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FORMAZIONE Se non studi non ricandidi >34 EUROPA Appello a difesa delle cooperative >38 ECONOMIA La favola dei contributi >46 NEWSCOOP - Cooperazione nel mondo >20 - Unione a sette note in Alto Garda >29 POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1, DCB TRENTO RIVISTA PER AMMINISTRATORI E DIPENDENTI DELLA COOPERAZIONE TRENTINA - www.cooperazionetrentina.it . carta ecologica N° 10 - NOVEMBRE 2010 05 MAURA FRANCHI Consumi, qualità e stili di vita 09 STEFANO ZAMAGNI Autonomia non è indipendenza 32 FABIO ZAMBOTTI Che Lomaso sarebbe senza cooperazione I nostri . La storia, il futuro

I nostri . La storia, il futuro - cooperazionetrentina.it fileil futuro del sistema a confronto tra la visio-ne sociale di Fabio Svaldi, imprenditoriale di Enzo Zampiccoli e gli stimoli

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F O R M A Z I O N E

Se non studi non ricandidi >34

E U R O P A

Appello a difesa delle cooperative >38

E C O N O M I A

La favola dei contributi >46

N E w S C O O P

- Cooperazione nel mondo >20

- Unione a sette note in Alto Garda >29

POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1, DCB TRENTO RIVISTA PER AMMINISTRATORI E DIPENDENTI DELLA COOPERAZIONE TRENTINA - www.cooperazionetrentina.it . carta ecologica

N ° 1 0 - N O V E M B R E 2 0 1 0

05M A U R A F R A N C H I

Consumi, qualità e stili di vita

09S T E F A N O Z A M A G N I

Autonomia non è indipendenza

32FABIO ZAMBOTTI

Che Lomaso sarebbe senza cooperazione

I nostri . La storia, il futuro

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Il peccato dell’avvidità

Se non studi non ricandidi

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EDITORIALE

03 Ristudiamo don Guetti

IN PRIMO PIANO

04-11 120 anni della nostra storia: la ricorrenza sarà festeggiata il 13 e 14 novembre con un convegno su consumi, stili di vita e qualità. La storia della prima Famiglia Cooperativa. Zamagni: autonomia non vuol dire indipendenza.

12-17 Il dibattito: il futuro del sistema a confronto tra la visio-ne sociale di Fabio Svaldi, imprenditoriale di Enzo Zampiccoli e gli stimoli di Arrigo Pisoni.

NEWSCOOP

19 Novecento a lezione

20 Un prestito per l’ospedale di Quito

21 La Rurale di Aldeno aiuta il Mozambico

24 Pensa oggi al tuo domani

25 La Rurale di Pinzolo festeggia i soci

26 Casse rurali e sport

27 Famiglia di Pinzolo più forti a Campiglio

29 Smag: musica nell’Alto Garda

31 A cena con L’altro

CULTURA COOPERATIVA

Il racconto 32 Che Lomaso sarebbe senza cooperazione

Buone Prassi 34 Se non studi non ricandidi

Qui Europa37 La politica agricola del futuro

38 Nuove politiche per l’economia sociale

L’intervista 41 Sadun: contro la crisi meglio le banche locali

Gestione cooperativa 42 Come funziona il sistema monistico

Idee arte territorio 45 Gli scolari artisti

OPINIONI

Economia46 La favola dei contributi

Orizzonti47 La felicità è una libera scelta

La porta aperta 48 I controlli e la fiducia

Un marziano in Cassa Rurale

Il sistemaha bisognodi regole

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Periodico della Federazione Trentina della Cooperazione

Trento, Via Segantini, 10 - Tel. [email protected]

Direttore responsabileWalter Liber

CoordinatriceDirce Pradella

Comitato di RedazioneCorrado Corradini, Franco de Battaglia, Carlo Dellasega, Silvia De Vogli, Michele Dorigatti, Cesare Dossi, Egidio Formilan, Cristina Galassi, Walter Liber, Diego Nart, Sara Perugini, Dirce Pradella, Bernardino Santoni, Paolo Tonelli, Vincenzo Visetti.

Hanno collaboratoAleksandra Bobic, Carlo Borzaga, Michele Dorigatti, Umberto Folena, Silvia Guido, Letizia Piangerelli e Francesca Tomasi.

Progettazione graficaCooperativa ARCHIMEDE - www.archimede.nu

Stampa tipograficaCooperativa NUoVE ARTI GRAFICHE

AbbonamentiCosto singola copia: € 3Abbonamento annuale (11 numeri): € 30Abbonamento semestrale (5 numeri): € 15

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Autorizzazione del Tribunale Civile e Penale di Trento n. 26 Registro stampa di data 09.10.1950

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Le banche si chiudono in difesa?

Trento, via Vannetti 1 www. cooperfidi.it tel. 0461260417

Apertura al pubblico lunedì / venerdì 8.30 - 12.30 e 14.30 - 17.00.Gradito l’appuntamento.

Cooperfidi opera dal 1980 a favore della Cooperazione e dell’Agricoltura del Trentino. Eroga garanzie, che agevolano l’accesso al credito bancario, aiutando i Soci a reperire i finanziamenti alle migliori condizioni di mercato. Possono associarsi Cooperative di ogni settore e Aziende Agricole, con sede in Trentino.

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EDITORIALE

Ristudiamo don GUetti Abbiamo preparato alcune sobrie e, speriamo, utili iniziative per festeggiare e ricordare i 120 anni della prima cooperativa di consumo e non si può parlarne senza riflettere, ancora una volta, sulla figura di don Lorenzo Guetti. Nei prossimi mesi verranno ristampati alcuni suoi scritti fon-damentali, tesi non a recuperarne la memoria in modo agiografico, ma pensati per “ristudiarlo” in tutti i suoi aspetti. Vogliamo paragonare le sue aspirazioni, i suoi desiderata, le regole che dettò per le cooperative, con quello che siamo oggi, con i modi concreti di funzionamento delle nostre società ed eventualmente, introdurre i correttivi che ci riportino vicini allo spirito e alla lettera delle origini. Non c’è dubbio che il più grande successo della sua attività sono state le cooperative e il movimento cooperativo unitario riassunto nella Federazione. Ma ogni “opera” si inscrive dentro una visione del mondo, dentro idee generali che nel caso di don Guetti si sono manifestate, anche e in maniera non secondaria, nell’impegno civile di analista sociale e di politico. “Dare voce a coloro che erano “avezzi a pagare e a tacere” - “via l’apatia, l’astensione, il poltronismo” - “le sorti del popolo dipendono dal popolo” sono tre sue affermazioni che rappresentano l’assunzione di un preciso impegno nei contenuti e nel modo di fare politica. Sono dichiarazioni che ritrovia-mo lungo l’intero Novecento e appartengono in modo trasversale a tutte le idee politiche che si sono poste l’obiettivo del riscatto degli ultimi e dei più deboli. Profondamente coerente con la sua fede, consapevole però che “cattolici non è sinonimo di galantuomini”, ha sempre avuto al centro del suo programma politico, l’AUTO-NOMIA. E’ in nome della comune richiesta di Autonomia che fu sempre convinto assertore dell’accordo con i liberali osteggiato da buona parte della curia. Ad interpretazione del suo motto, Dio e Patria, sosteneva che nella Dieta sarebbe stato riduttivo

difendere Dio in quanto anche i tirolesi stavano tutti con Lui. Nella Dieta, quindi, andava difesa soprattutto la Patria e in questo caso la questione si faceva molto più difficile: “è da novanta anni che la Dieta non comprende le più imperiose esi-genze e i più provati bisogni del Trentino” sostenne. E ancora “…tanto nella Dieta che nella Giunta Provinciale noi siamo in un’ingiusta minoranza e siamo trattati come tanti minorenni: è per questo che noi non vogliamo stare più uniti a Innsbruck e desidereremmo una propria dieta e una propria Giunta con la sede in Trento…”. Venne eletto per sei anni alla Assemblea Tirolese e poi, dal 1897, deputato a Vienna fino alla sua morte avvenuta nella primavera del ’98. Vanno anche ricordate, nell’ambito dei ragionamenti sull’Autonomia, le tre richieste che in più occa-sioni ebbe ad avanzare al Governo centrale: a) diritto di parlare la propria lingua b) parità nelle assunzioni pubbliche c) equa ripartizione ammi-nistrativa tra Tirolo tedesco e italiano. Sono le principali richieste che sessanta anni dopo, in situazione rovesciata, il partito di raccolta sudti-rolese (SVP) fece all’Italia e che ottenne, in parti-colare con il riconoscimento della “proporz”, solo con una lunga lotta politica. Il suo impegno attivo in politica era anch’esso di insegnamento perché, diceva: i miei parrocchiani devono abituarsi al metodo democratico. E in nome della democra-zia non solo aderì al sistema cooperativo ma sem-pre chiese un’autonomia accompagnata da una riforma elettorale veramente democratica che contemplasse “l’allargamento del diritto di voto pel popolo”. Quello che allora era il semplice diritto di voto divenne per tutto il secolo successivo il diritto alla democrazia delle competenze e oggi è sempre più diritto alla democrazia partecipata e deliberante. Noi crediamo abbia a che fare anche con la vita delle cooperative.

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Il 13 e 14 novembre la cooperazione trentina festeg-gia i 120 anni di storia. La prima cooperativa, infat-ti, fu fondata nel 1890 a Santa Croce di Bleggio da don Lorenzo Guetti che subito dopo la chiamò “famiglia cooperativa”. Quell’iniziativa rivoluzionò la storia e le sorti del Trentino, espandendosi a macchia d’olio in tutti i settori dell’economia. È di due anni dopo la nascita della prima Cassa Rurale, a Quadra nel Bleggio, come strumento di rilancio dell’agricoltura trentina e di accumulazione a favo-re delle economie locali.Per festeggiare i 120 anni dalla nascita di questo virtuoso e fecondo movimento imprenditoriale in Trentino, la Federazione ha predisposto un programma di iniziative (si veda il box a lato), che continueranno fino al 2012. Il momento della riflessione e dell’approfondimento sarà dedicato ad un tema molto importante: “Consumi, stili di vita e qualità della vita. In viaggio verso la post-crescita”. Principale relatrice sarà Maura Franchi, docente all’Università di Parma ed autrice di numerose pubblicazioni, fra cui “Il senso del consumo”, “Il cibo flessibile. Nuovi comportamenti di consumo”, “Scelte economiche e neuroscienze. Razionalità, emozioni e relazioni”.

sabatoNOVEMBRE

ore 15Terme di Comano

domenicaNOVEMBRE

ore 10Santa Croce del Bleggio

ore 11.15

Santa messa con Bandae Coro parrocchiale

Partenza per Villa di Bleggio; momento teatrale sulla nascita della prima Famiglia Cooperativa; saluto delle autorità e pranzo sociale sotto al tendone

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Il programma

Convegno “Consumi, stili di vita e qualità della vita. In viaggio verso la post-crescita” con Maura Franchi, docente all’Università di Parma, Vincenzo Tassinari, presidente del consiglio di gestione di Coop Italia, Diego Schelfi, presidente della Cooperazione Trentina, Renato Dalpalù, presidente del Sait e Marina Mattarei presidente della Famiglia Cooperativa valle di Rabbi e Sole

ore 20.30Pieve di Vigo Lomaso

Presentazione della ristampa anastatica dell’unica opera di don Lorenzo Guetti sulla cooperazione, dal titolo “La cooperazione rurale. Dialoghi di un curato di campagna coi suoi curaziani”, editanel 1895 da Monaunicon la partecipazionedel coro Nuove VociGiudicariesi

ore 21.15Vigo Lomaso

Discesa dalla Pieve fino alla casa natale di don Guetti dove sarà inaugurato un murale realizzato da Roberto Piazza. Spuntino con la torta di noci delle Donne Rurali. Presentazione teatrale delle scene dalla vita e dall’opera di don Guetti con l’accompagnamento del coro Castel Campo

IN PRIMO PIANO

i nostRi120 Anni lA stoRiA, il fUtURo di Dirce Pradella

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La crisi acuisce sempre le segmentazio-ni sociali, approfondisce le differenze. I dati medi delle vendite e dei consumi possono cogliere questi effetti solo par-zialmente. L’analisi della composizione del carrello della spesa, e di quali consu-mi restano nonostante la crisi, invece, offre una visione più completa, che può fornire agli addetti del commercio informazioni preziose su come orienta-re il proprio lavoro. Di questi aspetti abbiamo parlato con la professoressa Franchi che ha antici-pato in quest’intervista alcuni dei temi che approfondirà durante il convegno del 13 novembre.

Come è cambiata la composizio-ne del carrello della spesa di oggi rispetto a prima della crisi?È indubbio che si va alla ricerca dei prodotti più convenienti, che l’impor-to dello scontrino medio è calato, che si fanno scelte più oculate. Le offerte rivestono maggiore peso, c’è minore propensione a fare scorte, più saggezza, più confronto. Questo è stato detto. Ma c’è dell’altro. Anche se può sembra-re paradossale, questa crisi sta produ-cendo un aumento della qualità. Nel senso che la competizione spinge le imprese (produzione e distribuzione) ad aumentare la qualità e ad abbassare i prezzi. E i consumatori ad essere più sensibili alla qualità.Per esempio?Per fare riferimento solo ai prodotti ali-mentari, confrontando i dati Coop del primo semestre 2010 sul 2009, notia-mo che cala l’acquisto di pasta di semo-la del 2% e cresce quello di pasta fresca ripiena del 12%. E questo ci conferma una nuova attenzione verso la qualità. Non solo. I dati rivelano che aumenta il consumo di surgelati del 17%, di piatti

pronti del 12%. I prodotti “pronti” aumentano dell’8% complessivamen-te, segno che la propensione verso il risparmio di tempo e verso il servizio è entrata nella cultura diffusa. Dunque stanno affiorando nuove sensibilità?Sì, ancora più che in passato le persone si concentrano sul proprio benessere, cercando di capire cosa possono fare per migliorarlo. In primo luogo con-siderano la salute come frutto di una alimentazione sana e il benessere come qualcosa che deriva dal “buon vivere” ed è collegato ai comportamenti perso-nali ed anche alla casa. Queste tendenze sono destinate ad influire molto sul consumo.Quanto ai luoghi dove fare la spesa, quali sono le nuove tendenze?I centri commerciali continuano ad essere luoghi sociali, in cui si va per “consumare tempo”. Ma il tempo impiegato non si traduce in spesa effet-tuata. L’impressione è che questo gap sia destinato ad accentuarsi, ad esempio negli outlet. I centri commerciali sono compatibili con i piccoli negozi specia-lizzati. Mentre il grande ipermercato è troppo faticoso, e non va bene per la popolazione che invecchia.Come possono attrezzarsi le Famiglie Cooperative per intercet-tare questi cambiamenti?Le piccole dimensioni propongono criticità opposte a quelle dell’ipermer-cato, e riguardano per lo più l’efficienza. Rispetto ai clienti hanno poi il proble-ma di dare una maggiore connotazione e identità ai beni, anche costruendo aree in cui ambientarli, per renderli più capaci di evocare atmosfere. Si potrebbe lavorare sul lay out e anche sull’estensione verso i servizi nei punti vendita che rappresentano l’unico rife-

rimento della comunità. Poi è asso-lutamente indispensabile per tutta la distribuzione lavorare sulla formazione del personale.Le Famiglie Cooperative sono per lo più negozi di prossimità, che copro-no anche una funzione sociale. Negli scenari futuri, i consumatori riusci-ranno a percepire e valorizzare di più questo differenziale o sarà il prezzo a farla da padrone nelle scelte?Sempre di più la qualità comprenderà elementi che travalicano il prodotto in senso classico, per abbracciare una serie molto ampia di fattori. Bisognerebbe lavorare sui nuovi significati del termi-ne qualità, per vederne le nuove impli-cazioni. Ad esempio, la qualità è fatta di buone relazioni, empatia, condivisione di valori, gradevolezza dell’esperienza dell’atto di acquisto, fiducia, possibilità di avere informazioni e consigli. Tutti fattori che sono molto più compatibili con un piccolo punto vendita. Le per-sone sono affamate di relazioni. I punti vendita hanno una funzione sociale imprescindibile per le comunità, ma hanno anche una funzione economica rispetto al turismo del territorio. Forse questo aspetto dovrebbe essere tenuto più presente.

IN PRIMO PIANO | 120 anni della nostra storia

ConsUmi, stili di vitA e qUAlità

ACCORdO CON LA COOPERAZIONE ROMENAI 120 anni della Cooperazione Trentina saranno occasione per avviare forme di collaborazione e assistenza tecnica a sostegno delle cooperative di consumo romene. La firma del protocollo è fissata per il 13 novembre a margine al convegno su consumi e qualità di vita. E prevista la parte-cipazione del presidente dell’Unione delle cooperative di consumo della provincia del Bihor (Transilvania) Ioan Berdea, del presidente dell’Unione nazionale delle cooperative di consumo Ioan Crişan, del direttore del museo storico e etnografico di Oradea, prof. Aurel Chiriac e del console onorario della Romania per il Trentino Alto Adige Maurizio Passerotti.

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Non fu un’impresa facile per il gio-vane don Lorenzo Guetti, infati-cabile prete giudicariese. La nascita della prima cooperativa di consumo richiese una lunga gestazione al gran-de realizzatore di opere cooperative. Quasi due anni di studio e di anali-si degli statuti, di vivace confronto all’interno del Consiglio Provinciale d’Agricoltura a Trento e in valle con l’inseparabile collaboratore Daniele Speranza e con i capifamiglia del Bleggio inferiore, dove era stato nominato curatore d’anime, dopo una importante, drammatica espe-

rienza umana ed pastorale come coo-peratore a Terragnolo, in Vallarsa.

da Rochdale a torino fino al BleggioSarà per questo, per ricordare l’in-tenso dibattito fra i contadini e la sua gente, non spontaneamente incline alla cooperazione, che il Guetti si deciderà, qualche anno più tardi nel 1895, ad approntare un importante ed istruttivo volumetto per ricordare quel periodo. Lo intitolerà appunto “La cooperazione rurale”. Si tratta

in realtà non di un testo scientifico, bensì di un dialogo virtuale che egli immagina di avere con alcuni dei suoi curaziani. Del resto, in un’altra pubblicazione don Guetti ricorda anedotticamente come fu l’insisten-za di alcuni ad averlo spinto con decisione ad affrontare la questione delle modalità alternative di approv-vigionamento delle popolazioni trentine. Un gruppo di parrocchia-ni si presentò infatti una domenica, fuori da messa, raccontando di aver visto in funzione a Torino, ove erano emigrati stagionalmente, quello che è

lA piCColA fiAmmA che alimentò l’incendiodi Michele Dorigatti *

IN PRIMO PIANO

120 ANNI DELLA NOSTRA STORIA

Ecco come nacque la prima Famiglia Cooperativa a Villa di Santa Croce, 120 anni fa. Il progetto, i desideri, l’organizzazione.

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passato, nella cronologia cooperativa, come il primo magazzino di previ-denza costituito nell’allora Regno d’Italia. Circa 10 anni dopo l’aper-tura dello spaccio a Rochdale, peri-feria industriale di Manchester, la cooperazione di consumo fece la sua comparsa nel 1854 grazie alla società degli operai di Torino, altra capitale industriale.

Un passo sulla via del RisorgimentoIl 28 settembre 1890, finalmente, anche in Trentino, allora marginale e depressa provincia italiana dell’Im-pero austro-ungarico, si tenne una assemblea di contadini che, unen-dosi in società, fondano a Villa di Santa Croce, piccola frazione del comune di Bleggio inferiore (oggi Ponte Arche) il primo negozio di beni alimentari e di scorte agrarie, che poco più tardi prenderà il nome di “famiglia cooperativa”. Inizia così una delle pagine più belle di quello che Massimiliano De Mersi, illustre presidente del Consiglio Provinciale d’Agricoltura, grande estimatore di don Lorenzo, definirà come “un importante passo sulla difficile via del Risorgimento economico del Paese”. Il Guetti si era convinto che due fossero i mezzi principali, da attivare senza perdere ulteriormente tempo, per risollevare la popolazione rurale dalla crisi economica ed agricola che stava mettendo in ginocchio intere vallate del Trentino. La cassa rurale, a sistema Raiffeisen e la “famiglia cooperativa”. Nel suo piano d’azio-ne sarebbe dovuta sorgere prima la banca mutualistica e poi il magazzi-no di previdenza. In realtà, almeno nell’esperienza del Bleggio inferio-re, accadde esattamente il contrario. La cassa rurale nascerà esattamente

due anni dopo, nel 1892 sempre nel Bleggio ma questa volta nella frazio-ne di Quadra. Così furono gettate le due colonne portanti dell’intero edificio cooperativo, che don Guetti disegnò e realizzò in soli 8 anni, prima di essere indebolito da un’at-tività intensissima e stroncato da un male incurabile.

Un modello a tre livelliPrimo livello, la cooperativa, secon-do livello, il consorzio, e al centro, come istituzione a supporto e a difesa dell’una e dell’altro, la Federazione. La lettura del dialogo – che la coo-perazione trentina ripropone con la ristampa anastatica dell’unica opera del suo fondatore dedicata ai temi cooperativi – ci consente di osser-vare alcune caratteristiche sociali ed economiche del tempo. Ci si chie-de innanzitutto se siano opportune, utili e morali le cooperative, se non promuovano invece “una concorren-za dannosa al ceto mercantile”. Don Guetti ha così modo di evidenziare come la loro nascita, checchè ne dica la stampa, costituisca l’unica “rea-zione” della gente comune al “trop-po ingordo monopolio di alcuni negozianti” e alle “grasse sensarie de’ terzi”. Secondo punto: ci si chiede se vendere i beni al puro costo o al costo di piazza (cioè di mercato). Il nostro si schiera in favore della prima modalità, perché, egli sostie-ne, “a noi interessa ora far attecchire queste cooperative alle quali il nostro popolo non è avvezzo”. Solo più tardi si introdurrà il ristorno, una sorta di dividendo degli eventuali guadagni, da assegnare alla fine dell’anno in proporzione al volume degli acqui-sti. Prendendo così le distanze dalla prassi che aveva invece contribuito al successo della cooperazione inglese.

Terzo aspetto: la vendita per credito.

vendere a creditoOltremanica le esperienze coopera-tive dei primi decenni dell’Ottocen-to erano tragicamente fallite perché fondate sul principio della vendita a credito: gli operai inglesi, pagati setti-manalmente, acquistavano le merci, senza pagarle né ora né mai. Le socie-tà, sempre più indebitate, finivano per portare i libri in tribunale. Non è un caso che i 28 tessitori di Rochdale non utilizzarono, al momento della costituzione, il nome di cooperativa (ma quello più neutrale di “Società dei probi Pionieri”), per evitare che l’opinione pubblica potesse identi-ficarla con un’impresa economica negativa! Ma il distretto tessile coto-niero di Manchester in nulla asso-migliava alle aspre ed inospitali terre trentine. Vendere a credito in un’economia esclusivamente agricola era una necessità, più che una scelta. Per impedire tuttavia di finire una secon-da volta nelle mani degli usurai, gli statuti della cooperativa misero un tetto alla concessione di credito che puntualmente veniva registrato sul famoso “libretto”: non più di “60 corone di regola”. Così ebbe inizio il fenomeno della cooperazione, che dalle solerti Giudicare si este-se in pochissimo tempo a tutto il Trentino. Una piccola fiamma che suscitò presto un positivo incendio, che ancora non si è spento, nono-stante una pioggia di critiche, che stanno cadendo copiose su alcune significative esperienze della coope-razione trentina.

* Ufficio studi e intercoopera-zione Federazione Trentina della Cooperazione

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L’estate della Cooperazione Trentina è stata burrascosa. Un breve riassunto vede il caseificio di Fiavé con troppi debiti e colpito dalle mozzarelle blu, la cantina di La Vis commissariata, Nomi e Avio con i conti in disordine, la vicen-da Aereoterminal. Sono solo coin-cidenze? C’è un tarlo che rode la Cooperazione? O è una febbre di crescita dopo che la Cooperazione, a partire dagli anni Novanta, ha fatto supplenza al disimpegno, spes-so speculativo, dell’iniziativa priva-ta? Anche nel Trentino c’è chi ha abbandonato la produzione – il terri-torio – per la finanza e ben tre istituti di credito sono stati venduti. Come reagire? Ci sono problemi di sistema?Le domande sono emerse da più parti e la Cooperazione non le ha eluse, anche se la consapevolezza che le cooperative “tengono” meglio di altri settori, che le casse rurali sono in prima fila contro la recessione, che il fatturato delle cooperative di consu-mo è in aumento nonostante la crisi, che le cooperative sociali danno lavo-

ro a migliaia di persone che altrimen-ti non l’avrebbero, restituisce fiducia a chi opera. Però le giustificazioni non bastano. La bufera è l’occasione per una meditazione profonda sul ruolo stesso del sistema cooperativo. Affrontiamo il tema con il professor Stefano Zamagni, fra i più attenti studiosi della Cooperazione a livello internazionale.

Professor Zamagni, che idea s’è fatto?Solo chi non conosce la storia del movimento cooperativo può stu-pirsi di fronte a turbolenze e dif-ficoltà. Non sono eccezioni. Un tempo le cooperative fallivano, eccome. Ciò non significa sottova-lutare ciò che è accaduto. Ma non c’è da spaventarsi. D’altra parte le cooperative sono imprese che ope-rano sul mercato. Chi si scandaliz-za forse pensa che le cooperative siano associazioni di volontariato, o di beneficenza. Non lo sono. Il mercato offre opportunità, ma si rivolta anche contro.

AUtonomiA non vUol diRe indipendenzAdi Franco de Battaglia

120 ANNI DELLA NOSTRA STORIA

IN PRIMO PIANO

STEFANO ZAMAGNI è un economista esperto di cooperazione. E’ docente di economia politica all’Università di Bologna e presidente dell’Agenzia per le onlus. Ha contribuito alla stesura dell’enciclica “Caritas in Veritate”. L’ultima opera: “La cooperazione. Tra mercato e democrazia economica”

Intervista all’economista Stefano Zamagni

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Il mercato presenta anche tenta-zioni: entrare nei labirinti della finanza…La finanza è il nodo vero di que-sta fase storica. Nel dopoguerra, con la legge Basevi, si riuscì a risolvere il finanziamento delle cooperative introducendo una norma che sta-biliva come gli utili non distribuiti venissero detassati. Fu una grande iniziativa e in quei tempi funzionò. Ma è ovvio che si trattava di un tam-pone. Tutto è cambiato negli ultimi anni “globali”. Con gli utili messi a riserva indivisibile si poteva finan-ziare – forse – la gestione ordina-ria, ma non si possono finanziare gli investimenti, le espansioni quando la cooperazione diventa adulta. Oggi i problemi del movimento coopera-tivo sono proprio come risolvere il nodo della finanza. Se non risolvia-mo il nodo della finanza cooperativa il rischio è una lenta eutanasia.Perché?Il punto è che le imprese cooperati-ve non possono accedere al mercato dei capitali – la Borsa – riservato alle imprese capitalistiche. Delle due l’una: o le cooperative rinunciano ad espandersi ed allora gli utili destinati a riserva bastano, oppure si vuole dare – come io voglio – alle coope-rative la prospettiva dello sviluppo e allora bisogna creare un mercato dei capitali parallelo, non contrario a quello esistente, ma parallelo per consentire alle cooperative di certe dimensioni di finanziare le loro atti-vità. Questo è possibile, bisogna con-vincersene. Il problema non è tanto precisare i controlli sulle scelte, ma

fissare un metodo – che non sia solo un “fai da te” delle singole cooperati-ve – nei rapporti con il mondo della finanzia, per il sostegno finanziario alle cooperative.Il risparmio dei cooperatori potrebbe essere indirizzato in questa direzione?Non solo dei cooperatori, il rispar-mio dei cittadini. Se avessi un merca-to dei capitali funzionante, che desse garanzie io sarei molto lieto – e con me molti altri – di finanziare con i miei risparmi, iniziative cooperative: mele, negozi, lavoro sociale. Faccio molte assemblee, parlo con la gente e posso testimoniare che mi dicono: “Professore, sbrigatevi. Perché noi, i nostri risparmi, che non saranno tantissimi, ma siamo in tanti ad accu-mularli, vogliamo metterli a buon fine, non vogliamo che vadano a finanziare imprese che fanno por-cherie, su un fronte o sull’altro”. E questo è possibile. La prima Borsa al mondo è nata in Italia, non nei paesi anglosassoni, a Firenze, alla fine del Quattrocento, ed ha funzionato, per un secolo, come Borsa sociale, per finanziare iniziative capaci di garan-tire una vita decente. Alla gente.Ma le singole cooperative sono autonome. Vanno più control-late?Il discorso sulla finanza riguarda la dimensione “macro”, in grande, del sistema cooperativo. Se mettiamo a fuoco le realtà più piccole e vicine, dobbiamo affrontare il “nodo dei nodi”, che è quello dell’“autonomia”. Questo problema vale per tutta la cooperazione italiana, ma soprattutto

per il Trentino. Chi conosce la cul-tura trentina – ed io la frequento da decenni – si rende conto che per una serie di ragioni, storiche e territoriali, ma anche psicologiche, il concetto di autonomia nel Trentino viene interpretato come indipendenza. Ma essere autonomi non vuol dire essere indipendenti. La singola cooperativa, in Trentino, vede la sua autonomia, che è sacrosanta, come indipendenza dalla casa madre – in questo caso la Federazione. Ma questo è un errore tragico. Invece fra la singola coope-rativa e la Federazione deve esserci un dialogo fecondo e continuo, per conoscere da un lato e farsi consigliare dall’altro. Il rapporto dovrebbe essere paritario. Invece troppe cooperative sono andate avanti per conto loro e fin tanto che non hanno sbattuto il naso hanno ritenuto di essere più “brave” della Federazione. Questo si chiama autoreferenzialità. E’ il pecca-to maggiore delle cooperative, pensa-re di farcela da soli.Poi quando le cose vanno male si va in Federazione o in Provincia.Ciò che più colpisce è che questo concetto di autoreferenzialità è tipi-co dell’impresa capitalistica. Che nel Trentino le imprese cooperative abbiano subito il fascino dell’auto-referenzialità capitalistica, questo è il vero pericolo. Perché lo sanno anche i sassi che la cooperativa è come un albero che cresce nella foresta. Se taglio la foresta attorno all’albero il primo soffio di vento lo abbatte. Se c’è la foresta compatta può cadere qualche albero, ma neppure l’ura-gano riesce a sradicarla. L’impresa

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Serve un dialogo fecondo e continuo tra Federazione e cooperative. è il peccato maggiore delle cooperative, pensare di farcela da sole.

I centesimi in più sono importanti, a volte fanno la differenza. Ma questi trasmigratori non sono cooperatori. Sono opportunisti.

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cooperativa non può vivere da sola, “deve” far parte di un sistema dal quale trarre linfa continua. I con-trolli sono ovviamente importanti, ma più importante è risolvere questo nodo dell’autoreferenzialità, spiega-re che autonomia non vuole dire indipendenza. Occorre un dialogo fecondo, ma la Federazione non può non essere coinvolta nelle scelte di fondo. E’ evidente che va ripensato il modello organizzativo. Per quel che ne so io vi sono lamentele reciproche. Il primo passo deve però essere delle cooperative, che devono riconoscere di non poter fare da sole. Poi cambie-rà anche l’assetto organizzativo.L’altro punto delicato riguarda la partecipazione. Come può esserci una partecipazione vera con 1500 soci, poniamo, quanti sono quelli di La Vis?Chi ragiona in questi termini non conosce i principi della democrazia, è uno cui la democrazia non piace. Oggi tutti si sciacquano la bocca con la “partecipazione”, ma nei fatti io ne vedo poca. Democrazia vuol dire rendere partecipe l’intera base. La difficoltà di far partecipare tanti è evidente, ma ciò si supera istituendo dei “forum deliberativi”. Sono una realtà che funziona benissimo. Sono tecniche partecipative multilivello (è chiaro che 1500 non possono parlare tutti assieme) ma non sono deleghe. E’ possibile partecipare, ed è necessa-rio, oggi più che ieri.Perché?Proprio per controbattere ai nemi-ci della cooperazione. A quelli che dicono che sono possibili solo piccole

cooperative, residuali, per settori di nicchia. E’ facile dire: “Fin tanto che sono piccole sono belle, quando cre-scono diventano brutte”, come si fa con i bambini. Ma non è così. Non è un giocattolo la Cooperazione. Chi dice così ha in dispetto l’impresa cooperativa, e allora è meglio che lo dica subito: “Io sono un opportu-nista e sto nella cooperativa solo fin tanto che mi conviene. Appena le mie tasche ne soffrono me ne vengo via”. Non mi scandalizzo se qualcuno parla così, ma lo dica. Come quelli che passano da una cooperativa all’altra….I centesimi in più sono importanti, a volte fanno la differenza. Ma questi trasmigratori non sono cooperatori. Sono opportunisti. Non ci si deve prendere in giro. Se uno non crede nella cooperazione e crede nell’im-presa capitalistica lo dica. Non è la mia scelta, ma avrà il mio pieno rispetto. Ma invece questi impostori sfruttano la forma cooperativa fin tanto che gli fa comodo e poi la lasciano perché non hanno a cuore gli altri valori della cooperazione, che si riassumono soprattutto nel bene comune.Bisognerebbe forse spiegare meglio gli investimenti, i debiti…Occorre coerenza con i valori di rife-rimento. Meglio allora avere meno cooperatori, ma convinti, anche se ciò comporta qualche problema. Sant’Agostino, che se n’intende-va, diceva: “Meglio zoppicare sulla strada giusta che correre sulla strada sbagliata”. E il Trentino è così. Per aumentare il numero delle cooperati-

ve ha preso dentro alla rinfusa, anche gente che non ha alcun sistema valo-riale. E’ chiaro che allora si corre, ma sulla strada sbagliata, e prima o poi si inciampa.Sono parole gravi. Beh, ad esaminare quanto è successo non c’è da scandalizzarsi, ne succe-dono anche di peggio nel mondo capitalistico, ma una riflessione profonda sì, bisogna farla. Il troppo benessere ha annebbiato il cervello dei trentini. Per cinque centesimi in più si mercifica un patrimonio ideale ed organizzativo secolare. Di fatto il Trentino rischia di vendere la sua anima al diavolo.Di fatto però tutto il sistema cul-turale e mediatico dell’occidente lancia messaggi ostili alla solida-rietà cooperativa. Individualismo e liberismo vengono additati come i valori “vincenti”.No. E’ vero il contrario. Tutto il siste-ma oggi manda segnali SOS del tipo: “Sbrighiamoci ad aumentare la pre-senza cooperativa nell’economia”. I segnali che vengono dalla finanza, dopo la crisi, sono tali per cui o si cambia rotta o ci saranno problemi seri. Mai come in questo momen-to vi è una domanda implicita di aumentare la presenza cooperativa. E occorre restituire senso, direzione, al modello cooperativo, a una socie-tà cooperativa, ponendo in primo piano le tre grandi emergenze sociali di oggi: il lavoro, il welfare di secondo livello e il bene comune senza il quale la vita sociale diventa un inferno, e il welfare impossibile.

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IN PRIMO PIANO | 120 anni della nostra storia

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Non è un giocattolo la Cooperazione. Chi dice così ha in dispetto l’impresa cooperativa, e allora è meglio che dica subito: “Io sono un opportunista e sto nella cooperativa solo fin tanto che mi conviene. Appena le mie tasche ne soffrono me ne vengo via”.

Occorre restituire senso e direzione al modello cooperativo, ponendo in primo piano le tre grandi emergenze sociali di oggi: il lavoro, il welfare e il bene comune.

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Un mARziAno in Cassa Ruraledi Walter Liber

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IL DIBATTITO

Fabio Svaldi si è dimesso ad agosto da presidente della Cassa Rurale Pinetana Fornace Seregnano dopo quattro anni di mandato . In questa intervista parla della sua esperienza e si toglie qualche sassolino dalle scarpe. “Riflessione critica a fin di bene – assicura – per aprire un dibattito sul ruolo della cooperazione nelle nostre comunità”.

Fabio Svaldi, 63enne dirigente indu-striale che ha passato vent’anni in Cassa Rurale, di cui quattro da presidente, si è convinto di una cosa: la cooperativa è la migliore forma di impresa che la per-sona umana abbia mai potuto pensare ed organizzare.Il principio “una testa, un voto”, mette al centro la persona e non il suo capitale, pone sullo stesso piano le idee indipen-dentemente dal potere di chi le esprime.Un mondo idilliaco quindi? Affatto. Svaldi, dopo aver chiuso la porta in silenzio la scorsa estate, si toglie ora qualche sassolino dalla scarpa dicen-do la sua. È il pensiero di uno che crede al modello ma ne critica la sua declinazione pratica. Una riflessione a tutto campo che talvolta può sembrare provocazione. “Il mio è il rammarico di quando si perde una occasione che è a portata di mano, e si sprecano risorse nelle piccole cose quando invece pos-siamo pensare in grande”.Andiamo quindi con ordine. A pensa-re in grande Fabio Svaldi ci è abituato. Vive a Piazze di Bedollo ma guarda il mondo da dirigente industriale alla Whirpool, dove ha passato quasi qua-rant’anni ad occuparsi di controllo di

gestione, approvvigionamento mate-riali, produzione e sistema informativo. È stato direttore di produzione per cinque anni e responsabile ammini-strativo per quindici, prima di andare in pensione nel 2007.In Cassa Rurale è entrato nel 1990 come consigliere. Nel 2006, al colmo della crisi dovuta al “caso Piazza Affari Sim” che ha portato al rinnovamen-to dei vertici, Svaldi si è presentato in assemblea chiedendo la fiducia attorno a tre parole chiave: indipendenza, inno-vazione e impegno. Ha ottenuto 638 voti su 1.300 soci rappresentati. Anche con il suo contributo la Cassa Rurale è uscita a testa alta dalla crisi, dimostran-do grande vitalità dal punto di vista economico. Confermato al primo giro lo scorso anno, ha abbandonato le redi-ni prima della scadenza del mandato. Motivi personali, e non solo.Svaldi, cosa ha imparato alla Whirpool?Soprattutto a guardare avanti. L’azienda è sempre stata all’avanguar-dia nei sistemi gestionali e nella forma-zione. Tutta la gestione era improntata su previsione, controllo qualità e verifi-ca scrupolosa dei costi e qualità rispetto

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alle previsioni. In Cassa Rurale non accadeva? Non ho trovato una mentalità impron-tata al “guardare avanti”. Una chiusura nel proprio orticello che scaturisce dalla mancanza di confronto, di scambio con idee e mondi anche diversi. Un mondo a sé stante, geloso delle proprie prerogative e incapace di crescere.Già qui una delle tre promesse – l’innovazione – fatte in assemblea non si è realizzata?L’innovazione da me prospettata era rivolta principalmente verso l’esterno, verso i soci e verso la comunità, più che verso l’interno. Prenda il discorso della rete. Una rete è funzionale se consente gli scambi, se permette di apprendere, se favorisce il ricambio dei manager, se valorizza il confronto. Ha mai visto un esercito vincere una guerra quando ogni compagnia non vuole svelare alle altre la propria strategia?Da dove (ri)cominciare per aprire questo “fortino”?Dalla governance. Il consiglio di ammi-nistrazione come è inteso oggi è sicura-mente un freno a qualsiasi politica di sviluppo. Dovrebbe dare gli indirizzi strategici ed invece si cura delle piccole cose, attento a rappresentare gli interes-si di parte, o di territorio, anziché mira-re agli obiettivi comuni. Serve capacità, professionalità, visione. Dopo 15 anni dalla fusione la Cassa Rurale è ancora divisa fra i vecchi confini.I soci come vivono questa situa-zione?Abbiamo fatto un grandissimo sforzo per avvicinarli, ma il risultato non è stato soddisfacente. Con le operazione ascolto, la presenza non è andata oltre il 5%: deludente. Abbiamo istituito la festa di ingresso del nuovo socio, su 60 invitati ne sono arrivati 4. Con i viag-gi di studio, su 39 studenti premiati, solo 2 hanno dato la loro disponibilità. Bene una iniziativa benefica dal titolo

“Cuore Solidale”, ma non di più.Cosa deve fare la Cassa Rurale per recuperare questo rapporto? Ritornare ad essere più Cassa Rurale e non solo banca. Siamo molto presi dalla redditività e dalla corsa all’utile, entrambi necessari, ma la Cassa Rurale è anche qualcosa d’altro. Dobbiamo prenderci più carico della società, inter-pretare i bisogni della gente, che non sono solo economici. Abbiamo una forte responsabilità nei confronti delle nostre comunità. Ma dobbiamo coin-volgere di più la base sociale.Qualche idea?Intanto con un esercizio reale di demo-crazia. Nessuna delega in bianco, ogni socio deve sentirsi coinvolto ed impe-gnato per migliorare la propria coope-rativa. E noi dobbiamo, ad esempio, avere il coraggio di espellere quei soci che non lavorano con la Cassa. Vuol dire che non ci credono.C’è un problema di selezione degli amministratori?Dovrebbero essere scelti con il metodo della trasparenza, del confronto sul pro-gramma, della partecipazione e della competenza. Smettiamola con le pro-cedure “blindate”, con la supponenza di essere gli unici capaci di gestire, e apriamoci se non vogliamo soccombe-re. Il problema del ricambio e della scel-ta degli amministratori è molto serio e sta minando la stessa sopravvivenza delle Casse Rurali. Non le sembra di essere troppo duro?Cerco di guardare la realtà. Dopo Piazza Affari Sim mi sono dato uno scopo pre-ciso: ridare un’anima alla Cassa Rurale, che l’aveva persa. Più attenta alla società. Se si fonda il rapporto con i soci, clienti e comunità solo sotto l’aspetto econo-mico-finanziario, i soci-clienti, alla fine, ci sceglieranno solo se saremo in grado di offrire più degli altri. E allora il legame con la Cassa Rurale diventa solo una questione di prezzo.

Invece?La Cassa Rurale deve diventare un punto di riferimento della comunità non solo dal punto di vista finanziario ma anche da quello economico-sociale. Un faro, dove famiglie e imprenditori trovano aiuto, consulenza, supporto, solidarietà e, ovviamente, anche dena-ro. Ciò significa, nel concreto, definire con le amministrazioni, gli organismi di categoria, le associazioni del volon-tariato, una visione di sviluppo unica e condivisa, da progettare insieme.Voi l’avete fatto con Livingstone, un progetto partecipativo per valorizzare turismo e pietra.Già. All’inizio ha trovato entusiasmo ma ora, salvo un miracolo, sta morendo, soffocato dall’invidia, dall’indifferenza e dalla mancanza del valore principe, che dovrebbe essere alla base delle coope-rative: la solidarietà. Sono comunque convinto che se le Casse Rurali, anche la mia, non cambieranno rotta, diven-teranno una banca qualsiasi, con qual-che problema di sopravvivenza.Può dire almeno di averci prova-to. Un suo merito?Aver traghettato la Cassa Rurale fuori dalla situazione di profondo disagio in seguito alla vicenda Piazza Affari Sim senza ripercussioni negative. E nono-stante le notevoli difficoltà incontra-te reputo di aver riavvicinato la Cassa Rurale alla comunità e ai soci, anche con la mia presenza specie nelle zone periferiche, solitamente trascurate. A proposito, tanto per aggiunge-re un po’ di benzina sul fuoco. Se la Cassa deve occuparsi della propria comunità, come mai uno sportello anche a Trento?Dipende quale lato si vuole guardare. Se la vediamo come una azienda, nes-sun problema: lo sportello di Trento trova molte giustificazioni. Ma se vogliamo considerare l’aspetto sociale, Trento non c’entra nulla.

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il sistema ha bisogno

di ReGole

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IL DIBATTITO

Enzo Zampiccoli conosce bene il movimento cooperativo perché vi opera da più di trent’anni, con espe-rienze in un po’ tutti i settori. Di mestiere commercialista, è nei collegi sindacali di numerose realtà coope-rative. Oggi è presidente dalla Cassa Rurale Alto Garda e caposindaco della Federazione, dove aveva lavorato in gioventù come revisore. Da poco è presidente del collegio sindacale del caseificio di Fiavé, dove sta seguendo il piano di rilancio e il processo di fusio-ne con Latte Trento.Il suo, dunque, è lo sguardo di un tec-nico, altamente qualificato, con una visione di insieme, che può contribui-re ad alimentare il dibattito sul model-lo cooperativo. “E’ ora di abbando-nare inutili e dannose considerazioni emozionali ed anacronistiche – dice – per affrontare la realtà in termini più concreti ed economici: i tempi attuali richiedono scelte veloci per evitare il peggio”. Un punto di vista, dunque, più imprenditoriale della cooperazio-ne, più attenta al mercato e ai messaggi che esso lancia.Presidente, cosa può imparare il movimento cooperativo trentino

dalle recenti crisi di cooperative agri-cole storiche, come La Vis e Fiavè? Molto. La crescita e gli ingenti investi-menti realizzati hanno fatto emergere dei limiti strutturali che è bene analiz-zare per imparare. Per esempio?Prima di tutto la mancanza di vincoli statutari di fedeltà dei soci che sem-pre più spesso si dimettono in caso di difficoltà economica della cooperati-va. E’ necessario che i soci si impegni-no a restare tali almeno per la durata dell’ammortamento degli investimenti più rilevanti. Eppoi è emerso un pro-blema di scarsa percezione di responsa-bilità da parte di soci, amministratori e dirigenti, anche per l’assenza di vincoli derivanti da garanzie personali.E’ un problema strutturale o di formazione?Entrambi gli aspetti sono rilevanti. Da un lato nessun precedente caso di amministrazione e direzione disastro-sa di cooperative ha procurato con-seguenze significative nei confronti dei responsabili. Dall’altro la carenza di formazione e spesso la mancata remunerazione anche minima degli amministratori è causa di rifiuto ad

Intervista a Enzo Zampiccoli, presidente della Cassa Rurale Alto Garda e capo sindaco della Federazione.

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accettare incarichi da parte di perso-ne preparate. La mancanza in alcune cooperative del collegio sindacale è un grave problema, soprattutto in pre-senza di investimenti importanti. I sindaci – se svolgono l’incarico con professionalità - possono fornire un valido supporto agli amministratori. Ma per alcune piccole realtà il costo potrebbe essere troppo elevato…Secondo me un sacrificio va fatto, nella direzione di diminuire anche sensibil-mente il numero degli amministratori ed aumentare la qualità, inserendo nei consigli anche esperti non soci. Bisogna poi impegnarsi di più nella patrimonia-lizzazione delle cooperative.In che modo?Si dovrebbero prevedere rapporti minimi di accantonamento degli utili, in proporzione agli investimenti e ad altri parametri da individuare. Ci sono cooperative – e torno a riferirmi alle agricole – dove gli amministratori si trovano di fatto in una situazione di conflitto di interesse essendo anche conferitori. Per avere una remunera-zione più elevata del conferimento, dunque, potrebbero essere spinti a rin-viare costi, come gli ammortamenti, o a non accantonare utili a riserva.Il sistema del credito trentino offre le migliori condizioni economiche a livello nazionale, grazie alla forte concorrenza tra le banche attive. Ma questa competizione è anche interna al sistema delle Casse Rurali e si manifesta con sportelli sovrapposti nello stesso territorio e aumento del rischio di sistema. Antitrust rispet-tando, c’è qualche soluzione?Le rispondo con una domanda. Pensa che sia sostenibile, in un con-testo di mercato come quello attua-le, con margini di redditività sempre più ridotti, con elevata incidenza dei costi e della componente di rischio, un sistema di 46 Casse Rurali? E’ evi-dente che dovremo arrivare ad una

razionalizzazione del credito coope-rativo provinciale, seguendo però un percorso non dettato esclusivamente dalle regole di mercato.Sta pensando ad un nuovo piano di fusioni?Penso sia tempo di lavorare per indi-viduare soluzioni che consentano di gestire questa delicata fase, ad esempio attraverso la valutazione dell’attuale rete di sportelli fino ad arrivare a pro-grammare anche delle fusioni tra real-tà omogenee. Un piano programmato a priori, dunque, prima che il mercato costringa alla fusione per sopravvivere. Ma è utile una nuova corsa al gigantismo?Vorrei solo ricordare che in Trentino non ci sono Casse Rurali troppo gran-di, semmai sono meno piccole.In ogni caso le Casse Rurali, come tutte le cooperative, sono società di diritto privato, autonome nelle scelte.Non credo che possiamo più permet-terci che la gestione strategica di una Cassa Rurale possa essere lasciata alla piena autonomia. A titolo di esempio, dico che le politiche del credito, della liquidità e degli sportelli dovrebbero essere fatte a livello di sistema.Quanto dice chiama in causa una profonda riorganizzazione del modello cooperativo e del ruolo degli organismi centrali, in primis Cassa Centrale e Federazione?Sì. Servono regole e responsabilità chiare, forse nuove. Agli organismi di secondo grado come Cassa Centrale Banca per il credito compete un ruolo guida per la crescita imprenditoriale delle cooperative. E poi la Federazione. Attualmente svolge funzioni di rap-presentanza e, su delega regionale, di sviluppo, assistenza, vigilanza e controllo legale dei propri associati. A differenza delle altre associazioni di categoria, dunque, rappresenta nel loro complesso le cooperative di ogni categoria, ne risponde delle attività

e si assume responsabilità effettive e di immagine. Ma, dall’altro versante, non ha alcuno strumento per deli-mitare l’autonomia delle cooperative. Ne risponde senza poter incidere.Un’anomalia?Sì, perché accade che sia demandata alla Federazione la soluzione di problemati-che imprenditoriali private, con eviden-te e talvolta opportunistica deresponsa-bilizzazione dei consigli di amministra-zione e dei soci, che spesso attendono, inattivi, la soluzione delle situazioni di crisi da loro stessi provocate.Qual è la sua proposta?E’ evidente che per la Federazione si pone una scelta. Per continuare ad assumere la responsabilità di rappre-sentare il movimento nel suo concetto più ampio, deve giocoforza limitare il perimetro di autonomia delle coope-rative, riorganizzandosi in modo da prevenire le situazioni di crisi e non solo controllare a posteriori. Stabilire insomma i parametri oltre i quali scat-tino, a salvaguardia del sistema e della cooperativa stessa, procedure definite e condivise. Se occorre, anche a costo di modificare gli statuti.Mi viene in mente un strumento in fase di costruzione nel credito cooperativo nazionale, il Fondo di Garanzia Istituzionale. Lo vedreb-be anche per il movimento coope-rativo trentino nel suo complesso?Se questo modello non fosse realiz-zabile o se si ritenesse di non limitare l’autonomia delle associate, occorre-rebbe stabilire quali siano i limiti della Federazione. Essa dovrebbe chiarire i confini delle sue funzioni e respon-sabilità evitando false aspettative. Oppure ridimensionare la propria mission e diventare come una qualsia-si associazione di categoria. Quando una industria è in difficoltà, nessuno si sogna di accusare Assindustria o la sua presidente e di pretendere da essa soluzioni.

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il peccato dell’Avidità

Arrigo Pisoni è una persona schietta. Se deve dire qualcosa lo fa in modo diretto, senza fronzoli. Sa cos’è la fatica del lavoro in campagna, così come i sacrifici e le soddisfazioni dell’essere imprenditore. La sua è una azienda familiare dove lavorano sette tra figli e nipoti. Attorno alla distilleria storica è cresciuto un vero e proprio “villaggio Pisoni”, in quel di Pergolese, nella piana del Sarca. L’ultima costruzione è la nuova cantina, in fase di ampliamento. Qui si è stabilita una famiglia che vanta origini di distillatori e vignaio-li fin nel ‘600, fornitori ufficiali del Principe Vescovo Carlo Emanuele Madruzzo.Non si sono mai mossi, i Pisoni, ed oggi possono vantare con orgo-glio di aver contribuito a costruire l’immagine del Trentino vitivini-colo. Lo hanno fatto in simbiosi con la cooperazione, anzi, in passato hanno contribuito a promuoverne la nascita, come il magazzino della frutta di Pietramurata, il mulino e il consorzio elettrico. Il figlio di Arrigo, Elio, è presidente di Cassa Rurale. Dalle cantine sociali com-prano le vinacce per distillare la grappa. Il vino e lo spumante no, lo producono solo sui loro 12 ettari di campagna coltivata con metodo di agricoltura biodinamica.

E’ proprio perché stima la coope-razione che Arrigo Pisoni, 78 anni portati con disinvoltura, è saltato sulla sedia quando ha sentito della crisi di LaVis. Quasi che questa crisi avesse coinvolto direttamente anche lui, il “patriarca” che potrebbe star-sene tranquillo davanti al caminetto della sua stube a raccontare storie di alambicchi e di vigneti ai nipoti e ai turisti. Invece no, parla, e le sue parole fanno male.Arrigo, cosa c’è che non va in cooperazione?C’è che una parte della cooperazio-ne si è lasciata prendere dall’avidità. E questo non va bene. Prendo a prestito una frase del prof. Zamagni a proposito della crisi delle banche americane. Credo che l’avidità sia alla base anche dell’attuale crisi della cooperazione. Sembra che oggi la cooperazione abbia dimenticato il suo ruolo, la sua missione originale dettata dai Raiffeisen, dai Guetti, dai De Gasperi e da altre persone illuminate e si sia abbandonata inve-ce al delirio di grandezza.La grandezza in sé non è un valore negativo. Perché la coo-perazione dovrebbe rinunciare a pensare in grande?Perché poi ci si lascia trascinare dall’ambizione, dalla sete di potere, dall’eccesso. E chi si vanta disprezza

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chi tira avanti come una formichina. Non dico che si debba evitare di fare investimenti ed indebitarsi se occor-re, ma non in maniera eccessiva. Manca l’etica e il rispetto.Ma non è sempre così. Solo pen-sando in grande la cooperazione ha potuto diffondersi ai livelli oggi. Altrimenti sarebbe rimasta marginale.Sono d’accordo che bisogna guar-dare al di là del proprio orizzonte, ma bisogna rispettare l’etica morale, di una economia che sta in piedi umanamente, non con colpi di for-tuna. Qualcuno ha imboccato una strada che non può durare.Quindi cosa propone, un ritorno alle origini?Insisto, qualcuno ha fatto deragliare la cooperazione dal suo percorso naturale. La cooperazione non è carità cristiana, è la via moderna al progresso. De Gasperi ha parlato di cooperazione come scambio reci-proco. Io faccio un inno alla coo-perazione, guai se non ci fosse, ma vedo anche come è cambiata. Se mi permette, pur con qualche eccezione è cambiata in meglio…Esteriormente sì. Ma ricordo che nelle cantine sociali i conta-dini dopo la vendemmia tornava-no in cantina a dare una mano, tutti insieme. Gliene dico un’altra: mio cugino Gino è stato tra i pro-motori del magazzino delle mele a Pietramurata. E quando hanno costruito la sede, tutti i soci sono stati chiamati a spianare il piazza-le. Queste forme di partecipazione sono morte, e di nuove non ne vedo molte. Oggi il concetto stesso di gratuità è morto. oggi però il mondo è più com-plesso e serve più professionalità.

È da una sessantina d’anni che si è iniziato a dare i gettoni di presen-za ai consiglieri delle Casse Rurali, esempio seguito poi dalle altre coo-perative. Ora c’è la corsa alla pol-trona, e non tutti sono all’altezza. Don Guetti diceva al proposito che, quanto alla paga, “presteranno la loro opera a ricompensa veruna”. Non è andata così. Serve un bagno di umiltà e una seria riflessione.Arrigo Pisoni si ferma, guarda il fuoco nel camino e versa un altro po’ di grappa all’asperula. E poi prosegue. Sa cosa penso quando leggo che i molti soci di LaVis vogliono uscire dalla loro cantina? Che cooperatori si nasce, non si diventa. La coope-razione implica lavorare per il bene comune. Abbandonare la nave in difficoltà non fa parte dello spirito cooperativo, e per questo serve più educazione, più formazione. Però…Però?Dobbiamo essere chiari su un punto. Abbiamo vissuto in questi anni guerre tra cooperative, ricorsi massicci all’acquisto di vino non trentino con la scusa che il guada-gno viene diviso tra i soci, ed invece ha drogato il mercato, confondendo spesso i consumatori. Le cantine sociali hanno voluto chiudere anni fa il comitato vitivinicolo facendo venire meno un luogo importantis-simo dove far incontrare le coopera-tive con i vignaioli, uniti in un unico obiettivo. Adesso fortunatamente il tema è ridiventato attuale. Invito il buon Diego Schelfi a mettere tutta la sua energia per intervenire e porre rimedio a questo stato di cose. Per non rischiare che i campanelli di allarme diventino campane a mar-tello.

LAVORIAMO PER CRESCERE di diego Schelfi

Come si evince chiaramente dai contributi di Zamagni, Svaldi, Zampiccoli e Pisoni, contenuti in questo numero della rivista, l’universo della cooperazione è attraversato da ipotesi di avve-nire molto diverse. Tutti partendo da principi uguali. Sarebbe bene e meglio che insieme coltivassimo un pensiero unico? Crediamo di no. Siamo convinti che la diversità sia grande ricchezza. Essa, come tutte le cose delicate, ha bisogno di abbondante cultura per essere gestita e ha inoltre bisogno che tutti coloro che esprimono le varie opinioni siano effettivamen-te predisposti all’ascolto di quelle degli altri. Se così non fosse non potremmo parlare di feconda eterogeneità ma di stato confusionale.Ribadiamo ancora una volta che rifiutiamo decisamente i consigli di coloro che vorrebbero la cooperazione confinata in ben identificate nicchie magari improduttive o solo impegnata a gestire “gli esuberi”, i “residui” o i “fuori mer-cato del lavoro”. Noi operiamo per il continuo sviluppo della forma cooperativa sia nei set-tori dove siamo già presenti sia in spazi nuovi. Lavoriamo per crescere e competere in ogni segmento di mercato e per rafforzare il più possibile le nostre imprese. Siamo imprendi-tori quantomeno come gli altri.Nell’editoriale di questo numero sottolineia-mo la necessità di riavvicinarci al pensiero e soprattutto alla pratica dei nostri padri fondato-ri. Tornare a don Guetti non significa indirizzare la cooperazione verso voli solidaristici e fumi vaghi. Sarebbe tra l’altro molto offensivo verso il fondatore delle imprese cooperative e mani-festerebbe la non conoscenza delle sue opere. Tornare vuol dire praticare, nel perseguimento del business attraverso la ovvia efficacia ed efficienza d’impresa, la democrazia economi-ca e l’etica dell’agire. Il pensiero non ha mai ucciso né persone né imprese. La fobia del guadagno purchessia e la brama del successo personale si!

BOTTA E RISPOSTA

IN PRIMO PIANO | il dibattito

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dal 1890

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P E R S O N E , F A T T I E N U M E R I D A L L A C O O P E R A Z I O N E T R E N T I N A

www.cooperazionetrentina.it www.cooperazione.tv CONTATTI [email protected]

NOveCeNtO A lezIONeIl Novecento è il secolo dell’innovazione, ma anche della barbarie e del totalitari-smo. delle grandi spinte al cambiamento e del repentino ritorno al “sangue e suolo”. Il Novecento è visto come secolo da supe-rare per aprirsi alla società che viene per fare i conti con i limiti dell’ideologia della crescita e sviluppare un nuovo pensiero che unisca mente e azione, ragione e sentimento, teoria e comportamento in un percorso che ponga al centro la persona e la sua libertà.La Scuola di Comunità, l’ente formativo promosso da Acli e Federazione Trentina della Cooperazione con la collaborazio-ne del Consorzio dei Comuni Trentini, promuove un corso di storia riservato ai giovani proprio sul Novecento. “Acli e Cooperazione Trentina insieme per que-sta iniziativa – osserva il direttore Carlo dellasega – perché sono espressione della comunità trentina”.da parte sua Arrigo dalfovo, presidente di

Acli, ha ricordato che “l’obiettivo del corso è informare e formare le persone. Solo l’intelligenza collettiva può contribuire a cambiare il sistema, a far uscire da questa crisi, che non è solo finanziaria ma anche di senso. Le persone devono attrezzarsi, scavare dentro di sé, e tirare fuori la creati-vità, i talenti, la fiammella che esiste in cia-scuno di noi. Bisogna capire il passato e le nostre radici e non vivere solo il presente”.Il ciclo di lezioni si propone di far riflettere sugli snodi fondamentali del Novecento in modo da evidenziare i punti continuità e di rottura con la modernità, le resistenze ed i tentativi di riforma sul cammino della democrazia.Il programma (partito il 7 ottobre) prevede incontri ai quali parteciperanno storici e protagonisti delle vicende contemporanee al fine di trasferire una serie di importan-ti conoscenze ed esperienze. Tre ore di lezione suddivise fra relazione, esposizio-ne dei fatti e discussione.

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l’Iptv ArrIvA A lAvISdopo la buona accoglienza riscontrata presso la filiale di Piazza Fiera della Cassa Rurale di Trento, l’Iptv della Cooperazione Trentina ha iniziato la sperimentazione con la Cassa Rurale Lavis - Valle di Cembra, che ha scelto di collocare lo schermo nell’atrio della sua sede. Attraverso questo nuovo media fornisce a soci e clienti informazioni sempre aggiornate sulle notizie e le attività del territorio, sul meteo e sui prodotti offerti, il tutto accompagnato da alcuni format di intrattenimento. Tecnodata, il partner per i supporti tecnologici, che insieme a Siriofilm sta collaborando con l’Ufficio stampa della Federazione allo sviluppo di questo strumento di comunicazione di nuova generazione, presenterà il progetto Iptv alle Casse Rurali Trentine durante il Tecnodata day, che si terrà il 26 novembre a Riva del Garda.

DONNe prOtAgONISteSarà dedicata all’empowerment femminile la giornata interna-zionale della cooperazione, che sarà festeggiata in Trentino il 16 novembre. L’obiettivo della ricorrenza è quello di riflettere e confrontarsi sulle pratiche attivate dalle cooperative trentine per rafforzare il lavoro e il valore delle donne nelle organizzazioni cooperative. Ospite d’onore sarà Maria Concetta Mattei, giorna-lista da tempo impegnata nella valorizzazione delle donne, che coordinerà un dibattito dove a parlare saranno le esperienze della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine, e delle cooperative sociali Kaleidoscopio, Progetto 92, Sad e Stella Montis. Nell’occasione sarà anche presentata la pubblicazione ‘Che genere di contrat-tazione’, che analizza e confronta i contratti di lavoro attivi nel movimento in un’ottica di genere. L’appuntamento è per le 17.00 presso la sala della cooperazione della Federazione.

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NuOve OppOrtuNItà DAllA pAleStINAC’è un simbolo “agricolo” che accomuna la cooperazione ita-liana con la terra di Palestina. È il melograno, emblema della Palestina e nello stesso tempo del credito cooperativo italiano. Ma le affinità sono anche altre. Lo ha confermato in un incontro con i rappresentanti della cooperazione trentina il ministro dell’agricoltura Ismail daiq, in Trentino con il suo consulente tecnico Thameen Hijawi e il rappresentante dell’Ambasciata in Italia Ali Rashid, accompagnati dal consigliere provinciale Michele Nardelli.“Conosciamo la vostra realtà – ha detto il ministro – e vogliamo collaborare”. In Palestina ci sono cooperative di credito fin dagli anni Venti del Novecento. Tutt’oggi resistono molto bene forme di microcredito rivolto soprattutto alle donne. L’autorità ha ricevuto un consistente finanziamento a tasso agevolato dal Governo italiano, pari a 30 milioni di euro. Altri 20 arriveranno dalla Spagna. “Soldi che intendiamo utilizzare per valorizzare le nostre produzioni e far crescere l’economia”. L’Unione Europea firmerà entro l’anno un accordo con l’Autori-tà palestinese per abbattere i dazi sulle esportazioni di prodotti agricoli in Europa. “Si aprirà così un mercato interessante per voi, anche per il nostro clima che consente produzioni agricole di qualità tra novembre ed aprile”, ha proseguito il ministro.Si profilano così utili accordi di collaborazione con le nostre cooperative, nel settore frutticolo e vinicolo in special modo, sia per l’import che per l’export. diego Schelfi ha proposto di creare una sorta di gemellaggio tra le due realtà. Idea accolta subito con grande favore dal ministro. Nella collaborazione potrebbe entrare anche l’alta formazione attraverso l’Euricse, l’istituto europeo di studi sulla cooperazione presso il quale potrebbero studiare alcuni giovani per uno scambio reciproco sulle esperienze cooperative dei due Paesi (w.l.).

uN preStItO per l’OSpeDAle DI QuItO

E’ finito ed è pronto ad operare l’ospedale “Un canto a la vida” costruito a Quito in Ecuador dalla Fundaciòn Tierra Nueva con il sostegno della Cooperazione Trentina.Tierra Nueva è attiva nel sud della capi-tale, che è la parte più povera della città. Gestisce un ambulatorio medico che ogni giorno assiste 600 persone, un centro per minori con handicap gravi, due asili per 320 bambini, una casa famiglia per donne e figli maltrattati, un furgone attrezzato per l’assistenza medica nelle comunità rurali.L’ospedale completato nei mesi scorsi copre una superficie di 13 mila metri qua-drati ed è costato circa 6 milioni di dollari. disporrà di 157 posti letto, 4 sale ope-ratorie, pronto soccorso, 28 ambulatori, farmacia e fornirà servizi esclusivamente alla popolazione povera.Per entrare in funzione la struttura richie-de ora una serie di interventi. Si deve provvedere alla pulizia di tutti i locali. I laboratori e la farmacia vanno attrezzati. La cucina va rifornita di pentole e stoviglie e del cibo. Servono i corredi per i bambini che nasceranno nel reparto maternità.

Risorse importanti dovranno poi essere reperite per pagare i primi stipendi alle circa 200 persone che saranno occupate nell’ospedale. Tierra Nueva calcola che ci sarà bisogno di non meno di 300 mila dollari per coprire queste spese. Per que-sto si rivolge alle Casse Rurali trentine per ottenere un prestito, che si impegna a rimborsare in tre anni. La Federazione, che appoggia il proget-to, invita le Casse Rurali a rispondere positivamente alla richiesta di solidarie-tà che proviene dall’Ecuador. Il prestito verrà emesso da Cassa Centrale e le Casse potranno sottoscrivere una garan-zia fideiussoria nella misura minima di 2 mila euro. In passato è stata adottata la stessa formula per finanziare i lavori di costruzione dell’ospedale e quel prestito - ricorda la Federazione - è già rientrato per un 30 per cento nel rispetto delle scadenze concordate. “La cooperazione trentina e italiana - scrive in una nota la Federazione - conosce molto bene la Fondazione Tierra Nueva e il suo presi-dente Bepi Tonello come organizzazione e persona di grande serietà ed efficacia” (c.c.).

“Non c’è dubbio che il bene delle Casse rurali trentine si costruisce anche con azioni di solidarietà nel Sud del mondo che aiuteranno molte persone povere a vivere meglio.Bepi Tonello

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SCOpertO Il geNOMA Del MelONuovo importante traguardo per la Fondazione Edmund Mach-Istituto Agrario di San Michele all’Adige, che è riuscita a decodificare l’intera sequenza del genoma del melo della varietà Golden delicious. Il risultato è di portata mondiale: amplifica enormemente le conoscenze su questa pianta (proprietà nutrizionali, impatto ambientale, esplorazione della biodiversità, studi filoge-netici ed evolutivi). Si potranno così ottenere nuove varietà di melo, accelerando i tempi del miglioramento genetico convenzionale e ottenendo piante che si autodifendono da malattie e insetti e in grado di produrre frutti più salubri e gustosi. L’obiettivo è costituire varietà di mele che riducano gli interventi agrotecnici, realizzando così una frutticoltura più sostenibile.

LA RURALE dI ALdENO E CAdINE

105 dIPENdENTI

5.146SOCI

14FILIALI

750MILIONI dI RACCOLTA

610MILIONI dI IMPIEGHI

lA rurAle DI AlDeNO AIutA Il MOzAMbICO

È stata inaugurata a Sena, in Mozambico, la “Caixa Financeira de Caia MCB”, una nuova banca di microcredito. E’ frutto dell’amicizia fra il Trentino e il Paese africano. Un obiettivo raggiunto al termine di cinque anni di impegno progettuale che ha reso possibile rea-lizzare una Cassa Rurale specializzata nel microcredito, al servizio del distretto di Caia.L’inaugurazione ha visto la presenza del presidente e del direttore della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine, Luigi Baldo e Pio Zanella. Con loro il presidente della Provincia di Trento, Lorenzo dellai.“Il modello delle Casse Rurali Trentine, facendo appello agli stessi valori che hanno permesso di vincere insieme le sfide del passato e che rappresentano le vere radici dell’esperienza cooperativa – hanno evidenziato i vertici – si rivela un’occasione per stringere nuovi patti di solidarietà fra territori lontani”.L’apertura della nuova banca di micro-credito, raggiunta attraverso un lungo

percorso, ha richiesto un impegno costante da parte dell’istituto di credi-to cooperativo. Essa infatti rappresen-ta qualcosa di più dell’apertura di un nuovo servizio in un’area rurale del Mozambico, molto povera e ora afflitta anche da una stagione di piogge molto intense. Si tratta, infatti, del concretiz-zarsi di un sogno, per migliaia di con-tadini, piccoli commercianti e imprendi-tori, famiglie che, altrimenti, sarebbero rimasti tagliate fuori dall’accesso al cre-dito per l’impossibilità di offrire solide garanzie, per gli alti tassi di interesse richiesti dalle banche tradizionali.In cinque anni, a fronte di un capitale investito di poco superiore ai duecen-tomila euro, sono stati erogati finan-ziamenti per un valore complessivo di 1.062.000 euro. Somme utilizzate, ad esempio, per avviare un piccolo negozio o per mettere a coltura nuove terre, introducendo anche nuovi prodotti poi rivenduti dalle donne ai mercati.

errAtA COrrIgeA pagina 39 della rivista di settembre, nell’articolo che racconta l’esperienza di Giovanni Peterlongo con la coopera-tiva Il Canale, abbiamo scritto erronea-mente che quattro punti vendita delle botteghe della solidarietà passeranno ad Altroconsumo. Passeranno invece a CTM Altromercato.

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Nuovi sconti per le cooperative

Essere socio della Cooperazione Trentina conviene, scopri tutti i vantaggi:www.cooperazionetrentina.it - [email protected] - 0461.898701 / 702

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Auto

Sconti dal 5 al 18% per l’acquisto di Alfa Romeo, Lancia e Fiat, anche sui veicoli commerciali con ritiro dell’usato. Per Seat, Volkswagen, Audi e Skoda il risparmio va dall’11 al 26% a seconda del modello. Per Bmw supera il 20%. Vantaggi resi possibili grazie agli accordi con Dorigoni Auto di Trento, Fiat Italia e Bmw Italia. Info:Per Fiat e Lancia: 0461/430811Per Alfa Romeo: 0461/1731400Per Seat, VW, Audi, Skoda: 335/269062Per Bmw: 348/4055794

Gestione del personale

Sconti tra il 30 e il 45% per l’acquisto di sistemi per migliorare e automatiz-zare la gestione del personale. E’ possibile scegliere tra cinque pacchetti, a seconda del numero di dipendenti, che comprendono software e terminali di rilevazione presenze Zucchetti e una serie di servizi correlati, grazie all’ac-cordo con Deltaservizi.Info: 348/0177458

Buoni pasto

Sconti mensili e ribasso sul valore della tessera. Questi i vantaggi della con-venzione con Bluticket, che offre alle cooperative la possibilità di scegliere il valore, le regole di utilizzo e il circuito di locali entro cui i dipendenti potranno usare il buono.Info: 02/3454191

Luce e gas

Sconti su luce e gas per le cooperative socie della Federazione. Un’offerta alla quale hanno già aderito oltre 230 associate, per un totale di 25 GWh, a dimostrazione della convenienza delle tariffe proposte.Info: 0461/362225

Telefonia fissa

Sconti sulle telefonate dal fisso grazie all’accordo con Infostrada e ICN Italia che garantisce tariffe convenienti, soprattutto nelle telefonate verso l’estero, dove il risparmio raggiunge anche il 50%. Info:Per ICN Itala: 0461/923630 e 335/6389219Per Infostrada: 329/8340503

Telefonia mobile e rete unica

Sconti medi del 30% per le telefonate da cellulare grazie alla convenzione con Vodafone Business. L’accordo prevede anche ribassi su molti altri ser-vizi, come apparecchi, accessori e altro.Info: 049/7805246, 346/1488120 o 049/7805123, 348/0089168

Stampanti e fotocopiatrici

Sconti sull’acquisto o noleggio di sistemi multifunzione a colori e in bianco/nero, grazie all’accordo con Konica Minolta e Xerox.Info: Per Konica Minolta: 339/2092390Per Xerox: 0461/950898 o 338/7651828

Sistemi telefonici VoIP

Sconti sull’acquisto di sistemi VoIP grazie all’accordo con‘Telefonia AltoAdige’. Le soluzioni proposte si integrano con i centralini esistenti, così come alla rete Gsm ed ai sistemi Wifi e danno la possibilità di collegare più sedi utilizzando la rete dati preesistente, abbattendo i costi di chiamata.Info: 348/4258353

Affrancatrici e imbustatrici

Sconti dal 10 al 30% per l’acquisto o noleggio di sistemi per affrancare e imbustare corrispondenza e comunicazioni varie grazie all’accordo firmato dalla Federazione con Pitney Bowes. Info: 02/950091 o 340/1783394

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CASSA RURALE VALLE dEI LAGHI

3.700SOCI

14FILIALI

45 MILIONIPATRIMONIO

57dIPENdENTI

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peNSA OggI Al tuO DOMANI

StuDeNtI preMIAtI A MezzOCOrONA

SOCI IN gItAPoco meno di 600 soci hanno preso parte alla gita sociale della Cassa Rurale di Rovereto. Città scelta: Treviso. La città, ma un po’ tutta la provincia trevigiana hanno rive-lato una straordinaria combinazione di paesaggi, arte, storia, bellezze naturali, ospitalità e buona tavola. Treviso ha portato a quota dieci le città e i luoghi visitati dai soci dell’istituto di credito cooperativo dall’inizio del millennio. Parma aveva segnato la tappa di avvio, seguita da Pavia, Ferrara, Innsbruck, Bologna, Ravenna, Riccione, Bergamo e Lago Maggiore.

La Cassa Rurale del centro rotaliano ha premiato 57 ragazzi diplomati (33) e laureati (24) con risultati meritevo-li di un riconoscimento consegnato dal presidente Sandro Pancher o dal direttore Umberto Lechthaler. Sette ragazzi hanno ottenuto il massimo dei voti. L’edizione di quest’anno del pre-mio allo studio è stata ulteriormente arricchita. E’ stato infatti proposto un interessante workshop sul tema “Fare marketing di se stessi”, condotto da due esperti formatori.

Spinta dal successo ottenuto lo scorso anno con la stessa iniziativa, la Cassa Rurale della Valle dei Laghi ha ripro-posto a inizio ottobre una serata sul tema previdenziale. Relatore dell’in-contro Gottfried Tappeiner, presidente di PensPlan Centrum (nella foto), che ha incentrato il suo intervento sulla previdenza ed i giovani evidenziando quanto le nuove generazioni neces-sitino di una pensione complementa-re per assicurarsi un futuro sereno. Hanno partecipato alla serata molti giovani interessati a comprendere i meccanismi del fondo pensione. Tappeiner, affiancato dal presidente

della Rurale Elio Pisoni, ha mostrato con dei grafici quanto sia drammatico lo scenario pensionistico che attende le future generazioni. Pensare sin da giovani alla creazione di un piano pre-videnziale diventa così indispensabile anche alla luce dei diversi interventi di garanzia promossi dalla Regione Trentino Alto Adige.Grazie a queste serate culturali e di alfabetizzazione finanziaria la Cassa Rurale intende avvicinare i soci, ed in particolare i giovani, al mondo del risparmio consapevole e della previ-denza integrativa.

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A pINzOlO uNA FeStA per I SOCI

A vIllANuOvA

uN AIutO per lA vISLe Casse Rurali Lavis - Valle di Cembra, Giovo, Trento e Mezzolombardo S. Michele hanno lanciato una linea di credito a favore dei 1520 soci del grup-po La Vis, sia viticoltori che produt-tori di mele che stanno vivendo un momento particolare nella vita della loro cantina. Il piano prevede finan-ziamenti al tasso agevolato del 2,5 per cento, con un consistente risparmio sugli interessi. Il tasso di mercato ordinario per mutui analoghi si attesta infatti su valori decisamente superiori. La durata dei prestiti sarà di 12 mesi. Le modalità per accedere all’interven-to saranno molto semplici.

La Cassa Rurale Giudicarie Valsabbia Paganella ha aperto il suo ventesi-mo sportello, il più a sud del pro-prio territorio: a Villanuova sul Clisi. È l’ottava filiale in Valsabbia, dove la cooperazione è ormai conosciuta e apprezzata. All’inaugurazione, oltre al presidente Bruno Martinelli, il vice Giuliano Beltrami, il direttore davide

donati, hanno partecipato il sinda-co Ermanno Cominciali, il presiden-te della comunità montana Ermanno Pasini, l’assessore alle attività pro-duttive della provincia di Brescia Giorgio Bontempi, il presidente della Cooperazione Trentina diego Schelfi e di Cassa Centrale Banca Giorgio Fracalossi.

Il socio è stato il protagonista incontra-stato dell’appuntamento che la Cassa Rurale di Pinzolo ha organizzato per festeggiare la propria base sociale. Un momento speciale di incontro a cui hanno partecipato oltre mille persone, tra soci e familiari.Questa iniziativa nasce dalla volontà dell’istituto di credito cooperativo di sottolineare ulteriormente l’importan-za del ruolo della base sociale e di testimoniare il proprio attaccamento alla comunità e alle associazioni locali.La prima edizione della “SocInsieme” è stata l’occasione, tra il resto, per asse-gnare il premio allo studio a 10 neo diplomati, 70 studenti universitari e 16 neo laureati, per un totale di 96 giovani

che nello scorso anno scolastico si sono particolarmente distinti nel loro percorso di studi.Una delle ragazze premiate ha poi consegnato il riconoscimento che la Cassa Rurale ha voluto assegnare a Costantina Maffei, socia dal 1960: un gesto che ha messo in evidenza l’im-portanza della relazione intergene-razionale, che va coltivata all’interno della base sociale e, più in generale, della comunità. Un secondo premio è stato assegnato a Cristina Valcanover, la socia numero 2.000.Nel corso della serata sono stati infine premiati i soci che hanno partecipato al concorso fotografico per il calendario 2011.

CASSA RURALE dI PINZOLO

2.049 SOCI

28 dIPENdENTI

28MILIONI PATRIMONIO

173 MILIONI PRESTITI

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lA rurAle lAvIS vINCe Il DreIkAE’ stato vinto dalla squadra della Rurale Lavis-Valle di Cembra (foto) il quarto “Trofeo dreika”. Nella finale ha supe-rato la formazione di Cassa Centrale Banca per 2 reti a 1.

gellINDO IN pIStACampionati italiani cadetti di atletica leggera in Valle di Non. due i testi-monial (nella foto): Alex Schwazer, oro olimpico a Pechino e Gellindo di Risparmiolandia delle Casse Rurali Trentine.

MeMOrIAl FOreNzALe Casse Rurali di Levico e di Pergine sponsor del “Memorial Nino Forenza”, corsa ciclistica per allievi organizzata dalla Forti e Veloci. Nella foto la pre-miazione.

A MOrI Il trICOlOreCampionato italiano di ciclismo su pista a Mori. Presente in veste di spon-sor anche la Cassa Rurale Mori Val di Gresta. Nella foto la presentazione dell’evento.

Mtb A zAMbANAUna gara all’insegna dell’acqua (anche per il quadro meteo) il 12esimo “Trofeo Irrigazione Pilati” di mountain bike sostenuto dalla Cassa Lavis-Valle di Cembra.

pAlIO A rOveretOGrande successo per il Palio della Quercia sostenuto dalla Rurale di Rovereto e animato da alcuni assi dell’atletica mondiale.

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CASSe rurAlI e SpOrt

CAvIt: DOlCI preMI

Ancora una volta un prestigioso riconoscimento all’alta qualità dei vini Cavit. In occasione del concorso International Wine Challenge 2010, una competizione solo per professio-nisti del settore vino e alcol che si tiene annualmente a Londra, oltre a 2 argenti con Maso Toresella Rosso Trentino Superiore doc 2005 e Bottega Vinai Gewurtztraminer Trentino doc 2009 e sei bronzi (Maso Toresella Chardonnay Trentino doc Sup. 2007 e Maso Toresella Cuvèe Igt Vigneti d-dolomiti 2008, Maso Cervara Teroldego Rotaliano doc 2007, Bottega Vinai Teroldego Rotaliano doc 2008, Bottega Vinai Lagrein dunkel Trentino doc 2007, Zeveri Müller Thurgau Trentino Superiore doc 2008), la cantina si è aggiu-dicata il premio Trophy per la categoria dei Vini dolci Italiani grazie ad Arèle Vino Santo Trentino doc annata 1998.

bevI Il lAtte, vINCI uNA MuCCA

La mucca se l’è aggiudicata un consumatore residente in via Ghiaie a Trento, la Fiat 500 ha imboccato la strada per Ivano Fracena. E’ la destinazione dei primi due premi del concorso “Vinci una mucca o una Fiat 500 con Fiavè e Latte Trento”. 600 mila tagliandi compilati e spediti dai consu-matori. La mucca è una Bruna Alpina, Clelia. “Le sue refe-renze la collocano in fascia alta – commenta Sergio Paoli, direttore delle due cooperative –. Basti pensare che la sua valutazione è di 92/100 ottenuta nell’asta di fine settembre”. Al 3°, 4° e 5° estratto un cesto di prodotti tipici. dal 6° al 25° estratto una forma di formaggio Trento o di Spressa delle Giudicarie dop.

“ ”In trentino dove c’è sport ci sono le Casse rurali.

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FAMIglIA DI pINzOlO: pIù FOrtI A CAMpIglIO

FAMIGLIA COOPERATIVA dI PINZOLO

101 dIPENdENTI

2.000 SOCI

12 PUNTI VENdITA

dopo l’inaugurazione di tre anni fa di “Ingros Rendena”, la Famiglia Cooperativa di Pinzolo è prossima a potenziare la sua presenza sulla piazza commerciale di Madonna di Campiglio.A essere interessato è il punto ven-dita che serve da decenni la zona di Pramagnan. “La superficie commercia-le passerà dagli attuali 370 a 500 metri quadrati – spiega il presidente Mauro Cominotti (a sinistra nella foto) –. E’ una scelta dettata dalla volontà di rinnovare la struttura ormai obsoleta e di utilizza-re lo spazio occupato in precedenza dal C+C trasferito a Ingros Rendena”.E’ un ulteriore tassello del cammino di ammodernamento della rete di vendi-ta che, recentemente, ha interessato anche il negozio di Spiazzo Rendena e che, la prossima primavera, farà tappa alla sede di Pinzolo per il settore extra-limentare.La Famiglia Cooperativa diretta da Carlo Gualdi (a destra nella foto), ha un orga-nico di 101 collaboratori. I soci sono poco meno di duemila. Una dozzina i punti vendita a servizio di Pinzolo, Giustino

(2), Massimeno, Madonna di Campiglio (3), Sant’Antonio di Mavignola, Villa Rendena, Javrè, Spiazzo, Bocenago, Passo Campo Carlo Magno. A questi si aggiunge la “Baita dei sapori” dedi-cato ai prodotti tipici. “In questi anni – aggiunge Cominotti – la cooperativa ha istituto il prestito sociale. Abbiamo ottenuto un’ottima risposta dai soci: prestano il loro denaro alla Famiglia cooperativa ottenendo un rendimen-to maggiore rispetto alle tradizionali forme di investimento”.Oltre alle normali offerte di sistema della cooperazione di consumo, “la Famiglia Cooperativa di Pinzolo pro-pone dei vantaggi specifici – spiega il direttore –. Il cliente, con una spesa di almeno 20 euro nei punti vendi-ta al dettaglio, riceve in omaggio un buono sconto dal 15 al 20% da utilizzare per l’acquisto di prodotti extralimentari (profumeria, abbigliamento, casalinghi e molto altro) nei negozi Verde Blu di Pinzolo e di Madonna di Campiglio” (d.n.).

Mettere le MANI IN pAStALa mafia esiste, ma anche l’Italia. Ed è un’Italia che attra-verso il fare può combattere la criminalità organizzata. È questo il messaggio che Carlo Barbieri ha portato all’incon-tro organizzato dal Sait in occasione della fiera “Fa’ la costa giusta”, durante il quale ha presentato il suo libro, “Le mani in pasta”, sulle cooperative sociali che lavorano i terreni confiscati ai boss mafiosi. Cresce così il progetto che vede la cooperazione di consumo dare spazio nei propri punti vendita ai prodotti di Libera Terra.

luSettI IN vISItA A FONDO

Gli amministratori delegati di Nordiconad, Mauro Lusetti, e di dao, Ivan Odorizzi, sono stati ospiti della Famiglia Cooperativa Val di Non. Accompagnati dal presidente Giorgio Turri, dai vicepresidenti e dal direttore, Maurizio Ianes, hanno visitato i punti vendita per conoscere la realtà aziendale, il forte radicamento sul territorio e i programmi di sviluppo.

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SMAg: MuSICA Nell’AltO gArDANell’Alto Garda c’è un nuovo punto di riferimento per chi ama la musica. Si chiama Smag, acronimo che sta per Scuola Musicale Alto Garda. E’ il risul-tato dell’unione tra la Scuola Musicale Civica di Riva del Garda (creata nel 1964) e la Scuola Musicale di Arco (costitu-ita nel 1981), riferimento per parec-chi decenni dell’educazione musicale sul territorio altogardesano, ledrense e della Valle dei Laghi. Il presidente è Claudio Omezzolli, il direttore è Carlo Pedrazzoli.“Capita spesso nella vita di una istitu-zione di passare attraverso momenti di cambiamento – è stato osservato – a volte opportuni per stare al passo con i tempi, altre volte indispensabili per garantirne la stessa esistenza”.La storia delle due scuole non si è mai incrociata, se non in rare occasioni. Un tentativo di avvicinamento era stato compiuto all’inizio del nuovo millen-nio. Sostanzialmente era stato gettato il seme che ha dato frutto un decennio più tardi convinti che, se da soli si va più veloce, insieme si va più lontano.Le finalità dell’azione della scuola sono

molteplici: dall’attività propedeutica al Conservatorio, alla preparazione per i musicisti delle Bande, alla formazio-ne per ragazzi con l’intenzione di far nascere gruppi Pop o Rock, alla nascita di realtà corali, all’attività di consulenza per gli istituti comprensivi e le scuole materne.Un progetto e una visione ambiziosi, frutto però di un’azione continua e fatti-va, di un’operatività condivisa dalle isti-tuzioni pubbliche, Comuni e Provincia, che hanno supportato il processo di rinnovamento delle due scuole, nate in modo autonomo e per merito dell’azio-ne di volontariato, valorizzandone l’at-tività e contribuendo al loro consolida-mento e sviluppo del ruolo importante che oggi ricoprono.A dare ulteriore forza al progetto ha contribuito l’intervento della Cassa Rurale Alto Garda e di Promocoop Trentina. Oggi Smag è una realtà solida, formata da soci attivi e motivati, pronta per essere ancora di più riferimento di enti pubblici e privato nella formazione musicale e dell’organizzazione e gestio-ne di eventi (d.n.).

ArChIMeDe vINCe All’INterACtIve key AwArDLa cooperativa Archimede vanta un nuovo trofeo in bacheca. dopo il riconoscimento come miglior sito web in ambito turistico (con www.trentinosnow.it) al Premio Web Italia 2010, si è aggiudicata il premio per il miglior sito web nella categoria ‘trasporto ed energia’ all’undicesima edizione dell’Interacitve Key Award grazie al sito realizza-to per l’A22 (www.autobrennero.it).Il set di funzionalità avanzate, che costituiscono una vera e propria innovazione nel campo dell’usabilità e dell’integrazio-ne fra contenuti e layout grafico, ha convinto una giuria com-posta da oltre 100 esperti, che hanno preferito il sito realizzato da Archimede ad altri concorrenti del calibro di Lancia, ducati e Fiat, che avevano puntato più sull’appeal grafico. Nella serata delle premiazioni, tenutasi a Milano, a ritirare il premio, oltre ai tre soci fondatori di Archimede (Flavio Righetto, Mauro Vicentini e Gabriele dalla Costa) e l’intero team che ha lavorato al progetto, c’erano anche il presidente dell’A22, Pardatscher Walter, e la responsabile area web della società, Roberta Andreotti.

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A CeNA CON l’AltrOUna serata un po’ diversa, per coccolarsi con un piatto di pesce fresco cucinato a dovere o per festeggiare davanti a una gustosa pizza fumante, seduti in un locale accogliente. È la nuova proposta che Risto 3 rivolge ai propri clienti con l’apertura serale di “L’altro – ristorante e pizzeria”, presso il nuovo centro poli-funzionale al Marinaio in via Ragazzi del ’99 a Trento.Aperto dal mercoledì al sabato, la dome-

nica su prenotazione, dalle 19.00 alle 23.00, questo nuovo locale si caratterizza per un ambiente spazioso e pulito, con un arredamento attento a ogni parti-colare e studiato nel più totale rispetto dell’ambiente. Per la realizzazione della struttura sono stati impiegati materiali naturali ed ecologici e sono state com-piute scelte per limitare il più possibile l’inquinamento dell’ambiente, come, ad esempio, l’utilizzo di un impianto dell’acqua microfiltrata che consente di evitare l’uso delle bottiglie in plastica.Attenzione all’ambiente, ma anche alla salute: il menù prevede infatti piatti realizzati con ingredienti di alta qualità e cucinati in modo da valorizzarne le proprietà nutritive e, naturalmente, il gusto. Il tutto con un ottimo rapporto qualità-prezzo.L’offerta di Risto 3 al Marinaio si com-pleta con il ristorante self “Isotta” e con “L’asporto – take away”, dove è possibile prendere i piatti preparati dai cuochi della cooperativa per gustarli comoda-mente a casa propria. Una comodità in più aperta dal martedì al sabato, dalle 10.30 alle 14.30 e dalle 17.30 alle 20.30, e la domenica, dalle 10.30 alle 13.30.

NEWSCOOP

“ ”Non c’è amore più sincero di quello per il cibo.George Bernard Shaw

IN MeMOrIA DIMArCO gIOrDANIIl suo percorso professionale lo aveva compiuto all’interno del credito coo-perativo: prima alla Cassa di Rovereto, dopo alla Rurale di Isera. Qui, nella banca della comunità della località della destra Adige, gli era stato affidato l’incarico di vicedirettore.Marco Giordani è scomparso all’età di soli 56 anni. Un male incurabile lo ha sottratto ai molti che lo conoscevano e ne apprezzavano le qualità umane ancora prima di quelle professionali.Era stimato dai collaboratori ma anche dai soci e dai clienti per il suo stile che metteva sempre a proprio agio chi aveva di fronte. La competenza profes-sionale era un’altra sua caratteristica. Anche per questo gli amministratori avevano individuato in lui la persona giusta a cui affidare un incarico di par-ticolare responsabilità all’interno della Cassa Rurale.

12 NOveMbretreNtOSala multimediale Spes Via Borsieri, 7 - ore 17.00“Cooperative sociali e di lavoro: l’impatto della crisi e nuove prospettive in chiave europea”

13 NOveMbre terMe DI COMANO ore 15“Consumi, stili di vita e qualità della vita. In viaggio verso la post-crescita”

16 NOveMbre treNtO Sala della cooperazione – ore 17Giornata internazionale della cooperazione sulle donne.

26 NOveMbretreNtOSala multimediale Spes Via Borsieri, 7 - ore 16.30da Gomorra alle Terre di don Peppe diana. L’uso sociale dei beni confiscati in Provincia di Caserta

10 DICeMbre treNtO Sala multimediale Spes Via Borsieri, 7 - ore 17.30Credito cooperativo e piccole e medie imprese.

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Illustrazione diPierluigi Negriolli

Ho trascorso l’infanzia giocando con mio nonno Giovanni nell’azienda di famiglia. Ci sedavamo vicini, fuori dalla stalla; mi costruiva carretti e gio-chi rudimentali e mi insegnava a fare piccole riparazioni. Poi mi prendeva per mano, mi portava nei campi a vedere il resto della famiglia che lavora-va la terra. Allora coltivavano frumen-to, patate, foraggio ed erano i primi anni che si seminava il mais per fare insilato per l’alimentazione degli ani-mali. Forse è anche da lui che ho preso la passione per il fai da te. Forse è da lui che ho imparato ad amare la mia terra.L’azienda che gestisco ha una storia più lunga della mia. Dura da tre gene-razioni. Nonno Giovanni e nonna Giuseppina (entrambi Zambotti ma da due ceppi diversi) la gestivano per la loro autosufficienza. Dalle vacche e dai campi hanno ottenuto il necessario per allevare sei figli. Per guadagnare due soldi in più vendevano qualche formaggio e mio nonno faceva anche il carrettiere: trasportava legna e carbone fino a Riva del Garda. In un annata particolarmente difficile dovette anche emigrare in Germania, insieme a due compaesani, per fare il minatore.Mio padre Gino ha portato avanti l’azienda ed è riuscito ad ingrandirla. A inizio anni Sessanta ha acquistato un bel maso fuori dal paese, dove ha creato una stalla più ampia, il fienile, la nostra casa e campi tutto intorno. Lì sono nato io, nel ’66. Fin da giovane ho aiutato con le bestie

e nei campi e appena ho concluso gli studi all’Istituto agrario di San Michele ho iniziato a gestire l’azienda con l’aiu-to dei miei genitori. Mio padre e mia madre si alzano alle cinque e bevono il caffè chiacchierando e guardando la televisione. Ci troviamo tutti in stalla alle sei e mezza per la mungitura e ciascuno ha il suo compito. Finito quel-lo, mia madre lava la mungitrice, mio padre si occupa dei vitelli e io mi delle razioni alimentari per la giornata. Poi io e mio padre partiamo per i campi e mia madre si occupa delle faccende di casa.In azienda faccio di tutto. Dal mura-tore all’elettricista. Dal fabbro all’im-bianchino. Non sono mai dovuto andare da un meccanico in tutta la mia vita: smonto trattori, rifaccio motori, modifico i miei macchinari agricoli per renderli più funzionali. Ho un’officina vicino alla stalla, con un piccolo magazzino di attrezzi, dove riparo i guasti. Questo consente qual-che economia, aspetto importante per un’azienda come la mia.La svolta all’interno dell’azienda è arrivata nel ‘52, quando mio padre ha acquistato il primo trattore. Da allora riusciamo a lavorare superfici più gran-di con meno fatica fisica. Basti pensare ai lavori di fienagione, di aratura e di preparazione del terreno per la semina. O alla raccolta di patate: quando c’era mio nonno si raccoglievano a mano, una ad una. Si mettevano nei sacchi e si trasportavano con i carri nei volti. Oggi è sempre un evento che coinvol-

CULTURA COOPERATIVA

Che lomaso sarebbesenzA CoopeRAzionedi Fabio Zambotti

RACCONTI DI COOPERAZIONE

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ge tutta la famiglia, ma usiamo mac-chine semiautomatiche e portiamo il raccolto con il trattore alla cooperativa, la Copag, che si occupa della conser-vazione, confezione e vendita e dove sono attivo come amministratore. L’automazione ha sicuramente dimi-nuito le fatiche fisiche del lavoro, ma il ritmo è peggiorato. Ora per mante-nere in piedi un’azienda e quindi una famiglia, non bastano due vacche ma servono dimensioni di un certo tipo. Oltre allo sforzo fisico c’è anche quello mentale, organizzativo e gestionale. Per la mia azienda, poi, ho fatto delle scelte precise. Non ho mai acquista-to animali dall’esterno. Mio padre ha introdotto la razza Frisona nel ’70, per-ché era tra le razze che producevano più latte, acquistando 3 manzette. Da allora ci arrangiamo con la rimonta. Una stalla completamente autosuffi-ciente, perché riusciamo a far fronte anche al fabbisogno alimentare delle vacche e dei tori.Oggi in stalla vivono 25 manze da rimonta, 30 da carne e 40 da latte: la metà di queste vengono ingravidate con tori della stessa razza. Le vitelle nate portano avanti la specie. Le altre, invece, vengono fecondate con tori di razze diverse. Le bestie da carne vengono conferite alla Federazione Allevatori mentre il latte lo portiamo al Caseificio di Fiavè.Siamo cooperatori da sempre. D’altronde senza le cooperative per noi sarebbe dura. Se abbiamo raggiun-to questo grado di benessere è grazie alla nostra organizzazione cooperativa, sia nell’agricoltura sia nel credito, che ha saputo foraggiare e dare ossigeno. Forse partendo da questa consapevo-lezza che ho deciso di impegnarmi in prima persona anche nel settore ban-cario. Sono partito come amministra-

tore della Cassa Rurale del Lomaso, una banca sana con dimensioni con-tenute. In consiglio era maturata sem-pre più forte l’idea di una unica cassa rurale di valle, per fare economie di scala e offrire servizi più evoluti. E a questo abbiamo lavorato. Ma la strada è stata lunga, talvolta tortuosa e non priva di colpi di scena. Alla fine abbia-mo optato per fare una fusione con la consorella di Quadra e Fiavè, nel 2005. Visto che la nuova Cassa Rurale univa le prime tre realtà fondate in Trentino (Quadra, Fiavè e Lomaso) abbiamo deciso di chiamarla Don Lorenzo Guetti, in onore del fonda-tore. Oggi sono il presidente. Cerco di amministrare praticando i principi che avevano spinto don Guetti a creare le Casse: dare fiducia alle persone. Dare loro credito. In valli piccole come la nostra è più facile perché ci conoscia-mo tutti di persona, da generazioni. Quindi riusciamo a sostenere anche quegli investimenti personali o azien-dali che altre banche cestinerebbero per mancanza di garanzie forti, anche se si tratta di progetti validi. I percorsi difficili non mi spaventano. Anzi, mi stimolano. Quando ero asses-sore all’agricoltura, foreste, ambiente e viabilità esterna per il comune di Lomaso (lo sono stato per 15 anni), ho cercato di essere un riferimento per il mondo agricolo, ma non solo. Facevo anche parte del gruppo di ammini-stratori che hanno portato avanti con entusiasmo e determinazione il pro-getto di unione dei comuni di Lomaso e Bleggio Inferiore. Anche in questo caso, come per la Cassa Rurale, si trat-tava di passare oltre alla logica del cam-panile, guardare al futuro, organizzarsi in modo più efficiente ed efficacie. Alla fine ce l’abbiamo fatta, ed è nato il comune di Comano Terme con gran-

de soddisfazione.Io sono così. Ho sempre da fare, mille idee, mille impegni. Sono tra i fondato-ri e da tanti anni il presidente dell’asso-ciazione che organizza il Palio dei sette comuni, una sorta di festa dell’agri-coltura diventata uno dei fiori all’oc-chiello della nostra zona. E’ un’oppor-tunità per conoscersi, stare insieme e ragionare. E anche per valorizzare la nostra immagine agli occhi degli ospiti. Un’immagine che in questi tempi ha subito qualche contraccolpo. Qualche settimana fa sono stato a Vienna, al meeting di Cassa Centrale Banca. In tanti mi hanno chiesto un’opinione su quanto è successo al Caseificio di Fiavè. Una volta era il fiore all’occhiel-lo della nostra terra. I suoi prodotti erano un vanto per qualità e salubri-tà. Ora vengono collegati ai problemi gestionali e amministrativi del caseifi-cio! Eppure io non credo che il proble-ma sia il modello della cooperazione, come ho letto sui giornali. L’impianto è perfetto. Sono gli uomini che fanno la differenza. Sbagliano gli uomini che pensano che le cooperative siano cose proprie o di tanti, quindi di nessuno. Dimenticano che lo sviluppo dei nostri territori è dovuto alla presenza di questo model-lo di impresa che si tramanda di gene-razione in generazione dando risposte ai soci. Null’altro conta di più e lo vediamo nel benessere e nello sviluppo sociale e culturale che siamo riusciti a raggiungere. Un patrimonio che come amministratori di cooperativa dobbia-mo tener presente con responsabilità quando affrontiamo ogni decisione. Questo è il tributo che dobbiamo alla cooperazione: il rispetto per i soci.

CULTURA COOPERATIVA | racconti di cooperazione

Racconto raccolto da DIRCE PRADELLA

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Prima Cassa Rurale in Trentino, la Rurale Valle dei Laghi ha atti-vato un sistema di formazione permanente per gli amministra-tori. Il progetto è stato approvato all’unanimità dall’ultima assem-blea dei soci, che ha modificato il regolamento assembleare intro-ducendo l’obbligo dei cosiddetti crediti formativi per gli ammini-stratori in carica. La formazione obbligatoria per gli amministratori di cooperativa è uno degli obiettivi previsti dal piano strategico di sviluppo della Federazione, che sarà approfondi-to nella prossima assemblea.Il nuovo sistema impegnerà gli amministratori a frequentare specifici corsi di qualificazione e aggiornamento finalizzati ad ele-vare le competenze e le conoscenze della governance. L’acquisizione di un certo numero di crediti for-mativi diverrà la condizione per poter riproporre la propria can-didatura in occasione del rinnovo del consiglio di amministrazione.

Questa novità va nella direzione auspicata dal codice etico interno della Cassa Rurale e dalla carta dei valori del credito cooperativo, che sostiene l’impegno dell’am-ministratore nel “curare personal-mente la propria qualificazione professionale e formazione per-manente”. I componenti del cda della Rurale Valle dei Laghi sono 15. L’invito a partecipare agli interventi di formazione sarà rivolto anche ai sindaci.

il sistema dei crediti formativi

L’articolo introdotto nel regola-mento assembleare stabilisce che gli amministratori eletti, in sede di accettazione della carica, si impe-gnano a partecipare ai percorsi formativi organizzati dalla Cassa Rurale presieduta da elio pisoni. Nel corso del mandato triennale il componente del cda deve acqui-

sire almeno 5 crediti formativi. Questo numero rappresenta la soglia minima che deve essere rag-giunta perché l’amministratore possa ripresentare alla scadenza dell’incarico la propria candida-tura. La Rurale Valle dei Laghi si impegna a proporre almeno otto seminari formativi nel triennio.Gli amministratori cooptati in corso di mandato del Consiglio o eletti dall’assemblea in sosti-tuzione di altri amministratori dovranno partecipare ad almeno 2 seminari formativi per ogni anno di permanenza in carica. Il regolamento precisa che per “evento formativo” si intende un’attività di natura formativa che, pur svolta con modalità diver-se (corso in aula o fuori dall’aula, seminario, convegno, formazione a distanza…), ha una struttura didattica definita in termini di obiettivi, contenuti, metodologia, destinatari e con una durata non inferiore alle 2 ore.Il regolamento dà mandato al

se non studi non RiCAndididi Corrado Corradini

BUONE PRASSI

CULTURA COOPERATIVA

Per prima all’interno della cooperazione di credito trentina, la Cassa Rurale della Valle dei Laghi ha attivato un nuovo sistema per la formazione permanente degli amministratori basato sui crediti formativi

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Consiglio di approvare, con appo-sita delibera di durata annuale o pluriennale, il calendario degli interventi che rientrano nel piano dei crediti formativi. Per l’attri-buzione dei crediti il sistema è così articolato: 1 credito per ogni corso scelto nell’ambito dell’of-ferta formativa della Federazione, di Formazione Lavoro o degli organismi centrali del movimen-to; un numero di crediti variabile da 0,5 a 2 per iniziative forma-tive di tipo straordinario (semi-nari specialistici, convegni, ecc.) organizzate dalla Cassa Rurale in autonomia oppure dalle strutture di categoria. In quest’ultimo caso saranno riconosciuti 0,5 crediti per gli interventi formativi di 2 ore, 1 credito per gli eventi for-mativi di mezza/una giornata, 2 crediti per le attività che occupano 1,5/2 giorni.Con una scelta innovativa si è sta-bilito che l’attribuzione dei crediti sarà valida anche per gli eventi for-mativi svolti non in presenza, cioè

con supporto didattico dedicato o videoconferenza.Ai fini dell’assegnazione dei credi-ti la Cassa Rurale, o altro soggetto da essa delegato, quale Formazione Lavoro, rileverà la partecipazione ai corsi tramite timbro o firma. La verifica dell’acquisizione dei crediti da parte di ogni singolo amministratore, necessaria alla rieleggibilità, è riservata alla Cassa Rurale diretta da lino zanlucchi. Il regolamento che ha introdotto il sistema dei crediti è stato appro-vato dai soci ad un anno dal rinno-vo completo del cda. È stata quin-di prevista una fase transitoria, che copre il periodo da ottobre 2010 alla data dell’assemblea 2011. In questo arco di tempo la Cassa Rurale dovrà rendere disponibili almeno tre seminari e l’ammini-stratore che intende ricandidarsi dovrà partecipare ad almeno due. Con la collaborazione di Formazione Lavoro, la Rurale Valle dei Laghi ha individuato una prima serie di contenuti del percorso formativo per il cda, che includono: il sistema dei control-li, il bilancio, il contenzioso, la responsabilità dell’amministrato-re, la storia e la funzione sociale della Cassa Rurale, la donna nella cooperazione odierna.

CULTURA COOPERATIVA | buone prassi

UNA NUOVA IdEA PER I GIOVANINegli ultimi tempi la Cassa Rurale della Valle dei Laghi si è interrogata su come far evolvere il proprio sistema di interventi a favore dei gio-vani adottando modalità alternative ai premi di studio in denaro. È così nato il progetto “Oggi è domani”, presentato recentemente ai soci, che intende sostenere i giovani non a conseguire un diploma o una laurea ma nel loro sforzo di “guardare avanti”. Il progetto si avvarrà del portale www.oggiedomani.net, che si propone come luogo di incontro tra le esigenze di cre-scita individuale e professionale dei giovani e le risposte che potrà fornire la Cassa Rurale. L’utente che accede al sito è accolto dalla scritta: “Hai un’idea in testa? O un sogno nel cuore?”.I ragazzi potranno scegliere il profilo più indicato fra i quattro proposti (“faccio le superiori”, “fre-quento l’università”, “cerco lavoro”, “lavoro già”) e accedere così ad una serie di proposte mirate: dagli stage alle borse di studio, dai tirocini alle esperienze all’estero, da qualche opportuni-tà di lavoro estivo al tempo libero. Gli iscritti potranno così essere costantemente informati sulle diverse iniziative promosse da Università, politiche giovanili, Fondo sociale europeo, fon-dazioni, imprese, enti e associazioni. La Cassa si impegna a concedere finanziamenti fino al 100% delle spese sostenute, per la frequenza di master o di soggiorni Erasmus, ad esempio. In casi particolari potranno essere riconosciuti anche incentivi economici.I giovani potranno comunicare in modo facile e diretto con la banca utilizzando l’apposita finestra presente nel sito (“Richiedi informazioni e dai spazio alle tue idee”) e anche proporre progetti individuali, consistenti ad esempio in lavori di ricerca, tesi di laurea di particolare rilievo, idee imprenditoriali. A supporto di questi progetti la Cassa Rurale metterà a disposizio-ne servizi di consulenza con esperti esterni e davanti a richieste molto motivate potrà trovare il modo di sostenere anche economicamente le scelte dei ragazzi.

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Il 5 e 6 ottobre si è tenuto a Bruxelles il Congresso biennale degli agricolto-ri europei, in un momento cruciale dei negoziati sul futuro della Politica Agricola Comunitaria (Pac). Alla presenza di numerose personalità di alto livello - tra cui il Commissario Dacian Ciolos - l’agricoltura europea ha sollecitato l’UE ad assicurare un settore agroalimentare competitivo e una solida politica comune anche dopo il 2013, che punti sugli agri-coltori in quanto fornitori di derrate alimentari, servizi e beni pubblici.

le richieste del settoreDovendosi confrontare con l’elevata volatilità del mercato, la crescente domanda mondiale e il cambiamen-to climatico, il settore chiede a gran voce una Pac forte, che consenta agli agricoltori di ottenere maggiori introiti dal mercato. Al centro delle richieste della platea, tre elementi: l’introduzione di nuovi strumenti di gestione (contratti, reti di sicurezza, assicurazione rischi), misure per una maggiore competitività, il rafforza-mento dei produttori nella catena alimentare. paolo bruni, presiden-te di Cogeca, ha sottolineato che al momento “le cooperative devono far fronte all’enorme potere di una manciata di supermercati”, eviden-

ziando la necessità di una modifica delle norme europee in materia di concorrenza “che consenta alle coo-perative di crescere di dimensioni e di scala, conferendo loro più potere e contribuendo a ripristinare un equi-librio oggi assente lungo la catena”. Il messaggio è chiaro: in assenza di risposte da parte dell’UE, l’agricoltu-ra europea sarà costretta a diventare più concentrata e intensiva, ai danni di ambiente, consumatori e occupa-zione.

primi annunciPur col riserbo dovuto a lavori anco-ra in corso, il Commissario Ciolos, intervenuto al dibattito, ha voluto rassicurare il settore, dichiarando che “la Pac è pienamente giustificata e i suoi due pilastri saranno mantenuti”. Aggiungendo che occorre uno sforzo comune per spiegare ai consumatori che “la Pac é anche la loro politica, senza la quale dipenderebbero dalle importazioni di cibo senza un con-trollo su qualità, prezzi e disponibi-lità”. Da quanto emerso, la proposta della Commissione avrà tre obiettivi: sicurezza alimentare, uso sostenibi-le delle risorse, sviluppo equilibrato delle aree rurali. Inoltre, anche dopo il 2013 si potrà contare su pagamenti diretti comunitari, ma non più basati sul calcolo storico, al fine di premiare

solo i produttori attivi. Mentre il secondo pilastro continuerà a soste-nere, su base pluriennale, l’ammo-dernamento del settore.

i nodi chiaveSe la Comunicazione ufficiale, attesa per metà novembre, farà più luce sui dettagli delle singole misure, perman-gono due nodi chiave, che investono la responsabilità dell’intero Collegio dei commissari e di ciascuno Stato Membro: la coerenza tra il quadro proposto dalla Pac e quello delle altre politiche UE - in primis quella com-merciale - e un’adeguata dotazione di bilancio, senza la quale anche i migliori strumenti perdono efficacia. Ad oggi il bilancio della Pac rappre-senta il 40% del budget comunitario, ma vale la pena ricordare che que-sto valore corrisponde a solo l’1% della spesa pubblica dei paesi UE e allo 0,4% del PIL europeo. Anche la parallela discussione sul bilancio post 2013 andrà dunque seguita con attenzione.

* Referente da Bruxelles dell’uf-ficio legislativo della Federazione Trentina della Cooperazione

CULTURA COOPERATIVA

lA politiCA AGRiColA del fUtURodi Letizia Piangerelli *

QUI EUROPA

CALENdARIO17 NOveMbre: esce la Comunicazione della Commissione su Pac post-2013

1a Metà 2011: consultazione pubblica

2a Metà 2011: proposta legislativa Commissione

2012: discussione in Parlamento europeo e Consiglio

2014: entrata in vigore nuova Pac

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Nelle scorse settimane è stato presentato a Bruxelles l’appel-lo della comunità scientifica alla Commissione europea per il soste-gno alle cooperative e le imprese sociali. Il momento ha suscitato l’interesse dei parlamentari, dei rap-presentanti del movimento coope-rativo e dei media europei. I com-missari Michel barnier (Mercato Interno e Servizi) e Antonio tajani (Industria e Imprenditoria) hanno sottolineato l’attenzione che le isti-tuzione europee stanno rivolgendo ai temi dell’economia sociale. Ed in effetti la lettera aperta nasce proprio in seguito alle dichiarazioni rilascia-te dai due commissari rispetto alla centralità di questi temi in occa-sione del loro insediamento e alla necessità di tradurre quelle parole in fatti.I professori Carlo borzaga (presi-dente di Euricse), lars hulgård, roger Spear e José luis Monzón Campos hanno parlato a nome dei 421 firmatari, confermando la disponibilità ad offrire il supporto necessario alla definizione di nuove strategie comunitarie di sviluppo e promozione delle imprese coope-rative e sociali per un’Europa più

inclusiva, sostenibile e prospera. L’evento è stato reso possibile gra-zie a patrizia toia, membro del Parlamento Europeo, relatore della risoluzione sull’economia sociale e convinta sostenitrice dell’inizia-tiva degli accademici. “Bussiamo alla porta della Commissione – ha detto Toia – per chiedere che si passi ai fatti concreti. Ora si tratta di definire le priorità, che a nostro avviso riguardano gli strumenti giu-ridici per inquadrare ad esempio le fondazioni e le mutue, così come è già stato fatto per le cooperative e le società private, ma anche quale regime si può adottare per gli aiuti di stato e per facilitare l’accesso ai finanziamenti”.Presentando la lettera, Borzaga ha sottolineato che la Commissione Europea dovrebbe adottare inizia-tive politiche concrete a supporto dell’economia sociale e rivedere gli strumenti di politica economica ed industriale alla luce di una visione pluralista delle forme di impresa, aperta al contributo delle organiz-zazioni dell’economia sociale. Alle autorità di Bruxelles è stato chie-sto di riconoscere le specificità di cooperative ed imprese sociali, in

particolare la loro capacità di pro-durre inclusione e coesione sociale, quando si definiscono le politiche fiscali, le modalità di rapporto con il settore pubblico e l’allocazione dei fondi strutturali.“Sulla scia del rapporto che l’ono-revole Toia ha presentato e che è stato poi adottato dal Parlamento Europeo – ha detto Barnier – la Commissione ha preparato il Single Market Act, un documento che con-tiene le proposte della Commissione per l’economia sociale di mercato. L’importanza dell’economia socia-le è legata al futuro delle imprese, che oggi si pone alla nostra socie-tà con grande urgenza. La crisi ha mostrato la resistenza dei modelli sui quali l’economia sociale tradi-zionalmente si fonda. Non si può che prenderne atto, soprattutto nel momento in cui si è chiamati a riav-vicinare il mercato interno ai citta-dini, lavoratori e consumatori euro-pei. Quando qualcosa di necessario diventa impopolare, si è di fronte ad un problema. Per risolverlo dob-biamo fare in modo che il mercato interno diventi di nuovo il mercato dei cittadini europei”.Il commissario Tajani ha ricorda-

nUove politiChe peR l’eConomiA soCiAledi Aleksandra Bobic, Euricse

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CULTURA COOPERATIVA

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to che anche il trattato di Lisbona parla di “economia sociale di mer-cato” e che purtroppo la parola “sociale” viene spesso ignorata. “La crisi – ha detto – ha fatto sì che le imprese dell’economia sociale abbiano trovato quel riconoscimen-to che meritano grazie al ruolo posi-tivo che hanno assunto nell’econo-mia di oggi e nella vita sociale dei cittadini”. “Il principale obiettivo della Commissione – ha prosegui-to Tajani – è quello di creare un ambiente giuridico ed amministra-tivo, a livello comunitario e a livel-lo nazionale, nel quale le impre-se dell’economia sociale possano prosperare. La crescita economica e l’occupazione dell’Europa dipen-deranno dalla sua capacità di creare e sostenere le imprese innovatrici, poiché non può esserci crescita senza innovazione. Le imprese dell’eco-nomia sociale hanno bisogno di sostegno per rimediare alla loro più grande debolezza: la mancanza di comprensione del loro modo di fun-zionamento e della loro importanza sociale. I giovani imprenditori non sono sufficientemente coscienti dei vantaggi che potrebbero ottenere se diventassero imprenditori sociali. La visibilità è quindi più che mai necessaria.”

CULTURA COOPERATIVA | qui europa

LETTERA APERTA ALLA COMMISSIONE EUROPEA*Come cittadini e studiosi europei vogliamo esprime il nostro apprezzamento per le dichiarazioni pro-grammatiche dei commissari Tajani e Barnier che sembrano esplicitamente riconoscere il potenziale dell’economia sociale composta dalle cooperative alle associazioni, dalle mutue e dalle fondazioni fino alle imprese sociali. Queste organizzazioni giocano una molteplicità di ruoli assai rilevanti (economici e non, di mercato e non) per la produzione di beni e servizi a livello locale, nazionale ed europeo. Barnier in particolare sembra sottolineare il fatto che «l’economia sociale di mercato» va oltre le iniziative del settore pubblico e include tutti quegli elementi di socialità che costituiscono il nucleo del modello economico europeo. Considerando inoltre che queste dichiarazioni sono state seguite dalla risoluzio-ne sull’economia sociale del Parlamento Europeo approvata lo scorso 19 febbraio e dal parere del Comitato Economico e Sociale Europeo dal titolo “diverse forme di impresa”, sembra che le istituzioni Europee comprendano che una crescita economica sostenibile ed inclusiva può essere perseguita ricercando un migliore allineamento tra interessi economici e sociali e che non può realizzarsi solo attraverso un accordo tra i soli attori del mercato e pubblici.Portiamo quindi all’attenzione della Commissione Europea alcuni punti:1. Al fine di riscoprire gli elementi di socialità che sono alla base del modello economico europeo è necessario superare il paradigma secondo il quale le imprese private a scopo di lucro e le istituzioni pubbliche sono i soli attori rilevanti e muovere verso una visione pluralista che riconosce i vari ruoli e le differenti forme d’impresa per il perseguimento di obiettivi sociali ed economici di interesse collettivo.2. Cooperative e mutue sono un esempio rilevante di imprese in grado di contribuire alla crescita dell’economia europea, conciliando obiettivi economici e sociali in una vasta gamma di settori econo-mici, dall’agricoltura ai servizi finanziari.3. Ciò che Barnier chiama “Social Business” corrisponde, in Europa, al dinamico comparto delle imprese sociali, un’innovazione europea che è già ampiamente riconosciuta e diffusa in tutto il mondo.4. Il ruolo di nuove e vecchie forme di economia sociale è più che mai importante nell’attuale fase di crisi economica. La crisi infatti mette in luce i limiti dei paradigmi economici tradizionali ed istituzionali e aggrava le forme di esclusione sociale in tutta Europa. 5. Negli ultimi decenni, i policy makers europei hanno assegnato poca attenzione alle cooperative e alle altre organizzazioni dell’economia sociale. In particolare il sistema normativo è rimasto frammentato a livello europeo e c’è una scarsità di iniziative a livello di politiche pubbliche che possano facilitare la crescita del settore.Ora è giunto il momento di agire, attivando, in particolare: politiche fiscali che riconoscano le specificità di cooperative ed altre forme di imprese dell’economia sociale; regole di appalto pubblico che tengano conto non solo del prezzo ma anche del valore aggiunto apportato in termini di inclusione e coesione sociale; organizzazioni dell’economia sociale attraverso strumenti di politica economica e industriale, ad esempio i fondi strutturali europei; supportare la ricerca e la costruzione di sistemi più ampi di conoscenza, a livello teorico ed empirico.

* sintesi

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I prodotti assicuratividelle Casse Rurali Trentine.

sicurezza, dalla a alllaa z.lll

sAdUn: contro la crisi meglio le banche locali dI Walter Liber

L’INTERVISTA

CULTURA COOPERATIVA

L’apertura della ventesima filia-le della Cassa Rurale Giudicarie Valsabbia Paganella a Villanuova sul Clisi, è stata l’occasione per par-lare del dopo-crisi e chiedersi quali scenari si prospettano per il futu-ro. Al convegno che ha precedu-to l’inaugurazione hanno parteci-pato il prof. ugo Morelli, docente di psicologia del lavoro, e il con-findustriale giuseppe pasini, pre-sidente di Federacciai con origini in Valsabbina. Come ospite d’ono-re è intervenuto Arrigo Sagun, direttore del Fondo Monetario Internazionale per l’Italia, uno dei 24 membri che siedono nel board dove si prendono le decisioni più importanti in rappresentanza di 137 paesi. Sadun, che fino al 2005 è stato direttore analisi del ministero del Tesoro italiano, ha esposto il suo punto di vista, delineando uno sce-nario economico ancora in difficol-tà non ancora del tutto uscito dalla crisi, la cui lenta ripresa potrebbe comportare seri rischi di ricadute. Sadun è ricorso ad una simbologia originale per descrivere l’andamen-to della crisi, paragonandola ad una tinozza vittoriana, di quelle con una sponda ripida, il fondale e la sponda opposta più bassa e meno penden-te: “Ecco, quella sarà l’uscita, una crescita lenta che si fermerà ad un livello inferiore da dove è partita”.

Siamo davvero oltre la crisi?La fase più acuta e più grave della crisi sembra ormai appartenere al passato. Questo naturalmente non vuol dire che siamo tornati ad una situazione di perfetta normalità. Ci sono anco-ra delle difficoltà, nell’economia reale così come nel settore finanziario. Per questo dobbiamo continuare a vigilare ed essere molto prudenti. Lei ha detto che non si tornerà più ai livelli pre-crisi. Non ritiene che prima vivevamo un po’ troppo sopra le righe?La crisi ha messo in luce l’insosteni-bilità di alcuni processi. Alcuni Paesi – e tra questi non c’è l’Italia – hanno conosciuto, nel periodo precedente la crisi, dei tassi di sviluppo, di occupa-zione e di attività finanziarie eccessivi, in un certo senso “drogati”. Con la crisi è avvenuto un ridimensiona-mento. Anche quando gli squilibri di questa situazione verranno comple-tamente assorbiti, ben difficilmente si ritornerà a quei tassi di crescita. Ciò non deve essere inteso però in modo negativo, poiché indicherà un ritorno a performance fisiologiche, sane, solide, e non artificiosamente alimentate.

A proposito, in Italia si può stare moderatamente tranquilli?Più che tranquilli dobbiamo essere

ottimisti. La crisi ha colpito l’Italia in maniera pesante ed il settore che più ne ha risentito è stato quello industria-le, un settore importante nella nostra economia. Il peggio sembra passato ma dobbiamo essere pronti ad affrontare eventuali altri pericoli e a cogliere le opportunità che si presentano.

Una domanda sulle banche ter-ritoriali, nel nostro caso banche cooperative. Durante la crisi hanno dimostrato, in generale nel mondo, di saper resistere meglio rispetto ai grandi gruppi bancari. Che futuro ci può essere per banche di questo tipo?Se viene affrontato con grande pru-denza, come è stata l’esperienza recente, il futuro può essere molto interessante. La spiegazione è sempli-ce: le banche territoriali non rappre-sentano un modello bancario astrat-to, ma concreto, che ha una superio-rità rispetto ad altri modelli di attivi-tà bancaria. L’elemento distintivo è l’attenzione e il rapporto diretto tra l’istituto, la clientela e il territorio. Questo è ciò che impedisce o riduce il rischio di errori e quindi permette sia alla banca sia al cliente di prendere le decisioni giuste.

Parla il rappresentante italiano nel Fondo Monetario Internazionale, Arrigo Sadun. “Non torneremo più ai livelli pre-crisi, ma questo ci servirà per cambiare”.

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Con la riforma del diritto societario, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento due sistemi di ammini-strazione e controllo delle spa alternativi rispetto al sistema tradizionale: il siste-ma dualistico, di matrice tedesca, ed il sistema monistico, che nasce nei paesi anglosassoni e rappresenta il modello base nel codice di commercio francese. Nel sistema monistico l’amministra-zione della società è affidata al consi-glio di amministrazione (cda) e l’or-gano di controllo - chiamato comitato per il controllo sulla gestione - è costi-tuito all’interno del cda ed è formato da alcuni dei suoi componenti. Operativamente le cose funzionano in questo modo: l’assemblea nomina gli amministratori della società e que-sti scelgono, tra loro, i componenti dell’organo di controllo. Lo statuto può stabilire, però, che anche la nomi-na dei componenti del comitato di controllo spetti all’assemblea.Nella realtà cooperativa trentina, il sistema monistico ha una certa diffu-sione in ambito agricolo. La scelta di questo sistema di governance è spesso ispirata più a ragioni di economicità e di flessibilità nella circolazione delle informazioni tra organo di gestione e organo di controllo, che non ad approfondite e puntuali riflessioni giuridiche. Cerchiamo allora di richia-mare l’attenzione su queste ultime.

se il controllo è internoUn primo aspetto da considera-

re è dato dalla tipica antinomia di questo modello di governance: alcuni degli amministratori della società sono investiti della funzio-ne di controllo. Si tratta a ben vedere di una situazione di forte rischio di conflitto di interessi che va però compresa e ridimensionata alla luce delle specifiche previsio-ni normative che caratterizzano il modello.Per bilanciare il minor rigore, dovuto al fatto che la vigilanza sulla gestione della società è svolta da un comitato formato in seno al cda, il legislatore prevede che almeno un terzo degli amministratori (e tra essi tutti i membri del comitato di controllo) debba essere in possesso dei requisiti di indipendenza previ-sti per i sindaci dall’articolo 2399 del Codice civile e di quelli ulte-riori eventualmente previsti dallo statuto. La previsione del cosìddet-to “amministratore indipendente”, figura tipica dei sistemi di gover-nance anglosassoni, sottolinea la posizione di terzietà che assume il soggetto deputato al controllo sulla gestione societaria, temperan-do il rischio di conflitto di interessi sopra richiamato.

quali paletti mettereOccorre rilevare, però, che la par-ticolare ipotesi di ineleggibilità di soggetti che sono legati alla socie-tà da “rapporti di natura patrimo-niale che ne compromettano l’in-

Come funziona il sistemA monistiCodi Francesca Tomasi *

GESTIONE COOPERATIVA

PER GLI AMMINISTRAToRI

Questa è l’ultima puntata della rubrica “gestione cooperativa”, pensata per gli amministratori con l’intento di approfondire responsabilità, poteri, oneri e limiti di coloro che sono chia-

mati a gestire le cooperative. Le precedenti puntate hanno trat-tato: 1. Statuto Casse Rurali, ecco cosa cambia 2. Rurali, più poteri ai soci 3. Casse,

tutto invariato sulle deleghe 4. Rurali, nuovi compiti per il

comitato esecutivo 5. La responsabilità civile e penale degli amministratori

6. Quando l’azienda è colpevo-le (responsabilità delle società per reati commessi da persone

dell’organizzazione) 7. Quando c’è di mezzo l’interesse (obbli-

gazioni contratte da ammi-nistratori o dipendenti delle

cooperative) 8. Amministratori: nomina, revoca e durata

9. Come funziona il sistema monistico. Chi desidera avere qualche articolo già pubblica-to può contattare la segreteria della rivista allo 0461/898616.

Buona lettura.

CULTURA COOPERATIVA

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dipendenza” (prevista dall’articolo 2399) potrebbe creare qualche criticità in ambito cooperativo spe-cie se – come sostengono molti commentatori – alla norma va attribuito il significato di “qualsiasi relazione economica”. È sufficiente pensare al mondo cooperativo agri-colo dove il socio agricoltore, nel realizzare lo scambio mutualistico, conferisce in cooperativa il proprio prodotto e ne ottiene di conse-guenza una remunerazione.Un ulteriore aspetto sul quale riflettere, concerne i requisiti di onorabilità e professionalità.Il comitato di controllo opera come un organo collegiale a se stan-te. Il suo compito precipuo con-siste nel vigilare sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno, del sistema amministrati-vo e contabile, nonché sull’idonei-tà di quest’ultimo a rappresentare correttamente i fatti di gestione. Svolge altresì gli ulteriori compiti che gli vengono affidati dal con-siglio di amministrazione e cura i rapporti con il soggetto incaricato del controllo contabile, che è sem-pre esterno alla società. Almeno un membro del comitato deve esse-re iscritto nel registro dei revisori contabili.

i requisiti personaliIn considerazione di ciò, il legi-slatore prevede che i membri del comitato di controllo devono esse-re “amministratori in possesso dei requisiti di onorabilità e professio-nalità stabiliti dallo statuto”.La lettera della norma pare pre-scrivere come obbligatoria l’indi-cazione statutaria dei requisiti in questione. Ma il fatto che solo un

membro del comitato debba essere iscritto nel registro dei revisori e la circostanza che sia lasciata del tutto libera la scelta dei requisiti fanno propendere per la tesi secondo la quale la loro previsione è mera-mente facoltativa. Ed è questa la linea adottata negli statuti delle cooperative trentine, nei quali non vi sono indicazioni al riguardo. A ben vedere però una certa riflessio-ne sul punto sarebbe opportuna, in quanto la previsione indicata risulta di rilievo considerato il complessivo impianto normativo del sistema monistico e l’evidente ratio della norma.Ancora: i componenti del comi-tato di controllo non possono far parte del comitato esecutivo e non possono avere deleghe o partico-lari cariche. Non possono inoltre svolgere alcuna funzione, anche di mero fatto, attinente alla gestione dell’impresa sociale o di società appartenenti al medesimo gruppo. Simile previsione risulta coerente con la logica del modello, in quan-to conferma una netta separazione all’interno del consiglio di ammi-nistrazione tra consiglieri a cui sono affidate funzioni gestorie e consiglieri che rimangono estranei alla gestione della società e, per tale ragione, possono concentrarsi sulle funzioni di controllo.

le perplessità interpretativeIl dettato normativo ha creato però alcune perplessità interpretative. In particolare alcuni commentatori sostengono che l’incompatibilità di ogni funzione di gestione, anche di mero fatto, con l’appartenenza al comitato, comporti l’irrilevanza dei voti espressi degli amministra-tori membri del comitato ai fini

del calcolo dei quorum costitutivi e deliberativi del consiglio di ammi-nistrazione per decisioni riguar-danti atti di gestione. Ma una simi-le soluzione interpretativa snatura, di fatto, lo status di amministratore dei soggetti in questione e, a ben vedere, non sembra imposta dal tenore della norma. Pare preferibi-le, quindi, la tesi dottrinale secon-do cui la suddetta incompatibilità sia da riferire a funzioni individuali di gestione, anche non conseguenti ad incarichi formali. Secondo que-sta impostazione, la partecipazione dei consiglieri che appartengono al comitato alle attività del cda è pos-sibile nel momento di espressione del voto, mentre gli stessi non pos-sono partecipare né alla fase prepa-ratoria delle decisioni, per esempio attraverso la redazione di progetti preliminari né, tanto meno, alla fase esecutiva. Come rilevato, quindi, il modello monistico è caratterizzato da ele-menti che possono creare qualche perplessità dal punto di vista inter-pretativo ed applicativo del model-lo stesso. Ma al di là degli aspetti critici che l’occhio severo ed atten-to del giurista può rilevare nella sua disciplina, il modello monistico presenta numerose affinità con il sistema tradizionale e non eviden-zia rilevanti elementi di contrasto con i principi fondamentali della struttura cooperativa.

* Servizio fiscale e legale – Federazione Trentina della Cooperazione

CULTURA COOPERATIVA | gestione cooperativa

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CULTURA COOPERATIVA

Pergine è una borgata operosa, ma molti tendono a dimenticare la sua tradizione d’arte altissima nel Trentino: pittori come tullio garbari, luigi Senesi, gino Fanton sono di Pergine. Ci ha pensato a rinfrescare la tradizione – non solo sensibilità estetica, ma capacità di leggere il territorio e il destino degli uomini – la Cassa Rurale per le cele-brazioni dei suoi 90 anni. La Cassa ha messo a disposizione dei ragaz-zi (compresi gli istituti di Tenna e Civezzano) una serie di grandi “totem” triangolari nelle strade e nelle piazze, perché esprimessero le loro proposte d’arte, ed ha poi curato un agile catalogo dei dipinti, ispirati alla natura, al lavoro e alla comunità: “1910 -1920, novant’an-ni insieme” era lo slogan di rife-rimento. Ne sono uscite opere di autentico valore, capaci di coinvol-gere per la freschezza della visione, per l’immaginazione grafica, per la gioia intelligente nell’uso dei colori. Ed anche per la meritoria assenza di retorica celebrativa. Ma il ruolo della Cassa Rurale, della solidarietà al servizio dell’economia e del lavoro,

ne esce sottolineato da una sempre più necessaria solidarietà fra uomo e natura. Questi ragazzi della scuo-la dell’obbligo devono avere anche insegnanti molto bravi e motivati, e ciò va ribadito con orgoglio da parte della comunità in un contesto poli-tico ed economico che, purtroppo, tende più a umiliare che a sostenere le figure docenti.Il dipinto che proponiamo, con la terra e i suoi frutti “gloriosi” in primo piano e il lavoro dell’uomo tratteggiato in bianco e nero – figura necessaria, ma non sufficiente per la vita e la crescita, presenza costante, ma non oppressiva, distruttiva – è solo un esempio della ricchezza di proposte che i dipinti offrono. E’ anche il segno di quanto la scuola debba incentivare le manualità (il disegno, la pratica di suonare uno strumento) perché la fantasia corre lungo il muoversi delle mani che creano, non sui bottoni dove solo cliccare. Dai “totem” esce quindi un messaggio di fiducia nelle nuove generazioni e di ottimismo sul futu-ro (f.d.b.).

Gli sColARi ARtisti

ARTE IDEE TERRITORIO

Per i suoi novant’anni di attività la Cassa Rurale di Pergine ha messo a disposizione dei ragazzi delle scuole una serie di spazi espositivi. Ne è nata una rassegna di grandissima vitalità che smentisce ogni pessimismo sulle giovani generazioni

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* professore alla Facoltà di economia dell’Università di Trento e presidente di Euricse

OPINIONI

la favola dei ContRiBUtidi Carlo Borzaga*

Non c’è convegno o discussione sull’impresa cooperativa dove qual-cuno non sostenga che le cooperati-ve godono di troppi benefici fiscali o ricevono troppi contributi. Ciò con-sentirebbe alle cooperative di prospe-rare causando però una distorsione della concorrenza a svantaggio delle altre forme di impresa. Non ricordo tuttavia una sola volta in cui qualche critico abbia portato dati in grado di dimostrare la validità di questa tesi. Neppure nel noto libro “Falce e car-rello” ci sono evidenze empiriche suf-ficienti a dimostrarla e, in ogni caso, esso fa riferimento non alla coopera-zione in generale ma alle sole coopera-tive di consumo. In mancanza di dati attendibili, è comunque utile mettere in luce i limi-ti di questa tesi analizzando come con-tributi e incentivi vengono concessi e per quali ragioni.Anche se le misure di incentivo alle imprese sono in Italia moltissime (qualcuno ne ha contate più di 1200) e costituiscono un vero labirinto, è possibile individuare tre ragioni che le giustificano. Primo: l’opportunità o la necessità di sostenere un determinato settore o di garantire una disponibi-lità di certi beni o servizi; secondo: la volontà di spingere le imprese ad assu-

mere comportamenti cui è associato un interesse pubblico (ad esempio il mantenimento di determinati livelli occupazionali o un maggior impegno nell’attività di ricerca); terzo: la volon-tà di compensare con un aiuto pub-blico alcune limitazioni che la legge impone a particolari tipi di imprese. E’ sufficiente un’analisi superficiale delle misure di incentivo e contributo praticate a livello sia nazionale sia pro-vinciale per prendere atto che la mag-gior parte di quelle in essere sono o del primo o del secondo tipo. Esse però sono rivolte sempre o quasi a tutte le forme di impresa, senza distinzio-ne di forma giuridica, che vi possono accedere nella misura in cui operano in un settore agevolato, oppure adot-tano determinati comportamenti o si impegnano nello svolgimento di particolari attività. A queste misure le cooperative hanno generalmente accesso alla pari con le altre forme di impresa. A dimostra-zione di questa affermazione si può portare la legislazione della Provincia Autonoma di Trento che nell’accesso ai contributi alle imprese non prevede alcun vantaggio specifico per le coope-rative, anche quando esse hanno una esplicita valenza sociale, come nel caso dei contributi agli investimenti per

le cooperative sociali di inserimento lavorativo per le quali valgono le stesse agevolazioni in essere per tutte le altre imprese. Come mai allora è così diffusa la convinzione che le cooperative siano privilegiate? Per due ragioni. Innanzitutto perché esse operano in settori, come quello agricolo o quello dei servizi sociali, dove l’intervento pubblico è stato ed è ancora partico-larmente rilevante perché sono com-parti ritenuti strategici oltre che per lo sviluppo economico anche per la tutela dell’ambiente e per il benessere dei cittadini. In secondo luogo perché avendo anche una, più o meno espli-cita, funzione sociale è più probabile che le cooperative si facciano carico di problematiche (come quella di garan-tire un lavoro a persone difficilmente impiegabili, che le altre imprese non sono interessate ad assumere) per le quali sono previsti contributi pubbli-ci. E non è detto che, anche a segui-to dell’evoluzione della normativa, i contributi ricevuti per lo svolgimento di queste funzioni coprano del tutto i maggiori costi sostenuti e che in taluni casi non siano invece le altre imprese, specie se di piccola dimensione, a risul-tare quelle più avvantaggiate.

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ECONOMIA

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OPINIONI

lA feliCità è una libera sceltadi Umberto Folena

«Le persone che pongono come scopi prioritari l’altruismo o la famiglia sono più soddisfatte rispetto a chi pone come obiet-tivi carriera e successi materiali. Anche stabilità emotiva, religio-ne, lavoro soddisfacente e stile di vita salutare sono determinanti per una felicità duratura».Studio dell’Accademia delle scien-ze degli Stati Uniti, Ansa, 4 ottobre 2010.

Siamo meccanismi ben organizzati, e tutto è deciso da reazioni biochi-miche e sollecitazioni ambientali incontrollabili? Oppure siamo abi-tati da quello che alcuni chiama-no spirito, altri anima o energia, e siamo capaci di libero arbitrio? In altri termini, la felicità (o il suo opposto, l’infelicità) sono per noi un destino ineluttabile o qualcosa per il quale possiamo lottare?Obiezione: la felicità è del tutto soggettiva, quindi è vano disqui-sirne o costruirvi teorie. Replica: eppure gli scienziati studiano da anni la felicità, arrivando ad elabo-rare teorie. La più diffusa è quella del set-point. Esisterebbe un livel-lo di felicità che rimane pressoché costante durante tutta la vita, per-ché legato a caratteristiche gene-tiche o della personalità. Eventi piacevoli possono modificare solo temporaneamente i livelli di sod-disfazione personale, ma poi, nel giro di uno o due anni, si ritor-na allo stato d’animo consueto. Conclusione: le scelte individuali non determinano sostanziali diffe-renze a lungo termine. Tutto è già scritto da qualche parte: nel nostro Dna, nella nostra biochimica. È

una teoria “riduzionistica” che probabilmente farà felici gli atei razionalisti e gli scientisti, come prefe-riscono definirsi. Siamo organismi complessi, molto complessi; ma simili a macchine. Materia, pura e semplice (complessa) materia frutto dell’evoluzione. Ingranaggi biochimici, e null’altro.Lo studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia delle scienze degli Usa (Pnas), coordinato dall’australiano Bruce Headley dell’Università di Melbourne, esamina i dati di un’indagine tedesca German Socio-Economic Panel Survey che comprende interviste a giovani e adulti realizzate tra il 1984 e il 2008. Risultato: le scelte individuali possono determinare esperienze a lungo termine di felicità. Dipende dagli obiettivi che ci diamo nella vita. Ad esempio, chi punta su altruismo e famiglia è più felice di chi gioca tutto su carriera e successi materiali. Importante è la fede. Importante è un lavoro soddisfacente.Un lavoro soddisfacente: intanto averlo, un lavoro. E che sia rispettoso della dignità del lavoratore, garanti-sca un’equa retribuzione, non ti stressi fino al punto di impedirti di pensare ad altro, non alieni, non sperso-nalizzi, valorizzi le tue qualità. Il lavoro in cooperativa può possedere queste caratteristiche? Ci pensa? Vi è attento? Allora contribuisce alla felicità, per quanto “grossa” possa apparire la parola. Un parolone. Che però gli studiosi della Pnas non esitano ad usare. Insieme ad un’altra parola enorme e decisiva: amore. Le donne, in particolare, sono più felici se possono contare su un partner che non trascura la famiglia. Un partner che non sia costretto a trascurarla da un lavoro tirannico…[email protected]

ORIZZONTI

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OPINIONI

i ContRolli e lA fidUCiAdi Franco de Battaglia

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LA PORTA APERTA

Sulle vicende di La Vis, di cui tanto si è scritto, la riflessione merita di essere approfondita, prendendo in considerazione due situazione spesso trascurate. La prima. L’indebitamento non deriva solo da errori o da imprudenza dei dirigenti, ma da tutto un clima che ha coinvolto realtà mondiali (la bolla speculativa che lasciava supporre uno sviluppo “a credito” senza fine) ed anche un “modus operandi” locale, come la mano libera eccessiva lasciata nel saccheggio del ter-ritorio agli immobiliaristi più disinvolti. I soldi, nel decen-nio trascorso, nel Trentino, li hanno fatti gli immobiliaristi, non i lavoratori o gli imprendi-tori. L’operazione Girelli non sarebbe stata neppure avviata se il clima generale (politico ed economico) non l’avesse propiziata. Poi il cerino in mano è stato lasciato alle “coop” e anche su questo occorre riflettere.La seconda. La crisi sfociata nel commissariamento è derivata, oltre che dalle difficoltà in sé, soprattutto da una catena di pericolose reazioni psicologiche. Di fatto cooperatori e soci di La Vis si sono sentiti “traditi” ed hanno lasciato la partita voltando le spalle. Figurativamente sono usciti di casa sbattendo la porta. E’ una reazione che il mondo cooperativo deve sentire come una lezione bruciante. Non devono dimenticarla i dirigenti, ma neppure le tante realtà

locali propense al “fare da sé”. Attenzione. Perché è vero che alle imprese capitalistiche capita anche di peggio, ma è anche vero che i cooperatori hanno consapevolezza di vivere una realtà diversa. Il socio si sente legato alla cooperativa e ai suoi dirigenti da un rapporto di fiducia innanzitutto. Se si spezza il rap-porto fiduciario non bastano i controlli a sostituirlo. E’ sul rafforzare e riempire di contenuti questa “fidu-cia” che la Federazione deve moltiplicare i suoi sforzi.

Come ama ripetere l’avvocato Flavio Mengoni, che ha studia-to a lungo le istituzioni auto-nomistiche, la caratteristica di fondo di ogni autonomia è innanzitutto etica, culturale, di costume, prima che normativa e istituzionale. “L’autonomia

– dice – non si può dare a nolo”. Nemmeno l’auto-nomia di una cooperativa. L’autonomia non dipende tanto dalle leggi, ma “da convergenze di spazi comuni, dall’identificarsi delle identità personali con quelle collettive”. Su questo dovrà insistere l’azione coope-rativa, ripartendo dalle piccole realtà, riflettendo sul senso di “tradimento” e forse ancor più di “estrania-mento” provato da chi poi è anche sceso in piazza. Questa “estraneità nel benessere” è la minaccia più forte che grava sul sistema cooperativo, ma anche su tutta l’autonomia trentina.

Il pericoloè un crescente

senso di estraneitànel benessere

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