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IDENTIFICAZIONE DINAMICA DELLE CARATTERISTICHE STRUTTURALI DI UN ANTICO CASTELLO NELLA PROVINCIA DI PIACENZA DYNAMIC IDENTIFICATION, VIA MECHANICAL EXCITATION, OF STRUCTURAL CHARACTERISTICS OF AN ANCIENT CASTLE SITED IN PIACENZA C. Blasi a , L. Collini b , R. Garziera b a Dipartimento di Ingegneria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e Architettura V.le G.P. Usberti 181/A, 43124 Parma – Italy Tel. +39 0521 905909; fax +39 0521 905924 [email protected] b Dipartimento di Ingegneria Industriale, V.le G.P. Usberti 181/A, 43124 Parma – Italy Tel. +39 0521 905892; fax +39 0521 905705 [email protected]; [email protected] Sommario Le tecniche sperimentali per l’identificazione dinamica delle caratteristiche strutturali degli edifici sono impiegate da svariati anni. Nel caso di edifici storici, o antichi, generalmente l’identificazione sperimentale è affiancata dalla modellazione numerica; dalla comparazione delle prove sperimentali con i risultati dell’attività numerica è spesso possibile trarre conclusioni sullo stato di salute della costruzione. In questo lavoro gli autori presentano i risultati di un’attività sperimentale condotta presso l’antico castello di Zena, sito nel piacentino. Il castello è stato sottoposto ad una approfondita ricerca strutturale, sia sperimentale che numerica. L’indagine sperimentale è stata condotta mediante l’utilizzo di una vibrodina progettata ad hoc, particolarmente adatta per questo tipo di ricerche, e con l’uso di una mazza strumentata anch’essa appositamente realizzata. Il confronto tra i risultati dell’identificazione sperimentale con eccitazione mediante vibrodina e mediante mazza strumentata da una parte, e con i risultati del modello numerico agli elementi finiti dall’altra, ha messo in risalto in modo interessante alcune zone del castello strutturalmente sofferenti. Le prove sperimentali sulle quali il presente lavoro è centrato forniscono anche un “laboratorio” per il test numerico di una metodologia di “correlazione di prove dinamiche eseguite in momenti e situazioni diverse”. Questo particolare aspetto delle prove eseguite sarà evidenziato in un apposito paragrafo e sviluppato in un lavoro a questo scopo completamente dedicato. Abstract The techniques of dynamic identification of structural characteristics of buildings are proficuously employed since many years. On ancient historical buildings they are often employed in conjunction with numeric models. From the comparison between the numerical and the experimental results it’s often possible to draw some conclusions with respect to the healthiness of the construction.

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IDENTIFICAZIONE DINAMICA DELLE CARATTERISTICHE STRUTTURALI DI UN ANTICO CASTELLO NELLA PROVINCIA DI PIACENZA

DYNAMIC IDENTIFICATION, VIA MECHANICAL EXCITATION, OF

STRUCTURAL CHARACTERISTICS OF AN ANCIENT CASTLE SITED IN PIACENZA

C. Blasia, L. Collinib, R. Garzierab

aDipartimento di Ingegneria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e Architettura

V.le G.P. Usberti 181/A, 43124 Parma – Italy Tel. +39 0521 905909; fax +39 0521 905924

[email protected]

bDipartimento di Ingegneria Industriale, V.le G.P. Usberti 181/A, 43124 Parma – Italy Tel. +39 0521 905892; fax +39 0521 905705

[email protected]; [email protected] Sommario Le tecniche sperimentali per l’identificazione dinamica delle caratteristiche strutturali degli edifici sono impiegate da svariati anni. Nel caso di edifici storici, o antichi, generalmente l’identificazione sperimentale è affiancata dalla modellazione numerica; dalla comparazione delle prove sperimentali con i risultati dell’attività numerica è spesso possibile trarre conclusioni sullo stato di salute della costruzione. In questo lavoro gli autori presentano i risultati di un’attività sperimentale condotta presso l’antico castello di Zena, sito nel piacentino. Il castello è stato sottoposto ad una approfondita ricerca strutturale, sia sperimentale che numerica. L’indagine sperimentale è stata condotta mediante l’utilizzo di una vibrodina progettata ad hoc, particolarmente adatta per questo tipo di ricerche, e con l’uso di una mazza strumentata anch’essa appositamente realizzata. Il confronto tra i risultati dell’identificazione sperimentale con eccitazione mediante vibrodina e mediante mazza strumentata da una parte, e con i risultati del modello numerico agli elementi finiti dall’altra, ha messo in risalto in modo interessante alcune zone del castello strutturalmente sofferenti. Le prove sperimentali sulle quali il presente lavoro è centrato forniscono anche un “laboratorio” per il test numerico di una metodologia di “correlazione di prove dinamiche eseguite in momenti e situazioni diverse”. Questo particolare aspetto delle prove eseguite sarà evidenziato in un apposito paragrafo e sviluppato in un lavoro a questo scopo completamente dedicato. Abstract The techniques of dynamic identification of structural characteristics of buildings are proficuously employed since many years. On ancient historical buildings they are often employed in conjunction with numeric models. From the comparison between the numerical and the experimental results it’s often possible to draw some conclusions with respect to the healthiness of the construction.

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In this work we write about an ancient and vast castle situated nearby Piacenza. This building has undergone to a very elaborated structural investigation, worked out experimentally and numerically. The experimental investigation has been carried out using a special vibrodyne, particularly suited for these kind of researches, and with an instrumented hammer specially designed for this purpose. A very interesting comparison between hammer excitation vs mechanical vibrodyne excitation has been also worked out. The comparison between exp. vs numerical data shows some illness from which the castle is suffering. The experimental tests on which this work is based constitute also a “case test” for a technique used for correlate dynamical tests executed in different time-space locations. This aspect is here briefly discussed although to it will be devoted a completed dedicate work. Inquadramento teorico Con l’espressione identificazione dinamica di una struttura si intendono tutte quelle tecniche, sia analitiche che sperimentali, che consentono di individuare la risposta dinamica della struttura stessa, ovvero le frequenze proprie, i relativi modi di vibrazione e i coefficienti di smorzamento. L’analisi modale sperimentale è nota anche come “problema inverso” (in analogia con il cosiddetto “problema diretto”, nel quale sono noti l’input e la struttura, e si vuole conoscere la risposta), trattandosi di un problema nel quale sono noti la risposta e ciò che la causa (l’input) e si vuole conoscere la struttura [1]. Le varie tecniche d’identificazione sono nate inizialmente nel campo della ricerca aeronautica, allo scopo di studiare il comportamento dei velivoli sotto l’azione delle vibrazioni indotte dai carichi dinamici a cui essi sono sottoposti in esercizio; si sono poi estese a vari altri campi, dall’industria automobilistica alla robotica, alle costruzioni.

Figura 1. Schema del processo di identificazione dinamica sperimentale.

Causa  eccitatrice  (Deformazioni  o  velocità  iniziali;  forzanti  note;  forzanti  random)  

STRUTTURA      

Filtri  Convertitore  A/D  

Fast  Fourier  Transform  

Frequenze  ω Rapporti  di  smporzamento  ξ

Modi  propri  

T  trasduttori  di  spostamento,  accelerometri,  ecc…  

Analizzatore  

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Il principale motivo d’interesse nei riguardi dell’analisi modale sperimentale è legato alla considerazione che il comportamento dinamico di una struttura è una sorta di “impronta digitale”, nel senso che esso dipende solo dalle sue caratteristiche intrinseche (masse, rigidezze, smorzamenti, grado di vincolo, ecc…) e non dall’entità e/o dal tipo di carico applicato: pertanto, se non intervengono modificazioni interne (come, per esempio, dei danni strutturali), il comportamento della struttura rimane inalterato; in caso contrario, si noterà una variazione delle frequenze e dei modi propri di vibrare. Inoltre, l’identificazione strutturale è di per sé una tecnica non distruttiva, in quanto può essere applicata sia a strutture nuove, per esempio in fase di collaudo, sia a strutture esistenti o storiche per il loro monitoraggio. Il processo d’identificazione sperimentale dei parametri dinamici di una struttura può essere sinteticamente illustrato con il diagramma di figura 1.Nella letteratura tecnica sono riportati diversi studi in cui l’analisi della risposta dinamica di una struttura è utilizzata per l’identificazione di danneggiamenti localizzati o estesi [2-8]. Le più tipiche forme di danneggiamento che si riscontrano nelle opere civili, come fessurazioni, dissesti, instabilità localizzate, ecc., provocano infatti una riduzione più o meno estesa della rigidezza della struttura, che influenza significativamente la sua risposta dinamica. Molteplici sono le tecniche utilizzabili per applicare l’analisi dinamica alla ricerca dei fenomeni di danno; in [9] è riportata una panoramica sui metodi più noti. Un possibile inquadramento teorico del problema verrà brevemente richiamato nel seguito, facendo riferimento ad un modello di danneggiamento spazio variante [10]. Le equazioni del moto per un sistema a più gradi di libertà si possono scrivere:

!!  +  !"   =  !  ′(!) (1) dove le matrici A e B, e i vettori ! e !  ′(!) sono definiti come:

! = ! !

! 0 ! = ! 00 −! (2)

!   =   ! ! ! ! !;    !′ ! = ! ! 0 ! (3).

I vettori ! ! ,  ! ! e ! ! rappresentano lo spostamento, la velocità e la forza applicata rispettivamente. Le matrici A e B contengono la massa M, la rigidezza K e lo smorzamento C del sistema. La soluzione omogenea dell’eq. (1) si ottiene risolvendo il problema agli autovalori:

= −u u uBΦ AΦ Λ (4)

dove Φu e Λu sono le matrici degli autovettori e degli autovalori rispettivamente. Il pedice u indica qui lo stato integro del sistema (undamaged). Un danneggiamento strutturale è modellato in termini di deviazioni o cambiamenti di massa δM, rigidezza δK, e smorzamento δC ∈ ℝ!×!  del sistema. Mantenendo la stessa notazione di eq. (2), le matrici A e B riferite allo stato dannegiato del sistema divengono A+δA e B+δB, dove le variazioni sono definite da:

!! = !" !"

!" 0 !! = !" 00 −!" (5).

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Ora, le due matrici δA e δB contengno elementi diversi da zero solo in corrispondenza dei gradi di libertà associati con il danneggiamento. Seguendo eq. (4), la soluzione omogenea nello stato danneggiato diventa:

(B + δB)Φd = −(A + δA)ΦdLd (6) dove il pedice d indica lo stato danneggiato del sistema. Le equazioni (4) e (6) sono in numero corrispondente ai modi misurati, anche quando i modi misurati Ne sono inferiori ai gradi di libertà totali N. trasponendo eq. (4) e moltiplicando per Φd si ottiene:

ΦuTB Φd = LuΦu

T(-A)Φd (7). Moltiplicando eq. (6) per Φu

T e sottraendo da eq. (7) si ha:

ΦuTdAΦdLd + Φu

TdBΦd = LuΦuTAΦd - Φu

TAΦdLd (8).    In eq. (8) compaiono due matrici incognite al primo termine, δA e δB. Il problema può essere risolto iterativamente o, in alternativa, manipolando algebricamente le relazioni e

trasformare le matrici incognite in vettori spaziali in modo tale da utilizzare la somma vettoriale. Inoltre, le matrici modali Φu e Φd possono prendere la forma di matrici rettangolari; questo permette alla tecnica di essere applicata a dati ottenuti da misure sperimentali con informazioni modali incomplete [9]. Prove dinamiche sull’edificio La sperimentazione è stata condotta presso il castello di Zena di Carpaneto Piacentino (PC). Del castello di Zena non si conosce la data di fondazione, ma da documenti d'archivio e dalle cronache piacentine risulta che nel settembre del 1216, durante una marcia di avvicinamento a Pontenure, fanti e cavalieri cremonesi lo devastarono. Come intuibile, nel corso dei secoli la struttura, gli spazi e gli arredi architettonici del castello hanno subito innumerevoli rimaneggiamenti, modifiche e restauri. Dato il rilevante interesse architettonico e storico che l’edificio riveste, negli ultimi anni il castello è stato, ed è tuttora, una sorta di laboratorio per Università, CNR, studiosi ed esperti nel campo geofisico, architettonico, del restauro e strutturale. Alcune immagini del castello sono visibili in figura 2. Le prove dinamiche sono state condotte dall’equipe dei Dipartimenti di Ingegneria Industriale e Civile dell’Università di Parma. Le prove oggetto di discussione in questo articolo consistono, in particolare, nel test di un solaio del Castello di Zena, e nella sua identificazione dinamica. Tale solaio è collocato nella mappa come si vede in figura 3a.

Figura 2. Alcune immagini del castello di Zena.  

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(a) (b)

Figura 3. a) Collocazione del solaio oggetto delle prove (piano primo); b) Schema della disposizione degli accelerometri.

(a) (b)

Figura 4. Alcuni momenti delle prove. Le prove dinamiche sono state eseguite con un martello strumentato, figura 4, 3 accelerometri, una centralina di acquisizione National Instrument ed un computer portatile. L’esiguo numero di accelerometri impiegati non consentiva di strumentare tutti i punti di interesse strutturale. La scelta di impiegare solo 3 accelerometri e il martello è stata effettuata allo scopo di testare un originale metodo di correlazione di prove dinamiche eseguite in momenti e spazi diversi, come sarà chiarito nel prossimo paragrafo. Questo metodo consente, appunto, di eseguire prove mediante attrezzature di laboratorio sottodimensionate rispetto all’output dell’oggetto fisico sottoposto alla prova. Sottolineiamo ancora che questa è la norma nelle indagini su edifici. Sarebbe infatti abbastanza ingenuo pensare che un laboratorio possa dotarsi di un numero di accelerometri e di canali di acquisizione da prevenire ogni ulteriore richiesta una volta giunti sul luogo di esecuzione delle prove. Aggiungiamo che il metodo di prova qui utilizzato, basato sulla correlazione dei segnali nel tempo, permette addirittura di aggiungere delle prove (ritenute utili in un secondo tempo) a prove già eseguite. La disposizione degli accelerometri e la dinamica di esecuzione delle prove è illustrata nelle figure 3b e 4. In particolare, nello schema di figura 3b, sono indicate con lettere da A a D le posizioni degli accelerometri agli angoli della stanza, con lo zero la posizione dell’accelerometro centrale (mai spostato durante le diverse prove), e la posizione approssimata del punto di impatto del martello strumentato.

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Correlazione delle prove eseguite, medie, e risultati modali. Tra le tre prove eseguite per ogni dislocazione degli accelerometri (A-B-0 etc etc come da figura 3b) si esegue una prima correlazione, al fine di trovare uno shift temporale che permetta di mediare i dati (accelerazione-tempo). E’ pratica comune, in questi casi, fare delle medie su questi dati quando essi sono già stati trasformati dal tempo alla frequenza. Così facendo, si possono direttamente mediare le frequenze lette (via software o visivamente) dalle FFT dei segnali temporali.

(a) (b)

Figura 5. a) Esempio di “time shift” di due segnali di accelerazione acquisiti in 2 distinte prove; b) gli stessi segnali correlati.

Invece, la strada qui seguita è quella di mediare a priori i segnali in accelerazione nel tempo, e poi trovare i picchi della FFT eseguita sui dati mediati stessi; questo porta al vantaggio considerevole che questi dati “temporali” possono a loro volta essere correlati con analoghi dati provenienti da situazioni spazio-temporali diverse. Con lo scopo di chiarire quanto fin qui esposto forniamo in figura 5 la correlazione temporale di 2 segnali appartenenti ad una stessa dislocazione di misura (3 accelerometri A-B-0) e a misure eseguite in due distinti momenti. Il ritardo col quale sovrapporre le due terne di misure è fornito dal massimo (ascissa) della funzione di correlazione:

C τ = !∗ ! ∙ s ! − ! !"!!!!

(1) L’operazione di trasposizione e coniugazione è indicata solo per scopo di completezza, essendo il nostro segnale monodimensionale reale. La scelta dell’accelerometro e quindi del segnale sul quale eseguire la convoluzione è arbitraria: A, B, 0 possono essere scelti senza alcun tangibile vantaggio/svantaggio figura 3b. A questo punto, il procedimento può essere iterato aggiungendo prove che hanno una diversa collocazione temporale o spaziale. Notiamo qui brevemente (in altra sede questo metodo verrà opportunamente presentato e discusso), che uno dei pregevoli vantaggi che esso offre consiste nell’ottenere da questi dati mediati delle FFT molto smooth e quindi facilmente interpretabili. Riportiamo qui le FFT della sovrapposizione di tutte le dislocazioni, figura 6. Risultati e confronti col modello numerico Le prime tre frequenze ottenute dalle prove, sono riportate in figura 6. Le indagini numeriche sulla stanza in questione (stanza b secondo lo schema di figura 3) mostrano un accordo molto buono qualora si identifichino alcune delle proprietà del solaio.

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Figura 6. La FFT mediata del segnale di un accelerometro ottenuta dalla sovrapposizione

di tutte le prove.

Figura 7. Alcuni modi propri del solaio evidenziati dal modello numerico (ABAQUS).

In particolare sono stati identificati il modulo elastico E=2.1kg/cm2, la densità ρ=2.3kg/dm3, i vincoli corrispondenti ad incastri sui quattro lati del solaio. Conclusioni In conclusione possiamo affermare che le prove sperimentali sul Castello di Zena hanno evidenziato due risultati importanti. Il primo risultato riguarda la possibilità di identificare alcuni parametri elastici e configurazioni statiche di vincolo su strutture che celano gran parte di se stesse, come l’esempio qui trattato che consta in una volta a botte situata in uno stabile antico e sprovvisto di documentazione progettuale. Tale identificazione scaturisce da un confronto tra le misure dinamiche sperimentali e alcuni modelli numerici, parametrizzati appunto tramite le incognite. Il secondo risultato consiste nella validazione, dagli esiti ampiamente positivi, di una tecnica per l’integrazione di misure eseguite in diversi momenti spazio temporali. I test, tra loro opportunamente correlati, hanno mostrato una spiccata tendenza a fare emergere soltanto le parti significative dei dati acquisiti. Bibliografia

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