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SdS/Rivista di cultura sportiva Anno XX n. 52 1 2 Lo stato attuale della teoria dell’allenamento Peter Tschiene Analisi dello stato attuale della teoria dell’allenamento e della sua influenza sulla pratica nello sport di alto livello 7 I limiti genetici delle prestazioni sportive Leonid Sergijenko In quale misura i fattori genetici influi- scono sullo sviluppo delle capacità moto- rie sportive 12 La diagnosi del talento sportivo Andreas Hohmann I criteri per la selezione del talento: l’e- sempio delle corse di velocità dell’atletica leggera 22 Ciclo mestruale e capacità di prestazione delle atlete Larisa Shaklina Lo stato funzionale e la capacità di pre- stazione di atlete di alto livello, tenendo conto del ciclo biologico dell’organismo femminile 29 Biomeccanica dei salti nella pallavolo e nel beach-volley Gian Nicola Bisciotti, Anne Ruby, Claude Jaquemod Ricerca sulle differenze di ordine biomec- canico tra le tecniche d’esecuzione dei salti nella pallavolo e nel beach-volley 35 Resistenza alla forza o forza resistente? Gilles Cometti Il problema dell’allenamento della forza nelle discipline sportive di durata 40 Trainer’s Digest a cura di Arndt Krüger, Mario Gulinelli 42 Allenamento in altitudine e sport di combattimento Gerhard Lehmann, Hans Dietrich Heinisch Alcune ricerche sull'efficacia dell'allena- mento in altitudine per gli sport di com- battimento: l'esempio del judo 49 La coscienza privata di sé, elemento determinante della prestazione Claude Ferrand, Sandra Tédard Studio di casi nella ginnastica ritmica 57 Le zone di intensità aerobica nelle discipline cicliche di durata Piero Incalza Significato, valutazione e allenamento nell’atleta di alto livello 63 Summaries In questo numero

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2Lo stato attuale della teoriadell’allenamentoPeter TschieneAnalisi dello stato attuale della teoriadell’allenamento e della sua influenzasulla pratica nello sport di alto livello

7I limiti genetici delle prestazionisportiveLeonid SergijenkoIn quale misura i fattori genetici influi-scono sullo sviluppo delle capacità moto-rie sportive

12La diagnosi del talento sportivoAndreas HohmannI criteri per la selezione del talento: l’e-sempio delle corse di velocità dell’atleticaleggera

22Ciclo mestruale e capacità diprestazione delle atleteLarisa ShaklinaLo stato funzionale e la capacità di pre-stazione di atlete di alto livello, tenendoconto del ciclo biologico dell’organismofemminile

29Biomeccanica dei salti nellapallavolo e nel beach-volleyGian Nicola Bisciotti, Anne Ruby, Claude JaquemodRicerca sulle differenze di ordine biomec-canico tra le tecniche d’esecuzione deisalti nella pallavolo e nel beach-volley

35Resistenza alla forza o forzaresistente?Gilles ComettiIl problema dell’allenamento della forzanelle discipline sportive di durata

40Trainer’s Digesta cura di Arndt Krüger, Mario Gulinelli

42Allenamento in altitudine esport di combattimentoGerhard Lehmann, Hans Dietrich HeinischAlcune ricerche sull'efficacia dell'allena-mento in altitudine per gli sport di com-battimento: l'esempio del judo

49La coscienza privata di sé, elemento determinante della prestazioneClaude Ferrand, Sandra TédardStudio di casi nella ginnastica ritmica

57Le zone di intensità aerobicanelle discipline cicliche di durataPiero IncalzaSignificato, valutazione e allenamentonell’atleta di alto livello

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Lo stato attuale della teoria dell’allenamento Peter Tschiene, Capo redattore della rivista Leistungssport, Francoforte

Introduzione

Questo articolo si propone di fornire al let-tore una descrizione di quali siano, attual-mente, i punti deboli nelle basi teorichedell’allenamento nell’alto livello. Quanto viviene esposto si basa su conoscenze scien-tifiche e su esperienze personali pratichedell’Autore, acquisite in oltre trenta anni diattività nel campo dell’allenamento.

1. L’affermazione principale

Una teoria compiuta e coerente dell’alle-namento non esiste. Attualmente, siamo difronte solo a frammenti di una teoria chesi diversificano tra loro:- per quanto riguarda il loro retroterra

storico ed ideologico;- per i loro fondamenti scientifici;- nelle loro enunciazioni pratiche e nella

loro applicabilità.Dopo la Seconda Guerra Mondiale, inEuropa sono comparse le prime pubblica-zioni, aventi come argomento la metodo-logia dell’allenamento, che si occupavanodei problemi generali dell’allenamento edella gara:

Dopo alcune affermazioni sullostato attuale delle basi teorichedell’allenamento di alto livello eduna rassegna delle principali opereche nel passato ed attualmente sisono occupate di questo argomen-to, vengono esposti quali sono alcu-ni dei motivi che rendono difficilela formazione di una teoria organi-ca e coerente dell’allenamentosportivo. Vengono poi trattati alcu-ni punti che acquisiscono impor-tanza fondamentale nell’attualediscussione sulle basi teoriche epratiche dell’allenamento nellosport di alta prestazione: il ruoloche viene svolto dalle gare, i pro-blemi attualmente posti agli atletidal moltiplicarsi degli impegni com-petitivi, la preparazione immediata-mente precedente alla gara e,soprattutto, l’adattamento comeprincipio base dell’allenamento.

Analisi dello stato attuale della teoria dell’allenamentoe della sua influenza sulla pratica nello sport di alto livello

Foto BRUNO

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- 1957, D. Harre, Einführung in die allge-meine Trainings- und Wettkampflehre(Introduzione alla teoria1 generale del-l’allenamento e della gara), Lipsia 1957.Si trattava di materiale specificamenteelaborato per la formazione a distanzadegli allenatori della Rdt.

- 1965, L. P. Matvejev, Il problema dellaperiodizzazione dell’allenamento sporti-vo (in russo), Mosca, 1965.2

- D. Harre, Trainingslehre, Berlino (Rdt),1969 (Teoria dell’allenamento)3.

Questi i temi trattati:- l’allenamento in quanto processo peda-

gogico, sua natura, scopo e compiti;- i metodi generali di allenamento;- i principi dell’allenamento;- la pianificazione e la periodizzazione

dell’allenamento;- le particolarità dell’allenamento femmi-

nile e giovanile;- i test nell’allenamento.Il libro di Matvejev sulla periodizzazionerappresentava un passo in avanti rispettoai primi tentativi sulla pianificazione diHarre, concentrandosi sulla strutturazionetemporale del carico nell’anno di allena-mento e di gara. Tutti questi libri ed i loro successori o deri-vati per lo più si riferivano allo sport com-petitivo con l’obiettivo della massima pre-stazione (per la gloria del socialismo).Se si escludono alcune eccezioni, la teoriadell’allenamento è poco cambiata rispettoai modelli di Harre e Matvejev.Per prima cosa ne forniamo un esempionegativo:T. O. Bompa, Periodisation - theory andmethodology of training, Human Kinetics,Champaign (Ill.), Usa, 1999.In questo libro, l’autore, uno studiosorumeno che attualmente insegna alla YorkUniversity di Toronto, espone l’allenamen-to seguendo lo stile di Harre. La periodiz-zazione di Matvejev viene solo accentuataacriticamente.Poi, un esempio positivo:V. Platonov, Obshaja teorija podgotovkisportsmenov v olimpiskom sporte (Teoriagenerale della preparazione degli atletinello sport olimpico, Kiev, 1997).In questo libro, la novità è rappresentatadal fatto che come punto di partenza vieneassunta la gara, e soprattutto dall’ampiaesposizione della preparazione in quantoprocesso adattativo. Perciò, per la primavolta viene dedicata una notevole atten-zione ai problemi della fatica e del recupe-ro degli atleti dopo i carichi. Così purevengono trattati i problemi del talento. Poi, un terzo esempio:L. P. Matvejev, Obshaja teorija sporta i jejoprikladnye aspekty (Teoria generale dellosport ed i suoi aspetti applicativi), Mosca,2001.

Questo libro, che rappresenta l’opera ditutta una vita, è molto attuale e partedalla descrizione dello sport e della suateoria. Poi vengono trattate ed è nuovoper questo Autore, la gara e l’attività digara dell’atleta, ma solo formalmente.Segue poi l’esposizione dei presuppostiindividuali per un allenamento sportivo,come anche una caratterizzazione integra-tiva dei contenuti dell’allenamento, deimetodi e dei complessi di esercizi. L’Autoresi limita in tutto a quattro (!) principi del-l’allenamento. La sua originaria periodizza-zione dell’allenamento viene racchiusa, inmodo nuovo, in modelli della preparazioneper i diversi macrocicli. Ma la conclusioneè formata da quanto Matvejev ammettesul record sportivo: i modelli che lui pre-senta si riferiscono solo ad esso. Per lui losport professionistico rappresenta solo uncirco. Lo sport professionistico non per-mette di programmare alcuna preparazio-ne al record. Ciò è causato dalla grandequantità di gare che vengono disputateper ragioni finanziarie o per pressionedegli sponsor. Il suo sport d’alto livello nonha nulla a che vedere con lo sport pertutti. Ed è giusto.

2. Alcuni motivi che rendono difficile la formazione di unateoria organica e coerente dell’allenamento sportivo

Qui si fa riferimento solo allo sport di altolivello!- Per prima cosa, la formazione di una

teoria è impedita da antiquate ed ideo-logiche idee sul carico, che dominano ilmodo di pensare fin dai tempi diMatvjev. Ne risulta una tendenza scia-gurata: l’orientamento sulla quantità.Aumentare i carichi fa sempre bene?Così, si limita la concezione dell’allena-mento come adattamento.

- In questo modo viene sopravvalutato ilruolo dell’allenamento.Intendo dire che, sia nella teoria chenella pratica, non viene riconosciutaquale è la funzione di primo piano cheviene svolta dalla gara (fanno eccezionePlatonov 1997 e Tiess, Tschiene 1999).

- La metodologia dell ’allenamento èingessata. I metodi, soprattutto quelli

dell’allenamento della condizione fisica,sono sempre quelli di una volta e ven-gono integrati - o semplicementeaumentati - attraverso i numerosi risul-tati empirici della ricerca della fisiologiadel muscolo e della neurofisiologia.La suddivisione degli esercizi in esercizicondizionali ed in esercizi tecnici haassolutamente bisogno di una verifica,anche alla luce delle concezioni scienti-fiche di Bernshtein, come ha più voltemesso in luce il mio collega Zanon. Come é caratteristico della modernità,ma in modo completamente inutilizzabi-le, anche i risultati della ricerca scientifi-ca vengono “stilizzati” in metodi. In que-sto caso si deve parlare di imbroglio (ofrode) accademica.A causa del grande numero di informa-zioni e di selvagge speculazioni metodo-logiche, nella formazione di una teoria siaccentua una difficoltà rappresentatadal fatto che nel processo viene persol’aspetto globale, nel quale l’incrementodella prestazione dell’atleta rappresentail punto centrale.

- Tranne una eccezione (Platonov 1997),viene trascurata l’individualizzazionedell’allenamento, che pure è praticabile,o essa viene citata solo formalmente.Individualizzare l’allenamento significatenere conto di quale è la tipologia diadattamento degli atleti e di quale è laloro predisposizione verso determinatemodalità di carico. Nella letteratura tro-viamo solo norme che riguardano grup-pi o che sono valide per tutti e per ogniindividuo.Questa definizione della tipologia diadattamento, nell’allenamento dei bam-bini e dei giovani atleti, rappresenta unpresupposto necessario se si vuolegarantire la loro capacità di carico, sal-vaguardando un buon stato di salute.

- Per quanto concerne la futura teoriadell’allenamento siamo di fronte ad unacarenza di approcci che si basino sullateoria dei sistemi. Allenamento e garanon vengono concepiti come un siste-ma. In questo modo, l’adattamentoviene considerato solo in ambiti ristretti(ad esempio, nella forza). Soprattutto, sipuò rilevare una carenza di natura prati-ca: la gara e la prestazione di gara nonvengono riconosciuti come elementi cherafforzano il sistema (feedback).

- A queste difficoltà si collega la sottova-lutazione del ruolo adattativo e sistemi-co che viene svolto dai processi di rista-bilimento che si svolgono nell’organi-smo degli atleti, sottoposto ad un carico.Finora i l solo Platonov (1999) si èespressamente battuto contro questacarenza nella teoria e nella metodologiadell’allenamento.

In sintesi: finora, nelle pubblicazioni piùimportanti ci sono solo aspetti e fram-menti di una teoria dell’allenamento.Non esiste alcuna deduzione organicadelle leggi e delle necessità dell’allena-mento. L’allenamento in quanto proces-so viene spesso “confezionato” in unateoria dello sport.

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Gli effetti negativi sulla pratica sonoenormi:- Partendo da informazioni e da una for-

mazione ormai antiquate, se non addi-rittura sbagliate, vengono perpetuatecarenze tradizionali nel carico e nellapianificazione dell’allenamento.

- La pianificazione dei calendari delleFederazioni sportive non tiene conto delfatto che i processi di adattamento, cioèprocessi che esistono obiettivamente,non permettono che essi non venganorispettati. Ma, un correzione di staticarenti attraverso il doping non è etica-mente ammissibile ed è vietata.

- Atleti, allenatori, direttori tecnici, diri-genti e scienziati, vedono nella gara soloil giorno X per la realizzazione di unaprestazione.

Ora, qui di seguito, cercherò di fornire, inquattro punti, il mio modesto contributoalla prevenzione di questi effetti negativi. I quattro punti che tratterò riguardano:

1. l’importanza della gara nella teoria enella pratica dello sport di alto livello;

2. la pluralità delle gare;3. la preparazione immediata alla gara;4. l’adattamento come processo fonda-

mentale per il miglioramento della pre-stazione.

3. L’importanza della gara nellateoria e nella pratica dello sportdi alto livello

La gara e la prestazione di gara rappresen-tano:- il logico punto di partenza di tutte le

misure dirette all’incremento della pre-stazione e

- svolgono una funzione necessaria nelsistema funzionale atleta-prestazione.

La gara funge da fattore originale cherafforza il sistema. Se la sua azione viene amancare, o è poco frequente, non saràpossibile che il sistema funzionale atleta-prestazione si sviluppi fino a raggiungereun nuovo massimo livello individuale (pre-stazione).La struttura gerarchica nel rapporto alle-namento-gara si presenta come nella figu-ra 1.1. La gara determina l’orientamento tem-

porale di tutte le misure dirette adincrementare la prestazione.

2. La struttura dell’attività di gara determi-na l’intero contenuto dell’allenamento ela strutturazione dei processi di adatta-mento dell’atleta.

3. La massima forma dell’atleta deve esserecostruita in modo assolutamente speci-fico per la gara e, qualitativamente, deveessere raggiunta prima di essa. Qui vatenuto conto che esistono tempi indivi-dualmente diversi di sviluppo dellaforma.

4. L’allenamento tiene conto, quantitativa-mente, di tutti i fattori dell’attività indi-viduale di gara. Ciò vuole dire che vienesviluppata la struttura della prestazioneed alla base di ciò troviamo il coordina-mento dei processi adattativi nell’atleta.Ciò è impossibile senza adeguata piani-ficazione dei tempi necessari per il rista-bilimento.

In questo modo, molte raccomandazioniche si trovano nella letteratura assumonoun significato relativo. Orientarsi esatta-mente sulla struttura della prestazione digara serve a prevenire uno dei principalierrori commessi nell’allenamento attuale:la mancata considerazione del principiodella globalità (nel concepire l’atleta e lasua prestazione).

4. La pluralità delle gare

Occorre tenere conto dell’enorme aumentodelle gare di grande importanza per gliatleti e le atlete di alto livello. Questacosiddetta pluralità di gare deve esserevalutata sia positivamente sia negativa-mente.Negativamente: partecipare a molte gran-di gare, di fatto, non permette la costru-zione di una forma massima, in quantorestano limitati i periodi necessari per iprocessi di adattamento (carico e recupe-ro). Su questo punto ha completamenteragione Matvejev. Ciò vale soprattutto pergli sport individuali. In questo senso, neglisport di squadra domina quasi un caos.Positivamente: una pianificazione finaliz-zata produce effetti positivi per gli atleti ele atlete di alto livello. L’incremento dellaprestazione continua attraverso un raffor-zamento del sistema funzionale atleta-prestazione. Però le prestazioni debbonotrovarsi nella zona della forma migliore(cioè debbono essere di livello adeguata-mente elevato). Questa affermazione sulvalore positivo della gara deve esserediversamente interpretata nei vari sport enelle loro varie discipline, come mostra latabella 1.

5. La preparazione immediata-mente precedente alla gara

Una funzione chiave nell’incremento dellaprestazione viene svolta dalla preparazioneimmediata alla gara, come è stato messoin rilevo, per la prima volta, da Thiess,Tschiene, Nickel (1997). Funzionalmente,

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STRUTTURA DELLA PRESTAZIONE

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LA DETERMINAZIONE DELLA DIREZIONE DELL'ADATTAMENTO E DEL SUO CONTROLLO NELLE TAPPE DELL'ALLENAMENTO

GARA

PRESTAZIONE DI GARA

STRUTTURA DELLA GARA

LA GERARCHIA DEI PARAMETRI DELLA DETERMINAZIONE DEL RAPPORTO TRA ALLENAMENTO E GARA

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La gerarchia dei parametri della determinazionedel rapporto tra allenamento e gara

Figura 1 –

In sintesi: senza un approccio che si basisulla teoria dei sistemi non viene vista lafunzione che viene svolta dalla gara nelquadro dell’allenamento, inteso comeadattamento. La gigantesca quantità didati empirici di ricerca frena l’ulterioresviluppo globale della metodologia.Finora, nel sistema di allenamento e digara non esiste una determinazionedelle tipologie individuali di carico e direcupero.

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essa non fa parte più dell’allenamento, inquanto si tratta di una fase che serve allacostruzione della forma massima degliatleti degli sport individuali. Qui domina ilmomento psicologico.Infatti, non ci si deve più allenare in sensofisiologicamente stretto. Con ciò s’intendedire che non debbono essere più provocaticambiamenti morfologico-funzionali neisistemi di organi e poi attendersi un rapidorecupero. Invece, attraverso misure diver-se, la struttura della prestazione degli atle-ti e delle atlete viene resa ottimale perottenere la forma massima nella strutturadell’attività di gara.Non è solo sulla base della mia esperienzache così si può raccomandare espressa-

mente a tutti gli allenatori di occuparsi diquesta componente dell’incremento dellaprestazione. In ciò occorre che essi restinocreativi ed intuitivi! (figura 2).Compiere errori nella fase della prepara-zione immediata alla gara distrugge com-pletamente tutta la preparazione prece-dente, perché questa fase è già una partedella gara, l’introduzione ad essa.

6. L’adattamento, processo basedell’allenamento

Attualmente, come in passato, viene rico-nosciuta la priorità dell’aspetto biologicodell’allenamento. Si tratta di un merito diJury Verchoshanskij, che ha sempre con-

centrato l’attenzione del mondo degli spe-cialisti sull’adattamento come processoche si trova alla base di ogni incrementodella prestazione sportiva.Con ciò, però, s’intende un processo cheriguarda tutti i sistemi, che cioè è globale,non è limitato ad un solo sistema organicodell’atleta. E Verchoshanskij è stato ilprimo autore a misurarsi con l’importanteproblema della costruzione a lungo termi-ne della massima prestazione nello sport,rilevando che la descrizione dell’allena-mento considerato come processo pura-mente pedagogico è inefficace e un intral-cio al progresso.

Basandomi sulle nozioni di molti colleghi,ritengo che questi aspetti dell’adattamentonell’allenamento siano importanti per lapratica:1. L’adattamento è un processo che si pro-

duce solo sulla base della trasmissioneall’apparato genetico della cellula delleinformazioni sull’azione di uno stressintenso ripetuto. Grazie alla sollecitazio-ne si stabilisce un rapporto tra funzioneed apparato genetico. Stimoli deboli nonproducono sviluppo.

2. L’adattamento come risultato. Si produ-ce un sistema funzionale motorio speci-fico che ha una finalità ben definita(specializzazione con una determinataprestazione qualitativa).

3. L’adattamento come anticipazione dellefuture richieste che verranno poste all’a-tleta (i carichi di allenamento debbonosempre prevedere elementi delle presta-zioni che si vogliono ottenere).

4. L’adattamento presenta una precisastruttura (individuale) di fasi (questofenomeno rappresenta la base dellastruttura temporale dei cicli di allena-mento e di gara).

5. L’adattamento rappresenta un processospecifico, che va fino all’adattamentoestremo. Questo processo specifico esigeil suo risultato/prodotto, che agiscecome fattore che forma il sistema. Diqui la nuova visione della pluralità digare e la necessità della modellazionedei carichi.

6. L’adattamento è un processo individuale.Per questa ragione, abbiamo bisogno diconoscenze sulle tipologie adattativedegli atleti. Altrimenti, tutte le misurepratiche sono inefficaci o non sfruttanoil potenziale individuale dei nostri atletie delle nostre atlete (sempre nel quadrodella salvaguardia della loro salute).

7. L’adattamento è un processo teso all’e-conomia. Ciò vuole dire che con essovengono ridotti il dispendio di tempo edi energie durante l’allenamento e vienecosì superato il prevalere del pensieroquantitativo.

Sport Volume dell’esercizio di Numero delle partecipazionigara nel carico globale, % alle gare

anni '60 anni '90

1 Ciclismo su strada 25 – 40 30 - 50 100-125ciclismo su pista 22 - 30 25 - 35 80 - 150

2. Sci di fondo 7 - 10 40 - 45 30 - 40

3. Marcia 3 - 4 6 - 10 6 - 10

4. Maratona 2 - 3 10 - 15 10 -16(prove effettivamente su 42,2 km) 2- 3 2 - 3

5. Corsa su lunghe distanze 1,5 - 3,0 20 - 35 15 - 25

6. Corsa su medie distanze 0,6 - 1,0 25 - 35 15 - 25

7 Pattinaggio su ghiaccio 1,0 - 1,8 45 - 50 45 - 55di velocità

8. Nuoto 1,5 - 2,0 40 - 50 50 - 60

9. Canottaggio 1,0 - 1,3 25 - 35 30 - 40

10. Canoa 0,8 - 1,1 30 - 40 40 - 50

11. Lotta stile libero 3Incontri 40 - 70 40 - 70

12. Lotta greco-romana 3Incontri 40 - 70 40 - 70

13. Ginnastica artisticaGare 6 - 8 6 - 9

14. PesisticaGare 6 - 8 6 - 8

15. Atletica leggeraSalti, lanci 18 - 30 15 - 25

Tabella 1 – Parametri del sistema individuale di gara nei singoli sport(partecipazioni ufficiali a gare)

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Sintesi e conclusione

Al primo posto dell’ordine del giorno tro-viamo la razionalizzazione del processodell’incremento a lungo termine della pre-stazione dell’atleta.- Ciò non vuole dire una scientificità sem-

pre più stretta, ma rispetto dell’atletanel suo insieme. Su di esso, l’allenatoredeve acquisire conoscenze e accumulareesperienze. La scienza, o l’esperienza dasole non bastano. Soprattutto, l’allena-tore deve dimostrare rispetto verso l’or-ganismo e la persona dell’atleta.

- La cosiddetta teoria dell’allenamento sideve dedicare esclusivamente alle esi-genze dei singoli sport (eventualmente

di gruppi di sport) e formulare adeguatimodelli di adattamento a lungo termine.

- Se non si determinano le tipologie diadattamento degli atleti e delle atlete(fin da un’età precoce) ogni raccoman-dazione è inutile.

- Soprattutto, è assolutamente necessariauna esatta costruzione di modelli del-l’attività di gara nei diversi livelli di pre-stazione.

- Su questa base, l’allenatore deve proce-dere in modo intuitivo e creativo.Soprattutto nella preparazione imme-diatamente precedente alla gara. Se hadei dubbi, non deve seguire i manualid’insegnamento e soprattutto non deveseguire alcuna moda.

Articolo originale. L’articolo è la rielaborazione invista della pubblicazione della relazione presen-tata dall’autore all’inaugurazione del I CorsoNazionale di IV livello europeo di formazionedegli allenatori, svoltosi il 10 dicembre 2001presso la Scuola dello Sport del Coni.

Traduzione di M. Gulinelli

Trasformazionedei presupposti

della prestazione nel risultato di gara

Creare un'armonianel collegamento tra

tutti i presupposti della prestazione

Espressione ottimale della

prestazione di gara

In campo condizionale

In campotecnico

In campo tattico

In campopsichico

OTTIMIZZAZIONE DEL SISTEMAFUNZIONALE DI MOVIMENTO

Misure che sostengono

la prestazione

Misure che sostengono

la prestazione

Condizioneper la scelta

Condizioneper la scelta

CONCEZIONI DELLA PREPARAZIONEIMMEDIATAMENTE PRECEDENTE ALLA GARA

Struttura del tempo sufficiente all'adattamento ed all'organizzazione

BREVE CARATTERIZZAZIONE

!Alternanza nel prevalere di contenuti essenziali dell'allenamento!Integrazione della preparazione alla gara nelle tappa di gara!Preparazione alla gara secondo la tipologia adattativa dell'atleta!Preparazione alla gara all'interno di una intensità continuamente

crescente del carico nel microciclo!Preparazione alla gara per mezzo della gara o di serie di gare!Preparazione alla gara attraverso il tapering (nuoto)!Preparazione alla gara attraverso allenamento in altitudine con o senza gare!Preparazione alla gara in altitudine collegata ad una "catena" di ipossia artificiale!Preparazione alla gara attraverso un allenamento che riproduce il modello della gara

MISURE PARTICOLARI PER LA DIREZIONE DELL'ALLENAMENTO, DETTATE DA CONDIZIONI SPECIFICHE

Raduni di allenamento

Cambiamento di fuso orario

Ciclo mestruale

Climi estremi

Valutazione funzionale complessa

Logistica

Preadattamento/adattamento dei bioritmi

Costruzione adeguata dell'allenamento,sfruttamento della fase post-mestruale

Preadattamento, breve permanenza

Esperti

COMPITI DELLA PREPARAZIONE IMMEDIATAMENTE PRECEDENTE ALLA GARA

Figura 2 – Schema della preparazione immediatamente precedente alla gara: compiti, concezioni,misure (Tschiene, 1997, 66) Bibliografia

Platonov V., Belastung, Ermüdung, Leistung- der moderne Trainingsaufbau, DBS-Trai-nerbibliothek, vol. 34, Münster, 1999.Thiess G., Tschiene P., Nickel H., Der sportli-che Wettkampf, DBS-Trainerbibliothek, vol.33, Münster, 1997.Thiess G., Tschiene P., Handbuch zurWettkampflehre, Aquisgrana, 1999.Verchoshanskij J., Organizazija i program-mirovanie sportivnoi trenirovki, Mosca,1985 (traduzione italiana a cura di M. Guli-nelli, Organizzazione e programmazionedell’allenamento, Roma, 1988).Zanon S., Scienza o fede?, SdS-Scuola delloSport, XIX, 49, 16-19.

Note

(1) La parola Lehre, che è stata e viene nor-malmente tradotta in italiano con il termineteoria, intesa “come formulazione sistematicadi principi generali relativi ad una scienza, arteo branca del sapere” - in questo caso all’alle-namento - in tedesco ha un significato piùampio che si avvicina di più alla parola italia-na dottrina, cioè: “a un complesso di nozioni oprincipi organicamente elaborati e disposti,considerata oggetto di studio o norma sulpiano teorico e pratico, che diventa ancheoggetto di insegnamento”. Però, va considera-to che in Training von A bis Z, il dizionario deitermini della teoria e della metodologia del-l’allenamento, edito nel 1980, dalla Sportver-lag, la casa editrice sportiva della ex-Rdt, nel-l’Appendice, nella quale i vari lemmi vengonotradotti in cinque lingue, l’espressione tedescaTrainingslehre viene tradotta in francese comeThéorie de l’entraînement, in spagnolo Teoriadel entrenamiento ed in russo come Teorija imetodika trenirovki, per cui la traduzione ita-liana di Trainingslehre con Teoria dell’allena-mento non appare illegittima.(2) Il libro di Matveiev non è mai stato pubbli-cato in italiano, se si eccettuano alcuni estrat-ti, pubblicati a cura del Centro di documenta-zione dell’allora Scuola centrale dello sport delConi.(3) Il libro di D. Harre è stato tradotto in italia-no e pubblicato nel 1977 dalla Società StampaSportiva con il titolo: Teoria dell’allenamento.

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I limiti geneticidelle prestazioni

sportive

Leonid Sergijenko, Istituto pedagogico di stato, Nikolajev

In quale misura i fattorigenetici influiscono sullosviluppo delle capacità

motorie sportive

1. Introduzione

In vari sport, il continuo sviluppo deirecord mondiali è una prova che le possi-bilità fisiche dell’uomo sono ben lontanedall’essere esaurite. Mentre 30-40 anni fauna persona che praticasse sport e chefacesse dell’attività sportiva il contenutofondamentale della sua vita, sottoponen-dosi per molto tempo a carichi di allena-mento relativamente notevoli poteva sta-bilire un record mondiale, attualmente irecord sono prestazioni talmente straordi-narie che il solo allenamento, non sorrettoda doti d’eccezione, non è suffciente. Se lemassime prestazioni sportive ed ancora dipiù i risultati di livello mondiale esigonotalento, i record mondiali presuppongonodoti genetiche d’eccezione. Appare eviden-te che le capacità motorie d’eccezionesono determinate geneticamente. Per con-fermare questa affermazione occorre fareun paragone tra l’uomo e gli animali.Ad esempio, un canguro, per sfuggire a chilo insegue sviluppa per brevi tratti unavelocità fino a 50 km . h-1. Le giraffe, cheper la lunghezza del loro collo e delle loro

gambe sembrano animali lenti, nella lorovelocità di corsa non sono certo inferiori alcanguro. La natura ha dimenticato didotare lo struzzo della capacità di volare,ma lo ha dotato della capacità di correremolto rapidamente, fino ad 80 km . h-1, epochi animali gli possono tenere testa. Adesempio, lo gnu, un’antilope africana, chearriva a 90 km . h-1. Ma il campione asso-luto di velocità tra gli animali è il ghepar-do. Sono noti casi in cui questo grandefelino ha percorso una distanza di 650 min 20 s, che corrisponde ad una velocitàmedia di 120 km . h-1. Un atleta che corra i100 m in 9,9 s arriva solo a 36 km . h-1.Confrontiamo ora i limiti genetici dell’uo-mo e della pulce nella capacità di salto. Ilrecord mondiale di salto in lungo è di circa9 m, mentre una pulce è in grado di rag-giungere con un salto una distanza checorrisponde a 60 volte la lunghezza delsuo corpo. Se l’uomo facesse lo stesso, conuna statura di 2 m, dovrebbe saltare circa120 m. E se avesse le stesse capacità disaltare in alto di una pulce supererebbe

un’asticella posta al 55° piano di un grat-tacielo. Un ultimo confronto tra uomo ed insetti.Un piccolo scarabeo è in grado di portareun peso che è 850 volte superiore al suopeso corporeo. Se l’uomo disponesse dellestesse capacità potrebbe sollevare un pesodi 74 tonnellate. Il problema dei possibili limiti delle presta-zioni sportive dipende dalla risposta aqueste domande:1. lo sviluppo delle capacità sportive ècondizionato da fattori genetici?2. Fino a che punto lo sviluppo di caratte-ristiche morfologiche e di capacità motoriequali la forza muscolare, la rapidità, lacoordinazione, la resistenza e la mobilitàarticolare vengono determinate dall’azionedi fattori ereditari ed ambientali?3. I fattori genetici influiscono sui mecca-nismi di adattamento dell’atleta all’attivitàfisica?4. L’allenamento è in grado di ampliare ilimiti individuali, geneticamente determi-nati, delle prestazioni sportive?

In relazione al problema dei possibi-li limiti delle prestazioni sportive cisi chiede se lo sviluppo delle capa-cità sportive sia determinato dafattori genetici; in quale misura i

fattori ereditari e quelli ambientaliinfluiscano sullo sviluppo dellecaratteristiche costituzionali edorganico-muscolari; se i fattori

genetici influenzino i meccanismid’adattamento; se attraverso i

mezzi di allenamento si riescano adampliare i limiti di prestazione indi-viduali, geneticamente determinati.

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2. L’ereditarietà del talentosportivo

Il confronto tra le capacità motorie umanee quelle animali che abbiamo fatto prece-dentemente, indirettamente, ci dice qual-cosa su quali siano i limiti genetici dell’at-tività motoria dell’uomo. Però, una rispo-sta diretta può essere fornita solo da ricer-che genetiche.Il ceco Kovar (1979), studiando gli alberigenealogici di alcuni atleti di alto livello, èarrivato alla conclusione che l’attivitàsportiva e le capacità di movimento deigenitori degli atleti erano maggiori diquelle della popolazione normale (nonpraticante sport). Così, circa il 57% deipadri ed il 35% delle madri degli atleti dialto livello erano stati atleti. Praticamente,non vi erano genitori che avessero soloscarse capacità motorie. Fu stabilito cheanche le sorelle ed i fratelli carnali degliatleti erano in possesso di capacità e qua-lità motorie considerevolmente maggioridi quelle dei non praticanti. Oltre la metà(53,7%) delle sorelle di questi atleti prati-cavano sport, si allenavano e partecipava-no a gare. Nei fratelli questa percentualesaliva a quasi il 70%. Anche in una ricerca su 163 famiglie diatleti di classe elevata è stato trovato che igenitori degli atleti erano stati fisicamentemolto attivi (Sergijenko 1997, tabella 1). Intotale il 48,7% dei genitori avevano prati-cato sport od avevano svolto un lavorofisico pesante. Tra essi i più attivi erano igenitori maschi (29,7%) rispetto alle fem-mine (18,99%). Nelle famiglie analizzate, nel fenotipo dellesorelle e dei fratelli carnali le capacitàsportive erano significativamente maggioriche nella popolazione normale (tabella 2).Nei fratelli (con il 79,41%) fu trovata unamaggiore attività motoria che nelle sorelle(42,05%).Spesso capacità sportive notevoli sonostate rilevate non solo in due, ma anche intre generazione della stessa famiglia (figu-ra 1).

I risultati delle nostre ricerche permettonodi affermare che:• la predisposizione allo sviluppo di capa-cità sportive elevate viene trasmessa ere-ditariamente;• la tipologia di trasmissione ereditariadelle capacità sportive è dominante (cioènon recessiva);• la predisposizione alle prestazioni sporti-ve tende a trasmettersi ereditariamente inlinea paterna e materna.Per questa ragione, nella ricerca del talen-to, c’è una probabilità più elevata di trova-re giovani atleti dotati in quelle famiglienelle quali il padre ha praticato sport, od

Tipo di attività motoria e Padre Madre Ambeduelivello di capacità sportive numero % numero % numero %

• Lavoro fisico 33 10,12 16 4,91 35 21,47• Capacità non eccellenti: 11 3,37 3 0,92 2 1,23

fascia sport di massa• Capacità medie: I fascia, 12 3,68 3 0,92 3 1,84

candidato a Campione sportivo• Capacità notevoli: 1 0,31 – – – –

Campione sportivo di livellonazionale ed internazionale

• Totale 57 17,48 22 6,75 40 24,47

Tabella 1 – Attività motoria e capacità sportive dei genitori di alcuni atleti di alto livello

1 2

11 2 3 4 5 6 7 8 9 10

1 2 3 4 5 6 7

1

I

II

III

IV

Simboli utilizzati per la costruzione di alberi genealogici

}

Maschio e femmina caratterizzati da

eccellenti capacità sportive

}

Maschio e femmina caratterizzati

da elevate capacità sportive

}

Maschio e femmina caratterizzati

da capacità sportivemedie

}

Maschio e femminacaratterizzati da moderate

capacità sportive

Campione sportivo emerito, campione sportivo

di classe internazionale, campioni e vincitori di

medaglie nei Giochi Olimpici, nei Campionati mondiali

Campione sportivo Candidato a Campione sportivo,

I fascia di qualificazione

II-III fascia di qualificazione

Figura 1 – L’attività sportiva in tre generazioni della stessa famiglia. Viene mostrato l’alberogenealogico di Z. V. Edmeskaja (posizione III - 4) una canoista (kayak) di classe mondiale. La suanonna materna (I - 4) era stata Campionessa di scherma dell’Urss dal 1924 al 1926. Suo marito(nonno materno I - 3) aveva praticato pesistica e ginnastica. La madre dell’Edmeskaja (II - 8)aveva praticato pallacanestro per dieci anni e dal 1949 al 1953 aveva partecipato con la Societàsportiva Dinamo ai Campionati dell’Urss e di Mosca. Nella II generazione il fratello del padre (II -5) aveva praticato pesistica, ed il fratello della madre (II - 9) tennis tavolo. Nella III generazione,anche il cugino materno (III - 6) A. M. Plotke, era stato un eccellente atleta (di classe internazio-nale nel nuoto, Campione e recordman nazionale dell’Urss dal 1972 al 1976. Un cugino dellalinea paterna (III - 2) aveva giocato ad hockey su ghiaccio

Capacità sportive Fratelli Sorellenumero % numero %

Numero totale delle sorelle e dei fratelli 233 59,74 157 40,26dei quali:

• fascia sport di massa 6 2,58 14 8,92• I fascia, candidati a Campione sportivo 30 12,88 11 7,01• Campione sportivo 28 12,02 5 3,19• Campione sportivo di classe internazionale 121 51,93 36 22,93

Tabella 2 – La capacità sportive dei fratelli e delle sorelle di alcuni atleti di alto livello. Nel calco-lo sono state inserite solo famiglie nelle quali vi erano un fratello ed una sorella, per un totale di134 famiglie

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ha svolto un’attività lavorativa che preve-deva un lavoro fisico pesante, mentre perquanto riguarda le giovani atlete di talen-to, si trovano più facilmente in quellefamiglie nelle quali la madre ha svolto unavita fisicamente attiva.• In media, ci si può aspettare che il 50%dei figli di atleti di alto livello abbia note-voli capacità sportive, anche se, general-mente, non si tratta di quelle tipiche deglisport nei quali eccellevano i loro genitori.Però, se ambedue i genitori erano atleti dilivello elevato, poiché la trasmissione ere-ditaria delle capacità sportive avviene siain linea paterna che materna, ci si puòattendere che il 75% dei loro figli sia untalento dal punto di vista motorio (Moser1960).

3. Genetica delle caratteristichemorfologiche e delle capacitàmotorie dell’uomo

Le caratteristiche morfologiche

In una ricerca che ha interessato 50 coppiedi gemelli dello stesso sesso in età da 12 a17 anni è stata stabilita l’esistenza di note-voli influenze genetiche in 16 indici antro-pometrici (Sergijenko 1999, figura 2). Ciò vuole dire che nell’uomo la variazionedelle caratteristiche morfologiche simuove entro limiti che sono stabiliti dafattori genetici. Questi limiti sono geneti-camente determinati in misura maggioreper quanto riguarda le misure longitudina-li del corpo, che per le circonferenze. In un bambino, la disposizione geneticanello sviluppo delle caratteristiche morfo-logiche dipende dalle caratteristiche siadel padre che della madre. Il grado diespressione fenotipica della statura di unbambino verrà ora esposto tenendo contodelle diverse combinazioni della statura deigenitori. Ammesso che da due genitori dielevata statura nasca un figlio alto, e cheda due genitori di bassa statura ne nasceràuno basso, tutte le altre combinazioni dellastatura dei genitori (bassa-media, media-media, bassa-alta, media-alta) faranno inmodo che la statura dei figli si collocheràtra due limiti estremi, uno dei quali relati-vo a quei bambini che hanno sia un padreche una madre di bassa statura, e l’altrorelativo a quelli che hanno ambedue igenitori di statura elevata. Nella figura 3 viene riportata la statura deifigli a seconda delle diverse combinazionedella statura dei genitori in famiglie statu-nitensi di razza bianca e nera (Malina, Har-per, Holman 1970). In base a questa ricer-ca si può assumere che:1. un grado estremamente elevato di

espressione delle caratteristiche morfo-logiche di un bambino sia determinato

Statura

Altezza

cranio-ischiatica

Lunghezza

del braccio

Lunghezza

dell'avambraccio

Lunghezza

della mano

Lunghezza degli

arti inferiori

Lunghezza

della coscia

Lunghezza

della gamba

Lunghezza

del tronco

Diametro

acromiale

Circonferenza

del braccio

(rilassato)

Circonferenza

del braccio

(contratto)

Circonferenza

del torace

Circonferenza

della coscia

Circonferenza

della gamba

Massa

corporea

0,866

0,880

0,874

0,892

0,734

0,509

0,655

0,707

0,711

0,858

0,867

0,757

0,811

0,699

0,859

0,794

0,557

0,698

0,931

0,467

0,888

0,877

0,968

0,893

0,930

0,770

0,917

0,619

0,906

0,586

0,941

7,45***

8,35**

7,95***

9,27**

3,76%%

2,04

2,90*

3,42

3,46**

7,04***

7,52**

4,11**

5,29*

3,32**

7,11**

4,85**

2,26

3,31*

14,53**

1,88

8,89**

8,10***

31,46***

9,36***

14,28**

4,35**

12,06**

2,62*

10,66**

2,42*

17,06**

1 0,8 0,6 0,4 0,2 0 0 3 6 9 12 15 18

ACoefficiente di ereditarietà

BCriterio di Fischer

Figura 2 – I coefficienti di ereditarietà di Holzinger (A) ed il criterio F di Fischer (B) per quantoriguarda gli indici antropometrici maschili e femminili.Legenda: i valori del criterio F con * mostrano che il livello di affidabilità (p< 0,05) è significati-vo, con ** che è elevato (p < 0,01), con *** molto elevato (p < 0,001), senza asterisco p >0,05. Azzurro = maschi; blu = femmine

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dall’influenza genetica sia del padre chedella madre;

2. si può affermare che nella maggior partedelle caratteristiche morfologiche del-l’uomo vi sia una tendenza di sviluppo;

3. chiaramente il limite superiore del gradodi espressione fenotipica delle caratteri-stiche morfologiche può essere raggiun-

to solo grazie all’azione di importantifattori ambientali esterni (quali l’eserci-zio fisico, l’alimentazione, ecc.)

Le capacità motorie

Nella tabella 3 viene fornito un quadro,molto generale, su come le informazionegenetiche influiscano sullo sviluppo dellecapacità motorie dell’uomo. La tabella sibasa sui dati di vari autori.Si può affermare che in questo campo l’in-fluenza dei fattori genetici sia abbastanzanotevole, ma è, comunque, inferiore aquella che hanno sulle caratteristichemorfologiche.

4.L’ereditarietà dell’adattamentonegli atleti

È naturale che anche i limiti delle presta-zioni sportive vengano determinati dalleparticolarità genetiche nell’adattamentodegli atleti. Però su questo aspetto è statorealizzato un numero limitato di ricerche.Per illustrare quali siano le leggi generaliin questo campo, ci serviremo dei risultatidi ricerche svolte su gemelli.Il canadese Bouchard (1990) ha osservatoche, in dieci coppie di gemelli monozigoti,sottoposti ad un allenamento della duratadi 20 settimane in ambedue i fratelli virilevava una notevole somiglianza nellevariazioni del V

.O2max (figura 4).

In base ai suoi risultati Bouchard ha for-mulato l’ipotesi che tra che coloro chevengono sottoposti allo stesso programmadi allenamento esistono soggetti labili (chepresentano un aumento rilevabile e signi-ficativo del V

.O2max) e non labili (che pre-

sentano un aumento non rilevabile, nonsignificativo o nullo del V

.O2max). Quindi la

reazione di adattamento del V.O2max, che

rappresenta un parametro altamenteinformativo della potenza aerobica del-l’uomo, è chiaramente predeterminata dalpunto di vista genetico.Alle nostre ricerche (Sergijenko 1993)hanno partecipato sei coppie di gemellidello stesso sesso, delle quali quattro digemelli monozigoti (tre coppie di sessomaschile, una di sesso femminile) e due digemelli dizigoti (una coppia di sessomaschile ed una di sesso femminile). All’i-nizio della ricerca avevano un’età da 14 a17 anni. Queste coppie sono state oggettodi tre ricerche. Nella prima ricerca sonostate rilevate le particolarità morfologiche

20

10

0

-10

-20

B-B B-M M-M B-A M-A A-A

%

Figura 3 – Vengono mostrati i valori medi ele deviazioni quadratiche medie delle staturedei figli a seconda delle diverse combinazionidelle stature dei genitori. Legenda: B-B=bassa-bassa; M-M = media-media; B-A=bassa; M-A = media-alta; A-A = alta-alta

Caratteristiche numero grado di valutazionedelle ricerche ereditarietà in % dell’ereditarietà

Mobilità articolare 3 61-91 elevataReazione motoria 10 0-93 elevataResistenza anaerobica 4 67-99 significativaResistenza aerobica 10 60-93 significativaResistenza alla forza 4 22-85 significativaCapacità di coordinazione 3 32-95 significativaRapidità locomotoria 9 10-91 significativaForza rapida-forza di salto 9 43-86 significativaPrecisione dei movimenti della mano 3 39-87 significativaForza muscolare reattiva 1 > 64 mediaRapidità di movimenti semplici 1 42-73 mediaEquilibrio statico 1 31-74 mediaForza muscolare assoluta 10 0-56 scarsaFrequenza di movimento 12 0-57 scarsa

Tabella 3 – Ereditarietà delle capacità di movimento dell’uomo (Sergijenko 1998)

16

14

12

10

8

6

4

2

2 4 6 8 10 12 14 16V

aria

zion

e m

lO2/

kg/m

in

Variazione mlO2/kg/min

40

35

30

25

20

15

10

5

5 10 15 20 25 30 35 40

Variazione VO2max, %.

Var

iazi

one

VO

2max

, %

.

Fratello B

Fratello A

Fratello B

Fratello A

a b

Figura 4 – Le variazioni del V.O2max di gemelli monozigoti successive ad un allenamento di 20

settimane (a = valori assoluti; b = variazioni relative)

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e le capacità motorie. La seconda ricerca èstata realizzata dopo un anno, la terzadopo 20 mesi. Durante questo periodotutte le coppie di gemelli si allenavanoregolarmente: due coppie nell’atletica leg-gera, tre coppie nel ciclismo, ed una cop-pia nella ginnastica. All’inizio la loro quali-ficazione andava dalla II fascia junior aCampione sportivo, ed alla fine della ricer-ca andava dalla II fascia a Campione spor-tivo di classe internazionale.Oggetto della ricerca furono le caratteristi-che antropometriche, le capacità di rapi-dità, la resistenza, la mobilità articolare, lacoordinazione dei movimenti ed alcuniindici della forza rapida.Questi i risultati ottenuti:i coefficienti di ereditarietà nell’incremen-to annuale e biennale delle caratteristicheantropometriche erano insignificanti. Unatendenza all’aumento dei coefficienti diereditarietà esiste su periodi più lunghidello sviluppo ontogenetico. Quindi è stato possibile dedurne che ilcontrollo genetico sul ritmo di sviluppomorfologico dell’uomo durante intervalli ditempo brevi diminuisce. Inoltre un’attivitàfisica significativa è in grado di attenuarenotevolmente l’influenza del genotipo sulritmo di comparsa delle caratteristichemorfologiche. L’incremento della forza generale assoluta(somma della forza di 20 gruppi muscolari)nei gemelli monozigoti era del 30,15% enei gemelli dizigoti del 14,96%. Invece losviluppo della forza muscolare relativa erapiù lento. Esiste quindi un influenza eleva-ta dei fattori ambientali, in particolare del-l’allenamento, sul ritmo di sviluppo dellaforza muscolare relativa ed assoluta.Inoltre è stato scoperto che i fattori eredi-tari mostrano una tendenza ad influenzare(H2 = 0,682) il ritmo di sviluppo della rea-zione motoria degli arti superiori e degliarti inferiori. Una tendenza analoga si èmanifestata nel ritmo di incremento dellarapidità di un movimento singolo. Il ritmo di sviluppo della frequenza deimovimenti viene influenzato soprattuttoda fattori ambientali, mentre abbiamoosservato una influenza tendenzialmentemoderata dei fattori ereditari dei gradientidi rapidità nelle locomozioni. Il gradiente del V

.O2max è notevolmente

soggetto all’influenza dei fattori ambien-tali. Ciò si differenzia leggermente dairisultati della popolazione normale digemelli.Per quanto riguarda i gradienti di mobilitàdelle articolazioni delle anche, delle spallee della colonna vertebrale sono stati trova-ti coefficienti di ereditarietà non significa-tivi. Se ne può dedurre che il carico fisicoinfluenza in modo individuale il ritmo divariazione della mobilità articolare, senza

rapporto con le manifestazioni del genoti-po nella maturazione di questa capacitàdurante il processo di sviluppo. Nel gradiente delle capacità coordinativesono stati trovati coefficienti d’eredità diH2 = da 0,446 a 0,991, e provano l’esisten-za di una certa influenza dei fattori eredi-tari. La caratteristica genetica di ambedue itest di forza rapida (movimento di corsa edi lancio) è la stessa: il loro sviluppo vieneinfluenzato prevalentemente dall’ambiente.I risultati delle nostre ricerche permettonodi ricavare queste conclusioni:• lo stesso carico fisico influisce in mododiverso sullo sviluppo delle capacità moto-rie di soggetti diversi;• la reazione di adattamento, provocatadall’allenamento che porta al cambiamen-to delle capacità di movimento, negliumani ha sempre carattere individuale edipende, in misura diversa da fattori eredi-tari ed influenze ambientali;• il ritmo di sviluppo delle caratteristicheantropometriche e delle capacità motoriedell’uomo dipende, in misura scarsa, dal-l’influenza di fattori ereditari. Invece lestesse caratteristiche - misurate in unmomento determinato dell’ontogenesi -dipendono in misura molto notevole daquesti fattori. Questa legge non vienemodificata dall’azione mirata di fattoriinfluenti ambientali;• in periodi brevi di tempo, l’intensità conla quale il genotipo influisce sullo sviluppodelle capacità di movimento è minore chein periodi più lunghi della vita.

5. Conclusioni che se ne ricavanoper quanto concerne l’allenamen-to ed il miglioramento del risulta-to della prestazione sportiva

Da quanto abbiamo esposto precedente-mente possiamo ricavare alcune conclu-sioni di carattere generale:• è evidente che i mezzi tradizionali diallenamento non sono in grado di amplia-re i limiti nello sviluppo della capacità dimovimento, che sono geneticamentedeterminati. Ciò vuole dire che essi nonsono in grado di spostare i limiti indivi-duali di prestazione.• I mezzi di allenamento tradizionali sonoin grado di portare l’atleta al limite supe-riore di sviluppo delle sue capacità dimovimento nel quadro della sua variazio-ne individuale, determinata dal genotipo.• Se viene migliorato il potenziale geneti-co, esiste la possibilità di incrementare illivello della prestazioni sportive, e secondonoi, ciò non ha limiti. Riprendendo un’af-fermazione di Åstrand si può affermareche il modo migliore per diventare prima-tisti del mondo nel 21° secolo è quello discegliersi i genitori giusti.

• Dato che per scoprire gli atleti di altolivello (ricerca del talento) non è possibileun unico momento di selezione , le proce-dure principali sono quella di seguire losviluppo dei giovani talenti e ripetere perpiù anni le procedure di selezione.• Lo sviluppo ulteriore dei record sportivi èpossibile se si utilizzano concezioni e tec-nologie moderne di allenamento, soprat-tutto attraverso nuovi attrezzi ed apparec-chiature che permettano di realizzarecompletamente quel livello stabile ed ele-vato di capacità di movimento che è per-messo dalle potenzialità genetiche.

Traduzione dal russo di Olga Iourtchenko; Titolooriginale: Geneticeskie predely sportivnyh resul’-tatov.Indirizzo dell’autore: L. Sergenko, Gosudarste-vennyj Pedagoghiceskij Institut, Luxsemburgskijbul’var 24, 327030 Nikolaev, Ucraina

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La diagnosi deltalento sportivo

Andreas Hohmann, Istituto per la scienza dello sport, Università di Potsdam

1. Sullo sviluppo della ricercasul talento ed il concetto ditalento

La ricerca, la selezione e la promozione deltalento rappresentano le colonne portantidi uno sviluppo dello sport giovanile chesia diretto a raggiungere risultati di altolivello. Dal punto di vista della scienzadello sport, l’interesse principale è rivolto,

soprattutto, alla selezione del talento con isuoi due aspetti principali, cioè la diagnosie la prognosi del talento che, per questaragione, rappresenteranno l’oggetto prin-cipale di questo lavoro, mentre resterannoin secondo piano la ricerca del talento, cheessenzialmente rappresenta un problemadi natura prevalentemente pratica edorganizzativa e la promozione del talento,che vede al suo centro, come fattori che

influiscono su di essa, le condizioni gene-rali esterne e quelle determinate dallametodologia dell’allenamento.Per ragioni soprattutto economiche perqualsiasi Organizzazione sportiva naziona-le e per le Federazioni che ne dipendono, èimportante individuare, il più precocemen-te possibile, in tutta la popolazione giova-nile, quali sono coloro che mostranotalento per determinati sport ed inserire

Attualmente la scienza dell’allena-mento considera validi, come criteridi diagnosi del talento di un atleta,le sue prestazioni, il ritmo di svilup-po dei suoi risultati, il grado di uti-lizzazione dei presupposti della pre-stazione e la capacità di carico. Per-ciò, è assolutamente necessario chela strategia di individuazione deltalento, attualmente dominante

nella pratica dell’allenamento gio-vanile, che si basa unicamente sulcriterio per cui vengono selezionatisolo coloro che ottengono presta-zioni superiori alla media nelle garegiovanili, o che nei test mostranodeterminate predisposizioni indivi-duali ad ottenere risultati in uncerto sport, venga integrata daquesti altri criteri.

I criteri per la selezione deltalento: l’esempio delle corse di velocità dell’atletica leggera

Foto

GRI

LLOTT

I

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solo essi nel processo di loro promozione alungo termine. Ma, finora, questa esigenzapratica di disporre di un concetto efficacedi talento è stata, ed è tutt’ora, soddisfat-ta, solo parzialmente, se si consideranoquali sono le possibilità attuali della scien-za dello sport di prevedere quali saranno leprestazioni finali di bambini ed adolescentiche si trovano nella fase della crescita. In questo campo, dopo alcuni successi ini-ziali, di natura teorica e pratica, moltorapidamente si sono prodotte discrepanzetra le aspettative della pratica di campo ele possibilità concettuali e, soprattutto, diricerca della scienza dello sport. Special-mente per quanto riguarda la prognosidel talento, le idee su quanto sarebbenecessario nella prassi, da un lato e, dal-l’altro, ciò che può essere realmente forni-to hanno preso due direzioni molto diverse(cfr. Holz 1988, Hagedorn et al. 1989, Joch1997). Solo in un recente passato si sonopotuti rilevare maggiori sforzi di ricerca.Tali sforzi sono stati provocati, in parte, dauna maggiore comprensione dell’efficacesistema di promozione del talento dellaex-Rdt, acquisita dopo la riunificazione e,sia pure sempre parzialmente, dalle nuovepossibilità offerte dalle metodologie diricerca.Nella scienza dello sport, l’elaborazione delproblema del talento, per prima cosa, halimitato il concetto di talento1 ad una pre-disposizione (dote) specifica, superiore allamedia, in un determinato settore, quellodella motricità sportiva. Successivamente,il moderno concetto di talento è statocaratterizzato da uno sviluppo in due dire-zioni, che, per prima cosa, sono indipen-denti l’una dall’altra: da un lato si è passatida un concetto ristretto ad uno ampio ditalento e dall’altro da una sua interpreta-zione statica ad una dinamica, di tipo pro-cessuale.

2. Criteri di valutazione funzionale utilizzabiliper la diagnosi del talento

Mentre, relativamente senza grandi pro-blemi, è stato possibile raggiungere unaccordo sulla terminologia, vi sono stateuna serie di difficoltà metodiche perquanto riguarda la determinazione dei cri-teri che permettono di diagnosticare unapredisposizione allo sport superiore allamedia. Tali difficoltà sono state discusse,approfonditamente, già nel 1974, daZaciorskij et al., in particolare dal punto divista delle problematiche che riguardanola “scelta”, l’ereditarietà, e la prognosi. Sesi confrontano le posizioni di Zaciorskij etal. (1974) con quelle di Thiess (in Harre1973) si può provare che, nella ricerca, perquanto riguarda la diagnosi e la prognosidel talento, già precocemente, si sono svi-luppati due indirizzi con accenti diversi:• uno si interessava, soprattutto dal puntodi vista della medicina dello sport, dell’ere-ditarietà di caratteristiche biologiche,geneticamente determinate, che si potevasupporre fossero la causa della differenzedi prestazione che si potevano osservare2

(figura 1).• l’altro, invece, che si basava soprattuttosui punti di vista della scienza dell’allena-mento, poneva al suo centro, la prestazio-ne osservabile, il suo sviluppo, come anchela stabilità dei risultati e la capacità diincrementarli in riferimento alle gare. Suc-cessivamente questi tre criteri sono statiintegrati dalla capacità di tollerare il carico

(Thiess 1979) e dal potenziale di sviluppo(Kupper 1980).3Mentre negli Stati del blocco orientale, laricerca, dapprima, rimase limitata a questidue indirizzi, nei Paesi occidentali, oltre adessi, si svilupparono:• una ricerca che si basava, principalmen-te, su orientamenti ricavati dalle scienzesociali, che riguardava le condizioni gene-rali necessarie per realizzare un’efficacepromozione del talento in un sistema edu-cativo aperto4;• una ricerca di tipo medico, biomeccanicoe psicologico che, in un passato recente, siè sempre più interessata della capacità ditollerare il carico dei giovani atleti. Talericerca è motivata dal fatto che, in moltisport, sono stati quasi raggiunti i limiti delcarico. Per questa ragione, se si voglionoproteggere i giovani atleti di alto livello dacarichi negativi di natura meccanica o daun superallenamento di tipo psicofisico5, ilproblema della capacità di carico è diven-tato sempre più importante. La ricerca empirica sull’ereditarietà dei fat-tori e delle caratteristiche che sarebbero“fondamentali” per ottenere risultati spor-tivi di alto livello ha prodotto una notevoleed importante, massa di conoscenze,anche per quanto riguarda il problema deltalento. Però, indipendentemente da ciò,attualmente, i limiti di natura teorica econtenutistica e le difficoltà legate allametodologia della ricerca6, rappresentanoostacoli difficilmente superabili per quantoriguarda la determinazione del talentosportivo fondata su fattori biologici e la

“Nello sport di vertice attuale si defini-sce talento un soggetto, che, tenutoconto dell’allenamento già realizzato, ècapace di prestazioni sportive superiorialla media rispetto a gruppi di riferi-mento di soggetti dello stesso livello disviluppo biologico e con abitudini divita simili. Per cui, tenendo conto delledisposizioni personali interne (endoge-ne) alla prestazione e di condizioniesterne (esogene), si può ragionevol-mente supporre ed, in particolare, sipuò determinare attraverso modellimatematici, che nella successiva fase disviluppo potrà ottenere prestazionisportive di alto livello” (Hohmann, Carl,2001, in stampa).

10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Forza massima

Forza di salto

Forza di lancio

Rapidità di corsa

Rapidità di frequenza

Rapidità di reazione

Capacità di coordinazione

Mobilità articolare

Statura

Resistenza anaerobica

Resistenza aerobica

Eredità (dipendenza dalle doti) vsdipendenza dall'ambiente (inclusa l'allenabilità), %

Caratteristiche

1

2

4

3 11

1

33

2 21 1

1

4

4

1

11

4

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33

1

Figura 1 – Eredità di caratteristiche diverse della prestazione motoria-sportiva in fanciulli (!) efanciulle (") (esclusivamente) di 10 anni d’età (secondo dati di (1) Maes et al., (2) Kovar 1981,(3) Weiss 1979 e Harsanyi, Martin 1986)

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previsione delle prestazioni future in baseall’importanza che vi assumono caratteri-stiche determinate dalle doti.Di conseguenza, le analisi sulla stabilitàdello sviluppo di prestazioni sportive com-plesse e di singoli presupposti della presta-zione (che sono state realizzate, soprattut-to, utilizzando modelli matematici lineari)come anche le previsioni - ricavate in basea tali analisi - su futuri andamenti dellosviluppo di bambini od adolescenti, finoall’età delle massime prestazioni, mostranograndi differenze quantitative in quasitutti gli indici. Di norma, tali differenzesono così ampie che, solo limitatamente econ riserva, possono essere assunte comebase per decisioni di selezione di naturapratica.

Sul criterio “prestazione superiore alla norma”

I criteri maggiormente utilizzati per laselezione del talento sono ricavati da datisulla prestazione complessa (di gara) ed ipresupposti personali della prestazione,elaborati in base ai modelli della strutturadella capacità di prestazione specifica di

uno sport o di una disciplina sportiva.Però, come viene illustrato nella figura 2,servendosi dell’esempio dello sprint nell’a-tletica leggera, già la struttura attualedella capacità di prestazione non puòessere spiegata completamente, per cui,quando aumenta la durata della prognosidella prestazione si producono incertezzenotevoli. Il modello, per quanto riguarda le atlete,conferma la posizione centrale della forzadi sprint (ciclica) e della rapidità di sprintnel catalogo delle priorità dell’allenamentodi questa specialità (su di ciò cfr. ancheLetzelter et al. 2000). Particolarmente inte-ressante è la mancanza di un collegamen-to diretto tra rapidità d’azione (aciclica) eprestazione di sprint ed in particolare loscarso (non significativo) rapporto traforza reattiva, forza massimale e rapiditàaciclica d’azione. In contrasto con ciò, nelmodello dei giovani sprinter maschi, che(con il 47% della prestazione di gara) sta-tisticamente è meno ben chiarito, si trovaun collegamento medio (significativo) traforza reattiva, forza massima e rapiditàd’azione (aciclica); perciò la rapidità ele-mentare resta senza un legame statistico

con la prestazione di gara e le altre com-ponenti del modello. In base a ciò, per quanto riguarda la previ-sione della massima capacità di prestazio-ne individuale, è necessario che vengaritenuto estremamente relativo il valore dinorme reali (ricavate trasversalmente eservendosi di metodi statistici lineari). Laprestazione di gara giovanile offre soltan-to un primo punto di partenza, ad esempioper prestare attenzione ad un giovaneatleta con doti per un determinato sportnel quadro della promozione del talento alivello scolastico e federale. Inoltre, di perse stessa, la prestazione di gara giovanilenon è sufficiente per formulare previsionisulle future prestazioni finali (cfr. Wend-land 1985)7.La limitata capacità enunciativa, come cri-terio del talento, della prestazione sportivacomplessa realizzata in gara, va attribuitaal fatto che, normalmente, non si cono-scono le condizioni grazie alle quali essa èstata realizzata, quali, ad esempio, l’allena-mento svolto, il potenziale genetico, lostato di sviluppo biologico individuale, ilprofilo individuale attuale di prestazione,ecc.Questi dati complessi della prestazione digara pongono problemi soprattutto quan-do vengono assunti come valori discrimi-nanti (cutt off value) per quanto concernel’inserimento in un sistema di promozionedel talento (cfr. figura 3), già in stadi pre-coci della promozione dei giovani atleti. Labase teorico-programmatica di questastrategia di selezione è di per sè discutibileper il solo fatto che la selezione puramen-te “darwinistica” di coloro che sono porta-tori di caratteristiche estreme, in unmomento così precoce, manca di legitti-mazione etica dal punto di vista delle pariopportunità. Da un lato, intanto, è ormai tradizionale

Tecnica/Coordinazione

Rapiditàelementare

Forza reattiva

Forza massima/esplosiva

Costituzione

Rapidità d'azione semplice

aciclica

Rapiditàciclica di sprint

Prestazionecomplessa di sprint

(21%) (37%) (73%)

.29*

.23*

.22*

.54*** .82***

(n = 81 n = .87 R2 = .76 R2corr. = .73 F = 27.92***)

.24*

Pathanalysis della prestazione di corsa di sprint (femmine) (1+2 gruppo)

Figura 2 – La struttura della capacità di prestazione giovanile nella corsa di sprint dell’atleticaleggera (da Hohmann et al. 2001). Il costrutto, rappresentato attraverso i valori dei fattori sibasa su questi test motori: tecnica e coordinazione: tecnica del salto in lungo, Wiener Koordina-tion Test (su esso cfr. Weineck 2001); forza massima e forza esplosiva: massima contrazioneisometrica (arti superiori ed inferiori), gradiente di salita della forza (arti superiori ed inferiori);forza reattiva: caduta in avanti e spinta verso l’alto per gli arti superiori, salto in basso con rim-balzo per gli arti inferiori; costituzione: statura, peso corporeo; rapidità elementare: tappingpodalico, tempo di reazione semplice; rapidità d’azione aclica: forza orizzontale di salto (a piépari, con il solo arto inferiore destro, con il solo arto inferiore sinistro), forza di salto verticale,forza di lancio; rapidità ciclica: sprint su 30 m, 30 m lanciati, frequenza di skipping; prestazionedi sprint: risultato di gara su 60/100 m (dimensione: punteggio IAAF). Gli asterischi indicano illivello di significatività.

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Soggetto che ottieneinaspettatamentegrandi risultati

Soggetto che ottienegrandi risultati come

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Soggetto che ottienerisultati scarsicome atteso

Soggetto che ottieneinaspettatamente

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Valore cut off selettivoPrestazione sportiva giovanile

Figura 3 – L’importanza dei cutt-off valuesnello schema di classificazione per la sele-zione dei talenti

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l’ipotesi di un corredo immutabile di carat-teristiche biogenetiche dell’uomo, mentre,dall’altro, la scelta delle procedure di dia-gnosi dei valori discriminanti (cutt offvalue) si basa solo su esperienze pratichee, raramente, regge al vaglio di un’analisiscientifica. Inoltre, sono anche giustificatele obiezioni di carattere etico per quantoriguarda le basi statistiche di questa pro-cedura di selezione. Infatti, se alla basedella selezione del talento viene posto unlimite medio non banale, automaticamentedalle misure di promozione viene escluso ilgruppo di coloro che, inaspettatamente,raggiungono risultati elevati in momentisuccessivi, cioè più tardi. Perciò è necessa-rio che le procedure di selezione di tipostatistico vengano ulteriormente sviluppa-te prevedendo “passaggi morbidi”, che adesempio, calcolino le probabilità individuali(percentuali) di appartenenza a classidiverse di talenti. Qualcosa di questo tipo èstato proposto da Zinner et al. (1994) conla costruzione di un modello fuzzy dei cri-teri di selezione. La strategia della selezione di coloro cheottengono risultati fuori dalla norma èstata a lungo raccomandata, soprattuttodalla scienza dello sport dei paesi dell’Est.Essa parte dall’ipotesi fondamentale che le“doti”, nella popolazione giovanile, hannouna distribuzione quasi normale, per cui lavalutazione del talento avrebbe il compitodi identificare quei giovani atleti nei qualila prestazione complessa di gara o gli indi-ci delle caratteristiche principali della pre-stazione, specifiche di uno sport, si trova-no ad un livello abbastanza elevato rispet-to a quello medio della popolazione (cfr.figura 4).I limiti di questo approccio possono essereimmediatamente individuati in base all’ar-bitrarietà e, di conseguenza, alla non uni-vocità con la quale viene stabilita qualedeve essere l’ampiezza di questo “scosta-mento medio”. Mentre Ljach (1977) per

quanto riguarda la selezione del talentoper le Scuole di sport russe riferisce di uncriterio che si basa su due deviazioni stan-dard, Kovar (1981) per quanto riguarda itop talents richiede almeno tre deviazionistandard rispetto ai valori medi dellapopolazione. Un criterio ancora più estre-mo viene richiesto dal brasiliano Matsudo(1996), per il quale un giovane atleta è untalento solo quando l’espressione delle suedisposizioni alla prestazione si trova alme-no quattro deviazioni standard al di sopradel livello della sua categoria d’età8. Quindi, occorre avanzare dei dubbi su unastrategia della selezione che si basi sullaprestazione superiore alla media, soprat-tutto perché, attraverso essa, precocemen-te e, forse in modo irreversibile, vengonoannientate le possibilità di una carrierasportiva. Fondamentalmente, le cose noncambiano anche quando, invece della pre-stazione complessa di gara, vengono ele-vati a criterio di selezione i risultati otte-nuti nei test (cfr. Sehlbach 1995; Wiedner1998). Invece, è vero il contrario: finchénon sarà sufficientemente chiarito il feno-meno della compensazione e del potenzia-mento, ma, anche della soppressione, reci-proci di indici della prestazione rilevanti, oaddirittura essenzialmente critici, duranteil processo di allenamento a lungo terminee finché, nella metodologia della selezione,non verranno decisamente applicate lealternative esistenti alla statistica gaussia-na (ad esempio, metodi di costruzione dimodelli non lineari), le norme di qualifica-zione basate sulla distribuzione normaleavranno l’effetto di complicare più che disemplificare il problema.

Sul criterio “ritmo di sviluppo”

La scarsa capacità di risolvere il problemaattraverso la selezione di soggetti con pre-stazioni superiori alla norma, ha permessoa Kupper (1980) di esigere una ricerca del

talento che si fondasse maggiormentesulla valutazione del processo: “Invece dismarrirsi nell’analisi della capacità di pre-stazione, sarebbe necessario (...) che laricerca sulla predisposizione e le doti (...)indagasse più a fondo la struttura (...) e ladinamica individuale (...) di prestazionisportive concrete”. Secondo questa conce-zione, una posizione chiave viene assuntadall’allenabilità del giovane atleta, inquanto, durante l’allenamento giovanile, ilcambiamento della prestazione oltre chedallo sviluppo motorio e dalle richiesteaspecifiche poste dalla vita di tutti i giorni,dipende soprattutto dall’azione esercitatadall’allenamento. Però, finora, ci sono soloricerche isolate sull’allenabilità delle carat-teristiche della motricità sportiva. Unostudio su questo argomento è stato realiz-zato da Pauer (1996), ed è stato realizzatonelle scuole ad indirizzo sportivo di Berli-no. Tale ricerca, nella quale è stato analiz-zato l’andamento dello sviluppo di alcunecapacità organico-muscolari e coordinati-ve, ha permesso di ricavare almeno l’im-pressione di una differenza tra una com-ponente aspecifica, dovuta allo sviluppoed una specifica, dovuta all’allenamento.L’Autore, tra l’altro, ha dimostrato questofenomeno attraverso l’esempio della forzadi salto (orizzontale). Già nella ricerca tra-sversale, nei quattro gruppi d’età indagati(da 9 a 11 anni, da 12 a 13 anni, da 14 a16 anni e da 16 a 19 anni) gli atleti e leatlete di sport di squadra tattici, qualil’handball e la pallavolo e di sport tecnico-coordinativi, quali i tuffi e la ginnasticaartistica, mostravano una superiorità scar-sa, ma non superiore a quella casuale,rispetto agli altri due gruppi di sport(canoa e canottaggio per il gruppo deglisport a determinante tecnico-condizionalee pugilato, lotta e judo per il gruppo adeterminante tattico-individuale) e ai sog-getti “normali” che partecipavano allelezioni scolastiche di educazione fisica.Però, contrariamente alle aspettative,anche nell’andamento longitudinale non siverificava uno sviluppo migliore dellaforza di salto. L’analisi, sia nelle femminesia nei maschi, non indicava differenzesistematiche tra il miglioramento dellaforza di salto degli atleti e delle atlete deidiversi sport. Ciò deve essere consideratosorprendente, in quanto sia il modello spe-cifico di gara dei vari sport, sia le esigenzedi allenamento, sono caratterizzate da evi-denti differenze per quanto riguarda l’im-portanza della forza di salto.In base ai dati di Pauer (1996) non si rie-scono a trovare prove che sostengano unamaggiore allenabilità dei talenti per undeterminato gruppo di sport. Nella suaosservazione longitudinale, il vantaggionella prestazione degli atleti e delle atlete

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-3σ -2σ -1σ 1σ 2σ 3σ

0,13%

7% 38% 7%

Molto scarsa Media Molto elevata

Atleta di grande talento

x

Figura 4 – Il problema statistico nella strategia della selezione del talento secondo il criteriodella prestazione superiore alla norma (Kovar 1981, 149)

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allenati in modo specifico non si incre-mentava ulteriormente rispetto ad atletied atlete che svolgevano solo un insegna-mento “normale” di educazione fisica. Sene può dedurre, quindi, che le differenze diprestazione che vengono rilevate tra gliappartenti ai vari gruppi di sport debbonoessere attribuite, quasi esclusivamente,all’effetto di selezione nell’assegnazione aduno sport di bambini in possesso di talen-to nel momento del loro inserimento nellascuola, od in una selezione successiva.Però, a risultati opposti sono pervenuti siaLetzelter, Letzelter (1986) confrontando iprofili di sviluppo di velocisti o saltatori equelli di allievi delle scuole normali, comeanche, ultimamente, Homann e coll. (2001)nella loro ricerca longitudinale MATASS(Magdeburger Talent und Schnelligkeits-studie). Anche quest’ultima ricerca haavuto come oggetto di studio atleti di altolivello delle categorie giovanili frequentan-ti scuole ad indirizzo sportivo.

In ambedue le ricerche, nell’atletica, imigliori velocisti e le migliori velocistedelle loro categorie d’età, si distinguevanonon soltanto per una migliore prestazioned’entrata, ma anche, proprio nelle condi-zioni di uno stesso regime di allenamento(prevalentemente nelle scuola ad indirizzosportivo), anche per tassi più elevati dimiglioramento. Indipendentemente dall’e-sperienza pratica e dal fatto che, logica-mente, è plausibile che i talenti mostrino oprestazioni d’ingresso più elevate o chedebbano migliorare le loro prestazioni piùrapidamente ed in misura maggiore, dalpunto di vista della metodologia dellaricerca, sono proprio i tassi più elevati diprogresso che non possono essere dimo-strati senza problemi. Ciò è dovuto al fattoche, generalmente, sono gli atleti che sitrovano ad un livello più basso di presta-zioni ad ottenere i maggiori progressi neiloro risultati (cfr. Kremljova 1973, citata inZaciorskij et al. 1974). Malgrado questo

rapporto, generalmente negativo, gli Auto-ri hanno introdotto come indicatore deltalento il ritmo relativo di sviluppo, nelquale si tiene conto che il miglioramentodei risultati dipende dal livello di presta-zione che è stato già raggiunto. Se si vuolemettere in evidenza il ritmo relativo di svi-luppo, i valori iniziali, cioé le prestazioninel momento della prima misurazione,debbono essere separati (attraverso un’a-nalisi della regressione) dai valori delle dif-ferenze che quantificano i progressi nellaprestazione in un determinato periodo ditempo (cfr. Willimczik et al. 1999). Se siconfrontano i miglioramenti nelle presta-zioni, depurati dai valori iniziali, tra veloci-sti/velociste delle categorie giovanili piùforti e più deboli, sia nei maschi che nellefemmine risulta che i migliori atletimostrano un ritmo relativo di svilupposignificativamente più elevato (cfr. figura5).9 Alla fine del periodo di ricerca, duratodue anni, nei tre gruppi10 un criterio signi-ficativo del talento non era tanto la pre-stazione d’entrata, risalente a due anniprima (femmine: F = 2,73, p = 0,086;maschi: F = 6,38, p < 0,01), quanto il ritmodi sviluppo della prestazione giovanile o la“capacità di sviluppo” (Kupper 1990, 193). Idati del MATASS sul ritmo di sviluppo deigiovani velocisti e delle giovani velocistedell’atletica leggera completano lo statoattuale della ricerca sullo sprint nell’atleti-ca leggera, in quanto, nelle prime tappedello sviluppo, cioè nelle categorie giova-nili A e B, viene riconosciuto come rilevan-te per il talento il progresso nei risultati(“depurati” per quanto riguarda la qualifi-cazione iniziale). La validità previsionaledei successivi progressi nelle prestazioni èstata già provata più volte: ad esempio, daGüllich (1999), che ha studiato, retrospet-tivamente tre gruppi: i migliori velocistidel mondo, i migliori velocisti tedeschi ed imigliori velocisti tedeschi nell’età scolare.Certo, tra i velocisti e le velociste nazionalied internazionali: “durante l’età giovanile,si trovano andamenti di sviluppo che pre-sentano regressi e stagnazioni nellemigliori prestazioni annuali, quasi con lastessa frequenza con la quale si trovanoandamenti con uno sviluppo continuodelle prestazioni” (Güllich 1999, 48, cfr.anche Joch 1980), ma comunque, almenonelle velociste di classe mondiale sui 100m, si evidenzia una spiccata e significativainterazione tra la loro successiva qualifica-zione ed i tassi di incremento nella presta-zione di sprint dalla categoria Juniores Afino all’età delle massime prestazioni (cfr.figura 6). L’importanza fondamentale cheassume questa tappa successiva di svilup-po, rispetto alla prestazione definitiva disprint viene confermata anche dai risultatidi precedenti ricerche di H. Letzelter (1982).

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Gruppi di talenti 1999 Gruppi di talenti 1999Tass

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Femmine (F=22,53; p<0,00) Maschi (F=10,93; p<0,01)

Figura 5 – Tassi di incremento biennali (1999-1999) della prestazione di gara nella velocità del-l’atletica leggera (dimensioni: punteggio IAAF) di velociste e velocisti dell’età giovanile di talentonormale (Tg1) elevato (Tg2) ed estremo (Tg3)

G1 RP–JA

G2 RP–JA

G3 RP–JA

0,1

–0,4

–0,9

–1,4

–1,9

10,5 10,7 10,9 11,1 11,3 11,5 11,7 11,9

G1: –0,04 ± 0,21 (n=14)G2: –0,22 ± 0,23 (n=19)G3: –0,56 ± 0,42 (n=16)RP vs TI RP–JA

TI

RP

–JA

(se

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RP (sec)

Figura 6 – Rapporto tra i tassi di incremento della prestazione (TI) di juniores A rispetto all’etàdella massima prestazione ed il record personale (RP) di velociste sui 100 m di classe mondiale(G3), di classe elevata nazionale tedesche (G2) e velociste in età giovanile (G1) (Güllich 1999, 45)

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Sul criterio “utilizzazione”

In un concetto ampio e dinamico di talen-to, il grado di attitudine di un atleta nonviene determinato, unilateralmente, soloattraverso l’espressione delle prestazionedi gara, ma anche attraverso il suo rappor-to con l’età di sviluppo (biologica) ed i pre-supposti endogeni della prestazione e lecondizioni esogene di sostegno (scuola,famiglia, amici). Nella determinazione del talento sportivo,durante i diversi momenti della valutazio-ne, le singole risorse hanno un peso ancheesso diverso ed ogni volta specifico, cheperò è stato ancora poco studiato.Comunque, nella prassi dello sport giova-nile, è intuitivamente evidente che è posi-tivo se l’utilizzazione delle risorse segue ilprincipio del minimo sforzo. Ciò significache la massima prestazione possibile deveessere realizzata con la massima economiapossibile delle risorse esistenti. Se si vuoleche il potenziale del talento si estrinsechifino alla massima prestazione individuale,la piena capacità delle riserve di prestazio-ne e di miglioramento deve essere svilup-pata e cautamente sfruttata solo nel pro-cesso a lungo termine di sviluppo dellaprestazione stessa. Dal principio che l’incremento dei risultatiin età giovanile deve essere ottenutosfruttando quanto meno possibile i pre-supposti psicofisici che determinano laprestazione e, soprattutto, non al prezzo diuno sfruttamento avventato delle riserve(massime) di adattamento, si ricava, il

terzo criterio del talento l’utilizzazioneefficace delle caratteristiche personali rile-vanti per la prestazione. L’utilizzazionerappresenta la capacità del giovane atletadi garantire la prestazione di gara giovani-le ricorrendo quanto meno possibile aipresupposti personali della prestazione edalle condizioni di sostegno del contesto incui vive.Nell’ambito del MATASS, nella corsa disprint dell’atletica leggera, è stato possibileprovare quanto l’utilizzazione sia rilevanteper il talento nella corsa di sprint dell’atle-tica leggera (cfr. la figura 7 ed 8). Le atletee gli atleti più rapidi sui 60 e sui 100 m11

realizzavano le loro massime prestazioni digara, senza che la percentuale di varianzadelle capacità generali condizionali, chepossedevano nel criterio di varianza, risul-tasse significativamente più elevata. Inambedue i sessi solo nei presupposti spe-ciali “primari” della prestazione rapiditàciclica di sprint (femmine: F = 32,66; p ≥0,001; maschi: F = 7,52; p < 0,01) e rapi-dità d’azione aciclica (femmine: F = 9,75; p< 0,001; maschi: F = 2,69; p ≥ 0,08) vierano differenze superiori a quelle casuali(o tendenziali) tra i tre gruppi di talenti.12

Sul criterio “capacità di carico”

Secondo Fröhner (1993, 11), per capacitàdi carico s’intende: “la capacità di rielabo-rare, senza che si producano alterazionidella salute, carichi che il corpo è in gradodi realizzare attivamente o di sopportare otollerare passivamente”. La capacità di

carico è un parametro di stato complessodell’organismo, che è determinato da fat-tori genetici, come anche da influenzeendogene ed esogene.Nel processo di diagnosi del talento, lacapacità psicofisica di carico, in quantocapacità di rielaborazione biologicamentepositiva dei carichi, è un presupposto deci-sivo per quanto riguarda lo sviluppo futu-ro della prestazione (cfr. DSB/BA-L 1982).Però, la capacità di carico non solo deveessere diagnosticata precocemente, perquanto riguarda la previsione del talento edeve essere esaminata frequentemente econ regolarità durante il processo di pro-mozione del talento stesso, ma ciò deveessere fatto anche per quanto riguarda ilcontrollo dell’allenamento. Per queste dueragioni l’allenatore deve osservare attenta-mente e documentare come l’atleta reagi-sce alle sollecitazioni d’allenamento. Attualmente, nello sport giovanile di altolivello, queste esigenze non vengono com-pletamente soddisfatte, in quanto la capa-cità specifica di carico viene valutata soloper punti e molto unilateralmente attra-verso i normali parametri della valutazionefunzionale decentralizzata o centralizzata.Questa unilateralità, secondo Fröhner(1993, 63) pone problemi, in quanto, tal-volta, anche gli atleti migliori delle catego-rie giovanili evidenziano punti deboli insistemi diversi che, in un determinatomomento, compromettono la salute e l’ul-teriore costruzione della prestazione. I problemi che abbiamo citato vanno attri-buiti al fatto che ancora manca un piano

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Gruppi di talenti

Figura 7 – L’utilizzazione dei presupposti di prestazione in tre gruppi divelociste di diversa qualificazione. Non si riesce ad ottenere la prova diuna migliore utilizzazione nelle componenti speciali della prestazione(1) rapidità ciclica di sprint e (2) rapidità d’azione ciclica, in quanto levelociste migliori mostrano anche percentuali (significativamente) piùelevate di varianza nel criterio-rapidità di sprint. Non è così invece perle componenti generali (3) rapidità elementare, (4) forza reattiva, (5)forza massima ed esplosiva, (6) costituzione e (7) tecnica/coordinazione(per poterli rappresentare meglio graficamente i valori delle componen-ti da 3 a 7 sono stati moltiplicati per dieci)

Figura 8 – L’utilizzazione dei presupposti di prestazione in tre gruppi divelocisti di diversa qualificazione. Non si riesce ad ottenere la provauna migliore utilizzazione nelle componenti speciali della prestazione(1) rapidità ciclica di sprint e (2) rapidità d’azione ciclica (tendenzial-mente), in quanto i migliori velocisti mostrano anche percentuali (signi-ficativamente) più elevate di varianza nel criterio-rapidità di sprint. Nonè così invece per le componenti generali (3) rapidità elementare, (4)forza reattiva, (5) forza massima ed esplosiva degli arti superiori e (6)degli arti inferiori, (7) costituzione e (8) tecnica/coordinazione.

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ben definito per quanto riguarda la dia-gnosi e l’ottimizzazione della capacità dicarico nell’allenamento sportivo. L’obietti-vo di un tale piano dovrebbe essere uncambiamento di tendenza che, dalla dia-gnosi a posteriori di carenze nella capacitàdi carico e dal conseguente allenamentoriabilitativo, vada verso un maggioreimpiego di misure d’allenamento ad azionepreventiva, che mirino a migliorare lacapacità di carico fin dall’inizio dell’allena-mento.

3. Conseguenze per la diagnosidell’allenamento

La strategia attualmente dominante nellaprassi dell’allenamento giovanile è quelladi selezionare soggetti che ottengono pre-stazioni superiori alla norma, basandosi suirisultati nelle gare giovanili o su determi-nate disposizioni nelle caratteristiche dellacapacità di prestazione motoria sportiva.Tale strategia, dal punto di vista concet-tuale (programmatico) e pratico deve esse-re integrata prendendo in considerazione iritmi di sviluppo di queste caratteristiche,come anche il grado di utilizzazione deidiversi presupposti della prestazione. Perquesta ragione, occorre che siano conside-rati dotati di talento quegli atleti dellecategorie giovanili che migliorano rapida-mente e continuamente le loro prestazionisuperiori alla norma, ricorrendo quantomeno possibile sia ai loro presupposti per-sonali di prestazione, come alle condizionidi sostegno da parte del contesto in cuivivono e si allenano. Inoltre, oltre a sele-zionare primariamente giovani atleti chesono superiori alla media sia nelle loroprestazioni sia nei progressi dei loro risul-tati, occorre sviluppare una strategia diselezione di soggetti più sensibili all’allena-mento . Da questo punto di vista, unimportante contributo può essere fornitodalla ricerca di base medico-sportiva, chia-rendo ulteriormente il rapporto tra dotigenetiche ed influenze ambientali, nonsoltanto per quanto riguarda le singoledisposizioni alla prestazione, ma anche losviluppo di prestazioni sportive complesseo la capacità di prestazione in quanto rea-zione generale al carico (cfr. Ordway2000). Allora, sulla base di un profilo del-l’allenabilità individuale, differenziatosecondo diverse dimensioni di capacità,potrebbero essere formulate raccomanda-zioni per quanto riguarda la scelta di unosport, od il passaggio ad uno sport chemostri un modello di carico corrisponden-te a tale profilo. Comunque, finché nonsaranno create basi scientificamente fon-date che permettano una valutazione effi-cace dell’allenabilità, ci si deve acconten-tare di controllare il processo del ritmo di

sviluppo di alcune caratteristiche dellaprestazione. Come terza misura nella diagnosi deltalento troviamo la costruzione di unastrategia di selezione di soggetti più resi-stenti al carico, intendendo con essi queigiovani atleti che dispongono di una costi-tuzione psicofisica che permette loro difare fronte a carichi di gara superiori allamedia o relativamente unilaterali. Ciò èparticolarmente importante in quegli sportche presentano un modello di caricocaratterizzato da notevoli richieste di forzamassimale ed esplosiva, di resistenza allafatica o di stabilità psichica verso lo stress.Inoltre, nel sostegno alla selezione deltalento, la ricerca di base in materia discienza dell’allenamento si dovrebbe con-centrare su approcci teorici macroscopici,cioé orientati sulla scienza del comporta-mento e su progetti longitudinali di ricercasul “campo”.Per chiarire i molteplici problemi relativiallo sviluppo delle capacità o della presta-zione, per prima cosa debbono essererisolti due difficili problemi:• il primo passo da compiere è quello dieliminare la carenza di una documentazio-ne, ampia e attendibile, su carriere di alle-namento di successo. Con ciò intendiamodire che, finora, nella documentazione sul-l’allenamento si è prestata un’attenzionetroppo scarsa al fatto che i dati sull’allena-mento e le gare debbono essere rilevati nelmodo più obiettivo, affidabile e frequentepossibile, in modo tale che possano essereapplicati, senza restrizioni, modelli mate-matici avanzati di valutazione.Di fatto, solo nelle scuole ad indirizzosportivo esistono possibilità quasi ottimalidi ottenere tale documentazione. Infatti, inesse, soprattutto nelle classi inferiori onegli stadi precoci di allenamento, i pro-grammi di allenamento sono ampiamentestandardizzati e documentati. A ciò vaaggiunto che, in queste scuole, esistonocondizioni tali che permettono di organiz-zare una valutazione funzionale continua.Inoltre in esse possono essere analizzatianche gli atleti che abbandonano, in quan-to pur avendo interrotto prematuramentela loro carriera, continuano ad esseremembri della società sportiva della loroclasse.In un allenamento giovanile quale quellonormalmente svolto nelle Società sportive,dove troviamo una mescolanza di sessi edi categorie d’età e che, generalmente nonè molto assistito dal punto di vista scienti-fico, una documentazione con le caratteri-stiche qualitative delle quali abbiamo par-lato può essere realizzata solo in modoestremamente ridotto.• Il secondo passo da compiere è quello dielaborare modelli matematici e strumenti

informatici che permettano di analizzare leserie temporali che risultano, in modo taleche possano essere costruiti modelli e sipossano anche simulare dinamiche nonlineari di sviluppo. Si tratta di processi chedovrebbero dominare nella prassi dellosport di alto livello, in quanto, all’internodel sistema complessivo dell’allenamentogiovanile, le interrelazioni ed i feedback tradoti genetiche ed influenze ambientaliprovocano dinamiche di sviluppo delleprestazione sportiva che hanno caratteri-stiche individuali particolari e non lineari,che, aumentando la durata del processo diallenamento sono sempre più difficili daprevedere. L’interazione reciproca tra mol-teplici caratteristiche della prestazione edl’apertura alle influenze esterne del siste-ma di allenamento porta ad effetti di com-pensazione, arricchimento ed fluttuazione,che negli atleti si possono osservare sottoforma di crolli, di stagnazioni nelle presta-zioni che si producono in forma “autorga-nizzata”, od anche sotto forma di “esplo-sioni di risultati” inaspettate (cfr. Hoh-mann et al. 2001). Questi processi partico-lari di sviluppo individuali non possonoessere adeguatamente rilevati con le pro-cedure statistiche lineari di analisi dellaregressione e della discriminanza, e sem-brano più adeguate le procedure di costru-zione di modelli sulla base di reti neurali(cfr. figura 9).I modelli matematici non lineari possonoessere utili anche nelle ricerche applicatedi scienza dell’allenamento. Ad esempio,nel caso particolare di un atleta, ancora

Blu: drop-out prima dell'età dei massimi risultati

Grigio: praticanti sport, ma senza grandi risultati

Celeste: Lega federale; 2a Lega federale; gare nazionali

Bianco: nazionali A o B, gare internazionali (Campionati mondiali, Giochi Olimpici)

Figura 9 – Esempio di una rete neurale perla diagnosi non lineare della somiglianza traun supposto talento sportivo e la capacità diprestazione o la prestazione di atleti giàaffermati

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una volta utilizzando una rete neurale(figura 10), si può cercare di simulare, insenso prognostico, quale sarà il futuro svi-luppo della sua prestazione. Anche se lavalidità delle ipotesi da formulare per lasimulazione non è da esaminare ex ante,se l’evoluzione fino a quel momento del-l’atleta è stata analizzata dettagliatamenteper un periodo sufficientemente lungo diallenamento (Hohmann et al. 2000), l’e-strapolazione dello sviluppo individualedella prestazione, basata su un modellogenerale, permette quanto meno una pre-visione stabile a medio termine dello svi-luppo del talento.

Note

(1) Fin da W. Stern (1916), per talento s’in-tende una “predisposizione speciale” specifi-ca per un determinato campo, cioé unaforma speciale della categoria generale “pre-disposizione”, come quella che si esprime, adesempio, nel campo dello sport. Sia il concet-to di predisposizione che di talento si riferi-scono alla prospettiva che, in futuro, potràessere raggiunto un livello di prestazioneindividuale superiore alla media (Singer1981). Il concetto di attitudine, che spessoviene utilizzato in relazione con la predispo-sizione ed il talento (cfr. ad esempio Kupper1993) va interpretato come aperto, in quan-to, a differenza dei precedenti, non si con-centra, prioritariamente, su disposizioni alla

prestazione innate (o quanto meno precoce-mente acquisite) ma, comprende, con lo stes-sa valenza, anche caratteristiche della perso-nalità che vengono acquisite grazie ad unesercizio prolungato (Eckardt 1976).(2) Cfr. Klissuouras 1971, Weiss 1979, 1980;Gaisl 1980; Harsanyi, Martin 1986a; Bou-chard 1986, 1988, 1992; Maes et al. 1996.(3) Cfr. Siris 1974; Bulgakova 1978 (citata daTschiene 1979); Blanksby 1980; Letzelter1982; Regnier et al 1982; Letzelter, Freitag1984; Arnot, Gaines 1990; Schneider et al.1993; Pienaar et al. 1998.(4) Cfr. Hebbelinck, Cliquet 1970; Treutlein,Sork 1976; Gabler, Ruoff 1979; Kaminski etal. 1984; Willimczik 1986; Fischer, Borms1990; Renger 19991; Bloom 1995; Popple-ton, Salmoni 1996; Prohl, Elflein 1996;Richartz, Brettschneider 1996; Brettschnei-der, Klimek 1998.(5) Cfr. Fröhner 1993; Brüggeman, Krahl2000; Steinacker et al. 1999. (6) Le difficoltà metodologiche sono dovuteal numero limitato di gemelli che praticanosport, all’esatta determinazione dei gemellimonozigoti e dizigoti ed all’azione crescente(considerata longitudinalmente, cioè attra-verso il tempo) esercitata dall’ambiente e dalsesso nella seconda età scolare o nellapubertà.(7) Le prestazioni complesse (di gara) sonoimportanti per la selezione del talentosoprattutto perché sono semplici da stabilire,sono trasparenti ed obiettive e perché, in

molti sport, non esistono strategie alternati-ve certe per la selezione del talento. Inoltrela capacità enunciativa della prestazione digara aumenta con l’aumentare dell’età del-l’atleta.(8) Questo limite è stato stabilito in quanto,secondo ricerche dell’Autore, corrisponde alvantaggio generale dei componenti dellasquadra nazionale rispetto alla capacità diprestazione della popolazione media brasilia-na (in età di 21 anni).(9) Se, a parità di carico di allenamento, imaggiori progressi delle prestazione indivi-duale vengono interpretati come risultato diuna capacità particolare di adattamento, difatto, il ritmo di sviluppo sembra indicareuna particolare possibilità adattativa, che èindipendente dalla capacità iniziale di pre-stazione e dal tipo di influenze esercitate dalprocesso di sviluppo. Nei lavori più recenti diricerca sull’ereditarietà del talento sportivo(al di là della dipendenza delle singole carat-teristiche dalle predisposizioni, discussasopra) è interessante il problema della dispo-sizione genetica all’allenabilità. Il problemadell’allenabilità delle singole disposizioni allaprestazione viene quindi completato dallaricerca sulla sensibilità del genotipo, inquanto tale, verso le richieste dell’ambiente edell’allenamento. Di recente, grazie ai lavoridi Bouchard (1970) e di Skinner (2000) èstato possibile sostenere l’ipotesi che ciò chedistingue i talenti sia soprattutto l’allenabi-lità generale, condizionata da disposizionigenetiche. (10) La definizione: soggetti di talento nor-male, elevato ed estremo è stata scelta inquanto, nel momento della ricerca, l’interogruppo di atleti ed atlete, che si allenavanonelle scuole ad indirizzo sportivo, era giàstato sottoposto ad una serie di procedure diammissione e di successiva selezione e, di perse stesso, doveva essere considerato compo-sto di soggetti dotati di talento.(11) Per per poterli confrontare, i risultatisulle diverse distanze di gara, determinatedalle categorie d’età, sono state standardiz-zati ricorrendo alla tabella dei punteggi dellaIAAF.(12) Nelle femmine, inoltre, per quantoriguarda la forza reattiva, esiste una diffe-renza, tendenzialmente significativa, nell’al-tezza del contributo come criterio di presta-zione (F = 2,97; p = 0,006).

Traduzione di M. Gulinelli da Leistungssport, 4,2001; titolo originale: LeistungsdiagnostischeKriterien sportlichen Talents

L’autore: prof. Andreas Hohmann, Cattedra discienza dello sport, Università di PotsdamIndirizzo dell’autore: Universität Potsdam, Insti-tut für Sportwissenschaft, Am neuen Palais 10,14469 Potsdame-mail: [email protected]

Rapidità: 8°/9° classe

Resistenza: 8°/9° classe

Tecnica/Coordinazione: 8°/9° classe

Carico di allenamento: 8°/9° classe

Risultato di gara: 8°/9° classe

Forza: 8°/9° classe

Rapidità: 10°/11° classe

Resistenza: 10°/11° classe

Tecnica/Coordinazione: 10°/11° classe

Carico di allenamento: 10°/11° classe

Risultato di gara: 10°/11° classe

Forza: 10°/11° classe Migliore risultato finale

Neurone nascosto

Neurone nascosto

Figura 10 – Esempio di una rete neurale per la costruzione di un modello non lineare e la simula-zione della dinamica dello sviluppo delle capacità di prestazione o della prestazione di un talentosportivo

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Ciclo mestruale e capacità di prestazione delle atleteLarisa Shaklina, Università statale ucraina di educazione fisica e sport, Kiev

Introduzione

In una società moderna le donne hannoparità di diritti con gli uomini e partecipa-no attivamente alla vita politica, sociale,economica e culturale del loro Paese. Però,contemporaneamente, esistono problemimedici e sociali specifici che riguardano laloro attività lavorativa legati alle particola-rità anatomiche e fisiologiche dell’organi-smo femminile, alla funzione della mater-nità, al ruolo che svolgono le donne nell’e-ducazione delle giovani generazioni e nellavita familiare (Ismerov, Hajblan 1985).Il progresso tecnico-scientifico ha cambia-to notevolmente il ritmo della vita quoti-diana in tutta la sua complessità. L’uomoha avuto la possibilità di vivere in condi-zioni precedentemente incompatibili conla sua sopravvivenza, di risolvere problemiche prima sembravano insolubili, di realiz-zare carichi che prima sembrava impossi-bile realizzare. In ogni epoca il processo diadattamento ha svolto un ruolo decisivonella conservazione della specie umana edella civiltà.La possibilità di un adattamento stabiledell’organismo a fattori come i carichi fisi-ci, l’ipossia, gli stress ripetuti determina lastabilità del sistema vivente (Meerson1993).Negli ultimi trenta anni, in tutto il mondo,è aumentato l’interesse verso lo studiodell’organizzazione ritmica dei processiche si svolgono nell’organismo umano(Komarov 1989). Un simile interesse versoi bioritmi è logico, perché i ritmi dominanoin natura, e riguardano tutte le forme dellavita, dall’attività delle strutture intracellu-lari e delle singole cellule fino alle forme

Attraverso un approccio sistemicosono state studiate le particola-rità mediche e biologiche dell’or-ganismo delle atlete e gli effettiprovocati sull’organismo femmini-le dai cambiamenti ciclici dellostato ormonale e della regolazio-ne nervosa ed ormonale dei siste-mi fisiologici, con particolare rife-rimento al sistema respiratorio.

Lo stato funzionale e la capacità di prestazione di atlete di alto livello, tenendo conto del ciclo biologico dell’organismo femminile

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complesse di funzionamento dell’organi-smo. Secondo V. Dil’mann (Dil’mann 1985),i problemi dell’adattamento, della norma edell’omeostasi vanno analizzati tenendoconto dello svolgimento ciclico dei proces-si fisiologici. Dal punto di vista della scien-za che studia i bioritmi, sarebbe più esattoparlare non di stabilità dell’omeostasi, madi una dinamica dell’omeostasi che crea lostato di stabilità nell’organismo.Il moderno sport di alto livello offre molteopportunità per studiare le possibilità diadattamento dell’organismo umano (Pla-tonov 1980; Platonov 1984; Platonov1988; Platonov, Ghus’kov 1994; Bulatova,Platonov 1996). È nostra opinione che,nello sport, le forme di espressione dell’a-dattamento siano molto varie, andandodall’adattamento a carichi fisici di finalità,intensità e durata diverse alla necessità diadattarsi a condizioni estreme. Il numero delle donne che praticano losport è aumentato notevolmente. Se aiprimi Giochi Olimpici della storia modernahanno partecipato soltanto atleti, già aisecondi (Parigi, 1900) hanno partecipatoundici atlete, mentre ai XXVI Giochi Olim-pici (Atlanta, 1996) le atlete partecipantisono state 3 626. Il numero delle atletepartecipanti ai Giochi olimpici invernali èaumentato da 13 (Francia, 1924) a 522(Norvegia, 1994) (Platonov, Ghus’kov1994). Sono nate nuove specialità sportive,ed attualmente le atlete svolgono gare cheprima erano esclusivamente maschili.Purtroppo finora il processo di allenamen-to è stato impostato in base agli stessiprincipi, sia per gli uomini che per ledonne (Ghiljasova 1993). Nell’organizza-zione del processo di allenamento nonsono state prese in considerazione le par-ticolarità dell’organismo femminile e inparticolare il suo ciclo biologico, determi-nato dalla funzione mestruale ovarica. Ciòha rappresentato la causa più importantedi disturbi della salute delle atlete, in parti-colare della loro funzione riproduttiva,della diminuzione dei risultati, come anchedel fenomeno dell’abbandono precocedella pratica sportiva da parte di molteatlete (Svecnikova et al. 1975; Levenez1978; Krupko-Bol’shova 1990; Levenez etal. 1990; de Souza et al. 1990; de SouzaMetzger 1991; Montagnani 1992).L’elaborazione dei principi medico-biologi-che dell’allenamento femminile costituisceun compito molto importante, in quanto ènecessario sia per incrementare l’efficaciadella preparazione delle atlete sia per sal-vaguardarne la salute. Già venti anni fa,Radzievsky con i suoi allievi (Radzievsky1984; 1991) ha stabilito che la capacità diprestazione delle atlete cambia a secondadella fase del ciclo mestruale. Purtroppo ilmeccanismo biologico di questi cambia-

menti, se si eccettua la dinamica del con-tenuto ormonale nel sangue, descritta innumerose pubblicazioni di specialisti russie di altri Paesi non è stato studiato suffi-cientemente. Nella figura 1 sono rappresentati i cambia-menti della concentrazione degli ormonidell’ipofisi (FSH, LH, LTH) e delle ovaie(estrogeni, progesterone, testosterone)durante un ciclo mestruale della durata diventotto giorni. Inoltre è mostrato il rap-porto tra questi ormoni, lo sviluppo dell’o-vulo fino all’ovulazione, nonché la matura-zione del corpo luteo. Sulla base di talirapporti il ciclo mestruale può essere divi-so, approssimativamente, in cinque fasi(Tepperman G., Tepperman H. 1989): fasemestruale (I); fase postmestruale (II); fase

di ovulazione (III); fase di post-ovulazione(IV); fase premestruale.Nell’elaborazione dei principi medico-bio-logici del controllo dell’allenamento delleatlete è stata rivolta un’attenzione partico-lare al sistema funzionale respiratorio edalle variazioni del suo stato funzionaledurante il ciclo mestruale. Ciò è dovuto alfatto che, attraverso la ventilazione pol-monare, proprio il sistema respiratoriogarantisce che venga soddisfatto il fabbi-sogno di ossigeno dei tessuti e lo scambiogassoso nei polmoni, la circolazione delsangue e la sua funzione ossidativa che, aloro volta, garantiscono, per via ematica, iltrasporto dell’ossigeno ai tessuti dove essoviene utilizzato ed avviene il processo glo-bale della fosforilazione ossidativa che

Ipofisi –ormoni gonadotropimE . ml-1

Ormoni dell'ovaioestradiolong . ml-1

Testosteroneng . mg-1

Progesteronemg . ml-1

Temperaturabasale

Muco del collodell'utero

Follicolodell'ovaio

Endometrio

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Fasi CM

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I II III IV V

Figura 1 – Variazioni del livello follicolare degli ormoni gonadotropi nel sangue, della temperatu-ra corporea e della struttura degli organi recettori durante il ciclo mestruale (Babicev 1984;Milcu, Denile Muster 1973)

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porta alla produzione della fonte principa-le dell’energia biologica, cioè, l’ATP (Kolcin-skaja 1973; Kolcinskaja et al. 1978).Per cui abbiamo ipotizzato che la variazio-ne della concentrazione di ormoni sessualinel sangue, durante le diverse fasi del ciclomestruale, porti al cambiamento dellostato funzionale del sistema respiratorio edel sistema di trasformazione dell’energiabiologica, e che il cambiamento dello statofunzionale del sistema respiratorio deter-mini, a sua volta, le possibilità di realizza-zione delle capacità fisiche, della capacitàdi coordinazione dei movimenti e dellacapacità di lavoro fisico e intellettualedelle atlete durante il ciclo mestruale.Per cui, l’obiettivo della nostra ricerca èstato quello di individuare gli effetti pro-dotti dai cambiamenti dello status ormo-nale sulla funzione del sistema respirato-rio, sui regimi d’ossigeno dell’organismo(Lauer, Kolcinskaja 1966; 1975) e sullacapacità di prestazione delle atlete durantele diverse fasi del ciclo mestruale.

I metodi della ricerca

All’esperimento hanno partecipato 166atlete, caratterizzate da un andamentonormale della funzione mestruale, verifica-to in base ai valori della temperatura basa-le ascellare, ai parametri del “fenomenodella felce”, ed ai risultati di un appositoquestionario. Lo studio è stato effettuato in ogni fasedel ciclo mestruale, per 2-3 cicli. In esso è stato utilizzato l’approccio siste-mico allo studio del processo di allena-mento che prevede l’utilizzazione dell’in-sieme delle moderne metodiche di ricercafisiologiche, biochimiche, psicologiche epedagogiche, come anche lo studio deisistemi matematici del sistema di controllodei regimi d’ossigeno dell’organismo e delsistema funzionale respiratorio.Lo studio dei regimi d’ossigeno dell’organi-smo è stato condotto secondo Kolcinskaiae Lauer (Lauer, Kolcinskaja 1966; 1975). Ilrilevamento dei parametri funzionali èstato effettuato in tutte le fasi del ciclomestruale, in condizioni di metabolismobasale, durante lo stato di riposo relativoin condizioni di normossia e sotto sforzo;questo prevedeva l’utilizzazione di carichidi diversa intensità, inclusa quella massi-ma. Per lo studio del contributo quantita-tivo della ventilazione polmonare e delflusso sanguigno sistemico (gittata cardia-ca) alla regolazione dei parametri dell’O2 incondizioni di normossia, è stato utilizzatoun modello computerizzato dei regimid’ossigeno dell’organismo (Kolcinskaja1973; 1983) e modelli del sistema respira-torio (Kolcinskaja et al. 1978). Per misurarela capacità generale di lavoro muscolare

sono stati utilizzati una imbarcazioneergometrica e il cicloergometro. In questoesperimento è stato anche realizzato untest a carichi crescenti che prevedeva l’au-mento graduale dell’intensità del carico. Iparametri della capacità speciale di presta-zione sono stati studiati nelle condizioni diallenamento e di gara. A questo scoposono stati utilizzati test specifici per ognidisciplina sportiva. Per raccogliere infor-mazioni sull’effetto esercitato dall’attivitàsportiva sulla funzione mestruale delleatlete è stata anche realizzata una analisidi 974 questionari speciali (secondo Svec-nikova, da noi modificati).L ’ individuazione delle fasi del ciclomestruale è stata effettuata in base allemisurazioni della temperatura basale, allostudio dei parametri della cristallizzazionedella membrana mucosa, secondo il “feno-meno della felce”, registrati quotidiana-mente, per 1-2 mesi. I dati raccolti durantelo studio strumentale sono stati elaborati,utilizzando il test della t di Student.

Risultati della ricerca e loro discussione

I dati dei questionari e dei colloqui con974 atlete (che rappresentavano 16 disci-pline sportive) hanno dimostrato che quasitutte le atlete di elevata qualificazione (il98,9%) svolgevano allenamenti durante lafase mestruale, e che una atleta su tremanifestava alterazioni della funzionemestruale che si esprimevano nel ritardodello sviluppo sessuale (cioè, nel ritardodel menarca), in alterazioni del ciclomestruale, nella riduzione o nell’aumento

della durata della fase mestruale, nel cam-biamento della quantità del flussomestruale. Ognuna di queste alterazionirappresenta un’indice che la funzionemestruale non corrisponde alla normafisiologica. La maggiore percentuale di alterazioni èstata verificate nelle atlete praticanti gin-nastica artistica e ginnastica ritmica, sci difondo, e acrobatica sportiva.L’analisi dei risultati dello studio strumen-tale ha dimostrato che i cambiamenti dellostatus ormonale durante il ciclo mestrualeinfluiscono notevolmente sullo stato fun-zionale delle atlete. Secondo le nostreosservazioni, il peso corporeo aumentacominciando dalla fine della fase di posto-vulazione e raggiunge i valori massimalinella fase premestruale. Successivamente,nella fase mestruale il peso corporeo dimi-nuisce leggermente e nella fase postme-struale ritorna ai suoi valori iniziali (figura2). Nella letteratura specializzata mancanodati che riguardano il rilevamento dellamassa corporea in ogni fase del ciclomestruale. L’aumento del peso corporeo delle atletenella fase premestruale rispetto alla fasemestruale è stato osservato da molti ricer-catori (de Souza 1991; Montagnani et al.1992; Arend Bouen 1994).Nella pratica clinica è stato osservato l’au-mento della massa corporea fino a casi diedema premestruale (Jankin 1980; Kusne-zova 1981; Arend Bouen 1994).Durante il ciclo mestruale, il regime d’ossi-geno dell’atleta cambia. Nello stato diriposo, nella stazione seduta, cambiano iparametri respiratori (tabella 1). Il valore

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56I II III IV V

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Figura 2 – Variazioni della massa corporea in giocatrici di pallacanestro (1), in nuotatrici (2), edin atlete praticanti canoa e kayak (3) durante il ciclo mestruale

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massimale del volume respi-ratorio al minuto viene rag-giunto nella fase di ovulazio-ne (III). Occorre notare che,nella fase di ovulazione (III),la massima ventilazione pol-monare viene raggiunta gra-zie ad un volume respiratoriopiù elevato rispetto ad altrefasi del ciclo mestruale, e conuna frequenza respiratoriarelativamente scarsa. Però,nella fase di ovulazione,come anche nella fase pre-mestruale, che è caratterizza-ta dalla più elevata frequenzarespiratoria e dal più scarsovolume respiratorio, la respi-razione risulta meno econo-mica, perché, dei 35,2 l di ariaentrata nei polmoni nellafase ovulatoria e dei 38,3 ldella fase premestruale, daparte dell’organismo vieneutilizzato soltanto un litro di O2, mentrenella fase postmestruale e nella fase dipostovulazione esso viene utilizzato,rispettivamente, da 32,7 e 32,9 l. I valori massimali raggiunti dal consumod’ossigeno nella fase di ovulazione posso-no essere spiegati con l’effetto di stimolodella respirazione cellulare da parte degliestrogeni, la cui concentrazione è massimain questa fase del ciclo (tabella 1). La dimi-

nuzione della soglia di sensibilità verso ilCO2 del centro respiratorio nelle fasi pre-mestruale e mestruale (Milcu, DenileMuster 1973; Rotaru 1981; Sverkova1985)), la diminuzione della permeabilitàbronchiale e delle possibilità di ventilazio-ne delle vie respiratorie, dovuta alle varia-zioni dei sistemi secretori, che, a loro volta,sono determinate dall’attività degli ormonisessuali (Milcu, Denile Muster 1973; Rota-

ru 1981; Demidov et al. 1986;Austin, Short 1987) possonorappresentare le cause per lequali, durante queste duefasi, specialmente nella fasepremestruale, si determinaun’aumento, con carattere dicompensazione, della fre-quenza respiratoria e dellaventilazione polmonare,accompagnati dalla contem-poranea diminuzione delvolume respiratorio.I parametri del sistema car-diocircolatorio invece sonocaratterizzati da una dinami-ca diversa (tabella 2). La fre-quenza cardiaca aumentacominciando dalla fase diovulazione e raggiunge i suoivalori massimali nella fasepremestruale. Ciò, probabil-mente, è dovuto al fatto che,dopo l’ovulazione, aumenta il

tono simpatico del sistema nervoso cen-trale, mentre prima dell’ovulazione è mag-giore il tono parasimpatico (Vihliaeva1966; Scverkova 1985; Maksimov 1989).L’aumento della frequenza cardiaca deter-mina l’incremento della portata cardiacanella fase di postovulazione e, specialmen-te, nella fase premestruale. Secondo M.Rotaru (Rotaru 1981) ciò può essere consi-derato un meccanismo compensatorio, in

Fase Contenuto di O2 Ventilazione Frequenza Volume Consumo Equivalente SaO2

del Cm nell’aria respirata, polmonare respiratoria, respiratorio, d’ossigeno, ventilatorio %% ml/min resp/min ml ml/min u.c.

I 20,9 6525±204 16,8±0,6 388,4±21 195,6±14 33,4±0,6 97,2±0,9II 20,9 5713*±192 16,2±0,7 352,6±25 174,8±16 32,7±0,8 97,2±0,9III 20,9 7050*±360 17,6±0,7 400,6±39 200,5±18 35,2±0,9 97,8±0,4IV 20,9 5800*±201 16,8±0,8 345,3±28 175,9±11,0 32,9±0,4 97,2±1,0V 20,9 6325*±208 20,4±1,2 310,0±34 165,0±15,2 38,3±1,2 97,2±0,7* Indica che le differenze tra i valori dei parametri nelle diverse fasi sono significative, p < 0,05

Tabella 1 – Parametri respiratori nelle atlete (n = 10) durante le diverse fasi del ciclo mestruale (Cm)

Fase Contenuto di O2 Pressione arteriosa Fc Gittata Portata Equivalentedel Cm nell’aria respirata, mm di mercurio batt/min sistolica cardiaca emodinamico

% sistolica diastolica ml ml/min %

I 20,9 105±12 65±6 65,8±3,4 60,2±36 3961*±1,1 20,3±O,6II 20,9 104,6±8,3 58±4 64,2±2,2 63,6±1,1 408,3*±41 23,35±0,9III 20,9 107,4±7,2 60±5 60,0±2,0 63,3±0,8 4176*±44 20,83±0,8IV 20,9 109±4,3 62±3 72,0±2,3 63,5±0,9 4572*±42 25,9±1,1V 20,9 108,4±6,4 64±2 73,8±2,3 62,6±1,0 4620*±22 28,0±0,9* Indica che le differenze tra i valori dei parametri nelle diverse fasi sono significative, p < 0,05

Tabella 2 – Parametri circolatori nelle atlete (n = 10) durante le diverse fasi del ciclo mestruale

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quanto aumenta il flusso ematico venosoal cuore destro, aumenta il volume totaledel sangue in circolo. Nella fase mestruale,il valore della portata cardiaca è minore.Durante il ciclo non ci sono variazionisignificative della gittata sistolica (P >0,05). Lo stesso avviene anche per la pres-sione arteriosa: il range delle variazionidella pressione sistolica durante le diversefasi del ciclo è di 3-5 mm di mercurio,mentre il range delle variazioni della pres-sione diastolica è di 4-7 mm. Nella I e spe-cialmente nella III fase il sistema circolato-rio soddisfa in maniera più economica ilfabbisogno d’ossigeno dell’organismo: cioènella fase mestruale e nella fase di ovula-zione ogni litro d’ossigeno viene portatoattraverso 19-20 litri del sangue in circo-lazione. Nella seconda metà del ciclo, lacircolazione ematica diventa meno econo-mica e l’equivalente emodinamico aumen-ta in misura significativa (P<0,05), mentrediminuisce il polso d’ossigeno.Durante le diverse fasi del ciclo la concen-trazione ematica dell’emoglobina (Hb)cambia in maniera insignificante: da124,5±8,0 Hb/l nella I fase fino a126,6±6,0 Hb/l nella V fase, P>0,05.Durante tutte le fasi del ciclo varia scarsa-mente la saturazione d’ossigeno del san-gue arterioso (SaO2). Il suo valore normal-mente è pari al 97,2±0,4% -0,9% e soltan-to nella fase di ovulazione raggiunge circail 98% (97,8 ± 0,4)%.Una analisi più completa del processo pertappe dell’apporto e dell’utilizzazione di O2

nell’organismo e l’individuazione del ruolodella ventilazione polmonare, della ventila-zione alveolare, della velocità del flussoematico, della funzione respiratoria delsangue nella regolazione dei principaliparametri dell’apporto d’ossigeno è statarealizzata utilizzando un modello matema-tico dei regimi di ossigeno dell’organismo.In questo modello come input sono statiutilizzati i risultati dello nostra ricerca.Le differenze nei processi respiratori enella circolazione ematica che sono stateindividuate, determinano la specificità deicambiamenti dei regimi d’ossigeno dell’or-ganismo durante le diverse fasi del ciclomestruale (figura 3). A riposo, in stato dinormossia, la velocità minima di apportodi O2 ai polmoni si nota nella II e nella IVfase del ciclo, mentre la velocità massimasi nota nella fase di ovulazione. Durantequesta fase, nonostante il valore minimaledel rapporto “ventilazione alveolare/venti-lazione polmonare” (62%), la velocità diapporto dell’O2 agli alveoli è notevolmentesuperiore rispetto ad altre fasi. L’aumentodella velocità di trasporto dell’O2 da partedel sangue arterioso inizia a partire dallafase di ovulazione ed ha il massimo disignificatività nella IV e V fase. Visto che i

1400

1200

1000

1800

600

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175

150

125

100

75

50

I II III IV V I II III IV V

VV

V

V V

V V V V V

AA

A

AA

A A A AA

a a a a a

aa

a

aa

I

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I

II

I I I I I

qO2

ml .

min

-1

pO2

mm

di m

ercu

rioFasi del ciclo mestruale Fasi del ciclo mestruale

Figura 3 – Variazioni dei parametri dei regimi d’ossigeno dell’organismo (della velocità del tra-sporto per tappe dell’O2 (qO2)), del consumo d’ossigeno e della pO2 che si producono nelle atletedurante il ciclo mestruale. A – alveoli; a – sangue arterioso; V – sangue venoso misto

38

37

36

16

15

14

1,0

0,9

0,8I II III IV V

3 3 3 3 3

2

1

Tem

po, s

Coe

ffici

ente

di u

tiliz

zazi

one

delle

cap

acità

di f

orza

Fasi del ciclo mestruale

Figura 4 – Tempo sulle distanze di 25 m (1), di 50 m (2), coefficiente di utilizzazione delle capa-cità di forza delle nuotatrici durante le fasi del ciclo (dalla I alla V)

2900

2800

2700

2600

2500

6,0

5,0

4,0

I II III IV V

2

1

VO

2, m

l . m

in-1

Cos

to in

O2

del l

avor

o, m

l . k

gm-1

Fasi del ciclo mestruale

Figura 5 – Massimo consumo d’ossigeno (1) e costo d’ossigeno (2) del lavoro su una imbarcazio-ne ergometrica durante le fasi del ciclo (dalla I alla V)

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valori del consumo d’ossigeno sono massi-mali nella fase di ovulazione, nonostantel’elevata velocità di trasporto dell’O2 daparte del sangue arterioso, la velocità ditrasporto dell’O2 da parte del sangue veno-so misto nella III fase, è notevolmenteminore rispetto alla IV ed alla V fase.Le variazioni dello status ormonale, dellostato del sistema respiratorio, del sistemacircolatorio e dei regimi d’ossigeno dell’or-ganismo influenzano l’espressione dellecapacità fisiche delle atlete e la loro capa-cità di prestazione.I risultati delle nostre ricerche hanno dimo-strato che, indipendentemente dalla spe-cializzazione delle atlete, la loro forzamuscolare è notevolmente maggiore nellaII e nella IV fase rispetto alla I e alla V fasedel ciclo. Durante la valutazione dei para-metri della forza delle nuotatrici è statostabilito che, nella fase di ovulazione,nonostante il fatto che inizialmente le atle-te fossero caratterizzate da parametri diforza (a secco) abbastanza elevati, nonerano in grado di realizzarli pienamente inacqua, nuotando. Un indice di questasituazione è lo scarso valore del coefficien-te di utilizzazione delle capacità di forza(figura 4). Secondo le nostre osservazioni,nella fase di ovulazione, la coordinazionedei movimenti delle atlete viene alterata eciò naturalmente porta alla diminuzionedei risultati sulla distanza. Ad esempio, nelnuoto sincronizzato, mentre nuotavano susei tratti di lunghezza stabilita, le atlete osbagliavano nel contare il numero delleserie eseguite, o perdevano la direzione delmovimento sott’acqua e presentavano unpeggioramento dell’orientamento nell’im-mersione ad una profondità stabilita. Durante il ciclo cambia anche lo stato psi-chico delle atlete. Ciò si esprime in modoindividualmente diverso, in un aumentodell’eccitabilità, in reazioni non adeguate(specialmente nella V e nella I fase delciclo), o nell’apatia, cioè nell’indifferenzaverso tutto. Nelle fasi premestruale emestruale le atlete avvertono rapidamentela fatica. I risultati delle nostre ricerchepsicofisiologiche dimostrano che lo statopsicologico varia durante il ciclo. Nella II enella IV fase del ciclo i principali processinervosi sono caratterizzati da una maggio-re mobilità, la sensibilità propriocettiva èpiù elevata. Questa affermazione si basasu parametri quali la soglia differenziatadell’impegno muscolare di forza, il tempodi reazione semplice, la labilità dei processinervosi. Per cui, nella maggior parte delle atlete, laII e la IV fase del ciclo sono caratterizzateda uno stato psicologico ottimale, dallapossibilità di una espressione miglioredelle capacità fisiche, rispetto alla III e allaV fase del ciclo.

Particolarità medico-biologiche dell'organismo femminile

Processo di allenamento Attività di gara

Azioni di controllo: consigli di correzione del processo

di allenamento

Apparecchiature per la misurazione dei parametri di allenamento, psicologici e medico-biologici

Centro di controllo del processo di allenamento

Particolarità medico-biologiche dell'organismo femminile

Cambiamenti ciclici dello stato ormonale

Cambiamento della regolazione neuroumorale e dello stato dei sistemi fisiologici durante il ciclo mestruale

dello stato psico-

fisiologico

della venti-lazione

polmonare

della funzione

respiratoria del sangue

del sistemacircolatorio

della respirazione

tissutale

dello scambio

di H2O e dei sali minerali

dell'apparatoneuro-

muscolare

Sistema funzionale di respirazione

Regime d'ossigeno dell'organismo

Capacità di lavoro

Risultato della prestazione

Figura 7 - Modello del sistema del controllo del processo di allenamento delle atlete (1) e del l’in-sieme delle particolarità medico-biologiche dell’organismo delle atlete (2)

A A A A A

B B B B B

14

Vol

ume

gene

rale

di l

avor

o, k

J

Fasi del ciclo mestruale

12

10

230

195

165

I II III IV V

Pot

enza

lim

ite, W

att

Figura 6 – Volume totale di lavoro (A) e massima potenza (B) sviluppata da atlete praticanticanoa e kayak sull’imbarcazione ergometrica durante le fasi del ciclo (dalla I alla V).

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I risultati ottenuti dimostrano che, durantela fase postmestruale e la fase di postovu-lazione del ciclo, un’elevata economia dellefunzioni del sistema respiratorio e delsistema circolatorio, i regimi d’ossigenodell’organismo, una più elevata riservadella respirazione determinano, in questefasi, una più elevata capacità di lavorodelle atlete rispetto alle fasi di ovulazione,premestruale e mestruale (figure 5 e 6).È noto che l’approccio sistemico al con-trollo del processo di preparazione nellosport si basa sull’utilizzazione delle infor-mazioni sullo stato della salute dell’orga-nismo degli atleti. Come possiamo vedere dai dati esposti, unruolo particolare nel controllo del processo

di allenamento delle atlete è svolto dallostudio delle peculiarità medico-biologichedell’organismo femminile ed, in particola-re, dell’effetto sull’organismo femminiledelle variazioni cicliche dello stato ormo-nale e della regolazione neurormonaledelle funzioni fisiologiche. Nella figura 7 è rappresentato il modellodel sistema di controllo del processo diallenamento e dell’attività di gara delleatlete da noi elaborato. Questo sistemainclude obbligatoriamente come un siste-ma a sé stante (2) quello che riguarda leparticolarità medico-biologiche dell’orga-nismo femminile.I risultati dello studio complesso cheabbiamo esposto dimostrano che, nella

pianificazione del carico di allenamento,occorre necessariamente tenere contodelle possibilità funzionali dell’organismofemminile durante le diverse fasi del ciclo,se non si vuole che la salute delle atletepeggiori, che non vi siano ripercussionisulla loro funzione riproduttiva, che esseaumentino i risultati sportivi ed abbianoun lunga carriera sportiva.

Traduzione di O. Iourtchenko da Nauka v olimpij-skom sporte, 1; 1997.

Titolo originale: Funkzional’noe sostojanie, fisice-skaja rabotosposobnost’ kvalifizirovannyh sport-smenok s ucetom biologhiceskoj ziklicnosti zen-skogo organisma

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Bibliografia

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29Biomeccanica dei salti

nella pallavoloe nel beach-volley

Gian Nicola Bisciotti, Dipartimento allena-mento e prestazione, UFR STAPS, Lione; Scuo-la Universitaria Interfacoltà di Scienze moto-rie, Torino; Anne Ruby, Claude Jaquemod,

Dipartimento allenamento e prestazione,UFR STAPS, Lione

Ricerca sulle differenze diordine biomeccanico tra letecniche d’esecuzione deisalti nella pallavolo e nel

beach-volley

Obiettivo di questo studio è statoquello di accertare eventuali diffe-renze di ordine biomeccanico tral’esecuzione di due tipi di salto ese-guiti sia su superficie convenzionaleche su sabbia, che possano suggeri-re modifiche del modelli teorico-interpretativi dell’attività specificadel beach volley. Al protocollo spe-rimentale hanno preso parte seiatleti pallavolisti di livello interna-zionale, il cui peso, la cui statura edetà erano, rispettivamente (media ±deviazione standard), 87,5±7,1 kg,192±2 cm, 20±3 anni, che mostra-vano una buona dimestichezza conla pratica e la gestualità specificadel beach volley. I risultati nonhanno evidenziato sostanziali diffe-renze tra le due biomeccaniche ese-cutive di salto, fatta eccezione perla produzione di potenza media, cheè risultata minore (-39,55%,p<0,05) nel salto da fermo prece-duto da contromovimento eseguitosu sabbia, rispetto allo stesso gestoeseguito su superficie convenziona-le. La minore elevazione del centrodi gravità (- 36,01%, p<0,05) otte-nibile saltando su sabbia, rispettoalla superficie dura, suggeriscecome la sabbia abbia una funzionedi dissipatrice di energia, tale dagiustificare l’importanza dell’ado-zione di tecniche di condizionamen-to muscolare altamente specifiche,in funzione delle diverse condizionidi gioco richieste. Foto MARTINEZ

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Introduzione

Il beach-volley ha recentemente conosciu-to un sempre maggiore interesse ed uncrescente consenso di pubblico e pratican-ti, soprattutto dal 1996, data della suaconsacrazione olimpica. Tuttavia, nonostante la sua apparentesimilitudine, non deve essere concepitocome una semplice trasposizione della pal-lavolo classica su una superficie diversa ednon usuale, come la sabbia. In effettimolte sono le differenze tra il beach volleye la pallavolo, sia dal punto di vista tecni-co, che quello fisiologico e biomeccanico.Da un punto di vista prettamente tecnico,il beach volley non conosce la forte spe-cializzazione tecnica tipica della pallavolomoderna, dove vi è una forte diversifica-zione dei ruoli. Questa mancanza di spe-cializzazione nell’ambito del beach volleyobbliga i giocatori ad una forte versatilitàdi gioco che, per ciò che riguarda i gestifondamentali, come il servizio, la ricezione,il passaggio o le azioni di difesa, si presen-ta relativamente diversa dalla pallavoloclassica, anche se la superficie del terrenodi gioco (18 m x 9 m) e l’altezza della rete(2,43 m per i maschi e 2,24 per le femmi-ne) restano identiche.Anche le condizioni ambientali di gioco,legate alla temperatura, alla disidratazione,al vento ed alla visibilità rendono le dueattività molto diverse tra loro.Tutti questi motivi rendono molto diversele due tipologie dei giocatori, sia da unpunto di vista antropometrico che funzio-nale.Lo specialista di beach-volley risulta infattidi peso ed altezza inferiori rispetto al gio-catore di pallavolo, con un V

. O2max com-

preso tra i 60 ed i 70 ml . min-1 (Cossart etal. 1997) contro valori medi di 55 ml . min-1

dello specialista di pallavolo (Zsuzsa, For-man 1995; Smith et al. 1992; Viitasalo etal. 1987; Dyba 1983). Questi dati testimo-nierebbero come la richiesta fisiologica digioco nel giocatore di beach volley sia benpiù elevata rispetto a quella dello speciali-sta di pallavolo.Nonostante queste differenze, relativa-mente marcate, tra le due tipologie atleti-che, la capacità di salto, dote fondamenta-le del giocatore di pallavolo (Bosco 1994,1992; Fleck et al. 1985) resta un parametroqualitativo discriminante anche nell’ambi-to del beach volley. Tuttavia, la diversasuperficie sulla quale il giocatore si trovaad effettuare il gesto potrebbe determina-re, anche in questo ambito, una diversaesecuzione meccanica del medesimo.Esiste quindi la necessità di approfondirelo studio dei parametri che riguardano labiomeccanica esecutiva dei gesti fonda-mentali del beach volley per contribuire

alla revisione, se necessario, dei suoimodelli teorico interpretativi, sia dal puntodi vista prettamente tecnico, sia per ciòche riguarda il condizionamento muscola-re specifico.Lo scopo di questa ricerca è stato appuntoquello di verificare l’esistenza di eventualidifferenze nella biomeccanica del gesto,dettate dalla diversità delle due superficiutilizzate.

Metodi

Soggetti

Al presente studio hanno partecipato seiatleti praticanti pallavolo di livello interna-zionale il cui peso, la cui statura ed etàerano, rispettivamente (media ± deviazio-ne standard), 87,5±7,1 kg, 192±2 cm,20±3 anni, che mostravano una buonadimestichezza con la pratica e la gestualitàspecifica del beach volley.Tutti i soggetti hanno mantenuto nelperiodo del test la loro normale attività di

allenamento e nessuno di loro presentavapatologie di tipo dermatologico, muscolareo neuromuscolare. Inoltre, tutti gli atletiche hanno preso parte al protocollo di testerano stati, preventivamente, informatisullo scopo della ricerca e sui possibilirischi ad essa connessi.

Protocollo

A tutti i soggetti veniva richiesto di effet-tuare una serie di balzi, sia su di un campodi gioco regolamentare di beach volley,costituito da una superficie di 18 m x 9 me contenente 40 cm di sabbia asciutta, chesu di un campo regolamentare di pallavolocostituito da una superficie di 18 m x 9 mdi materiale sintetico. Ogni atleta, a ridosso della rete di gioco,doveva eseguire:1. tre salti da fermo, preceduti da un con-

tromovimento, simulando un’azione dimuro (CMJ) (figura 1 a-b);

2. tre salti, simulando un’azione di schiac-ciata, preceduti da una rincorsa di lun-

1

2

3

1

1 – piattaforma di forza2 – strato di 7 cm di sabbia3 – strato di 40 cm di sabbia

a

b

Figura 1 – a) CMJ su sabbia. Legenda: 1. piattaforma di forza; 2. strato di 7 cm di sabbia; 3.strato di 40 cm di sabbia. b) CMJ su superficie convenzionale. Legenda: 1. piattaforma di forza

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ghezza non standardizzata e liberamen-te scelta dall’atleta stesso (CMJ + r)(figura 2 a - b).

Per meglio simulare un’azione di saltosimile a quella realmente effettuatadurante il gioco, in concomitanza di ognisalto che simulasse l’azione di schiacciata,veniva alzato all’atleta in questione unpallone consono all’azione richiesta.Al fine di potere registrare gli indici bio-meccanici dell’azione di salto lo stessoveniva effettuato su di una pedana dina-mometrica (Tecmachine PF 350, Andre-zieux-Boutheon, Francia). La pedana eraposta sul campo di pallavolo allo stessolivello della superficie di gioco, mentre lastessa era posta sotto 7 cm di sabbia, sulcampo di beach volley. La frequenza di campionamento sul terre-no di pallavolo era pari a 800 Hz, mentrela frequenza di campionamento sul terre-no di beach volley era pari a 200 Hz. A talefrequenza di campionamento, il segnaleregistrato al di sotto dei 7 cm di strato disabbia si manteneva lineare. La linearitàdel segnale è stata preventivamente testa-ta con la strumentazione presentata nellafigura 3, esercitando una forza (Fp) regi-strata da un dinamometro a cella di carico(Ergo Meter, Globus Italia, Codogno, Italia)che veniva, simultaneamente, registrata(Fptf) dalla piattaforma di forza, posta sottouno strato di 7 cm di sabbia.I valori di Fp sono risultati superiori del2,9±1,8% rispetto ai valori di Fptfi tale dif-ferenza non è risultata statisticamentesignificativa. Questi dati sono in accordo a quelli ripor-tati in una esperienza similare (Lejeune1998) e rientrano nell’ambito di sensibilitàdi registrazione della piattaforma stessa. Isegnali acquisti dalla piattaforma di forzaerano raccolti per mezzo di una scheda diacquisizione a 12 bit (National Instru-ments France, tipo PC-LPM16, Le Blanc-Mesnil, Francia); i dati erano registrati sudi un PC Pentium 116 Hz ed analizzatiattraverso un programma specificatamen-te concepito, sviluppato in Visual Basic 3. 0(Microsoft Corporation).Venivano in tal modo calcolati:

per ciò che concerne il CMJ eseguito sulledue diverse superfici:- lo spostamento in volo del centro di

gravità (HCGv);- il picco di forza espresso durante l’azio-

ne di salto (NF);- il picco di accelerazione negativa duran-

te la fase di contromovimento (An) ed ilpicco di accelerazione positiva durantel’azione di salto (Ap);

- il tempo del contromovimento (Tc) ed iltempo di spinta (Ts);

1

2

3

1 – piattaforma di forza2 – superficie convenzionale

a

1 2

b

1 – piattaforma di forza2 – strato di 7 cm di sabbia3 – strato di 40 cm di sabbia

Figura 2 – a) CMJ con rincorsa su sabbia. Legenda: 1. piattaforma di forza; 2. strato di 7 cm disabbia; 3. strato di 40 cm di sabbia. b) CMJ con rincorsa su superficie convenzionale. Legenda:1. piattaforma di forza; 2. superficie convenzionale

1

2

3

4

5Fp registrata Dispositivo

scorrevolea molla

For

za e

serc

itata

Fptf registrata

1 – piattaforma di forza2 – strato di 7 cm di sabbia3 – strato di 40 cm di sabbia4 – cella di carico5 – dinamometro elettronico

Figura 3 – Apparecchiatura utilizzata. Legenda: 1. piattaforma di forza; 2. strato di 7 cm di sab-bia; 3. strato di 40 cm di sabbia; 4. cella di carico; 5. dinamometro elettronico

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- la velocità verticale alla fine della fase dispinta (Vmax);

- lo spostamento del centro di gravitàdurante l’azione di spinta (∆CGs);

- il lavoro compiuto per fornire energiacinetica (Wec);

- il lavoro compiuto per aumentare l’ener-gia potenziale dovuta all’innalzamentodel centro di gravità durante la spinta(Wep);

- il lavoro totale dato dalla somma di Wec

e Wep (Wtot);- la potenza media espressa durante il

salto (P) data dal rapporto tra Wtot ed iltempo di spinta.

Per ciò che concerne il CMJ+r eseguito suentrambe le superfici venivano calcolati:- il tempo relativo all’ultimo appoggio

effettuato sulla pedana (Tns);- il picco di accelerazione positiva durante

l’azione di salto (Ap2);- il picco di forza espresso durante l’ulti-

mo appoggio effettuato sulla pedana(NF2);

- l’integrale della forza sul tempo relativoall’ultimo appoggio effettuato sullapedana (∫F(T)).

Risultati

Nella tabella 1 vengono riportate la media,la deviazione standard e la significativitàstatistica della differenza tra le medie rela-tive alle variabili del test di CMJ, eseguitosulle due diverse superfici, mentre nellatabella 2 vengono riportate la media, ladeviazione standard e la significatività sta-tistica della differenza tra le medie relativealle variabili del test di CMJ+r, e nellatabella 3 vengono riportate la media, ladeviazione standard e la significatività sta-tistica della differenza tra le medie relativeai valori di Wec e Wep. Nella figura 4 vengo-no riportate le altezze raggiunte in volodal centro di gravità (H CGv) e la produzio-ne media di potenza durante l’esecuzionedel test di CMJ su superficie convenzionalee su sabbia; nella figura 5 viene riportato ilpicco di forza espresso durante l’azione disalto (NF2) e l’integrale della forza sultempo (∫ F(T)) riguardanti l’ultimo appog-gio su superficie convenzionale e su sab-bia, durante l’esecuzione del test di CMJ+r;infine, nella figura 6 il tempo di contatto el’accelerazione positiva (Ap2) concernentil’ultimo appoggio registrato su superficieconvenzionale o su sabbia.

Statistica

Per ogni variabile considerata sono staticalcolati gli indici statistici ordinari comemedia, varianza e deviazione standard. Ledifferenze tra le medie relative ai dati con-

Variabili Superficie sintetica Sabbia Significatività (media ± DS) (media ± DS) della differenza

tra le medie

HCGv (cm) 45,89 ± 3,2 33,74 ± DS *NF (N) 1 685,50 ± 315,61 1 616,33 ± 131,65 n. sAn (m . s-2) 5,81 ± 0,96 4,53 ± 1,52 n. sAp (m . s-2) 18,88 ± 2,44 21,25 ± 2,31 n. s.Tc (s) 0,315 ± 0,08 0,378 ± 0,06 n. sTs (s) 0,4O3 ± 0,07 0,450 ± 0,12 n. s.Vmax (m . s-1) 3,35 ± 0,21 3,15 ± 0,19 n. s.∆CGs (cm) 67,50 ± 12,75 71,66 ± 22,83 n. s.Wec (J) 461,19 ± 137,18 383,98 ± 75,80 n. s.Wep (J) 461,19 ± 137,18 543,16 ± 190,21 n. s.Wtot (J) 1 032,05 ± 167,85 927,14 ± 255,71 n. s.P (W) 2 651,83 ± 601,27 1 900,27 ± 268,75 *

Tabella 1 Media, deviazione standard e significatività statistica della differenza tra le medierelative alle variabili del test di CMJ * (p<0,05)

Variabili Superficie sintetica Sabbia Significatività (media ± DS) (media ± DS) della differenza

tra le medie

Tns (s) 0,338 ± 0,05 0,368 ± 0,05 n. s.Ap2 (m . s-2) 29,14 ± 8,88 14,80 ± 6,97 *NF2 (N) 2 467,83 ± 590,94 1 154,33 ± 604,09 *∫F(T) (N . s) 279,46 ± 69,32 91,27 ± 62,44 *

Tabella 2 – Media, deviazione standard e significatività statistica della differenza tra le medierelative alle variabili del test di CMJ+r. * (p<0,05)

Variabili Wep (J) Wec (J) Significatività (media ± DS) (media ± DS) della differenza

tra le medie

Sabbia 543,16 ± 190,21 383,98 ± 75,80 *Superficie 587,52 ± 111,07 461,19 ± 137,18 n. s.sintetica

Tabella 3 – Media deviazione standard e significatività statistica della differenza tra le medierelative ai valori di Wep e Wec registrati durante l’esecuzione del test di CMJ (p<0,05)

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yyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy

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yyyyyyyy

70

60

50

40

30

20

10

0

3 500

3 000

2 500

2 000

1 500

1 000

500

0

����yyyy

��yyHCGv (Superficie convenzionale)

HCGv (Sabbia)

Potenza (Superficie convenzionale)

Potenza (Sabbia)

HC

Gv

(cm

)

Po

ten

za (

W)

Figura 4 – Altezza raggiunta in volo dal centro di gravità (HCGv) e produzione media di potenza,durante l’esecuzione del test di CMJ su superficie convenzionale e su sabbia (* p<0,05)

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cernenti i salti effettuati su sabbia e susuperficie sintetica sono state verificateattraverso un test non parametrico di Wil-coxon per campioni appaiati. La significa-tività statistica è stata posta a p<0,05.

Discussione

I dati registrati nel presente studio sonoben in linea con quanto ritrovabile inbibliografia. Le altezze di volo da noi rile-vate nel test di CMJ su superficie conven-zionale sono infatti dell ’ordine di

48,89±3,2 e ben paragonabili con i valoririportati da altri Autori (Bosco 1992), cheriferiscono, in pallavolisti di livello interna-zionale, delle altezze di volo, durante l’ese-cuzione di salti con contromovimento,comprese tra i 46 cm (media della Squadranazionale finlandese) ed i 52 cm (mediadella Squadra nazionale norvegese). Perciò che riguarda lo stesso tipo di salto,eseguito su sabbia, abbiamo registrato unvalore pari a 33,74±7,50, anche questoben paragonabile ad uno studio preceden-te (Cossart et al. 1997) nel quale gli Autori

riferiscono di una perdita media di eleva-zione del CG dell’ordine di 10 cm nel saltocon contromovimento eseguito su sabbia,rispetto allo stesso eseguito su superficieconvenzionale.Anche i valori Wep, Wec, Wtot e P sono mag-giori, ma ben paragonabili a quanto ripor-tato da Mognoni (1999) che riferisce, per isopraccitati parametri, rispettivamente,una media di 279 J, 234 J, 513 J e 1 204W.La differenza riscontrabile è da imputarsial fatto che il sopraccitato studio si riferivaa pallavoliste di livello nazionale. A questo proposito, è interessante notarecome, anche nel nostro studio, in accordocon quanto riferito da Mognoni (1999) ilvalore di Wep sia maggiore a quello di Wec

anche se tale differenza non risulta stati-sticamente significativa. Lo stesso dato è confermato anche nell’e-secuzione dello stesso tipo di salto esegui-to su sabbia, dove la differenza tra i duevalori è statisticamente significativa(p<0,05).Questi risultati confermerebbero come,nell’esecuzione di un salto con contromo-vimento, venga spesa una maggiore quotadi energia per elevare il CG durante laspinta di quanta non ne venga spesa peraccelerarlo e permetterne lo spostamentoin volo.Anche per ciò che riguarda il CMJ+r ese-guito su superficie convenzionale i dati danoi registrati non presentano differenzestatisticamente significative, rispetto aquanto riportato da Nourry et al. (1999)che riferiscono valori di Tns, Ap2, NF2 e di ∫F(t) rispettivamente di 0,313±0,05 s;32,22±2,91 m . s-2; 2 783,10±382,85 N e di304,41±21,59 N . s.La sostanziale mancanza di differenzesignificative tra i parametri biomeccanicirelativi al CMJ, eseguito sulle due diversesuperfici, sottolinea come, sostanzialmen-te, l’atleta effettui le due azioni in modomolto simile. È possibile tuttavia evidenziare su sabbiauna tendenza, statisticamente non signifi-cativa, ad un maggiore piegamento dellegambe nella fase di contromovimento(+5,80%) che si traduce in un aumento deltempo di spinta (+10,44%) ed in una con-seguente significativa minore produzionedi potenza (-39,55, p<0,05). Il dato maggiormente interessante è,comunque, la minore elevazione del CG(–36,01%, p<0,05) riscontrabile in questotipo di salto effettuato su sabbia, rispettoallo stesso eseguito su superficie sintetica.Questa differenza è, essenzialmente, daimputarsi sia alla minore produzione diWec (-20,1%) sia al minore valore di Vmax

(6,34%), registrati su sabbia. Le differenze tra questi due valori, anche

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yyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy

���������

yyyyyyyyy

����yyyy

��yyNF2 (Superficie convenzionale)

NF2 (Sabbia)

F(t) (Superficie convenzionale)

F(t) (Sabbia)

Net

Fo

rce

(N)

3 500

3 000

2 500

2 000

1 500

1 000

500

0

350

300

250

200

150

100

50

0

∫F(t

) (N

. s)

Figura 5 – Picco di forza espresso durante l’azione di salto (NF2) ed integrale della forza sultempo (∫ F(t)) riguardanti l’ultimo appoggio su una superficie convenzionale e su sabbia durantel’esecuzione del test CMJ+r

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yyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy

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����yyyy

��yyTns (Superficie convenzionale)

Tns (Sabbia)

Ap2 (Superficie convenzionale)

Ap2 (Sabbia)

Tn

s (s

)

0,9

0,8

0,7

0,6

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

40

35

30

25

20

15

10

5

0

A p

2 (m

. S

–2)

n.s.

Figura 6 – Tempo di contatto (Tns) ed accelerazione positiva (Ap2) concernenti l’ultimo appoggioregistrato su superficie convenzionale e su sabbia (* p<0,05)

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se non statisticamente significative, seconsiderate singolarmente, hanno deter-minato la differenza significativa nell’al-tezza di salto riscontrata (vale la pena,infatti, di ricordare come Wec sia uguale a0,5 M . Vmax2).Diviene quindi importante sottolinearecome la superficie sulla quale viene effet-tuato il salto stesso giochi un ruoloessenziale nella differenza di elevazioneottenuta.Infatti, la sabbia è considerabile come untipico elemento dissipatore di energia(Strydom et al. 1966; Givoni, Goldman1972; Soule, Goldman 1972; Zamparo etal. 1992). La perdita del 20,1% di Wec, dis-sipata in attrito sulla superficie sabbiosa,risulta infatti ragionevolmente proporzio-nale alla perdita, pari al 36,01, dell’altezzadi salto registrata.Inoltre il maggiore piegamento degli artiinferiori, riscontrabile nel CMJ effettuatosu sabbia, può causare un aumento dell’ef-fetto di termo dispersione dell’energia ela-stica immagazzinata durante la faseeccentrica del movimento stesso (Bosco1992).Le caratteristiche dissipative della superfi-cie sabbiosa divengono evidenti soprattut-to quando il salto viene preceduto da unarincorsa.La fase di appoggio del piede nella fase dirincorsa può essere divisa in tre periodi, didurate relativamente eguali. Durante ilprimo terzo della fase di appoggio, nelmomento in cui il piede sprofonda nellasabbia, l’energia potenziale viene trasfor-mata in energia cinetica, di cui però unaparte viene dissipata nella sabbia stessa(Lejeune et al. 1998). Inoltre la sabbia è responsabile di unadiminuzione della stiffness del sistemaneuromuscolare che, per questo motivo,aumenta nel corso del ciclo stiramento-accorciamento la quantità di energia ela-stica termo dispersa (Lejeune et al. 1998). A conferma di ciò, nel presente studio èevidenziabile come i valori di NF2, di ∫ F(T) edi Ap2, registrati su sabbia, siano significa-tivamente minori (p<0,05) di quelli osser-vati su superficie rigida. L’impossibilità di effettuare, per motivi diordine tecnico, la fase di ricezione sullapiattaforma di forza, ha impedito il calcolodei tempi di volo, rendendo necessario unulteriore approfondimento dello studioche risolva questo tipo di impedimento.Tuttavia, data la forte correlazione (r =0,86, p<0,001) ritrovabile in studi analoghi(Nourry et al. 1999) tra i valori di ∫ F(T) el’altezza di salto, sottolineata anche daaltri Autori in precedenti studi (Adamson,Whitney 1971), si può ragionevolmentesupporre una significativa differenza deivalori di altezza raggiunti dal CG in questo

tipo di salto eseguito su sabbia, rispettoallo stesso eseguito su superficie conven-zionale.Occorre inoltre sottolineare come il lavororealizzato per muovere il piede nella sab-bia, nel salto preceduto da rincorsa ed, inmodo minore, anche nel salto da fermocon contromovimento, costituisca dell’e-nergia dissipata sotto forma di energiaelastica e conseguentemente restituitasotto forma di lavoro meccanico nella sus-seguente fase concentrica di movimento.

Conclusioni

Un terreno mobile, come la sabbia, esercitaquindi un effetto sfavorevole sul lavoromeccanico prodotto non solamentedurante la locomozione, come già dimo-strato da altri Autori (Strydom et al. 1966;Givoni, Goldman 1972; Soule, Goldman1972; Zamparo et al. 1992), ma anche nel-l’esecuzione di altri gesti atletici, come nelcaso ora descritto dei salti.

Infatti, mentre un substrato elastico puòassorbire energia elastica durante la fasedi decelerazione del CdG ed in seguitorestituirla durante la susseguente fase diaccelerazione del Cdg stesso (Mc Mahon,Green 1978; Bosco, Locatelli 1987), un ter-reno deformabile si comporta in mododiametralmente opposto, ricoprendo ilruolo di un ammortizzatore, il cui compitoè unicamente quello di assorbire energia. Queste caratteristiche peculiari della sab-bia, utilizzata in quanto terreno sul qualeeffettuare delle prestazioni atletiche dirilevante importanza, dovrebbero quindidettare imperativamente delle tecniche dicondizionamento muscolare, altamentespecifiche, in funzione delle diverse condi-zioni di gioco richieste, rispetto a quelleche si verificano sulle usuali superfici uti-lizzate.

Indirizzo dell’autore: G.N. Bisciotti,Via IV Novembre, 46, 54027 Pontremolie-mail: [email protected]

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Bibliografia

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Introduzione

Se attualmente viene unanimemente ammesso che alcune discipli-ne esigono un allenamento particolare di quella qualità di forzache, a causa della sua durata, abitualmente, viene definita “resi-stenza alla forza”1, proponiamo semplicemente di rivedere questoconcetto adattandolo ai nuovi dati dell’allenamento. Che occorraresistenza alla forza per riuscire in certe discipline (nuoto, canoa-kayak, canottaggio...) è indiscutibile, ma che questo concettovenga limitato ad eseguire lunghe serie di 50, 60 se non 100 ripe-tizioni, ci sembra restrittivo, se non semplicistico. Ci sembra possi-bile proporre soluzioni più moderne, più motivanti e più efficaci.

Infatti, se ci si riflette sopra, il problema viene viziato dal concettostesso di “resistenza alla forza”. Letteralmente questa espressionesignifica che si pone resistenza nella forza, che la forza viene pie-gata alle leggi della resistenza e si incorre sempre anche nell’enor-me rischio di pensare che la resistenza alla forza non possa esiste-re senza una grande capacità aerobica. In questo modo è la resi-stenza ad essere “proiettata” sulla forza, finendo con il dimenticareche la forza possiede leggi ed esigenze proprie, che debbono essererispettate e senza le quali non si ottiene alcun vantaggio globale.Di fatto, in ogni movimento di qualsiasi disciplina si produce forzae quindi si ha bisogno di resistenza alla forza: sui 100, e ancora dipiù sui 200 m occorre resistenza alla forza.

La necessità di rivedere il concetto di resistenza alla forza, sostituendolo con quello di forza resistente non è soloun problema terminologico. Il vero problema è quello di prevedere un allenamento che permetta di esprimere forzaa lungo senza trascurare, i fattori nervosi tipici dell’espressione della forza. Vengono esposti alcuni esempi di come

ciò sia realizzabile modulando i mezzi ed i metodi di allenamento.

Resistenza alla forza o forza resistente?Gilles Cometti, Centre d’expertise de la performance, UFR STAPS, Università della Borgogna, Digione

Il problema dell’allenamento della forza nelle discipline sportive di durata

Foto BRUNO

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Un atleta dei giochi sportivi riesce a resistere per 30 m. Se deve“tenere” per 100 m gli serve resistenza alla forza. Dunque, questacapacità si troverebbe ovunque e da nessuna parte: dal punto divista terminologico parlare di resistenza sui 100 m, sembra abba-stanza spiazzante. Per cui pensiamo che il concetto non abbiasenso. Invece, in questo esempio dei 100 m il fenomeno più importante èla forza (in questo caso, specifica) sviluppata in ogni falcata. Chepoi ci si interroghi sulla possibilità di far durare questa capacità diforza, ci sembra determinante. Quindi la forza primeggia, la durataviene dopo. Perciò, la prima domanda che ci si deve porre quando ci si trova difronte ad una disciplina sportiva che “dura” è: quale posto vi occu-pa la forza massima? Deve essere allenata? Secondo noi, spesso, larisposta è positiva. Fanno eccezione solo le discipline di duratamolto elevata (corse di fondo dell’atletica leggera, lo sci di fondo, ilciclismo su strada...). Successivamente si debbono cercare queimezzi che permettano di migliorare la capacità di restare “forti” alungo, ma rispettando la forza, nella quale esiste certamente unaspetto energetico, ma ci sono soprattutto fattori nervosi. Come sipossono mantenerli attivi durante serie molto lunghe? Perciò, par-leremo letteralmente di “forza che dura” parleremo di “forza resi-stente” per invertire le priorità. Ma ora cercheremo di dimostrareche non si tratta di un gioco di parole.

1. I limiti delle serie molto lunghe

Non c’è nulla di più normale che un atleta che scopra le serie lun-ghe di ripetizioni di un movimento, come la distensione alla panca(ad esempio, alcuni nuotatori), ne ricavi vantaggi concreti. Lasituazione che esse determinano permette certamente di portarela fatica muscolare locale in zone che non sarebbero richieste dalladisciplina sportiva (in questo caso, il nuoto). L’effetto positivo diquesto tipo di allenamento riguarda solo i parametri energetici,non sono interessati i fattori nervosi che hanno bisogno dell’esplo-sività del gesto. Ma, andiamo oltre nell’analisi di una serie lunga che preveda, adesempio, 60 ripetizioni dell’esercizio di distensione alla panca(figura 1). Arbitrariamente dividiamo le 60 ripetizioni in 6 x 10, perfare capire meglio la nostra analisi. Quando l’atleta inizia la serie, i primi due gruppi di 10 ripetizioninon gli pongono problemi, il lavoro è semplice. Queste ripetizioniservono solo ad affaticarlo successivamente. Lo stesso si dica perle ripetizioni dalla 20a alla 40a. Inoltre, l’atleta che sa che le diffi-coltà inizieranno dopo la 40a ripetizione, prima economizza le sueenergie nervose (cioè, non ha interesse ad eseguire i movimentitroppo velocemente). Ciò che ci colpisce è questa inutilità dellaprima serie, in quanto, di fatto nella resistenza alla forza classicaciò che conta è lo stato di fatica nella parte finale. Chiediamoci, invece, perché non si debba sfruttare la prima parte:1. per realizzare un lavoro qualitativo;2. per arrivare più rapidamente allo stato di affaticamento.

Questo metodo già esiste per quanto riguarda l’allenamento dellaforza massima: si chiama metodo del carico decrescente. Proponia-mo di adattarlo al lavoro di lunga durata.

2. Il carico decrescente

La diminuzione del carico può essere variabile:- rapida:

con 10 ripetizioni ci si trova allo stato di affaticamento che prece-dentemente si otteneva con 50 ripetizioni (ad esempio: 1x95%;1x90%; 3x80%; 3x75%.) (figura 2 b).Le prime ripetizioni allenano la forza massima sollecitando i fattorinervosi che producono una fatica immediata. Poi si può continua-re con carichi più leggeri, se possibile con 10 ripetizioni si allegge-risce il peso, poi si continua con altre 10 ripetizioni, poi altre 10,fino ad arrivare alla durata voluta.

- lenta: la durata dello sforzo iniziale è maggiore, ma la qualità è minore(figura 2 b)

- con stadi di maggiore durata: in questo caso ogni stadio di decremento prevede 10 ripetizioni, edil carico diminuisce progressivamente (figura 3).Si comprendono facilmente le possibilità offerte dall’idea di cam-biare i carichi durante la serie.

10 10 10 10 10 10

80% 75% 70% 65% 60% ...%

Figura 3 – Il carico decrescente applicato alle serie lunghe (variantecon stadi di maggiore durata)

10 10 10 10 10 10

Ripetizioni efficaci

Ripetizioni efficaci

Figura 1 – La serie di 60 ripetizioni

1 1 3 3 5 10 10 10

95% 90% 80% 75% 70% 65% ...% ...% ...%

10

1 1 1 2 3 3 3 10

95% 90% 80% 75% 70% 65% ...% ...%

10

...%

a

b

Figura 2 – A) il carico decrescente applicato alle serie lunghe (variantedecremento rapido); B) il carico decrescente applicato alle serie lunghe(variante decremento lento)

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Questa idea ci fa ricordare il metodo che applicava su di noi AlainPiron nel 1970: piramide crescente e decrescente nella serie (cfr.figura 4)Evidentemente si può costruire la piramide in modo tale che losforzo sia di maggiore durata, oppure prolungare l’ultima serie,diminuendo il carico, per 1, 2 tappe supplementari.

3. Le super-serie

Un’altra alternativa per ottenere una fatica muscolare intensa èrappresentata da un adattamento del principio delle super-serie.Nelle super-serie classiche si abbinano movimenti diversi che sol-lecitano gli stessi gruppi muscolari. La figura 5 ne mostra dueesempi con tre esercizi organizzati in modo tale da procedere dalpiù globale al più analitico.In questo caso troviamo un totale di 24 ripetizioni, che può essere

un pò breve rispetto a certe discipline. Allora si può pensare diraddoppiare una combinazione, che preveda da sei ad otto ripeti-zioni per ciascun movimento. In questo caso si parlerà di superse-rie (figure 6, 7).Questo tipo di alternanza degli esercizi presenta questi vantaggi:- i gruppi muscolari interessati vengono utilizzati con coordina-

zioni diverse, il reclutamento delle fibre varia da una situazioneall’altra, per cui i muscoli vengono affaticati in modo più com-pleto (secondo tutti gli angoli funzionali);

- l’alternanza degli esercizi introduce un elemento di varietà nellavoro che aumenta la motivazione;

- ogni volta che viene cambiato il movimento viene riattivata lavigilanza nervosa;

- l’alternanza esercizio globale/esercizio analitico permette unrecupero nervoso durante l’esercizio analitico ed un esaurimentomuscolare più localizzato.

Figura 4 – La piramide nella serie

Figura 6 – Esempio di super-superserie per gli arti superiori

Figura 5 – Due esempi di super-serie con tre esercizi

Figura 7 – Esempio di super-superserie per gli arti inferiori

Figura 8 – L’alternanza eccentrico-concentrico nella distensione alla panca

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4. L’alternanza di regimi diversi d’azione muscolare

Un’altra variante, che permette una maggiore efficacia nelle serielunghe si basa sui regimi d’azione muscolare. Questa variante siapplica sia sullo stesso esercizio, sia su esercizi che si alternano traloro.Nella figura 8 viene mostrata un’alternanza tra due regimi (eccen-trico-concentrico). Ma è anche possibile alternare 3 o 4 regimi(figura 9). Naturalmente, è possibile anche abbinare l’alternanzadei regimi e degli esercizi (figura 10)

5. E la forza specifica nella resistenza alla forza?

È evidente che l’allenamento che viene chiamato “resistenza allaforza” è diretto a migliorare le possibilità dell’atleta alla fine dellagara. Il migliore modo di lavorare è quello di allenarsi sulla distan-za di gara con il gesto specifico. Ma un atleta allenato, con questaforma di lavoro non riesce più a migliorare, ha bisogno di solleci-tazioni diverse. Spesso, quando un atleta si trova in difficoltà allafine della sua gara, in allenamento gli viene richiesto di allenarsi suuna distanza più lunga:

Figura 12 – Il metodo del pre-affaticamento: esempio nel nuoto, nella canoa, nella corsa

Figura 9 – Alternanza tra quattro regimi d’azione muscolare

Figura 10 – Abbinamento dell’alternanza esercizi-regimi

Figura 11 – Il metodo del post-affaticamento sullo specifico”: esempio nel nuoto, nella canoa, e nella corsa

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- 250 m per un corridore di 200 m;- 150 m per un nuotatore di 100 m;- 1 000 m per un corridore di 800 m.

Gli esempi potrebbero essere molti.

5.1 Il principio del post-affaticamento

Su questo genere di soluzione siamo sempre stati scettici. In effet-ti, chiedere ad un atleta di correre (o nuotare) 150 m se non tienesui 100 m, significa apprendergli a gestire lo sforzo su un ritmo di150 m, che è inferiore a quello su 100 m, e non si capisce più per-ché dovrebbe migliorare sui 100 m. Pensiamo che esistano solu-zioni più efficaci. Occorre trovare mezzi che obblighino il muscoloa stancarsi di più: ad esempio, la muscolazione.Ad esempio, l’atleta esegue la distanza che non gli pone problemi(75 m per un 100 m di nuoto) e subito dopo una serie di distensio-ni alla panca. Questo metodo potrebbe essere chiamato “post-affaticamento sullo specifico” (figura 11).

5.2 Il principio del pre-affaticamento

Evidentemente è possibile anche fare in contrario: prima la musco-lazione (seguendo i principi esposti precedentemente) per circa 3/4

della durata della prova, quindi lo sforzo specifico (figura 12).

5.3 Il principio dell’alternanza “forza-tecnica”

Per noi, evidentemente, la strada più feconda per collegare forza efatica, conservando alla forza i suoi parametri qualitativi è il con-trasto “muscolazione-tecnica”. Le serie intercalate di muscolazionepossono prevedere da 3 a 8 ripetizioni, secondo le discipline, masempre con un carico massimale rispetto al numero delle ripetizio-ni (90% per 3 ripetizioni, 80% per 6 ripetizioni, ecc.). La sequenzacompleta, in generale, rappresenta una “frazione” della prova digara. Nella figura 13 vengono mostrati due esempi nel ciclismo enella canoa e nella figura 14 un esempio per la corsa, nel quale ilprincipio dell’alternanza viene applicato alternando movimenti dicorsa ad esercizi pliometrici.Procedere in questo modo offre questi vantaggi:

- nella prime serie viene rispettata la qualità della forza (sollecita-zione massima dei fattori nervosi, potenza elevata);

- la ripetizione delle serie permette di arrivare all’affaticamento,per cui si va dalla forza alla “durata” (cioè alla resistenza);

- l’alternanza con la tecnica permette un buon “transfert” dellaforza;

- l’atleta apprende a lavorare con il suo gesto specifico in stato diaffaticamento;

- il contrasto tra le due situazioni permette un recupero relativodurante la fase tecnica per mantenere meglio la qualità dellaforza nelle serie con sovraccarichi;

- questa modalità permette di controllare la perdita progressiva diforza e di potenza di serie in serie con un sistema tipo Ergo-power. Si può vedere quale sia l’evoluzione della potenza e con-frontare tra loro vari momenti dell’atleta nell’anno. Basta alter-nare gli esercizi con sovraccarichi con quelli su un ergometro edallora si controllerà anche la fase tecnica;

- quindi, dall’inizio alla fine della prova è presente la qualità dellavoro.

6. Conclusione

Abbiamo introdotto il concetto di forza resistente per sottolinearela logica che ci interessa, ponendo la forza al centro del ragiona-mento. L’allenatore deve prestare molta attenzione a questi due aspetti:- rispettare la qualità della forza;- non dimenticare la forza specifica (la tecnica).Perché possa farlo abbiamo proposto più soluzioni diverse daquella che viene chiamata la resistenza alla forza.

Note(1) Per restare fedeli al pensiero dell’Autore avremmo dovuto tradurre letteralmen-te le espressioni francesi endurance de force e force d’endurance, con resistenza diforza e forza di resistenza. Ma, dato che specie la seconda espressione avrebbepotuto generare equivoci, abbiamo preferito usare le espressioni resistenza allaforza per la prima e forza resistente per la seconda.

Articolo originale. Traduzione dal francese di M. Gulinelli. Titolo originale:Endurance de force ou force de endurance.

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Figura 13 – Esempio dell’alternanza per lavorare sulla “forza resistente”

Figura 14 – Il principio dell’alternanza applicata alla corsa, alternata con gli esercizi pliometricio

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tura leggermente minore (153±4,0 rispettoa 154,9±4,3 cm), rispetto al gruppo chenon eseguiva un allenamento della forzacon i pesi. Non sono state rilevate altremisure antropometriche, per non favorire itimori delle ginnnaste di essere in sovrap-peso e così favorire strategie dirette aridurre l’alimentazione.Dunque gli Autori sono favorevoli ad unallenamento mirato della forza massimalecon bilancieri o macchine, in quanto,rispetto all’allenamento specifico della

resistenza alla forza, favorirebbe un mag-giore aumento della forza massima senzaun contemporaneo incremento del pesocorporeo.

Le capacità di resistenza dei bambini

Quanto allenamento della resistenza deb-bono svolgere bambini ed adolescenti? Leposizioni della scienza su questo problemasono cambiate continuamente nel corsodegli anni e su questi cambiamenti hannoinfluito problemi di natura fisiologica, maanche “ideologica”. Che i bambini siano ingrado di fornire prestazione elevate diresistenza è indubbio: nei paesi dell’Africanon hanno dubbi in merito, visto che chivuole andare a scuola deve percorrere apiedi distanze molto lunghe. Per cui, il veroproblema per lo sviluppo della resistenza èlo stile di vita dei bambini e degli adole-scenti. Ma quale ruolo svolgono in questa

capacità i fattori genetici, l’attivitàfisica e l’allenamento e le condi-zioni ambientali (ad esempio, l’al-titudine)?.E. van Praagh, E. Dorè et al. in unloro articolo di rassegna (E. vanPraagh, E. Dorè et al., La puissancemaximale aérobie de l’enfant (de1938 à nos jours), STAPS 22, 2001,54, 89-108) hanno esposto lediverse posizioni su questa pro-blematica dal 1938 fino ad oggi.Gli Autori mettono in evidenzacome lo studio scientifico di que-sto problema sia iniziato circa

trenta anni dopo quello degli adulti; comeancora oggi si basi molto sulle ricerche diÅstrand (1952) e come vi siano ancoravuoti di conoscenze per quanto riguarda laresistenza dei bambini, ad esempio sullosviluppo enzimatico. Per quanto riguardal’evoluzione del V

.O2max, esso sarebbe

influenzato dall’ereditarietà, dallo sviluppobiologico, dall’allenamento e dall’ambiente.Lo studio della letteratura non mostrarelazioni molto significative tra il dispen-dio energetico quotidiano ed il V

.O2max. Si

ammette sempre piùche il miglioramentodella massima potenzaaerobica, se si voglionoprodurre modificazionifunzionali durature,richiede sforzi musco-lari ripetuti e relativa-mente intensi. È inne-gabile che durante lacrescita, grazie all’alle-namento sistematicodel sistema aerobico, visia un miglioramentodel V

.O2max, ma vi sono

alcune ricerche cheipotizzano che questa allenabilità, nelbambino prepubere, sia meno evidente chenell’adulto. Ciò sarebbe dovuto a program-mi d’allenamento meno intensivi, a valoridi V

.O2max specifico (ml . kg-1 . min-1) spes-

so già elevati, all’evoluzione di certi indica-tori biologici (testostosterone, GH, IGFI...)che diventano funzionali nel periodopuberale. Perciò la pubertà sembra essereun periodo critico per il miglioramentodella prestazione aerobica, senza che ilV.O2max specifico aumenti obbligatoria-

mente. Invece, rispetto a quello dell’adulto,sembra che l’organismo giovanile sia sog-getto in misura minore al decondizina-mento dovuto alla mancanza di carichimuscolari (inattività fisica, permanenzaforzata a letto, disallenamento...). Sapendoche l’allenamento migliora il V

.O2max di

circa il 10%, e che la potenza aerobica diun bambino forzatamente costretto a lettodiminuisce di circa il 15%, si può valutare

Allenamento della forza per le ginnaste

Per potere gareggiare ai massimilivelli le ginnaste debbono essere“leggere”. Per questa ragione iloro allenatori e le loro allenatricisono molto cauti quando si trattadi ricorrere ad un allenamentodella forza, sebbene la forza sia unimportante elemento sia nell’alle-namento che nelle gare, che puòessere allenato più efficacementecon le macchine o con i bilancieri,che con i soli esercizi della ginna-stica. W. A. Sands, J. R. Mc Neal, che fannoparte del gruppo di ricerca statunitensesulla ginnastica, in un loro articolo si pon-gono proprio la domanda se le ginnastedebbano allenare la forza sollevando pesi(Sands W. A. Mc Neal J. R. et al., ShouldFemale Gymnasts Lift Weights?, Sport-science 4, 2000, 2), dando ad essa anche larisposta che le ginnaste debbono svolgereun allenamento della forza, ma non gene-rico. Prendendo le mosse dalla stato attua-le della ricerca essi fanno una distinzionetra un allenamentodella forza che provocaun’ipertrofia massimalee quello che è accom-pagnato da un’ipertro-fia minima, definendovalori guida per i duetipi di allenamento(tabella 1). Comehanno dimostrato i testeseguiti dalla squadraolimpica statunitenseprima dei Giochi olim-pici di Sydney, le gin-naste possono eseguireun numero di ripetizio-ni degli esercizi di forza specifici della gin-nastica molto elevato. Ad esempio, in tretipi diversi dell’elemento spinta dalla verti-cale andavano da 13±8 (media e DS) a7±4 ripetizioni. Ciò mette in evidenza che,in allenamento, le ginnaste eseguono eser-cizi di forza che ipertrofizzano abbastanza,ma non sono adatti ad aumentare real-mente la forza massima, quanto la resi-stenza alla forza. In un raduno di allena-mento precedente i Giochi olimpici, 33atlete statunitensi di livello nazionale sonostate sottoposte a test per rilevare qualefosse l’effetto dell’allenamento della forzasulla loro costituzione. 14 ginnaste si alle-navano due o più volte alla settimana coni pesi. Questo gruppo era leggermente piùanziano (18,1±2,0 rispetto a 16±1,0 anni),ma malgrado cioé presentava un minorepeso corporeo (48±5,4 rispetto a 52,1±5,9kg) un Indice di massa corporea minore(20,3±1,9 rispetto a 21,7±1,9) ed una sta-

TRAINER’SDIGESTa cura di Arndt Krüger, Mario Gulinelli

Ipertrofia massima Ipertrofia minima

Intensità (in % di 1 RM) 60-80% 85-100%Numero delle ripetizioni 6-20 1-5Serie 3-6 5-12Recupero tra le serie (min) 2-4 4-5Velocità concentrica 1-10 1-4(s/ripetizione)Velocità eccentrica 4-10 3-5(s/ripetizione)Durata totale della serie (in s) 40-70 < 20

Tabella 1 – L’allenamento per lo sviluppo di una ipertrofia massima ed una minima

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che il V.O2max durante la crescita abbia una

plasticità del 25%. Gli Autori osservanoche vi sono limitazioni, sia di ordine eticosia di ordine metodologico, che fanno sìche le informazioni sui processi di adatta-mento del bambino all’esercizio massimalesiano ancora molto minori di quelle cheabbiamo sull’adulto. Questa carenza appa-re evidente, ad esempio, anche in operededicate alla medicina dello sport, dovespesso all’intero problema degli aspettimedico-sportivi della pratica sportivainfantile e giovanile vengono dedicate solopoche pagine.Comunque, su quando iniziare unallenamento sistematico delle resi-stenza con i bambini, restano pareridiversi. Così ad esempio, il tedescoDickhuth, in un suo testo di medici-na dello sport, espressamente rivol-to agli insegnanti di educazionefisica (H., - H. Dickhuth, Einführungfür Sport und Sportunterricht ,Schorndorf, Hofmann, 2000, pp.321) afferma che dal punto di vistapedagogico la disponibilità ad unallenamento sistematico della resi-stenza non esisterebbe prima del12/13 anno di vita e precedente-mente esso dovrebbe avere unaforma esclusivamente ludica. vanPraagh et al., nel loro lavoro, ripor-tano risultati di ricerche svolte subambini di tre anni. Anche se rima-ne il problema di quale fosse ilgrado di sforzo da essi raggiunto ese si possa parlare di capacità dimassimo consumo di ossigeno, sitratta comunque di dati dei qualioccorre tenere conto.Se si passa alle ricerche che riguar-dano la capacità di prestazioneanaerobica di bambini ed adole-scenti, di regola si trova ancorameno, per cui una rarità preziosa èrappresentata da un altro lavoro,pubblicato nel già citato numero 54 diStaps (P. Duchè, M. Bedu, E. van Praagh,Exploration des performances anaérobie del’enfant. Bilan de 30 ans de recherche,Staps, 2001, 54, 109-130). In esso, gliAutori fanno notare come lo studio dellaprestazione anaerobica durante la crescitanon abbia ricevuta la stessa attenzione diquella aerobica, un fenomeno abbastanzasorprendente se si esaminano le attivitàspontanee di movimento dei bambini edegli adolescenti e si tiene conto del fattoche anche per quanto riguarda le attivitàsportive essi sembrano preferire attivitàfisiche di breve durata, piuttosto che quel-le di lunga durata. Un paradosso, spiegabi-le, secondo gli Autori: 1. per la difficoltà diutilizzare alcune tecniche invasive di ricer-ca con i bambini e gli adolescenti, 2. per la

mancanza di criteri affidabili confrontabilicome quelli esistenti per il V

.O2max; 3. la

difficoltà di misurare le risposte fisiologi-che all’infuori dello steady state. Comunque le conoscenze attuali ed il loroesame critico permettono di affermare cheper quanto riguarda l’evoluzione delle pre-stazioni anaerobiche con l’età, si è vistoche, qualunque sia il test utilizzato, lapotenza massima meccanica (Pmax) aumen-ta con l’età, dall’infanzia all’età adulta. Isoli fenomeni della crescita non sembranoessere in grado di spiegare le differenze di

potenza massima meccanica esterna trabambino ed adulto (figura 1).Altri fattori costitutivi dei fenomeni dellamaturazione potrebbero apportare altrielementi di risposta. In effetti la potenzamuscolare dipende da fattori muscolaricome la produzione di energia, la tipologiamuscolare e le qualità neuromuscolari o dicoordinazione motoria. Rispetto agli studirealizzati sull’adulto, le conoscenze suimeccanismi energetici implicati nel fun-zionamento del metabolismo anaerobiconel bambino sono limitate, per ragioni didifficoltà di ordine etico e metodologico. Idati principali non testimoniano di unamassima potenza anaerobica inferiore nelbambino, ma, di contro, mostrano unacapacità glicolitica nettamente menopotente. Per quanto riguarda l’evoluzione

delle prestazioni anaerobiche in funzionedel sesso, la differenza di prestazioneanaerobica associata al sesso, durante lapubertà, generalmente, va attribuita allamaggiore massa grassa che presentano lefemmine durante questo periodo d’età. Per quanto riguarda il rapporto tra allena-mento e prestazione anaerobica, sembrache nel bambino le prestazioni anaerobi-che possano essere migliorate dall’allena-mento soprattutto grazie a fattori coordi-nativi e di attivazione neuromuscolare.D’altro canto molti studi hanno sottolinea-

to che gli effetti di un allenamentospecifico nei bambini sono pocotrasferibili e che i miglioramenti piùsignificativi erano quelli osservatisu test utilizzati durante il loro pro-gramma di allenamento. Tuttavia, lamaturazione resta lo stimolo prin-cipale di miglioramento dellepotenzialità anaerobiche durante losviluppo. Alcuni Autori, quali Komie Karlsson (1979) e Crielard, Pirany(1983) sostengono la forte dipen-denza genetica delle prestazionirealizzate durante esercizi di brevedurata. Crielard, Pirany, attraversouno studio su gemelli mono e dizi-goti, parlano di un indice di eredi-tabilità del 92%. Per quanto riguar-da l’influenza genetica sulla distri-buzione dei diversi tipi di fibre, visono risultati molto contraddittoriche sembrano dipendere dal meto-do di ricerca utilizzato. AlcuniAutori (ad esempio, Komi et al.1977) parlano di un 99,5% di per-centuale di ereditabilità, mentrealtri (ad esempio, Karlsson et al.1979) parlano di un 50%. In un loroarticolo di rassegna Simoneau,Bouchard (1998) sono arrivati allaconclusione che l’effetto dei fattorigenetici sulle prestazioni anaerobi-che, rispetto alla sua variazione

totale, sarebbe del 50%.Un approccio completamente diverso alproblema è quello degli statunitensi Sulli-van, Anderson (Sullivan J. A., Anderson S. J.(a cura di), Care of the Young Athletes, O.O. American Academy of Ortopaedic Sur-geons & American Academy of Pediatrics2000). Si tratta di una pubblicazione uffi-ciale degli ortopedici e dei pediatri statuni-tensi, dove l'accento viene posto sui trau-mi che si producono nello sport infantile egiovanile, ma nella quale, le particolaritàdell'allenamento di bambini ed adolescentivengono trattate molto dettagliatamente.Sull'allenamento della resistenza si trovapoco, mentre vi vengono trattati ampia-mente alcuni suoi problemi, che sonoimportanti per il medico, ma non per l'alle-natore.

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67-10 10-11 11-12 12-13 13-14 14-15 15-16 16-17 17-18 18-21

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Fascie d'età (anni)

Fascie d'età (anni)

Femmine, n = 535

Maschi, n = 510

Pm

ax, W

. kg

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Femmine, n = 535

Maschi, n = 510

Pm

ax, W

. kg

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Figura 1 – Evoluzione della Pmax (W e W . kg-1) in funzione dell’etàe del sesso da 7 a 21 anni (Doré et al. 2000) (tenendo contodell’inerzia)

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Gerhard Lehmann, Istituto per la consulenza medica e scientifica, Maria Einzendorf;Hans-Dietrich Heinisch, Istituto di scienza applicata all'allenamento, Lipsia

presupposti per un incremento ulterioredella capacità di prestazione ad esempiograzie ad:- adattamenti cardiaci e respiratori

(aumento del V.O2 max e dell'ossigeno

fornito alla muscolatura);- adattamenti metabolici (aumento delle

riserve di ossigeno).Grazie ad un allenamento adattato allecondizioni di altitudine si perviene ad unincremento della capacità di prestazioneaerobica. Per questo viene utilizzato,soprattutto dagli atleti degli sport di resi-stenza, spesso più volte durante l'anno,sotto forma di quelle che vengono definite"catene di ipossia". Attualmente, come nel passato, non è

chiaramente definito quale sia il ruolo diquesto allenamento negli sport nei quali ilfattore determinante non è la resistenza(cfr. Martin 1999) nei quali, spesso, lostato di ipossia provocato dall'altitudinenon soltanto influisce sullo sviluppo deipresupposti energetici della prestazione,ma anche su quelli legati alla ricezione edelaborazione delle informazioni. Fuchs e Reiss (1990) raccomandano unallenamento in altitudine per tutti gli sportdi combattimento, sia durante il periodo dipreparazione che durante il periodo di pre-parazione immediata alla gara (Pig). Inlinea di principio si può essere d'accordocon queste raccomandazioni, in quanto lecapacità di resistenza giocano un ruolo

1. Definizione del problema

In tutte le discussioni sul valore di un alle-namento in altitudine è incontestabile che,in ogni caso, rappresenta una necessariaed ottima preparazione alle gare che sidisputano in altitudine. Inoltre, da anni,l'allenamento in altitudine rappresenta unmezzo ormai sperimentato per l'incremen-to della capacità di prestazione a livello delmare e, da questo punto di vista, rappre-senta una componente stabile dei pro-grammi di allenamento negli sport di resi-stenza (Reiss 1991). Infatti, la carenza diossigeno nell'organismo, provocata dallaminore pressione parziale di O2, produceadattamenti che rappresentano importanti

Alcune ricerche sull'efficacia dell'allenamento in altitudineper gli sport di combattimento: l'esempio del judo

Allenamento in altitudine e sport di combattimento

Negli sport di combatti-mento è possibile che l'al-lenamento in altitudineabbia un ruolo soprattuttoper lo sviluppo della con-dizione fisica. Su questabase sono state condottericerche su atleti pratican-ti judo ad alto livello, cheogni volta trascorrevanotre settimane in un radu-no di allenamento in alti-tudine. L'obiettivo eraquello di constatare sel'allenamento in altitudinepermette di ottenere unincremento della capacitàdi prestazione anaerobico-lattacida in quegli sport dicombattimento dove que-sta capacità è determi-nante; di stabilire in qualiperiodi debba essere uti-lizzato e quale ne debbaessere l'organizzazione

Foto GIGANTE

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importante nella realizzazione della pre-stazione di gara. Comunque, alcuni proble-mi richiedono un ulteriore ricerca, specifi-ca a seconda dei gruppi di sport.Ciò vale anche per l'affermazione secondola quale l'utilizzazione dell'allenamento inaltitudine dovrebbe essere esclusivamenteriservato al settore di vertice ed andrebbeescluso nell'allenamento giovanile ed inquello di transizione all'allenamento perl'alto livello (Reiss 1999). Si tratta di una posizione che viene giusti-ficata adducendo:- lo scarso livello di prestazione di base

degli atleti che si trovano in questetappe dell'allenamento ed il rischio, chese ne deduce, di un possibile peggiora-mento della prestazione;

- il non ancora completo sfruttamentodelle condizioni di allenamento a livellodel mare e

- l'aspetto strategico, per cui gli stimolispecifici di un allenamento in altitudinevengono considerati una riserva da uti-lizzare nel successivo allenamento dialtissimo livello.

Negli sport di combattimento, la presta-zione di gara dipende, in misura notevole,dal livello dei presupposti (psichici e tecni-co-tattici) legati alla ricezione ed elabora-zione delle informazioni, la cui efficacia,però, viene influenzata direttamente daprocessi di regolazione energetica, in par-ticolare dalle capacità di resistenza. Inoltre,gli sport di combattimento (ad eccezionedella lotta, dove il successo dipende essen-zialmente dal metabolismo anaerobico-alattacido, basato sullo sviluppo di presup-posti aerobici della prestazione) rappre-sentano un gruppo di sport nei quali,diversamente dagli sport di resistenza:- la capacità aerobica non deve essere svi-

luppata fino alla sua massima espressio-ne, ma fino ad un optimum che ne fa unpresupposto per carichi intensivi anaero-bici, come anche per l'incremento dellacapacità di carico e della capacità direcupero;

- durante la gara, troviamo, in una suc-

cessione temporale, rapida, ma irregola-re, una sollecitazione molto intensivadelle riserve di glicogeno e di fosfatienergetici, per cui la capacità anaerobicarappresenta la base essenziale energeti-co-condizionale per elevate prestazionidi gara e

- le capacità di resistenza sono collegate,secondo modalità particolari che vengo-no determinate da quanto richiede ilcombattimento in ciascuno sport, concomplicati processi di controllo e diregolazione di natura informativa.

Per questa ragione, nella maggior partedegli sport di combattimento, il successonella impostazione dell'incontro non pre-suppone che la componente "resistenza"venga portata al massimo, ma presupponeuna struttura specifica delle capacità diresistenza, che necessita che vengano uti-lizzati metodi ben determinati per il suosviluppo ottimale, unitamente ad ulterioripresupposti della prestazione (cfr. Leh-mann 2000). Una considerazione critica merita l'utiliz-zazione dell'allenamento in altitudine nellapreparazione immediata alla gara, mentre,in letteratura, sulla sua utilizzazione nel-l'allenamento di transizione a quello dialto livello, non si trovano solo opinionisecondo le quali essa deve essere esclusa.Così, tutti e quattro gli esperti partecipantiad una tavola rotonda organizzata dallarivista New Studies in athletics (Nsa 1994)si sono pronunciati, senza eccezioni, o consolo scarse riserve, a favore di un suoimpiego nel settore giovanile.Da quanto abbiamo esposto, anche per glisport di combattimento, se ne ricavano piùaspetti che meritano di essere indagati.Però, in particolare, occorre chiarire se l'al-lenamento in altitudine sia opportuno e, incaso di risposta positiva per quale cerchiadi atleti; in quali periodi dell'allenamentodeve essere utilizzato prevalentemente, equale ne dovrebbe essere l'impostazionemetodologica. Per rispondere a queste treproblematiche sono state svolte alcunericerche nelle quali ci siamo chiesti:

1. come avviene l'adattamento alle condi-zioni di altitudine, quali parametri delcarico sono adatti per oggettivare que-sto processo;

2. come si sviluppa la resistenza di base aseguito di un allenamento in altitudineadeguatamente programmato;

3. se, l'allenamento in altitudine provocaun maggiore incremento di rendimento,rispetto ad un allenamento a livello delmare, impostato nella stessa maniera.

2. Le ricerche

Le ricerche su questa sfera di problemisono state condotte nel judo, in quantoquesto sport presenta caratteristiche chesono tipiche per la maggioranza deglisport di combattimento per ciò che con-cerne l'aspetto dei processi metabolici chevengono sollecitati nel combattimento.Nelle ricerche, organizzate l'una indipen-dentemente dall'altra, sono stati coinvoltiatleti nazionali "seniores" e "juniores"tedeschi ed austriaci (tabella 1).Dal punto di vista della metodica dell'alle-namento, l'obiettivo era quello di ottenereuno sviluppo accelerato delle capacitàcondizionali all'inizio del periodo di prepa-razione, in modo tale che il successivoallenamento potesse essere realizzato sullabase di un elevato livello condizionale, siagenerale che speciale, come anche dellamigliore capacità di carico ad esso collega-ta. Dal punto di vista dei contenuti, i puntiprincipali dell'allenamento erano lo svilup-po della resistenza di base e della resisten-za alla forza. Per la loro realizzazione sono stati svoltiprevalentemente carichi nella zona dellaresistenza di base 1 e della resistenza dibase 2 con queste percentuali:- intensità scarsa (lattato da 2 a 4

mmol/l): circa il 60% dell'allenamentosvolto;

- intensità media (lattato da 4 fino a 7mmol/l): circa il 35% dell'allenamentosvolto;

Atleti Raduno: Periodo di % dei contenuti località/altezza/durata/anno allenamento dell'allenamento

generali specifici

5 nazionali Belmeken (Bul), 2 000 m, 3 sett., 94/95 PP 72 28seniores austriaci5 nazionali Obertauern (Aut), 1 750 m, 3 sett., 94/95 PP 75% 25%seniores tedeschi11 nazionali Belmeken (Bul), 2 000 m, 3 sett., '94/95 PP 90% 0%juniores tedeschi

Tabella 1 – Condizioni organizzative e conteuti dei raduni in altitudine studiati. PP = periodo preparatorio

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- intensità elevata (lattato > alle 7mmol/l): circa il 5% dell'allenamentosvolto.

Perciò il carico veniva realizzato prevalen-temente su base estensiva, in quanto perl'allenamento in altitudine vale il principio:"è sensato tutto ciò che si svolge in condi-zioni aerobiche" (Fuchs, Reiss 1990, 120).La valutazione dei presupposti aerobiciavvenne utilizzando questi metodi di ana-lisi:• capacità generale di resistenza di base:test di corsa a carichi crescenti (5x1 200m, senza lo step di carico massimale);• capacità specifica di resistenza dibase: test incrementale semi specifico contre step di carico sub massimale ed unostep di carico massimale (Heinisch 1996;Lehmann, Müller-Deck 1994).Per oggettivare gli adattamenti degli atletialle condizioni di altitudine (acclimatazio-ne) sono stati utilizzati questi parametri(non allo stesso modo in tutti gli atleti):• frequenza cardiacaÈ stato rilevato il polso al mattino, a ripo-so, ed il polso in condizioni di sforzo submassimale come indicatore sia delle rea-zioni di aggiustamento e di adattamentodel sistema cardiocircolatorio, specie neiprimi giorni del soggiorno in altitudine, siaanche di eventuali eccessi di sollecitazioneod anche di stati iniziali di patologie infet-tive od di altre patologie.• LattatoControllo dei processi di trasformazionedell'energia grazie all'oggettivazione dellereazioni metaboliche individuali e l'analisidell'intensità del carico dei mezzi e deicontenuti applicati.• Creatina fosfocinasi e urea siericaCome parametri del carico che oscillano alungo sono particolarmente adatti per lavalutazione della sommatoria dei carichi diallenamento e del ristabilimento dei pro-cessi energetici muscolare sollecitati. Per-ciò, durante tutta la permanenza in altitu-dine, furono determinati i valori di ambe-due i parametri, al mattino a riposo.• Ematocrito ed emoglobinaAttraverso l'ematocrito, che caratterizza leproprietà di fluidità del sangue, si esprimeil rapporto tra componenti solide e fluidedel sangue, che viene alterato delle perditedi acqua e di sudore provocate dal carico edall'insufficiente assunzione di fluidi. Convalori superiori al 50% si riducono le qua-lità di fluidità ed è più difficile la cessionedi ossigeno ai tessuti (Neumann, Pfützner,Berbalk 1998). I valori dell'ematocritovenivano controllati quotidianamente, almattino. L'emoglobina favorisce una rapi-da captazione e cessione dell'ossigeno neipolmoni e nei tessuti, e per questo venivadeterminata nello stesso momento dell'e-moglobina.

3. Risultati

Acclimatazione

Frequenza cardiacaL'andamento dei valori del polso nonmostrava cambiamenti notevoli rispettoall'allenamento a livello del mare. Durantel'allenamento in altitudine si può rilevareuna leggera tendenza alla diminuzionedella curva dei valori medi, che permette didedurre un adattamento positivo del siste-ma cardiocircolatorio all'altitudine ed alcarico sportivo. D'altro canto, la dispersio-ne individuale è relativamente ampia,tanto che non si può parlare di un cambia-mento significativo. Per quanto riguarda ladinamica dell'andamento individuale, intre casi, dopo un chiaro aumento dei valorial mattino, fu possibile stabilire che eranolegati con gli inizi di una patologia infetti-va e con i sintomi di un eccesso di carico.Gli adattamenti evocati dall'allenamentonel sistema cardiocircolatorio si esprime-vano soprattutto anche in una diminuzio-ne, individualmente rilevabile, della fre-quenza cardiaca nei carichi sub massimali. Anche i risultati delle nostre ricerche corri-spondono a questa esperienza, più volteconfermata in letteratura. Così, attraversoun test incrementale di corsa 5x1 200 msiamo riusciti a provare che, a seguito del-l'allenamento in altura, si otteneva un

aumento della prestazione. In un caso spe-ciale questo si esprimeva in tempi migliorisui 1 000 m (calcolati attraverso un pro-gramma computerizzato, APOLIN 1993)con una minore frequenza cardiaca allasoglia aerobica ed anaerobica (tabella 2)

Analisi del lattatoSe vengono esattamente rispettate lenecessarie procedure di analisi, il rilievo el'analisi del lattato permettono di determi-nare le intensità del carico in modo estre-mamente più sensibile rispetto alla fre-quenza cardiaca. Il lattato funge da indica-tore per la valutazione del metabolismoenergetico nel muscolo scheletrico. Nellavalutazione del carico si deve tenere contoche l'altitudine geografica ha lo stessoeffetto di un aumento dell'intensità delcarico e, per questa ragione, il metaboli-smo si sposta in direzione di un aumentodella demolizione dei carboidrati (Neu-mann 1999). A parità di carico, rispetto allivello del mare, ci si debbono attenderevalori di lattato più elevati, in quantoespressione di un carico più intenso (para-dosso del lattato). Nella programmazionedell'allenamento si è tenuto conto di que-sti rapporti in modo tale che, come previ-sto nell'approccio metodico, le intensitàdel carico misurate si muovevano al disotto ed al di sopra della soglia anaerobica(figura 1).

Ricerca Atleti Soglia aerobica Soglia anaerobica

(n) 1 000 m (min) Fc 1 000 m (min) Fc

X– X– X– X–

Inizio all. in 5 5min38s0 152,1 4min23s1 167,8altitudineFine all. in 5 5min13s0 147,6 4min02s3 164,6altitudine

Tabella 2 – Risultati di un test a carichi crescenti. Sono riportati i tempi su 1 000 m e le fre-quenze cardiache medie alla soglia aerobica ed anaerobica in un test a carichi medi crescenti: "5x 1 200" prima e dopo un allenamento in altitudine di tre settimane

7

6

5

4

3

2

1

0RF Escursioni Corsa Triathlon Allenamento

speciale

Latta

to

4,75

2,07

3,34

3,66

4,39

Soglia anaerobica

VMDS1

DS2

Figura 1 – Confronto delle intensità di mezzi diversi di allenamento utilizzati in altitudine (nazio-nale juniores tedesca di judo), RF, resistenza alla forza

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Creatina fosfocinasi (CK)Grazie alla sua utilizzazione pluriennale edi routine per il controllo delle fasi di alle-namento durante la preparazione imme-diata alle gare (Heinisch 1997) il parame-tro rappresentato dalla "creatina fosfoci-nasi" è uno dei più informativi nell'ambitodell'analisi complessa del carico nel judo.In questo contesto l'esperienza più impor-tante è che i rapporti tra carichi sportivispecifici intensivi e aumenti della creatinafosfocinasi vanno assolutamente valutatiin collegamento con i contenuti concretidel carico o dell'allenamento. Nell'allena-mento in altitudine siamo riusciti ad otte-nere questi risultati (figura 2):• durante l'allenamento in altitudine, inalcuni atleti, in quanto espressione di unasollecitazione complessiva del metaboli-smo muscolare, carichi muscolari localitroppo intensivi ed non abituali (ad esem-pio, allenamento anaerobico allenamento-della resistenza alla forza), producevanoalterazioni, in parte estremamente elevatedella CK, a tal punto che attraverso questoparametro non era più possibile rilevarel'effetto del carico di un successivo allena-mento della resistenza di base (figura 2,gruppi da 1 a 3).• Un allenamento estensivo della resisten-za (realizzato nella zona della resistenza dibase 1), non preceduto da un precedenteallenamento anaerobico, produceva sololievi aumenti del CK. Quindi, nell'allena-mento in altitudine, i carichi tipici dellaresistenza di base non pongono richiestetroppe elevate ai processi dei carichimuscolari (figura 2, gruppo 4).L'utilizzazione del parametro "creatinafosfocinasi" ed anche di altri parametri peroggettivare l'effetto dei carichi permette di

ottenere informazioni che vale la pena diinterpretare solo se l'allenamento che deveessere analizzato è chiaramente definito.Invece, un allenamento "misto" porta areperti che sono poco chiari e di difficileinterpretazione.

UreaL'urea, in quanto prodotto finale del meta-bolismo proteico, rispecchia abbastanzachiaramente la dinamica del carico dell'al-lenamento svolto in altitudine. Carichitroppo intensivi portano ad una carenza diglicogeno, con la relativa intensificazionedella demolizione delle proteine. Se ne puòosservare la conseguenza in più valorichiaramente più elevati di urea (> 8mmol/l). Però, nei gruppi oggetto dellericerche, questo valore critico non venivasuperato. Perciò se ne può dedurre che erastato possibile realizzare il concetto meto-dico d'allenamento pianificato, che preve-deva un orientamento verso carichi preva-lentemente estensivi.

Ematocrito ed emoglobinaPer influsso dell'allenamento in altitudine,le qualità di scorrimento del sangue assu-mono un ruolo limitativo della prestazio-ne. Un aumento dell'ematocrito aumentala viscosità del sangue ed influisce sullasua fluidità (Hollmann 1995). Perciò, allato positivo di una maggiore possibilità dilegame dell'ossigeno, se ne contrapponeuno significativamente negativo. Per que-sta ragione l'alternanza tra ispessimento ediluizione del sangue deve essere control-lata. Un confronto dei valori dell'ematocrito incondizioni di altitudine (49,7±2,6%) ed alivello del mare (47,6±2,6%) conferma che

l'allenamento in altitudine influenza laviscosità del sangue. In generale si partivadal fatto che il valore dell'ematocrito nondoveva superare il 50%, anche se furonomisurati valori intorno a 55% ed in alcunicasi addirittura del 60%. Qualora il valoredell'ematocrito aumenti eccessivamente sideve reagire tempestivamente, con unaimmediata riduzione dell'intensità dell'al-lenamento, ed un aumento dell'apporto diliquidi.

RiepilogoSe non si tiene conto dell 'effetto diaumento dell'intensità dei carichi dovutoalla quota e se le abitudini di allenamentoa livello del mare vengono trasferite aquello in altitudine, senza valutarle e senzaesercitare la dovuta cautela, si arriva rapi-damente ad un eccesso di carico. Per que-sta ragione, durante l'allenamento in alti-tudine non solo deve essere pianificataesattamente la strutturazione del carico,ma ne debbono essere anche oggettivati irisultati.I parametri oggetto di studio mostrano diessere un mezzo efficace per il controllo ela direzione del carico durante l'allena-mento in quota. In accordo con i dati dialtri Autori, nel lavoro con questi parame-tri si è visto che, nelle condizioni propriedell'altitudine, i valori sono leggermentemaggiori (cfr. Friedmann, Bärtsch 1998) eche i carichi vengono compensati meglioda atleti molto allenati alla resistenza(Fuchs, Reiss 1990).

Lo sviluppo dei parametri della capacità generale di resistenza

Lo scopo principale dell'allenamento incondizioni di altitudine era quello dimigliorare la capacità di prestazione diresistenza aerobica generale e specifica,che, negli sport di combattimento, si espri-me soprattutto in una maggiore prestazio-ne alla soglia anaerobica (4 mmol/l -capacità aerobica). Inoltre è importanteanche il miglioramento della prestazionealla soglia aerobica (2 mmol/l - soglia dirigenerazione), la cui espressione permettedi ricavare indicazioni sullo sviluppo dellacapacità di recupero.Per lo studio di questi parametri furonoimpiegati sia un test incrementale aspeci-fico (5 x 1 200 m di corsa) che un testincrementale semi specifico, che permette-vano di esaminare la capacità di resistenzadi base generale e semi specifica. I testfurono applicati all'inizio ed alla fine delraduno di allenamento, quindi in altitudineed a livello del mare tre settimane dopo lafine della permanenza in quota, per otte-nere dati sull'effetto a lungo termine del-l'allenamento in altitudine.

80

70

60

50

40

30

20

10

0

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19

1. gruppo

3. gruppo

2. gruppo

4. gruppo

gruppo 1 (n=3)

gruppo 2 (n=2)

gruppo 3 (n=2)

gruppo 4 (n=5)

CK

, µm

mol

. l-1

Giorni di allenamento

Figura 2 – Confronto dell'andamento dei valori medi della CK di quattro gruppi di atleti dopo larealizzazione di intensità diverse di allenamento in altitudine

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Nelle figure 3 e 4, attraverso lo sposta-mento a destra delle curve del lattato diun judoka della nazionale austriaca si puòvedere che, subito dopo l'allenamento ditre settimane in altitudine, miglioravanosia la capacità generale di resistenza dibase che quella specifica. Tale migliora-mento era chiaramente più elevato allasoglia anaerobica che a quella aerobica.Invece, nei test a livello del mare non èstato rilevato alcun ulteriore miglioramen-to della prestazione. In generale, si parla diun picco di prestazione dopo il ritornodalla quota, ma proprio su questa proble-matica vi è una pluralità di opinioni, comeaffermano Hartmann, Mader (1999, 6) nelloro articolo di rassegna sull'allenamentoin altitudine: "I dati su una capacità otti-male di prestazione vanno dal 9° al 23°giorno. Ma, poiché non sono ancora notitutti i meccanismi dell'adattamento prima,durante e dopo l'allenamento in altitudine,dal punto di vista scientifico non si puòindicare un momento esatto".Noi ipotizziamo tre spiegazioni per quantoriguarda i nostri risultati:1. Il momento della ricerca (tre settimane

dopo la fine dell'allenamento in altitudi-ne) o era troppo precoce o troppo ritar-dato, e per questa ragione o non erastato ancora raggiunto od era già statosuperato il momento del picco di rendi-mento.

2. La durata dell'allenamento in altitudineera troppo breve per formare meccani-smi di adattamento che agissero alungo.

3. L'impostazione della fase di allenamen-to, successiva all'altitudine, non erastata pianificata con la necessaria preci-sione, e non era diretta all'ulteriore sta-bilizzazione o miglioramento della capa-cità di resistenza di base.

Le ricerche sui judoka della nazionale"juniores" tedesca furono realizzate esclu-sivamente nel settore semi specificorispettivamente 20 giorni prima, e 20 gior-ni dopo il raduno di allenamento in altitu-dine. I risultati confermavano la scelta cor-retta del momento del re-test e permetto-no di limitare le spiegazioni riguardanti gliatleti austriaci quasi esclusivamente aipunti 2 e 3. Nella figura 5 sono rappresentate le curvelattato-prestazione degli atleti juniores enazionali tedeschi, rilevate prima e dopol'allenamento in altitudine. Tutti i parame-tri rilevanti per la resistenza, come anche ilcomportamento del lattato a livello submassimale e la capacità di resistenza aero-bica calcolata in base ad esso (prestazionealla soglia aerobica-anaerobica a 4mmol/l) risultavano significativamentemigliori. Rispetto alle ricerche che riguar-davano gli atleti nazionali seniores, negli

9,0La

ttato

(m

mol

/l)

2,3

2,11,9 2,2

2,4

3,0

3,2

3,33,8 5,1

5,2

5,7

8,58,48,5

7,5

6,0

4,5

3,0

1,5

05,50 5,00 4,58 4,25 3,75 3,33 3,00

3a settimana dopo allenamento in

altitudine

min/1000 m

Inizio allenamento in altitudine

3 settimane di allenamentoin altitudine

3a settimana dopo allenamento in altitudine

Figura 3 – Sviluppo della resistenza di corsa ottenuto con l'allenamento in altitudine (nel judo)(nazionale austriaca, n = 5)

14

12

10

8

6

4

2

0

10R/3 min 15R/3 min 20R/3 min 25R/3 min 30R/3 min 40R/3 min

3a settimana dopo allenamento in

altitudineLatta

to (

mm

ol/l)

Livelli di carico

1,81,7

2,02,2

2,2

2,0

4,1

3,2

3,2

12,4

8,3

7,7

Inizio allenamento in altitudine

3 settimane di allenamentoin altitudine

3a settimana dopo allenamento in altitudine

Figura 4 – Sviluppo della resistenza specifica ottenuto con l'allenamento in altitudine (nel judo)(nazionale austriaca, n = 5)

20

16

12

8

4

0

35 40 45 50 55 60 65

Latta

to (

mm

ol/l)

Prestazione (numero delle stazioni)

Pmax1

Pmax1

Pmax1Pmax1

Soglia anaerobica

Jun./prima AA

Jun./dopo AA

Sen. prima AA

Sen./dopo AA

Figura 5 – Confronto delle curve prestazione-lattato nei nazionali "juniores" (n = 11) e nei nazio-nali "seniores" tedeschi (n = 5) prima e dopo un allenamento in altitudine

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juniores, oltre ai parametridella resistenza di basecitati si era riusciti amigliorare notevolmenteanche i parametri dipen-denti dalla resistenza allaforza, cioè gli indici dellaprestazione della resistenzaspeciale. Sulla base di unincremento della prestazio-ne massimale (Pmax), conuna contemporanea ridu-zione della massima mobi-litazione del lattato (Lamax),furono rilevati, da un lato,un aumento della capacitàdi prestazione e, dall'altro,una maggiore economia.Secondo noi così vienechiaramente confutata unadelle ragioni - carenza diun livello di base nellecapacità di prestazione diresistenza, che fa temereun peggioramento dellaprestazione - per le qualinon si dovrebbe svolgereun allenamento in altitudi-ne con atleti che sono nellafase di transizione all'altolivello (juniores).

Confronto tra i risultati in condizioni di altitudine ed al livello del mare

Anzitutto è chiaramente dimostrato che ilrilevante effetto dell'allenamento in altitu-dine, rispetto ai raduni di allenamento alivello del mare si esprime del fatto chetutti gli atleti (juniores e seniores) otten-nero i loro migliori valori individuali neiparametri della resistenza di base, e glijuniores in tutti i parametri. Con ciò inten-diamo affermare che precedentementenessuno degli atleti sottoposti a test dopoun allenamento in altitudine, aveva maipresentato indici di prestazione cosi buoni.Un confronto di due periodi di allenamen-to nei quali l'obiettivo di prestazione era lostesso (sviluppo accentuato della resisten-za di base e della resistenza alla forza)mette in luce i vantaggi dell'allenamento

in altitudine (tabella 3). Così, in test semispecifici, successivi all'allenamento in alti-tudine, nei tre atleti nazionali seniores sisono potuti rilevare:- valori di lattato chiaramente minori nei

tre stadi sub massimali;- una capacità di prestazione aerobica

essenzialmente più elevata;- un rapporto chiaramente migliore tra

capacità di prestazione aerobica e massi-ma prestazione attuale (% Pmax);

- una più elevata prestazione massimale aparità di spostamento del lattato.

4. Considerazioni finali

Dai risultati di queste ricerche si possonoricavare queste deduzioni per quantoriguarda l'allenamento in altitudine neglisport di combattimento:

• In contrasto con Fried-mann, Börtsch (1999), che,utilizzando il parametro delmassimo consumo d'ossi-geno non sono riusciti astabilire alcun migliora-mento delle capacità diresistenza nei pugili dopoun allenamento in altitudi-ne, noi attraverso un'anali-si comparativa delle curvelattato-prestazione, neijudoka abbiamo ottenuto ilchiaro risultato che, aseguito di questo allena-mento, la capacità di pre-stazione di resistenza dibase migliora visibilmenteed anche più rapidamenteche a livello del mare. Percause non esattamentedefinibili non è stato possi-bile stabil ire, in modocerto, quale sia il momentoottimale per il picco di ren-dimento a livello del maredopo un allenamento inaltitudine. I risultaticomunque permettono diaffermare che:1. Negli sport di combatti-mento, l'allenamento in

altitudine comporta, sia per gli atleti dialto livello, come per quelli che sono nellafase di transizione all'allenamento di altolivello, un guadagno nella prestazioneenergetico-condizionale tale che, nel suc-cessivo allenamento a livello del mare, sipuò costruire su un più elevato livello diprestazione aerobica di base e quindi èdisponibile una maggiore quantità ditempo per dedicarsi alla soluzione di com-piti tecnico-tattici (cfr. anche Fuchs, Reiss1990).2. L'allenamento in altitudine va consiglia-to soprattutto in quegli sport, nei quali larealizzazione della prestazione di gara habisogno di presupposti della prestazioneanaerobico-lattacidi ben sviluppati, quali,ad esempio, il pugilato, il judo, il karate, iltaekwondo. In questi sport le capacitàaerobiche sono un presupposto necessario

Momento La 1 La 2 La 3 Cpa Pmax Pmax Lamax

(mmol . l-1) (mmol . l-1) (mmol . l-1) (prestazione a L4) (%) (stazioni) (mmol . l-1)

Dopo l'allenamento 1,7±0,3 2,2±0,5 3,4±1,4 50,8±3,7 82±1,0 62±5,2 10,8±1,5in altitudineA livello del mare 2,7±0,5 3,9±1,4 5,8±2,1 44,6±6,1 75±3,55 9,3±5,7 110±0,9

Tabella 3 – Confronto tra alcuni parametri delle prestazioni di resistenza dopo fasi accentuate di allenamento delle condizione fisica ad altitudinemedia ed a livello del mare (n = 3), Cpa: capacità di prestazione aerobica (potenza aerobica)

Foto BRUNO

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per un funzionalità dei processi anaerobi-co-lattacidi di trasformazione dell'energia.Il problema del momento cronologico delpicco di prestazione richiede un'ulteriorespiegazione di tipo interdisciplinare.• Un altro importante obiettivo delle ricer-che era la soluzione del problema di qualesia il periodo nel quale deve essere svoltoun allenamento in altitudine. Una "catenadi ipossia" distribuita durante l'anno diallenamento, come viene praticata neglisport di resistenza, non può essere consi-derata una soluzione ottimale per gli sportdi combattimento ed anche un'utilizzazio-ne dell'allenamento in altitudine dal puntodi vista della preparazione immediata allagara presenta molti aspetti problematici.L'azione sullo sviluppo delle capacità aero-biche, prodotta dall'allenamento in altitu-dine, si esprime a favore della sua utilizza-zione soprattutto durante il periodo dipreparazione. Nell'impostazione sistemati-ca della costruzione della stagione neiperiodi successivi di allenamento, per svi-luppare soprattutto la capacità anaerobicasi utilizzano mezzi d'allenamento semprepiù intensivi. Ma, in altitudine un allena-mento che avesse questa finalità equivar-rebbe ad essere continuamente in bilicotra un dosaggio ottimale ed un eccesso disollecitazione. Perciò non è consigliabile inquesti periodi. Anche le idee di una suautilizzazione nella preparazione immediataalla gara (Pig) vanno affrontate con gran-de scetticismo. La Pig corrisponde ad unmacrociclo in forma compressa. In unperiodo di circa 6 - 8 settimane viene ripe-tuta, in versione ridotta, la costruzioneannuale della prestazione sviluppando estabilizzando la prestazione di gara versola sua massima espressione individuale,soprattutto in base ad un livello elevato dicapacità di prestazione anaerobica. Lo svi-luppo della capacità di prestazione aerobi-ca e la sua interazione con altri presuppo-sti della prestazione pone problemi com-pletamente diversi, sia sotto l'aspetto deicontenuti che dell'organizzazione. Comun-que, lo sforzo necessario perché questoproblema venga completamente chiaritosperimentalmente nell'allenamento conatleti di alto livello non è giustificabile.Se si riflette chiaramente sui numerosivantaggi di un allenamento in altitudinedurante il periodo di preparazione, vengo-no in primo piano ostacoli di natura orga-nizzativa come, ad esempio, il calendariointernazionale di alcune Federazioni deglisport di combattimento che diventa sem-pre più denso (cfr. Martin 1999) od ancheil grande impegno finanziario.• Nell'insieme, l'allenamento in altitudine,produce un aumento dell’intensità delcarico, ed ogni carico di allenamento agi-sce come uno stimolo più intenso. Così

però aumenta il pericolo di super-allena-mento o di un allenamento sbagliato, spe-cialmente quando in esso vengono trasfe-rite le particolarità dell'allenamento deglisport di combattimento (allenamento conun partner, esercizi di gara di elevataintensità). La carenza d'ossigeno provocauna maggiore sollecitazione delle riserve diglicogeno, che si manifesta una più inten-sa salita del lattato, che segnala un loroesaurimento precoce, con la conseguentemaggiore sollecitazione del metabolismoproteico. Ma l'allenamento in quota offreanche la possibilità di ottenere processi diadattamento più efficaci, in tempi piùbrevi, soprattutto da parte del meccanismodel metabolismo aerobico. Però ciò pre-suppone che ci si alleni con intensitàmolto minori con un regime di pause direcupero più lunghe. Al centro c'è l'allena-mento aerobico. Se si vuole che il radunoabbia un esito positivo, il maggiore carico,rappresentato dall'allenamento in condi-zioni di ipossia, esige un controllo precisodell'intensità, che, generalizzando i datiesistenti, deve essere ridotta dal 10 a 15%.In linea di principio, i parametri utilizzabiliper il controllo dell'allenamento sono glistessi usati a livello del mare, ossia: fre-quenza cardiaca, lattato, creatina fosfoci-nasi, urea, cui si aggiungono l'ematocrito el'emoglobina. Secondo i risultati dellenostre ricerche questi parametri fornisco-no molte informazioni e sono facili datrattare.• Anche se può essere provato solo sog-gettivamente, l'allenamento in altitudine,indipendentemente dalla qualificazionedegli atleti in esso coinvolti, ha un effetto,da non sottovalutare, sulla formazionedello spirito di squadra, al quale contribui-scono, nella stessa misura, il lavoro incomune nell'affrontare compiti d'allena-mento impegnativi, come anche stimoli dicarico non abituali in un ambiente grade-vole e che stimola alla prestazione.

Traduzione di M. Gulinelli da Leistungssport, 30,2000, 3, 35-40. Titolo originale: Höhentrainingfür Kampfsportarten?

Gli Autori:Prof. G. Lehmann, ex-docente nel Settore sportdi combattimento ed ex-Rettore della DHfK diLipsia. Dal 1991, collaboratore dell’Istituto per laconsulenza medica e scientifico-sportiva diMaria Enzersdorf (Austria)Dott. Hans-Dieter Heinisch, collaboratore scien-tifico dell'Istituto per le scienze applicate all'alle-namento di Lipsia.

Indirizzo dell'autore: Institut für medizinischeund sportwissenschaftliche Beratung, Johann-Steinböckstrasse 5, A-2344 Maria Enzersdorf(Austria)

Bibliografia

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Claude Ferrand, Sandra Tédard, Centro di ricerca e d’innovazione

nello sport, Università ClaudeBernard, Lione 1

Lo scopo di questo lavoro ècomprendere come, duranteuna competizione di livello

nazionale, le differenze nellacoscienza di sé di tratto di gio-vani ginnaste, praticanti ginna-stica ritmica (n = 28) influisca-no sulle relazioni con gli altri,

la prestazione e l’aspetto fisico.Viene avanzata l’ipotesi che lacoscienza di sè di tratto sia unadeterminante della prestazione:le ginnaste che hanno un pun-teggio elevato di coscienza pri-vata di sè resistono meglio allepressioni sociali delle ginnasteche hanno un punteggio infe-riore. I risultati corroboranoquesta ipotesi sul piano della

prestazione. Tuttavia, sebbene,in questa popolazione non siastata trovata una correlazionetra l’ansia sociale e la coscienza

pubblica di sè i risultatimostrano che la presentazione

di sé si comporta in mododiverso nelle ginnaste, pur

restando un soggetto sensibile.La ginnastica ritmica comportarisultati complessi ed ambiguinelle relazioni che il Sé stabili-

sce con l’aspetto fisico.

Studio di casi nellaginnastica ritmica

La coscienzaprivata di sé,

elementodeterminante

della prestazione

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1. Introduzione

La ginnastica ritmica (GR), in quanto atti-vità sportiva tecnica ed artistica ad elevatogrado di prestazione corporea, rimette indiscussione il Sé nella strutturazione dellapersonalità delle giovani ginnaste. Alcunericerche su ginnaste hanno sollevato alcu-ni problemi. Ferrand (1994), Bluhm (1996),Lox et al., (1998) sottolineano che le gio-vani ginnaste si sottostimano e che esisteuna relazione tra scarsa stima di sé e per-fezionismo elevato. Edwards (2000) hadimostrato che le adolescenti che hannoscarsa stima di sé sono più inclini a pre-sentare problemi di salute mentale (comedisordini alimentari o depressione), adincorrere in comportamenti a rischio, adavere una immagine negativa del propriocorpo e ad essere ossessionate dal loropeso corporeo e dal loro aspetto. La ten-denza della società alla magrezza, lapreoccupazione per l’immagine del propriocorpo durante l’adolescenza, ma anche ilcontesto sociale e culturale dello sport(ginnastica) nel quale vivono queste atletepotrebbero rafforzare le norme che sonotipiche del sesso femminile. Inoltre, la logi-ca interna di ogni sport è direttamentecollegata al sistema di costrizioni cheviene imposto dalle sue regole. Nella ginnastica ritmica, ad esempio, ciòdetermina comportamenti che si basanosull’essere magre (notevole diminuzionedel rapporto peso-statura), su una morfo-logia specifica, nella quale assume unruolo notevole lo sguardo degli altri. Sitratta, dunque, di un ambiente sportivo nelquale domina un confronto rigido eduniforme dell’estetica del corpo.Questo lavoro si interessa soprattutto delSé in quanto processo e, in particolare,della coscienza di sé, che rappresentaquella parte di noi che prende conoscenzadi ciò che siamo, di ciò che facciamo, diciò che vogliamo diventare e dell’immagi-ne che proiettiamo sugli altri. Ma è anchequella parte di noi che ci valuta, che regolai nostri sforzi, che adegua le nostre moti-vazioni alle esigenze dell’ambiente e allenostre possibilità, così come le percepia-mo. Di conseguenza il Sé in quanto pro-cesso è una componente del Sé, che cipermette di entrare in contatto con noistessi, che s’incarica del controllo dellanostra persona (Damasio 1999) ed avrebbeun ruolo notevole come determinantedella prestazione (Vallerand, Losier 1994).Infatti, la realizzazione di una prestazionesportiva pone un certo numero di proble-mi, specialmente quello della direzionedell’attenzione. Le ricerche attuali contrap-pongono la coscienza di sé, che deriva daun’attenzione rivolta verso sé stessi (self-consciousness), dalla coscienza di sé in

quanto capacità di divenire oggetto dellapropria attenzione (self-awareness). Quest’ultima sarebbe totalmente determi-nata dai fattori ambientali. Per cui, Buss,Scheier (1972), Duval, Wicklund (1973)hanno dimostrato che coloro che diventa-no attenti a sé stessi sopravvalutano ilruolo d’agente casuale nell’attribuzionealla loro responsabilità personale il suc-cesso o l’insuccesso di una prestazione.Inoltre, sono più coscienti degli stati affet-tivi che li caratterizzano (Scheier et Carver1977) e sono più reattive nei loro confron-ti. Secondo Baumeister (1994), vivere unasituazione che esige una prestazione otti-male esercita una pressione che porta aprendere coscienza dei propri processiinterni legati alla prestazione. Questoaumento del livello di coscienza disturbalo svolgimento di un compito già appreso,che dovrebbe essere svolto in modo auto-matico e provoca una diminuzione di ren-dimento. L’atleta crolla sotto la pressione.Ma Baumeister (1994) dimostra che le dif-ferenze nelle disposizioni individuali inter-vengono a moderare gli effetti della pres-sione sulla prestazione.Sembra che coloro che sono in possesso diuna forte coscienza privata di sé di trattosiano scarsamente soggetti a questidecrementi di rendimento, in quanto sonoabituati ad essere coscienti dei loro pro-cessi e stati interiori e non dovrebberoessere disturbati dall ’aumento dellacoscienza di sé, provocato dalla pressione.Infine, i risultati di Harter (1982), Marsh(2000) indicano che il Sè è una strutturapluridimensionale. Esisterebbero più con-cetti di Sè, che sarebbero relativamenteindipendenti tra loro, in quanto la valuta-zione del suo comportamento da parte diuna persona può variare da un settored’attività all’altro. Durrant et al. (1990)hanno lavorato sul Sé, includendo dimen-sioni come le relazioni con gli altri, la pre-stazione e l’aspetto fisico per scoprirequali siano le variazioni di percezione trale dimensioni. Quest’ultimo tema di ricercaci interessa, in quanto l’identificazione deisettori associati alla coscienza di sé, legataalle disposizioni, serve ad aiutare meglio leginnaste a migliorare ed a gestire la loroprestazione.

I tipi di coscienza di sé

Alcuni lavori recenti (Carver, Scheier 1985)hanno dimostrato che la coscienza di séprevede due componenti, cioè gli elementiprivati e quelli pubblici. La coscienza pri-vata di sé è caratterizzata dalla relazionecon gli aspetti interni del Sé, che non sonoaccessibili agli altri. Si tratta di atteggia-menti, pensieri, desideri, motivazioni, sen-timenti, sensazioni, immagini mentali

completamente private (personali). Buss(1980) Leary (1983) avanzano l’ipotesi chel’introversione, la timidezza, l’ansia sianoin relazione con lo sviluppo della coscienzaprivata di sé. Franzoi et al. (1990) hannoanalizzato quali siano le basi motivazionalidegli individui per comprendere meglio ledifferenze nella dimensione privata dellacoscienza di sé (forte vs debole). E conclu-dono affermando che un livello elevato dicoscienza privata di sé è in rapporto con ilbisogno di una persona di conoscersimeglio. Le persone si sforzano non soltan-to di conoscersi meglio, ma anche di defi-nire meglio il loro livello di competenza. Ilrisultato di una motivazione orientata adifendere e non a conoscere se stessi è unbasso livello di coscienza privata di sé.La coscienza pubblica di sé rinvia al Séquale appare agli occhi degli altri. Oggettodell’attenzione del sé pubblico sono tuttigli aspetti legati a come siamo presenti odappariamo nella società od alla nostradescrizione fisica. Thornton, Maurice(1999), nella loro ricerca su giovani licealidimostrano che le ragazze con elevatacoscienza pubblica di sé sono più dipen-denti dalla valutazione degli altri, soprat-tutto sono notevolmente convinte dell’im-portanza dell’aspetto fisico nella vita esarebbero più esposte ad un aumento del-l’ansia sociale. Infine, Klonsky et al. (1990)si sono interessati allo sviluppo dellacoscienza di sé nei due sessi, in quantosembra che non si sviluppi allo stessomodo nei maschi e nelle femmine. In que-ste ultime, le variabili familiari avrebberoun’importanza maggiore delle variabilipersonali per quanto riguarda lo sviluppodella coscienza privata di sé.

I fattori che determinano la coscienzapubblica e privata di sé

Sembra che esistano almeno due fonti diinfluenze sulla coscienza di sé: quelle lega-te alla situazione (situazionali) e quellelegate alle disposizioni (disposizionali). Siparla sia di coscienza di sé di stato (self-awareness), sia di coscienza di sé di tratto(self-consciousness).

La coscienza (pubblica o privata) di sé di stato

I fotografi, gli spettatori, lo sguardo del-l’allenatore o dei giudici rappresentano sti-moli, legati alla situazione, che portanouna ginnasta a concentrarsi sugli elementi“pubblici” di sé stessa. Queste variabilisuscitano in essa il desiderio di presentarsiagli occhi degli altri nel suo aspettomigliore e di dimostrare la sua competen-za. Però, la conseguenza di questo accentosul sé pubblico di stato, mediato dal desi-

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derio di approvazione sociale, sarebbe lospostamento della motivazione delle gin-naste su aspetti estrinseci (Pelletier, Valle-rand 1990) e l’aumento dell’ansia socialelegata al loro fisico. Infatti, Eklund et al.(1999) ipotizzano che la presentazione disé non sarebbe la stessa tra i maschi e lefemmine. Questo punto potrebbe essereun fattore che spiega le differenze indivi-duali nel vissuto dell’esperienza competiti-va da parte delle atlete. Martin, Mack

(1996), Hausenblas, Martin (2000) consta-tano che la presentazione fisica di sé è piùimportante in sport come la ginnastica, ilpattinaggio artistico, i tuffi, il nuoto sin-cronizzato, la fitness, perché i criteri digiudizio tengono conto dell’aspetto fisico.L’aspetto fisico influisce sulla percezione disé stessi ed il modo in cui gli altri ci guar-dano. Al di là della specificità di questosport, l’adolescenza è un periodo criticoper l’immagine di Sé. Spesso, intorno aiquattordici anni le adolescenti hanno unaimmagine negativa di sé stesse.

La coscienza (pubblica o privata) di sé di tratto

Mentre alcune persone sono più orientateverso sé stesse, altre sono più orientateverso l’ambiente e si distinguono anche inquanto tendono a concentrarsi sugliaspetti pubblici o privati di sé stesse. Lepersone interiorizzano modalità di perce-

zione del contenuto del loro Sé, chemodellano quali saranno le influenze dellevariabili legate alla situazione. Così, unapersona che tende a concentrarsi sugliaspetti privati di tali variabili, possiede unacoscienza privata di sé di tratto elevatarispetto ad un altra persona che non ha lastessa tendenza. Così pure, chi possiedeuna forte tendenza a concentrarsi suglielementi pubblici di sé stesso, verrà perce-pito come un individuo che possiede una

elevata coscienza pubblica di sé di tratto. Per quanto riguarda lo stato di coscienzadi sé, ci si possono porre diverse domande.Ci si può chiedere quali siano gli effetti suuna persona di una coscienza di sé privatao pubblica elevata o non elevata. Gli studidi Scheier et Carver (1977), quello diSedikides (1992) mostrano, anzitutto, chela dimensione privata di tratto amplifica leemozioni, siano esse positive o negative.Secondariamente, la coscienza privata disé porta a conseguenze diverse dalladimensione pubblica. La coscienza pubbli-ca di sé non influirebbe sulle emozioniprovate dai soggetti. In terzo luogo, ledeterminanti legate alle situazioni e quellelegate alle disposizioni (scala dellacoscienza di sé) portano a risultati simili. Ilavori di Pyszcynski, Grenberg (1987) pon-gono l’accento sulla difficoltà che incon-trano certe persone a ridurre lo stato realedella situazione e lo stato desiderato, che liporterebbe ad uno stato elevato di

coscienza privata di sé. Questi Autorisostengono che esiste un legame traaumento della coscienza privata di Sé e ildeprezzamento delle persone. D’altrocanto, Fenigstein, Vanable (1992) indicanoche una forte coscienza pubblica di sé (ditratto) ha un ruolo nei disturbi della salutementale e sarebbe associata alla paranoia.Cash, Pruzinsky (1990) ipotizzano che unadebole coscienza pubblica di sé (di tratto)può servire a ridurre le conseguenze nega-

tive dell’importanza che un contestosociale attribuisce all’aspetto fisico. Questopunto di vista è molto interessante,soprattutto nella ginnastica ritmica, che èun’attività sportiva nella quale troviamouna valutazione ed un giudizio. Fenigsteinet al . (1975), Davis, Franzoi (1991a)sostengono che le differenze individualinella coscienza di sé di tratto hanno uneffetto notevole sulle condotte individuali.L’obiettivo che volevamo ottenere eraquello di comprendere meglio quali fosse-ro gli effetti delle differenze individualinella coscienza di sé di tratto, in giovaniginnaste praticanti ginnastica ritmica,sulle relazioni con gli altri, la prestazione el’aspetto fisico, in occasione di uno stresscompetitivo. La situazione scelta è quella delle garedelle Coppe nazionali, una tappa competi-tiva importante nel percorso delle ginnasteverso l’alto livello. Questo studio ha perscopo quello di individuare quali vantaggi

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possano ricavare le ginnaste che hanno unpunteggio elevato di coscienza privata disé di tratto. La domanda è se valutino piùprecisamente ciò che fanno, se riducanomaggiormente la pressione dell’ambientesul loro aspetto fisico, se stabiliscano unarelazione più positiva con il pubblico delleginnaste che hanno un punteggio piùscarso. Ed anche se siano meno ansiosesocialmente. L’ipotesi che viene avanzata èche la coscienza privata di sé di tratto siaun fattore determinante della prestazione.

Metodo

Popolazione

La nostra ricerca ha avuto per oggetto unapopolazione di 28 ginnaste praticanti gin-nastica ritmica partecipanti alle Coppenazionali (aprile 2001), di età da 14 a 18anni, appartenenti alle Categorie nazionalijuniores (16) e nazionali A (12).Prima della gara è stato distribuito unquestionario sull ’autostima e sullacoscienza di sé di tratto. Durante gli alle-namenti e la fase di riposo precedente il 2°concorso, è stato possibile realizzare deicolloqui semi-standardizzati. Durante cia-scuna gara (junior o nazionale), cinqueminuti prima della loro entrata in gara, alleginnaste è stato chiesto di prevedere qualesarebbe stata la valutazione della loro ese-cuzione. Alla fine di ogni rotazione, perogni ginnasta e per ogni esercizio, è statoregistrato il punteggio medio, assegnatoda quattro giudici. Le ginnaste sono state suddivise in duegruppi (sé privato +, sé privato -) a secon-da del loro punteggio nel sé privato.

Strumenti di misurazione

La stima di sé

È stato utilizzata la Rosenberg’s Self-esteem Scale (RSE, 1965) che permette dirilevare quale sia la percezione globale delproprio valore posseduta da un soggetto(stima di sé di tratto). Questo strumento

che prevede 10 item, validato da Vallières,Vallérand (1990) presenta un coefficientedi coerenza interna = 0,89 ed un coeffi-ciente di coerenza per il test-retest r =0,84. Il suo interesse particolare è dovutoalla sua associazione con fattori quali l’an-sia, la depressione ed il senso di colpa.

La scala modificata della coscienza di sé (ERCS)

Pelletier et Vallerand (1990) hanno tradot-to in francese la Revised Self-consciou-sness Scale di Scheier, Carver (1985), che èla versione modificata della Self-Consciou-sness Scale di Fenigstein et al. (1975). Que-sto test prevede tre sotto-scale (Coscienzaprivata di sé, Coscienza pubblica di sé edAnsia sociale) che sono valutate attraversoquattro punteggi: (0 non mi somigliaaffatto; 1 mi somiglia scarsamente; 2 misomiglia abbastanza; 3 mi somiglia molto).Il punteggio totale varia da 0 a 66. Quellodella sotto-scala Coscienza privata di sé (9item) oscilla da 0 a 21, quello della sotto-scala Coscienza pubblica di sé (7 item) da 0a 21, quello dell’Ansia sociale (6 item) tra 0e 18. La coerenza interna e la fedeltà test-retest sono confrontabili a quelle dellaversione statunitense (tabella 1).

La prestazione

É stata valutata attraverso due variabili:1° variabile:si è tenuto conto del punteggio ottenutodall’esecuzione di ogni esercizio da partedi ogni ginnasta, attribuito da giudicinazionali ed internazionali, sul codice dipunteggio GR 2000-2004 (media dei 2punteggi centrali). Questo codice basatosulla prestazione fisica e tecnica valorizzale qualità di rigore e di eleganza della gin-nasta.

2° variabile:la previsione da parte della ginnasta diquale sarà il punteggio attribuito alla suaesecuzione, prima dell’inizio di ogni eserci-zio, in quanto il grado di precisione della

sua valutazione rappresenta un indicatoredella conoscenza di Sé.

Colloqui semi-standardizzati

Il ricorso ad un metodo qualitativo per-mette di ottenere chiarimenti su variabiliche non vengono misurate quantitativa-mente, come l’influenza dell’aspetto fisicoe del pubblico sul concetto di sé e la pre-stazione in un contesto di pressione ago-nistica. Esso permette di comprendere larealtà attraverso il linguaggio e le parole.Durante le fasi di allenamento e di riposo,con ognuna delle ginnaste è stato realiz-zato un colloquio semi-standardizzato dicirca 15 min, condotto da due intervista-trici. La scelta che il colloquio fosse realiz-zato da intervistatori di sesso femminile èstata dettata dal fatto che numerosi studisul Sé indicano che le ragazze sono piùinclini a confidarsi con le donne, piuttostoche con gli uomini (Vallèrand, Losier 1994).Mentre una delle ricercatrici conduceva ilcolloquio, partendo da uno schema prede-finito, l’altra interveniva nel colloquio sualcuni punti accennati, ma non sviluppati,dalla ginnasta, stando attenta a focalizzarei suoi interventi verbali su fatti concreti. Lepartecipanti alla ricerca erano informateche il colloquio sarebbe stato registrato esuccessivamente trascritto verbatim, mache ne veniva preservato l’anonimato. Ilcontrollo della validità dell’analisi dellaverbalizzazione è stato realizzato ricorren-do ad una codificazione indipendente tra idiversi ricercatori. La base del confrontoanalitico tra i due gruppi sé privato + e séprivato - era rappresentata da due approc-ci, il metodo dell’accordo e il metodo delledifferenze.

3. Risultati

Caratteristiche personali

Stima di séQuesta popolazione di ginnaste hamostrato una stima di sé media (X

–= 30,4

± 4,5).

ERCS* RSCS*

Coerenza interna Stabilità temporale Coerenza interna Stabilità temporale

Coscienza privata di sé 0,73 0,82 0,75 0,76Coscienza pubblica di sé 0,82 0,86 0,84 0,74Ansia sociale 0,74 0,78 0,79 0,77

ERCS: scala adattata della coscienza di sè, versione franco-canadeseRSCS: Revised Self-consiousness Scale, versione statunitense

Tabella 1 – Coerenza interna e stabilità temporale tra le diverse sotto-scale nei due test

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Coscienza di sé

Generalmente, le 28 ginnaste esaminatesono in possesso di un grado elevato dicoscienza di sé di tratto (X

– = 40,50 > 33,

t = 8,841, p < 0,005 (Pelletier, Vallérand1990)). Ciò concorda con altre ricerche(Pelletier, Vallérand 1990; Lafrenaye 1998),che mostrano come le adolescenti otten-gano punteggi significativamente più ele-vati degli adolescenti nelle dimensionidella coscienza di sé. Nella tabella 2 ven-gono presentate le medie e le deviazionistandard ottenute nelle diverse sotto-scaledella coscienza di sé. L’analisi della varian-za (Anova) mostra che le caratteristichenella coscienza di sé di tratto tra le duepopolazioni (juniores e nazionali) statisti-camente non sono significative. La differenza d’età tra le ginnaste non èuna variabile esplicativa. Le ginnastenazionali non si differenziano dalle ginna-ste juniores, qualunque sia la sotto-scala(sé privato, sé pubblico, ansia sociale) con-siderata. Inoltre, in entrambe le popolazio-ni, i punteggi ottenuti nella scala dell’An-sia sociale appaiono minori della norma

9,6 del campione femminile statunitense efranco-canadese (Pelletier, Vallérand1990). Questa caratteristica sembra esserespecifica della popolazione di questo stu-dio. La suddivisione delle ginnaste in duegruppi (sé privato+, sé privato–), indipen-dentemente dalla loro categoria, rivela l’e-sistenza di un rapporto significativo tra séprivato e sé pubblico nel gruppo séprivato— con r = 0,65, p< 0,005 (tabella3). L’immagine pubblica e privata di questogruppo subirebbe l’effetto del confrontosociale.D’altro canto, per il gruppo sé privato+ l’a-spetto del Sé privato elevato ha un effettosulla stima di sé, F (1,142) = 7,67, p =0,004. Questo rapporto tra sé privato edautostima è stato già citato in altre ricer-che (Fenigstein 1979).

Sé privato e prestazione

In due gruppi, suddivisi secondo le lorocaratteristiche nel Sé privato di tratto(forte vs debole), hanno valutato in mododiverso la qualità della loro esecuzione.Nel valutare la sua esecuzione, il gruppo

sé privato + presenta un grado di precisio-ne più elevato del gruppo sé privato—, chepresenta aspettative maggiori e sfalsaterispetto al punteggio medio dei giudici.Queste ginnaste del gruppo se privato–ricorrono ad un processo di compensazio-ne diretto a proteggere il loro concetto disé, specialmente negli ultimi due esercizi. Ivari dati sono sintetizzati nella tabella 4.

Colloqui

L’aspetto fisico e l’impatto del pubblico sulSé sono due temi familiari a questa popo-lazione, che le ginnaste considerano ine-renti alla ginnastica ritmica. L’analisi deiverbali dei colloqui con le ventotto ginna-ste ha permesso di identificare diversevariabili legate a questi due temi. Infatti leginnaste hanno associato all’aspetto fisicole variabili pressione esterna, azioni sulcorpo, ansia, ed ideale di perfezione. Paral-lelamente, alla parola pubblico, vengonoassociati i termini gestione, emozioni,manifestazioni corporali. Inoltre, la popo-lazione da noi studiata ha approfonditoquesti termini, indicando cosa caratteriz-

Categoria Punteggio sè privato Punteggio sè pubblico Punteggio ansia sociale Punteggio totale della coscienza di sè

Nazionale 17,50±2,28 14,67±2,93 8,17±5,61 40,33±7,9Junior 16,31±3,38 15,44±4,10 7,62±3,38 40,63±8,4

Tabella 2 – Punteggio medio e deviazioni standard nella coscienza di sé delle due popolazioni di ginnaste

Categoria Punteggio sé privato Punteggio sé pubblico Punteggio ansia sociale Punteggio totale della coscienza di sé

Sé privato+ 19,23±0,83 16,29±3,29 8,86±4,87 44,43±6,51Sé privato– 14,36±0,13 13,39±3,63 6,86±3,76 37,57±7,72

Tabella 3 – Punteggio medio e deviazioni standard nelle sotto-scale della coscienza di sé dei due gruppi (sé privato +, sé privato –)

Gruppo Esercizio 1 Esercizio 2 Esercizio 3 Esercizio 4

Sé privato+ x_

= 0,9±0,29 x_

= –0,57±0,26 x_

= +0,2±0,25 x_

= +0,05±0,19Sé privato– x

_= 0,12±0,39 x

_= –0,17±0,40 x

_= +0,35±0,35* x

_= +0,33±0,41*

* differenza significativa tra le aspettative e il punteggio assegnato agli esercizi 3 e 4 per il gruppo sé privato - a p <0,005

Tabella 4 – Differenze tra le medie dei due gruppi (Sé privato +, Sé privato –) per quanto riguarda la loro percezione del punteggio ed il punteggioreale assegnato dai giudici per ogni esercizio

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zava queste variabili (cfr. la figura 1). Però le ginnaste, a seconda del loro pun-teggio nel sé privato (scarso vs elevato)non hanno attribuito lo stesso rilievo aidiversi argomenti. Il gruppo sé privato+attribuiva un valore particolare alla perce-zione delle proprie sensazioni corporee,all’autocontrollo nello sforzo quotidianoper mantenere la linea e parlava moltodella preparazione mentale nella gestionedel pubblico diretta ad ottenere un risulta-to migliore. Il gruppo sé privato— enfatiz-zava, soprattutto, il problema del regimedietetico, la loro ansia riguardo alle altre,come anche le strategie per mantenere lalinea. Inoltre sembravano più severe versosé stesse delle ginnaste del gruppo sé pri-vato+ e parlano a lungo (+ o –) delle emo-zioni provocate dal pubblico. Queste diffe-renze vengono riassunte nella tabella 5.

Discussione

I risultati di questo studio dimostrano chela coscienza privata di sé di tratto è unfattore determinante della prestazione,producendo conseguenze intra ed inter-personali. Tra le prime si può sottolineareun aumento dell’elaborazione delle infor-mazioni sul Sé ed i suoi effetti positivisulla prestazione delle ginnaste. Quindi, inaccordo con i risultati di Franzoi (1999), leginnaste con punteggi elevati di coscienzaprivata di sé sono più precise nel valutareil loro livello di competenza delle ginnastedel gruppo sé privato–. Per cui mostranouna grande precisione nell’autovalutazionedei loro esercizi, aumentando la portatadei loro standard di realizzazione attraver-so informazioni che vengono attivate nelloro Sé. Quindi, i nostri risultati conferma-

no l’analisi realizzata da Baumeister(1994). Le ginnaste del gruppo sé privato+appaiono scarsamente soggette ad unadiminuzione delle loro prestazioni inquanto sembrano essere abituate ad averecoscienza dei loro processi e dei loro statiinteriori. In queste adolescenti esiste unanotevole correlazione tra atteggiamentiverso il loro corpo e la stima di sé. Inoltre,Baumeister (1987) ha indicato che, quandola presentazione pubblica di sé in una cir-costanza particolare diventa un’attivitàabituale, i soggetti non pensano più inmodo così intenso all’impressione chedaranno di sé stessi e concentrano la loroattenzione su altri aspetti della situazione,più interni. Invece, sembra che le ginnastedel gruppo sé privato– utilizzino un pro-cesso di compensazione diretto a proteg-gere il loro Sé. Queste ginnaste, compen-

Imp

atto

del

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bb

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Aap

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fis

ico

Pressione esterna

Azioni sul corpo

Ansia

Ideale diperfezione

Gestione

Emozioni

Azionisul corpo

• Allenatori• Sport• Media

• Regime dietetico

• Controllo• Ossessione• Sensazioni• Strategie

• Valutazione da parte di altri

• Aspettative di risultati

• Autocritica severanei confronti di sé stesse

• Preparazionementale

• Livello di esperienzacompetitiva

• Paura dell'effetto di massa

• Dare tutta sé stessa al pubblico

• Non preoccuparsi

• Disturbi somatici e muscolari

• Suddiviso tra atleta, famiglia,allenatore

Gruppo Aspetto fisico Pubblico

Sé privato + Ascolto delle sensazioni del proprio corpo Preparazione mentaleAutocontrollo

Sé privato - Regime (dieta) Emozioni (+ o –) provocate dal pubblicoAnsia connessa alla valutazione altruiStrategieSeverità verso sé stesse

Tabella 5 – Interpretazione diversa dei due termini, a seconda dei gruppi (Sé privato+, Sé privato –)

Figura 1 –

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sano una percezione negativa della loroprestazione, sopravvalutandola. Durrant etal. (1990) pensano che questo processo dicompensazione permetta di ridurre l’im-portanza del settore dello sport, a tuttovantaggio di altri settori, nei quali la loroprestazione sarebbe migliore. Harter (1982) Marsh (2000) indicano che ilconcetto di Sé diventa più complesso conl’età e che tende a diventare meno positi-vo, a vantaggio di un maggiore realismo.Tuttavia, i risultati dei colloqui, che riguar-dano l’impatto dell’aspetto fisico e delpubblico sul Sé e sulla prestazione, pongo-no alcuni interrogativi. Le ginnaste delgruppo sé privato+ valorizzano l’aumentodel controllo che esercitano sull’aspettofisico e sul pubblico. Si può parlare di rea-lismo per queste ginnaste? Può essereanche che siano vittime di un punto divista egocentrico (Vallérand 1994) o che siilludano. Taylor et Brown, (1988) hannodimostrato che esistono tre tipi di illusionisu sé stessi che hanno un ruolo nell’adat-tamento psicologico: la valutazione ecces-sivamente positiva di Sé, le percezioni esa-gerate di controllo ed un ottimismo privodi realismo. Si tratta di tre tipi di percezio-ni ingannevoli che avrebbero un impatto

positivo sulla salute mentale in quantopermettono al soggetto di conservare lastima di sé e di mobilitare la motivazionedavanti ad eventi negativi. Coloro chehanno illusioni positive per quanto riguar-da la loro stima di sé, il loro controllo, illoro ottimismo, userebbero strategie attivedi coping invece che strategie di evita-mento Questo modo di procedere li porte-rebbe a cercare un sostegno sociale appro-priato. Tuttavia questo risultato fa ipotiz-zare che le ginnaste non si limitino sempli-cemente a percepire l’ambiente passiva-mente, ma che siano esse stesse a perce-pirlo attivamente o ad esercitare un’azionesu di esso. É il loro modo di esistere inquanto persone (Damasio, 1999).Per comprendere meglio questo punto divista, la nostra ricerca si è interessata delleconseguenze del Sé rispetto a due granditipi di situazioni interpersonali: la presen-tazione di sé agli altri, il contesto socialecompetitivo. La presentazione di sé assumesempre una certa importanza rispettoall’immagine che si vuole offrire agli altri.Le ginnaste del gruppo sé privato+ sonomotivate ad utilizzare l’informazione percontrollare la loro presentazione di sé alloscopo di influire su come vengono perce-

pite dagli altri ed agirebbero in funzione diciò che viene più valorizzato socialmentenell’ambiente della ginnastica ritmica.Invece, le ginnaste del gruppo sé privato–sono più preoccupate della loro presenta-zione di sé ed agirebbero in funzione deiloro interessi personali. Contrariamente ailavori sulle adolescenti di Mc Auley e Bur-man (1993), de Martin et Mack (1996)l’ansia sociale di questa popolazione non èstatisticamente significativa (elevata vsbassa). Non è collegata ad un livello (ele-vato vs basso) di coscienza pubblica di sé.Geisner et al. (1997) hanno indicato che isoggetti anoressici hanno una coscienzapubblica di sé elevata.Non sembra essere così per questa popola-zione. Però, può essere che le ginnaste delgruppo sé privato– dubitino della loro capa-cità di presentare l’ immagine che desidera-no ed hanno paura delle conseguenzenegative da parte degli altri. In effetti, lacorrelazione statistica positiva tra Sé priva-to e Sé pubblico, trovata in questo gruppo,mostra che il legame tra l’immagine pubbli-ca ed il Sé privato è tenue. Le strategie dipresentazione di Sé del gruppo sé privato–sarebbero più dirette a mantenere legamiprivilegiati con l’ambiente, in modo da capi-

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talizzare i vantaggi psicologici che permet-tono di conservare una buona autostima.Gli argomenti avanzati potrebbero servireda scuse di fronte ad un potenziale insuc-cesso. Questa ricerca sottolinea il ruolo nontrascurabile della coscienza privata di sénella determinazione della prestazionemotoria, in quanto comporta conseguenzespecifiche. Un forte sé privato permette diresistere alla pressione sociale. Però, la gin-

nastica ritmica, valorizzando nella sua valu-tazione la presentazione fisica di Sé com-porta risultati complessi ed ambigui. Percui, ricerche complementari, condotte inaltri sport “artistici”, potrebbero perfeziona-re i risultati di questo studio.

Articolo originale. Traduzione dal francese di M.Gulinelli. Titolo originale: La conscience de soiprivée, déterminant de la performance.

Gli Autori: C. Ferrand, Sandra Tétard, Centre deRecherche et d’innovation dans le sport, Labora-toire sciences sociales, Università Claude Ber-nand, Lion 1

Indirizzo dell’Autore: Claude ferrand, CRISUFRAPS Lyon 1, Università Claude Bernard Lyon1, 27-29 Boulevard du 11 novembre, 69622,Villeurbannee-mail: [email protected]

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Le zone di intensità aerobica nelle discipline cicliche di durata

Piero Incalza, Federazione italiana di atletica leggera, Roma

Significato, valutazione e allenamento nell’atleta di alto livello

I processi di erogazione di energia per via aerobica rive-stono notevole importanza in tutte le discipline sportivedi durata superiore al minuto. Diversi Autori ritengonoche già sotto i due minuti di attività massimale conti-nuativa, “l’aerobico” possa fornire sino al 50% dell’e-nergia totale necessaria. La raccolta di dati su un nume-ro significativo di corridori di qualificazione nazionaleha fornito diversi spunti di riflessione e di approfondi-mento in merito alla opportunità di individuare, all’in-terno dell’area aerobica, le zone di intensità specificheper ogni singola disciplina. Gli stimoli allenanti dei pro-cessi aerobici possono essere diretti verso tre intensitàspecifiche: a) massima (sino a 8 min); b) glucidica –soglia anaerobica – (da 20 min a 1h); c) glucidico-lipi-dica (>1h). La valutazione dei processi metabolici non

deve mai essere disgiunta dalle proprietà meccaniche ecoordinative. Queste rimangono il fondamento di ognigesto sportivo, al punto che le differenze nelle presta-zioni degli atleti di alto livello sono determinate (inlarga misura) dall’efficienza e dall’economia del gestotecnico. Ed è per tale ragione che, con gli opportuniaggiustamenti, le osservazioni di carattere fisiologico emetodologico possono riguardare, oltre alla corsa, anchele altre discipline sportive a carattere ciclico (nuoto,ciclismo, sci di fondo, marcia, ecc.). Lo studio e la valu-tazione sistematica di ogni atleta consentono di identi-ficarne le caratteristiche e le potenzialità. È così possibi-le organizzare, pianificare e personalizzare l’allenamen-to, momenti imprescindibili per un percorso agonisticoche miri alla costruzione del massimo risultato.

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1. Premessa

È ben noto che la relazione tra la massimaintensità di lavoro muscolare in funzionedel tempo, è rappresentata da una curva,la cui dinamica evidenzia una rapidadiscesa nel primissimo periodo (tra ilprimo e secondo minuto), un brusco cam-bio di direzione (flesso) tra il quinto e ildecimo minuto e la tendenza ad una stabi-lizzazione per periodi relativamente lunghi(teoricamente tendenti all’infinito). Tale comportamento è di più facile indagi-ne quando lo schema motorio indagato èciclico (ripetitivo, simile a se stesso) nelcorso dell’intera prestazione.

La figura 1 riporta le massime velocitàmedie (record mondiali) che l’uomo è riu-scito a raggiungere sinora nella corsa. La tipologia e la dinamica della curva cheogni soggetto esprime nel lavoro muscola-re consente, in modo indiretto, di indivi-duarne le qualità prevalenti (atleta concaratteristiche di potenza; atleta concaratteristiche di resistenza; atleta concaratteristiche intermedie – figure 2, 3, 4.Le ovvie osservazioni appena esposteimplicano altrettante semplici deduzioni:1.in termini percentuali la potenza mecca-

nica cala del 14% dal 15°al 40° secondoe del 30% dal 40° secondo al 2° minutoprimo;

2.dal 2° minuto alle due e più ore di atti-vità continuativa, la potenza meccanicamedia si colloca tra il 70 e il 50% del-l’attuale migliore prestazione;

3.l’analisi fatta su un singolo soggettodimostra come un atleta di alta qualifi-cazione e specializzazione può protrarreper oltre due ore il lavoro muscolare trail 70 e il 75% della sua massima potenzameccanica.

In termini grossolani, si può affermare cheil rapido decremento delle prestazioni èimputabile all’esaurimento dei substratipiù rapidi nel fornire energia per ripristi-nare le molecole di ATP. Così come, la gra-duale stabilizzazione dell’intensità dellavoro meccanico è da addebitarsi all’atti-vazione delle vie metaboliche, menopotenti, con serbatoi più capienti.È ben noto che le vie metaboliche per for-

nire energia alla cellula vivente sono,sostanzialmente, due: una anaerobica(citoplasmatica) ed una aerobica (mito-condriale). La nostra attenzione vuolefocalizzarsi sulla seconda, con l’intento diidentificare, al suo interno, possibili diver-sificazioni e ragionare su una serie di datiacquisiti.

2. Il motore e l’energia

L’approccio scientifico nello studio dellecapacità motorie umane ha avuto, da sem-pre, due filoni di indagine: uno miratoall’analisi del sistema neuromuscolarenella sua accezione elettro-meccanica;l’altro in direzione bioenergetica e meta-bolica.Gli studi sperimentali tendono, quasi sem-pre, a parcellizzare ed isolare i vari feno-

meni per controllarne con più facilità l’e-voluzione. Le discipline sportive di medio-lunga durata si prestavano agli studi suiprocessi energetici (metabolismi) e sugliadattamenti delle grandi funzioni organi-che (respiratorie, cardiovascolari). Le spe-cialità di breve durata consentivano dimettere in rilievo, soprattutto, gli elementidi macro e di micro meccanica muscolare. I teorici dell’allenamento e, di conseguen-za, gli allenatori, hanno risentito di taleimpostazione, enfatizzando ora l’uno oral’altro aspetto, come se fossero entitàseparate e non, al contrario, perfettamenteintegrate e organizzate verso una funzionecomune. Allorquando, poi, si è tentato di

operare un’associazione, si sono commes-se, a mio parere, ulteriori inesattezze. Miriferisco, ad esempio, al concetto di resi-stenza alla forza.In letteratura sono diversi i tentativi perdefinirne il significato. La resistenza allaforza non rappresenta un mezzo di allena-mento, ma “una delle tante espressionidella forza” e, come tale, da allenare con leopportune metodologie. Una locuzione sottintende una definizione,una definizione sintetizza una più ampiabase concettuale. In questo caso i terminiresistenza e forza assumono, ognuno, unriferimento assolutamente generico. Acco-munati amplificano l’indeterminazione el’impossibilità a circoscriverne in un campodefinito il significato preciso. Quando siparla di resistenza il pensiero si lega aiprocessi di rifornimento di energia e ai vari

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Figura 4 – Atleta maratoneta

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Figura 2 – Atleta velocista

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Figura 3 – Atleta mezzofondista

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Figura 1 – Massime velocità di corsa dell’uomo in funzione del tempo

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“serbatoi” da cui attinge l’apparato loco-motore. Il termine forza lo si associa, inve-ce, alla proprietà neuro-muscolare diesprimere tensione attraverso un sistema abase elettromeccanica. Le proprietà delmotore sono una cosa, la quantità e i tipidi carburante disponibili sono un’altra. Pertale motivo si potranno avere tanti tipi di“resistenza alla forza” quante sono leespressioni di forza per quanti sono i mec-canismi energetici di risintesi dell’ATP.Ritengo che sia corretto, funzionale e pra-tico descrivere e classificare tutti i movi-menti umani e le esercitazioni a questicorrelati, in base alle implicazioni di ordinemeccanico e, ad esse, associare i sistemienergetici attivati dall’intensità e dalladurata del lavoro.

3. Il controllo e la valutazione

L’incremento delle prestazioni in camposportivo è da addebitarsi, sostanzialmente,allo sviluppo di metodologie atte a valuta-re in modo sempre più preciso il potenzialemotorio degli atleti.Questo ha permesso di individuare, conminore margine di errore, le giuste inten-sità e quantità del carico di lavoro per ognisingolo atleta in ogni periodo della prepa-razione, in modo da seguirne continua-mente la risposta adattativa, ottimizzan-done il rendimento. La valutazione è legata alla misurazione,alla osservazione, al controllo, allo studiodei dati nel tempo. Operazioni che, in largamisura, ogni allenatore compie quotidia-namente. Attualmente, è possibile indagare e corre-lare, in forma sistematica, il lavoro svoltodall’atleta con parametri fisiologici e fun-zionali monitorando, ad esempio, lattato,frequenza cardiaca e consumo d’ossigeno(per citare i più noti). Allo stesso modosarà opportuno utilizzare strumenti per“vedere” quello che l’occhio non è in gradodi percepire nell’analisi biomeccanica delgesto (video e fotocamere, ergometri, ecc.)Negli anni ‘70, la scuola finlandese intro-dusse il concetto di steady state per iden-tificare l’intensità del lavoro aerobico. Fu ilprimo tentativo di indagare verso unaforma di lavoro continuativo, proposto allamassima intensità, entro la quale persiste-va una “condizione di equilibrio” dei siste-mi metabolici e omeostatici. Il quesito, oggetto di questo lavoro, inducea chiederci: - nel rifornimento di energia per via aero-

bica, il sistema si comporta sempre allostesso modo oppure esistono variazionial suo interno?

- Se si, quali le possibili interpretazioniteoriche e le eventuali ricadute in ambitotecnico-metodologico?

4. Glicolisi, lipolisi, VO2, quoziente respiratorio, costo energetico

La definizione dei termini appena indicati èrimandata alla letteratura. In tale sede mipiace solo ricordare che, in situazioni fisio-logiche, la concentrazione di ATP nondiminuisce in modo apprezzabile durante illavoro muscolare. Ciò comporta che lapotenza metabolica di risintesi è equiva-lente alla velocità di scissione dell’ATP.Quando la richiesta di energia meccanica èmolto intensa, la quantità di ATP riprodot-ta nell’unità di tempo dai processi meta-bolici (CP, La, O2) non è sufficiente, la suaconcentrazione inizia a diminuire sinoall’esaurimento della contrazione musco-lare. Tra la potenza meccanica esterna edil consumo di ossigeno (VO2) esiste unarelazione lineare sino al raggiungimentodel V

.O2max. L’ulteriore aumento della

potenza meccanica è da addebitare all’in-tervento dei meccanismi anaerobici. Se inprossimità del V

.O2max, i muscoli traggono

energia dal solo glucosio (QR=1,00), nelleattività fisiche di minore intensità possonointervenire, a diverse percentuali, anche gliacidi grassi liberi (QR=0,71). Tale valore èrelativo alla calorimetria del solo substra-to. In vivo, l’energia proveniente dallacombustione dei grassi è sempre miscelatacon quella degli zuccheri. Per tale ragioneil QR raramente scende al di sotto di 0,80.Gli acidi grassi liberi derivano dagli adipo-citi, collocati nel sottocutaneo, o dai trigli-ceridi contenuti nelle fibre muscolari. Nelle discipline di durata, nelle quali lescorte di glicogeno possedute dall’atletanon sono sufficienti a garantire il fabbiso-gno di energia, riveste particolare impor-tanza la possibilità di aumentare il consu-mo di grassi per minuto (potenza-aerobi-co-lipidica), con relativo risparmio di gli-cogeno, fondamentale per mantenere“acceso” il motore aerobico.Ai fini sportivi, le proprietà funzionali emetaboliche devono essere sempre com-parate con la capacità di esprimere poten-za meccanica esterna nella gestualità tipi-ca di gara. Ad alto livello, nelle disciplinecicliche di durata, la variabile che differen-zia il livello di prestazione degli atleti, èrappresentata dal rendimento meccanicospecifico. L’allenamento deve, quindi, ten-dere ad eliminare, il più possibile, le inter-ferenze e le dispersioni di forza (e di ener-gia) nonché a utilizzare al meglio le pro-prietà e i sistemi più economici. In talsenso, la valutazione del costo energetico(ml O2/m/kg) in rapporto alla potenza mec-canica ci fornisce valide indicazioni sullaquantità di O2 necessario a muovere ilsistema nello spazio. A parità di potenza meccanica, un costo

energetico maggiore è anche indice dimaggior consumo di energia? Non sempre. L’utilizzazione dei grassi,rispetto agli zuccheri, implica un maggiorconsumo di O2. Questo non vuol dire esse-re antieconomico. Anzi. È un ulterioreesempio per sostenere che un fenomeno,per essere spiegato, deve essere osservatoin modo organico e non parcellizzato.Anche l’indagine sulla produzione di latta-to ematico fornisce validi riscontri nelladescrizione funzionale dell’atleta. La dina-mica della sua rappresentazione grafica èspeculare rispetto alla relazione tra poten-za meccanica e VO2. È facile osservare che,allorché il rifornimento di energia è a(quasi) totale carico dei sistemi aerobici, illattato rimane ancorato a livelli basali(1,8/2,2 mmol/l) . È la situazione giàdescritta dello stato stazionario. In realtà,la condizione di equilibrio è un concettopuramente teorico, difficilmente riscontra-bile in situazioni sperimentali. Anche nelcorso di un lavoro ad intensità costante ditipo aerobico, infatti, i parametri fisiologicivariano e si adattano in modo dinamicoalle mutate condizioni organiche. Il gra-duale consumo di glicogeno, ad esempio,“costringe” il muscolo ad utilizzare unamaggior quantità di acidi grassi. Ciò com-porta la variazione (diminuzione) del quo-ziente respiratorio e, alla stessa intensitàdi lavoro esterno, l’aumento del consumodi O2.

5. La frequenza cardiaca

Il cuore, in condizioni fisiologiche, rappre-senta il più attento rilevatore delle varia-zioni funzionali ed organiche. La praticitàdegli attuali cardiofrequenzimetri, la pos-sibilità di interfacciare i dati in temporeale, rendono il monitoraggio della fre-quenza cardiaca (comparato all’intensitàdel lavoro meccanico) come uno dei prin-cipali strumenti di valutazione e controllodell’allenamento. In sede sperimentale, per sostenere chedue o più variabili sono attinenti tra loro,si fa riferimento all’indice di correlazione(R). Un valore di 0,60/0,70 è ritenuto suffi-ciente. L’indice di correlazione tra la varia-zione di FC e l’intensità di lavoro meccani-co di origine aerobica è stabilmente tra0,96 e 0,98 con punte di 0,99.Basterebbe questo semplice dato, verifica-bile con qualsiasi individuo (anche nonsportivo), per ritenere di grande utilità laraccolta sistematica dei dati della FC, spe-cie nelle discipline cicliche di durata. Neiprimi anni dell’attività sportiva (giovani),gli adattamenti cardio-circolatori provoca-no la diminuzione della FC basale, l’au-mento di quella massima e, soprattutto,l’incremento della potenza meccanica a

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parità di regime pulsatorio. Se tutto ciò èspiegabile con le modificazioni strutturalie funzionali (centrali e periferiche) in etàevolutiva e per intervalli di tempo relativa-mente lunghi, non lo è altrettanto perspiegare il mutato rapporto tra FC e lavoromuscolare in tempi brevi (qualche settima-na), soprattutto se l’atleta ha già stabiliz-zato la sua morfologia. È evidente che lespiegazioni non sono più da ricercarsi nel-l’apparato cardio-circolatorio. Minore fre-quenza cardiaca = minore apporto di ossi-geno = minore richiesta di energia =migliore rendimento meccanico. A questoriguardo sarà bene che la valutazione e ilcontrollo siano fatti sempre nel rispettodel gesto tecnico di gara. In tal modo ivalori ottenuti saranno attinenti e compa-rabili con la disciplina praticata.

6. La massima velocità aerobica

I test di valutazione funzionale si prefig-gono di individuare il potenziale motoriodell’atleta.L’allenamento ha l’obiettivo di utilizzarlonel modo più efficace nel momento dellacompetizione. Uno degli aspetti nodalidegli sport ciclici è rappresentato daltempo entro cui un lavoro può essere svol-to ad intensità costante. Indagare in que-

sto campo non è assolutamente semplice.In condizioni di V

.O2max l’esercizio può

essere mantenuto, da atleti specialisti delmezzofondo, tra 7 e 8 min.La velocità aerobica massima rappresental’intensità di lavoro meccanico in cui sisollecita al massimo il sistema aerobico,pur in presenza di quantità apprezzabili dilattato. È possibile individuarla con il test acarichi crescenti (Conconi) con monitorag-gio della frequenza cardiaca, attraversol’intersezione del prolungamento dellaretta di regressione con la parallela all’assedelle ascisse passante per il punto di mas-sima frequenza cardiaca (figura 5). Variatra i 5 e gli 8 mm/mol. di lattato.I dati acquisiti con il gruppo di mezzofon-disti e fondisti della Nazionale italiana diatletica leggera, ci induce a sostenere cheesiste un’ottima correlazione tra la presta-zione sulla distanza dei 3 000 metri ed ilvalore della massima velocità aerobicaottenuta con il test appena sopra descritto(figura 6). È ovvio che la distanza dei 3000metri è indicativa della massima velocitàaerobica solo quando la velocità mediadell’atleta supera i 20 km/h. Difatti, se silascia immutato il tempo di impegno, avelocità progressivamente minore si è ingrado di percorrere uno spazio, proporzio-nalmente, inferiore.

7. L’intensità di massimo equilibrio aerobico glucidico

I sistemi di erogazione energetica nonfunzionano a compartimenti stagni. Sonosempre attivati ed il muscolo, in base alleesigenze del momento con modalità selet-tive, attinge dalle risorse esistenti. Si è appena osservato che l’atleta, in con-dizione di lavoro prossimo al V

.O2max, è in

grado di proseguire l’esercizio per circa 7min (Pèronnet). Non perché abbia esauritole scorte di energia. Attivare al massimo ilmotore aerobico è possibile a condizionedi mobilizzare una parte di energia dalsistema anaerobico. Il progressivo accu-mulo di idrogenioni (ioni H+) porta all’ini-bizione della contrazione muscolare, tantoda rendere impossibile il mantenimentodel medesimo livello di potenza meccani-ca. L’intensità di lavoro aerobico che per-mette di utilizzare al meglio i serbatoi diglicogeno è da ricercarsi, quindi, in unafrazione del V

.O2max, in modo che la con-

centrazione di lattato non sia tanto eleva-ta da impedire la contrazione muscolare.In letteratura, la soglia anaerobica vienedefinita come l’intensità del lavoro mecca-nico entro la quale non si accumulanoconcentrazioni importanti di lattato.Mader, per identificarla, arriva ad indicareun numero preciso (4 mmol/l). È appena il caso di sottolineare che tutti itentativi atti ad individuare con esattezzail punto di soglia non hanno prodottoriscontri certi per il semplice fatto che èdifficile cercare ciò che non esiste. Siprova, in sostanza, a tradurre in un nume-ro preciso (anche con decimali) un feno-meno di transizione dinamica. Renderebbepiù aderente al vero l’idea di “area” (siapure ristretta) entro la quale il meccani-smo aerobico è sorretto dal glicogeno(QR=1,00) ed il sistema mitocondriale rie-sce a mantenere stabile (entro limiti sop-portabili) la concentrazione di lattato. Inlinea teorica, l’atleta estremamente adat-tato dovrebbe essere in grado di mantene-re tale livello di intensità sino all’esauri-mento delle scorte glucidiche. Nella realtà,i sistemi di difesa delle grandi funzioniorganiche non consentono mai di esauriretotalmente le risorse disponibili. L’adatta-mento (allenamento) si aggiunge alle fortimotivazioni personali per affinare, nell’a-tleta, la capacità di reclutare una percen-tuale sempre maggiore del potenzialemotorio posseduto. Per tale ragione, iltempo nel quale gli atleti sono in grado dimantenere questa intensità di lavoro, puòvariare tra <20 min e >1h. Anche per que-sto tipo di indagine i riscontri di campofanno preferire l’utilizzo del test a carichicrescenti e monitoraggio della frequenzacardiaca (Conconi – figura 7).

200

166

133

10010.00 20.00 30.00

Velocità 1 (km/h)

FC

Persona

EsercizioNota

M.M.

2000/08/21 11.38.38Dimaro – Vel.Aer.Max = 22.41 Km/h – 2'40'' al km.

Data

Ora

21/08/2000

11.38.38.0

Estimatore: 0.983 Punto chiave: 183 Velocità: 22.41

Copyright by Polar Electro Oy

Figura 5 –

23,5

23,0

22,5

22,0

21,5

21,0

20,5

20,020,0 20,5 21,0 21,5 22,0 22,5 23,0 23,5

Gar

a 30

00 m

(km

/h)

Test Vel.Aer.Max (km/h)

R2 = 0,8958

Figura 6 – Velocità aerobica massima e corsa su 3 000 m

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8. L’intensità di lavoro aerobicoglucidico-lipidico

Nel paragrafo 4, ho avuto modo di soffer-marmi su alcuni aspetti per spiegare comegli acidi grassi intervengano nel lavoromuscolare. Nelle discipline sportive in cuisi richiede uno sforzo continuo superioread un’ora, è di primaria importanza abi-tuare il muscolo ad utilizzare (nel modopiù rapido possibile) una quota di energiaproveniente dai lipidi. La raccolta di dati relativi alle proprietàmotorie di vari maratoneti di livello asso-luto (per alcuni i dati disponibili risalgonoagli esordi della pratica sportiva), si pre-stano a particolari osservazioni:1. i test di reattività neuro-muscolari(Bosco) presentano tempi di contattomolto bassi, dell’ordine di 120-140 mms;2. i valori dello SJ, del CMJ, dei 15 s conti-nui, sono altrettanto bassi (come è facileintuire), con un gradiente di forza relativasufficiente ad una elevazione verticale di28-33 centimetri;3. il livello di lattato (per alcuni) si stabiliz-za, in pieno regime aerobico, ad un livellosuperiore rispetto a quello basale (3,0-3,5mmol/l);4. il picco di lattato ematico nell’eserciziostrenuo alla massima potenza, è compresotra 6 e 9 mmol/l.Da un campione ristretto di dati non ècorretto trarre valutazioni definitive. Allostesso modo sono convinto che gli stessisiano almeno sufficienti a formulare qual-che ipotesi:1. i tempi di contatto molto bassi nei saltiverticali successivi, dimostrano che anche icorridori di lunghe distanze sono in pos-sesso di qualità neuro-muscolari tipichedelle fibre veloci e che, di solito, vengonoconsiderate esclusive di saltatori e veloci-sti;2. al di là delle caratteristiche reattive, tuttigli altri indici di forza muscolare sono etendono a rimanere molto bassi, anche sesollecitati con allenamenti mirati. Segno di

una netta dominanza delle fibre ossidative(e non poteva essere altrimenti);3. i maratoneti che presentano indici dilattato relativamente elevati in stato diequilibrio aerobico è verosimile che sianoin grado di sfruttare una quota di energiaanaerobica nella contrazione muscolare,per poi rimetabolizzare il tutto attraversol’imponente centrale aerobica mitocon-driale. Si arriverebbe, così, ad utilizzarecontemporaneamente il sistema di eroga-zione energetica più potente (anaerobico)con quello in assoluto più economico(aerobico mix glico-lipidico). È noto, poi,che le proprietà reattive favoriscono il riu-tilizzo di energia elastica, contribuendo adinnalzare ulteriormente il rendimentomeccanico della corsa. Le risorse umane sono ancora, in granparte, inesplorate. Le modalità con le quali

un atleta riesce a realizzare una prestazio-ne sono, anch’esse, di difficile identifica-zione. I pensieri sopra espressi voglionosignificare che:- ogni atleta rappresenta un “unicum”,

non ripetibile o “clonabile”; - talvolta, si raccolgono elementi apparen-

temente contrastanti tra di loro e diversidalla logica corrente;

- la teoria e la metodologia dell’allena-mento è ben lungi dall’essere definita.

Ritornando, specificamente, a trattare del-l’intensità di lavoro aerobico a miscelaglico-lipidica, si può affermare che, inquesto caso, l’analisi della frequenza car-diaca (rapportata al lavoro muscolare) nonconsente di raccogliere elementi utili alloscopo. L’indagine sulla concentrazione di lattatoematico e sul consumo d’ossigeno dell’a-tleta a diverse intensità, costituisce unvalido protocollo per individuare la zona dilavoro nella quale, fondamentalmente, ilQR è frazione di 1,00 ed il lattato rimane alivelli basali.La figura 8 mostra i valori del costo ener-getico (CE) registrati in due maratonetidella nazionale italiana. Il costo energeticodell’atleta C.D. è decisamente inferiore aquello dell’atleta A.O. Se la velocità dicorsa viene comparata con il quozienterespiratorio (figura 9), i valori si invertono:l’atleta A.O. ha valori più bassi di C.D. Nella pratica di campo, l’atleta con il quo-ziente respiratorio più basso è riuscito aconseguire un risultato migliore nella garadi maratona.

200

166

133

10010.00 20.00 30.00

Velocità 1 (km/h)

FC

Persona

EsercizioNota

M.M.

2000/08/21 11.38.38Dimaro – Vel.Aer.Max = 22.41 Km/h – 2'40'' al km.

Data

Ora

21/08/2000

11.38.38.0

Estimatore: 0.983 Punto chiave: 183 Velocità: 22.41

Copyright by Polar Electro Oy

Figura 7 –

0,26

0,25

0,24

0,23

0,22

0,21

0,20

0,1918,0 18,2 18,4 18,6 18,8 19,0 19,2

C.D.

A.O.

CE

- (m

l/ml/k

g)

km/h

Figura 8 – Velocità aerobica massima e corsa su 3 000 m

18,0 18,2 18,4 18,6 18,8 19,0 19,2

C.D.A.O.

km/h

1,01

0,99

0,97

0,95

0,93

0,91

0,89

0,87

QR

Figura 9 –

impaginato Incalza 57-62 22-03-2002 6:35 Pagina 61

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9. Conclusioni

Con tutte le eccezioni che il caso compor-ta, l’intensità del lavoro meccanico identi-fica la tipologia del mezzo di allenamento.La dettagliata valutazione del potenzialemotorio dell’atleta permette di identificarele zone entro le quali il sistema reagisce inun determinato modo. Le fasce di lavoro in

regime aerobico, da stimolare con oppor-tuni sistemi di training, sono sostanzial-mente tre (figura 10):A – Soglia aerobica – LA 1,9/3,0 – QR0,80/0,95 – Durata: >1 h B – Soglia anaerobica – LA 3,5/5,0 – QR1,00 – Durata: 30 min > 1 hC – Velocità Aerobica Massima – LA5,0/10,0 – QR >1,00 - Durata: 6>8 min

Il processo di allenamento deve tendere aspostare verso destra (maggiore potenzameccanica) i valori dei grafici, nella consi-derazione che i meccanismi energetici nonsono disgiunti dalle proprietà meccanichee neuro-muscolari. A minime variazioni diintensità, possono corrispondere enormidifferenze nei tempi di attivazione e nellatipologia dello stimolo allenante. Affinarela sensibilità dell’atleta alla percezionedelle diverse velocità, produce notevolieffetti sul controllo motorio e sul rendi-mento meccanico del gesto specifico.

Si ringraziano: il dott. Pierluigi Fiorella, medicocollaboratore della Nazionale italiana di atleticaleggera – per le indagini sui valori di lattatoematico; il dott. Marco Deangelis, collaboratoredell’Istituto di Scienza dello Sport di Roma – perle valutazioni del VO2 con l’utilizzo del sistematelemetrico K4.Indirizzo dell’Autore, P. Incalza, c/o Federazioneitaliana di Atletica Leggera, via Flaminia Nuova830, 00191 Roma

A

B

C

w

F.C.L.A.

A – soglia aerobicaB – soglia anaerobicaC – vel.aer.max

Figura 10 –

1. Åstrand O., Rodahl K., Fisiologia, Milano, Ed. Ermes, 1984. 2. Åstrand P.O., Rodahl K., Textbook of work physiology, New York,McGraw Hill, 1986. 3. Baldissera F., Fisiologia e biofisica medica, Poletto Ed., 1996.4. Billeter R., Hoppler H., Le basi della contrazione muscolare, Sds -Scuola dello sport, XV, 1996, 34, 2-14.5. Bosco C., Viru A., Biologia dell'allenamento, Roma, Società StampaSportiva, 1996. 6. Carbone V., Savaglio S., Leggi di scala e possibilità di previsione neirecord del mondo dell'atletica leggera, Sds - Scuola dello sport, XIX,2000,47-48, 91-96.7. Casaburi R., Storer T.W., Ben-Dov I., Wasserman K., Effect of endu-rance training on possible determinants of VO2 during heavy exercise,J. Appl. Physiol., 62, 1987, 199-207. 8. Cavagna P., Muscolo e locomozione, 1989.9. Cerretelli P., di Prampero P.E., Sport ambiente e limite umano, Mila-no, Ediz. Scientif. Tecn.Mondadori, 1989.10. Cerretelli P., Manuale di fisiologia dello sport e del lavoro muscola-re, Società Edit. Universo, Roma 1989. 11. di Prampero P.E., La locomozione umana su terra, in acqua, in aria,Milano, Ed..Ermes, 1985. 12. di Prampero P.E., Metabolic and circulatory limitations to V

.O2max

at the whole animal level, J. Exp. Biol., 1985, 115- 31913. Franz B., Reiß M., L’allenamento negli sport di resistenza, Sds-Scuoladello sport, XI, 1992, 26, 50-57 (I parte); XI, 1992, 27, 22-26 (II parte).14. Gaesser G. A., Poole D. C., Lactate and ventilatory thresholds: dispa-rity in time course of adaptations to training, J. Appl. Physiol., 57,1988, 474-481. 15. Gaesser G. A., Poole D. C., The slow component of oxygen uptakekinetics in humans, Exerc. Sport Sci. Rev., 24; 1996, 35-70.16. Hartmann U., La soglia anaerobica: questa "desapararecida", Sds -Scuola dello Sport, XVII, 1998, 43, 22-29.17. Hollmann W., Mader A., I limiti della capacità di prestazione dell'or-ganismo umano dal punto di vista fisiologico, XIX, 2000, 47-48, 2-10.18. Howald H., Hoppeler H., Classen H., Mathieu O., Straub R., Influen-ces of endurance training on the ultrastructural composition of thedifferent muscle fiber types in humans, Pfluegers Arch., 1985; 403,369-376. 19. Incalza P., Aspetti metodologici del test Conconi nella corsa, NuovaAtletica del Friuli, 1991, 107-108.

20. Incalza P., L’organizzazione dell’allenamento del mezzofondo velocee prolungato, Atleticastudi, 2001, 2.21. Martin D., Fatica e controllo dell’allenamento, SdS – Scuola dellosport, 8, 15, 1989, 14-21.22. Meinel K., Bewegungslehre, ed. Volk und Wissen Volkseigener Ver-lag, Berlino, 1977 (traduzione italiana a cura di M. Gulinelli, Teoria delmovimento, Roma, Società Stampa Sportiva, 1984).23. Neumann G., Il controllo dell'allenamento nelle corse dell'atleticaleggera, Sds - Scuola dello sport, XVI, 1997, 40, 44-50.24. Neumann G., L’adattamento nell'allenamento della resistenza, Sds -Scuola dello sport, 13, 1994, 30, 59-64.25. Neumann G., La struttura della prestazione negli sport di resistenza,Sds-Scuola dello sport, IX, 1990, 20, 66-72.26. Platonov V., Allenamento sportivo: teoria e metodologia, Perugia,Ed.Calzetti-Mariucci, 1996.27. Poole D. C., Barstow T. J., Gaesser G. A., Willis W. T., Whipp B. J., VO2slow component: physiological and functional significance, Med. Sci.Sports Exerc., 26, 1994, 1354-1358. 28. Poole D.C., Schaffartzik W., Knight D.R., et al., Contribution of eser-cising legs to the slow component of oxygen uptake kinetics inhumans, J. Appl. Physiol., 71, 1991, 1245-1253. 29. Saibene F., Rossi B, Cortili G., Fisiologia e psicologia degli sport,Firenze, Ed. Bibl Est Mondadori, Firenze, 1986. 30. Satori J., Tschiene P., L’evoluzione della teoria dell’allenamento,Sds-Scuola dello sport, VI, 1987, 9, 36-39.31. Scheuman H., Sport di resistenza e pianificazione dell'allenamento,Sds-Scuola dello sport, IX, 1990, 19, 31-38.32. Verchosanskij Y., Un nuovo sistema d’allenamento negli sport ciclici,Sds-Scuola dello sport, XI, 1992, 27, 33-45. 33. Verchoshanskij Y., Gli orizzonti di una teoria e metodologia scienti-fiche dell'allenamento sportivo, 17, 1998, 43, 12-21.34. Viru A., Aspetti attuali della teoria dell’allenamento, Sds-Scuoladello sport, XI, 1992, 27, 2-14.35. Viru A., Il meccanismo dell’adattamento e dell'allenamento, 13,1994, 30, 11-1436. Willis W. T. R., Jackman M. R., Mitochondrial function during heavyexercise, Med. Sci. Sports Exerc. 1994; 26: 1347-1354. 37. Womack C. J., Davis S. E., Blumer J. L., Barrett E., Weltman A. LGaesser G. A., Slow component of O2 uptake during heavy exercise:adaptation to endurance training, J. Appl. Physiol., 79, 1995, 838-845.

Bibliografia

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The current status of the theory of trainingPeter Tschiene

After some considerations on the currentstatus of the theoretical basis of top leveltraining, and a review of the main works,past and present, dealing with this topic,there follow some of the reasons why it isdifficult to form a coherent, organic theoryon sports training. Some points are then considered which areof fundamental importance in the currentdiscussion on the theoretical and practicalbasics of training in top level sports: therole of competitions, the problems current-ly facing athletes due to increasing com-petitive levels, preparation just beforematches and above all adaptation as abasic principle of training.

Genetic limits on athletic performancesL. Sergijenko

In connection with the question as to pos-sible limits of athletic performances thefollowing problems are dealt with: is thedevelopment of athletic abilities caused bygenetic factors? Do genetic factors influ-ence the adaptation mechanisms? Cantraining tools be used to expand the limitsof individual performance which aregenetically determined?

Performance-diagnostic criteria A. Hohmann

From the point of view of training science,the diagnostic criteria of talent for sportsare the observable performance, the speedof performance development, the utiliza-tion of the performance prerequisites, aswell as the athlete's load tolerance.Therefore the current practice of selectinghighly talented young athletes only on thebasis of juvenile competition results orcertain performance rates is in urgentneed of amplification.

Menstrual cycle and performance capacity of women athletesL. Shaklina

The system approach has been used tostudy medical and biological properties ofthe organism of sportswomen, the effectexerted on the organism by the cyclicchanges in the neuro-hormonal regulationof physiological systems, and the function-al respiration system in particular.

Biomechanics of jumping in volleyballand beach-volleyG. N. Bisciotti, A. Ruby, C. Jaquemod

The aim of this study is to identify any bio-mechanical differences between the under-taking of the type of jumps typical of con-ventional surfaces and sand, which mightsuggest changes in models for the theoryand interpretation of the specific sport ofbeach volley. Six international standardvolleyball players showing familiarity withthe practice and specific movement ofbeach volley took part in the trial. Theirweight, height and age were respectively:(average ± standard deviation), 87.5±7.1kg, 192±2 cm, 20±3 years. The results didnot show substantial differences betweenthe two types of jumping, except for theaverage power, which was less (-39,55%,p<0,05) in jumping from a fixed positionpreceded by a counter-movement on thesand, with respect to the same movementundertaken on a conventional surface. Thelower height of the centre of gravity (-36,01%, p<0,05) obtainable when jumpingon the sand compared to a hard surfacesuggests that the sand acts as an energydissipator, thus showing the importance ofusing very specific muscular conditioningtechniques, according to the differentplaying conditions required.

Endurance to force or enduring force?G. Cometti

The need to revise the concept ofendurance to force, replacing it with thatof enduring force, is not only a problem ofterminology, but a matter of planning atype of training enabling athletes toexpress force for a long time withoutignoring nervous factors typical of theexpression of force. Some examples aregiven as to how this can be achieved, withtraining tools and methods.

Altitude training for the combat sportsG. Lehmann, H. D. Heinisch

It is very probable that in the combatsports altitude training has a special influ-ence on the development of physical per-formance. Against this background experi-ments were conducted with high-levelsjudokas in training camps of three weeksduration each in order to find out whetheraltitude training is effective for an increasein the anaerobic-lactacid performance ofcombat athletes; in which periods altitudetraining should be used; and how altitudetraining should be organised.su

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Private self-awareness, a key element in performanceC. Ferrand, S. Tzdard

The purpose of this work is to understandhow, during a national level competition,the differences in self-consciousness ofyoung athletes practicing rhythmic gym-nastics (n = 28) affect relations with oth-ers, performance and physical appearance.It is hypothesised that self-consciousnessis a factor determining performance.Women gymnasts with a high rate of pri-vate self-awareness resist social pressuresbetter than those with a lower rate. Theresults confirm this hypothesis on the per-formance level. However, although in thispopulation a correlation has not beenfound between social anxiety and publicself-awareness, the results show that theway of presenting themselves is differentin the female gymnasts, while they aresensitive persons in general. Rhythmic

gymnastics involve complex and ambigu-ous results in the relationship between theEgo and physical appearance.

Aerobic intensity zones in disciplineswith cyclical durationPiero Incalza

The processes of aerobic type energy sup-ply are of considerable importance in allsporting disciplines lasting over a minute.Various authors believe that in less thantwo minutes of maximum continuous out-put, the aerobic process provides up to50% of the total energy necessary. Thecollection of data on a significant numberof runners at the national qualificationlevel has provided various indicationsrequiring reflection and study as towhether we should identify within theaerobic area the specific zones of intensityfor each discipline. The training stimuli of

aerobic processes can be targeted towardsthree specific intensity rates: a) maximum(up to 8 min); glucide – the anaerobicthreshold - (from 2 min. to 1 h); c) glu-cide-lipid (> 1 h). The assessment of themetabolic processes should never be sepa-rated from the mechanical and co-ordi-nating properties. These remain the basisfor any sports activity, and the perfor-mance differences among top level ath-letes depend on the efficiency and econo-my of their technique. Therefore, withsuitable adaptations, physiological andmethodological observations may involvenot only running but also other cyclicalsports (swimming, cycling, cross-countryskiing, walking etc.). The study and sys-tematic assessment of each athlete willenable us to identify the characteristicsand potentials. It is therefore possible toorganise, plan and customise training, asessential phases in a process aimed at giv-ing the maximum results in sports.

ABSTRACT ultimo II 63-64 22-03-2002 6:35 Pagina 64