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L’ITIN HERA RIO INVISIBILE 1 IL CICLO IDRICO Materiali di approfondimento_ CAPITOLO 5

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IL CICLO IDRICO

Materiali di approfondimento_ CAPITOLO 5

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Indice

Capitolo 5 – L’impiantistica di Hera

La gestione dell’acqua in Italia 3

Chi è HERA? 3

Il servizio idrico integrato 4

Impianto di potabilizzazione di Bubano 5

NIP - Impianto di potabilizzazione di Ravenna 10

Impianto di depurazione di Cesena 18

Impianto di potabilizzazione Val di Setta di Bologna 24

Qualità nei servizi, qualità nei prodotti 26

Riferimenti bibliografici e web 30

L'ITINHERARIO INVISIBILE Il Ciclo Idrico – Materiali di approfondimento © tutti i diritti riservati Gruppo Hera Testi realizzati da: Cristina Salvigni e Sandra Vandelli per Anima Mundi, Nicoletta Borghini, Melania Ghetti e Chiara Tiozzi per Atlantide

Aggiornamenti realizzati da: Giovanna Di Ciuccio per Anima Mundi

Supervisione testi: Chiara Barausse / Divisione Distribuzione Fluidi Hera S.p.A.; Alberto Ceccaroni / Hera Forlì Cesena; Davide Lombardi / Divisione Reti Hera S.p.A.; Fabrizio Stefanini / Hera Imola Faenza; Francesca Romani, Giuseppe Finelli/Hera Modena; Imerio Pirazzini / Hera Ravenna; Valeria Rosati, Mirco Boschetti, Mauro Di Domenico / Hera Rimini; Stefania Santacroce / Relazioni Esterne Hera S.p.A. Coordinamento Redazionale: Daniele Vignatelli per Anima Mundi Impaginazione: Alessandra Gariup e Sandra Vandelli per Anima Mundi Edizione ottobre 2014

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La gestione dell’acqua in Italia

A gestire i quasi 50.000 impianti (tra acquedotti, reti di acquedotto e fognarie, depuratori) che

costituiscono il sistema idrico italiano, per anni ci ha pensato una miriade di soggetti (in massima parte

Comuni e solo residualmente aziende municipalizzate e speciali, consorzi pubblici, società per azioni) con

un’elevatissima frammentazione gestionale. La loro caratteristica comune era quella di gestire un numero

ridotto di impianti. E’ proprio l’estrema frammentazione ad aver ostacolato l’ammodernamento strutturale

e gestionale del sistema idrico nazionale e ad averlo condannato all’inefficienza.

La Legge Galli (L.36/94) intendeva porvi rimedio, attraverso un’azione di riordino volta all’integrazione sia

funzionale (concernente le diverse fasi del ciclo, dalla captazione allo smaltimento) sia territoriale (relativa

a bacini d’utenza minimi).

Il riordino del sistema idrico italiano avviene sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), bacini di

utenza di più ampie dimensioni territoriali e demografiche, da delimitare, secondo la legge Galli, nel

“rispetto dell’unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui” (in realtà, lo

sganciamento dalle unità amministrative locali non è avvenuto, e gli ambiti individuati, piuttosto che

rispettare i bacini idrografici, sono per lo più modellati sui territori provinciali o regionali).

La legge Galli dettava, inoltre, il superamento della cosiddetta “gestione in economia”, quella cioè

effettuata direttamente dai Comuni. Pur non cancellando bruscamente tale modalità (l’art. 10 prevedeva

che le gestioni esistenti, anche se in economia, continuassero a gestire i servizi il fino all’attuazione del

nuovo Sistema Idrico Integrato), la normativa si adeguava ai mutati indirizzi amministrativi (introdotti dalla

L. 142/90) e si orientava su strumenti “privatistici” quali la concessione a terzi o l’affidamento diretto ad

Aziende speciali e a Spa o Srl miste a capitale prevalente pubblico. Ad oggi 67 ATO hanno affidato la

gestione del servizio, nella maggior parte dei casi a società pubbliche.

La riforma si completava con l’obbligo del raggiungimento del pareggio economico finanziario della

gestione, da ottenere attraverso una politica tariffaria che assicurasse la copertura integrale dei costi di

investimento e di esercizio. Si prevedevano comunque modulazioni nelle tariffe, per agevolare i consumi

domestici essenziali e le fasce sociali a reddito minore.

Chi è HERA?

Hera è una Società per Azioni che nasce il 1° novembre 2002 dalla fusione di 12 aziende di servizi

pubblici dell’Emilia Romagna, con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi al cittadino in settori

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fondamentali come l'energia, l'acqua e i servizi ambientali, e di realizzare le significative sinergie ed

efficienze rese possibili da tale operazione.

Inizialmente i soci fondatori furono 139 Comuni delle province di Bologna, Ravenna, Rimini e Forlì-

Cesena, dislocati da Bologna fino al mare Adriatico. Oggi sono 183 i Comuni azionisti di Hera, dislocati

nelle province di Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Forlì, Cesena e Imola.

La struttura organizzativa è articolata in una capogruppo e in Società Operative Territoriali (S.O.T.): Hera

Bologna, Hera Ferrara, Hera Ravenna, Hera Rimini, Hera Modena, Hera Forlì-Cesena e Hera Imola-

Faenza, che dimostrano chiaramente come questa grande azienda ricopra un ruolo primario nel settore

della gestione dei servizi pubblici: Rifiuti (raccolta, smaltimento e trattamento dei rifiuti urbani), Acqua

(distribuzione e vendita di acqua, depurazione e trattamento delle acque reflue), Gas (distribuzione e

vendita) Elettricità (distribuzione e vendita) e Altri servizi (Teleriscaldamento e Illuminazione pubblica).

Il servizio idrico integrato

L'attività principale di HERA nel campo idrico è connessa alla gestione del Servizio Idrico Integrato intesa

come:

Progettazione, gestione e manutenzione degli impianti di captazione delle acque, sia sotterranee

che superficiali. Il prelievo idrico avviene tenendo in considerazione i problemi legati alla subsidenza

(abbassamento del terreno provocato da fenomeni naturali o antropici), ai tempi di ricarica degli acquiferi,

all’ingressione di acque saline in zone costiere e al rispetto del Deflusso Minimo Vitale.

Progettazione e gestione degli impianti di potabilizzazione delle acque; il risultato della

potabilizzazione mira a garantire la massima efficienza per assicurare la produzione di acque dalle

caratteristiche chimico - fisiche idonee agli usi potabili.

Progettazione, gestione e manutenzione delle reti di acquedotto, che avviene ponendo

particolare attenzione alla gestione delle perdite di rete; gli acquedotti possono essere di tipo civile, che

trasportano acque dalle caratteristiche qualitative idonee agli utilizzi potabili e, acquedotti di tipo

industriale, quale quello di Bubano che analizzeremo di seguito, in cui vengono messi a disposizione

grandi volumi di acqua dalle caratteristiche merceologiche meno pregiate, ma comunque adatte a

determinati processi produttivi ed industriali;

Progettazione gestione e manutenzione delle reti fognarie, che avviene attraverso la

realizzazione di condotte per il trasporto dei reflui agli impianti di trattamento.

Progettazione e manutenzione degli impianti di depurazione delle acque reflue, si deve

assicurare il rilascio di acque, nei bacini idrici, aventi le caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche

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richieste dalla normativa ed indispensabili per tutelare gli ecosistemi acquatici da ulteriori forme di

inquinamento.

In merito alla qualità delle acque, Gruppo HERA effettua controlli relativamente a tutte le fasi del servizio

idrico integrato: acquedotto, fognatura e depurazione. L'attività di controllo delle caratteristiche igienico-

sanitarie dell'acqua destinata al consumo umano si basa sul concetto di acquedotto inteso come insieme

delle infrastrutture connesse a determinati impianti di produzione idrica. I requisiti di qualità dell'acqua

sono garantiti attraverso un alto grado di sorveglianza esercitato sulle fonti d'approvvigionamento, l'uso di

tecnologie e prodotti di alto livello per la potabilizzazione, la verifica costante del livello di prestazione

degli impianti (controllo di processo) ed un'adeguata vigilanza sullo stato delle reti di distribuzione.

Per quanto riguarda le acque reflue, il Gruppo HERA effettua su tutto il territorio in cui opera controlli

mirati sugli scarichi industriali in rete fognaria e su tutta la filiera del trattamento depurativo, dall'ingresso

dei reflui nell'impianto fino allo scarico finale nel corpo idrico recettore (fiume, mare). Tale attività

consente la restituzione all'ambiente di un effluente che non altera le caratteristiche chimiche, fisiche e

biologiche dell'ambiente naturale. Tutto ciò anche a vantaggio di un continuo miglioramento delle fonti

superficiali e di protezione delle fonti sotterranee (falde) utilizzate a scopo idropotabile.

I controlli sulle varie componenti del ciclo idrico vengono programmati in Piano di Controllo annuale, in cui

vengono descritti i criteri di impostazione, i punti di campionamento sottoposti a controllo, le tipologie di

parametri analitici da ricercare e le relative frequenze.

Impianto di potabilizzazione di Bubano

L’impianto di raccolta e produzione di acqua industriale è ubicato a Bubano, frazione del comune di

Mordano, ed è attivo dal 1984; esso è costituito da due bacini di stoccaggio di acqua grezza, dall’impianto

di trattamento acqua ad uso industriale “Brunori” e dalla rete di distribuzione.

Questa grande opera, progettata da AMI nel 1979, ha permesso di raddoppiare la rete di distribuzione

dell’acqua utilizzando acque con caratteristiche di minore qualità per usi produttivi ed industriali,

consentendo di risparmiare acque più pregiate da destinare ad usi prettamente civili.

Di proprietà del Con.Ami, attualmente l’impianto è gestito da Hera Imola Faenza. Con.Ami (Consorzio

Ami), comprende 23 Comuni che delimitano un preciso bacino idrografico che supera i confini

amministrativi disponendosi su tre province (Bologna, Ravenna e Firenze) e due regioni (Emilia Romagna

e Toscana).

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Bacini di Stoccaggio

Vecchio bacino di stoccaggio

I due bacini di stoccaggio sono stati realizzati in tempi diversi; la costruzione del primo lotto risale al 1981,

il secondo bacino è stato inaugurato nel 2007 e ha aumentato considerevolmente la capacità utile totale.

Sia il primo bacino che il nuovo bacino sono stati costruiti su siti precedentemente occupati da cave di

argilla da cui venivano estratti laterizi da destinare alla fornace di Bubano; il primo bacino ha una capacità

utile di circa 750.000 metri cubi di acqua, mentre il secondo, che deve essere ancora completamente

riempito, raggiungerà una capacità utile di circa 3.000.000 di metri cubi di acqua.

L’acqua che alimenta i due bacini di stoccaggio deriva dal Canale dei Molini (derivazione del fiume

Santerno) e dal Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R.); i bacini sono in grado di accumulare un volume

complessivo di più di 3.800.000 di metri cubi di acqua, rappresentanti la risorsa necessaria per oltre 4

mesi, contribuendo in modo sostanziale all’approvvigionamento idrico del territorio servito dall’impianto,

senza intaccare altre risorse idriche più “pregiate”.

I due bacini hanno acquisito anche una valenza naturalistica, in quanto quali ambienti acquatici

favoriranno la creazione di micro-habitat, con presenza di diversi animali e piante. Per questo sono state

posizionate due torrette che permettono l’osservazione e l’avvistamento delle specie presenti nell’area,

soprattutto avifauna di cui si è osservata la presenza di aironi, folaghe, germani e cormorani.

Stazione di pompaggio

L’acqua dei bacini, attraverso un sistema di pompaggio, viene inviata al ciclo di trattamento chimico fisico.

Il sistema di pompaggio è costituito da quattro pompe di sollevamento, che prelevano l’acqua grezza dal

bacino e la inviano alle due linee di trattamento dell’acqua, caratterizzate da due chiariflocculatori.

Durante il pompaggio l’acqua viene sottoposta ad un processo di disinfezione e di acidificazione. La

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disinfezione consiste nella somministrazione di biossido di cloro per prevenire la formazione di alghe e

batteri; una macchina produttrice dosa automaticamente il biossido di cloro all’avvio delle pompe.

L’acidificazione avviene attraverso il dosaggio, mediante apposite pompe, di acido cloridrico, con

l’obiettivo di abbassare il pH dell’acqua grezza a quello ideale di 7,5.

L’acido cloridrico viene aggiunto da un apposita strumentazione che misura il valore del pH dell’acqua

grezza in ingresso. Tale aggiunta viene fatta perché successivamente viene usato un composto chimico

che a valori di pH maggiori rimarrebbe disciolto nell’acqua, mentre è necessario riuscire ad eliminarlo.

Poiché il biossido di cloro e l’acido cloridrico vengono somministrati da due sistemi a pompa differenti, per

favorire la miscelazione dei due componenti nell’acqua grezza in ingresso, le tubazioni sono dotate di

sistemi di miscelazione “statici”.

Sistema di pompaggio

I composti chimici utilizzati per la disinfezione e l’acidificazione sono immagazzinati in una sezione

adiacente il sistema di pompaggio. Il biossido di cloro viene preparato al momento, mentre l’acido

cloridrico è conservato in cisterne; le cisterne sono ubicate all’interno di una vasca di contenimento, che

funge da protezione in caso di fuoriuscita di acido o di rottura delle stesse, al fine di evitare fenomeni di

dispersione delle sostanze e di inquinamento dell’ambiente circostante.

Sistema di dosaggio

dell’Acido Cloridrico

Sistema di

dosaggio del

Biossido di cloro

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Deposito dei composti chimici

Chiariflocculazione

La chiariflocculazione ha lo scopo di eliminare la torbidità delle acque, rappresentata da fango, sabbia,

particelle di limo e argilla; tali particelle presentano una carica elettrostatica che le mantiene in continuo

movimento evitando che esse si aggreghino e precipitino.

Ingresso dell’acqua grezza nei chiariflocculatori

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Il processo avviene in due tempi separati; nelle vasche di contatto a miscelazione rapida, dove entra

acqua grezza, tramite pompe dosatrici vengono immessi i due reagenti necessari per il processo della

chiariflocculazione; in tale fase viene somministrato un sale, il Solfato di alluminio, che neutralizza le

cariche elettrostatiche e favorisce i fenomeni di aggregazione e precipitazione di “fiocchi”.

Chiariflocculatore Uscita dell’acqua chiarificata

L’acqua chiarificata esce attraverso dei setti presenti sull’intero perimetro della vasca e viene raccolta in

un canale che la invia, dopo essere sottoposta ad un trattamento di post-disinfezione con biossido di

cloro, alla vasca di accumulo finale, mentre una minima parte viene inviata al piccolo potabilizzatore di

fronte.

Dalla vasca di accumulo, l’acqua viene pompata, dopo essere passata attraverso filtri autopulenti, nella

rete di distribuzione, che si estende per 108 chilometri , raggiungendo, a nord Conselice, a est Lugo, S.

Agata sul Santerno, Massa Lombarda, oltre a Bubano, Mordano e S. Prospero, che è una frazione di

Imola; a sud, raggiunge le zone industriali ed artigianali di Imola e più a ovest la frazione di Ponte Santo,

sempre di Imola, fino a raggiungere Toscanella, frazione del comune di Dozza ed il comune di Castel

Guelfo e verso i potabilizzatori di Conselice, S. Agata sul Santerno e Castel San Pietro Terme. In

percentuale, il 35% dell’acqua trattata in questo impianto concorre a soddisfare le esigenze di acqua

industriale, mentre il 65% viene inviata ai vari potabilizzatori, dove verrà sottoposta ad ulteriori trattamenti

per la produzione di acqua potabile.

Potabilizzatore

Questo potabilizzatore di piccole dimensioni, produce una quantità massima di acqua di 35 litri al

secondo, che serve la rete dei Comuni di Mordano, Bagnara di Romagna e la parte bassa del Comune di

Imola.

L’impianto è costituito di:

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Filtro a sabbia: ha la funzione di trattenere i fiocchi di fango che possono essere, in piccola parte,

presenti dopo il trattamento dell’acqua nel chiariflocculatore;

Ossidazione con ozono; ha la funzione di disinfezione e ossidazione dell’acqua. L’ozono è un

forte ossidante e disinfettante molto efficace verso i batteriofagi. In un impianto di potabilizzazione di tali

dimensioni, con portate d’acqua ridotte, tale metodo di disinfezione risulta molto efficace, ma per portate

maggiori si deve tenere conto della volatilità del composto, che ha un tempo di “vita” in acqua di circa 10

minuti;

Filtro a carbone attivo; l’acqua viene fatta passare attraverso questo filtro che ha la funzione di

trattenere l’ozono residuo, adsorbire eventuale materiale organico e gli odori presente nell’acqua. I

componenti si trasferiscono dalla fase liquida alla fase solida avvicinandosi prima alla superficie esterna

del solido, diffondono poi nella porosità interna (che deve presentare una elevata superficie specifica a

contatto con il liquido) ed infine, migrano sulla superficie del solido.

Disinfezione con biossido di cloro; tale trattamento ha la funzione di mantenere l’acqua

“disinfettata” lungo l’intera rete di distribuzione dell’acquedotto, fino all’utenza finale.

La realizzazione di questo impianto, è stata una scelta indirizzata verso la tutela delle preziose risorse

idriche sotterranee, a fronte dei fenomeni di subsidenza interessanti il territorio emiliano - romagnolo e

connessi all’eccessivo emungimento di acqua dal suolo. Da qualche decennio, infatti, si è constatato un

continuo abbassamento del terreno e dei livelli delle falde artesiane cui attingono sia i pozzi degli

acquedotti che i pozzi privati, evidenziando come l’acqua immagazzinata nei bacini sotterranei venga

sfruttata in misura superiore alla sua potenzialità, soprattutto alla sua potenzialità di ricarica.

La realizzazione di un impianto di tali dimensioni, oltre a ragioni di risparmio di tale preziosa risorsa e di

tutela ambientale, è stata dettata anche da motivazioni di tipo economico.

L'acqua ad uso industriale, necessitando di minori trattamenti rispetto a quella potabile, costa di meno e

ciò ha ovviamente una notevole importanza per le imprese che la utilizzano nei propri processi industriali.

Due ragioni, l'una economica, l'altra ambientale, si assommano così nel rendere fondamentale

quest'opera e questi impianti nella realtà del nostro territorio.

NIP - Impianto di potabilizzazione di Ravenna

Il ciclo di produzione dell’acqua potabile tramite l’impianto denominato NIP e sito nel comune di Ravenna

prevede il prelievo di acqua grezza dai fiumi Reno e Lamone (integrato, quando necessario, dal Canale

Emiliano Romagnolo), mediante la Canaletta a cielo aperto di proprietà di Polimeri Europa.

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La rete di distribuzione viene inoltre alimentata dall’acquedotto di Romagna Acque in corrispondenza

della località Mirabilandia.

Il NIP è situato in località Bassette in un’area di circa 40.000 m2 interamente recintata, in parte occupata

da impianti, in parte da pineta.

L’impianto è strutturato per un trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione in quanto

l’acqua grezza che vi giunge, provenendo da fiumi che ormai sono giunti al termine del loro percorso,

contiene un discreto carico inquinante che deve essere totalmente eliminato.

Veduta aerea del potabilizzatore di Ravenna - NIP

Le fasi del processo

Paratoie

All’inizio dell’impianto di potabilizzazione sono presenti due paratoie, una manuale e una motorizzata, che

permettono di impedire che l’acqua entri nell’impianto se questa contiene elevati carichi di inquinanti e nei

periodi in cui si effettuano manutenzioni.

Opera di presa e grigliatura

L’opera di presa è costituita da una canaletta seminterrata a cielo aperto in cemento armato e a sezione

U.

L’impianto di grigliatura è munito di una griglia in acciaio inox a funzionamento automatico che permette

di eliminare i solidi grossolani come stracci, pezzi di legno, frammenti di piante, carta, ecc.

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Il materiale viene rimosso automaticamente per mezzo di un pettine, e viene convogliato su un nastro

trasportatore che lo scarica in un cassone, periodicamente portato in discarica.

Griglia automatica per l’eliminazione del materiale grossolano

Aerazione

Avviene in una vasca rettangolare interrata a cielo aperto dove sono sistemati, a breve distanza dal

fondo, tubi per la diffusione dell’aria insufflata da un ventilatore.

L’ossigeno così introdotto nella vasca satura l’acqua presente e questo provoca l’allontanamento delle

sostanze volatili indesiderate presenti nell’acqua.

L’acqua satura di ossigeno inibisce i processi anaerobici che possono svilupparsi in seguito, evitando che

i batteri anaerobi possano produrre i solfuri, metaboliti dannosi alla potabilizzazione.

Dosaggio di reagenti

All’acqua che esce dalla fase di aerazione si dosano in caso di necessità i seguenti reagenti:

- biossido di cloro che effettua una prima blanda sterilizzazione dell’acqua in presenza di elevati

quantitativi di inquinanti per limitare la proliferazione di alghe e flora batterica nelle fasi successive.

- acido cloridrico che serve per diminuire il pH fino a valori ottimali per il trattamento con

polidrossiclorosolfato di alluminio, che serve per le fasi di chiariflocculazione, in maniera da limitare il

discioglimento dell’alluminio. La solubilità dell’alluminio in acqua dipende infatti fortemente dal pH; se il

pH esce dall’intervallo di 7.3 – 7.6, la solubilità cresce rapidamente. Attualmente tale processo è sostituto

dal dosaggio di anidride carbonica a monte della chiariflocculazione.

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Sedimentazione e omogeneizzazione

La sezione di sedimentazione è costituita da 4 vasche interrate, a cielo aperto, in cemento armato. In

queste vasche, grazie alla situazione di quiete creata avviene la sedimentazione delle sabbie e delle

argille presenti nell’acqua. L’operazione di omogeneizzazione permette il mescolamento dell’acqua con i

reagenti che possono essere dosati.

Chiariflocculazione

Avviene in 4 chiariflocculatori, a cielo aperto, tipo accelator realizzati con struttura in cemento armato e

opere accessorie in parte in acciaio inox e in parte in ferro verniciato.

La chiariflocculazione comprende le fasi di coagulazione, flocculazione e sedimentazione.

Chiariflocculatore

Se i materiali in sospensione sono di tipo colloidale, la condizione di quiete dell’acqua non è sufficiente a

farli sedimentare, a causa delle piccole dimensioni delle particelle e della spontanea agitazione delle

stesse, connessa con la repulsione reciproca sotto l’influenza delle cariche elettriche delle superfici. La

sedimentazione dei colloidi può avvenire soltanto a seguito della destabilizzazione delle cariche

(coagulazione), cioè l’annullamento delle cariche superficiali che determinano la repulsione, impedendo

l’aggregazione (Passino, 1995). Questo effetto si ottiene aggiungendo all’acqua polidrossiclorosolfato di

alluminio ad alta basicità, un agente flocculante che favorisce l’aggregazione delle particelle in fiocchi. La

formazione di questi fiocchi è detta flocculazione ed essa porta alla produzione di fango che deve essere

scaricato e smaltito.

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Il flocculante permette la precipitazione e la rimozione del fosforo presente nella corrente acquosa;

l’abbondanza di fosforo nelle acque superficiali è generalmente ritenuta la causa principale del fenomeno

di fioritura algale che caratterizza le estati di molti fiumi.

Scarico e smaltimento del fango prodotto nella flocculazione

Nei chiariflocculatori esistono dei concentratori dove si viene a concentrare il fango di flocculazione. Tali

concentratori sono muniti di condotte che permettono l’allontanamento del fango creato tramite un

sistema di scarico automatico in cui è possibile temporizzare la durata dello scarico stesso.

Il fango allontanato dall’impianto viene accumulato in “pozzettoni” e sollevato da pompe che lo inviano in

due diverse direzioni utilizzate contemporaneamente o una in alternativa all’altra.

Il fango può essere inviato al depuratore delle acque reflue cittadine di Ravenna oppure all’impianto di

smaltimento dell’Azienda Ambiente presente nel compartimento di Polimeri Europa.

Clorazione a break point

Questa parte dell’impianto è costituita da una vasca a cielo aperto a sezione ad “L” in cemento armato

sopraelevata dal piano di campagna. La clorazione a break point è un metodo di sterilizzazione che

permette la completa ossidazione dell’ammoniaca presente nell’acqua, che per legge deve rientrare

all’interno dei limiti massimi consentiti, a cloroammine per reazione con una quantità controllata di

ipoclorito di sodio. Questo permette anche il mantenimento di un valore di cloro residuo libero sufficiente

a garantire l’assoluta sterilizzazione dell’acqua.

In questa fase dell’impianto è possibile dosare come disinfettante anche biossido di cloro, sia per l’elevato

potere germicida, sia per la capacità di ossidare numerosi composti inorganici come ferro, manganese e

cianuri, metaboliti algali e composti odorigeni e per la capacità di rimuovere alcuni precursori di

formazione di sottoprodotti organo-clorurati.

L’impiego di tale ossidante rimane fortemente limitato dalla formazione di alcuni sottoprodotti di

ossidazione sia organici che inorganici, di cui i principali sono clorito e clorato. Approssimativamente,

circa il 50 – 70 % del biossido di cloro consumato dalle reazioni di ossidazione viene convertito in clorito,

che rimane piuttosto stabile.

Filtri a silice

Le apparecchiature di filtrazione vengono utilizzate per migliorare la qualità dell’acqua eliminando tutti i

solidi sospesi fini le cui caratteristiche e dimensioni ne hanno impedito la separazione nelle fasi

precedenti.

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La sezione di filtrazione è costituita da due batterie rispettivamente di 10 e 8 vasche a cielo aperto in

cemento armato dell’altezza dal piano di campagna: la sezione di ciascuna vasca è di 40 mq; lo spessore

del letto filtrante, costituito da silice a granulometria costante, è di circa 80 cm; sul fondo delle singole

vasche sono presenti lastre in cemento armato munite di fori dove sono installati gli ugelli per la raccolta

dell’acqua filtrata.

L’acqua che deve essere filtrata viene immessa al di sopra del letto, passa attraverso questo e fuoriesce

dagli ugelli.

Dopo un determinato periodo di operazione attività, il filtro deve essere lavato per rimuovere i solidi in

esso trattenuti; ciò viene realizzato per mezzo di un contro-lavaggio, insufflando aria al di sotto del letto

filtrante per 5 minuti e immettendo successivamente acqua. Il contro-lavaggio viene attivato da un

operatore e si svolge in automatico.

Le caratteristiche principali dei mezzi filtranti sono le dimensioni dei granuli, (che vengono scelte in

funzione delle caratteristiche dei solidi contenuti nell’acqua da trattare e dall’efficienza di rimozione che si

vuole ottenere) e il loro coefficiente di uniformità. Nel caso delle sabbie silicee utilizzate, la dimensione

dei granuli è di circa 0.85 mm e il coefficiente di uniformità delle particelle è circa 1.4.

Filtri a silice

Vasca di rilancio

In questa fase avviene un sollevamento della piezometria dell’acqua attraverso 3 pompe ad asse

verticale, 2 a giri fissi e 1 comandata da un motore elettrico a giri variabili. Tali pompe inviano l’acqua

accumulata in una vasca interrata attigua ai filtri a silice sui filtri a carbone e hanno una energia sufficiente

a far arrivare l’acqua sino alle vasche di stoccaggio.

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Nella vasca di rilancio sono presenti altre pompe: 2 per il contro-lavaggio dei filtri a silice e 3 per

l’alimentazione del circuito acqua – servizi dell’impianto.

Filtri a carboni attivi granulari

La sezione di filtrazione a carbone attivo comprende 6 batterie, ognuna delle quali è costituita da 5 unità

filtranti.

Alla base delle singole unità filtranti sono installate piastre dotate di ugelli in materiale plastico

termoresistente per la raccolta dell’acqua filtrata.

Sfruttando le proprietà adsorbenti del carbone attivo viene effettuata la rimozione della sostanza organica

solubile presente nell’acqua.

Il carbone attivo è infatti caratterizzato da una elevata area superficiale per unità di peso (dell’ordine dei

1000 m2 g-1); da ciò la sua notevole capacità di adsorbimento, in particolare nei confronti di sostanze

organiche ad elevato peso molecolare e di natura non polare (Passino, 1995) e nei confronti dei THM che

si formano durante la clorazione per reazione della sostanza organica con ipoclorito di sodio.

Per contro, sostanze organiche a catena corta, come gli zuccheri ed il metanolo, non sono facilmente

adsorbite.

La velocità di adsorbimento è strettamente legata alle dimensioni medie dei granuli di carbone ed al pH;

in generale essa cresce al diminuire della concentrazione idrogenionica.

La presenza di torbidità o di solidi in sospensione nell’acqua da potabilizzare riduce la capacità di

adsorbimento del carbone in quanto, provocando una parziale occlusione della struttura porosa,

diminuisce la superficie disponibile per l’adsorbimento (Passino, 1995). E’ quindi necessario inviare al

trattamento su carbone un’acqua preventivamente chiariflocculata e filtrata.

I parametri operativi e di processo che devono essere individuati durante la normale conduzione sono:

- ripartizione della portata d’acqua sulle varie batterie dei filtri;

- efficienza della filtrazione eseguendo controlli chimici sui principali parametri influenzati dal processo

di adsorbimento come sostanza organica e THM.

Rigenerazione dei carboni

Nelle particelle di carbone si accumulano sostanze inquinanti che non vengono estratte durante il contro-

lavaggio a vapore. Se il carbone diventa saturo di questi inquinanti esaurisce il suo effetto filtrante e deve

essere rigenerato con un opportuno trattamento termico.

La rigenerazione del carbone viene eseguita presso aziende specializzate che operano nel modo

seguente: il carbone viene inserito in forni che raggiungono una temperatura di circa 800° C e in cui c’è

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assenza di ossigeno per evitare la combustione del carbone stesso; in queste condizioni si

decompongono tutte le molecole organiche, liberando i granuli di carbone. Questo viene riportato

sull’impianto e immesso nei filtri.

La rigenerazione viene effettuata ogni 12 – 24 mesi in funzione dell’acqua trattata e dell’esaurimento

della batteria; essa comporta una perdita di circa il 10 % del carbone che viene ricostituito integrando il

suo volume con carbone vergine.

Dosaggio di soda caustica e biossido di cloro

L’acqua all’uscita dei filtri a carbone deve essere mantenuta incrostante per evitare che corroda al suo

passaggio le tubature della rete di distribuzione, in parte realizzate in cemento amianto. Bisogna quindi

portarla sopra il pH di saturazione aggiungendo idrossido di sodio (nota anche come soda caustica).

L’acqua, a questo punto dell’impianto, è già salubre perché è stata completamente liberata dagli agenti

inquinanti, però è priva di sterilizzante residuo; occorre quindi dosare biossido di cloro in concentrazione

di 0.12 – 0.20 ppm che evita lo sviluppo in rete di microrganismi patogeni.

Stoccaggio dell’acqua

L’acqua prodotta dall’impianto viene accumulata in 3 vasche chiuse, alte 5 m, costruite in cemento

armato, 2 con volume di 6000 m3 e una di 10000 m3. Queste 3 vasche, che contengono acqua con le

stesse caratteristiche, vengono utilizzate in parallelo, riuscendo così a compensare le escursioni di

consumo che si verificano lungo la rete di distribuzione e garantendo l’approvvigionamento di acqua

potabile in caso di brevi interruzioni del funzionamento dell’impianto.

Vasca di stoccaggio

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L’impianto, inoltre, è strutturato in modo tale da suddividere la produzione di acqua in due linee:

- una linea che fornisce acqua potabile, come detto precedentemente;

- una linea destinata a produrre acqua di uso industriale;

questa seconda linea fa si che l’acqua, dopo i filtri a silice, si accumuli nella vasca di rilancio e da qui

venga inviata direttamente tramite pompe e valvole nella vasca di stoccaggio da 6000 m³, senza subire il

processo di filtrazione a carboni attivi.

Rete di distribuzione

La rete di distribuzione dell’acquedotto di Ravenna è stata realizzata per essere alimentata dal NIP e

dalla rete di Romagna Acque, ed è costituita da condotte miste in fibrocemento che effettuano trasporto e

la contemporanea distribuzione dell’acqua potabile a tutti i residenti. La rete è chiusa a formare un anello

in modo da garantire l’erogazione dell’acqua a tutto il territorio del comune della nostra città.

Lungo la rete vi sono centrali per l’accumulo e il risollevamento dell’acqua potabile e centrali per il

dosaggio di biossido di cloro come sterilizzante.

La rete è collegata a nord con le centrali acquedottistiche di Alfonsine, Fusignano, Russi e Bagnacavallo,

che ricevono acqua in diverse misure.

Inoltre tramite la condotta di Torre Pedrera è possibile alimentare la centrale presente a Cervia e la rete di

distribuzione di Cesenatico, anche se solo molto parzialmente.

Il sistema di telecontrollo

Il sistema di telecontrollo è situato al NIP dove sono presenti turnisti che hanno il compito di controllare in

continuo le varie fasi di funzionamento dell’impianto e in qualche caso di eseguire manovre di

conduzione.

Il telecontrollo permette inoltre di monitorare lo stato delle principali centrali dedicate alla produzione e

distribuzione di acqua e gas, dei depuratori delle acque reflue, dei sollevamenti di acque nere e gestione

delle idrovore che sollevano l’acqua di pioggia.

Impianto di depurazione di Cesena

L’impianto di depurazione delle acque è ubicato alla periferia di Cesena, ed è stato progettato per una

capacità di 190.000 Abitanti Equivalenti.

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Ubicazione dell’impianto di depurazione delle acque di Cesena

Di seguito riportiamo uno schema descrittivo dell’impianto, che come mostra chiaramente, identifica una

sezione dell’impianto chiamata “Linea Acque” che analizzeremo nel dettaglio e, una “Linea Fanghi” di cui

daremo una descrizione sintetica.

DENI

TRIFI

CAZI

ONE

+NIT

RIFI

CAZI

Schema descrittivo dell’impianto di depurazione acque di Cesena

CESENA CENTRO

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Linea Acque

Il refluo arriva direttamente dalla rete fognaria in una fossa Archimede, da cui viene sollevato e da qui

l’impianto lavora quasi sempre in caduta. La portata media di refluo è di circa 600 m³/h; in caso di forte

pioggia il meccanismo di sollevamento viene interrotto e il sistema fognario funge da serbatoio di

immagazzinamento.

PRETRATTAMENTO

Grigliatura

La filtrazione avviene in caduta su griglie a sabbia e ha lo scopo principale di rimuovere il materiale

grossolano. La griglia è caratterizzata da scalini su cui viene inviata della sabbia che funge da filtro del

materiale. La sabbia viene inviata da una pompa sui diversi livelli da cui passa il refluo carico di questo

materiale grossolano. L’impianto di grigliatura è munito di una cappa di aspirazione per la rimozione

dell’aria satura di cattivi odori. Attraverso una pompa quest’aria viene inviata ad un sistema esterno

munito di filtri di adsorbimento a torba per la rimozione dell’odore e poi rilasciata nell’ambiente esterno.

Il materiale rimosso attraverso filtrazione viene inviato in discarica e la sabbia in discarica speciale. Il

refluo filtrato viene diretto ai sedimentatori attraverso equalizzatori di portata.

TRATTAMENTO PRIMARIO

Sedimentazione

Dopo filtrazione il refluo viene sottoposto a sedimentazione per la preparazione al trattamento biologico.

L’impianto di Cesena presenta due sedimentatori primari in cui avviene la separazione fisica per gravità di

refluo “liquido” da un fango che viene inviato successivamente alla linea fanghi.

Il principio si basa sulla legge di gravità, in base alla quale i materiali solidi presenti nel refluo con una

densità maggiore di quella del liquido tendono a “precipitare” sul fondo della vasca dopo un adeguato

periodo di permanenza.

Dei ripartitori di portata separano un 70% che viene inviato a delle vasche caratterizzanti la nuova linea

acque da un 30% che viene inviato alle vecchie vasche di ossidazione.

Trattamento Biologico

Il trattamento biologico, o sistema a fanghi attivi, è un processo continuo caratterizzato dalla presenza di

un fango contenente microrganismi in grado di degradare la sostanza organica in presenza di ossigeno.

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In un sistema a fanghi attivi, i materiali organici presenti nell’effluente subiscono due tipi di trasformazioni:

ossidazione a CO2 e acqua (H2O);

formazione di nuovi microrganismi (substrato) da composti ad elevato contenuto energetico. Il

substrato si misura indirettamente come BOD, che rappresenta la richiesta di ossigeno da parte

dei microrganismi per la degradazione delle molecole organiche.

Nell’impianto di depurazione di Cesena tale trattamento consta di una nuova linea e una vecchia linea.

Entrambe presentano sia una fase di denitrificazione che una fase successiva di nitrificazione e

abbattimento del BOD.

La nuova linea è caratterizzata da quattro vasche in parallelo in cui viene convogliato, nelle prime tre, un

30% di refluo e nella quarta un 10% di refluo. Ogni vasca è divisa in due zone in cui avvengono

rispettivamente denitrificazione in ambiente anossico e nitrificazione e rimozione della sostanza organica

in ambiente ossigenato. L’aria viene insufflata dal basso da un apposito dispositivo: dei detector rilevano

il quantitativo di ossigeno presente nella zona di aerazione delle vasche e sulla base di questo “dosano” il

giusto quantitativo di aria da inviare.

La vecchia linea ossidativa è un'unica vasca della capienza di circa 1200 m³ divisa, come nel caso delle

nuove vasche, in due zone:

zona di denitrificazione in assenza di ossigeno;

zona aerata di nitrificazione-rimozione del BOD.

Fase di denitrificazione

Consiste nell’eliminazione dell’azoto attraverso una reazione in ambiente anossico (assenza di ossigeno),

coadiuvata dalla presenza di batteri secondo cui l’azoto viene trasformato in azoto gassoso (N2) che sale

in aria.

Fase di nitrificazione

Nella fase di nitrificazione, i batteri, in presenza di ossigeno, riescono a “degradare” la sostanza organica

attraverso il loro metabolismo. Nella metabolizzazione dei nutrienti da parte dei microrganismi è richiesta

una grande quantità di ossigeno; per questo motivo l’ossigeno viene insufflato continuamente dal basso.

Il trattamento biologico si basa sulla crescita batterica nei fanghi attivi quindi i microrganismi si

riproducono e risulta opportuno rimuoverli con cadenza periodica. I fanghi rimossi vengono inviati alla

Linea Fanghi.

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Sistema di ricircolo

Dopo la linea di trattamento biologico è presente un sistema di ricircolo da cui il refluo in uscita viene

inviato nuovamente alle vasche di ossidazione per migliorare il grado di abbattimento. Il sistema di

ricircolo è corredato di un sifone, che, sulla base di “cannocchiali” immersi nel sedimentatore finale,

regola la portata di refluo da inviare.

Sedimentatore finale

Lo scopo della sedimentazione secondaria è quello di rimuovere i fiocchi biologici che si sono formati

nella linea di trattamento a fanghi attivi. Anche in questo caso si tratta di un sedimentatore circolare con

alimentazione centrale del refluo che viene distribuito nell’intera vasca da pale in movimento.

Filtrazione finale

La filtrazione finale è simile a quella caratterizzante la fase di pretrattamento; anche questa, come la

prima, è in caduta. Un sifone pompa in alto il refluo che viene fatto cadere attraverso un sistema di

grigliatura a sabbia su sei livelli. Viene eseguito anche il controlavaggio per rimuovere la sabbia dai

diversi livelli sempre con la stessa acqua filtrata; le operazioni di pulizia vengono effettuate una volta la

settimana.

Trattamento per il fosforo

In estate è previsto un trattamento terziario per il fosforo. Tale abbattimento avviene nella fase di

filtrazione; viene dosato del solfato di alluminio nel refluo in entrata al sistema di filtrazione per far sì che il

fosforo precipiti in forma di sale (fosfato di alluminio). Il fosforo è uno degli elementi fondamentali delle

molecole biologiche e, se scaricato in elevate concentrazioni può determinare fenomeni di

eutrofizzazione, cioè di crescita eccessiva di piante e forme algali nelle acque superficiali.

Disinfezione

La disinfezione, anche se non richiesta, viene effettuata nel periodo estivo, attraverso la

somministrazione di Acido Peracetico, al fine di garantire l’abbattimento del carico patogeno. Con la

disinfezione infatti si agisce attraverso l’ossidazione delle molecole biologiche e quindi la distruzione della

componente “vivente”, cioè i batteri.

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Riutilizzo agronomico dei reflui

La normativa italiana ha legiferato in materia di riutilizzo delle acque in uscita dai depuratori con il Decreto

Ministeriale 12 giugno 2003, n. 185, indicando le destinazioni d’uso delle acque reflue recuperate nei

settori irriguo, civile e industriale. Nel settore irriguo e civile le acque devono possedere requisiti di

qualità chimico-fisici e microbiologici almeno pari a quelli riportati nella tabella del medesimo allegato, più

restrittivi rispetto ai valori indicati per lo scarico nel D. Lgs. 152 del 2006.

Per il depuratore di Cesena è stata progettata una nuova sezione sperimentale, ancora da realizzare,

attraverso cui sarà possibile ottenere la “produzione” di acque reflue da utilizzare per scopi agronomici,

come acqua di irrigazione. La nuova linea prevede la costruzione di nuove vasche a fanghi attivi, che

verranno localizzate di fianco a quelle esistenti, ma elemento essenziale è la realizzazione di un sistema

di disinfezione a raggi UV, che permetterà di aumentare l’efficienza di abbattimento del carico patogeno.

La disinfezione con radiazione UV ha avuto negli ultimi anni una significativa diffusione; è noto che le

radiazioni UV con lunghezza d’onda 240-260 nm danneggiano RNA e DNA delle cellule microbiche.

Potenzialmente la radiazione UV potrebbe sembrare un’ alternativa molto efficiente ai tradizionali sistemi

di disinfezione, soprattutto per l’assenza di sottoprodotti di reazione pericolosi. Capita molto spesso che

l’utilizzo di metodi di disinfezione basati sulla somministrazione di composti chimici, porti alla produzione

di altri composti, soprattutto se permangono nel refluo composti alogenati.

Le acque in uscita dai depuratori hanno comunque delle caratteristiche chimiche, legate alla presenza di

composti organici, che le rendono adatte, previ opportuni accorgimenti, al riutilizzo agronomico; infatti i

reflui in uscita da un depuratore civile sono acque particolarmente ricche di nutrienti e il reimpiego in

agricoltura attraverso irrigazione potrebbe fornire una soluzione ideale per evitare il ricorso ad

ammendanti e concimazioni.

Linea fanghi

L’obiettivo della linea fanghi è quello di ridurre le quantità di fango da smaltire, aumentandone la

concentrazione e ottenere un prodotto sufficientemente degradato (non putrescibile) che possa essere

smaltito preferibilmente in agricoltura.

Equalizzazione

La linea fanghi riceve i fanghi del sedimentatore primario, del sedimentatore secondario, di altri

depuratori, delle fogne da cui vengono trasportati attraverso automezzi e le schiume prodotte nella linea a

fanghi attivi.

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Tutti questi fanghi vengono raccolti in una vasca di equalizzazione, con lo scopo di omogeneizzare le

diverse frazioni e inviare il tutto alla fase seguente attraverso dei regolatori di portata.

Flottazione – preispessimento

La fase successiva consiste nell’aggiunta di polielettroliti al fango per favorire la flottazione e concentrare

ulteriormente il fango, che esce dalla flottazione con un 4-6% di secco e viene inviato al digestore.

Digestione anaerobica

La fase di digestione anaerobica avviene per mezzo di batteri metanigeni la cui capacità di produzione è

risultata ottimale ad un pH di 6 - 7,5 alla temperature di 37° C per un lasso temporale di 15 giorni; viene

prodotto del biogas rappresentato da metano (CH4 ) e anidride carbonica (CO2 ), con cui si riesce ad

alimentare il 50% del ciclo termico necessario per mantenere costante questa temperatura. Il quantitativo

di biogas prodotto è di 50.000 m³/mese per un valore energetico di 100.000kW circa.

Nel digestore anaerobico le concentrazioni tipiche dei fanghi in ingresso sono del 5%, mentre in uscita

riscontriamo delle concentrazioni intorno al 3,5 %.

Ispessimento dei fanghi

Dopo la digestione anaerobica avviene l’ispessimento dei fanghi, attraverso dei nastri pressa, con cui si

arriva ad un ispessimento del 25% rispetto al volume iniziale.

I reflui prodotti nella fase di disidratazione meccanica vengono inviati alla linea acque e i fanghi prodotti in

discarica, se rispettano i limiti indicati dalla normativa, possono essere riutilizzati in agricoltura, altrimenti

sono destinati alla discarica.

Impianto di potabilizzazione Val di Setta di Bologna

La centrale di Val di Setta, alla confluenza dei fiumi Reno e Setta, è l’impianto di potabilizzazione in

gestione ad Hera con la maggior capacità produttiva. Prelevandoli dal torrente Setta e dal fiume Reno,

l’impianto immette in rete circa 125.000 metri cubi d’acqua di ottima qualità al giorno (45,5 milioni di mc

all’anno), assicurando quasi la metà del fabbisogno di tutto il comprensorio bolognese. Annesso a questa

vera e propria “fabbrica dell’acqua” si trova il laboratorio chimico e microbiologico, accreditato e

certificato, e riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca come laboratorio di ricerca ,

che controlla la qualità dell'acqua in tutte le fasi del processo di potabilizzazione, oltre a realizzare 900

analisi al giorno sull’acqua distribuita da Hera nelle reti acquedottistiche. Già 2000 anni fa, proprio da qui

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partivano le acque che giungevano all'antica Bononia, attraverso il Cunicolo romano, una condotta

sotterranea, costruito sotto l’imperatore Augusto, ancora oggi funzionante, che rappresenta un

capolavoro di ingegneria idraulica. L'impianto, fortemente automatizzato, è sottoposto ad un monitoraggio

continuo che permette, grazie all'impiego di moderne strumentazioni tecnologiche, di porre in atto

immediatamente eventuali interventi correttivi.

Qualunque sia la provenienza, raramente l’acqua è utilizzabile da parte dell’uomo così com'è. Infatti nel

corso delle trasformazioni che l'acqua subisce durante il suo ciclo naturale (evaporazione,

condensazione, precipitazione) avvengono scambi di sostanze fra l'acqua e l'ambiente. Occorre pertanto

procedere alla potabilizzazione che attraverso una serie di fasi e trattamenti, consente di destinare

l’acqua all’uso potabile.

La filiera di trattamento dell'Impianto della Val di Setta è la seguente:

GRIGLIATURA: l'acqua grezza passa attraverso un sistema di griglie sempre più strette che consentono

di separare i materiali grossolani come ciottoli, foglie, legno e altri solidi.

PRESEDIMENTAZIONE: avviene in questa fase una prima sedimentazione di sabbie e limi che, raccolti

sul fondo di vasche, vengono inviati alla linea di trattamento fanghi.

PREOZONIZZAZIONE: è una prima fase di disinfezione (eliminazione di organismi dannosi alla salute) e

di ossidazione (si demoliscono con l'ossigeno le sostanze presenti) a base di aria contenente ozono.

CHIARIFLOCCULAZIONE: tramite reagenti e microsabbie le sostanze colloidali vengono fatte coagulare

per essere eliminate verso la linea fanghi, consentendo così all'acqua di passare alla filtrazione

successiva.

FILTRAZIONE A SABBIA: si eliminano i residui della fase precedente con filtri a sabbia.

OZONIZZAZIONE: è una seconda fase di disinfezione al fine di azzerare il rischio di infezioni. L'acqua

viene trattata con l'ozono, un gas instabile che viene ottenuto provocando una scarica elettrica.

CLORAZIONE DI COPERTURA (o clorocopertura): è la fase che chiude il trattamento. In essa l'acqua

viene trattata con biossido di cloro al fine di prevenire successive contaminazioni organiche o batteriche.

Tutto l'impianto funziona automaticamente ed è sottoposto ad un controllo continuo nelle diverse fasi

grazie all'impiego di tecnologie elettroniche. Un grande pannello di controllo evidenzia le eventuali

anomalie nel funzionamento o nella qualità dell'acqua consentendo un immediato intervento correttivo.

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Questo procedimento si riferisce ad un trattamento complesso di acque captate in superficie; nel caso di

acque captate in profondità, il processo può essere leggermente diverso.

La Adduzione e Distribuzione

Tale fase del processo è garantita dalla rete di acquedotto, un complesso sistema di opere idrauliche così

articolato:

rete di adduzione

serbatoi

impianti di sollevamento

rete di distribuzione

Le seguenti opere costituiscono parte importante dell'acquedotto bolognese:

il cunicolo romano, l'antico condotto sotterraneo che ancora oggi adduce una parte dell'acqua

(circa 6 milioni di metri cubi all’anno) prodotta dalla Centrale Val di Setta al serbatoio di Viale

Aldini nel centro cittadino

la tangenziale idrica: una tubazione che abbraccia ad anello la città ed è collegata, attraverso i

serbatoi di Casalecchio e San Lazzaro, a tutte le fonti di approvvigionamento idrico. Questa

configurazione consente di alimentare costantemente la capillare rete di distribuzione fino

all'utilizzatore finale compensando le fluttuazioni di portata delle singole fonti.

I serbatoi principali di Casalecchio di Reno e San Lazzaro, che hanno una capacità di 40.000

metri cubi ciascuno.

L’adduttore Reno-Setta, con i suoi 4,4 km di percorso sotterraneo, una portata massima pari a

2.400 l/secondo e un diametro di 1 m e 40 cm, l’adduttore consente di convogliare parte delle

acque del fiume Reno fino alla Centrale di potabilizzazione a Sasso Marconi, per integrare i

prelievi dal torrente Setta. L’opera incrementa di circa 10 milioni di m3 all’anno i volumi d’acqua

potabilizzati da fonte superficiale.

Qualità nei servizi, qualità nei prodotti

Il Gruppo HERA effettua controlli sulla qualità delle acque relativamente a tutte le fasi del servizio idrico

integrato: acquedotto, fognatura e depurazione. L'attività di controllo delle caratteristiche igienico-sanitarie

dell'acqua destinata al consumo umano è strettamente legata al concetto di acquedotto, inteso come

insieme di infrastrutture connesse a determinati impianti di produzione idrica. I requisiti di qualità

dell'acqua sono garantiti attraverso un alto grado di sorveglianza esercitato sulle fonti

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d'approvvigionamento, l'uso di tecnologie e prodotti di alto livello per la potabilizzazione, la verifica

costante del livello di prestazione degli impianti (controllo di processo) e un'adeguata vigilanza sullo stato

delle reti di distribuzione. I controlli sulla qualità delle acque destinate alla produzione di acqua potabile e

al consumo umano sono regolati dal decreto legislativo 152/2006 e dal 31/2001. Vengono distinti in

controlli interni, effettuati dal gestore del servizio idrico, e controlli esterni svolti dalle AUSL e da altri enti

di controllo. Tali controlli vengono effettuati presso i punti di prelievo delle acque superficiali e sotterranee

da destinare al consumo umano, presso gli impianti di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione e

presso le reti di distribuzione.

Hera ha consolidato un piano di controllo di Gruppo che descrive le diverse tipologie di punti di

campionamento, i parametri analitici ricercati e le relative frequenze. Lo sviluppo del piano tiene conto di

linee di principio comuni per tutte le Società Operative Territoriali: la caratterizzazione chimico fisica e

batteriologica dell'acqua, il rispetto dei requisiti cogenti, la garanzia di fornire un prodotto di qualità

ottimale. I controlli e le verifiche di idoneità effettuati alla captazione consentono di intervenire

tempestivamente sospendendo, se necessario, il prelievo nel caso in cui le caratteristiche chimico-fisiche

non rispondano ai requisiti di qualità attesi. Tra le iniziative intraprese ai fini del miglioramento della

qualità dell'acqua possiamo citare: l'ottimizzazione dei processi di chiariflocculazione, l'attivazione di

nuovi impianti di disinfezione negli acquedotti di alcuni comuni pedecollinari e collinari, la messa a punto

di sistemi di miscelazione statica del disinfettante immesso, la manutenzione straordinaria di alcuni

impianti di produzione di biossido di cloro con l'installazione di sistemi di telecontrollo.

Per quanto riguarda le acque reflue, il Gruppo Hera effettua su tutto il territorio in cui opera controlli mirati

sugli scarichi industriali in rete fognaria e su tutta la filiera del trattamento depurativo, dall'ingresso dei

reflui nell'impianto fino allo scarico finale nel corpo idrico recettore (fiume, mare). Tale attività consente la

restituzione all'ambiente di un effluente che non altera le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche

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dell'ambiente naturale. Tutto ciò anche a vantaggio di un continuo miglioramento delle fonti superficiali e

di protezione delle fonti sotterranee (falde) utilizzate a scopo idropotabile.

I parametri analitici - chimici, chimico-fisici, microbiologici e biologici - normalmente monitorati sono quelli

previsti dalla normativa vigente (D.Lgs. 31/2001 e s.m.i. per le acque destinate al consumo umano e

D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. per le acque reflue). Oltre a tali tipologie di parametri, il Gruppo Hera effettua la

ricerca di parametri non convenzionali in relazione a particolari verifiche periodiche. Sono inoltre impostati

protocolli di ricerca specifici per la sperimentazione di tecnologie di trattamento innovative.

Il controllo analitico ha lo scopo fondamentale di tutelare la salute pubblica. La pianificazione dei controlli

rappresenta uno strumento di governo delle risorse e di prevenzione del rischio che investe tutte le fasi

del ciclo idrico. Per questo motivo le analisi vengono eseguite con adeguata frequenza nel rispetto di

programmi di campionamento definiti nel Piano di controllo annuale, che definisce i criteri di

impostazione, i punti di campionamento sottoposti a controllo, il numero, la frequenza e la tipologia delle

analisi.

Pur prevedendo una base di controllo omogenea per tutto il territorio servito, nella redazione del Piano si

tiene conto di particolari esigenze di controllo connesse a specifiche situazioni impiantistiche, ovvero a

necessità di monitoraggi specifici sulla base delle serie storiche dei dati. L'attento studio degli esiti dei

rilievi eseguiti è alla base delle programmazioni future.

Al fine di ottimizzare il rapporto costi/benefici, si privilegia - per quanto possibile e nel rispetto di quanto

previsto dalla normativa vigente - il numero e la densità dei punti di controllo rispetto all'estensione del set

di parametri, includendo quelli maggiormente significativi.

Allo stesso scopo si è sviluppata l'implementazione di semplici ma affidabili monitoraggi in campo

eseguibili da personale tecnico esperto.

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Gli esiti più rappresentativi dell'attività di controllo sono divulgati, in un'ottica di massima trasparenza,

attraverso l'utilizzo di canali di comunicazione consolidati quali le Carte del Servizio ed il sito internet.

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Riferimenti bibliografici

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gestione degli impianti di potabilizzazione: osmosi inversa, carboni attivi, ossidazione e

filtrazione”, Milano 9-10 ottobre 2003.

Cristoforetti C., Teoria dell’adsorbimento dei carboni attivi, atto del convegno “La gestione degli

impianti di potabilizzazione: osmosi inversa, carboni attivi, ossidazione e filtrazione”, Milano 9-10

ottobre 2003.

Melchiorre I., Fortuna U., Igiene e disinfezione dell’acqua, Editrice Il Campo, 1980.

Moruzzi L., La potabilizzazione delle acque con elevata concentrazione di sostanze inquinanti,

atti del seminario sulla potabilizzazione igienica dell’acqua, Editrice E. A. fiere di Padova, 1979.

Passino R., Manuale di conduzione degli impianti di depurazione delle acque, Zanichelli, Esac

1995.

Hera S.p.A., "Bilancio di sostenibilità 2004"

Riferimenti Web

www.gruppohera.it

http://www.amispa.com (Ami Spa)

http://www.amir.it (Amir S.p.A.)

http://www.coviri.it/

www.minambiente.it