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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA IN SVILUPPO E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE TESI DI LAUREA IN POLITICA ECONOMICA I SISTEMI DI SCAMBIO NON MONETARI NEI PAESI A CAPITALISMO MATURO CANDIDATO RELATORE LUCA PRIMAVERA ROBERTO FANFANI 1

I Sistemi di scambio non monetari

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Page 1: I Sistemi di scambio non monetari

ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA IN SVILUPPO E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

TESI DI LAUREAIN POLITICA ECONOMICA

I SISTEMI DI SCAMBIO NON MONETARI NEI PAESI A CAPITALISMO MATURO

CANDIDATO RELATORELUCA PRIMAVERA ROBERTO FANFANI

SESSIONE DI MARZOANNO ACCADEMICO 2003 - 2004

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Page 2: I Sistemi di scambio non monetari

La nostra tesi è che l’idea di un mercato autoregolato

implicasse una grossa utopia. Un’istituzione del genere non

poteva esistere per un qualunque periodo di tempo senza

annullare la sostanza umana e naturale della società; essa

avrebbe trasformato il suo ambiente in un deserto. Era

inevitabile che la società prendesse delle misure per difendersi,

ma qualunque misura avesse preso, essa ostacolava

l’autoregolazione del mercato, disorganizzava la vita

industriale e metteva così in pericolo la società in un altro

modo. Fu questo dilemma a spingere lo sviluppo del sistema di

mercato in un solco preciso ed infine a far crollare

l’organizzazione sociale che si basava su di esso. (…) Niente

potrebbe sembrare più sciocco che ridurre una civiltà, la sua

sostanza ed il suo ethos ad un numero rigidamente chiuso di

istituzioni, sceglierne una come fondamentale e procedere

argomentando l’inevitabile autodistruzione della civiltà sulla

base di qualche qualità tecnica della sua organizzazione

economica.

Karl Polanyi, 1944

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Page 3: I Sistemi di scambio non monetari

Sommario

I SISTEMI DI SCAMBIO NON MONETARI NEI PAESI A CAPITALISMO MATURO.........................................................................1Sommario.......................................................................................................3

Introduzione.........................................................................................................................................4

1. Il mito dello sviluppo................................................................................51.1 I limiti dello sviluppo.....................................................................................................................61.2 La concorrenza posizionale...........................................................................................................81.3 Il tempo........................................................................................................................................101.4 L’effetto tempo sulla relazionalità...............................................................................................111.5 L’effetto deviante della commercializzazione.............................................................................13

2. Ortodossia economica, Stato e privato sociale.....................................162.1 Per un’Economia Civile...............................................................................................................162.2 Reciprocità e dono.......................................................................................................................182.3 Stato sociale e privato sociale......................................................................................................202.4 Il capitale sociale.........................................................................................................................22

3. Sistemi di scambio non monetari, economie senza denaro.................243.1 Local Excange Trading Sistem....................................................................................................253.2 Système d’Echange Local............................................................................................................263.3 Banca Del Tempo........................................................................................................................273.4 Robust Complementary Community Currency System...............................................................273.5 Sistema di Reciprocità Indiretta...................................................................................................283.6 Réseaux d’ Échange Réciproque des Savoirs..............................................................................283.7 Sistema Wir..................................................................................................................................293.8 Tauschring...................................................................................................................................303.9 Ithaca Hours.................................................................................................................................303.10 Hureai Kippu..............................................................................................................................313.11 Hero Dollars...............................................................................................................................313.12 EcoAspromonte.........................................................................................................................32Conclusioni........................................................................................................................................32

Bibliografia....................................................................................................................................35Riferimenti sul web........................................................................................................................35

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Page 4: I Sistemi di scambio non monetari

Introduzione

Questo breve saggio cercherà di analizzare le caratteristiche di alcune realtà presenti in tutto il mondo

che cercano di creare spazi di relazione e reciprocità all’interno del sistema di mercato. In particolare

si cercherà di esaminare l’insieme di associazioni e gruppi spontanei, che constatano una comune

necessità di relazione e accesso a beni e servizi che lo Stato non riesce a fornirgli, e che loro non

riescono ad ottenere attraverso il mercato. In ogni parte del mondo dall’Argentina al Giappone,

passando per il Senegal e gli USA, noteremo come ci si auto organizzi per superare queste empasse.

Ci chiederemo se il dono, la reciprocità, e la fiducia, che questi gruppi mettono al centro delle loro

pratiche, siano effettivamente categorie importanti per l’analisi economica, e quali siano le

conseguenze di scambi di beni e servizi effettuati non attraverso il denaro. È possibile un approccio

economico che integri al suo interno la dimensione relazionale dell’economia, cercando di superare

l’individualismo assiologico?

Il nostro percorso partirà dall’analisi di alcune conseguenze solitamente classificate come

esternalità del processo di sviluppo economico, che nei sistemi capitalistici maturi hanno conseguenze

molto importanti dal punto di vista economico, sociale, e personale. In particolare vedremo quale

pressione esercita lo sviluppo economico sulla “gestione” personale del tempo, quali ricadute esso

abbia sulla “gestione” dei rapporti interpersonali, quali conseguenze economiche generi questo

spostamento, e di conseguenza come si ripercuota tutto ciò sulla vita politica.

Lo Stato infatti, come molti politologi, sociologi, filosofi, ed economisti sostengono, si trova

di fronte ad una crisi strutturale. Crisi fiscale e di legittimazione, limiti nella gestione di fenomeni

transnazionali quali l’inquinamento, i conflitti asimmetrici contro entità non statuali, la

finanziarizzazione dell’economia planetaria. In generale fenomeni legati alla riduzione del significato

di spazio e di tempo: ciò che comunemente chiamiamo globalizzazione. In questo contesto

sottolineeremo l’importanza delle esperienze di economia civile1, che magari senza saperlo, cercano di

implementare l’attuale sistema di welfare, o che cercano di arrivare là dove Stato e mercato hanno

fallito. È qui che si inserisce l’importanza delle esperienze delle economie senza denaro, dei sistemi di

scambio non monetari, delle monete locali, di quelle ad interesse negativo, e di quelle a scadenza.

Queste pratiche enormemente diffuse in tutte le zone del pianeta, non sono novità, hanno le loro radici

in esperienze storiche lontane e differenti fra loro, come per esempio le Óstraca dell’antico Egitto, i

Breakteats medioevali, i Ducati immaginari a Venezia nel XII secolo, lo Scambio dei servizi utili a

Reston in Virginia nel XVII secolo, il sistema della Tontina usato anche per fare prestiti al cardinale

Mazzarino, o come le varie esperienze sviluppate durante la Repubblica di Weimar. Ad una prima

1 Questo vocabolo compare per la prima volta nel 1767 nel trattato dell’economista napoletano Antonio Genovesi, Le lezioni di economia civile.

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Page 5: I Sistemi di scambio non monetari

occhiata potrebbe sembrare che si ostenti un nostalgico ritorno al passato, un presunto idilliaco

primitivismo, si cerchi di tornare al baratto, a forme di economia premoderna. Non è così. Come

avremo modo di sottolineare più precisamente osserveremo elementi fortemente innovativi in queste

pratiche, elementi che nascono dalle spinte della modernità, elementi che sono risposte ad alcuni

quesiti fondanti la modernità stessa, ed in particolare posti dai sistemi capitalistici maturi. Cercheremo

di dimostrare come le forme di economia civile cercano di rispondere ai quesiti che nascono da quella

che U. Beck chiama seconda modernità, caratterizzata da nuovi elementi derivanti dalla crisi dello

Stato nazionale e dello Stato sociale.

Infine passeremo alla descrizione più dettagliata delle varie reti e sistemi di scambio non

monetari molto differenti tra loro per riferimenti teorici, unità di misura dei trasferimenti e tipo di

moneta, caratteristiche dei partecipanti, luogo, motivazioni, e pratiche. È partendo dal presupposto che

oggi al centro della politica c’è l’economia, e che al centro dell’economia c’è il denaro, che le

economie senza denaro cercano di riportare al centro dell’economia e della politica l’uomo.

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Page 6: I Sistemi di scambio non monetari

1. Il mito dello sviluppo

1.1 I limiti dello sviluppo2

Nel secolo scorso abbiamo assistito a cambiamenti epocali nell’ambito scientifico, tecnico e

tecnologico. Una parte della popolazione mondiale ha migliorato consistentemente le proprie

condizioni di vita, e si è creduto a lungo che questo processo fosse inarrestabile, esportabile in tutto il

mondo, e che tutti prima o poi ne avrebbero beneficiato.

“Dobbiamo lanciare un nuovo programma che sia audace e che metta i vantaggi della nostra avanzata scientifica e del nostro progresso industriale al servizio del miglioramento e della crescita delle regioni sottosviluppate. Più della metà delle persone di questo mondo vivono in condizioni vicine alla miseria. Il loro cibo è insufficiente. Sono vittime delle malattie. La loro vita economica è primitiva e stazionaria. La loro povertà costituisce un handicap e una minaccia, tanto per essi che per le regioni più prospere. Per la prima volta nella storia, l’umanità detiene conoscenze tecniche e pratiche capaci di alleviare la sofferenza di queste persone. (…) Il nostro scopo dovrebbe essere quello di aiutare i popoli liberi del mondo a produrre, attraverso i loro stessi sforzi, più cibo, più vestiti, più materiali di costruzione, più energia meccanica al fine di alleggerire i loro fardelli.3”

Con questo discorso del presidente Truman, fu ufficialmente inaugurata l’epoca dello sviluppo. Tutti

vedevano il sistema tecnologico-industriale come un’esigenza storica, e persino i sistemi socialisti

abbracciavano quello che si può definire paradigma della modernizzazione4. Si cercò di esportare la

tecnologia occidentale, la sua tecnica, ed i suoi modelli in tutto il mondo. Ma dopo una ventina d’anni,

quella che fu chiamata l’età dell’oro del capitalismo, iniziò a dare i suoi primi cenni di sbandamento. I

modelli esportati nei paesi dei Sud del mondo, non davano i risultati programmati e sperati, e le crisi

petrolifere dei primi anni settanta con il conseguente abbandono della convertibilità del dollaro in oro e

dei tassi di cambio fissi, dettero uno scossone alle economie occidentali.

Il problema della crescita economica era stato posto fino ad allora come crescita della capacità

dell’economia di far fronte alle richieste di consumo individuali e collettive. Si era cercato di

mantenere una buona concorrenza nel settore dell’offerta dei beni privati, e di reperire risorse per

registrare e quindi finanziare la domanda di beni collettivi. Ma non ci si era posti il problema se

l’espansione di tale consumo fosse possibile in tutti i settori anche semplicemente in linea di principio.

2 Questa parte del saggio prende per buona parte spunto dal lavoro di Fred Hirsch, I limiti sociali allo sviluppo, Bompiani, 19813 Truman H.S., Public papers of the presidents of the United States, Year 1949, 5, United States Government Printing Office, pp. 114-115.4 Esso afferma che: 1- lo sviluppo economico è un processo spontaneo ed irreversibile intrinseco a ciascuna società; 2- lo sviluppo comporta la differenziazione strutturale e la specializzazione funzionale; 3- il processo di sviluppo può essere suddiviso in stadi differenti che mostrano il livello di sviluppo raggiunto da ciascuna società; 4- lo sviluppo può essere stimolato dalla competizione esterna o da una minaccia militare e da misure interne che sostengano i settori moderni e modernizzino quelli tradizionali.

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Page 7: I Sistemi di scambio non monetari

Eppure, per il processo di crescita e la sua interazione con la distribuzione, è di rilevanza centrale

appurare in che misura i beni di consumo o i servizi possano essere riprodotti o rimpiazzati da dei

sostituti, appurare cioè la loro elasticità d’offerta e la loro elasticità di sostituzione a lungo termine. I

beni ed i servizi dai quali gli individui ricavano soddisfazione sono soggetti a limitazioni assolute

nell’offerta che derivano da diverse motivazioni. La prima fonte di scarsità, è la scarsità fisica,

tematica molto cara agli ambientalisti. Le materie prime non sono infinite, viviamo in un pianeta finito.

Fino ad ora c’è stato un processo di sostituzione sufficiente a bilanciare i freni imposti dalla scarsità

dei fattori fisici di produzione, ma non sappiamo se ciò sarà possibile anche in futuro 5. Esistono

scarsità fisiche anche dal lato del consumo. La seconda fonte di scarsità di consumo, è la scarsità

sociale. La domanda di consumo è concentrata su particolari beni e servizi la cui offerta assoluta è

limitata non da fattori fisici ma sociali, compresa la soddisfazione generata dalla scarsità in quanto tale.

Limiti sociali esistono nel senso che un aumento della disponibilità fisica di tali beni, quando è

possibile, ne determina un deterioramento di qualità, o ne cambiano la natura. Ciò dipende da

motivazioni psicologiche di vario tipo, ma anche dal fatto che tale qualità dipende dalla posizione che

si assume nella fruizione di tale bene rispetto agli altri. La soddisfazione deriva sia dalle caratteristiche

intrinseche del bene, che dall’ampiezza della sua fruizione. Se questa fruizione è ampia si avrà

congestione. La congestione non è solamente l’impedimento reciproco dell’accesso a tali beni in

termini fisici, come per esempio la congestione del traffico, o l’eccessiva urbanizzazione che

impedisce di possedere a tutti una casa nel bosco. Lo stesso fenomeno, il fatto cioè che la

soddisfazione individuale ricavata da una particolare attività venga limitata dall’analoga attività degli

altri, può verificarsi in un rapporto puramente sociale, come nel caso delle posizioni di leadership, dei

titoli di studio, delle occasioni d’impiego, ecc. Non tutti possono avere lo stesso quadro di Manet sopra

il letto; abitare in un sobborgo con una villa in mezzo al bosco, ma vicino al centro della città; essere

notai, manager, laureati. In conclusione possiamo dire che solo alcune persone, a spese di altre,

potranno beneficiare di tali beni.

5 Seguendo il concetto di impronta ecologica, cioè della quantità di territorio produttivo necessario per sostenere il consumo di risorse e la richiesta di assimilazione di rifiuti da parte di una determinata popolazione, il Living Planet Report 2004, http://www.wwf.it/news/21102004_9770.asp, pubblicato da WWF, UNEP, e Global Foot Print Network, afferma che nel 2001 l’intera umanità ha usato 2,2 ettari di terreno a testa mentre l’area disponibile per supportare l’attuale popolazione mondiale è di 1,8 ettari di terreno procapite. Se tutta la popolazione mondiale vivesse con lo standard di vita degli USA sarebbero necessari circa 5 pianeti Terra, e 3,5 pianeti Terra, se vivesse con lo standard di vita dei paesi ad alto reddito. Per ciò che riguarda i cambiamenti climatici è possibile consultare il famoso rapporto del pentagono che definisce i cambiamenti climatici un pericolo maggiore del terrorismo all’indirizzo http://www.greenpeace.org/multimedia/download/1/417492/0/pentagon-on-climate-change.pdf

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Page 8: I Sistemi di scambio non monetari

1.2 La concorrenza posizionale

Seguendo questo schema concettuale possiamo dunque dividere l’economia in due comparti: quello

dell’economia materiale e quello dell’economia posizionale. Il primo comparto è composto dalla

produzione di beni e servizi dove un aumento continuo di produttività si suppone sufficiente a

contenere le carenze emergenti di materie prime grazie al progresso tecnologico, in un modo tale, da

non creare un deterioramento di qualità agli occhi del consumatore. Il secondo comparto è composto

dall’economia posizionale, che prende in considerazione quei beni e servizi, quelle posizioni lavorative

e quegli altri rapporti sociali che sono scarsi in senso o assoluto o sociale, o soggetti a congestione e

affollamento attraverso un uso più intensivo da parte delle persone. Ma cosa accade quando la torta

materiale cresce, mentre l’economia posizionale -per sua natura- rimane praticamente fissa? Una volta

soddisfatte le necessità di mangiare, vestirsi, e abitare, e soddisfatto l’accesso ad alcuni beni materiali,

con l’aumentare del reddito, è molto probabile che gli individui spostino le loro attenzioni verso i beni

posizionali, cioè che ne aumenti la loro domanda, e quindi il loro prezzo. Come verranno allocati

dunque i beni posizionali con domanda in eccesso? Per evitare che questi beni diluiscano la loro

qualità si potrà cercare di restringerne in vario modo l’accesso. Il primo meccanismo è quello che

opera attraverso il classico processo di razionamento del prezzo: il deterrente che opera in un’asta.

Questo dispositivo non assorbe alcuna risorsa economica e rappresenta semplicemente un

trasferimento di diritti sulle risorse. L’asta può anche prevenire un processo di deterioramento di

qualità dovuto alla congestione. Gli altri tipi di filtro funzionano attraverso lo sviluppo spontaneo di

ostacoli reali che assorbono risorse e implicano quindi un potenziale spreco di risorse che chiameremo

spreco sociale. Esso ha due cause: quella della congestione irrisolta che come vedremo crea numerosi

problemi; e quella della selezione che opera non diluendo la qualità dell’output, ma aumentando

l’input necessario. L’individuo che vuole accedere al servizio scarso deve cioè “investire” una quantità

maggiore di risorse per superare la selezione.

Per l’economia nel suo complesso, entrambi questi aggiustamenti assorbono risorse reali e

comportano un allungamento della catena produttiva, un aumento di output intermedio, uno spreco

sociale, che oltre tutto delude anche le aspettative iniziali degli individui. Si allunga la gara per un

premio che resta invariato. Sia i processi di affollamento che di selezione, creano una concorrenza che

chiameremo posizionale, in quanto gli individui gareggiano per ottenere una posizione più elevata

all’interno di una qualche gerarchia, e che quindi frutta guadagni per alcuni solo al prezzo di perdite

per altri. Anche le imprese nel cercare quote di mercato sempre più ampie e massimizzazione del

profitto, rafforzano la concorrenza. Ma nel caso in cui nonostante gli sforzi non si raggiungerà questo

scopo, si potrebbe avere un ulteriore rafforzamento della concorrenza posizionale. Se non sarà

possibile un ingrandimento della torta, inizierà un’aspra lotta distributiva delle fette di mercato. È

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Page 9: I Sistemi di scambio non monetari

facile in questo caso che si venga a creare un circolo perverso: più ristretta l’area di smercio, maggiore

la concorrenza; più serrata la concorrenza, minore l’area di smercio.

“Ogni paese della Cee, al crescere della disoccupazione «ha cercato di migliorare la sua posizione aumentando la competitività mediante incrementi della produttività». Questi comportamenti hanno però creato ancor maggiore disoccupazione. Si sperava che l’aumento di produttività avrebbe favorito, nel lungo periodo, l’espansione delle esportazioni: «Ma poiché questa strategia è stata seguita da tutti i paesi, il risultato finale è che le posizioni relative sono rimaste immutate, mentre la disoccupazione ha continuato a salire»”6.

Questo tipo di concorrenza può essere paragonato ad una colonna di persone in fila in un corridoio

stretto. Tutti stanno cercando di raggiungere un obiettivo, che nel caso degli individui è lo status

determinato da una certa combinazione di beni materiali, posizionali, e denaro, e nel caso delle

imprese la quota di mercato e la massimizzazione del profitto. Per riuscire a sopravanzare chi ci

precede per raggiungere prima di loro il vagone del treno stracolmo in partenza, dovremo camminare

più veloci di loro o correre, dando all’occorrenza spintoni e gomitate. Al contrario se decideremo di

non correre o di camminare più piano rispetto agli altri dopo una loro accelerata, allora ci vedremo

sopravanzare nella colonna, e se difficilmente riusciremo ad arrivare al treno prima che parta, dovremo

farci il viaggio in piedi. All’aumentare delle aspirazioni delle persone la colonna andrà sempre più

veloce, sarà sempre più faticoso mantenere il passo, sempre più difficile superare, e più costoso

rallentare. Esiste sempre in qualsiasi epoca e civiltà una piramide sociale, al cui vertice sta

un’oligarchia, può cambiare l’inclinazione delle sue pendici, ma rimarrà sempre una piramide. Così è

l’accesso ai beni posizionali per gli individui e le imprese: una lotta del tutti contro tutti per

raggiungere questo apice che proprio per la sua natura è accessibile ad una ristretta oligarchia.

Nel settore materiale dunque, se si ha una crescita sostenuta, la concorrenza di solito produce benefici

netti, cioè a somma positiva, stimolando l’esecuzione efficiente dei compiti e dirigendo lo sforzo

individuale agli usi produttivi. Nel settore posizionale la concorrenza migliorerà anche qui sia le

prestazioni individuali, sia l’allocazione dello sforzo individuale. Oltre a questo però, la concorrenza

nel settore posizionale serve da filtro generale attraverso il quale la domanda eccessiva deve essere

resa uguale all’offerta disponibile. Questo aspetto, di solito comporta costi addizionali di risorse, ed è

soggetta a diventare un gioco a somma negativa. L’esistenza del settore posizionale nel contesto della

crescita del settore materiale può essere quindi considerata come una specie di esternalità di sistema.

Per l’individuo un aumento della concorrenza posizionale comporta un deterioramento dell’ambiente

sociale. Per arrivare allo stesso risultato bisognerà spendere più fatica individuale e più risorse. La

domanda individuale nel settore posizionale è una guida fuorviante rispetto a quello che gli individui

richiederebbero se fossero in grado di vedere i risultati delle loro scelte combinate e agire di

6 S. Bruno, C. Sardoni, in Maione G., Le merci intelligenti, Mondatori, 2001

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Page 10: I Sistemi di scambio non monetari

conseguenza. Sia che si esprima nelle transazioni di mercato, sia che si traduca in domanda politica al

governo perché soddisfi i bisogni individuali considerati isolatamente, la domanda individuale di beni

posizionali è alla ricerca di qualcosa che è impossibile ottenere. Mentre nel settore materiale la crescita

è un buon sostituto della redistribuzione, nel settore posizionale ciò non vale. Anzi, un aumento di

ricchezza materiale, innalza la domanda di ricchezza posizionale. Quello che i ricchi possiedono oggi,

non è più possibile metterlo a disposizione per tutti domani; eppure, nella misura in cui diventiamo

singolarmente più ricchi, è proprio quello che ci aspettiamo.

1.3 Il tempo

La competizione però, non sottrae solo risorse alla produzione di beni di consumo e servizi finali nel

settore commerciale; essa sottrae risorse anche dal settore non commerciale, dalle attività che restano

esterne in tutto o in parte, al mercato, come l’economia domestica e informale, lo spazio delle

relazioni, il tempo libero. Tutte queste pratiche hanno un costo in termini di tempo. Nella misura in cui

la produzione di beni materiali aumenta, mentre resta costante il tempo a disposizione per utilizzarli, e

per sviluppare una vita sociale, il tempo diventa più scarso rispetto ai beni e alla socialità, cresce cioè

l’intensità del tempo in termini di beni e socialità, ciò vuol dire che diventando più scarso aumenterà il

suo prezzo. L’individuo viene sempre più spinto a economizzare il proprio tempo in modo da poterlo

dispiegare per tutta l’estesa gamma del suo consumo.

L’aumentata pressione sul tempo porta a sostituire i beni di consumo a maggior intensità di

tempo con quelli che ne risparmiano, oppure a modificare alcune abitudini. Ciò si può notare per

esempio nell’aumento dei pasti fuori casa per essere più vicini al posto di lavoro, o nella scomparsa

dell’abitudine la mattina di farsi radere dal barbiere. Quando l’individuo sente la necessità di

aggiustare i sui consumi per economizzare tempo, non è possibile affermare che questi aumenteranno

la sua soddisfazione. È possibile invece che servano in pratica, come beni intermedi, che forniscano

risorse addizionali nella forma di tempo grazie al quale si può godere di qualche altra forma di

consumo. Può darsi così che il consumatore subisca una perdita di soddisfazione per il fatto in sé di

radersi da solo, ma è possibile che lo faccia allo scopo di usare il tempo che gli rimane per fare

palestra. Il beneficio che ricava usando il suo tempo correndo, dovrà quindi essere valutato a netto

della perdita di soddisfazione che gli deriva dal non fare quattro chiacchiere con gli amici dal barbiere.

Ciò non avviene nella contabilità nazionale, dove il guadagno risulta esagerato, in quanto si sommano

sia le spese che portano via tempo disponibile, sia le altre spese conseguenti fatte per economizzarlo.

Più intenso è il modello di consumo, più è grande il numero degli strati di spesa, e quindi maggiore la

probabilità che queste spese siano rivolte a risparmiare tempo anziché a oggetti di consumo finale

desiderati in quanto tali. La pressione sul tempo, come quella sulla mobilità geografica o sociale,

10

Page 11: I Sistemi di scambio non monetari

aumenta le attività di consumo che devono essere intraprese come mezzo per altre forme di consumo.

L’aumento dei bisogni degli individui creato dalla concorrenza posizionale ha un costo di tempo,

rappresentato dai soldi in più che bisogna guadagnare per pagarsi quei bisogni addizionali.

Per cercare di ovviare a questi ed altri limiti della contabilità nazionale, sono sorti numerosi

indici alternativi al PIL. Fra i più interessanti posiamo citare il Measure of Economic Welfare: che

parte dalle spese di consumo personali a cui poi sono apportate alcune correzioni per arrivare a una

misura totale di consumo che si ritiene l'approssimazione migliore del benessere economico; è

incentrato esclusivamente sugli aspetti economici. Il Genuine Progress Indicator: dove gli elementi di

benessere economico sono rappresentati dalla spesa privata di consumo, dalla spesa pubblica, dai beni

non di mercato, dal tempo libero; gli aspetti di sostenibilità dello sviluppo economico comprendono il

consumo delle risorse naturali non rinnovabili, i prestiti netti all'estero e dall'estero, i danni ambientali

a lungo termine. L’Index of Living Standards: che prende in esame il consumo reale delle famiglie, il

reddito reale delle famiglie, un indice delle infrastrutture abitative, la percentuale di popolazione con

educazione secondaria, uno meno il tasso di disoccupazione, la speranza di vita, la ricchezza familiare

netta; queste componenti hanno lo stesso peso. L’Indice dello Sviluppo Umano che è composto da tre

indicatori: longevità, misurata dalla speranza di vita alla nascita; livello educativo, misurato da una

combinazione del tasso di alfabetizzazione degli adulti (peso 2/3) e del tasso di iscrizioni alla scuola

secondaria (peso 1/3); standard di vita, misurato dal PIL reale pro capite. L’Index of Social Progress

che comprende 46 indicatori economico-sociali, suddivisi in 10 sottoindici, cui vengono attributi

diversi pesi: educazione, salute, condizione femminile, difesa nazionale, situazione economica,

situazione demografica, caratteristiche geografiche, partecipazione politica, diversità culturale,

welfare. La Qualità Regionale dello Sviluppo: il QUARS è composto da indicatori relativi a quattro

dimensioni dello sviluppo quali Sviluppo Umano, qualità ambientale, sviluppo sociale, e spesa

pubblica. A questo fine vengono usati indici quali: ISU aggiustato, qualità dell’aria, acqua, consumi

energetici, rifiuti, trasporti, verde pubblico, edilizia, politiche pubbliche, comportamenti delle imprese,

sanità (soddisfazione utenti), strutture e servizi scolastici, pari opportunità, indice di precarietà sul

lavoro, protezione sociale.

1.4 L’effetto tempo sulla relazionalità

Il tempo addizionale necessario per il consumo, e il reddito addizionale necessario per mantenere la

posizione, contribuiscono a spiegare un altro fenomeno al quale di solito non viene data una soluzione

economica: il tramonto della socialità. A scanso di equivoci, sarà utile fare una distinzione fra due

registri della socialità. Il primo è quello della socialità primaria, in cui si ritiene che le relazioni fra le

persone prevalgano o debbano prevalere per importanza sui ruoli funzionali che esse svolgono, è

11

Page 12: I Sistemi di scambio non monetari

propria della famiglia, dell’amicizia, dei rapporti di buon vicinato, dell’alleanza. Possiamo chiamare

questo registro anche relazionalità.

Nella socialità secondaria invece, è la funzionalità degli attori che ha più importanza della loro

personalità. Sul mercato, nella sfera d’azione regolata dallo Stato, come nel campo della scienza, la

regola da attuare è quella dell’impersonalità. Possiamo chiamare questo registro semplicemente come

socialità. L’ambito relazionale e sociale della vita, assorbe molto tempo, ed è anch’esso soggetto a

razionalizzazione da parte degli individui. I rapporti interpersonali per loro natura non sono beni

economici privati, in altre parole cioè, i costi ed i benefici delle specifiche azioni non ricadono

esclusivamente su coloro che le intraprendono, hanno anche costi e benefici esterni, di cui non terranno

conto gli individui tesi a trarre il massimo vantaggio personale da ogni transazione. Le convenzioni

sociali che spingono ad agire attraverso il sostegno reciproco in circostanze non definite formalmente,

hanno un preciso contenuto economico, in quanto tendono a far assomigliare queste norme sempre più

a beni pubblici. Un modo semplice per illustrare l’aspetto economico di queste norme di

comportamento può essere quello di analizzare il contesto dell’aiuto reciproco. Supponiamo che in

questo tipo di azione ci sia sempre un fine di dare e avere, e che le persone ruotino in queste due

posizioni. Se le rotazioni sono frequenti e avvengono tra gli stessi individui, lo scambio avrà sempre di

più il connotato di bene privato, anche in assenza di spirito altruistico. Il gesto che si fa oggi sarà molto

probabilmente ripagato domani, e questo è sufficiente per innescarlo. Supponiamo che una certa azione

sociale mi costi una serie frequente di piccole spese, e che l’azione di contraccambio avvenga

raramente, a intervalli non regolari e da persone sconosciute. Poiché la grande maggioranza di queste

specifiche transazioni che ciascuno intraprende comporteranno un costo netto, nessuna di queste

transazioni avverrà solo sulla base di un vantaggio immediato, ma dovrà reggersi su motivazioni

derivanti da convenzioni sociali, etiche, o religiose. “Il buon samaritano corregge un difetto del

mercato”7. Quando il mercato diventa estensivo, coprendo settori sempre più ampi della vita, è

necessario un numero sempre maggiore di “buoni samaritani”. Eppure, man mano che cresce il costo

soggettivo del tempo, aumenta l’urgenza per una valutazione specifica del vantaggio personale

ricavato dalla relazione sociale. Finché il costo del tempo è relativamente basso, perché sono meno

numerose le alternative per far uso di tempo libero o perché sono meno numerose le occasioni o le

pressioni per uno sforzo lavorativo addizionale, il costo netto di ogni specifica attività che assorbe

tempo connessa con la cordialità o con qualche altro rapporto sociale, sarà relativamente basso, può

persino darsi che non sia considerato un costo. Dal momento che la maggior parte delle attività di

partecipazione sociale è ad alta intensità di tempo, si delinea il forte rischio che l’aumento della

pressione su di esso, ne induca una sostituzione con attività private a scarsa o minore intensità.

7 Hirsch F., I limiti sociali allo sviluppo, Bompiani, 1981

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Page 13: I Sistemi di scambio non monetari

L’incremento della mobilità che ha comunque benefici effetti sull’efficienza allocativa e sulla

diffusione di informazioni, contribuisce ad abbreviare la vita utile agli input relazionali. Amplifica il

problema, rendendo la relazionalità sempre più un bene pubblico e sempre meno un bene privato.

Questa influenza è forte nei casi di mobilità geografica, dovuti per esempio a pendolarismo, o

migrazioni continue “inseguendo”un lavoro; oppure nei casi di mobilità sociale, ossia il passaggio da

un ceto ad un altro, da un lavoro ad un altro, da un titolo all’altro. Poiché la relazione non si può

comprare o vendere, a meno di non comprometterne la sua natura, come avviene per esempio nel caso

del sesso “gratuito” o a pagamento, ci troviamo in un caso di economie esterne, e le decisioni

individuali porteranno a un livello di socialità subottimale. Per raggiungere l’ottimo è necessaria una

quota di cittadini attivi, di brave persone, che non sono facilmente ottenibili con semplici obblighi o

restrizioni, ma almeno fin ora, solo attraverso l’espansione di convenzioni sociali inclini al senso

civico. L’aumento della pressione esercitata sul tempo dal consumo di beni materiali e dalla

concorrenza posizionale, contribuisce a spiegare perché queste convenzioni sociali hanno subito un

progressivo logoramento. Si arriva ad una situazione dove nelle economie capitaliste mature, il

contatto umano è sempre più ricercato ma sempre meno conseguito. La struttura di mercato infatti,

consente in linea di principio il perseguimento di obiettivi diretti in senso altruistico o comunitario

finchè questi sono sostenuti da individui e possano essere realizzati dalle loro azioni individuali. Vi è

però un obiettivo che il mercato non è in grado di ottimizzare: l’interesse altruistico per il partner della

transazione.

1.5 L’effetto deviante della commercializzazione

I tre principi del donare, ricevere, ricambiare propri dei rapporti di amicizia, e incentivati dalle

convenzioni sociali, vengono quindi sostituiti da rapporti puramente mercantili regolati da un

contratto. Sfere sempre maggiori della vita passano dalla socialità primaria a quella secondaria,

incentivando così impersonalità, e utilità strumentale. Sempre più beni e servizi passano dall’area

dell’economia domestica ed informale, al mercato, spostando l’attenzione della transazione sulla merce

piuttosto che sulla relazione, trascurando il contesto sociale di consumo. Si eroderanno le aspettative

secondo cui fiducia e obbligazione reciproca saranno disponibili senza simili specificazioni in altri

futuri rapporti dello stesso genere. Più cose verranno inserite nei contratti, meno ci si aspetterà senza di

essi; più si metterà per iscritto, meno si accetterà, o ci si aspetterà, sulla fiducia. Si espande sempre più

la commercializzazione, ossia il processo secondo il quale sempre più fasce della vita quotidiana

vengono inglobate nel sistema di mercato. Il mercato però, è inefficiente nell’erogazione di quei beni

collettivi per i quali è poco pratica o costosa la limitazione o l’esclusione, e può fallire completamente

nell’erogazione collettiva di norme sociali.

13

Page 14: I Sistemi di scambio non monetari

Corrispondentemente ha la tendenza a produrre in eccesso quelle merci e quei servizi specifici

per i quali è efficiente. L’esito è un’attenzione eccessiva alla merce attraverso una sua creazione ed uso

eccessivi. In ogni caso si fa fronte alla domanda dell’individuo confezionandola secondo le esigenze

del mercato, senza preoccuparsi se questa confezione è proprio quella che l’individuo prenderebbe se

potesse veramente fare la sua scelta. L’individuo potrà effettuare delle scelte solo parziali, e dovrà

accettare come prefissate le condizioni ambientali di consumo. Coloro che sono interessati alla merce,

o all’attività pura e semplice, saranno comunque soddisfatti, se per esempio un concerto in piazza da

gratuito diventasse a pagamento. E anche coloro che attribuiscono un valore positivo all’esclusione o

all’esclusiva, vedranno soddisfatta la loro aspettativa per quanto riguarda l’ambiente sociale, come per

esempio quando è necessario sottoscrivere una tessera per far parte di un circolo. Dall’altra parte

coloro che preferiscono un contatto sociale incentrato sulla casualità, o rapporti meno specificatamente

integrati con forme particolari di consumo, saranno trascurati, come lo saranno coloro che

attribuiscono valore positivo al libero accesso, alla non esclusione, o semplicemente coloro che non si

potranno permettere un pagamento monetario per quei beni o servizi. La loro sfortuna sta nel fatto che

ricavano soddisfazione da caratteristiche ambientali alle quali il mercato non riesce a provvedere.

Questo perché le persone che mostrano i primi due gruppi di preferenze, hanno dei gusti che le imprese

trovano profittevole soddisfare. Le forze di mercato, per quanto alcuni sostengano siano tecniche e

neutre, tenderanno a lavorare sempre più a favore delle merci, dell’esclusione, e della

commercializzazione, che nella sua forma più completa assume le forme della privatizzazione.

L’estensione della scelta attraverso il mercato ha questo aspetto paradossale: che la diffusione di leggi

restrittive e di barriere avviene nel nome della libertà, quando in realtà si privilegia l’efficienza a

scapito dell’uguaglianza, e del libero accesso. Il capovolgimento di un’attività dall’ambito di

erogazione collettiva a quello di mercato, è un esempio trascurato dell’irrazionalità aggregata che può

risultare dal comportamento economico razionale delle singole persone. Per queste varie ragioni

quindi, un’estensione del processo di commercializzazione nella nostra economia, sostituendo lo

scambio informale con quello monetario, non è in certi settori un mezzo efficiente per soddisfare le

preferenze individuali. Rappresenta non quello che tutte le persone vogliono scegliendo tra le

alternative possibili, ma quello che il mercato è tecnicamente indotto a provvedere, lasciando

insoddisfatte molte domande individuali. La commercializzazione si autoalimenta in un modo che può

ritardare anziché far avanzare il benessere della collettività.

Il processo di commercializzazione infine, nel suo stadio più avanzato, amplificando

l’importanza della merce, alimenta indirettamente l’importanza del denaro. Per essere più precisi,

faremo una distinzione fra due termini che solitamente vengono usati come sinonimi: denaro e moneta.

La differenza che intercorre fra denaro e moneta, è la sottile differenza che intercorre fra i simboli ed i

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Page 15: I Sistemi di scambio non monetari

loro referenti materiali. Mentre il denaro indica come equivalente generale un valore astratto

puramente quantitativo, la moneta, conferisce al denaro stesso, una forma tangibile. Per dirla in altri

termini, il denaro ha un valore di scambio, ma non ha un valore d’uso. Può essere consumato solo

scambiandolo, avendo come funzione appunto quella d’intermediario nello scambio. Ancora, si

potrebbe dire che il denaro ha una natura ideale, che però esso esprime attraverso caratteristiche di tipo

quantitativo piuttosto che qualitativo. L’incessante necessità di denaro, che consegue ai processi di

concorrenza posizionale, e di commercializzazione, orienta gli individui verso una sua ricerca sempre

maggiore, incentrando sempre più su di esso la loro attenzione. Le merci ed i servizi infatti, per essere

ottenuti, hanno bisogno in primo luogo di denaro. Si ha così uno spostamento di attenzione verso il

valore di scambio piuttosto che verso il valore d’uso, verso il simbolico piuttosto che il reale. Il denaro

diviene così il bene posizionale per eccellenza, ciò che da tutti è desiderato come fine in sé. La

finanziarizzazione dell’economia degli ultimi venti anni ha ulteriormente amplificato questa sua

importanza. La tecnologia applicata ai nuovi prodotti finanziari ha più o meno decuplicato la quantità

potenziale di denaro in circolazione.

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Page 16: I Sistemi di scambio non monetari

2. Ortodossia economica, Stato e privato sociale

“Forse il difetto più grosso della tradizionale idea di uomo degli economisti è illustrato dall’attenzione che dedichiamo alle sue attività «uomo-cose», piuttosto che alle attività «uomo-uomo». I nostri manuali parlano di gusti concernenti il formaggio, le scarpe, o le automobili, ma raramente del desiderio di avere figli, una compagna, dei subordinati, o dei soci. Altri scienziati sociali, pur senza essere stati capaci di fornire un modello analitico migliore, si son fatti beffe di questa sorta di uomo, consumatore di cose razionale e privo di legami, che interagisce con gli altri solo attraverso scambi di mercato”. Hirschleifer, 1978

2.1 Per un’Economia Civile

Dall’analisi appena illustrata sorgono numerosi interrogativi, uno dei quali, esige di sapere se esistono

vie per far tornare l’economia alla società. Ma se l’attuale situazione è frutto di una scienza

economica imperfetta, allora il primo passo da compiere è proprio quello di affinare e introdurre

alcuni concetti, per un suo nuovo corso.

L’economa politica si è guadagnata con il passare del tempo un posto sempre più rilevante

all’interno delle scienze sociali a causa della sua forte capacità di spiegare il comportamento umano

con schemi di ragionamento rigorosi e matematicamente eleganti. L’attore dell’economia classica e

neoclassica è l’homo oeconomicus, un uomo che massimizza sempre la propria utilità attraverso

analisi costi/benefici razionali. Esso si muove nel mercato, un luogo idealtipico in cui gli individui

sono motivati all’azione dal solo interesse proprio. L’unico giudizio di valore che il mercato può

esprimere è quello di efficienza, inteso come giudizio di adeguatezza dei mezzi rispetto al fine della

massima realizzazione degli interessi di chi vi partecipa. Fin dall’Ottocento si è descritto il mercato

come una istituzione capace di conciliare interesse individuale e bene comune. Ha preso così forma il

minimalismo proprio della visione dell’homo oeconomicus, e con esso l’atomismo sociale. Si è

formata un’idea secondo la quale è possibile studiare il mercato in maniera separata rispetto alla

società nella quale si afferma, senza ricordare che ne è una sua parte, e separata dalla storia, senza

ricordare che ne è una sua conseguenza. Il mercato è divenuto il luogo in cui non c’è posto per la

libera espressione di sentimenti morali e per l’affermazione di un valore di legame da aggiungere ai

valori d’uso e di scambio. La visione parziale della natura umana che tale pensiero ha professato ha

spinto gli scienziati sociali a scegliere fra l’impostazione olistica e quella individualistica come se non

esistesse un’alternativa possibile. Al fondo della teoria economica dominante inoltre, sta una

costruzione che attiene alla dimensione pratica, vale a dire dei comportamenti dell’uomo in società,

ma non delle motivazioni o delle disposizioni sottostanti le sue scelte. Ciò che sta alla base del

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Page 17: I Sistemi di scambio non monetari

riduzionismo economico quindi, non è tanto l’assunto di comportamento egoistico - o detto in maniera

più elegante, autointeressato - da parte del soggetto economico, e neppure l’utilizzo predominante nel

lavoro teorico del paradigma della razionalità strumentale. Piuttosto, il vero fattore limitante sta

nell’impiego dell’individualismo assiologico, vale a dire di quella concezione filosofica secondo cui

alla base dell’agire economico vi sarebbe un “individuo monade” che non avrebbe altre

determinazioni che quelle dell’ homo oeconomicus. L’individualismo assiologico che spesso è stato

giustificato come una mera scelta di metodo neutrale, assume in realtà la forma di una infrastruttura

filosofica su cui posa l’assunto dell’ homo oeconomicus.

Come A. Sen ha dimostrato, ciò che l’agente sceglie, non necessariamente è ciò che preferisce.

E questo accade non solo e non tanto a causa dei problemi di informazione asimmetrica o a causa di

errori di valutazione o di calcolo, ma perché le scelte sono guidate oltre che dalle preferenze, anche da

valori. Tenendo conto di questo, si respinge sia il postulato di non sazietà, l’idea secondo la quale “di

più” coincide con “meglio”, sia il postulato di continuità delle preferenze, facendo perdere di

significato la nozione di comportamento massimizzante. Sarebbe più utile sostituire alla nozione di

individuo quella di persona, e in conseguenza di ciò, di passare dalla prospettiva individualista a

quella relazionale. Le persone inoltre instaurano relazioni che non hanno la stessa natura di quelle che

si stabiliscono tra uomo e cose. La relazione di utilità è tipica di quest’ultimo tipo; infatti l’utilità è la

proprietà della relazione tra un soggetto ed un oggetto: le cose sono utili quando soddisfano le

preferenze di un soggetto. Nel momento in cui si tratta l’attenzione o l’interesse all’altro quale

argomento di una funzione di utilità, la persona con la quale ci si rapporta viene ridotta a una cosa, ad

oggetto. Ma qual è allora il fondamento ultimo della relazionalità? Io credo che sia l’autorealizzazione

della persona.

“È importante prendere atto di ciò che implica il riconoscimento dell’altro: non solo del suo diritto ad esistere ma anche della necessità che esista perché possa esistere io, in relazione con lui. Riconoscere l’altro come fine in sé e riconoscerlo come mezzo rispetto al fine della propria realizzazione tornano così ad essere unificati. Con il che viene risolto il dualismo riduzionista fra moralità di marca kantiana, che esige che l’altro venga visto come fine in sé e basta e una teoria della razionalità strumentale – quella della rational choice – che invece vede nell’altro il mezzo per il proprio fine. Il bene dell’autorealizzazione è raggiunto quando il riconoscimento reciproco tra persone è assicurato.” Zamagni, 2002

Infine, c’è da dire che tutti i grandi economisti hanno riconosciuto che il mercato genera o induce,

tratti desiderabili o indesiderabili nelle persone. Si tratta di prendere atto che i comportamenti

antisociali nella sfera economica hanno raggiunto oggi livelli preoccupanti. È necessario perciò

comprendere che non c’è una sola via al progresso economico, che esiste una varietà di modelli di

mercato, ciascuno in sintonia con una particolare cultura e storia. E dunque che la scelta del modello

di mercato è questione altrettanto interessante per la scienza economica di quanto lo è la ricerca delle

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Page 18: I Sistemi di scambio non monetari

condizioni di efficienza di un dato modello di mercato. Non si dimentichi infatti, che il nostro bene

dipende anche dalle istituzioni che riusciamo a darci, e non soltanto dalle nostre capacità di

adattamento ad un sistema istituzionale ereditate dal passato.

2.2 Reciprocità e dono

“Gli uomini sono capaci di servire una causa non egoistica molto più spesso di quanto si creda (…) lo scopo supremo dell’economista è di scoprire come questo bene che è latente possa essere sviluppato più in fretta e possa essere messo a frutto più saggiamente.” Marshall A.

Il trascurare l’ambito relazionale dell’economia, come abbiamo visto porta ad un approccio

merceologico della politica, ad un eccessiva commercializzazione, ed a un incremento della

concorrenza posizionale. È necessario pertanto, cercare di superare la teoria che professa il fatto che le

merci si producano esclusivamente a mezzo di merci, ma che ciò sia possibile anche per mezzo di

relazioni sociali che coinvolgono persone dotate di una specifica identità e non solo di interessi

utilitaristici. La categoria dell’ individualità relazionale potrebbe essere un riferimento sicuro per

consentire di ricomporre l’individualità, con l’interazione con l’altro, e dunque per aprire la

prospettiva della coappartenenza di bene individuale e di bene comune. È utile perciò, introdurre il

concetto di reciprocità, che ultimamente ha ricevuto notevole attenzione in diversi ambiti come per

esempio nei lavori di Kahnemann e Tversky di psicologia economica, quelli di Bewley di economia

del lavoro, quelli di Sudgen sulla contribuzione volontaria ai beni pubblici, e quelli di Faer sulla

esecutorietà dei contratti. Due sono le nozioni di reciprocità che è possibile rintracciare in letteratura.

Una interna alla prospettiva consequenzialista, e fondata sull’avversione al senso di ingiustizia: è

l’avversione nei confronti di distribuzioni non eque che stimola una risposta di reciprocità. L’altra,

basata sul principio di cortesia percepita, e tiene conto non solamente delle conseguenze dell’azione,

ma anche delle intenzioni che ne sono al fondo. La reciprocità può essere attuata all’interno di due

dimensioni del rapporto differenti: la prima basata sul dono, la seconda, basata sullo scambio di

equivalenti, cioè da un contratto. Nella relazionalità che nasce dal dono, l’incontro con l’altro

determina sempre una modificazione dell’io che si trova più ricco per l’incontro avvenuto. Non così

invece nella relazionalità che nasce dal contratto, il cui principio regolativi è piuttosto la perfetta

simmetria fra ciò che si dà, e ciò che si ottiene in cambio.

Il termine interesse letteralmente significa «essere tra»; il che vuol dire che per perseguire un

interesse bisogna interagire con l’altro, utilizzandosi reciprocamente perché ne derivino frutti ad

entrambi. Il dono non è incompatibile con l’interesse del donante, se questo viene inteso come

interesse a stare nella relazione con l’altro. Il dono non è un atto fine a se stesso, ma rappresenta

l’inizio di una catena di atti reciproci, come a dire che il dono viene fatto in vista dello stabilimento di

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Page 19: I Sistemi di scambio non monetari

un legame. Il connotato specifico di dono è dunque, quello di creare reciprocità; la sua forza non sta

nell’oggetto o nel quantum donati, cosa che avviene nell’altruismo, ma nella speciale qualità umana

che il dono rappresenta per il fatto di essere relazione. È dunque l’esistenza di uno specifico interesse

a dar vita alla relazione tra donante e donatario a costituire l’essenza del dono come reciprocità. È in

ciò il valore di legame al quale abbiamo appena accennato più sopra. Esso è una terza categoria che va

aggiunta al valore d’uso e al valore di scambio. Dilatare l’orizzonte economico includendovi il valore

di legame, è una sfida intellettuale perché la relazione fra persone è di per sé un bene che, in quanto

tale, genera valore. Il dono come reciprocità è espressione di una scelta libera. È grazie al suo

carattere profondamente libero che questo tipo di dono è in grado di intervenire sulla personalità dei

soggetti, rendendoli diversi, e soprattutto è capace di essere contagioso. La libertà non è tale se non

include il rapporto con l’altro. Non solamente la libertà deve tener conto di quella altrui, come

ammette anche il pensiero individualista, ma più profondamente la libertà ha un bisogno costitutivo

dell’altro. La recente teoria dei giochi di rete, frutto della fusione della teoria dei giochi evolutivi e

dell’analisi dei network sociali, costituisce un promettente strumento di ricerca per modellare il valore

di legame.

È possibile dire dunque, che il nostro star bene, il bem-vivir8, dipende in buona parte dal

consumo di quella speciale categoria di beni che sono i beni relazionali. È proprio la dimensione

interpersonale ciò che viene trascurato dal modello della scelta razionale, un modello che postula un

soggetto così completamente preso dal perseguimento razionale della sua utilità da non rendersi conto

che per raggiungere tale scopo deve manipolare sistematicamente ed esplicitamente i comportamenti e

le scelte degli altri soggetti. Il punto è che all’interno della prospettiva individualista, l’altro è un mero

strumento per il conseguimento dei nostri scopi utilitaristici. Ma è un fatto difficilmente discutibile,

che la felicità presuppone l’esistenza dell’altro come un fine in sé: bisogna essere almeno in due per

essere felici, mentre per massimizzare la propria utilità, si può essere da soli.

Perché la razionalità non dovrebbe consistere nel perseguimento di tutti gli obiettivi e valori,

che l’uomo che vive in società sceglie di perseguire, anziché limitarsi esclusivamente agli obiettivi

autointeressati? In questo modo la teoria della scelta razionale ha finito con l’acquisire un vero e

proprio privilegio paradigmatico: ogni altra spiegazione del comportamento dell’agente deve fare i

8 Per bem-vivir si intende “l’esercizio umano di disporre delle mediazioni materiali, politiche, educative e informative non solo per soddisfare eticamente le necessità biologiche e culturali di ciascuno, ma per garantire, sempre eticamente, la realizzazione di tutto ciò che può essere concepito e considerato per una libertà personale che non neghi quella collettiva. Il bem-vivir solidale implica il rispetto del desiderio personale e la promozione della sua realizzazione nella stessa misura in cui rispetta il desiderio collettivo e se ne promuove la realizzazione. Garantite tutte le migliori condizioni materiali, politiche ed educative e le informazioni necessarie per l’esercizio delle libertà umane, bem-vivir significa condividere felicità e allegria con chi vogliamo, nel momento in cui riusciamo a realizzare quel che ci sta a cuore, così come poter condividere sofferenze e tristezze nei momenti di dolore e sventura. (…) Se per vivere bene è necessario disporre di mediazioni materiali che garantiscano la nostra libertà personale, è opportuno considerare che nessuna priorità materiale offrirà il bem-vivir se non sarà, almeno indirettamente orientata alla collaborazione solidale.” Mance E. A. , La rivoluzione delle reti. L’economia solidale per un’altra globalizzazione, EMI, 2003.

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Page 20: I Sistemi di scambio non monetari

conti con quel punto di partenza. Così ad esempio mentre si è costretti a spiegare perché qualcuno fa

un dono, si considera naturale, e dunque non bisognoso di una spiegazione un comportamento

autointeressato. Perché ci dobbiamo sentire esonerati dal fornire valide ragioni per non donare, mentre

non sarebbe vero il contrario?

2.3 Stato sociale e privato sociale

Il ruolo preminente occupato dall’economia politica all’interno delle scienze sociali con il tempo si è

trasferito anche all’ambito della politica, basti pensare ad espressioni quali l’Azienda Italia, fino a

qualche anno fa improponibili. Ma l’approccio economicistico alla politica trascura sia le condizioni

alle quali sono forniti i prodotti finali della democrazia, ossia le politiche che risultano dal processo

democratico, sia gli influssi di queste condizioni sul comportamento della gente. Di conseguenza,

definisce in modo sbagliato l’obiettivo del processo democratico e trascura un vincolo che aiuta a

determinare se il processo funziona ancora. Più propriamente potrebbe quindi essere chiamato un

approccio merceologico alla politica. Con l’entrata in crisi del modello dello Stato sociale questo

approccio ha favorito l’affermarsi dell’ideologia dello stato minimo, che ha deliberatamente dato

inizio ad un suo processo di alleggerimento, che tutt’oggi non è ancora arrivato ad una conclusione.

Le fasi di questo processo passano dalla commercializzazione e privatizzazione, alla sempre più libera

circolazione delle merci, e dei flussi finanziari e monetari; dalla delegazione di molti poteri alle

organizzazioni sovranazionali, settoriali, e regionali, allo smantellamento progressivo dello Stato

sociale, e la ricerca di fluidità nel mercato del lavoro. Gli individui, in tutti questi casi hanno visto

diminuire senza potersi o volersi opporre, il potere di far valere le proprie opinioni, il potere di

contrattazione collettiva, o di punire con il voto questo o quel comportamento. Tutti i vecchi sistemi

di protezione sociale quali la famiglia, le convenzioni sociali, i sindacati, i partiti, le associazione dei

consumatori, e lo Stato, hanno subito un forte indebolimento. Non esiste più un unico interlocutore al

quale imputare tutte le colpe ma una moltitudine, questo, assieme agli altri fattori lasciano l’individuo

sempre più solo, e sempre più spinto verso l’egoismo, in una situazione dove il nuovo è ancora in fase

embrionale.

È a partire da questo contesto che prende sempre più spazio quello che è definito privato

sociale, o in maniera meno precisa terzo settore, cioè quel campo organizzativo e istituzionale il cui

orientamento di fondo si riconnette a motivazioni di tipo non riconducibili alla semantica utilitarista, e

che per nascita e sviluppo organizzativo, non può essere definito semplicemente attraverso modelli

residuali rispetto al mercato e allo Stato. L’attenzione per questo settore è in forte ascesa negli ultimi

anni, sia per la sua forte espansione, sia perché dal punto di vista teorico in molti vedono in esso un’

alternativa all’olismo e all’individualismo, allo Stato e al mercato. In tutte le sue forme, e per

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Page 21: I Sistemi di scambio non monetari

motivazioni non necessariamente comuni, il privato sociale convoglia le proprie iniziative in attività a

forte concentrazione di relazioni sociali.

Le organizzazioni non-profit rappresentano una forma economica distinta dall’economia

domestica delle famiglie e dall’economia di capitali. Il privato sociale sposta la propria finalità, dal

perseguimento di matrice utilitarista con un utile esclusivamente individuale, alla produzione di beni

relazionali collettivi, ovvero una forma caratteristica di beni che non sono né privati, né pubblici, ma

che vengono prodotti all’interno di una relazione che privilegia valore d’uso e di legame, piuttosto che

quello di scambio. Tali beni relazionali sono l’espressione compiuta dell’inserimento degli individui in

un contesto sociale in cui riconoscono legami reciproci ed un comune destino. In questo senso si può

parlare di legami di comunità. Ambrosini ha definito quattro forme di radicamento delle iniziative

solidaristiche non-profit: a) radicamento situazionale: derivante da dalla condivisione di bisogni o

specifiche condizioni; b) radicamento relazionale: fondato su relazioni interpersonali vive,

comunitarie e ravvicinate, di tipo amicale, di vicinato, territoriale; c) radicamento culturale: si tratta

delle origini ideali, ideologiche, o religiose che stanno alla base dell’organizzazione e che

costituiscono la fonte dell’atteggiamento solidaristico e prosociale in genere; d) radicamento

organizzativo: sono i rapporti di filiazione e sponsorizzazione che travalicano il legame di tipo ideale e

che sono alla base di gemmazioni organizzative. Vedremo come nelle economie senza denaro siano

presenti a rotazione o contemporaneamente tutte queste forme di radicamento.

Il privato sociale comprende fondazioni, cooperative di servizi, cooperative sociali, volontariato,

associazioni di tutela e di mutuo aiuto. In sostanza il privato sociale appare sempre più come un

sistema misto, in cui risulta molto evidente l’esistenza di complessi motivazionali dell’agire in cui il

dono e la reciprocità rappresentano la motivazione di fondo genetica, ma sicuramente non l’unica

presente. Esso combina gli scopi sociali quali senso di comunità, beneficio pubblico, e libertà

d’impresa, propri rispettivamente delle comunità, dello Stato, e del mercato. L’introduzione del

concetto di comunità, inteso in senso costitutivo, consente di introdurre all’interno delle varie forme di

radicamento sociale, un’altra categoria utile per tematizzare variabili di tipo socioculturale, che si

rivelano indispensabili nell’analisi dell’esistenza di moventi di tipo non egoistico nel privato sociale. È

questa la strada per comprendere come e perché comportamenti non autointeressati persistono e si

sviluppano, o al contrario, decrescono fino a liquefarsi all’interno di ambiti motivazionali più

interessati da logiche di razionalità strumentale.

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Page 22: I Sistemi di scambio non monetari

2.4 Il capitale sociale

Narayan (1999) definisce il capitale sociale9 quell’insieme di «norme e relazioni sociali, incorporate

nelle strutture sociali di una determinata società, che consentono il coordinamento delle azioni

individuali per raggiungere gli obiettivi desiderati». Ciò che distingue il capitale sociale dalle nozioni

di capitale fisico e capitale umano, consiste nell’essere incorporato nella struttura delle relazioni

sociali, anziché in beni fisici o in singoli individui. L’uso del termine capitale, appare legittimo quando

si consideri la sua natura di risorsa accumulabile e il fatto che la sua accumulazione richiede un

investimento relazionale, misurabile in termini di comportamenti non autointeressati. Diversi autori

hanno dato molteplici definizioni di questo termine, e oggi possiamo dire che capitale sociale, è più il

nome di un intero filone di ricerca che di un concetto univoco. Tuttavia tutte le sue definizioni possono

essere raggruppate attorno a due nuclei fondamentali: alcuni lo identificano con il livello di fiducia e di

effettività delle norme civiche all’interno di una società, altre si concentrano piuttosto sul livello di

partecipazione in organizzazioni orizzontali volontarie. È facile notare come entrambi gli aspetti

abbiano in comune il fatto di essere il prodotto di un’attività di partecipazione sociale. La fiducia

riveste un ruolo importante nella determinazione del capitale sociale, la sua importanza risiede nella

caratteristica di facilitare il coordinamento delle azioni di più soggetti in un piano ordinato; dato che le

opportunità migliori in genere, possono essere colte solo attraverso azioni congiunte, e dato che nella

maggior parte dei casi tali azioni sono soggette al rischio di opportunismo, la presenza di fiducia tra i

soggetti riduce tale rischio e facilita l’ottenere esiti Pareto-superiori. A tal proposito basti pensare al

dilemma del prigioniero. La fiducia comunque, non è esclusivamente quella interpersonale, ma vi è

anche un suo aspetto legato al buon funzionamento delle istituzioni statali e di mercato: si pensi al

ruolo giocato da un buon sistema di amministrazione della giustizia, nonché alla percezione del

sistema fiscale come equo e adeguato rispetto alle prestazioni sociali erogate in cambio, nel

determinare la propensione a seguire le norme di cooperazione civica e nello stabilire condizioni di

possibilità per lo sviluppo di una fiducia interpersonale generalizzata.

In sintesi quello di capitale sociale, è un concetto che mette in luce come la capacità di produrre

ricchezza e di generare efficienza è spesso dovuta almeno in parte a fattori che non rientrano nella

9 Bowles e Gintis affermano che le motivazioni esterne del successo del termine capitale sociale siano riconducibili al fatto che « molti sono giunti alla conclusione che i fallimenti del mercato sono la regola piuttosto che l’eccezione e che i governi non sono né sufficientemente informati né sufficientemente affidabili per correggere tutti i fallimenti di mercato. Il capitale sociale ha conquistato la scena non per i propri meriti, ma per i difetti delle sue alternative. Quelli di sinistra sono attratti dall’idea del capitale sociale perché afferma l’importanza della fiducia, della generosità e dell’azione collettiva per risolvere i problemi sociali, contrastando così l’idea che diritti di proprietà ben definiti e mercati concorrenziali possano coordinare in maniera talmente efficace le motivazioni individualistiche verso fini pubblici da rendere superflua la virtù civica. I sostenitori del laissez faire ne sono incantati perché presenta la promessa che laddove i mercati falliscono – ad esempio nella fornitura di beni pubblici locali e in vari tipi di assicurazione – possono intervenire a risolvere il problema il vicinato, le associazioni di genitori e insegnanti, le bocciofile, insomma qualsiasi cosa che non sia il governo».

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Page 23: I Sistemi di scambio non monetari

contabilità di mercato. Fattori quali la fiducia, il senso civico, il know how accumulato, la creatività, il

livello di formazione, ma anche la dotazione infrastrutturale, il capitale umano, le tradizioni culturali,

l’organizzazione familiare, i patrimoni valoriali sono tutti fattori che possono concorrere a valorizzare

un’area economica e a farle raggiungere determinati risultati. Una prospettiva eccessivamente miope

che valuti la situazione solo seguendo le valutazioni quantitative messe a disposizione dal sistema dei

prezzi finisce come abbiamo visto, con l’impoverire questo capitale sociale provocando dei costi

complessivi anche di ordine direttamente economico. Da un certo punto di vista, è possibile dire che la

maggior parte delle forme di capitale sociale è accumulata attraverso attività di partecipazione sociale

ed interpersonale, che comportano la rinuncia allo sfruttamento di possibilità di guadagno

opportunistiche. La stessa attività di partecipazione sociale genera allo stesso tempo accumulazione di

capitale sociale e consumo di beni relazionali. È una caratteristica tipica delle forme non materiali di

capitale, che consumo ed investimento non siano obbligatoriamente antitetici.

Abbiamo argomentato che nelle società a capitalismo maturo, i beni relazionali giocano un

ruolo cruciale per la determinazione del benessere individuale e collettivo. Fattore chiave per la

produzione di beni relazionali è il livello di partecipazione sociale, il quale genera effetti esterni

positivi tanto immediati quanto cumulativi, in quanto è fra le maggiori determinanti del capitale

sociale. Il capitale sociale è un fattore importante sia per la crescita di lungo periodo, sia per la

proficuità del tempo speso in attività relazionali. Come abbiamo visto precedentemente, nelle società a

capitalismo maturo si ha una pressione per la riduzione della partecipazione sociale, e dunque, del

capitale sociale. Ciò può comportare effetti esterni negativi immediati e pregiudicare la crescita di

lungo periodo.

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Page 24: I Sistemi di scambio non monetari

3. Sistemi di scambio non monetari, economie senza denaro

“Devo riconoscere che tra l’economia e l’etica non traccio alcuna frontiera precisa, se ancora ne faccio distinzione. Il regime economico che va contro il progresso morale di un individuo o di una nazione non può essere che immorale e, di conseguenza peccaminoso. Così come ogni sistema economico che permette di gettarsi su di un altro paese per farne la propria preda. Lo scopo da raggiungere è di promuovere la felicità dell’uomo, facendolo arrivare a una completa maturità mentale e morale (impiego qui l’aggettivo “morale” come sinonimo di spirituale). Per pervenire a questo fine, ci deve essere decentralizzazione. Perché la centralizzazione è un sistema incompatibile con una struttura sociale non violenta.” M. K. Gandhi

Ci occuperemo ora di quelli che generalmente vengono chiamati sistemi di scambio non monetari; essi

cercano di rispondere ad alcune delle problematiche evidenziate finora. Vedremo che oltre ad avere in

comune una forte percezione della necessità di relazione, e la ricerca di beni e servizi altrimenti non

ottenibili, attraverso famiglia, Stato e mercato, hanno forme organizzative e finalità simili. I sistemi di

scambio non monetari hanno sempre infatti un territorio o una comunità di riferimento non troppo

grande. Gli scambi avvengono all’interno di un gruppo spontaneo, di un’associazione, del vicinato, del

territorio, della municipalità, attraverso rapporti di reciprocità, e il triplice obbligo di donare ricevere e

ricambiare. I partecipanti possono offrire o chiedere servizi e beni di ogni tipo, in cambio di un

accredito o di un addebito in un proprio conto corrente a partita doppia; la transazione avviene

attraverso l’informativa, il mezzo con cui si dichiara l’avvenuto trasferimento, e/o monete

complementari, un’unità di scambio valida solo all’interno del sistema, che si affianca alla valuta

ufficiale, e che in alcuni casi le è rapportata. Palmese e Sereni definiscono i sistemi di scambio non

monetari come un «meccanismo auto organizzato attraverso il quale qualsiasi aderente può ottenere

beni e/o servizi che può autoprodurre, nel senso più esteso che questo termine può avere». In base a

tali principi chi offre qualcosa, prima o poi ne riceverà un equivalente dal sistema, di volta in volta

rappresentato da uno dei suoi membri. Perciò chi riceve ciò di cui aveva necessità, successivamente, è

chiamato a restituire ad un terzo estraneo allo scambio originario, creando un circolo di reciprocità

indiretta, o se si preferisce, un sistema di indebitamento multilaterale. Per facilitare gli scambi,

vengono stilati a scadenze regolari liste e bollettini dei beni e servizi domandati ed offerti, in modo da

far conoscere anche il saldo dei crediti e debiti di ognuno. Come accennato precedentemente, i vari

sistemi, per regolare tali scambi, hanno una propria moneta complementare più o meno rapportata alla

moneta ufficiale, oppure usano come unità di conto il tempo. La specificità dell’unità di misura delle

transazioni, sta nel suo carattere socializzante e solidaristico assente nel denaro, ed il procedere

24

Page 25: I Sistemi di scambio non monetari

attraverso continui e reciproci indebitamenti, presuppone e coadiuva, la crescita della fiducia reciproca

tra non affini.

Ciò in cui differiscono i vari sistemi, è sul come stabilire un “giusto rapporto di scambio”, ma

anche sulle finalità principali: si va dalla ricerca di occupazione, alla sconfitta della povertà, la ricerca

di rapporti di buon vicinato, i servizi alla persona, la lotta contro il neoliberismo, il contrasto

all’inflazione, l’integrazione sociale, lo scambio di conoscenza, e molti altri. Le economie senza

denaro non cercano e non vogliono sostituirsi al mercato, né attraverso una sua soppressione, né

attraverso il rinchiudersi in gruppi chiusi, isolati, settari, e autoreferenziali. Vogliono soltanto

affiancarsi, compenetrarsi, arricchirsi a vicenda con le istituzioni statali e di mercato, per rispondere a

necessità di credito, di beni, servizi, socialità, saperi, autostima. I sistemi di reciprocità indiretta

ricercano il bem-vivir, educano alla cittadinanza attiva e responsabile, all’interesse per la propria

comunità di appartenenza, professano un ritorno del denaro al servizio dell’uomo e non più un uomo al

servizio del denaro. Riplasmano il significato di consumo, di scambio, danno valore all’economia

domestica, informale e di autoproduzione, danno una nuova dimensione al problema della sicurezza.

Procederemo adesso con l’analisi più approfondita di alcuni dei sistemi che hanno avuto

maggior successo e che hanno caratteristiche particolari rispetto agli altri. Per motivi di spazio non

potremo dilungarci troppo nella loro analisi, e dovremo saltare a piè pari la descrizione di

numerosissimi sistemi, in particolare di quelli presenti massicciamente e con caratteristiche simili nel

Sud del mondo10. Fra questi le esperienze di maggior successo sono il Système d’Echanges

Communitaires Senegalese, l’Interser Venezuelano, Red Global del Trueque Argentino. Quest’ultimo

in particolare ha svolto una funzione veramente importante durante le crisi economiche e finanziarie

di questo paese negli anni ‘90, coinvolgendo molte decine di migliaia di persone, associazioni,

aziende e municipalità.

3.1 Local Excange Trading Sistem

Dalle idee e vari progetti di David Weston, studioso di economia e sociologia, nasce una delle prime

esperienze organiche di sistemi di scambio non monetari: i Local Excange Trading Sistem,

organizzazioni diffuse soprattutto nel mondo anglosassone, che oggi sono circa 400 e coinvolgono

oltre 40.000 persone. Diffuse dagli U.S.A. alla Nuova Zelanda, sono nate una ventina di anni fa in nel

Regno Unito, e sono state lo spunto dal quale hanno preso forma molti dei sistemi di reciprocità

indiretta. Il principio secondo il quale funzionano è semplice: si apre un conto per ogni aderente al

sistema; oggetto degli scambi sono beni, servizi, e saperi. Tramite un supporto informatico si

10 Fra di essi citiamo: Time dollar, Green dollar, Toronto dollar, Rete di Economia Locale, Tianguis Tlaloc, Yogyakarta System, Rumihuaico, Toctiuco, Thay Gerh, Flash Cash, Ndajem-Wecco, Salta Creditos.

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Page 26: I Sistemi di scambio non monetari

contabilizzano tutti gli scambi del sistema in prestazioni orarie oppure tramite una moneta locale

complementare a quella di corso legale. All’avvio ognuno ha un saldo nullo sul proprio conto. Ogni

membro comunica cosa offre e cosa intende ricevere, dopodiché queste informazioni vengono inserite

in apposite liste. La contabilizzazione avviene attraverso l’emissione di assegni; l’unità di misura è

una moneta interna chiamata con un nome di fantasia, oppure, è il tempo. L’unità locale è

frequentemente allineata alla sterlina e ciò permette di avere trasferimenti anche fra LETS diversi.

Beni e servizi sono valutati in base al tempo di produzione (un’ora di baby sitter equivale ad un’ora di

consulenza dal commercialista) o al valore d’uso. Consenso e fiducia sono indispensabili sia per le

transazioni che per la sopravvivenza del gruppo, infatti non c’è un controllo interno, ed ognuno è

responsabile di quello che fa. In alcuni casi esiste solo un disincentivo al potenziale sfruttamento del

sistema chiamato limite di fiducia al saldo negativo che limita le possibilità di richiedere beni e servizi

fintantoché lo squilibrio fra debiti e crediti è troppo elevato. Gli obiettivi dei LETS sono soprattutto

economici e solidaristici, e cercano di andare incontro alle esigenze di chi ne ha più bisogno, come

anziani, disoccupati, migranti, lottando l’esclusione economica e sociale. In tal senso va ricordata

l’esperienza della Beckford Community LETS, che ha costituito un gruppo LETS fra gli utenti del

centro di salute mentale dell’ospedale locale. In seguito ai notevoli miglioramenti delle persone in

cura, è iniziato un progetto di collaborazione da parte delle istituzioni per la creazione di altri gruppi

LETS a scopi sanitari.

3.2 Système d’Echange Local

I SEL sono sistemi di scambio non monetario presenti nel mondo francofono, e derivano dalle

esperienze dei LETS inglesi. Il primo SEL è nato nel 1994 nell’Ariège, in Francia, cercando di ricreare

solidarietà attraverso unità locali che permettessero alle persone della stessa provincia di incontrarsi, di

donare, ricevere e ricambiare. I SEL mettono in gioco una forma di scambio simile al dono, con

caratteristiche amicali più pronunciate rispetto ai LETS. Il modello francofono si colloca tra dono e

merce, e si contabilizzano i valori d’uso, ma esso è pensato soprattutto per essere un sistema di

educazione alla solidarietà tra amici. Il sistema anglosassone e francofono, dunque sono simili per il

fatto che spingono persone non affini ad incontrarsi, il primo con lo scopo prevalente di valorizzare

l’economia locale e rispondere a necessità soprattutto in ambito economico, il secondo con lo scopo

prevalente dell’educazione e della convivialità attraverso il triplice obbligo di donare ricevere e

ricambiare. Con l’entrata nella comunità si acquisiscono una serie di diritti e doveri per i quali ognuno

diventa responsabile per sé e per gli altri. Di qui l’importanza dell’onestà e della fiducia. Ogni membro

detiene un conto corrente nel quale alla sua apertura, viene accreditata una somma nella moneta locale,

in modo tale che l’associato possa già acquistare un prodotto o sollecitare un servizio senza disporre

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Page 27: I Sistemi di scambio non monetari

del denaro necessario. Questa forma di credito è senza interessi, e obbliga moralmente l’utente a

rimborsare il proprio debito, non necessariamente alla persona con la quale ci si è indebitati, ma

mettendo a disposizione di tutti le proprie capacità.

3.3 Banca Del Tempo

Le Banche del Tempo possono essere considerate una rete di solidarietà fondata sullo scambio alla pari

di prestazioni e servizi capaci di soddisfare bisogni legati alla vita quotidiana. Diffuse in Italia, Spagna

e Svizzera, sono un modo per potenziare la rete di reciproco aiuto tipica dei rapporti di buon vicinato.

La prima Banca del tempo nasce nel 1995 da un gruppo di donne del Comune di Santarcangelo di

Romagna (RN), e oggi in Italia sono più di 36. Le esperienze italiane si sono sviluppate in maniera

autonoma, rispetto a quelle dei LETS, dei SEL o di altri sistemi.

Aderendo si possono ottenere servizi, beni, e saperi che permettono di soddisfare piccole

necessità quotidiane e al contempo permettono di potenziare le reti di relazioni. Le Banche del tempo

si basano sulla reciprocità: si dà per ricevere, si chiede tempo per restituirlo; ogni trasferimento

accende debiti e crediti di tempo nei confronti di tutti gli altri, ed il proprio conto corrente deve sempre

tendere ad avere un saldo pari a zero. Il tempo è l’unità di misura: il valore del servizio è determinato

dal tempo impiegato nella sua prestazione. Tutte le attività sono valutate in tempo e non circola denaro

se non quello per la copertura delle spese vive. I soggetti più propensi all’adesione sono organizzazioni

sindacali o di volontariato, anziani, e donne, quei soggetti che hanno un’abbondanza relativa di tempo

libero, per questo permettono l’uso sociale del territorio, contribuendo a ridefinire il termini del

problema sicurezza. Le Banche del tempo hanno avuto un buon successo, al punto che sono nati

numerosi incentivi e facilitazioni da parte dei Comuni per il loro sviluppo e patrocinio; nell’ 8 marzo

2000 sono state regolate con la legge n° 53, art. 27.

3.4 Robust Complementary Community Currency System

Il ROCS è un sistema sviluppatosi nel Regno Unito che combina molte delle caratteristiche di molti

sistemi di scambio non monetari. L’unità di conto è l’ora che viene rapportata alla valuta nazionale in

modo da facilitare le operazioni. I partecipanti possono negoziare fra di loro ad ogni scambio il

rapporto in tempo per i servizi che stanno svolgendo in base all’impegno che richiedono. È progettato

per resistere a pressioni esterne come eventuali crisi della propria valuta nazionale, e cerca di

combattere queste pressioni e le eventuali diseconomie interne, attraverso la contrattazione collettiva

all’interno del gruppo, della quantità di moneta locale da immettere in circolazione. Sostanzialmente i

componenti dell’organizzazioni decidono insieme attraverso discussioni e scambi di opinioni, le

operazioni che di solito compiono le Banche centrali attraverso leggi economiche e convenienze

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Page 28: I Sistemi di scambio non monetari

politiche. Un compito certamente non facile viene dunque imputato alla collettività e alla

contrattazione. Ciò implica l’incremento del sentire comune e della necessità di confronto fra i

membri. Il politico ed il sociale si impadroniscono dell’economico.

3.5 Sistema di Reciprocità Indiretta

Questo sistema nasce a Martano, in provincia di Lecce nel 1997. L’intenzione era quella di creare le

condizioni per far sbocciare dei «gruppi di adesione nell’immaginario tipico dell’amicizia», base

necessaria per la costruzione di una rileanza11 nel rispetto delle diversità. Lo SRI inizialmente aveva

un funzionamento molto simile a quello di un LETS o di un SEL, ma successivamente si sono avuti

notevoli cambiamenti. Il valore del trasferimento da registrare in contabilità esprime un valore di

riconoscenza, che è la somma di due valori di base; uno soggettivo, ed un altro oggettivo. L’unità che

misura la parte oggettiva è il tempo, inteso come tempo necessario per effettuare il trasferimento, ed è

misurato in ore-di-vita, e sue frazioni. L’unità che misura la parte soggettiva è una moneta

complementare chiamata Misthòs che si riferisce al valore emozionale del trasferimento, il valore di

riconoscenza, cioè il «grado di libertà del gesto di donazione così come compreso dal ricevente». Il

Misthòs è anche l’unità di conto dello SRI, un’ora corrisponde a dieci Misthòs. I trasferimenti fra gli

aderenti hanno lo statuto di dono, quindi se uno di essi decide di abbandonare lo SRI senza azzerare il

suo conto, tutti gli altri assorbono il suo saldo, positivo o negativo che sia, tramite un conto di

passaggio. Per dirimere eventuali controversie è prevista la figura di un mediatore.

3.6 Réseaux d’ Échange Réciproque des Savoirs

Le Reti di Scambio Reciproco dei Saperi nascono dall’intuizione di Claire Hebert Suffrin, maestra

con il pallino della valorizzazione dei talenti degli allievi appartenenti ai ceti più bassi, cronicamente

affetti da disistima. L’esperienza è diffusa in Francia, Svizzera, Belgio, Spagna e Olanda. Le RERS di

basano su quattro postulati. 1- ognuno conosce qualcosa; 2- ognuno può imparare a trasmettere le

proprie conoscenze; 3- trasmettere il proprio sapere valorizza; 4- trasmettere il proprio sapere

permette di riscoprire in sé la capacità di imparare. La trasmissione dei saperi avviene sulla base della

reciprocità aperta: ogni offerta presuppone una domanda e ogni domanda è accompagnata da

un’offerta. Si trasmettono solo saperi, è esclusa qualsiasi transazione in denaro. I RERS operano in

diversi ambiti, quali l’accoglienza di nuovi abitanti, la formazione, l’inserimento di categorie a rischio

come donne sole, sfrattati, disoccupati, la riuscita scolastica, il riconoscimento delle differenze, e

11 Con questo termine si intende «una rottura dell’isolamento; ricerca di legami funzionali, sostituto dei legami primari; comunione umana».

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Page 29: I Sistemi di scambio non monetari

occupandosi di persone disabili e con difficoltà di vario genere. Non esiste alcuna moneta interna,

esiste solo la reciprocità, ovvero l’impegno a trasmettere e ricevere formazione con altri aderenti al

gruppo. Ai RERS è stato riconosciuto un ruolo solidale, e per questo godono ed hanno goduto di

finanziamenti pubblici.

3.7 Sistema Wir

Il circolo economico Wir, organizzato sotto la forma di cooperativa, è stato fondato negli anni trenta in

Svizzera, durante la grande depressione, per cercare di rimediare alla insufficiente disponibilità di

denaro e all’alterazione della circolazione monetaria dovuta alla tesaurizzazione. La complementarità

del Wir poggia sul criterio del mezzo di pagamento libero da interessi, e nell’applicazione di tasse sul

denaro inattivo. I suoi fondatori si ispirarono alla teoria economica del demourrage sviluppata

dall’economista Silvio Gesell. Egli sosteneva che la moneta è un bene pubblico e che per fruirne si

dovrebbe pagare una piccola tassa. In altre parole, essa dovrebbe avere un tasso di degradazione, come

effettivamente hanno tutti gli altri beni, cioè un interesse negativo, comparabile alla degradazione

media delle merci. Ciò determinerebbe una attività economica molto più veloce, e le persone

userebbero la moneta solo come mezzo di scambio non come riserva di valore12.

Si pensò di superare la crisi creando un sistema di scambio ad anello (Wirtschaftring), dove gli

aderenti versavano contanti su di un conto e, dopo essere stati accreditati di un bonus del 5%, potevano

fare acquisti con i Wir. Soprattutto il credito in Wir senza interessi aumentò il potere d’acquisto extra e

stimolò la circolazione di beni. L’organizzazione Wir crebbe in maniera impressionante, e tutt’oggi

gode di ottima salute. Cessata l’emergenza, l’organismo Wir ha rapidamente abbandonato gli obiettivi

di riforma monetaria, e continua a funzionare come una banca di credito cooperativo. Il suo sistema di

compensazione continua a funzionare quale traffico di pagamento senza contanti tra i clienti, ma ha

assunto prevalentemente la dimensione di marketing, anche se è rimasto inalterato il principio

originario dell’auto-aiuto. La maggioranza dei membri oggi usa i Wir e il franco svizzero in parallelo,

tramite un allineamento diretto (1 Wir = 1 franco svizzero). Questa relazione permette spesso di poter

aumentare il fatturato in franchi svizzeri aumentando il fatturato in Wir.

3.8 Tauschring

I Tauschring sono sistemi di scambio non monetario diffusi nell’Europa centrale, in cui è molto forte

la componente solidaristica. Il primo Tauschring è stato creato nel 1992 i suoi promotori si sono

ispirati ad un sistema cooperativo del sud della Germania. Si tratta di un sistema di pensioni

12 Gesell S., The natural economic order, Berlino, 1929. Il testo è praticamente introvabile, comunque scaricabile all’indirizzo http://www.utopie.it/economie_senza_denaro/gesell.htm.

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Page 30: I Sistemi di scambio non monetari

alternative dove alcune associazioni propongono l’organizzazione dei servizi per le persone anziane,

in questo modo è possibile accumulare punti che potranno anche essere trasferiti ad altri. A livello

teorico sono attraversati da due correnti. Una è quella più propriamente economica, che si basa sulle

teorie di Gesell, l’altra ha una connotazione più sociale ed è diretta alla ricerca di legami sociali. In

Germani ci sono circa 220 Tauschring. Il più grande è a Monaco e conta più di 1.300 membri. I

trasferimenti hanno come unità di misura il tempo; un’ora di prestazione corrisponde a venti Kreuz, la

moneta locale. I Taususchring si stanno aprendo sempre più ad imprese, municipalità, organizzazioni

non-profit, e anche se per le imprese è difficile rapportarsi con il tempo piuttosto che con il denaro, è

capitato che molte nuove imprese con carenza di liquidità, sono potute entrare nel mercato, grazie

all’appartenenza al Tauschring, che praticamente ha fornito prestiti contabilizzati in tempo e Kreuz,

piuttosto che in valuta a corso legale. I Tauschring non puntano a sostituire i servizi sociali, ma

cercano di aumentare la loro dimensione umana, conviviale e partecipativa. Non esiste un

coordinamento gerarchico, il tutto è affidato alla responsabilità e all’impegno di ogni partecipante

incentivando la creazione di fiducia.

3.9 Ithaca Hours

Le Ithaca hours sono nate nel 1991 a Ithaca, New York. Queste banconote complementari sono

applicate in almeno 39 comunità locali negli U.S.A., e permettono di pagare beni e servizi nel raggio di

50 miglia intorno a Ithaca. Una Ithaca hour in termini di potere d’acquisto vale dieci dollari e i

commercianti possono accettare questa moneta nella misura in cui a loro volta riescono a coprire le

loro spese in hours per pagare i fornitori locali. Secondo Lietar13 il sistema ha emesso l’equivalente di

oltre 630.000 dollari e la moneta è passata di mano a oltre 1.300 persone. Le Ithaca hours rimangono

nella regione per pagare il lavoro locale, rafforzare gli scambi comunitari ed espandere un commercio

maggiormente attento all’ecologia e alla giustizia sociale della comunità. Le banconote sono accettate

da idraulici, falegnami, elettricisti, bambinaie, infermieri, meccanici, ecc. La cooperativa di credito le

accetta per le ipoteche e per gli interessi sui prestiti. La gente paga l’affitto con le hours e molti

ristoranti e cinema di New York le accettano.

3.10 Hureai Kippu

Nel 1993 il ministro della giustizia giapponese Hotta lasciò il proprio incarico e fondò l’Istituto per il

welfare umano, un’organizzazione non-profit che con l’aiuto dello Stato istituì una nuova moneta:

l’Hureai kippu. La nuova moneta è stata introdotta fondamentalmente per affrontare il problema

dell’invecchiamento della popolazione, che necessita assistenza quotidiana. Il sistema praticamente

13 Lietar B., The future of money: a new way to wealth, works and a wiser world, Random Century, Londra, 2000

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Page 31: I Sistemi di scambio non monetari

consiste nell’affittare qualcuno perché svolga alcune attività. Per esempio un anziano che ha bisogno di

assistenza a domicilio affitta qualcuno che gli faccia la spesa, gli prepari da mangiare, gli faccia il

bagno, ecc. l’unità di conto è l’ora di servizio: una persona che presta questo servizio riceve un credito

di Hureai kippu, che può mettere in un conto di risparmio di tempo sanitario, da cui può attingere

quando riterrà di averne bisogno, per esempio in caso di malattia, o per quando sarà in pensione.

Queste ore di assistenza sanitaria vanno ad integrare il normale programma di assistenza sanitaria,

finanziato in yen. È possibile anche cedere a terzi i propri crediti sanitari, e ciò avviene soprattutto fra

genitori e figli, e fra congiunti lontani.

3.11 Hero Dollars

Gli Hero dollars sono stati ideati dall’imprenditore di Minneapolis Joel Hodroff nel 1997. Tutto è

cominciato con una semplice carta di credito la Community hero card che ha creato un circuito che

assicura particolari vantaggi agli aderenti. Parte delle spese effettuate con esso vengono indirizzate

verso gli esercizi commerciali e le aziende che partecipano al progetto aumentando i profitti, il

numero dei clienti, e l’immagine. Un’altra parte della spesa effettuata con essa viene donata ad

organizzazioni non-profit che vedono aumentare i volontari e le donazioni. Se il possessore della carta

è un volontario presso un’organizzazione non-profit che fa parte del sistema, può decidere se

devolvere un’ulteriore parte ad una delle organizzazioni partecipanti o rimpinguare il proprio conto in

Hero dollars che potrà poi spendere negli esercizi o aziende partecipanti. Nel sistema ci sono due tipi

di monete in circolazione: i dollari tradizionali e i Community service dollars, la parità è fissata uno a

uno. Un’ora di servizi presso una delle organizzazioni partecipanti al progetto vale 10 Hero dollars. Il

circuito è a due livelli integrati fa loro: un livello business, di solito rivolto al profitto, ed un secondo

livello comunitario a rete, dove eventuali utili rappresentano una ricchezza sociale. Il processo di

creazione degli Hero dollars inizia a livello di business ma ad emetterli sono le organizzazioni non-

profit. Questo sistema sta avendo un forte sostegno dalla comunità d’affari, dai sindacati, e dalla

cittadinanza in generale. Si stima che entro la fine dell’anno le Community hero card siano oltre le

40.000.

3.12 EcoAspromonte

Gli Ecoaspromonte sono banconote che a partire dal gennaio 2004 sono state stampata dalla Zecca

dello stato per conto dell’Ente parco del Parco nazionale dell’Aspromonte. Sono diffusi nei numerosi

comuni che si trovano sia al suo interno, che nei pressi dei confini. Le banconote hanno una scadenza

di un anno in modo da scoraggiare la loro accumulazione. Gli Ecoaspromonte hanno un valore estetico

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Page 32: I Sistemi di scambio non monetari

che gli permettono di essere visti dai turisti come gadget, inoltre, con questa banconota, vengono

incentivati acquisti di beni e servizi del turismo responsabile ed ecocompatibile, dei prodotti tipici del

parco nazionale, del risparmio energetico e dell’energia rinnovabile. Con questa esperienza si tende a

rafforzare, in positivo, l’identità locale e quella del Parco. L’Ecoaspromonte punta ad assumere, nel

medio-lungo periodo, una funzione sociale per rivitalizzare l’economia locale, rafforzare le attività

ecocompatibili, in una zona da sempre marginale, marginalizzata, e nelle mani della criminalità

organizzata.

Conclusioni

Inizialmente abbiamo evidenziato alcuni fenomeni che usualmente vengono classificati come

esternalità del processo produttivo. Ci siamo posti il problema di vedere se essi avessero delle cause o

delle concause nella natura stessa della scienza economica. Abbiamo dunque cercato di inserire una

nuova dimensione, quella relazionale, all’interno della teoria economica, e abbiamo introdotto

concetti quali: beni relazionali, individualità relazionale, valore di legame, reciprocità, dono, fiducia,

capitale sociale, privato sociale. Quello che poi abbiamo fatto è stato analizzare alcune realtà, per

vedere se effettivamente, le categorie analitiche introdotte avessero un significato concreto e visibile.

Abbiamo visto che queste realtà sono molto diverse le une dalle altre, ma che hanno in comune un

certo nucleo di elementi. In primo luogo mettono in risalto la relazione, la convivialità, l’incontro,

principalmente tra persone non affini. Stabiliscono la creazione dell’alleanza tra di esse, attraverso la

realizzazione di una rete costituita da indebitamenti reciproci. Essa si forma sugli obblighi di donare,

ricevere e restituire, che stimolano l’aumento della fiducia reciproca. Questa fiducia è elemento

costitutivo del capitale sociale, che come abbiamo visto è necessario per garantire il benessere e la

crescita economica di lungo periodo. Tutto questo avviene per mezzo del denaro, inteso come mezzo

di scambio e unità di conto, ma non come riserva di valore; in questo modo si privilegia il valore

d’uso, disincentivando un consumo fine a se stesso, e la tesaurizzazione. Inserendo queste

caratteristiche del denaro all’interno di un contesto di relazione, si dà importanza al valore di legame

dello scambio, cioè alla sua capacità di incentivare e consolidare il legame sociale. La rete di

reciprocità indiretta crea una piccola comunità costituita di solito da 100 persone circa, che ha una

base territoriale, e allo stesso tempo è inserita all’interno di una comunità nazionale o transnazionale

più grande. Il radicamento territoriale permette il consolidarsi del comune sentire, della cittadinanza

attiva, dello spirito di buon vicinato, e ciò tende a ridefinire anche il problema della sicurezza. Il

legame a livello nazionale o transnazionale con altre comunità affini, scongiura il rischio di

autoreferenzialità, la chiusura settaria, il ritorno alla premodernità, e sottolinea l’attuale fase di

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Page 33: I Sistemi di scambio non monetari

cosmopolitizzazione radicata14 della società, in risposta alla crisi dello Stato. La rete, come possiamo

vedere, ha quindi una facoltà di annodare i diversi discorsi portati avanti dalle istanze personali,

economiche e politiche, e dal punto di vista teorico rende necessario un confronto ed un arricchimento

fra tutte le scienze sociali. La rete di privato sociale è il nuovo soggetto del Politico, che si affianca,

senza volersi sostituire, alla famiglia, allo Stato, al mercato, e si inserisce all’interno del processo di

trasformazione del welfare.

A volte vengono indirizzate alcune critiche ai sistemi di reciprocità indiretta ed alle monete

complementari. In particolare si dice che essi riducono l’efficienza economica, sono incapaci di

incentivare gli investimenti, sono una fonte di inflazione, incoraggiano l’evasione fiscale, e che le

valute complementari possono essere contraffatte. Innanzi tutto va ricordato che i sistemi di scambio

non monetari sono sistemi complementari, che gli aderenti non vivono esclusivamente di esse, ma

utilizzano le unità complementari all’interno del sistema, e la valuta nazionale al di fuori della

comunità. Anche i produttori non sono isolati dal mercato, anzi partecipano alla competizione. Questi

sistemi spesso stimolano iniziative economiche che altrimenti non avrebbero trovato spazio in altri

contesti, e capita spesso che dopo un primo periodo di rodaggio all’interno del sistema si possa

passare al mercato. Riguardo all’aumento dell’inflazione nazionale, le economie senza denaro si sono

mostrate ininfluenti, anche perché le unità di scambio sono principalmente utilizzate per operazioni

che non avrebbero avuto luogo senza la valuta locale. Il problema dell’inflazione ha altre motivazioni.

Anzi, la possibilità di avere unità di conto alternative alla moneta nazionale si è mostrata un utile

paracadute nelle situazioni di iperinflazione che si sono avute ad esempio nella repubblica di Weimar

o in molti casi nei paesi del Sud del mondo, uno fra tutti nel caso Argentino. Indagini empiriche

dimostrano inoltre come gli scambi non monetari non sottraggano entrate fiscali allo Stato15, anche

per la loro natura esterna al sistema formale, ed in ogni caso, le legislazioni dei vari paesi si stanno

adeguando a riguardo. La falsificazione delle valute non appare oggi un problema rilevante grazie ad

accorgimenti tecnici quali numerazione dei biglietti, carta speciale, bollo, e altri, e all’utilizzo

prevalente del computer che sostituisce la carta moneta complementare.

Quello che sorprende di più forse, è che i sistemi di scambio non monetari non solo non

ostacolano, ma contribuiscono, alla performance economica di famiglie ed imprese. L’importanza che

pongono nella relazione infatti, si inserisce appieno nell’attuale fase di ampliamento del terziario, in

particolare nell’ambito dei servizi alla persona (cura del corpo, sanità, istruzione, assistenza a disabili,

anziani, bambini…), che necessitano un’interazione diretta fra utente e operatore, e anche

nell’industria manifatturiera hanno peso sempre maggiore le pubbliche relazioni, il marketing ed il

14 Con questo termine si intende una duplice tendenza sia al cosmopolitismo, alla transnazionalizzazione del comune sentire delle società, che alla territorializzazione, l’identificarsi in un radicamento territoriale e locale. Ciò oltrepassa l’identificazione intermedia, o un sentir comune intermedio, nei confronti dello Stato.15 G.Myrdan, The relationship between social security and money, in Moral Economics n. 4, 1999

33

Page 34: I Sistemi di scambio non monetari

rapporto con gli stakeholder. Questi sistemi possono giocare un ruolo molto rilevante anche in

situazioni delicate come quelle delle persone anziane e sole, dei disabili, dei migranti, dei disoccupati,

nel reinserimento degli ex detenuti, e nelle molte forme di esclusione economica e sociale; in tal senso

va ricordata l’esperienza pionieristica della Beckford Community LETS.

Dopo un iniziale fase di diffidenza da parte delle istituzioni, si sta avendo un’apertura

crescente e sempre più entusiasta ai sistemi di scambio non monetari, e tutti i casi di patrocini,

incentivi, e sponsorizzazioni da parte di numerose municipalità ed enti territoriali lo sta a dimostrare.

Questa apertura da parte delle istituzioni è avvenuta in tutto il mondo, indipendentemente dal colore

dei governi, e dalle priorità delle agende politiche. Questo fenomeno può essere utilizzato anche per

dimostrare che le critiche dirette ai sistemi di scambio non monetari, non hanno nessun fondamento.

Fin qui potrebbe sembrare di aver trovato tutte le soluzioni a tutti i problemi del mondo. Non è

così. Stato e mercato hanno e devono continuare a svolgere le loro funzioni nei loro ambiti di

competenza, ma non possono non farsi carico dei limiti sociali ed in un certo senso antropologici allo

sviluppo. È necessario introdurre il principio di reciprocità all’interno della sfera di competenza statale

e di mercato, e contemporaneamente introdurre all’interno delle reti di privato sociale criteri di

efficienza, per la costruzione di un’economia civile. Il primo passo è la presa di coscienza.

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Page 35: I Sistemi di scambio non monetari

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