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Periodico dei Gruppi Archeologici d’Italia editore: Gruppi archeologici d’Italia - Sede legale e Redazionale: Via Baldo degli ubaldi 168 - 00167 Roma (Rm) Tel.: 06 39376711 - Fax: 06 6390133 - www.gruppiarcheologici.org Poste Italiane Spa - Spedizione in a. p. - 4d.l. 353/2003 (conv. in legge 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - dCB - Roma anno VII - Numero I Gennaio - Febbraio 2011 la dormitio Virginis nei mosaici di S. Salva- tore in Chora e di Santa maria maggiore la sede dei Campi estivi del GaR a Cor- chiano (VT), Comune a 5 Stelle Il TeaTRo a Roma: PlauTum ludeRe Mi sono riavvicinato al teatro latino quando, insieme al Gruppo Archeo- logico Bolognese, abbiamo deciso di portare sulle scene una versione ammodernata del teatro latino clas- sico, scegliendo come opera l'Epidi- cus di Plauto. Il primo aspetto che emerge quando si esamina il teatro dei Romani è il fatto che, agli occhi dei contempo- ranei, spesso si collega il concetto di “teatro classico” a un teatro più si- mile a quello greco del V secolo a.C. che a quello romano degli ultimi se- coli prima di Cristo. Un teatro ove gli attori indossano delle maschere, ove il pubblico resta in religioso si- lenzio a seguire vicende storico-mi- tiche di cui conosce già antefatto, svolgimento e conclusione, in cui grandi autori si confrontano in con- corsi tragici o comici. Il fatto non ci deve sorprendere, basti considerare che, a tutt'oggi, possediamo opere complete di un numero maggiore di autori greci che latini (cinque contro tre) e che, nei festival teatrali contemporanei, c'è spesso una prevalenza statistica del- l'opera greca, soprattutto nelle tra- gedie, mentre le rare tragedie latine sopravvissute (di un unico autore, tra l'altro) vengono più spesso ri- proposte nella rivisitazione che ne diedero autori distanti più di un mil- lennio dalla loro stesura, basti pen- sare alla Fedra di Racine. Le ragioni per questa “impressione” moderna sono molteplici e non tutte completamente comprese o studiate, però uno degli aspetti principali può essere ricondotto alla visione contra- stata che il teatro ebbe presso i Ro- mani, soprattutto durante l'età repubblicana, da cui arrivano in toto le commedie conservate. Secondo Livio, il teatro arrivò a Roma nel 364 a.C. quando, in se- guito a una carestia e dopo avere tentato di tutto, si decise di istituire i primi spettacoli teatrali della storia di Roma, invitando istrioni (il ter- mine deriverebbe dall'etrusco ister che significava attore) etruschi che, mollemente e armoniosamente, danzarono al suono del flauto. Sin dalle prime righe, il teatro viene definito come qualcosa di estraneo a una cultura molto più bellicosa di quella etrusca, formata da guerrieri più avvezzi ai giochi del circo che a queste mollezze effeminate di ambito tirreno. L'armonia dei gesti con la musica di questi danzatori stranieri si rivelarono insopportabili per i giovani romani che iniziarono a imitarli, e probabilmente a deriderli, lanciandosi l'un l'altro, nel frattempo, battute grossolane e versi rozzi, unite a mo- vimenti che servivano ad accentuare il loro effetto comico. Secondo Livio, lì nacque il teatro la- tino. Il brano, in realtà, pone già le basi che saranno fondamentali in tutta la storia del teatro originale la- tino: la presenza di danzatori e del suono del flauto, e la sua vicinanza col rituale religioso, ma anche il suo carattere in fondo esotico, debole, lascivo, opposto ai divertimenti degni di un popolo di guerrieri come le corse del circo e, in seguito, i ludi gladiatori. Ritroviamo un secolo dopo il teatro inserito (dal 240 a.C.) nei Ludi Ro- mani, grandi manifestazioni reli- giose che la tradizione vuole inaugurati da Tarquinio Prisco nel V secolo a.C. in onore di Giove Capi- tolino; dopo questo primo passo nuovi Ludi vennero via via inaugu- rati (era l'epoca della II Guerra Pu- nica, Roma stava sostenendo il più grande pericolo della sua storia e aveva bisogno di tutto l'aiuto possi- bile da parte dei suoi dei). In breve Roma si riempì di un flori- legio di festività sacre: si iniziò nel 238 a.C. Con i Ludi Florales, per poi avere i Ludi Plebei, quelli in onore di Apollo, quelli in onore di Cerere e, dal 204 a.C., i Ludi Megalenses, che sappiamo ospitarono alcune delle prime di Plauto e Terenzio. L'andamento dei Ludi era abba- stanza definito: i primi giorni dedi- cati alle processioni sacrali o civili, i giorni centrali dedicati ai ludi scaenici, per l'appunto al teatro, i giorni finali dedicati al circo. Nonostante la concezione romana sospettosa nei confronti dell'arte teatrale, la maggior parte dei giorni festivi era comunque dedicata alla scena: si è calcolato che, su 77 giorni di ludi durante la piena età Repub- blicana, ben 55 fossero i giorni de- dicati al teatro, più del 70%, percentuale destinata a essere con- servata anche in età Imperiale quando, a fronte di addirittura 165 giorni di festa (quasi un giorno ogni due), 101 furono quelli particolar- mente dedicati al teatro. Non bisogna comunque immagi- nare le giornate delle festività reli- giose e i divertimenti proposti come camere stagne, e i due tipi di attività dovevano sicuramente sovrapporsi se Terenzio, nel prologo della “Suo- cera”, fa dire al suo primo attore che si tratta del terzo tentativo di met- terla in scena, in quanto la prima continua a pag. 2 Roma, per quanto sospettosa sull’arte teatrale, dedicava parte dei giorni festivi alla scena Maschere teatrali

Il TeaTRo a Roma: PlauTum ludeRe - Gruppi Archeologici...sare alla Fedra di Racine. Le ragioni pper questa “impressione” moderna sono im olteplici e non tutte completamente compr

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Periodico dei Gruppi Archeologici d’Italiaeditore: Gruppi archeologici d’Italia - Sede legale e Redazionale: Via Baldo degli ubaldi 168 - 00167 Roma (Rm)

Tel.: 06 39376711 - Fax: 06 6390133 - www.gruppiarcheologici.org

Poste Italiane Spa - Spedizione in a. p. - 4d.l. 353/2003 (conv. in legge 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - dCB - Roma

anno VII - Numero I

Gennaio - Febbraio

2011

la dormitio Virginis

nei mosaici di S. Salva-

tore in Chora e di

Santa maria maggiore

la sede dei Campi

estivi del GaR a Cor-

chiano (VT), Comune

a 5 Stelle

Il TeaTRo a Roma: PlauTum ludeRe

Mi sono riavvicinato al teatro latinoquando, insieme al Gruppo Archeo-logico Bolognese, abbiamo decisodi portare sulle scene una versioneammodernata del teatro latino clas-sico, scegliendo come opera l'Epidi-cus di Plauto.Il primo aspetto che emerge quandosi esamina il teatro dei Romani è ilfatto che, agli occhi dei contempo-ranei, spesso si collega il concetto di“teatro classico” a un teatro più si-mile a quello greco del V secolo a.C.che a quello romano degli ultimi se-coli prima di Cristo. Un teatro ovegli attori indossano delle maschere,ove il pubblico resta in religioso si-lenzio a seguire vicende storico-mi-tiche di cui conosce già antefatto,svolgimento e conclusione, in cuigrandi autori si confrontano in con-corsi tragici o comici.Il fatto non ci deve sorprendere,basti considerare che, a tutt'oggi,possediamo opere complete di unnumero maggiore di autori greci chelatini (cinque contro tre) e che, neifestival teatrali contemporanei, c'èspesso una prevalenza statistica del-l'opera greca, soprattutto nelle tra-gedie, mentre le rare tragedie latinesopravvissute (di un unico autore,tra l'altro) vengono più spesso ri-proposte nella rivisitazione che nediedero autori distanti più di un mil-lennio dalla loro stesura, basti pen-sare alla Fedra di Racine.Le ragioni per questa “impressione”moderna sono molteplici e non tuttecompletamente comprese o studiate,però uno degli aspetti principali puòessere ricondotto alla visione contra-stata che il teatro ebbe presso i Ro-mani, soprattutto durante l'età

repubblicana, da cui arrivano in totole commedie conservate.Secondo Livio, il teatro arrivò aRoma nel 364 a.C. quando, in se-guito a una carestia e dopo averetentato di tutto, si decise di istituirei primi spettacoli teatrali della storiadi Roma, invitando istrioni (il ter-mine deriverebbe dall'etrusco isterche significava attore) etruschi che,mollemente e armoniosamente,danzarono al suono del flauto. Sin dalle prime righe, il teatro vienedefinito come qualcosa di estraneo auna cultura molto più bellicosa diquella etrusca, formata da guerrieripiù avvezzi ai giochi del circo che aqueste mollezze effeminate di ambitotirreno. L'armonia dei gesti con lamusica di questi danzatori stranieri sirivelarono insopportabili per i giovaniromani che iniziarono a imitarli, eprobabilmente a deriderli, lanciandosi

l'un l'altro, nel frattempo, battutegrossolane e versi rozzi, unite a mo-vimenti che servivano ad accentuareil loro effetto comico.Secondo Livio, lì nacque il teatro la-tino. Il brano, in realtà, pone già lebasi che saranno fondamentali intutta la storia del teatro originale la-tino: la presenza di danzatori e delsuono del flauto, e la sua vicinanzacol rituale religioso, ma anche il suocarattere in fondo esotico, debole,lascivo, opposto ai divertimentidegni di un popolo di guerriericome le corse del circo e, in seguito,i ludi gladiatori.Ritroviamo un secolo dopo il teatroinserito (dal 240 a.C.) nei Ludi Ro-mani, grandi manifestazioni reli-giose che la tradizione vuoleinaugurati da Tarquinio Prisco nel Vsecolo a.C. in onore di Giove Capi-tolino; dopo questo primo passo

nuovi Ludi vennero via via inaugu-rati (era l'epoca della II Guerra Pu-nica, Roma stava sostenendo il piùgrande pericolo della sua storia eaveva bisogno di tutto l'aiuto possi-bile da parte dei suoi dei).In breve Roma si riempì di un flori-legio di festività sacre: si iniziò nel238 a.C. Con i Ludi Florales, per poiavere i Ludi Plebei, quelli in onoredi Apollo, quelli in onore di Cereree, dal 204 a.C., i Ludi Megalenses,che sappiamo ospitarono alcunedelle prime di Plauto e Terenzio.L'andamento dei Ludi era abba-stanza definito: i primi giorni dedi-cati alle processioni sacrali o civili, igiorni centrali dedicati ai ludi scaenici,per l'appunto al teatro, i giorni finalidedicati al circo.Nonostante la concezione romanasospettosa nei confronti dell'arteteatrale, la maggior parte dei giornifestivi era comunque dedicata allascena: si è calcolato che, su 77 giornidi ludi durante la piena età Repub-blicana, ben 55 fossero i giorni de-dicati al teatro, più del 70%,percentuale destinata a essere con-servata anche in età Imperialequando, a fronte di addirittura 165giorni di festa (quasi un giorno ognidue), 101 furono quelli particolar-mente dedicati al teatro. Non bisogna comunque immagi-nare le giornate delle festività reli-giose e i divertimenti proposti comecamere stagne, e i due tipi di attivitàdovevano sicuramente sovrapporsise Terenzio, nel prologo della “Suo-cera”, fa dire al suo primo attore chesi tratta del terzo tentativo di met-terla in scena, in quanto la prima

continua a pag. 2

Roma, per quanto sospettosa sull’arte teatrale, dedicava parte dei giorni festivi alla scena

Maschere teatrali

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anno VII - Numero I2

volta il teatro era rimasto pratica-mente vuoto perché il pubblico gliaveva preferito pugili e saltimbanchie la seconda volta, dopo i primi ap-plausi e le prime scene, c'era statoun fuggi fuggi per recarsi a vedere igiochi dei gladiatori.Questo raffronto tra circo e teatro sitrova anche in una famosa defini-zione di Cicerone, che distingue i ludipubblici in due tipologie: quelli delcirco, formati da gare e corse di carri,e quelli teatrali, dove si ascoltanocanti, musica vocale e strumentale.Nessun attenzione è posta su quelche oggi viene definita prosa, trama,sviluppo, il teatro dell'epoca cicero-niana è un teatro musicale, sicura-mente molto più simile all'operalirica che al teatro di prosa contem-poraneo, un teatro ove la ripetizionedi musica, in particolare di stru-menti a fiato, danza e canto concor-rono a dargli quell'aspetto ritualepresente sin dalla sua origine e chedoveva sicuramente essere ancoraben presente all'epoca del grandeoratore arpinate.L'importanza della ripetizione edella tradizione all'interno di un ri-tuale è sicuramente chiara ancoraoggi (basti pensare alla sequenzaKyrie – Gloria – Credo – Sanctus –Benedictus – Agnus Dei di unamessa cattolica) e, come tale, dovevaessere sentita anche in epoca ro-mana, arrivando a episodi attestatiin cui, in seguito a banali incidenticome un sacerdote che inciampadurante la processione, tutto il pe-riodo di ludi veniva ricominciatodalla prima giornata e, di conse-guenza, posticipato nella sua con-clusione.Un aneddoto ci aiuta a compren-dere meglio questo aspetto: siamonel 211 a.C. e l'esercito invasore gui-dato da Annibale è già da 7 anni inItalia. Quell'anno il generale punicodecise di effettuare un sopralluogoalla capitale nemica con il suo eser-cito ma, dopo avere esaminato la si-tuazione, l'armata cartaginese siritirò ordinatamente senza approc-ciare alcun tentativo di assedio.Si stavano tenendo i Ludi Apollina-res e, com'è ovvio, tutta la cittadi-nanza salì preoccupata sulle muratemendo che l'africano decidesse disferrare l'attacco finale. Una voltavisto che l'assalitore stava ritiran-dosi, il popolo romano si rese peròconto di quello che aveva appenafatto: i Ludi erano stati interrotti egli Dei non avrebbero certo apprez-zato quanto era successo.Rientrati di corsa a teatro, gli astantisi accorsero che sulla scena era rima-sto un flautista che aveva continuatoa suonare e, sulla sua musica, un vec-chio era sceso dal suo posto sullacavea e aveva continuato a danzare

per tutto il tempo. “Siamo salvi! Ilvecchio danza!” gridò qualcuno, equesta frase divenne talmente popo-lare che rimase sotto forma di mododi dire per indicare una soluzione aun problema che appariva quasi in-sormontabile. Tale era, per i romani,l'importanza del teatro all'interno delrituale e, per i Romani, teatro eranosoprattutto due cose: musica (delflauto) e danza.A Roma esistettero varie tipologiedi teatro: dopo una prima forma diprobabile derivazione etrusca com-posta da versi rozzi e improvvisatichiamati, dalla città falisca di Fescen-nium, Fescennini, dal III secolo a.C.si diffuse una forma di teatro conmaschere di probabile derivazioneosca detta Atellana, dalla città diAtella; in questo teatro i personaggierano stereotipati e rappresentavanotipologie ben definite. Macco era loscemo del villaggio, Bucco il chiac-chierone, Pappo il vecchio babbeo,Dosseno, il gobbo furbo. Il vero fondatore del teatro cosid-detto latino fu comunque da sempreconsiderato Livio Andronico, schiavotarantino poi divenuto liberto dellagens Livia che, attorno alla metà delIII secolo a.C. (probabilmente nel240), secondo le fonti classiche fu ilprimo a trasportare e tradurre sullescene romane il teatro greco. Doveva avere preferito la tragediaalla commedia, in quanto di lui con-

serviamo 8 titoli e circa 40 fram-menti di tragedie, e soltanto 3 titolie 6 frammenti di commedie. Ciò ci porta di fronte a uno deigrandi problemi per la nostra com-prensione del teatro romano:l'estrema rarefazione di quanto ri-masto. Se infatti abbiamo autori(Terenzio), di cui possediamol'opera omnia, per molti altri tuttoquello che abbiamo sono soltantovuoti nomi di opere con rarissimiframmenti da cui spesso è impossi-bile trarre conclusioni sullo stile osulla messa in scena.Per fare un paragone con il cinema,è come se tra 2.000 anni dovesserofare la storia del cinema americanodel secolo scorso avendo soltantoSpielberg e Kubrick, il più visto emagari il più amato da una certa cri-tica, ma sicuramente non una com-ponente sufficiente a comprenderepienamente l'importanza artistica diun movimento come quello in que-stione e tutte le sue differenti sfac-cettature. Se Livio Andronico rimane nellastoria soltanto come primo poetanella cronologia della storia romana,il suo contemporaneo Gneo Neviosi presenta invece come il primovero poeta alla maniera greca, con-temporaneamente artista e citta-dino: nato in Campania,probabilmente a Capua, attorno al275 a.C., partecipò attivamente alle

lotte militari e politiche romane, ar-rivando a pagare le sue idee con ilcarcere e con l'esilio a Utica dovemorì nel 201 a.C.Se come figura ricordava l'artistadell'Attica, come poeta si liberò in-vece dall'imitazione pedissequa delmodello greco di Livio Andronicoper inserire elementi di originalitàcome la contaminatio, che varia e ar-ricchisce la trama originaria attra-verso aggiunte e modifiche prese daaltre opere, la creazione del nuovogenere della fabula praetexta, comme-dia di argomento romano, e proba-bilmente anche della tragedia togata,allusioni a luoghi, fatti e persone diRoma, nuova musicalità e ritmi arti-stici originali.Esordì soltanto 5 anni dopo LivioAndronico ma la sua carica innova-tiva fu probabilmente già colta daisuoi contemporanei. Come l'artistaprecedente produsse sia commedieche tragedie, ma a differenza del li-berto tarantino predilisse la primaforma: di lui restano purtroppo sol-tanto 35 titoli e poco più di 130versi. Sin dai tempi antichi fu con-siderato il precursore del primo“professionista” della commedia,nonché del primo autore la cuiopera è pervenuta a noi in buonaparte: Plauto. Ne parleremo nellaprossima puntata.

Marco Mengoli

tessere bianche e nere, di basalto eanche di terracotta, qualche inseri-mento di marmi preziosi nelle paretie una piccola terme situata dopol’ingresso a destra. Ma chi erano queste misteriose sac-erdotesse? Le vestali sono l'unicosacerdozio femminile dell'antica

Roma, fatto risalire al secondo reNuma Pompilio, al quale si at-tribuisce l'introduzione delle isti-tuzioni religiose. Erano scelte fra lefanciulle dai sei ai dieci anni "senzadifetti nel corpo e di famiglie diprovata onestà", di "condizione lib-era". Quando non c'erano volon-tarie, il Pontefice Massimo, al qualeera affidato il culto di Vesta,sceglieva venti fanciulle fra le qualivenivano estratte le sei. Al mo-mento dell'ingresso fra le vestali allefanciulle veniva tagliata la chiomaappesa ad un albero di loto. L'ab-bigliamento era particolare, unampio mantello che le avvolgevatutte e un velo bianco che ricoprivaanche le spalle e una specie di di-adema di lana. Non sempre c’eranodelle volontarie poiché il sacerdozioobbligava a rimanere vergini pertrenta anni a somiglianza della sceltafatta dalla stessa dea Vesta. Dopo itrenta anni potevano sposarsi, masembra che non fosse facile comeper le altre donne, forse per il com-pito che le fanciulle avevanoricoperto durante la loro vita.

Serenella Napolitano

dopo venti anni riapre la Casa delle Vestali

Il luogo dove ardeva il fuoco diRoma torna ad essere visitabiledopo anni di restauroIl 28 gennaio 2011 è stato riapertoil monumento più affascinante delforo romano l’Atrium Vestae o Casadelle Vestali .Un angolo nascosto dei fori, chiusonel 2002 per continuare i resaturi epoi quasi dimenticato, oggi torna asplendere con le statue che ornanoi lati lunghi del cortile, lo specchiod’acqua e il roseto, che sboccerà coni suoi colori verso maggio, ricreandoquello che doveva essere l’aspettoambientale dell’epoca romana. Allespalle della casa, si staglia il tempi-etto bianco, a tholos, di Vesta al cuiinterno ardeva il fuoco perennemantenuto sempre acceso dalle sac-erdotesse. Il tempio fra i più antichidi Roma fu rifatto più volte, dap-prima di legno e canne e fu proba-bilmente eretto nei primi anni dellaRepubblica; l’ultimo restauro fu vo-luto da Julia Domna moglie dell’im-peratore Settimio Severo nel III d.C. All’interno dell’Atrium Vestae, diepoca repubblicana, sono statiritrovati e restaurati i mosaici in

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anno VII - Numero I 3

Il contesto agricolo in area di Novoli del Villaggio

Neolitico di arnesano

NuoVe INTeReSSaNTI RICeRChe CoNdoTTe dal GRuPPo aRCheoloGICo dI TeRRa d’oTRaNTo

La presenza umana nel Salento sindall’età del Paleolitico Medio è testi-moniata da rinvenimenti che costitui-scono ad oggi una delle sezioni piùimportanti per uno studio compiutodella preistoria nell’Italia Meridionale.Si parla in particolar modo dei depo-siti di Maglie, relativi il sito di Cattie,che hanno restituito tra i pochissimiresti osteologici riferibili all’uomo ne-andertaliano. Qui sono state rinve-nute anche industrie di piccoloformato di tipo charentiano con ac-cenni alle tecniche di Quinson. Alsito magliese si aggiungono i depositi,riconducibili al Würm II, di Castro (Le)localizzati in Grotta Romanelli (da cuila facies omonima) e Nardò (Le) loca-lizzati presso la Grotta del Cavallo inlocalità Uluzzo (da cui la facies muste-riana “uluzziana”).Quest’ultima, che sicolloca tra il Würm III e l’interstadio diArcy, è il più antico sito italiano riferi-bile al Paleolitico Superiore e si com-pone di tre stadi rispettivamente arcaico(strato E - III) medio o avanzato (stratoE II – I) e recente (strato D). L’importanza che ricoprono tali siti èdovuta non solo allo sviluppo di atti-vità proprie, tali da distinguerle comefacies autonome all’interno delloschema culturale di riferimento ri-scontrabili anche oltre l’orizzonte ter-ritoriale prettamente locale, ma ancheal fatto che la scoperta delle stratifi-cazioni di materiale antropico e fau-nistico nei depositi menzionati e lorodiretti collegati, sia stata la provadell’avvenuta fase paleolitica medianell’Italia Meridionale, ipotesi chenon trovava conferma repertataprima d’allora. E’, tuttavia, la fase neolitica che for-nisce le più ampie e diffuse realtà in-sediative. Basti ricordare gli esempidello stile Diana – Bellavista che vedeproprio nel Salento testimonianzequali la Grotta del Fico, la Grotta S.Angelo e la Grotticella di Arnesano,indicando un uso sepolcrale di an-fratti naturali, oltre che i numerosis-simi siti sepolcrali a cerchi oinsediativi. A quest'ultima fase appar-tiene la famosa Grotta dei Cervi,presso Otranto, scoperta il 1° feb-braio 1970 dal Gruppo SpeleologicoSalentino “DeLorentiis”. La cavità siapre su un’antica piattaforma marina,di origine oligocenica a strati ebanchie si sviluppa in tre corridoi distinti. Irami della grotta sono ricoperti di fi-gure trattecon ocra rossa (in manieraesigua) e guano di pipistrello ricon-ducibili al neolitico recente ealla fase

iniziale dell’eneolitico. Tale datazioneè stata possibile attraverso l’indivi-duazionedi strati di frequentazione con indu-strie similari al neolitico con ceramicaa bande rosse nell’avangrotta. Dello stesso tipo ceramico sono i re-perti provenienti dall'area del villag-gio neolitico di rione Riesci, pressoArnesano, e da cui proviene la depo-sizione con idoletto su menzionata. Proprio nei mesi scorsi, il sito è statooggetto di studio del Gruppo Ar-cheologico di Terra d'Otranto, sededistrettuale dei Gruppi Archeologicid'Italia, di cui sono presidente. Il di-stretto neolitico si presenta insistentesull'antico bacino orografico corri-spondente alla Valle della Cupa, adun livello di appena 20 mt slm e diforma ellittica. Il substrato si confi-gura come un bacino endoreico,senza deflusso a mare, definito dallaisoipsa dei 50 mt s. l. m., compresodai due distinti sistemi orograficidelle serre, del nord e del sud Salento,si infossa a 16 m. s. l. m. nell’impluvionaturale di fondovalle, dove deflui-scono le acque meteoriche. In questocontesto, centrale all’interno della pe-nisola, aqualche ora di cammino dalmare, circondata da una foresta riccadi selvaggina e da un fertile terrenoadatto a una agricoltura non irrigua,si istabilì un nucleo di abitatori cheprodussero un insediamento stativo,così come presagibile dallo sviluppodi capanne i cui resti sono attual-mente visibili. Dal villaggio, cosìcome dimostrato dagli studi dell'ar-chitetto Paolo Pati, parte un sistemadi strade a raggiera che ha come cen-tro focale proprio l'abitato preistoricodi Riesci. La struttura viaria si svi-luppa sul cardine della via vecchiaCarmiano, transito orientato est-ovest da mare a mare, e sulla perpen-

dicolare allineata ai menhir di S. Do-nato, Lequile, Novoli e Campi Salen-tina, longitudinale al bacino dellaCupa, che lo attraversa da sud-est anord-ovest, a margine della quale furinvenuta la gora ossifera di Carda-mone con resti di fauna del quaterna-rio (U. Botti 1901). L' area, che ricadenel territorio di Novoli, era interes-sata dalla frequentazione a scopo di-fensivo e agricolo delle popolazionidel Riesci. Altresì è stata rinvenutaun'officina litica nei pressi di VillaConventooltre che registrare la pre-senza di specchie e menhir. La pre-senza di monumenti megaliticiacumulo si configura circolare nelcomplesso archeologico di Arnesanoed appare cosìstrutturata:• specchia di Trepuzzi, mt. 48 s. l. m.,km. 6,500 ;•specchia di S. Croce a Novoli, mt. 32s. l. m., km. 6,750;•specchia di Carmiano, mt 37 s. l. m.,km. 6,250;•specchia del Saetta a Monteroni, mt36 s. l. m., km. 5,250;• specchia di Vittorio a Lequile, mt 50s. l. m., km. 8,250;• specchia di S. Donato, mt. 82 s. l.m., km. 11,500;•specchia di Ussano, mt 87 s. l. m.,km. 10,750 ;•specchione di Cavallino, m. 46 s. l.m., km. 9,250;Questa “corona” di Specchie si svi-luppa tenendo conto delle pietrefittedi Novoli e di S. Donato che segnanoin maniera quanto mai precisa la linealongitudinale della zona insediativa.In quest'area quindi, delimitata daspecchie e menhir, la popolazionestanziale del Riesci procedeva a svi-luppare i subcontesti agricoli, ruo-tando ciclicamente su dieciinsediamenti. La scelta delle aree di

coltivazione non era dettata da unaomogeneità chilometrica, quantodalla omogeneità temporale. Si nota,infatti, come sebbene la media di di-stanza dei singoli contesti agricoli dalvillaggio principale sia di 10 km, inrealtà la singola occupazione è dettatadalla conformazione orogenetica delterreno, e dal tempo impiegato perraggiungerla (corrispondente a circaun'ora di cammino). Ci ritroviamo,per cui, ad avere la località novoleseinteressata dal fenomeno agricolo sututto il territorio compreso tra laspecchie di Trepuzzi e quella di Car-miano, con confine settentrionalequella di S. Croce. E'impressionantenotare la precisione di allineamentodal villaggio in termini chilometricidelle tre specchie, con un'oscillazionemassima di 500 mt. In questo modosi riesce a comprendere sia la deposi-zione di Arnesano, che riguarda unindividuo di prestigio e lo differenziada sepolture dei subvillaggi, sia la pre-senza di materiale ceramico e liticopreistorico nel territorio di Villa Con-vento, difficilmente rinvenibile oltre iconfini sopra menzionati. La pre-senza di un'attività semistanziale nel-l'area novolese, quindi, è laspiegazione del reperimento di freccee asce in ossidiana, che sicuramenteappartenevano al gruppo di cacciadel villaggio. Oggi di queste tracceresta ben poco, eccezion fatta per ilprezioso reperto antropomorfo con-servato presso il MARTA e dei rinve-nimenti di cui ci parlano Botti eNovembre. L'area di Riesci conservaancora qualche traccia residua del vil-laggio con i caratteristici buchi dapalo, ma l'avanzamento edilizio deglianni '60 ha portato alla cancellazionedei residui più consistenti. L'area diNovoli, sebbene ad una indagine ri-cognitiva di superficie sia risultata fo-riera di testimonianze materiali,soprattutto in selce ed ossidiana, èinadeguata alla ricerca sistematica,così come le altre aree di pertinenza,considerato l'uso temporaneo da partedegli abitatori stanziali. Uno studio piùapprofondito nei prossimi anni, colsupporto dell'Università del Salento edelle relazioni geologiche prodotte dalnostro Gruppo Archeologico e dallealtre sedi dell'Organizzazione, potràprobabilmente fornire una luce in piùsulla vita del villaggio preistorico delNord Salento e della scomparsa repen-tina della frequentazione umana fino alperiodo medievale.

Elvino Politi

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anno VII - Numero I4

I SaNTuaRI dell’aNTICa GReCIa

mana e si imbocca la Via Sacra fra iresti della Stoà fatta erigere dagli At-talidi intorno alla metà del III secoloa.C. e quelli del grande portico fattoerigere da Filippo V di Macedonia(intor no al 210 a.C.) e raddoppiatosul lato verso il mare pochi annidopo, preceduti da numerose basi dimonumenti scultorei. Un'altraAgorà, quella detta dei Delii, testimo-nia nei pressi la sistematicità dell'or-ganizzazione delle attività nonreligiose sull'isoletta sacra ad Apollo.

Preceduto da grandiosi Propilei siergeva all'interno del recinto santua-riale l'incompiu to tempio del dioApollo, un periptero esastilo doricodi piccole dimensioni, databile al se -condo quarto del V secolo a.C. emalamente rifinito nel IV. Attornoal tempio sono le fondamenta di nu-merosi Thesauroi e di alcuni templiarcaici e classici di mo deste dimen-sioni: fra gli altri, il celebre Oikos deiNassii (metà del VI secolo a.C.).Oltre i san tuari minori di Artemide(del II secolo a.C. ma ricostruito suuno più antico) e Dioniso si trovanocuriosi monumenti fallici dedicati aDioniso e l'an cor più curioso monu-mento dei Tori (IV-III secolo a.C.),così chiamato dalla decorazione: sitrattava di un lungo e stretto corri-doio destinato all'esposi zione di unanave da guerra qui dedicata comeex-voto da un sovrano ellenisticodopo una vittoria. La vicina fonteMinoe, invece, offre un bell'esempiodi fontana monumentale ellenistica.A occidente del santuario si troval'Ekklesiasterion, il luogo di riunionedella bulè e del demos dei Delii, edil Tesmoforion, opera del V secoloa.C., collegato al culto di Demetra.A est del santuario di Poseidone è lacelebre Agorà degli Italiani (risalenteal II secolo a.C.), grandiosa antici-pazione dei moderni centri com-

della caccia con l'arco (che poi di-verrà Diana6).

Delfi, l'ombelico del mondo.Luogo di straordinario fascino,quasi sospeso a metà fra le Fedrai-des - le "Rupi Scintillanti" - e il maredi olivi che inargenta per chilometrila valle sottostante. Delfi si erge a570 metri di quota, sulle pendici delParnaso, nel cuore della Focide, al-l'incrocio di antiche vie di comuni-cazione. Il celebre Santuario diApollo Pizio, cui successivamentevenne aggiunto il più modesto com-plesso dedicato ad Atena Pronea,sorse in epoca geometrica (X-IXsec. a.C.) su un preesistente sito mi-ceneo già oggetto di culti ctonii.Anche qui, come in numerosi altricentri religiosi preellenici, abbiamola sovrapposizione del culto di unadivinità olimpia a quelli precedenti.Ma la leggenda della Vittoria diApollo su Pitone, il serpente-drago fi-glio di Gea (la Grande Madre Terra),custode di un antro roccioso i cui va-pori inebriavano gli uomini e forni-vano loro capacità profetiche, è più dialtre carica di significati profondi. Iltrionfo di Apollo passa attraversoun'espiazione che testimonia la vo-lontà di istituire la civiltà e il dirittocontro la barbarie dei tempi bui.Secondo il mito, della misteriosa,primordiale forza naturale che sca-turisce dall'antro, Apollo eredita latutela e i poteri, delegando l'espres-sione e la divulgazione del propriovolere agli oracoli di una sacerdo-tessa, la Pizia, interpretati da un ap-posito collegio sacerdotale. Sipossono, allora, intuire facilmente imotivi della centralità religiosa e po-litica rivestita da Delfi, "ombelicodel mondo", soprattutto nei secoliVII e VI a.C.: qui si legittimavano osi proibivano per bocca del dio, at-traverso profezie e responsi, tutti gliatti del popolo greco, dalla fonda-zione di colonie alle guerre fra città-stato.Di questa importanza sono prova leimpressionanti rovine dei santuari diApollo e Atena, nei quali sono in-clusi imponenti edifici (stadio, tea-tro, ginnasio, strutture ricettive) perla celebrazione dei Giochi Pitici,sorta di "campionati" di disciplineartistiche e sportive in onore del dio.Nessun sito archeologico greco rap-presenta meglio dei santuari la pro-pria storia architettonica e artisticain sequenza stratigrafica orizzontale.A Delfi, all'interno del grande teme-nos, ai lati della tortuosa Via Sacra

Dodona, dove le querce mormo-ravano ai mortali. NNNNNNNella città di Dodona, situata nel-l'Epiro, si trovava un oracolo1dedi-cato a due divinità pelasgiche, Zeus2

e la Dea Madre, identificata conDione. Il paesaggio dell'Epiro è mu-tevole, dalle alte, aspre montagnedel Pindos ai più modesti rilievi chedegradano verso lo Ionio, ora ver-deggianti di macchia medi terranea,ora brulli e sassosi, sfregiati da mil-lenni di pastorizia e di sfruttamentodelle foreste. Un viaggio in Epironon può che partire dalla conca ele-vata dove si ergono i suggestivi restidi Dodona, santuario oracolare diZeus, particolarmente florido fra ilIV e il III secolo a.C. Lo stormiredella secolare quercia sacra all'in-terno del recinto del tempio, auten -tici mistici provenienti da unristretto numero di famiglie di anticadiscendenza, che osservavano ritualiancestrali quali dormire sulla nudaterra e non lavarsi mai i piedi; peroffrire responso a chi interrogaval'oracolo, esercitavano l'arte manticaanche sul canto e sul volo delle co-lombe sacre, sul gorgoglio di unasorta di "gong" bronzeo. Il tempiofu ricostruito per secoli (dal VII a.C.all'epoca romana3) in forme e di-mensioni e orientamento sempreuguali dopo ogni distru zione. Lastruttura, costituita da blocchi paral-lelepipedi in filari regolari, è ancoraben leggibile nella versione del 219a.C. con un temenos aperto da unpropileo ionico esastilo cui corri-sponde sul lato opposto il piccoloTempio, una sorta di Oikos su unaspecie di podio, affiancato da unportico ionico.

Delo, isola di dèi e di mercanti.Uno dei massimi santuari dell'Elladeera Delo, piccola isola facente partedell'ar cipelago delle Cicladi, non di-stante dalla maggiore Mykonos,luogo di nascita di Apollo e qui ve-nerato per secoli, anche in età ro-mana. L'isola iniziò la sua deca denzadopo la devastazione causata (86a.C.) dal saccheggio di Mitridate VI,re del Ponto, che distrusse granparte degli edifici e ne uccise gli abi-tanti. Il sito archeologico4, vastissimo, ècomposto da quattro zone distinte:il san tuario, la città con i quartieri re-sidenziali e commerciali, la terrazzadei templi dedicati alle divinità stra-niere e il centro sportivo (ginnasio,palestra, stadio). Dal porto antico(risalente all'VIII secolo a.C.) si su-pera un'Agorà tardo ellenistica ro-

merciali. Trovia mo poi uno dei luo-ghi più noti dell'isola: la Terrazza deiLeoni, cosi detta per i cinque leoni,scolpiti in marmo di Naxos, del VIIsecolo a.C., capolavori del la statua-ria orientalizzante, superstiti di noveoriginari. Più in basso si trova il lagosacro di Apollo dove venivano custo-diti i suoi cigni5. Più oltre si apre loscenografico quartiere re sidenzialeellenistico, con bellissime e impo -nenti resti di lussuose dimore a pe-ristilio cen trale, con vani mosaicatie dipinti.

Abbiamo poi il quartiere residen-ziale del tea tro, il più popoloso, cosìchiamato per la vici nanza di tale edi-ficio per spettacoli capace di ospi-tare 5500 spettatori. Infine, la ripidasalita al mitico Kynthos riser va la vistadi numerosi complessi religiosi, cul-minanti nel santuario protoelleni-stico di Zeus e Atena.A questo punto è opportuno ricor-dare il mito di Leto (o Latona), crea-tura mite ed amante sia degli uominiche degli dèi, per la sua di sposizioned'animo. Zeus l'amò, perché era ilcontrario della sua arcigna e colle-rica moglie, che la cacciò dal-l'Olimpo, e comandò alla terra e almare che nessuno l'accogliesse, leiincinta di Zeus e raminga. E cosìLeto vagò di luogo in luo go, manessuno osava accoglierla, tanta erala paura di Era, finché trovò unaroccia che va gava sul mare, e chenon era né terra né mare, si chia-mava Delo. Delo accettò di ospitarela partoriente, e fu per questo pre-miata, perché quattro pilastri la an-corarono al fondo del mare, ediventò così un'isola vera. Leto par -torì sulla collina del Cinto Artemidee Apollo. Zeus dette ad Apollo, al fi-glio, amatissimo, una mitra d'oro,una lira e un carro tirato da ci gni.Artemide si fece grande arciera, dea

Resti del santuario di Dodona

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anno VII - Numero I 5

che s'inerpicava sulla collina, si sus-seguirono centinaia di interventi dalVI sec. a.C. al IV sec. d.C., sempredietro l'impulso della committenzadi governi, tirannidi o, più tardi, mo-narchi e alti magistrati.Non solo non appare alcuna tracciadi un piano regolatore, poiché edi-fici di epoche diverse occupano areecontigue senza tener conto degliorientamenti planimetrici già attuati,ma non esiste neppure alcuna trac-cia di modifiche urbanistiche o didemolizioni: a Delfi, come negli altrisantuari, si aggiungeva e non si to-glieva mai, e si riparava, o si rico-struiva fedelmente ciò che il tempoo le calamità avevano deteriorato.Il recinto sacro, costruito nel VI e Vsec. a.C. con grandi blocchi ora po-ligonali, ora parallelepipedi, accoglienove porte, la maggiore delle qualisi apre a sud-est, in corrispondenzadell'antica Agorà romana per la ven-dita di ex voto e souvenir: da essaparte la Via Sacra. Poco oltre ini-ziava la serie di thesauroi dedicatidalle città-stato del mondo greco agloria di Apollo: di quelli di Sicione,Tebe, Megara, Siracusa, Cnido, Co-rinto e tanti altri di incerta identifi-cazione non rimangono che pochiresti, talora con alcuni frammentidelle decorazioni architettoniche escultoree.I tesori di Sifno e Atena, invece, rap-presentano due notevoli testimo-nianze dell'architettura e dellascultura arcaica e severa. Il thesaurosateniese, invece, eretto dopo la bat-taglia di Maratona (490 a.C.) con loscopo di esibirvi parte del bottinosottratto ai Persiani, è stato oggettodi un apprezzabile intervento dianastilosi e restauro, e spicca pres-soché integro nella posizione origi-naria. Anch'esso distilo in antis fuperò realizzato in ordine dorico: sideve apprezzare la semplice armo-nia delle proporzioni e del fregio ametope alternate a triglifi, nelle qualierano raffigurate la battaglia fraGreci e Amazzoni, le imprese diTeseo e le fatiche di Eracle in unostile severo ancora intriso di ele-menti tardo arcaici.Sulla destra poi, il teatro, in eccel-lenti condizioni di conservazione,conclude la prospettiva del com-plesso santuario apollonico in posi-zione eccentrica, addossato alpendio secondo la consuetudinegreca: a esso si giungeva sfilando traeleganti portici affrescati, esedreadorne di sculture e donari rilucentidi bronzo. Al di fuori del temenos erainfine lo stadio, parzialmente sca-vato nel pendio, lungo circa 180metri e circondato da gradinate suun alto podio: qui si disputavano le

gare atletiche e ippiche dei GiochiPitici, alle quali potevano assisterealmeno 70.000 spettatori.Sulla strada che conduce al santua-rio dedicato ad Atena Pronea sor-gono i mal leggibili resti della sacraFonte Castalia, dove sacerdoti e pel-legrini si purificavano prima di in-contrare Apollo. Poco più avanti,l'alto plinto del tesoro di Marsiglia(530 a.C.), un tempietto distilo inantis di tipo ionico, ma con rari ca-pitelli eolici. L'edificio più affasci-nante però resta la tholos, capolavorodell'architetto focese Theodoros erisalente al 380-370 a.C.: si tratta diuna tipologia templare piuttostorara, riconducibile forse a tradizionipreistoriche per la forma, che ri-corda una capanna circolare. Le opere conservate nel Museo Ar-cheologico di Delfi sono testimonidi quasi tremila anni di storia, ripor-tata alla luce soprattutto dagli ar-cheologi francesi a partire dal 1892.Le sale più interessanti sono la II,con alcuni bei tripodi bronzei of-ferti ad Apollo, dalle ricche decora-zioni di stile geometrico odorientalizzante; la III, dominatadalle imponenti figure dei kouroiCleobi e Bitone (590-580 a.C.) econtornata dai resti delle elegantimetope arcaiche (560 a.C.) del the-sauros di Sicione; la V, nella quale èconservata tutta la decorazione su-perstite del Tesoro di Sifno, mentrel'arcaica Sfinge dedicata dagli abi-tanti di Nasso ad Apollo (570-560a.C.) si trovava sulla sommità di unacolonna alta oltre 12 metri.Nella sala VI sono esposte le 24 me-tope del thesauros di Atene. Attri-buite ad Antenore sono le statue delfrontone tardo antico del tempio diApollo (510 a.C.) nella sala VII.Nella sala XII splende il celebre Au-riga, un giovane guidatore di qua-driga avvolto nella tunica da gara econ gli occhi di avorio e pasta vitreaancora smaglianti per il successo ri-

portato, capolavoro assoluto dellostile severo, di attribuzione incertafra Pitagora di Reggio e Crizio diAtene.Più avanti si trova l'ultimo capola-voro artistico del santuario delfico,la serie di statue del donario diDaoco II, probabilmente replichecoeve degli originali bronzei di Li-sippo (360 a.C.), che spiccavano ori-ginariamente a nord-ovest deltempio.

Nasso, il tempio sullo scoglio.Il cuore delle Cicladi è Nasso, la piùgrande di tutte, esilio di Arianna, ab-bandonata da Teseo e consolata daDioniso, patria di despoti illuminaticome Ligdami e di scultori raffinatidell'arcaismo ionico-insulare, certoaiutati dalle qualità del marmo lo-cale. Il sito dell'antica città è stato ri-trovato non distante da quello dellamoderna Nasso, e da esso proven-gono alcuni validi esempi di statua-ria classica, ora conservati nelMuseo Archeologico, che esponeanche un bel repertorio di "idoli" ci-cladici e di ceramica micenea.Il complesso monumentale più im-portante sorgeva sull'isolotto di

Strongyli, già sede di un abitato ci-cladico nel III e nel II millennioa.C., collegato a Nasso da unastretta bretella artificiale: si trattadell'incompiuto tempio ionico ar-caico di Apollo (540-530 a.C.), unodei più antichi in quest'ordine archi-tettonico, con cella tripartita da duefile di quattro colonne, pronao eopistodomo distili in antis e una salaa ovest, fra cella e opistodomo. Diquesta si erge ancora integra lagrande porta marmorea, a cornicidecorate con motivi tipicamente io-nico-insulari, oltre la quale losguardo si perde nel profondo az-zurro dell'Egeo. Ad Apollonas, in-vece, sono visitabili le cave dimarmo abbandonate: in una di essegiace una colossale, incompiuta sta-tua di kouros alta 10 metri e databilenella seconda metà del VI sec. a.C.

Lindos, il santuario di Atena nel-l'azzurro.Rodi possiede numerose aree ar-cheologiche di grande interesse:Rhodos, Ialisos e Kamiros. La maggioreattrazione dell'isola è però costituitadai resti del santuario di Atena Lin-dia sull'altissima acropoli naturale diLindos strapiombante su una dellepiu belle spiagge greche. Il luogo diculto è di antichissima origine enella prima meta del VI sec. a.C.vide sorgere un tempio dorico pro-prio sull'orlo dello strapiombo, incorrispondenza della sottostantegrotta dove si tenevano le primemanifestazione rituali. Tra la seconda meta del IV e gli inizidel II sec. a.C., dopo un incendioche ne devastò le strutture, una seriedi interventi di sistemazione globaledell'area introdusse quelle scenogra-fiche associazioni di scalinate e co-lonnati che caratterizzaronol'architettura ellenistica, e soprat-tutto quella di tradizione microasia-tica. Il tempio fu elaborato nelle

Oracolo di Delfi

Nasso, Tempio di Apollo

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forme attualmente visibili: un edifi-cio in pianta anfiprostila tetrastila diordine dorico e di semplice legge-rezza eccentrico rispetto all'asse sucui si disponevano l'immensa frontedella grande stoà a "Π", la magnificascalinata precedente i propilei, ilcortile quadriportico con l'altare.Man mano che si sale, la spettaco-lare scalinata lascia affiorare lenta-mente contro il cielo l'agile sagomadelle colonne superstiti del quadri-portico che circonda l'altare. Ulte-riori abbellimenti della fine del III odegli inizi del II sec. a.C. fusero me-glio le terrazze inferiori con il restodi questo scenografico organismo.L'aspetto del santuario era inoltrearricchito da numerose opere d'arteposte come doni votivi ad AtenaLindia fra i colonnati e nei vastispazi aperti, cosi come lungo la ver-tiginosa Via Sacra; lungo di essaanzi è ancora visibile un grande ri-lievo votivo scolpito nella rocciacon l'immagine di una nave che fun-geva da supporto a una statua di taleHagesandros, devoto di Poseidone.

Samo, la culla di Hera.L'isola di Hera, che qui avrebbeavuto i natali e si sarebbe sposatacon Zeus, è una macchia verdeg-giante sulla distesa dell'Egeo, a duesoli chilometri dalle coste dell'AsiaMinore. Samo ha una storia anti-chissima: i primi insediamenti risal-gono al III millennio a.C. edenotano una discreta fioritura, ac-centuata nel millennio successivo.Durante il cosiddetto 'Medioevo el-lenico' fu occupata dagli Ioni e vinacque un'importante polis che,dopo una lunga oligarchia aristocra-tica, raggiunse il massimo splendoredurante la tirannide di Policrate(540-522 a.C.).La fama archeologica di Samo è le-gata soprattutto ai resti del celebresantuario di Hera, sorto fra il IX el'VIII sec. a.C. nei pressi di un mo-desto corso d'acqua, l'Imbrasos: quierano un altare, tempietti e un tem-pio lungo cento piedi con l'ingressoorientato a est e una lunghissimacella in due navate. Nei pressi era unbacino sacro per i bagni rituali del-l'antico simulacro ligneo della dea.La sistemazione del santuario co-nobbe un momento decisivo in-torno al 560 a.C. allorchè agliarchitetti locali, Rhoikos e Theodoros,venne affidato il compito di erigereun nuovo colossale tempio delladea, modificandone l'orientamentoe ponendolo in asse con un altret-tanto grandioso altare, all'interno diun complesso di edifici di servizio edi prestigiose opere d'arte. Il tempio(di ben 105 x 52,50 m) era circon-

dato di una doppia peristasi di 104colonne alte ciascuna circa 18 m lavasta cella era preceduta da un pro-fondo pronao a tre navate, prive dicapitello decorato, a differenza dellealtre; i fusti, inoltre, composti dibassi rocchi di oltre un metro emezzo di diametro e non scanalati,davano l'effetto di una vera "selva dipietra". I resti dell'edificio si mesco-lano a quelli dell'incompiuta rico-struzione avviata sotto Policrate inseguito all'incendio che, pochi annidopo l'inaugurazione, aveva di-strutto il capolavoro di Rhoikos eTheodoros. Una sola colonna sierge ancora fra le rovine del tempio,mentre numerosi esempi di capitellie di basi danno un'idea dell'aspettodi tali elementi in epoca arcaica,quando le volute non erano ancorastate introdotte a decorare la fila diovoli dell'echino.

Alfredo Della Corte

1 Secondo quanto riportato dallo storico del V secolo Erodoto, Dodona fu il più anticooracolo di tutta la Grecia, datandolo in epoca preellenica, forse addirittura risalente alII millennio a.C.. I sacerdoti e le sa cerdotesse interpretavano il fruscio delle foglie diquercia per predire il futuro e assicurare la benevolenza delle divinità. I Selli, gli abitantidi Dodona, erano invece incaricati di custodire l'oracolo e i suoi beni.

2 Associato a un altro dio preellenico ignoto, veniva adorato col nome di Zeùs Mo-lossòs o di Zeùs Nàios.

3 Fu riedificato per l'ultima volta, nel 31 a.C. dall'imperatore Augusto.

4 Gli scavi sistematici dell'isola, che ancora proseguono, vennero iniziati, nel 1872dalla Scuola arche ologica francese.

5 Il lago venne prosciugato nel 1926 e colmato di terra al seguito di un'epidemia dimalaria.

6 Asteria, figlia della titanide Febe e del titano Ceo, fu la sposa del titano Perse,e gli diede una figlia che chiamarono Ecate. Per sfuggire all'amore fedifrago di Zeus,Asteria si trasformò in una quaglia, ma la fuga precipitosa la fece precipitare nel marEgeo, come un astro (appunto Asteria). Zeus ne fu addolorato e trasformò Asteriain un'isola, che si chiama anche Ortigia, ovvero isola delle quaglie. Su quest'isolaLeto-Latona (sorella di Asterio) trovò asilo e vi partorì Apollo e Artemide. E sic-come per la nascita di Apollo, dio del Sole, l'isola fu tutta circonfusa di luce, da allora,venne chiamata Delo, che significa "mo strare", poiché era ormai visibile (fonte Wi-kipedia).

Premio Comuni a 5 stelle: Corchiano Comune Virtuoso 2010

Il 26 settembre 2010 si è svolta a Bi-signano (CZ) la cerimonia del “Pre-mio Comuni a 5 stelle” promossodall’Associazione Comuni Virtuosi.Al premio partecipano gli Enti lo-cali che hanno intrapreso azioniconcrete a sostegno delle “buonepratiche locali” in particolare nellagestione del territorio, nell’improntaecologica della macchina comunale,nella gestione dei rifiuti, nella mobi-lità sostenibile, nei nuovi stili di vita.Lo scopo del Premio Comuni a 5stelle è di diffondere tra le comunitàlocali il consapevole ricorso a sceltequotidiane che consentano la dimi-nuzione dell’impatto ecologico.Questa edizione del premio ha vistovincitore assoluto il Comune diCorchiano (VT) per la qualità e latrasversalità dei programmi propostinelle cinque categorie previste.Il G. A. Romano ha partecipato conentusiasmo alla premiazione: “Suespresso invito del Sindaco Dott.Bengasi Battisti, anche noi del G.A.Romano abbiamo fatto parte della

folta delegazione corchianese che siè recata a Bisignano per la cerimo-nia perché, come riferito dal sindacosiamo una componente attiva dellacomunità che ci ha accolti nel 2008” “E’ vero, con il progetto di recuperodella via Amerina e dei beni culturalidel territorio – continua la nota delG.A. Romano - con il programma

della didattica nella Scuola MediaStatale “Carlo Urbani”, con le con-ferenze, le giornate evento, le degu-stazioni di ricette dell’antica cucinaromana, il cinema storico e via di-scorrendo, vogliamo fare qualcosache rimanga alla gente: a Corchiano(il nostro) Comune a 5 stelle! ”.

Gruppo Archeologico Romano

L’Heraion di Samo

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anno VII - Numero I 7

la Dormitio VirginisIstanbul. museo di San Salvatore in Chora, ex moschea Kariye Camii ed ex Chiesa-monastero bizantino (fine XI secolo)

Pareti e soffitti del monumento sonocoperti da mosaici a fondo oro e af-freschi tra i più belli del mondobizantino, risalenti alla prima metàdel XIV secolo. Le decorazioni,molto ben conservate, sono riemersedallo strato di calce che le avevanascoste e protette per secoli, a se-guito dei restauri conclusi dall'Isti-tuto Bizantino Americano nel 1959,anno della apertura del complessocome Museo. Anche la struttura ar-chitettonica della chiesa ci è per-venuta intatta: le modificheconseguenti la sua trasformazione inMoschea sono state pochissime e af-fatto invasive, quasi che la cultura is-lamica abbia avuto rispetto verso unluogo con tali ricchezze artistiche.I temi delle decorazioni sono trattidalle sacre scritture, da tradizionimolto antiche e dai vangeli apocrifi(evidentemente non era stata rispet-tata la volontà di Costantino tesa avietarli e distruggerli), e alcuni diessi sono quindi poco usuali ai nos-tri occhi: episodi della vita di Mariabambina, ma già con veste azzurrae mini aureola, nei suoi primi passio in braccio al padre mentre venivapresentata al Tempio. Soprattuttocattura l'attenzione il mosaico soprail portone della navata centrale, cheraffigura Maria sul letto colta dalsonno della morte circondata dagliapostoli, da profeti, da donne af-frante, da angeli e con Cristo, al cen-tro della scena, che tiene in bracciouna creatura in fasce rappresentantelo spirito della Santa Vergine! È laDormitio Virginis, momento prelim-inare alla sua assunzione in cielo,dove Cristo è presente ma occultatoagli altri (la mandorla che lo cir-conda nella iconografia bizantina hail significato di una presenza in spir-ito) e sostiene l’anima vivente dellaMadonna (foto 1). Su questo temaha lo stesso impatto visivo il mo-saico di Iacopo Torriti realizzato trail 1291 e il 1296 nell’abside dellabasilica di S. Maria Maggiore (foto2). Ma ugualmente coinvolgente è Iltransito della Vergine, piccola tavola diMasolino da Panigale, dipinta circanel 1430, con gli stessi personaggima senza la mandorla che circondail Cristo, esposta qualche anno fa aRoma nella mostra “Capolavori del

'400”. Questo modo di descrivere la mortedella Vergine, tipico dell'iconografiabizantina, si è diffuso quindi anchein Occidente: fu a causa delle Cro-ciate o gli artisti conoscevano e in-terpretavano il credo della chiesad’oriente o, ancora, avevano trattoispirazione anche loro dai vangeliapocrifi?“Nella Dormitio Virginis il concetto

racchiuso da Dante nella sua mirabile

terzina: «Vergine, madre, figlia deltuo Figlio», è dolcemente ed efficacemente

illustrato”. Il poeta, secondo l’opinione di

Carlo Ossola, aveva certamente presente

il mondo letterario bizantino e certamente

ammirò i mosaici di S. Maria Maggiore.

Giorgio Poloni

Nota.

Da una veloce ricerca su Internet sono emerse Dormitio sparse in tuttaItalia. Tra le più note:- S. Lorenzo a Vicenza, polittico a fondo oro, realizzato da PaoloVeneziano.- S. Maria dell'Ammiraglio a Palermo, mosaico di artisti di Bisanzio(1151).- Abbazia di S. Pietro al Monte, Civate (Lecco), stucco, particolare delrilievo nella cripta.- S. Paolo di Selargius, elemento di polittico su tavola (fine XV secolo).- Cattedrale di Troia in Puglia, affresco di ignoto, epoca tardo gotica.- Collegiata di Castiglione Olona, affresco nell’arco trionfale.- Pinacoteca di Bologna, tempera su tavola del 1329 di Pseudo Ja-copino.- Ruderi della chiesetta di Vergole (Lecce), affresco tardo bizantino.- Cattedrale di Aosta, vetrate del deambulatorio destinato a Tesoro (fineXII secolo).- S. Maria in Grotta di Rangolisi di Sessa Aurunca, affreschi nella chiesarupestre.

Foto 1

Foto 2

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anno VII - Numero I8

Il programma, avviato nel 1978, sirivolge a quanti desiderino appro-fondire la conoscenza con i paesiche sono stati la culla della nostraciviltà. Il viaggio, infatti, rappresentail momento centrale di un lavoro diricerca, studio e valorizzazione riv-olto ai luoghi di destinazione e checoinvolge il G.A. Romano e i suoivolontari durante tutto l’anno.

Caratteristiche dei viaggi• Ogni regione, indipendentementedai confini politici, è divisa secondol’ordinamento provinciale dell’Im-pero Romano; generalmente ogni vi-aggio corrisponde ad una provincia.• L’itinerario è studiato per favorirela conoscenza dei siti meno notioltre la visita accurata delle areearcheologiche famose.• Gli itinerari, raggruppati per serie,sono programmati con largo an-ticipo per offrire il quadro generaledell’area storicogeografica che si in-tende visitare.• L’orizzonte cronologico spaziadalla preistoria all’età bizantina; peri monumenti di epoche successive odi arte islamica si adotta un minore

I VIaGGI dI STudIo del GRuPPo aRCheoloGICo RomaNoapprofondimento.• Ogni partecipante al viaggiodispone di un quaderno didatticocontenente dati storici e planimetrie.Per meglio comprendere la dimen-sione storica e ambientale dei luoghisi propone sul posto la lettura dibrani di autori greci e latini, senzadimenticare la cucina locale, deposi-taria di antiche tradizioni.• Durante il viaggio si ha la possibil-ità di incontrare archeologi e volon-tari delle associazioni aderenti alprogetto Koinè dei G.A. d’Italia.• Nella riunione che precede il viag-gio sono fornite le informazionigenerali, mentre nell’incontro chesegue il rientro viene esaminata ladocumentazione fotografica curatada ogni partecipante; le foto migliorisono conservate nell’archivio delG.A. Romano.• La durata dei viaggi è di 8-13giorni e di norma non è prevista piùdi mezza giornata libera.

SERIE GIOVANI21-28 aprile 2011IONIA

Siti archeologici: Izmir, Bornova,Efeso, Belevi, Magnesia sul Menan-dro, Piene, Mileto, Dydima, Perg-amo, Assos, Troia, MarmaraeglisiMusei: Izmir, Efeso, PergamoCittà: Izmir, KusadasiSERIE TURCHIA14-23 maggio 2011LYCIA, PAMPHILIA, PSIDIASiti archeologici: Telmessos, Kas,Xantos, Letoon, Patara, Kekova,Myra, Olympos, Phaselis, Antalya,Termessos, Perge, Side, Aspendos,Picara, Tlos Musei: Antalya, SideCittà: Antalya

SERIE GRECIA1-13 giugno 2011CICLADISiti archeologici: Thira, Akrotiri, Delo,Paros, Naoussa, Naxos, Kouronos,Tinos, Andros, Milos, FilakopiMusei: Delo, Mikonos, Santorini,Paros, Tino

SERIE EUROPA10-22 ottobre 2011DACIA

In questi giorni la Soc. Solesa di To-rino, coordinatrice di un progetto perla realizzazione di un grande im-pianto fotovoltaico nel territorio diColleferro tra la Via Palianese e l’Au-tostrada, sta effettuando lavori per larealizzazione di un cavidotto di col-legamento, dell’energia che sarà pro-dotta, alla rete colleferrina. La posain opera del cavidotto sta avvenendoattraverso l’utilizzo di un robot cheeffettua uno scavo sotterraneo senzala necessità di operare dall’alto me-diante trincee di scasso. Questo par-ticolare tipo di lavoro prevedeovviamente un’indagine preliminaredi individuazione ed il posiziona-mento, mediante l’utilizzo di un geo-radar, di eventuali altri servizipreesistenti (fognature, gasdotti, ac-quedotti ecc.) in modo che essi nonpossano essere danneggiati dal pas-saggio sotterraneo del cavidotto.Missione Archeologica di Piombi-nara (Museo Archeologico di Colle-ferro e soc. cooperativa “il Betilo”)in accordo con la Soprintendenza aiBeni Archeologici del Lazio ha chie-sto alla Soc. Solesa di estendere l’in-dagine del georadar al fine diindividuare eventuali resti archeolo-gici lungo il percorso dell’elettro-dotto, in particolare sul luogo dei

resti della chiesa di S. Maria di Piom-binara. Una prima indagine sulla ViaCasilina ha permesso di definire per-fettamente i resti della chiesa otto-centesca, immediatamente sotto ilmanto stradale. La presenza di questachiesa è documentata ancora in al-cune foto degli anni ‘40 e ‘50 del se-colo scorso ed i suoi resti sono giàstati, in parte, messi in luce duranteuna campagna di scavo del 2006.Considerato che nelle stesse foto sivedevano i resti di un’altra chiesa piùantica, con la facciata rivolta verso ilfiume Sacco, e che, secondo gli studirecentemente apparsi sul primo vo-lume dedicato alle indagini sul Ca-

stello di Piombinara, è da identificarsicon la chiesa medievale, già nota inun documento dell’anno 1152 con ilnome di S. Maria di Piombinara; gliarcheologi della Missione hanno ri-chiesto alla società un’indagine sup-plementare nell’area del piazzaledell’officina meccanica dove presu-mibilmente la chiesa doveva collo-carsi. Il risultato della ricerca è statoeccezionale, infatti il georadar ha ri-levato un edificio a pianta rettango-lare lungo più di sedici metri e largodieci con il fronte rivolto verso ilfiume ed il retro connesso ad un am-biente trasversale, in asse con il cam-panile, anche questo in buona parte

Importanti novità dal sito della chiesa di S. maria di

Piombinara rilevate dal georadar

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Autorizzazionen. 18/2005 Trib. di Roma

riportato in luce durante la campagnadi scavo del 2006. La chiesa medie-vale risulta completamente riempitadi detriti di crollo ed accumulo e que-sto ha reso impossibile la rilevazionedelle divisioni interne. Grande è statala soddisfazione degli archeologidella Missione in particolare del Di-rettore del nostro Museo Dott. An-gelo Luttazzi, il quale nel ringraziarela Soc. Solesa nella persona del Dott.Carlo Garuzzo per la grande dispo-nibilità dimostrata, ha sottolineato larilevanza che questa indagine haavuto nella comprensione e nella de-finizione di questo importante com-plesso religioso evidenziando chequesto è avvenuto a costo zero senzal’impegno di uno scavo archeologico.Tra l’altro va detto che la stessa so-cietà si è impegnata con un’impor-tante sponsorizzazione a sostenere lecampagne di scavo sul castello diPiombinara per quest’anno andandoad affiancare la società Italcementi.