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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 179 (48.503) Città del Vaticano venerdì 7 agosto 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!{!z!/! CONTINUA A PAGINA 8 Aumenta il bilancio delle vittime della potente esplosione e la Caritas lancia un piano di aiuti Il mondo si mobilita in soccorso di Beirut ferita BEIRUT, 6. Sono finora 137 i morti accertati e 5.000 i feriti causati dalla devastante esplosione avvenuta mar- tedì pomeriggio nel porto di Beirut. Ma il bilancio, già tragico, è desti- nato da aggravarsi, considerato an- che il centinaio di dispersi e le con- dizioni di alcuni ricoverati. Gli ospedali sono peraltro al collasso; molte strutture non riescono, infatti, a far fronte all’emergenza. Intanto il mondo si sta mobilitando per orga- nizzare gli aiuti alla capitale libanese ferita. «È una situazione terribile e disa- strosa e oggi ci troviamo nella con- fusione più totale» ha detto Rita Rhayem, direttore di Caritas Liba- no, il cui staff si è immediatamente attivato per soccorrere le persone colpite dall’esplosione. La confede- razione Caritas sta inoltre lanciando un piano di emergenza coordinato dal segretariato generale di Caritas Internationalis per assistere imme- diatamente i feriti e le migliaia di persone sfollate a causa del disastro. «La situazione è critica — ha sottoli- neato Rhayem — e questa è la prima volta che affrontiamo un’emergenza di tale portata. La situazione è apo- calittica, ma noi non ci fermiamo e andiamo avanti per aiutare tutte le persone in difficoltà». Anche il quartier generale di Cari- tas Libano è stato gravemente dan- neggiato dall’esplosione nel porto. Provvidenzialmente, fa sapere una nota, l’ufficio aveva chiuso poco pri- ma dell’esplosione e quindi nessuno tra lo staff è rimasto ferito. Il cardinale Leonardo Sandri, pre- fetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha scritto ieri su Twitter: «Nostra Signora di Harissa, Regina del Libano, prega per il po- polo libanese! Il Signore conceda loro giustizia e pace!» Anche l’Unione europea si è detta «pronta a rispondere alle esigenze più urgenti del Libano e a fornire tutta l’assistenza necessaria» si legge in un comunicato. A tale scopo, Bruxelles «sta lavorando con i suoi Stati membri per fornire sostegno il più rapidamente possibile». O fferte di aiuti e mobilitazioni sono state offerte da vari Paesi, tra i quali so- prattutto Israele, Iran e Stati Uniti. Oggi il presidente francese, Em- manuel Macron, è atteso nella capi- tale libanese per rendere omaggio alle vittime del disastro e in segno di solidarietà al governo. Ieri il pri- mo ministro libanese Hassan Diab, ha fatto appello agli aiuti internazio- nali affermando che «stiamo assi- stendo a una vera catastrofe». Intanto, si continua a scavare tra le macerie alla ricerca dei dispersi. Le distruzioni maggiori si registrano nei quartieri orientali vicini al porto: Mar Mikhael, Geitawi, Ashrafieh, Bourj Hammoud. Ma lo spostamen- to d’aria ha scardinato porte e man- dato in frantumi finestre fino a chi- lometri di distanza. Il presidente della Repubblica, Michel Aoun, ha convocato per oggi una riunione con il governo, chiedendo che i re- sponsabili siano presto individuati. L’esecutivo ha chiesto alla magistra- tura di mettere agli arresti domicilia- ri tutti i responsabili che nel porto hanno avuto a che fare con la ge- stione del nitrato di ammonio. Gli analisti, intanto, sono ancora divisi sull’origine dell’esplosione: molti parlano ancora di un possibile incidente o attentato. «Nessuno sa la causa delle esplosioni di Beirut» ha detto ieri il presidente statuniten- se, Donald Trump, spiegando che la sua amministrazione «lavora al fian- co delle autorità libanesi». Nel 75° anniversario della tragedia di Hiroshima Monito del Papa contro il nucleare A Santa Maria Maggiore nella festa della dedicazione della basilica Il Pontefice prega ancora per il Libano duramente provato Per affidare all’intercessione della Salus Populi Romani «tante situazioni di dolore che gli stanno a cuore»; in particolare il «Libano, così dura- mente provato». Con questa intenzione Papa Francesco si è recato a San- ta Maria Maggiore nel pomeriggio di mercoledì 5 agosto, giorno della fe- sta della dedicazione della basilica liberiana. Lo ha reso noto una comu- nicazione della Sala stampa della Santa Sede, aggiungendo che il Ponte- fice ha fatto rientro in Vaticano poco dopo le 16.35. Com’è noto Papa Bergoglio è molto devoto all’antica immagine maria- na, che visita regolarmente in diverse occasioni dell’anno, ad esempio prima della partenza e al ritorno dai suoi viaggi internazionali. Al punto che dall’inizio del pontificato a oggi sono state oltre ottanta le volte in cui ha pregato a Santa Maria Maggiore: la prima fu il 14 marzo 2013 all’indomani dell’elezione; la più recente, il 15 marzo scorso, quando in pieno “lockdown” a causa del covid-19, vi compì un pellegrinaggio — conclusosi nella chiesa di San Carlo al Corso, dove si trova il miracoloso crocifisso che salvò Roma dalla peste — per invocare la fine della pande- mia. FOCUS Preghiera e vicinanza concreta dei vescovi europei Tra crisi politica e tensioni sociali ALLINTERNO Cent’anni fa nasceva la scrittrice inglese P. D. James Il thriller non ammette licenze poetiche GABRIELE NICOLÒ A PAGINA 4 Intervista di Vatican News al domenicano Claudio Monge Santa Sofia sia fruibile come simbolo di mondi religiosi diversi PAGINA 6 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha annoverato tra i Membri del Consiglio per l’Economia gli Eminentis- simi Signori Cardinali: Péter Erdő, Arcivescovo di Eszter- gom-Budapest; Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo di São Paulo; Gérald Cyprien La- croix, Arcivescovo di Québec; Joseph William Tobin, Arci- vescovo di Newark; Anders Arborelius, Vescovo di Stoc- kholm; e Giuseppe Petrocchi, Arcivescovo de L’Aquila; con gli Illustrissimi Signori e le Illustrissime Signore: Profes- soressa Charlotte Kreuter- Kirchhof, Dottoressa Eva Ca- stillo Sanz, Dottoressa Leslie Jane Ferrar, Dottoressa Ma- rija Kolak, Dottor Alberto Minali, Dottoressa María Concepción Osákar Garai- coechea, e l’Onorevole Ruth Maria Kelly. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pasto- rale della Diocesi di New Ulm (Stati Uniti d’America), presentata da Sua Eccellenza Monsignor John Marvin Le- Voir. Nomina di Vicario Apostolico Il Santo Padre ha nomina- to Vicario Apostolico di Ales- sandria di Egitto il Reveren- do Padre Claudio Lurati, M.C.C.I., finora Economo Ge- nerale della Congregazione dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù. Beirut, il luogo dell’esplosione dalla finestra di un palazzo distrutto (Epa) Sono trascorsi esattamente 75 anni da quel 6 agosto 1945 in cui l’uma- nità sperimentò per la prima volta la potenza devastatrice della bomba atomica sganciata su Hiroshima. Affinché non si ripeta mai più la «distruzione di vite umane e di be- ni» prodotta dalle armi nucleari, Papa Francesco è tornato a denun- ciare come sia «immorale» non solo «l’uso» ma anche «il possesso» di queste ultime, ripetendo le accorate parole pronunciate il 24 novembre 2019 davanti al Memoriale della pa- ce edificato nella città giapponese perché non si perda il ricordo di quell’orrore. Lo ha fatto attraverso un messag- gio in lingua inglese indirizzato a Hidehiko Yuzaki, governatore della prefettura di Hiroshima, in occasio- tà, interi paesi» —, il Papa ha espresso l’auspicio che «le voci pro- fetiche degli “hibakusha” possano continuare a servire da monito per noi e per le generazioni future!». Infine il messaggio del vescovo di Roma si conclude con l’invito — «per i sopravvissuti e per tutti colo- ro che lavorano per la riconciliazio- ne» — a ripetere «le parole del sal- mista: “Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: Su di te sia pace!” (Sal 122, 8)». Anche il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha lan- ciato un appello per l’eliminazione di tutte le armi nucleari. «Gli Stati che possiedono armi nucleari stan- no modernizzando i loro arsenali e sviluppando nuove e pericolose ar- mi e sistemi di trasporto», ha detto Congregazione per la dottrina della fede Nota dottrinale circa la modifica della formula sacramentale del Battesimo PAGINA 8 Azione ministeriale e celebrazione dei sacramenti Trasmettere ciò che si è ricevuto di ANGELO LAMERI* «A me è stato dato ogni po- tere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate di- scepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho co- mandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mon- do» (Mt 28, 18-20). Le ultime parole di Gesù agli undici discepoli sul monte in Galilea contengono il man- dato del Risorto ai suoi, inviati a rendere presente nel mondo la sua missione di salvezza. Tre sono gli elementi fondamentali di questo mandato: l’annuncio-insegnamento del Maestro, che sfocia nel discepola- to, l’azione del battezzare, l’assicura- zione della costante e indefettibile presenza del Signore accanto ai suoi. Fin dai suoi primi passi la Chiesa delle origini ha custodito il comando del Signore annunciando ai popoli che Dio ha costituito Signore e Cri- sto quel Gesù che è stato crocifisso (cfr. At 2, 36), invitando alla conver- sione, battezzando e vivendo nella carità di Cristo (cfr. At 2, 42-45). Nel corso dei secoli, approfondendo sem- pre meglio il senso del suo essere e della sua missione, la Chiesa ha com- preso che mentre custodisce con amore ciò che sta all’origine del suo esistere, ne è a sua volta custodita. Proprio per questo ha fissato un ca- none delle Scritture e il settenario dei Sacramenti: la Parola di Dio e i suoi doni di grazia sono indisponibili a ogni manipolazione, perché nella Pa- rola e nel Sacramento Cristo stesso è presente, parla alla sua Chiesa e agi- sce in essa, suo Corpo scaturito dal mistero della Pasqua (cfr. SC 5). Nella complessa storia della comu- nità cristiana non sono però mancati tentativi di manipolazione del gesto sacramentale, a volte anche in buona fede, con la motivazione di rendere più comprensibile, o più aderente a una certa teologia, o più attenta ai bisogni pastorali la celebrazione dei sacramenti. Quando però questi in- terventi si sono spinti fino a toccare la sostanza dei sacramenti, la Chiesa è sempre intervenuta a custodire ciò che a sua volta ha ricevuto. È il caso della Nota dottrinale, oggi pubblicata, circa la modifica della formula sacra- mentale del Battesimo che accompa- gna la risposta al dubium che nega la validità del Battesimo conferito con ne delle annuali cele- brazioni commemorati- ve della catastrofe. Ri- volgendosi agli orga- nizzatori e ai parteci- panti, in particolare agli “hibakusha” i sopravvissuti — il Papa è tornato a inchinarsi dinanzi al dolore delle vittime, come fece an- che all’Hypocenter park di Nagasaki — la seconda città martire, devastata il 9 agosto di tre quarti di secolo or- sono — per mantenere viva e sempre attuale la riflessione su «quei terribili giorni di guer- ra» tragicamente segnati dallo scempio prodotto dall’energia ato- mica usata per fini bellici. «Proprio come lo scorso anno so- no venuto in Giappone come pelle- grino di pace, — ha scritto France- sco — continuo a conservare nel cuore il desiderio dei popoli del no- stro tempo, specialmente dei giova- ni, che hanno sete di pace e fanno sacrifici per la pace». Inoltre, ha aggiunto, «conservo anche il grido dei poveri, che sono sempre tra le prime vittime delle violenze e dei conflitti». E poiché dopo Hiroshi- ma e Nagasaki «non è mai stato tanto evidente che, affinché prospe- ri la pace, tutti devono deporre le armi di guerra» — in special modo quelle «più potenti e distruttive», ovvero gli ordigni «nucleari capaci di mutilare e distruggere intere cit- in un messaggio inviato alla ceri- monia di Hiroshima. «Il rischio — ha concluso — che le armi nucleari vengano usate, intenzionalmente o per un incidente, è troppo alto per- ché questa tendenza prosegua». Oggi, nel 75° anniversario dell’esplosione atomica a Hiroshima, ricordiamo che le risorse usate per la corsa agli armamenti potrebbero e dovrebbero invece essere utilizzate a vantaggio dello sviluppo integrale dei popoli e per la protezione dell’ambiente naturale. #Hiroshima75 (@Pontifex_it) racconto LA PAROLA DELLANNO Dentro le storie degli uomini e delle donne E Dio creò il tempo (e così il racconto) SERGIO VALZANIA A PAGINA 5 Solidarietà a una città sconvolta Ricostruire il porto per ricostruire la speranza PAGINA 3

Il mondo si mobilita Monito del Papa in soccorso di Beirut ferita ...€¦ · Il mondo si mobilita in soccorso di Beirut ferita BE I R U T, 6. Sono finora 137 i morti accertati e

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Page 1: Il mondo si mobilita Monito del Papa in soccorso di Beirut ferita ...€¦ · Il mondo si mobilita in soccorso di Beirut ferita BE I R U T, 6. Sono finora 137 i morti accertati e

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 179 (48.503) Città del Vaticano venerdì 7 agosto 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

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CO N T I N UA A PA G I N A 8

Aumenta il bilancio delle vittime della potente esplosione e la Caritas lancia un piano di aiuti

Il mondo si mobilitain soccorso di Beirut ferita

BE I R U T, 6. Sono finora 137 i mortiaccertati e 5.000 i feriti causati dalladevastante esplosione avvenuta mar-tedì pomeriggio nel porto di Beirut.Ma il bilancio, già tragico, è desti-nato da aggravarsi, considerato an-che il centinaio di dispersi e le con-dizioni di alcuni ricoverati. Gliospedali sono peraltro al collasso;molte strutture non riescono, infatti,a far fronte all’emergenza. Intanto ilmondo si sta mobilitando per orga-nizzare gli aiuti alla capitale libaneseferita.

«È una situazione terribile e disa-strosa e oggi ci troviamo nella con-fusione più totale» ha detto RitaRhayem, direttore di Caritas Liba-no, il cui staff si è immediatamenteattivato per soccorrere le personecolpite dall’esplosione. La confede-razione Caritas sta inoltre lanciandoun piano di emergenza coordinatodal segretariato generale di CaritasInternationalis per assistere imme-diatamente i feriti e le migliaia dipersone sfollate a causa del disastro.

«La situazione è critica — ha sottoli-neato Rhayem — e questa è la primavolta che affrontiamo un’e m e rg e n z adi tale portata. La situazione è apo-calittica, ma noi non ci fermiamo eandiamo avanti per aiutare tutte lepersone in difficoltà».

Anche il quartier generale di Cari-tas Libano è stato gravemente dan-neggiato dall’esplosione nel porto.Provvidenzialmente, fa sapere unanota, l’ufficio aveva chiuso poco pri-ma dell’esplosione e quindi nessunotra lo staff è rimasto ferito.

Il cardinale Leonardo Sandri, pre-fetto della Congregazione per leChiese Orientali, ha scritto ieri suTwitter: «Nostra Signora di Harissa,Regina del Libano, prega per il po-polo libanese! Il Signore concedaloro giustizia e pace!»

Anche l’Unione europea si è detta«pronta a rispondere alle esigenzepiù urgenti del Libano e a forniretutta l’assistenza necessaria» si leggein un comunicato. A tale scopo,Bruxelles «sta lavorando con i suoi

Stati membri per fornire sostegno ilpiù rapidamente possibile». O ffertedi aiuti e mobilitazioni sono stateofferte da vari Paesi, tra i quali so-prattutto Israele, Iran e Stati Uniti.

Oggi il presidente francese, Em-manuel Macron, è atteso nella capi-tale libanese per rendere omaggioalle vittime del disastro e in segnodi solidarietà al governo. Ieri il pri-mo ministro libanese Hassan Diab,ha fatto appello agli aiuti internazio-nali affermando che «stiamo assi-stendo a una vera catastrofe».

Intanto, si continua a scavare trale macerie alla ricerca dei dispersi.Le distruzioni maggiori si registranonei quartieri orientali vicini al porto:Mar Mikhael, Geitawi, Ashrafieh,Bourj Hammoud. Ma lo spostamen-to d’aria ha scardinato porte e man-

dato in frantumi finestre fino a chi-lometri di distanza. Il presidentedella Repubblica, Michel Aoun, haconvocato per oggi una riunionecon il governo, chiedendo che i re-sponsabili siano presto individuati.L’esecutivo ha chiesto alla magistra-tura di mettere agli arresti domicilia-ri tutti i responsabili che nel portohanno avuto a che fare con la ge-stione del nitrato di ammonio.

Gli analisti, intanto, sono ancoradivisi sull’origine dell’esplosione:molti parlano ancora di un possibileincidente o attentato. «Nessuno sala causa delle esplosioni di Beirut»ha detto ieri il presidente statuniten-se, Donald Trump, spiegando che lasua amministrazione «lavora al fian-co delle autorità libanesi».

Nel 75° anniversario della tragedia di Hiroshima

Monito del Papacontro il nucleare

A Santa Maria Maggiore nella festa della dedicazione della basilica

Il Pontefice prega ancoraper il Libano duramente provato

Per affidare all’intercessione della Salus Populi Romani «tante situazionidi dolore che gli stanno a cuore»; in particolare il «Libano, così dura-mente provato». Con questa intenzione Papa Francesco si è recato a San-ta Maria Maggiore nel pomeriggio di mercoledì 5 agosto, giorno della fe-sta della dedicazione della basilica liberiana. Lo ha reso noto una comu-nicazione della Sala stampa della Santa Sede, aggiungendo che il Ponte-fice ha fatto rientro in Vaticano poco dopo le 16.35.

Com’è noto Papa Bergoglio è molto devoto all’antica immagine maria-na, che visita regolarmente in diverse occasioni dell’anno, ad esempioprima della partenza e al ritorno dai suoi viaggi internazionali. Al puntoche dall’inizio del pontificato a oggi sono state oltre ottanta le volte incui ha pregato a Santa Maria Maggiore: la prima fu il 14 marzo 2013all’indomani dell’elezione; la più recente, il 15 marzo scorso, quando inpieno “lo ckdown” a causa del covid-19, vi compì un pellegrinaggio —conclusosi nella chiesa di San Carlo al Corso, dove si trova il miracolosocrocifisso che salvò Roma dalla peste — per invocare la fine della pande-mia.

FO CUS

P re g h i e r ae vicinanza concretadei vescovi europei

Tra crisi politicae tensioni sociali

ALL’INTERNO

Cent’anni fa nascevala scrittrice inglese P. D. James

Il thrillernon ammettelicenze poetiche

GABRIELE NICOLÒ A PA G I N A 4

Intervista di Vatican Newsal domenicano Claudio Monge

Santa Sofia sia fruibilecome simbolo di mondireligiosi diversi

PAGINA 6

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha annoveratotra i Membri del Consiglioper l’Economia gli Eminentis-simi Signori Cardinali: PéterE rd ő, Arcivescovo di Eszter-gom-Budapest; Odilo PedroScherer, Arcivescovo di SãoPaulo; Gérald Cyprien La-croix, Arcivescovo di Québec;Joseph William Tobin, Arci-vescovo di Newark; AndersArborelius, Vescovo di Stoc-kholm; e Giuseppe Petrocchi,Arcivescovo de L’Aquila; congli Illustrissimi Signori e leIllustrissime Signore: Profes-soressa Charlotte Kreuter-Kirchhof, Dottoressa Eva Ca-stillo Sanz, Dottoressa LeslieJane Ferrar, Dottoressa Ma-rija Kolak, Dottor AlbertoMinali, Dottoressa MaríaConcepción Osákar Garai-coechea, e l’Onorevole RuthMaria Kelly.

Il Santo Padre ha accettatola rinuncia al governo pasto-rale della Diocesi di NewUlm (Stati Uniti d’America),presentata da Sua EccellenzaMonsignor John Marvin Le-Vo i r.

Nominadi Vicario ApostolicoIl Santo Padre ha nomina-

to Vicario Apostolico di Ales-sandria di Egitto il Reveren-do Padre Claudio Lurati,M.C.C.I., finora Economo Ge-nerale della Congregazionedei Missionari Combonianidel Cuore di Gesù.

Beirut, il luogo dell’esplosione dalla finestra di un palazzo distrutto (Epa)

Sono trascorsi esattamente 75 annida quel 6 agosto 1945 in cui l’uma-nità sperimentò per la prima voltala potenza devastatrice della bombaatomica sganciata su Hiroshima.Affinché non si ripeta mai più la«distruzione di vite umane e di be-ni» prodotta dalle armi nucleari,Papa Francesco è tornato a denun-ciare come sia «immorale» non solo«l’uso» ma anche «il possesso» diqueste ultime, ripetendo le accorateparole pronunciate il 24 novembre2019 davanti al Memoriale della pa-ce edificato nella città giapponeseperché non si perda il ricordo diquell’o r ro re .

Lo ha fatto attraverso un messag-gio in lingua inglese indirizzato aHidehiko Yuzaki, governatore dellaprefettura di Hiroshima, in occasio-

tà, interi paesi» —, il Papa haespresso l’auspicio che «le voci pro-fetiche degli “hibakusha” p ossanocontinuare a servire da monito pernoi e per le generazioni future!».

Infine il messaggio del vescovodi Roma si conclude con l’invito —«per i sopravvissuti e per tutti colo-ro che lavorano per la riconciliazio-ne» — a ripetere «le parole del sal-mista: “Per i miei fratelli e i mieiamici io dirò: Su di te sia pace!”(Sal 122, 8)».

Anche il segretario generaledell’Onu, António Guterres, ha lan-ciato un appello per l’eliminazionedi tutte le armi nucleari. «Gli Statiche possiedono armi nucleari stan-no modernizzando i loro arsenali esviluppando nuove e pericolose ar-mi e sistemi di trasporto», ha detto

C o n g re g a z i o n eper la dottrina della fede

Nota dottrinalecirca la modifica

della formulasacramentaledel Battesimo

PAGINA 8

Azione ministeriale e celebrazione dei sacramenti

Trasmettere ciò che si è ricevutodi ANGELO LAMERI*

«A me è stato dato ogni po-tere in cielo e sulla terra.Andate dunque e fate di-

scepoli tutti i popoli, battezzandolinel nome del Padre e del Figlio edello Spirito Santo, insegnando loroa osservare tutto ciò che vi ho co-mandato. Ed ecco, io sono con voitutti i giorni, fino alla fine del mon-do» (Mt 28, 18-20). Le ultime paroledi Gesù agli undici discepoli sulmonte in Galilea contengono il man-dato del Risorto ai suoi, inviati a

rendere presente nel mondo la suamissione di salvezza. Tre sono glielementi fondamentali di questomandato: l’annuncio-insegnamentodel Maestro, che sfocia nel discepola-to, l’azione del battezzare, l’assicura-zione della costante e indefettibilepresenza del Signore accanto ai suoi.Fin dai suoi primi passi la Chiesadelle origini ha custodito il comandodel Signore annunciando ai popoliche Dio ha costituito Signore e Cri-sto quel Gesù che è stato crocifisso(cfr. At 2, 36), invitando alla conver-sione, battezzando e vivendo nellacarità di Cristo (cfr. At 2, 42-45). Nelcorso dei secoli, approfondendo sem-pre meglio il senso del suo essere edella sua missione, la Chiesa ha com-preso che mentre custodisce conamore ciò che sta all’origine del suoesistere, ne è a sua volta custodita.Proprio per questo ha fissato un ca-none delle Scritture e il settenario deiSacramenti: la Parola di Dio e i suoidoni di grazia sono indisponibili aogni manipolazione, perché nella Pa-rola e nel Sacramento Cristo stesso èpresente, parla alla sua Chiesa e agi-sce in essa, suo Corpo scaturito dalmistero della Pasqua (cfr. SC 5).

Nella complessa storia della comu-nità cristiana non sono però mancatitentativi di manipolazione del gesto

sacramentale, a volte anche in buonafede, con la motivazione di renderepiù comprensibile, o più aderente auna certa teologia, o più attenta aibisogni pastorali la celebrazione deisacramenti. Quando però questi in-terventi si sono spinti fino a toccarela sostanza dei sacramenti, la Chiesaè sempre intervenuta a custodire ciòche a sua volta ha ricevuto. È il casodella Nota dottrinale, oggi pubblicata,circa la modifica della formula sacra-mentale del Battesimo che accompa-gna la risposta al dubium che nega lavalidità del Battesimo conferito con

ne delle annuali cele-brazioni commemorati-ve della catastrofe. Ri-volgendosi agli orga-nizzatori e ai parteci-panti, in particolareagli “hibakusha” — isopravvissuti — il Papaè tornato a inchinarsidinanzi al dolore dellevittime, come fece an-che all’Hyp o centerpark di Nagasaki — laseconda città martire,devastata il 9 agosto ditre quarti di secolo or-sono — per mantenereviva e sempre attualela riflessione su «queiterribili giorni di guer-ra» tragicamente segnati dalloscempio prodotto dall’energia ato-mica usata per fini bellici.

«Proprio come lo scorso anno so-no venuto in Giappone come pelle-grino di pace, — ha scritto France-sco — continuo a conservare nelcuore il desiderio dei popoli del no-stro tempo, specialmente dei giova-ni, che hanno sete di pace e fannosacrifici per la pace». Inoltre, haaggiunto, «conservo anche il gridodei poveri, che sono sempre tra leprime vittime delle violenze e deiconflitti». E poiché dopo Hiroshi-ma e Nagasaki «non è mai statotanto evidente che, affinché prospe-ri la pace, tutti devono deporre learmi di guerra» — in special modoquelle «più potenti e distruttive»,ovvero gli ordigni «nucleari capacidi mutilare e distruggere intere cit-

in un messaggio inviato alla ceri-monia di Hiroshima. «Il rischio —ha concluso — che le armi nuclearivengano usate, intenzionalmente oper un incidente, è troppo alto per-ché questa tendenza prosegua».

Oggi, nel 75° anniversariodell’esplosione atomica

a Hiroshima, ricordiamo che le risorseusate per la corsa agli armamenti

potrebbero e dovrebbero invece essereutilizzate a vantaggio dello sviluppo

integrale dei popoli e per la protezionedell’ambiente naturale. #Hiroshima75

(@Pontifex_it)

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

Dentro le storiedegli uomini e delle donne

E Dio creò il tempo(e così il racconto)

SERGIO VALZANIA A PA G I N A 5

Solidarietàa una città sconvolta

Ricostruire il portoper ricostruirela speranza

PAGINA 3

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 venerdì 7 agosto 2020

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MADRID, 6. Aumenta la paura inEuropa e nel mondo per una possi-bile seconda ondata della pandemiadi coronavirus. Oltre 700 mila mortinel mondo, uno ogni 15 secondi solonelle ultime settimane; 18.585.774contagi in 210 Paesi. L’avanzata delcoronavirus sembra inarrestabile nel-la sua corsa ai record negativi.

La Spagna colleziona il dato peg-giore con il più alto numero di nuo-vi contagi dalla revoca del lockdowna giugno: nelle ultime 24 ore sonostati almeno 1.772. Dalla cifra sonoesclusi i dati di 2 regioni che non lihanno forniti, la Castiglia-Mancia e iPaesi Baschi. Lo rende noto «ElPaís», rilevando che il dato odiernoè in netto aumento rispetto al prece-dente. Si conta inoltre un solo nuo-vo decesso.

La Svizzera, a partire da sabato,imporrà una quarantena di 10 giorniper chiunque arrivi dalla Spagna. LaGrecia conta il più alto numero dicasi dal 22 aprile: 121. Il primo mini-stro ellenico Kyriakos Mitsotakis av-verte che nel suo Paese c'è troppa«noncuranza» nel rispetto delle mi-sure anti-covid, il che ha portato adun aumento significativo dei casi ne-gli ultimi giorni. In Romania simantiene alta la curva dei contagi. Idati relativi alle 24 ore parlano di1.309 nuovi casi, confermando il pes-simo trend delle ultime settimaneche fa del Paese balcanico uno deimaggiori focolai d’Europa. Ad Aber-deen, in Scozia, nuove restrizioni so-no state imposte per arginare il dif-fondersi dell’epidemia: pub e risto-ranti hanno ricevuto l’ordine dichiudere e ai potenziali visitatori sichiede di stare lontani dalla città.Oltre 200 dipendenti di un matta-toio a Staden, nel nord-est del Bel-gio, sono stati posti in quarantenaper la scoperta di una serie di casi.

Allerta anche in Germania. Salgo-no ancora i nuovi contagi da covid-19: 1045 nelle ultime 24 ore (erano740 ieri), secondo i dati riportati dalRobert Koch Institut alla mezzanot-te di ieri.

Stessa situazione in Italia. «Le re-gole essenziali tra cui il rispetto diun metro di distanziamento devonoessere necessariamente rispettate nei

luoghi chiusi» ha detto ieri il mini-stro della salute, Roberto Speranzadurante il question time in Parla-mento. «È però evidente che posso-no esserci eccezioni nel caso in cui ilComitato tecnico scientifico ricono-sca dei protocolli di sicurezza, esat-tamente come avvenuto per le com-pagnie aree, dove il sistema di ri-cambio d’aria consente un livello disicurezza anche senza gli evidenti li-miti di distanziamento».

Sul piano economico, da segnala-re che la Svezia, che ha scelto dinon imporre il lockdown durante ilperiodo peggiore della pandemia dacoronavirus ha registrato una contra-zione dell’economia dell’8,6% nelperiodo aprile-giugno rispetto ai tremesi precedenti. La stima dell’ufficiostatistico svedese — riporta la Bbc —indica che il Paese ha avuto una per-formance migliore rispetto agli altristati membri dell’Ue che hannoadottato misure più rigorose. È statacomunque la maggiore caduta neltrimestre degli ultimi 40 anni.L’Unione europea nel suo insiemeha registrato una contrazionedell’11,9% nello stesso periodo. Ma isingoli Paesi hanno avuto risultatipeggiori con la Spagna che ha regi-strato una contrazione del 18,5%,mentre le economie francese e italia-na si sono ridotte rispettivamentedel 13,8% e del 12,4%.Il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez (Ansa)

WASHINGTON, 6. Facebook e Twit-ter hanno bloccato un video delpresidente degli Stati Uniti, Do-nald Trump per aver violato le re-gole contro la disinformazione sulcoronavirus. Nel video veniva ri-presa un’intervista rilasciata dalpresidente alla rete Fox News, incui affermava che i bambini sono«quasi immuni» al covid-19.Trump aveva inserito questa affer-

mazione nell'affrontare il tema del-la riapertura della scuola in presen-za con il nuovo anno scolastico asettembre. Nonostante siano menosoggetti, i bambini possono co-munque contrarre la malattia e, co-me segnalato dal Centro nazionaleper il controllo delle malattie(Cdc), ci sono state vittime anchetra i minori. Oltre 240.000 bambinisono risultati positivi al nuovo co-ronavirus nel paese. Inoltre, diversistudi hanno avanzato la possibilitàche i bambini possano essere por-tatori di alti livelli del virus.

Il social network fondato daMark Zuckerberg, ieri, si è limitatoa rimuovere il contenuto, mentretwitter, il social più utilizzato dallostesso Trump, ha vietato all’ac-count del team della campagna delpresidente di fare nuovi post fino aquando non avrà eliminato il post.«Viola le regole di Twitter sulla di-sinformazione relative al covid-19»ha detto Liz Kelly, portavoce diTwitter, aggiungendo che «il pro-prietario dell’account dovrà rimuo-vere il tweet per poter nuovamentet w i t t a re » .

«I bambini hanno meno proba-bilità degli adulti di catturare il co-ronavirus», ha risposto CourtneyParella, portavoce della campagnadi Donald Trump, secondo cui ilpresidente ha solo dichiarato unfatto incontrovertibile. Secondo Pa-rella questa è «un’ulteriore provache la Silicon Valley è prevenutacontro il presidente», aggiungendoinoltre che «le regole vengono ap-plicate solo in un modo. I socialnetwork non sono gli arbitri dellaverità». Da tempo il presidenteTrump minaccia di cambiare la leg-ge che offre alle piattaforme digita-li una grande libertà in termini dimoderazione dei contenuti.

Crisi politicain Bulgaria

Il premier prontoa dimettersi

SOFIA, 6. Il primo ministro bulgaro,Boyko Borissov, ha annunciato, ieri,che è pronto a dimettersi per andareincontro alle richieste dei manife-stanti antigovernativi e porre così fi-ne alle tensioni sociali nel Paese.Borrisov chiede però che il suo gabi-netto, guidato dal partito di centro-destra Gerb, rimanga in carica finoalle prossime elezioni, previste per il2021. Le proteste nel Paese vannoavanti da quasi un mese. Gli opposi-tori lo accusano di corruzione e cat-tiva gestione delle finanze statali.

«Potrei ritirarmi subito, non vor-rei provocare tensioni», ha detto in-tervenendo alla conferenza nazionaledel suo partito Gerb, svoltasi ieri aSofia. «Non temo un governo ditransizione», ha aggiunto il premierin carica per il suo terzo mandatoconsecutivo, dichiarando che intendeevitare il collasso del governo e loscioglimento del Parlamento in unmomento in cui l’economia è statafortemente colpita dalla pandemia.Borissov ha però precisato che l’op-zione sarà comunque discussa con ileader dei due partiti nazionalisti,Vmro e Fronte per la salvezza dellaBulgaria, che fanno parte dell’allean-za di governo. Intanto ieri sono pro-seguite le proteste. I manifestantichiedono le dimissioni anche delprocuratore generale. Un gruppo digiovani hanno aggredito alcuni deimanifestanti e diversi giornalisti checoprivano l’evento. L’ufficio stampadel Gerb ha però preso le distanzedalle aggressioni.

Bando di gara per un’altra nave da crociera da destinare alla quarantena

Hotspot di Lampedusa al collasso

La nave Gnv Azzurra usata per la quarantena dei migranti a Porto Empedocle (Ansa)

Colombia divisa sugli arresti domiciliariall’ex presidente Uribe

Consegnati gli aiuti di Cei e Caritasalla Costa d’Avorio per far fronte al virus

Pompeo: nuovarisoluzione Usa

sull’e m b a rg odi armi a Teheran

WASHINGTON, 6. Gli Stati Unitipresenteranno la prossima settima-na «una risoluzione al Consiglio disicurezza dell’Onu», la quarta,«per prolungare l’embargo sullavendita di armi all’Iran». Lo ha an-nunciato ieri il segretario di statoUsa, Mike Pompeo, in una confe-renza stampa. Teheran — ha detto— resta «il più grande sponsor delterrorismo» nel mondo. Lo scorso31 luglio Pompeo aveva preannun-ciato che gli Stati Uniti avrebberopresentato una nuova risoluzionesull’embargo di armi all’Iran.

Il segretario di stato ha ancheannunciato che dal prossimo 11agosto sarà in Polonia, RepubblicaCeca, Slovenia ed Austria. «Saràun viaggio molto importante e pro-duttivo» ha affermato. Tra i temisul tavolo, il ritiro dei militari Usadalla Germania, annunciato pochigiorni fa dal presidente DonaldTru m p .

ROMA, 6. Non si ferma l’e m e rg e n z amigranti. Sale la tensione non soloper gli arrivi via mare e via terra,ma anche per il rischio covid tra iprofughi, nonostante il Viminaleabbia raddoppiato lo sforzo perisolare in quarantena chi sbarca sul-le coste siciliane, facendogli trascor-rere le due settimane di isolamentoprecauzionale lontano dalla terraferma. Sono sette, degli oltre 300arrivati l’altro ieri dalla tensostrut-tura di Porto Empedocle, gli immi-grati risultati positivi.

Per arginare il problema è statointanto emanato dal ministero perle infrastrutture e i trasporti unbando online di gara per reclutareun’altra nave da crociera da desti-nare all’assistenza e alla sorveglian-za sanitaria dei migranti soccorsi inmare o giunti sul territorio naziona-le a seguito di sbarchi, che affian-cherà la nave quarantena Gnv Az-zurra con a bordo già 350 migranti.La nave sarà destinata — fa sapereil Viminale — alle coste meridionalidella Calabria.

Resta alta la tensione anche nelCanale di Sicilia. La Gnv Azzurra —autorizzata dal dipartimento Libertàcivili del ministero dell’Interno — hafatto rotta, stanotte, verso il portodi Augusta (Siracusa) dove farà ri-fornimento di carburante e di viveri.È possibile che già in giornata, me-teo permettendo, si rimetta in viag-gio verso Lampedusa, dove dovràimbarcare gli altri migranti rimastinell’hotspot. Il centro di accoglien-

za è di nuovo al collasso con 900immigrati ospiti della struttura dicontrada Imbriacola che ne puòospitare solo 95. Non è, difatti, ba-stato il trasbordo dei 350 migranti.

Proseguono intanto i salvataggiin mare. La motovedetta “Zuara”

della Guardia costiera libica hasoccorso 66 persone, tra cui cin-que donne, che sono stati fattisbarcare ad al Khums (Homs). Sitratta soprattutto di africani pro-venienti da Nigeria, Sudan eGambia.

ABIDJAN, 6. Maschere di protezio-ne, gel idroalcolico, sterilizzatori erespiratori, termometri infrarossi ealtri strumenti. Sono gli aiuti con-segnati dalla Conferenza episcopa-le italiana (Cei) e della Caritas ita-liana agli ospedali della Costad’Avorio per fronteggiare l’emer-genza sanitaria causata dalla pan-demia da covid-19. La cerimonia siè tenuta, ieri, presso la parrocchiaSt. Laurent di Yopougon Kouté,affidata alla Comunità missionariadi Villaregia, e sede di uno degliospedali beneficiari degli aiuti

economici della Cei. Sono stati fi-nanziati in tutto 10 progetti.

Alla cerimonia hanno presenzia-to, tra gli altri, il nunzio apostoli-co in Costa d’Avorio, monsignorPaolo Borgia, e rappresentanti delministero della Salute, dell’O rga-nizzazione mondiale della sanità ele autorità amministrative locali.Lo scorso aprile la presidenza del-la Cei ha stanziato 6 milioni dieuro, ai quali sono stati aggiuntialtri 3 milioni a maggio, perl’emergenza coronavirus in Africae in altri Paesi poveri del mondo.

BO GOTÁ, 6. Il caso giudiziario ri-guardante l’ex presidente, ÁlvaroUribe, sta dividendo l’opinionepubblica colombiana. La Corte su-prema di Colombia ha emessomartedì una misura di arresti domi-ciliari per l’ex presidente — in cari-ca dal 2002 al 2010 e senatore dal2018 — con l’accusa di manipola-zione dei testimoni. La decisionedella Corte suprema contro il poli-tico colombiano più influente degliultimi 20 anni viene ritenuta senzaprecedenti nella storia del Paese,ed è stata criticata dai sostenitori di

Uribe, così come dai funzionari delgoverno del presidente Iván Du-que, che hanno messo in discussio-ne l’imparzialità di tale organo giu-diziario. Lo stesso Duque pubbli-camente ha difeso il suo predeces-sore ed è tornato a invocare una ri-forma della giustizia.

Uribe, risultato positivo al coro-navirus nelle ultime ore, ha dichia-rato su Twitter di provare «profon-da tristezza per mia moglie, per lamia famiglia e per i colombiani checredono ancora che ho fatto qual-cosa di buono per la patria».

Brasile: mortoper il covid

un altro leaderindigeno

BRASÍLIA, 6. Aritana Yawalapiti,71enne capo indigeno della tribùYawalapiti, famoso per il suo im-pegno nella lotta alla deforesta-zione dell’Amazzonia, è morto ie-ri per cause riconducibili al co-vid-19 dopo due settimane in te-rapia intensiva in un ospedale aGoiânia, nel Brasile centrale. Se-condo l’Associazione dei popoliindigeni del Brasile (Apib), piùdi 600 indigeni sono morti a cau-sa del coronavirus e oltre 20.000sono stati infettati nel paese.

Il ministero della salute brasi-liano ha ufficializzato ieri sera ul-teriori 1.437 decessi e 57.152 nuovicontagi nelle 24 ore precedenti. Ilnumero complessivo dei casi con-fermati di covid-19 nel paese èdunque salito a 2.859.073, mentreil totale delle vittime ha raggiun-to quota 97.256. Entro la conclu-sione della settimana il paese po-trebbe arrivare a 3 milioni di in-fezioni e superare le 100.000morti legate al covid-19.

Proprio sul numero dei decessialcuni esperti hanno ammessoche a questo ritmo la cifra rad-doppierà già in ottobre. Domin-gos Alves, professore della facoltàdi medicina dell’Università diSan Paolo ha rivolto critiche alleautorità, che a suo dire hanno"sacrificato la popolazione", ne-gando la pandemia.

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 7 agosto 2020 pagina 3

FO CUS

Il Paese in bilico tra crisi politica e tensioni sociali

Punto nevralgicodel Medio oriente

di FAU S TA SPERANZA

«S alvare la città di Beirut aldi là della politica e deiconflitti»: è l’appello del

patriarca di Antiochia dei Maroniti,cardinale Béchara Boutros Raï,all’indomani delle violente esplosio-ni nel porto che hanno lasciato lacittà «devastata», con 135 morti,4.000 feriti, dispersi e dubbi sulleresponsabilità. Il Libano sta attra-versando una gravissima crisi eco-nomico-sociale e «non è in gradodi far fronte a questa catastrofeumana». Da qui la richiesta accora-ta di aiuto del patriarca rivolta «atutti gli Stati del mondo». In que-stione c’è un territorio chiave, pun-to nevralgico di un contesto medio-rientale che non si è mai presentatocosì militarizzato dagli anni deiconflitti mondiali, teatro di con-fronti per corrispondenza di altrepotenze regionali, cartina tornasoledi contrasti che investono Oriente eO ccidente.

Le deflagrazioni, avvertite anchea Cipro, sembra siano avvenute perun tragico incidente nel deposito dinitrato di ammonio dove, però, c’èchi sostiene che ci fossero anche ar-mi. Secondo documenti citatidall’emittente Al Jazeera, funzionaridoganali avevano messo in guardiagià anni fa le autorità contro il«grave pericolo» rappresentatodall’enorme quantità del compostochimico utile in agricoltura ma an-che per produrre esplosivo.

In Libano gli interessi privatiprevalgono da anni sul bene comu-ne, come denunciano da tempo ivescovi che si sono uniti alle richie-ste di una svolta nel Paese alloscoppio delle proteste che, a otto-bre scorso, hanno visto sfilare insie-me cristiani e musulmani, gentemeno abbiente e professionisti diuna classe media falciata dalla crisi.

Cortei che non si sono mai fer-mati neanche al cambio di governoo durante il lockdown, che peraltroè ripreso dopo una pausa, a seguitodella nuova impennata di covid-19.I contagi nei dati governativi resta-no sempre più bassi di quelli cheospedali e centri per migranti de-nunciano, ma a questo punto è evi-dente la tragedia, se si considerache le strutture sanitarie erano qua-si al collasso prima che tre ospeda-li di Beirut fossero rasi al suolo ealtri due parzialmente distrutti.

Le devastanti esplosioni rappre-sentano una catastrofe per il Liba-no, ma anche uno scossone per lacomunità internazionale: non sipuò continuare a dimenticare ilPaese che è stato la “Svizzera delMedio oriente” e che nel default fi-nanziario rivela incapacità internema anche mutati equilibri di inve-stimenti e dunque di potere regio-nali.

E poi ci sono pagine di storia an-cora da completare: si aspetta ilverdetto del Tribunale speciale del-l'Onu sull’assassinio di Rafiq Hari-ri, il primo ministro ucciso, con al-tre 21 persone, in una esplosionesul lungomare di Beirut nel 2005.Per quell’atto terroristico sono stateprocessate in contumacia quattropersone, membri di Hezbollah, ilmovimento sciita e poi partito algoverno che però ha sempre negatole accuse.

Per rispetto alle vittime della ter-ribile esplosione l’annuncio del ver-detto è stato posticipato da domanial 18 agosto.

In ogni caso, dopo quindici anni,il verdetto arriva in un Paese colpi-to al cuore. Non può cadere nelvuoto l'invocazione del patriarca:«Non solo aiutare Beirut», ma «farsì che il Libano ritrovi il suo ruolostorico a servizio dell’uomo, dellademocrazia, della pace in Mediooriente e nel mondo».

Intervista al cardinale Jean-Claude Hollerich presidente della Comece

Preghiera e vicinanza concretaalla popolazione del Libano

Pubblichiamo l’intervista al cardinaleJean-Claude Hollerich, arcivescovo diLussemburgo e presidente della Comece,Commissione degli episcopati dell’Ue,rilasciata a Fausta Speranza per Vati-can News.

«A nome di tutti i vescovidell’Unione europea,condivido il dramma e la

tristezza della popolazione di Beiruta seguito delle orribili e mortaliesplosioni avvenute nel porto dellacapitale del Libano». Sono paroleespresse dal cardinale Jean-ClaudeHollerich, presidente della Comece,la Commissione degli episcopatidell’Ue, in un comunicato dopo latragedia delle esplosioni a Beirut,assicurando «le più sentite condo-glianze alle famiglie delle vittime e atutti coloro che hanno perso i propricari: amici, vicini, colleghi», elevan-do «preghiere per le anime dei de-funti e per la pronta guarigione deiferiti». Condividendo le parole diPapa Francesco, i vescovi europeipregano per il Libano «affinché, at-traverso la dedizione di tutte le suecomponenti sociali, politiche e reli-giose, possa affrontare questo mo-mento estremamente tragico e dolo-ro s o » .

«È naturale — spiega il cardinaleHollerich a Vatican News — p erchéil Libano è il nostro vicino. Ci sonotanti cristiani, tanti musulmani chevogliono vivere in pace in questoPaese, un Paese che è stato moltoprospero e ora è diventato moltopovero: la gente ha tante sofferenze… Non dobbiamo dimenticare cheil Libano ha accolto tanti profughi,che anche nella Chiesa in Europa cisono libanesi, così come nei nostriPaesi. Ad esempio, a Cipro, la Chie-sa cattolica di Cipro è la Chiesa ma-ronita: sono persone venute dal Li-bano. Quindi, in un certo senso,fanno parte dell’Europa e noi nelle

nostre preghiere, nell’aiuto concretonon dobbiamo dimenticare il Liba-no».

Eminenza, qual era l’impegno delleChiese europee anche prima di questat ra g e d i a ?

Naturalmente, nella Comece lavo-riamo per la pace e lavoriamo ancheper le relazioni tra l’Unione europeae il Libano; ma per quanto riguardail denaro, l’aiuto concreto è ogniChiesa nazionale che dà il suo con-

tributo. E sappiamo che ci sono tan-te Chiese in Europa che sono moltog e n e ro s e .

È importante anche un appello allacomunità internazionale a non dimenti-care il Libano? Questo piccolo Paeseche negli ultimi 30 anni è stato ba-luardo di pace e di convivenza, sembraun po’ dimenticato, a parte questa tra-gedia …

Sì, e anche dal punto di vista po-litico, della sicurezza. Penso che il

Libano sia importante per l’Unioneeuropea che ha tutto l’interesse adavere un Libano stabile, stabile dalpunto di vista politico e dal puntodi vista economico. Dunque, pensoche i politici, anche dell’E u ro p a ,debbano reagire perché è nell’inte-resse dei popoli europei che il Liba-no sia aiutato. Ma noi come cristianidobbiamo fare di più: non dobbia-mo agire per nostro proprio interes-se, ma dobbiamo agire con solidarie-tà e con amore, con carità.

Sembra non sia stato un atto voluto,ma un incidente: un incidente, comun-que, dove c’era un deposito con unaquantità spropositata di composto chi-mico utile per l’agricoltura ma ancheper creare esplosivi. In ogni caso, è an-che una tragedia ambientale: tornal’appello del Papa a un’attenzione agliequilibri tra uomo e natura…

È tanto importante: noi non ab-biamo ancora capito questo appellocosì importante. Vediamo che il ri-scaldamento della nostra Terra è piùveloce di quello che abbiamo pensa-to. Vediamo che ci sono incendi inAmazzonia: il 19 per cento in più ri-spetto all’anno scorso, se non sba-glio. Questo significa che dobbiamoagire, e vuol dire anche che noidobbiamo cambiare il nostro mododi vivere. È molto importante, per-ché noi abbiamo una responsabilitànei riguardi di questa Terra, abbia-mo una responsabilità nei riguardidelle generazioni future. E si capisceche, dove non c’è più stabilità poli-tica, dove ci sono tanti interessi di-versi, come accade attualmente inLibano, la situazione diventa moltopericolosa. Sappiamo che sono tantii Paesi che si trovano in situazionianaloghe, dunque bisogna agire a li-vello internazionale, per garantireche in Paesi a rischio non si verifi-chino incidenti di questo tipo.

La storia della capitale è strettamente legata a quella del suo scalo marittimo

Ricostruire il portovorrà dire ricostruire la speranza mediterranea

di RICCARD O CRISTIANO

Ancora all’inizio dell’O ttocentonessuno conosceva Beirut. Lecittà costiere del Levante era-

no altre. Beirut, insignificante forti-ficazione sul Mediterraneo, ebbeun’improvvisa fortuna per l’arrivodei primi missionari, che si insedia-rono sulle due colline vicine.

Quando cominciarono a collegarecon inusuali arterie idonee allo scor-rimento di traffico veloce i loro in-sediamenti con il vecchio borgochiuso, ebbe inizio uno sviluppo tu-multuoso e inatteso, che in pochitempi portò Beirut a passare da po-che migliaia di abitanti a più di cen-tomila. Al cuore del successo diquesto nuovo gioiello urbano ci fuun insieme di coincidenze. I missio-nari cristiani, primi protagonisti,crearono le loro università, le lorostrade di collegamento favorironoun nuovo tipo di costruzioni lungoi lati di quelle arterie che introdus-sero l’uso della finestra esterna pro-prio mentre arrivarono vapore e te-legrafo e illuminazione stradale.Questa contemporaneità di fattoriinnovativi fece di Beirut una cittàproiettata nel domani, nel commer-cio, nei collegamenti. Così il piccoloporto navale che aveva accolto i pri-mi missionari divenne in pochissimotempo un porto commerciale, cheun ruvido imprenditore europeo col-legò alla ferrovia che costruì tra Bei-rut e Damasco.

Proprio i suoi modi arroganti e“p a d ro n a l i ” favorirono la nascitadelle prime organizzazioni sindacali;i portuali di Beirut vinsero la lorobattaglia per la dignità del lavorocon scioperi e lotte che portarono incittà per la prima volta giornali evolantini. Erano anni che seguivanodi poco le feroci guerre della mon-tagna, che intorno a Beirut coinvol-sero soprattutto maroniti e drusi,portando tantissimi di loro in città.

Mentre la ferrovia era riuscita ad at-traversare quelle montagne malgra-do le battaglie, loro accorrevano aBeirut per cambiare vita, e il portoera l’asse centrale della loro nuovasperanza. È stato anche così che in-torno al porto di Beirut è nata unasocietà e una città che il suo grandestudioso, Samir Kassir, ha definitoaraba, moderna, europeizzata, medi-terranea. Il porto di Beirut dopo gliscioperi e i successivi contratti lavo-rativi è diventato il volano di unnuovo sistema di scambi che graziealla ferrovia ha legato la vecchia

Damasco, Beirut e l’Europa in unarete commerciale così concepita: icommercianti cristiani beirutini in-trattenevano le migliori relazionipossibili per tutti con i loro correli-gionari europei e quelli musulmanifacevano altrettanto con i loro corre-ligionari dell’interno, favorendo icommerci di tutti.

Così il porto di Beirut, con la suacelebre zona di quarantena, è dive-nuto il bacino cruciale per l’e m e rg e -re della più grande novità: la richie-sta di cittadinanza. È quel che rias-sume ancora oggi la lettera inviata,

dopo le riforme ottomane, da tutti inotabili di Beirut unitisi nella richie-sta alla Sublime Porta dello status dicapitale regionale. Richiesta sostenu-ta dalla stampa cittadina, dai leaderdei sindacati, dagli establishment re-ligiosi. La vita che per oltre un seco-lo si è dipanata intorno al porto diBeirut è stata la vita dell’altro Le-vante, quello che oggi sembra svani-re nel terribile rogo che ha cancella-to il porto di Beirut. Ricostruirlovorrà dire ricostruire la speranza me-diterranea.

Le reazioni della comunità internazionale

Solidarietàa una città sconvolta

BE I R U T, 6. Di fronte al dramma diun Paese sconvolto e di una cittàdistrutta, si moltiplicano i segnalidi solidarietà al Libano da partedella comunità internazionale. Il se-gretario generale dell’Onu, AntónioGuterres, ha «espresso le sue piùsentite condoglianze alle famigliedelle vittime» delle esplosioni aBeirut, augurando «una prontaguarigione ai feriti, inclusi diversimembri dello staff Onu nel Paese».In una nota, Guterres ha affermatoche «le Nazioni Unite continuanoad impegnarsi a sostenere il Libanoin questo momento difficile e stan-no assistendo attivamente nella ri-sposta all’incidente».

Sulla stessa linea l’Unione euro-pea. «Scioccato dai tragici eventi aBeirut. I nostri pensieri sono pergli uccisi e i feriti nell’esplosione, leloro famiglie e i soccorritori in pri-ma linea. L’Unione europea è soli-dale e pronta a sostenere in questeore» ha scritto il presidente del Par-lamento Ue, David Sassoli, in unmessaggio su Twitter. «Con spiritodi solidarietà, faremo tutto il possi-bile per aiutare il popolo libanese asuperare questa tragedia» ha di-chiarato ieri il presidente del Consi-glio europeo, Charles Michel, spie-gando di aver parlato col presidentelibanese Michel Aoun per esprimer-gli le più sentite condoglianze.«L’Europa — ha aggiunto il presi-dente del Consiglio Ue — è al fian-co del Libano, dopo le devastantiesplosioni di Beirut».

La Chiesa italiana è accanto alLibano anche in questo frangentecosì drammatico. Lo ha sottolineatoil cardinale Gualtiero Bassetti, arci-vescovo di Perugia - Città della Pie-ve e presidente della Cei, la Confe-renza episcopale italiana. «Sonoprofondamente turbato per la trage-dia che ha colpito la capitale delLibano, Beirut. La mia preghiera vaalle vittime, ai loro famigliari e allemigliaia di feriti» ha dichiarato il

cardinale. «Il Mediterraneo èun’unica grande famiglia e le suesponde sono unite l’una con l’altrada vincoli storici, culturali, religio-si».

Un segnale di solidarietà e vici-nanza è giunto soprattutto da Israe-le. «In nome del governo israelia-no, invio le nostre condoglianze alpopolo libanese» ha detto ieri ilpremier Benyamin Netanyahu inapertura di un suo intervento allaKnesset. Israele — ha aggiunto ilpremier — contatterà l’inviatodell’Onu in Medio oriente Nicklo-lay Mladenov per capire come pos-sa aiutare ulteriormente il Libanodopo la devastante esplosione avve-nuta nel porto di Beirut.

Ieri sera i ministri degli esteri edella difesa israeliani, Gabi AShke-nazi e Benny Gantz hanno annun-ciato di essere pronti ad inviare«aiuti umanitari e medici e imme-diata assistenza di emergenza» peril Libano.

Anche la Turchia, che ha già in-viato un cargo di aiuti nella capitalelibanese, e l’Iran hanno fatto saperedi essere vicino al popolo di Beirutin questo momento di difficoltà.«Condividiamo il dolore per la ca-tastrofe al porto di Beirut, che haportato all’uccisione e al ferimentodi molte persone» ha dichiarato laGuida suprema iraniana, Ali Kha-menei, in un messaggio riportatodall’agenzia Fars. L’Iran, ha ag-giunto Khamenei, «è al fianco dellanazione libanese». La Torre Azadidi Teheran è stata illuminata ieri se-ra con i colori della bandiera liba-nese, accompagnata dalla scritta:«Preghiamo per Beirut, preghiamoper il Libano».

Nel frattempo, a Beirut un mi-gliaio di persone, per lo più giova-ni, si è radunato ieri spontaneamen-te in piazza dei Martiri, per espri-mere vicinanza e cordoglio per levittime.

A Londra una manifestazione di solidarietà per la città di Beirut (Epa)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 venerdì 7 agosto 2020

di GABRIELE NICOLÒ

Il 1920 è stato senza dubbioun anno che ha segnato unasvolta per il romanzo polizie-sco. Venne infatti pubblicatoil primo giallo di Agatha

Christie, The Mysterious Affair atStyles (in cui già s’impone quella chesarà l’immarcescibile figura di Her-cule Poirot) e il 3 agosto nasceva P.D. James, ovvero colei che, tra i tan-ti presunti eredi della Christie, èl’unica, ad onor del vero, a risultareall’altezza, vertiginosa, della “re g i n adel giallo”. Cent’anni fa dunque na-sceva una donna destinata a lasciareun marchio indelebile nell’intrigantemondo della detective story. Ma nonsolo.

A riprova di un ingegno versatilee di una penna dal magistero impec-cabile, la James riuscì a realizzare uncapolavoro, I figli degli uomini, pub-blicato nel 1993 e ambientato nel2021, cioè per noi, adesso, a un pas-so dal futuro (dal romanzo è statotratto il film diretto, nel 2006, da Al-fonso Cuaron). Un futuro che lascrittrice descrive catastrofico: l’uma-nità è sterile e sembra dunque avvia-ta inesorabilmente all’estinzione. Delresto da ben venticinque anni nonnascono bambini sulla Terra. GliStati allora s’impegnano a prepararela loro testimonianza per una poste-

gli farà incontrare una donna, mem-bro di un gruppo di ribelli che sfi-dano il potere del dittatore, la qualelo coinvolgerà in piani sovversivi, inun crescendo di situazioni tanto sur-reali quanto affascinanti. Ma il sur-

romanzo, sembra baluginare: unadonna del gruppo è incinta e sta perpartorire. È questo il segno inequi-vocabile di un’umanità che si appre-sta a rifiorire?

Dopo aver lavorato al Diparti-mento di polizia e criminologia diLondra, ed aver fatto il giudice dipace, P. D. James (che fu anchemembro permanente della Cameradei Lord) decise di darsi alla scrittu-ra di romanzi polizieschi, impiegan-do le conoscenze — assai utili e fun-zionali — acquisite a lavoro. Esordì,nel 1962, con Copritele il volto, cui se-guiranno altri gialli, tra i quali, Unlavoro inadatto a una donna (1972),La torre nera (1973), Un gusto per lamorte (1986). Sono opere che hannoil merito non solo di intrigare il let-tore grazie a una trama coinvolgentee a un alone di mistero destinato aessere svelato solo all’ultima pagina(o quasi), ma anche di incantare invirtù di uno stile letterario di un’ele-ganza raffinata, che si specchia inuna prosa frondosa, ciceroniana, ric-ca di aggettivi, mai superflui, e sem-pre al posto giusto.

La sua era una prosa così signorileche un critico letterario — ricorda il«Daily Telegraph» — affermò cheera un peccato che la James sprecas-

se il proprio tempo e il proprio ta-lento nello scrivere gialli, quando in-vece avrebbe potuto aspirare a ungenere letterario più alto, come peresempio un romanzo classico, allaDostoevskij. Non si fece attendere lareplica della James, la quale fecepresente all’interlocutore quanto fos-se difficile dare vita a un romanzogiallo. Un’impresa che richiede «lamassima concentrazione» perché tut-ti i meccanismi si devono incastrarealla perfezione. Negli altri generi let-terari, usava rammentare la scrittrice,si può anche sbagliare qualche detta-glio: uno sbaglio che si potrebbe farpassare per “licenza poetica”. Ma ilgiallo non ammette nemmeno un er-rore: «Il lettore non te lo perdone-rebbe mai».

Se Agatha Christie aveva il suoPoirot (e Miss Marple, ben s’inten-de), P. D. James aveva il suo AdamDalgliesh, l’ispettore cui è affidato ilcompito di fare giustizia. È un poeta(anche lui, può sembrare ironico oparadossale, non ammette licenzepoetiche) e ama scrivere versi anchenel pieno di un’indagine sebbene es-sa assorba le sue migliori energie.Ma la sua indole poetica non lo ren-de in qualche modo più morbido neiriguardi delle brutture della società.Una volta individuato e catturato ilcolpevole, lo tratta con la dovuta se-verità, come se vedesse in lui (o inlei) il turpe e vile strumento che hasfregiato la bellezza e l’armonia delmondo. Proprio quella bellezza equell’armonia che i suoi versi cerca-no di rappresentare o, comunque, dievocare. A ben guardare c’è un pre-ciso legame che unisce Poirot e Dal-gliesh: entrambi vanno al di là deldelitto e si cimentano in riflessionisulla vita e sulla morte che non de-gradano mai nella retorica: al contra-rio, sono meditazioni incisive e illu-minanti. La differenza, semmai, èdata dallo stile linguistico. Quellodella Christie è sommamente spo-glio, quasi spartano, quello della Ja-mes è rigoglioso, quasi lussureggian-te. Ma il risultato è lo stesso.

Nell’ultima pagina del Pazienteprivato (2008), l’ultimo giallo in cuicompare Dalgliesh, a conferma diuna cifra narrativa che non si limitaa raccontare un omicidio e a illustra-re le dinamiche ad esso connesse,ma che scava in profondità, si legge:«Atti orribili vengono commessiogni minuto e alla fine muoionoquelli che noi amiamo. Se le urla ditutte le creature viventi convergesse-ro a formare un solo grido di dolore,sicuramente tale grido farebbe vacil-lare le stelle. Ma noi abbiamo l’amo-re. Potrebbe sembrare una fragile di-fesa da opporre agli orrori del mon-do, ma dobbiamo tenere duro e cre-dere in esso, perché è tutto ciò cheabbiamo». Una sorta di testamentospirituale che acquista una pregnan-za ancor più rilevante perché posta asuggello non di un saggio filosoficoo morale, ma di un thriller, di cui lascrittrice rivendica piena dignità let-teraria.

A riprova del suo stile forbito eimpregnato di rimandi culturali, c’è

il fatto che la James, già a partiredai primi gialli, tendeva a soffermar-si nella descrizione delle vetrate isto-riate delle chiese: descrizione degnadei migliori manuali di critica d’arte.Si racconta che il primo editore, en-tusiasta della trama, lo fosse moltomeno di questa pur colta divagazio-ne, tanto da ordinarne il taglio. LaJames ci rimase molto male ma do-vette scendere a un compromesso,altrimenti rischiava (la sua fama discrittrice doveva ancora diffondersi)di non vedere pubblicato il libro.Comunque non si perdette d’animo.E quando la notorietà le arrise intutto il suo fulgore, riprese a descri-vere, minutamente, le vetrate istoria-te delle chiese. Ma a quel puntol’editore di turno, ammesso che vo-lesse emendare il testo espungendola divagazione, non riteneva né sag-gio né redditizio intervenire. P. D.James era ormai diventata un’istitu-zione vivente e, in quanto tale, in-to ccabile.

Cent’anni fa nasceva la scrittrice inglese P. D. James

Il thriller non ammettelicenze poetiche

film di Wilder. Ciò che colpisce dell’atmo-sfera del film di Siodmak, è che la stagionedi speranza del New deal rooseveltiano, tra-scorsa non da molto, sembra già lontana se-coli. Il fatto di non vivere la guerra entro ipropri confini, attenua la percezione dellatragedia, ma accentua il senso di disorienta-mento, tanto più per un Paese che fino apochi anni prima credeva nel suo destino diilluminato isolazionismo. L’immagine di per-sonaggi transitori che attraversano lo scher-mo come fantasmi, avvolti da tenebre citta-dine che si sublimano in ombre esistenzialigrazie a set ancora ricostruiti in studio e dal-la valenza simbolica, sono una rappresenta-zione fedele di questo smarrimento.

Robert Siodmak e tutte le sfumature del cinema noir nella Hollywood degli anni Quaranta

Maestro delle ombre

A chi gli rimproverava di sprecareil suo cristallino talento e la sua penna di raffinata eleganzanella scrittura di un gialloP. D. James replicava che dare vita a un romanzo poliziescoè l’impresa più difficiledal momento che tutto deve incastrarsi perfettamenteNon è concesso sbagliare perché il lettore non perdonerebbe maianche il minimo errore

«Il sangue nei miei gialli è vero»diceva la scrittrice di Oxford

Una scena del film «I figli degli uomini» tratto dall’omonimo romanzo di P. D. James

La sua pellicola più famosa«La scala a chiocciola»è a dir poco avanti con i tempiVisivamente splendidasi concentrasu una manciata di immagini fortiche spiegano più di tante parole

legge, ma da un agente assicurativo che in-daga solo per far tornare i conti della suacompagnia. Se tuttavia si può dire che il ci-nema americano stia cominciando a rinun-ciare al manicheismo più facile, non si puòdire che stia perdendo di vista il confine frabene e male. Nei noir il crimine non pagamai. E l’identificazione dello spettatore conil protagonista delinquente — qui agevolataanche dalla presenza della star Burt Lanca-ster — di solito va di pari passo con una pa-rabola di espiazione. Negli anni immediata-mente successivi, completano uno splendidotrittico noir L’urlo della città (“Cry of the Ci-ty”, 1948) e Doppio gioco (“Criss Cross”,1948).

L’ultimo film importante di questo registache è stato un maestro del bianco e nero edi storie tenebrose, sarà viceversa un film co-loratissimo e spensieratamente demodé: ilcappa e spada piratesco Il corsaro dell’isolav e rd e (“The Crimson Pirate”, 1952). Unomaggio a un genere degli anni Trenta, e aquella Hollywood che aveva saputo acco-gliere e valorizzare il talento di tanti cineastiin esilio.«La scala a chiocciola»

di EMILIO RA N Z AT O

Forse nessun regista come RobertSiodmak ha saputo condensaresullo schermo l’atmosfera che sirespirava a Hollywood negli anniQuaranta. Un clima ovviamente

influenzato dalle angosce che l’America e ilmondo intero stavano vivendo in quell’ep o-ca, e che il regista tedesco di origini ebraicheaveva provato in prima persona, essendouno dei tanti artisti fuggiti oltreoceano dalnazismo.

A Hollywood Siodmak attraverserà tuttele sfumature del cosiddetto cinema nero,un’espressione con cui si indica il noir maanche i generi limitrofi, in virtù di una pa-rentela prima di tutto estetica che consistenell’uso abbondante di ombre, di un biancoe nero fortemente contrastato e di inquadra-ture composte in modo barocco. Un cinemache, pur rispettando i canoni hollywoodianidel prodotto di intrattenimento, porta con sénon solo i retaggi formali dell’e s p re s s i o n i -smo tedesco, ma, almeno in alcuni casi, an-che uno strascico del suo spirito tormentatoe allucinato. E questo proprio grazie all’ap-porto dei transfughi di origine germanica.

La carriera di Siodmak, nato a Dresda l’8agosto del 1900 e morto ad Ascona, in Sviz-zera, il 10 marzo 1973, comincia in patria conun film più che promettente, Gente di dome-nica (“Menschen am Sonntag”, 1930), sce-neggiato da Billy Wilder e firmato assieme aEdgar G. Ulmer, altro regista tedesco che fa-rà cose importanti nel cinema americano purrimanendo confinato nel sottobosco della se-rie B. Il talento di Siodmak, viceversa, saràquello di conciliare la rappresentazione diun clima opprimente e claustrofobico con iricchi mezzi delle produzioni hollywoodiane.I suoi film sono spettacoli visivamente son-tuosi che spesso coinvolgono i nomi più invista dello star system. Sotto la patina delprodotto adatto al grande pubblico, però,c’è la capacità di dire qualcosa di profondosulla realtà del drammatico momento stori-co.

Il primo film di successo della fase ameri-cana è Il figlio di Dracula (“Son of Dracula”,1943), uno degli episodi migliori del fortuna-to e prolifico ciclo gotico della Universal.Ma la mano di Siodmak comincia a ricono-scersi a partire dal successivo La donna fan-tasma (“Phantom Lady”, 1944). La storia,tratta da Cornell Woolrich, sulla carta è un

mystery su un soggetto fra l’altro già abusato,quello che vede un innocente invischiato pererrore in un crimine di cui viene accusato.Ma la descrizione di una metropoli inospita-le e tenebrosa traccia una coordinata fonda-mentale per il nascente noir, nell’anno deltrionfo del genere grazie a paradigmi comeLa fiamma del peccato (“Double Indemnity”,Billy Wilder), Ve r t i g i n e (“Laura”, Otto Pre-minger) e La donna del ritratto (“The Wo-man in the Window”, Fritz Lang). Questiultimi due, fra l’altro, hanno con il film diSiodmak l’evidente analogia di una donnache scompare, una figura vagamente fanta-smatica che permette di riconoscere una ma-trice sottilmente gotica e fantastica all’inter-no del noir prima maniera. Di lì a poco, in-vece, il discorso si farà più sociale e stretta-mente realistico, e si imporrà definitivamentenel genere il prototipo di dark lady spietata,cinica e pragmatica proposta viceversa dal

Due anni più tardi, Siodmak firma quelloche rimarrà il suo film più famoso, La scalaa chiocciola (“The Spiral Staircase”). Unthriller a dir poco avanti coi tempi su unodei primi serial killer del grande schermo.Visivamente splendido, è anche un esempiolampante del fondamentale apporto dei regi-sti europei al modo di girare strettamentenarrativo di Hollywood. In particolare, dellacapacità di visualizzare i fulcri tematici delracconto aggirando la tendenza didascalicadelle sceneggiature hollywoodiane dell’ep o-ca. Il film si concentra infatti su una man-ciata di immagini forti che spiegano più ditante parole: l’occhio dell’assassino che com-pare indisturbato negli anfratti più impensa-

bili degli appartamenti, la protagonista mutache appare senza bocca allo sguardo dellopsicopatico, l’eponima scala che si ritorce suse stessa, a suggerire la soluzione dell’identi-tà dell’assassino all’interno della stessa casain cui vive la protagonista. La rappresenta-zione della violenza, tuttavia, è ellittica esuggestiva, sulla scia degli horror della Rkoche avevano successo in quegli stessi anni. Ilfrequente ricorso alla litote visiva, però, fapensare anche a Lang e all’uso che questi neaveva fatto in M - il mostro di Düsseldorf. Inogni caso, il racconto di un serial killer didonne con disabilità che viene incastratoproprio da una donna con disabilità nonmanca di dire qualcosa di metaforicamente

I gangsters (“The Killers”, 1946), che traelo spunto iniziale da un racconto diHemingway, è forse l’esempio più perfetto dicosa si intende quando si parla di generenoir, e segna un ulteriore passo in avantiverso un cinema fatto di tenebre anche mo-rali. Anche più di quanto accade negli altricapostipiti del genere, il film è completa-mente privo di personaggi positivi. Il puntodi vista è infatti quello di un criminale cheassieme a una banda compie un colpo salvopoi essere ingannato dagli altri. E la contro-parte non è rappresentata da un tutore della

Nato a Dresda l’8 agosto del 1900il regista di origini ebraicheportò nei film uno strascicodel suo spirito tormentatoconciliando la rappresentazionedi un clima claustrofobicocon i ricchi mezzidella produzione hollywoodiana

rità a cui sono in pochi a credere.L’Inghilterra, dal canto suo, è rettada un dittatore che governa con di-spotico egualitarismo: i vecchi sonoincoraggiati a suicidarsi, gli immi-grati sono soggetti a schiavitù. Que-sto inquietante scenario è tramanda-to da Theodore Faron, docente alMarton College di Oxford e cuginodel governatore d’Inghilterra. Il caso

realismo — va sottolineato — nonsvapora in un vuoto cosmico: al con-trario, rivela una salda presa con larealtà, caricandosi per giunta di unadimensione profetica che, per certiversi, è dato ora di constatare a noilettori, che quel futuro immaginatodalla James lo viviamo adesso — conun alto grado di criticità — comepresente. Una speranza, alla fine del

illuminante su un mondosconvolto in cui fino a pochianni prima si farneticava dipurezza della razza.

Con Lo specchio scuro (“TheDark Mirror”, 1946), Siodmakfa riemergere un altro toposdel cinema espressionista, iltema del doppio, anche inquesto caso razionalizzato at-traverso la scelta realistica diuna semplice coppia di gemel-le, una crudele e assassina,l’altra buona e succube dellasorella. Anche se il film tienein tensione lo spettatoredall’inizio alla fine, non arrivaa essere un apologo sul latooscuro dell’animo umano, co-me gli omologhi espressioni-sti, e rimane piuttosto un am-mirevole risultato tecnico, coneffetti speciali semplici cheperò lasciano ammirati ancoraoggi, e che permettono diavere sul set una doppia Oli-via de Havilland anche all’in-terno di inquadrature moltocomplesse. Inoltre, è forse ilprimo film thriller con uncontrofinale inquietante, aconferma di come il manichei-smo hollywoodiano, nonché ilcodice Hays che lo sorregge-va, stavano ricevendo dal ci-nema nero un primo scossone.

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 7 agosto 2020 pagina 5

Dentro le storie degli uomini e delle donne

E Dio creò il tempo(e così il racconto)

Mediatrice tra mondi, regina delle facoltàUn saggio di Nicolas Steeves sull’immaginazione

Marc Chagall, «Pioggia» (1911)

Ciclo della creazione (Duomo di Monreale, particolare)

di MARCO TIBALDI

Per uscire dalla crisi pande-mica e più in generale perdisegnare il futuro all’in-terno di un tempo dicambiamenti radicali co-

me quello che stiamo vivendo è ne-cessaria l’immaginazione.

A torto considerata la «matta dicasa» come afferma Jean Paul Sartreo la fonte di pericolose derive comedenuncia Blaise Pascal, essa è unafunzione spirituale dell’animo uma-no indispensabile per potersi relazio-nare con Dio e con gli altri in modocreativo. Così per Charles Baudelai-re essa è «Facoltà misteriosa, questaregina delle facoltà! Essa coinvolgetutte le altre; le eccita le spinge allalotta. Talvolta, somiglia loro a talpunto da confondersi con esse, enondimeno è sempre assolutamentese stessa, e gli uomini che non nesono commossi si riconoscono facil-mente da non so quale maledizioneche dissecca le loro opere come il fi-co del Vangelo».

Per esplorarne e gustarne tutte learmoniche, oggi abbiamo a disposi-zione un importante testo del gesui-ta, docente alla Pontificia UniversitàGregoriana, Nicolas Steeves, G ra z i eall'immaginazione. Integrare l'immagi-nazione in teologia fondamentale ( B re -scia, Querinana, 2018, pagine 416,

euro 38) che disegna una mappa,per riscoprire la centralità di questacategoria. La filosofia se n’è accortafin dai suoi primordi e offre delleimprescindibili pietre di paragoneper la sua reintegrazione anche nellateologia e quindi nella vita spiritualedel cristiano.

L’immaginazione è essenzialmentemediatrice tra mondi, tra le dimen-sioni del reale e quelle del possibile.Per rimanere fedele a se stessa nondeve eccedere in un senso o nell’al-tro. È questa ad esempio la lezioneche Steeves raccoglie da Platone.Dopo averne ricostruito la comples-sa e articolata analisi in relazioneall’immaginazione afferma che «leimmagini del mondo mobile condu-cono al mondo eterno, purché man-tengano il loro rango di rappresenta-zione mediana. Il mezzo non deveprendersi per il fine: ecco un limiteda notare. A questa condizione, po-tremo integrare l’immaginazione inteologia fondamentale».

Il medioevo cristiano ha accentua-to l’analisi dei pericoli in cui l’imma-ginazione può incorrere, in quanto sitrova all'interno di un campo di for-ze positive e negative. Così Tomma-so «Come Bonaventura pensa che ildemone possa impadronirsi dell’im-maginazione: pietra di paragone filo-sofica per la teologia del discerni-mento spirituale delle immagini».

Con questo approccio viene inve-stigata anche la filosofia modernache rischia di esaltare l’immaginazio-ne oltre ogni limite, avendo postol'uomo al centro di tutta la realtà. ÈImmanuel Kant che però ne istruiscei limiti e ne fonda la capacità di ge-nerare modelli per la conoscenza eper la vita etica, per cui: «Quali pie-tre di paragone offre Kant alla no-stra teologia? Un’immaginazioneproduttrice, fonte di creatività e diespressione artistica, di conoscenze edi pensiero. E di che fondare l’im-maginazione paradigmatica, che cisarà utile tanto nella sistematica chenell'etica». La fenomenologia intro-duce poi il tema dei rapporti inter-personali «punto capitale in vista diun’immaginazione condivisa nellaChiesa».

Dal punto di vista più direttamen-te teologico, Steeves ricorda comel’immaginazione sia fondamentaleper intendere sia la rivelazione sia lafede. Dio si è rivelato infatti attra-verso un ricco repertorio immagina-tivo come testimonia ad esempiol’Ap o c a l i s s e . Nel bene e nel male,non a caso l’Ap o c a l i s s e è uno dei testiche ha avuto, al pari delle paraboleevangeliche, una grande risonanzaper la vita dei cristiani, per l’arte eper la cultura in genere. L’ultimo te-sto delle Scritture, grazie al largoimpiego dell’immaginazione, è oggi

particolarmente attuale poiché «gra-zie all’immaginazione di Giovanni,l’Ap o c a l i s s e ostacola l’egemonia cul-turale dell’Impero romano. Quest’ul-timo opera mediante un immagina-

rio ufficiale che bombarda i cristianicon la visione romana del mondo –un bombardamento a tappeto chenon può non ricordare l’egemoniaattuale dei grandi media e delle reti

sociali (...) di fronte a questo eccessodi immagini, l’Ap o c a l i s s e salva i cri-stiani fornendo “c o n t ro - i m m a g i n i ”che imprimono negli a u d i t o re s unavisione diversa del mondo». Solo ri-baltando l’immaginario corrente in-fatti è possibile che il cristianesimopossa risorgere.

Al centro di questa opera di rive-lazione attraverso l’immaginazionetroviamo l’imago Christi in quantoper Steeves «la forma del Cristo de-ve essere la fonte e il vertice dellanostra teologia». Per declinare ilrapporto tra Gesù e l’immaginazioneil nostro autore si serve di un riccoarmamentario desunto dalle riflessio-ni della fenomenologia di Jean LucMarion, integrata poi dallo sguardoteologico del cardinale John New-man e di Hans Urs von Balthasar.La rivelazione istituisce così ancheun dialettica feconda tra fede e im-maginazione in quanto «risponden-do a una Rivelazione salvifica, la fe-de aiuta a salvare l'immaginazionerendendola più reale e realista quan-to al sapere e più realizzatrice quan-to all'agire».

In questo modo, l’immaginazioneal servizio della rivelazione e dellafede diventa un potente quantoancora sottovalutato alleato perl’evangelizzazione missionaria che ciattende.

di SERGIO VALZANIA

Il primo capitolo del libro della Genesicondensa in 31 versetti i sei giorni del-la creazione. Il quarto di essi è dedi-cato agli astri del cielo e la loro fun-zione è indicata con precisione «siano

segni per le feste, per i giorni e per gli anni».È l’informazione più esplicita che abbiamo inrelazione alla creazione del tempo, la dimen-sione che insieme allo spazio ci accompagnaper tutta la nostra vita terrena.

Per tre giorni Dio si dedica esplicitamentea organizzare lo spazio, la materia, della qua-le siamo fatti, la sostanza misteriosa, dallanatura sfuggente delle cui leggi andiamo incerca con risultati eccelsi e scoperte al limitedell’incredibile. Da pochi decenni sappiamoche il nostro universo è composto solo per ilcinque per cento dalla materia e dall’e n e rg i ache i nostri sensi ci permettono di conoscere,per il resto si tratta di materia ed energiaoscura, della cui esistenza siamo informatisolo dagli effetti gravitazionali che misuria-mo. Senza di essi le galassie non si allontane-rebbero l’una dall’altra alla velocità impres-sionante che misuriamo mentre la forza cen-trifuga dovuta alla loro rotazione scagliereb-be stelle e pianeti nello spazio profondo.

Il tempo è più discreto nello stupirci, an-che se con la definizione della teoria della re-latività da parte di Albert Einstein il concettodi prima e dopo si è indebolito di molto el’illusione di uno scorrere continuo e costantedegli eventi è scomparsa.

Eppure abitiamo il tempo quanto lo spa-zio, e forse le modalità di esistenza di que-st’ultimo sono dovute alla sua immersionenel tempo. Senza di esso lo spazio non c’è,non siamo neppure capaci di raffigurarci unarealtà che non sia collegata alla dimensionetemporale. Anche nel bosco pietrificato dellaBella Addormentata «trascorsero giorni, mesie anni» prima dell’arrivo del principe.

Sappiamo che solo una rappresentazionemarcatamente antropomorfa della divinità lapone dentro il tempo: sono gli «dei falsi ebugiardi» a viverci insieme a noi. L’eternità èuna condizione altra rispetto a uno scorrereininterrotto e infinito di anni e di millenni. Iltempo costituisce uno degli architravi dellacreazione, donato all’uomo insieme all’esi-stenza, carattere proprio della sua chiamatadal nulla.

È il tempo che rende possibile il racconto,che permette di attribuire un inizio e una fi-ne alle vicende, di vedere al lavoro il princi-pio di causa ed effetto, di credere nel libero

arbitrio. Il tempo fa vivere il racconto in duemodi distinti e complementari.

Innanzi tutto è al suo interno che si artico-lano le storie degli uomini e delle donne.Diamo per scontato che le situazioni cambi-no, si sviluppino, passino da una condizionealla successiva attraverso fasi distinte mastrettamente collegate, che immaginiamo almodo di una sequenza cinematografica im-pressa sulla pellicola di celluloide ormai indisuso, serie lunghissima di fotogrammi chedifferiscono di pochissimo l’uno dall’a l t ro .La somma delle piccole differenze, dalla qua-le non è dato sfuggire, è ciò che ci conducedalla culla al letto di morte.

La vita che percepiamo come presente sisitua in uno solo dei fotogrammi, che subitoscompare per lasciare posto al successivo: lacatena non si rompe per la nostra capacità ditrasformare ciò che ci accade in racconto, co-sì da farne memoria. Anche quando riandia-mo al passato attraverso la visione di una so-la immagine, fissa, di un accadimento è il ri-cordo di quanto avveniva attorno a quell’uni-co scatto superstite che ce ne dà il senso e cispiega il perché della sua conservazione.

La nostra esistenza psicologica è costituitada un groviglio di racconti dei quali siamo iprotagonisti e i custodi, continuamente deditia una manutenzione e un restauro creativi.Siamo a immagine e somiglianza di Dio an-che perché collaboriamo alla creazione di noistessi, delle nostre identità e memoria.

Il racconto costituisce poi l’unico strumen-to di comunicazione, di scambio con i nostrisimili, che si trovi a nostra disposizione.Ogni bit di informazione che esce o entra nelnostro sistema conoscitivo trova il suo sensosolo all’interno di un contesto narrativo, perraccolto e sintetico che esso sia. Per parlaredi noi dobbiamo raccontarci e gli altri devo-no raccontarsi a noi per farsi conoscere.

Tutto questo è possibile perché esiste iltempo, creazione quasi nascosta di Dio: an-che il quarto giorno, all’apparenza, sembradestinato ad altre realizzazioni. Se guardiamobene però scopriamo che l’attività divina ul-teriore e parallela alla creazione de «le feste,i giorni e gli anni» consiste in un sempliceaggiustamento del sistema di illuminazionegià esistente, con la creazione del quale tuttoaveva avuto inizio. È come se quello che ri-guarda il tempo, e quindi la necessità di unospessore di durata, narrativo, per ogni espe-rienza umana, sia tenuto in disparte, con di-s c re z i o n e .

Eppure la sua capacità di determinazionedell’esistente è enorme. In presenza del tem-

po l’accadere prevale sull’essere, o almenocosì sembra. Emanuele Severino ha trascorsola vita a riflettere su questo e la fisica con-temporanea, come ha ricordato di recenteCarlo Rovelli nel fortunato L’ordine del Tem-po (Adelphi 2017), si interessa maggiormentedei fenomeni che delle entità, la cui defini-zione è elusiva, proprio perché, anche se dipochissimo, il tempo passa.

È di grande consolazione sapere che iltempo è un dono e non una condanna. I no-stri racconti non sono destinati a scomparire,a perdere di definizione e a cancellarsi comevecchie fotografie. Al contrario hanno unapermanenza garantita da Gesù Cristo, che at-traverso l’incarnazione visita e divinizza ciòche di per sé sarebbe effimero.

Il mistero centrale della creazione, attuata«per mezzo di Lui», consiste in questa ten-sione tra ciò che esiste e ciò che diviene, ciòche è per sempre e ciò che sembra affacciarsiappena per un attimo per scomparire subito.Ombra, sogno, apparizione. La fede consistenell’affidamento, nel dare fiducia, nel tuffar-si, nel ritornare bambini e riguadagnare lacapacità di lanciarsi nelle braccia dei genitori,di Dio, che non ci lascerà cadere. Nella con-vinzione che la confusione e l’ingiustizia cheabbiamo davanti agli occhi trovino in lui unsenso e una soluzione.

Questo incontro, delicatissimo, con ilCreatore si realizza nel tempo, che consentelo sviluppo di un rapporto tra finito e infini-to e permette il dispiegarsi delle virtù carita-tevoli di Dio, misericordia e pazienza, checompongono la sua giustizia, all’interno dellaquale non si trova neppure un'ombra dellospirito di vendetta, tristemente caro agli uo-mini.

Alla radice il racconto non è altro che losguardo di Dio sull’uomo attraverso il tem-po, come un entomologo che osserva le ali diuna farfalla attraverso la lente d’ingrandi-mento temporale, che è strumento dell’incon-tro e forse persino, non possiamo saperlo, diqualcosa di simile alla meraviglia di Dio perla sua creatura: il sentimento sorridente delgenitore quando vede il bimbo muovere iprimi passi o lo sente usare per la prima vol-ta e in modo appropriato una parola di usonon comune.

Anche per questo Papa Francesco ci diceche «Raccontare a Dio la nostra storia non èmai inutile: anche se la cronaca degli eventirimane invariata, cambiano il senso e la pro-spettiva. Raccontarsi al Signore è entrare nelsuo sguardo di amore compassionevole versodi noi e verso gli altri».

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

«Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazioneperché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone:storie che edifichino, non che distruggano;storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme»

(Papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali 2020)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 venerdì 7 agosto 2020

A colloquio con il domenicano Claudio Monge

Santa Sofia sia fruibile come simbolodi mondi religiosi diversi

«S anta Sofia è uno dei queisiti mondiali dalla bellez-za seducente, che parla

fortemente di Dio, e che dovrebbecontinuare a essere fruibile in tuttala sua pienezza e anche nella con-traddittorietà di una simbolica checonvoca universi religiosi e culturalidiversi». Padre Claudio Monge, 52anni, domenicano, responsabile delcentro del dialogo interculturale Do-St-I di Istanbul, cerca di leggere aldi fuori degli schemi e delle sempli-ficazioni quanto accaduto nelle ulti-me settimane, con la decisione delpresidente turco di riconvertire lagrande basilica bizantina in mo-schea. In questo lungo colloquiocon Vatican News, il religioso ricapi-tola le principali tappe della storiadi quel monumento che sono legatealle cruente divisioni tra i cristianiprima della conquista turca.

Padre Monge, può ripercorrere breve-mente la storia della basilica di SantaSofia?

È impossibile ripercorrere la storiastraordinaria e travagliata nello spa-zio di poche righe. L’edificio mae-stoso consacrato nel 537 dall’imp era-tore Giustiniano non era il primo asorgere in quel sito. La prima chiesa,conosciuta come la Grande chiesa,fu costruita da Costantino o più pro-babilmente da Costanzo II e venneinaugurata nel 360. L’edificio era apianta basilicale con copertura li-gnea e fu dedicato al Logos, festeg-giato il 25 dicembre, diventando la

dell’effetto mistico di una luce chesembra generata dalla basilica stessae che sembra annullare la consisten-za e il peso delle strutture. L’edificiofu inaugurato il 27 dicembre del 537dall’imperatore e dal patriarca Euti-chio e divenne il fulcro delle cerimo-nie imperiali e soprattutto delle in-coronazioni. Sollecitata da una seriedi terremoti che colpirono Costanti-nopoli fra il 553 e il 14 dicembre del557 la cupola principale crollò com-pletamente durante il terremoto del7 maggio 558, distruggendo l’a l t a re ,il ciborio e l’ambone. L’imp eratoreordinò un immediato ripristino, affi-dando i lavori a Isidoro il Giovane,che utilizzò materiali più leggeri edelevò la cupola di altri 6,25 metri,conferendo all’edificio la sua altezzainterna attuale di 55,6 metri. Questaricostruzione, che dette all’edificio ilsuo attuale aspetto, terminò nel 562.

Fin dall’inizio della sua storia è statodunque un luogo dove trono e altare sisono intrecciati?

Sì, come già accennato, sotto lasua cupola erano incoronati gli im-peratori e, secondo la tradizione, ilgiorno della sua inaugurazione nel537, Giustiniano ammirandola avreb-be esclamato «Salomone, ti ho supe-rato!». Benché quest’allusione a Sa-lomone sia messa in dubbio da alcu-ni studiosi, è certo che una tale pro-dezza architettonica rispondeva piùa logiche di affermazione del presti-gio imperiale che non a un puro edisinteressato culto alla grandezza e

mo inferto a una civiltà cristiana an-cora grande, che da allora non saràpiù la stessa. Politicamente parlan-do, l’Impero bizantino è sempre sta-to un forte baluardo per gli europeirispetto alle popolazioni dell’est:averlo indebolito sarà questione fo-riera di molti guai in futuro. D’a l t rocanto, l’Impero latino dimostra lasua effimera consistenza fin da subi-to. L’Europa occidentale è lontana enon sembra prendersi carico più ditanto della sua sopravvivenza. Senon fosse stato per il convinto ed es-senziale sostegno di Venezia sarebbeprobabilmente finito anche prima,accorciando così la sua pur breve vi-ta.

Quali sono state le conseguenze di que-sti eventi per il mondo cristiano?

Dal punto di vista della cristianitàil bilancio è ben diverso. Per il papa-to la fine traumatica dello scisma ela riunione delle Chiese non sonomai state una vera realtà. Non vi èalcun dubbio che il trafugamento diun numero enorme di reliquie (ognichiesa, ogni santuario, ogni mona-stero di Costantinopoli aveva dellereliquie di grande importanza spiri-tuale che hanno fatto della capitalebizantina una delle mete principalidel pellegrinaggio religioso), le spo-liazioni degli edifici ecclesiastici e, ingenerale, la crudeltà dei crociati sa-rebbero stati un ricordo indelebileche avrebbe scavato un solco ancorapiù profondo rendendo la divisioneintra-cristiana ulteriormente comple-ta e definitiva.

Si arriva così alla riunione delle Chieseche sembra sancire la fine dello scisma.Ma dopo pochi mesi Costantinopoli vie-ne conquistata dal sultano.

Il 12 dicembre del 1452, alla pre-senza del cardinale Isidoro patriarcalatino di Costantinopoli, apposita-mente giunto da Roma, l’e s t re m adebolezza di Bisanzio offriva l’o cca-sione di realizzare l’unione delleChiese, con una liturgia che sancisceformalmente la fine dello scismaorientale iniziato nel 1054. Ma que-sta unione è intesa come un atto disottomissione della Chiesa orientale.Il corollario di questa riconciliazionedoveva essere un’assistenza militarematerializzata da una crociata controi turchi, da settimane in assedio del-la città. Ma questo aiuto non arrive-rà mai e, in ogni caso, alla gerarchiadella Chiesa ortodossa ripugnaval’idea di questa sottomissione, tantoda considerare la penetrazione arabaislamica come un male minore, pernon parlare di un’alternativa più in-coraggiante e culturalmente anchemeno estranea. La testimonianza diMichele il Siriano, monaco giacobita(monofisita) della fine del XII secolo,è un esempio eloquente, e tutt’a l t roche isolato, di questo stato d’animo.Egli saluta, senza mezzi termini, i fi-gli d’Ismaele venuti dal sud per laliberazione dei cristiani orientali. Il29 maggio 1453, in Santa Sofia entratrionfalmente Maometto II per sanci-re la presa di possesso dell’intera cit-tà, di cui la basilica era il cuore. Infondo, il sultano rappresenta la tra-duzione islamica della gestione cesa-ropapista del potere che per secoliaveva caratterizzato l’Impero bizan-tino: l’idea che Eusebio di Cesarea,alla fine del III secolo, applicavaall’Impero costantiniano, di unaprovvidenziale evoluzione dell’uma-nità dove l’unità politica assicuratadalla Pax romana era condizione ne-cessaria per la costruzione dell’unitàreligiosa di tutto l’orbe allora cono-sciuto. Per Maometto II, sono ora gliottomani i veri continuatori e preser-vatori dell’eredità bizantina a pretesauniversale e trans-culturale.

Un messaggio che non appare in lineacon una visione nazionalista e sovrani-sta…

Di più, questa interpretazione uni-versalistica è l’esatto contrario di unavisione nazionalista e sovranista delpotere. In questo senso, è stata cla-morosa e molto contestata, anche dadiverse voci in Turchia, la forzaturasimbolica di tutta la celebrazione diriapertura al culto islamico di SantaSofia avvenuta il 24 luglio 2020: dal-la retorica dell’intervento del presi-dente del Diyanet (ministero degliaffari religiosi) con tanto di spadanella mano sinistra (conformementealla tradizione della conquista otto-mana, dove la spada nella mano si-nistra significava “pace”) e in cimaal minbar (cattedra della predicazio-ne, in tempi moderni sempre menousata nelle moschee, un po’ come i

vecchi pulpiti delle chiese), al cantodella sura Fatiha (l’“A p re n t e ” o pri-ma sura del Corano, che compendial’essenza del libro sacro islamico) edei primi cinque versetti della suraal-Baqara (o della “Giovenca”, chepromette prosperità a coloro che se-guono la via del Signore), intonatidal capo dello Stato in persona.

Torniamo al quindicesimo secolo: SantaSofia ha influenzato l’arte e l’a rc h i t e t -tura islamica?

Il sultano conquistatore Maomet-to II sarebbe rimasto lui stesso stupi-to e soggiogato dallo splendoredell’edificio, tanto che, narrano lefonti, avrebbe colpito un soldato ac-cecato dal fanatismo che si accanivacontro il pavimento marmoreo fran-tumandolo. In fondo, l’incompatibi-lità iconografica del luogo, con uncontesto di preghiera islamico chenon ammette immagini, non potevaeliminare la straordinaria attrattivaestetica di un capolavoro dell’arte.Questa attrattiva sarà in qualchemodo assecondata, almeno architet-tonicamente, esercitando un’influen-za irresistibile sugli architetti otto-mani, dal grande Sinan che curò lacostruzione della moschea di Soli-mano al suo allievo SedefkârMehmed Ağa, cui si deve invecel’erezione della splendida MoscheaBlu. Insomma, la basilica che erastata il centro cultuale dell’imp erobizantino continuò a mantenere que-sto ruolo prestigioso durante tuttol’Impero ottomano, i cui sultani mo-strarono sempre attenzione per l’edi-ficio che aveva sfidato i secoli, cono-scendo, tra l’altro, già in contestocristiano, un periodo totalmente sen-za immagini, corrispondente alla cri-si iconoclasta del VII-VIII secolo. Edè proprio in nome di questo caratte-re di modello architettonico, chesfida i secoli e attraversa le culture ele religioni, che Santa Sofia è statariconosciuta dall’Unesco come pa-trimonio dell’umanità, auspicando,sin dal 2002 con la «Dichiarazionedi Budapest», sottoscritta anchedalla Turchia, che siano rispettatedirettive per un giusto equilibrio traconservazione, sostenibilità e svilup-po e per meglio tutelare il bene uni-versale.

Veniamo alla decisione di Atatürk, chenel 1934 trasforma la basilica diventa-ta moschea in un museo…

Ritengo che la scelta di MustafaKemal Atatürk, che da uomo politi-co estremamente pragmatico avevaintuito l’estrema pericolosità di ri-vendicazioni religiose retaggio diuna storia complessa ed estrema-mente “litigiosa”, di trasformareSanta Sofia in museo rappresentasse,e rappresenti tutt’ora, l’unico mododi preservarne non solo la straordi-naria fattura architettonico-artistica,ma anche il valore simbolico e il ri-cordo tangibile di questo passatocomplesso e stratificato che abbiamocercato di ripercorrere. Certo, molticredenti — sia cristiani che musulma-ni — non la pensano allo stesso mo-do. Mi sembra però svilente per unaqualsiasi cultura, e ancora più in uncontesto religioso, identificare matu-rità storica o potenza di una rivela-zione o di un credo professato conla quantità di bandierine appuntatesu una carta geografica, e con spazie simboli monopolizzati con l’esclu-sione dell’a l t ro .

Padre Monge, la scelta di far ritornare

Santa Sofia una moschea dopo quasiun secolo ha suscitato reazioni anchenel mondo islamico. Perché?

Globalmente non ci sono statemeno reazioni negative nel mondoislamico che in Occidente. In unabuona parte del mondo arabo isla-mico, infatti, i sogni “neo-ottomani”risvegliano storici sospetti che si tra-ducono — dal Cairo a Riad — in di-chiarazioni di censura anche teologi-ca per una riappropriazione islamicache infrangerebbe la sacralità di unluogo di culto originariamente deifedeli delle religioni del Libro, che ilprofeta dell’islam ha sempre intima-to di rispettare.

In Occidente c’è chi ha parlato di sfre-gio alla cristianità. Che cosa ne pensa?

La maggior parte degli occidentaliche hanno parlato di sfregio alla cri-stianità lo hanno fatto al netto diuna storia di contrapposizioni, soffe-renze e ferite tra cristiani spesso to-talmente sconosciuta. Esiste un’inter-pretazione ideologica della storianon solo dei vincitori ma nella qualepiù frequentemente cadono i vinti, oi minoritari, quando fanno della loroappartenenza religiosa un elementoidentitario reazionario e trasformanola protezione dei luoghi di culto edei loro monumenti storici in generecome parte di una preservazione no-stalgica del passato. Ora, come cre-denti, indipendentemente dalla no-stra fede di appartenenza, dovrem-mo insorgere di fronte alla tendenzaa trasformarci in meri custodi di mo-numenti o luoghi di culto, per difen-dere lo statuto di testimoni di unafede viva che non è semplice ereditàdi una storia passata ma interpella ilpresente e ci trasforma in pietre viveal cuore della storia, che mai po-tranno essere sequestrate a serviziodi semplici fini terreni. Come ricor-dava solo pochi mesi fa lo stessopresidente turco Tayyip Erdoğan, imusulmani a Istanbul hanno oltre3.500 moschee per pregare e alcunitra i più grandi edifici di culto isla-mico al mondo, che hanno semprerivaleggiato per grandezza e splen-dore con quelli delle città santedell’islam. Al tempo stesso, pur ri-spettando la forte contrarietà che lariattivazione di Santa Sofia al cultoislamico ha suscitato, soprattuttonel mondo ortodosso e in particola-re quello greco, non possiamo di-menticare che da oltre 560 anni icristiani non celebrano sotto le voltedel capolavoro bizantino.

Che cosa si augura per il futuro diSanta Sofia?

Vorrei sottolineare, a proposito dichi afferma che un luogo di cultotrasformato in museo è ferito nellasua essenza, che migliaia di capola-vori dell’arte che rimangono luoghidi culto non sono necessariamentel’ambito più adatto per l’intimitàdella vera preghiera. Tuttavia nonpossiamo sottovalutare l’imp ortanzadel Bello perché la bellezza è un no-

me di Dio e questo per i cristiani co-me per i musulmani. E la bellezza,in quanto esperienza e non sempliceidea, è propedeutica all’incontro spi-rituale: ci fa sentire che c’è “un dipiù” dentro le cose, è fessura apertasul di più, sull’oltre, sul mistero,sull’infinito. Onestamente, non mi èmai parsa realistica la prospettiva diun utilizzo interreligioso del sito diSanta Sofia. Per esperienza persona-le, dubito fortemente che ci sarebbe-ro le condizioni anche solo per unutilizzo ecumenico degli spazi sacri:ci vorrebbe una maggior formazionesulle rispettive specificità rituali perimparare quell’attenzione rispettosaalle sensibilità dell’altro in modo chela condivisione degli spazi non di-venti progressiva occupazione deglistessi, con crescenti disagi per la loropiena fruizione. Ma credo ferma-mente all’importanza di luoghi che“elevino” l’uomo al mistero di unatrascendenza che convoca e non di-vide. Santa Sofia è uno di quei sitimondiali dalla bellezza seducente,che parla fortemente di Dio, e chedovrebbe continuare a essere fruibilein tutta la sua pienezza e anche nellacontraddittorietà di una simbolicache convoca universi religiosi e cul-turali diversi. In questo caso, il mo-numento è scrigno di bellezza, scuo-la della diversità arricchente.

C’è stato anche chi ha considerato lariconversione in moschea di Santa So-fia come un colpo mortale inferto aldialogo tra cristianesimo e islam. Checosa ne pensa?

Molti lo hanno detto. Altri, piùspecificatamente, hanno affermatoche la decisione del Governo turcosconfessa apertamente la dichiarazio-ne di Abu Dhabi del 2019. Rispettoma non condivido questi giudizi. Alcontrario, mi pare che questo indu-bitabile nuovo momento di tensione,questa apparente battuta d’arresto aldialogo, confermino il fatto che, co-me ricorda il Documento sulla fra-tellanza umana, esso non è possibilesenza incontro fraterno, e non è pos-sibile incontro fraterno senza educa-zione e conoscenza reciproca e dellastoria di ciascuno. Ad Abu Dhabi siè fatto un salto di qualità decisivo,parlando di cittadinanza inclusiva edi rispetto delle diversità come sa-piente volontà divina, oltre che po-tenziale ricchezza per le nostre so-cietà. I capolavori plurisecolaridell’arte sono luoghi essenziali delracconto della propria storia in dia-logo con il racconto della storia de-gli altri. Certo, questo racconto devemunirsi di un linguaggio appropria-to, spesso tutto da creare. È una ri-cerca faticosa di nuove parole edesperienze comprensibili in quantoanalogiche e non equivoche. In unaprospettiva credente, ci si rende con-to che non si può accedere al conte-nuto della fede che attraverso l’usodi proposizioni-mediazioni per natu-ra inadeguate e perfettibili. Si toccacon mano la povertà dello spiritoumano, ma non del contenuto dellafede in quanto tale. Si concretizzal’atto del teologare rinunciando allapretesa di disporre dell’oggetto perlasciarsi interrogare dalla presenzadell’altro, cristiano o meno, credenteo meno.

Lei vive da tanti anni a Istanbul.Quali reazioni ha registrato agli eventidelle scorse settimane?

Ne cito una soltanto. Un amicoturco musulmano pochi giorni fa miscriveva di provare una profonda tri-stezza per il fatto che la fruibilità diSanta Sofia verrà drasticamente ri-dotta, perché contemplando svariatevolte questo capolavoro, nella suastoria complessa e stratificata, avevaimparato proprio l’importanza deldialogo.

Che cosa gli risponderà?

Vorrei dirgli che ora potrà davverofare tesoro di questo apprendimento,continuando a coltivare le sue rela-zioni interreligiose con persone incarne e ossa, perché il dialogo conti-nua a essere possibile nell’i n c o n t ro .

nuova cattedrale. Questa prima basi-lica fu distrutta da un incendio nel404. Teodosio II costruì una secondachiesa, sempre seguendo l’impiantobasilicale con tetto in legno proget-tato dall’architetto Rufino. L’edificiovenne inaugurato il 10 ottobre 415,ma venne ridotto in cenere durantela rivolta di Nika, grave insurrezionescoppiata a Costantinopoli nel 532 eche per poco non costò il trono e lavita allo stesso Giustiniano. Di que-sto secondo edificio è stata scavatasolo una parte del colonnato delportico, a una quota più bassadell’attuale, e restano i monumentaliframmenti scultorei architettonici deltimpano del protiro. Pochi giornidopo la distruzione della secondabasilica, l’imperatore Giustiniano de-cise di edificare una nuova basilicacompletamente diversa, più grande epiù maestosa rispetto a quelle deisuoi predecessori.

Una basilica maestosa e capolavoro dibellezza…

I lavori vennero affidati a Isidorodi Mileto e Antemio di Tralles. Lefasi della costruzione vengono de-scritte da Procopio, che rimarca ilcostante interesse e la partecipazionedell’imperatore alle diverse fasi co-struttive e al procacciamento dei ma-teriali preziosi. La chiesa fu ricono-sciuta già all’epoca come una grandeopera di architettura, soprattutto perla maestosità della sua cupola che inorigine era circa 7 metri più bassa diquella attuale e circondata alla baseda un anello di finestre la cui luce lafaceva apparire “sosp esa” verso ilcielo. Procopio di Cesarea parlerà

maestà divina. Insomma, religione,potere, politica, prestigio, sono sem-pre stati delle dimensioni imprescin-dibili della storia di Santa Sofia enon danno solo la misura deglieventi più recenti. A propositodell’intrecciarsi di eventi storico-poli-tico e religiosi, in Santa Sofia pren-de avvio nel 1054, con la deposizionesull’altare della scomunica del pa-triarca Cerulario da parte del delega-to del Papa, il grande scisma tra laChiesa d’Oriente e quella d’O cci-dente; in Santa Sofia lo splendoredella liturgia ortodossa induce allaconversione il popolo russo.

Si può affermare che quella basilica èstata un luogo simbolo delle divisionicruente tra i cristiani?

Santa Sofia conosce anche la terri-bile ed effimera rivincita dell’O cci-dente cristiano, all’epoca della quar-ta crociata del 1204. Impossibile quiapprofondire le cause del clamorosocambiamento di obiettivo di unaspedizione militare che avrebbe do-vuto portare alla liberazione delSanto Sepolcro e non al sacco diCostantinopoli. Ma è certo che,nell’ampio quadro della storia mon-diale, le conseguenze per l’Europa diquesto evento storico sono statepiuttosto disastrose sia da un puntodi vista etico e morale che da unpunto di vista politico. Lo storicoSteven Runciman lo annovera tra ipiù gravi crimini contro l’umanità.Non si tratta infatti solo della distru-zione e dispersione di una quantitàincredibile di tesori del passato rac-colti e conservati in mille anni distoria, ma anche di un colpo durissi-

Mosaico in Santa Sofia con al centro il Cristo Pantocratore

Lutto nell’episcopato

Il vescovo John Chang Yik, emerito di Chunchon, in Corea, è morto nelpomeriggio di mercoledì 5 agosto, dopo una lunga malattia. Nato il 20novembre 1933 a Seoul, era stato ordinato sacerdote il 30 marzo 1963. L’11novembre 1994 era stato nominato vescovo di Chunchon e il successivo 14dicembre aveva ricevuto l’ordinazione episcopale. Il 28 gennaio 2010 ave-va rinunciato al governo pastorale della diocesi. Era stato anche consulto-re del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Le esequie saran-no celebrate sabato 8 agosto nella cattedrale di Chunchon, dove sarà se-polto nella cripta dei vescovi.

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 7 agosto 2020 pagina 7

Suggerimenti e indicazioni pastorali in un volume di Fabrizio Casazza

Il meraviglioso mondo...del vescovo

di BRUNO BIGNAMI

Dei vescovi si interessano tutti.Dalle voci di corridoio quan-do si tratta di nomine per se-

di episcopali vacanti alla curiositàper un nuovo piano pastorale dioce-sano, dal commento circa lo stile divita di un prelato al desiderio chel’episcopato intervenga su una que-stione etica che sta a cuore. Non c’èbisogno di scandali per parlare diloro! Eppure, la figura del vescovosoffre di solitudine: si tace circa lasua formazione, le sue fatiche pasto-rali, la sua mole di lavoro. Si dà perscontato che una persona, nel mo-mento stesso in cui riceve l’o rd i n a -zione episcopale, sia già automatica-mente all’altezza del compito rice-vuto. Essere vescovo richiede unaserie di responsabilità, che forse nebasterebbe la metà per non dormiresonni tranquilli la notte.

La Libreria Editrice Vaticana hada poco pubblicato l’i n t e re s s a n t evolume di Fabrizio Casazza, sacer-dote alessandrino, che cerca di ana-lizzare il ministero episcopale sottol’aspetto del governo. Il libro, Lesfide del governo pastorale. In ascoltodei Vescovi italiani (Città del Vatica-no, Libreria Editrice Vaticana, 2020,pagine 342, euro 20) accende il farosul vescovo non tanto dal punto divista teologico — su questo esisteuna ricca letteratura — quanto sulversante pastorale e umano. Da par-roco e teologo morale, Casazza nontrascura di andare sul concreto, deli-neando la complessità della vocazio-ne episcopale all’interno della Chie-sa. La prima parte della ricercaprende in esame la figura del vesco-vo diocesano. Le qualità che si ri-chiedono per i candidati all’episco-pato sono analizzate sul versanteumano: una spiritualità astratta nonaiuta, se non trova nella capacità direlazioni profonde il punto cardinedel proprio ministero. Il vescovo, insintesi, accanto al ministero liturgi-co, deve saper progettare i bisognipastorali, amministrare le risorseeconomiche, innovare nella gestionedelle risorse umane e nei processiorganizzativi, sapersi muovere nelcampo della comunicazione. C’èuna montagna di responsabilità das c a l a re .

La parte teorica è seguita daun’analisi empirica attraverso unquestionario inviato a tutti i vescoviitaliani, in carica o emeriti. Le rispo-ste ricevute sono diventate per l’au-tore motivo di riflessione e di pro-posta. I temi del questionario sonoquelli affrontati nella prima partedel testo, ma l’abilità dell’autore sivede nell’evitare complicazioni agliintervistati. Conoscendo probabil-mente la ritrosia in ambienti eccle-siastici a sottoporsi a indagini trop-po complesse, Casazza ha giocatod’anticipo con un questionario mol-to semplice, diretto, che non richie-de tempi lunghi per la compilazio-ne. Questi fattori possono avere in-coraggiato diversi presuli italiani acontribuire all’esito positivo della ri-c e rc a .

Chi pensa che il libro sia un ma-nuale per il vescovo, rimane deluso.Chi invece intende avere una foto-grafia dei problemi che i vescovi ita-liani si trovano ad affrontare nelpresente e tra qualche anno, ha a

disposizione uno scatto ben riuscito.L’autore alterna alcune sue conside-razioni con citazioni recenti di PapaFrancesco, testi presi dai Padri dellaChiesa, riferimenti ad alcuni maestridi spiritualità e richiami ai docu-menti del magistero. Una ricchezzadi tutto rispetto. Se tutto ciò si con-disce con un linguaggio accattivantee coinvolgente, il menù è servito: losi legge tutto d’un fiato, può esserepreso in mano anche da non addettiai lavori, che si mostrano curiosi dientrare nel mondo ecclesiastico, percomprendere potenzialità e proble-mi dell’autorità.

da». Parole sante. Per vivere unaChiesa vicina alla gente non bastaun correttivo di facciata che mostricome presentabile la struttura eccle-siastica. Si pensi all’affidamento insolido di più parrocchie a più preti,con il rischio di sovraccaricare il mo-deratore del peso della burocraziaamministrativa e della manutenzionedegli immobili. «Bisogna propriostudiare, docili alla luce dello Spiri-to, qualcosa di nuovo». Tra le possi-bili strategie operative, vi è anche lanecessità di far crescere la consape-volezza dell’importanza della corre-sponsabilità tra clero e laicato. Facilea dirsi, più complicato è renderla

Il cardinale arcivescovo di Buenos Aires per la festa di san Gaetano Thiene

Aprire le portea speranza e provvidenza

«C i troviamo in un mo-mento difficile, con po-co tempo e molta ango-

scia. La questione del lavoro è unapreoccupazione di tutti i genitori»,ma «quando si aprono le porte delsantuario si apre anche la speranzae la provvidenza», perché Dio nonlascia mai soli coloro che lo cercanoattraverso i suoi santi. Anche trami-te san Cayetano Dio ha mostrato«tante grazie materiali e spirituali dicui abbiamo bisogno per continuarea camminare». Nel messaggio invia-to ai fedeli per la festa di san Gae-tano Thiene, sacerdote, fondatoredei teatini, che ricorre il 7 agosto,l’arcivescovo di Buenos Aires, cardi-nale Mario Aurelio Poli, ricorda «ilsanto patrono del pane e del lavorocosì caro e così vicino al popolo ar-gentino». In particolare l’arcidio cesiporteña, lo sottolinea lo stesso por-porato, «ha il privilegio di averedue grandi santuari dedicati» a sanCayetano (nei quartieri di Liniers edi Belgrano) che «ricevono folle ilgiorno 7 di ogni mese e specialmen-te il 7 agosto», quando si comme-mora la morte del santo vicentinoavvenuta a Napoli nel 1547. Que-st’anno la pandemia di coronavirusnon consentirà ai fedeli di parteci-pare in presenza alle messe che sa-ranno tuttavia trasmesse sulla pagi-na Facebook del santuario di SanCayetano a Liniers, sul relativo ca-nale YouTube e alla radio.

Il momento economico per l’Ar-gentina non è dei migliori. Un ac-cordo raggiunto in extremis fra go-verno e creditori ha evitato il de-fault avviando la fase di ristruttura-zione dei circa 67 miliardi di dollaridi debito. Poli ha invitato i cittadinia pregare dalle proprie case, accen-dendo una candela per san Cayeta-no, perché «Dio sa ascoltare la pre-

ghiera dei devoti ovunque si trovi-no. Che questo pellegrinaggio nonsia con i piedi ma con il cuore», haaggiunto, auspicando che Gesù«possa trasformare questa angosciain speranza, perché, se c’è tristezzanelle case per ciò che stiamo sof-frendo, non manchi la gioia dellafede. Possa il Signore concedercitutto questo, e soprattutto che nonci manchi ciò che è necessario per ilcibo, il lavoro, la salute in ogni ca-sa».

L’immagine di san Cayetano arri-vò nella zona di Liniers (il più notodei due santuari situati a BuenosAires) nel 1875 grazie alle Figlie del

Divin Salvatore che fondarono unacappella e una scuola dedicata alpatrono della provvidenza. La devo-zione divenne popolare dopo la cri-si degli anni ’30, quando il parrocoDomingo Falgioni organizzò unapastorale che promuoveva la venera-zione del santo “del pane e del la-v o ro ”. Fu lo stesso Falgioni, all’ep o-ca direttore spirituale dei Círculosde Obreros Católicos, a stampareuna nuova immagine che incorpora-va all’iconografia “ufficiale” la spigadi grano. I favori sorti dalla pre-ghiera a Cayetano aumentarono ra-pidamente la fiducia nella sua divi-na intercessione. (giovanni zavatta)

Il tema della leadership è il casoserio dell’episcopato. Richiede la ca-pacità di relazioni umane mature,ma anche un profondo senso del di-scernimento. Dalla scelta dei colla-boratori alle quotidiane decisionipastorali e amministrative un vesco-vo è sempre sul punto di prenderedecisioni. Più che autorità serve au-torevolezza. Rimane attuale l’obbli-go di residenza per accompagnare ladiocesi nelle sue stagioni e per cu-stodire una relazione costante tra ilpastore e il gregge. Non è tempo di“vescovi di aeroporto”, come sugge-risce il Pontefice. Accanto alle ne-cessarie virtù, ben messe in evidenzada Casazza, alcuni richiami risulta-no particolarmente efficaci: una spi-ritualità solida, la formazione teolo-gica, la capacità di orientarsi nelladottrina sociale della Chiesa, lo spi-rito di servizio. Tra il padre padronee il pastore solitario è più appro-priato pensare a un padre che è alservizio della comunità diocesana.

Il volume è costellato di piccolisuggerimenti, di sagge indicazionipastorali, di attenzioni da non di-menticare. Non si tratta di insegnareai vescovi come si esercita il ministe-ro, ma di condividere le trasforma-zioni relazionali che questa stagioneecclesiale presenta. Mi permetto diriprendere due riflessioni che nel li-bro trovano maggiore approfondi-mento, ma che mi sembrano illumi-nanti. La prima è di guardarsi dallaretorica sulla sinodalità. L’o rg a n i z -zazione ecclesiale va ripensata: icambiamenti in atto in molte dioce-si con le unità pastorali non posso-no essere frutto della diminuzionedelle vocazioni. Siccome siamo conl’acqua alla gola e rimangono par-rocchie scoperte, ecco la soluzionedegli accorpamenti, unità o comuni-tà pastorali, parroci in solido, ecce-tera. Ma non bastano. Molte speri-mentazioni per fortuna stanno cer-cando di percorrere strade alternati-ve. Le strategie organizzative risulta-no inefficaci se non incidono sullaformazione dei laici perché riscopra-no la comunione e la corresponsabi-lità della missione evangelizzatrice.In sostanza, è più facile dire che vi-vere la sinodalità. È difficile incam-minarsi in questa direzione se nor-malmente si consultano le persone adecisioni già prese, se l’ascolto ècondizionato dal tentativo di con-cludere secondo il proprio pensiero,se il dialogo è parvenza senza realecondivisione. Tra il «decido tutto ioe voi obbedite» al «fate voi permantenermi le mani pulite» c’è lafatica della corresponsabilità condi-visa. Alla sinodalità ci si allena gior-no dopo giorno. Non si improvvisa,altrimenti finisce per diventare unaparola vuota, senza contenuto.

La seconda riflessione riguarda lescelte pastorali e il discernimento suicollaboratori. «Il biglietto da visitadi chi dirige — scrive Casazza — ècostituito da coloro di cui si circon-

operativa nel concreto. È il tempo disperimentare strade nuove.

La lettura della ricerca che fal’autore è utile a comprendere cheessere pastori nella Chiesa non èimpresa per supereroi solitari, ma èfrutto di una paternità che accettadi fare i conti con i propri limiti e lapropria vulnerabilità. Proprio perquesto la leadership episcopale noncoincide con il generale al comandodelle proprie truppe. È piuttosto unatto d’amore che diviene cura, mise-ricordia, umiltà nel discernere e nelservire il popolo di Dio che gli è af-fidato. Il suo “pensarsi con” e il suo“vivere al servizio” (leadership co-munionale e inclusiva) sono priori-tari rispetto al controllo di tutto ciòche si muove sul territorio diocesa-no. Le sfide del governo pastoralesono innanzi tutto questione di cuo-re e d’anima. Pagine di spiritualitàda scrivere. Scelte pastorali da con-dividere. Questo è il meravigliosomondo del vescovo diocesano. Lavita della Chiesa non appare maicome un noioso dejà vu. Deo gra-tias!

NominaepiscopaleClaudio Lurati

vicario apostolicodi Alessandria d’Egitto

È nato il 21 febbraio 1962 a Co-mo. E sempre nella città lombar-da ha concluso i suoi studi licea-li. È entrato poi nella congrega-zione dei missionari combonianidel Cuore di Gesù e ha intrapre-so gli studi di filosofia e teologia.Nel 1985 ha emesso i voti tempo-ranei. Ha conseguito il baccalau-reato in teologia al Tangaza uni-versity college di Nairobi, in Ke-nya, e il 27 marzo 1989 ha emessoi voti perpetui. Ordinato presbi-tero il 23 dicembre 1989 a Lipo-mo (Como), ha completato laformazione con un corso sull’am-ministrazione dei beni organizza-to dal Centro nazionale economidi comunità. Nei primi anni disacerdozio si è dedicato allastampa missionaria. Quindi nel1995 è stato inviato nell’attualeSud Sudan. Nel 1997 ha iniziatola sua missione in Egitto, doveha svolto il ministero parrocchia-le fino alla nomina, nel 1999, avice superiore della delegazionecomboniana. Per poi esserne ilsuperiore dal 2002 al 2007. Almomento stava svolgendo il com-pito di economo generale dellasua congregazione.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 venerdì 7 agosto 2020

Congregazione per la dottrina della fede

Nota dottrinale circa la modificadella formula sacramentale del BattesimoRecentemente vi sono state ce-

lebrazioni del Sacramento delBattesimo amministrato con

le parole: «A nome del papà e dellamamma, del padrino e della madri-na, dei nonni, dei familiari, degliamici, a nome della comunità noi tibattezziamo nel nome del Padre edel Figlio e dello Spirito Santo». Aquanto sembra, la deliberata modifi-ca della formula sacramentale è stataintrodotta per sottolineare il valorecomunitario del Battesimo, peresprimere la partecipazione della fa-miglia e dei presenti e per evitarel’idea della concentrazione di un po-tere sacrale nel sacerdote a discapitodei genitori e della comunità, che laformula presente nel Rituale Romanoveicolerebb e1. Riaffiora qui, con di-scutibili motivazioni di ordine pasto-rale2, un’antica tentazione di sosti-tuire la formula consegnata dallaTradizione con altri testi giudicatipiù idonei. A tale riguardo già sanTommaso d’Aquino si era posto laquestione «utrum plures possint si-mul baptizare unum et eundem» al-la quale aveva risposto negativamen-te in quanto prassi contraria alla na-tura del ministro3.

Il Concilio Vaticano II asserisceche: «Quando uno battezza è Cristostesso che battezza»4. L’affermazionedella Costituzione sulla sacra liturgiaSacrosanctum Concilium, ispirata a untesto di sant’Agostino5, vuole ricon-durre la celebrazione sacramentalealla presenza di Cristo, non solo nelsenso che egli vi trasfonde la sua vir-tus per donarle efficacia, ma soprat-tutto per indicare che il Signore è ilprotagonista dell’evento che si cele-bra.

La Chiesa infatti, quando celebraun Sacramento, agisce come Corpoche opera inseparabilmente dal suoCapo, in quanto è Cristo-Capo cheagisce nel Corpo ecclesiale da lui ge-nerato nel mistero della Pasqua6. Ladottrina dell’istituzione divina deiSacramenti, solennemente affermatadal Concilio di Trento7, vede così ilsuo naturale sviluppo e la sua auten-tica interpretazione nella citata affer-mazione di Sacrosanctum Concilium. Idue Concili si trovano quindi incomplementare sintonia nel dichia-

rare l’assoluta indisponibilità delsettenario sacramentale all’azionedella Chiesa. I Sacramenti, infatti,in quanto istituiti da Gesù Cristo,sono affidati alla Chiesa perché sia-no da essa custoditi. Appare qui evi-dente che la Chiesa, sebbene sia co-stituita dallo Spirito Santo interpre-te della Parola di Dio e possa in

una certa misura determinare i ritiche esprimono la grazia sacramenta-le offerta da Cristo, non dispone deifondamenti stessi del suo esistere: laParola di Dio e i gesti salvifici diCristo.

Risulta pertanto comprensibile co-me nel corso dei secoli la Chiesa ab-bia custodito con cura la forma cele-

brativa dei Sacramenti, soprattuttoin quegli elementi che la Scritturaattesta e che permettono di ricono-scere con assoluta evidenza il gestodi Cristo nell’azione rituale dellaChiesa. Il Concilio Vaticano II hainoltre stabilito che nessuno «anchese sacerdote, osi, di sua iniziativa,aggiungere, togliere o mutare alcun-ché in materia liturgica»8. Modifica-re di propria iniziativa la forma cele-brativa di un Sacramento non costi-tuisce un semplice abuso liturgico,come trasgressione di una norma po-sitiva, ma un vulnus inferto a untempo alla comunione ecclesiale ealla riconoscibilità dell’azione di Cri-sto, che nei casi più gravi rende in-valido il Sacramento stesso, perchéla natura dell’azione ministeriale esi-ge di trasmettere con fedeltà quelloche si è ricevuto (cfr. 1 Cor 15, 3).

Nella celebrazione dei Sacramenti,infatti, il soggetto è la Chiesa-Corpodi Cristo insieme al suo Capo, che simanifesta nella concreta assemblearadunata9. Tale assemblea però agi-sce ministerialmente — non collegial-mente — perché nessun gruppo puòfare di se stesso Chiesa, ma divieneChiesa in virtù di una chiamata chenon può sorgere dall’interno dell’as-semblea stessa. Il ministro è quindisegno-presenza di Colui che radunae, al tempo stesso, luogo di comu-nione di ogni assemblea liturgicacon la Chiesa tutta. In altre parole,il ministro è un segno esteriore dellasottrazione del Sacramento al nostrodisporne e del suo carattere relativoalla Chiesa universale.

In questa luce va compreso il det-tato tridentino sulla necessità del mi-nistro di avere l’intenzione almenodi fare quello che fa la Chiesa10.L’intenzione non può però rimaneresolo a livello interiore, con il rischiodi derive soggettivistiche, ma siesprime nell’atto esteriore che vieneposto, con l’utilizzo della materia edella forma del Sacramento. Tale at-to non può che manifestare la comu-nione tra ciò che il ministro compienella celebrazione di ogni singoloSacramento con ciò che la Chiesasvolge in comunione con l’azione diCristo stesso: è perciò fondamentaleche l’azione sacramentale sia com-

piuta non in nome proprio, ma nellapersona di Cristo, che agisce nellasua Chiesa, e in nome della Chiesa.

Pertanto, nel caso specifico delSacramento del Battesimo, il mini-stro non solo non ha l’autorità di di-sporre a suo piacimento della formu-la sacramentale, per i motivi di natu-ra cristologica ed ecclesiologica so-pra esposti, ma non può nemmenodichiarare di agire a nome dei geni-tori, dei padrini, dei familiari o degliamici, e nemmeno a nome della stes-sa assemblea radunata per la cele-brazione, perché il ministro agisce inquanto segno-presenza dell’azionestessa di Cristo che si compie nel ge-sto rituale della Chiesa. Quando ilministro dice «Io ti battezzo…» nonparla come un funzionario che svol-ge un ruolo affidatogli, ma operaministerialmente come segno-presenzadi Cristo, che agisce nel suo Corpo,donando la sua grazia e rendendoquella concreta assemblea liturgicamanifestazione «della genuina natu-ra della vera Chiesa»11, in quanto «leazioni liturgiche non sono azioniprivate, ma celebrazioni della Chie-sa, che è sacramento di unità, cioè

popolo santo radunato e ordinatosotto la guida dei vescovi»12.

Alterare la formula sacramentalesignifica, inoltre, non comprenderela natura stessa del ministero eccle-siale, che è sempre servizio a Dio eal suo popolo e non esercizio di unpotere che giunge alla manipolazio-ne di ciò che è stato affidato allaChiesa con un atto che appartienealla Tradizione. In ogni ministro delBattesimo deve essere quindi radica-ta non solo la consapevolezza di do-ver agire nella comunione ecclesiale,ma anche la stessa convinzione chesant’Agostino attribuisce al Precur-sore, il quale «apprese che ci sareb-be stata in Cristo una proprietà taleper cui, malgrado la moltitudine deiministri, santi o peccatori, che avreb-bero battezzato, la santità del Batte-simo non era da attribuirsi se non acolui sopra il quale discese la colom-ba, e del quale fu detto: “È lui quel-lo che battezza nello Spirito Santo”(Gv 1, 33)». Quindi, commenta Ago-stino: «Battezzi pure Pietro, è Cristoche battezza; battezzi Paolo, è Cristoche battezza; e battezzi anche Giu-da, è Cristo che battezza»13.

Risposte a quesiti propostisulla validità del Battesimo

conferito con la formula«Noi ti battezziamo

nel nome del Padre e del Figlioe dello Spirito Santo»

QUESITI

Primo: È valido il Battesimo conferito con la formula:«Noi ti battezziamo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spiri-to Santo»?

Secondo: Coloro per i quali è stato celebrato il Battesimocon la suddetta formula devono essere battezzati in formaassoluta?

RISPOSTE

Al primo: Negativamente.

Al secondo: Affermativamente.

Il Sommo Pontefice Francesco, nel corso dell’Udienza concessaal sottoscritto Cardinale Prefetto, in data 8 giugno 2020, ha ap-provato queste Risposte e ne ha ordinato la pubblicazione.

Dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede,il 24 giugno 2020,nella Solennità della Natività di san Giovanni Battista.

LUIS F. CA R D. LADARIA, S.I.P re f e t t o

GIACOMO MORANDIArcivescovo tit. di Cerveteri

S e g re t a r i o

Trasmettere ciò che si è ricevutoCO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Rescriptum ex audientia Ss.micirca la giurisdizione dei patriarchi

cattolici orientali sulla Penisola arabicaTenuto conto delle prerogative stori-che della giurisdizione dei PatriarchiCattolici Orientali nella PenisolaArabica, su loro espressa richiesta ein vista di un maggior bene spiritua-le per i loro fedeli,

dopo aver sottoposto ad appro-fondita e prolungata riflessione lamateria, regolata finora dal Rescrip-tum ex Audientia Ss.mi del 6 marzo2003, confermato dal Rescriptum exAudientia Ss.mi dell’8 aprile 2006,nell’Udienza concessa al sottoscrittoCardinale Segretario di Stato, ilgiorno 18 maggio 2020,

il Sommo Pontefice Francescoha disposto quanto segue:

1. si deroga il Rescriptum ex AudientiaSs.mi del 6 marzo 2003, confermatodal Rescriptum ex Audientia Ss.midell’8 aprile 2006, per quanto ri-guarda i Patriarchi Cattolici Orienta-li. In pari tempo, si estende la giuri-sdizione di tutti e soli i PatriarchiCattolici Orientali sull’intera Peniso-la Arabica (Vicariati Apostolicidell’Arabia del Nord e dell’Arabiadel Sud);2. la cura pastorale dei fedeli orien-tali sui quali essi esercitano la giuri-sdizione si svolgerà in coordinamen-to con i Vicari Apostolici;

3. Salvo le prerogative dei Rappre-sentanti Pontifici, i Vicari Apostolicisono i rappresentanti della Chiesacattolica presso le Autorità politichedei rispettivi Paesi e ad essi, in que-sto ambito, i Patriarchi Orientali fa-ranno riferimento;

4. in deroga al can. 85 § I del C C E O,l’eventuale erezione di nuove circo-scrizioni ecclesiastiche da parte deiSinodi delle Chiese Patriarcali sui iu-ris sarà sottoposta alla previa auto-rizzazione della Sede Apostolica. Ta-le deroga è stabilita per cinque anni,dopo i quali verrà riesaminata;

5. il Rescriptum ex Audientia Ss.midel 6 marzo 2003, confermato dalRescriptum ex Audientia Ss.mi dell’8aprile 2006 rimane in vigore per tut-ti i fedeli orientali che non apparten-gono alle Chiese Patriarcali sui iurispresenti nella Penisola Arabica.

Il presente Rescriptum sia promul-gato tramite pubblicazione su«L’Osservatore Romano» entrandoin vigore il 6 agosto 2020 e quindipubblicato su Acta Apostolicae Sedis.

Dal Vaticano, 22 luglio 2020

PIETRO CA R D. PAROLINSegretario di Stato di Sua Santità

la formula: «Noi ti battezziamo nel nome delPadre e del Figlio e dello Spirito Santo».

Innanzitutto la Nota mostra l’infondatezza del-le ragioni che stanno all’origine della formulamodificata. Per sottolineare il valore comunitariodel Battesimo, la partecipazione della famiglia edi tutti i presenti e per evitare l’idea della con-centrazione di un potere sacro esclusivo del sa-cerdote, si è giunti ad affermare che il Battesimoviene celebrato «A nome del papà e della mam-ma, del padrino e della madrina, dei nonni, deifamiliari, degli amici, a nome dell’intera comuni-tà…». Appare qui evidente la distorsione: i pre-senti e l’intera comunità non sono più coloro chepartecipano attivamente all’atto di Cristo, ma ap-paiono come i protagonisti primi di ciò che sicompie, che appunto avviene in loro nome. LaChiesa quando battezza, non lo fa mai in nomeproprio, perché è consapevole che nella sua azio-ne vi è l’azione di Cristo: «Quando uno battezzaè Cristo stesso che battezza» (SC 7). Giustamen-te la Nota, citando Romano Guardini, mette inguardia da una deriva soggettivistica, che condu-ce a privilegiare il proprio sentire o ciò che in undato momento sembra desiderabile.

Del richiamo dottrinale proposto dalla Con-gregazione per la dottrina della fede è interessan-te mettere in luce almeno due aspetti determi-nanti. Il primo conduce alla forma simbolica delSacramento. Il Sacramento, infatti, è un eventoche si compie in una forma rituale. Proprio essaci permette di cogliere non solo la circolarità trarito e Chiesa, ma anche il limite invalicabile difronte al quale la Chiesa stessa deve arrestarsi.L’allora cardinale Ratzinger scriveva a questoproposito che il rito «è espressione, divenuta for-ma, dell’ecclesialità della preghiera e dell’azioneliturgica — una comunitarietà che supera la sto-ria. In esso si concretizza il legame della liturgiacon il soggetto vivente “Chiesa”, che a sua voltaè caratterizzato dal legame con il profilo della fe-de cresciuto nella Tradizione apostolica. Questolegame con l’unico soggetto Chiesa lascia spazio

a forme diverse ed include uno sviluppo vivo,esclude però altrettanto l’arbitrarietà» (Te o l o g i adella liturgia, Città del Vaticano 2010, 159). L’ar-bitrarietà è esclusa perché l’azione simbolico-ri-tuale di sua natura non rimanda a un’idea, ma èreale e unitiva: unisce i singoli partecipanti allacelebrazione costituendoli in assemblea convoca-ta, unisce ogni assemblea con la Chiesa tutta,unisce singoli e Chiesa alla Tradizione consegna-taci da Gesù. Intervenire arbitrariamente sul rito,in particolare sulle formule sacramentali, signifi-ca spezzare quel legame, umile e fragile, tra ciòche la Chiesa compie e il mistero della salvezzadonata, che Cristo stesso ha affidato alle nostremani. Per questo la Nota afferma che ogni abusoliturgico non costituisce solo una «trasgressionedi una norma positiva, ma un vulnus inferto a untempo alla comunione ecclesiale e alla riconosci-bilità dell’azione di Cristo, che nei casi più gravirende invalido il Sacramento stesso».

Il secondo aspetto ci rimanda al ruolo del mi-nistro e alla natura stessa del ministero ecclesiale,che nella Nota, come si evince dalle argomenta-zioni, sono riferiti in particolare ai ministri ordi-nari del Battesimo (vescovo, presbitero, diacono:cfr. CCC 1256; CIC can. 861 §1). Essere ministri si-gnifica essere servi di Dio e del suo popolo. Nonsi esercita un potere proprio, ma si diviene segnoe strumento della potestas che Cristo ha conferitoalla Chiesa. In quest’ottica, come afferma il con-cilio di Trento, il ministro non solo deve averealmeno l’intenzione di compiere ciò che fa laChiesa (Denz. 1611), ma, ponendosi nel solco del-la Tradizione ecclesiale, agisce all’interno dell’as-semblea liturgica come segno-presenza di Coluiche la raduna e la rende suo Corpo, perché Cri-sto «è sempre presente nella sua Chiesa, special-mente nelle azioni liturgiche» (SC 7). Se il sog-getto dell’azione sacramentale è la tota communi-tas, come afferma il Catechismo della Chiesa Cat-tolica (n. 1140), questa comunità non è un’assem-blea che si è costituita da sé, ma il Corpo di Cri-sto che agisce inseparabilmente dal suo Capo.Proprio il ministro, che al tempo stesso è partedell’assemblea e posto di fronte a essa, rimanda

al fatto che ogni assemblea liturgica è costituitada una chiamata che non sorge dal suo interno.Per questo motivo il ministro non agisce per vir-tù propria, ma si pone al servizio di Dio e delsuo popolo, trasmettendo con fedeltà quello chea sua volta ha ricevuto (cfr. 1 Cor 15, 3). Si com-prende allora che non si tratta di un “potere sa-crale” da cui svestirsi per condividerlo con altri,ma dell’essere consapevoli che il sacerdozio mini-steriale si pone in relazione e al servizio del sa-cerdozio comune, perché sono ordinati l’unoall’altro (LG 10).

Quando le motivazioni pastorali, pur apprez-zabili nel loro intento, non si confrontano con ilMagistero e la riflessione teologica, come ha am-piamente dimostrato l’intervento della Congrega-zione per la dottrina della fede, il rischio è quel-lo di distorcere la natura di quello che si compiee, paradossalmente, di compiere ciò che si vuoleevitare. Nella situazione che ha suscitato il du-bium, per evitare la concentrazione di un poteresacrale nel sacerdote ci si è arrogati un potereancora più ampio: quello di modificare la formu-la sacramentale del Battesimo, consegnataci dallabimillenaria Tradizione ecclesiale. Per esprimereil valore comunitario del Battesimo e rendere ifedeli presenti partecipi dell’azione sacramentale,si è manipolato il rito in modo che la comunitànon diviene più riconoscibile come assemblea-Corpo di Cristo, ma come gruppo che ammini-stra il Sacramento a nome proprio e che quindicompie un’azione incapace di andare oltre l’a g i redell’uomo. Risuona pertinente anche nel nostrocaso quanto scrive Papa Francesco in Evangeliigaudium, dove afferma che la chiave e il fulcrodella funzione del sacerdozio ministeriale «non èil potere inteso come dominio, ma la potestà diamministrare il sacramento dell’Eucaristia; da quideriva la sua autorità che è sempre un servizio alpopolo» (n. 104).

*Vicedecano della Facoltà di Teologiaalla Pontificia Università Lateranense

Teniamo sempre fisso lo sguardo sul volto splendente di Dio,che contempliamo nel Cristo trasfigurato sul Monte Tabor:

Egli è la luce che illumina gli eventi d’ogni giorno. #Trasfigurazione

(@Pontifex_it)

1 In realtà, un’attenta analisi delRito del Battesimo dei Bambini mo-stra che nella celebrazione i genito-ri, i padrini e l’intera comunità so-no chiamati a svolgere un ruolo at-tivo, un vero e proprio ufficio litur-gico (cfr. RI T UA L E ROMANUM exDecreto Sacrosancti Oecumenici Con-cilii Vaticani II instauratum auctori-tate Pauli P P. VI p ro m u l g a t u m , O rd oBaptismi Parvulorum, P ra e n o t a n d a ,nn. 4-7), che secondo il dettatoconciliare comporta però che «cia-scuno, ministro o fedele, svolgendoil proprio ufficio, compia soltanto etutto quello che, secondo la naturadel rito e le norme liturgiche, è disua competenza»: CONCILIO ECU-MENICO VAT I C A N O II, Cost. S a c ro -sanctum Concilium, n. 28.

2 Spesso il ricorso alla motivazio-ne pastorale maschera, anche in-consapevolmente, una deriva sog-gettivistica e una volontà manipo-latrice. Già nel secolo scorso Ro-mano Guardini ricordava che senella preghiera personale il creden-te può seguire l’impulso del cuore,nell’azione liturgica «deve aprirsi aun altro impulso, di più possente eprofonda origine, venuto dal cuoredella Chiesa che batte attraverso isecoli. Qui non conta ciò che per-

sonalmente gli piace o in quel mo-mento gli sembra desiderabile…»(R. GUA R D I N I , Vorschule des Betens,Einsiedeln/Zürich, 19482, p. 258;trad. it.: Introduzione alla preghiera,Brescia 2009, p. 196).

3 Summa Theologiae, III, q. 67, a.6 c.

4 CONCILIO ECUMENICO VAT I C A -NO II, Cost. Sacrosanctum Conci-lium, n. 7.

5 S. AUGUSTINUS, In EvangeliumIoannis tractatus, VI, 7.

6 Cfr. CONCILIO ECUMENICO VA-TICANO II, Cost. Sacrosanctum Con-cilium, n. 5.

7 Cfr. DH, n. 1601.8 CONCILIO ECUMENICO VAT I C A -

NO II, Cost. Sacrosanctum Conci-lium, n. 22 § 3.

9 Cfr. Catechismus Catholicae Ec-clesiae, n. 1140: «Tota communitas,corpus Christi suo Capiti unitum,celebrat» e n. 1141: «Celebrans con-gregatio communitas est baptizato-ru m » .

10 Cfr. DH, n. 1611.11 CONCILIO ECUMENICO VAT I C A -

NO II, Cost. Sacrosanctum Conci-lium, n. 2.

12 Ibidem, n. 26.13 S. AUGUSTINUS, In Evangelium

Ioannis tractatus, VI, 7.