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II edizione - Aracne editrice · Lo spettro dell’idrogeno, 17 –1.1.4. Ele-menti alcalini, uno spettro diverso dall’idrogeno, 18 –1.2. Richiami di elettro-magnetismo, meccanica

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Giovanni Battista BacheletVito Domenico Pietro Servedio

Elementi di fisica atomicamolecolare e dei solidi

II edizione

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Aracne editrice

[email protected]

Copyright © MMXVIIGioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

[email protected]

via Vittorio Veneto, 2000020 Canterano (RM)

(06) 45551463

ISBN 978-88-548-9894-3

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: marzo 2017

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Indice

7 Introduzione

11 Capitolo IFisica atomica1.1. Gli spettri atomici, 11 – 1.1.1. Da Fraunhofer a Bunsen e Kirchhoff, 12 –1.1.2. Il reticolo di diffrazione, 14 – 1.1.3. Lo spettro dell’idrogeno, 17 – 1.1.4. Ele-menti alcalini, uno spettro diverso dall’idrogeno, 18 – 1.2. Richiami di elettro-magnetismo, meccanica classica e meccanica quantistica, 20 – 1.2.1. Unitàelettrostatiche e potenziale vettore, 20 – 1.2.2. Gauge trasversa ed equazione delleonde, 21 – 1.2.3. Onda piana monocromatica, 22 – 1.2.4. Elettrone e nucleoin campo elettromagnetico, 23 – 1.2.5. Hamiltoniana quantistica imperturbata,unità atomiche, 24 – 1.2.6. Perturbazioni periodiche nel tempo, 26 – 1.3. Inter-pretazione dello spettro dell’idrogeno, 27 – 1.3.1. Assorbimento e emissione,probabilità di transizione, 29 – 1.3.2. Regola d’oro di Fermi, 33 – 1.3.3. Assorbi-mento ed emissione stimolata, 34 – 1.3.4. Approssimazione di dipolo e regole diselezione, 36 – 1.3.5. Emissione spontanea, 42 – 1.3.6. Coefficienti di Einstein, 43– 1.3.7. La riga piú intensa dell’atomo di idrogeno, 47 – 1.4. Dall’idrogenoalla Tavola Periodica, 48 – 1.4.1. Proprietà periodiche degli elementi: la valen-za, 49 – 1.4.2. Orbitali, principio di Pauli, core e valenza, 50 – 1.4.3. Energie eraggi atomici: trend sorprendenti, 52 – 1.4.4. Elettroni interagenti, campo elet-trostatico medio, 55 – 1.4.5. Rimozione della degenerazione coulombiana, 62 –1.4.6. Idrogeno e alcalini: conclusioni e avvertenze, 64.

67 Capitolo IIFisica molecolare2.1. Lo ione molecolare H+

2, prototipo delle molecole biatomiche omonuclea-

ri, 68 – 2.1.1. Approssimazione di Born e Oppenheimer, 69 – 2.1.2. Vibrazioni erotazioni nucleari, 73 – 2.1.3. Approssimazione armonica, 76 – 2.1.4. Appros-simazione di rotatore rigido, 77 – 2.1.5. Livelli energetici roto–vibrazionali, 78– 2.2. H+

2e molecole omonucleari, 80 – 2.2.1. Approssimazione LCAO, 80

– 2.2.2. Uso della simmetria, 82 – 2.2.3. Valor medio dell’hamiltoniana, 83 –2.2.4. Stato legante e antilegante, 86 – 2.2.5. Base né ortogonale, né completa?, 89– 2.2.6. Completezza e ortonormalità nello spazio vettoriale euclideo a tre dimensioni, 91– 2.2.7. Spazio di Hilbert: infinite dimensioni, 92 – 2.2.8. Sottospazi a dimensionefinita: l’esempio di H+

2, 93 – 2.2.9. Principio variazionale associato all’equazione

di Schrödinger, 94 – 2.2.10. Base finita, equazione secolare, 95 – 2.2.11. Due fun-zioni di base: problema secolare 2× 2, 96 – 2.3. Modello di molecola biatomicaeteronucleare, 97 – 2.4. Molecole biatomiche con piú di un elettrone: l’esempiodi Na2, 101 – 2.5. Molecole poliatomiche cicliche: simmetrie e legame con isolidi, 106 – 2.5.1. Rivisitazione del dimero omonucleare, 106 – 2.5.2. Modello ditrimero omonucleare, 108 – 2.5.3. Catena di N atomi chiusa su se stessa, 112 –2.5.4. Una molecola poliatomica: il benzene C6H6 , 115.

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6 Indice

123 Capitolo IIIFisica dei solidi3.1. Tight binding a primi vicini, 124 – 3.1.1. Catena lineare infinita, 124– 3.1.2. Reticolo quadrato e cubico semplice, 128 – 3.2. Densità degli stati,energia di Fermi, superficie di Fermi, 131 – 3.2.1. Densità degli stati, 131– 3.2.2. Numero degli stati e livello di Fermi, 132 – 3.2.3. Densità degli stati elivello di Fermi nel tight binding a primi vicini, 133 – 3.2.4. Livello di Fermi esuperficie di Fermi, 135 – 3.3. Elettrone libero: la conduzione da Drude aSommerfeld, 140 – 3.3.1. Teoria di Drude, 141 – 3.3.2. Teoria di Sommerfeld, 144– 3.3.3. Calore specifico per un metallo di elettroni liberi, 147 – 3.3.4. Conduzioneelettrica in un metallo di elettroni liberi, 151 – 3.4. Cristalli, reticolo direttoe reciproco, 157 – 3.4.1. Reticolo e cella primitiva, 158 – 3.4.2. Base, 160 –3.4.3. Reticolo reciproco e prima zona di Brillouin, 161 – 3.5. Teorema di Bloche bande di energia, metalli e isolanti, 162 – 3.5.1. Funzioni di Bloch, 165– 3.5.2. Base di onde piane, 166 – 3.5.3. Elettrone libero, ripiegamento dellebande, 167 – 3.5.4. Elettrone quasi libero, gap, 169 – 3.5.5. Metalli e isolanti, 170– 3.5.6. Resistenza in funzione della temperatura, 176 – 3.5.7. Conclusioni, 178.

179 Bibliografia

182 Elenco delle figure

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Introduzione

Quando eravamo studenti di Fisica, la laurea era quadriennale e il corsodi Struttura della Materia, al terzo anno, copriva tutta la fisica atomica,molecolare e dei solidi che un laureato di allora era tenuto a sapere. L’e-same era fra i piú pesanti del terzo anno: parecchi non lo superavano alprimo colpo e alcuni nemmeno al secondo. Il programma, smisurato edeterogeneo, consisteva in una minuziosa collezione di esperimenti storici lacui interpretazione, in mancanza di concetti e strumenti appropriati (comela teoria quantistica relativistica o i metodi di campo medio, inaccessibili auno studente del terzo anno), era quella dei primi del Novecento, quandoil nuovo quadro teorico era in costruzione ed erano inevitabili approcci se-miempirici e regolette ad hoc. C’era cosí il rischio di perdersi in un labirintodi regole di selezione con o senza campo magnetico, modellini vettorialiclassici per momenti angolari quantistici, difetti quantici, cariche efficaci,singoletti e tripletti, scanditi da una litania di nomi illustri: Hund e Pauli,Hartree e Fock, Heitler e London, Zeeman o Paschen e Back. Non sempresi capiva quali e quante approssimazioni fossero di volta in volta adottate;raramente emergeva con chiarezza il punto principale dell’esperimentoo della sempre diversa regola necessaria a comprenderlo. Nella mentedello studente, a consuntivo, rimanevano impresse (però come un incubo)antiquate tecniche interpretative di complessi spettri atomici o molecolari,mentre sul legame chimico, la corrente elettrica o i trend della Tavola Pe-riodica la nebbia era ancora fitta. Anche nell’ultima parte di corso, infatti,la maratona fra esperimenti e modelli non andava al cuore dei principalifenomeni nei solidi: arrivato agli scritti, lo studente si trovava spesso adomandarsi, frastornato, quale dei tanti modelli visti nel corso si applicasseal suo particolare esercizio, con scarsa intuizione della fisica sottostante.

Nei primi anni del 2000, quando per effetto del processo di Bologna1

anche la laurea in Fisica si è trasformata in triennale+magistrale, allaSapienza abbiamo spezzato il vecchio corso di Struttura in due tronconi

1. Che ha armonizzato titoli e percorsi di studio, dando ulteriore impulso alla mobilità deglistudenti nell’Unione Europea, vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Processo_di_Bologna.

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8 Introduzione

meno pesanti e piú abbordabili (uno al terzo anno della laurea triennalee uno al primo della laurea magistrale) ripensando anche il programma.Lo sdoppiamento non doveva essere una banale ripartizione di ore,crediti e argomenti in due blocchi (fisica atomica e molecolare alla trien-nale, fisica dei solidi alla magistrale), ma l’occasione per una riformaradicale del precedente impianto. Ambedue i corsi avrebbero avutoper oggetto atomi, molecole e solidi. Sembrava infatti curioso che unlaureato triennale in Fisica dovesse avere qualche idea elementare suldecadimento delle particelle e non, ad esempio, su ciò che rende unisolante diverso da un conduttore, uno dei successi decisivi della mecca-nica quantistica. La differenza fra il corso della triennale e quello dellamagistrale sarebbe stata nel livello e nell’ampiezza della trattazione. Ilcorso di base della laurea triennale, con il vecchio nome di “Strutturadella Materia”, si sarebbe mantenuto a livello elementare e limitato nelcontenuto. Il corso avanzato della laurea magistrale, con il nome di“Fisica della Materia Condensata”, avrebbe approfondito e ampliato latrattazione in modo da ricuperare il contenuto essenziale del corso diStruttura della laurea quadriennale, alleggerito delle parti obsolete.

Questo libro nasce dalle lezioni di uno dei primi corsi di Strutturadella Materia di questo tipo, tenuto a Fisica dagli autori nel 2007-2008.Affronta perciò in modo elementare un limitato numero di fenomenidella fisica atomica, molecolare e dei solidi, sulla base di concetti estrumenti teorici accessibili a chi abbia seguito i corsi di Metodi Mate-matici della Fisica, Meccanica Quantistica e Meccanica Statistica2. Siparte dall’esistenza stessa di un atomo stabile e dall’assorbimento edemissione della luce da parte di atomi semplici, per arrivare a lambirela natura metallica o isolante dei solidi, passando per la straordina-ria regolarità della Tavola Periodica e la formazione delle molecole.Ognuna di queste tappe corrisponde ad uno dei successi che nei primi

2. A proposito di prerequisiti, nel libro, come avvenuto nel corso, vengono richiamati conqualche dettaglio due strumenti della meccanica quantistica, la teoria delle perturbazioni dipen-denti dal tempo e quella delle approssimazioni variazionali, non esclusivi della Struttura dellaMateria, ma necessari, nel curriculum di Fisica alla Sapienza, in quanto non discussi a fondo innessun altro corso obbligatorio. Sempre a proposito di prerequisiti, è utile sottolineare che in que-sto libro vengono forniti abbondanti e puntuali riferimenti alla bibliografia (oltre a molti link,particolarmente utili a chi si avvale della versione elettronica e/o non ha quei libri a casa). L’insie-me di questi riferimenti è tale da consentire non solo di ricostruire i prerequisiti eventualmentemancanti o zoppicanti, ma anche, a chi lo voglia, di approfondire oltre il livello dei vecchi corsi diStruttura della Materia la molta fisica atomica, molecolare e dei solidi che resta fatalmente fuorida questa trattazione introduttiva.

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Introduzione 9

trent’anni del secolo scorso hanno accompagnato la nascita e il trionfodella meccanica quantistica. In questo modo il libro seleziona e fornisceun primo sguardo alla fisica della materia, secondo un percorso brevee originale: escluse le ore dedicate alle esercitazioni, le lezioni hannooccupato in tutto trenta ore: dieci per gli atomi, dieci per le molecolee dieci per i solidi, corrispondenti ai capitoli di questo libro, che puòrappresentare uno strumento utile anche per docenti e studenti deicorsi di laurea triennale in Chimica o Ingegneria dei Materiali.

Roma, novembre 2014

Grazie alla vivace partecipazione degli studenti del corso di Strutturadella Materia tenuto alla Sapienza nella primavera 2016 (in particolaredi F. Miceli, G. Perrupato, L. Sarra, S. Soltani, L. Talamanca, A. Testa)sono emerse sviste e passaggi poco chiari (sull’approssimazione diBorn-Oppenheimer, ad esempio) che hanno suggerito l’opportunità diquesta seconda edizione riveduta e corretta.

Roma, novembre 2016

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Capitolo I

Fisica atomica

1.1. Gli spettri atomici

Fra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX i fisici raggiunsero, conThomson, la certezza che la materia sia composta di elettroni carichinegativamente1 e di nuclei carichi positivamente, migliaia di volte piúpesanti degli elettroni2. La scoperta del nucleo demolí il modello diatomo proposto pochi anni prima proprio da Thomson (un panettoneomogeneo positivo con dentro gli elettroni distribuiti come le uvette), esuggerí a Rutherford un altro modello, di tipo planetario, nel quale ilnucleo positivo occupa la posizione del sole e gli elettroni giocano ilruolo dei pianeti. Questo nuovo modello poneva, però, piú problemi diquanti ne risolvesse, perché entrava in conflitto con l’elettrodinamicaclassica [1]. In quegli stessi anni a cavallo fra Ottocento e Novecentoera stato infatti dimostrato3, a partire dalle equazioni di Maxwell4, cheuna carica accelerata emette radiazione elettromagnetica. Un sistemaplanetario basato sull’attrazione elettrostatica (anziché su quella gra-vitazionale) non poteva, quindi, essere stabile: gli elettroni, orbitandointorno al nucleo, avrebbero emesso radiazione, perdendo rapidamen-te energia e precipitandoci sopra. Come mai gli elettroni non cadanosul nucleo e gli atomi, mattoni dell’universo (dalle molecole dei gasalla materia vivente), siano quindi stabili, è una delle domande chetrovò risposta solo nella meccanica quantistica [2]; un’altra domanda,non meno importante, riguardava gli spettri atomici e la loro natura

1. Per l’esperimento dei raggi catodici, fatto nel 1897, Thomson vinse il Nobel per la Fisicanel 1906 http://en.wikipedia.org/wiki/J._J._Thomson#Discovery_of_the_electron.

2. Lo scoprirono Geiger e Marsden nel 1909, bombardando con particelle α un sottile fogliod’oro nel laboratorio diretto da Rutherford, Nobel per la Chimica 1908 per le sue scoperte sullegame fra radioattività e disintegrazione degli atomi http://en.wikipedia.org/wiki/Ernest_Rutherford#Rutherford_and_the_Gold_Foil_Experiment.

3. https://it.wikipedia.org/wiki/Potenziale_di_Lienard-Wiechert#Equazione_di_Larmor.4. http://it.wikipedia.org/wiki/Equazioni_di_Maxwell.

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12 Elementi di fisica atomica, molecolare e dei solidi

discreta, su cui nell’Ottocento si era accumulata una grossa mole di datisperimentali.

Newton aveva studiato la luce solare facendola passare attraversoun prisma5 e osservando, per la prima volta con occhio di scienziato,l’arcobaleno di colori che passano dal rosso al violetto con continuità.Solo ai primi dell’Ottocento, però, si cominciò a osservare che questa di-stribuzione di colori non è davvero continua: presenta, invece, qualcheisolato, sottile intervallo di oscurità. Per meglio comprendere lo spettrodel sole si svilupparono allora strumenti sempre piú accurati nella de-composizione della radiazione luminosa; si cominciò anche a studiarelo spettro luminoso di gas portati artificialmente all’incandescenza,scoprendo che, molto diversamente dal sole, in questi spettri compaio-no soltanto alcune righe colorate, e tutto il resto è nero. Studiando laparticolare posizione di queste righe nello spettro luminoso si scoprípoi che ad ogni elemento chimico corrisponde una diversa sequenzadi righe (linee spettrali): una specie di impronta digitale dell’elemento.La spettroscopia assurse insomma al ruolo di scienza, e il suo grandesviluppo contribuí alla nascita della meccanica quantistica non menodegli esperimenti sull’esistenza e la natura dell’elettrone e del nucleo.

In questo capitolo ripercorreremo le tappe di questo sviluppo erichiameremo le nozioni di fisica classica e quantistica necessarie alladescrizione dell’interazione fra luce e materia, per giungere infine aduna prima, elementare comprensione degli stati elettronici nell’atomo edella struttura della Tavola Periodica degli elementi.

1.1.1. Da Fraunhofer a Bunsen e Kirchhoff

Il primo ad osservare zone scure nello spettro del sole fu il chimicoinglese William Hyde Wollaston6 nel 1802. L’inizio di esperimenti quan-titativi coinvolgenti la misurazione della lunghezza d’onda della lucesi deve a Joseph von Fraunhofer7 in quanto inventore, nel 1821, delreticolo di diffrazione.

5. Come abbiamo appreso nel primo biennio di Fisica, il prisma scompone la luce nelle suecomponenti in virtú della dipendenza dell’indice di rifrazione del materiale dalla lunghezzad’onda della radiazione elettromagnetica incidente; in ottica geometrica, il rapporto tra il senodell’angolo incidente e di quello rifratto è pari al reciproco del rapporto tra gli indici di rifrazionedei mezzi corrispondenti.

6. http://it.wikipedia.org/wiki/William_Hyde_Wollaston.7. http://it.wikipedia.org/wiki/JosephvonFraunhofer.

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I. Fisica atomica 13

Figura 1.1. Linee di Fraunhofer (vedi testo).

Già nel 1814 però, sette anni prima di inventare il reticolo di diffra-zione, Fraunhofer, usando un semplice prisma, riscoprí indipendente-mente da Wollaston le linee scure dello spettro solare e cominciò unaclassificazione sistematica. Catalogò in tutto 570 linee, assegnando alleprincipali le lettere da A a K e altre lettere alle linee piú deboli (vediFig. 1.1). Tali righe sono ancora oggi chiamate linee di Fraunhofer8

in suo onore. Fu inoltre il primo a notare che gli spettri di Sirio e dialtre stelle brillanti erano diversi tra loro e da quello del Sole, dandoinizio alla spettroscopia stellare. L’applicazione sistematica dell’ana-lisi spettrale alla chimica cominciò però in Pennsylvania, quando nel1854 il medico David Alter9 pubblicò l’articolo “On Certain PhysicalProperties of Light Produced by the Combustion of Different Metals inan Electric Spark Refracted by a Prism”, presentando una tabella conle linee colorate relative a dodici elementi e dimostrando che le lineespettrali dell’ottone corrispondevano a quelle di rame e zinco. Sei mesipiú tardi ampliò il suo lavoro analizzando lo spettro di sei gas e rive-lando, fra l’altro, l’allora sconosciuta “serie di Balmer” dell’idrogeno.Parallelamente ad Alter, in un documento presentato nel 1853 all’acca-demia reale delle scienze svedese, il fisico Anders Jonas Ångström10

presentava una ricerca sulle linee spettrali dei gas, nella quale fra l’altropostulava che un gas incandescente emetta raggi luminosi alla stessa“refrangibilità” (frequenza) dei raggi che assorbe.

Infine nel 1860 un chimico e un fisico tedeschi, Robert Bunsen11

e Gustav Kirchhoff12, ampliando le scoperte di Alter ed Ångström,

8. http://it.wikipedia.org/wiki/Linee_di_Fraunhofer.9. http://it.wikipedia.org/wiki/David_Alter.

10. http://it.wikipedia.org/wiki/Anders_Jonas_Ångström.11. http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Bunsen.12. http://it.wikipedia.org/wiki/Gustav_Kirchhoff.

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14 Elementi di fisica atomica, molecolare e dei solidi

confermarono che a ciascun elemento chimico può essere associata unaserie di righe spettrali, e ne dedussero che le linee scure nello spettrosolare fossero dovute all’assorbimento da parte degli elementi presentinegli strati piú esterni del sole.

Tali scoperte furono realizzate nel 1861 da Bunsen e Kirchhoff permezzo di un dispositivo ideato l’anno precedente (vedi Fig. 1.2), che met-teva insieme un “becco Bunsen”, bruciatore a gas con il quale è possibileraggiungere i 1400 gradi Celsius, ed uno “spettroscopio di Kirchhoff”,strumento ottico accoppiato a un prisma. La combustione dei vapori ori-ginati dal comune sale da cucina (cloruro di sodio), produceva una rigagialla luminosa alla stessa frequenza della riga (scura) D di Fraunhofer,che fu attribuita al sodio. Tentando poi di sovrapporre la radiazione deivapori di sodio a quella del sole in modo da cancellare la riga scura Ddallo spettro solare, i due scoprirono che, anziché scomparire, la rigascura D (e con lei le altre righe scure corrispondenti a quelle luminosedel sodio) diventava ancora più scura. Molto interessante anche la loroscoperta di due nuovi elementi chimici, denominati rubidio e cesio inrelazione al colore delle loro linee spettrali piú intense (in latino caesiussignifica grigio–azzurro e rubidus rosso cupo) nella regione della lucevisibile, grazie all’analisi dei residui della evaporazione di 44mila (!) litridi acqua minerale attinta alle sorgenti di Bad Dürkheimer.

Il lavoro di Bunsen e Kirchhoff culminò con la stesura delle tre leggidi Kirchhoff della spettroscopia:

a) un solido incandescente produce una luce con spettro continuo;b) un gas rarefatto incandescente produce luce composta da linee

spettrali a lunghezze d’onda discrete;c) un solido incandescente circondato da un gas rarefatto e freddo

(ossia piú freddo del solido), produce luce con uno spettro quasicontinuo contenente linee scure dipendenti dal tipo di atomi checostituiscono il gas.

1.1.2. Il reticolo di diffrazione

Per la determinazione delle lunghezze d’onda associate alle linee spet-trali, un metodo di gran lunga piú preciso rispetto al prisma è quellodel reticolo di diffrazione13, generalizzazione del dispositivo sperimen-

13. http://it.wikipedia.org/wiki/Reticolo_di_diffrazione.

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I. Fisica atomica 15

tale per l’interferenza della luce trasmessa attraverso due fenditurecon il quale Young nel 1801 forní evidenza sperimentale della naturaondulatoria della luce.

Un reticolo di diffrazione è costituito da una lastra opaca alla luce (opa-ca nell’intervallo di lunghezze d’onda rilevanti per la misura) con Nfenditure equispaziate. La luce, emessa da una sorgente monocromaticatalmente lontana (nel disegno, a sinistra) da poter essere consideratapuntiforme e produrre un’onda piana in prossimità della lastra, passaattraverso le fenditure e viene raccolta su uno schermo fotosensibile chesi trova lontano, dalla parte opposta alla sorgente (nel disegno, sulla de-stra; qui “lontano” vuol dire che la distanza fra schermo e lastra è moltomaggiore della distanza fra fenditure). Data la simmetria dell’apparato,il dispositivo può essere studiato in due dimensioni. Se nella lastra cifosse un solo forellino puntiforme, o una singola fenditura rettilinea in-finitamente sottile, al di là della lastra l’onda piana luminosa incidentediventerebbe un’onda sferica, o, rispettivamente, cilindrica (principiodi Huygens). Se, anziché una sola, abbiamo N fenditure rettilinee equi-spaziate, le N onde cilindriche uscenti dalle N fenditure equispaziate(il termine reticolo allude alla regolarità spaziale delle fenditure sullalastra opaca) interferiscono fra loro; la loro interferenza produce sullo

Figura 1.2. Dispositivo di Bunsen e Kirchhoff.

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16 Elementi di fisica atomica, molecolare e dei solidi

Figura 1.3. Cammini ottici della luce diffratta da una doppia fenditura.

schermo l’alternanza di zone, o frange, o righe piú o meno luminose,dalla quale è possibile risalire alla lunghezza d’onda della luce inci-dente14. Il piú semplice “reticolo di diffrazione” è naturalmente quellodell’esperimento di Young, costituito da una lastra opaca sulla qualesono praticate N =2 fenditure come in Fig. 1.3. L’effetto dell’interferenzasull’intensità ci interessa in prossimità dello schermo, lontano dalle fen-diture. Qui le le due onde cilindriche possono essere considerate ondepiane ψ1 = eik(x+∆x) e ψ2 = eikx dove x e x +∆x sono i rispettivi camminiottici e k = 2π/λ il numero d’onda della radiazione monocromatica; l’in-tensità luminosa risulta quindi proporzionale a |ψ1+ψ2|2 = 2+2cos(k∆x)i cui massimi sono in corrispondenza di k∆x = 2nπ con n intero, doveil coseno vale +1. Poiché (vedi Fig. 1.3) ∆x = d sinϑ otteniamo per imassimi di intensità:

cos(k∆x) = +1 ⇐⇒ k∆x = 2nπ ⇐⇒d sinϑ

λ= n ; (1.1)

(n intero qualunque).Cosí, dalla posizione angolare dei massimi di intensità della luce sul-

lo schermo e dalla conoscenza del parametro sperimentale d (distanzafra le fenditure), si ricava la lunghezza d’onda della luce monocro-

14. In esperimenti di questo tipo il diametro del forellino o la larghezza della fenditura nonsono quasi mai trascurabili rispetto alla lunghezza d’onda della luce. Per questo motivo l’intensitàluminosa registrata sullo schermo, oltre che dall’interferenza fra i fasci uscenti dalle diversefenditure, è anche modulata dagli effetti di diffrazione dovuti alla singola fenditura, in grado di

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I. Fisica atomica 17

matica che la sorgente ha inviato sulle due fenditure. Il parametro nviene chiamato ordine, e caratterizza il particolare massimo di intensitàdiffratta in corrispondenza di un certo angolo ϑ; data la simmetria delsistema, se per l’angolo ϑ c’è un massimo di ordine n, ce n’è anche unodi ordine −n in corrispondenza dell’angolo −ϑ. L’ordine di diffrazionen=0 corrispondente alla direzione di trasmissione diretta è unico.

L’utilizzo della doppia fenditura per l’analisi delle linee spettralipresenta problemi di risoluzione: le linee corrispondenti ai massimidi intensità, dove avviene l’interferenza costruttiva, risultano abba-stanza sfocate (vedi Fig. 1.4, in basso). Per aumentare la risoluzionedell’immagine diffratta si può aumentare il numero di fenditure. Con2N + 1 fenditure l’intensità della radiazione sullo schermo è infattiproporzionale a:

eikx +N∑

m=1

h

eik(x+m∆x) + eik(x−m∆x)i

2

=

1 + 2N∑

m=1cos(mk∆x)

2

; (1.2)

dove la posizione dei massimi è ancora data dall’Eq. (1.1), ovveroquando in Eq. (1.2) tutti e N i coseni valgono +1: maggiore è il numerodi fenditure, piú alto è il picco. Fuori dai massimi si ha invece unasomma di valori negativi e positivi con media piccola o nulla, che noncresce al crescere di N (vedi Fig. 1.4, in alto)15.

1.1.3. Lo spettro dell’idrogeno

Un’ampolla riempita di idrogeno e posta tra gli elettrodi di un tra-sformatore da 5000 Volts (lampada a scarica) emette luce visibile eultravioletta. Usando uno spettrometro a diffrazione con uno schermosensibile alla radiazione ultravioletta/visibile/infrarossa, è possibilemisurare le lunghezze d’onda λ caratteristiche della radiazione elet-tromagnetica prodotta dalla scarica nel gas. Si osserva una granderegolarità, la cui matematizzazione e interpretazione ha storicamentedato inizio alla comprensione dei fenomeni microscopici per mezzodella teoria quantistica: l’inverso 1/λ si esprime accuratamente (vediTabella 1.1) in termini di semplicissime serie numeriche moltiplicateper un’unica costante dimensionale R (pari a ≈ 109677 se misuriamo lelunghezze d’onda inverse in cm−1 come fanno gli spettroscopisti).

modificare l’altezza dei massimi ma non la loro posizione in funzione della lunghezza d’onda.15. Si può mostrare che per N→∞ l’Eq. (1.2) tende a una somma di funzioni delta di Dirac.