giudizia-ria in Roma condannato all’ergastolo perpetuo di Cometa, ove per l’insa-lubrità dell’aria in breve perir doveva. Ma egli ch’erasi attirato la stimacome credesi dell’esercito francese in Roma evase dal CastelSant’Angelo.

Ecco quel che narra delle prime, lodevolissime imprese di Pio nono ein seguito dell’influenza su lui del p. Gioachino Ventura:

“Chi ama di ritrovare il bindolo di quanto si fa e pensa nella odiernacorte di Roma non è a dimenticare mai che i primordî del pontificato di Piotanto applaudito dal popolo erano tormento e paura a’ cardinali di qualun-que fazione, tanto da quelli che in conclave non lo volevano papa, quantoa quelli tranne cinque o sei che lo avevano co’ loro voti eletto papa: né pare-vano mortificati e pentiti i secondi e non dissimulavano a fatti e parole iloro mali umori, egli però poco curando gli uni e gli altri, forte dell’adesio-ne popolare, poco dopo l’amnistia metteva mano a liberali riforme. Allentòil guinzaglio della censura alla stampa, concesse l’apertura, istituì la guar-dia civica, creò ministri responsabili. E procedeva sì franco nella nuovamaniera che siccome i nemici di Giulio 2° il mordevano che fosse più sol-dato che papa, così gl’invidiosi e nemici di Pio nono lo accusavano di appa-rire più profano che sacro, più capo dei liberali scomunicati d’Italia checapo visibile della chiesa di Cristo, più sognatore di conquiste sull’Austriache premuroso della salute delle anime. Gl’intromisero con fine destrezzaquesta opinione nella reggia e gli fecero fin anche arrivare all’orecchio ilsarcasmo di quella dama di Francia che in ogni conversazione di Parigiappellava il novello Pontefice col nome di Caporal Pio nono.

Ne lodavano astuti l’ingegno compiangendolo ad un tempo che tropporisentisse del fuoco dell’Etna, onde come siciliano traeva i natali, peccatodicevano che fosse di poco ferme opinioni peccato che scrittore dellenapoletane effemeridi dopo la rivoluzione dei carbonari di Napoli del1820 e 1821 difendesse con tanta eloquenza i gesuiti ed oggi li avversas-se con tanto livore. Stato amico e seguace di Lamennais424 tenea sempre_________________________________

423 Il Positivo, quotidiano romano, fu fondato e diretto da Carlo Gazzola dal 30 dicembre 1848 al 31maggio 1849.424 Felicité-Robert de La Mennais (1782-1854), sacerdote, pubblicista e filosofo.

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alcun che di quella fanatica scuola. Fatto da Leone XII professore nellaRomana Università di pubblico dritto ecclesiastico ebbe ivi a non molto adabbandonare la cattedra per discussioni almeno più prudenti se non sidevono chiamare erronee. Con tutto ciò conchiudevano il p. Ventura è ungrand’uomo e pochi possono con lui gareggiare in eloquenza e sapienza.

Conditi così ad arte con molte lodi impressionavano il fievole animodel Pontefice che odi oggi a favellare in tal guisa Monsignor Catteriniassessore del Santo Uffizio odi domani il cardinal Simonetti, e poi ilCardinale Patrizi, e poi Monsignore Bernabò segretario di propaganda, epoi Monsignor Gentilucci, finì come da aspettar era col diffidar delVentura. Tanto più che il coraggioso padre gli schiccherava certi amarissi-mi versi non graditi per solito a chi vi ascolta dall’alto.

Un bel giorno, a cagion d’esempio, gli disse (a noi raccontollo ilVentura). Guai se V.S. si arresta nell’impreso cammino delle istituzionicivili. Per la S.V. non vi è più via di mezzo o salire al sommo della gloriacorrendo co’ liberali, o cader nel fango co’ retrogradi.– Mostrava ilPontefice di gradire dalla bocca del suo privato consigliere tai franchi par-lari: sa Dio solo ciò che in cuor meditasse. Certo è che le chiamate delVentura al palazzo divennero più rare in modo che il pubblico sospettò dis-sapori da una parte e dall’altra o mutati consigli nel papa” 425.

Scultura in Sicilia nel secolo XIX426

I fratelli Lanzarotto da Palermo si sono addetti alla scultura verso il1860. Uno di essi per nome ***427 presentò all’Esposizione delle belle artimodellato un cane al naturale che dolente guardava la tomba del suopadrone.

La verità e l’espressione della tristezza gli attirarono il plauso univer-sale. L’altro fratello428 recossi in Parigi ed entrò nello studio di Giuseppe_________________________________

425 Carlo Gazola, Il prelato italiano monsignor Carlo Gazola ed il Vicariato di Roma sotto Papa PioIX. 1849-1850. Accusa, carcerazione, difesa, condanna e fuga del presunto reo di crimenlese coirelativi documenti autentici giustificativi, Torino, Tommaso Vaccarino, 1850, p. 16-19.426 La c. 146 contente il testo è cucita in modo che il verso precede il recto.427 Francesco Lancerotti o Lanzarotti. Citato come Francesco Lancerotti nel Catalogo degli oggettidi Belle Arti esposte nel Palazzo Senatorio di Palermo il dì 30 maggio 1853, Palermo, stamperia diPietro Morvillo, 1853, p. 31, n. 159; citato come Francesco Lanzarotti nel Catalogo degli oggetti diBelle Arti esposte nel Palazzo Senatorio di Palermo il dì 30 maggio 1856, Palermo, Tipografia diBenedetto Lima Lao, 1856, p. 31, n. 165-167.428 Giovanni Antonio Lanzirotti, scultore, nato verosimilmente a Napoli nel 1830 e morto a Palermonel 1911.

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Pollet429, figlio di un francese e di una palermitana, nato in Palermo e unodei migliori allievi del celebre Valerio Villareale.

Il Pollet ch’erasi acquistata già fama nel Belgio e indi in Parigi con lesue statue indirizzò il Lanzarotti sì bene nell’arte che dopo qualche annodivenne anch’egli buono scultore; ma mostrossi ingrato verso il suo mae-stro e gli fe’ acuta guerra per mezzo del giornalismo.

Questo esempio non è nuovo nell’istoria dell’arte; ma quegli artisti oletterati che divengono sconoscenti verso i loro precettori non sono dissi-mili di alcuni animali di cattiva indole che mordono le poppe della madreche porge loro l’alimento della vita.

Il Lanzarotti detrimendo la fama del suo maestro se pure lo ha supera-to si è acquistata con la sua ingratitudine una reputazione infame. Non cosìpraticò il buono e gentile Raffaello Sanzio che nonostante di essersi430 ele-vato a grande altezza sopra il suo maestro Pietro Perugino, pure volle ono-rarlo col dipingerne il ritratto nella scuola di Atene, ed essendogli statoordinato di cancellare alcune pitture nel palazzo Vaticano e sostituirvi levere negossi ostinatamente; talchè esistono le prove della sua delicatamorale e riconoscenza. Egli si fe’ ammirare coi suoi sublimi dipinti nellealtre stanze di quel sontuoso palazio senza offendere la reputazione dicolui che lo aveva sì bene indirizzato nell’arte.

Il Lanzarotti vive agiatamente in Parigi (1866) con la scultura, maignoriamo quali opere abbia egli fatto.

L’altro fratello modellatore del cane431 ignoriamo se viva e se abbialavorato ulteriormente nell’arte sua.

Associati alla scultura del busto del p. Ventura da eseguirsi da meRosolino Barbera432

Soscritti e promessi

Agostino Gallo pel valore del ritratto dipinto del celebre busto in Roma nel suo originale £. 153Cav. P. Giovanni Vannucci £. 50Cav. P. Salvatore Lanza £. 50

_________________________________

429 Joseph Michel-Ange Pollet, scultore, nato a Palermo nel 1814 e morto a Parigi nel 1870.430 Segue cancellata la parola: “innalzato”.431 Seguono cancellate le parole: “è ignoto”.432 Rosolino Barbera, scultore, la cui attività è documentata tra il 1851 ca. e il 1863.

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Conte Tasca £. 100Un incognito £. 10P.pe Diego Ansaldi £. 25P. Alliata promesse £. 25P. Lucchese

promessa a tempo e somma indeterminataCav. Vigo £. 10Municipio di Palermo £. 100Il P. Ottavio Lanza £. 50Conte Sommatino £. 10Cav. Ercole Lanza £. 10Principe di Scalea £. 10Pagata la somma al Gallo e da questi allo scultore BarberaP. Evola £. 5Principe Galati £. 50

Esazione di Barbera su i pagamenti eseguiti sin’oggi 15 luglio e da meBarbera ricevuti

Dall’ incognito £. 10Dal Conte Tasca £. 100Dal P. Salvatore Lanza £. 50Barbera

PagatiDal Municipio £. 100Pagati P. Ansaldi £. 25Vigo pagata £. 10Ricevute Rosolino Barbera

P. Vannucci pagata £. 50Ricevute Rosolino Barbera

Padre Ottavio Lanza pagata £. 50Rosolino Barbera

Pagati al Barbera lire 30 per tre individui della famiglia Lanza come dicontro

Rosolino Barbera

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Pagati lire 5 per conto del p. EvolaA Barone Ventura, e canonico

Da parlarsi al barone Atanasio Battifora

Si volti

Palermo li 26 sette. 1869Il Barone Atanasio ha pagato per mezzo del sig.r Agnello lire 25£. 25Monsign. Cirino Giudice della Monarchia £. 25

Palermo li 19 del 1870Io qui sottoscritto ricevo lire cinquanta ricevuti dal principe di Cutò

Tasca per mani del sig. Agostino Gallo. Lire 50Rosolino Barbera

Le lire sette a me spettanti dal sig. Agostino Gallo le pagherà allo scul-tore sig.r Rosolino Barbera.

Palermo, 4 dicembre 1868Ho ricevuto dal sig. Agostino Gallo in quattro rate le lire cinquanta da

lui anticipatemi 433, pagatemi dal Principe di Galati, qual uno degli associa-ti pel busto in marmo del p. Gioacchino Ventura, celebre sacro oratore, dame scolpito, e da collocarsi nel Panteon di S. Domenico in Palermo.

Dico Lire 50Rosolino Barbera

Palermo, 12 dicembre 1868Ho ricevuto in anticipazione dal sig.r Gallo per conto delle lire 25

pagate da Puglia lire dieci £. 10Rosolino Barbera

Più a compimento delle lire 25 già pagata a Gallo da Puglia £. 15Rosolino Barbera

_________________________________

433 Seguono cancellate la parole: “che promise pagarmi”.

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397

A 24 dicembre 1868Più lire dieci di mia borsa

lire 10

A 29 dicembre 1868Più lire 10 di mia borsa

lire 10Rosolino Barbera

Palermo 6 del 1869Più lire 5 di mia borsa

lire 5Rosolino Barbera

Palermo 22 Gennaro 1868Mandati a Barbera lire 5 per mezzo del suo scolare Litterino Piemonte

Lire 5

Palermo 2 luglio 1870Fino a ritrovarsi il precedente conto in altra carta per la medaglia di

Monsignor Crispi, il Barbera pensa di essere rimasto allora creditore in £. 110.Ne riceve oggi stesso da Agostino Gallo lire venti talchè resta di lire

novantaRicevo oggi 2 luglio 1870. £. 20Rosolino Barbera

Salvo errorePalermo 2 agosto 1870Ricevo io infrascritto in conto dal sig.r Agostino Gallo lire quindici.

Dico £. 15Oltre £. 2,55 per l’iscrizione del Gabinetto

Rosolino Barbera

Più primo settembre ricevo lire venti. Dico £. 20Rosolino Barbera

Palermo lì 3 ottobre ricevo lire quindici. Dico £. 15Rosolino BarberaGallo

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398

Palermo lì 21 ottobre ricevo altre lire cinque. Dico £. 5Rosolino Barbera

Palermo lì 2 novembre 1870ricevo altre lire quindici. Dico £. 15Rosolino Barbera

Più lo stesso giorno Ricevei altre lire tre. Dico £. 3Rosolino Barbera

A 3 dicembre 1870Ricevuti £. 17 diciassette a saldo e compimento di £. 300 per la meda-

glia in marmo del celebre ministro Mr Crispi D.o £. 17. Dico £. 17Rosolino Barbera

A 2 luglio fatto conto 1870 £. 110+ In detto giorno £. 20+ 2 agosto d.o £. 15+ 1 settembre d.o £. 20+ 3 ottobre d.o £. 15+ 21 d.o mese £. 5+ 2 novembre d.o £. 15+ più detto giorno £. 3

________Ricevuti salvo errore £. 303

20152015

515

3___93

Conto di Barbera per la medaglia di Crispi

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399

Associazione per innalzarsi un monumento col busto marmoreo al celebre p. Gioachino Ventura palermitano

P. Gioachino Ventura palermitano egregio orator sacro, che per l’elo-quenza meritò quest’onor in Parigi e per le opere diplomatiche in favordella Sicilia, di cui sostenne i dritti e soffrì un esilio di anni 14. E’ pur giu-sto che la sua patria gli appresti un tributo d’onor nel Panteon di S.Domenico fra gli altri illustri siciliani. Agostino Gallo ne ha fatto esegui-re il ritratto dall’egregio pittore Natale Carta in Roma sull’originale pres-so i PP. Teatini talchè è riuscito facile al nostro ragguardevole scultoreSig.r Rosolino Barbera già allievo di Villareale di farne il modello somi-gliantissimo in creta, che potrà osservarsi nel suo studio nel cortile delDuca di Castelluccio in via Macqueda.

Nomi de’ soscrittoriAgostino Gallo – oltre la spesa del ritratto a colore offrirà una somma

proporzionata alle sue ristrette finanzeL’onorevole p. P. Vannucci si è segnato in altre carte per lire 50

PagateP. Salvatore Lanza lire 50 cinquantaPagato Conte Lucio Tasca lire 100 pagatepag.te Monsig.r Rinaldi lire 25

+ P.e Vannucci £. 50+ P. Ansaldi £. 25+ Un incognito £. 10+ Cav. Salvatore Vigo £. 10+ P. D. Ottavio Lanza £. 50+ Municipio di Palermo £. 100+ P. Filippo Evola £. 5+ Barone Ataniasio £. 25+ Conte Summatino per la famiglia £. 30

Ho ricevuto sino al 26 ottobre 1868 Lire quattrocentoottanta in contodella scultura del busto in marmo del P. Ventura propostomi dal Sig.rAgostino Gallo che mi ha consegnato la detta somma

Rosolino Barbera

Ricevuti da d. Agostino Gallo di proprio denaro per conto del principe Galati £. 50

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400

E più dall’avvocato Puglia £. 25Pagati a Gallo da costui al Barbera quest’oggi li 19 dicembre 1868In tutto ricevuti dal Barbera £. 555A 24 dicembre Più ricevuti da Gallo per conto proprio £. 10

Rosolino Barbera £. 565

Ultimo conto del sig. Barbera Associazione per il busto del p. Gioachino Ventura celebre sacro ora-

tore, scrittore di opere politiche per sostenere i dritti della Sicilia nel 1848.

Municipio di Palermo £. 100 pagati al BarberaConte Lucio Tasca £. 100 IdemP. Giovanni Vannucci £. 50 Id.P. Salvatore Lanza £. 50 Id.P. Diego Anzaldi £. 25 Id.Cav. Salvatore Vigo £. 10 Id.Un incognito £. 10 Id.P. Ottavio Lanza £. 50 Id.Famiglia Trabia £. 30 Id.Monsignor Cirino £. 25 Id.Principe di Galati £. 50 Id.Parroco Evola £. 5 Id.Barone Ataniasio £. 25 Id.Avvocato Puglia £. 25 Id.Agostino Gallo £. 30 Id.

____________Lire 585

Sino a 26 genn.o 1869 resto lire 215

Alla convenzione collo scultore Barbera pel monumento da collocarsiin S. Domenico.

Si avverte che il busto del Ventura è bello e finito e riuscito somiglian-tissimo, e puossi osservare da chiunque nello studio dello scultore infondo al cortile del Duca di Castelluccio in via Macqueda.

Rosolino BarberaSi volti

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401

Palermo a 29 gennaro 1869 E più per denaro del sig. Gallo lire dieci L. 10

Rosolino Barbera

Per BarberaAssociazione per il busto del p. Gioachino Ventura celebre sacro ora-

tore sino a 26 gennaro 1869.Ultimo conto sino a 26 gennaro 1869434

Municipio di Palermo £. 100 pagatoConte Lucio Tasca £. 100 Id.P. Giovanni Vannucci £. 50 Id.P. Salvatore Lanza £. 50 Id.P. Diego Ansaldi £. 25 Id.Cav. Salvatore Vigo £. 10 Id.Un incognito £. 10 Id.P. Ottavio Lanza £. 50 Id.Famiglia Trabia £. 30 Id.Monsignor Cirino £. 25 Id.Principe Galati £. 50 Id.Parroco Evola £. 5 Id.Barone Ataniasio £. 25 Id.Avvocato Puglia £. 25 Id.Agostino Gallo £. 40 Id.Marchese Torrearsa £. 20 Id.

___________Sino a 26 gennaro 1869 Lire 615

Resto £. 185___________£. 800

Resto a compiere la convenzione collo scultore in Lire 800

Rimanenti Lire 615Resto 185

_______£. 800

_________________________________

434 L’annotazione è scritta verticalmente vicino alla cucitura centrale.

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402

Alla convenzione collo scultore Barbera pel monumento da collocarsiin S. Domenico

Si avverte che il busto del Ventura è bello e finito e riuscito somiglian-tissimo, e puossi osservare da chiunque nello studio dello scultore in viaMacqueda.

Marchese di Torrearsa lire 20 Ricevute lire 20

Rosolino Barbera

5851020

____615

Conti per il busto e monumento del p. Gioacchino VenturaRicev. Di Barbera

Anedoto[!] su Valerio Villareale435 da Palermo insigne scultore

Quando divampò la rivoluzione francese in Roma nel 1799 e vi fu tru-cidato Ugo Bauville inviato dalla Francia a suscitarla, Valerio Villarealerecossi in Napoli ed eccitato anch’egli dalle idee liberali seguì il partitode’ letterati avvocati che secondavano la rivoluzione francese avversatadal popolaccio e dal cardinal Ruffo e da Fra Diavolo che la Real CorteBorbonica ricoveratasi in Sicilia sosteneva in Napoli.

In un attacco tra il popolo e i liberali, il Villareale fu ferito in una gamba,e un giorno me ne mostrò il solco sulla carne cagionatogli da una palla dimoschetto, e dicevami: anch’io nella mia gioventù feci il bravaccio e mostraicoraggio. Egli allora apparteneva alla setta patriottica, e indi a quella de’Carbonari, e ritornando in Sicilia fu capo di loggia, e come solea vantarsi diessersi mostrato coraggioso in Napoli in varie mischie tra i due partiti; il pit-tore Vincenzo Riolo nel ritratto che ne fece per la mia collezione lo rappre-sentò per dargli la caricatura come un fanciullone col bavero a pizzi ricama-ti che gli cinge il collo ignudo, e di più in un’aria di minaccia con una spalla_________________________________

435 Vedi nota n. 8, p. 288.

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403

alzata e l’elsa del pugnale de’ carbonari sotto l’ascella sinistra. Il Villarealeche era mio commensale alla domenica ne rise ma disse: se in casa vostrapenetra qualche delator del governo borbonico comprenderà ch’io sono statocarbonaro. Riolo è stato indiscreto, ditegli che vi cassi il pugnale e così fueseguito. Ritornando al suo soggiorno in Napoli436 è da soggiungere che egliavendo ivi acquistato fama di egregio scultore, fu adoprato da molti generalifrancesi, e dallo stesso re Murat pei loro ritratti in marmo e per le statue alle-goriche modellate in437 gesso nelle feste pubbliche che quel re ordinava adogni vittoria di Napoleone I°. Sebbene quelle statue fossero improvvisate inpoche ore, pure riuscivano bellissime per l’invenzione e gli atteggiamentivivaci ed espressivi, talchè meritarono di essere conservate, ed io le ho vedu-te nel 1844 in un magazzino annesso al gran palazzo degli studii come purela copia colossale in gesso di Napoleone I° scolpita in marmo dal Canova.

Quando la Real Corte si restituì la prima volta in Napoli ed ordinò diperseguitare tutti i liberali, il Villareale fu anch’egli imprigionato e si erainiziato il di lui processo insieme col suo concittadino EmmanueleMarvuglia egregio architetto, Giuseppe Ventimiglia principe di Belmonteche reduce dei suoi viaggi si era fermato in Napoli, seppe l’arresto delVillareale e recossi dal re Ferdinando detto IV° e difese tanto efficacemen-te quel giovane scultore incolpato di liberalismo e di avere effigiato i bustidi Muratt [!] e de’ suoi principali generali, e le statue per le vittorie diNapoleone, che potè persuadere il sovrano a farlo restituire in libertàdicendogli che gli artisti non sono mai incolpabili, molto più se giovani,perocchè eccitati dalla fantasia e dall’amor del guadagno per sostener lavita, rappresenterebbero colla stessa indifferenza Dio e Satanasso.

Il Villareale affollato di lavori fino al 1814 era rimaso in Napoli, mavolendo rivedere i suoi parenti recossi in Palermo.

La deputazione dell’Università degli studii ad istigazione del sig.r D.rLazzaro Di Giovanni l’invitò a rimanere in Palermo come professore discultura e direttore delle belle arti col soldo di onze ottanta annuali dapagarglisi tantosto che le circostanze economiche di quello stabilmente ilpermettessero e il Villareale aderì alla proposta; perocchè allora avea reca-to seco un capitale anzi una parte n’era stata da lui impiegata in compra dialcune montagne vicino Caserta.

Col resto del capitale ottenne a censo gravissimo dal sig.r GioachinoLenzitti un corpo di case con giardino e magazzeno nella via che conduce dalquadrivio di Porta Macqueda alla chiesa e convento di S. Francesco di Paola._________________________________

436 Seguono cancellate la parole: “dopo che Ferdinando”.437 Segue cancellata la parola: “istucco”.

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404

Per moltissimi anni non ottenne il soldo nonostante ch’ei prestasse ser-vizio all’Università con istruire non solo nella scultura molti scolari; maanche nell’osteologia, miologia e nella direzione delle belle arti.

Fra i suoi allievi si distinsero Nunzio Morello438 da Palermo, RosolinoLa Barbera da S. Caterina, Rosario Anastasio439 da Acireale, Costantino LaBarbera440 e Benedetto Delisi441 entrambi da Palermo, ed altri, talchè fio-rentissima divenne la sua scuola.

La commissione di antichità e belle arti lo scelse insieme col Pataniaegregio pittore a socio, e molto se ne giovarono i due successivi presiden-ti Giuseppe Lanza principe di Trabia, e Domenico Lo Faso duca diSerradifalco negli scavi degli antichi monumenti fatti per moltissimi anninell’Isola nostra e scoprì avanzi di tempii di Selinunte, e colla sua direzio-ne fu ristorato in parte il teatro di Segesta ed altri magnifici cemelii.

Fu mirabile la sua industria e il talento artistico nel sapere raccozzaree congiungere insieme infiniti frammenti delle metope con figure ad altirilievi ritrovate in Selinunte che or si osservano nella nostra R. Università.

Al Villareale devesi l’arte di ben ristorare i quadri antichi con colorisciolti a vernice che prosciugandosi subito non ne fa alterare le tinte lad-dove prima adoprandosi colori ad olio ne risultavano delle macchie cheimbruttivano le carni. Egli fe’ risorgere a nuova vita il bellissimo quadrodi Raffaello Sanzio della Vergine col Bambino, S. Giovanni, ed un angio-lo, posseduto dagli ex PP. Olivetani. Quel dipinto era stato barberamentecoverto di nuovi colori che lo deturpavano, Villareale con pazienza ado-prando lo spirito allungato e *** ne staccò la nuova tinta e fe’ ricompari-re l’antica, supplendo ai piccoli mancamenti di essa, talchè si riconobbecom’egli avea indovinato di essere uscito dal pennello del Sanzio.

Nell’arte di ristorare i quadri formò anche valorosi allievi: il sig.rGiuseppe Mazzaresi442 da Trapani, e il sig.r *** Pizzillo443 da Palermo iquali ormai sono adoprati da tutti gli amatori._________________________________

438 Nunzio Morello, scultore, nato a Palermo nel 1806 e ivi morto nel 1875 (o 1878).439 Rosario Anastasi, scultore, nato ad Acireale nel 1806 e morto a Palermo nel 1876.440 Costantino La Barbera, scultore, nato a Palermo nel 1822.441 Benedetto De Lisi, scultore, nato a Palermo nel 1831 e ivi morto nel 1875.442 Giuseppe Mazzarese, pittore e restauratore, nato a Trapani nel 1755 e ivi morto nel 1847.443 Luigi Aloysio Pizzillo, pittore e restauratore, attivo nei primi decenni del XIX secolo. Cfr. MarinyGuttilla, Dai precetti del Mazzarese al mestiere di Luigi Aloysio Pizzillo. Metodi ed esperienze delrestauro pittorico nella Sicilia dell’Ottocento. In: Storia del restauro dei dipinti a Napoli e nel Regnonel XIX, Atti del Convegno internazionale di studi, Napoli, Museo di Capodimonte, 14-16 ottobre1999, a cura di Maria Ida Catalano e Gabriella Prisco, Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato,stampa 2003, pp. 239-258. Volume speciale di: Bollettino d’arte, Ministero per i beni culturali eambientali, Ufficio centrale per i beni ambientali, architettonici, archeologici, artistici e storici,Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, stampa 2003.

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405

Scolari di Valerio Villareale da Palermo celebre scultore

Di Simone che morì in Roma verso il 1844 e fu anche allievo diTeneraro444

Palermitani Nunzio MorelloCostantino La BarberaGiuseppe Pollet

Rosolino Barbera di S.ta MargheritaPalermitani Ferdinando La Torre

Benedetto De LisiMarco di Chiara che poi diessi all’arte del cisello, e orificeria

Opere di Villareale

Due alti e grandi rilievi nella Cattedrale di PalermoAltro *** nel palazzo pretorio Statua di Francesco I alla marinaTesta di Ferdinando I per la statua mutilata di Marabitti nel 1820 iviStatua di Francesco I bellissima per le pieghe del manto per GergentiStatua di Ferdinando I e Francesco I per CaltanissettaStatua di Ferdinando II per lo stabilimento di poveri allo SpasimoStatue modellate pe’ funerali di Ferdinando I e Francesco I e di Maria

Cristina, ove furono imitate le statue delle piramidi di Canova per dispo-sizione di Pietro Lanza P.pe di Scordia pretore

La Minerva de’ funerali di Ferdinando I e gli alti rilievi nella cappelladi S. Rosalia della Cattedrale si conservano in casa Trabia

La Baccante ballerina e l’Ariana strajta [!] pel conte CorradoVentimiglia, ora presso gli eredi del Duca di Serradifalco

Il Paride, la Baccante dormiente in Londra, e una Venere greca a cuisupplì la testa le braccia e le gambe presso gli eredi di Lord Standisch

Un amorino scolpito in Roma per Vienna, che fu applaudito ne’ gior-nali del tempo

La Silvia che piangeva sul cervo feritogli spedita in Londra e appro-priatasi per dritto di magazzino da un ladro inglese

_________________________________

444 Pietro Tenerani, scultore, nato a Torano, Carrara, nel 1789, morto a Roma nel 1813.

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406

MonumentiBusto di monsignor Alfonso AiroldiMonumento per Fileti nella chiesa della mercè al moloDella duchessa di Serradifalco nella sua villa all’OlivuzzaBusto di Leopoldo Borbone principe di Salerno, e di Carolina sua madreBusto di monsignor Ventimiglia nella cattedrale di Catania, bellissimo.Ivi quello di monsignor Orlando, e replica nella chiesa francescana

dell’Annunziata a Porta Montalto in PalermoNella Villa Giulia in Palermo busto di BelliniMonumento di Vito Oddo da Sambuca segretario generale

d’Intendenza, il busto e l’urna con due GeniiMonumento del beato Giuliano Majale ora in S. DomenicoDella principessa di Galati Giuseppina TorrisiBusto del negoziante PaceBusto del Maranzano presso GalloBusto di Monti in S. DomenicoMonumento di Meli iviBusto di un militare di cavalleria nella chiesa della vittoria a mezzo MonrealeBusto di Piazzi nella villa Belmonti all’Acqua SantaBusto del barone Pietro PisaniBusto di Pietro Ugo marchese delle Favare per la casa de’ matti d’on-

de fu tolto alla sua persecuzione né si sa ora dove siaNella chiesa di S. Teresa monumento per la bella figlia del colonnello

Costa d’onde fu tolta la figura quasi ignuda, che ora si trova nella fontedella entrata del sig. Michele Puero in Palermo ***

SegueMonumento del principe di Palagonia nel Collegio di Maria al CapoMonumento di d. Stefania Branciforte principessa di Trabia in S.

Francesco di Paola con figureRitratto della stessa, e del principe d. Giuseppe seniore in istucco nella

scala del suo palazzo via MacquedaMezzi rilievi in marmo dell’Affrica e dell’America nella base della

statua di Filippo IV al piano del R. Palazzo in Palermo. Villareale morì nel colera del 1854 mentre scolpiva l’America come io

indicai nella mia iscrizione latina appostavi.La Psiche statua scolpita nel 1843Busto di Niccolò Palmeri per Termini

Agostino Gallo10 marzo 1865

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407

Opere di Villareale in Napoli

Scoppiata la rivoluzione in Roma sotto Pio VI il Villareale passò inNapoli445 ove ancor fervea la rivoluzione del 1899446. Egli si iscrisse alpartito liberale, e in trambusto popolare fu ferito ad una gamba e ungiorno me ne mostrò la cicatrice. Scelto da Napoleone primoGioacchino Murat re di Napoli, fu prevenuto dalla fama artistica delVillareale, volle conoscerlo, e farsene scolpire il busto, e così moltisuoi generali, e diegli il titolo di cavaliere. L’incarico inoltre di model-lare, e ridurre in gesso tutte le statue allegoriche per le feste popolariche teneansi ad ogni vittoria di Napoleone. Alcune di queste statue alnaturale io ho vedute conservate sino al 1843 in un magazzino delpalazzo degli studii, e sebbene lavori improvvisati erano d’un bell’in-sieme ben drappeggiati; ma nelle attitudini sentivan lo stile franceseforse per l’influenza de’ personaggi di quella nazione che allor domi-nava Napoli, e allora aveva sempre innanzi agli occhi. Murat gli affi-dò i 4 grandi alti rilievi di soggetti omerici della R. Galleria di Caserta,che sono le sue opere migliori per l’invenzione, l’espressione e l’ele-gante disegno ricevuto dal lungo studio che fatto avea in Roma sullestatue greche. Quegli alti rilievi sono ammirati da tutti gli artisti nazio-nali e stranieri vieppiù al confronto di altri quattro d’uno scultorenapoletano.

Il Villareale profittò in Napoli tanto co’ suoi lavori che potè acquistar-si la proprietà agricola di alcune montagne di Caserta.

Nel 1814 ritornò in patria per rivedere i suoi parenti. La deputazionedell’Università di Palermo gli offrì il pubblico insegnamento della scultu-ra, e la soprintendenza delle belle arti. Egli istituì come fondamento dellascultura lo studio della miologia su’ cadaveri umani che durò circa dueanni, e fu indi soppressa per la spesa che recava.

Egli insegnò a’ nostri artisti il metodo di restaurare i quadri antichidanneggiati con i colori sciolti in vernice.

Nella scultura fece con molti allievi risorger l’arte caduta giù e alloscarpello di Federico Siracusa447 trapanese che pure era il migliore scolaredel mirabile scultore alquanto manierato ne’ panni ma grande artista, e diforte effetto.

_________________________________

445 Seguono cancellate la parole: “ove sedeva re”.446 Si intenda: “1799”.447 Vedi nota n. 10, p. 289.

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408

Si ringrazî da parte di A. Gallo il suo dotto e buono amico Sig.rFrancesco Di Paola Avolio, e gli si domanda ulteriormente se quell’artistaTamiro448 che l’Avolio disse di essere residente in Tindaro fosse nativo diquella città,449 ovvero di Grecia madre,450 e se fosse lo stesso che nell’ope-ra di Silling è annunziato come incisore di gemme, o pure qualche altro451

dello stesso nome.Gli si chieda a qual’uso era destinato l’edificio452, ove sono stati sco-

verti i mosaici, e se era di privata proprietà, ovvero destinato a qualchepubblico uffizio, e si desidera saper la causa della453 sua distruzione el’epoca precisa della distruzione.

Si vuol anche sapere il primo possessore come si chiamava.

Scultura nel secolo XV in SiciliaAndrea Machino454 da Palermo

Dobbiamo all’incessante cura e diligenza del cavaliere Ignazio deMichele455 terminese grande amatore e conoscitore delle arti belle la sco-verta di un ignoto scultore nativo di Palermo, Andrea Machino che lavoròalcune statue di marmo tuttavia esistenti nella chiesa dell’Annunziata inTermini come pure dello scultore su legno Giacomo Dileo456 e dei due due[!] pittori Giacomo Graffeo457 e Nicolò Pittineo458 amendue terminesi.

Per ora ci occupiamo del Machino e del Dileo onde proseguir la seriedegli scultori siciliani.

Il De Michele459 trovò460 trascritto negli atti del notaro Antonio DeMichele a 30 giugno 1495 XIII ind.461 il contratto nella città di Termini con_________________________________

448 Ma Tomiro. Cfr. più avanti p. 433.449 Annotazione di risposta: “no”.450 Annotazione di risposta: “Atene”.451 Annotazione di risposta: “un altro”.452 Annotazione di risposta: “Casa di un generale dei primari”.453 Annotazione di risposta: “Prima tio [!] detto molto, basta basta addio”.454 Andrea Machino, scultore palermitano, attivo a Termini Imerese e Sciacca tra il XV e il XVI sec.455 Ignazio, Sopra alcune pitture e sculture esistenti in Termini-Imerese, Palermo, Stabilimento titpo-grafico di Francesco Giliberti, 1865.456 Giacomo Di Leo, scultore in legno, attivo a Termini Imerese all’inizio del sec. XVI.457 Giacomo Graffeo, pittore, nativo di Termini Imerese, attivo nel sec. XVI.458 Nicolò da Pettineo, pittore, attivo a Termini Imerese nel sec. XVI. Cfr. Francesco Abbate, Storiadell’arte nell’Italia meridionale, Roma, Donzelli, 2009, v. 3: Il Cinquecento, p. 32.459 Ignazio De Michele, Sopra alcune pitture e sculture… cit., p. 7.460 Segue cancellata la parola: “indicato”.461 Segue cancellata la parola: “trascritto”.

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409

Andrea Machino. Civis f. civitatis Panhormi scultor marmorarius colquale egli obligossi di scolpire per il prezzo di on. 11 la statua di marmodella Vergine Maria di 4 palmi che adora in ginocchio il Bambino Gesù eS. Giuseppe anche genuflesso dell’altezza di 4 p. e ½.

Quelle statue sono tuttavia esistenti nella chiesa di S.M. Annunziata inTermini.

Il De Michele colla sua fine cognizione d’arte rilevò nella Vergine enel Bambino lo stile della scuola di Antonio Gaggini coi caratteri bensìpeculiari che diversificano le opere d’ogni singolo autore; non così nelsimulacro del S. Giuseppe inferiore all’altre due figure sebbene nel con-tratto si fosse al Machino obbligato di scolpire anche questa.

E ben si oppose al vero perocchè da un altro contratto presso notarFilippo Di Ugo dei 19 febbrajo 1516 rilevasi che la statua del S. Giuseppenon solo differente nella qualità del marmo ma d’una mossa affettata mas-sime nella gamba sinistra e di minor grazia nelle pieghe appartiene alloscalpello di Francesco Limastri carrarese.

Lo[da] il De Michele la Vergine e il Bambino e particolarmente nellaprima la aria del volto esprimente nella preghiera la gioja di essere madredell’uomo Dio e l’eleganza delle pieghe sinuose nella veste che la cuopreil seno stretta da una cintola e fregiata nel petto da un gallone con una cro-cetta e in un ampio mantello col cappuccio sulla testa contornata da duemorbide trecce da farla apparire più vezzosa e pur modesta dandole quelbello ideale caratteristica del secolo che si avvicinava all’apice della per-fezione artistica. Loda similmente l’infante Gesù con esili ma graziosemembra.

Or da questa sua diligente descrizione sorgono alcune riflessioni cheio aggiungo al suo pregevole dettato e primo, se Andrea Machino palermi-tano nel 1494 si era obligato di scolpire tutte e tre le figure e se la statuadi S. Giuseppe d’inferiore merito fu lavorata invece da Francesco Limastricarrarese nel 1516 dobbiamo credere che per la morte del Machino462

un’infermità che lo rendeva inabile dovette avvenire talchè i terminesifurono dalla cruda necessità costretti a valersi dell’altro scultore per com-pire la rappresentazione della nascita del Redentore.

Lo scorgere poi che l’opera del carrarese sia evidentemente inferiore aquella del palermitano sebbene eseguita nel bel secolo della sculturamostra che quest’arte era in Sicilia in miglior condizione nonostante cheAntonio Gaggini non aveva ancora spiegato le ale del suo genio come rile-_________________________________

462 Seguono cancellate le parole: “avvenuta nell’intervallo di circa 22 anni o altro”.

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vasi dalla sua meschina statua della beata Vergine col Bambino nel tesorodella cattedrale di Palermo.

Quel Francesco Limastri poiché da Carrara erasi recato in quest’anti-ca capitale per esercitar la scultura dovette essere incitato dalla fama chequi le opere sue sarebbero state più rimunerate che in Italia e forse collasperanza di farsi da noi ammirare più che gli altri scultori del Paese e cosìavvenne pure a Francesco Laurano da Venezia che colla sua statua dellaB.V. Libera inferni sebbene lodata allora dal pubblico pure inferiore allealtre di poco posteriore al menzionato Antonio Gaggini.

Ma se la Vergine e l’infante Gesù del Machino come asserisce il Sig.De Michele sentono lo stile gagginesco prima che Antonio avesse sfolgo-rato bella luce colle sue opere dobbiamo credere che da DomenicoGaggini di lui padre lombardo di origine e nato nel castel di Lagano e nongià in Palermo come per illusione di un erroneo contratto descrisse PaoloGiudice sia stato guida allo scalpello del modesto Machino. PerocchèDomenico Gaggini a tutti gli elementi della grazia che poi sviluppò nellesue statue il figlio e solo sente un po’ della timidezza e tenuità dello stileproprî del secolo XV laonde il Machino potè essere con Antonio condisce-polo forse più adulto sotto la direzione di Domenico e similmentequell’Angiolo Marini463 siciliano del quale ho raccolto in Italia le notiziedella vita che ne ho pubblicato in Palermo coi tipi del Barcellona nel1862464 sebbene il Marini per le opere da me osservate in Milano in Paviaabbia poscia modificato il suo stile sul fare del Buonarroti.

Tre scuole di scultura dunque fiorivano allora in Palermo quella delLaurano veneziano di Francesco Limastri carrarese inferiore al primo el’altra di Domenico Gaggini superiore a tutti due e in seguito l’altra delsuo figlio Antonio che utilizzò entrambi.

Anteriore a queste scuole eravi quella di Antonio Gambara465 certo sici-liano e di un Bartolomeo della Chiana466 che ho veduto citato da chi nonmerita molta fiducia in fatto d’arte (1)467 nè ho potuto osservare opere aPalermo._________________________________

463 Angelo Marini, scultore palermitano, attivo nel XVI sec.464 Agostino Gallo, Vita di Angelo Marini siciliano insigne scultore ed architetto del secolo XVI,Palermo, Tipografia Barcellona, 1862.465 Antonio Gambara, scultore palermitano del XV secolo.466 Bartolomeo Della Chiana, scultore, attivo nel sec. XV.467 A c. 170r nota in calce: “(1) Il p. Galeotto nei suoi strani intralciati ed erronei preliminari alla sto-ria di Antonio Gaggini p. 4 Pal. per Amenta 1860”. <Melchiorre Galeotti, Preliminari alla storia diAntonio Gagini scultor siciliano del secolo XVI e della sua scuola, Palermo, Tipografia di MicheleAmenta, 1860, p. 4>.

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Scultura in Sicilia nel secolo XVII

Filippo Planzone468 nacque in Nicosia circa il 1604. Ivi era allor fiorenteuna scuola di pittura, e da qualcuno di quegli artisti apprese certo gli elemen-ti del disegno (sebbene dicasi dall’Orlando (1) di non avere avuti maestri), eguidato poscia dal suo genio diessi per capriccio ad un genere di scultura inavolio in corallo o legno con figurine469 di estrema piccolezza che recavansorpresa a vederle colla lente. Recatosi in Palermo volle far prova di questosingolare talento in una cappelletta in quadrato di cipresso di circa oncie470

quattro copiando il bellissimo quadro471 della Deposizione di G.C. dalla crocedi Vincenzo Anemolo da Palermo scolare di Raffaello nella chiesa di S. Citade’ PP. Domenicani. Le otto figurine microscopiche erano nell’attitudini ese-guite con incredibile industria e diligenza da ben rappresentare l’originale.Questo gioiello dell’arte era posseduto fino al 1824 dal principe GiovanniLanza il quale non ostante che fosse grande amato [!] ne fe dono al suo amicoa M. Yrisson francese cedendo all’irresistibile istanza di quello.

Due opere in avorio di ricca e bella composizione possiede nel [!]Planzone fra Antonino Falla dell’ordine degli Olivetani di Palermo che io hoben osservato. In una è rappresentata con sei figurine di due pollici la nasci-ta del Redentore, cioè la Vergine col Bambino microscopico, S. Giuseppe, edue animali del presepe, tre pastori e Dio padre fra le nubi. Nell’altra i ReMagi la diva Madre col neonato Gesù e S. Giuseppe e sopra quattro angio-letti di un pollice e la stella in madreperla. Questi lavori furono ammirati daSalvatore Lo Forte, egregio pittore e da me per le buone proporzioni i varia-ti atteggiamenti delle figure e la grazia del volto della Vergine e la diversitàdei volti dei Magi non che di quelli per l’aspetto senile del S. Giuseppe e diDio padre. Però nello stile delle pieghe, se di troppo avvolgimenti sentealquanto nel gusto viziato dei pittori e scultori del Seicento; ma in questostesso difetto mostra la grazia ch’era sua peculiare qualità.

Il Planzone per far fortuna trascorse in Toscana e presentò i suoi lavo-ri al Gran Duca che ne rimase siffattamente stupito e forse per accertarsiche quegli ne fosse l’autore gli ordinò di scolpirgli in piccolissime dimen-sioni e in corallo una santa Margarita con un dragone472 frenato da unacatena rilevata e connessa in minutissimi pezzi e ne ottenne applausi da lui_________________________________

468 Filippo Planzone, incisore, nato a Nicosia nel 1610 e morto a Genova nel 1636.469 Seguono cancellate le parole: “quasi microscopiche”.470 Seguono cancellate le parole: “tre d’altezza per quattro di larghezza”.471 Segue cancellata la parola: “raffaellesco”.472 Segue cancellata la parola: “incatenato”.

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e da tutti gli artisti e 500 scudi mercede (1)473. Indi intagliò in avorio anchepel lo stesso Gran Duca una gabbia della grandezza d’un uovo con entroun cavallo in rilievo recando somma meraviglia come ve l’abbia potutoscolpire a traverso della gabbia, e ne ottenne un maggiore guiderdone.

Pervenutane la fama a papa Urbano VIII l’invito a Roma per osservar-ne le opere, e acquistarne, o commetterne qualcuna. Il Planzone era allorain Genova; ma preparandosi al viaggio fu colpito dalla morte nel 1630 nel-l’ancor fiorente età di anni 26. Il Soprani nell’opera sua su’ pittori geno-vesi474 ne fece onorata menzione ch’è stata ripetuta dall’Orlandi e da mecolla giunta de’ lavori fatti dal Planzone in Palermo.

Agostino Gallo

A giudicare soltanto dell’opera del Planzone che ho veduto ed osservatocon diligenza presso l’Olivetano Falla posso per convinzione asserire chenonostante la piccolezza delle figure egli ben conosceva il bell’insieme deldisegno e sapeva esprimerle ed atteggiarle con mirabile leggiadria475: mi ram-mentano le tre figure più grandette entro una bettola in un quadrettino di trepollici dipinto sopra seta egregiamente come è stato giudicato da diversi arti-sti stranieri dal Temiers476 o da Van-Crasbek477 e da taluno da Van-Ostade478.Questa479 graziosissima gemma appartiene alla mia collezione. Però ho ragiond’ammirare più il Planzone che chiunque sia l’autore di quel quadrettinogiacchè maggior difficoltà presenta in quella esigua dimenzione che la pittu-ra che puossi agevolmente correggere e non già l’altra in ispecie nel coralloe nell’avorio che schieggiano facilmente. Non so poi comprendere quali fer-rucci abbia dovuto adoprare il Planzone per condurre a compimento le operesue e come quei piccoli strumenti abbian potuto insinuarsi nelle manine, ne’_________________________________

473 A c. 176r nota in calce a margine: “(1) Diz. pittorico pag. 367 e seg. Firenze 1788”. <PellegrinoAntonio Orlandi, L’abecedario pittorico dall’autore ristampato corretto et accresciuto di molti pro-fessori e di altre notizie spettanti alla pittura, In Bologna, per Costantino Pisarri, 1719, p. 154.>L’opera ebbe diverse edizioni aggiornate fra le quali quella citata dal Gallo del 1788.474 Raffaele Soprani, Vite de’ pittori, scultori, ed architetti genovesi... in questa seconda edizione rive-dute, accresciute, ed arricchite di note da Carlo Giuseppe Ratti pittore... In Genova, nella stampe-ria Casamara dalle Cinque lampadi, 1768-1769. 2 v.475 Seguono cancellate le parole: “grazia talchè esse” e cancellato il testo scritto al margine: “Il solodifetto che io trovo da appuntare nelle figure è nelle pieghe e nel troppo avvolgimento dei pannisecondo lo stile degli artisti del seicento, epoca in cui viveva; ma in questo stesso difetto egli pagameno il tributo al suo secolo. Questo suo lavoro”.476 David Teniers il vecchio (1582-1649) pittore fiammingo, studiò a Roma. Anche il figlio DavidTeniers il giovane (1610-1690), fu pittore.477 Joos van Craesbeek (1605-1662), pittore fiammingo.478 Adriaen van Ostade, (1610-1685), pittore olandese.479 Seguono cancellate le parole: “graziosissimo dipinto ad olio con grande amore della”.

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piedini, negli occhi, nelle bocche e nelle barbe per darvi il conveniente effet-to; laonde son più disposto ad ammirare il Planzone sebbene creda che avreb-be fatto meglio a scolpire più in grande per non faticar troppo la sua e l’altruivista ed uscir d’imbarazzo più facilmente onde i suoi lavori potessero piùagevolmente contemplarsi. In ogni modo egli può essere riguardato in quelgenere come artista meraviglioso. E spiacemi che nessuna sua opera trovisida mostrarla ai nazionali e agli stranieri ne’ due nostri pubblici musei. E vera-mente sarebbe un bello acquisto se il Falla volesse cedere per l’onor dellaSicilia all’uno e all’altro il grazioso lavoro del Planzone.

Agostino Gallo

Artitetti [!] viventi 1863 educati in Napoli

Pier Giuseppe TranchidaFrancesco di Paola RollariGiuseppe Tripiciano*** Di Simone*** Damiani

In PalermoPietro CastigliaNiccolò Pugliasuo nipote *** Basile

PittoriAndrea Di MartinoSalvatore Lo ForteLuigi Lo Iaconosuo figlio paesistaGiuseppe Meli*** D’AntoniGiuseppe CartaNatale CartaGiuseppe Bagnasco480

*** Liardo481_________________________________

480 Giuseppe Bagnasco, pittore, nato a Palermo nel 1807, ivi morto nel 1882.481 Filippo Liardo, pittore, nato a Leonforte nel 1840, morto ad Asnières nel 1917.

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Scultori

Rosolino BarberaRosario Anastasio*** Fratallone482

*** Barba483

Benedetto De Lisi*** Carvillo*** Bagnasco484

Scultura in Sicilia nel secolo XIX

Federico Siracusa485 da Trapani recatosi in Palermo divenne scolared’Ignazio Marabitti palermitano che avea studiato per molti anni la scul-tura da Lorenzo Valla fiorentino, e quasi l’avea eguagliato nello stile digrande effetto; ma di maniera ne’ panni e nelle movenze delle figure. IlSiracusa riuscì inferiore al Marabitti nel disegno; ma condusse i panni mengoffamente; però fugli infelice imitatore nella bravura dello scarpello,essendo nato meno artista si per l’invenzione, e si per la grazia ne’ putti.Entrambi furon poi eclissati dal genio e dal buon gusto di ValerioVillareale da Palermo scolare di Canova in Roma. Dopo che il Villarealeritornò verso il 1814 in Palermo. riconosciutasi la sua superiorità dagliartisti e dal pubblico fu affollato da’ lavori, e vennero meno al Siracusa, equelli che di lui s’incontrano nelle nostre chiese e nell’interno dell’isola,ad eccezione di pochi, sono anteriori all’arrivo qui del Villareale e questisono Un grand’angiolo che sostiene la fonte d’acqua santa a man ***entrando dalla porta maggiore della chiesa di S. Giuseppe de’ PP. Teatiniin Palermo ch’egli imitò sull’altro opposto del suo maestro, e fece benecambiandovi il movimento delle braccia.

Il grande altorilievo nella stessa chiesa nel486 paliotto dell’altare di S.Andrea Avellino con angioli e sotto il quadro del santo dipinto daSebastiano Conco487 [!] altro bassorilievo con angioli. Questi, e l’angiolo_________________________________

482 Giuseppe Frattallone, scultore, nato a Caltanissetta nel 1832, morto forse a Firenze nel 1874.483 Luigi Barba, scultore e pittore, nato a Palermo nel 1828.484 Per Girolamo Bagnasco cfr. Agostino Gallo, Sugli scrittori moderni di storie di Sicilia. Saggio cri-tico, Palermo, Tipografia Barcellona, 1867, p. 79.485 Vedi nota n. 10, p. 289.486 Segue cancellata la parola: “fronte”.487 Vedi nota n. 160, p. 326.

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della fonte dell’acqua santa sono le migliori opere del Siracusa sebbenegiovanili, essendo stata dirette dal suo maestro.

Busto di S.A.R. il principe di Salerno Leopoldo Borbone, operameschina e brutta che fu fatta a pezzi nella rivoluzione del 1820. Villarealegiovinetto ne modellò in creta un altro che fu somigliante, e per esso conla protezione del cav.r Lioy spedito in Roma da quel principe reale.

Due piccoli monumenti funebri pe’ conti *** e Gaspare Manzonepadre e figlio nativi della Piana de’ Greci, quella del figlio è migliore nellachiesa de’ Greci in Palermo.

Monumento funebre grandioso con figura di Pallade al naturale di ungenerale tedesco *** morto in Palermo nel 1824 nella chiesa di S. Nicolain Palermo lavoro mediocre in vecchiaia dell’autore.

Statua al naturale di Francesco I per Trapani, fu destrutta nella rivolu-zione del 1848.

E nell’anno 19 V 1510

In quest’anno fu incominciata la Tribuna con figure a personaggi dimarmo nella Metrop.na Chiesa di Palermo che in Italia non vi è cosa piùbella opra di mano di Antonino Chaggino palermitano ancorchè il Fazellolo chiama messinese e si vede chiaramente il suo errore poiché nelleCorrettioni fatte dal sud.o Fazello nel fine della sua historia nomina chia-ram.te il detto di Xhaggino per cittadino di Palermo488.

Ms. Storia profana di Palermo di Nicolò PalmerinoQ 2 D 84Comunicazione del dottor Bandiera Al Signor Agostino Gallo

Scultura siciliana secolo XVII

Antonino Rollo489, trapanese scolpì in legno la statua di S. MicheleArcangelo nel 1684 e gli fu pagata onze 23 e 15 come per atto di N.rGenesio Filippone degli 8 ottobre di quell’anno._________________________________

488 Tommaso Fazello, De rebus Siculis decades duae, nunc primum in lucem editae… (Panormi, apudIoannem Matthaeum Maidam, et Franciscum Carraram, 1558), p. 176 ed Errores operis … dopo la p. 616.489 Antonino Rollo, scultore trapanese, attivo nel 1684.

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Essa si osserva ancora nella chiesa di detto santo, ed è pregevole inriguardo al tempo in cui fu eseguita essendo allora la scultura in decaden-za. Puossi intanto osservare che questo scultore conosciuto in Palermo pertale opera fu ignoto al cav. Ferro nella Biografia degli illustri trapanesi, néquesti artista Rollo fu il solo dei molti scultori di Trapani, città addetta aquest’arte che soggiornarono in Palermo per incontrar fortuna.

Altre statue di legno che sono in Palermo di quell’epoca appartengonoforse a quello scultore; ma s’ignora se siano veramente di lui, come di que-sta si ha certa notizia490.

Pel monumento di Luigi Muzzi491

Se nella cultissima Firenze, la quale puossi riguardare per civiltà esapienza come l’Atene dell’Italia, e ben meriterebbe di esserne la durevolecapitale senza prima il nobilissimo pensiero di onorar la memoria degl’illu-stri uomini della bella penisola co’ monumenti in S.ta Croce e co’ lor simu-lacri ne’ portici degli Ufficî; e quell’esempio è stato in tutte le più nobili cittàd’Italia seguito era per giusto che questo omaggio fosse reso a Luigi Muzzi,insigne filologo e creatore della epigrafia nella nostra armoniosa favella, incui un gran numero di uomini famosi della sua vita quasi secolare scrittoavea schiette energiche e sempre svariate ed originali epigrafi mortuarie.

E veramente il Municipio di Prato492 sul quale riflette la gloria di averglidato i natali, avrebbe ormai dovuto rendergli questo tributo di onoranza; male circostanze ristrette forse ne l’hanno impedito e seppelirà almeno, com’iocredo, con una lapide di lieve opera nella parrocchia ov’egli ricevette lemistiche acque della redenzione.

Olimpia Muzzi degnissima figlia di quel valentuomo, e da lui educata albuon gusto delle lettere italiane come ha mostrato in molte occasioni e sin-golarmente nella biografia che scrisse e pubblicò del suo illustre genitore,essendo essa donna di generosi ed elevati spiriti poiché non ereditò da lui_________________________________

490 A c. 181v: “All’egregio Sg. Il signor cavaliere Agostino Gallo Casa S.R.M.” e in alto:“Amatissimo Signor Zio”. Cancellato il testo: “Oggi giorno quindici quindici pregola, acciò mandar-mi la solita quindicina che per dirle il vero ho aspirato molto questo giorno avendone avuto molto dibisogno assai. Termino baciandole con dovuto rispetto la destra e ossequiando tutti di casa me dico.P. S. Potrà consegnare tutto quel che vuole alla porgitrice del medesimoD.V. Sua aff.ma ed ubb.ma nipote Rosalina”.491 Luigi Muzzi (1776-1865), erudito ed epigrafista.492 Seguono cancellate le parole: “Grande dond’egli fu nativo avrebb”.

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altro che il cuore e la mente, si è dato il pensiero di promuoverne il bustomarmoreo e il monumento al quale faranno plauso per certo e contribuiran-no alla spesa tutti gli amici dell’insigne epigrafista. Ed io che gli ero affezio-natissimo e ricambiato di pari affetto riporterò un mio sonetto di risposta adun suo dantesco ch’egli scrisse e pubblicò nel Monistero di Sinigaglia pochigiorni pria della sua morte. Ed io mi fo un dovere come suo affettuosoammiratore di divulgarne il programma in Palermo ch’è del tenor seguente.

(S’inserisca)

Sonetti del Muzzi

Statua d’Iside rinvenuta in Sicilia

Sul pendio di uno di quei monti famosi della Sicilia ch’ebber nome diNebrodi dagli antichi e che sono oggi detti Madonie, fra le scaturigini di duegrandi fiumi, 18 miglia lungi dal mar Tirreno, a 50 m. circa da Palermo,sorge la città di Polizzi, amena, salubre e per moltissimi riguardi importan-tissima. Il Fazzello493 e con esso altri storici la vogliono eretta dal gran conteRuggieri; ma gravi argomenti potrebbero addursi per farne rimontare l’ori-gine a tempi assai più rimoti. Vestigî di vetusti greci edifizî vi sussistono tut-tora, i quali al primegio del secolo scorso erano più apparenti e chiaramen-te vi ravvisavano le rovine di un tempio. Frammezzo ad esse in quel tornofu scoperta una statua di marmo alta oltre la base palmi quattro, che avea isegni di una antichità remotissima. Era essa a tre facce, una delle quali raf-figurava una donna con lunghe trecce che le ondeggiavan sulle spalle, conin fronte un triangolo e dentro di esso un fiore, un’altra che era la destra rap-presentava un vecchio con una folta barba; e la terza, cioè la sinistra un fan-ciullo. Impugnava la donna con una mano due serpi, le cui teste drizzavan-si verso un globo ch’ella teneva con l’altra.

Non è dubbio che tal marmo fosse il simulacro d’Iside degli Egizi, ch’eb-be culto anche in Sicilia, poiché rispondeva appunto alla descrizione che il [!]simulacro di quella dea ci ha lasciato Plutarco nel libro d’Iside494; quindi si faceaderivare il nome di Polizzi da Polis Isidos, che in greco suona la città d’Iside.Questa dea la regina dell’universo come leggevasi sopra una colonna di Nissanell’Arabia, o anche l’universo medesimo secondo l’epigrafe scolpita in unastatua di lei nel tempio di Minerva a Sais, questa famosa dea per testimonian-

_________________________________

493 Tommaso Fazello, De rebus Siculis … cit., p. 211.494 Plutarchus, De Iside et Osiride, 3, 53, 60, 77.

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za dello stesso Plutarco495, di Apulejo496 e soprattutto di Diodoro Siciliano497 ches’iniziò ne’ misteri e consultò i libri sacri d’Egitto, era la stessa che Cerere.Iside, o Cerere, egli dice, fe’ cessare le stragi fra gli uomini che disputavansi ilcibo, trovò da principio il grano e l’orzo che cresceano ignoti fra le erbe, statuìparecchie leggi salutarissime, onde fu detta pure legifera, e ad essa particolar-mente fu consacrata la Sicilia, ad essa ivi furono eretti tempi ed altari.

Era adunque quella statua in Polizzi rinvenuta un monumento prezioso diantichità sicule. Essa, allorchè fu scoperta, venne adoperata per sostegno a unfonte d’acqua benedetta nel Duomo della città; ma sul finire dello scorso seco-lo, nella giusta considerazione di non doversi tenere cosa pagana in luogosacro, fu fatta in pezzi e distrutta. Peccato! Non si sarebbe potuto forse con-servare in altro luogo non sacro?

Il p. Gioachino Di Giovanni498 di Polizzi francescano sacerdote dabbene ederudito che visse in ritiro investigando, osservando e notando quanto veniaglifatto delle cose della sua patria di cui fu tenerissimo, registrò più particolareg-giando e con dolore la distruzione di quella statua ne’ suoi volumi che lasciòmanoscritti. Per fortuna se n’era fatto un disegno prima che fosse annientata.

Lo cercai e l’ottenni tempo fa dalla gentilezza del posessore ed èquello appunto di cui si offre copia a’ lettori.

Baldassare RomanoDal Poliorama pittoresco di Napoli499

500Opere d’arte notizie ritratte dal libro di Arcangelo Leanti Stato presente della Sicilia501, stampata a Palermo nel 1751

In MonrealeDuomo, e mosaici, porta di bronzo, piccola statua di bronzo di S.

_________________________________

495 Ibidem, 32.496 Apuleius, Metamorphoseon, XI, 1-5; 25-26.497 Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, I, 11, 1 e 4; I, 14, 1-3; I, 27, 3-4.498 Gioacchino Di Giovanni, storico, nato a Polizzi nel 1706 e ivi morto nel 1786.499 Poliorama pittoresco. Opera periodica diretta a diffondere in tutte le classi della società utiliconoscenze di ogni genere, e a rendere gradevoli e proficue le letture in famiglia, Napoli, Tipografiae Litografia del Poliorama Pittoresco, a. VIII (1844), n. 28, p. 224.500 A c. 185r è incollato in basso un mezzo foglio su cui è cancellato il testo: “Palermo, li Io qui sottoscritto certifico di aver prestato servizio qual Archeologo Segretario con voto dellaCommisione di Antichità e Belle Arti a norma del R. Decreto de’ 17 aprile 1858 sia con gli scrittisulla materia, sia con gli incarichi inerenti all’ufficio.L’Ufficiale di Dipartimento della R. Ministero destinato a far parte della Commissione di Antichitàe Belle Arti colla qualità di Archeologo Segretario con voto”.501 Arcangelo Leanti, Lo stato presente della Sicilia o sia breve e distinta descrizione di essa, InPalermo, per Francesco Valenza impressore della Ss. Crociata, 1761. 2 v.

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Giovanni con base di porfidoBassorilievo di S. Girolamo del Gagini

Aggiunta di A. GalloE’ bellissima la cappella di S. Benedetto con lavori in marmo del

Marabitti il quale502 lunga la strada che conduce alla città vi fece le fonti.Nella cattedrale si ammiravano la sontuosa cappella del crocifisso con sta-tua e opere di commesso di marmi colorati, la tomba di Gugliemo I di por-fido, e di Guglielmo 2 di marmo e il bel quadro di S. Luigi di Patania nel-l’altare del santo ove sotto vi son depositate le sue viscere in un’urna.

TerminiCitta derivata dall’antica Imera greca, dopo la cui destruzione fu fon-

data Termini nel luogo de’ bagni, e abbellita di statue e di edificj daScipione Affricano il Minore. Vi si ammirano le statue di Stesicoro poeta,e di Stenio oratore a’ tempi romani.

AggiuntaLe opere sono state ben descritte dal cav. Di Miceli503

PolizziIl Caruso504 dotto nativo di quella città sostiene che la statua d’Iside ivi dis-

sotterrata nel 1560 che serviva al suo tempo di base al fonte battesimale appar-teneva al tempio d’Iside. Essa fu fatta a pezzi dal troppo zelo d’un vescovo.

AggiuntaL’abate Ciro Marzullo505 ha descritto in un’opera le cose d’arte in una

sua opera sull’antica abbazia di S. Croce ov’erano pitture del 400.Castelvetrano

Nella Collegiata avvi la bella statua di S. Giambattista del Gagini, e neltempio de’ PP. Domenicani sull’arco dell’altare maggiore modellata increta cotta la storia della genealogia di Gesù Cristo, ha i resti di 3 sontuo-si tempii greci rammentati da Diodoro Sicolo che credonsi appartenesse aSelinunte distante poco meno d’un miglio.

Erice o Monte S. GiulianoAvanzi del tempio di Venere Ericina. 6 colonne di granito d’Egitto

presso il Castello e vestigia d’antiche pitture nel pozzo detto di Venere._________________________________

502 Seguono cancellate le parole: “dopo il 1629”.503 Ignazio De Michele, Sopra alcune pitture e sculture… cit.504 Giovanni Battista Caruso, Storia di Sicilia… pubblicata con la continuazione fino al presentesecolo per cura di Gioacchino Di Marzo, Palermo, Stabilimento tipografico Lao, 1875, v. 1, p. 29.Cfr. Notizie varie appartenenti alla città di Polizzi, manoscritto del sec. XVIII conservato presso laBiblioteca Comunale di Palermo ai segni Qq. F. 45-46.505 Ciro Marzullo, Sull’abadia di santa Croce sita nell’agro polizzano in Sicilia. Cenni storici,Palermo, presso Michele Amenta, 1864.

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La scultura d’immagini è posteriore alla primitiva architettura, e la pit-tura tra le tre arti fu l’ultima ad essere speculata se non vuolsi riguardarecome pittura l’uso d’imbrattar di terra rossa il volto mostruoso delle figu-re delle divinità ne’ tempi più antichi prima di Dedalo.

In Acri si sono trovate di queste figure scolpite rozzissimamente in granmassi di pietra, e similmente nelle rocce de’ monti della valle d’Ispica.

I più antichi abitatori della Sicilia come tutti gli altri de’ diverse contradedel mondo si diedero da pria alle arti industriali che più giovano a’ loro imme-diati bisogni; ma migliorando in civilizazione la società quelle arti servironoalle altre di lusso dette belle perché hanno per iscopo il bello. L’architettura fula prima a nascere come la più necessaria, lasciando nel fabbricare la lunga epenosa industria di scavare le abitazioni ne’ monti come in Ispica, in Pantalicae altrove in Sicilia e speculando il sistema più facile della sovrapposizioneprima di grandi pietre irregolari, e poi di mezzane e piccole squadrate.

All’epoca di Gelone e dopo la sua vittoria in Imera nell’olimpiade ***l’architura [!] e la scultura cominciò a fiorire tra noi. Il più antico di formadorica regolare scoverto in Ortigia in Siracusa fu costruito al tempo diGelone dall’architetto Cleomene come rilevasi da un’iscrizione illustratabene dal principe di Galati506 nel 1864.507

Sopra una statua del sec. XI[II]508

Questa statua in marmo ritrovata in *** nella sua integrità scavandosile fondamente di un edifizio, secondo mi è stato riferita impugnava condestra una spada appuntata in terra, che rotta quella mano più non si scor-ge. Colla sinistra solleva il lembo del manto che discende in belle sempli-cissime pieghe e lascia osservare la tunica sino al grembo, conserva lacorona in testa non radiata ma con gemme collocate ad archetti.

Il costume corrisponde a’ tempi normanni pel collare, come si osservaanche per la forma della corona in una sovrana scolpita in alto rilievo nel-l’atto di assistere ad ufficj religiosi in una pila d’acqua santa di quell’epo-ca nella nostra cattedrale.

Quella statua mostrava ad un lato della base un’iscrizione di caratteri_________________________________

506 Giuseppe De Spuches, D’una epigrafe greca trovata in Siracusa nel tempio creduto di Diana,Palermo, Stamperia Tamburelli & C., [1864]. Si tratta della lettera inviata da Giuseppe De Spuchesal prof. Francesco Perez.507 Il testo delle c. 185-191, che segue all’articolo appena svolto, è riportato alle p. 288, cfr. nota n. 9.508 Il foglio è lacunoso nell’angolo superiore destro.

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intrecciati e diversi dai nostri che nessuno di quel paese seppe leggere;però fu creduta rappresentar Santa Caterina che soffrì il martirio dellaruota, onde con essa al fianco è stata effigiata come puossi osservare inquella di scuola del Gagini in S. Domenico e nella scala del palazzo delMarchese Drago, e in entrambe senza real corona non essendo regina anzirifiutando di esserla per la bellezza dell’offerta del *** perché rinunziassealla fede di Cristo al che negossi e preferì soffrire il martirio. Ma i preticredendo di esser questa santa le diedero culto in chiesa; finchè passandoper quel comune un forestiere, e leggendo l’epigrafe rise della lor creden-za assicurandoli che non era una santa.

Però nessuno trascrisse la leggenda con l’interpretazione di quello.Allora fu alla base mutilata la iscrizione e privata la statua dell’onore del-l’altare; ma conservasi finora monca della mano, ed io ne ho acquistato lacopia e sul cavo dell’originale con la mano malamente supplito.

Chiunque si accorge che sia lavoro del secolo XIII sebben accurato egrazioso per bella.

Il volto accenna apertamente di essere un ritratto di una donna circa a24 o poco più; ma dimostra allo stesso essendo lunghetto di non essere deltipo siciliano che inclina quasi in tutte le nostre donzelle al rotondo.

Quella statua adunque non solo non è una santa Caterina; ma una R.principessa straniera che probabilmente fu sposa di qualche nostro monar-ca. Le indicate particolarità escludono la Costanza normanna ch’io credorappresentata nella surriferita fonte lustrale del nostro Duomo, che peraltro essendosi circa a 40 anni sposata con Arrigo VI imperator diGermania a grave stento potè essere incinta di Federico. Per la differenzadella età è pure esclusa Costanza la Sveva figlia di Manfredi maritata conre Pietro di Aragona che dopo i vespri per ragion del diritto ereditario fuda’ siciliani con essa chiamato a regnare in Sicilia e da allora non era quel-la più giovinetta come nel prospetto della statua.

Da tali motivi son’io indotto a supporre che rappresenti Sibilla ***moglie di Tancredi il quale benchè figlio naturale di *** pure pel suo valo-re, la sua cultura e le sue virtù fu proclamato re dai siciliani, nonostanteche la corona fosse stata promessa da Guglielmo II ad Arrico nello sposa-lizio di Costanza ultima superstite legittima della normanna dinastia.

Non havvi chi ignori tra i nostri eruditi che dopo il buon regno diTancredi, quel feroce alemanno volò in Sicilia con poderosa armata a con-quistare il regno che spettavagli per dote ed esercitò tutte le crudeltà versoi partiggiani di Tancredi, laonde atterrita l’infelice Sibilla si chiuse coi suoifigli fanciullino nel Castello di Caltabellotta, e poi venne a patti d’astene-

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re di uscir di Sicilia ed ottenere uno stato di *** ma perfidamente non solonon adempì la promessa ma gli fece castrare il suo figlio già riconosciutore, e fuggita la perseguitò coi suoi figli.

Or questa istessa, parmi, che spieghi il mistero mal compreso finora diessere stata sepolta in seno della terra, ma ben conservata la sua statua daqualcheduno affezionato a lei e alla prole di Tancredi.

E veramente la corona indica una regina e la spada il dritto che avevaacquistato il suo figlio maggiore dopo la proclamazione del padre a sovra-no e del figlio medesimo che n’era stato riconosciuto e coronato, se purenon debba mostrare che essa in ogni tempo l’avrebbe difeso colle armifidandosi dei siciliani, il che non avvenne per l’esercito immenso cheArrigo portò in Sicilia e per la ferocia e il terrorismo che vi esercitò seb-bene sopravvivesse soli anni *** e la prudenza e la sagacia della buonasua moglie Costanza avesse saputo lenire gli animi indispettiti ed irritatidei siciliani, e poi divenendo adulto il suo figlio Federico che dominò collasua dottrina, colle blandizie della poesia e col suo valore il secolo XIIIseppe attirarseli e farsi temere ed amare.

Quella statua è un monumento interessante di arte per l’epoca in cui fuscolpita, e più interessante per l’infelice regina che rappresenta e dovrebbeacquistarsi dalla Comm.ne di Antichità e belle arti per riporsi nel museo.

Una statua in legno dorato assai più informe di questa dell’infelice ***madre di Corradino vittima del feroce Carlo d’Angiò e della sua giovani-le imprudenza ho io osservato nel museo di Napoli, che se non pel meritodell’arte, pure è pregiata per la memoria istorica.

Però questa è superiore a quella per grazia e semplicità, buone proporzio-ni ed elegante e vera disposizione di pieghe, non che pel costume del manto,della tunica e dell’acconciatura del capo. Laonde ho creduto conveniente pre-sentarne qui l’immagine fedele, perché ognuno ne rimanga convinto.

Belle arti Epoca romana

In Messina si conservano sin al tempo dello storico Di Blasi un monu-mento dedicato ad Esculapio ad Igea dea della salute che fu giudicato del-l’epoca di Antonino Pio. Di Blasi Stor. T.1 pag. 468509._________________________________

509 Giovanni Evangelista Di Blasi, Storia del Regno di Sicilia dall’epoca oscura e favolosa sino al1774, Palermo, Tipografia di Pietro Pensante, 1861-1864, v. 1, p. 487.

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Altro monumento di scultura de’ suoi tempi conservasi in Messinanella medaglia marmorea di Elpide poetessa siciliana, moglie del filosofoBoezio. Di Blasi Stor. T.1 pag. 730510.

Mosaicisti e Incisori

Mosaicie

Arte musiva e specialmenteIn Sicilia

Per la Medaglia di Monsignor CrispiPrezzo convenuto con lo scultoreRosolino Barbera in……£. 300.

Pagamenti fatti

Per dippiù di Ventura £. 6023 Aprile 1869 106 Luglio 1869 155 Agosto 1869 254 Dicembre 1869 102 Dicembre 1869 102 Marzo 1870 105 Aprile 1870 101 Maggio 1870 1016 Detto 1870 103 Giugno 1870 20

________Totale £. 190

Resta a pagarsi £. 110

Sino al 3 Giugno 1870Rosolino Barbera

_________________________________

510 Giovanni Evangelista Di Blasi, Storia… cit., v. 1, p. 738.La c. 194r contiene stampato un biglietto d’invito, per Agostino Gallo, alla seduta ordinaria dellaNuova Società per la Storia di Sicilia del 18 marzo 1866. In Oggetto: “Il Prof. Di Giovanni leggeràintorno ai poeti del 1200”.

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Sono state pagate le altre opere affidatemi cioè la medaglia diCiarratami il busto di Ventura, ed il bassorilievo della prigionedel Sig.r Gallo. Barbera

Conto di pagamentidi Agostino al Sig.r RosolinoBarbera per la medaglia di Crispi convenuta in£. 300

Su i Musaici511

Meli come trascinò col conte Ruggieri reso viaggiatore dalla Gallia gliarchitetti che adoprar dovea per i molteplici edifici sacri e profani cheinnalzar doveva in Sicilia con altra più bizzara congettura suppose che perornarli di musaici richiamasse gli artefici come la congettura gagliarda-mente costruita da lui che i calogeri eremiti del monte Athos abiano influi-to al miglioramento dello stile de’ nostri mosaici sia chiamati qui diretta-mente dai principi Normanni512 e venuti in Sicilia alcuni che coltivavano lebelle arti o i loro adetti scolari. Perché incommodare quei buoni Frati e iloro allievi a fare un lunghissimo viaggio dalla Romelia in tempo in cui levie erano disastrose e pericolose e il tragitto di mare difficile. Io li suppon-go i primi vecchiarelli emaciati dai cilicii e dalle penitenze, e i secondipoco vogliosi di ubidire a principi stranieri, nell’adescamento513 della lororimunerazione incitar potea gli uni e gli altri essendo religiosi._________________________________

511 Segue, cancellato, il brano: “Dell’arte dei Musaici di sacre storie onde è famosa la Sicilia e prin-cipalmente Palermo, l’autore dell’opera ragiona nell’introduzione (1) al primo volume, e diffusa-mente nel secondo al V libro e in una appendice in fine.Il linguaggio, le descrizioni, le osservazioni tecniche annunziano un artista istruito che sa scriverle,né io saprei ingozzarmi che quell’articolo fosse uscito dalla penna di un dilettantuccio ignaro dellaparte prattica dell’arte che da pochi mesi prima come dissemi il Di Marzo avea divisato maneggia-re un’istoria artistica potendo solo esserne ispirato dallo Spirito Santo. Io non credo facilmente talsorta di miracoli e quindi mi rivolgo al Meli colla solita mia franchezza, del quale mentre ammiro lesue copiose cognizioni artistiche e le svariate notizie sparse in quell’articolo, credo che sia un suobeatifico sogno(1) op. cit. pag. 31 e seguen.”L’A., nel suo lavoro Sugli scrittori moderni di storie di Sicilia. Saggio critico, Palermo, TipografiaBarcellona, 1867, p. 74, asserisce che Giuseppe Meli sia il vero o principale autore dell’opera diGioacchino Di Marzo Delle belle arti in Sicilia dai Normanni sino al secolo XIV, Palermo, SalvatoreDi Marzo editore, Francesco Lao tipografo, 1858-1862.512 Seguono, cancellate, le parole: “sia che credeano inviati quelli”.513 Leggasi: “né l’adescamento”.

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Invece di andar pescando da lungi questi artisti i quali poi secondo direil Meli e Deanigi che scrisse le norme delle arti da essi esercitate eranoparticolarmente addette alla pittura a fresco e non già al Musaico (1)

514.

In Sicilia quest’arte fu introdotta dalle antiche colonie greche continua-ta sotto i conquistatori Romani sebbene con un sistema diverso pei materia-li dai Bizzantini sotto il dominio degli Imperatori d’Oriente e dai Musulmaninella parte ornamentale pel divieto del Corano di rappresentare figureumane. L’Isola nostra sotto i principi Normanni era affollata di Bizantini edi Arabi, molti dei quali passarono scaltramente alla nostra religione peracquistare il favore di quei principi Cristiani. L’arte del Musaico era quindiin vigore in Sicilia e gli Arabi falsi o veri cristiani piegar si potevano facil-mente dal meccanismo degli ornati a quello delle rappresentazioni figurati-ve e i Bizantini eran maestri di quest’arte anzi è da supporre che dopo la per-secuzione delle sacre immagini mossa dal pazzo imperatore Leone Isauricoe successore alcuni musaicisti pittori e scultori per evitarla recati si erano inSicilia e qui aveano fondato delle scuole e moltiplicati gli allievi. Laonde iprincipi Normanni non avean d’uopo dei monaci del Monte Athos515 che peraltro non eran musaicisti ma pittori che pure non mancavano in Sicilia perle scuole stabilitevi sin dal tempo della persecuzione iconoclastica.

Ciò non pertanto credo io che i Normanni abiano invitato alcuni mona-ci del Monte Cassino che coltivavano la pittura e il musaico per la prossi-mità di S. Germano in Terra di Lavoro che poco dopo la conquista fe partedei loro domini.

Essi516 condur potevano517 la pittura sull’intonaco a fresco e diriggere518

il meccanismo dei musaici da sovrapporvi e i più abili fra loro eseguir lefigure principali, lasciando ai giovani subalterni le accessorie e gli ornati.

Ma che i519 Bizantini e gli Arabi già sicilianizzati siano stati molti fragli artefici possiamo argomentarlo dagli stessi musaici perocché nonostan-te che i principi normanni non favorissero la Chiesa greca, molti santi rap-presentati sui mosaici sono del rito greco ed alcuni del latino, o gli ornati_________________________________

514 A c. 198v nota in calce: “(1) Didron Manuel D’Jean etc. par Durand Paris 1865. <Dionysius<Phurnensis>, Manuel d’iconographie chretienne grecque et latine. Avec une introduction et desnotes par m. [Adolphe Napoléon] Didron, traduit du manuscrit byzantin, Le guide de la peinture parPaul Durand, Paris, Impr. Royale, 1845.> Opera citata dallo stesso Meli” <“La pittura nel MonteAthos e i musaici di Sicilia dell’epoca di re Ruggero. Appendice al libro V” In: Gioacchino DiMarzo, Delle belle arti in Sicilia… cit., v. 2, p. 357-358>.515 Seguono, cancellate, le parole: “. Ciò non pertanto credo io più probabile”.516 Segue cancellata la parola: “dirigger”, segue poi cancellata la parola: “eseguir”.517 Segue, cancellata, la parola: “adeguare”.518 Seguono, cancellate, le parole: “dei sovrapposti”.519 Segue, cancellata, la parola: “Greci”.

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quasi tutti di stile arabo con quella loro inesauribile profusione e varietàche non ebbero mai i Greci (1)520 sempre di un gusto più elegante e sem-plice ma monotono nell’intreccio.

Che se Monsieur *** orsevò [!] una tal quale conformità nelle pitturedei cenobii del Monte Athos nello stile delle figure con quelle dei nostrimusaici recar non dee meraviglia521 seguendo i primi lo stile bizantinodalla cui scuola quelle derivavano, comunque l’abiano forse miglioratonon essendo artisti mercenarii ed avendo più tempo ad attendere alle bellearti ed eccitati dallo spirito religioso a rappresentar degnamente Dio, laVergine e i Santi.

Questa conformità di stile nei musaici figurativi ha per fonte la scuola bizan-tina modificata in parte in Sicilia dall’eccitabilità dei suoi nativi i quali diederopiù anima e movenze alle figure avendo sotto gli occhi il modello vivente nazio-nale. Se poi i musaici di Cefalù si avvicinino più alla perfezione ciò dipenderpotè dalla casuale scelta de’ migliori artisti come spesso avviene anche in uno opiù tempi dell’epoca nostra in cui sono adoperati professori buoni mediocri e tal-volta cattivi secondo l’intelligenza e il gusto di chi sceglie gli artisti.

Sui mosaici scoverti nel piano del R. Palazzo di Palermo

1. Indizi primitivi scoverti nel tempo della Luogotenenza provvisoriadel Marchese Tuschierdy522, insieme alle conserve di frumento rimpetto lachiesa della Trinità alla derivazione di una fonte d’acqua che recava goc-cie di mercurio.

2. Quei primi vestigi di mosaici, le fosse di frumento furono dalTuschierdy fatte atterrare.

3. Occasioni dello scoprimento della gran serie di mosaici nel suddet-to piano. Si deve al caso dell’impianto delle travi pel fuoco artificiale perfesteggiare l’arrivo dei RR.PP. Umberto, e Vittorio Amedeo.

4. Il Municipio di Palermo incaricò subito l’insigne Architetto SaverioCavallari523 a scoprire quei mosaici nei diversi compartimenti, e vi adoprò_________________________________

520 A c. 199r: “(1) Che gli ornati a musaico nella R. Cappella paladina della Cattedrale di Morrealesiano molto conformi a quelli di Spagna più a lungo dominata dai Musulmani puossi rilevare dal-l’opera di Monsieur Labarde”. <Jules Labarte, Histoire des arts industriels au Moyen Age et a l’e-poque de la Renaissance, Paris, V.e A. Morel & C.ie, Libraires-Editeurs, 1864-1866. 6 v.>.521 Segue, cancellata, la parola: “essendo”.522 Giuseppe de Tschudy, marchese di San Pasquale, luogotenente generale funzionante di Sicilia nel 1839.523 Francesco Saverio Cavallari, architetto, archeologo, incisore, nato a Palermo nel 1809 e ivi mortonel 1896.

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tutta la diligenza possibile per conservarli nello stato in cui si trovavano,e dopo più mesi di assidui e diligenti lavori si pervenne al compimentodell’opera. Egli fu anche il primo a scriverne in diversi giornali una rela-zione artistica a decantarne il merito, ma opinò che dovessero attribuirsiall’epoca romana.

Io mi recai ad osservare i mosaici quasi intieramente scoverti, e fui sor-preso dalla <belle>zza ed eleganza dei contorni di alcune figure, e sin d’al-lora opinai di essere lavori greci, ma in alcune parti ristorati malamente forsenei tempi Romani posteriori, come lo stesso Cavallari in una conferenza cheavemmo insieme sopra luogo, meco per questo riguardo conveniva.

Il Cavallari continuò lo sgombro laterale attorno e scoprivvi alcunestanze dipinte e alcune con ornati di mosaici inferiori nei pavimenti.

5. Io cominciai a fare delle ricerche archeologiche su quei stupendimosaici, e primo l’epoca quando successivamente furono eseguiti.

7. Indagai la cagione probabile perché furono interrati i mosaici, nonper destrudersi, ma per conservarsi, e scoprirsi in altro tempo, e congettu-rai i varii combattimenti sì ch’ebbero ivi i Romani contro la fortezza oppo-sta dei Cartaginesi.

6. Essendomi persuaso da reiterate ispezioni di essere quel recinto unloggiato a pianterreno con stanze abitabili, congetturai di essere statecostruite da qualche ricco magnate dei tempi per se e per la sua famigliaonde godere di prospetto l’antica fortezza alla parte opposta lontano chepoi fu convertita in Real Palazzo. Non esclusi dalle mie congetture chepotesse essere anche stato un loggiato per gli affari di commercio sia diconto del Governo che vi manteneva un custode con stanze laterali per lasua famiglia. Cavallari già avea trovato rasente all’antico Cassaro poiToledo l’ingresso alla linea del Palazzo Arcivescovale che guarda l’ango-lo ove trovasi il marmoreo balcone istoriato nelle mensole da VincenzoGagini Scultore del 1500.

L’edifizio terminava in un gran parallelogrammo rimpetto la chiesa eMonistero di S. Elisabetta, dove il Cavallaro rinvenne la porta di uscita.

8. Esaminando attentamente i mosaici osservai di essere i migliori digusto greco ma condotti con piccoli lapilli, e non cristalli colorati, e dora-ti secondo l’uso degli Arabi, ed avendo prima osservato quelli di Pompeidell’epoca Romana, anche quello della battaglia creduta di Dario trovai inostri mosaici di gran lunga migliori, ed eseguiti con piccoli lapilli, e mag-gior diligenza.

Esclusi quindi l’idea di essere iniziati, e progrediti nell’epoca Romana,ma soltanto riparati malamente in tempo posteriore.

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9. Un appunto fattomi pervenire di un vecchio mio amico Archeologo,in cui mi diceva prima di quella scoverta, che in alcune sue memorie aveanotato che quei mosaici furono cominciati da un artista greco, e dai suoidiscenti, e me ne accennava il nome ***. Volli ricercare nel catalogo degliartisti antichi, e vi incontrai il nome, ma non già di mosaicista.

In ogni modo pendo per l’opinione che siano lavori greci, e non maiRomani, molto più che avendo prima osservato gli antichi edificii in Romanon vi rinvenni mosaici, e alcuni pochi che trovansi sono stati riconosciu-ti come degli Etruschi che si sa di aver bene coltivata quell’arte.

I nostri mosaici altronde evidentemente non appartengono all’epocaaraba si perché i Musulmani rifugivano pel divieto del Corano di effigiare.

Mosaici

Fra’ mosaici antichi convien ricordare quelli di Pompei l’ultimo de’quali la battaglia creduta di Dario e che fu staccata e riportata nel Museodi Napoli nell’altro di Sardegna trasportato a Torino e un trovato inCostantina e trasferito e collocato in una sala all’Ouvre [!] a Parigi. Essigiudicansi generalmente romani. Possono invero appartenere all’epocaromana, ma non già lavori di artefici romani. I mosaici di Pompei perragione dell’origine di quella città sono de’ tempi romani ma lavoro di arti-sti greci, di cui abbondava quella parte confinante colla Magna Grecia nelterritorio della Calabria.

E siccome i mosaicisti han duopo d’imitar la pittura, così servivansi diquelle più antiche ch’erano più pregiate e così pure facevano i vasai ritra-endone la composizione sulle stoviglie di creta.

I mosaici di Pompei sono ricavati da leggiadre composizioni e fantasti-che ed eseguiti in parte con mediocre lavoro. Quella città della Campaniacredesi invero insieme con l’altra vicina detta Ercolano città più antica chede’ tempi della Romana denominazione e fu destrutta da un’eruzione delVesuvio l’anno 79 dell’era volgare. In ogni modo sia che fosse di originegreca o romana e particolarmente Ercolano riconosciuta come città de gliOsci e degli Etruschi, una delle dodici che fondarono nella Campania learti524 belle da suoi abitanti coltivate erano greche anzi è da sospettare chei mosa<ici> di Pompei prossimi a Ercolano fossero stati eseguiti da artistigreci, o etruschi; talché per nulla devono attribuirsi ai Romani._________________________________

524 Seguono, cancellate, le parole: “ch’assai attirarono”.

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L’altro mosaico scoverto in Sardegna525 sebbene526 occupata daiRomani 259 av. G.C. pure era stata popolata da’ Pelasgi o Fenicî o Iberiné avvi ragione di credere che quel mosaico rinvenutovi sia opera de’Romani ma piuttosto de’ Pelasgi ch’eransi stabiliti anche in Etruria, equindi lavoro piuttosto etrusco, come quelli più antichi che trovansi inRoma. Il mosaico scoverto mille tese distante da Costantina nel 1842 chesecondo la descrizione che leggesi nel Poliorama pittoresco nel 2° seme-stre del 1848-49527 ove se ne scorge il disegno mostra apertamente dallaricca composizione di essere lavoro di artisti greci. Vi si scorge Anfitrite eNettuno in un carro tirato da quattro cavalli con due amorini superiori chesostengono una fascia e sotto altri quattro, che guidano due barchette epescano pesci e due fanciulle che in mare scherzano coi delfini e intornoci hanno pesci e produzioni marine. La stessa composizione mostra lefecondità, bizzarria dell’ingegno greco. Un mio amico intendente dell’ar-te del disegno l’ha osservato nel 1847 attaccato ad una parete di una dellegallerie dell’Ouvre [!] e mi ha riferito che nella esecuzione è inferiore agliultimi mosaici scoverti nel piano del R. Palazzo di Palermo.

In questi puossi ammirare la fecondità e vanità d’invenzione ne’ diver-si compartimenti delle figure, alcune delle quali son disegnate con tutta ele-ganza, correzione di forme, come quel satiro che insegue una ninfa.Nell’Orfeo poi cogli animali attorno attirati dalla sua lira ben s’indovina diessere un ritratto da qualche famoso quadro di artista greco per la leggia-dria della composizione. Nelle teste528 poi dell’Apollo, e del Nettuno circo-scritte da un bello ornato a guisa di medaglia, lo stile s’ingrandisce collaforma e vi ho anche osservato la diligenza che non scorgesi ne’ mosaici deitempi Normanni e quelli non indicano nelle pupille con lapillo bianco edaltro di contrapposto scuro l’effetto della luce che dà vita agli occhi comene’ quadri più diligenti di sommi artisti. Il grande dello stile di questa testasi avvicina a quella degli apostoli dell’epoca normanna nella cattedrale diCefalù. Però l’Apollo e il Nettuno sentono la greca eleganza nel disegno.Tutte le figure poi secondo i vari compartimenti mostrano colla varietàdello stile più o meno grande più o meno corretto la varietà degli artisti ela successione anche del tempo in cui i mosaici furono lavorati._________________________________

525 Seguono, cancellate, le parole: “puossi attribuire”.526 Segue, cancellata, la parola: “tarda”.527 Poliorama pittoresco. Opera periodica diretta a spandere in tutte le classi della società utiliconoscenze di ogni genere e a rendere gradevoli e proficue le letture in famiglia. Napoli, A. 1, n. 1(1836)-A. 19, n. 37 (1860).528 Segue, cancellata, la parola: “grandiose”.

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Gl’intrecci di ornati ove s’impiegavano altri artisti sono variatissimi econdotti colla maggior diligenza possibile, in parte da superare quelli dellaR. Cappella Palatina riguardati come i migliori dell’epoca normanna ebizantina, e superiori a quelli della Cattedrale di Vinegia

Nell’incertezza dell’edifizio e delle notizie istoriche del tempo e degliartisti che eseguirono questi mosaici della piazza del R. Palazzo mi è per-venuto uno schiarimento in una carta529 segnata del nome del530 celebrearcheologo Dr. Francesco di Paola Avorio531 da Siracusa in cui532 racco-gliendo notizie533 dei nostri monumenti e de’ grandi artisti e534 alludendo aquest’ultima scoverta scrivea così:

(S’inserisca)

Domus condita sere [!] secaelo ante ruinam Pompei. Artificem perce-lebrem cuius nomen erat Tamiro, graecum natione, degentem in siculacivitate Tindaridis huc accessiverunt, musivis pavimenta decoraturum, quiid agressus cum quatuor siculis Tyronibus ab ipso artem edoctis, opus con-fecit labore fere duodecim annorum. Domus autem post tot vices tempo-rum, bonarum artium diligentia intermissa, solo aequata fuit, ita ut necipsius memoria posteris remaneret, nec reliqua nunc detecta archeologiaeinvestigationibus satis ampla praeberent documenta.

Appunti da servire per l’illustrazione di mosaici del dicembre 1869scoverti nel piano del Real Palazzo di Palermo

Si sostiene da Gallo che l’edificio e i detti mosaici non appartengonoall’epoca romana come suppone Saverio Cavallari.

I Romani prima che avessero conquistato il paese degli Etruschi eranoquasi ignari di belle arti e fabbricavano le loro case di giunchi di ramaggie creta. Dopo quando la loro repubblica andò consolidandosi e la cittàampliandosi e fu da loro debellata la Grecia e la Sicilia si valsero prima diartisti etruschi indi di greci e di siciliani535 per le fabbriche di Roma, e spo-_________________________________

529 Segue, cancellata, la parola: “dettata”.530 Segue, cancellata, la parola: “fu”.531 Leggasi: “Avolio”: Francesco di Paola Avolio, magistrato, erudito, archeologo, nato a Siracusa nel1763, morto nel 1838. Seguono, cancellate, le parole: “non so”.532 Seguono, cancellate, le parole: “in cui com’era suo uso”.533 Seguono, cancellate, le parole: “delle opere”.534 Segue, cancellata, la parola: “parlando”.535 Seguono, cancellate, le parole: “e spogliarono”.

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gliarono di monumenti que’ popoli vinti e principalmente la Grecia e laSicilia. In seguito della conquista della prima fatta da Flavinio e diMarcello dell’Isola nostra, ove l’espoliazioni continuarono sotto i questorie i pretori e l’ultimo sacco fu dato dal ladrone Verre. E in Grecia sottoAdriano il quale facea trasportare in Roma colonne e statue per decorarla efaceva anche innalzare in Grecia alcuni edifizî per fasto della sua memoria.

Al tempo di Cesare Augusto Roma era fabbricata di mattoni e costuifu tra’ primi come diceva a renderla splendida di marmi e di palazzi.L’architettura fu principalmente coltivata dai Romani, ma non si accenna-no nella prima epoca mosaici se non pochissimi costruiti dagli Etruschicome vedremo. I Romani rifuggivano da queste opere sì perché necessa-rie di gran dispendio e abbisognevoli di lunghissimo tempo ed essi vole-vano far presto.

Osservazioni sui mosaici nella piazza del Real palazzo in Palermo

Se devesi al caso la scoverta di questi sontuosi mosaici, devesi all’in-telligenza e solerzia dell professore sig. Saverio Cavallaro insigne archi-tetto che ottenuto avea spontaneamente per le opere sue una cattedra dellasua facoltà nell’Ateneo di Milano indi passò in America al servizio di quelgoverno, questi nostri monumenti siano stati con somma cura dissotterra-ti non abbiano sofferto colla sua giornaliera direzione e sorveglianza gua-sti oltre quelli sofferti dal tempo dalla antica devastazione dell’edifizio cheli conteneva.

L’egregio Sigr. Cavallaro ha già scoverto quasi l’intero perimetro dellapianta del sudetto tiruto [!] edifizio. Secondo la sua sagia osservazionedeve esso avere il principale ingresso di fronte all’attuale palazzo arcive-scovale e una porta di uscita nel fianco che guarda la chiesa del muniste-ro di S. Elisabetta seppure altri non avesse avuto nelle due linee laterale,di cui una guarda la chiesa della Trinità e l’altra opposta frontegia a grandistanza l’attuale Real palazzo. Talché tra quello e l’edifizio dei musaicieravi intermedio il grande anfiteatro romano accennato dal Fazello536 di cuitrovossi un’iscrizione latina riportata *** e che insieme al sudetto anfitea-_________________________________

536 Tommaso Fazello, Le due deche dell’historia di Sicilia... Diuise in venti libri tradotte dal latinoin lingua toscana dal r.p.m. Remigio fiorentino dell’istess’ordine. E di nuouo in questa vltima edi-tione riscontrate, e con accurata cura diligenza ricorrette. Dall’abbate d. Martino Lafarina. … InPalermo, dal Ciotti, nella stamperia di Decio Cyrillo, 1628. La descrizione di Palermo si trova nellaI Deca, Libro ottavo; per il teatro vedi p. 153.

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tro già devasto prima del tempo del Fazello non si sa se fu fatto a pezzicome quella Ebraica della torre Bayeh (1)537

Che l’ingresso principale come osservò il Cavallaro esser dovea inlinea alla via Toledo e di contro al palazzo arcivescovile come dissi è cosaindubitata perocché tutte le figure dei musaici da quel punto si poteanodrittamente osservare da chi entrava. I compartimenti di quel palazzo chepresenta un lungo parallelogrammo con le rispettive dimenzioni dellestanze saranno delineati della pianta del sign.r Cavallaro. In alcune stanzee camerini s’incontrano musaici di semplici ornamenti; ma in taluni confregi di bellissimo gusto greco e in tutto variato; ma nella grande stanzache precede la galleria centrale più oblunga avvi ricchezza di svariate figu-re a musaico sia in figure intere a gruppi e di bella composizione sia cir-coscritti in gran circoli.

Erudia per i musaici

Dopo 176 anni che i Greci eransi venuti in Sicilia Mazzo538 CapitanoCartaginese prese Panormo. L’occuparono indi i Romani e ne fecero resi-denza de’ loro consoli. I Romani adoprando i consoli Attilio, e Cornelio; ilprimo, al dir di Polibio539, il primo prese quella parte della città detta nuovapresso il mar nel 263 di G.C. ne abbatte il muro e una torre con la catapul-ta. Indi si rivolsero alla parte opposta della vecchia città detta Paleopolich’era fabbricata a guisa d’una fortezza la presero dopo lungo assedio perfame nell’anno di G.C. 251 undecimo della prima guerra punica.

I cartaginesi si erano trincerati nella gran fortezza detta Ercta da orMonte Pellegrino che da consoli romani C. Aurelio Cotta e P. ServilioGemino fu assalita e presa con 40mila fanti, e mille cavalli nel 251 di G.C.

Erano già in potere de’ Romani tutti i presidii de’ Cartaginesi, oltre le gre-che città. Questa guerra contro Palermo e le altre città cartaginesi durò al dirdi Diodoro540 24 anni, e il Lilibeo 10 anni e conchiusa la pace cò Cartaginesifu stabilito che lasciarono per sempre la Sicilia (anno 250 di G.C._________________________________

537 A c. 207r nota in calce: “ La pianta di quell’anfiteatro fino a pochi anni addietro quando quelvasto piano non era ancora ricolmato di terra poteva agevolmente ricavarsi ed io l’osservai dai bal-coni di contro del ministero in un giorno di pioggia in cui l’acqua gocciolando nel terreno lo ren-deva più oscuro e i massi di gran pietre delle fondamente di quell’immensa fabbrica restavano piùchiari.”538 Si intenda: “Malco”:539 Polybius, Historiae, I, 38, 7-10.540 Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, XXIV, 14.

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Ma i Cartaginesi ritentarono la conquista poco dopo. La repubblicaRomana mando rinforzi di truppe, di cavalli e di navi e il console Metellosotto le mura di Palermo sbaraglia l’esercito cartaginese di Asdrubale neuccide 20mila uomini e ne spedisce 60 elefanti secondo Diodoro541 inRoma per ornare il suo trionfo (250 av. G.C.

Palermo dopo la conquista, la dignità di Pretore, l’insegna dell’aquilae dignità del Senato e il titolo di repubblica socia a Roma sotto le leggiproprie palermitane.

Né colla presa che fecero i Romani à Cartaginesi di Lilibeo desistero-no, ma continuarono osteggiarli nel 240 di G.C. i Cartaginesi consegnan-ti a Romani Erice Lilibeo e il Castello di Erice.542

<Tomiro>

Di questo celebre543 mosaicista per nome Tomiro, annunziatodall’Avorio, della nostra città di Tindari non ho trovato altro riscontro cheuno di porr il nome nell’opera di Giulio Sillirg (1)544 colle seguenti parole– Thamyrus Sculptor gemmae op bracci tom. II tab. 113545.

Or546 costui nell’opera del Bracci accennato senza data di tempo, né di

_________________________________

541 Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, XXIII, 21.542 Annotati, in fine, sottosopra:“Esatti.....................................................................£. 474.81A Teresina ..............................................................£. 71.48Mangiare ................................................................£. 153. ”Mannina .................................................................£. 62.Imparata .................................................................£. 1.

_______£. 287.48 £. 287.48

___________Restando £. 187.33

Più £. 14__________£. 201.33”

543 Segue, cancellata, la parola: “artista”.544 A c. 211r nota in calce: “(1) Catalogus artificum arte graecorum et romanorum Dresdae et Lipsiae,1827 pag. 458”. <Iulius Sillig, Catalogus artificum sive architecti statuarii sculptores pictores cae-latores et scalptores Graecorum et romanorum literarum ordine dispositi. Dresdae et Lipsiae,Libraria Arnoldia, 1827, p. 438>.545 Domenico Augusto Bracci, Memorie degli antichi incisori che scolpirono i loro nomi in gemme ecammei con molti monumenti inediti di antichita statue bassorilievi gemme opera di DomenicoAugusto Bracci della societa reale antiquaria di Londra, Firenze, per Gaetano Cambiagi stampato-re granducale, 1784-1786, 2 v.546 Segue, cancellata, la parola: “questo”.

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patria come scultore di gemme ora pel costume degli antichi artefici chevolgeansi a più generi affini fu quello di Tindaro di cui l’Avorio ci dà noti-zia di essere greco di nazione547 che vivea in Tindari e548 chiamato aPalermo per diriggere i mosaicisti suoi allievi o un altro di simil nome

Le due arti dell’incisione e quella musiva procedono amendue dasomma diligenza e più la seconda. Laonde è facile di trascorrere dall’unaall’altra sebbene i nomi greci dalla loro madre patria replicavansi in Siciliadalle loro colonie, onde due potevano essere i Tomiri, e anche lo stessoch’erasi qui recato a Tindari, una delle nostre ricche e lussuose città a farfortuna, e il governo cartaginese o qualche ricchissimo di Palermo l’aveachiamato qui per decorare di mosaici quel magnifico palazzo. L’epocaaccennata dall’Avorio non incontra difficoltà con l’istoria, né per l’innal-zamento dell’edifizio un secolo prima della distruzione di Pompei, né perl’esistenza di Tindari né il lungo lavorio di mosaici dovette assorbire menodi anni dodici, come accennò lo stesso Avorio.

Sui mosaici dal piano dal R Palazzo

Ignorandosi per manco di notizia istoriche a qual <palazzo> apparten-gan i resti d’un edificio con bellissimi mosaici ne’ pavimenti scoverticasualmente nella piazza or detta Vittoria dirimpetto al R. Palazzo inPalermo nel Dicembre 1868 all’occasione d’impiantarsi la macchina de’fuochi artificiali per festeggiare l’arrivo dell’A.R. il Principe Umberto e laPrincipessa Margherita, essendo noi incerti su qual tempo quella fabbricasia qui stata innalzata e quando e perché destrutta rimanendovi sotterrati imosaici convien aggirarsi in una selva di congetture. Però qualche esileraggio ci può somministrare l’istoria di Palermo e della località ove trova-ronsi que’ p<rezi>osi monumenti.

Palermo fu inizia<ta> al dir del diligente Tucidide (1)549 <da> alcuninavigatori greci qui rimasivi allettati dalla delizia della terra e del clima edal comodo de’ porti naturali, e la palorola [!] greca Panormo che indicala tutto porto accenna la sua primitiva origine. I Fenici che sin da ottosecoli frequentavano forse per scalo al loro traffico la isola del mediterra-neo indi consociatisi co primi abitatori greci occuparono Panormo e cre-dendola opportuna al loro commercio coll’affrica e Corinto vi stabilirono_________________________________

547 Segue, cancellata, la parola: “abitante”.548 Seguono, cancellate, le parole: “fu direttore”.549 A c. 212r nota in calce: “(1) Hist. del Pelop. Lib. VI” <Thucydides, Historiae, VI, II, 6>.

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la loro sede, l’ingrandirono, e si distesero sino a Mozia, e a Lilibeo.Laonde per questa ampliazione, costruzione e possedimento di quellaprossima città furono i fenici giudicati i primi edificatori. I Greci bensì inminor numero vi rimasero a coabitarvi. E difatti […] alcune medaglie emonete sono visibilmente di greche località con la Cerere loro divinità econ […] epigrafe greca, e congiuntamente in alcune con lettere libiche.

Questa vittoria divenne per i Cartaginesi all’occasione che avendo ifenici scoverto nella Spagna ricche miniere di argento ed oro, la preferiro-no e cedettero Panormo, e le altre città sopradette a’ Cartaginesi loroamici, e quasi connazionali che avrebbero loro tenuti aperti i porti, comeavvenne.

E siccome le belle arti erano assaissimo progredite nelle nostre colon-nie [!] elleniche, finché esse non furono in aperta guerra co’ Cartaginesisiculi avidi sempre di usurpazioni e d’ingrandimento, gli artisti greci eranoqui preferiti, e ben rimunerati, essendo altronde costume di tutti in ognitempo di sceglier per patria adottiva quella che lor procura maggiore agia-tezza, e così è avvenuto degli Italiani dopo il secolo XII che hanno influi-to con la loro presenza e in opere a diffondere il gusto e la cultura dellearti liberali quasi in tutta l’Europa (1)550.

Conquistata la Sicilia e551 assediata e debellata Palermo da romaninell’Olimpiade 131, e avanti G.C. 254 anni soffrì molti guasti nelle suoimagnifici edifizi dell’epoca greca e de’ cartaginesi,552 e particolarmentenella famosa battaglia che loro diedero per discacacciarneli i consoli L.Cecilio Metello e C. Furio Pacillo, e non minor devastazione nel 434 perl’invasione553 dei Vandali e de’ Goti, e altra successiva allorché il gran con-dottiero Belisario discacciò questi ultimi.

Tentavano gl’imbecilli imperatori de Bizzantini invano di riprenderneil dominio ad essi spettato dopo la divisione dell’impero in occidentale, edorientale quando i Saraceni guidati dall’audace Adelcamo nel 821 colferro e col fuoco dopo di aver soggiogato tutta l’isola stabilivano la prin-cipal sede in Palermo, e benché vi avessero incontrato in ciò lieve resisten-za, pure non dovettero lasciarla illesa.

Sin dall’epoca della loro dominazione i Romani aveano così costruito_________________________________

550 A c. 213r nota in calce: “(1) Vedi l’opera mia su questo argomento”. <Agostino Gallo,Sull’influenza ch’esercitarono gli artisti italiani in varii regni d’Europa, ad introdurvi, diffondervi omigliorar l’arte d’intagliar cammei in pietre dure e tenere, incidere in rame, cesallare e smaltare inargento e in oro, Palermo, Tip. Barcellona, 1863. Estr. da: Diogene>.551 Segue, cancellata, la parola: “invasa”.552 Seguono, cancellate, le parole: “e più”.553 Seguono, cancellate, le parole: “certo restando”.

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una fortezza nella pianura circostante allor assai più ampia e nel sitomedesimo ove ora innalzasi il R. palazzo e questa devastata nelle varieaccennate vicende; il saraceno Adelcamo la restorò e l’ingrandì e la resemunita secondo il sistema guerresco della sua nazione.

Dopo il periodo di circa dugento e più anni dall’occupazione degliArabi che se devastarono più in Sicilia e meno in Palermo554 monumenti eparticolarmente quelli con immagini umane di greche e romane false deitàe di sacre immagini di nostra vera religione, pel divieto del Corano e sosti-tuirono i nostri tempii le loro moschee ch’erano allo stesso tempo scuolefurono da ultimo espulsi dall’isola e nel 1071 finalmente da Palermo da’prodi due fratelli normanni Roberto Guiscardo e Ruggiero Bosso coadiu-vati da’ Siciliani per l’interesse del culto cristiano se non ispento certomanomesso da credenti in Maometto.

Da questo rapido cenno storico potrà ritrarsi come per la fortezza indi-cata la gran pianura allora divenne in vari tempi ad occasione un campo didevastatrice battaglia.

In mezzo a quel gran piano i Romani aveano fatto costruire un anfitea-tro come da una iscrizione latina scovertavi illustrati da’ nostri eruditi fusostenuta e come io stesso potei osservare da un balcone del ministero cuiappartenevo in un giorno di piogiarellina che rendendo il terreno iscurito labase bianchiccia della pianta che avrei potuto delinearla. Atterrato l’anfitea-tro nel *** forse per farne una piazza militare sgombra nelle insurrezioni.

Né quell’anfiteatro soltanto pria che sorgessero le fabbriche moltoposteriori dello Spedale della Chiesa e Monistero di S.ta Elisabetta e delmagnifico tempio e convento della Trinità aboliti di recente, non altrimonumenti antichi descrivono quell’immensa piazza sin da quando i prin-cipi normanni ridessero a più magnifica forma di Real Palazzo quellavetusta fortezza. Roberto Guiscardo vi aggiunse una chiesetta adorna dimosaici che titolò cappella di Gerusalemme e fu destrutta nel 1520. Ilpalagio era cinto da quattro torri, una detta greca o rossa essendo costrui-ta di mattoni a mezzogiorno, l’altra detta joeria innalzata dal Re Ruggieroper racchiudervi i tesori, la terza Corimbri edificatavi da Guglielmo 1° chesuperava le precedenti in artifizio e bellezza e finalmente la Pisana cheGuglielmo 2° avea fatto innalzare da artefici di quella città.

Di queste torri non rimane in piedi che quella or detta di S.ta Ninfa,che scelse per osservatorio il celebre astronomo Piazzi donde scoprì il pia-neta Cerere e calcolò *** stelle formandone il suo famoso catalogo._________________________________

554 Segue, cancellata, la parola: “tempi”.

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Il Re Ruggiero aggiunse al Real Palazzo l’opificio dei drappi di setach’egli ad imitazione di quelli che tessevansi sotto i Saraceni in Palermofece continuare dagli artisti di Grecia che aveva fatto prigionieri quandone conquistò alcune province. Ma l’opera più meravigliosa555 iniziata dalui fu la Chiesa di S. Pietro innalzata sulla antica moschea di Adercamo eresa sontuosissima per mosaici di sacre imagini e per la varietà di rabeschie lastre preziose di marmi colorati. Quella chiesa fu continuata ne’ mosai-ci dai re successori di Sicilia finoa l secolo XV°.

Il dottissimo arabista ed ellenista beneficiale Salvatore Morso nel-l’opera sua per Palermo antico accenna sull’autorità di Ugo Falcandomolte particolarità di quel sontuosissimo real palazzo, al quale era aggiun-to l’orologio solare singolare fatto costruire dal Re Ruggiero nel 1142556.

Or diremo dopo l’esposto, ciò che puossi congetturare dell’edificio che si èscoverto nelle fondamenta e de’ sontuosi mosaici da tutti ammirati e risorti anuova luce, mercé le cure dell’egregio architetto sigr Saverio Cavallaro e sigrPatricola. Non so se essi ignorassero che nel 1839 quando il tenente generaleMontesi Giuseppe De Tschydy557 sosteneva le funzioni provvisorie diLuogotenente in Sicilia scovrissi nella stessa linea alle estremità confinante conl’antica via Toledo e rimpetto al balcone marmoreo del palazzo Arcivescovileun pavimento a mosaico di semplici ornati a rabesco, come pure presso il tem-pio della Trinità alcune conserve di frumento sotto volta reale e una polla d’ac-qua più vicina a Toledo dalla quale spiccavano gocce di mercurio.

Quelle scoverte avrebbero dovuto attirar l’attenzione del Governo, mal’affollamento delle persone pose in pensiero il troppo guardingo genera-le e non solo non volle ordinare la continuazione degli scavi e fare inda-gare nella lontana sorgiva dell’acqua la miniera di mercurio che avrebbepotuto al Governo essere utile per il prezzo di quel metallo ma pure558

interrare le grandi conserve di frumento come pure il mosaico di cui559 fèstaccare un560 pezzo per ritenerlo per sua memoria.

Io osservai quelle scoverte e quanto alle conserve di frumento rinven-ni nella nostra storia l’epoca quando furono fatte costruire dal senatopalermitano per provvigione della città._________________________________

555 Seguono, cancellate, le parole: “che fu”.556 Salvatore Morso, Descrizione di Palermo antico ricavata sugli autori sincroni e i monumenti de’tempi, Edizione seconda riveduta ed ampliata dall’autore, In Palermo, presso Lorenzo Dato, 1827,p. 11-31.557 Leggasi: “Tschudy”.558 Seguono, cancellate, le parole: “ricoprir di terra”.559 Seguono, cancellate, le parole: “solo ne”.560 Segue, cancellata, la parola: “angolo”.

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Mi fu detto parimenti che sotto la luogotanza [!] del principe diSatriano nel 1849 avendo egli fatto livellare la piccola strada che dalToledo conduce al quartiere di S. Giacomo fu scoverta una lapide coniscrizione che accennava al Vespro Siciliano, ed egli per non suscitarequella memoria pericolosa in ogni tempo fe’ sottrarre subito dagli occhidel popolo quella lapide;561 e probabilmente la fece fare a pezzi. Chi sa sequella lapide avesse indicato562 parte della strage de’ francesi nella vicinapianura del Real palazzo. In ogni modo come io non563 ho saputo ciò persemplice notizia non potrei assicurla [!].

Ritornando alla recente scoverta dei mosaici e de’ basamenti dellestanze terrene le più verisimili congetture che possano formarsi sono leseguenti

Era quell’edificio era certam<ente> palazzo di fronte alla regia. Siestendeva in metri *** nella forma di un lungo parallelogramma.

I mosaici non sono certo dell’epoca Saracena, perocché gli Arabi intro-dussero i persiani i564 pezzetti di cristallo colorato o dorato insieme a quel-li di pietra lattimusa. Non sono565 di divinità di Grecia o di altre nazioni mastudiosi ed amatori com’erano dell’arte del mosaico da loro egregiamenteesercitata in disegni di ornati e in figure animalesche non vollero destru-dere interamente per amor dell’arte quelle de’ mosaici di Palermo comeavvenuto ne’ tempî cristiani di essersi sotterrate molte belle statue delpaganesimo, fra le quali quella celeberrima dell’Apollo saettatore che oraammirasi in Roma. Certo che i nostri menzionati mosaici non appartengo-no all’epoca bizantina e cristiana né al risorgimento di quell’arte sotto iNormanni per la meschinità dello stile, laddove questi ultimi scovertihanno uno stile nobile grandioso e corretto, oltre che i mosaici bizantini enormanni son composti di pietre e di vetri colorati e dorati e quelli scover-ti di recente a Palermo son tutti raccozzati soltanto con566 lapilli a colori

Vero si è che i mosaici che che promossero in varie chiese i prodi prin-cipi normanni non tutti mostrano lo stile secco e meschino de’ bizantinicome quelli fatti costruire da Giorgio Rosier d’Antiochia, ammiraglio deidue Ruggieri nella chiesetta or detta di S. Simone in Palermo e come e setali sono quelli delle navate Cattedrale di Monreale menoché il Dio Padre,la Vergine e qualche altra figura dell’abside; e così pure quelli della_________________________________

561 Seguono, cancellate, le parole: “né si sa cosa ne abbia fatto”.562 Segue, cancellata, la parola: “nella”.563 Seguono, cancellate, le parole: “ne fu”.564 Segue, cancellata, la parola: “lapilli”.565 Precedono, cancellate, le parole: “imagini umane”.566 Seguono, cancellate, le parole: “pietre a colo”.

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Cappella Palatina, ma in progresso567 nella palatina grandeggiano le figurelavorate posteriormente fino al secolo XV° e più quelle dell’abside dellaCattedrale di Cefalù in cui i nostri migliori artisti furono adoperati e supe-rarono gli altri delle chiese menzionate troppo servili.

Ed io ho potuto osservare su l’inizio come nel famoso Duomo i piùantichi mosaici che a primo sguardo si ravvisano di essere i più antichisono gretti lavori di artisti di Bisanzio, eppure inferiori a’ Siciliani chel’imitarono congiunti forse ai medesimi nella cattedrale di Morreale enella Cappella Palatina. L’emulazione co’ nostri pria educati all’arte delmosaico dai Musulmani seppero alquanto migliorarla talché sebbene ilDuomo di Venezia sia quasi coevo568 a quello di Morreale ne’ mosaici piùantichi569 dell’uno e dell’altro siano i nostri preferibili per l’invenzione e lavivacità dell’espressione, sembrando i personaggi della cattedrale diVenezia figure morte e le nostre esili, è vero, ma vive anzi convulse effet-to senza meno della vivacità siciliana opposto alla rigidità de’ bizantini.Nell’aggiunzione bensì dei mosaici esterni nella Re. Cappella Palatina diPalermo si trascese dal direttore ed esecutore dei medesimi il Sigr. ***nello stile goffo meno che nel mosaico in cui570 Ruggiero571 da il diplomadi fondazione al cantore Simone e nell’altro *** fatti sopra i cartoni diValerio Villareale e da lui diretti che sono di elegante stile ch’egli appresoaveva in Roma.

Da tutto l’anzi detto puossi rilevare che l’arte del mosaico coltivata inSicilia nell’epoca greca e posteriormente dopo il risorgimento delle arti siaun antica eredità de nostri artisti e quelli ultimamente scoverti appartengo-no all’epoca greca.

Sul mosaico

Quest’arte del musaico benché di massimo lusso, non è mai stata inter-messa da’ più remoti tempi sino ai nostri; e si può dire che dagli antichi anoi sia andata sempre più perfezionandosi. I pezzi di antichi pavimenti chene rimangono ancora interi, sono cose piuttosto grossolane che altro: ilpavimento istesso tanto famoso del tempio della Fortuna Prenestina è più_________________________________

567 Seguono, cancellate, le parole: “in essa”.568 Seguono, cancellate, le parole: “alla cattedrale”.569 Seguono, cancellate, le parole: “i nostri”.570 Segue, cancellata, la parola: “Goffredo”.571 Segue, cancellata, la parola: “offre”.

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stimabile per la erudizione che in se racchiude, che per bellezza di lavoroche mostri, e le stesse tanto vantate colombe del cardinale Furietti che cosasono elleno rispetto ai nostri bei pezzi di musaico?

Da Costantinpoli passò quest’arte in Venezia, quando si prese di farela più bella chiesa del mondo, la chiesa di S.n Marco. Si risentono, pervero dire, i musaici della più bella chiesa del mondo della goffezza [!] deitempi, in cui furono fatti: e lo stesso mi penso sia ancora di quelli, che houdito vedersi tuttavia nella città Kiavia. Se non che nei tempi di poi si tra-vagliarono per essi i primi nostri pittori, e diede cartini per essi anche unTiziano.

L’arte però fu veramente portata al sommo, come ha V.E. veduto, inRoma; e la santa Petronilla, per atto d’esempio, che vedesi in S. Pietro,non si prenderebbe ella per il quadro medesimo del Guercino con unalastra di specchio dinanzi?

Da una lettera di Francesco Alzarotti a S.E. il Sigr. C. di WoronzoW.P.B. Opere di Algarotti Venezia 1791572

Per palese ***Il musaico presso gli antichi Greci al dire di Plinio 36.4573 si adoprava

per adornar le soffitte incrostandovi piccole pietre colorate che all’intrec-cio formavano un disegno da imitare la pittura.

Non impiegavano il musaico nei pavimenti di lusso come accenna S.Agostino civis Dei 16.8 temendo che il calpestio lo guastasse ben tosto.Ma assicuratisi poscia che potevasi con forte cemento conservare l’ado-prarono anche nei pavimenti ma sempre con pietre colorate.

Gli Arabi specolarono al dire del Muratore di adoprarvi vetri coloratio dorati insieme con le pietre a colore; ma siccome pel divieto del Coranonon potevano rappresentare figure umane, così sfogiarono in ingegnosi esvariati ornamenti ed animali.

Gli antichi Greci adoprararono i musaici in pavimenti e i murati sem-pre con sole pietre colorate, ma non profondevano quest’opera dispendio-sa, di gran pasienza [!] e di lungo tempo che per palazzo di ricchi proprie-tari. Talché non sono frequenti i musaici presso di loro e pochi pochissimine rimangono in gran parte danneggiati. I quali al paragone dei musaicidell’epoca cristiana non sono condotti con troppa diligenza e minutezza daimitare copiando i capilavori dei moderni valent’uomini. Quelli degli anti-chi Greci bensi che in parte imitavano i loro quadri dei migliori pittori o_________________________________

572 Francesco Algarotti, Opere, Venezia, presso G. Palese, 1791-1794, v. 17.573 Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia, XXXVI, 189 [=64].

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le scene più intressanti dei loro poeti drammatici o pure soggetti capriccio-si e spesso osceni son belli per l’invenzione ma non bellissi [!] per la dili-gente esecuzione.

In Pompea città

Si sono scavati vari musaici ed uno pochi anni addietro rappresentan-te una battaglia alquanto guasta.

Questi musaici son tutti lavorati col sistema degli antichi Greci sebbe-ne quella città fosse di origine romana perché gli a<rti>sti romani furonodapprima scimia dei Greci.

L’arte del musaico fu usata prima che in Roma nella vicina Etruria manon già con quella finezza e diligenza degli Italiani moderni dopo il risor-gimento delle arti come bene ha osservato il conte Algarotti grande ama-tore e conoscito [!] ed instancabile viagiatore.

In Roma ove fiorirono le belle arti dopo la conquista di Grecia e diSicilia che le apprestarono i più belli monumenti574 da servir di modello,dopo Cesare Augusto principalmente spiccò l’architettura per le belleforme e per le sode costruzioni imitate sempre da quelle dei Greci. Peròsia che i Romani volessero fare presto ed innalzare in poco tempo foripalagi teatri colossei sia che evitar volessero l’ingente spese di lusso deimusaici che richiedevano gran tempo non amarono di decorare i pavimen-ti di musaici che in poche cose e quelli che vi si scorgono sono general-mente lavori di Etruschi. Quello di Otricoli575 con la testa di Medusa e rap-presentante il combattimento dei centauri e gruppi di Trituni e di Nereidinon è opera romana ma Etrusca e fu trasportata nel Museo PioClementino. In Palestrina fu scoverto il ratto di Europa che ora adorna ilpalazzo Barberini.

Plinio576 ci riferisce che il musaico ove scorgesi in una gran tazza chebevono fu eseguita a Pergamo da Sossis577 e pria collocato nel pavimentod’una sala da pranzo, ed ivi erano pure rappresentate come sparsi per terrai resti del pranzo che gettavano i convitati. Da Pergamo fu fatto trasporta-re probabilmente dall’imperatore Adriano e collocare nella sua villa vici-no Roma ove fu scoverto._________________________________

574 Seguono, cancellate, le parole: “prede della conquista”.575 Segue, cancellata, la parola: “rappresentante”.576 Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia, XXXVI, 184 [=60].577 Sosos, mosaicista greco, attivo a Pergamo nel II sec. a.C.

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In Palestrina si osservano gli anzi578 di un gran musaico nella FortunaPreneste che Plinio579 scrive di essere <sta>to eseguito al tempio di Silla ecredo uno dei primi dai Romani e rappresenta le sponde d’Egitto.

L’arte del musaico non fiorì ne ebbe grandi artisti tra i Romani queglidegli Etruschi sentono del gusto dei Greci sia che secondo il Mazzoldi580

essi prevenissero i Greci nelle belle arti sia che li seguissero; ma con unostile meschino che i Romani dei primi tempi imitarono.

I Greci passati in Sicilia581 quando ancora non erano divenuti romaniartisti in patria trovarono qui i germi di tutte le belle arti recativi dai Sicanie Siculi provenienti dalle contrade Etrusche. E siccome il clima dellaSicilia più meridionale della Grecia582 e la fecondità del suolo e l’abbon-danza di tutte le produzioni agrarie rendea ricchi tutti i grandi proprietaridell’isola e doviziose le repubbliche e i tiranni che vi sorgeano; così iGrecosicoli artisti eccitati dalla benigna natura e incoraggiati si esercitaro-no migliaia in tutti generi e fiorì tra gli altri il musaico il quale sin dall’oradovette essere da noi coltivato; ma le guerre della colonia Cartaginese coiRomani e la conquista di questultimi e poscia dei Musulmani di tutta l’iso-la nostra dovette devastare quasi tutti i nostri pregevoli monumenti tra iquali i mosaici e non si sa come siano rimasi illesi sotto terra quelli sco-verti in Palermo nel decembre del 1868 sepure altri in diverse città diSicilia583 fondate da’ Greci cogli scavi che finora sono stati lenti se nepotranno in appresso scoprire ma questi del piano del Real Palazzo diPalermo basterebbero alcuni per la loro singolare bellezza ad apprestarciargomento come in questo genere riuscissero i greco-sicoli artisti. Ed amio avviso non è da dubitarsi ch’essi mosaici siano lavoro di quelli, peroc-ché si scorge in alcuni di essere stati malamente ristorati in epoca poste-riore. E ciò manifesta l’antichità maggiore degli altri di cui alcuni sonobellissimi e di puro gusto greco, e non come si è supposto de’ miglioritempi romani; perocché essi destrussero molti de’ nostri monumenti percagion delle guerre e rapirono quei monumenti che poterono trasferirli aRoma, come statue, quadri e l’orologio solare di Catania._________________________________

578 Si intenda: “avanzi”.579 Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia, XXXVI, 189 [=64].580 Angelo Mazzoldi, Delle origini italiche e della diffusione dell’incivilimento italiano all’Egitto,alla Fenicia, alla Grecia e a tutte le nazioni asiatiche poste sul Mediterraneo, Seconda edizionemilanese riveduta dall’autore con alcune giunte e correzioni, Milano, dalla Tipografia di Gio.Silvestri, 1846.581 Seguono, cancellate, le parole: “ove trovarono”.582 Seguono, cancellate, le parole: “Sicilia di quella della loro patria”.583 Seguono, cancellate, le parole: “greco-sicole”.

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I Romani quando cessarono qui le tre guerre servili che cagionaronoper la loro ambizione ed oppressione altro non fecero che ristorare alcuniedifici da loro danneggiati e costruire forse l’Odeo di Catania e qualcheanfiteatro come quello di Palermo per imbarbarire i Siciliani colla lottadelle fiere.

Che se questi di Palermo di cui abbiamo ragionato fossero stati da loropromossi e co’ loro artisti eseguiti sentirebbero dello stile esile e584 cada-verico di quelli scoverti delle vicine contrade a Roma lavori degliEtruschi. Altronde essendo essi stati in585 guerra continua di lunghi anni inPalermo e nelle e nelle altre città Cartaginesi e quindi occupatissimi inesse ed esausti di denaro non davansi certo pensiero di profonderne ne’dispendiosi lavori de’ sudetti mosaici; e al più poterono rozzamente comeei osserva farne ristorare alcuni affinché l’edifizio che li conteneva586 epotè da loro essere ristorato servisse di uso a qualche loro pretore.

Io giudico quindi che l’intera destruzione di quel palazzo potè essereavvenuta quando i Romani furon costretti ad abbandonar Palermo e le altrecittà di Sicilia e forse nella seguente conquista de’ Musulmani, i quali peldivieto del Corano che proibiva per ragion d’idolatria di rappresentare.

Fra le altre desolanti vicende dell’antica Palermo fuvvi l’assedio ela fuga che ne fecero i Romani dopo di avere conquistato per tradimentoSiracusa Agrigento e tutte le altre città di Sicilia. Palermo rimasa ancorain potere di Cartaginesi loro antichi nemici era una spina sugli occhi de’prepotenti figli di Romolo i quali non avrebbero mai sofferto il condomi-nio che in ogni tempo ne potea esporre a gravi pericoli. Laonde i due con-soli *** si rivolsero con tutte le loro forze ad assalir la nostra città dalleparte di mare e dall’opposto di terra nell’anno *** e già l’aveano occupa-ta sulla sponda abbattendo587 una gran torre munita che difendea quel latoe si rivolsero all’opposto dove sorge attualmente il R. Palazzo.

I cartaginesi intanto avevano rafforzato questo sito con ogni manieradi macchine militari e con innumerevoli esercito perocché i palermitaniche ne provavano il nerbo fidi a quel governo mostravansi strenuissimialla difesa dando prova di valore, com’è stato lor costume in ogni tempo_________________________________

584 Seguono, cancellate, le parole: “attisichito [!] degli Etruschi scoverti da me accennati”.585 Segue, cancellata, la parola: “lunghissima”.586 Seguono, cancellate, le parole: “servir potesse”.587 Sul verso della c. 233: “Comunicazione di assemblea della Reale commissione di agricoltura epastorizia per la Sicilia il 12 gennaio 1869”.

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onde meritarono per antonomasia dall’antichità Siculus miles (1)588 – Inquel sito adunque fin dall’allora dovea esservi una fortezza589 come osser-va il Morso (2)590 che sotto Adercamo nell’epoca Saracena fu ristorato eforse ingrandito.

I Romani incontrando lunga resistenza vana all’impedire la comunica-zione de’ villani alla popolosa città l’obbligarono ad arrendersi col591 pattobensì di dovere i cittadini pagare *** mine, e quelli che nol potevano darsicome prigionieri. Or quella sterminata (1)592 pianura dall’attuale realPalazzo allora fortezza essendo divenuta campo di accanito e lungo con-flitto dovette negli edificî che conteneva593 attorno soffrire immensi deva-stamenti sepure non fosse ciò avvenuto in epoca posteriore sotto iSaraceni; perocché sempre è stata teatro di guerra sino a’ nostri tempi sottoGaribaldi.

Per scendere adesso alla scoverta del sontuoso edifizio e dei bellissimimosaici scoverti nel dicembre 1868 e594 dissotterrrati dal valentissimoarchitetto Saverio Cavallaro e da lui descritti nel giornale di Palermo LaRegione, n. 8 13 Gennaio 1869595 non potendo noi darne un migliore e piùesatto ragguaglio trascriviamo l’articolo di lui aggiungendo alcuni nostreosservazioni.

(S’inserisca)Quell’insigne architetto riferisce quei mosaici e in conseguenza l’edi-

ficio interamente destrutto all’epoca più bella dell’arte romana. In ciò iodifferisco nonostante il rispetto596 che sento per lui dalla sua opinione ecomincio per chiedergli qual si fu la più bella epoca romana per l’architet-tura e più pe’ mosaici.

Certo che no quella di Cesare Augusto il quale vantavasi di avere tro-vato Roma miseramente fabbricata a mattoni e fattala risorgere per luogo._________________________________

588 A c. 224r nota in calce: “(1) Così fu interpetrato in un mio articolo co’ fatti dell’istoria, sebbeneda altri quel motto si volta a dileggio.”589 Seguono, cancellate, le parole: “ed un quartiere”.590 A c. 224r nota in calce: “(2) Palermo antico, art. Palazzo reale”. <Salvatore Morso, Descrizione diPalermo antico… cit., p. 11-31>.591 Segue, cancellata, la parola: “vergognoso”.592 A c. 224v nota in calce: “(1) Polibio, Diodoro Tito Livio e altri antichi scrittori citati dall’Inveges– tom. 1° <Agostino Inveges, Annali della felice citta di Palermo prima sedia, corona del re, e capodel Regno di Sicilia... Parte prima[-terza]... In Palermo, nella typographia di Pietro dell’Isola impres-sor camerale, 1649-1651, v. 1, p. 397-562> Palermo antico era 3a romana”.593 Seguono, cancellate, le parole: “di contro”.594 Segue, cancellata, la parola: “descritti”.595 Francesco Saverio Cavallari, “Antichità siciliane recentemente scoverte in Palermo. Rivistaarcheologica”. In: La Regione, a. II, n. 8 (13.1.1969).596 Seguono, cancellate, le parole: “alla sua opinione”.

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Prima di quel tempo prevaleva in Roma l’influenza etrusca e moltianni trascorsero che Roma ebbe sue proprie e belle le arti liberali e questetutte d’indole e di carattere e di forme greche perocché conquistata laGrecia dai Romani moltissimi artisti ivi accorsero e Adriano innamoratodell’architettura ellenica e architetto anch’egli molti edifizi costruì; macome volea far presto non ricordansi di lui opere di mosaici che richiede-vano lentissimi tempi.

I Romani poi nella conquista della Sicilia per l’urgenza della guerradestrussero molti monumenti grecorici e alcuni li ripararono nel tempodella lunga pace, si resero tranquilli posessori dell’isola nostra.

Fuevi bensì un epoca intermedia dopo597 la conquista in cui le belle artiin Sicilia pel gran numero degli artefici greci che vi rimasero e i loro figliche educarono le arti liberali furono tutte598 elleniche e molti Romani sog-giornanti in Sicilia e divenuti da speculazioni agrarie ricchissimi proprie-tarî adopravano li adopravano quando occorreva. Adopravano i nostri arti-sti greci in fabbriche di lusso non sapendone trovare migliori presso diloro e lo stesso governo romano non solo in Sicilia ma nella propria capi-tale fece uso de’ siciliani, che conoscevali più esperti e di miglior gusto.

E qui nominando al sigr Cavallaro Demofilo d’Imera599 e Gorgia dàLentini600 il primo insigne pittore e l’altro modellatore che ivi acquistaro-no gran rinnomanza.

E per rammentare in Sicilia601 edifizi costruiti nell’inizio dell’epocaromana ma di stile assolutamente greco gli accennerò il tempio dellaConcordia in Girgenti la cui iscrizione latina mostra di essere stato innal-zato sotto i Romani, ma che appartiene ad artisti greci sicoli. E così permolti anni per mezzo degli scolari maneggi continuò lo stile e il gusto gre-corico ne’ nostri edifizi pubblici e privati finché i Vandali e i Goti devasta-rono nella loro conquista di beni e derrate i nostri monumenti d’arte e conl’ignoranza sopravvenuta la Sicilia anche imbarbarì con altre parti delmondo.

Or quel palazzo che fronteggiava quello di fianco posteriore arcivesco-vile può esso appartenere come afferma il Cavallaro alla migliore epoca_________________________________

597 Seguono, cancellate, le parole: “l’invasione del”.598 Segue, cancellata, la parola: “greche.599 Demofilo d’Imera, pittore, V sec. a.C.600 Gorgia da Lentini (485 o 483 a.C.-375 a.C.) è un famoso sofista. Il Gorgia scultore era attico elavorò intorno al 500 a.C. Più probabilmente l’A. si riferisce a Gorgaso, pittore e coroplasta, che conDemofilo decorò il tempio di Cerere a Roma (Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia, XXXV,154).601 Segue, cancellata, la parola: “opere”.

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romana? o particolarmente pò negarsi che in tutto emergano l’ingegno e lamano di greci artisti sì nella scelta di personaggi che l’adornano602 alcunidi greche divinità altri di capricci e divi di scostumatezze greche e sebbe-ne i Romani avessero adottato le greche divinità e le loro scostumatezzepure lo stile de’ mosaici e la diligenza maggiore e l’antico gusto greco-siculo, l’esecuzione di essere lavoro de’ nostri antichi artefici e nonRomani. Ne’ ordinati dal loro governo che solea trasportar via per rapaci-tà militare e dei loro pretori i migliori monumenti d’arte trasferibili aRoma. Ma quali sono i mosaici che ho veduto in Roma ed è ancora costìde’ tempi migliori dell’arte che possono uguagliare in bellezza questi diPalermo? Nemo dat quod non habet. L’arte musiva a piccoli lapilli divariati colori fiorì principalmente in Grecia e presso le greche colonie, ein Sicilia fu rinnovata secondo l’uso degli Arabi ed accresciuta di pezzet-ti di vetri a colori e dorati che il Muratori603 attribuisce a loro innovazione.

E siccome per divieto dello Alcorano non potevano essi rappresentarefigure umane e molto meno di quelli che apposta negano alle nostra reli-gione così occuparonsi in preferenza di effigiare animali e si sbizzarriro-no a intrecciare ornati di mille maniere. Ma i Normanni conquistatori chefavorivano il Cristianesimo ripristinando co’ mosaici effigie umane inquelle di Dio padre e della Vergine degli Apostoli e di altri Santi fecerorifiorire l’arte musiva nel604 duomo di Monreale e più in quello di Cefalù.E Giorgio Rosier ammiraglio dell’uno e l’altro Ruggiero nella chiesetta ordetta di S. Simone. Conchiudo per dire che i mosaici ora scoverti nel pianodel Real Palazzo sono della migliore epoca greca o almeno con quella con-finante colla Romana, ma lavoro di artisti greco sicoli.

Ma in qual tempo e per quale occasione quell’edifizio fu atterratoe i mosaici ora scoverti605 occultati. Ciò veramente è incerto incertissimoper le tante606 pugne destruttive che sono state guereggiate in quel sito indiverse occasioni che vi ho rammentato. Però mi ricorre pure facilmenteal pensiero quella dello assedio e ostinato conflitto dei Romani coiCartaginesi e l’altro dei Saraceni coi principi Normanni Roberto eRuggero che li assediavano dalla parte di mare e da questa opposta di terra_________________________________

602 Segue, cancellata, la parola: “tutti”.603 Ludovico Antonio Muratori, Dissertazioni sopra le antichità italiane già composte e pubblicate inlatino dal proposto Lodovico Antonio Muratori, e da esso poscia compendiate e trasportate nell’ita-liana favella. Opera postuma data in luce dal proposto Gian-Francesco Soli Muratori suo nipote, InMilano, a spese di Giambattista Pasquali, 1751, v. 1, p. 357-363, dissertazione ventesima quarta.604 Segue, cancellata, la parola: “tempio”.605 Seguono, cancellate, le parole: “furono ricoverti di terra”.606 Segue, cancellata, la parola: “guerre”.

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e abbattuto il piccolo palazzo colle macchine militari e avvenuta la con-quista gli uni e gli altri trionfatori romani o normanni e osservati queifamosi mosaici non conoscendosi allora l’arte di estrarli integri dal suolovollero conservarli covrendoli di terra per ripristinarvi forse l’edifizio amiglior tempo. Però ne ritrassero le colonne che servir potevano agli Arabiper la loro moschea e a’ principi normanni per tempi cristiani.

Io ben comprendo che materia avvi di urto ma solo diputabile inesper-ta mia esperienza sebbene io abbia percorso la storia patria che quello cimenziona o un dell’epoca di produzione, un della distruzione dell’edifizioe del perché furon conservati i mosaici.607

Si chieda al dotto Archeologo Landolina padre Siracusano, a qualeepoca fu cominciato l’edifizio nel piano del Real Palazzo di Palermo, ecominciatisi i mosaici, e quanto tempo durarono approssimativamente afinirsi, e se questi furono eseguiti da artisti greci siciliani, anzi Palermitani,o da altri di altre nazioni.

Si chieda ancora per qual cagione fu diroccato l’edifizio e sotterrati imosaici. Si desidera restituita questa carta con le risposte scritte.

In uno de’ tanti appunti di sicula erudizione che inviavami il Chiar.mio amico Frances di Paola Avolio di Siracusa dotto giureconsulto edarcheolo [!] della vechia scuola fra le mie carte trovami questo che parmirelativo al famoso monumento ch’or dopo la morte di Avolio si è scover-to in Palermo e che608 io credo esser questo allora indicatomi

Palermo contiene nelle sue viscere un mosaico più prezioso del ritro-vato, che appartiene al genere detto sextilia, che costò immensi tesori per-ché lavorato di pietre preziose, come agate, lapislazzoli, smeraldi, rubini,zaffiri, ed altre pietre. Un altro accidente vi mostrerà quel tesoro d’arte.

Mosaici

Questo genere d’arte composto di piccoli pezzetti di pietre colorate perornamento di mura di palaggi e di pavimenti essendo più soggetto a deva-starsi nelle guerre nei sacchi che ha sofferto la Sicilia dai più antichi tempi_________________________________

607 Cancellate le parole: “All’ornatissimo Sig.r Antonino LoMonaco”.608 Seguono, cancellate, le parole: “che non avrei allora”.

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sino ai nostri è quasi sparito negli antichi edifizi conservati o ristorati odivisi. Tuttavia alcuni resti se ne sono scoverti di musaici in camera sepol-crale in ninfei che appartengono a Lipara Greca.

In Messina secondo riferisce Grosso Cacopardo si scoprirono pria del1855 bellissimi pavimenti a musaico in alcuni avanzi di antichi edifizi eduno fuori porta Boccetta ove vedeansi con dilicatezza effigiate alcune pesci.

Memorie dei pittori messinesiMessina 1821, per Pappalardo609

RovineNel ninfeo di Catania scoverto nel 1823 il pavimento era composto di

pezzetti di marmo di avorio colore che in alcune siti era stato posterior-mente ristorato forse sotto di Arsinio verso di fine del IIII secolo

In un bagno indi compreso in chiesa si trovano musaici di grossolanaesecuzione il che610 e due pezzi furono trasportati nel museo di Baschegli611

sono lavori della decadenza dell’arte musiva che pure avanzi di musaicoin altri siti greco sicoli 2 Note

Ferrara gen di Sicl T. 8p. 263.271 Pal perdato1835612

Sul mosaico

L’arte del mosaico puossi approvar senza contrasto di essere stata col-tivata in Sicilia dall’epoca più antica sino all’attuale.

Essendo essa per mezzo de’Sicani e de’ Sicoli in comunicazione congli Etruschi loro connazionali che furono tra’ primi ad esercitarla innaziche i Romani conquistassero quel vasto territorio che estendevasi anche aduna parte dell’attuale Calabria detta Magna Grecia la Sicilia partecipòanch’essa di tutte le industrie rivolte alle belle arti com’è quella del mosai-co, che riunisce il massimo lusso allo studio della pittura613 che gli appre-sta i modelli da eseguirsi._________________________________

609 Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fioriro-no dal secolo XII sino alò secolo XIX. Ornate di ritratti, In Messina, presso Giuseppe Pappalardo,1821, p. VII, nota 2.610 Segue, cancellata, la parola: “mostra”.611 Si intenda: “Biscari”.612 Francesco Ferrara, Storia generale di Sicilia, Palermo, presso Lorenzo Dato, 1830-1838, v. 8:Antiche belle arti del disegno, 1835.613 Seguono, cancellate, le parole: “forse di cui”.

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Quindi innanzi che le colonie greche passassero in quest’isolaquasi ignare come erano come provò il Mazzoldi in una bella memoriasopra una moneta siciliana *** da’ Sicani e da’ Sicoli allievi degliEtruschi dovettero apprendere colle altre arti liberali quella del mosai-co. Perocché gli Etruschi erano in esso periti e difatti i pochi mosaiciantichi che si scorgono in Roma sono estratti dalle contrade etruschecioè ***.

I Romani attesero e progredirono mirabilmente come in una cittàavviene arricchita dalle conquiste all’architettura e la fecero mirabilmenteprogredire adoperando prima gli artisti che della Grecia e della Sicilia con-quistata poterono richiamarvi adescandoli con larghi stipendi; talchéammaestrati dagli uni e dagli altri i figli di Romolo divennero anch’essiespertissimi edificatori innalzando sontuosi palazzi, tempî, fori, teatri,anfiteatri e scavando grandi acquedotti e cloache e all’occorrenza elevan-do sopra archi i primi.

Però si ritennero d’imitare gli etruschi nella contestura de’ mosaici,considerandoli come dispendiosissimi e richiedenti lunga fatiga e lunghis-simo tempo nella esecuzione e non potendoli altronde adattare ad altro chea’ palazzi de’ ricchi patrizi; perocché nelle opere pubbliche per la frequen-za col popolo sarebbero stati in breve destrutti.

In Sicilia per la stessa ragione, il mosaico divenne oggetto dellusso di opulenti privati che nelle stanze di delizia ne’ loro bagli sifaceano costruire. Laonde negli edifizi publici summentovati non sene ne sono finora ritrovati tracce ma poche in alcuni bagli e cameresepolcrali e edicole familiari; ma queste bastano a provare che l’arteera qui stata introdotta e che ne’ tempi greci già fiorisse come l’ar-chitettura, la scultura e la pittura. I Greci non conobbero mosaici invetri colorati e dorati ma in semplici lapilli quadrati e colorati, giac-ché quelli di vetro secondo il dottissimo Muratori614 furono dagliarabi speculati e introdotti in diverse parti regni di Europa ove pene-trarono e influirono indirettamente adoprando bensì i lapilli di tintesvariate in alcuni oggetti che più favorissero nella imitazione colcolore l’effetto.

Gli Etruschi o diedero l’esempio a’ Greci di quel metodo o lo seguiro-no bensì pure i Normanni conquistatori della Sicilia che nei loro magnifi-ci tempî o ne’ pavimenti delle regie stanze adoprarono artisti siciliani e_________________________________

614 In richiamo, cancellato, le parole: “essendo qua”.

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anche arabi qui rimasi dopo che invasero l’isola. Però essi impiegarono imosaici del doppio genere ne’ tempî nelle pareti dei tempii rappresentan-do figure di santi le imagini di Dio padre, della Vergine, degli apostoli e dialtri santi e sante secondo l’uso cristiano cattolico essendo avversi all’ere-sia degli imperatori iconocasti [!].

Gli artisti saraceni che per divieto del Corano non poteano rappresen-tare figure in aspetto umano per essere fedeli al loro rito, erano impiegatinegli ornati dotti e rabeschi di mille e mille intrecci in che erano peritissi-mi e quelli ch’eransi piegati alla sede di Cristo nell’opera Normanna s’in-dustriarono forse ancora nei mosaici di figure di santi.

Però è da osservare che l’arte del mosaico fin dall’epoca de’ Sicolie de’ Sicani che l’iniziarono come dissi ad imitazione degli Etruschicontinuò sempre in Sicilia sospesa o poco esercitata bensì nelle guerree nelle invasioni per breve tempo de’ Goti che pur essendo Ariani, quan-to à dire cristiani non cattolici ando che qualche lavoro abbiano potutoordinare. Certo è bensì che fino al quarto secolo della chiesa l’artemusiva era fiorente in Sicilia e ne abbiamo il seguente incontrastabiledocumento.

Perocché scriveva Simmaco ad un certo Antioco in Sicilia ad inviargliqualche modello di mosaico onde pigliarne l’istruzione di artisti romani(dunque in Roma fin allora non esercitavasi il mosaico) Son queste le sueparole Nunc elegantia ingenii tui, et invintione [!] subtilitas pretianda est;Novom [!] quippe musivi genus et intentatum superioribus reperisti, quodetiam nostra ruditas ornandis cameris tentabit affigere, si vel in tabulis velin tegulis exemplum de te praemeditati operis semserimus

Ne è da presumere né perché posteriori essersi interamente deperdutaquestarte [!]; è poi indubitato che sotto il lungo dominio dei Noranni [!] ilavori a mosaico, abbenché privi di figure, dovettero essere secondo ilcostume degli Arabi gli ornamenti comuni dei loro edifizî. Leone Africanopresso Ermondo615 Corriggio diss 1 n. 39, pag. 42 descrivendo la scuola dimosaico dice: Omnes porticus omnesque adeo convexitates et lapidedepicto, vitroque compositi sunt, ed alla pag. 43 parlando di una di quelledi Fez. Tria item hic visuntur deambulacra tecta miro artificio, atque labo-re ornatissima quae columnis quibusdam innituntur. Ab una autem colum-na ad aliam arcus videas labore musivo aureo atque caelureo colorecospicuos.616

_________________________________

615 Si intenda: “Ermanno”. Cfr. Salvatore Morso, Descrizione di Palermo antico … cit., p. 80.616 Salvatore Morso, Descrizione di Palermo antico … cit., p. 80.

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Su’ mosaici antichi

L’arte del mosaico fu inventata nel tempo del maggior lusso de’ redell’Asia (1)617 adottato pulito dalla sontuosità romana fu ignoto a’ secolidella Grecia libera nella quale Pausania nel suo viaggio non ne registra puruno. Le composizioni adunque fatte direttamente per eseguirsi in mosaiconon possono essere veramente de’ secole veramente auree delle arti gre-che, appartengono bensì a quelle età in cui le arti del disegno si sostene-vano ancora ma corrotte dall’uso e traspiantate fuor dal suolo natio resta-vano alquanto indietro agli esemplari che si ammiravano. I paesi egizianifatti ad imitazione de’ tappeti alessandrini, le maschere e i generi di pittu-ra inferiori, e finalmente l’ornato e il grottesco furono le composizioniideate espressamente per l’opera dei mosaicisti.

Se dunque v’è alcun genere di mosaici che possa rappresentarsi i capid’opera della greca pittura, è quello solo contenente istorie che possiamcredere copiate da’ famosi quadri de’ greci pittori. Questi mosaici, oltrel’essere perciò i più interessanti, sono ancora i più rari, non ricordandomidell’Europa nel palazzo Barberini, e della Esione della Villa Albani cheappartengono a questa classe. Son dunque i presenti quadretti del genere dimosaici più raro e pregevole; e se la giustezza la semplicità della composi-zione e dell’espressione si osservi, non potrà dubitarsi che non sian le opered’eccellenti greche pitture. Polignoto avea dipinto in Atene queste favolestesse e in più quadri. Chi sa che non vediamo nella meravigliosa espres-sione di questi mosaici l’orme del genio di quell’insigne maestro? Ma lasobrietà delle congetture è più pregevole ancora della loro verisimiglianza.

Fin qui il celebre Ennio Quirino Visconti (1)618

Or provenendo l’uso dei mosaici dall’Asia non possiamo credere chele colonie greche di cui la prima nell’anno 734 condotta da Teocle atenie-_________________________________

617 A c. 242r nota in calce: “(1) Plin. Hist. Nat. Lib. 36 cap. 60. Bibbia in Ester. Cap. 1° 6., Ciampinie Furietti de musivis. Svetonio in Caesare 46 che narra di avere trasportato simili pavimenti dimosaico negli alloggiamenti militari.” <Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia, XXXVI, 184[=60]; Bibbia, Vecchio Testamento, Ester, I, 6; Giovanni Giustino Ciampini, Vetera monimenta, inquibus praecipue musiva opera sacrarum, profanarumque aedium structura, ac, nonnulli antiquiritus, dissertationibus, iconibusque illustrantur, … Pars prima[-secunda], Romae, Sumptibus CaroliGiannini librorum Summi Pontifici provisoris in Platea Capranicensi, ex typographia Komarek,1747; Giuseppe Alessandro Furietti, De musivis, Romæ, apud Jo. Mariam Salvioni typographumpontificium Vaticanum, 1752; Gaius Suetonius Tranquillus, De vita XII Caesarum. Caesar, 46>.618 A c. 242v nota in calce: “(1) Sopra due mosaici antichi vol. 1° delle opere varie pag. 168 Milano1827”. <Ennio Quirino Visconti, Opere varie italiane e francesi di Ennio Quirino Visconti raccoltee pubblicate per cura del dottor Giovanni Labus, Milano, Società tip. de’ classici italiani [poi]Antonio Fortunato Stella e figli, 1827-1831, 4 v.>

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se fondò la città di Nasso abbia recato nell’isola nostra l’uso de’ mosaiciper adornamento dei619 pavimenti de’ tempî e magioni dei primati; peroc-ché a quell’epoca come ben riflette il Visconti la Grecia ancora rozza einculte non conosceva né praticava le arti di lusso. E pure in Sicilia ancheanteriormente allo stabilimento delle greche colonie trovansi frammenti dimosaici talché quest’arte dobbiam ripeterla dei Sicoli che provenivano dalLazio ove si sono trovati antichissimi mosaici.

Or dunque o l’origine di quest’arte è asiatica come accenna Plinio eper tal caso passò presso gli Etruschi e da lì in Sicilia, ove poscia le prati-carono e migliorarono le colonie greche. Opure qui la recarono i Fenicîche assai prima de’ Greci aveano stabilito piccole colonie mercantili ederano ammaestrati nell’industria di lusso e nelle arti dell’Asia che spessopercorrevano per ragioni di traffico.

I Fenicî frequentavano le isole del Mediterraneo ed aveano posto piedein Sicilia 8 secoli prima di Gesù Cristo, quasi un secolo innanzi della primacolonia condotta da Teocle avea fondato Nasso. Anche i Trojani popolidell’Asia ove i mosaici formavano il lusso principale di tempî e palazzi eranvenuti in Sicilia pria de’ Greci e da questi pure puossi congetturare che sianostati introdotti in alcune delle loro città che furono poscia abitate da’ Greci.

Musaici

Dall’arte de’ musaici di sacre storie onde è famosa la Sicilia per quel-li della cappella Palatina, della chiesa del grande ammiraglio di dueRuggieri or detta S. Simone in Palermo degli altri della cattedrale diMonreale, di Cefalù e di Messina l’autore dell’opera parla nell’introduzio-ne a pagina 31 e seguente e se ne passa ne libri620 ne quattro libri del primovolume ma ne ragiona diffusamente nel 5 e in un’appendice in fine delvolume secondo. Il linguaggio delle descrizioni e osservazioni tecnicheannunziano un artista istruito che sa scriverne né io saprei ingozzare cheun dilettantuccio ignaro della parte pratica delle arti che da pochi mesiprima, come disse a me avea divisato di scriverne per ispirazione delloSpirito Santo l’abbia fatto. Io non credo facilmente tai miracoli rivolgen-domi quindi al Meli gli dirò francamente che mentre ammiro la sua cogni-zione artistica e la svariata razio sparsa in quell’artic. su’ musaici siciliani_________________________________

619 Segue, cancellata la parola: “tempi”.620 Seguono, cancellati, i numeri: “1-2-3-4”.

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credo che sia un suo sogno beatifico la congettura con tanta *** da luisostenuta che i monaci o gli scolari del monte Atos abbiano diretto inostr[!] mosaici non ostante che da Mr *** abbia osservato una certa con-formità di stile tra la pittura a fresco della chiesa ***.

Nel libro di *** lor cenobita che riguarda i regolamenti delle belle artiarti da loro esercitate non parlasi d’altro che della pittura a fresco, e nongià de’ mosaici, e sebbene quella sia di norma a’ medesimi; pure è un’al-tra industria, né que’ monaci potevano dirigerla se non l’esercitavanocomeché potessero come ogni pittore giudicarne per l’effetto. Si ricordi ilMeli che la Sicilia conosceva e praticava quest’arte sebbene con diversometodo sotto le antiche colonnie [!] greche sotto la dominazione romanae la saracena con l’uso in parte de’ vetri colorati e dorati, come prova inuna sua erudita dissertazione fra quelle delle antichità italiane, ilMuratori621. Se noi non abbiamo più esistenti musaici saraceni ciò sia per-ché i Normanni distrussero le loro moschee per troppo spirito di cristiane-simo come in diploma riferito dal Pirri asserisce lo stesso Rugieri vantan-dosi di avervi sostituito tempii magnifici sacrati al vero Dio.

Non dimentichi il Meli che quest’arte dovette continuar tra noi sotto ilgoverno bizantino e che per la persecuzione di Leone Isaurico delle sacreimmagini, non eseguita in Sicilia, molti artisti bizantini con altri qui tra-scorsero per evitarla e dovettero naturalizzarsi e divenir siciliani se gliarabi che rimasero in quest’isola per la fine politico del conte Ruggierierano insigni artefici del mosaico ornamentale e non figurativo pel divie-to del Corano; diretti da Greci in quella parte potevano ben occorrere algran numero degli artefici che abbijravano a’ principi normanni.

Sui mosaici della Real Cappella Palatina in Palermo,e gli artisti che vi han lavorato dei quali si è potuta aver notizia

L’arte musiva era per la parte degli ornamenti in vetri colorati e dora-ti e in pietre bene esercitata dagli Arabi quando il Conte Ruggiero conqui-stò la Sicilia. Quegli artisti furono adoperati dal suo figlio Ruggieri nel-l’adornare la sua cappella dedicata a S. Pietro e annessa al suo real palaz-zo di Palermo. Ma siccome gli Arabi per divieto del Corano non potevanorappresentare immagini umane e molto più quelle della nostra santa reli-_________________________________

621 Ludovico Antonio Muratori, Dissertazioni sopra le antichità italiane… cit., v. 1, p. 357-363, dis-sertazione ventesima quarta.

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gione Ruggieri impiegar dovette nei mosaici622 figurativi di nostra religio-ne gli artisti siciliani623 e bizantini che qui residevano e dei quali ignoria-mo affatto i nomi.

Quando Carlo III nel 1735 recossi in Palermo per coronarsi nellanostra cattedrale e dovette ammirare i bei mosaici della Real cappella,della chiesa di S. Simone in Palermo della cattedrale di Monreale e diCefalù e conobbe il bisogno di stabilire in Palermo una scuola di mosaicoper ristorare gli antichi e chiamò da Roma un certo Moretti624 che in effet-ti istruì molti giovani in quello mirabile artifizio.

Dopo il Moretti fu chiamato come direttore il Sigr Cardini625 di Arezzoch’era buon pittore e mosaicista; ma seguiva la maniera del suo tempo.Egli adornò di mosaici il portico meridionale meno ché dei due quadriall’angolo destro di chi entra.626

Quei mosaici riuscirono di uno stile risentito e di maniera tutto oppo-sto a quello delle figure interne che sono semplicissime. AlCasamassima627 successe nella direzione Alessandro La Manna628 ch’eraanche buon poeta e amico del Meli e si associarono nei lavori figurativianche un certo Bellomo629 e Antonino Bianchi e nei decorativi FerdinandoRegginello e Gioachino La Manna630 ch’erano tutti nativi di Palermo.

Il ciantro India uomo di estesa dottrina consultò Agostino Gallo per idue grandi quadri a mosaico che aggiunger si doveano al portico. Egli fèosservare al medesimo che per riuscire di bello effetto pittorico conveni-va prima averne da abile artista il contorno dipinto e propose per il quadrodi Ruggiero che consegna il diploma di feudazione della cappella al can-tore Simone l’abilissimo nostro pittore Sigr Vincenzo Riolo631, proponen-dogli di ricavare il ritratto di Ruggieri dall’antico ritratto che havvenenella chiesa di S. Simone, il che fu eseguito._________________________________

622 Seguono, cancellate, le parole: “di santi e sante”.623 Segue, cancellata, la parola: “educati”.624 Mattia Moretti, mosaicista attivo nella seconda metà del sec. XVIII. Cfr. Agostino Gallo, Parteseconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 85.625 Santi Cardini, mosaicista, nato ad Arezzo nel 1738, morto a Palermo nel 1725. Cfr. AgostinoGallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 84-88, 101-102.626 Seguono, cancellate, le parole: “Fin gli scolari”.627 Per Pietro Casamassima cfr. Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti …cit., p. 16.628 Alessandro La Manna cfr. Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti …cit., p. 101.629 Onofrio Bellomo (o Belluomo) cfr. Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori emosaicisti … cit., p. 85.630 Gioacchino La Manna cfr. Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti …cit., p. 85, nota 216.631 Vedi nota n. 27, p. 294.

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Dell’altro quadro Assalonne fu dipinto il cartone dal Sigr Valerio Villarealeil quale oltre la scultura in cui era sommo dilettavasi pure di pittura.

Intanto era stato ammesso per concorso alle scuole del mosaico RosarioRiolo632 allievo del suo zio Vincenzo e a costui fu affidata la figura del reRuggiero che riuscì di grande e bello effetto e ad Antonino Grimaldi633 quel-la del cantore Simone. Ad essi e ad altri allievi della scuola e principalmen-te al Grimaldi fu affidato il quadro dell’Assalonne che riuscì di minoreeffetto per la complicata composizione di figure non potendo l’arte delmosaico disporre come la pittura ad olio delle mezze tinte per la varietà deipiani. Morto il Grimaldi successe nella direzione Rosario Riolo che in que-st’arte ha superato tutt’i suoi predecessori ed ha ristorato egregiamente imosaici della cattedrale di Cefalù che sono i migliori di Sicilia per la cor-rezione del disegno e la nobiltà dello stile. Rosario Riolo ha supplito peralcune figure della real Cappella Palatina presso l’antica loggetta ove inostri re e viceré sentivano la messa. A634 Rosario Riolo si aggiunse il suofratello Tommaso635 e Giuseppe Martina636 i quali sotto la direzione dell’al-tro hanno eseguito tutti gli altri ristauri; talché stabilitasi la scuola inPalermo sin dal tempo di Carlo 3° essa è progredita e nel corrente anno1865 puossi dir fiorente perocché i suoi componenti hanno un buon soldo,ore stabilite pei lavori e sono ammessi per concorso sì nella pittura che nelmeccanismo del mosaico. Si è stabilito anche come prima un Direttoredipintore alla quale carica nei tempi trascorsi furono chiamati GiacchinoMartorana637, il Riolo ed ora Giuseppe […]li.

Metodo pratico di preparare l’intonaco per farvi sopra i mosaicidi figure o di ornati osservati nella Real Cappella Palatina di Palermo,e nella cattedrale di Cefalù, edificj innalzati da’ Siriaci638 Normanni re

di Sicilia nel XII e XIII secolo

I mosaici della R. Cappella di S. Pietro annessa al R. Palazzo de’ nostrire e della chiesa di S. Simone in Palermo e quelli della Cattedrale di_________________________________

632 Rosario Riolo, pittore e mosaicista, nato a Palermo nel 1809, ivi morto nel 1876.633 Antonio Grimaldi, pittore e mosaicista, attivo nella prima metà del sec. XIX. Cfr. Agostino Gallo,Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 16, 161.634 Segue, cancellata, la parola: “costoro”.635 Tommaso Riolo, pittore, nato a Palermo nel 1815, morto nel 1886.636 Giuseppe Martina cfr. Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 16.637 Vedi nota n. 378, p. 381.638 Intendasi: “Sovrani”.

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Monreale, e di Cefalù e di Messina son tuttavia esistenti dopo otto secolisino al corrente anno 1864 non ostante le ingiurie del tempo devastatore,e tanti tremuoti che li han dovuto squassare. De’639 ripari vi sono stati fattispecialmente in quelli della R. Cappella del duomo di Morreale che soffri-rono l’incendio del tetto nel 1812 e alcune ristorazioni furono pure esegui-te dall’ottimo artista Sig. Rosario Riolo Palermitano dopo il 1849 e inCefalù. Quelli però della Chiesa di S. Simone sono stati sempre trascura-ti, dalle monache cui adesso appartiene sebbene sia stata fondata daGiorgio Rosier Antiocheno grande ammiraglio del re Ruggiero.

Or in occasione de’ suddetti ripari dal direttore de’ musaici640 è statoosservato l’antico metodo di prepararvi l’intonaco che l’ha reso si durevo-le, e me l’ha comunicato ed io ho creduto tramandarlo a’ posteri.

Nel Medio evo costruivansi in Palermo i sacri edifici e suppongoanche in altre parti di Sicilia di grandi schegge ineguali di pietra calcarerammassati con calce abbondante, mattoni pesti, e polvere di marmo. Noncredo che vi si mischiasse arena di fiume come al presente. Consolidate lemura641 innalzate a perfettissimo livello, si642 stendeva su quelle, destinatea’ sovrapporvi musaici uno strato di calce impastato con minuzzoli dipaglia, e asciugato questo un altro strato di calce e sego ed essendo benlevigato da far sparir tutte le ineguaglianze delle pietre sottoposte, silasciava asciuttar poco poco. In questo secondo strato poi disegnavansi inrosso i contorni delle figure e degli ornati, e vi si ponevano le tinte varia-te locali, secondo il modello dipinto dal pittore. I mosaicisti poi dividevan-si i lavori. I più abili erano addetti alle teste alle mani ed a’ piedi, alcuni a’panneggiamenti, e gl’infimi a’ rabeschi, e mentre l’ultimo intonaco eraancora fresco vi affiggevano i pezzetti quadrati sia di vetro colorato odorato pei fondi sia di pietra lattimusa a colori per le carni i quali pezzet-ti trovavansi già preparati. Quei pezzetti erano del colore indicato nel dise-gno tracciato sull’intonaco.

All’industria praticata da’ nostri artisti del Medio Evo per assicurarequanto fosse possibile la durata dei mosaici che ingentissime somme costa-vano aggiungerò ora quella degli attuali (1864) per ripararli o conservarli.

È avvenuto talvolta che per l’umidità trapelata nel muro o per altracagione, il mosaico di una intiera figura al naturale o anche più grandiminacci di cadere per la gonfiatura che mostra distaccasi dalla parete. In_________________________________

639 Segue, cancellata, la parola: “piccoli”.640 Seguono, cancellate, le parole: “Sig.r Riolo si”.641 Segue, cancellata, la parola: “fatte”.642 Segue, cancellata, la parola: “passava”.

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tal caso il nostro bravo artista Sigr ***643 Riolo direttore di accordo colmeccanico Sigr Versace ha proposto il seguente metodo.

Prima attacca su tutta l’estenzione con colla di animali ed altra gelatinasu tutta la superficie una tela e poi su questa un’altra e indi una terza e sopravi644 addossa con la stessa colla un gran cartone e su questo varie strisce dilegno a croce indi il Versace fa un intacco intorno al mosaico e vi passa poila sega per modo che separa dal muro l’intiero mosaico, il quale vien collo-cato orizzontalmente sopra un gran tavolo dalla parte della superficie esternae indi leggermente sfregato con pomice dalla parte di dietro, talché vien livel-lato di tutti i briccioli ed ineguaglianze vi si distende con grosso pennellooglio di lino crudo e poi un mestruo composto dello stucco di calce spenta edi polvere di travertino che usasi adesso per attaccarsi fortemente i quadret-tini di mosaico che si vanno staccando qua e là. Preparata poi una gran lastradi pietra lavagna della stessa grandezza della figura, del mosaico segato645 dalmuro646. Or in questa si distende pure lo stesso olio e poi lo stesso mastice edapposta la lavagna sulla superficie di dentro del mosaico vi si lascia bene ade-rire ed asciugare per modo ch’essa ed il mosaico divengano quasi un corposolido. Si svolta poscia il mosaico e con spugne bagnate si staccano le striscedi legno a croce e le tre tele sovrapposte alla superficie esteriore del mosaicoe ripulito questi di tutte le lordure della colla si ripone il mosaico sulla pare-te ov’era stato tolto facendovi sotto un nuovo intonaco di calce ed applican-dola all’estremità con gl’isgraffi di bronzo. Si riparano in seguito i pezzetti dimosaico all’interno che han dovuto saltare nel segmento del mosaico647.

Così si ottengono due vantaggi cioè che il mosaico antico della figurarimane lo stesso e s’impedisce di devastarsi cadendo, non potendosi congl’identifici colori supplire di nuovo la figura coi pezzetti di mosaicomoderni in parte diversi di colore dagli antichi talché le nuove figurerechererebbero una disarmonia accanto alle altre antiche. L’altro vantag-gio si è il risparmio nato da riparare di sparsa col metodo indicato invecedi rifare l’intera figura. Ho creduto di lasciar memoria a’ posteri dell’indu-stria antica e moderna riguardante i mosaici di Palermo.

Palermo 22 Settembre 1864A. Gallo

_________________________________

643 Rosario.644 Segue, cancellata, la parola: “appone”.645 Seguono, cancellate le parole: “dalla superficie”.646 Seguono, cancellate le parole: “nella quale”.647 Seguono, cancellate le parole: “grandi e principali”.

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Vita di Giambattista Citaroto e notiziedi altri della sua famiglia insigne modellatore in cera

La natura non di rado trasfonde nel sangue di più individui della stes-sa famiglia più o meno il genio della Poesia, o di altra arte liberale, e l’imi-tazione del capo di essa avviandovi i successori, coll’esercizio e col pro-gresso del secolo ne migliora le opere. Così avvenne in Giovanbattista eTommaso Citaroto fratelli e figli di Lorenzo tutte e tre modellatori primain creta e poi in cera.

Giovanbattista648 ch’era il maggiore nacque in Palermo da GiuseppaLaureddo e dal sudetto Lorenzo agli 8 febbrajo 1784. Tommaso forsepochi anni appresso perocché morì assai giovane nel cholera micidialissi-mo avvenuto in questa antica capitale della Sicilia nel 1837.

Amendue si esercitarono prima nell’arte di modellare sotto il padre ilquale era artista appena oltre la mediocrità ma avvedutosi costui che losuperava di molto Tommaso Locascio649 suo amico e padrino diGiovanbattista affidollo insieme col di lui fratello alla guida di quel bravoartista che allora godea fama in questa città.

Tommaso d’indole pur vivace sviluppò bentosto il suo genio nell’artee subito diè prove del suo valore modellando prima in creta e poi seguita-mente in cera sagre immagini e bambini di forme leggiadrissime fra i qualipuossene indicare uno grandetto posseduto dal pittore Andrea Sottile650 edun altro presso gli eredi di mio fratello D. Gaetano già appartenente a miopadre.

Certamente che il buon Tommaso sarebbe progredito nell’arte se lamorte non l’avesse colto nel fior di giovinezza.

Non così Giovanbattista che visse molti anni e d’indole più pacataattese sempre allo studio del buon disegno e col continuato esercizio dimodellare si rese insigne artista non solo nell’esecuzione ma anche nel-l’invenzione di composizioni complicate di figure svariatissime di attitu-dini oltre i lavori ordinari di bambini e di sacre figurine isolate che eranpure condotte con somma diligenza.

Accennerò piuttosto anzicché questi lavori ordinari quelli di sua inven-zione di molte figure insieme accozzate._________________________________

648 Per Citaroto cfr. alla voce “Citarotte”: Agostino Gallo, Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte del-l’incisione … cit., p. 220.649 Per Tommaso Lo Cascio cfr. Agostino Gallo, Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte dell’incisione… cit., p. 220.650 Andrea Sottile, pittore, nato a Termini Imerese nel 1802.

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Da Malta gli venne richiesto un S. Paolo dopo la tempesta sbarca inquell’isola fra numerosi spettatori che stanno intorno al lido flagellato anco-ra dalle onde agitate e tutte increspate e spumose colle tinte al naturale.

Modellò ancora un S. Francesco di Sales che in una campagna predi-ca agli eretici inseguiti dai soldati francesi mentre il Santo impone loro disospenderne l’uccisione.

Effigiò parimenti la lapidazione di S. Stefano a basso rilievo lavororimaso agli eredi.

Le monache di S. Caterina di Palermo gli affidarono di rappresentarein tutto rilievo la religione in bianca stola che in piedi abbraccia la croce esta al lato di G.C. il quale consegna le chiavi a S. Pietro in ginocchio e gliaddita colla sinistra un tempio del nuovo rito che in progresso figurardoveva il Vaticano le figure degli altri apostoli gli stanno attorno in variamovenza ed espressione tutti in volti diversi e vestiti a varî colori armo-nizzanti fra loro. Quest’opera che riuscì bellissima e fu ammirata da tuttifu spedita dalle monche [!] in Roma a Pio IX, e divenne ivi oggetto di lodee di meraviglia a quei artisti e conoscitori che s’istancavano di commen-dare l’ingegno del modellatore Siciliano.

In 4 vetrine per incarico dei PP. Olivetani di S. Filippo Neri scolpì incera le sacre istorie.

Il duca D. Corrado Ventimiglia grande amatore di belle arti avevaun’antica testina in cera di una donna dolente modellata forse dalle cele-bre Anna Fortini e incaricò me di farle rappresentare dal Citaretoun’Artemisia ch’abbracciava le tomba di Mausolo suo marito quella tra-sformazione fu eseguita egregiamente dal nostro Giovanbattista il quale visupplì l’intiero corpo colla corrispondente attitudine le mani e piedi el’avello bene ornato talché divenne un pregevolissimo monumento d’arte.

Nel 1862 essendo io presidente del comitato in Palermo per le opered’arte da spedirsi all’esposizione di Firenze avrei desiderato d’inviarvenequalcune delle migliori del Citaroto e recatomi da lui gli esposi il mio pen-siero e scorgendone talune nel suo studio gli suggeriva di fare tra esse lascelta all’oggetto indicato ma egli modestamente risposemi: io non meri-to tant’onore ma poi non ne manderei nessuna di queste che vedete essen-do opere della mia media età e inferiori a tante altre che ho fatto per i sici-liani e per i forestieri e così negossi a quello invito sebbene io fossi per-suaso che anche una di quelle gli avrebbe fatto onore.

Il nostro Giovanbattista fu un uom dabbene religioso caritatevole ediscreto nei prezzi dei suoi lavori era amato e venerato da tutti quelli cheil conoscevano e più dagli artisti della sua professione di cui poteasi

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riguardare come il principe nonche da tutti gli altri laonde fu compianto datutti coloro che seppero la sua morte avvenuta a 10 aprile del 1863 alle oredue della notte.

Però i nostri giornali tutti occupati della delirante politica non feceromenzione di questo insigne artista ed io che tardi ho avuto notizia della suamorte ho creduto dovere di buon Siciliano di abbozzarne e pubblicarneadesso le notizie meritando egli di essere rammentato come insigne artistanel suo genere per la diligenza nei lavori correzione di disegno espressio-ne e per lo studio delle pieghe nei panni e viemmeglio per la invenzionenelle composizioni complicate in che veramente consiste il genio degliartisti.

Arte di modellar figure e fruttain cera di Sicilia nel secolo XIX

Giuseppe Cocchiara da Palermo apprese il disegno dall’egregio dipin-tore Vincenzo Riolo l’arte di modellare in creta dall’insigne scultoreValerio Villareale e in cera figure e frutta prima da suo padre Giuseppe eperfezionossi poi sotto il rinnomato Giambattista Citaroti ultimo dell’an-tica scuola in quel genere fiorente in Sicilia sin dal secolo XVI e superò ilsuo genitore, se non il suo ultimo maestro, morto poco prima di lui.

Il Cocchiara è vero che non elevavasi come quello ad inventar com-plicate composizioni di figure rappresentanti fatti istorici; ma a modella-re bene;651 in piccolo teste senili, di vergini e meglio di bambini, ne drap-peggiava plausibilmente le figurine con buono stile di pieghe; sebbenenon sempre in colori armonizzati; di che, avvertito da me, risposemi cheusava quelli troppo decisi e vivaci, piacendo più ai compratori652 general-mente ignoranti di belle arti. Egli segnalossi in particolare, come accen-nai, nei piccoli bambini, da presepe, modellati con grazia e verità edatteggiati dormienti in varie guise, tutto al naturale. Di essi mostrommi direcente una collezione di circa trenta ch’erano bene effigiati, leggiadris-simi e variati, e dissemi che dovea spedirli in653 Genova e altrove, essen-dogli stati richiesti.

Io potei ossevare in Napoli alcune opere in cera di quei modellatori, esenza prevenzioni municipali fui convinto che quest’arte era coltivata_________________________________

651 Seguono, cancellate, le parole: “però assai”.652 Seguono, cancellate, le parole: “per lo più”.653 Segue, cancellata, la parola: “Italia”.

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meglio in Palermo per le buone proporzioni delle figurine, per l’espressio-ne e per la654 grazia talché nessuno di quegli artisti potea eguagliare i fra-telli Citareto e il Cocchiara.

Nella traslazione solennissima dello scheletro del gran poeta Meliavvenuta in Palermo a 6 giugno 1853 nel tempio di S. Domenico,essendo stata quella funzione dal Governo affidata a me, amico delpoeta, io divisai prima racchiuderne con pompa il corpo nella magnifi-ca tomba marmorea egregiamente655 scolpita dal Villareale, e di com-mettere al Cocchiara la maschera in cera al vero del Meli sul modellofattone dallo stesso Villareale e sul ritratto a colori del rinnomato656

Giuseppe Patania. Quella maschera riuscì somigliantissima per modoche sovrapposta al teschio recò sorpresa, particolarmente ai vecchi chel’avevano conosciuto sembrando vivo, dormiente essendo stato657 loscheletro vestito e ricoverto di gran manto bianco di seta, ed espostosotto l’arco di trionfo, innalzatogli in quella occasione nella grandiosachiesa di S. Domenico.

La maschera fu poi racchiusa nella sua tomba; affinché, quando fossein tempi avvenire aperta, si avesse il genuino ritratto del poeta; perocchési sa che la cera si conserva anche per secoli.

Il Cocchiara si era reso agiato con la sua industria, essendo spessoricercate dagli stranieri le sue figure in cera. In questi ultimi anni si erarivolto ad acquistare oggetti e vasi antichi di majolica che poi658 rivendeacon profitto agli amatori,659.

Toccava il Cocchiara appena l’anno 43 di sua età quando colpito dagagliardo660 morbo spirò661 dopo pochi giorni a14 ottobre del 1864.

Egli era buono, gentile, affabile, né sentiva la triste passione dell’invi-dia, per gli artisti del suo genere, anzi a me esaltava il maestro Citareto, eapprestommene molte notizie per scriverne la biografia, e siccome glidissi che avrei voluto anche per incidenza far cenno di lui, mi sollecitò a_________________________________

654 Segue, cancellata, la parola: “gravità”.655 Seguono, cancellate, le parole: “effigiata dall’insigne scultore Valerio”.656 Segue, cancellata, la parola: “egregio”.657 Seguono, cancellate, le parole: “adattata allo scheletro”.658 Il testo che termina a c. 252v con le parole “vasi antichi di majolica che poi” continua a c. 255r-v con le parole “rivendea con profitto agli amatori” e termina con le parole “che vi mancavano”.Segue la trascrizione delle c. 253-254 che comincia con le parole “Arte di modellar figure e frutti incera” e termina con le parole “braccio che vi mancavano”.Segue trascritto il testo delle c. 253-254 che comincia con le parole “Arte di modellar figure e frut-ti in cera” e termina con le parole “braccio che vi mancavano”.659 Seguono, cancellate, le parole: “avendo egli piena conoscenza del pregio dei medesimi”.660 Segue, cancellata, la parola: “floosi”.661 Seguono, cancellate, le parole: “quasi improvvisamente”.

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dispensarmene, soggiungendomi che a fronte di quel valentuomo nonmeritava di essere rammentato. Ammirevole modestia662 e riconoscenzanel Cocchiara che in tal modo sentiva e lodava la superiorità del suo663

maestro!Egli avea tolto a consorte la Sig.a Carmela figlia di Gaetano Alberto

trapanese, scultore di vasi di alabastri,664 che recava stupore nell’esercita-re quell’industria, anche dopo la sua cecità avvenutagli a 33 anni. Essal’avea appreso dal padre e diessi anche a modellar figure sotto la direzio-ne del Villareale. Maritata poi col Cocchiara si risolse agevolmente adeffigiare in cera, ajutando lo sposo, come fatto avea prima al padre.Carmela anch’essa merita di dividere in parte la gloria dell’uno, e dell’al-tro. Aggiungesi a suo onore che sa ben ristorare le antiche statuette in ala-bastro come n’ebbi prova in un bello Apollino copiato di greca statua, cheacquistai da suo marito, e fu ristorato da lei ottimamente in una gamba, inun braccio, che vi mancavano.

Arte di modellar figure e frutti in cerain Sicilia nel secolo XIX

Giuseppe Cocchiara da Palermo apprese l’arte di modellare figure efrutta in cera da suo padre Giuseppe e perfezionossi sotto il celebreGiambattista Citaroti, ultimo dell’antica scuola fiorente in Sicilia nel seco-lo XVI665 e superò il suo genitore, se non666 il suo secondo maestro, mortopoco prima di lui. Il Cocchiara evero che se non elevavasi come quello ainventar complicazioni complicate di figure rappresentanti fatti istoricimodellava benché però assai teste senili di vergini e bambino ne drappeg-giava prausibilmente [!] le figurine con buono stile di pieghe sebbene nonsempre con colori armonizzati, di che avvertito da me disse per iscusarsiche667 usava quelli troppo decisi e vivaci,668 piacendo più a’ compratori perlo più ignoranti di belle arti.

Egli segnalossi particolarmente ne’ piccoli bambini da presepe, model-lati con grazia e verità ed atteggiati dormienti in varie guise tutti al natu-_________________________________

662 Seguono, cancellate, le parole: “di un artista”.663 Segue, cancellata, la parola: “emulo”.664 Seguono, cancellate, le parole: “famoso per”.665 Seguono, cancellate le parole: “e seguente”.666 Seguono, cancellate le parole: “i due fratelli Citaroto”.667 Seguono, cancellate le parole: “non usasse”.668 Seguono, cancellate le parole: “non sarebbero piaciuti”.

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rale. Di essi mostrommi di recente una collezione di circa trenta ch’eran669

ben atteggiati leggiadri insieme e variati, e dovea spedirli in Italia e altro-ve, essendogli stati richiesti.

Io potei osservare in Napoli alcune opere in cera di quei modellatori esenza prevenzioni municipali fui convinto che quest’arte era coltivatameglio in Palermo670 sì per le buone proporzioni delle figurine per l’espres-sione e per la grazia talché nessuno di quegli artisti potea eguagliare i fra-telli Citareto, e il Cocchiara.

Nella traslazione solennissima del gran poeta Meli avvenuta inPalermo a 6 giugno 1853 nel tempio di S. Domenico in Palermo essendoquella funzione dal Governo affidata a me amico del poeta io divisai diracchiudervi nella magnifica tomba marmorea effigiata dall’insigne scul-tore sig. Valerio Villareale, di commettere al Cocchiara la maschera in ceraal vero del Meli sul modello dello stesso Villareale, sul ritratto a colori fat-tone dall’egregio Giuseppe Patania. Quella maschera riuscì somigliantis-sima per modo che sovrapposta al teschio, recò sorpresa particolarmenteai vecchi, che l’avevano conosciuto,671 essendo stata adattata allo schele-tro, vestito con manto bianco di seta, ed esposto sotto l’arco di trionfoinnalzatogli nella grandiosa chiesa, quella maschera fu poi racchiusa nellatomba, affinché, quando fosse in tempo avvenire672 aperta, si avesse ilgenuino ritratto del673 poeta; perocché si sa che la cera si conserva, ancheper secoli.

Il Cocchiara si era reso agiato con la sua industria; essendo ricercatedagli stranieri le sue figure in cera. In questi ultimi anni si era rivolto adacquistare vasi antichi674 di majolica che poi rivendeva con profitto agliamatori, avendo egli piena conoscenza del pregio dei medesimi.

Toccava il Cocchiara appena l’anno 43° di sua età, quando colpi-to da gagliardo floosi polmonare, spirò675 quasi improvvisamente a 14 otto-bre del 1864. Egli era buono, gentile e affabile, né sentiva la trista passio-ne dell’invidia verso gli artisti del suo genere, anzi a me esaltava il mae-stro Citareto e apprestommene molte notizie676 per scriverne la biografia;e siccome gli dissi che avrei io voluto per incidenza far cenno anche di lui,_________________________________

669 Segue, cancellata, la parola: “tutti”.670 Segue, cancellata, la parola: “superiormente”.671 Seguono, cancellate, le parole: “il Meli,”.672 Segue, cancellata, la parola: “essere”.673 Segue cancellata la parola: “Meli”.674 Seguono, cancellate, le parole: “ed altri oggetti”.675 Seguono, cancellate, le parole: “nello stesso giorno”.676 Seguono, cancellate, le parole: “che lo riguardavano”.

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mi sollecitò a dispensarmene, soggiungendo che a fronte di quel valentuo-mo, non meritava di essere rammentato. Ammirevole modestia di un arti-sta che in tal modo sentiva e lodava la superiorità del suo emulo?

Egli avea tolto a consorte la Sig.ra Carmela, figlia di Gaetano AlbertoTrapanese,677 scultore di vasi di alabastri famoso per esercitare quell’indu-stria anche dopo la sua cecità avvenutagli a 33 anni. Essa l’avea appresadal padre, e a modellar di figura sotto la direzione del Villareale. Maritatapoi col Cocchiara si risolse all’arte di effigiare in cera ajutando lo sposocome fatto avea prima al padre. Laonde anch’essa merita di divider inparte la gloria dell’uno e dell’altro.

Aggiungasi a suo onore che sa ben ristorare le antiche statuette in ala-bastro, così come si ebbe prova in un Apollino copiato dalla greca statuache io acquistai da suo marito e fu ristorato da lei ottimamente in unagamba e in un braccio che vi mancavano.

Sull’antichissimo Crocifisso della cattedrale di Palermo

La nostra antica capitale della Sicilia ha molte dipinture e sculture delmedio evo, alcune anche anteriori a Cimabue nato nel 1240 e Marchionearchitetto e scultore aretino che fioriva sotto Innocenzo III morto nel 1216.

Nella mia storia delle belle arti ho registrato un lungo elenco di operedi architettura di pittura e di scultura di artisti siciliani dei tempi dei prin-cipi Normanni che successivamente dominarono la Sicilia dal 1071 sino al1194 in cui cessò di vivere l’ultimo superstite Tancredi e fu coronato il suopiccolo Guglielmo III che poco dopo venne colla madre e le sorelle fattoprigioniero dal feroce Arrigo VI di Svevia e annientossi la memoria deiprodi principi Normanni.

Ma io intendo giù di ragionare del Crocifisso della Cattedrale per lasua antichità e per il particolare artifizio artistico; sebbene non sia lavorodi scarpello siciliano.

Quella figura scolpita in legno è poco più di palmi otto. Da notizieautentiche raccolte dal diligente Mungitore678 si sa che quel Crocifisso furecato da Gerusalemme à Palermo nel 1219 da S. Angelo carmelitano eacquistato dal nobil uomo Federico Chiaramonte, venne esposto alla pub-blica adorazione nella sua cappella gentilizia entro la Chiesa di S. Nicolò_________________________________

677 Segue cancellata la parola: “famoso”.678 Antonino Mongitore, La cattedrale di Palermo, opera di d. Antonino Mongitore, canonico dellastessa santa metropolitana chiesa. Biblioteca Comunale di Palermo, Ms. Qq.E.3.

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la Kalsa e verso l’anno 1311 donato alla nostra Cattedrale da ManfredoChiaramonte Conte di Modica, ove è rimaso fino ai nostri giorni. Or devesupporsi che almeno alquanti anni prima fosse stato scolpito da qualcheartista cristiano soggiornante in Gerusalemme. Nel679 mese di Maggio delcorrente anno 1867 essendosi dovuto rimuover dall’altare a destra del tem-pio per680 ripararsi nelle mani ch’erano infracidate, fu riposto nel corettod’inverno e incaricato Filippo Nicolino buono scultore in legno a supplirealle mani antiche con altre nuove. Fu da me interrogato sull’artificio diquella vetusta scultura non avendola da me stesso potuta osservare primaper essere troppo alta collocata quella grandiosa e divota figura.

Il Nicolino porta opinione contraria al Mungitore che asserì esserescolpita in legno tiglio giudicandolo l’altro piuttosto pioppo. Ciò che sin-golare si è che il dorso e la testa sono vuoti, e quest’ultima in due segmen-ti uno perpendicolare verso la sinistra e l’altro trasversale tra la nuca e leorecchie e poi quelle parti furono congiunte insieme.

Il nostro artista congetturò che il torso fosse ricavato da un tronco dipioppo che dopo molti anni divien vuoto nell’interno e presenta nell’ester-no quella curva che è necessaria a rappresentare il petto e i fianchi.

Le braccia distese furono congiunte alla parti anteriore al petto e cosìpure le cosce, le gambe e i piedi che sembrano d’altro legno e forse ditiglio; ma non vuote.

La scultura è rozzissima e irregolare per la parte anatomica al puntoche si osservano nel torso venti coste a guisa di solchi in linea dritta dieciper lato invece di sette alquanto curve per ogni fianco, tendine e veni sonoindicate a capriccio senza la menoma cognizione di miologia nell’artista.

La testa bensì è grandiosa ed il volto ha molta espressione e681 mostrapersona già spirata fra acerbissimi dolori. Le ciglia sono682 aggrottate labocca aperta con grosse labbra e la fronte e le gote solcate ed appianate.La corona è formata di cordicelle con punte di ferro indicanti le spine e icapelli similmente che683 scendono dietro le orecchie le quali sono informiindicando appena la cavità e non la chiocciola consueta. Lo scultore voleaeccitare la divozione soltanto e ignaro com’era di anatomia diè rozzamen-te l’insieme di quella sacra figura. Veramente se volesse ammirarsi unCrocifisso perfetto per questo riguardo e anche per l’espressione del dolo-_________________________________

679 Segue, cancellata, la parola: “corrente”.680 Segue, cancellata, la parola: “restorarsi”.681 Seguono, cancellate le parole: “indica chi è”.682 Segue cancellata la parola: “molto”.683 Segue, cancellata, la parola: “cadono”.

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re conviene osservar quello nella cappella all’ala sinistra nel magnificotempio di S. Giuseppe dei PP. Teatini. È lavoro decantato da tutti gli arti-sti ma se ne ignora lo scultore che dovette fiorire verso il 1677 quando fuconsecrata la chiesa, o poco dopo. Un altro magnifico Crocifisso di circadue palmi o poco più modellato egregiamente in cera forse dalla celebreAnna Fortino684 conservasi nella sacrestia della Chiesa di S. Filippo Neriin Palermo. Se difetto artistico puossi invero osservare si è quello del torsoche non mostra il primo grado del disseccamento della morte, ma piutto-sto l’uomo vivo e nutrito.

Ritornando a quello della Cattedrale che più degli altri ha eccitato ladivozione coi miracoli è da credere che qualche artista greco rifuggitosi inGerusalemme che le arti erano già andate in rovina per la persecuzione degliIconoclasti sotto Leone Isaurico e del suo figlio Costantino Copronio685. Lapittura e la scultura686 dal loro decadimento non risorsero mai più in Greciaessendo quasi tutti distrutti gli antichi modelli sfolgoranti di bellezze e queiche con tapina imitazione sorgevano dopo il cristianismo atterrati dai dueferoci Imperatori in Costantinopoli. Però è sempre da osservare l’industriadell’artista nell’avere accozzato alla meglio il Cristo spirato e con mezzimeschini se non poté condurre a plausibile mediocrità il corpo di averglidato sì efficace espressione al volto che è la parte essenziale e quella che hatanto giovato al fervore religioso eccitato nei fedeli Siciliani.

Queste notizie ho creduto aggiungere all’istoria del Muncitore affin-ché i nostri artisti non ne siano ignari; dopo che sarà nello stesso altarericollocato in alto non potendosi allora scorgere altro che l’insieme dellafigura e l’effetto della testa e nulla dell’artificio del corpo il quale ha dovu-to soffrire varie riparazioni in circa 9 secoli come è stato osservato dall’an-zidetto Nicolino.

Sul crocifisso della cattedraleOsservazioni di Filippo Niccolino scultore

È più grande del naturale ed è scolpito non in tiglio ma in pioppo nonavendo le vitte molli, delicate e invisibili di quello ma quelle grossolanedell’altro, e vi fu scoperto un groppo forte nella destra. Il torso e la testasono vuoti le braccia, mani, gambe e piedi di pieno legno._________________________________

684 Vedi nota n. 409, p. 389.685 Leggasi: “Copronimo”. Seguono, cancellate, le parole: “quando giù”.686 Seguono, cancellate le parole: “erano nel maggior”.

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La testa fu fatta separato, e le cosce e gambe e piedi soggiunte al torsoforse posteriormente essendo di tiglio e metà del piede e le dita del piededritto con le unghie con pelle pergamena, non così quelle delle mani chesono rozze e trascurate. Il torso e la testa sono vuoti e quindi lo scultoredovette profittare di qualche pioppo vecchio che che presentava nellointerno la cavità e nell’esterno la rotondita adatta al torso umano. La testaaperta di dietro, nell’esterno è tagliata raccozzata in687 due segmenti. Unoper lungo nella gota sinistro, l’altro dietro a traverso nella nuca dopo leorecchie rozze senza la cocchiola nella cavità.

Parte artistica

L’intera figura – sacra – non è in buone proporzioni. La testa è grandele braccia corte le coscie e le gambe similmente. Il torso ha dieci coste inlinea dritta al lato destro e dieci al sinistro invece di sette da l’uno a l’altro.

I muscoli e tendini collocati a capriccio. La testa di uomo spirato edespressiva di dolori sofferti i capelli son di cordicella attaccati con colla egesso che scendono per le orecchie. Anche la corona è di corda e le spinedi punta di ferro.

Incisione in Sicilia 1780

Antonio Zacco688 catanese incise a bulino il frontespizio in foglio delleleggi dell’Università di Catania689 con ornati otto medaglie di Ferdinando3° e Maria Carolina, al lato destro la medaglia di Caronda e il rovescio eun’altra medaglia di Catania e al sinistro tre altre medaglie catanesi e dopola prefazione di due pagine una gran vignetta rappresentante la cattedraledi quella città colla cupola e rimpetto alla facciata l’obelisco egiziano e unaltro tempio e case a fianco.

Questa gran vignetta è applicata a pag. 41. L’incisione a bulino è dili-gentissima e con buono effetto e lo Zacco pel tempo in cui fiorì 1780 fucerto uno dei migliori._________________________________

687 Segue, cancellata, la parola: “quattro”.688 Per Antonio Zacco cfr. Agostino Gallo, Notizie intorno agli incisori… cit., p. 86-88.689 Vito Coco, Leges omni consilio, et munificentia latae a Ferdinando III utr. Siciliae rege ad augen-dum, firmandum, et exornandum Siculorum Gymnasium, Catinae in urbe clarissima vetusta bona-rum artium sede, regia authoritate constitutum. ... Catinae, apud Pulejum, 1780.

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Io credo che lo Zacco abbia imparato l’incisione a Roma sotto abileprofessore e forse sostenuto a spese del suo Municipio conoscendo la suafelice disposizione a quell’arte, mette pure che Catania a quell’epoca nonaveva buoni intagliatori.

1868Incisione del trapanese

G. Vitta690 in Roma

Questo artista soggiornando in Roma nel 1868 incise a bulito [!] unquadro ad olio posseduto dall’abate Cirino dipintogli dal Cav. NataleCarta691, nativo di Messina di padre di Palermo e qui recato fanciullo.

Quel quadro ridotto nell’incisione a palmo uno ed oncie dieci di lun-ghezza per palmo uno ed oncie due di larghezza rappresenta S. Rosalia inun antro con due angeli, un serto di rose sopra una pietra e un teschio sulsuolo. L’effetto dell’incisione è forte, il bulino è variato e bene adatto adesprimere la rozzezza della tunica che ben contrappone con la delicatezzadel suo volto e delle mani e delle figurine degli angioli, ma in generale unpo risentito.

A destra si legge N. Cav. Natale Carta di Palermo dip. A sinistra G.Vitta di Trapani dis. ed inc.

Incisione di monete in Sicilia 1375

Ne’ tempi greci, Romani, Bizzantini, Arabi, Normanni, Svevi,Aragonesi, e posteriori s’incisero sempre monete in Sicilia colle imagi-ni de’ dominatori, o senza, non che suggelli, gemme cammei, anelli,bolli o impronte effigiate pe’ diplomi regii, che puossi dire che l’arte delbulino più o meno, secondo il maggior692 o minore stato di coltura siastato esercito693 nell’isola nostra; ma pochi nomi d’artisti di tal genere siaottimi o mediocri ho potuto raccogliere, malgrado ogni studio e diligen-za. Mi riuscì quindi gratissimo il rinvenire il nome d’un incisore dimonete in Catania che fioriva nel 1735 come ho rilevato da un diploma_________________________________

690 Vedi nota n. 270, p. 351.691 Vedi nota n. 82, p. 305.692 Segue, cancellata, la parola: “progresso”.693 Leggasi: “esercitato”.

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di Federico III detto il Semplice che regnava in Sicilia in quell’epoca(1)694. Egli nomavasi Stefano Carombene il quale pe’ suoi servizj resichiese a quel sovrano la carica di potere scolpire le reali monete in oro,argento e bronzo, e a batterle nella zecca di Catania, e Federico conmolte espressioni di lode per l’abilità di quello dimostrata in altre operevolentieri gliel’accordo.

Or le monete che il Carombene incise per Federico sono se non pelrilievo almeno per la regolarità del disegno tra le migliori d’Italia in queltempo; ma non superiori all’augustale di Federico lo Svevo incisa un seco-lo e più anni prima in Messina695

Fratelli Aquila incisori sicilianiSec. XVIII

Francesco696 Aquila697, palermitano. Costui era fratello del famosoPietro698 incisore ad acquaforte delle antichità di Roma.

Anche Francesco segnalossi nell’arte del bulino e nel 1709 incise inRoma con grazia 5 rami per l’opera sul teatro di Pier Jacopo Martello699.Si scorge ivi premessa all’opera, la Musa del teatro sulla scena e sotto isuonatori. Similmente al dramma700 il Selide, soggetto ottomano la rappre-sentazione di una delle scene del dramma. E così pure a quello delProcolo, un altra scena, e similmente nella Ifigenia in Tauride, come purenella Rachele. Queste incisioni sono condotte con bravura, e701 diligenza dibulino; talché puossi dire che Francesco Aquila sia stato uno de’ miglioriintagliatori del suo tempo.

Suppongo poi che i cinque rami che adornano questa edizione del tea-tro di Pier Jacopo Martello, sieno per l’invenzione e disegno lavoro di_________________________________

694 A c. 261r nota in calce: “(1) Questo diploma degli 11 ottobre 1373 Ind. 14 dato da Federico III inCatania è trascritto nelle memorie per servire all’istoria letteraria di Sicilia t. 1 parte V pag. 30 e seg.Palermo per Bantivegna, 1756”. <Domenico Schiavo, Memorie… cit., v. I, pt. V, p. 30-32>.695 Sul verso della c. 261, cancellate, le seguenti parole: “Illustrissimo SignoreElla non si ricorderà più di me nelle serotine conversazioni del dottissimo nostro amico Carlo Giojadi acerba ricordanza, ma io non posso averla dimenticata avendo avuto ***”.696 Segue, cancellata, la parola: “dell’”.697 Vedi nota n. 235, p. 346.698 Vedi nota n. 232, p. 345.699 Pier Jacopo Martello, Teatro di Pierjacopo Martello, In Roma, per Francesco Gonzaga in via Lata,1709.700 Segue, cancellata, la parola: “per”. Il titolo corretto del dramma è Perselide.701 Segue, cancellata, la parola: “leggiadria”.

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Pietro Aquila, che si sa di essere nella nella sua prima giovinezza buondisegnatore e pittore; e indi recatosi in Roma diessi all’architettura e prin-cipalmente all’incisione ad acquaforte e bulino de’ grandi monumentidelle antichità di quella metropoli del mondo. E per questo riguardo acqui-stò fama, come il primo intagliatore di bello e grande effetto.

Il di lui fratello Francesco ne seguì l’esempio, e riuscì pure in quel-la nobilissima arte; ma con maggiore dolcezza di bulino e di minoreeffetto.

Però amendue furono i primi incisori, che a quel tempo fecero onorealla Sicilia e particolarmente Pietro che nel suo genere di incisione, conpiena intelligenza architettonica e prospettica segnalossi col fratello anchein Italia,702 adesso in quest’arte alza bandiera Tommaso Aloysio Juvara703

messinese e per ragione del progresso dell’arte, e pure per ispiciale suaabilità in un genere più finito e variato di bulino anche sopra acciaro,metodo che al tempo de’ fratelli Aquila ignoravasi.

Cesellatura in PalermoSecolo XVII

Il P. Amato nell’opera de’ Principe templo Panormitano704 a p. 186 rife-risce come esistente al suo tempo nella cattedrale di Palemo un magnificolampadare in argento da accendersi con 20 ceri e 9 lucerne ad olio, con-formato a guisa di fonte, e adorno di statuette cisellate di angioli, conattorno delfini ed arpie.

Questo bellissimo lavoro che pendea dal centro dell’arco del nostroantico duomo costò onze 2600 e fu eseguito dall’orafo Antonino Lo CastroPalermitano, e certo fu destrutto, e fuso con le argenterie del tempo d’or-dine di Ferdinando III per monetarsi.

Nel lembo vi si leggea inciso: Virgini integgerimae ab inferis liberatri-ci, parenti benemerentissimae, hac luminum pompa, dilecti filii sua cordadicarunt anno salutis MDCIC deputatis rev. abbatibus, et canonicis,Antonino Scoma et Alessandro Guarrasi.

Carlo Crispi ammesso a 16 aprile 1865_________________________________

702 Seguono cancellate le parole: “o se”.703 Tommaso Aloysio Juvara, incisore, nato a Messina nel 1809, ivi morto nel 1875.704 Giovanni Maria Amato, De principe templo panormitano libri XIII, in quibus ostenditur panor-mitana cathedra a S. Petro apostolo instituta... auctore p. Joanne, Maria Amato... Panormi, ex typo-graphia Joannis Baptistae Aiccardo, 1728, p. 186-187.

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Appunti di storia dell’architetturaArchitettura in Sicilia dei tempi più antichi

I primi abitatori della Sicilia denominati Ciclopi e riconosciuti ormaidai critici di essere una turba di Pelasghi passati dal vicino continentenell’Isola nostra sopra zatte piatte ovvero di Fenicî, che frequentavano abantico il Mediterraneo, dopo di avere occupato per le loro famiglie tutte lecaverne e grotte, mancando di ricoveri s’industriarono di scavarsi in senodei monti e delle colline di pietra705 tenera le piccole stanze che loro abbi-sognavano; onde que’ popoli sono riconosciuti col nome di Trogloditi,706 eve ne furono in Sicilia come in altre regioni della terra. Nella valle d’Ispicain Pantalica e nel sito detto delle Fenestrelle e nell’ipogeo del Camicopresso Girgenti e in altri siti di quest’isola di cui ho fatto distinta ricordan-za707 in altro mio scritto, noi mostrar possiamo708 questa singolare709 manie-ra di abitazione710 per iscavamento riuscendo poscia a quei popoli o a’ suc-cessivi lunga e oltremodo faticosa711 quest’industria vollero procurarsi iricoveri col mezzo più facile, cioè staccando dei massi di pietra irregolaredalle montagne e sovrapponendoli gli uni sugli altri senza cemento.

Di questo genere di costruzioni informi abbiamo in Sicilia moltimonumenti. Nel monte di S. Giuliano, l’antica città detta Erice si scorgo-no avanzi di muri ciclopici. In Cefalù similmente con una gran porta e cosìpure in Patti. Aristotele attribuisce ai Ciclopi ossia ai Pelasghi o Fenicîl’arte di costruire delle torri di massi a loro difesa ciò fu seppure che si eragià ritrovato il rame e il ferro per servir loro di strumenti.

I Sicani che passarono in Sicilia dal vicino continente e i Fenici cheforse li precessero [!] cominciarono ad edificare con pietre squadrate e diuna forma più regolare le loro abitazioni. Cerere ch’era Regina dei Sicaninel promuovere l’arte tra noi di coltivar la terra e seminare e mietere il fru-mento si valse del ferro pel vomero degli aratri e della falce e questi duemetalli e particolarmente il secondo del quale non fa cenno Omero; masoltanto dell’altro furono di qrande ajuto all’architettura seguente e allealtre arti sociali. L’architettura notabilmente progredì in Sicilia prima chein Grecia particolarmente quando sopravvennero dalla vicina Italia i_________________________________

705 Segue, cancellata, la parola: “molle”.706 Seguono cancellate le parole: “al pari di altri popoli”.707 Segue, cancellata, la parola: “altrove”.708 Segue, cancellata, la parola: “additare”.709 Segue, cancellata, la parola: “e faticosa”.710 Segue, cancellata, la parola: “. Poscia”.711 Seguono cancellate le parole: “la escavazione”.

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Sicoli, i quali avevano appreso quest’arte dagli Etruschi confinanti ad essi;laonde Pausania712 ci narra che Agrola ed Iperbio architetti Pelasghi Sicolipassando dall’isola nostra in Acarnia costruirono l’Acropoli di Atene enella porta vi effigiarono dei leoni, il che mostra che già l’arte edificatoriaerasi inoltrata in Sicilia.

Dedalo Ateniese intanto che appresa l’avea in Egitto insieme con lascultura venne a salvarsi in Sicilia perseguitato da Minos re di Creta edaccolto da Cocalo re dei Sicani, il quale finse di accoglierlo ospitalmente;ma temendo che gli fosse rapito il suo piccolo regno dalle sue armate cherecate avea in numerosa flotta sotto apparenza di ristorarlo lo fece soffo-care dalle sue figlie nelle caldissime terme e per sedare le sue truppe per-mise alle medesime di costruirsi una piccola città (1)713 in parte discostadel suo territorio la quale fu denominata da loro Engio ed ove edificaronoun tempietto alle dee madri. I Cretesi adunque ch’erano tra i popoli diGrecia i meno incolti per le provvide cure dei loro re giovar poterono colloro esempio nella edificazione della nuova loro città all’architettura, mapiù ch’essi giovò grandemente Dedalo ingegno straordinario e insigneartista sì nell’architettura che nella scultura, il quale costruì a Cocalo chel’avea protetto e salvato costruì una piccola città detta Camico nel territo-rio agrigentino costruita sopra una rupe ch’era inespugnabile avendo unasalita stretta e tortuosa da poter essere difesa da tre o quattro uomini.

Convien credere che il tempio di Venere Ericina fosse anteriormenteedificato dai Sicani perocché Dedalo pur vedendo di poter facilmente rovi-nare714 per la voragine presso a una rupe tagliata a picco ov’era fondato vicostruì una gran muraglia d’immensi massi per impedirne il precipizioallargando l’area circostante al tempio. Fu anche adoprato dai Selinunziiper la costruzione dei bagni caldi che sgorgavano in una caverna. Si attri-buivano a lui i vasti ed intrigati sotterranei a guisa di labirinto sull’idea diquello osservato in Egitto ed eseguito in Creta: Scolpì poscia in oro unariete che fu collocato nel tempio di Venere e una statua per la città diOnface che Antifemo di Rodi condusse in Gela715.

Dedalo essendo rimaso molti anni in Sicilia fondar dovette unanumerosa scuola di allievi che per molti anni si sostenne fino allo arrivodelle greche colonie e ne abbiamo una prova nelle tre metope selinunti-_________________________________

712 Pausanias periegeta, Greciae descriptio, I. Attica, 28, 3; ma la porta dei leoni è a Micene,nell’Argolide.713 A c. 265v nota in calce: “(1) Questo avvenimento fu un secolo prima della guerra di Troja circa”.714 Seguono cancellate le parole: “pel vicino precipizio”.715 Pausanias periegeta, Greciae descriptio, 8. Arcadica, 46, 2; 9. Beozia, 40, 4.

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ne di Ercole Melampige che reca appesi ad una asta i due ladroni da luiuccisi col favore di Minerva, e l’altra rappresentante Perseo e la terza laquadriga coi cavalli guidata da un guerriero le quali sculture su pietra dalui quasi in tutto rilievo mostrano apertamente lo stile e il costume egi-zio che da Dedalo era trascorso nei suoi allievi Siciliani e da questi primiai successivi con maggiore sviluppo di scarpello fino all’arrivo deiGreci. Prima di Dedalo bensì abbiam memorie istoriche che in Sicilia vierano tempî innalzati agli Dei forse dai Pelasghi, dai Fenicî dai Sicani odagli Etruschi che trascorsero in quest’Isola; perocché Dedalo vi trovòquello di Venere.

Antichissima era anche un edicola in onor di Galatea nell’Etna e vetu-sto il tempio di divinità che per il rito barbaro richiama i Fenicî, quello alleDee madri dei Cretesi, l’altro degli Dei Palici ed un altro716 dedicato aNettuno e costruiti da Ercole. Or questi sacri edifizî comunque voglionsisupporre informi esser dovevano migliori delle misere abitazioni deipopoli e mostrar dovevano le rozze statue in creta, in legno, o in pietradolce delle divinità a cui erano dedicate, e le sculture surriferite nella roc-cia della valle d’Ispica; talché Dedalo non iniziò a vero dire l’architettura,la pittura e la scultura in Sicilia; ma con migliore arte poté spiegarle innan-zi a i Greci che furono ultimi dei popoli antichi che occuparono quest’iso-la poterono agevolmente recarle a perfezione e vieppiù l’architettura; giac-ché la pittura ch’erasi appena mostrata con colorire con la creta rossa lestatue fu l’ultima anche nell’epoca greca a far bella mostra di se.

Procedendo a ragionar dell’architettura che riguardata dagli antichicome arte maestra e direttrice diremo che quella di ordine dorico prevalsein Sicilia perocché le prime colonie qui giunte furono doriche. Però è daosservare che acquistò in quest’isola con le colonne717 non eccedenti mai icinque diametri e con la cornice greca con belle modanature nei capitelliacquistò maggior maestà qual convenivasi meglio per onorar gli Dei. Queinostri tempî ornati di eleganti semplicità nell’ordine dorico più severo pro-prio e caratteristico dei nostri tempi grandiosi si è attirata l’ammirazionedi tutt’i valentuomini nazionali e stranieri ch’esercitano quest’arte talchégli esteri recansi incessantemente in Sicilia a studiarne gli avanzi e di quel-lo di Segesta ch’è nella sua integrità in trentasei magnifiche colonne l’in-sieme ben ordinato e simmetricamente distribuito. E non pochi dei nostrifra i quali accennero ad onore Domenico Lo Faso Duca di Serradifalco ce_________________________________

716 Segue cancellata la parola: “attribuito”.717 Seguono cancellate le parole: “di minor diametro”.

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ne lasciò in più volumi718 l’illustrazione ed altri stranieri prima e dopo dilui han pubblicato opere interessanti, come fatto ancora pei monumenti diGrecia madre i quali possono alcuni superare i nostri per leziosa eleganzama non già per maestà e venustà di stile. I tempî poi grandiosi di Selinunteornati di metope effigiate e quello smisurato di Giove Olimpico inAgrigento destano particolarmente quest’ultimo per la grandiosità e singo-larità della forma le meraviglie anche nelle sue rovine. Diodoro719 che nediè la descrizione ne dice che era lungo 403 palmi e largo 189 e alto 142;e che cinto di mura mostrava nell’esterno le colonne ad esse alternate enell’interno i pilastri quadrangolari e le scanalature delle colonne esterneeran così large da potervisi ascondere un uomo. Nel frontone anteriorescorgeasi in figure colossali i giganti fulminati da Giove e nell’altro oppo-sto la presa di Troja. La cella avea nell’interno pilastri a cui erano addos-sati immensi telamoni di 12 palmi che ne continuavano la cornice superio-re. Di questo tempio scorgonsi i grandiosi avanzi che ingombrano a guisadi monte quella vastissima pianura. Esso meritò prima di essere illustratodal dott. archeologo M.se Giuseppe Haus720 il quale ne rilevò la pianta, eindi da molti valentuomini stranieri e al mio tempo dall’insigne Duca diSerradifalco

721.

Sugli artisti greco-sicoli ricordati dal p. Narbone al 3° volume della sua storia letteraria pag. 173 e seg. 722

con riflessioni critiche di A. Gallo

Dedalo Ateniese salvato da Cocalo dalla persecuzione di Minos edaccolto in Agrigento fece molte opere di architettura e di scultura in Siciliaed era ben naturale che qui fondato avesse una scuola fra i paesani i qualidirei istintivamente e per imaginazione e per sentimenti amavano le bellearti. La sua scuola fino a i tempi più tardi precedenti all’inizio delle gre-che colonie si scorge in alcune metope dei tempi di Selinunte che appar-tengono che appartengono certo all’epoca dei Sicani, degl’Elimi o dei_________________________________

718 Domenico Lo Faso Pietrasanta, duca di Serradifalco, Antichità di Sicilia, Palermo, Tip. delGiornale letterario [poi] Andrea Altieri [poi] Tipografia e legatoria Roberti [poi] Reale stamperia,1834-1842, 5 v.719 Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, XIII, 82,1-4.720 Jacob Joseph Haus, Saggio sul tempio e la statua di Giove in Olimpia e sul tempio dello stessodio Olimpio recentemente dissotterrato in Agrigento, Palermo, dalla Stamperia reale, 1814.721 Domenico Lo Faso Pietrasanta, duca di Serradifalco, Antichità ... cit., v. 3.722 Alessio Narbone, Istoria … cit.

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Sicoli; giacché Selinunte come dall’interpetrazione di un passo di Teodorodi Monges Crispi rilevasi fu ingrandita ma non fabbricata dai greci. (1)723

Dedalo quindi puossi riguardare non già come il primo che abbia intro-dotto le belle arti in Sicilia, il che devesi a colonie o individui qui passatidalla vicina Etruria, ma come colui che col suo prodigioso ingegno e le suebelle speculazioni diè alle medesime maggiore spinta ed attirossi quindiun numero maggiore di allievi che ne continuarono e migliorarono gli arti-fizi. Di fatti nell’Ercole dell’altorilievo di Selinunte scorgesi più vita emovimento di quello che si attribuisce alle opere di Dedalo che appenaseppe staccare le braccia e le gambe delle sue statue e ciò fu allora riguar-dato come un prodigio del suo ingegno.

I nomi dei suoi allievi Siciliani ci furono involati dal tempo, il qualec’involò molti libri del nostro Diodoro, ove forse erano rammentati.

L’arte è vero fu secondata dall’invenzione di molti strumenti meccani-ci inventati da Dedalo o da Talo o Perdice suo nipote, come la sega lascia[!] il succhiello, il filo a piombo e la colla di pesce. Nella scultura e nel-l’architettura quell’insigne artefice recò in Sicilia lo stile e la manieradegli Egizî presso i quali a lungo era soggiornato.

Nelle metope Selinuntine scorgesi apertarmenete il passaggio dallostile Egiziano o Dedaleo a quello primitivo introdotto in Sicilia dalle colo-nie greche. Il Narbone non osa asserire che Dedalo abbia avuto scolari inSicilia perché quelli nominati dagli storici Endeo, Dipeno e Sciride724 nonsono Siciliani; ma se i Siciliani avevano intendimento ed occhi da ammi-rare le opere di quello straordinario ingegno dovevano accorrere a lui edegli non potea ricusarli per corrispondere alla ospitalità e alla compiacen-za ottenuta dal Sicano Cocalo. Dubita anche il Narbone che Alcone daMila725 scultore di una pregevole tazza donata da Ario726 re di Delo ad Eneae rammentata da Ovidio sia una fandonia poetica supponendo che l’arte diincidere sia di data posteriore; ma il Narbone confonde l’arte d’inciderecon quella di scolpire in pietra, la quale era già conosciuta e bene avviatasin dai tempi di Dedalo. Che se pure quella tazza fosse stata in oro inargento o in rame, il che non è detto da Ovidio; ma come più probabile inpietra preziosa com’era l’uso dei tempi Alcone da Milo in Sicilia cherimonta ai tempi di Dedalo poteva benissimo eseguirla coi mezzi appresta-_________________________________

723 A c. 275r nota in calce: “(1) Osservazioni di A. Gallo.”724 Leggasi: “Scillide”.725 Alcone da Mile (Milazzo) o Alcone da Ile, in Beozia, toreuta dell’epoca mitica (Publius OvidiusNaso, Metamorphoses, XIII, 683-684)726 Si intenda: “Anio”.

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tigli dall’artista Ateniese e ciò supponendo anche come molti critici hancreduto che gli scudi di Ercole e di Achille descritti da Esiodo e da Omeroe bene istoriati fossero dei pezzi inserti posteriormente ai loro poemi. Alche io non saprei condiscendere perché quest’arte è anteriore a quei duepoemi, anzi Omero rammenta alcune statue di metallo scolpite da Vulcanoche forse fu il più antico artefice che la mitologia tolse dall’istoria tradi-zionale e la vestì della consueta mitica allegoria.

Le arti in Etruria come ha provato il Mazzoldi727 sono anteriori a quel-le greche e forse a Dedalo e728 quindi penetrarono nella vicina Sicilia perprima o contemporaneamente a lui; ma certo prima dell’arrivo qui piùtardi delle greche colonie che furono le ultime ad occupare la Sicilia eindubitatamente la migliorarono.

La pittura fu l’ultima a sorgere come l’arte di modellare in creta madredella scultura era stata la prima sorta insieme con l’architettura per soprap-posizione di pietre squadrate, giacché quelle di semplice scavazione supietra molle è anteriore a tutti e puossi riguardare come semplice industriae non già architettura.

Plinio riferisce che in Corinto e Delfi sorse il primo certame al tempodi Geronimo sulla pittura (1)729.

Or le730 prime colonie greche che passarono in Sicilia furono Corinzietalché poterono più giovare per la pittura che per la scultura e l’architettu-ra che vi era stata introdotta dagli Etruschi dai Sicani dai Sicoli e daDedalo molti secoli innanzi.

Certo si è che l’uso delle statue dedicate ai Numi è antichissimo inEtruria e già in Roma si era passato l’uso sì per gli Dei che per gli Eroi efra queste si accenna quella di Orazio Coclite e di Clelia (2)731.

Le arti belle rapidamente progredivano in Sicilia e grande impulso vidiedero Gorgaso e Demofilo modellatori il primo associatosi con l’altroche fu certamente nativo d’Imera, i quali recaronsi in Roma ad ornare iltempio ***. Demofilo aveva prima avviato nell’arte il celebre Zeusi diEraclea732 che io ho provato di essere la siciliana e da modellatore divenneinsigne pittore e superò in Atene Apollodoro e tutti gli altri del suo tempo._________________________________

727 Angelo Mazzoldi, Delle origini italiche… cit.728 Cancellate le parole: “i Greci”.729 A c. 276v nota in calce: “(1) Lib. 35, cap. IX”. <Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia,XXXV, 58 [=35]>.730 Cancellata la parola: “nostre”.731 A c. 276v nota in calce: “(2) Lib. 34, cap. VI”. <Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia,XXXIV, 15-29 [=9-13]>.732 Zeusi d’Eraclea, pittore, nato nel 450 a.C. circa, morto prima del 394 a.C.

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La munificenza dei tiranni delle città Siciliane (3)733 e principalmente diSiracusa e di Agrigento sopra tutte le altre doviziose adescò non pochi arti-sti greci a recarsi nell’Isola nostra ove trovavano Larghi remunerazioni epascolo alla lor fama gareggiando coi siciliani coi quali divisero le gloriee i lavori ed altri artisti fra gli esteri erano richiesti dai nostri ricchi ama-tori e primati delle opere loro che sapeano ben remunerare.

Gelone che da tiranno meritò di essere pel suo valore e buon governoproclamato re di Siracusa mostrossi magnifico protettore degli artisti. Eglipromosse e migliorò l’arte d’incider monete e la fè progredire per modoche quelle del suo governo superavano le precedenti.

Onata di Egina734 ebbe l’incarico da Dimonide di scolpirgli la statua inbronzo e Calamide735 i cavalli che guidavano il suo cocchio. Anche Glauciadi Egina736 fu incaricato di una simile scultura che a ricordanza della sua vit-toria sopra i Cartaginesi riportata nell’Olimpiade 73737 fu riposta in Olimpiaed ivi ancora allato scorgeasi l’antica statua di Giove che stringea lo scettroed era stato offerto ad Olimpia dal nostro popolo d’Ibla (1)738. Quella grecacittà famosa per i suoi giuochi era divenuta un museo delle migliori opere discultura in gran parte donatele da tiranni e da particolari di Sicilia per fana-tismo di essere i loro nomi e la loro effigie esposte alla gran luce di Grecia.Di Gerone 2° vi erano due statue, una equestre, e l’altra all’impiedi dedica-tevi dai Siracusani ed un altra se ne aggiunse offerta dai suoi figli (2)739 equeste con miglior senno furono affidati a Micone Siracusano740 che pel suovalore nell’arte fu giudicato sostenere il paragone dei migliori artisti diGrecia, tanto la scultura erasi avanzata in Sicilia verso la perfezione.

Eljo ricco messinese per fanatismo amava di proteggere in preferenzagli esteri artisti ed affidò a Mirone di Eleuteri741 la statua in bronzo diErcole ch’era da tutti ammirata e a Policleto di Sicione742 due corefore che_________________________________

733 A c. 276v nota in calce: “(3) Lib. 35, cap. IX e l’operetta di Gallo su Zeusi”. <Gaius PliniusSecundus, Naturalis historia, XXXV, 61-66 [=36]; Agostino Gallo, Sulla vera patria di Zeusi, pit-tore dell’epoca greca e cenni biografici dello stesso, Palermo, Tip. Barcellona, 1861. Estr. da:Diogene, 1861, anno 4>.734 Onatas, bronzista di Egina, attivo nella prima metà del sec. V a.C.735 Calamide senior, scultore greco attivo tra il 490 e il 445 a.C.736 Glaukias, bronzista di Egina, attivo tra il 490 e il 475 a.C.737 Intendasi LXXIII Olimpiade (488 a.C.).738 A c. 277r nota in calce: “(1) Paus. lib. VI.” <Pausanias periegeta, Greciae descriptio, VI. Elide,IX, 4-5>.739 A c. 277r nota in calce: “(2) Id. lib. VI.” Ibidem.740 Micone, scultore del sec. III a.C., figlio di Nicerato siracusano.741 Mirone, scultore di Eleutere, attivo tra il 480 e il 440 a.C.742 Policleto, bronzista del sec. V a.C.

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riuscirono bellissime e adescarono la violenta cupidezia di quel ladrone diVerre inviato da Roma per743 pretore nell’Isola nostra.

Allo stesso Elio rubò anche Verre un leggiadrissimo Cupido in marmoopera insigne di Prassitele emulo di Fidia lodate da Cicerone744 e da Plinio745.

Fra gli scultori e fonditori in bronzo acquistò nome infame quelPerillo746 Ateniese che offrì al tiranno Falaride un toro in bronzo ove pote-ansi col fuoco sottoposto bruciare quegl’infelici ch’erano in odio al tiran-no; ma questo ne fece esperimento sullo stesso artista. (1)747

Anche Silanione ateniese748 volle farsi mostra del suo valore con la sta-tua in bronzo di Saffo, opera lodatissima da Cicerone749 e da Plinio, chepure attirò le mani rapaci di Verre il quale rapilla al Pritaneo di Siracusacome pure due famosi vasi cesellati da Boeto e da Mentore750 e possedutoda un Diodoro melitese soggiornante in Melibeo.

Verre che amava i sontuosi pranzi che sfoggiar soleva nel lusso di vasidi argento o di altro metallo stabilì in Siracusa una officina in cui invitò imigliori cisellatori di vasi e di altri ornamenti domestici talché se assassi-nò coi furti la Sicilia, le giovò almeno nell’avere promossa una scuola diottimi artisti in quel genere.

Ma erasi già innalzato su tutti gli scultori del tempo un Pittagora leon-tino751 che è d’uopo distinguere dall’altro di Reggio dello stesso nome.Plinio rende onore al nostro riguardandolo come superiore allo stessoMirone, famoso in Grecia. Il nostro Pitagora fu tra i primi a far mostradella sua scienza di miologia nelle sue statue; talché non solo erano in esseben collocati i muscoli, i nervi e le vene ma con molta arte espressi i capel-li e i sentimenti dell’animo, come in quella statua di un giovane zoppican-te ch’esprimeva il dolore per una piaga al piede e che ammiarvasi inSiracusa752 ed un’altra di Astilo che mostravasi in Olimpia (1)753._________________________________

743 Segue cancellata la parola: “questore”.744 Marcus Tullius Cicero, Orationes, Verrinae, 2. Actio secunda in Verrem, 4. De signis, II.4.745 Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia, XXXVI, 22 [=4].746 Leggendario bronzista agrigentino, Perillos fiorì, secondo la tradizione, intorno al 560 a.C.747 A c. 277v nota in calce: “(1) Cic. in Ver. Lib. IX. - Plin. Lib. XXXIV, C. VIII”. <Marcus TulliusCicero, Orationes, Verrinae, 2. Actio secunda in Verrem, 4. De signis, XXXIII.73; Gaius PliniusSecundus, Naturalis historia, XXXIV, 89 [=19]>.748 Silanione bronzista di Atene, del sec. IV a.C.749 Marcus Tullius Cicero, Orationes, Verrinae, 2. Actio secunda in Verrem, 4. De signis, LVII.125-127.750 Mentore, famoso toreuta greco, attivo probabilmente nella prima metà del sec. IV a.C. 751 Pitagora, scultore nativo di Samo, attivo tra il 490 e il 450 a.C., migrò a Reggio probabilmentedopo il 494 a.C.752 Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia, XXXIV, 59 [=19].753 A c. 278r nota in calce: “(1) Plinio Lib. XXXVI C. 8 - Paus. Lib. VI” <Gaius Plinius Secundus,Naturalis historia, XXXIV, 59 [=19]. Plinio però fa riferimento a Pitagora di Reggio; Pausaniasperiegeta, Greciae descriptio, VI. Elide, XIII, 1>.

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Una gara tra gli esteri artisti e i nostrali erasi eccitata in Sicilia ma gliesteri furono più che gli altri avventurosi perocché fecero registrare i loronomi dai loro scrittori connazionali che furono indi raccolti da Plinio e iSiciliani in gran parte rimasero ignoti se pure non furono celebrati dallostesso Diodoro di Agira che andar perduti coi molti libri della sua storia dicui soltanto 15 dei 40 pervennero a noi. Nulla di meno sono tanti i fram-menti delle statue o busti interi raccolti nel ricchissimo museo del princi-pe di Biscari e del Barone Astuto e prima di loro in quello di CarloVentimiglia e di altri amatori che ci attestano il valore dei nostri scultori eparticolarmente un torso colossale nel detto museo Biscari di uno stilegrande nobilissimo e in quello di un mosaico nella nostra Regia Universitàda me illustrata e in altre statue in marmo o frammenti che scavò in Siciliail console M.r Fagan754 e trasportossi in Roma.

Nell’arte d’incider monete, medaglie e gemme preziose la Sicilia parche abbia superato la stessa Grecia madre come è contestato per lemonete alla stessa epoca da tutti gli eruditi nummigrafi e particolarmen-te dal Bianconi, veronese nell’opera sua intorno ad una nostra moneta755.Alcune incisioni in gemme presso il sig. Politi e fra queste quelle di unApollo che canta ed altre presso il Cav. Lentinelli, mostrano che que-st’arte era salita già alla maggior perfezione, ma di molti di questi teso-ri dell’arte siamo stati privati dai ricchi stranieri che li hanno recati nelleloro patrie e così pure la Sicilia è stata spogliata delle più copiose colle-zioni di monete ed al mio tempo di quelle del principe di TorremuzzaSigr Lancillotto Castelli, del Cav. Calogero del Marchese AgostinoCardillo del Marchese Forcella e di una più copiosa raccolta fatta inmolti anni da Mr Ficher soggiornante in Palermo interessatissimo dilet-tante, ove ve n’erano non poche inedite e che ora è passata in potere deisuoi parenti svizzeri. Però andò a salvamento la collezione del dr.Girolamo Valenza che generosamente prima della sua morte volle farnedono insieme coi suoi libri d’arte alla nostra Regia Università. Rimaneancora in Catania la raccolta numismatica presso gli eredi del sigrGagliano e in Palermo quella numerosa e scelta presso i figli diGiuseppe Lanza, principe di Trabia eruditissimo archeologo delle cosedi Sicilia e mio venerato amico.

In questa raccolta di monete e di medaglie primeggia la quatriga colla_________________________________

754 Vedi nota n. 68, p. 302.755 Giovanni Battista Bianconi, Parere intorno una medaglia di Siracusa, per occasione dellaquale si parla de’ professori antichi delle arti del disegno, Bologna, a San Tommaso d’Aquino,1763.

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epigrafe Sichiliotan, illustrata dal Marchese Haus756, sommo letterato edarcheologo e sono singolari per bellezza e precisione di disegni le monetedi Gelone, di Gerone 1° e 2°, di Agatocle ed altre ma in poche leggonsi ilnome dell’incisore che io con diligenza ho raccolto (1)757.

L’arte ceramica ossia dei vasi a tutti gli usi domestici e sociali fu inSicilia in gara con la vicina Magna Grecia ed Etruria spinta alla maggiorperfezione sia per l’eleganza e rarità delle forme sia per le dipinture innero sul fondo rosso o in rosso su fondo nero e per la lucidezza della ver-nice. Uno di questi grandi vasi famosi in cui era rappresentata in tre ordi-ni la guerra e l’eccidio di Troja fu venduto a gran prezzo dal Canonico ***al re di Baviera ed invano io mi adoprai per impedirne l’uscita. Altri parec-chi magnifici esistono nel Museo Biscari ed ammiravansi in quelloSalnitriano dei pp. Gesuiti che furono rivendicati da un furto ed acquista-ti dalla nostra Regia Università ove pure altri bellissimi se ne ammirano;ma sono in tutto pochi resti dell’infinito numero che ne hanno trasportatigli avidi e ricchi stranieri.

In pochi vasi siculi si legge il nome dei pittori in molti quello deivasai, di vari utenzili domestici, su cui ha scritto un opera elaborata ilDr. Francesco Paolo Avani758 mio amico. In un vaso di Agrigento illu-strato dal Lanzi759 si leggeva il nome dell’artista Talide ed era dedicatoa Clitarco Bello; la forma dei caratteri dà argomento di antichità emostra che quest’arte fiorì tra noi anche nei primi tempi delle grechecolonie.

760Zeusi di Eraclea di Sicilia come accennai di avere provato in una miaopera negli inizi dell’arte scolare di Demofilo come accennai fu il migliorpittore che vantar possa la Sicilia e superò i migliori del suo tempo inAtene. Era famosa la sua tavola di Giunone Lacinia in Crotone, modella-ta sulle forme più belle raccozzate di giovinette; talché egli puossi direl’inventore del bello ideale. Le altre sue tavole fra le quali quelle di Ercolefanciullo che strizzava i serpenti e recava stupore ai genitori divennefamosa e così altre molte che io rammento e descrivo nella accennataopera mia. _________________________________

756 Jacob Joseph Haus, Esame della celebre medaglia antica battuta in nome di tutti i siciliani col-l’epigrafe ΣΙΚΕΛΙΩΤΑΝ, Palermo, presso la reale Stamperia, 1827. Estr. da: Giornale di scienze,lettere ed arti per la Sicilia, n. LII.757 La nota dell’A. è rimasta in sospeso: “(1) L’o”.758 Intendasi: “Avolio”.759 Luigi Lanzi, De’ vasi antichi dipinti volgarmente chiamati etruschi. Dissertazioni tre, [1806?], p.202.760 Precedono cancellate le parole: “Gorgaso e Demofilo”.

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Architettura – Secolo XIX – in SiciliaCarmelo Lanzerotti761

Carmelo Lanzerotti capitano del R. Corpo del Genio, nativo diAugusta costruì i due magnifici ponti di legno sopra catene di ferro, che siincontrano nella strada consolare, che da Catania conduce in Palermo epropriamente passato la Comune di Adernò sopra due braccia del fiumeSimeto denominati Dittaino e Gurnalonga. Egli fu assassinato nella rivo-luzione del 1848 in Siracusa toccando circa l’anno 50 di sua vita.

Detti due ponti sono sostenuti da piloni di pietra, e sono nella partesuperiore tutti di legname che poggia sopra catene di ferro.

Altro ponte tutto di ferro, di cui s’ignora l’architetto esiste nella stradarotabile da Catania a Messina, e propriamente vicino la Comune diCaltabiano, di cui porta il nome.

Architettura Siciliana Secolo XVIII

Paolo Amato762 nacque in Ciminna a 24 gennaro 1634. Giovinettorecossi in Palermo ove compì il suo corso di studij presso i pp.dellaCompagnia di Gesù e dottorossi763 in giurisprudenza. Però volle ascendereal sacerdozio e consacrossi alle discipline matematiche, con tutte le forzedel suo ingegno e divenne valoroso nella geometria e nell’ottica ed indidedicossi all’764 architettura. Già nelle matematiche765 primeggiava per leformole nuove da lui ritrovatene e quindi acquistò rinnomanza nell’arteedificatoria per la fecondità del suo ingegno766; talché venne scelto dalsenato di Palermo per suo architetto, e in 42 anni ideò ed eseguì tutte lemacchine sontuose e magnifiche che si ordinavano nelle festività di S.taRosalia, nell’ingresso dei viceré, nella morte dei medesimi e degli arcive-scovi e de’ nostri sovrani, e nell’esaltazione al trono de’ successori e fraquesti furono meravigliose per ricca invenzione quelle nei funerali diFilippo IV di Spagna e nell’767 acclamazione al trono del suo erede Filippo_________________________________

761 Carmelo Lanzerotti, capitano del Real Corpo del Genio, nato ad Augusta alla fine del scolo XVIII,morto a Siracusa nel 1848.762 Paolo Amato, architetto, nato a Ciminna nel 1634, morto a Palermo nel 1714.763 Segue cancellata la parola: “anche”.764 Segue cancellata la parola: “agricoltura”.765 Seguono cancellate le parole: “e in detta facoltà”.766 Seguono cancellate le parole: “nell’architettura”.767 Seguono cancellate le parole: “esaltazione al trono di successore”.

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V, come può scorgersi nella relazione coi rami scritta da GirolamoMatranga e stampata in Palermo per Colicchi nel 1666.768

E siccome l’Amato era allo stesso tempo abilissimo disegnatore infigura ed ornati così in quell’opera in foglio scorgonsi delineati e incisi disua mano il frontispizio con due fame e lo stemma reale, e tutti gli appa-recchi funebri per quelle esequie, che attirarono l’ammirazione universa-le. Peritissimo com’era nell’ottica, e nell’architettura, lasciò monumentidel suo ingegno, negli archi trionfali, nei mausolei, nelle cappelle, neglialtari e nei palazzi da lui costruiti, ed ornati e particolarmente nella loggiamarmorea destinata per la musica nel foro borbonico sulla Marina diPalermo, disposta in tre corpi di cui la centrale era più sporgente, e le dueche la fiancheggiavano, rendevano nell’insieme un bellissimo effetto allavista, e all’armonia musicale, essendo l’edifizio ben disposto e regolatocon le leggi dell’acustica,769 e inoltre tutto ornato con varietà di marmi, econ pilastrini ben distribuiti nel primo e nel second’ordine. Questo edifi-zio danneggiato posteriormente dal tempo, ma che poteasi agevolmenteristorare fu abbattuto verso il 1826 e prima costruitovi quello troppo affol-lato di colonne sul disegno di Domenico Lo Faso, Duca di Serradifalco770,e poscia per intrighi771 anch’esso atterrato non ancor compiuto, e vi fu eret-to l’altro con disegno scioperato e disposizione anti armonica ideato daNiccolò Rainieri772, architetto del Senato.

Del primitivo disegno possedevo io una bella incisione segnata colnome dello stesso inventore Paolo Amato, ma mi fu sottratta da un artista,quell’architetto condusse pure a bulino altre sue opere nelle quali sebbenel’architettura senta un po’ del barocco, per ragion del gusto declinante deltempo, pure è sempre magnifica e ben distribuita nelle sue parti.

Certo che l’Amato dopo l’egregio Pietro Novelli, che fu il precedentearchitetto del Senato, si rese celebre nell’arte edificatoria, e superiore atutti gli artisti contemporanei negli apparecchi festivi della città, comepure nell’incisione a bulino, e ad acquaforte.

Egli lasciò un’opera tuttavia ricercata e letta dagli artisti, che ha pertitolo La nuova pratica di prospettiva nella quale si spiegano alcune_________________________________

768 Matranga, Girolamo. Le solennita lugubri e liete in nome della fedelissima Sicilia nella felice eprimaia citta di Palermo capo del Regno celebrate in due tempi ... In Palermo, nella stamperia diAndrea Colicchi, 1666.769 Segue cancellata la parola: “armonica”.770 Domenico Lo Faso Pietrasanta, duca di Serradifalco, archelogo, nato a Palermo nel 1783, mortoa Firenze nel 1863.771 Seguono cancellate le parole: “abbattuto anche questo”.772 Nicolò Raineri, architetto, attivo fra il 1815 e il 1854, data presumibile della sua morte.

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nuove opinioni e la regola universale di designare in qualunque superfi-cie, e qual si voglia oggetto: opera utile e necessaria ai pittori, architetti,scultori, e professori di disegno in due parti, la prima stampata in Palermonel 1714 coi tipi di Vincenzo Toscano e773 l’altra successivamente.774

Quest’opera secondo la ragion del tempo, fu lodata fra quelle artistiche dalconte Cignora, mio amico, ed insigne autor dell’istoria della scultura ita-liana775. L’Amato meritò pure gli encomî di Gio. Battista Di Giudice neisuoi carmi, di Girolamo Matranga nelle solennità funebri e liete,dell’Abate Michele Del Giudice, nella sua Palermo magnifica, di IgnazioDe Vio e Pietro Vitale in varie descrizioni delle nostre feste cittadine.L’Amato ebbe molti scolari, di cui nessuno giunse ad eguagliarlo, e tuttichi più chi meno si diedero a corrompere il gusto architettonico del seco-lo XVIII, ch’era riserbato a Giuseppe Venanzio Marvuglia di bandirlo inPalermo, sua patria coi modelli delle sue eleganti fabbriche palladiane eco’ precetti dalla cattedra del nostro ateneo. L’Amato viveva già vecchio,giunto all’80° anno, sino al 1714 quando Antonio Mongitore nella primaappendice alla sua Biblioteca degli scrittori siciliani776, aggiunse questanotizia che noi abbiamo qui ritratto.

Ignorasi l’anno della morte di quell’egregio architetto, che non potèessere di molto prorogato dopo il 1714.

Architettura militare in Sicilia nel secolo XIII

La Sicilia per la sua condizione insulare che aperta per i suoi tre latimarittimi era ed è soggetta alle invasioni nemiche e pel carattere de’ suoinativi insofferenti degli abusi de’ governanti fu sempre premunita dicastelli regii, di fortezze, di torri in tutte l’epoche, e sotto tutte le domina-zioni, e quindi l’architura [!] militare è stata in ogni tempo fiorente in que-_________________________________

773 Seguono cancellate le parole: “la seguente appresso”.774 Paolo Amato, La nuova pratica di prospettiva. Nella quale si spiegano alcune nuove opinioni, ela regola universale di disegnare in qualunque superficie qualsivoglia oggetto... Parte prima delsacerdote d. d. Paolo Amato... In Palermo, per Vincenzo Toscano, 1714, e terminata da OnofrioGramignani, nel 1733.775 Leopoldo Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canovadel conte Leopoldo Cicognara per servire di continuazione all’opere di Winckelmann e diD’Agincourt... Volume primo[-settimo]. Edizione seconda riveduta ed ampliata dall’autore, Prato,per i frat. Giachetti, 1823-1825.776 Antonino Mongitore, Bibliotheca Sicula sive de scriptoribus Siculis qui tum vetera, tum recentio-ra saecula illustrarunt notitiae locupletissimae, Panormi, ex typographia Didaci Bua, 1707-1714, v.2, Appendix prima, 30-31.

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st’isola, e vieppiù pe’ castelli particolari degli antichi suoi baroni che adun tempo servivan loro da magnifiche magioni di ritiro ove fortificavansicon attrezzi militari, e con numerosi sgherri stipendiati, e quand’erano indisgusto, come spesso avveniva, col sovrano, o fra loro, per modo ch’es-sendovi assediati dalle truppe regie, o da’ bravi de’ lori emuli feudatarii,riusciva difficile di esserne snidati, e resi captivi.

Tutta la Sicilia è sparsa d’innumerevoli castelli regii, e baronali fabbri-che grandiose di sommo artificio del medio evo.

De’ primi darò per ora una rassegna, ricavato avendone l’elenco diquelli esistenti fino al 1272 da un diploma estratto dal canonico AntoninoAmico in Napoli da un registro di Carlo I d’Angiò (1)777

Citra flumen SalsumCastrum Messanae – Scalettae – Ramettae – Montis Fortiis – Melatii

– Santi Marci – Santi Philadelphi – Nicosiae – Castrijannis – Siracusiae –Palatium Siracusiae – Superius Tauromenii – Leontini – Minei – Licodiae– Augustae – Abolae – Mohac (forse saraceno) – Garfiliatae –Calathabiani – Santi Philippi

Ultra flumen SalsumCastrum Cefaludi – Palatium Panormi – Castrum Maris Panormi –

Curilionis – Saccae – Calathanissettae – Agrigenti – Carini – CastrumThermarum – Biccari – Favognanae – Licatae – Castrum Sancti Mauri –Giracii – Caroniae – Calathabellottae – Cameratae – Madoniae.

A tutti questi castelli si accenna nel diploma il rispettivo numero di sol-dati che invero è scarso. Tutti servienti con grana otto al giorno, un militecastellano con due tarì al giorno, un castellano detto scutifer con un tarì egrana quattro al giorno, un militare appellato consergius con un tarì e granaquattro al giorno, un serviente con otto grani giornalieri, e un cappellano conla mercede convenuta col governo. Il diploma = i sotto scritti Datum Baroliper magistrum Gulielmum de farumvilla decanum Si Petri VirorumAureliani, Regni Siciliae Cancellarius 3 Mar die 2 Indictionis anno 1272 cioèdieci anni prima di avvenire in Sicilia i famosi Vespri in cui furono snidati datutti i menzionati castelli i soldati che l’occupavano e trucidati circa 10 milafrancesi in tutta l’isola per liberarla dal feroce dispotismo di Carlo d’Angiò ede’ suoi insolenti funzionarj, il che prova che alla forza d’un popolo inaspri-to non avvi forza trascendente di governo che possa resistere non ostante icastelli numerosi e ben muniti com’eran quelli dianzi descritti._________________________________

777A c. 290r nota in calce: “(1) Trovasi pubblicato nella parte terza pag. 50 e seg. delle memorie perservire all’istoria letter. di Sicilia, Pal. per Bentivenga, 1756”. <Domenico Schiavo, Memorie… cit.,v. I, pt. III, p. 50-52>.

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Architettura militare in Sicilia nel secolo XIV

La Sicilia era ben fornita di castelli di fortificazioni e di torri diproprietà del Governo sino al 1272 come abbiam veduto dall’enumera-zione di essi sotto Carlo I di Angiò. Alcuni de’ principali Baroni ancheallora possede [!] propri castelli in qualche loro città, ma sotto PietroII di Aragona che cominciò a regnare nel 1321 principe debole l’auda-cia dei baroni divenuti ricchissimi e potenti e disprezzavano l’autoritàreale o la piegavano per ambizione di dominare; laonde o faceano laguerra al monarca o fra di loro per contendersi l’influenza e il poterenel governo o per rugine di famiglia. Per tutte queste circostanze die-dersi tutti a edificar castelli quasi in ogni loro città feudale. Eran que-sti invero castelli di lusso; ma ben muniti e molti ne sorsero nelle guer-re civili iniziate sotto Francesco Ventimiglia conte di Gerace, eGiovanni Chiaramonte conte di Modica che per ambizione si abborri-vano cordialmente e vieppiù sotto i potenti Matteo e Damiano Palicinel qual tempo gli altri baroni parteggiavano pe’ Ventimiglia o peiChiaramonte o pe’ Palici, e nell’accanita guerra civile avean d’uopo ditrincerarsi e difendersi in castelli; laonde in quel tempo o dopo fino alsecolo XVI moltissimi e sontuosi se ne edificavano e quel genere diarchitettura mista di militare e civile fiorì mirabilmente in Sicilia. Sonotuttavia ammirati i sontuosi castelli di Branciforti, di Moncada, Bosco,de Calvello Geraci, di Lanza de’ Spucches e di altri baroni, in cui l’ar-te edificatoria contende per solidità col lusso dell’eleganza. In queisicuri castelli potevano abitare più centinaja di familiari negli apparta-menti inferiori, e altrettanti ne’ superiori per la famiglia baronale e suoicorteggiani. Ivi erano sotterranei per carceri a pe’ lievi delitti de’vas-salli e pe’ gravi vi erano i trabocchetti insidiosi ripieni di punte di ferroove moriva d’inedia e straziato chi vi era spinto a precipitarvisi peratroce vendetta. In ogni castello non mancava una chiesa, e una grangalleria per feste di balli, e trattenimenti musicali. L’armeria n’era ilpiù bell’ornamento ov’erano appesi spade d’ogni misura, pugnali ere-ditarii tempestati d’oro e di gemme, scudi d’ogni forma e grandezzacorazze cimieri.

I magazzeni inferiori contenevano spesso la provvisione per un annodi assedio e ne’ campi chiusi annessivi si alimentavano pecore agnelli tori,e vacche, galline, l’ampie scuderie contener potevano molti cavalli per lesortite degli uomini armati.

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Architettura per sovrapposizione irregolare di pietre poligonein Sicilia secondo il sistema detto ciclopico e prime informi

sculture in pietra dolce che ci rimangono

Dopo che gl’uomini per esperienza conobbero la lunga e affannosafatica che lor costava il procurarsi un meschino abituro con lo scavamen-to in seno de’ monti di tufo calcare dieronsi a speculare un metodo piùfacile e fu quello della costruzione per sovrapposizione di pietre irrego-lari come potevano estrarle dalle cave, e persuasi che li grandi massi pre-sentavano maggior solidità, questi ai picoli preferirono, e a primi checollocarono in seno dalla terra, addossarono gli altri, contentandosi chele due superfici inferiore e superiore fossero rasate, e che l’appianaleesterno fosse a perfetto livello per l’indicato motivo della solidità.Cercarono poi di allineare le ineguaglianze esterne, il che fa supporrel’invenzione e l’uso di strumenti di ferro. In queste fabbriche dette perla vastità ciclopiche, o perché Aristotile attribuisce a ciclopi (certo dellaseconda razza) il ritrovato di costruir le torri, non adoperavasi cementodi sorta. Di tali muraglie ciclopiche ne resistono in Cefalù in Erice ealtrove in Sicilia.

Fu questo il primo che diè l’architettura; perocché lo scavamento pre-cedente procede soltanto dall’industria connaturale all’uomo. Il secondopasso fu quello di squadrare e rendere regolari i pezzi che voleasi sovrap-porre.

Nella grande murata di Cefalù con una porta si osservano entrambi imetodi; perocché i massi del muro sono poligoni e quelli degli stipite edarchitrave della porta tagliati regolarmente, e rasati, il che fa supporre chenon era ancora al tutto abandonato l’antico metodo di pezzi irregolari, edera già sorto il nuovo che impiegavasi nella porta fatta di pezzi regolari, elivellati.

Ne’ più antichi tempi sino a tutta l’epoca greco sicola non si praticaro-no generalmente in Sicilia costruzioni di mattoni, o perch’essa abbonda dicave di buona pietra o perché l’innalzar mura o far volte di mattoni richie-de maggior tempo, e spesa. Nell’epoca della dominazione de’ Romanis’introdusse l’uso de’ mattoni da loro favorito anche ne’ ripare delle piùantiche fabbriche di pietra, e adoprossi allora la calce pe’ mattoni e percongiungere i massi fra loro con uno strato di essa intermedio. I Grecibensì se pur la conobbero ne fecero uso di rado, praticando di sfregare imassi fra essi per levigarne la superficie, persuasi che le fabbriche sisostengono pel proprio peso e il perfetto livello.

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Il culto degl’idoli, si esprime Goquet778, è antichissimo. Fin da’ tempid’Abramo e di Giacobbe era sparso per l’Asia e per l’Egitto(1)779 Tra iprimi abitatori della Sicilia ci furono i ciclopi Pelasghi e i Fenicî frequen-tato avevano l’Egitto e i primi eran passati in Etruria e alcune torme inSicilia e i Fenicj già frequentavano il Mediterraneo per ragion di commer-cio ed avevano invaso coi loro stabilimenti le parti marittime dell’Isolanostra. Anche i Sicani e i Sicoli come i popoli surriferiti avevano le lorodivinità il cui culto introdussero in Sicilia e vi fabbricarono tempî.

Uno ne aveva, il dio Adrano che forse apparteneva ai Fenicj, altroNettuno, innalzatogli da Orione in Messana, altro Venere Ericina780 ante-riore certo a Dedalo, il quale fu adoperato per ripararne l’imminente rovi-na onde può dedursi di essere già cadente per vetustà al tempo di quelfamoso architetto e scultore che credesi vissuto 160 anni dopo il diluvio diDeucalione. Il tempio di Vulcano e di Galatea sul monte Etna sono forseanteriori e l’altro innalzato alle dee madri da’ Cretesi contemporaneo aDedalo per punire il quale guidati da Minos eransi recati in Sicilia e mortoquivi quel loro re costruirono la piccola città di Minoa. Il tempio di Cereree di Proserpina appartiene all’epoca dei Sicani di cui era regina. Or tuttiquesti delubri ed altri furono innalzati da’ nostri artisti anteriori, o di pocoposteriori a Dedalo che qui aveva stabilito una numerosa scuola di suoiallievi nelle due arti sorelle l’architettura e la scultura.

Ma in qual modo erano costruiti quei tempî? Avevano essi colonne osemplici recinti di muri? L’ignoriamo, ma io credo che nell’epoca più anti-ca non erano altro che vasti casolari con un’ara ed ed una statua informedi creta di legno o di pietra. La decorazione delle colonne che prima dovet-tero esser di legno e poi di pietra fu certo posteriore. L’ingegno umanonelle sue speculazioni comecché fertile procede sempre lentamente pergradi. Havvi chi ha creduto provare che la colonna detta Doria fosse statainventata dagli Etruschi in quella forma piu sfasata che indi fu denomina-ta dorica toscana con base, laddove quella di Grecia ne fu prima. Non si_________________________________

778 Antoine-Yves Goguet, Dell’origine delle leggi delle arti e delle scienze e dei loro progressi pres-so gli antichi popoli. Tomo primo parte 1 [-Tomo sesto parte 3.], Parma, per li fratelli Gozzi, a spesedi Luigi Mussi, 1802.779 A c. 292v nota in calce: “(1) Op. cit. tom. 1 par. I pag. 242”. <Antoine-Yves Goguet, Dell’origine… cit.>780 Segue, cancellato, : “Palermo li Io qui sotto scritto certifico di aver prestato servizio qual Archeologo Segretario con voto dellaCommessione di Antichità e Belle Arti a norma del R. Decreto de’ 27 Aprile 1858 sia con gli scrittisulla materia, sia con gl’incarichi inerenti all’ufficio.L’Ufficiale di Dipartimento del R. Ministero destinato a far parte della Commessione di Antichità eBelle Arti colla qualità di Archeologo Segretario con voto”.

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sono riscontrati in Sicilia fra’ resti dell’antichità colonne in quel modo, masempre doriche poggianti sul suolo e sempre meno di cinque diametri, ilche ci fa congetturare che furono introdotte dalle colonie greche secondoil sistema della loro madre patria, e che i popoli ad essi anteriori non ado-prassero colonne nei loro tempî. Però potrebbe dubitarsi che anche primadei greci sicilioti si conoscesse l’uso delle colonne pei tempî; perocchéDedalo che proveniva dall’Egitto non poteva ignorarlo essendone ivi anti-chissimo l’uso e quindi come rilevasi in alcune sculture di uno dei piùantichi tempî di Selinunte che fu innalzato ove proprio sorse la grecaSelinunte scorgesi lo stile egizio derivato certo dalla scuola Dedalea. Inogni modo ai vetustissimi e primitivi nostri popoli rozzi com’erano nonpuossi attribuire nei loro delubri colonne che fan supporre l’arte avviata adun tal quale progresso. A quella bastava di adorare i loro numi nella sem-plicità del loro cuore e senza sforzare l’ingegno poco sviluppato allenuove industrie proprie della società che comincia a incivilirsi e bramaesprimere lo zelo religioso in un modo più solenne che quello adoperatoper le ordinarie abitazioni dei suoi individui.

Sculture artistiche primordiali in Sicilia

La creta, in [!] gesso, il legno; poi la pietra calcare e il marmo, final-mente i metalli argento, oro, rame, bronzo, furono i materiali scelti da’Siciliani per effigiare le loro divinità a cui vollero prestare omagio. La pit-tura nata posteriormente adoprossi anche a questo sacro ufficio; ma essen-do l’ultima; par che non debba essere ancora inventata nell’epoca de’ feni-ci, de’ Sicoli, e de’ Sicani, ma in quella delle greche colonie, che furono leultime, secondo afferma il nostro Diodoro781 a passare in Sicilia.

I popoli surriferiti anteriori avevano la loro religione, e tempi addettia’ peculiari loro numi, e quindi le immagini di essi rilevati in creta, inlegno, o in pietra; ma la creta fu indubitamente, come diceva il famoso sta-tuario Prassitele, la madre la quale partorì l’arte di fare la figura in legno,in marmo, in bronzo (1)782.

La fragilità della creta, suggerì l’idea di effigiare gli idoli in pietra, cherozzamente rappresentavano il nume riverito.

_________________________________

781 Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, V, 6, 5.782 A c. 294r nota in calce: “(1) Plin. Lib. 35 c. 45”. <Gaius Plinius Secundus, Naturalis historia,XXXV, 157 [=45]>. Plinio però fa riferimento a Pasiteles.

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Il p. Martini rapporta come meraviglia che nella China vedesi scolpitain una montagna un immensa figura e il p. Kircher che in altra avvi ritro-vato un gran dragone e in una terza una tigre (2)783.

L’antichissimo popolo siciliano che abitava784 i ricoveri scavati nellamontagna della valle d’Ispica scolpirono anche figure in una roccia, e sene trovano similmente in Acri, e in pietra calcare ad alto rilievo e di altaantichitàsono tre metope effigiate de’ tempi di Selinunte.

Abbiamo accennato nel precedente articolo i tempî vetustissimi anterio-ri all’epoca greca del dio Adrano di Venere Ericina di Nettuno di Vulcano eGalatea, delle dee madri di Cerere e Proserpina esistenti in Sicilia, alcuni de’quali come quello di Venere di maggiore antichità di Dedalo che visitòl’Isola nostra e fioriva 160 anni dopo il diluvio di Deucalione. …

Questi tempî aver doveano un ara ed una statua consistente in unamassa informe quadrata terminante in guaina e posteriormente in una testasuperiore rozzamente abbozzata che indicava il loro nume. Si sa dall’isto-ria che Dedalo fu il primo a staccare da quella massa le braccia dai fianchie le gambe e i piedi dal busto onde rappresentare meglio la figura umana.

Dall’opera di Dedalo quindi vuolsi stabilire l’uso in Sicilia di fare lestatue in quel modo, e così fu seguito da’ nostri artisti suoi scolari peralquanti secoli prima che le colonie greche qui migrate avessero perfezio-nato l’arte della scultura. Ci riferiscono gli storici che Diana antica divini-tà della Sicilia aveva culto e statua col titolo di Lia presso i Sicoli che necelebravano le feste, coi cori che ne alternavano i canti di lode e con unballo al suono della tibia (1)785.786

Architettura787 militare antica, e indi fondata nel medio evo in Sicilia

Aristotile attribuisce a ciclopi (creduti dagli eruditi quelli della secondarazza d’origine Pelasca) l’invenzione della fabbrica delle torri onde avver-_________________________________

783 A c. 294r nota in calce: “(2) Presso Goquet orig. T. 2: pag. 240 Parma 1802.” <Antoine-YvesGoguet, Dell’origine… cit.>784 Seguono cancellate le parole: “gli abituri”.785 A c. 294r nota a margine: “(1) Ateneo Lib. 14, C. 7”. <Athenaeus Naucratita, Deipnosophistae,XIV, 629e>.786 Segue, cancellato e sottosopra: “Palermo liIo qui sotto scritto certifico di aver prestato servizio qual Archeologo Segretario con voto dellaCommessione di Antichità e Belle Arti a norma del R. Decreto de’ 27 Aprile 1858 sia con gli scrittisulla materia, sia con gl’incarichi inerenti all’ufficio.L’Ufficiale di Dipartimento del R. Ministero destinato a far parte della Commessione di Antichità eBelle Arti colla qualità di Archeologo Segretario con voto”.787 Seguono, cancellate, le parole: “feudale e”.

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tire l’invasione di pirati e difendersi dalle loro rapine. Ecco la prima ideadell’architettura modernamente detta militare e nel medio evo feudale.

Le colonie sicane e sicole che precedettero le greche a passare inSicilia costruivano piccole città munite a guisa di fortezza per loro difesasulle vette della montagna.

La regia di Cocalo monarca sicano del Camico nel sito ove poi sorseAgraganti e Agrigento era un fortilizio al quale Dedalo aggiunse una stra-da stretta e serpeggiante ch’era difficile l’accesso al nemico, e agevole daipunti superiori la difesa. Queste città chiuse e fortificate site in alture perevitare le invasioni de’ pirati tirreni aveano nome cronii, quasi fossero statispeculate da Saturno a custodia degli uomini supponendosi d’essere eglistato abitator della Sicilia e quando erano a guisa di castelli furono ognu-na da’ Latini appellata Castrum.

788I Sicani, e i Sicoli e indi alcune popolazioni greche ne seguironol’esempio e i Saraceni e i Normanni e gli Svevi e Aragonesi costruironoimmensi, e solidissimi castelli molti de’ quali sono tuttavia esistenti sin nellaloro integrità sin ne’ loro avanzi: La nostra nobiltà feudale quand’era indisgusto co’ re, o temeva de’ vassalli si trincerava in essi co’ suoi sgerri [!].Federico II lo Svevo e Manfredi suo figlio favoriro più l’architura [!] di dife-sa, che la religiosa, e fabbricarono molti castelli nel regno di Sicilia e Napoli.

Domenico Lo Faso duca di Serradifalco scrisse egregiamente su lanostra architettura religiosa, e in parte civile dell’epoca greca e normanna;ma tralasciò questa789 difensiva e feudale di cui abbiamo tanti insignimonumenti che meriterebbero d’essere illustrati da qualche dotto militare.

Io ne accennero i principali.In Palermo

I castelli arabi con riforma ne’ tempi normanni uno detto della Cuba, el’altro della Zisa

Sulla vetta di Monreale il castellaccio forse fabbricato da Guglielmo 2il normanno

In CaccamoCastello magnifico dal Duca del secolo XIV

In TrapaniLa colombaia specie di castello chiuso

In MazzaraUn castello

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788 Precede, cancellata, la parola: “Alcune”.789 Segue cancellata la parola: “militare”.

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In SiracusaCastello Eurialo di epoca greca, e di Maniaci del XIII secolo

In MessinaLa cittadella, e altri castelli

In CataniaCastello

In MelazzoFortezza

In TerminiResti di antico castello con iscrizione araba

In MussomeliMagnifico castello dell’epoca de’ Chiaramonti del secolo XV possedu-

to dal principe di TrabiaIn Carini

Castello detto palazzo de’ principi di CariniIn Ribera

Il castello di Potigiano

Nel secoloVII si cominciavano dagli arabi le torri di avviso con fari afuoco prima idea di telegrafi per avvertire verso la sera se scorgeansi inmare legni sospetti. Queste torri nel littorale di Sicilia furo [!] nel secoloXVI e seguente ristorate, ed accresciute sino ad oltre trenta.

Nel secolo XVII prevalse l’uso di assicurare la nostra dalle depreda-zioni de’ pirati e invasioni nemiche co’ baluardi, e affidarli alle maestran-ze che sotto i rispettivi consoli istruivarsi [!] negli esercizii dell’artiglieria.Stabilissi dal Senato in Palermo una fonderia di cannoni, di obici, dicolombrine di bronzo per i bastioni ed ogni pretore nel suo governo nefacea a spese della città fondere alcuni ch’erano improntati coll’aquilapalermitana, l’anno e il nome del pretore. Tutti questi pezzi di artiglieriadopo la rivoluzione del 1820 trasportati dal Governo nella darsena diNapoli ove io li ho veduti.

Architettura in Sicilia Secolo XIX

Tommaso Zangari da Palermo morto di circa anni 76 in maggio 1864esercitò l’architettura nell’ultimo ventennio della sua vita.

Il celebre architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia e il di lui figlioEmmanuele l’adoperavano da principio ne calcoli delle loro relazioni

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per le790 fabriche da loro innalzate o riparate. La lunga dimestichezza co’medesime, e le dispute sull’arte che ogni sera ascoltava in casa del primogli fecero acquistare i principii e la pratica architettonica; talché alla loromorte elevossi ad architetto, e fu molto adoprato nella riparazione dellefabriche antiche e nelle controversie per incarico de’ magistrati godendoopinione di onesto e imparziale arbitro qual era.

Pochi nuovi edifizii innalzò. Mi è noto soltanto il prospetto e l’abbel-limento interno della chiesa di S.a Maria di Visita poveri in Palermo conpilastri dorici e ripartizione e cornice regolare.791

Architettura in Sicilia Secolo XIXVincenzo Di Martino792

Vincenzo Dimartino nacque in Palermo verso il 1790. Studiò le mate-matiche sotto il professore Domenico Marabitti nella nostra RegiaUniversità indi apprese l’architettura civile da Giuseppe VenanzioMarvuglia insigne professore di tal facoltà nell’anzidetta Università edivenne uno dei nostri migliori edificatori talché meritò di essere promos-so ad architetto dipartimentale della Direzione G.le di ponti e strade e fuincaricato da essa dei piani d’arte e delle costruzioni di varî ponti e diver-se strade principali di Sicilia.

Costruì uno dei caffeaus con cupolette nella villa Giulia e apprestò idisegni di svariate forme dei sepolcri onorarî degli uomini illustri nelcompartimento destinatovi nella medesima; ma l’opera che le reca mag-giori onori fu il progetto del nuovo carcere provinciale in Palermo pre-sentato al principe di Campofranco Luogotenente gen.le nel 1822 conuna sua memoria stampata in quell’anno pei tipi di Lorenzo Dato eseguite da una pianta esagona con gli estremi dei due lati d’ingresso pie-gati in linee dritte da formare un portico e un secondo esagono interno enel centro un edificio circolare per la cappella visibile da tutti i punti da’carcerati.

Questo carcere s’innalzava sopra un casamento di dieci palmi. Era_________________________________

790 Seguono cancellate le parole: “opere architettoni”.791 A c. 296v: “Al Sig. d. Agostino GalloSegretario archeologo con votopresso la Commissione di Antichitàe belle arti in Palermo”.792 Vincenzo Di Martino, architetto, nato a Palermo nel 1773 e ivi morto nel 1837.

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diviso in tre filoni con uno spazioso cortile interno scoverto e girato da unportico su cui erano sovrapposti due ordini di logge comprendenti alsecondo ed ultimo piano girando le stanze pei detenuti nella stessa figuraottagona.

Le sentinelle destinate alla custodia nella parte superiore seguir pote-vano a prima vista i movimenti dei prigionieri per evadere ed avvertirne ilcorpo di guardia del portico esterno.

Il sistema era dell’intero isolamento. Il DeMartino ebbe molti contra-sti sì per la scelta del locale da lui proposto rimpetto al castello per esseredifeso; ma il re Ferdinando 2° volle destinarvi il largo dell’Ucciardone esebbene fosse stato avvertito dal De Martino che quel sito era paludoso;ma il re l’interrogò se l’arte potesse vincere quella difficoltà per le fonda-menta; dissegli che l’avrebbe vinto quasi col raddoppiamento del prezzodella prima relazione in onze 30,900. Il re ostinossi per quel sito. IlDemartino cominciò quel sontuoso e immenso fabbricato; ma ne avevaappena costruito due lati che s’avvide che i palafitti non l’assicuaravanogiacché vi si manifestarono delle crepature, e sopravvenuto intanto il cho-lera del 1837 egli moriva col doppio cordoglio di non esser sicuro dellariuscita del suo edifizio e di non vederlo compiuto. Tutti gli architetti furo-no quindi adoprati e nessuno potè riparare alla mancanza di solidità per-ché la marea della sponda vicina penetrava sotto le fondamenta; talchél’edifizio restò incompiuto.

Secolo XVIII Architettura in SiciliaPennica architetto Siciliano

Nella mia numerosa collezione di disegni di figura, e architettoniciavvi fra gli altri quello d’una chiesa alta palma uno e 7 oncie, largo dal-l’estremità opposte delle cornici oncia 10 con lo scritto sopra a matitarossa: Pennica delineavit. Sotto avvi la scala di palmi in rosso con i nume-ri progressivi da 1 a 5 che costituirebbero l’altezza dell’edificio a palmi*** la larghezza a palmi ***. Manca la pianta e lo spaccato che forse erandelineati in altra carta. Il disegno del prospetto condotto ad acquarello nerocon diligenza, sapere artistico e grazia di pennello.

La facciata è a due ordini; oltre il campanile centrale quello inferioreha quattro pilastri corinzii che frammezzano due finestre e la porta di cen-tro con frontoni variati circolari e acuti. Essi pilastri sostengono l’architra-ve, il fregio e la cornice con mensolette. L’ordine superiori ha altri quattro

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pilastri ionici di minore altezza e larghezza e fiancheggiano tre finestrecon frontoni variati le quali son rilevate dal fondo cinto di fascette; quelladi centro è più grande. Esse son coronate dalla travatura reale corrispon-dente alla volta interna e in cornice senza mensoletta, e che appare piùsporgente dell’inferiore.

Sull’attico che a destra e a sinistra sostiene un vaso elevasi il campa-nile su quattro pilastrini toscani con vasi a due lati i quali pilastrini con-giunti in archetti, e i due esterni verso la base son decorati da volute e ne’vani interni han balaustre per parapetto di chi s’affaccia.

I due pilastrini del vano di mezzo destinato alla campana maggioresono sormontati da altri mezzi pilastri e dal frontone verso la cui estremi-tà vi sono due vasi, e in centro che si eleva avvi la croce, fra due vasi.

L’insieme dell’edificio è armonico, euritmico, leggiadro e variato negliordini ed ornato forse di troppo ne’ festoni di fiori delle finestre. Mi richia-ma lo stile dell’elegante prospetto della chiesa del monistero di Sales amezzo Morreale. Quel prospetto con più semplicità e con minor profusio-ne decorativa fu ideato dal celebre architetto Giuseppe VenanzioMarvuglia Palermitano verso la metà del secolo XVIII ed giudico che ilPennica autore del descritto disegno sia stato uno de’ tanti suoi scolari;però il suo nome non era a mia notizia né degli architetti attuali, troppogiovani invero. Chi sa quante altre opere egli fece in Palermo e nell’inter-no dell’isola nostra che sono rimase ignote per l’antica trascuranza de’Siciliani di non tener conto almeno delle opere pregevoli di arte, e dimigliori artisti.

Intorno a un monumento di arte e di archeologia del Messico

L’insigne professore di architettura Saverio Cavallaro da Palermo,dopo di essersi acquistata fama della sua scienza in Palermo, in Milanorecossi al Messico ove presso Tetzcuco essendo incaricato di un’operaidraulica e scavandone le fondamenta trovò un sepolcro a 14 metri di pro-fondità. Scoverchiatolo vi rinvenne uno scheletro, alla faccia coverta diuna maschera di basalto oscurissimo, la quale nell’esterno presenta unviso umano di figura quasi rotonda con piccola fronte, naso quasi schiac-ciato e occhi grandi a barchetta mezzo socchiusi con capelli circolarmen-te disposti a solchi come nelle figure delle metope di Selinunte e quasi nelcostume egiziano. Sotto il naso la maschera presenta un’apertura di quat-tro pollici, che mostra i labri e i denti sottoposti semiaperta. Dietro nella

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parte concava avvi per intero793 la replica di quella testa ornata bensì di unturbante triangolare con fiocchi negli orecchi col busto coverto di unacamicia a tre fasce fino quasi al pube con la destra sul petto e piè drittopiegato, il sinistro disteso794, e l’organo genitale femineo scoverto, laman795 manca impugna una specie di vaso aguzzo presso la quale avvi unaspecie di parizonio [!] con due else, e al lato opposto forse un istrumentodi una forma affatto nuova se pure puossi riconoscer tale. Tutta la figura èdi circa 9 pollici.

Sotto gli orecchi della maschera vi sono a destra e a sinistra due cer-chietti ciascuno di due pollici con un buco centrale.

Il Cavallaro giudicò quel monumento una maschera istoriata indican-te qualcuno degli Imperatori Messicani che erano, a suo avviso sacrifica-tori delle vittime umane perocché quando le immolavano coprivansi ilvolto con una maschera.

Veramente quel monumento sembra una maschera, ma io non so com-prendere come essendo di basalto di enorme peso si avesse potuto soste-nere sulla faccia umana. Credo piuttosto che a lasciar perenne memoria diquel sovrano se ne abbia imitato il volto e dietro nella parte concava rap-presentata la divinità propria dei Messicani; e non già quel sovranomostrando gli organi femminili. Pare che quel monumento imitasse lamaschera ma non fosse quella e piuttosto il ritratto del personaggio perlasciar nella tomba perpetua memoria delle sue sembianze nell’esterno enell’interno, della divinità che adorava la quale era in contatto col voltodello scheletro. Il Cavallaro assicura di essere uso gl’imperatori messica-ni di apporsi una maschera quando sacrificavano vittime umane. Sul pro-posito ho voluto consultare l’Istoria del Messico dalla quale ho ricavato leseguenti notizie

La città e il regno del Messico nei tempi antichi non ebbe imperato-ri ma re elettivi. L’origine dei popoli de l’Anantiac è tenebroso. Si è cre-duto che l’Asia avendo popolato l’America i Messicani provennero da’Mongoli come ha supposto il geografo Malte Brun796; ma è stato oppu-gnato da Klaproth797. Sembra bensì che i Toltequi siano i più vetustipopoli del Messico. Dal 667 sino al 1052 vi furono otto re. Una legge_________________________________

793 Seguono cancellate le parole “un’umile figura”.794 Seguono cancellate le parole “il busto coverto d’una specie di camicia fino al pube”.795 Segue cancellata la parola “sinistra”.796 Conrad Malte-Brun, pseudonimo del geografo danese Malte Conrad Bruun nato a Thisted nel1775, morto a Parigi nel 1826.797 Heinrich Julius Klaproth, orientalista, nato a Berlino nel 1783, morto a Parigi nel 1835.

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stabiliva il loro regno a 52 anni e se il principe non li compiva un con-siglio di nobili governava a nome di lui il periodo che rimaneva, e indisi veniva alla nuova elezione del sovrano. Undici di essi dominarono ilnord del Messico fino alla caduta dell’Impero nel 1521 cioè per 330anni. Fra gli ultimi monarchi vi fu Itzcoatl il quale morì nel 1436 a cuisuccesse Montezuma-Ilhuicamina, che cessò di vivere nel 1464 amatis-simo dai suoi popoli, al quale successe Axajacatl che spinse le sue con-quiste sino alle frontiere di Mechoacan e cessò di vivere nel 1477. Perbreve tempo regnò il suo fratello maggiore Tixoe e fu odiato cometiranno e avvelenato. Gli successe nel 1482 l’altro fratello, Ahuitzotl, ilquale innalzò un tempio famoso al sole che fu inaugurato col sacrificiodi più di 72 mila prigionieri secondo rapporta forse con esagerazionTorquemada. Quel furore sovrano terminò la vita nel 1502. Or quelritratto in forma di maschera ritrovato dal Cavallaro potrebbe rappre-sentare quest’ultimo furore sovrano del Messico per due ragioni – 1°perché i suoi delineamenti sono regolari secondo le forme messicane emostrano l’arte non già nel primitivo stato di rozzezza, ma di progres-so nel cominciamento del secolo XVI°, quando già la dominazione deiToltiqui vi aveva recato le usanze e le arti e gli Europei comunicavanocon quella regione e Carlo V si preparava a conquistarla. Il concavodella maschera a mio avviso non rappresenta un re sacrificatore; ma unmistero della sua religione. I Messicani secondo le relazioni degli auto-ri spagnuoli credevano a un solo dio supremo creatore e dominator del-l’universo da cui dipendevano tredici subalterni, ma grandi divinità epiù di 200 inferiori: I Messicani Aztequi onoravano in preferenza il diodella guerra Huitzilopotchli. Or io cerco di scorgere nel concavo dellamaschera l’imagine di quella divinità per gli emblemi guerrieri delParizoni [!]. Quei popoli ne recavano l’imagine quando guerreggiava-no, ma come spiegare che nella scultura delle maschere ha il sesso femi-neo e in contradizione i maschili testicoli? Si volle alludere forse che laguerra che reca la conquista e la pace genera successivamente l’abbon-danza e la prosperità quante volte con le armi si sappia sostenerla? Nonsappiamo come sottigliassero le strane fantasie di quei popoli barbari ei reconditi misteri di loro religione. In ogni modo come nell’istoria mes-sicana non ho incontrato regine guerriere e veggo altronde un emblemaguerresco devo supporre che non una sovrana e molto meno un sovra-no fosse ivi affigurato; ma una divinità bellicosa. Anche i Greci aveva-no oltre il dio Marte Pallade e Bellona sorella di Marte che gareggian-do con lui travagliava i campi di battaglie. Quella figura dietro la

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maschera poteva essere la Pallade o la Bellona de’ Messicani; ma nonmai rappresentare un re sacrificatore di vittime umane mostrando aper-tamente il sesso femminile.

Mi perdoni l’illustre architetto ed archeologo sig. Cavallaro, se m’op-pongo alla sua opinione. A lui deve pertanto l’antiquaria non solo per leultime scoverte in *** dei sepolcri istoriati e sparsi d’iscrizioni greche; mapure per averci recato quel monumento messicano singolare che dovrebbeacquistar l’Università di Palermo essendo forse più interessante e più rarodi quelli etruschi di recente comprati per il nostro Museo.

Architettura in Sicilia Secolo XIXGiuseppe798 de Martino799 da Palermo

Fu uno de’ primi scolari, e tra’ migliori di Giuseppe VenanzioMarvuglia. Riuscì nell’architettura grave e nell’arte dell’ingegneriaappartenne alla direzione di ponti, e strade come ingegnere primariocostruì solidamente varî ponti, e gli fe onore principalmente quello sulfiume Simeto, e sul Salso, e molte strade rotabili dell’isola nostra. Ingioventù avea edificato il bello cafeaus con volta, e colonne doricheall’ingresso nella villa Giulia con terrazzzo superiore. Negli ultimi annidella sua vita presentò un disegno ingegnoso pel carcere centrale cellu-lare di Palermo, di forma esagona combinato in modo che tutti i dete-nuti potevano ad un tempo sentir messa dalla finestra sporgente nellargo interno ove avea ideata la cappella resa visibile da tutti i punti convetrata: Quel suo disegno imitato e modificato dalle carceri di Americafu preferito agli altri. Il sito prescelto per la fabbrica era il giardino fuoriporta di S. Giorgio rimpetto il castello dal quale il carcere era tenuto insoggezione. Al re Ferdinando II non piacque quel sito, e credette desti-narvi quello dello Ciardone. Gli fe osservare il De Martino che quelloera un luogo paludoso. E bene rispose il re: l’arte può superare que-st’ostacolo? forse che sì replicò l’architetto, ma è d’uopo quasi raddop-piar la spesa di costruzione. Non importa, fatelo. Si cominciò la fabbri-ca, e co’ mezzi dell’arte sembrava si avesse vinto la difficoltà sino amettà del vasto edificio; ma poco dopo cominciò a screpolare sebbeneapparisse solidissimo. In quell’occasione si consultaron tutti gli archi-_________________________________

798 Precede, cancellata, la parola “Andrea”, sostituita con “Giuseppe”.799 Ma Vincenzo. Cfr. nota n. 792, p. 492.

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tetti prima di procedere all’ulteriore costruzione; ma l’acqua che dalvicino mare trapelava in quel sito consigliò ad abbandonar l’impresa, equella parte costruita, e riparata servì per carcere. Il De Martino accuo-rossi di non veder compiuta quell’opera dalla quale sperava la sua mag-gior gloria e sovvenuto in Palermo il colera-morbus del 1837 ne fu col-pito nell’età di anni 64 insieme ad una sua leggiadrissi [!] figlia pernome che esercitava la pittura con felice successo appresa in Roma.Ebbe pure un figlio per nome ***800 di facondo e pronto ingegno nel-l’invenzione architettinica [!] che pubblicò diversi suoi progetti, ed ese-gui a mia richiesta la macchina dell’arco trionfale innalzato nel tempiodi S. Domenico in Palermo nel trasferimento solenne dello scheletro delcelebre poeta Giovanni Meli.

Il giovane Di Martino allontanossi da Palermo per recarsi in Italia oaltrove né so se ancor sia vivente.

Artisti siciliani educati e vissutiin Roma e appartenenti all’Accademia

di S. Luca nell’anno 1773ricavati dal catalogo della medesimaannesso alla relazione del concorso

e dei premî de’ 27 aprile 1773 – Romaper il Casaletti.

Architetti nel secolo XVIII°<Francesco Nicoletti>

Fra gli ufficiali con la qualità di sottocustode a p. 59 e 61 appare ilcav. Francesco Nicoletti801 architetto, palermitano e anche con la quali-tà di fabriciere a pag. 60 forse intendesi di addetto alla fabbrica di S.Pietro. Ignoriamo quali opere di architettura abbia eseguito in Roma,ma certo era allora tenuto in considerazione in quella città, maestra edapprezzatrice degli uomini di merito, laonde ebbe grandi onorificinella detta Accademia. Ignoro se erasi mai recato in Palermo, suapatria._________________________________

800 Giuseppe Di Martino, architetto, attivo a Palermo fra il 1836 e il 1860. Cfr. Agostino Gallo,Biografia di Giovanni Meli da Palermo celebre poeta… Palermo, tipografia della vedova Solli,1857, p. 20.801 Francesco Nicoletti, architetto, pittore, nato a Trapani, morto a Roma nel 1776.

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Francesco Sabatini802

Palermitano

Nella indicata relazione appare a pag. 61 fra gli Accademici di meritoFrancesco Sabatini palermitano brigadiere degl’ingegneri e primo archi-tetto di S. Maestà cattolica. In quel tempo era in Roma Giuseppe VenanzioMarvuglia da Palermo per perfezionarsi nell’architettura in cui ritornandoin Sicilia divenne celebre, egli era amico del Sabatini.

Niccolò Puglia803

Architettura siciliana sec. XIX / 1865

Niccolò Puglia nacque in Palermo a *** da una onorata famiglia ditrafficanti che l’educò alle belle lettere, e alle matematiche nelle scuolegesuitiche, e conoscendo che riusciva in quest’ultima per l’indole suapacata e diligente lo affidò a Giuseppe Venanzio Marvuglia celebre archi-tetto che per la conformità del carattere ne fece il suo prediletto e miglio-re allievo e di lui fidava soltanto per sovrintedere alle nuove fabbriche chegli erano commesse. Dopo molti anni divenne il Puglia anch’egli abilearchitetto teoretico e pratico, e di gusto severo come il maestro; ma nonelevossi per acume d’ingegno sino a quello. Nulla di manco acquistò taleesercizio nella riparazione degli antichi edifizii, che in questo riguardogareggiava con lo stesso Marvuglia, e alla sua morte fu sempre con felicesuccesso a lui sostituito. E ne diè una prova di valore allorquando rottosiil capitello e il sottoposto rocchio di una colonna che sosteneva un arco asesto acuto della R. Cappella palatina in Palermo insigne monumento,ricco di musaici del secolo XII e seguente su cui gravitavano tre ordinisuperiori di corridori a volte reali, egli fra tutti gli architetti civili e milita-ri ch’erano spaventati del crollo minacciatone ne propose ed eseguì felice-mente la riparazione.

Egli era stato scelto pei suoi meriti architetto regio, altrimenti dettocamerale e tutti le opere del r. palazzo di città e della r. favorita, furono alui affidate dopo la morte di Marvuglia padre e del suo figlio Emmanueleche se non per dottrina ma pel genio artistico superava amendue. Pugliaper la sua conosciuta abilità ed esimia innovatezza divenne l’architetto di_________________________________

802 Per Francesco Sabatini cfr. Agostino Gallo, Notizie intorno agli architetti siciliani … cit., 147-148.803 Nicolò Puglia, architetto, nato a Palermo intorno al 1762 e ivi morto nel 1855.

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molte case nobilische del convento di S. Domenico, della chiesa di SanMatteo. In questa dispose con senno e gusto il cappello con colonne e belfrontone e le pareti coi pilastri di marmi di Sicilia bene scelti e armoniz-zati per le tinte.

Edificò di pianta la chiesa del collegio di Maria di Gisino804 con belprospetto di pilastri corinzia e regolare disposizione interna. Questa chie-sa è il più bel monumento del suo ingegno e della sua abilità artistica comeil cappellonedi S. Matteo del suo buon gusto.

Egli morì sopra l’ottantesimo anno venerato e stimato da tutti a ***marzo 1856.

Giuseppe Patania gli avea dipinto il ritratto a mezza figura con eviden-te somiglianza.

<Giambattista Vaccarino>

Dell’Abate Giambattista Vaccarino805 forse di Catania ove fu cano-nico e acquistò rinnomanza come architetto di molti grandi edifizii e di cuisi possiede il ritratto dipinto dal suo parente Abate Serenario, avvi una let-tera stampata nelle memorie per servire all’istoria letteraria di Sicilia(Palermo, per Bentivenga 1756 a pag. 20)806. In quella lettera diretta ad unsuo amico dal monte detto il Cassero di Castronuovo con la data di 15marzo 1756.

In quella lettera dà egli ragguaglio di alcuni bellissimi marmi coloratich’egli essendo incaricato dal re Ferdinando IV di Napoli e III di Siciliascelse per servire per le colonne della R. Cappella di Caserta807.

Architettura Siciliana Secolo XIXGiuseppe808 e Pasquale Patti809 da Palermo, padre e figlio

Giuseppe fu scolare del celebre Giuseppe Venanzio Marvuglia nell’ar-chitettura, ma gli rimase longo maximo intervallo distante per tardo inge-_________________________________

804 Leggasi: “Giusino”.805 Giovanni Battista Vaccarini, architetto, nato a Palermo nel 1702, morto a Milazzo nel 1768.806 Domenico Schiavo, Memorie… cit., v. I, pt. IV, p. 20-23.807 A c. 308v: “Al Signor Agostino Gallo”.808 Giuseppe Patti, architetto, nato a Partinico, attivo a Palermo nella prima metà del secolo XIX.809 Pasquale Patti, ingegnere, nato a Palermo, morto prima del 1860.

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gno e per arte. Però soccorse alla sua sussistenza principalmente con gl’in-carichi giudiziarii, essendo molto reputato per la sua onoratezza. Fu archi-tetto della r. chiesa, e commenda della Maggione a Palermo, e rimoderniz-zò anzi deformò quel tempio ch’era un bel monumento del secolo XIVlasciandovi parte dell’antico. Vi aggiunse un portico d’ordine doricopesante e goffo con triviali modonature.

Fu anche architetto della chiesa de’ pp. Francescani che pure era un belmonumento del secolo XIII come il mostra la porta centrale810 superstite el’ultima cappella vicina a sinistra entrando.

Essendo stata quella chiesa scossa dal tremuoto del 1823 nelle voltedelle tre navate tutte decorate de’ freschi del Novelli come pure gli spigo-li degli archi e nelle pareti con 4 quattri e con altro sulla porta maggioretutti relativi alla sacra storia di S. Francesco propose di abbattersi quellavolta e rimodernizzarsi tutta la chiesa e ne ottenne autorizzazione dalsuperiore P. Pietro Orlando. Per conservare quei bellissimi freschi avevoio interrogato l’insigne architetto Emmanuele Marvuglia che avea propo-sto di costringersi le volte esternamente con massosi delfini, e di spargersupra quella a larga mani calce e pozzolana liquida per modo che si attac-casse e formasse una massa più soda delle volte sottostanti a mattoni, ecosì si sarebbero conservate le dipinture del Novelli.

Quel progetto fu rispinto dal P. Orlandi. La chiesa fu tutta innovati, egli archi acuti senza il bisogno convertiti in circolari e destri [!] i dipinti disotto, e degli spigoli. Lasciò soltanto i quattro freschi alle due pareti dellenavi minori, e quello sull’interno della porta maggiore; ma quest’ultimopure era destinato ad atterrarsi volendosi costruire un grand’arco circolareper sostegno del muro patito superiore che avrebbe troncato a metà lesacre figure. Io persuasi l’architetto a sostituire invece un grande arcoscemo che avrebbe salvato il fresco rimanendo rasente all’estremità diesso fortunatamente ascoltò il mio consiglio e il quale rimase, e fu benristorato con la mia direzione dal sig.r Mazzarese. Salvai pure provocan-do gli ordini del Luogotenente Principe di Campofranco due freschi dellenavi minori, facendoli staccar dalle volte ch’ora si conservano nella r.Università di Palermo.

Di altri affreschi feci eseguire gli schizzi dal pittore Calogero DiBernardis811 che poi furono messi in bello stile a penna da GiuseppePatania e son da me posseduti. Giuseppe Patti morì a circa anni 70 verso_________________________________

810 Seguono cancellate le parole: “la sola superstite”.811 Calogero De Bernardis, pittore, nato a Palma di Montechiaro (AG) nel 1790, morto a Palermo nel1824.

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il 1846 ed ebbe un figlio per nome Pasquale che risultò miglior architettodel padre, dopo il suo ritorno da Roma, ove812 attinse il buon gusto813 nel-l’arte. Inventò e costruì un piccolo teatro in Trapani che fu lodato.

Dal Governo fu scelto direttore capo ingegnere di ponti e strade, e variutili progetti iniziato avea quando fu colto dal colera del 1854 in giovani-le età. Ebbe resi da’ suoi colleghi che lo amavano per la sua buona quali-tà e lo stimavano pel suo ingegno splendidi onori funebri nella chiesa diS. Matteo in Palermo.

Belle arti in Sicilia Secolo XVII

Filippo Iuara o Iuvare814 nato in Messina nel 1685 fu un genio straor-dinario o quasi ed un onnigeno artista. Apprese in patria con suo fratelloFrancesco gli elementi del disegno, giovinetto recossi in Palermo, ove fecemostra di se nella pittura, nell’architettura, e nell’incisione, come fan fedediverse sue stampe, da me vedute, ove son rappresentati scene, e apparec-chi di pubbliche feste di sua invenzione in quadri ed architettura da luiincisi, e finiti energicamente ad acquaforte.

Rimediando in parte alla sua povertà con i lucri fatti in Palermo, evolendo far fortuna in Roma con l’arte, e con l’abito sacro, che ivi procac-cia facili rapporti, e protezione vestì l’ecclesiastica divisa, e recossi col fra-tello nella capitale delle belle arti, e del Cristianesimo. Fra quelle ch’eglicoltivava, preferiva l’architettura, e quindi s’introdusse presso il celebreCarlo Fontana815 Comasco, non meno insigne architettore pe’ tempi suoiche scrittore della sua arte. Costui scorgendo i disegni del Iuvara dissegli:dimenticate quel sapete se volete profittar nel mio studio, ed egli lo ubidì,cominciando d’allora a disegnare le opere antiche, del maestro,dell’Algardi, e le migliori del Bernini. Procurossi intanto col suo ingegnola protezione del cardinale Ottoboni, che favoriva gli artisti, e i letterati, ilquale da prima l’adoperò in piccolo, ed elegante teatro per burattini, le cuiscene da lui dipinte, e inventate egli stesso incideva. L’introdusse posciapresso varii magnati che gli fecero eseguire alcuni edificj che gli acquista-rono reputazione di buono architetto; talché ne giunse il grido a Vittorio_________________________________

812 Segue cancellata la parola: “migliorò”.813 Segue cancellata la parola: “architettonico”.814 Vedi nota n. 318, p. 361.815 Carlo Fontana, architetto, scultore e ingegnere svizzero-italiano, nato a Rancate nel 1638, mortoa Roma nel 1714.

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Amedeo, duca di Savoia a cui nel 1713 era stata ceduta la Sicilia dallepotenze belligeranti pel trattato di Utrecht, fu il Iuvara da quel re chiamatoin Messina per edificargli ivi un palazzo, e rimaso contentissimo dal magni-fico disegno presentatogli, lo nominò suo primo architetto, e nel 1718 ilchiamò in Torino con provvisione annua di scudi 600.

Architettura in Sicilia Secolo XIX (1865)

Tra i migliori architti [!] che hanno operato in Palermo e altrove dopoil secondo scorcio del secolo XIX possono annoverarsi

<Carlo Falconieri>

Il Sig.r Carlo Falconieri816 da Messina, vivente nel 1865, e direttore delgenio civile in Firenze, il quale presentò col Sig.r Valenti napoletano, e ilSig.r Litterio Subba in Messina, pittore, un regolare ed elegante disegnopel teatro della sua patria. Io che li osservai tutti e tre credetti preferibilequello del Falconieri; non pertanto fu scelto quello del Valenti dal ministroSig.r Niccolò Santangelo napoletano e al Falconieri fu dato l’incaricodella esecuzione e della parte di decorazione e riuscì, nonostante alcunidifetti del concetto primitivo, assai gradito.

Prima avea il Falconieri ideato con bella invenzione e delineato edipinto a colore un gran progetto d’un immenso camposanto con variisacri edificii tutti di stili diversi per i differenti culti religiosi, i quali edi-fizii circondavano i moltiplici compartimenti del cimitero. Questo magni-fico progetto fu premiato nell’esposizione di Firenze, di Palermo817, diLondra e applaudito anche in Parigi e dovunque il Falconieri viaggiandonel suo esilio dopo il 1848 il presentò.

In Messina in quella rivoluzione avea con Subba818 le opere di difesa efortificazioni militari contro la famosa e formidabile cittadella che minac-ciava la rovina, onde amendue dovettero alla fatal restaurazioneBorbonica salvarsi con allontanarsi dalla patria._________________________________

816 Carlo Falconieri, architetto, nato a Messina nel 1809, morto nel 1891.817 Catalogo degli oggetti di Belle Arti esposti nella gran sala del Palazzo Senatorio di Palermo il dì30 maggio 1841, Palermo, Stamperia d’Antonio Muratori, 1841, n. 145-166.818 Letterio Subba, architetto, scultore, scenografo, pittore, nato a Messina nel 1787 e ivi morto nel1868.

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Il Falconieri eseguì anche di sua invenzione un bel teatro inAlessandria d’Italia che fu applaudito da molti giornali. Ha pubblicatosuccessivamente varie operette di belle arti che ora intende di riunire eriprodurre nella stampa in uno o più volumi.

Per sì svariati meriti artistici, e letterarii è stato promosso dal GovernoItaliano non solo all’onor di Cavalier Mauriziano, ma al grado di diretto-re del genio civile, e di recente a regolare e modificare in Firenze i grandiedifizj da servire al Governo nella nuova destizione [!] a capitale d’Italia,pel quale arduo incarico non pochi disturbi ha dovuto soffrire ad ognimenoma e imprescindibile alterazione dell’antico per ridurli a nuovi usi.

<Saverio Cavallaro>

Saverio Cavallaro819 da Palermo figlio di Cristofaro, mediocre architet-to ma buon matematico, studiò sotto il padre e il fratello maggioreDomenico, il quale era riguardato come un ornamentista di gusto nell’ad-dobbo di palazzi, nelle pubbliche e private feste, ed eseguì un sontuoso820

mausoleo nel gran tempio di S. Giuseppe in Palermo, in morte del Principedi Pantelleria, e non molto dopo anch’egli cessò di vivere in verde età.

Saverio avendo bene studiato i monumenti greco-sicoli, e i normanni edivenutone diliggentissimo disegnatore fu assoldato da Domenico Lo Fasoduca di Serradifalco per misurare delineargli e incidergli la collezione dique’ monumenti che accompagnar doveano le sue magnifiche opere con lecorrispondenti dotte illustrazioni architettoniche storiche e archeologiche.

Il Cavallaro821 poco dopo la pubblicazione dell’opera di Serradifalcoerasi recato in Germania ove si fè conoscere per un lavoro storico-criticoscritto in lingua tedesca sull’architettura del medio evo che incontrò ilpubblico favore. Ritornò indi in Palermo, e fu incaricato dal Governo delPrincipe di Satriano della riforma della cupola della nostra cattedralesecondo lo stile del medio evo che scorgesi nell’esterno, e sebbene esistes-se il modello in legno, e in incisione sullo stesso progetto, fattone da’ cele-bri architetti Giuseppe ed Emmanuele Marvuglia padre e figlio e non ese-guito; pure non si ritenne a presentare il suo di maggiore spesa per la sop-pressione del tamburo e per più complicati ornamenti in un rivestimento

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819 Vedi nota n. 523, p. 426.820 Segue cancellata la parola: “funerale”.821 Seguono cancellate le parole: “pria della restaurazione dopo il 1848 erasi”.

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che intendea fare all’attuale sveltissima cupola. Ma alla pur fine né iMarvuglia, né Cavallaro l’avrebbero a forma semisferica secondo lo stilearabo-normanno conforme all’esterno di tutto l’edificio.

Il Cavallaro bensì costruì secondo questo stile il prospetto della chiesadi S. Maria di Randazzo il cui interno appartiene al medio-evo. Per quel pro-spetto anche Emmanuele Marvuglia avea presentato un analogo disegno.

Il Cavallaro pe’ suoi meriti fu scelto professore di architettura decora-tiva nella R. Università di Palermo nel 1850 dal Luogotenente Principe diSatriano, e vi lesse un erudito discorso d’introduzione sull’architetturaarabo-normanna.

In quel tempo eseguì in Palermo a destra del giardino inglese pel sig.rMarino Sensale un palazzetto di stile arabo che fu riguardato come elegan-te e leggiadro.

Dopo circa due anni (ch’era professore in Palermo) al concorso fuchiamato dal governo tecnico in Milano col triplo del soldo di quellomeschino822 della nostra università. Vi si espose e risultò per la cattedra diarchitettura civile in quel liceo823. Le lodi date a quel governo odiato damilanesi nella prolusione gli attirarono molti nemici, talché adescato dalmaggior soldo del governo di New Iorck [!] recossi in America e vi rima-se circa quattro anni finché le agitazioni politiche non gli permisero direstarvi tranquillo e nel 1864 ritornò a Palermo, ove dal Governo italianofu scelto direttore degli scavi degli antichi monumenti, carica dipendentedalla Commissione di Antichità e belle arti col soldo onze 200. Egli sco-prì alcune colonne sotterra e un interessante greca iscrizione in un tempiodorico nell’antica Ortigia, ristorò il tempio di Segesta che si facea crederedall’architetto Basile di minacciare rovina. Vive nel 1865.

<Domenico Marvuglia>

Domenico Marvuglia824 da Palermo suo scolare e genero si è occupatolodevolmente dell’architettura moderna, secondo il gusto palladiano, escelto architetto in seconda della riforma e ingrandimento dell’antico ebrutto edifizio della zecca in Palermo, destinato ormai a varie officine delGoverno, egli operò da capo e ci ha dato il migliore e più elegante edifi-

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822 Seguono cancellate le parole: “di Palermo per professore”.823 Seguono cancellate le parole: “la stessa facoltà”.824 Domenico Marvuglia, architetto, nato a Palermo nel 1851.

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zio ne’ tempi nostri; ma ne fu rimunerato che sul residuale compimentodell’opera gli fu per intrighi altri sostituito.

Un altro edificio con bel prospetto e inferiori ben ordinate botteghe hariformato di conto d’un particolare rimpetto il palazzo del Principe diRoccella nell’antica strada Toledo ora corso Vittorio Emanuele. Vive nel1865 ed è di età circa di anni 40.

<Giuseppe Di Bartolo>

Giuseppe Di Bartoli825 di Terranova s’istruì nell’architettura forse inCatania, recossi in Palermo adulto, concorse826 e risultò per l’alunnato diarchitettura, e presentò un bel disegno colorato di sua invenzione per unauniversità e meritò il premio nell’esposizione delle belle arti827. Recossi indiin Roma, passò in Firenze, e in Venezia, ove eseguì a colore il prospetto delfamoso tempio di S. Marco, e lo spedì all’Università di Palermo e ne ripor-tò lode. Ritornato in patria eseguì di sua invenzione un palazzetto, trasferi-tosi in Palermo architettò il gran palazzo del sig.r Genuardi, a quattro ordi-ni incluso il pianterreno, che presenta una bella mappa; sebbene sia statoaccagionato di molti difetti dal suo superiore sig.r Basile a cui rispose inparte, scusandosi per alcuni difetti costretto dalla località, e in parte riget-tando le accuse. Questo palazzo si scorge grandeggiare a man destra fuoriporta Maqueda in Palermo nella via che conduce al giardino inglese.

Edificò parimenti un altro palazzo più piccolo per il medico sig.rCataliotti nella via che da porta Maqueda conduce a quella della porta diS. Giorgio. Scorgesi esso rivolto a mezzogiorno, ed è meglio ordinato diquello del Genuardi. Però le modonature mancano di eleganza, ed il por-tone d’ingresso è alquanto angusto nella larghezza.

Il Di Bartoli era facile e felice nell’invenzione ed aveva in vero la scin-tilla artistica; talché, se avesse più studiato le fabbriche del Palladio, sareb-be riuscito un architetto di prim’ordine, nulladimanco828 le sue opere cheho indicato, le sole grandiose che veggasi di lui in Palermo sono pregevo-li e particolarmente la seconda per l’effetto. Sebbene robusto di comples-_________________________________

825 Giuseppe Di Bartolo, architetto, nato a Gela nel 1815, morto nel 1865.826 Seguono cancellate le parole: “nell’esposizione delle belle arti, e riportò il premio per un grandisegno di architettura egregiamente colorato che fino adesso trovasi nella r.a Università. Eseguì”.827 Catalogo degli oggetti di Belle Arti esposte nel Palazzo Senatorio di Palermo il dì 30 maggio1853, Palermo, stamperia di Pietro Morvillo, 1853, p. 22, n. 113-122, p. 34, n. 177-188.828 Segue, cancellata, la parola: “queste”.

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sione nell’està del 1865 cominciò a smagrire e credette ricuperar la salutenell’aria migliore del Monistero di S. Martino sopra Monreale, ed ivi peg-giorò. Uditone la nuova, il di lui fratello, lo recò seco in Catania, ove morìsulla fine di Ottobre o ne’ primi giorni di novembre del 1865, toccandoappena l’età di anni 50 o poco più.

<Andrea Mirabile>

Fratello Mirabile da Palermo829 addetto all’ordine Filippino detto de’pp. Olivetani attese all’architettura da sé stesso e fu sempre adoperato daipp. del suo ordine religioso e anche dal B.ne *** per il prospetto e la rico-struzione di una parte del suo piccolo palazzo bruciatogli dalle truppe bor-boniche nel 1848830 e che si scorge fuori porta Maqueda a man sinistra,guardando oriente. Miglior mostra del suo ingegno fece egli nel granpalazzo del Duca di Saponara nella via che da porta Macqueda va a quel-la di S. Giorgio rivolto a mezzogiorno. Questo gran palazzo tutto di suainvenzione bene ordinato fu condotto fino al piano terreno ed è stato inter-rotto in quello superiore per la morte del Duca. Frate Mirabile vive nel1865 all’età di circa anni 60.

<Giuseppe Palermo>

Giuseppe Palermo831 da Palermo studiò l’architettura in patria forsesotto la direzione di Giuseppe e di Emmanuele Marvuglia figlio e riuscìpregevole nell’arte sua. Edificò la parte interna del palazzo del principe diCarini e decorò e benissimo il prospetto lasciato di rustico dal Marvuglia.Però quel palazzo fu saccheggiato, bruciato ed atterrato dalle bombe bor-boniche nella rivoluzione del 1848 nonostante che il principe di Carini eraministro all’estero di re Ferdinando 2°. Il nuovo prospetto di un caratterepiù mastino fu affidato ad altro architetto per nome ***.

Il Palermo con bella invenzione architettonica costruì la macchina di unportico circolare nella piazza Bologni per festeggiare l’arrivo di VittorioEmmanuele in Palermo. Egli vive nel 1865 all’età di circa anni 60._________________________________

829 Andrea Mirabile, laico filippino, attivo nel sec. XIX. Cfr. Ciro D’Arpa, Architettura e arte religio-sa a Palermo: il complesso degli Oratoriani all’Olivella, Palermo, Caracol, 2012, p. 79.830 Si intenda : “1860”.831 Giuseppe Saverio Palermo, ingegnere, attivo a Palermo nella prima metà del secolo XIX.

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<Giovanni Battista Filippo Basile>

Filippo Basile832 da Palermo professore di architettura decorativa nellanostra Regia Università si è molto occupato nella parte ornamentale ed hafatto eleganti disegni per le cancellate della gran fonte Pretoria e del giar-dino nella piazza Marina. Ha presentato il disegno della riforma dei pro-spetti dell’antico palazzo del Senato. Diresse nel tempo dellaLuogotenenza del principe di Satriano le opere del giardino inglese fuoriporta Macqueda e presentò il disegno di un tempietto sull’idea di quellofamoso di Tivoli aggiungendovi la parti andate in rovina. Edificò a mansinistra uscendo per porta felice un portichetto e le due ali della casa delDr. Filippo Santocanale; ma quest’opera non piacque sia per difetto delBasile o per l’influenza dello strano proprietario.

Basile si è mostrato abilissimo nel copiare a colori edifizî antichi che hapresentato all’esposizione di Palermo e di Firenze e sono stati bene accolti.

Vive nel 1865 all’età di circa anni quaranta. Scrive un giornale di belle arti.

<Agostino Castiglia>

Agostino Castiglia833 da Palermo è architetto saggio e di buon gustoaddetto al servizio municipale di Palermo. Nei prospetti ch’egli ha fatto invarie case ha mostrato regolarità, eleganza, e buon giudizio.

Eseguì nel gran tempio di S. Domenico la macchina funebre perFerdinando 2° imitando quella ideata da Emmanuele Marvuglia per MariaCarolina nel tempio gesuitico di Casa Professa.

<Carlo Giachery>

Carlo Giachery834 nato in Padova e recato ancor fanciullo da suo padrein Palermo ove fece il corso di studi e divenne buon matematico.

Nell’architettuar fu allievo di Antonio Gentile, il quale se lo istruì benein quella facoltà non potè ispirargli il suo buon gusto che attinto avea dalsuo grandi precettori Giuseppe Venanzio Marvuglia e dal suo figlioEmmanuele._________________________________

832 Giovanni Battista Filippo Basile, architetto, nato a Palermo nel 1825 e ivi morto nel 1891.833 Agostino Castiglia, architetto, nato a Palermo nel 1825, attivo ad Alcamo nel 1870.834 Carlo Giachery, architetto, nato a Padova nel 1812, morto a Palermo nel 1865.

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Il Giachery concorse per la cattedra di architettura nella nostra RegiaUniversità col Sig.r Caldara e per la tesi matematica lo superò e fu sceltoprofessore pria di architettura civile e indi nella statica.

Eseguì tutte le riforme e il prospetto del palazzo dei Ministeri e unabellissima scala835 interna a chiocciola ad imitazione di quella famosa ealtissima di fra Paolo Amato nel convento del Noviziato dei pp. Crociferipresso Porta dei Greci.

Eseguì la casina del cav. Vincenzo Florio negoziante all’Acqua Santa.Più i due edifizietti per uso di magazzini nel Reale Orto botanico che allatodi quelli elegantissimi di Giuseppe Marvuglia sembrano sgarbati e pesanti.

Eseguì di pianta il grande edifizio per l’ospizio di beneficenza dei pro-jetti adulti nel piano di S. Oliva nel quale sì per la parte della invenzioneche della costruzione molti difetti gli sono stati accaggionati.

Eseguì il gran prospetto della Regia Università e ne fu censurato edovea esserlo a fronte del magnifico disegno lasciato da GiuseppeMarvuglia ch’egli non volle adottare preferendo alla regolarità e semplici-tà il suo disordinato per la finestra superiore centrale più grande e quasiquadrata in rapporto alle altre e per i quattro balconacci ai due fianchi cheriformò, ma non migliorò da quelli antichi e che il Marvuglia avea toltointeramente per non interrompere la serie delle fenestre. Scemò d’altezzanotabile l’antico stillobate proporzionato. Tolse via le sottofasce cheingrandirono l’effetto di quelle superiori, con tutto che il Marvuglia avealasciato con buon giudizio. Vi appose superiormente in cima due pessimestatue di stucco Minerva e il genio della Sicilia che sembrava gobbo e cheil temporale del 1865 più giudiziosamente distrusse. Riempì i vuoti di duenicchie che fiancheggiavano la porta superiore del portico pesante costrui-to da Cavallaro in onta a quello elegantissimo dorico simile ideato e ini-ziato dal Marvuglia e distrutto per intrighi dei suoi nemici a dispetto deldeputato principe di Belmonte Giuseppe Ventimiglia caduto in disgraziaper ragion politica. In quelle opportunissime nicchie dovevano essere col-locate due statue di marmo come Pallade e la Sicilia.

Eseguì tutte le altre opere interne della R. Università di cui era archi-tetto e l’eseguì male e destrusse il buono antico, cioè la bella bibliotecaatterrandone la volta dipinta con bell’effetto da Olivio Sozzi836.

Fece il prospetto della sua Locanda nella piazza Marina in vari coloridiscordanti._________________________________

835 Seguono cancellate le parole: “ad ellissi”.836 Olivio Sozzi, pittore, nato a Catania nel 1690, morto a Ispica nel 1765.

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Il Giacheri comecché bene istruito nell’architettura che per molti anniprofessò, primo pure nella pratica poche volte ben corrispose alla scienza.Egli cessò di vivere di anni *** a *** Settembre 1865 come può scorger-si da un altro articolo da me scritto.

Architetti viventi nel 1865 Nov.e

Emmanuele Palermo837, da PalermoEmmanuele Palazzotto838 da Palermo dispose il prospetto e l’interno

delle RR. Segreterie del Ministero della Luogotenenza, e architetto ilpalazzo della finanza.

Rosario Torregrossa839

Giuseppe Damiani840 studiò l’architettura in Napoli. Ha eseguito bellis-simi progetti.

Marcantonio Fichera841 da Palermo d’anni 32 (1865) scolare diBenedetto842, e in Roma dell’architetto Cipolla, libero insegnante nellanostra Università. Eseguì il prospetto e l’interno degli appartamenti dellecase, e le botteghe del Cav. Spina nel corso Vittorio Emmanuele rimpettola chiesa di S. Matteo in Palermo, e la casa del negoziante Stagno vicino alCav.r Lello, e incaricato delle riforme esterne del tempio di S.ta Caterina.

Francesco Di Simone843 Palermitano scolare di844 Benedetto Verderame inarchitettura ha fatto mostra del suo bell’ingegno nell’archetura [!] edificandoil palazzetto dell’avvocato Catalano all’Olivuzza, e dell’altro a sinistra fuoriporta Macqueda pel barone Starrabba e per la casina del negoziante Di Stefanoe nel corrente anno 1865 pel gran palazzo in città del principe di Carini.

Michele Albeggiani845 da Palermo insigne professore di matematicanella R. Università di Palermo e direttore degli architetti comunali._________________________________

837 Emanuele Palermo, ingegnere, nato a Palermo tra il 1802 e il 1803, morto nel 1880.838 Emmanuele Palazzotto, architetto, nato a Palermo nel 1798 e ivi morto nel 1872.839 Rosario Torregrossa, architetto, nato a Palermo nel 1808, morto nel 1881.840 Giuseppe Damiani Almeyda, architetto, nato a Capua nel 1834, morto nel 1911.841 Marco Antonio Fichera, architetto, attivo a Palermo nel terzo quarto del secolo XIX.842 Benedetto Verderame, architetto palermitano, attivo nel sec. XIX.843 Francesco Enrico De Simone, architetto, attivo a Palermo nella seconda metà del secolo XIX.844 Seguono cancellate le parole: “dell’architetto”.845 Ma Giuseppe Albeggiani, matematico e ingegnere, nato nel 1818, morto a Palermo nel 1892.

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Michele Zappulla846 egregio matematico e professore della R.aUniversità di Palermo.

Francesco Moscuzza847 architetto comunale.Filippo Basile professore di architettura decorativa nella R.a

Università di Palermo ed architetto comunale.

Giuseppe Venanzio Marvuglia848 Palermitanoed Emmanuele Alessandro849 suo figlio celebri architetti

Giuseppe Venanzio nacque in Palermo nel 1729. Suo padre Simone eraabilissimo capo maestro che allora tenevan luogo di architetti e fra le altreopere costruì la magnifica cupola della chiesa di S. Giuseppe dei pp.Teatini in Palermo.

Il suo genitore dopo di averlo avviato nelle scuole dei pp. Gesuiti glife’ studiare le matematiche e i primi elementi di architettura sotto il cele-bre Nicolò Cento da Palermo (1)850 talché poté egli in breve dar lezioni pri-vate di quella scienza.

Migliore architetto del Cento era allora Fra Giacomo Amato crociferoche avea costruito la bella chiesa del suo ordine e quella del Monistero diS.ta Teresa presso porta dei Greci in Palermo, ed era stato inoltre invento-re del congegno per sospendire in aria le fabbriche onde rifarne le fonda-menta danneggiate.

Il Marvuglia adescato dalla maggior fama dell’Amato lo frequentò permeglio avviarsi nell’architettura; ma il di lui genitore scorgendo i talentidel figlio volle spedirlo in Roma per acquistar maggior perfezione nell’ar-te. Però l’architettura non era ancora ivi risorta al miglior gusto di sempli-cità ed eleganza.

Giuseppe Venanzio verso il 1770 era in Napoli, ove conobbe il celebrearchitetto Vanvitelli851 ed il suo insigne scolare Francesco Sabatini paler-

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846 Michele Zappulla, matematico e architetto, nato nel 1819, morto a Palermo nel 1875.847 Nel 1860 l’architetto Giovanni Moscuzza con Agostino Castiglia, G.B. Filippo Basile, FrancescoEnrico De Simone, Pietro Raineri e Rosario Torregrossa, viene chiamato dal Consiglio civico, gui-dato dal pretore Giulio Benso, duca di Verdura, a redigere un progetto di risanamento che “mettaPalermo al livello delle grandi città d’Europa”. 848 Giuseppe Venanzio Marvuglia, architetto, nato a Palermo nel 1729 e ivi morto nel 1814.849 Alessandro Emanuele Marvuglia, architetto, nato a Palermo nel 1773, morto nel 1845.850 A c. 319r nota in calce: “(1) Egli morì con fama di gran matematico non solo in Sicilia, ma inNapoli e di mediocre architetto nell’anno 1780 di età di anni 61”.851 Luigi Vanvitelli, architetto, nato a Napoli nel 1700, morto a Caserta nel 1773.

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mitano, ch’egli riguardò come suo maestro (1)852. Nel 1773 era già inRoma col Sabatini che forse vi si era recato per rivedere gli amici e i gran-di monumenti per ritornare subito in Ispagna al suo ufficio di brigadieredegl’ingegnieri e primo architetto di Sua Maestà Cattolica.

Il Sabatini l’invitò a portarsi seco in Ispagna ove gli avrebbe procura-to una onorevole collocazione; ma il Marvuglia volgeane pensiero di ritor-nare in Sicilia per riformare il cattivo gusto dell’architettura Lombardaallora ivi dominante.

Giunto in Roma il Marvuglia, cominciò a frequentare lo studio dell’ar-chitetto Carlo Marchionni853 ch’era intento per ordine di Pio VI a costruirla gran sagrestia di S. Pietro nel Vaticano secondo lo stile barocco propriodei tempi. Narravami il Marvuglia, che mettendo egli in confronto le bellefabbriche antiche con i disegni del suo nuovo maestro, gli disse un giorno:non so comprendere come voi e gli altri architetti viventi non imitiate lostile di tanti egregi monumenti che avete qui sotto gli occhi e quei glirispose sì son belli; ma non son buoni pei tempi nostri, in cui vuolsi darepiù graziosa movenza e più varietà e più ricercata decorazione alle fabbri-che. Marvuglia dopo quel giorno abbandonò il suo maestro; perocché bencapiva al paragone degli antichi edifizi di essere i nuovi di cattivo gusto,e d’allora diessi a studiare, a misurare e disegnare da sé i più bei monu-menti dell’antichità.

In quel tempo riferivami egli che stava per essere adescato all’amoreda una bella giovinetta romana che abitava presso di lui e temendo che lapassione lo distraesse dallo studio cangiò di soggiorno trasferendosi in unaltro quartiere.

Strinse amicizia bensì con un giovane inglese architetto il quale a suespese facea costruire dei palchi per misurare più esattamente e disegnaregli antichi edifizj. Il Marvuglia ne profittò per lo stesso oggetto e nel pros-simo concorso delle belle arti l’inglese ottenne il primo premio e l’altro ilsecondo in architettura. Dopo cinque o sei anni di dimora in Roma resti-tuissi a Palermo ove trovò in gran fama di architetto Gigante854 trapanese,il quale, a vero dire, era fecondo e pronto nell’invenzione, ma in parte_________________________________

852 A c. 319v nota in calce: “(1) Rilevo ciò dalla pianta di un ingegnoso edifizio circolare con quat-tro cartelle sporgenti ove sta scritto di carattere di Marvuglia di essergli stato donato al Nov. 1770dal suo maestro. Egli inoltre parlavami del Sabatini con sentimenti di grande ammirazione e ne aveaben ragione avendolo ammirato nelle opere che fece in Napoli e per fama in quelle di Spagna. IlSabatini è annunziato come palermitano brigadiere degl’ingegnieri e 1° architetto di S.M. Cattolicanella relazione del concorso dei premi di belle arti in Roma a 27 Aprile 1773 a pag. 61”.853 Carlo Marchionni, architetto e scultore, nato a Roma nel 1702, ivi morto nel 1786.854 Andrea Gigante, architetto, nato a Trapani nel 1731, morto a Palermo nel 1787.

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seguace della viziata scuola Lombarda. E prima fu affidata al nostroGiuseppe una casetta rimpetto il parlatorio del Cancelliere, ove non potémostrare il suo genio, e poi l’altare maggiore della chiesa dei Crociferi invia Macqueda e in seguito la casa del magistrato Dr Leone presso ilMonistero di Monte Vergine resa in forma regolare in parte da lui rifatta.Però desiderava ardentemente per far mostra del suo valor nell’arte dicostruire di pianta un nobile e grandioso edifizio, quando i PP. Filippini gliaffidarono il nuovo oratorio, destinato non solo alle funzioni chiesastiche,ma alla musica sacra, che pel loro particolare istituto devono coltivare.

Ivi penetrato di quell’idea costruì una gran volta e rese circolari ilvestibolo dell’ingresso ove collocò l’orchestra sostenuta da piccole colon-ne, e fé circolare similmente la cappella maggiore e divise poi la chiesacon due anditi laterali e con colonne joniche sostenenti l’architrave. Il tuttofu disposto in modo che la musica vi risuona mirabilmente e l’eleganza sìnella forma dei capitelli che nei cassettoni della volta e nelle modanatureè oltre ogni dire ammirevole; talché quello edifizio è il più bello e venu-sto monumento sacro moderno.

Il Gigante o altro invido architetto fé giungere ai pp. Filippini l’annun-zio che quella spaziosa e ardita volta dell’oratorio ancora in costruzione alprimo tremuoto sarebbe crollata.855 Atterriti i padri856 a tale avvertimento nereclamarono al Marvuglia, ed egli replicò loro: Io ve l’assicuro per 150anni e ne do in garanzia le mie case: essa sarà ferma per molti secoli e difatti alla scossa di molti tremuoti è rimasa tuttavia illesa senza alcuna fes-sura. Nel prospetto del detto oratorio, per l’incontro della strada al latosinistro dovette per necessità scegliere il partito di piegare857 quell’ala el’opposta il che non è invero conforme al buon gusto palladiesco ch’egliin preferenza seguiva; però quel prospetto ingegnoso è pur vago e beneornato con un lucernale sulla porta un angiolo sul frontone semicircolareal di sopra e due altre statue laterali.

Quest’edifizio fu il modello e la guida di tutti i maggiori architettipalermitani e fu ammirato e disegnato dal celebre architetto francese Mr.Dufuorny858 ch’era stato scelto dal viceré Caramanico a costruire l’edifizioprincipale del Real Orto botanico di Palermo.

Il Dufuorny volle conoscere il Marvuglia strinse seco lui amicizia edovendo lasciar Palermo ed appena iniziato l’edifizio dell’orto botanico_________________________________

855 Segue cancellata la parola: “Spaventati”.856 Seguono cancellate le parole: “da quell’annunzio se ne dolsero”.857 Seguono cancellate le parole: “le due ali”.858 León Dufourny, architetto, nato a Parigi nel 1754 e ivi morto nel 1818.

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propose al viceré il Marvuglia come il solo che fra gli architetti siciliani potes-se sui disegni che gli lasciava eseguir bene quell’opera e di fatti egli la compìadornando i due portici anteriore e posteriore di un modo palladiano elegan-tissimo e anche con le pitture del Velasquez e così pure la scuola interna.

Egli vi aggiunse poi di sua invenzione i due edifizietti minori lateralidi squisitissimo gusto uno detto calidario e l’altro tepidario, ed ebbe l’ac-corgimento di far trionfare quello più grande e centrale nonostante chequei due piccoli figurano come da loro stessi.

In quel tempo o poco pria sposò egli la signora Concetta Gallo elo rese successivamente padre di Emmanuele, Gaetano, Luigi e Costanzae cresciuto in fama divenne architetto delle principali case nobilesche diPalermo, della Regia Corte col titolo di Camerario e della Cattedrale diPalermo e del “Monistero di Sales” e dell’Albergo dei Poveri.

Per quest’ultimo oltre di averne ben ordinate le fabbriche internecostruì l’elegante e semplice chiesetta con ordine jonico con un piccolovestibolo suffulto da colonne e con altari framezzati da pilastri. Quellomaggiore splendidamente da lui disegnato non fu eseguito, ne la chiesa fuinteriormente adornata come avea divisato. Il prospetto bensì dello stessoordine interno offre linee e modanature regolarissime ed eleganti.

I padri benedettini di S. Martino ov’era l’antico loro cenobio che cre-desi fondato da S. Gregorio Magno insieme con altri cinque in Sicilia nechiesero al Marvuglia la riforma, perocché l’antico essendo distrutto daiSaraceni era stato ricostruito nei bassi tempi con informe architettura.

Nel 1763 cominciò egli la nuova fabbrica con tal magnificenza nelvestibolo, nella scala, nell’interno dei corridoi e delle stanze e nel beneornato prospetto e in parte nella chiesa che quell’edificio oltre la comodi-tà presenta un meraviglioso effetto e scienza architettonica ed è ammiratodai nazionali e dagli stranieri. E ben potea il Marvuglia mostrar in essotutto il suo genio ed il sapere perocché ricchissimi com’erano quei religio-si gli aprirono i loro tesori per gareggiare coi pp. Benedettini di Catania;laonde dopo il lavoro di molti anni859 fu compita nei corpi principali nel1774; ma non già in altri che dai860 religiosi e dal Marvuglia si volevanoaggiungere secondo un più vasto piano da lui ideato; nulladimanco la fab-brica fu prorogata fino al 1786 per compiersi la sontuosa e sorprendentescala di marmi variamente colorati ch’è reputata la più bella di Palermo,superiore di molto anche a quella del Real palazzo, perocché il Marvuglia_________________________________

859 Seguono cancellate le parole: “erasi quasi al suo compimento”.860 Segue cancellata la parola: “pp.”.

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avea fatto studî particolari sulla proporzione e congegno delle scale comeappresso vedremo.

Mentre egli attendea alle opere in S. Martino gli fu affidata la riedifi-cazione del palazzo del principe di Belmonte la riforma dell’altro del mar-chese Geraci in Palermo eseguite quasi contemporaneamente verso il1780. Nel palazzo del principe di Belmonte sfoggiò tutto tutto il suo genioe la maturità del suo sapere, perocché Giuseppe Ventimiglia che gliel’or-dinava benché giovinetto mostravasi ben istruito nelle arti liberali e inte-ramente si affidava allo insigne architetto.

Il prospetto con pilastri di ordine corinzio e i due interni vestibolisostenuti da colonne e la nobilissima scala e i bene distribuiti e decoratiappartamenti rendon quel palazzo una meraviglia dell’arte.

In quello del marchese Geraci non essendogli permesso d’innovare levolte troppo alte del primo piano dovette scegliere il partito di ornarne861

l’ingresso con colonne scanalate d’ordine toscano sopra alta base e il pro-spetto con ordine corintico, ma vi eseguì all’interno due spaziosi vestibo-li, uno dei quali destinato alle scuderie e l’altro alla scala marmorea deco-rata sontuosamente che conduce prima che alle stanze al superiore riposocon begli archi che formano un elegante loggia.

E siccome il Marvuglia guidato dal suo buon gusto in tutte le arti libe-rali sapea scegliere i migliori pittori e stuccatori di figura e d’ornato cosìl’uno e l’altro palazzo furono forniti nelle più eleganti decorazioni per lopiù di quelle raffaellesche del Vaticano e particolarmente quello diBelmonte a cui fu proposto il celebre pittor figurista Giuseppe Velasquezper i quadri istorici delle sopraporte che indi dall’erede del nuovo acquisi-tore del palazzo non si sa perché siano stati tolti.

Altri due palazzi intraprese in Palermo il nostro Giuseppe tra il 1785 eil 1788 quello cioè del palazzo del marchese Costantino su via Macquedae l’altro del principe di Carini in via Toledo.

Il primo è ammirevole per la bella simmetria e più pel vestibolo inter-no ornato di belle colonne d’ordine toscano con giudiziosa distribuzionedelle scuderie e per agiatissima e magnifica scala. Fu censurato ilMarvuglia di avere introdotto la novità delle basi rotonde alle colonne; maegli diceva che apponendovi le basi quadrate nel girar le corazze inciam-pando ne gli angoli avrebbe recato danno al proprietario ed era persuasoche in architettura l’utile e il comodo devono preferisi alla cieca imitazio-ne degli antichi._________________________________

861 Seguono cancellate le parole: “il prospetto”.

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Il palazzo del principe di Carini per bene iniziato ma non compito. Visi osservava un grand’arco circolare nell’ingresso e uno spazioso vestibo-lo interno con colonne d’ordine toscano. Il prospetto che secondo il suodisegno esser doveva imponente rimase862 incompiuto e fu eseguito sopraaltro disegno dopo la morte del Marvuglia dall’architetto EmmanuelePalermo. Ma il bombardamento del 1860 destrusse interamente quel gran-de edifizio ed ora si sta ricostruendo sotto la direzione dell’architetto.

Con un piano più vasto l’antico Duca di Villarosa ideò di costruire ilsuo palazzo fuori porta Macqueda e ne chiese il disegno ad un architettoin Roma e ne affidò l’esecuzione al Marvuglia che soltanto ne poté eleva-re il primo piano. Però quel duca o il suo successore commisero alMarvuglia di costruirgli un palazzetto in una loro deliziosa campagnapresso la Bagheria, e quello riuscì di sorprendente regolarità ed eleganza;talché gli stranieri amano ricavarne il disegno.

Era dolente il Marvuglia che nonostante ch’egli fosse l’architetto dellanostra cattedrale pure dovendosi rifabbricare l’antica crollante per vetustài ministri del re gli avevano suggerito di affidarne l’incarico a FerdinandoFuga863 architetto fiorentino che allora era al servizio di quella real corte.

Il Fuga presentò un disegno che non piacque alla Deputazione dellaCattedrale, nella quale intendentissimo di architettura reputavasi il princi-pe di S. Vincenzo, il quale vi rilevò che il nuovo tempio proponeasi d’in-nalzarsi sopra pilastri corinzi864 e che nel vano interno di comunicazionetra le due navi minori e la maggiore centrale avesse ideato di collocarvicolonne binate su cui appoggiavansi gli archi sottoposti all’architrave chetutto travolgevano e ingarbugliavano. Osservossi del pari che la nuovacupola proposta troppo spinta ed elevata secondo l’uso moderno e decora-ta di ordine corinzio era in aperta contraddizione e disarmonia con l’ester-no dell’edifizio che dovea rimanere dell’antico di stile arabo-normanno.

Intanto il principe di S. Vincenzo ordinato avea al Marvuglia di cui peresperienza conosceva il valore nell’arte un nuovo e più regolare disegnoche fu trasmesso a Napoli, ma quei ministri che proteggevano il Fugaindussero il re ad ostinarsi nel preferirne ed approvarne il disegno (1)865

_________________________________

862 Segue cancellata la parola: “appena”.863 Ferdinando Fuga, architetto, nato a Firenze nel 1699, morto a Roma nel 1781.864 Seguono cancellate le parole: “e nell’interno degli archi che con piccole colonne binate che sot-toposte all’architrave”.865 A c. 324v nota in calce: “(1) Di Chiara Discorso storico-critico sopra le chiese maggiori e catte-drali. Palermo, per Solli, 1825 pag. 28 e seg.ti” <Stefano Di Chiara, Discorso istorico-critico soprale chiese maggiori e cattedrali a Dio in questa città erette e dedicate sin da’ primi tempi del suo cri-stianesimo del canonico Stefano di Chiara. … Palermo, tipografia di F. Solli, 1825, p. 27-33>.

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Al Marvuglia fu soltanto commessa l’esecuzione del disegno del Fuga.Qui è da osservare che nel disegno del Marvuglia era proposto di

costruirsi nella porta postica della cattedrale una sala sepolcrale ornatadelle trentasei antiche colonne di granito ed ivi riporre doveansi i magni-fici sepolcri di porfido dei nostri re e sgombrarne le due cappelle dellachiesa.

Non potendo il Marvuglia far prevalere il suo disegno non fu però ser-vile nel mettere in opera quello del Fuga, perocché ostinossi per ragioni disolidità della cupola a non fare eseguire nei quatttro pilastroni sottostantile grandiose nicchie propostivi e miglioramenti notabili vi fece nel toglie-re al cornicioni le centinature e ridurre le parti ad eleganza le modanaturea miglior forma i capitelli corinzi di cui egli stesso in grande presentò idisegni e li fè modellare prima in gesso osservarne l’effetto; talché l’ese-cuzione delle parti riuscì del miglior gusto sebbene866 nell’insieme appari-sca difettosa per la dissonanza di stile dell’esterno con l’interno; laondesaggiamente scrive il conte Rezzonico che il Fuga in quell’opera aveamesso in fuga la retta ragione, e il buon gusto dell’architettura (1)867 quel-la riforma è ammirevole per riguardo alla decorazione ed esecuzione par-ziale. Un tentativo non so se nuovo; ma certo prodigioso, con fatica suc-cesso ardì allora il Marvuglia col malaugurato disegno del Fuga doveaatterrarsi l’antico magnifico portico meridionale aggiunto alla nostra cat-tedrale nell’epoca aragonese tutto scorpito [!] di sacre figure e di ornatisulla pietra dolce nel frontoni e sui due opposti pilastroni angolari. Siaccorse egli che le sculture erano su lastre sovrapposte alla sottostante fab-brica rustica.

Ordinò quindi all’abilissimo capomastro Patricola868 di numerare tuttiquei pezzi di staccarli diligentemente e i tre grandi archi acuti, e conser-varli, e abbattuto indi il grosso della vecchia fabbrica sottostante e rifatta-la più in avanti per ragion del nuovo disegno del Fuga, rimettervi gli archicolle antiche colonne, i pezzi intagliati sul frontone, e su’ pilastri. Il divi-samento ingegnoso del Marvuglia ebbe sì felice risaltamento che nessunoche nol sappia crederà che quel portico siesi avanzato conservando l’iden-tifica apparenza con le stesse sculture.

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866 Seguono cancellate le parole: “la nuova cattedrale”.867 A c. 325v nota in calce: “(1) Rezzonico Op. t. 5”. <Carlo Gastone della Torre di Rezzonico, Operedel cavaliere Carlo Castone conte della Torre di Rezzonico patrizio comasco raccolte e publicatedal professore Francesco Mocchetti, Como, presso lo stampatore provinciale Carlantonio Ostinelli,1815-1830, 10 v.>868 Giuseppe Patricola, capomastro della Real Casa attivo fra il XVIII e il XIX secolo.

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Si era dato cominciamento alla fabbrica interna del duomo nel febbra-jo del 1781 e solo fu aggiunto nel 1793, per sovrintendere a’ maestri, inaiuto del Marvuglia l’architetto Salvatore Attinelli869,870 ed ebbe compi-mento sul cadere del 1798. Riapertosi a’ sacri ufficj a 4 giugno 1801 conla solenne benedizione, il re Ferdinando III ch’allora era in Palermo volleosservare il nuovo duomo e scorgendolo discordante nello stile architetto-nico, arabo-normanno nell’esterno e corinzio nella cupola e nell’interno,disse a’ canonici, i quali l’accompagnavano che avevan fatto un arlecchi-no della loro cattedrale, ma l’insigne storico, e diplomatico canonico(2)871

Rosario Di Gregorio per difender l’onore del capitolo, e dell’architettoMarvuglia risposegli rispettosamente: che il disegno di Marvuglia giudi-cato migliore di quello del Fuga dalla Deputazione del duomo e dagliintelligenti e da canonici e inviato in Napoli al ministero non era statoaccolti, e preferito, ed approvato per disposizione sovrana l’altro del Fugache fu eseguito. Al che replicò S.M.: è questa una delle tante cose, chediconsi autorizzate da me, e di cui io non so nulla. Però egli sin d’alloradispose che almeno si fosse tolta la discordanza di stile fra la cupola e lealtre parti esterne del duomo riformandosi in conformità ma mancandoallora il denaro, ne fu differito il progetto e solo dopo la morte di lui ne fupresentato il disegno, e il gran modello dal suo figlio Emmanuele che glisuccesse nella carica di architetto del duomo; ma né pur questo per lo stes-so motivo fu eseguito e dopo alquanti anni fu riprotto [!] sfrontatamentecome suo da un altro architetto; nonostante che quel primo fosse inciso, ech’io possiedo.

Tempio degli dei Palici in Sicilia

Tra Castrogiovanni (l’antica Enna) e Siracusa presso Mineo, anticaManeo, campagna di Leontino, antiche città che il prode Ducezio re de’Sicoli riunì al suo dominio innalzavasi il famoso tempio degli Dei Palicicon la di cui denominazione quegli fabbricò sul colle una piccola cittàdetta da lui Palica or destrutta. Que’ numi credevasi di esser figli dellaninfa Italia, e di Giove, e siccome la madre temeva per ciò la vendetta_________________________________

869 Salvatore Attinelli, architetto, nato a Palermo nel 1736, morto nel 1802.870 Seguono cancellate le parole: “e fu terminata”.871 A c. 325v nota in calce: “(2) Ciò mi fu narrato dal mio celebre maestro in sagri canoni canonicoStefano Di Chiara ed è altronde riferito nel suo sovracitato discorso con diverse parole ma dello stes-so senso.”

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della gelosa Giunone, pregò la terra a nasconder li fanciullini nel suo seno.Essa li accolse ma poi li rimandò fuori adulti e furono adorati da quellevicine popolazioni sicole, e da esse fu loro innalzato un magnifico tempioin cui ricoveravansi i servi oppressi da’ padroni, co’ quali li riconciliava-no i sacerdoti minando loro la vendetta de’ Palici se li si offendessero. Iviprestavano giuramento quelli ch’erano incolpati di qualche delitto, e seasserivano il falso divenivano ciechi.

Il tempio era vicino ad un piccol lago detto anticamente de’ Palici oraNaftia; e presenta fenomeni straordinarii, perocché dal fondo s’aprono tre boc-che che caccian acqua calda torbida e puzzolente sulfurea e bituminosa permodo che l’armento che va bere e gli uccelli che vi volano sopra ne muoiono.

Il tempio era anteriore alla città di Palica costruita da Ducezio nel 3anno dell’olimpiade LXXXI (453 anni av. G.C.) Diodoro Sicolo nel Lib.11872 lo descrive e dice: che quel tempio era vantato sì per l’antichità cheper la reliora [!] venerazione. Soggiunge poi dopo di aver descritto i feno-mini fisici del lago di sopra accennati che quel tempio (esistente alla suaetà) era sito in amenissimo campo ed era degno della maestà de’ numi, eadorno con somma magnificenza di portici, e di atrii.

Macrobio873 citando Polemone su’ fiumi di Sicilia, ne descrive i ritireligiosi.

Dagli abitanti di quella contrada i fratelli Palici erano creduti dei indi-geni. In quel tempio vi era un oracolo che consultavasi nelle pubblicheemergenze. Sembra potersi dedurre da ciò che è riferito da *** che i piùantichi sacrificj fossero di vittime umane che poi furono abboliti, che queltempio sia stato da prima da’ fenici e cartaginesi, e che il feroce DioAdrano che lì ritenne più a lungo ne dividesse l’infame olocausto. Pareinoltre che quando Ducezio colle armi occupò tutto quel territorio abbiaproibito quegl’infami sacrifizj e adornato l’antico tempio di portici ed’atrii osservati posteriormente da Diodoro Sicolo874. In ogni qual tempioè uno de’ più vetusti che vanti l’architettura siciliana.

Monistero delle Stigmate

Giuseppe Venanzio Marvuglia Palermitano, architetto di gran rinno-manza che per i suoi ben ordinati edifizj e vieppiù per quello magnifi-_________________________________

872 Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, XI, 89.873 Ambrosius Aurelius Theodosius Macrobius, Saturnalia, V, 19, [26]-[29].874 Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, XI, 89, 8.

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co del sacro oratorio de P. Filippini meritato avea di essere ascritto alloImperiale Istituto di Francia e ad altre primarie accademie di Europa,erasi con lungo studio di minuta osservazione della migliore costruzio-ne delle scale che in Palermo scorgeva trascurato. E dopo alquanti annicompì un’opera di piccola mole bensì ma interessante per lo scopo diapprestar norme agli architetti per tessere scale875. Ei le distinse in tremaniere: quelle di gran lusso e comodità pe’ palazzi, di media decora-zione e comodità e di quella possibile quante volte la località non lapermettesse di maggiore agiatezza; ma pur non incomode: Quelle scaledi gran lusso e comodissime che furon da lui costruite sono quelle delMonistero delle Stimmate, l’altra pel palazzo Geraci, pel R. palazzo, esoprattutto la magnifica de’ PP. Benedettini di S. Martino, di mediacomodità e pendenza la scala della casa della marchesa Ardizzone inToledo di recente acquistata dal negoziante Pace. Le prime quattro sonmotivo notissimo di architettura, come l’opera su questo riguardo con-siderata come classica meritò d’essere per intero inserita in quella delMilizia (1)876

Premessa questa notizia scendiamo all’oggetto che ci siamo propostidi trattare.

Poiché sconsigliatamente e senza positiva urgenza essendosi sceltop***.

Architettura Secolo XIXGiovanni Ferraiuolo877 da PalermoMorto di anni 74 nel 1837 di colera

Assistendo da calcolatore della relazione di fabbriche il celebre archi-tetto Giuseppe Venanzio Marvuglia apprese la pratica dell’architettura econ lo studio i buoni principii, e diè ad esercitar l’architettura.

Dal suo parente Procopio figlio del famoso modellatore in istuccoGiacomo Serpotta appreso avea pure quell’arte, e le professava entrambe._________________________________

875 Giuseppe Venanzio Marvuglia, L’architetto vendicato agl’imperiti editori ad istanza del signorDomenico Marabitti professore di matematica nella Real Accademia di Palermo, In Palermo, dallastamperia del Solli, 1798.876 Manca la nota dell’A. Francesco Milizia Principii di architettura civile. Edizione arricchita dinote e aggiunte importantissime, Bologna, dalla tipografia Cardinali e Frulli, 1827-1828, v. 2, p. 98,nota (a).877 Giovanni Firriolo (o Ferriolo o Ferraiolo), appartenente ad una famiglia di stuccatori imparentaticoi Serpotta e attivi fra il XVIII e il XIX secolo.

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Sue opere di architettura in PalermoIl palazzo del duca di Caccamo di piantaIl palazzo del principe Ettore Pignatelli di piantaIl prospetto del palazzo degli eredi del presidente Arcuri con bello bas-

sorilievo in stucco rappresenta con putti le belle artiCome architto [!] fu regolare nella forma e nelle modonature; ma

il suo stile rifugge dal grande inclina al piccolo, e all’eleganza palla-diana.

Nel modellare in stucco ornati, e figure benché sentisse alquantodel barocco del Procopio Serpotta suo maestro pure mostrossi miglio-re artista di quello, e nell’invenzione, e grazia dei putti è pregevoleartista.

Architettura Sec. XIXElezione di sopranumeri Architetti Camerali Em. Marvuglia, Patti,

Puglia

Il Re cui è stato dato conto della rappresentanza di cotestoTribunale del R.l Patrimonio del di 1° di questo mese, con cui fa lanomina dell’Architetto Cam.le della R.C. vacato per la morte di D.nNiccola Anito, sospendendo la elezione dell’Ingegniere Camerale pro-prietario, elegge per sopranumerarj D.n Alessandro Emm.leMarvuglia, D.n Giuseppe Patti, e D.n Nicolò Puglia, per indi in propor-zione del merito che si faranno eleggere il proprietario, e senza di chedia loro alcun dritto, l’ordine con cui sono stati ora nominati. Lo chequesta Real Segreteria di Stato, Casa Reale, Azienda e Commercio nelRè, Nome partecipa a V.S. per sua intelligenza, ed uso, che convengaall’adempimento.

Palazzo li 27 Maggio 1806.Orazio Ant.o CappelliÈ copia dell’originale R.l Dispaccio, che si trova registrato in uno dei

registri conservati nell’Archivio di questa Real Segreteria di Stato,Azienda e Casa Reale

Lo che certifico io infrascritto Off.le, Archivario, che sono della mede-sima, oggi in Palermo 14 giugno 1806

Domenico Camardelli Schifano878

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878 A c. 333v: “Nomina degli Ingegneri Camerali”.

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Architettura – matematicae meccanica in Sicilia nel secolo XVII°

Agatino Daidone

Agatino Daidone879 nacque in Calascibetta a 5 febbraio 1662 ed eleva-tosi oltre alla folla degli ordinari architetti divenne intendentissimo di cosefisiche e matematiche. Sciogliea egli con facilità e forze con l’ajuto del-l’algebra i più difficili problemi dell’aritmetica, stampò di prospettiva, edegli ordini di architettura; e conseguì il nobile ed ingegnoso pensamentodi comparare l’architettura ad una delle arti sorelle, cioè a dire alla musi-ca. Recitò di fatto a 29 aprile del 1722 nell’Accademia dei geniali un beldiscorso; in cui si tolse a dimostrare e con la teorica e con la pratica lamedesimità delle regole che l’architettura legano alla musica e questa aquella. Al sapere congiungea nella sua mente e nella sua fantasia quella taldisposizione che alti ci rende ad imaginare macchine e strumenti mecca-nici. Guidato dalle sue conoscenze nell’ottica venne costruendo un occhioartifiziale, in cui l’origine mostravasi degli ordinari difetti del nostro vede-re: bellissimo macchinamento che adorna oggi i gabinetti di fisica. Maquel ch’è più, pensando e ripensando al famoso problema di Archimedesul furto della corona di Gerone, non si tenne pago né dei pensamenti delnostro Odierna né di quelli del Galileo, e imaginò una novella bilanciaidrostatica. Questa ei chiamò idrolibra, e gli venne fatto di costruirla cosìdelicata, che giungea a scoprire la 96ma parte di lega che per caso fosse inuna massa di oro fino a quella eguale di un doblone. Allorché mandò fuoriquesto strumento e la sua dichiarazione nel 1720 il barone de Schmettauche dimorava allora in Palermo, l’accolse con ammirazione incredibile.Ne diede subito notizia al principe Eugenio in Vienna e questi la divulgòin Germania e in Inghilterra. Il suo idrolibra, scrivea al Daidone loSchmettau con lettera 18 febbrajo 1722, il suo idrolibra fu la meraviglia ditutta la Germania ed ancora è stato mandato in Inghilterra a milord Forbeyadmirante e fu solennissamente [!] approvato. Si trova insomma nel nostroDaidone e teoria e pratica, e sapere e macchine e strumenti; e perciò verae soda scienza.

Il Daidone morì a 10 gennaio 1724 e meritò un elogio biografico diGaetano Giardina nell’Accademia dei Geniali di Palermo a cui appartene-va, e che conservasi manoscritto nella libreria del Comune di Palermo e

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879 Agatino Daidone, architetto e matematico, nato a Calascibetta nel 1662, morto a Palermo nel1724.

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questo articolo scientifico sul primo volume del prospetto della storia let-teraria di Sicilia del celebre Domenico Scinà a pag. 108 fino a 110 (1)880.

Il Daidone forse fu il primo che delineò la carta geografica della Siciliache corre stampata. Ma nonostante che fosse gran matematico e che cono-scesse il metodo dei triangoli per ottenere un esatto risultamento per man-canza di mezzi propri non essendo dal governo soccorso poté presentarneun abozzo nell’insieme e nelle parti e per ragion di risparmio la incise eglistesso. In ogni modo ha il merito in questo riguardo di aver precedutoquella delineata e incisa col metodo scientifico in gran dimenzione dagliufficiali del Genio, da cui si sono ricavate tutte le altre e nonostante chesia la migliore dicevami il celebre matematico ed astronomo p. GiuseppePiazzi che non era esatta, e conveniva che il governo ne ordinasse unamigliore. Difatti aveva egli presentato il modello del primo triangolo cheservir doveva di base e d’inizio a tutti gli altri. Ma quel lavoro rimase insolo progetto.

Al Daidone è attribuito il famoso ponte in un grand’arco della corda*** che si eleva a Capo d’Arso vicino Caltanissetta. Questo immensoponte diè origine a quel motto per le meraviglie di Sicilia: un ponte unmonte (l’Etna) un fonte (quello di Aretusa).

Per accertare se veramente sia opera del Daidone ho scritto ai mieiamici in Caltanissetta, onde ottenerne l’antica iscrizione, la quale portal’anno 1556 sotto il regno di Carlo V° e il viceré Giovanni de Vega.Quell’anno non corrisponde invero al tempo in cui visse il Daidone; ma latradizione che gliel’attribuisce è costante presso i naturali di Caltanissetta.Potrebbe supporsi che il Daidone abbia rifatto l’antico ch’era stato costrui-to da Carlo V e il Vega, e vi fu lasciata la primitiva iscrizione ad onor diquell’imperatore e del suo viceré Vega.

L’altro magnifico ponte ad un solo arco della corda881 *** è certo operaammirevole del Daidone sebbene del primo e del secondo non è facilel’accesso alle carrozze, ma solo ai pedestri e agli uomini a cavallo ed oraprolungandone la scarpa si sono resi praticabili amendue alle carrozze.

Io ho diligentemente osservato il secondo dalla sommità e sembrom-mi opera stupenda di architettura che ha resistito all’impatto del gorgo-gliante e grosso fiume invernale e al tempo per circa due secoli. Esso fucostruito nell’anno ***._________________________________

880 A c. 334v nota a margine: “(1) Fin qui lo Scinà” <Domenico Scinà, Prospetto della storia letter-aria di Sicilia nel secolo decimottavo. Volume primo[-terzo], In Palermo, presso Lorenzo Dato, [poi]dalla Tipografia reale di guerra, 1824-1827, v. 1, p. 108-110>.881 Si tratta del ponte San Leonardo a Termini costruito nel 1721.

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Non sappiamo quali altre opere grandiose di architettura e di meccani-ca abbia fatto il Daidone nella sua non breve vita essendo reputato il piùgrande architetto del suo secolo.

Aggiunta all’articolo dello Scinà fattavi da Agostino Gallo.

Signor D. Agostino nostro padre.

Ecco quanto ella desiderava in quanto al ponte di Capodarso. La tardan-za non è stata mia, ho aspettato il ritorno di un certo Rettuga incongniere [!]del continente il quale tenea il disegno del proggetto di detto ponte ove dallostesso mi ho scritto ieri l’altro al suo ufficio le parole della lapide che contie-ne detto ponte, più mi ho scritto ancora per maggiore sua delucitazione i nomie i cognomi di chi fece il progetto, chi sono stati gli architetti e chi sono statil’esecutori di detto in altra mia lettera riceverà chi furono gli architetti dellaprima invenzione, e più il disegno dal disegno antico ed il moderno ancora,cioè dal contare dal 1.5.56 sino al 1854 detto ponte vi si potea passare concavallo, oggi per questo nuovo disegno si è reso carrozzabbile e quindi pertale commodità si ha aperto la strada carrozzabbile per la via di Piazza e quasiun’intera commodità di questa provincia, riceverà ancora la larghezza e l’al-tezza di detto ponte, per ora accetti le parole della lapide scritta.

de Carolo V Imperatori882

Hispaniarum et utriusa [!] Sicila [!] rege, Joannes Vega Proreae ad iti-neratium [!] commoditatem Achatem fluvium ponte publica impensacostructo decoravit M.D.L.V.I.

qui siculos retit [!] pur [!] nos Vega morte subegit ipse superba jugumferre IV fluminabat.

31.otto 1864.Suo parenti Ignazio Schiavo

Architettura in Sicilia Secolo XVII (1624)

Rinvenutesi in un antro del monte Pellegrino, antico Ercta, vicino a_________________________________

882 Il testo in latino presenta diverse scorrettezze.

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settentrione di Palermo le ossa di S.ta Rosalia da un certo Vito Amodeosuo devoto nel maggio del 1624 mentre più infieriva la peste in questacittà, e recatesi indi quelle sante reliquie per tutte le strade della medesi-ma col minorar l’intensità del contaggio, e con cessar poscia eccitarsi nonche nè Palermitani ma in tutte le altre popolazioni di Sicilia fervidissimala devozione, e generale il culto per quella Santa.

Nel comune di S.to Stefano era antica tradizione di avere abitato priache nel Pellegrino la vergine romita Rosalia in una caverna della prossimaQuisquina detta monte delle rose per la quantità di quei fiori ch’ivi nasco-no spontanei, e che diceasi di essere di proprietà de’ un Sinibaldi padre diquella Santa.

Nell’anno indicato furono da quel municipio chiamati da PalermoSimone Trapiano, e Francesco Bongiono883 l’uno architetto, e l’altro capo-maestro a fabbricarvi il convento e il tempio di S. Domenico. Essi col con-corso di molti manovali impresero quelli edifizio secondo il gusto giàdeclinato del cinquecento che già cominciato aveva a viziarsi col baroc-chismo del secento.

Spinti intanto que’ due artisti dal fervore religioso per S.ta Rosalia ten-tarono di scoprire la grotta nel cuore del monte ove la tradizione afferma-va di essersi ricoverata la Santa. E di fatti riuscì loro di staccar un immen-so masso che copriva la bocca dell’antro, e penetratovi rinvennero nell’in-terno rozzamente scolpita sulla pietra la seguente iscrizione con una croce:Ego Rosalia Sinibaldi Quisquina, et Rosarum Domini filia amore D.ni meiJesu Cristi in hoc antro abitari decrevi.

Rieccitatasi vieppiù l’ardenza di quel popolo verso la Santa vi fu subi-to su quel luogo da sudetti artisti una cappella e indi una chiesa che fu ter-minata nel 1630.

In seguito nel 1690 Francesco Scasso mercadante Genove v’innalzò aproprie spese un romitaggio, e riuniti altri tre compagni vi si racchiuse, ecosì altri successivamente per coltivar quella chiesa ad essi affidata.

Architettura militare Secolo XIV in Sicilia

Le macchine da guerra appartengono all’architettura militare la qualenel medio evo pria dell’invenzione della polvere traea vantaggio dallameccanica in cui in tutti i tempi si sono segnalati i Siciani [!]; e basta ricor-_________________________________

883 Intendasi: “Bongiorno”.

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dare il grande Archimede. A costui si attribuiva tra gli altri ritrovati diavere inventata una macchina per lanciare massi grossissimi contro iromani che assediavano Siracusa sua patria.

Di quella macchina ne’ secoli successivi o sen’era perduta l’idea dellacostruzione o rimaneva incerto e oscuro il congno [!].

Sotto Pietro II d’Aragona verso il 1340 un certo Demarco siciliano neinventò una che produceva lo stesso effetto dell’antica e fu adoperata consuccesso dal comandante Blasco di Alagona, quando per ordine del rePietro attaccò la piazza di Lentini ove erasi rifugiato il ribelle, e prepoten-te barone Ruggiero Passaneto. Con quella macchina gli era stato primalanciato un immenso sasso; mentre egli era sulla vedetta del suo castello,e poco mancò di essere stritolato.

Di Blasi Stor. di Sicilia t. 2 p. 543884

Maschera istoriata di basalto oscurissimo trovata dal professore SaverioCavallari presso Tetzcuco nel Messico in un sepolcro a metri 14 di profon-dità nel mentre scavava le fondazioni di opera idraulica dallo stesso diretta.

La maschera copriva la faccia di uno scheletro.N.B. Gli Imperatori Messicani ch’erano i sagrificatori delle vittime

umane, allorche sagrificavano si cuoprivano il volto con una maschera.

Artisti sicilianiOrnamentisti

Marcione d’IppolitoGioacchino Cocchiara885

Carmelo OsnausBenedetto Cotardi e figli886

Il padre fu napoletano

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884 Giovanni Evangelista Di Blasi Gambacorta, Storia del Regno di Sicilia dall’epoca oscura e favo-losa sino al 1774. Seguita da un’appendice sino alla fine del secolo XVIII, Palermo, dalla StamperiaOretea, 1844-1847, v. 2, p. 523.885 Gioacchino Cocchiara, pittore, allievo di Vincenzo Riolo, attivo nella prima metà del sec. XIX.886 Benedetto Cotardi, pittore napoletano, attivo a Palermo fra il 1775 e il 1818; i figli Stefano,Salvatore, Francesco, Angelo, Antonio e Pietro, tutti pittori, furono attivi a Palermo nella prima metàdel sec. XIX. Cfr. Agostino Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti … cit., p. 136,168, 234, 395, 396.

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Giulio Bonomo morto nel 1837*** Gioia887 napoletano

Marcantonio Fichera d’anni 32 Pal.no scolare di Benedetto Verderamee in Roma di Cipolla prof.re Libero insegnante nell’Univers ***. Di anni34888 fece la casa di Spina rimpetto S.n Matteo, e la casa di Stagno vicinoal Castelo ed è incaricato della gradinata della chiesa di s. Caterina

Giuseppe Damiano studiò in Napoli. Ha fatto bellissimi progetti.Francesco Di Simone scolare di Verderame. Palazzetto di Starraba,

casina di Di Stefano, Palazzo Carini

Nell’opera le solennità lugubri e liete per morte di Filippo IV re diSicilia, e poi l’ascenzione al trono del successore opera di GirolamoMadranga: Palermo, per Colicchi 1666 vi è un bel frontispizio con duefame, e lo stemma reale egregiamente inciso con la scritta Pauli AmatoPan. delin. et sculpsit, in altro gran rame del Mausoleo magnifico sta scrit-to Paolo Amato archit. inven. et delineavit.

Tardia

Giuseppe Di Bartoli889 di Terranova di anni 54 circa morì in Catania ne’primi giorni di novembre 1865 Era buono architetto. Edificò il palazzoGenuardi fuori porta Macqueda.

Sculture le più antiche che si scorgono nella roccia della valle d’Ispica,ed altre nella roccia di un monte in Palazzolo.

Barisano da Trani890 fece lo stemma normanno e le imposte di bronzonel fianco settentrionale del duomo di Monreale891

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887 Vedi nota n. 32, p. 295.888 Nota inserita a margine.889 Giuseppe Di Bartolo, architetto, nato a Terranova di Sicilia (attuale Gela) nel 1815, morto nel 1865.890 Barisano da Trani, fonditore in bronzo, seconda metà del secolo XII.891 A c. 347v biglietto a stampa del Reale Istituto d’Incoraggiamento di Agricoltura Arti e Manifattureper la Sicilia con avviso di assemblea per il giorno 15 aprile 1855.

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Scritti riguardanti MeliPel funerale di Meli

Nello scegliersi da S Em il giorno del funerale del Meli convien tenerpresente che pei preparativi non può aver luogo pria del 14 Maggio; e chefino al 22 dello stesso mese per rito della chiesa non sono permessi fune-rali. Si potrebbe quindi eseguir quello dal giorno 23 sino al 25 maggio,essendovi nei giorni prossimi anche impedimento per le feste del CorpusDomini.

Il suicidioIdilio verseggiato

Il suicidioMelibeo e Tirsi

Tir Pastor ti veggo di recente piantoGli aridi solchi in viso? Or quale affannoTi preme il cor: forse (che il tolga il cielo)Smarristi mai nel bosco delle quercieQualche vitella, o di tue capre alcunaÈ morta al parto?

Meli Nò: ben altra è inveroLa cagion del mio duol: muore una capraSi perde una vitella, e puoi bentostoAltra acquistarne e compensare il danno:Ma una volta si perde un caro amicoE non si acquista più

Tir Dunque perdesti Qualche amico pastor di questa amenaContrada, o Melibeo? E chi mai fia?

Meli E tu solo tra tutti ignori o TirsiL’amaro caso del sensibil MisiDel più buon tra i pastor, del più leggiadroAmor di tutti i cori, e delle Muse!

Tir Aimè (qual nuova luttuosa acerbaMi desti omai) E ver ch’io di sua strettaAmistà non godea, ma chi pur poco

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Conoscerlo poteva e non amarlo:E come e quando è morto Misi. Il luttoNarrami orsu.

Mel Tirsi è possibil fiaChe tu solo fra noi non sappi ancoraCiò che il core di tutti occupa omaiE stranieri pastori e del contado!

Tir Già corsero due lune, e quattro AuroreCh’io lasciaj questo suolo, alla feraceSecara andando da un pastor mio amicoCol quale un cambio pattuito avevaDi animali lanuti: I capri mieiSai ch’eran vecchi e fiacchi, e le mie capreDi razza pervertita E sai ch’invanoSe ne cerca miglior fra i nostri greggiOve tutte son smilze ed infecondeE al contagio soggette. Entro al mio ovilePicone avea però grasse e fecondePer bianche lane ed abbondante latteA nessun altre pari, io quindi offersiAll’amico di dar sei grasse pecoreDi due invero o di tre e averne in cambioDieci giovani capre ed un caproneIl più gagliardo e fervido maritoChe nel mio gregge avea: ei condisceseE fatto il cambio, in amichevol modoCome si suole fra persone onesteOrmai ritorno alle native spiaggieColle mie nuove capre. Or su mi narraDel giovinetto Misi il caso acerboChé io voglio pianger teco; il pianto è dolceQuando è tributo d’Amistà sinceraA virtuoso cor. Così potessiAnch’io sperar da qualche ciglio amicoPietosa lacrimetta allor che il braccioDella crudele mietitrice avrammiNella tomba sospinto a la mia polveA quella mista de’ miei padri

Mel I buoni

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Il deggiono sperare e tu sei buono!Tu sai che il biondo Misi ardea d’amorePer la vaga Lesbina a Eraclio figlia

Tir Non mi è ignoto il suo amor, anzi io medesmoUn giorno me ne accorsi assiso standoIn sulla rupe che sovrasta alteraAlla valle del lupo. Ivi strajatoMisi il gregge guardava, allor che vidiLesbina presso a me tirar dall’altoDue rosse poma al pastorel gentileE messa fra il desio d’esser892 vedutaSporgere il volto e quindi avvilupparsiEntro alle fronde del carrubbio anticoChe toccan quasi il suolo, Misi scoprillaE a cantar cominciò così leggiadraCanzonetta d’amor, che il gregge istessoVolgendo il muso dall’erboso passoGli corse in grembo, e qual lambiagli i piediQuale il mento e le mani.

Mel Lesbina adunqueCorrisponder sembrava alle premureDel pastore gentile, anzi l’amava,Né si videro mai per qualche tempoAnime più felici innamorateNé cuor più uniti. Appena l’alba amicaColle dita di rose apriva il cielo,Che lasciando il tuguro il pastorelloI primi fiori raccogliendo andava,E formandone serti alla capannaL’intrecciava di lei. Pria che alla seraA casa ella guidasse i polli d’indiaRitrovar le facea dietro dell’uscioButirosa ricotta, o vaga cesta,Dei primi frutti colmeggiante, o d’uvaVermiglia o moscatella. Essa all’incontroOr vago cappellin di fina paglia,Or farsetto gentil di bianca lana

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892 Segue, cancellata, la parola: “scoverta”.

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Dalle sue proprie man tessuto all’agoRegalava al pastor. Così passaroIn reciproco affetto il corso interoDi due inverni e tre età: Ma tu ben saiCosa è la donna, e che è per lei gran sforzoDi due inverni la fe.

Tir Ognun conosceChe il cor di donna è più incostante e stranoDei venti dell’autunno, e se taloraPer qualche tempo è fido, è men per sceltaChe perché manca di novello amante, o di opportunità.

Mel Appunto avvenneDi Lesbina così finché sugli occhiNon ebbe un altro adorator fu fidaAl suo pastor; ma venne appena EginoStraniero a stabilirsi in questo suolo,Che cominciando a civettar con lui,Misi dimenticava a poco a poco, Ma né ardita era tanto a confessargliLa sua novella fiamma, né sagaceA saperla velar. Però faceaQual tortorella che il rapace corvoDal proprio nido allontanar volendoPer non scoprirlo il lascia; ma inaccortaIntorno vi si aggira infin che predaResta alla stessa dei crudeli artigliNé salva i893 figli pargoletti894 e ignudiSebben cieco d’amor gli occhi e e la menteMisi s’era avveduto a chiari segniChe più non possedea di Lesbia il coreE spesso con rampogne o con preghiereO con atti benignie affettuosiCercava a guadagnarsi il prisco affetto:Inutil’opra; ché di donna il coreMai non si arrende per amor per preghi

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893 Segue, cancellata, la parola: “nudi”.894 Segue, cancellata, la parola: “ancora”.

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Per pietade o ragion, ma sol per lieveIstinto di capriccio: Ella frattantoSfuggia d’Egino apertamente i sguardiQuando non la tradiva il proprio cuoreNon sfuggiva però le occulte tracceDel tristo seduttor, e se talora In solinga il vedea rimata parteL’orme ne raggiungea, e in dolci accentiSeco si tratteneva. Un giorno appuntoIn colloquj graditi erano insiemeAnzi895 l’ispido rovo che divideIl prato di Menalca e di LeandroMisi adocchiolli: Eh che puo mai celarsiInfida donna di geloso amanteAll’occhio indagator: Ei li seguioE mosse astutamente il lieve passoDietro al folto roveto, e quatto e chetoStava tutto a sentire ivi appiattatoEi ahi! che intese, quali896 crudi accentiE li laceraro il core a brani a brani:All’acceso pastor Lesbia promiseSegreto abboccamento in sulla seraEntro al paterno campo, ove d’anticoDiruto albergo le solinghe muraSorgon muscose: Intese il tutto: e incertoOr non crede al suo orecchio, or s’abbandonaAlla truce credenza e smaniosoFreme e piange di rabbia e labbia e maniMordersi infin che gli odiosi oggettiSi divisero ed ei partirsi ancoraDi lagrime897 inaffiando i fiori e l’erbaChe incontrava per via,898 e in cor sentendoUn inferno crudel ma in suo pensieroStabile e fermo d’osservar la seraCoi proprj lumi l’affannosa scena

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895 Precede, cancellata, la parola: “Dietro” sostituita da “Anzi”.896 Seguono, cancellate, le parole: “atroci detti”.897 Segue, cancellata, la parola: “bagnando”.898 Seguono, cancellate, le parole: “ma fermo”.

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Tir Oh perfida donzella, o veramenteMalvaggia volpe: Essa tranquilla in coreTradia due amanti, e la paterna fede

Mel Fra sospetti crudeli il giorno intesoMisi passò desiderando ognoraSpuntò il raggio febeo, ma non si tostoPregar lo vide d’anfitride in senoChe gemette d’affanno, e il suo desioMaledisce più volte al suo propositoPerò non cede e volge entro la morteCome meglio scoprir non visto affattoL’infame tresca. D’un vitello estintoRossiccia pelle conservava; in essaDi avvolgersi pensò ed un sonaglio899

Attaccarsi alla gola, e armato il fiancoDi un acuto pugnal in questa guisaAl prato si recò dell’infedeleE al suol carpone, dell’errante armentoGiovin prole900 passa che ruminavaL’erba del giorno in placido riposo901

Nereggiava la sera e cupo il cieloEra vedovo d’astri. Il delio lumeLanguido e scemo per gli eterei campiSolingo viaggiava, e coscio quasiDi tanto orror le902 ruggiadose corna fra le nubbi sommerse; allor che MisiVide prima avanzarsi a lento passoLa proterva donzella e quindi Aminta che fra le903 sparse frasche incerto il piedeMovendo né di lei accorto ancoraColle labbia congiunte un lieve formaSibilo esplorator e ne riceveVoce d’amor che gli dicea “Mio bene,Non con tale desir corre alla fonte

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899 Seguono, cancellate, le parole: “si fe pendere dal collo”.900 Segue, cancellata, la parola: “sembrava”.901 Seguono, cancellate, le parole: “già imbruniva”.902 Segue, cancellata, la parola: “luce”.903 Segue, cancellata, la parola: “secche”.

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Cerva anelante sotto il sole estivoChe lungo ora per boschi e per dirupiAssetata vagò come gli amantiCorsero avidamente e in un sol puntoBraccia a braccia intrecciaro e petti a pettiSi strinsero e baciarsi, a tanta vistaMisi morde904 il terren, versa velenoDalla spumosa bocca e un pel di morteScorrer s’intese per le vene e il core,Che il moto gli inceppò della personaMa a poco si converse in lava ardenteDi zolfi, e vive fiamme e in più balzandoE svellendo ogn’impaccio, urlò qual toroCui l’acciaro fatal scenda sul colloE gli monca la vita, e furibondoEmpj grida morrete ambi morreteE si dicendo nella man gelosaAgitava il pugnal. Aminta inteseL’orrenda voce, e più che lepre vileAlla fuga affidò la sua salvezza:Ascoltolla Lesbina, e qual905 caprajoChe assiso in mezzo dello stanco greggeVidesi al fianco scoppiare il tuonoE svenne semivivo in simil modoTutta sentì, l’infida entro dell’almaPiombar l’amata voce, e i spirti e i sensi Rapirle a un punto e tramazzarla al suoloCorre Misi su lei, e già vibravaIl truce colpo, ma in un tratto AmoreIl ciglio sbenda a Gelosia furenteE l’oggetto esacrato gli appresentaDebole inerme con soave accentoDomandargli pietà. Tentenna il braccioEd or l’incalza una segreta furiaOr lo respinge Amore; in tanta lottaDelirante ed incerto a mille a mille

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904 Seguono, cancellate, le parole: “la terra”.905 Segue, cancellata, la parola: “pastore”.

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Dal profondo del cor svolse i sospiriE mal pietoso altrui a se crudeleScosse tre volte la feroce puntaE la quarta Ahi, l’immerse entro al suo pettoE rovescion cadeo, cruda dicendoLesbina tu mi uccidi, io t’amo ancora!

Tir Oh spettacolo atroce, o infida donnaO ardente affetto!906 O generoso amante!O adorabil pastor!

Mel Passando a casoPer la contigua via Ernesto e LicoSentirono di Misi i mesti laiE occorrendo ben tosto in sulle bracciaAl tuguro il recar sebbene il colpoEra mortal pur di due soli il corsoIn singollo di vita, ma TaliscoChe dell’erbe conosce ogni virtudeDisse ch’erano vane all’aspra piagaE che l’arte perdeva ogni suo sforzoIncontro alla natura, onde in non graviA mancar cominciò e alfin fra il piantoE i dolci d’amistade estremi baciTranquillamente, e senza pur sentirloMisi spirò, siccome il sol nascenteIn giornata invernal cui fanno assaltoFiera procella ed aggruppate nubbiChe ne spegnono i raggi, ond’ei sen muore.E ne geme natura.

Tir O vago MisiDunque moristi, ed io fra tutti il soloNon ti strinsi al mio seno, e il puro bacioD’amistà non ti diei, e il caro addio.

Mel Tutti i buoni pastor di questa terraGli fer cerchio al ferètro in man tenendoRamoscel di cipresso a passi lentiFino all’avello accompagnorlo in pianto,E chi per via rammemorava un suo

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906 Seguono, cancellate, le parole: “di sincero”.

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leggiadro detto, chi di sue virtudiqualche nobile tratto: Egli sdrajato sopra la pelle d’una estinta tigreDormir sembrava, e intorno al volto aveaL’alma serenità che mostra il cieloDopo feroce e tempestosa notte;quasi in emblema del suo cor portavacandidi gigli nell’accolte palme:di bianche rose, e verdeggianti mirtiIl corpo cinto aveva: e in questo modoDai pastor fu recato al sacro avelloSpargendo per la via fior di ginestraE fogliame di cedro. In bel declivoSotto concava rupe ove fra i vepriE le frasce congiunte i vaghi nidiSi fan le tortorelle ivi inalzataGli fu semplice tomba, a cui da cantoPiantaro un sacro alloro, e un mirto ombrosoChe intrecciando compagni i verdi ramiSpargon resco tranquillo. Il vecchio AlceoPiu che altri amoroso a Misi diedeL’ultimo amplesso, e con divota manoGli chiuse le palpebre e questi scrisseLugubri versi sul sacrato sasso:Misi affetto di ognun, gentil pastoreCaro alle Muse in questa tomba giace,Vittima atroce di un fatale amoreO tu che passi digli requie e pace

Tir Deh mi addita il sepolcro, o MelibeoCh’ancor vogl’io all’anima beataPrei e voti offerire e una ghirlandaAppender di ligustri e di violeSopra l’urna fatal.

Mel Meco ne vieni,nella pietade è dolce aver compagni.Tu mentre i fior sospenderai sull’urnaDi colma tazza di spumoso latteSpargerò nuovamente, e qualche stillaDal ciglio verserò di amico pianto.

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Estemporanea di Giovanni Meli

Si a lu Conti fori dittu di tia SuluLi novi musi vasanu la manuTu duvrissi vararicci907

Un poetastro *** alla presenza di Meli improvisò che le Musi bacia-vano la mani al conte Castelli e Meli rispose: È in servizio.

nella parte […] sotto

Gli emblemi sarannoUna fistola pastoralecon sette cannecon lo scritto buccolicacinta da una coronadi mirto.Per poesia liricaUna lira cinta dauna corona di mirto e rose con lo scritto lirica

Due trombe piccoleche s’intersecanocon lo scritto epica romanzescae una corona di alloro

_______Due tirsi che s’incrocicchiano con lo scrittoSatira moralecon corona di quercia

______Nella parte superioreUn serpe intrecciato ad un bastone rusticocon una corona di erbe

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907 Segue, cerchiato: “lululu”.

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Emblemi da dipingersi a chiaro-scuro nella macchinadi gloria dell’Ab.e Meli innalzato in S. Domenico

Nel primo quadrato a destra della macchina alla parte superiore perindicar la chimica vi sarà dipinta a chiaro-scuro una donna con vesteall’arabesca per indicare che quella scienza fu principalmente dagli arabicoltivata. Essa si scorgerà in atto di osservare una storta sopra un fornel-lo. Vicino vi saran dipinti vasettini. Sotto si leggerà Chimica.

Altro basso rilievo a chiaro-scuro nell’altro quadrato superiore a sini-stra. Una donna di avanzata età appogiata ad un nodoso bastone al qualesarà attorcigliato un serpe. Vicino si scorgerà un gallo. Sotto si scriveràMedicina. Al lato si vedrà una donna che scrive sopra una tavoletta conuno stilo ed avrà sotto gli occhi alcune piante. Porterà lo scritto Botanica.

Negli otto vani oblunghi collocati tra le fasce dell’edifizio.Nel primo vano a destra si vedrà una fistola pastorale con sette canne

decrescenti cinta da una corona di Mirto. Sotto si leggerà Buccolica.Nell’altro vano successivo sarà dipinta una lira nella cui base si legge-

rà Anacreonte a Meli. E sarà cinta di una corona di mirto e rose. La scrit-ta sarà Lirica.

Nell’altro vano successivo si scorgeranno due piccole trombe che siintersecano con lo scritto Epica Romanzesca. Una corona di alloro si vol-gerà attorno.

Nell’altro vano si vedranno due Tirsi che s’incrocicchiano cinti da unacorona di quercia. Lo scritto sarà Satira Morale.

Nell’altro vano si vedrà la testa di una donna coverta da una masche-ra col capo radiato, cinta da una corona di fiori. Con lo scritto sotto FavolaMorale.

In un altro vano si scorgerà un sole radiante cinto da una corona dimirto e da alloro. Con lo scritto splende qual Sole.

Nell’altro successivo un serpe in forma circolare con lo scrittoPerennità di fama.

Nell’altro vano una falce spezzata con lo scritto Vince il tempo, e unacorona di alloro attorno.

Iscrizione da collocarsi sulla porta maggiore della Chiesa di S.Domenico. Essa sarà posta in centro ad una cortina intrecciata di vellutorosso e nero e cinta da una grande ghirlanda d’alloro.

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Iscrizione________

La patriaPartecipe alle glorie immortali

diGiovanni Meli Palermitano

Dopo trentotto anniQuesto pubblico omaggio

riconoscenteGli rende_______

Cittadini908

Onorate l’altissimo Poeta. ____________________

IscrizioneDa collocarsi nella base ove sarà posto il busto di Meli superiormente

alla macchina di gloria.

Joan: MeliSemper honos nomenque tuum laudesque manebunt

Virg.909 Eneid.Vir simplex et rectus ac timens Deum

Iob. c. 1

Emblemi da dipingersi a chiaro-scuro nella macchina di gloria dell’Ab.e Meli

innalzato in S. Domenico.

Nel primo quadrato a destra della macchina alla parte superiore perindicar la chimica vi sarà dipinta a chiaro-scuro una donna con vesteall’Arabesca per indicare che quella scienza fu principalmente dagli arabicoltivata. Essa si scorgerà in atto di osservare una storta sopra un fornel-lo. Vicino vi saran dipinti vasettini. Sotto si leggerà Chimica.

Altro basso rilievo a chiaro-scuro nell’altro quadrato superiore a sini-_________________________________

908 Seguono, cancellate, le parole: “Pregate pace all’anima benedetta e”.909 Seguono, cancellate, le parole: “in Herc.”

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stra. Una donna di avanzata età appogiata ad un nodoso bastone al qualesarà attorcigliato un serpe. Vicino si scorgerà un gallo. Sotto si scriveràMedicina. Al lato si vedrà una donna che scrive910 sopra una tavoletta conuno stilo ed avrà sotto gli occhi alcune piante. Porterà lo scritto Botanica.

Negli otto vani oblunghi collocati tra le fascie degli edifizo. [!]Nel primo vano a destra si vedrà una fistola pastorale con sette canne

decrescenti cinta da una corona di Mirto. Sotto si leggerà Buccolica.Nell’altro vano successivo sarà dipinta una lira nella cui base si legge-

rà Anacreonte a Meli. E sarà cinta di una corona di mirto e rose. La scrit-ta sarà Lirica.

Nell’altro vano successivo si scorgeranno due piccole trombe che siintersecano con lo scritto Epica Romanzesca. Una corona di allora si vol-gerà attorno.

Nell’altro vano si vedranno due Tirsi che s’incrocicchiano cinti da unacorona di quercia. Lo scritto sarà Satira Morale.

Nell’altro vano si ve<d>rà la testa di una donna coverta da bellamaschera col capo radiato, cinta da una corona di fiori. Con lo scrittosotto911 Favola Morale.912

In un altro vano si scorgerà un sole radiante cinto da una corona dimirto e da alloro. Con lo scritto splende qual Sole.

Nell’altro successivo un serpe in forma circolare con lo scrittoPerennità di fama.

Nell’altro vano una falce spezzata con lo scritto vince il tempo, e unacorona di alloro attorno.

La patriaPartecipa alle glorie immortali

di Giovanni Meli Palermitano913

Dopo trentotto anniQuesto pubblico omaggio

RiconoscenteGli manda

___________________________________________

910 Segue, cancellata, la parola: “avendo”.911 Segue, cancellata, la parola: “Satira”.912 Seguono, cancellate, le parole: “Negli altri tre vani”.913 Segue, cancellata, la parola: “Riconoscente”.

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CittadiniPregate pace all’anima benedettaE onorata dell’altissimo poeta.

914La patriaPartecipa alle glorie

di Giovanni Meli PalermitanoQuesto pubblico omaggio

Dopo trentotto anni915

Gli rende riconoscente__________

Cittadini onorate il gran poeta.E pregate che l’alma in Dio sia lieta

I reali avelli furono situati nelle due cappelle del duomo dopocompita la fabbrica per ordine di Ferdinando III nel 1801 come rilevasi inun’iscrizione.

Erano situati nella cappella ora destinatansi urna di S. Rosalia furonoaperti nel 1781 in occasione di doversi rifabbricare il duomo. Erano pre-senti tre dotti uomini monsignore Alfonso Airoldi, il principe diTorremuzza e il can.co di Gregorio il quale fu incaricato di scriverne unarelazione che inviò al R. Stampria [!] di Francesco Daniele916 co’ disegnifatti dal Manganaro.

Il sepolcro di Arrigo VI fu aperto la prima volta a 13 ottobre 1491 perordine del viceré D. Ferdinando Agugna. Il cadavere fu trovato ancoraintatto anche con i rossi mustacchi, e i capelli degli occipiti il che giustifi-ca la regina Costanza sua moglie e che per falsa voce fu incolpata di aver-lo avvelenato in vendetta delle crudeltà usate alla sua stirpe normanna.

Il diadema imperiale come a guisa di berretta o di mitra simile aquelle di re Ruggiero e di Guglielmo 2 come si osserva nei due mosai-ci di Monreale e in alcuni imperatori di Costantinopoli presso ilBon[.]ari.

L’imperatrice Costanza morta nel nov. 1198 di anni 45 circa un_________________________________

914 A c. 362r intestazione stampata dell’Intendenza della Provincia di Palermo.915 Seguono, cancellate, le parole: “dal suo dì fatale”.916 Francesco Daniele, I regali sepolcri del Duomo di Palermo riconosciuti e illustrati, In Napoli,nella Stamperia del Re, 1784.

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anno dopo il marito fu figlia di Beatrice quinta moglie di Ruggieri natapostuma nel 1154. Per suo testamento dispose di esser sepolta nel duomodi Palermo ove riposavano il padre, e il marito. Era racchiusa in un sepol-cro di porfido con tettoia superiore di marmo bianco ornato di mosaici epoggiata su sei colonne anche di marmo con mosaici. A testa del tumoloè scolpita una rosa, un’aquila la corona imperiale, e una croce.

917Il P. Melchior Galeotti Scolopio divenuto da panegirista giu-dice di belle arti senza aver osservato nulla in Italia e anco in Sicilia,scrisse un’illustrazione del quadro di Lo Forte918, diffusa in 14dicipagine in ottavo919, ed ivi sentenzia920 di sbieco che il Novelli921 nel suocapolavoro del S. Benedetto in Monreale, da una parte tenga il carat-tere della sua età, e dall’altra si eleva a’ pittori del cinquecento esegnatamente sino a Correggio. Poi soggiunge che il S. Benedetto diLo Forte pel carattere pittorico è uguale quantunque non somigliante aquello del Novelli e conchiude che il Lo Forte si sia plasmato una spi-ritualità che manca a quel del Novelli. Si possono accozzare insiemetante contraddizioni e blasfemie artistiche? Novelli che tirava al suosecolo e al cinquecento e sinanco al Correggio, talché Lo Forte che hadipinto il suo S. Benedetto uguale quantunque non simile a quello922,tiene pure al cinquecento e al Correggio, e gareggia nella testa delsanto patriarca con quella del Monrealese?923 Il vero si è che quella delLo Forte mostra l’arditezza, e il fervente zelo religioso che spinse quelsanto per la ulteriore diffusione della fede di Cristo ad opporsi a resi-duali pagani e a far loro abbattere tempj e idoli924, e l’altra del Novellitutta la925 dolcezza,926 e santità d’un annoso cenobita che vuol condurrealla via del cielo i suoi monaci con le927 temperate divine norme evan-geliche e con l’esempio dei suoi placidi e illibati costumi. Anche le tinteopposte dei due volti, pallida e soave nel S. Benedetto del Monreale,_________________________________

917 Carta numerata (1)918 Vedi nota n. 331, p. 364.919 Melchiorre Galeotti, Sul quadro del prof. Salvatore Lo Forte rappresentante S. Benedetto e S.Scolastica, Palermo, Tip. della ved. Solli, 1855.920 Seguono cancellate le parole: “per incidenza”.921 Vedi nota n. 77, p. 304.922 Seguono cancellate le parole: “del Novelli. Dunque Lo Forte”.923 Seguono cancellate le parole: “Risum teneatis amici”.924 Segue cancellata la parola: “pagani”.925 Segue cancellata la parola: “santimonia”.926 Seguono cancellate le parole: “di spirito”.927 Segue cancellata la parola: “moderate”.

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gagliarda succosa caldissima, in quello di Lo Forte provano la differen-za del tipo che si proposero i due pittori e amendue fecero bene; perchéperseguirono il proprio carattere; ma la testa del Novelli è impareggia-bile nel suo genere, né si parli di confronto o di uguaglianza, né di rap-porti al Cinquecento, e al Correggio per non far sganasciar dalle risa chimaneggia i pennelli, e intende alcun che di pittura!

Epoca di fondazione dell’Istituto Gesuitico in Palermo. V. Aguilera928

Della scuola del Collegio massimo.Numero di scuole sul principio dei Gesuiti

V. Ratio studiorum929, e facoltà che si davano fino all’epoca del-l’espulsione.

Fondazione dell’Accademia degli studii cattedre introdotte nella stes-sa, e maestri di maggior merito

sia Siciliani, che esteri. Deputati dell’Accademia.Epoca di fondazione dell’Università.Deputati della stessa, e primi Professori e cattedre di tutte le facoltà.

La contessa V. di Montedoro. Comedia in italiano, il Servidore in sici-liano in prosa, in due atti

Le meravighi di Sicilia farsa in versi siciliani diretta a descrivere icaratteri di D Stefano Garofano. D Mariano Scassa l’Abate Francipane,Ab.te D Francesco Vullo D Giachino Guaggenti, D Giambattista DiStefano. D Mariano Gravina

Pri D Mariano ScassaChisti è un antenataCussi benfattuCh’avi un cunsimiliDi Gaeta e tattuScrisse un componimento pratico contro la tragedia nell’ultimo tempo

in occasione che si questionava se la tragedia fosse utile._________________________________

928 Emmanuele Aguilera, Provinciae Siculae Societatis Jesu ortus et res gestae... Pars prima[- secun-da], Panormi, ex typographia Angeli Felicella, 1737-1740.929 Gesuiti, Ratio atq. institutio studiorum, Romae, in Collegio Societatis Iesu, 1591. L’opera ebbesuccessive ristampe fin nell’ottocento.

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Egli assunse ch’era dannevole

Il marchese SirignanoNipote di CaramanicoSi uccise con un colpo di pistolaGli fece venire i libri chimici

Da aggiungersi alle opere di Anna Fortino930

Trovasi presso Fra Antonino Falla Olivetano di Palermo una piccolascarabattola di cristallo ove scorgesi in una grotta modellata in cera SantaRosalia di cinque pollici con cinque angioletti interi in varie attitudini gra-ziose ed animate e sette serafini in gruppi. L’opera è condotta in belle pro-porzioni con buon disegno e il volto della Santa e quelli degli angioletti edei serafini mostrano inesprimibile grazia e diligenza.

Tre reliquiarii presso fra Antonino Falla OlivetanoDi Filippo Planzone931 in uno la nascita con 5 figurine di due pollici in

avorio e il Patre eterno fra le nubiI tre re 6 figure di 2 pollici col bambino e sopra quattro angioletti di un

pollice, e la stalla in madreperla. buon disegno in credibile diligenza parmiun po’ manierato

Anna FortinoS. Rosalia di cera di 5 pollici con 5 angioletti in varie attitudini grazio-

se ed animate 7 serafini.

Rodi, Creta, Tebe, Colchideo, Colco, Chalius| | | | || Candia Thiva Negroponte

Rhodus | | | || Peloponneso -----Beotia Eubea tra Rodi e Telose

Nell’Asia |Minore, o ebbe 100 cittàArcipelago dice Scylaca - = dicitur centum Urbes habere ec Scylax in Creta =

Pomp. Mela932 - = Ingens et centum quondam urbibus habitata Creto.

_________________________________

930 Vedi nota n. 409, p. 389.931 Vedi nota n. 468, p. 411.932 Pomponius Mela, Chorographia, 2, 112.

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Horatio lib. III ode 27933 = Europa simul centum tetigit potentem oppidis Cretenec.

Virgilio Aen. III vers. 104934= Creta Iovis magni medio iacet insula ponto,mons Idaeus ubi et gentis cunabula nostraecentum urbes habitant magnas, uberrima regna. ec.

Frisso ed Elle figli di Atamante re di Tebe, e di Nefala cheAtamante sposò dopo d’aver ripudiata Ino; figliuola di Cadmo. Ortaluni pretendono che Atamante ripresa con se Ino nuov.te. Questasollecitò fortemente Frisso a commetter con lei un incesto. Madisperata di non averlo potuto trarre nel suo disegno, lo accusò pres-so il padre di aver attentato all’onor suo. Il re prestando fede a que-sta falsa accusa, risolvette di far morire Frisso, cio non di meno fùconsultato pria l’oracolo onde sapere con quale mezzo si potesse farcessare la carestia, da cui era tutto il regno desolato. L’Oracolorispose che gli dei non si placherebbero se non col sangue di dueprincipi. Frisso, e la sorella Elle furono destinati a servire di vittime,ma informati della presa risoluzione pensarono di salvarsi col fuggi-re dalla Grecia e passarono dall’Europa in Asia sopra un ariete dalvello d’oro. Elle cadde nel mare che per questa ragione fù chiamatoEllesponto.935

#Annotazione# GelaTav. 33 – 936

Nelle medaglie 3, 4, 5, 6 l’uomo coll’ariete rappresenta Frisso ed èchiaramente indicato nel num. 5. Frisso figlio di Atamante, e fratello diElle essendo stato con la sorella Elle condannato ad essere immolatodall’Oracolo, ed essendo stato di ciò avvertito da un montone che gli_________________________________

933 Quintus Horatius Flaccus, Carmina, 3, 27, 33-34.934 Publius Vergilius Maro, Aeneis, 3, 104-106.935 Sul verso della c. 373: “do, che da sei mesi stato istallato, non essendo scorsi i due anni necessarjalla consultazione del fondo bisognevole per tali premj ella vederà bene, che la d.a esposizione nonpotrà aver luogo per lo prossimo Maggio.La prego dunque di far conoscere al pubblico lo equivoco incorso, e di attendere sull’assunto, tostoche ne sarà tempo, le mie disposizioni, come pure”.936 Gabriele Lancellotto Castelli, principe di Torremuzza, Siciliae populorum et urbium regum quo-que et tyrannorum veteres nummi Saracenorum epocham antecedentes, Panormi, Typis regiis, 1781,tav. XXXIII, n. 3-6.

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parlò con voce umana, dal montone medesimo fu con la sorella Elleportato in Asia, e prese la strada per Colco, però Elle passando nelmare, spaventata dal fragor delle onde, cadde e si annegò in quel luogoche fù poi detto Ellesponto. E Frisso essendo arrivato a Colco sagrifi-cò a Giove quel montone ne prese il vello, ch’era di oro, e l’appese adun albero in un bosco sacro a Marte, che fece guardare da un serpente,che divorava le persone che vi si accostavano per prenderlo, comemeglio dalla Favola del vello d’oro-) Opure di Giasone. Or937 essendostata Gela938 abitata da una colonia di Cretesi di quella provincia,secondo Tucidide939 ci racconta e discendente forse da Frisso sud.ovolle in d.a medaglia sovra imporre quel fatto istorico.

Frisso avendo felicemente continuato il suo camino approdò final-mente nell’isola di Colchide. Colà sagrificò l’ariete onde ubbidire adun oracolo ed appese la sua spoglia in un tempio di Marte ponendolsotto la custodia di un drago, il quale divorava tutti coloro che presen-tavansi per rapirlo. Eeta, parente di Frisso, il quale regnava nellaColchide gli diede la propria figliuola Calciope, ma dopo qualchetempo Eeta che invidiava i tesori di suo genero lo fece morire perimpadronirsene i suoi figli Frontide, Melos, Argo, Cilindro, o secondoaltri Citero, Catis, Loro, Elleno, furono salvati dalla loro madreCalciope, che li fece passare in Grecia. I Greci in seguito trassero unastrepitosa vendetta dell’assassinio di Frisso molti principi recaronsi,uniti sotto la condotta di Giasone nella Colchide alla conquista delvello d’oro, e da punire Eeta del barbaro trattamento da lui usato alfigliulo di Atamante. Vedi Noël, Pozzoli (Dizion. d’ogni mitologia vol.II p. 365, gli antichi autori.940 941

_________________________________

937 Seguono, cancellate, le parole: “dominando in”.938 Seguono, cancellate, le parole: “qualche tiranno”.939 Thucydides, Historiae, VI, IV, 3-4.940 Girolamo Pozzoli, Dizionario d’ogni mitologia e antichità, incominciato da Girolamo Pozzolisulle tracce del dizionario della favola di Fr. Noel, continuato ed ampliato dal Prof. Felice Romanie dal Dr. Antonio Peracchi, Milano, presso Batelli e Fanfani tipografi e calcografi, presso RanieriFanfani, 1809-1827.941 A c. 375v: “E quindi dalle commissioni comunali che nel giorno 30 Maggio avrà luogo la pubbli-ca esposizione. Or il nostro R. Istituto non essendo che da 6 mesi stato istallato ; se il presidente nonha ordinato di effigiarsi i proclami per la pubblica esposizione perché i due anni non sono accom-piti essendo scorsi i due anni necessari alla composizione del fondo bisognevole per tali premj,come potrà Ella credere di sca[…] il tempo per vedersi bene che la detta esposizione era arrivatonon puot’aver luogo prossimo maggio”.

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Si rammenta al sig.r Vigo la raccomandazione per Ondes.

Vito D’Anna942 morì a 27 ottobre 1769943

ChimicaUna donna che osserva una storta sopra un fornello

BotanicaUna donna che scrive ed ha sotto gli occhi alcune piante

MedicinaUna donna avanzata in età appoggiata ad un nodoso bastone a cui si

attorcigliano un serpe e un gallo.Poesia lirica

Una donna in abito elegante, a braccetto con una liraPoesia del genere degli apologhi, o favole

Una donna che si mette una maschera in volto.

Gent.o Sig. D. AgostinoNel rimettere l’ultima piancia della mia associazione la prego accettare i

miei più efficaci ringraziamenti per la di lei grata accoglienza ed accettazione.Nel tempo stesso la prego se vuol favorirmi il quadro ossia il paese denotante ilbagno di M.a Laura, con Petrarca, che fra pochissimi giorni sarò per restituire.

L’Alunno e ServoFerdinando Rossi944

_________________________________

942 Vedi nota n. 78, p. 304.943 Seguono a matita le seguenti parole: “M[…]to p OrtenziaFranco di Romani1 Paeca [?] Rinaldo1 Detto delin da per Malta Bagnara”.944 A c. 379v scritto sottosopra:“Guarnazione in orofalsa canne tra e un pannoa qua 1.15 l’onciada Concino † Pietro d’AlessandroSalvatore ImbrisèTartariper 7.4Seguono, lateralmente, le parole: “Torcigliati doppi 58. ½ onze 11.11

Doppia lamina 9. onze 3.12Semplici 51. onze 10.4

___________

95.7

18.

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Dal Marchese GargalloUna lunga nota alla versione di Orazio avea scritto il marchese

Gargallo sui seguenti versiTandem desine matremTempestiva sequi viro945

Il Marchese Gargallo aveva supposto che il viro era retto dal verbosequi e così dava al sequi un significato passivo.

Il Pizzuto lo avvertì che il viro era dipendente dal tempestiva; e non dalsequi, e perciò non usato passivamente. Egli docilissimo all’avvertimentocancellò la nota, nonostante che il Pizzuto era assai giovane.

P. Vincenzo Garofalo figlio di Domenico e di Girolama Agati eBorremans il famoso pittor fiammingo.

Francesco Lipari morto nel 1864.

Tommaso Citaroto fratello maggiore morto giovane nel colera nel 1837.

Giovan Battista Citaroto figlio di Lorenzo di Giuseppa Laureddo nac-que in Palermo agli 8 febbrajo 1787 e morì a 20 aprile all’ore due dellanotte 1863. Celebre modellatore in cera scolaro di Tommaso Lo Casciomodellatore di bravura e suo patrino a far in cere

Di sua invenzioneLa virtù bianca all’impiedi che abbraccia all’in piedi la cetra La religione e Gesù Cristo che consegnava le chiavi a S. Pietro in

ginocchio e la sede pontificia con un tempio figura un palmo in tutto rilie-vo pagato onze 20 dal monistero di S. Caterina a Pio IX. E in Roma

S.n Paolo in rilievo che dopo la tempesta approda in Malta e fu ivi speditoS. Stefano lapidato a basso rilievo in casa degli SpadaLa predicazione di S. Francesco di Sales in una campagna franca folla

di soldati francesi che inseguivano gli eretici pel P. Alagna in morte vendutoAll’Olivella 4 scaffarate946

Notizie di Gius. Cochiara di Palermo altro egregio modellatore_________________________________

945 Quintus Horatius Flaccus, Carmina, 1, 23.946 Scaffarrata, termine siciliano che indica lo scarabattolo, espositore di vetro per oggetti di pregio.

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Crizia947 al dir di Ateneo Deipnosop. lib. 8 n. 15 fu siracusano, e scol-pì la statua di Epicarmo che gl’innalzarono i Siracusani alla quale poiappose Teocrito una sua bella iscrizione

Clearchus in proverbiis Terspionem948 scribit Archestrati fuisse prae-ceptum, qui primus gastrologiam scripsisset admonuit suos discipulos aquibus esset abstinendum

Athenaei Dipnosop. Lib. 8 c. 4949

Nymphodorus Syracusius in libro asiaticae navigationis salpam fuisseLesbiam inqueta quae ludos composuerit. At Alcinus in rebus SiculisBotrym in Messena quae est in insula ludorum similium iis, quae salpaedicuntur inventorum fuisse testatur

Athen. lib. 7 c. 34950

Epicarmo scrisse una commedia sulle Muse più volte commentata daAteneo

Lib. 7 c. 29 e altrove951

Antifemo fabbricò Gela Athen. lib. 7 c. 7952

Ateneo Dip. Lib. VIII c. XI953 rammenta Polizelo in rebus Rhodiis quaead pisces et cervos spectant. Non dice però di esser di Messina p. 437

Sopra una statua antica romana esistente in Palermo

Nell’antico954 chiosso [!] della Panneria rimpetto il monte grande dipietà, eravi una volta un antica fabbrica di panni, e quindi essendovi duopodi acqua abbondante vi fu costruita una gran fonte, ove scorgesi tuttaviauna statua di una ninfa dormiente con una iscrizione in versi latini. Iodubito che quella statua sia un antica copia d’una simile che fu rinvenuta_________________________________

947 Per Kritias cfr. Agostino Gallo, Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte dell’incisione… cit., p. 67-69.948 Leggasi: “Terpsionem”.949 Athenaeus Naucratita, Deipnosophistae, VIII, 337b.950 Athenaeus Naucratita, Deipnosophistae, VII, 321f-322a.951 Athenaeus Naucratita, Deipnosophistae, VII.952 Athenaeus Naucratita, Deipnosophistae, VII, 297f.953 Athenaeus Naucratita, Deipnosophistae, VIII, 361c.954 Segue, cancellata, la parola: “cortile”.

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negli scavi di Roma vecchia eseguiti nel 1791, ed illustrate dal celebreEnnio Quirino Visconti (1)955 nel seguente tenore.

Statua poco minore del naturale di ninfa seminuda che dorme appog-giata sull’urna e servita già ad uso di fonte. L’invenzione della figura èfelice, ma l’esecuzione ordinaria e scorretta. Perocché alte simili n’esisto-no in Roma e fuori, ma niuna di buon lavoro. Ad una di tali statue alludeil seguente epigramma d’incerto autore

“Hujus nymphe loci veni custode fontis,“Dormio dum tacitae sentio murmur aquae.“Parce meum, quisquis tangis cava marmora, somnum“Rumpere; sive bibas, sive lavere, tace

Dalle descrizioni del Visconti ho potuto ricavare che la statua diPalermo sia per l’attitudine indicata e anche pei vizzi per quel che poteileggerne essendo la lapide guasta, e ingombra di muschio che l’una e l’al-tra siano somiglianti, talché la nostra statua potrebbe essere stata eseguitain Roma sulla antica originale, sepure non sia una replica dello stesso scul-tore. In ogni modo la nostra meriterebbe di essere trasportata nel Museodella regia Università di Palermo colla stessa iscrizione.

Lavori di cisello di bulino in vasi d’oro, di argento, bronzoe ornamenti domestici, e muliebri in Sicilia nell’epoca greca

Altrove trattasi della architettura, pittura, della scultura e della scuola diartisti nell’isola nostra all’epoca delle greche colonie che l’occupavano. Ortrattasi delle arti di lusso che dipendon pare dal disegno figurativo od orna-mentale e dal bello ed il gusto, come il vasellame, i letti, i cocchi, i monili,e altri vezzi donneschi e la tunica e abiti dipinti in porpora ricamati.

Puossi con certezza asserire che la Sicilia e particolarmente SiracusaAgrigento Messana gareggiassero in quella branca di finissime arti bellecon Atene, e Corinto ed altre principali città di Grecia madri e con quelleprincipali del vicino continente detto Magna Grecia, come Reggio, Sibarie qualch’altra, e in alcune peculiari industrie artistiche la superassero tal-ché crebbe tanto il lusso che in progresso nello stato repubblicano fu d’uo-po di leggi per impedirlo._________________________________

955 A c. 385r nota in calce: “(1) Opere varie italiane e francesi – Milano 1827 tom. 1° pag. 187”<Ennio Quirino Visconti, Opere varie italiane e francesi… cit., v. 1, p. 187>.

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L’ingegno de Greco-Siculi eccitato dal maggior calore meridionale,dalla strabocchevole ricchezza che generava un lusso smodato negli opu-lenti nostri tiranni, e particolari cittadini che rimuneravano largamente gliartisti dell’isola che venivano in emulazione con gli esteri, i quali adesca-ti da maggior fortuna qui accorrevano, apprestano il destro per lo svilup-pamento progressivo del gusto, onde uscirono anche in quel genere opereprodigiose di mirabile artificio, come possiam giudicare non solo dagliaccenni che ce ne ha lasciato l’istoria, ma da alcune che si scovrirono ne’sepolcri, e in seno della terra, talune delle quali sono state vendute aglistranieri viaggiatori ed altre che si conservano ne’ nostri musei, o ne gabi-netti di nostri amatori.

Le sontuose mense de’ tiranni, degli agiati particolari apparecchiatecon costose vivande, e provigionate di singolari manicaretti onde si reserfamosi i nostri maestri e divennero in Grecia, proverbiali i sapori siculi e,arredo più splendidissimo di vasi e coppe eleganti e preziosi metalli e laregia e la maggione più ragguardevole di magnifici letti, sedie, tripodi,lampade di gran costo, e per la materia e l’artificio.

I tempii poi per le offerte successive di devoti si dinarosi erano di pre-ziosi oggetti ricolmi oltre ogni credenza.

Diodoro ci narra (1)956 che avendo gli Egestiani perduto la loro con-tesa contesa co’ Selinuntini pe’ limiti del rispettivo territorio chiestosoccorsi dagli Ateniesi, costoro inviarono prima a quelli i loro amba-sciatori per esplorare il paese e i circostanti. I Segestani non solo liaccolsero a grandi onori ma per magnificar la loro ricchezza, li recaro-no nel tempio di Venere ove fecer disporre in bella mostra gli arredi piùpreziosi, e invitandoli poi a pranzo riunirono con fine stratagemmatutto il vasellame d’oro e d’argento e quelli arredi di gran prezzo chepoterono avere a prestito dalle più ricche famiglie; talché gl’inviati diAtene restarono colpiti di tanto stupore che reduci in patria vi eccita-rono nella repubblica il desiderio della conquista della Sicilia che tornòloro così fatale sotto il colore di soccorrere gli Egestani. E pure la lorocittà Elima di origine appena contender potea in lusso con quellesecondarie greco-sicole ed era quasi un nonnulla a fronte di Siracusa,di Agrigento.

Tra’ i nostri tiranni i più sontuosi nelle mense ed apparecchi furonoGelone, Jerone, Terone e Agatocle il quale per ricordare a suo figlio ch’era_________________________________

956 A c. 387v nota in calce: “(1) Nel principio delle XIII libro della ***.” <Diodorus Siculus,Bibliotheca Historica, lib. XII.83>.

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stato un fattor di vasi di creta continuossi divenuto tiranno ad usar quellinella sua mensa.

Magnifico ostensorio dell’Olivella in Palermo

Descrizione dell’ostensorio di proprietà della Chiesa di S. Ingnazio [!]Martire, della Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri di Palermo

Il sopracitato ostensorio è di altezza 70 centimetri circa.Presenta la figura di grande stella di 30 centimetri divisa in 16 raggi,

ogn’uno di esse si forma il suo cono.Questo orlato di diamanti, nel centro si osserva un lavoro di oro rile-

vato, staccato dal fondo a stile del 500, senza fogli e fiori,957 forma lo steloun filo di pregiato smalto.

Questo sublime lavoro comprende tutta la stella, di ambi gli aspetti,meno i diamanti del prospetto inferiore.

Nel cerchio di centro con eguale lavoro si ammirano alcuni serafini adalto rilievo con diverse giri di diamanti che formano un artificeoso brillointorno alla Santa Ostia.

Sotto la quale viè collocato con molto gusto un grosso diamante aforma di cuore. Siegue con lo stesso artistico lavoro, il lungo balausto, chetermina sopra il piedi di essa.

Nel centro di essa viè un perfetto bassorilievo presenta la cena diEmmaus.

Nella pedagna o piedi, si osservano diverse angioletti con gusto vera-mente spirato, l’attegiamento a pregare.958

Pogiano il delicato piede sopra alcuni ornati staccati del fondo, ches’intrecciano graziosamente fra di loro conservando sempre, una sempli-cità, nello stesso tempo imponenza.

Pittura antica

In una grotta sotterranea nel monte Gibilrossa così denominato dagliArabi dopo la conquista di Sicilia, fu trovata un’antichissima imagine_________________________________

957 Segue cancellata la parola: “indica”.958 Nota a margine: “Epoca. Questa opera fu costruita al 1600, s’ignora il nome dell’orefice”.

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della Vergine Maria dipinta sopra tavola come credesi da cristiani ch’iviconservandola l’adoravano occultamente

Bochart959 crede che Adrano, e il tempio di quel dio vicino Adernò pro-venga da nome fenicio o ebraico.960

Possessori di monete e medaglie antiche in Siciliaprincipalmente greco-sicula

In Palermo Nel secolo XVIII Carlo Ventimiglia Presso l’archeologo Zappatore

Presso il Lancillotto Castelli principe di Torremuzza vendutaIn Palermo nel secolo XIX Cav. Michele Culcagni che illustra due

monete de’ re di Siracusa finiva a Lipari Collezione dispersa.Presso i PP. Benedettini di S. MartinoPresso il Presidente Marchese Cardillo venduta ad uno stranieroPresso il Sig. Girolamo Dotto, venduta *** dal figlioPresso von Fiscker Svizzero venduta da suoi eredi. Era la più riccaPresso Giuseppe Lanza seniore principe di Trabia esistentePresso961 l’orefice Francesco Gambino. È ricca.Presso il Marchese Forcelli.In Messina 1842 Presso Luigi Benoit, Giuseppe Grosso Cacopardo

disperse alla sua morte Giuseppe LongoIn Cefalù Presso il Sig. Errico Piraino Barone MandraliscaIn Siracusa Presso il Can.co Lentinelli, presso il cav. Mario Landolina

Nava.In Catania Presso il Principe di Biscari e il Can.co Giuseppe Alessi di

Castrogiovanni or posseduto dagli eredi, presso il sig.r Carlo DamianoGagliano, presso il cav. Francesco Ferrara, presso il sig. Domenico

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959 Samuel Bochart, Geographia sacra cuius pars prior Phaleg De dispersione gentium et terrarumdiuisione facta in aedificatione turris Babel. Pars posterior Chanaan De coloniis & sermonePhoenicium agit, Cum tabulis chographicis & indice sextuplici … Excusum Francofurti adMoenum, impensis Johannis Davidis Zunneri, typis Christophori Wustii, anno 1681, p. 584.960 A c. 391v sottosopra:“Al Chiarissimo ed egregioSignor Agostino Gallo PresidenteDell’Assemblea di Storia patria in Palermo”961 Seguono, cancellate, le parole: “l’erede”.

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Gagliano, presso il sig. Alessandro Recupero, e il cav. Giacinto Recupero,presso quella università collezione rubata nel 1848

In Napoli Presso il Canv. Cavalli venduta.In Termini Presso il Sig.r Gandolfo venduta all’università di Palermo

rubata in parte nel 1820 e in parte recuperata per cura di Agostino Gallo edell’abate Scinà indi espilata nuovamente, nel 1864 accresciuta col donodel sig.r Girolamo Valenza.

Stranieri che hanno illustrato le monete greco-sicole

In Inghilterra Swinton962 e Dutens963

In Olanda Avercampo964, D’Orville965, Burmanno966

In Italia Pancrazi967, Bianconi968, Sestini969

In Alemagna Neuman970, Agnetler971, Eckel972

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962 John Swinton, “Some Observations upon an Inedited Greek Coin of Philistis, Queen of Syracuse,Malta, and Gozo, Who Has Been Passed Over in Silence by All the Ancient Writers. In a Letter toMathew Maty, M. D. Sec. R. S. from the Rev. John Swinton, B. D. F. R. S. Custos Archivorum ofthe University of Oxford, Member of the Academy Degli Apatisti at Florence, and of the EtruscanAcademy of Cortona in Tuscany” (January 1, 1770). In: Philosophical Transactions of the RoyalSociety (1683-1775).963 Louis Dutens, scrittore, traduttore, filologo, numismatico e storiografo francese naturalizzato bri-tannico, nato a Tours nel 1730, morto a Londra nel 1812.964 Syvert Haverkamp curò e aggiornò con nuove aggiunte e un ampio commento l’edizione di Leidadel 1723 della Sicilia descritta con medaglie di Filippo Paruta.965 Jacques Philippe d’Orville, Sicula, quibus Siciliae veteris rudera, additis antiquitatum tabulis,illustrantur. Edidit, et commentarium ad numismata sicula, XX tabulis aeneis incisa... orationem inauctoris obitum, et praefationem adjecit Petrus Burmannus secundus. Pars prima[-secunda],Amstelaedami, apud Gerardum Tielenburg, 1764.966 Pieter Burman il giovane, filologo, nato ad Amsterdam nel 1714, morto a Santhorst nel 1778.967 Giuseppe Maria Pancrazi, Antichità siciliane spiegate, In Napoli, nella stamperia di AlessioPellecchia, 1751-1752.968 Vedi nota n. 755, p. 479.969 Domenico Sestini, Lettere e dissertazioni numismatiche sopra alcune medaglie rare della colle-zione Ainslieana, Livorno, nella stamperia di Tommaso Masi e comp., 1789-90, v 1-4.970 Franz Neumann, Populorum et regum numi veteres inediti …, Vindobonae, apud RudolphumGraefferum, 1779-1783. 2 v.971 Michael Gottlieb Agnethler, Numophylacium schulzianum digessit descripsit et perpetuis insig-niorum rei Numariae scriptorum commentariis illustratum edidit Michael Gottlieb Agnethler... Parsprior. Accedunt selectiores clarorum virorum ad B. Schulzium epistolae, Lipsiae et Halae, 1746.Id., Der Weltweisheit und Arzeneigelarheit Doctors syracusanische Könige und Tyrannen aus grie-chischen Münzen zum sechsten Theil der algemeinen Welthistorie, [1750].972 Joseph Hilarius Eckhel, Doctrina nummorum veterum conscripta…, Pars I. De numis urbium,popoulorum, regum. Volumen I. Continens prolegomena generalia tum numos Hispaniae, Galliae,Britanniae, Germaniae, Italiae cum insulis, Vindobonae, simptibus Iosephi Vincentii degen., impres-sit Ignatius Alberti, 1792.

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In Palermo Paruta973, Lancillotto Castelli, Principe di Torremuzza974,Marchese Errico Forcelli975. La sua collezione fu descritta in latino dalbeneficiale Luigi Garofalo.

Monete descritte dal Can.co Alessi da Castrogiovanni976, dal Sig.Gagliano di Catania, dal Sig. Girolamo Dotto de’ Dauli977 di Palermo,dall’Abate Sestini978 quella del Principe di Biscari di Catania.

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973 Filippo Paruta, Della Sicilia di Filippo Paruta descritta con medaglie parte prima. … In Palermo,appresso Gio. Battista Maringo, 1612.Id., Sicilia numismatica nunc primum additis Hubertii Goltzii aliorumque Siciliae descriptione, & innumismata singula esplicationibus; incerti numero tabularium edita sparsum apud alios & ineditanumismata complectentium, locupletata, & perpetuo commentario illustrata studio & industriaSigesberti Havercampi … Lugduni Batavorum, excudit Petrus vander Aa …, 1723, 3 v. In:Thesaurus antiquitatum et historiarum Siciliae, quo continentur rarissimi & optimi quique scrip-tores, qui nobilissimarum insularum Siciliae, Sardiniae, Corsicae et adjacentium situm, res gestas,antiquitates & imperiorum vicissitudines memoriae prodiderunt: digeri coeptus cura & studioJoannis Georgii Graevii. Accesserunt variae & accuratae tabulae, ... Cum praefationibus PetriBurmanni, ... Volumen primum[-decimum quintum], Lugduni Batavorum, excudit Petrus vander Aa,1723, v. 6-8.974 Gabriele Lancillotto Castelli, principe di Torremuzza, “Alla Sicilia numismatica di Filippo Parutapubblicata da Sigeberto Avercampio”. In Opuscoli di autori siciliani, Palermo, 1770, v. 11, p. 201-286.Id. “Seconda aggiunta di medaglie alla Sicilia numismatica di Filippo Paruta, pubblicata daSigeberto Avercampio”. In Opuscoli di autori siciliani, Palermo, 1771, v. 12, pp. 215-272.Id. “Terza aggiunta di medaglie alla Sicilia numismatica di Filippo Paruta pubblicata da SigebertoAvercampio” In Opuscoli di autori siciliani, Palermo, 1772, v. 13, pp. 1-56.Id. “Quarta aggiunta di medaglie alla Sicilia numismatica di Filippo Paruta pubblicata da SigebertoAvercampio” In Opuscoli di autori siciliani, Palermo, 1773, v. 14, pp. 1-50.Id., “Quinta aggiunta di medaglie alla Sicilia numismatica di Filippo Paruta pubblicata da SigebertoAvercampio”, In Opuscoli di autori siciliani, Palermo, 1774, v. 15, p. 1-43. Id., Siciliae populorum et urbium regum quoque et tyrannorum veteres nummi Saracenorum epo-cham antecedentes, Panormi, Typis Regiis, 1781.Id., Siciliae veterum populorum & urbium regum quoque et tirannorum numismata quae Panormiextant in cimelio, Panormi, ex Officina Bentiveniana sub signo Ss. Apostolor. ad Plateam Villenam,1767.975 Enrico Forcella, Numismata aliquot Sicula nunc primum a Marchione Henrico Forcella edita,Neapoli, Angelus Trani imprimebat, 1825976 Il canonico Giuseppe Alessi (Enna, 1774-Catania, 1837) fu autore di numerosi articoli sulle mone-te sicule pubblicati su diversi periodici fra i quali Giornale di scienze, lettere ed arti per la Sicilia,Giornale del Gabinetto Gioenio, Effemeridi sicule.977 Girolamo Dotto de’ Dauli, Alcune riflessioni sulla figura impressa in una moneta di Gela,Palermo, nella Reale stamperia, 1846.Id., Delle miniere metalliche di Sicilia e delle monete coniate coi metalli estratti dalle medesime.Cenno storico, Palermo, Reale stamperia e libreria, 1845.Id., Illustrazione di una medaglia inedita d’Imera, Palermo, dalla stamperia di F. Solli, 1847.Id., Sopra una medaglia di Eubea di Sicilia. Lettera, Palermo, nella Reale stamperia, 1846.Id., Su le medaglie di Gelone, e di Gerone, tiranni di Siracusa. Discorso, Palermo, dalla tipografiadi Filippo Solli, 1832.978 Domenico Sestini, Descrizione del Museo d’Antiquaria e del Gabinetto d’Istoria Naturale di suaeccellenza il sig. principe di Biscari Ignazio Paternò Castello patrizio catanese, [S.l., s.t.], 1776.

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Possessori di gemme greco-sicole istoriate

Palermo Il Principe di TrabiaDr Girolamo Valenza ora presso UniversitàDr Consiglier Diego Orlando. Testa senza barba su diaspro sanguigno

trovato in Siracusa prima del 212 avanti Cristo quando in Sicilia s’intro-dusse l’uso di rasar la barba che poi passò in Roma

Il Sig.r Gaetano Carbonaro agente giudiziario del Barone Judica in unanello un bellissimo caprio greco. Abita in Palazzolo

Palermo L’orefice Francesco GambinoSiracusa Can.co Lentinelli. Una bellissima testa di Apollo sopra onice

e in altre gemmeSignora Interlandi varie gemmeCatania Anonimo dilettanteCollezione di cammei presso i PP. Benedetti [!] e di gemme presso il

principe di Biscari, alcune presso i sig.ri Carlo, il cav. Domenico Gaglianoe il cav. Francesco Ferrara

Siracusa Collezione di cammei presso il cav. Landolina Nava, e alcu-ne con iscrizioni.

Si riscontri il viaggio in Sicilia di Madame Power979

Notizie artistiche

Da una lettera del Sig.r Bonaventura Portoghese di 10 luglio 1857 a mediretta rilevasi che in Scicli egli potè osservare nella chiesa del Conventodei pp. Cappuccini un quadro della Deposizione della croce di N.S. GesùCristo dipinto da Filippo Paladini980 fiorentino di cui fu scritta la vita dalSigr Carmelo La Farina e pubblicata nel giornale il Faro da Messina annoX tomo XI pag. 65 e seg 1836981 ove bensì non si fa menzione di questa pit-tura come pure dell’altra dell’Assunzione segnate coll’anno 1610 dellostesso pittore che trovasi nella Chiesa Collegiata di S. Giorgio in Modica982

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979 Jeannette Power, Guida per la Sicilia… cit., p. 67, 70-72, 107, 224.980 Filippo Paladini, pittore, nato a Casi Val di Sieve (FI) intorno al 1554, morto a Palermo intorno al1616.981 Carmelo La Farina, “Memorie del dipintor da Firenze Filippo Paladini al chiarissimo professor SalvatoreBetti segretario perpetuo dell’Accademia pontificia di S. Luca”. In: Il faro. Giornale di scienze lettere edarti, Messina, anno IV – tomo II (Dal luglio al dicembre 1836), p. 65-77 (Belle arti, Lettera XVI).982 A c. 394v: “Notizie artistiche”.

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uno alla Corte Suprema farebbe condannare una seconda volta a GesùCristo e così operò in Messina speculando congiure e altri delitti che nonesistevano, ai tanti reclami di quei cittadini dichiarati innocenti dai magi-strati; non fu tolto di carica, ma traslocato in benemerenza a Palermo, ovenell’ultima tentata rivolta comprò la vita a denaro ed ora prosiegue i suoiprocessi iniqui e immaginari che però con dichiarate insussistenze dai dueultimi procuratori generali Sig. *** e il Sig. Murena; l’erario bensì ne sof-fre le ingenti spese, e le corti di assisi sono stancate

Ecco lo stato di Palermo e in parte di conseguenza della Sicilia

Romanza di M.r Bonnard983

Traduzione liberaDal francese

Di Agostino GalloIn metro italiano

Vaste selve, antiche grotteRupi smosse a rovinarFrà perigli d’atra notte,voi terror non ispirateA chi984 parla per amar!Son latebre più grateDel merigge a questo cor,E l’allěggian nel dolor

____Erro, e qui, de’ gufi al gridoIo rispondo co’ sospirPer colei che il cor più fidoTradì e diegli sol mercedeDi dispetti e di martirQuando più raggio e fiedeIo lo sfuggo e il tenebron985Cerco e godo nel mio angor.

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983 Bernard De Bonnard, “Romance”. In: Poêsies diverses du chevalier De Bonnard avec une unenotice bio-bibliographique par H. Martin Dairvoult, Paris, A. Quantin, imprimeur-éditeur, 1884, p.173-174.984 Seguono cancellate le parole: “pena per”.985 Segue, cancellata, la parola: “Preferisco”.

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Tu, cui tanto un giorno amaiSe il mio amor vuoi ricordarSe rimorsi senti omaiVieni a dammi un caro abbraccio986Rinfiammata ad abitarVieni meco ad abitarM’ahi che più or non ti piaccioE talvolta per punirQui gemendo solo gir.Sfoggia i vezzi ove tu sei987Lungi in bando988 io resto quaChe se mirassi i pianti mieiDisturbata saria certoOgni tua potestà!

Gallo ringraziavaPappalardo e imitavaIl suo stil989 sovrumanoChiamata l’ossimoroTalune vanno auguroseQui a spasso990L’anno al vate che appareNuovo Dante Sicano.

Dialogo tra Napoleone Bonaparte ed EzzelinoDa Romano

Ezzel Io Ezelino da Romano piego riveren il ginocchio al gran guerrie-ro e conquistatore di quasi tutta Europa, come mi è stato riferito da un tuogenerale di recente in questa bolgia di sangue.

Nap Scostati crudelissimo e feroce che con le straggi disonorasti percieca ambizione il glorioso mestiere della guerra servendoti delle armi edel coraggio come un assassino da strada. Le istorie son piene dei tuoi_________________________________

986 Seguono, cancellate, le parole: “Qui nel bosco ad abitar viene meco”.987 Precedono cancellate le parole: “Da te”988 Segue cancellata la parola: “ognor”.989 Segue cancellata la parola: “singolare”.990 Seguono, cancellate, le parole: “Al gran”.

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eccidii, tradimenti depredazioni di città e di chiese.Ezel Ma tu non scherzasti, e la colpa in te è maggiore, essendo io vis-

suto nel medio evo che temprava gli animi a ferocia e tu nel tempo991 epresso la nazione della maggior civiltà.

Nap Sì, ma la repubblica francese del 1793 per una filosofica e pazzaidea di eguaglianza degli uomini, dato avea anch’essa non pochi sangui-narii Ezelini, che io giovinetto segretamente abborriva, ma che purem’ispirarono un’indifferenza agli eccidii, e l’entusiasmo alla guerra rego992

con la quale sviando i francesi da quella abbominevole civile li guidai conle conquiste ne campi della gloria, rovesciando i troni de’ tiranni fincheinnalzai la Francia all’impero non men memorabile di quel di CarloMagno. La guerra sanguinosa ch’io sostenni fu un dovere di amor di patriae una imprescindibile necessità de’ tempi. O io doveva accortamente stran-golar l’esecrabile rivoluzione o era un de’ molti a rimanerne vittima.

Ezzel Tu sai con belle ed artifiziose parole indorare i tuoi misfatti e lainsaziabile ambizione, come far saprei anch’io; ma tu fosti più fortunatodi me, perocché gli storici francesi figli d’una nazione entusiasta innalzòa cielo tutte le gesta e condannò all’ignominia le mie.

Nap E che osi paragonar le tue ordite sempre con l’astuzia, l’ingannoe il tradimento con le mie procedenti da nobile orgoglio per rivendicarl’onor della Francia da suoi sleali alleati che lacerando i trattati le diveni-vano nemici.

Ezzel E dimentisti993 le perfidie usate con Ferdinando VII e con laSpagna e l’assassinio del duca Enghien valoroso capitano, violando il ter-ritorio straniero?

Bon Alta e sacrata ragion di stato mi vi costrinse, né suppongo che tucredi che la morale d’un guerriero che divien per necessità conquistatoree accorto conservator di dominii con tanti pericoli conseguiti possa esserquella d’un cappuccino.

Ezzel Certo che tu non la seguisti quando per favorire i disegni diBarras uccidesti 1200 francesi insorti contro la Convenzione e ne ottene-sti in ricompensa il grado di generale di Divisione. Questa fu impresa glo-riosa che si sarebbe detta degna d’un Ezzelino.

Nap Fu politica necessità.Ezzel Come per il massacro di quarantaduemila uomini in Padova,

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991 Segue, cancellata, la parola: “della”.992 Leggasi: “regolare”.993 Leggasi: “dimenticasti”.

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Vicenza e Verona che mi si attribuisce dal partito Guelfo a me nemico, mache furono molto molto di meno, e anche per dura necessità.

Nap Ma l’infame tuo tradimento al grande imperator Federico loSvevo che ti aveva, scorgendo il tuo coraggio, elevato dal fango, e datasinanco in isposa Selvaggia sua figlia, e tu profittando della994 sventura delsuo amato figliuolo Enzo reso prigioniero de’ Bolognesi levasti contro luile corna.

Ezzel Si per la dura necessità di rendermene indipendente; come tu tra-disti l’amicizia di Ferdinando VII per papparti la Spagna che ti costò piùanni di bussa. E ti par poco di aver tradita e distrutta la più antica repub-blica italiana, la nobil Venezia ceduta all’Austria per esserne dilaniata, incambio di paesi Bassi austriaci, a la sinistra riva del Reno, e il milanese.Tu giocavi per vero de’ regni co’ bussolotti, e di fatti formasti allor diMilano la repubblica Cisalpina, poi facesti995 la capitale del regno d’Italiaagitando il tuo mirabile bussolo996

Nap Secondo richiedeva la politica e la diplomatica del tempo e del-l’occasione che la mia mente sapeva penetrari e antivedere tra il folto bujodella occulta e insidiosa perfidia di vecchi tirannî di Europa che reputa-vansi forti nel dritto dinastico divino di cui con la mia vittrice spada997 pro-strai la mendace larva richiamando a signoreggiare l’obbliato diritto de’popoli.

Ezzel Cioè il tuo diritto acquistato con la forza, e il favor della ciecafortuna.

Nap Sin anche questo; ma io ne lasciai i germi pronti a pullularnell’Europa se saputo avesse coltivarli per goderne dopo la mia morte ibenefici effetti come mi si è detto di essersi adesso avverato nell’Italia uni-ficata di cui io presentai lo schizzo.

Ezzel Ma il seme, per quanto so non fruttificò in Francia per mezzo deltuo nipote che con stupenda astuzia, imitandoti atterrò la repubblica, es’innalzò gigante sul tuo soglio imperiale.

Nap E fece bene, e avvedutamente; perché alla Francia di 36 milionid’uomini998 per esser troppo popolosa ed i suoi nativi troppo ferventi eimpetuosi è inadatta a quella forma di governo, Ma tu quanto prode nellearmi, altrettanto, o più mostro di crudeltà, che sapesti far per l’Italia quan-_________________________________

994 Segue cancellata la parola: “prigionia”.995 Seguono, cancellate, le parole: “scomparire il dritto”.996 Seguono, cancellate, le parole: “, e l’aggregasti alla Francia”.997 Segue, cancellata, la parola: “fugai”.998 Seguono, cancellate, le parole: “per loro indole”.

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do ti arrise la sorte? Oltre che straziare gli uomini con nuove specie di tor-menti, e in ciò superasti Massenzio, e con l’immensa effusione di sanguerappresentasti l’oceano tempestoso che divora intere e numerose flotte eignora le viscere e il sangue di migliaia d’uomini.

Ezzel Ma tu che numerasti le vittorie e le poche sconfitte quasi coigiorni dell’anno che rappresentavi?

Nap Io al tuo paragone, sebbene in una cerchia vastissima che abbrac-ciava l’Europa, e parte dell’Asia, e dell’Affrica, non figuravo che comel’umile Sebeto che ingrossando nell’autunno e nel verno reca danni con letorbide e fangose le acque.

Ezzel Ho inteso a dire che tu sacrificasti alla tua delirante e insaziabi-le ambizione cinquanta milioni di uomini trà i tuoi francesi e gli stranieriche provocavi a incessanti e sanguinose battaglie.

Nap Forse anche di più in 23 anni d’incessanti imprese militari e con-tra tutti i sovrani congiurati a sterminar la Francia e perdermi; ma io solostiedi fermo e l’affrontai e se spargevo il sangue de’ francesi e più de’nemici esponendomi a grandi pericoli non era per capriccio o per efferataferocia come tu operavi ma pel sublime scopo d’innalzar999 all’apice dellagloria la mia nazione, e atterrar la tirannide straniera.

Ezzel Ma perché appelli la Francia tua nazione, s’eri nativo di Corsica,isola italiana?

Nap Perché divenne francese con la conquista ed io con le vittorie chesino prè riportai.

Ezzel Dì piuttosto col tuo tradimento in opposizione al fido ed eccelsoPaoli che difese la Corsica, come ho letto, fino all’ultimo fiato la sua dilet-ta patria.

Nap Ma non seppe conoscer che mal poteasi sostenere contro laFrancia, e che meglio convenivale divenir sua figlia adottiva che debolie inetta nemica. Egli, sebbene avverso a me, credo dovergli render lodecome prode ed onesto cittadino, ma non già come avveduto politico. Epoi fidarsi negli Inglesi sempre ingannevoli alleati? Io benché giovinet-to conobbi meglio di lui in età provetta la misera condizione dellaCorsica, cui giovar potea soltanto la protezione della Francia sotto la miaguarentigia.

Ezzel Tu conoscesti ciò che potea vantaggiar la tua ambizione perinnalzarti al massimo potere, afferrasti alfine lo scettro baloccando i fran-cesi facili ad illudersi e ad essere abbacinati a’ lampi di una gloria fugace._________________________________

999 Seguono cancellate le parole: “a somma”.

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Bon. Ma stringendo lo scettro imperiale non abbandonai la spada.Ezzel Ma questa per troppa temerità onde credevi sfidar anche la natu-

ra e i suoi geli in Mosca ti ridusse prigioniero a Sant’Elena ove peristidisperato, e facesti cader la Francia in potere de’ nemici sotto gli antichicappi borbonici.

Bon. Ma io sono già stanco di garrir teco e d’invilirmi con un sangui-nario masnadiere.

Parte e sovviene l’imperator Federico II lo Svevo

Dialogo 2

Fed. Mentr’io passeggiavo qui presso potea, o tracotante Ezzelinoascoltare fremendo, i tuoi insolenti rimproveri al più grande capitano econquistatore de’ tempi di cui letto avea la nobile e gloriosa, degno dipareggiarsi a me’ anzi a Giulio Cesare indi imperator de’ romani.

Ezzel Troppa modestia, fuori del consueto in te, mio diletto suocero, etroppa esaltazione per Bonaparte, che non seppe bene imitarti e moltomeno eguagliare il gran Giulio Cesare.

Fed. Taci infame capitan di ventura che prima corresti al mio serviziopoi mi tradisti, tu nelle tue arie di assassino non aver alcuno scopo politi-co ne a riunir l’Italia né a purgarla da tirannetti, né a incivilirla come ioavea tentato innalzando università, alimentando studenti e chiamando puretutti i più dotti scienziati e costui con miglior fortuna nel progresso de’tempi seppe imitarmi: s’egli non protesse i poeti com io, essendo poetafatto avea promosse bensì la scienza più utile alla società che al mio temponon erano né pur nata, e al suo adulta. La società degli scienziati che recòseco nell’Egitto; mentre egli lo sfolgorava con la spada e inferivaInghilterra la sua acerba nemica, dava con la penna degli scrittori france-si nuova luce alle contrade del Nilo.

[Ezzel] Tu fosti non solo il primo e invitto guerriero; ma un gran luminardi dottrina del nostro secolo rabbuiato dall’ignoranza, tu filosofo tu poeta eprotettore de’ poeti, e promotor nella tua della nuova sicolo-italica favella, tuesperto nelle dotte antiche e posteriori lingue; tu legislatore, tu apristi nuoveuniversità di studii e soccorresti e incoraggiavi i giovani che le frequentava-no, tu raccogliesti numerosi codice della prisca sapienza, nulla a te mancavafuorche l’arte di saper maneggiare con più fine scaltrezza l’astuta corte roma-na che più volte ti fulmino con gli anatemi per sollevarti i popoli.

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Fed. Ciò è vero, ma tenni saldo e ne risi; ma credi tu che Napoleonenon abbia fatto altrettanto anzi più1000 di me e di Cesare con la spada e colsuo colto e sfolgorante ingegno a pro delle scienze e delle lettere, come horicavato nel legger le memorie della sua che mi han ricolmato di stupore.

Ezzel Tu guardi in uno specchio, e credi nella tua immagine ravvisar-vi quella di Napoleone anche nella coltura scientifica e letteraria.

FedTaci vile adulatore, e inetto avversario di quel grand’uomo.

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1000 Seguono, cancellate, le parole: “per favor della fortuna”.

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Indice alfabetico degli artisti citati nel manoscrittodi A. Gallo Ms. XV.H.20.1-2.

Abbate Vincenzo (Ms. XV.H.20.2., cc. 10r, 13v) p. 293, 296Adelfio Antonio (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 365v, 375v) » 170, 260, 271Agnetta Antonio (Ms. XV.H.20.1., c. 248r) » 174Agrola (Ms. XV.H.20.2., c. 265v) » 472Aiello Salvatore (Ms. XV.H.20.2., c. 72r) » 340Alastra Vito (Ms. XV.H.20.2., c. 69r) » 338Albeggiani Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 318v) » 510Albeggiani Michele vedi Albeggiani GiuseppeAlberti Pietro (Ms. XV.H.20.2., cc. 68r-69v) » 336-338Alberto Carmela (Ms. XV.H.20.2., cc. 254r, 255r) » 462, 464Alberto Gaetano (Ms. XV.H.20.2., cc. 254r, 255r) » 462, 464Algozer (Ms. XV.H.20.1., c. 359r) » 257Aloysio Juvara Tommaso (Ms. XV.H.20.1., cc. 259r, 285v, » 179, 200, 202,

287v, 302v; Ms. XV.H.20.2., c. 262v) 213, 470 Amato Giacomo (Ms. XV.H.20.2., c. 319r-v) » 511Amato Paolo (Ms. XV.H.20.1., cc. 164r, 178r; Ms. XV.H.20.2., » 115, 128,

cc. 288r-289v, 316v, 343r) 481-483,509, 527

Anastasi Rosario (Ms. XV.H.20.1., cc. 137v, 218v; » 93, 151,Ms. XV.H.20.2., c. 163r, 178r) 404, 414

Anemolo Vincenzo detto il Romano vedi Azani Vincenzo degliAntonello da Messina (Ms. XV.H.20.1., cc. 170v, 229v) » 111, 122,

128, 163Arcangelo (padre cappuccino) (Ms. XV.H.20.1., c. 243v;Ms. XV.H.20.2., c. 72r) » 171, 341Astorino Gherardo (Ms. XV.H.20.1., c. 186r) » 138Attinelli Salvatore (Ms. XV.H.20.1., c. 368v; Ms. XV.H.20.2., » 262, 346, 518

cc. 79v, 325v)Azani Vincenzo degli (Ms. XV.H.20.1., cc. 134r, 147r, 157r, » 89, 103, 109

165r, 170v, 229v ; Ms. XV.H.20.2., cc. 46r, 81v, 101r-102v, 116, 117, 122,176r) 163, 326, 348,

361-363, 411

Bagnasco Girolamo (Ms. XV.H.20.1., cc. 135r-v, 136v, 257v) » 90-91, 178, 414Bagnasco Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 359r, 364v, 365v, » 90, 170, 257,

372v, 375r; Ms. XV.H.20.2., c. 178r) 259, 260, 268,270, 413

Bagnasco Nicolò (Ms. XV.H.20.1., c. 183v) » 134Bagolino Sebastiano (Ms. XV.H.20.2., c. 104r-v) » 363-364Barba Filippo (Ms. XV.H.20.1., c. 360r) » 258

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574

Barba Luigi (Ms. XV.H.20.2., c. 178r) » 414Barbera Rosolino (Ms. XV.H.20.1., cc. 137v, 375r; » XV, 92, 120,

Ms. XV.H.20.2., cc. 147r, 148r, 149v, 150r-v, 152r-v, 153r, 270, 394-401, 154v, 155r-v, 156r, 157r-v, 158v, 159r, 161v, 163r, 164r, 404, 405, 414,178r, 197r, 197r bis) 423-424

Barbieri Giovanni Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 22r) » 303Barisano da Trani (Ms. XV.H.20.2., c. 347r) » 527Barone Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 382r) » 275Basile Giovanni Battista Filippo (Ms. XV.H.20.2., cc. 178r, » 104, 413, 505,

314r-v, 315v, 316r, 318v) 506, 508, 511Bellomo Onofrio (Ms. XV.H.20.2., c. 246v) » 454Benvenuti Pietro (Ms. XV.H.20.1., cc. 231r, 231bis r, 231bis v, 240v, » 165, 166, 169,

252v, 276r, 259v; Ms. XV.H.20.2., cc. 32r, 33r-v, 34r, 72r) 176, 191, 258,312, 313, 315,

341Benzo Salvatore (Ms. XV.H.20.2., cc. 10r, 139r-v, 187v) » 288, 293, 389Bianchi Antonino (Ms. XV.H.20.2., c. 246v) » 454Boeto (Ms. XV.H.20.2., c. 277v) » 478Bonanno Antonino (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 245v) » 171, 173Bongiorno Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 338r-v) » 525Bongiovanni (famiglia) (Ms. XV.H.20.1., c. 135r) » 90Bonomo Giulio (Ms. XV.H.20.2., cc. 72r, 341v) » 340, 527Bordino Pietro (Ms. XV.H.20.2., cc. 14r, 84v) » 297, 351Borremans Guglielmo (Ms. XV.H.20.2., c. 22r, 381r) » 303, 548Brama vedi BramèBramè Giovanni (Ms. XV.H.20.2., c. 136v) » 386-388Bramè Paolo (Ms. XV.H.20.2., c. 136r-v) » 386-387Bramero vedi BramèBrami vedi BramèBruno Giambattista (Ms. XV.H.20.2., c. 17r-v) » 299Bucalo Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., cc. 12r, 26r) » 173, 186, 236

295, 307Buja Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 382r) » 275Buonarroti Michelangelo (Ms. XV.H.20.1., cc. 134r, 164v; » 89, 115, 116,Ms. XV.H.20.2., cc. 126r, 136r-v, 169v) 379, 387, 410Busato Giovanni (Ms. XV.H.20.2., c. 21r) » 301-302

Caccianiga Paolo (Ms. XV.H.20.1., c. 227r) » 159Calamaro Giovanni Calogero (Ms. XV.H.20.2., c. 47r-v) » 327Calamaro Vincenzo (Ms. XV.H.20.2., c. 47r-v) » 327Calandrucci Giacinto (Ms. XV.H.20.2., c. 115r) » 373Calascibetta Paolo (Ms. XV.H.20.1., c. 200r) » 144Caldara Polidoro vedi Polidoro da Caravaggio

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575

Calleani Antonio (Ms. XV.H.20.1., cc. 227v, 228r) » 159-161Calleani Battista (Ms. XV.H.20.1., cc. 227v, 228r) » 159-160Calleani Vittorio (Ms. XV.H.20.1., cc. 227v, 228r) » 159-161Camerano Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 337v-338r; » 143, 241,

Ms. XV.H.20.2., c. 19r-v) 243-244Camilliani Camillo (Ms. XV.H.20.1., c. 146v) » 102Camilliani Francesco (Ms. XV.H.20.1., c. 146v) » 101-102Cammarano Giuseppe vedi Camerano GiuseppeCampione Giacomo (Ms. XV.H.20.2., c. 46v) » 326Camuccini Vincenzo (Ms. XV.H.20.1., cc. 136r, 231r, 231v, » 91, 165, 166,

231bis r, 231bis v, 240v, 252v, 276r, 337r, 337v, 351r, 351v, 167, 169, 176,367r, 371r; Ms. XV.H.20.2., cc. 25v, 51r, 52r, 106r, 108r-v) 186, 191, 236,

242, 252-253,257, 261, 266307, 330, 331,364, 367, 368

Canova Antonio (Ms. XV.H.20.1., cc. 35v, 44v, 137v; » 5, 16, 92, 289,Ms. XV.H.20.2., cc. 22r, 162v, 164r, 179r, 186r) 303, 403, 405,

414, 483Caponetto Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 243r) » 170Cardella Antonio (Ms. XV.H.20.2., cc. 46v, 47v) » 326, 328Cardella Felice (Ms. XV.H.20.2., c. 47v) » 327, 328Cardella Libertino (Ms. XV.H.20.2., cc. 76r-77r) » 343-345Cardini Santi (Ms. XV.H.20.2., c. 246r) » 454Cardona Giovanni Emanuele (Ms. XV.H.20.1., c. 183v) » 134Carelli Gabriele (Ms. XV.H.20.2., c. 13r) » 296Carombene Stefano (Ms. XV.H.20.2., c. 261r) » 469Carracci Annibale (Ms. XV.H.20.2., c. 117r) » 243, 374Carreca Andrea (Ms. XV.H.20.1., c. 178r) » 128Carta Giuseppe <junior> (Ms. XV.H.20.1., cc. 136v, 243r, 359v, » 91, 170, 258,

360r, 372v, 375r, 375r; Ms. XV.H.20.2., cc. 24r, 178r) 268, 270, 413Carta Natale (Ms. XV.H.20.1., cc. 136v, 137r, 243r, 337r, 359r, » XIV, 91, 92,

360r, 365r, 375r; Ms. XV.H.20.2., cc. 24r-29r, 51v, 140v, 170, 171, 242,144r, 155r, 178r, 191r, 260r) 243, 257, 258,

260, 270, 292305-310, 331

390, 391, 399,413, 468

Carvillo *** (Ms. XV.H.20.2., c. 178r) » 414Casamassima Pietro (Ms. XV.H.20.2., c. 246v) » 454Castiglia Agostino (Ms. XV.H.20.2., c. 316r) » 508, 511Castiglia Pietro (Ms. XV.H.20.2., c. 178r) » 413Cataldi Paolo (Ms. XV.H.20.1., c. 375r) » 271

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Cavallari Cristoforo (Ms. XV.H.20.1., cc. 156v, 183r) » 108, 133, 504Cavallari Spatafora Domenico (Ms. XV.H.20.1., cc. 184v, 186r) » 135, 138Cavallari Francesco Saverio (Ms. XV.H.20.1., » XV, 66-68

cc. 110r-112v, 158v; Ms. XV.H.20.2., cc. 200r-201r, 206r-207v, 110, 426, 427,215r, 225r-v, 227r-v, 300r-302v, 313v-314r, 317v, 340r) 430, 431, 432,

437, 444, 445,494-497,

504-505, 509526

Cavos Alberto (Ms. XV.H.20.2., c. 21r) » 302Cento Salvatore (Ms. XV.H.20.1., c. 382r) » 275, 385Cimabue (Cenni di Pepe, detto) (Ms. XV.H.20.1., c. 132v; » 88, 287, 288,

Ms. XV.H.20.2., cc. 3r, 41v, 43r, 256r) 318, 319, 321,464

Cipolla Gaetano (Ms. XV.H.20.2., c. 49r) » 329Citaroto Giovanni Battista (Ms. XV.H.20.2., cc. 250r-252v, » 458-460, 462,

253r, 383r) 463, 548Citaroto Lorenzo (Ms. XV.H.20.2., c. 250r) » 458, 548Citaroto Tommaso (Ms. XV.H.20.2., cc. 250r-v, 252v, 383r) » 458, 463, 548Cocchiara Gioacchino (Ms. XV.H.20.2., c. 341r) » 526Cocchiara Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 142v; » 96, 460-464Ms. XV.H.20.2., cc. 252r-255v)Conca Sebastiano (Ms. XV.H.20.2., c. 46v) » 326Conigliaro Stefano (Ms. XV.H.20.1., c. 361r) » 259Conti Pasquale (Ms. XV.H.20.1., cc. 360r, 382r) » 258, 275Correggio, Antonio Allegri detto il (Ms. XV.H.20.1., » 89, 92, 108, 184,

cc. 136v, 157r, 266v, 329v; Ms. XV.H.20.2., cc. 32r, 34r, 210, 222, 223,120v, 126r, 132r, 133r, 364r-v) 238, 246, 312,

315, 377, 379,384, 385, 542,

543Cortegiani Ignazio (Ms. XV.H.20.1., c. 361r) » 259Cortegiani Michele (Ms. XV.H.20.1., cc. 337r, 359r, 375r) » 241-242

257, 270Cotardi Benedetto (Ms. XV.H.20.2., cc. 72r, 341r) » 340, 526Crastonuova Placido (Ms. XV.H.20.1., c. 382v) » 275Crescenzio Antonio (Ms. XV.H.20.2., c. 22v) » 304Crescenzio Guglielmo (Ms. XV.H.20.2., c. 22v) » 304Crizia (Ms. XV.H.20.2., c. 384r) » 549Cutelli Salvatore (Ms. XV.H.20.1., c. 243r) » 145, 149, 170Cutrona Francesco (Ms. XV.H.20.2., cc. 14r, 68r) » 297, 337

Daidone Agatino (Ms. XV.H.20.2., cc. 334r-335v) » 522-524

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577

Damiani Almeyda Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., » 413, 510, 527cc. 178r, 318r, 342r)

D’Anna Vito (Ms. XV.H.20.1., cc. 164r, 262r; Ms. XV.H.20.2., » 115, 180, 304,cc. 22v, 70r, 74r, 75r, 79r, 376r) 339, 342, 343,

346, 547D’Antoni Andrea (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 243v, 359r, 361r, » 170, 171, 257,

364v, 375r, 382r; Ms. XV.H.20.2., cc. 106r, 178r) 258, 259, 270,275, 364, 413

D’Azeglio Massimo (Ms. XV.H.20.2., c. 10v) » 241De Bernardis Calogero (Ms. XV.H.20.1., cc. 227v, 337v, » 160, 243, 253,

351v, 364v; Ms. XV.H.20.2., c. 309v) 259, 501Dedalo (Ms. XV.H.20.1., cc. 95r-99v; Ms. XV.H.20.2., » 53-59, 67, 388,

cc. 138r, 185v, 265v-267r, 275r-276v, 293r-v, 294v, 295r) 389, 420,472-476, 487,488, 489, 490

Del Duca Giacomo (Ms. XV.H.20.1., c. 164v) » 116De Lisi Benedetto (Ms. XV.H.20.1., c. 137v; » 93, 121, 404,

Ms. XV.H.20.2., cc. 163r, 164r, 178r) 405, 414Della Chiana Bartolomeo (Ms. XV.H.20.2., c. 169v) » 410Dell’Aquila Francesco (Ms. XV.H.20.2., cc. 78v, 262r-v) » 346, 469-470Dell’Aquila Pietro (Ms. XV.H.20.2., cc. 78r-v, 262r-v) » 345, 346,

469-470Della Valle Guttera (Ms. XV.H.20.2., c. 49r) » 329Del Pò Giacomo (Ms. XV.H.20.2., cc. 116r, 117r-120v) » 374-376Del Pò Pietro (Ms. XV.H.20.2., cc. 116r, 117r) » 374Del Pò Teresa (Ms. XV.H.20.2., cc. 116r, 120r-121v) » 374, 376-378Demofilo d’Imera (Ms. XV.H.20.1., cc. 105v, 231bis v; » 62, 166, 445,

Ms. XV.H.20.2., cc. 227r, 276v, 280v) 476, 480Denis Antoine (Ms. XV.H.20.1., c. 370v) » 265De Simone Francesco Enrico (Ms. XV.H.20.2., » 405, 413, 510,

cc. 178r, 318v, 342r) 511De Vigilia Tommaso (Ms. XV.H.20.2., c. 45r) » 122, 324Di Bartolo Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., cc. 314v-315r, 345r) » 506, 527Di Bernardis Calogero vedi De Bernardis CalogeroDi Chiara Marco (Ms. XV.H.20.2., c. 164r) » 405Di Giovanni Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 136v, 375r) » 91, 271Di Leo Giacomo (Ms. XV.H.20.2., c. 168r) » 408Di Maria Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 118r) » 375Di Martino Andrea vedi Martino AndreaDi Martino Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 304r-v) » XV, 498Di Martino Vincenzo (Ms. XV.H.20.1., cc. 184r, 185v; » 134, 137, 204,

Ms. XV.H.20.2., c. 297r-v) 216, 492-493,497-498

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Di Marzo Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 359r, » XII, 171, 257,364v, 375r) 259, 271

Di Simone *** (Ms. XV.H.20.2., c. 164r) » 405, 413Di Stefano *** (Ms. XV.H.20.1., c. 243v) » 171Dolce Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 359r, 361r) » 257, 259Domenichino, Domenico Zampieri detto il (Ms. XV.H.20.1., » 205, 217, 308,

cc. 290v, 305v; Ms. XV.H.20.2., cc. 26v, 117r-v, 118r-v) 374, 375Dufourny Léon (Ms. XV.H.20.1., cc. 120r, 180r; » 77, 129, 513

Ms. XV.H.20.2., c. 321v)Dulichio (Ms. XV.H.20.2., c. 43r) » 321Drusi Cosroe (Ms. XV.H.20.2., c. 21r) » 302Dyck Antoon van (Ms. XV.H.20.1., c. 156v; » 108, 308

Ms. XV.H.20.2., c. 27r)

Epifhanius vedi Rosso EpifanioErrante Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 365r; Ms.XV.H.20.2., c. 69v) » 260, 338

Fagan Robert (Ms. XV.H.20.1., cc. 157v, 264v, 369v; » 109, 182, 264,Ms. XV.H.20.2., cc. 21v, 278v) 302, 479Faija (fratelli) (Ms. XV.H.20.1., c. 243v) » 171Faija Guglielmo (Ms. XV.H.20.1., cc. 359r, 365v; » 257, 260, 385

Ms. XV.H.20.2., c. 133r)Faija Stefano (Ms. XV.H.20.2., c. 133r-v) » 385-386Falconieri Carlo (Ms. XV.H.20.2., c. 313r-v) » XV, 503-504Feace (Ms. XV.H.20.1., c. 105v) » 61Fecarotta Giovanni (Ms. XV.H.20.1., c. 375r) » 271Fedele da San Biagio (Ms. XV.H.20.1., c. 351v; » 114, 253, 343

Ms. XV.H.20.2., c. 75v)Felice da Palermo frate (Ms. XV.H.20.1., c. 184r) » 135Ferraiuolo Giovanni vedi Firriolo GiovanniFerrara Gandolfo (Ms. XV.H.20.2., c. 70v) » 339-340Fichera Marcantonio (Ms. XV.H.20.2., cc. 318r, 342r) » 510, 527Firriolo Giovanni (Ms. XV.H.20.1., c. 185r; » 135, 520-521

Ms. XV.H.20.2., c. 331r)Fischetti Fedele (Ms. XV.H.20.2., c. 19r-v) » 300, 301Fonduli o Fondulli Giovanni Paolo (Ms. XV.H.20.1., c. 147r) » 103Formisano Eugenio (Ms. XV.H.20.1., cc. 243v, 359r, 361r) » 171, 228, 257Fortino, Anna (Ms. XV.H.20.2., cc. 139r, 251r, 257r, 368r, 369r) » 156, 163, 389,

459, 466, 544Frataccia Carlo (Ms. XV.H.20.1., cc. 330r, 361r) » 239, 259Fratello Mirabile da Palermo vedi Mirabile Andrea Frattallone Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 178r) » 414

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579

Fuga Ferdinando (Ms. XV.H.20.1., cc. 163v, 164r, 184r, » 114, 135, 150,218r; Ms. XV.H.20.2., cc. 324r-325v) 516-517

Gaetano da Traina (padre) (Ms. XV.H.20.1., c. 243v) » 171Gagini Antonio (Ms. XV.H.20.1., cc. 51r, 143r, 152v, 163r, » 24, 96, 101,178r, 178v, 217v, 229v; Ms. XV.H.20.2., cc. 47v, 168v, 107, 113, 114,

169r-v, 180r, 185v, 192r) 128, 150, 163, 328, 409, 410, 415, 419, 421

Gagini Domenico (Ms. XV.H.20.2., c. 169v) » 410Gagini Fazio (Ms. XV.H.20.1., c. 217v; Ms. XV.H.20.2., c. 47v) » 150, 328Gagini Giacomo (Ms. XV.H.20.1., c. 217v; Ms. XV.H.20.2., c. 47v) » 150, 328Gagini Vincenzo (Ms. XV.H.20.2., c. 201r) » 427Gallo Agostino (Ms. XV.H.20.1., c. 243v) » 171Gambara Antonio (Ms. XV.H.20.2., c. 169v) » 410Garigliano Giovanni (Ms. XV.H.20.2., c. 46v) » 326Garofalo Vincenzo (Ms. XV.H.20.2., c. 381r) » 548Genovese Michele (Ms. XV.H.20.2., c. 85r) » 351Genovese Raffaello (Ms. XV.H.20.1., cc. 360r, 382r) » 258, 275Gentile Antonino (Ms. XV.H.20.1., c. 183r; » 133, 508

Ms. XV.H.20.2., c. 316v)Geraci Alessio (Ms. XV.H.20.2., cc. 70r, 75r-v) » 339, 342-343Giachery Carlo (Ms. XV.H.20.1., cc. 148v, 156v, 170r; » 105, 108, 121,

Ms. XV.H.20.2., cc. 316r-318r) 508-510Giaconia Salvatore (Ms. XV.H.20.1., c. 359r) » 257Giambologna (Ms. XV.H.20.2., c. 84v) » 351Giampallari Giovanni (Ms. XV.H.20.1., c. 365v) » 260Gioia Raimondo (Ms. XV.H.20.1., c. 197r; Ms. XV.H.20.2., » 139, 295, 340,

cc. 12v, 72r, 341r) 527Giotto (Ms. XV.H.20.1., c. 132v; Ms. XV.H.20.2., cc. 3r, 41v) » 88, 288, 318,

319Girgenti Paolo (Ms. XV.H.20.2., c. 19r-v) » 300-301Gorgaso (Ms. XV.H.20.2., c. 276v) » 476Gorgia (Ms. XV.H.20.2., c. 227r) » 445Graffeo Giacomo (Ms. XV.H.20.2., c. 168r) » 408Grigoletti Michelangelo (Ms. XV.H.20.2., c. 53r) » 332Grimaldi Antonio (Ms. XV.H.20.2., c. 246v) » 455Guadagnini Angelo (Ms. XV.H.20.1., c. 243r) » 170Guercio Gaspare (Ms. XV.H.20.1., c. 178v) » 128Gulotta Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 360r, 382r) » 258, 275

Helegen Jan van (Ms. XV.H.20.1., c. 156v) » 108Houbracken *** (Ms. XV.H.20.1., c. 226r) » 158

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580

Iperbio (Ms. XV.H.20.2., c. 265v) » 472

Juvarra (o Iuvara) Filippo (Ms. XV.H.20.2., cc. 99r, 311r) » 361, 502-503

La Barbera Carlo (Ms. XV.H.20.1., cc. 137v, 243r, 257v, 259r, » 93, 170, 178,365v, 372v, 375r) 258, 260, 268,

270, 271La Barbera Costantino (Ms. XV.H.20.2., cc. 163v, 164r) » 404-405La Barbera Rosolino vedi Barbera RosolinoLa Barbera Vincenzo (Ms. XV.H.20.2., c. 8r) » 288, 292, 304La Farina Francesco (Ms. XV.H.20.1., cc. 197r, 202r, 227v; » 139, 147, 160,

Ms. XV.H.20.2., c. 37r) 316La Manna Alessandro (Ms. XV.H.20.2., c. 246v) » 454La Manna Gioacchino (Ms. XV.H.20.2., c. 246v) » 454Lancerotti Francesco vedi Lanzarotti FrancescoLanfranco Giovanni (Ms. XV.H.20.2., c. 118r) » 375Lanza Ventimiglia Giovanni (Ms. XV.H.20.2., c. 12r) » 295Lanzarotti Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 146r-v) » 393-394Lanzerotti Carmelo (Ms. XV.H.20.2., c. 287r) » XV, 481Lanzirotti Giovanni Antonio (Ms. XV.H.20.2., c. 146r-v) » 393La Torre Ferdinando (Ms. XV.H.20.2., c. 164r) » 405Laudicina Michele (Ms. XV.H.20.2., cc. 14r, 84r) » 297, 350Laurana Francesco (Ms. XV.H.20.1., c. 178v; » 128, 410

Ms. XV.H.20.2., c. 169r, 169v)Lauria Arcangelo (Ms. XV.H.20.1., c. 185r) » 136La Via Luigi (Ms. XV.H.20.2., c. 49r) » 329Le Nôtre Andrè (Ms. XV.H.20.1., c. 178v) » 129Leyden Lucas van (Ms. XV.H.20.1., c. 156v) » 108Liardo Filippo (Ms. XV.H.20.2., c. 178r) » 413Licata Antonio (Ms. XV.H.20.1., c. 259v) » 258Li Mastri Francesco (Ms. XV.H.20.2., cc. 168v, 169r-v) » 409-410Lipari Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 383r) » 548Lipari Onofrio (Ms. XV.H.20.2., c. 72r) » 340Li Volsi Giambattista (Ms. XV.H.20.1., c. 200r; » 144, 328

Ms. XV.H.20.2., cc. 47v, 48r)Li Volsi Stefano (Ms. XV.H.20.2., c. 48r-v) » 328Lo Cascio Tommaso (Ms. XV.H.20.2., cc. 250r, 383r) » 458, 548Lo Castro Antonino (Ms. XV.H.20.2., c. 263r) » 470Lo Forte Salvatore (Ms. XV.H.20.1., cc. 136v, 200r, 201v, 243r, » 92, 145, 146,

245r, 252r, 253v, 264r, 359r, 375r; Ms. XV.H.20.2., cc. 30r, 170, 171, 172,106r-112r, 176r, 178r, 364r-v) 175, 176, 257,

259, 271, 311,364-371, 411,413, 542-543

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581

Lojacono Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 12v) » 296Lo Jacono Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 375r; » 271, 296

Ms. XV.H.20.2., c. 12v)Lojacono Luigi (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 365v; » 170, 260, 296,

Ms. XV.H.20.2., cc. 12v, 178r) 413Lo Jacono Pietro (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 359r, 360r, » 171, 257, 258,

361r, 382r) » 259, 275Lopes Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 114r) » 372Lorenzo di Credi (Ms. XV.H.20.1., c. 51r) » 24, 116Lo Verde Giacomo (Ms. XV.H.20.1., c. 219r) » 152Luparao Pietro (Ms. XV.H.20.2., c. 42v) » 328

Macario da Nicosia (Ms. XV.H.20.2., c. 48v) » 329Machino Andrea (Ms. XV.H.20.2., cc. 168r-169v) » 408-410Manna Cristoforo (Ms. XV.H.20.2., c. 17v) » 299-300Manno Antonio (Ms. XV.H.20.2., cc. 70r, 74r, 75r) » 339, 342, 343Manno Francesco (Ms. XV.H.20.2., cc. 70r, 74r, 75r) » 339, 342, 343Manno Salvatore (Ms. XV.H.20.2., cc. 70r, 74r, 75r) » 339, 342, 343Manno Vincenzo (Ms. XV.H.20.2., c. 69r) » 338, 339Marabitti Ignazio (Ms. XV.H.20.1., c. 120r; Ms. XV.H.20.2., » 77, 405, 414,

cc. 164r, 179r, 185v) 419Marchese Giambattista (Ms. XV.H.20.1., c. 365r) » 260Marchese Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 115r) » 373Marchione (o Marchionne) d’Arezzo (Ms. XV.H.20.2., c. 256r) » 464Marchionni Carlo (Ms. XV.H.20.2., c. 319v) » 512Marcione d’Ippolito (Ms. XV.H.20.2., c. 341r) » 526Marsiglia Gerlando (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 365r, » 170, 259, 270,

375r; Ms. XV.H.20.2., c. 40r) 318Martina Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 247r) » 455Martines Agostino (Ms. XV.H.20.2., c. 74r) » 342Martino Andrea Antonio (Ms. XV.H.20.1., cc. 259v, 365r; » 258, 260, 312,

Ms. XV.H.20.2., cc. 33r-34v, 72r, 178r) 313-315, 341,413

Martorana Gioacchino (Ms. XV.H.20.2., cc. 31r, 128r, 247r) » 312, 381, 455Marvuglia Alessandro Emanuele (Ms. XV.H.20.1., cc. 156r, » XV, 16, 108,

168v, 181v, 226v, 240r, 240v; Ms. XV.H.20.2., cc. 162v, 120, 131, 133,296r, 307r, 309r, 314r, 315v, 316r, 316v, 319r, 322r, 325v, 332r) 159, 169, 403,

491, 499, 501,504, 505, 507,508, 511, 514,

518, 521Marvuglia Domenico (Ms. XV.H.20.2., c. 314r-v) » 505-506

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582

Marvuglia Giuseppe Venanzio (Ms. XV.H.20.1., cc. 156r, 164r, » XV, 16, 30, 89,165r, 168v, 180r, 182r, 182v, 183r, 184r, 226v, 263v; 103, 108, 114,Ms. XV.H.20.2., cc. 289v, 296r, 297r, 298v, 304r, 305r, 307r, 116, 120, 129,309r, 314r, 315v, 316v, 317r, 317v, 319r-325v, 329r, 331r) 131, 132, 133,

134, 135, 159,181, 483, 491,492, 494, 497,499, 500, 504,505, 507, 508,509, 511-518,

519, 520Matera Giovanni (Ms. XV.H.20.1., c. 135r) » 90Maturino da Firenze (Ms. XV.H.20.2., c. 102r) » 362Mazzarese Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 163v) » 404Melazzo (o Milazzo) Ferdinando (Ms. XV.H.20.1., cc. 244v, » 172, 173, 177,

246r-v, 256r, 277v, 339v, 340r) 193, 245Meli Giosuè (Ms. XV.H.20.2., cc. 123r, 125r-v) » XV, 378, 379Meli Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 51r, 231r, 243r, 267v, 359r, » 24, 165, 170,

364v; Ms. XV.H.20.2., cc. 22r, 106r-v, 178r, 198r-v) 185, 235, 257,259, 303, 364,365, 413, 424,425, 452, 453,

454Mentore (Ms. XV.H.20.2., c. 277v) » 478Milazzo Popò (Ms. XV.H.20.1., c. 382r) » 275Minutilla Lauria Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 359r) » 170, 257Mirabella Nicolò (Ms. XV.H.20.2., c. 46r) » 325Mirabile Andrea (Ms. XV.H.20.2., c. 315r) » 507Morello Nunzio (Ms. XV.H.20.1., c. 137v; Ms. XV.H.20.2., » 93, 211, 223

cc. 107r, 109v, 112r, 163r, 164r) 366, 369, 371,404, 405

Moretti Mattia (Ms. XV.H.20.2., c. 246v) » 454Mosca Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 359r, 361r) » 257, 259Moscuzza Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 318v) » 511

Naccherino Michelangelo (Ms. XV.H.20.1., c. 146v) » 101Narbone Alessio (Ms. XV.H.20.1., cc. 98v, 105r; » XV, 58, 60,

Ms. XV.H.20.2., cc. 86r-95r) 326, 352-358Navarro Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 365r) » 259Nicoletti Franceso (Ms. XV.H.20.2., c. 305r) » 498Nicolini, Filippo (Ms. XV.H.20.2., cc. 256v, 257r-v, 258r) » 465, 466-467Nicolò da Pettineo (Ms. XV.H.20.2., c. 168r) » 408Nizzola Giovanni (Ms. XV.H.20.1., cc. 243v, 359r, 361r; » 171, 257, 259,

Ms. XV.H.20.2., c. 133r) 271, 385

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583

Novelli Pietro (Ms. XV.H.20.1., cc. 134v, 157r, 163v, 164v, » 9, 16, 89, 90,166r, 166v, 169r, 186r, 219r, 226r, 226v, 229v, 231bis r; 103, 109, 113,Ms. XV.H.20.2., cc. 22v, 28 bis v, 69v, 106r, 109r, 115r, 115, 116, 118,136r, 289r, 309r, 364r-v) 120, 138, 152,

158, 159, 163,166, 176, 209,221, 304, 310,338, 343, 364,368, 373, 387,482, 501, 542,

543Novelli Rosalia (Ms. XV.H.20.1., cc. 170v, 219r, 229v) » 122, 152, 163,

228

Paladini Filippo (Ms. XV.H.20.2., c. 394r) » 556Palazzotto Emanuele (Ms. XV.H.20.1., cc. 184r, 185r, 185v; » 30, 103, 114,

Ms. XV.H.20.2., c. 318r) 135, 136, 137,230, 510

Palermo Emanuele (Ms. XV.H.20.2., cc. 318r, 323v) » 510, 516Palermo Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 315v) » 507Pampillona Baldassare (Ms. XV.H.20.1., c. 178r) » 128Panebianco Michele (Ms. XV.H.20.2., cc. 29r, 50r-59v, » 211, 223, 310,

60r-65v) 330-336Patania Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 35v, 37v, 38v, 39r, 50v, 52v, » XII, XII, XIV,

68v, 135v, 136v, 137v, 169r, 197r, 197v-200r, 201r-v, 203r, 5, 8, 9, 10, 23,211r, 225r, 227v, 234r-253r, 254r-381r; Ms. XV.H.20.2., 24, 26, 35, 91,cc. 11v-12r, 21v, 22v, 24r-v, 25v, 26r, 28bis r-v, 30r, 34v, 37r, 92, 120, 139,39r, 72r, 76r, 79r-v, 82r-v, 83v, 98r, 99v, 100r, 106v, 107v, 140-149, 157,108r-v, 109v, 110r-v, 112r, 115v, 121v, 128r-129v, 132v, 160, 166-275,133r, 163r, 185v, 186r, 252v, 253v, 307v, 309v) 289, 294, 295,

302, 304, 305,306, 307, 309,310, 311, 315,316, 317, 341,344, 346, 349,350, 359, 360,361, 365-370,371, 374, 377,381, 382, 384,385, 404, 419,461, 463, 500,

501

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584

Patricola Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., » 130, 134, 437cc. 181r, 184r; Ms. XV.H.20.2., c. 215r, 325v) 517

Patricolo Giovanni (Ms. XV.H.20.1., cc. 170r, 265r, 267v, 278v, » 121, 183, 185,360r, 366v, 382r; Ms. XV.H.20.2., cc. 30r, 37r, 115r-v) 195, 258, 259,

261, 275, 311,316, 372, 374

Patti Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 186r; Ms. XV.H.20.2., » 209, 222, 500,cc. 309r-v, 332r) 502, 521

Patti Pasquale (Ms. XV.H.20.2., c. 309r-v) » 500, 502Pennica *** (Ms. XV.H.20.2., c. 298r-v) » 493-494Pennino Filippo (Ms. XV.H.20.1., c. 184v) » 135Pequinot Jean Pierre (Ms. XV.H.20.1., cc. 279r, 370v) » 196, 265Peraino Carmelo (Ms. XV.H.20.2., c. 69r-v) » 338Peranni Gaspare (Ms. XV.H.20.2., c. 12v) » 296Perdichizza Antonino (Ms. XV.H.20.1., cc. 359r, 361r) » 257, 259Perugino, Pietro di Cristoforo Vannucci detto il » 158, 347, 348,

(Ms. XV.H.20.2., cc. 81r-v, 146r) 394Piazzia (padre) da Palermo (Ms. XV.H.20.2., c. 10r) » 293Picheler Antonio (Ms. XV.H.20.2., c. 14r) » 297Piemonte Litterino (Ms. XV.H.20.2., cc. 150v, 188r-191r) » 290-292, 397Pinelli Bartolomeo (Ms. XV.H.20.1., c. 228r) » 161Piombo Leonardo (Ms. XV.H.20.1., c. 361r) » 259Pistolesi Saverio (Ms. XV.H.20.1., c. 228v) » 161Pitagora Leontino (Ms. XV.H.20.1., c. 105v) » 61, 478Pittineo Nicolò vedi Nicolò da PettineoPizzillo Luigi Aloysio (Ms. XV.H.20.2., cc. 42r, 163v) » 319, 404Pizzillo Michele (Ms. XV.H.20.2., c. 44v) » 324Planzone Filippo (Ms. XV.H.20.2., cc. 176r-177r, 369r) » 411-413, 544Podesti Francesco (Ms. XV.H.20.1., c. 137r) » 92Policleto (Ms. XV.H.20.1., c. 105v) » 61Polidoro da Caravaggio (Ms. XV.20.1., c. 134r; » 89, 271,

Ms. XV.H.20.2., cc. 102r-v, 136r) 362-363, 387Politi Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 70v) » 339Pollet Joseph Michel-Ange (Ms. XV.H.20.1., c. 137v; » 93, 394, 405

Ms. XV.H.20.2., cc. 146v, 164r)Pollina Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 68r) » 337Pomazzo Antonio (Ms. XV.H.20.2., c. 44r) » 323Potenzano Francesco (Ms. XV.H.20.1., c. 147v) » 104Poussin Nicolas (Ms. XV.H.20.2., cc. 117r, 117v) » 141, 211, 374Priolo Paolo (Ms. XV.H.20.1., c. 359v) » 258Provenzale Filippo (Ms. XV.H.20.1., c. 382r; Ms. XV.H.20.2., » 275, 328

c. 48v)

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585

Puglia Nicolò (Ms. XV.H.20.1., cc. 183r, 184r, 185v, 258r, » XV, 133, 134,259r; Ms. XV.H.20.2., cc. 178r, 307r-v, 332r) 136, 137, 146,

178, 179, 231,413, 499-500,

521

Quattrocchi Francesco (Ms. XV.H.20.1., cc. 135r, 135v, 181r, » 90, 91, 130,183v, 184v, 257r) 134, 135, 177

Quattrocchi Liberto (Ms. XV.H.20.1., c. 182v) » 132

Ragusa Giovanni Battista (Ms. XV.H.20.1., c. 225r) » 157Raimondi Ferdinando (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 365r, 375r) » 170, 260, 270Raineri Nicolò (Ms. XV.H.20.1., cc. 183r, 183v, 184v, 185r, » 133, 134, 135,

185v, 186r; Ms. XV.H.20.2., c. 289r) 136, 137, 138,199, 482

Raineri Pietro (Ms. XV.H.20.1., c. 181r) » 130, 511Ramistella Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 360r, 382r) » 258, 275Randazzo Filippo (Ms. XV.H.20.2., cc. 46v-47r) » 326-327Rasura Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 282r) » 275Regginello Ferdinando (Ms. XV.H.20.2., c. 246v) » 454Reni Guido (Ms. XV.H.20.2., cc. 25v, 109v, 120v) » 243, 306, 369Riolo Antonio (Ms. XV.H.20.1., c. 185r) » 136Riolo Rosario (Ms. XV.H.20.1., c. 177v; » 455, 456, 457

Ms. XV.H.20.2., cc. 246v-247v, 248r-v)Riolo Tommaso (Ms. XV.H.20.2., c. 247r) » 455Riolo Vincenzo (Ms. XV.H.20.1., cc. 52v, 136v, 169r, 181r, » 26, 92, 120,

183v, 185r, 200r-v, 225r, 227v, 238r, 239r, 240r, 246v, 264r, 130, 134, 136,264v, 265r, 266v, 275r, 276r, 276v, 278r, 278v, 279r, 279v, 144-145, 157,314r, 329r, 366r, 366v, 369v, 370r, 371v, 375r; Ms. XV.H.20.2., 160, 167, 168,cc. 11v, 12r, 30r, 31r, 37r, 39r, 73r, 83v, 106r-107v, 115v, 162r, 169, 173, 182,246v, 252r) 183, 184, 189,

191, 192, 194,195, 196, 212,228, 238, 260,

261, 263, 264-265, 266,270, 294, 295,310-311, 312,

316, 317,341-342, 350,364-366, 374,402, 403, 454,455, 466, 526

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586

Roderigo Luigi vedi Rodriguez Luigi Rodriguez Luigi (Ms. XV.H.20.2., cc. 9r, 22v) » 292, 304Rollari Francesco di Paola (Ms. XV.H.20.2., c. 178r) » 413Rollo Antonino (Ms. XV.H.20.2., c. 181r) » 415-416Romano Giulio (Ms. XV.H.20.2., c. 117r) » 374Rosaspina *** (Ms. XV.H.20.1., c. 228r) » 161Rossi Mariano (Ms. XV.H.20.1., cc. 184v, 337v, 351v) » 135, 242, 243,

253Rosso Epifanio (Ms. XV.H.20.2., c. 122r-v) » 378Ruggi Lorenzo (Ms. XV.H.20.1., c. 247r) » 174Ruzzolone Pietro (Ms. XV.H.20.2., cc. 1r, 22r, 81r-v) » 287, 303,

347-348

Sabatini Francesco (Ms. XV.H.20.2., cc. 305r, 319v) » 499, 511-512Sacco (fratelli) (Ms. XV.H.20.1., c. 243v) » 171Sacco Francesco (Ms. XV.H.20.1., c. 359r; Ms. XV.H.20.2., » 257, 385

c. 133r)Salerno Giuseppe detto Zoppo di Ganci (Ms. XV.H.20.2., c. 22r) » 303Salvaggio Giovanni Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 12r) » 295Santifollar Ferdinando (Ms. XV.H.20.1., cc. 360r, 382r) » 258, 275Sanseverino Bartolomeo (Ms. XV.H.20.2., c. 37r) » 316Sanzio Raffaello (Ms. XV.H.20.1., cc. 51v, 147r, 156v, 157r, 165r, » 3, 24, 102, 103,

201v, 226r, 229v, 295r, 310v, 313r, 332r, 341r-350v, 353r-v, 108, 109, 116,355r; Ms. XV.H.20.2., cc. 2r, 16r, 19r, 26v, 68r, 69r, 81r-v, 141, 147, 158,102r-v, 107r, 126r, 146v, 163v, 176r) 163, 211, 224

227, 240, 246-252, 256,271, 287, 298,301, 308, 336,338, 347, 348,362, 366, 379,394, 404, 411

Sarullo Pasquale (Ms. XV.H.20.1., c. 243v) » 171Sauro Nicolò (Ms. XV.H.20.2., c. 47r) » 327Scaglione Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 256r; Ms. XV.H.20.2., » 160, 177, 384

cc. 132v-133r)Scalia Luigi (Ms. XV.H.20.1., c. 243v) » XII, 171, 207,

220Scuderi Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 84v) » 351Serpotta Procopio (Ms. XV.H.20.2., c. 331r) » 520Silanione (Ms. XV.H.20.2., c. 277v) » 478Siracusa Federico (Ms. XV.H.20.2., cc. 165v, 179r, 187v) » 289, 407,

414-415

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587

Solfarello Vito (Ms. XV.H.20.1., c. 178r) » 128Solimena Francesco (Ms. XV.H.20.2., cc. 118v, 119r) » 375, 376Sottile Andrea (Ms. XV.H.20.2., cc. 16r, 71r, 72r, 250r) » 298, 340, 341,

458Sozzi Francesco (Ms. XV.H.20.2., c. 31r) » 180, 312Sozzi Olivio (Ms. XV.H.20.2., c. 317v) » 509Spallina Girolamo (Ms. XV.H.20.1., c. 361r; Ms. XV.H.20.2., » 259, 385

c. 133r)Spampinato Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 382r) » 258, 275Speranza Luigi (Ms. XV.H.20.1., c. 185r) » 136Stomer Matthias (Ms. XV.H.20.2., c. 22r) » 302Suriano (Ms. XV.H.20.2., c. 138r) » 388

Tamiro vedi TomiroTenerani Pietro (Ms. XV.H.20.1., c. 337r; » 242, 332-333,

Ms.XV.H.20.2., cc. 54r-56r, 164r) 405Tiziano (Ms. XV.H.20.1., c. 134r; » 89, 141, 308,

Ms. XV.H.20.2., cc. 26v, 53r, 220r) 332, 440Tomiro (Ms. XV.H.20.2., cc. 166r, 204r, 211r-v) » 408, 430, 433Torregrossa Rosario (Ms. XV.H.20.2., c. 318r) » 510, 511Toschi Paolo (Ms. XV.H.20.1., cc. 341r-350v) » 246-252Tranchetta Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 243r, 359r, 361r) » 171, 257, 259Tranchida Pier Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 178r) » 413Trapiano (o Tropiano) Simone (Ms. XV.H.20.2., c. 338r-v) » 525Tresca, Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 3r) » 288Tripi Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 314r; » 228, 295, 341,

Ms. XV.H.20.2., cc. 11v, 72r, 82v) 349Tripiciano Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., c. 178r) » 413

Ugdulena Francesco (Ms. XV.H.20.2., cc. 70r, 70v, 71r, 75r-v) » 339, 340,342-343

Vaccarino Giambattista (Ms. XV.H.20.2., c. 308r) » 500Vannucci Pietro vedi Perugino, Pietro di Cristoforo Vannucci detto ilVanvitelli Luigi (Ms. XV.H.20.2., c. 319v) » 511Varvaro Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., c. 382r) » 275Velasques Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 52v, 136r, 163v, 164r, » XII, 26, 91,169r, 180r, 184v, 197r, 197v, 202r, 225r, 227r, 228r, 229v, 231v, 113, 114, 120,231bis r, 231bis v, 238r, 238v, 239r, 239v, 246v, 256r-v, 262r, 264r, 129, 135, 139,264v, 265r, 266v, 273v, 276r, 277r, 278r, 279r, 314r, 325r, 328r, 140, 147, 157,329r, 337r, 337v, 351r, 351v, 359r, 365v, 366r, 366v, 368v, 369r, 159, 160, 161,370r, 371r, 375r; Ms. XV.H.20.2., cc. 3r, 11v, 19v, 24r, 25v, 30r, 163, 166, 167,

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588

37r, 39r, 66r, 68v, 70r, 73r, 79v, 106v, 107v, 108r, 109v, 130r, 168, 173, 177,132v, 186r, 321v, 323r) 180, 182, 183,

184, 189, 191,192, 194, 196,228, 235, 237,238, 241, 242,243, 252, 253,257, 260, 261,262, 263, 264,266, 270, 288,289, 294, 301,305, 306, 307,311, 315, 316,317, 336, 337,338, 339, 342,347, 365, 366,367, 369, 382,384, 514, 515

Verderame Benedetto (Ms. XV.H.20.2., cc. 318v, 342r) » 510, 527Veronese Paolo (Ms. XV.H.20.2., c. 53r) » 332Vervloet Franz (Ms. XV.H.20.1., c. 267v; Ms. XV.H.20.2., c. 10r) » 185, 294Villareale Valerio (Ms. XV.H.20.1., cc. 35v, 44v, 51r-v, 52v, 127v, » XV, 5, 16, 23,

132v, 137v, 144v, 152r, 156v, 157v, 166v, 167r, 168r, 169r, 24, 26, 82, 88,169v, 182r, 184v, 218v, 225r, 226r, 240r, 240v, 256r, 353v, 91, 92, 93, 99,375r; Ms. XV.H.20.2., cc. 3r, 139r, 146v, 155r, 162r-165v, 106, 107, 108,179r, 187v, 218v, 246v, 252r-v, 253v, 254r, 255r) 109, 118, 119,

120, 132, 135,151, 157, 169,170, 171, 177,255, 258, 270,288, 389, 394,399, 402-407,414, 415, 439,455, 460, 461,462, 463, 464

Vitale Giuseppe (Ms. XV.H.20.1., cc. 360r, 382r) » 258, 275Vitta, Giuseppe (Ms. XV.H.20.2., cc. 85r, 260r) » 351, 468Vogel Carl Christian (Ms. XV.H.20.2., c. 21v) » 302Volpes Pietro (Ms. XV.H.20.1., cc. 243, 359r, 361r) » 171, 257, 259

Waincher Pietro (Ms. XV.H.20.1., cc. 50v, 228r) » 23, 161Wicar (Vicar o Vicart) Jean Baptiste Joseph » 167, 182, 264

(Ms. XV.H.20.1., cc. 238v, 264r, 278r)

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589

Wobreck Simone de (Ms. XV.H.20.2., cc. 22v, 44r) » 304, 323

Zacco Antonio (Ms. XV.H.20.2., c. 259r) » 467-468Zampieri Domenico vedi Domenichino, Domenico Zampieri detto ilZangari Tommaso (Ms. XV.H.20.2., c. 296r) » 491-492Zappulla Michele (Ms. XV.H.20.2., c. 318v) » 511Zarbo Angelo (Ms. XV.H.20.1., c. 243r) » 170Zerilli Francesco (Ms. XV.H.20.2., cc. 82r- 83v) » 204, 217,

349-350Zeusi di Eraclea (Ms. XV.H.20.1., cc. 105v, 231bis v, 353v; » 62, 161, 166,

Ms. XV.H.20.2., cc. 276v, 280v) 255, 476, 477,480

Zoppo di Ganci vedi Salerno GiuseppeZumbo (o Zummo) Gaetano Giulio (Ms. XV.H.20.1., » 151-156

cc. 219r-224v)

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INDICE GENERALE

Presentazione di Francesco Vergara Caffarelli p. V

Nota tecnica » IX

Introduzione di Angela Mazzè » XI

Notizie di artisti Siciliani da collocarsi ne’ registri secondo l’epoche » 1rispettive raccolte da Agostino Gallo Parte prima (Ms. XV.H.20.1.)

Notizie di artisti Siciliani da collocarsi ne’ registri secondo l’epoche » 285rispettive raccolte da Agostino Gallo Parte seconda (Ms. XV.H.20.2.)

Indice alfabetico degli artisti » 573

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