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Il Parto

Il Parto. Una donna che non ha avuto finora figli, cioè una nullipara, potrà avere un travaglio di 6 ore, vale a dire più lungo di quello di una pluripara

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Una donna che non ha avuto finora figli, cioè una nullipara, potrà avere un travaglio di 6 ore, vale a

dire più lungo di quello di una pluripara che si aggira invece sulle 2-3 ore. I motivi di questo diverso comportamento vanno ricercati in una

maggiore rigidità del canale del parto e in un’attività uterina in molti casi inefficace.

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Quest’ultima causa, in particolare, può essere responsabile anche dei parti operativi, che si

presentano con maggiore prevalenza nelle nullipare. Essi possono tuttavia essere in larga parte evitati con

la somministrazione di ossitocina, l’ormone fisiologico in grado di aumentare le contrazioni

uterine.

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Sia le nullipare che le pluripare andranno incontro alla fase prodromica, cioè di preparazione al travaglio, che si annuncerà con contrazioni

gravidiche, ritmiche e dolorose, della durata media di 2-3 ore. Esse si avvertono soprattutto nelle ore serali o notturne, possono presentarsi anche per

qualche giorno e comportano a volte una perdita di muco dai genitali.

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Le contrazioni dolorose fanno spesso precipitare la partoriente in ospedale. Da sole non sono però il

segno inconfutabile che la futura mamma sia entrata in travaglio. Lo sarà infatti se ad esse si accompagna un appianamento completo della

cervice uterina, cioè se il canale cervicale viene incluso nella parte inferiore dell’utero formando un

corpo unico e continuo.

Inizio del travaglio di parto

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uesto processo non va confuso con la dilatazione, che è indica unicamente l’allargamento

dell’imboccatura dell’utero. L’appianamento precede di solito la dilatazione, in quanto non sono due fenomeni simultanei ma consecutivi tra loro.

Inizio del travaglio di parto

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Allo stesso modo non si può porre diagnosi di travaglio, se il collo dell’utero risulta appianato ma

non è accompagnato da contrazioni dolorose. In questo caso si tratta di una dilatazione passiva, da non confondere con quella attiva che caratterizza

l’inizio del travaglio.

Inizio del travaglio di parto

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Periodo dilatativo

La partoriente entra nella I fase del travaglio quando la cervice uterina si è dilatata circa di 10 cm. A

questo stadio di solito si rompono spontaneamente le acque. Se le membrane restano tuttavia ancora integre e il collo dell’utero si è aperto di 4-5 cm, deve essere eseguita l’amnioressi, cioè la rottura

provocata delle acque.

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Periodo dilatativo

E’ infatti importante conoscere l’aspetto del liquido amniotico, che offre sempre una buona indicazione

delle condizioni fetali per tutta la durata del travaglio. Non è trascurabile neppure l’efficace

azione uterina che l’amnioressi assicura nel 60 per cento delle nullipare e nel 95 per cento delle

pluripare.

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Periodo dilatativo

Se dopo tre ore dall’amnioressi la dilatazione non procede di almeno 1 cm all’ora, il travaglio può

essere accelerato dalla somministrazione di ossitocina. Questo ormone può essere dato con sicurezza ad una nullipara che ha in grembo un

unico feto, il quale si presenta in posizione fisiologica nel canale del parto e in un contesto di membrane già rotte, liquido amniotico limpido o

tinto con meconio a cui si associa però un’ecografia normale.

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Periodo dilatativo

Anche una donna che ha già avuto altri figli può tuttavia beneficiare di questo ormone. Deve però

essere in procinto di un parto gemellare, avere avuto un precedente intervento all’utero o stare per

partorire un feto che si presenta di faccia. L’uso dell’ossitocina è comunque controindicato quando

il nascituro si presenta di fronte o in posizione podalica o quando le membrane sono ancora

integre.

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Periodo dilatativo

A metà del periodo dilatante, vale a dire quando il collo dell’utero si è aperto di 3-4 cm, si può eseguire l’anestesia epidurale, che comporta

l’introduzione di un anestetico locale nello spazio compreso tra le vertebre lombari.

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Periodo dilatativo

Durante questa fase, la partoriente può assumere la posizione che più gradisce. Può stare in piedi, se

preferisce, o in decupito laterale, in modo da imprimere una maggiore efficacia al motore

uterino. Il frequente cambio di posizione non crea infatti problemi al feto e aumenta invece il comfort

materno.

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Periodo espulsivo

Questo stadio inizia quando ormai il collo dell’utero si è dilatato completamente e ha il compito di far procedere il nascituro lungo il canale del parto. Una struttura muscolo-mucosa, quest’ultima,

composta dalle ossa del piccolo bacino, rappresentate davanti dal pube, di lato

prevalentemente dall’ischio e dall’ileo e dietro dal sacro e dal coccige.

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Periodo espulsivo

Nella prima fase, che dura al massimo un’ora, la vagina non è ancora distesa e la partoriente non sente la necessità di spingere. Se il parto deve

essere effettuato d’urgenza, è questo il momento di effettuare il cesareo.

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Periodo espulsivo

La seconda fase di questo stesso periodo comincia invece dal momento in cui la testa del feto

raggiunge il pavimento pelvico e si conclude con la nascita. La madre di solito non avverte contrazioni dolorose, perché le fibre del collo dell’utero si sono

ormai dilatate.

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Periodo espulsivo

Ha invece voglia di espellere, perché la testa del feto, scendendo lungo il canale del parto, schiaccia

l’ampolla rettale conferendole il cosidetto “premito”. Se la partoriente non avverte questa sensazione, può darsi che la testa del feto sia

troppo grossa o messa in posizione non fisiologica. Questo inconveniente viene di solito evidenziato

già durante la fase dilatativa.

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Periodo espulsivo

L’ostetrica, introducendo un dito in vagina, determina infatti la posizione della testa fetale in

base alla disposizione delle fontanelle e delle suture del cranio che avverte al tatto. In questo

modo è al corrente se la testa del nascituro è girata a destra piuttosto che a sinistra, se è

completamente flessa o perfettamente calibrata, cioè messa sul giusto piano per scendere lungo il

canale del parto.

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Periodo espulsivo

In ogni caso l’ostetrica non inviterà la partoriente a spingere fintanto che la testa del feto non abbia

raggiunto il pavimento pelvico. Dopo aver escluso una presentazione anomala del nascituro, si

procederà tuttavia all’infusione di ossitocina se è trascorsa un’ora nelle nullipare, e mezz’ora nelle pluripare, dal momento in cui sono entrate nella

fase di espulsione. Se nonostante la somministrazione dell’ormone la situazione rimane

immutata, si renderà necessaria l’esecuzione del taglio cesareo.

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Periodo espulsivo

In questa fase è controversa la posizione che può assumere la partoriente. Un buon compromesso è quello di lasciare alla donna tale scelta. Deciderà

lei pertanto se stare in piedi, accovacciata, semiseduta, in posizione laterale o dorsale, fino al momento in cui la testa del feto non ha raggiunto il pavimento pelvico. A questo punto, per facilitare le

manovre dell’ostetrica, è preferibile stendersi supine sul lettino.

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Periodo espulsivo

Quando la testa del feto è finalmente fuoriuscita, l’osterica provvederà subito ad aspirare il muco

che esce dal naso del nascituro e a controllare se il funicolo ombelicale è attorcigliato intorno al collo.

Se si presenta questo inconveniente, cercherà dapprima di srotolarlo e, se non fosse possibile perché troppo stretto, lo clamperà e lo reciderà

prima di disimpegnare le spalle.

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Periodo espulsivo

In condizioni di normalità, dopo 10-20 secondi dalla nascita, si clamperà e reciderà il funicolo

ombelicale e si somministreranno 5 unità di ossitocina. Si completerà l’aspirazione del muco

che fuoriesce dal naso del neonato che verrà coperto e posato in grembo alla madre.

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Periodo del secondamento

Questa fase, che comporta la fuoriuscita della placenta e l’asportazione del funicolo ombelicale, è

il momento più pericoloso di tutto il travaglio. Possono infatti insorgere delle complicazioni, come l’avvento di un’emorragia post-parto, il mancato distacco della placenta o l’inversione

uterina.

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