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in chiostro anno settimo numero 3 aprile 2007 Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli Spedizione in A.P. - 45% art. 2 - comma 20/b - legge 66/92 - Filiale di Napoli L’idea di realizzare un numero monografico di “Inchiostro” attorno al titolo che trovate qui accanto (“Non è solo Gomorra”), è un’idea che potrebbe prestarsi ad interpretazioni ambigue e pre- testuose. Una premessa pertanto si rende necessaria, per sgombra- re subito il campo da ogni equivo- co: chi scrive vive a Napoli da 60 anni e può testimoniare che a sua memoria mai la città aveva rag- giunto i limiti di degrado e di abbandono che oggi la contraddi- stinguono. Responsabilità antiche e recenti di governi centrali e locali hanno ridotto questa città esattamente nello stato in cui emerge con crudo realismo dalle pagine-inchiesta di Roberto Saviano e (perchè no?) dal cupo affresco, superficiale sì, ma sostanzialmente veritiero, di Giorgio Bocca. Il disordine civile, il caos morale, la diffusione capil- lare dell’illegalità divenuta cultu- ra di massa, le contingenti emer- genze nazionali qui diventate endemiche sono elementi pre- gnanti del malinconico crepuscolo di un Rinascimento napoletano che non era un vuoto slogan, ma un movimento reale che aveva scandito la vita pubblica negli anni finali del secolo scorso. È evidente che la consapevolezza di questa débacle rende ancor più amari rimpianto e rabbia nel dover ammettere la sconfitta di una città che trasuda storia, arte, ingegno, tradizione. Una città dal passato formidabile, meta di Greci che la fondarono otto secoli prima di Cristo, riferimento per i Romani che la ritenevano il luogo ideale per il loro tempo libero. Una città che per un millennio fu splendida capitale, prima di un ducato e poi a tal ruolo eletta da tutti i suoi “invasori” che pur astringendola con il cappio della dominazione, la abbellirono fino a farla diventare la città più ammirata d’Europa, meta irri- nunciabile dei “gran tour” di visi- tatori, poeti, intellettuali e artisti. Oggi le strade antiche, i cardi e i decumani delle origini, il cuore pulsante del centro storico offro- no ai turisti queste meraviglie che hanno sfidato i secoli. Ma non basta. Dietro l’arte e le testimo- nianze archeologiche c’è un’altra città fatta di operosa imprendito- rialità, di saperi, di scoperte, di genialità, di fantasia. È la Napoli che pulsa, che esporta il suo mar- chio in tutto il mondo. È questa la Napoli che “Inchiostro” vuol far emergere dal pèlago di marciume in cui è sprofondata. Non è un’operazione politica, è un’operazione rimpianto o se volete un’operazione-nostalgia affidata a ragazzi che si trovano al bivio di una scelta drammatica: restare e combattere o cedere alla lusinga del “fuitevenne” di eduar- diana memoria. In questo scena- rio dissestato la nostra inchiesta ha però una pretesa: tentare di trasformarsi in un’operazione- speranza. Perchè non illudersi che l’esaltazione del rovescio della medaglia di “Gomorra” non diventi anche il punto di partenza per il riscatto? Speranza e riscatto Non è solo Gomorra Duemila anni tra mito e leggenda La fondazione greca le dominazioni straniere e i moderni primati pagina 2, 3 e 4 Sette università record italiano Dalla scuola eleatica agli atenei di oggi: i saperi della Campania pagina 6 e 7 Quando la natura aiuta l’economia Isole d’incanto e reperti archeologici attirano ogni anno milioni di turisti pagina 10 Il made in Naples sfonda nel mondo Prodotti gastronomici artigianato, moda e tradizione musicale pagina 5 L’alta tecnologia punta ai cieli Alenia lavora per gli Usa Lo Shuttle a Capua Pozzuoli forma piloti pagina 9 Imprese, terziario è qui il successo La realtà economica Cis-Interporto Aponte re dei mari Marcianise polo del lusso pagina 11 Foto di Giulia Nardone Lino Zaccaria Insegnano i professori di statistica che la devianza è una variazione rispetto all’andamento regolare dei comportamenti. Cosicché la devianza sociale (che so io, un furto, una rapina) è una variazione eccezionale rispetto alle regole sociali. Un signore napoletano ha incontrato quattro amici non al bar che mostrandogli due pistole gli hanno sot- tratto quanto aveva, rega- landogli in cambio qualche calcio. Il giorno dopo altri giovanotti hanno rubato allo stesso un’altra auto. Due devianze fanno una regola. Due devianze? No, finalmente a Napoli stiamo tornando alle regole. [ Il Fratello di Abele ] Le devianze sociali non sono la regola Guardare oltre La città positiva A chi ha trent’anni oggi, Napoli sem- bra una città avara di opportunità. Ma la realizzazione di questo nume- ro di “Inchiostro” ci ha dato l’occa- sione di accantonare per un attimo gli stereotipi negativi di cui noi stessi siamo vittime. “Costringerci” a guardare al passato di Napoli e alle sue eccellenze del presente ci ha permesso di riscoprire che davvero “Non è solo Gomorra”. Nel corso della nostra inchiesta, le inaspettate realtà positive che abbia- mo trovato hanno pian piano con- vinto anche i più scettici fra noi. Tra le qualità di un buon giornali- sta, la capacità di guardare la realtà nel suo insieme è forse la più importante. Sicuramente sarebbe stato più semplice, e forse anche più comodo, raccontare la faccia sporca di Napoli, quella che tutti i giorni riempie le pagine di cronaca dei gior- nali. Noi, invece, abbiamo scelto di andare al di là dei luoghi comuni e abbiamo scoperto che, in fondo, non è poi così difficile riuscire a vedere anche il volto pulito di questa città. [ Mario Leombruno ]

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inchiostro anno settimo numero 3 aprile 2007

Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di NapoliSpedizione in A.P. - 45% art. 2 - comma 20/b - legge 66/92 - Filiale di Napoli

L’idea di realizzare un numeromonografico di “Inchiostro”attorno al titolo che trovate quiaccanto (“Non è solo Gomorra”),è un’idea che potrebbe prestarsiad interpretazioni ambigue e pre-testuose. Una premessa pertantosi rende necessaria, per sgombra-re subito il campo da ogni equivo-co: chi scrive vive a Napoli da 60anni e può testimoniare che a suamemoria mai la città aveva rag-giunto i limiti di degrado e diabbandono che oggi la contraddi-stinguono. Responsabilità antichee recenti di governi centrali elocali hanno ridotto questa cittàesattamente nello stato in cuiemerge con crudo realismo dallepagine-inchiesta di RobertoSaviano e (perchè no?) dal cupoaffresco, superficiale sì, masostanzialmente veritiero, diGiorgio Bocca. Il disordine civile,il caos morale, la diffusione capil-lare dell’illegalità divenuta cultu-ra di massa, le contingenti emer-genze nazionali qui diventateendemiche sono elementi pre-gnanti del malinconico crepuscolodi un Rinascimento napoletanoche non era un vuoto slogan, maun movimento reale che avevascandito la vita pubblica neglianni finali del secolo scorso.È evidente che la consapevolezzadi questa débacle rende ancor piùamari rimpianto e rabbia neldover ammettere la sconfitta diuna città che trasuda storia, arte,ingegno, tradizione. Una città dalpassato formidabile, meta diGreci che la fondarono otto secoliprima di Cristo, riferimento per iRomani che la ritenevano il luogoideale per il loro tempo libero.Una città che per un millennio fusplendida capitale, prima di unducato e poi a tal ruolo eletta datutti i suoi “invasori” che purastringendola con il cappio delladominazione, la abbellirono finoa farla diventare la città piùammirata d’Europa, meta irri-nunciabile dei “gran tour” di visi-tatori, poeti, intellettuali e artisti.Oggi le strade antiche, i cardi e idecumani delle origini, il cuorepulsante del centro storico offro-no ai turisti queste meraviglie chehanno sfidato i secoli. Ma nonbasta. Dietro l’arte e le testimo-nianze archeologiche c’è un’altracittà fatta di operosa imprendito-rialità, di saperi, di scoperte, digenialità, di fantasia. È la Napoliche pulsa, che esporta il suo mar-chio in tutto il mondo. È questa laNapoli che “Inchiostro” vuol faremergere dal pèlago di marciumein cui è sprofondata. Non è un’operazione politica, èun’operazione rimpianto o sevolete un’operazione-nostalgiaaffidata a ragazzi che si trovanoal bivio di una scelta drammatica:restare e combattere o cedere allalusinga del “fuitevenne” di eduar-diana memoria. In questo scena-rio dissestato la nostra inchiestaha però una pretesa: tentare ditrasformarsi in un’operazione-speranza. Perchè non illudersiche l’esaltazione del rovescio dellamedaglia di “Gomorra” nondiventi anche il punto di partenzaper il riscatto?

Speranza e riscatto

Non è soloGomorra

Duemila anni tra mito e leggendaLa fondazione grecale dominazioni stranieree i moderni primati

pagina 2, 3 e 4

Sette università record italianoDalla scuola eleaticaagli atenei di oggi:i saperi della Campania

pagina 6 e 7

Quando la naturaaiuta l’economiaIsole d’incanto e reperti archeologiciattirano ogni annomilioni di turisti

pagina 10

Il made in Naplessfonda nel mondoProdotti gastronomiciartigianato, moda e tradizione musicale

pagina 5

L’alta tecnologiapunta ai cieliAlenia lavora per gli UsaLo Shuttle a CapuaPozzuoli forma piloti

pagina 9

Imprese, terziario è qui il successoLa realtà economica Cis-Interporto Aponte re dei mariMarcianise polo del lusso

pagina 11

Foto

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Lino Zaccaria*

* Redattore capo de “Il Mattino”

Insegnano i professori distatistica che la devianza èuna variazione rispettoall’andamento regolare deicomportamenti. Cosicché la devianza sociale(che so io, un furto, unarapina) è una variazioneeccezionale rispetto alleregole sociali. Un signore napoletano haincontrato quattro amicinon al bar che mostrandoglidue pistole gli hanno sot-tratto quanto aveva, rega-landogli in cambio qualchecalcio. Il giorno dopo altrigiovanotti hanno rubato allostesso un’altra auto.Due devianze fanno unaregola. Due devianze?No, finalmente a Napolistiamo tornando alle regole.

[ Il Fratello di Abele ]

Le devianze socialinon sono la regola

Guardare oltreLa città positivaA chi ha trent’anni oggi, Napoli sem-bra una città avara di opportunità.Ma la realizzazione di questo nume-ro di “Inchiostro” ci ha dato l’occa-sione di accantonare per un attimogli stereotipi negativi di cui noi stessisiamo vittime. “Costringerci” a guardare al passatodi Napoli e alle sue eccellenze delpresente ci ha permesso di riscoprireche davvero “Non è solo Gomorra”. Nel corso della nostra inchiesta, leinaspettate realtà positive che abbia-mo trovato hanno pian piano con-vinto anche i più scettici fra noi.Tra le qualità di un buon giornali-sta, la capacità di guardare la realtànel suo insieme è forse la piùimportante. Sicuramente sarebbestato più semplice, e forse anche piùcomodo, raccontare la faccia sporcadi Napoli, quella che tutti i giorniriempie le pagine di cronaca dei gior-nali. Noi, invece, abbiamo scelto diandare al di là dei luoghi comuni eabbiamo scoperto che, in fondo, nonè poi così difficile riuscire a vedereanche il volto pulito di questa città.

[ Mario Leombruno ]

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le testimonianze 32 la storia inchiostroaprile 2007

romana.Nei giorni più neri di Roma iGoti avanzano da Nord e si sta-biliscono in città. Per liberareNapoli e tutto l’Occidente,Giustiniano invia daCostantinopoli due dei suoimigliori generali, Narsete eBelisario. Inizia così la guerragreco-gotica, che si chiude conla distruzione dell’esercitonemico in un’epica battagliaalle falde del Vesuvio.Dopo una parentesi come duca-to indipendente, Napoli diventauna pedina sullo scacchieredella politica europea, domina-ta dai re di popoli stranieri. ùI primi sono i Normanni che,dopo aver ottenuto in feudoAversa, inducono il duca Sergioa concedere un vantaggiosotrattato. La città e tutto ilMezzogiorno hanno adesso unre: Ruggero II. Ai Normanni seguono gli impe-ratori tedeschi di Hoenstauffen.Tra questi Federico II è uomo di leggendaria cultura,abile sia in guerra sia in consi-glio. L’imperatore parla l’araboe può trattare con gli infedeli escongiurare una nuova crocia-ta. Con lui Napoli diventa lacapitale culturale dell’impero. Gli Svevi devono però far fron-te ai piani del Papa e del suobraccio armato, Carlo d’Angiò.Questi sconfigge il giovane

Corradino, nipote di FedericoII, giustiziandolo pubblicamen-te in Piazza Mercato. Sotto il dominio francese lacittà diventa un’avanzata capi-tale europea, ma sconta il pre-stigio con l’oppressione. Nel 1442 la città è assediata daAlfonso d'Aragona. Ha inizio ildominio spagnolo che si protraefino al XIX secolo. Sono i secolidelle rivolte, come quella diMasaniello, ma anche dellagrande filosofia di Campanella,Bruno e Vico. Un’altra violenta rivolta scop-pia nel 1799, quando il generalenapoleonico Championnet entrain città proclamando laRepubblica Partenopea. La reazione spagnola è esempla-re. Con l’aiuto della flotta ingle-se, i rivoluzionari vengono ster-minati. La disfatta diNapoleone poirestituisce Napoliagli Spagnoli. Pochi anni piùtardi in Europa scoppianotumulti liberali. La nuova ondata di orgogliocivile è guidata a Napoli daGuglielmo Pepe che costringe ilre a concedere unaCostituzione,poi revocata. Alla vigilia dell’unità d’Italia ilnuovo re Ferdinando II fa diNapoli una città all’avanguardiain Europa, la prima a vantareuna tratta ferroviaria, laNapoli-Portici. Nel 1860, conl’appoggio dei piemontesi,Garibaldi sbaraglia l’esercitoborbonico. Il 7 settembre a Palazzo DoriaD’Angri sventola già il vessillosabaudo che preannuncia laprossima unità d’Italia. Per tutto il Mezzogiorno sta peraprirsi la questione meridionale.

[ Daniele Demarco ]

Dietro l’immagine delle Sirenepotrebbe nascondersi la storiadi un’antichissima città feniciadetta Burtu-nabi ù, nome che ingreco era erroneamente pronun-ciato: “Parthenope”. La cittàfenicia sorgeva ai piedi delMonte Echia. Quella greca inve-ce, di qualche secolo più recen-te, nei pressi dell’attuale centrostorico. Due città divese.

Una estremamente antica l’altraostentatamente nuova:Neapolis. La nuova città diven-ne meta ambita dagli imperatoriromani. Tiberio, Caligola,Claudio e Nerone fanno costrui-re qui delle lussuose dimore.Lucullo, condottiero ricco efacoltoso, fa altrettanto. La sua villa, il CastrumLucullianum, è oggi conosciutacome Castel dell’Ovo. Proprio nel Castrum, prigionedorata dell’ultimo imperatoreRomolo Augustolo, si chiude laparabola della Napoli greco-

Viaggio nei 2700 anni di storia di una città che conquistò gli antichi e che fu lungamente conquistata

Dal mito agli splendori di una capitaleNapoli conserva preziose testimonianze del suo passato fatto di arte, di eroi popolari e di tradizioni

Castel dell’Ovo sorge sui resti della villa di Lucullo

La statua di Federico II in piazza Plebiscito

Parla il giornalista-scrittore Antonio Ghirelli

Pulcinella e Maradona

Il primo museo minerealogicodel mondo, la prima assegnazio-ne di case popolari in Italia, ilprimo orto botanico, la primaferrovia. L’elenco dei primati diNapoli è lunghissimo. Quello checi è più conteso resta l’universi-tà. La sfida è con Bologna, dovenel 1088 alcuni maestri di gram-matica e di retorica iniziaronoad applicarsi al diritto. Oltre unsecolo dopo l’imperatoreFederico II designa Napoli sededegli studi del Regno. Lo fa conun atto ufficiale, il 5 giugno1224. Dunque l’Università diNapoli è la più antica a essere

fondata da un provvedimentosovrano. Sin dall’inizio nascecon una precisa fisionomia: pre-parare funzionari per la realiz-zazione dell’ordinamento statalee l’esecuzione delle leggi. Di quila tradizione degli studi di dirit-to della scuola napoletana. Nel‘700 fu istituita la prima catte-dra di Economia.Poi c’è il catasto. Quando Carlodi Borbone arrivò a Napoli nel1734, trovò una città sovraffol-lata e oppressa da una gravecrisi economica. L’edilizia civileera carente, mentre era cresciu-ta enormemente quella religiosa

grazie ai privilegi fiscali di cuigodeva la Chiesa. Uno dei primiatti di governo di Carlo fuappunto l’istituzione del catasto(1741), che servì a registrare ipatrimoni terrieri per imporvitributi. Fu detto “onciario” per-ché la stima dei beni venneespressa in once. Il provvedi-mento permise di triplicare leentrate del Regno.Ma il più noto è la ferrovia. Conl’inaugurazione della Napoli-Portici, nel 1839, la città si inse-rì nella rivoluzione industrialein atto in Europa. FuFerdinando II di Borbone a

volerla fortemente. Il percorsomisurava 7,25 chilometri, com-piuto in nove minuti dalla loco-motiva “Vesuvio” e otto vagoni. La ferrovia fu terminata nel1844 fino a Nocera. Su queltreno viaggiò GiuseppeGaribaldi in marcia con i suoimille verso Napoli. L’impresaferroviaria registrò un ulterioresuccesso con il metrò. Il primod’Italia oggi si chiama Linea 2.Nacque nel 1925 per collegareNapoli a Pozzuoli. La Tav deltempo, veloce al punto che furibattezzata “Direttissima”.

[ Gaetano Agrelli ]

L’enciclopedia Wikipedia cita ben cinquantadue primati cittadini tra Settecento e Ottocento. E con Bologna la disputa per la prima Università

Qui la prima ferrovia e la prima cattedra di economia

Il museo storico di Pietrarsa, foto di G. Nardone

“Là dove il mare del Chiatamone è più tempestoso,spumando contro le nere rocce, che sono le inat-taccabili fondamenta del Castello dell’Ovo, era,altre volte, un’isola larga e fiorita che veniva chia-mata Megaride, che significa grande nell’idioma diGrecia”. È sulle spiagge di Megaride, l’attualeBorgo marinari, che per il poeta Eraclito, ha origi-ne Napoli. Era su quelle coste che vivevaPartenope, la sirena che, sempre secondo la leg-genda, aveva tentato invano di ammaliare Ulisse.Addolorata dall’insuccesso, si suicidò nel golfo,lasciando il suo nome in eredità alla città.Un’altra storia racconta della metamorfosi dellasirena. Dopo la sua morte, Partenope si dissolsenella morfologia del paesaggio: il corpo distesolungo l’arco del golfo a disegnare le mura dellacittà; la testa poggiata, verso oriente, nell’altura diCapodimonte, e la coda a occidente, immersa nelmare fino a riaffiorare nella collina di Posillipo.Nelle isole vicine giacciono invece le sue due sorelleLigia, nell’attuale Terina, e Leucosia a PuntaLicosa nel golfo di Salerno, dove un’epigrafe reci-ta: “Isolotto piccolo di mole grande di fama”.Ma il mito riecheggia in molti luoghi ancora dellaCampania. La porta degli inferi, per esempio, sitrova nel lago d’Averno. È qui che Virgilionell’Eneide colloca l’accesso al regno dei morti. Ilnome Avernus deriva dal greco e significa “senzavolatili” proprio perché gli uccelli che volavanosopra il lago morivano a causa delle esalazioni sul-furee emesse dall’acqua. Da qui l’origine della leg-genda che narra di eroi greci e romani addentrarsinelle acque lacustri per ricongiungersi ai propricari.Poco distante è ancora oggi visibile l’antrodella Sibilla Cumana, nella frazione di Cuma, divi-sa a metà tra i comuni di Bacoli e Pozzuoli. LaSibilla, per Virgilio, ha una doppia funzione: veg-gente e guida di Enea nell’oltretomba.“C’è un antro gigantesco, scavato nella rupeUbica, a cui menano cento vasti ingressi, centoporte da cui corrono altrettante voci, responsidella Sibilla”.È questa la suggestiva presentazionedei luoghi abitati dall’Oracolo di Virgilio.Ma sono ancora molti i luoghi del mito nella regio-ne. Se la leggenda è “la gioconda primavera dellastoria”, come dice Waiblinger, sarà facile vederesulle spiagge dell’isola di Ischia la terra dei Feaci,fertile e deliziosa Scheria di Omero. Lo scrittore

Dal lago d’Averno alle isole delle sirene un viaggio attraverso i luoghi della regione entrati nella leggenda

Campania: la terra preferita dagli DeiPer Eraclito Napoli ha avuto origine sulle spiagge di Megaride. Su queste coste viveva Partenope

Champault, in un volume del 1906, attribuisceall’isola il vanto di essere la terra dove il naufragoUlisse fu accolto dalla bella Nausicaa e poi ospitatonella reggia di Alcinoo. E ancora Capo Miseno,dove si trova la tomba dell’eroe omonimo, pilota etrombettiere di Enea. E infine Albori, borgo dellacostiera amalfitana, fondato da un argonauta alseguito di Giasone, Arvo, di cui la cittadina con-serva ancora l’effige. Questi sono solo alcuni deiluoghi della leggenda. Servirebbe un lungo viaggiodal sapore antico nelle terre della Campania doveprima degli uomini abitavano gli dei.

[ Adriana Costanzo ]

Fabulae atellane, le radici della commedia dell’arte Quattro maschere fisse in scena e la creatività della gente osca:sono gli ingredienti alla base del teatro latino degli albori. E sullosfondo, l’antica città di Atella, patria delle “fabulae”, ai confinifra le odierne province di Napoli e Caserta. Un territorio che comprende i comuni di Sant’Arpino, Orta diAtella e Succivo e in parte anche Aversa, Marcianise, Caivano,Frattaminore e Frattamaggiore. Proprio in quest’ultimo comuneda trentadue anni un’istituzione si impegna per la difesa delletradizioni storiche dell’antica Atella, “farse” comprese. L’Istituto distudi atellani, diretto da Franco Montanari, raccoglie e conservatestimonianze sull'antica città osca e pubblica gli inediti, i nuovicontributi e gli studi divulgativi su Atella, oltre a un periodico diricerche estese a tutto il territorio regionale. “Il nostro obiettivo –dice Montanari – è recuperare la storia, l’arte e la memoria locale

attraverso collaborazioni e progetti con università e scuole”.Coinvolgere i ragazzi in questo progetto sembra essere la mossavincente per evitare che le antiche maschere di Pappus, Baccus,Maccus e Dossennus cadano nell’oblio. Ne sono consapevoli gliorganizzatori di “PulciNellaMente”, una rassegna di teatro-scuolache parte da Sant’Arpino per coinvolgere le città protagonistedella tradizione teatrale atellana e non solo. La manifestazione,quest’anno alla nona edizione, è di respiro nazionale. “Abbiamoavuto – dice il capufficio stampa della kermesse, FrancescoLegnante – circa 350 richieste di partecipazione, per un totale dioltre duemila studenti coinvolti e prevediamo la partecipazione dioltre 20mila spettatori”. Spettacoli che si ispirano a improvvisa-zioni e caricature ideate e andate in scena oltre duemila anni fa.

[ Pasquale De Vita]

L’antro della Sibilla a Cuma, foto di G. Nardone

Una città fondata da Ercole. Cosìnarra la leggenda della nascita diErcolano. L’eroe della mitologiagreca, giunto in Italia dall’Iberia,fondò fra Napoli e Pompei una pic-cola città che prese il suo nome,Herculaneum. Ma la sua identificazione arriva nel1709 per merito di Emanueled’Elboeuf di Lorena. Il principe,venuto a Napoli a seguito dell’eser-cito austriaco, fissò la sua residenzaa Portici. Cercava marmi per il suopalazzo, ma trovò i primi repertinella zona di Resina. Fu Carlo diBorbone a capire l’importanza deiritrovamenti. Si completarono, conlui, l’esplorazione del Teatro, diedifici pubblici e della Villa deiPapiri. E’ stato l’archeologoWinckelmann a rendere famosa lascoperta di Ercolano in Europa.Iniziarono così ad arrivare all’om-bra del Vesuvio i primi viaggiatori,avanguardia di quell’esercito cheavrebbe invaso Ercolano nei secolisuccessivi. Oggi sono i turisti ainvaderla. Nel 2006 gli scavi diErcolano vantano un pubblico diquasi 300 mila visitatori e più di 5mila nel mese di gennaio 2007.

[ A. C. ]

Da cava a sito archeologico

Un eroe greco per Ercolano

A Paestum tornano i visitatori

Dove il marebagna i templi

Mancusi: “Investire di più”

Campi Flegrei,turisti lampo

Un sonno lungo 1.600 anni. Pompeiha dormito sotto le ceneri delVesuvio dal 79 d.C. al 1748. È statoCarlo di Borbone, re di Napoli, adavviare gli scavi, che sono prosegui-ti durante l’Ottocento e ilNovecento. Oltre due milioni e mezzo di turistiogni anno rendono Pompei il luogostorico più visitato d’Europa.Nel ’97, l’Unesco ha dichiarato lacittadina patrimonio dell’umanità. Lo scorso 22 febbraio, alla giornatainaugurale della Borsa internazio-nale del turismo di Milano, MarcoDi Lello, assessore regionale alTurismo, ha definito Pompei “ilsimbolo della Campania nel mondograzie anche alle mostre che siesportano nei musei esteri”.I primi lavori hanno portato allaluce il tempio di Iside, risalente al Isecolo a.C., parte del quartiere deiteatri e della necropoli fuori portaErcolano.Gli scavi hanno conosciuto una fasedi incremento durante l’occupazio-ne francese. Agli inizi dell’Ottocento, i ricercato-ri hanno lavorato nei pressi dell’an-fiteatro e del Foro. Di grande inte-resse la scoperta della casa del

Dal ‘97 patrimonio dell’Umanità per decisione dell’Unesco

Il passato rivive nel presente:la storia degli scavi di Pompei

Paestum è uno dei principali parchiarcheologici d’Europa. La cittàvenne fondata all’inizio del VIIsecolo a.C. da coloni Greci con ilnome di Poseidonia. Nel 400 a.C. iLucani conquistarono la città chia-mandola Paistos. Nel 273 a.C.divenne colonia romana e prese ilnome di Paestum. Nel Medio Evo,dopo le invasioni di Saraceni eNormanni, gli abitanti la abbando-narono per fondare la vicinaCapaccio.I tre templi di stile dorico, dedicatia Cerere, Nettuno ed Era e il picco-lo anfiteatro romano, sono le mag-giori attrattive turistiche. Nelmuseo sono conservati reperti diorigine greca come vasi, armi evasellame. I dipinti più importantipresenti al suo interno raffiguranola Tomba del Tuffatore e si riferi-scono al passaggio dalla vita terrenaal regno dei morti.“Dopo una flessione nel periodo2003-2005 - dice Bruno Bambacaro,responsabile alla promozione dell’Azienda Autonoma Soggiorno eTurismo di Paestum - abbiamoavuto circa 469.000 visitatori nelloscorso anno”.

[ Marco Lombardini ]

Terra di miti, storia e leggende.Qui, secondo Boccaccio, nacqueVenere dea dell’amore. Per la mito-logia classica il lago d’Averno aprìall’eroe Enea le porte degli Inferi.Siamo nei Campi Flegrei, così chia-mati dagli antichi dall’aggettivogreco “phlegraios”, ardente. Unriferimento alla natura vulcanicadel suolo.Clima mite, buona cucina e ricchez-ze archeologiche. Sono questi ipunti di forza del turismo flegreo.Ma cosa offre quest’area ai visitato-ri? La parola a Franco Mancusi,amministratore dell’Azienda sog-giorno e turismo Campi Flegrei. “Èuna zona – racconta – ricca di bel-lezze naturali e storiche. Ma il suosviluppo ha risentito della presenzadell’industria pesante. Nei CampiFlegrei, rispetto ad altre aree dellaregione, si è cominciato ad investirenel turismo più tardi”. Quello deiCampi Flegrei è un turismo ditransito, come spiega l’amministra-tore. “I viaggiatori – dice Mancusi –visitano i monumenti e poi vannovia. Investendo in cultura, ambien-te e ricerca li stimoleremmo a trat-tenersi di più.”

[ Anna Clemente ]

Fauno e il mosaico che raffigura labattaglia di Alessandro.Accantonati con il ritorno deiBorbone a Napoli, bisognerà atten-dere l’unità d’Italia per dare nuovoimpulso agli scavi.La nomina di Giuseppe Fiorelli alladirezione è del 1861. Tra le novità,la decisione di lasciare sul posto idipinti che prima venivano staccatie portati al museo di Napoli.Importante, inoltre, l’introduzionedei calchi in gesso che ha permessodi recuperare l’immagine delle vitti-me.Per 37 anni, dal 1924 al 1961, ladirezione degli scavi è nelle manidell’archeologo di fama internazio-nale Amedeo Maiuri. La sua attività è stata segnata dallascoperta di molti edifici tra cui laVilla dei Misteri. Del suo lavoro vainoltre ricordato il completamentodella delimitazione della città e l’e-splorazione degli strati posti sotto illivello creato dall’eruzione del 79d.C. Negli ultimi decenni, gli scavihanno subito un arresto. I fondisempre più esigui, infatti, sono statidestinati al restauro e alla manu-tenzione.

[ Laura Pirone ]

Giornalista dell’Unità, di PaeseSera, direttore del Corriere delloSport, del Tg2, responsabile del-l’ufficio stampa di Pertini, auto-re di numerosi saggi su Napoli,Antonio Ghirelli non esita a direche i veri idoli cittadini restanoPulcinella e Maradona.Sembra che i napoletani si sianospesso legati emotivamente,nella storia, a capi carismatici. Ècosì?“Più che capi carismatici, inapoletani hanno amato edamano personaggi carismatici,non hanno in generale unagrande vocazione per la discipli-na e sono troppo ricchi di ironiaper credere davvero, fino infondo, nel condottiero. In epocaclassica, furono popolarissimiNerone, che veniva a recitare ingreco nel Foro, e San Gennaro,anche grazie al noto miracolo.Avvicinandoci all’epoca moder-na, potremmo ricordare FedericoII, Masaniello, il cardinale Ruffodi Calabria, re Gioacchino eFerdinando II. Ma i veri idolidella città sono stati e sonotuttora Pulcinella e Maradona”.Sembra ricorrente anche innal-zare a eroi popolari certi perso-naggi e poi affossarli. È vero?“Noi affossiamo i nostri eroipochi giorni, magari poche oredopo averli proclamati. Perchésiamo incostanti e loro spessonon valgono un applauso”.Lei è autore,tra i numerosi volu-mi sulla città, di “Napoli dallaguerra a Bassolino”.Si può dire che l’ex sindacoabbia le caratteristiche di unpersonaggio carismatico?“La vicenda politica di AntonioBassolino è vigorosa e comples-sa. Durante la Prima Repubblica,oltre a figurare tra i miglioridirigenti del Pci, si fece notareper il dissenso da Berlinguer sulprogetto del compromesso sto-rico con la Dc di Moro. Negli ultimi 20 anni è statoprotagonista di un sorprendente

successo elettorale. É stato pro-tagonista di un’ancora più sor-prendente evoluzione ideologi-ca, perché da militante dellasinistra interna al Pci è diventa-to convinto sostenitore di unasvolta riformista. Prima di lui, forse, soltantoAchille Lauro aveva collezionatotanti consensi, ma nel giro dipiù anni e con una quantità disuffragi devastante, oltre checon mezzi molto meno rispetta-bili. Che Bassolino sia un verocapo carismatico è fuori discus-sione, anche se negli ultimi mesiè stato oggetto di aspre criticheper la non felice gestione delrifiuti e per una politica troppogenerosa nel reclutamento diconsulenti per l’Ente regionale”. Ritornando a Napoli, in chemodo vede il suo attuale stato?In passato la città si dividevatra grande capitale europea e“regno dei lazzaroni”. Cos’ècambiato nel tempo?“La città sta attraversando unperiodo di crisi, specialmentesul piano dell’occupazione edella criminalità organizzata. Lecause del declino sono numero-se, a partire dalle paurosedistruzioni provocate dallaseconda guerra mondiale, percontinuare con il fallimentodell’Italsider e con le gravissimeconseguenze della rinuncia insede governativa alla Cassa delMezzogiorno e all’autonomiadel Banco di Napoli. Ma nellostesso tempo questa crisi, cosìfunesta per la qualità della vitadei cittadini, non ha impeditoné rallentato lo sviluppo digrandi centri di cultura e diricerca.L’armonizzazione di queste dueNapoli, come le ha definite inun celebre saggio DomenicoRea, non è semplice, in unmomento come quello attualedi profondo travaglio del nostrosistema politico e istituzionale”.

[ Diego Dionoro ]

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in telaplastica.Nel 1700 dopo Domenico Di Venutac’è Felice Bottiglieri, che introducela terra cotta. “Nel 1800 - sostiene -gli scultori lavorano nella fabbricadi porcellane di Ferdinando IV.Chiusa dopo il 1860, gli Ingaldirestano gli unici che lavorano perun presepe a grandezza umana alGesù Vecchio”.Il 1870 è l’anno della mostra del-l’arte presepiale napoletana aPalazzo Reale. “La borghesia napo-letana, - aggiunge - ne resta affasci-nata. Si rivolge agli artigiani di cali-bro di San Biagio dei Librai.Le figure riprodotte sono solo belle

copie”. Secondo Alfredo Molli, cheproduce pastori per i negozi di SanGregorio Armeno “gli artigiani nonreggono al paragone con le bottegheantiche dove gli scultori lavoravanosu commesse di nobili e clero.Secondo Molli nel 1900 c’è stataun’altra trasformazione: la produ-zione dozzinale. “Nella mia azienda - conclude - il1700 resta un riferimento.Non siamo scultori ma li imitiamo”.

[ P. V.]

4 i tesori la tradizione 5inchiostroaprile 2007

Intervista con il direttore del Museo Donnaregina, uno dei protagonisti del boom del “contemporaneo”

Cicelyn: “Faremo capire l’arte”“Capire un artista, la sua personali-tà, la sua storia. Quindi, far capireal pubblico la sua esperienza.Perchè l’artista non è frutto delcaso. Questo è il senso del Madre”.Così il direttore del Museo d’ArteContemporanea DonnareginaEdoardo Cicelyn spiega le finalitàdelle recenti iniziative culturalinapoletane. “La presenza così forte dell’artecontemporanea a Napoli è facilmen-te spiegabile - spiega Cicelyn -. Il lin-guaggio dell’arte si intreccia e siidentifica con quello politico. Il lin-guaggio è il motore dello sviluppo eNapoli ha rinnovato il suo modod’essere grazie anche all’arte deinostri giorni. E’ la cultura piùmoderna che è confluita fino nelleviscere della città, nelle stazionidella metropolitana”. Un progetto politico, quindi, natonel 2003 grazie ai fondi europei e

della Regione Campania, per cui “èstata fondamentale la mediazione diAntonio Bassolino”, ricorda il diret-tore. L’offerta culturale di Napolicresce sempre di più, la pinacotecadi Capodimonte per l’arte modernae il museo Archeologico per l’arteantica propongono mostre moltoimportanti. Con essi, ci sono ilMadre e il Palazzo delle Arti diNapoli a contendersi il primato dipolo dell’arte contemporanea. “Lacontrapposizione con il Pan non èreale: è un’invenzione giornalistica -dice Cicelyn -. Al contrario delMadre, il centro di Palazzo Roccella

è un’idea del Comune che risale a 20anni fa. Non c’è contrasto tra di noi.Nel ‘94 ho lavorato per il Comune diNapoli come consulente delle artivisive. Poi c’è stata la stagione delleinstallazioni di piazza Plebiscito cheho promosso, progettato e curato”.Sono 53.000 i visitatori del Madrenel 2006. Solo nel febbraio 2007 cene sono stati 5.000, grazie ancheall’apertura di un bookshop. “Da maggio - aggiunge Cicelyn -avremo una biblioteca, uno spazioper bambini con un ristorante e unbar. In questo modo il museo diven-terà più fruibile. In due o tre anni i

visitatori potrebbero salire fino a 70o 80.000”. La prossima grandescommessa del Madre si chiamaPiero Manzoni. La mostra, curatada Germano Celant, inizierà il 19maggio e resterà aperta per tre mesi.“E’ frutto di un duro lavoro, duratoquasi un anno. Il nostro obiettivo èquello di fare mostre sempre scienti-ficamente fondate, per un confrontocon le più forti personalità artistichedegli ultimi cinquanta anni”, conclu-de Cicelyn. Tra i prossimi ‘confron-ti’ dell’anno anche una mostra suJan Fabre e Robert Rauschenberg.

[ Ornella Mincione ]

Il Pan a Palazzo Roccella

La memoriadegli ultimiquarant’anni

L’installazione di Gormley nel cortile del Madre, foto di G. Nardone

Un’opera di Kounellis in una sala del museo

Seicento metri quadri, tre piani, duearchivi, biblioteca e mediateca. IlPalazzo delle Arti di Napoli è ilprimo edificio della città ad ospitarele esposizioni e i laboratori speri-mentali di arte contemporanea. La struttura nel 1667 era già resi-denza di campagna di Francesco diSangro, principe di San Severo. Nel‘700 la “casa palaziata” è ceduta per10mila ducati ad Ippolita CantelmoStuart, moglie di Vincenzo MariaCarafa, che la fa ristrutturare eampliare. Il progetto di rimoderna-mento è affidato a Luca Vecchioni,collaboratore di Vanvitelli: il palaz-zo acquista maggiore simmetria, ilportone di ingresso e lo scalone prin-cipale diventano centrali e sfruttanole coperture delle costruzioni lateralicome terrazze del primo piano. Trail 1765 e il 1885 vengono completatianche gli altri due piani. L’interacostruzione rimane inalterata finoalla seconda guerra mondiale. I lavori di ristrutturazione condottinegli anni ’60 del ‘900 segnano laperdita di tutto il patrimonio storicoartistico dei secoli precedenti ed èsolo nel 1984 che il Comune diNapoli, unico proprietario, avvia ilrestauro completo. Nel ’98 PalazzoRoccella si trasforma in Centro didocumentazione per le ArtiContemporanee. Oggi il museo ospi-ta una programmazione che coinvol-ge tutte le attività delle arti: dallapittura al design, dalla fotografia alfumetto. Un archivio della memoriaper tutto il settore contemporaneonapoletano degli ultimi 40 anni.

[ Ornella d’Anna ]

Mezzo secolo di storia dell’arte con-servato in un’unica reggia, quella diCapodimonte. Parte il 5 maggio l’anno di festeg-giamenti per la nascita di una dellepiù grandi pinacoteche d’Italia. Nel 1957, infatti, la reggia acquisìuna configurazione prettamentemuseale diventando una gallerianazionale aperta a un pubblico piùvasto. Già nel 1950 la pinacoteca siarricchì di numerose opere dell’artemedievale che si sono aggiunte allericca collezione Farnese, grazieall’attuazione del progetto di BrunoMolajoli approvato dal Ministrodella Pubblica Istruzione. “Le celebrazioni del cinquantenariosi protrarranno fino al maggio 2008

Il settecentesco Museo Archeologicodi Napoli conserva la più granderaccolta di reperti dell’antichitàesistente al mondo.

Circa 3.500 manufatti, esposti in24.000 metri quadrati, tra sculture,mosaici, pitture, utensili in materia-li preziosi; collezioni che testimo-niano il passaggio nel golfo diNapoli degli uomini preistorici,degli egizi, dei greci e dei romani.Oggi il museo deve molti dei suoivisitatori alle mostre temporanee.“Egittomania”, conclusasi il 26 feb-braio 2007, con una selezione diceramiche della Real Fabbrica diNapoli, dipinti, bozzetti e scultureha confermato il filo sottile che legaidealmente la Campania e l’Egitto inetà moderna. L’esposizione, ideata dalla DirezioneRegionale per i Beni Culturali in collaborazione con laSoprintendenza per i BeniArcheologici di Napoli e Pompei, èstata curata da un comitato presie-duto da Stefano De Caro. Secondo quest’ultimo, per unamostra di successo “è necessariocostruire bene la proposta, con moti-vi che al pubblico sono familiari.Oggi si tende sempre più ad attirarel’interesse del pubblico con la pub-blicità, come per un qualsiasi pro-dotto commerciale, quasi a prescin-dere dalla proposta culturale; e que-sto, al di là del successo commercia-le, è un grosso danno per la credibi-lità delle istituzioni patrocinanti”.In occasione di “Pompei. Il fascino discreto delle argenterie”,a cura di Pier Giovanni Guzzo, ilmuseo ha presentato l’antica Roma atavola. Dimenticato il frugale vittodegli antenati, i patrizi divoravano inservizi d’argento prelibatezze per noiripugnanti (come il “garum”, salsa diinteriora di pesce fermentate).

per le scuole, allestiremo duemostre: la prima sui lavori diristrutturazione che il Museo havissuto dal 1957 ad oggi, la secondasu “Solimene ed il tardo Barocco aNapoli” che vedrà coinvolta, oltreal museo di Capodimonte, anche lasede di Castel Sant’Elmo”. Non mancherà una sezione dedicataalla fotografia alla quale partecipe-ranno artisti di fama internazionalecome Mimmo Jodice.“Ogni mese - prosegue il soprinten-dente - ci sarà una rassegna foto-grafica che avrà come tema condut-tore “Capodi- monte, Obiettivomondo”. Spinosa non fa però mancare unadenuncia per gli scarsi collegamentiurbani e extraurbani per il museodi Capodimonte: “Bisognerebbefacilitare l’accesso al museo a tutticoloro che vogliono visitarlo. Oggi purtroppo raggiungere unmuseo con i mezzi pubblici è troppodifficile. L’auspicio è che i collegamenti ven-gano potenziati quantoprima”.“Musei come San Martino,Castel Sant’Elmo e Capodimonte -prosegue Spinosa - sono una partevitale della storia non solo culturaledella città e del Paese e per questodovrebbero essere valorizzati e resipiù accessibili”.Ed è Castel Sant’Elmo dal 1982 lasede degli uffici dellaSoprintendenza Speciale per il PoloMuseale Napoletano ed è diventatoun centro di documentazione delpatrimonio artistico campano. Di recente ha ospitato la mostra“Campi Flegrei tra mito e realtà”dove sono state esposte opere pro-venienti da musei italiani ed euro-pei e da collezioni private, delXVIII e XIX secolo.

[ Giuseppe Porcelli ]

All’Archeologico crescente successo di turisti e visitatori

Tutte le mostre vincentiSi tratta di ‘preziosi’ raccolti da chis’illudeva di portarli con sé, magariper rifarsi una vita da un’altraparte. Una vita che, invece, lava elapilli imprigionarono per secoli.Fino a quando le ricerche degliarcheologi non li hanno riportati allaluce. Ma gli scavi, come gli esami,non finiscono mai. È il caso di uno dei pezzi forti dellarassegna: il corredo da tavola rinve-nuto a Moregine nell’ottobre 2000durante i lavori della Napoli-Salerno. A parere dei visitatori l’u-nico difetto di queste mostre è nelfatto che rischiano di essere ripetiti-ve, ma di certo valgono una visita aNapoli.

[Caterina Morlunghi]

- spiega la direttrice del museoMirella Utili -. Sono in programmanumerose mostre di artisti che inapoletani non hanno mai potutoammirare. Per eventi e concertisaranno anche utilizzate alcune saledel museo risistemate per l’occasio-ne”. Il soprintendente NicolaSpinosa ha detto che molte mostresaranno realizzate in collaborazionecon trenta Musei sparsi nel mondo.Da quello di San Pietroburgo allaNational Gallery di Londra, partiràuna mostra che ha l’obiettivo diripercorrere la storia artistica diNapoli attraverso le sue miglioriopere. “Nei primi dieci giorni dimaggio - ha detto Spinosa - oltre ainumerosi eventi culturali gratuiti

Al prezzo di due caffè, meno di due euro, è possibileammirare un gigantesco quarzo di 400 tonnellate o loscheletro di un dinosauro. Dove? Nei quattro museiscientifici dell’Università degli Studi federico II.Mineralogia, Zoologia, Antropologia e Paleontologiasono il patrimonio nascosto di una delle università piùantiche e prestigiose di Napoli e d’Italia. Se non li avetemai sentiti nominare non è un caso. Pochissima pubbli-cità, diffidenza cronica verso la scienza e scarsi fondihanno fatto sì che questi musei non siano mai conosciutida un pubblico più ampio.“Serve una volontà politica per lanciare un museo –spiega Maria Rosaria Ghiara, direttrice del CentroMuseale della Federico II – i quattro musei delle Scienzenaturali sono gli unici a Napoli ma nessun politico hamai incoraggiato i cittadini a visitarli”.Così, anche se sono aperti al pubblico dal 1992, i museiraccolgono solo 35.000 visitatori l’anno e l’80% sonoscolaresche e studenti universitari. “Eppure è stato fattoun investimento economico non indifferente – continuala direttrice – tenere aperte queste strutture tutto l’annoe ogni giorno è costoso: l’università paga stipendi e

straordinari per il personale. Perché non cercare di atti-rare i turisti?”. La pubblicità sembrerebbe la sceltaobbligata ma i costi sono altissimi e il budget ristretto.Da quest’anno, inoltre, la finanziaria vieta agli istitutipubblici di farsi pubblicità, per cui non c’è altra sceltache puntare sulle scuole. E bisogna travare nuovi modiper avvicinare i più giovani alla scienza, materia spessoconsiderata di scarso appeal e di difficile comprensione.“Organizziamo laboratori per ragazzi di tutte le età,dalle elementari alle superiori: anche i più piccoli hannocorsi ad hoc per stimolare la loro naturale curiosità.Purtroppo sono le scuole a pagare l’ingresso o gli stessistudenti perché non ci sono ancora convenzioni tra imusei e l’Ufficio scolastico regionale”. Un compito diffi-cile, fare comunicazione attraverso la scienza, “ma –conclude Ghiara – il nostro scopo è valorizzare la colle-zione che possediamo non spettacolarizzarla”.l’Università Suor Orsola Benincasa ha un suo miscono-sciuto museo, inaugurato nel 1952. Raccoglie una pregevole collezione di mobili, oggetti e dipinti dal XVI al XIX secolo.

[ Elena Della Rocca ]

Da cinquant’anni raccolte opere dei pittori napoletani più famosi del ‘600, ‘700 e ‘800

Capodimonte, pinacoteca da reggia

”Più pubblicità alla scienza”. Parla Ghiara, direttrice del Centro Museale della Federico II

Quanti tesori sconosciuti tra le mura dell’università

Liza Minnelli veste solo RoccoBarocco. Le cravatte di Marinellasono le più amate dai Capi di Stato.Vincenzo Attolini ha brevettato legiacche “a mappina”. Insomma, sembra proprio che l’ele-ganza nel mondo sia firmataNapoli. Secondo i dati forniti dallaBanca d’Italia sull’andamento del-l’artigianato nel paese, la città èprima nelle esportazioni, soprattut-to in zone “anomale”. I maggiori fan del “made in Naples”sono infatti i Giapponesi, seguitidagli Scandinavi, dai Tedeschi edagli Spagnoli. I capi, tutti fatti a mano come vuolela tradizione, attirano consumatoridi fascia culturale medio-alta,attenti alla fantasia e alla particola-rità dei tessuti e della lavorazione. Da Napoli arrivano prodotti inno-vativi: un esempio su tutti Attolini,ricordato, oltre che per le giacche,anche per il taschino a barchetta eper i bottoni ravvicinati sulle mani-che. Il capostipite della casa di pro-duzione omonima nel dopoguerragià vestiva uomini come Totò, De

I maccheroni campani hanno conquistato il mondo. Storia di un marchio di qualità

Spaghetti sì, ma global

Ancora oggi l’arte presepiale conserva intatto il suo fascino

Pastori che passionePrimi nella moda artigianalesfonda il “made in Naples”

L’acqua bolle in pentola, è tempo dicalare la pasta. Pennette, fusilli,spaghetti, tubetti: nel giro di dieciminuti il piatto è in tavola. Secondo le stime dell’Unipi, Unionedei pastai italiani, nel 2005, sonostate esportate 1.604.000 tonnellatedi pasta, pari al 51,9% della produ-zione totale. La Campania contri-buisce all’11,4% dell’export nazio-nale. Famosa per la sua pasta èGragnano, in provincia di Napoli. Nel 2003, nove pastifici si sonoriuniti nel Consorzio Città dellaPasta. Il primo obiettivo è stato lapromozione di un marchio collettivodi qualità. La storia della pasta aNapoli ha radici antiche. Molti gliartisti che l’hanno celebrata. Traquesti Antonio Viviani con “Li mac-cheroni di Napoli”, del 1824. Ilpoeta di Urbino illustra le varie fasidi lavorazione della pasta.Nell’opera compare per la primavolta la parola “spaghetto”. È passato alla storia anche l’amoredel compositore Gioacchino Rossini.Si racconta che il musicista, esauritele sue riserve a causa di un ritardodel fornitore, gli scrisse una letteradi sollecitazione firmandosi:“Rossini senza maccheroni”.Diversa l’opinione di GiacomoLeopardi. Ai maccheroni e ai napo-letani il poeta di Recanati dedicò “Inuovi credenti”, del 1835: “(…)tutta in mio danno/s’ama Napoli agara alla difesa/de’maccheronisuoi/; ch’aimaccheroni/anteposto ilmorir troppo le pesa”.I napoletanigli risposero per le rime. GennaroQuaranta, con la poesia

“Maccheronata” scrisse: “Ma se tuavessi amato i maccheroni/più de’libri, che fanno l’umor negro, nonavresti patito aspri malanni”.I maccheroni sono diventati nel1860 una metafora della città.L’imperatrice Eugenia, moglie diNapoleone III, inviò un messaggio aCavour sotto forma di siparietto.Alla presenza dell’ambasciatore pie-montese Costantino Nigra, il ciam-bellano di corte recitò la parte di

Cavour. In scena gli furono servitipiatti allusivi della situazione stori-ca del momento. Tra i piatti anche le arance sicilia-ne. L’uomo mangia tutto tranne unpiatto di maccheroni. Il messaggioera chiaro: l’imperatrice era dispo-sta a cedere la Sicilia, ma nonNapoli. Quando la città fu annessaal regno, Cavour rispose “I macche-roni sono cotti e noi li mangeremo”.

[ Laura Pirone ]

Pietro Gargano racconta

“Napoli e musicaun vero primatod’altri tempi”

Gastronomia partenopea

La pizzaha gli occhia mandorla

“Ho scritto molti libri sulle melodiedi Napoli prima di pensare a realiz-zare la Nuova Enciclopedia dellaCanzone Napoletana - raccontaPietro Gargano - L’idea è mostrarelo stato dell’arte della nostra musi-ca”. L’opera è un prospetto delpassato e del moderno mondo dellacanzone. “Parte dal ’200 - commen-ta l’autore - e arriva a oggi. Dalcanto delle lavandaie del Vomero“Jesce sole”, al madrigale, che siarricchisce dei contributi dellamusica colta, alle villanelle che var-carono i confini napoletani peressere apprezzate in Europa. Dalmelodramma e “Michelemmà”,all’opera buffa che sposta in teatro,per gente di lusso, le tradizionipopolari della canzone. Si arrivaall’Ottocento in cui le melodienapoletane si arricchiscono di musi-ca d’Oltralpe. L’avvio della canzo-ne classica napoletana si deve a “Tevoglio bene assaje” e “Funiculìfuniculà” create dopo la primametà dell’Ottocento. Del ‘900 sonole grandi figure di Libero Bovio eRaffaele Viviani”.L’autore pur conoscendo la diversi-tà di ruoli e importanza degli autoriantichi e attuali della canzonenapoletana, li mette insieme e liracconta. “In Salvatore Palomba,Enzo Gragnaniello, Pino Daniele,l’hip hop napoletano di livello euro-peo, c’è la scala classica dellanostra canzone - spiega - La melo-dia napoletana si arricchisce dinuovi elementi o involve per altriaspetti, ma le suggestioni nostranesaltano fuori comunque”. Ettore De Mura l’aveva pubblicata40 anni fa. Oggi è tra i cataloghi dilibri rari. Così Pietro Gargano, stu-dioso e appassionato della canzonenapoletana ed editorialista de “IlMattino”, ne ha prodotto unanuova.Il primo dei sei volumi della NuovaEnciclopedia della CanzoneNapoletana è in libreria. Lo accom-pagna un cd rom che completa illavoro di un autore o la discografiadi un cantante. L’opera aggiorna leschede di fenomeni e protagonistidella storia della canzone napoleta-na e si arricchisce delle analisi edelle notizie emerse. È organizzatain ordine alfabetico per i protagoni-sti, più un glossario, gli editori, lebiografie dei cantanti forestieri chehanno arricchito la nostra tradizio-ne e un inventario dei luoghi dellamusica. Curiosità e proverbi appro-fondiscono l’argomento, impreziosi-to dai contributi di MauroGiancaspro, Antonio Ghirelli,Salvatore Palomba e MimmoLiguoro. La Nuova Enciclopediadedica spazio a compositori e musi-cisti poco ricordati rispetto a paro-lieri e poeti. “Alcuni come MarioCosta, Francesco Paolo Tosti eVincenzo Valute - aggiunge Gargano- non erano napoletani ma hannodato grossi contributi alla nostracanzone che deve la sua fama anchealla qualità della musica”. PietroGargano dice che “Sergio Bruni èstato il più grande interprete e com-positore di canzoni napoletane almondo. Roberto Murolo è il rifor-matore della parola, l’ha resa com-prensibile a tutti. Mario Merola èl’ultimo ponte tra canto e popolo”.Le appendici dell’opera trattano delcantaNapoli nel mondo. “Il Festivaldella canzone napoletana fu inter-rotto a Capri nel 1970. Il marchiofu rilevato da un siciliano che finoall’anno scorso lo ha riproposto alteatro Mediterraneo. Nel mondo cisono Festival di musica napoletanacome quello che Ernesto Guarinoorganizza a Capua”.

[ Patrizia Varone ]

Sica, Clark Gable e ancora oggi lesue creazioni rivivono nelle operedei suoi discendenti, Giuseppe eMassimiliano.L’attenzione per i dettagli è anchealla base dei lavori di Ciro Paone,ovvero “Mr Keaton”: il suo gruppovanta 451 dipendenti, 22mila capiprodotti l’anno e 23milioni di eurodi fatturato. Massimi esempi di suc-cesso nel settore sono però la botte-ga Marinella e il marchioFerragamo. La prima, che un tempo era cono-sciuta solo nel quartiere Chiaia,negli anni si è rinnovata e oggi hadue sedi distaccate a Milano e unanel departement store BergdorfGoodman di New York. Salvatore Ferragamo, originariodell’Irpinia, invece, è tra i nomidella moda più conosciuti al mondoe da sempre sinonimo di lusso.A lui nel 1995 è stato dedicato un

museo nella casa madre di PalazzoSpini Feroni a Firenze.Discorso a parte meritano GennaroMoscariello, più noto come RoccoBarocco, che iniziò la sua carrieraa Roma tra il 1967 e il 1973, otte-nendo premi prestigiosi (“Mascherad’argento” per l’alta moda;“Singer” a Pittsburgh come migliorstilista) e il designer Luigi Borrelli.Sue le cravatte, tra gli altri, diEmanuele Filiberto di Savoia. Napoli come capitale della modanon è comunque una novità.La scuola napoletana si era impostaa livello internazionale già neglianni ’30 del secolo: Serafini, DeNicola, Blasi, Rubinacci sono inomi di sarti famosi non soltanto incittà. Il loro pubblico? Poeti e pittori,autori di canzoni e giornalisti, atto-ri e commediografi.

[ Ornella d’Anna ]

Una natività

Una sfilata di Ferragamo

Pizza, mandolino e Fujiama. I giap-ponesi conquistano e fanno propri icontrassegni della napoletanità.Dopo aver ascoltato “O’sole mio” e“Funiculi funiculà” interpretate dacantanti dagli occhi a mandorla,ora è certo che la margherita piùbuona in assoluto si prepara nellacapitale nipponica. Lo ha decretato una giuria di esper-ti che al Pizzafest 2006 di Napoliha incoronato, per la seconda voltain tre anni, Makoto Onischi diTokio miglior pizzaiolo al mondo. È certo un segno dei tempi, uneffetto della globalizzazione: proiet-tati così lontano gli stereotipati sim-boli della città si rivelano ancor dipiù immagini da cartolina. Eppure, come nel male la camorra,così nel bene rimane questo il mar-chio da esportazione di Napoli. A confermarlo una classifica del-l’autorevole rivista statunitenseForbes, specializzata in analisifinanziarie, che colloca alcuni piz-zaioli-imprenditori europei e nord-americani tra i cento uomini piùricchi al mondo. Tempo di grandisuccessi, dunque, per i pizzaioli, enon solo all’estero. Oggi più chemai fanno sentire il loro peso nell’e-conomia napoletana: Antonio Pace,fondatore dell’associazione “Veracepizza napoletana” e erede di quelBrandi che inventò la margherita, èstato eletto poche settimane fanuovo presidente provincialedell’Ascom a grande maggioranza.C’è da scommettere che faranno ditutto per riconquistare lo scettro.

[ Luca Romano ]

Nei pastifici campani si lavora ancora secondo i metodi dei vecchi maestri pastai, foto di G.Nardone

Gli scultori emergono nei libri diGennaro Borrelli, storico dell’arte,che racconta del presepe napoleta-no. Artisti appena menzionati neitesti tradizionali assurgono a prota-gonisti di movimenti culturali.“Domenico di Venuta - sostieneBorrelli - nel 1700 realizza un pre-sepe inimmaginabile per l’epoca.Le figure, fino allora a grandezzaumana, diventano alte 60 centimetrie la realtà irrompe rendendo d’avanguardia la scena natale”.Il presepe di Domenico Di Venuta èil primo nella scarabattola, obacheca, ordinato da una chiesa.I pastori prendono atteggiamentiquotidiani, le mani rappresentanomovenze vere, volti e arti sono inlegno. Lo scheletro è in fil di ferro ecanapa e gli abiti sono in seta.“Dopo Di Venuta finiscono le inno-vazioni - afferma -. I pastori hanno atteggiamenti sem-pre uguali”.Le figure slegate dalla scena conMadonna, San Giuseppe eBambino, che San Francesco avevacreato sono presenti già nel 1300per richiesta delle nobildonne napo-letane. La Madonna dormiente conal fianco il bambino, ne è un esem-pio. “Il presepe napoletano ha ori-gini antiche - spiega - E’ considera-to un evento mistico che tiene contodella realtà”. Nel 1400, i fratelli Alemanno cor-rompono la scena della natività conprofeti e sibille. Pietro Belverte,scultore, nel 1500 ne realizza uno agrandezza umana. Il 1600 è il secolo della rottura colpassato. Il realismo di Caravaggiotravolge la scultura e dunque il pre-sepe. Le figure restano a grandezzaumana ma diventano specchio quo-tidiano. Come il complesso ligneo diSanta Maria in Portico, realizzato

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prese le nostre difese e cacciò quei quattro farabutti.Ma rimane indicativa dell’ostilità che siamo staticostretti a subire dal baronato napoletano”. Quandoparla degli anni eroici della fondazione, però, il tonocambia. “Tutto è iniziato nel ’75. Io facevo ancoral’avvocato, ma spendevo una fortuna in libri. Non

avevo le grandi fortune diFeltrinelli, quello che guadagnavo lousavo per mettere su una grandebiblioteca a Napoli. Poi un giorno iltelefono squillò. Era Elena Croce:‘Marotta stiamo arrivando a casasua con Enrico Cerulli’, che era ilpresidente dell’Accademia dei Lincei. Vennero e Cerulli mi disse: ‘biso-gna fondare subito un Istituto, hogià convocato il notaio inAccademia’. Dovetti lasciare tutto.Di punto in bianco”. Marotta ricor-

da la passione e il senso di urgenza che animarono iprimi anni di lavoro. “L’abbandono scolastico rag-giungeva picchi inauditi. Per salvare Napoli occorre-va creare un’iniziativa diretta alla formazione di unanuova classe dirigente, che pensavamo potesse sorge-re solo dal Sud. Inoltre volevamo arrestare il recluta-mento della camorra tra i giovani e creare un polomeridionale di alta formazione”. Ogni anno ancoraoggi l’Istituto assegna borse di studio, organizzaseminari, promuove la stampa pubblicazioni”.

[ Alessandro Potenza ]

Ha fatto leggere Giambattista Vico e Giordano Brunoa mezza Europa. Ha pubblicato manoscitti di Hegelprima dei tedeschi. Ha formato e finanziato giovaniche oggi siedono sulle più importanti cattedre delmondo. L’Istituto italiano degli studi filosofici s’im-pone oggi come “la più grande realtà nel suo genereal mondo”, definizione Unesco. Maper far arrivare in vetta la sua crea-tura, il fondatore Gerardo Marottaha dovuto sacrificare quasi tutto.“Quando ho iniziato ero un riccoavvocato. Oggi non mi è rimastoquasi più niente. Fino al 1991 siamoandati avanti esclusivamente con imiei fondi personali. Ho dovuto ven-dere gioielli e immobili per pagare inostri ricercatori”. Solo dopo sedicianni l’istituto ottenne una primaimportante somma dalla Cassa delMezzogiorno. “Ci diedero cinque miliardi, a noi sem-brava un sogno. Poi nel’ 93 se ne aggiunsero altridieci, provenienti direttamente dalla presidenza delConsiglio”. Nelle parole dell’anziano mecenate s’insi-nua una nota di amarezza. “Apriti cielo. Uno stuolodi accademici si rivoltò contro il provvedimento efece ricorso prima all’avvocatura dello Stato, poi allaCamera”. Spadolini, allora presidente aMontecitorio, inviò una spedizione di funzionari percontrollare la contabilità della struttura napoletana.“La questione si risolse nel resto di niente, Spadolini

come ieri. “I napoletani – spiega Ortis - voglionobene agli allievi della scuola, perché la sentono partedella loro storia. Anche chi viene dal nord, come me,si è sentito e si sente a casa. Ricordo ancora gli odori, i suoni, i colori, la ricchez-za architettonica e paesaggistica della città, il caloredelle persone. Fu così che mi innamorai di

Napoli”.Sono stati allievi dellaNunziatella Vittorio Emanuele III, ilDuca d’Aosta, i patrioti CarloPisacane e Guglielmo Pepe, l’attualeMinistro della Difesa Arturo Parisi,il Capo di Gabinetto del Ministrodell’Interno Carlo Mosca. Nel marzodel 1950 è nata l’ “AssociazioneNazionale ex allievi” per tenere vivolo spirito e le tradizioni della scuola eper consentire agli ex allievi di man-tenersi in contatto. Sono quattromila

i soci con quindici sedi distaccate in tutta Italia.Tutticonservano la “cravatta sociale” per i momenti piùimportanti. Arturo Parisi l’ha indossata per il giura-mento del nuovo Governo davanti al Presidente dellaRepubblica.Ed è stato proprio Ortis a prestargliela…“Solidarietà fra ex allievi. – conclude il presidente -Arturo doveva andare al Quirinale per il giuramentoe aveva dimenticato la “nostra” cravatta a Bologna,io ne avevo una in più e quindi …”

[ Marco Lombardini ]

i saperi 76 i saperi inchiostroaprile 2007

Quest’anno stata è finita sotto i riflettori per ladiscussa visita del ministro dell’Università FabioMussi. La Conferenza dei rettori, infatti, dopo itagli della Finanziaria aveva chiesto di non ospita-re il ministro nelle facoltà italiane come forma diprotesta. Ma la Seconda Università di Napoli hapreferito il confronto diretto con le istituzioni. Ilministro ci è andato e da lì ha lanciato anche unappello per la ricerca. L’università ha iniziato lasua attività ufficialmente nel 1992 con quasi 19mila iscritti e 8 facoltà. Oggi le facoltà sono diven-tate 10, compresa la neonata di Studi Politici eper l’Alta Formazione Europea e Mediterranea“Jean Monnet”. Conta circa 28 mila studenti, 800tra docenti e ricercatori, 38 corsi di laurea trien-nali, e 28 lauree specialistiche. La caratteristica

della Sun, che ne fa un unicum in tutta Italia, è ladislocazione in 8 comuni della Regione Campania:Aversa, Capua, Santa Maria Capua Vetere,Marcianise, Avellino, Benevento e Napoli. A que-ste si aggiunge Caserta dove è nascerà il nuovoPoliclinico. L’istituto non tralascia neanche le quote rosa.Merita di essere menzionata la scuola “Donne,politica e istituzioni per la promozione delle pariopportunità nei centri decisionali della politica”.L’università sta ingrandendo il suo raggio d’azio-ne anche all’estero. Accordi sono nati colaStataledi Mosca per incrementare la ricerca nel campodell’innovazione, coinvolgendo sia il mondo delleimprese campano che quello russo.

[ I. P.]

Cooperazione scientifica e tecnologica, scambi cul-turali, mobilità di studenti e docenti. L’Universitàdegli Studi del Sannio diventa sempre più interna-zionale. Nei giorni scorsi c’è stata la visita di unadelegazione dell’ambasciata della RepubblicaPopolare Cinese in Italia. “La nostra intenzione –ha dichiarato il rettore Filippo Bencardino – èquella di avviare una proficua collaborazione conle università e i centri di eccellenza cinesi. In que-sto quadro vogliamo favorire gli scambi per i dot-torati e per le lauree magistrali. Speriamo chemolti studenti cinesi vengano nella nostra cittàpiccola, ma accogliente”. Con questa iniziatival’università del Sannio ha in progetto di farsi pro-motrice di una innovativa azione di promozioneinternazionale degli atenei campani nel Sol

Levante. Dal canto suo il capo delegazione cineseSun Chengyong si è mostrato interessato ai risul-tati raggiunti e alle opportunità offerte da un gio-vane ateneo come quello sannita. Secondo il consi-gliere cinese: “la collaborazione con l’universitàdi Benevento potrà essere proficua perché si trovain una zona strategica anche geograficamente”.Questi risultati sono stati raggiunti anche grazieall’attivazione nell’ateneo di undici corsi di primolivello e undici di laurea specialistica. Intanto l’u-niversità del Sannio, ha rinnovato anche la con-venzione con l’Unicef. Grazie a questo accordonei prossimi mesi inizierà l’XI corso multidiscipli-nare di educazione allo sviluppo dedicato al“Diritto alla Partecipazione”.

[ E. B. ]

Già prima dell’anno 1000 Salerno era molto famosaper il suo clima salubre e la sapienza dei suoi medi-ci. Di essi si racconta che erano privi di cultura let-teraria ma forniti di grande esperienza e di uninnato talento. Era la prima scuola medica euro-pea. La storia ci consegna di quella esperienza sol-tanto un’eredità tramandata oralmente che oltre-tutto è caduta in secondo piano quando nacquerole prime università di medicina, tra cui quellanapoletana. Ma queste nobili radici sono staterispolverate negli ultimi anni dall’Università diSalerno (Fisciano). La facoltà di medicina, infatti,è una delle novità con cui l’ateneo campano si èproposto sul mercato dell’offerta universitaria. Giànei primi anni ’90 un accordo tra Stato, Regione eComune prevedeva la sua nascita, ma poi lil defini-

tivo protocollo d’Intesa con cui è stata istituita laFacoltà risle al 2002. Il 2006-2007 è il primo annoaccademico, quindi è presto per fare delle valuta-zioni in merito. Un segnale positivo però, provieneproprio da Napoli. A chi pensava che si sarebberocreati attriti e dissidi tra la facoltà napoletana equella salernitana ha risposto il preside dellaFacoltà di medicina della Federico II, GiuseppePersico. In un’intervista al Mattino Persico hadetto che l’apertura della nuova facoltà a Fiscianorappresenta uno stimolo sia per Napoli “a faresempre meglio dal punto di vista didattico e profes-sionale” sia per Salerno, grazie “alle convenzioniche si potranno stringere con le aziende sanitarielocali a tutto vantaggio di studenti e pazienti”.

[ Eugenio Bonanata ]

Seconda Università, lezioni in 8 città della regione Nel Sannio si punta sulla collaborazione con l’AsiaA Fisciano gli eredi della Scuola medica salernitana

Lo studio del diritto. E’ la peculiarità dell’univer-sità “Federico II”. Nata dalla generalis lictera del-l’imperatore svevo Federico II nel 1224 è l’ateneopiù antico tra quelli esistenti. Già dall’inizio gli furono assegnati compiti benprecisi: la formazione esclusiva del personaleamministrativo e burocratico della curia regis e lapreparazione dei giuristi che avrebbero aiutato ilsovrano nella definizione dell’ordinamento statalee nell’esecuzione delle leggi.Ma nel corso degli anni si accresce per prestigioanche sotto l’aspetto scientifico, mentre deve sub-ire forti limitazioni sotto quello giuridico all’iniziodel novecento. Solo con la legge Gentile e il radicale riordinamen-to degli atenei ritornerà ad avere il proprio splen-dore. Dalla seconda metà del novecento, con lagenerale trasformazione delle università italiane,l’ateneo napoletano sarà secondo, per dimensio-ne, solo a quello di Roma.I numeri parlano chiaro: 96687 studenti iscritti,3121 professori, 3 poli, 13 facoltà, 85 corsi di lau-rea triennali, 72 corsi di laurea specialistica, 70master di primo e secondo livello, 66 scuole dispecializzazione e 42 corsi di perfezionamento. Il profondo rinnovamento edilizio, l’arricchimen-to dell’offerta formativa e il consolidamentoamministrativo stanno mettendo all’ateneo fride-riciano di poter affrontare in maniera determi-nante la nuova situazione.

[ Nicola Salati ]

Federico II

Qui è il dirittoSempre eccellenti gli studi giuridici

Nella Napoli della Controriforma, la storiaumana e spirituale di Suor Orsola Benincasaconduce a quella dell’Università che porta il suonome. La cittadella monastica che alle pendicidel Monte Sant’Elmo si apre su un panoramamozzafiato, alla fine del Cinquecento costituì illibero ritiro della mistica napoletana. Oggi è lasede centrale dell’Ateneo.Con un balzo di tresecoli, arriviamo al 1891 e alla trasformazione diquesti luoghi in un preciso progetto educativo,realizzato nell’Istituto diretto da Adelaide delBalzo Pignatelli attraverso i corsi del Magistero.Che portarono nella città studiosi del calibro diBenedetto Croce. Ancora oggi, la figlia Silviapresiede l’Ente Morale a cui fa capo la strutturadel Suor Orsola. Che partecipe dell’attualedibattito intellettuale italiano ed europeo, scan-dito dall’organizzazione di convegni e seminari,ha modificato l’assetto del Magistero, attraversoun iter completo di studi e di tre facoltà: Scienzedella Formazione, Giurisprudenza e Lettere. In questo quadro, oltre al Museo Storico inaugu-rato nel 2004, si inscrive la Scuola diGiornalismo, convenzionata con l’Ordine nazio-nale dei giornalisti. In cui le attività di praticaprofessionale sono supportate da una redazione euno studio di registrazione televisiva. “Una specifica realtà, che nonostante la fortedomanda culturale, non era stata espressa dallacittà,” commenta il Rettore De Sanctis.

[ Nadia Fiore ]

Suor Orsola Benincasa

Storia e futuroDal magistero al master in Giornalismo

La Scuola di Atene

Dai pitagorici agli atenei di oggi: la storia del sapere in CampaniaLa cultura e i saperi sono nel codice genetico della Campania. Sin dallaprima fondazione, Napoli è stata uno dei più importanti centri della filo-sofia pitagorica. A Elea, oggi chiamata Velia, in provincia di Salerno, c’erauna fra le maggiori scuole filosofiche dell’antichità, fondata da Parmenide.Una scuola, quella eleatica, che, con la sua influenza ha segnato tutta lacultura della Magna Grecia. Secoli più tardi è sorta a Salerno una scuolamedica in grado di rivaleggiare per prestigio con le Università di Napoli edi Bologna. La fondazione nel capoluogo campano della più anticaUniversità d’Europa, ad opera dell’imperatore Federico II, ha coronato dun-que una tradizione antica. Negli ultimi decenni la Campania ha arricchito

la propria offerta formativa, raggiungendo un importante primato a livellonazionale. Oggi è la regione italiana con il maggior numero di atenei: bensette, ognuno con i suoi peculiari percorsi di studio. L’Università Orientaleè l’unico istituto italiano, insieme alla Cà Foscari di Venezia, a vantare unaforte specializzazione nel settore dell’interculturalità, mentre l’UniversitàParthenope offre anche un percorso formativo sulle problematiche legateal mare. Alle sette Università si aggiungono poi Centri di Studi comel’Istituto Italiano di Studi Filosofici, Biblioteche storiche e l’EmerotecaTucci, che quest’anno celebra il suo centenario.

[ Daniele Demarco ]

La Cina è sbarcata sui lidi di Napoli molto primadel boom economico. Il missionario italiano MatteoRipa insieme con quattro giovani cinesi e un mae-stro di lingua e scrittura mandarinica, giunsero incittà già nel 1724. All’epoca non portarono nulladi taroccato, ma solo l’idea di diffondere il sapereautentico della madre patria. Il gruppo formò ilprimo nucleo dell’odierna università “Orientale”,il principale ateneo statale italiano specializzatonello studio e nella ricerca delle realtà linguistico -culturali delle aree extraeuropee. Attualmente l'Istituto è specializzato negli insegna-menti linguistico - letterari e storico - artistici ine-renti l’Oriente e l’Africa, ma un posto particolareè riservato anche ai paesi mediterranei, È possibile studiare lingue che difficilmente sonoapprofondite altrove in Italia, a cominciare dall’-hindi fino all’aramaico, dal sanscrito fino all’ur-du. Sono attive quattro facoltà universitarie:Lettere e Filosofia, Lingue e LetteratureStraniere, Scienze Politiche e Studi Arabo -Islamici e del Mediterraneo. Insieme all’attenzione per la cultura e per lesocietà dei paesi esteri, lo studio è mirato anchealla conoscenza delle dinamiche politiche e istitu-zionali degli ultimi anni.L’università non tralascia di offrire anche unaserie di opportunità professionali di carattereinternazionale, allo scopo di aiutare gli alunni nel-l’inserimento nel mondo del lavoro.

[ Iole Palumbo]

Orientale

Non solo CinaDove si studia il mondo che parla

Le facoltà di Economia e di Scienze Nautiche.Sono queste le due eccellenze che fanno primeggia-re in Italia l’università degli studi “Parthenope”.Nata in seguito alla revisione dello statuto dell’isti-tuto universitario Navale ha raggiunto nel corsodegli anni una crescita strutturale, culturale edimensionale che prosegue costantemente. Si è partiti dal migliaio d’iscritti dei primi anniOttanta per arrivare a una popolazione studente-sca che nel corso dell’ultimo anno ha superatoquota quindicimila. Per i prossimi anni la previsione degli organi di ate-neo è quella di arrivare a 25mila iscrizioni.Attualmente sono attivi sette corsi di laurea trien-nale e tre di laurea specialistica.La crescita trova il suo significato anche nelladelocalizzazione sul territorio delle attività che visi tengono. Oggi si contempla la costruzione dellafacoltà di Scienze Motorie nella zona di Bagnoli -Coroglio, la sistemazione in via Medina dei dipar-timenti della facoltà di Economia e la realizzazio-ne delle facoltà di Scienze e Tecnologie eIngegneria al centro direzionale. Ma il punto su cui si vuole ingrandire la“Parthenope” è quello della formazione post-laurea.E’ in corso di ristrutturazione il complesso monu-mentale “Villa Doria d’Angri” a Posillipo perpoter essere destinato a incontri seminariali, amaster e corsi di specializzazione, a eventi cultu-rali nazionali e internazionali.

[ N. S. ]

Parthenope

Navale e oltre7 corsi di laurea per 15mila studenti

Alessandro Ortis è uno degli ex allievi della scuola che hanno fatto strada

“Alla Nunziatella mi innamorai di Napoli”Amarcord. Alessandro Ortis, friulano, è presidentedell’Autorità Energia e Gas dal 2003 ma ricorda conpiacere e nostalgia gli anni (1958-1962) in cui è statoallievo della Nunziatella di Napoli. “Sono grato alla scuola. È stata ed è capitolo impor-tante della vita di tutti gli allievi. Mi ha dato discipli-na e autodisciplina. Ma anche una preparazione sco-lastica eccellente.Mi ha regalatocompagni di corso e di amiciziastraordinari oltre a un bagaglio chemi ha aiutato nel percorso universi-tario e nella vita professionle”. La Nunziatella compirà 220 anni ilprossimo 18 novembre.È la più antica scuola militaredell’Esercito italiano ed è stata fon-data nel 1787 dal generale GiuseppeParisi su volontà di Ferdinando IVdi Borbone. Nasce come “RealAccademia Militare” e cambia diverse denominazionifino a chiamarsi, dal 1953, “Scuola MilitareNunziatella”. È un istituto atipico perché prepara siaalla vita civile che a quella militare.Vinto il concorso di ammissione gli allievi, che pro-vengono da tutte le regioni e da ogni estrazione socia-le, dopo tre anni di corsi sono liberi di arruolarsinell’Esercito o iscriversi all’Università. Il rapporto con Napoli è particolare. La gente e leistituzioni sono da sempre vicine alla scuola. I ragaz-zi in libera uscita sono rispettati e ammirati. Oggi

Cadetti della Nunziatella

Il miracolo dell’Istituto italiano degli studi filosofici creato da Gerardo Marotta

Dalle pandette alle scienze e alla filosofia

Il fondatore dell’Istituto Gerardo Marotta

Quattro istituti di studio conservano la tradizione culturale partenopea e la proiettano nelle sfide del domani

Le punte d’eccellenza della ricerca in cittàLe biblioteche storiche e l’incubatore d’impresa mirano a valorizzare a livello internazionale le competenze locali

Città della Scienza rappresentauna delle iniziative più avanzatein Italia per quanto la formazionedi un sistema di diffusione delleconoscenze scientifiche e tecnolo-giche. La struttura è articolate intre macroaree: lo Science Center,l’incubatore d’imprese Bic, ilCentro di Alta Formazione, più unmoderno spazio eventi per con-gressi e attività culturali.Città della Scienza è sorta all’in-terno del più antico insediamentoindustriale dell’ex Italsider diBagnoli e si è rapidamente propo-sta come polo di attrazione per losviluppo dell’intera area occiden-tale della città. La struttura è stata inaugurata nel1996. Dal luglio 2005 la RegioneCampania ha acquisto la maggio-ranza della struttura, facendodiventare Città della Scienza unasocietà controllata dall’ente regio-nale. Nel 2007 è prevista la realiz-zazione dell’ultimo lotto, relativoall’apertura di un museo sul corpoumano provvisoriamente intitolato“Corporea”.

Città scienzaIl Politecnico delle Arti è nato loscorso ottobre dalla collaborazionedel Conservatorio di San Pietro aMajella, dell’Accademia delle BelleArti, con il contributo economicodella Regione.Il Politecnico è un laboratorio spe-ciale dove la creatività artistica emusicale si fondono e s'integranograzie ad una struttura polifunzio-nale tecnologicamente e scientifica-mente attrezzata. L’obiettivo delprogetto è la valorizzazione e la pro-mozione a livello nazionale e inter-nazionale delle arti figurative svi-luppate in Campania. Con il Politecnico delle Arti,Regione, Conservatorio di SanPietro a Majella e Accademia inten-dono sviluppare una filigrana diiniziative e manifestazioni comunidestinate al potenziamento e almiglioramento delle strutture arti-stiche e culturali a Napoli, alloscopo di garantire un miglioreaccesso, alla formazione, alla cultu-ra attraverso iniziative di innovazio-ne tecnologica e ad alto tasso di par-tecipazione giovanile.

Politecnico artiL’Accademia Pontaniana è la piùantica d’Italia, precede di poco lanascita della Medicea di Firenzeanche se la data della sua fondazio-ne è incerta. Si può presumibilmente collocarlaintorno alla metà del Quattrocento,all’interno del cenacolo dei letteratiche gravitavano intorno alla cortereale aragonese. Deve il suo nomeallo storico Giovanni Pontano, chene fu promotore. Dopo un lungo periodo di decaden-za durante il regno il Settecentol’Accademia risorse ai primidell’Ottocento, suddivisa in treclassi: matematica, letteratura,scienze morali e filosofia.Attualmente, l’Accademia possiedeuna ricca biblioteca di oltre tremilavolumi, pubblica periodicamente isuoi “Quaderni”, promuove conve-gni e simposi. Si propone di coltivare le "scienze,le lettere e le arti" allo scopo di farrivivere lo spirito umanistico deisuoi fondatori e curare la conoscen-za, la conservazione e lo sviluppodel Mezzogiorno.

PontanianaIl Conservatorio di San Pietro aMajella trae le sue origini nei 4Orfanotrofi sorti nel ‘500 nellezone più povere di Napoli. Naticome istituti della misericordiaper aiutare i bambini orfani eabbandonati, nell’arco di circa unsessantennio si trasformano invere e proprie scuole musicali persoddisfare le esigenze di una socie-tà che richiede in numero sempremaggiore cantanti virtuosi, stru-mentisti e compositori, sino a tra-sformare gli orfanotrofi nei luoghiin cui si conservava la musica,vale a dire i Conservatori. Dopoun lungo periodo di declino, per ilConservatorio giunge la restaura-zione borbonica, e per ordine diFrancesco I nel 1826 è definitiva-mente trasferito nell’anticoConvento dei Padri Celestini.Nasce così il la struttura di SanPietro a Majella che è sede anchedi una Biblioteca dove si conser-vano autografi, manoscritti estampe rare relative, in particola-re, alla musica del ‘700 napoletano.[ a cura di Renato d’Emmanuele ]

Conservatorio

Page 5: inchiostro - unisob.na.it · medaglia di “Gomorra” non diventi anche il punto di partenza per il riscatto? Speranza e riscatto ... nuovo re Ferdinando II fa di Napoli una città

Lituania ne ha già ordinati tre.Ma c’è di più. Tra le novità di Alenia si annoveraanche il progetto Molynx, nuovo velivolo non pilo-tato per il monitoraggio del territorio. Un aereodalle linee e dalle funzioni originali: il velivolomonitorerà per lungo tempo il territorio sorvolatoanche in presenza di condizioni meteo poco favo-revoli. Il suo obiettivo è fornire in tempo realedati di specifico interesse per quelle istituzioninazionali e internazionali impegnate nella prote-zione e nella salvaguardia della popolazione e del-l’ambiente.

[ Anna Clemente ]

8 la ricerca le conquiste 9inchiostroaprile 2007

Potrebbe partire da Napoli il“motore” per un ambiente più puli-to. Dal 1997 l’Istituto Motori delConsiglio Nazionale delle Ricerchesta mettendo a punto programmiper garantire alle automobili mag-giore potenza con minori consumi.Quello che potrebbe essere lo slogandi una nuova vettura, è invece l’o-biettivo che i ricercatori napoletanistanno portando avanti ricerche suun doppio binario. Da un lato,migliorando le prestazioni dei moto-ri esistenti. Dall’altro, facendoricerca su nuove fonti energetiche.“Nel primo casospiega FeliceCorcione, ex direttore dell’IstitutoMotori di Napoli - si tratta diabbassare sempre di più il consumodi combustibile. Nel secondo caso,si tratta di capire attraverso l’uso diquali fonti si può guardare al futurodella circolazione su gomma”. Iricercatori del Cnr, guidati ora daGiuseppe Police, considerano l’i-drogeno una soluzione, a lungo ter-mine, per risolvere il problema del-l’inquinamento ambientale. E’ ungas pulito perché non contiene car-bonio ma, se bruciato, produce ossi-do di azoto e particelle sottili, cioèelementi che inquinano l’atmosfera.Per aggirare il problema, continuaCorcione, si dovrebbero utilizzareconvertitori elettrochimici, le cosid-dette celle combustibili. Tutto que-sto, però, ha un costo molto alto epuntare solo sulle centrali idroelet-triche, in Italia, potrebbe essereun’utopia. Un’alternativa cui ricor-rere più a breve termine sarebbeinvece quella dei biocombustibili. Inaltre parole, oli vegetali come quelli

di colza o di girasole, da miscelarenei motori diesel. In questo modo siridurrebbe l’immissione di inqui-nanti nell’aria riuscendo a rispetta-re il mandato di Kyoto. E inoltresi sfrutterebbero risorse interne,alimentando l’agricoltura. Di paripasso le case automobilistichedovrebbero dare garanzie circa ilfunzionamento dei motori dieselcon oli vegetali, come già accade in

Germania e in Francia. Secondo leultime ricerche, la quantità massi-ma di olio vegetale tollerabile all’in-terno di un motore è del 60%. Maquanto è concreta la possibilità chel’Italia incominci a utilizzare fontialternative? Per Corcione non cisono dubbi: “Quando il prezzo delpetrolio sarà insostenibile – dice – igoverni non avranno altra scelta”.

[ Diego Dionoro ]

La Stazione Zoologica

L’eredità diAnton Dohrn

Capodimonte: polvere di stelle allo studio dei ricercatori dell’Astronomico

E la vita ebbe inizio dalle cometeIl direttore Colangeli: “Lavoriamo al fianco di Nasa ed Esa”

Scienza e cultura, nella Napoli difine Ottocento, trovano un significa-tivo punto d’incontro nell’iniziativadi Anton Dohrn. Lo scienziato tede-sco, sostenitore delle teorie evoluzio-nistiche di Charles Darwin, deciseche la città sarebbe stato il postoideale per sviluppare un istituto diricerca internazionale, dedicato allabiologia marina. L’idea si concretiz-zò nella Stazione Zoologica, inaugu-rata nel 1875 con il nome del suofondatore. La scelta nasceva dallapossibilità di sfruttare la ricchezzadella flora e della fauna delMediterraneo in una città tra le piùgrandi e attraenti d’Europa. Fin qui, le origini. Ma la storia scien-tifica dell’Istituto è ancora quellatracciata da Dorhn. Che attivò l’in-novativo “sistema dei tavoli di ricer-ca” e permise in soli dieci anni a piùdi 2.220 ricercatori di 15 differentipaesi, di collaborare a numerosi pro-getti di studio. Dopo 135 anni diintensa attività la struttura napoleta-na è ancora al centro dell’attenzionescientifica internazionale. “Con unorganico di quasi 300 ricercatorisuddivisi in 12 laboratori, disponia-mo anche di un’area per la gestioneambientale e ecologica delle AreeTemperate e Polari - spiega il presi-dente dell’Istituto Giorgio Bernardi -C’è inoltre un Turtle Point: un cen-tro di riabilitazione e cura delle tar-tarughe marine”. Non solo scienza,però. Nell’acquario più antico delmondo la dimensione scientifica siconiuga con quella artistica e musica-le con la Sala degli Affreschi e laBiblioteca con le collezioni e i Musicidell’Aquarium.

[ Nadia Fiore ]

Al Cnr si lavora a propulsori puliti per la difesa dell’ambiente

In auto senza inquinare Lo scienziato Corcione: “Scelta obbligata , il petrolio non ha futuro”

L’Istituto Motori del Cnr

All’avanguardia la scuola di genetica

Cervelli in cassaforte Ballabio resterà al Tigem

Osservatorio Vesuviano

Il guardianodei vulcaniÈ da oltre centocinquanta anni l’oc-chio che vigila sul Vesuvio. Oggi è il riferimento della protezionecivile per le emergenze sismiche evulcaniche su tutto il territorionazionale. L’Ossevatorio Vesuviano,edificato nel 1841 dai Borbone suprogetto dello scienziato TeodoroMonticelli, è un’istituzione conosciu-ta in tutto il mondo: il Portogallo hachiesto collaborazione per il monito-raggio dell’attività vulcanica nelleisole Azzorre, la Spagna per il vulca-no Teide nelle Canarie; altri progettidi ricerca sono stati attivati nelparco dello Yellowstone e per ilMontserrat nell’Isola caraibica diSt.Kitts. “Persino i vulcanologi giap-ponesi sono interessati alle ricerche ealle tecnologie che mettiamo a puntoqui”, dice con orgoglio il giovanedirettore Giovanni Macedonio. Tra le novità più importanti c’è il“Sar”, un sistema di rilevamentosatellitare messo a punto con l’Entespaziale europeo, che consente diosservare dallo spazio con precisioneogni variazione sulla crosta terrestre.Così si è potuto rilevare, ad esempio,il sollevamento del suolo a Pozzuolidi tre centimetri nell’ultimo anno.Anche queste immagini, come i trac-ciati dei sismografi, sono a disposi-zione di studiosi e curiosi sul sitointernet in tempo reale(www.ov.ingv.it ). “Organizziamoattività a tutti i livelli – sottolineaMacedonio dalle gite con i bambinidelle scuole elementari all’ospitalitàper i tesisti provenienti dalle univer-sità di tutta Europa La sensibilizza-zione al rischio e la didattica sononostri obiettivi primari”.

[ Luca Romano ]

La propria casa, il quartiere, lacittà, la regione, la nazione, ilmondo intero, visti dalle galassieche popolano l’universo, altro nonsono che un infinitesimo granello disabbia. Ma loro, le moltitudini distelle che brillano nella notte, visteda un Osservatorio, quello diCapodimonte, danno la sensazionedell’infinito.L’astrofisico Luigi Colangeli, classe1958, dirige dal novembre 2005l’Osservatorio di Capodimonte, e dipolveri cosmiche è un esperto rico-nosciuto a livello internazionale.“L’Agenzia Spaziale Europea ESAsta conducendo l’eccezionale mis-sione Rosetta - dice il direttore –cui partecipa anche il nostroOsservatorio con GIADA, uno stru-mento ad altissima tecnologia chestudia le polveri cosmiche. Il satelli-te Rosetta lo scorso febbraio ha sor-volato Marte e nel 2014 raggiungeràla cometa 67P Churyumov-Gerasimenko per studiarla da vici-no e per sganciare sulla sua superfi-cie il “Lander Philae”. Sempre aproposito di comete, i ricercatoridell’Osservatorio e dell’UniversitàParthenope hanno potuto analizza-re i primi frammenti raccolti diret-tamente da una cometa con la mis-sione Stardust della NASA.“Le polveri raccolte dalla cometaWild-2 contengono molecole checostituiscono l’ossatura delle mole-cole organiche”, afferma Colangeli. Da Napoli partono numerose ricer-che su sole, pianeti, stelle e galassie,e vengono messe a punto innovativetecnologie per l’osservazione degliastri. “I progetti pensati per l’a-strofisica – conferma Colangeli –

trovano utilizzi anche in altri ambi-ti, come il monitoraggio di polverisottili che inquinano l’atmosfera.Nei nostri piani sono già coinvolteaziende campane che stanno acqui-sendo un know-how innovativoderivante dai nostri progetti”. Non solo grande scienza, però.Anche i cittadini possono partecipa-re a serate di osservazione dellestelle o a eventi. Un nutrito gruppo di astrofili fre-quenta abitualmente l’Osservatoriodi Capodimonte. La serata del 3marzo scorso sull’eclissi lunare haavuto grande successo. “In quel-

l’occasione - ricorda Colangeli - c’èstato “Al chiaro di luna”, dove sisono mescolate le note al pianofortedi Beethoven ed i video del primosbarco umano sulla Luna. Credoche presto - conclude il Professore -l’uomo sarà di casa sulla Luna e giàsi sta progettando lo sbarco umanosu Marte. In questa direzionevanno gli sforzi delle agenzie inter-nazionali NASA, ESA ed ASI chedanno all’esplorazione di Marte ele-vatissima priorità. In questi proget-ti l’Osservatorio è coinvolto diretta-mente”.

[ Giulia Nardone ]

L’alzabandiera delle 8 all’Accademia aeronautica di Pozzuoli (foto Eligio Paoni - Contrasto)

L’Accademia aeronautica da oltre cinquant’anni forma piloti, professionisti e ingegneri

Da cadetto a “top gun”, Pozzuoli insegna

Nasce la navicella del futuroa Capua i primi esperimenti

Più di dodicimila aerei fra militari e civili. È ilbilancio delle attività di Alenia Aeronautica sulterritorio nazionale a circa un secolo dalla suafondazione. Nata nel 1912, è attualmente la mag-giore industria aeronautica italiana, attiva nellaprogettazione e produzione di velivoli civili e mili-tari e aerostrutture.Una vera e propria catena di montaggio con sedecentrale a Roma e uffici diffusi in tutto lo stivale:da nord a sud. Da Torino e Venezia fino a Foggia,passando per le sedi campane di Nola, PomiglianoD’Arco e Casoria.Alenia ha sempre puntato alla qualità dei suoiprodotti anche attraverso la collaborazione conaziende straniere. Da tempo, infatti, collaboracon la Boeing, la più grande industria aeronauticastatunitense, che ha sede a Seattle. Da quest’inte-sa sono nati diversi frutti in cui la creatività ita-liana ha avuto modo di esprimersi al meglio.Uno dei più recenti è il Boeing 787 Dreamliner, ilvelivolo tecnologicamente più avanzato nel campodell’aviazione civile. L’Alenia costruirà il 14 %della struttura, dato non poco rilevante visto cherappresenta la quota di partecipazione più altamai avuta dall’Italia in un programma di aereicommerciali. Ma in cosa consiste la collaborazionedi Alenia?Completati con successo i primi test su un esem-plare di pre-produzione, l’azienda ha iniziatopresso lo stabilimento di Foggia l’assemblaggio delprimo stabilizzatore orizzontale di serie del nuovoBoeing. Un prodotto, formato da due cassonimonolitici e lungo circa 20 metri, realizzato conmateriali in fibra di carbonio. Una curiosità: que-sta è la più grande struttura monolitica mai fab-bricata per un aereo commerciale.Ma andando nel passato di Alenia si scopronoaltri punti di merito.La sua sigla è c-27j. Ma in realtà è un nuovo veli-volo da trasporto made in Italy. Quest’aereo diultima generazione è nato in casa Alenia. Saràimpiegato per il trasporto di truppe e materialianche al di fuori dei confini nazionali, e la

Pesa quasi 1300 kg. Ma ha appena5 anni. E’ l’Usv, il primo velivolospaziale italiano senza pilota, pro-gettato e realizzato dal Cira, Centroitaliano ricerche aerospaziali diCapua, in collaborazione con altreaziende italiane. Il fuso bianco,lungo più di nove metri, è stato pre-sentato lo scorso 27 aprile allacomunità aerospaziale ed interna-zionale. Ma c’è qualcosa di più.Dopo due tentativi di volo, rinviatiper le cattive condizioni meteorolo-giche, il velivolo è stato lanciatodall’aeroporto di Tortolì-Arbataxin Sardegna, nei pressi del PoligonoInterforze di Salto di Quirra, pochigiorni fa. Obiettivo dell’operazioneè simulare la parte finale del rien-tro in atmosfera di una navicellaspaziale. Questa la procedura di volo: l’Usv,che è privo di propulsore, è statoagganciato ad un pallone stratosfe-rico e portato ad un’altezza di 20km. La quota stabilita per lo sgan-cio. Qui la navicella è stata lasciatacadere ad una velocità massima dimach 1,05. Durante la discesa,della durata di 70 secondi circa, èstata realizzata una manovra speri-mentale: un’operazione di “richia-mata transonica” gestita autonoma-mente del computer e utile all’ac-quisizione di dati. L’Usv è infattidotato di un computer e 500 sensoriper rilevare dati utili al progetto.La navicella è stata infine recupera-ta con l’apertura di un paracadutea tre stadi.“L’Usv è un laboratorio volante per

testare in volo le tecnologie che lofaranno successore dello Shuttle”.Così Gennaro Russo, coordinatoredell’ufficio Programmi Spaziali delCira e responsabile del progetto,definisce il velivolo. “La nostranavicella – continua – a differenzadello Shuttle,vola di punta. Conquesto primo lancio abbiamo volutotestare quelle tecnologie necessariealla nascita della nuova generazionedi mezzi di trasporto spaziale”.Ma quali fattori hanno ostacolatogli altri esperimenti di volo? “Neiprecedenti tentativi - spiega Russo- abbiamo riscontrato problemi dinatura atmosferica. Per garantire ilsuccesso della missione è necessa-ria, tra l’altro, la presenza divento: quando lo scorso agostoabbiamo lanciato la navicella dallabase dell’aeronautica militare diTrapani, non ce n’era abbastanzaper far volare il pallone. InSardegna, invece, si sono createdelle condizioni favorevoli, e le ope-razioni di volo, iniziate all’alba sisono concluse con successo”.L’aeronautica campana è in fase diprogettazione. Al Cira si sta lavo-rando a un gemello dell’Usv e a unaltro prodotto più innovativo.“Stiamo progettando l’Usv-x - con-

clude Russo - Velivolo più comples-so e manovrabile, realizzato conmateriali innovativi. Stiamo lavo-rando per realizzare velivoli cheabbiano una maggiore resistenza alcalore e alle alte temperature. Mapossiamo già ritenerci soddisfatti”.

[ A. C. ]

È a due passi dalla Solfatara, conuna splendida vista sui Campi fle-grei, la fucina dei nuovi “top gun”.L’Accademia aeronautica diPozzuoli è da oltre 50 anni un’isti-tuzione nel campo della formazionedegli ufficiali. E molti dei suoi exallievi hanno fatto carriera anche incorpi militari prestigiosi come leFrecce Tricolori. “Il nostro obiettivo – dice il maggio-re Emilio Centrella, responsabiledelle pubbliche relazionidell’Accademia – è formare giovanidi saldi principi etici, militari e pro-fessionali per operare al servizio delPaese. Doti morali, carattere, moti-vazione, disciplina e spirito di ser-vizio sono indispensabili”. Un posto molto ambito, a quantorisulta dalle richieste di iscrizione.“Al concorso per l’ultimo annoaccademico – aggiunge Centrella –sono state inviate circa 4500domande di partecipazione per untotale di 63 posti disponibili”. E dal 1923 al 2005 sono oltre10mila i cadetti, italiani e stranieri,ad aver frequentato gli insegnamen-ti. Parte da qui l’educazione deiragazzi destinati a diventare ufficia-li dell’Aeronautica militare. La preparazione degli allievi preve-de una serie di attività integrativeagli studi universitari, tra cui sport,esercitazioni militari, visite a repar-ti operativi e a industrie aeronauti-che. In programma anche corsi disopravvivenza in mare e in monta-gna, attività di volo su alianti, corsivelici. “Diversi sono gli espedienti

utilizzati dai formatori per renderepiù saldo lo spirito di corpo fra gliallievi di uno stesso corso”, prose-gue il maggiore. Fin dalla fondazione ogni corso ècontraddistinto da un nome di unvento, di una costellazione, di unsimbolo mitologico o di un uccellorapace, con l’iniziale in progressivoordine alfabetico. Per ogni corpo c’è un colore, unmotto e un emblema, tutti riprodot-ti in un gagliardetto allegorico. “Ilprivilegio di tenere a battesimo gliallievi di un nuovo corso – aggiungeCentrella – viene riservato a ciascu-no degli ufficiali più elevati in gradoo più anziani dei corsi omonimi pre-

cedenti”. Superati i primi due annidel corso, gli allievi vengono nomi-nati “aspiranti” e all’inizio dellaquarta classe “sottotenenti”. Per i piloti è prevista una fermaobbligatoria di sedici anni a partiredal terzo di corso. Dopo l’Accademia vengono inviati onel 61° stormo di Lecce, o nellascuola “Enjjpt” di Sheppard negliUsa o nella scuola di volo di MooseJaw in Canada per il conseguimentodel brevetto di pilota militare. Tutti i navigatori completano il loroaddestramento di volo nella basedella Us Navy di Pensacola, inFlorida.

[ Pasquale De Vita ]

Negli stabilimenti di Pomigliano d’Arco si producono componenti per l’aereo più tecnologico del mondo

Alenia, una fabbrica che guarda al cielo Dalla collaborazione con gli americani della Boeing nascerà il 787. Presto anche un nuovo velivolo nazionale

Il Mars ha condotto oltre venti missioni negli ultimi anni

Gianturco controlla lo Shuttle

Operai dell’Alenia al lavoro

La sala di controllo del Mars

Davanti alla possibilità di perdere isuoi scienziati, la Campania ha scel-to di sostenerli. L’ultimo della seriead abbandonare Napoli rischiava diessere il professor Andrea Ballabio,direttore del Tigem, l’IstitutoTelethon di genetica e medicina, edocente all’università Federico II,al quale il San Raffaele di Milanoaveva proposto il prestigioso incari-co della direzione scientifica. Alleesigenze dei suoi “cervelli” laRegione ha risposto con un altrogioiello che andrà ad aggiungersinella ricca composizione dell’Areaper la ricerca Napoli 1. Tempo ancora un mese – questa lapromessa - e nella sede di viaCastellino sorgerà il CampusResearch Biomedical: primo polo inItalia per la ricerca nelle scienzebiomediche. Il progetto è stato for-temente voluto dallo stesso Ballabioche della neonata struttura ricopri-rà il ruolo di direttore, rinunciandocosì a quello offertogli dal SanRaffele. Ma il dietrofront del gene-tista è avvenuto grazie anche all’in-tervento del Presidente dellaRepubblica Giorgio Napoletano.Sessanta milioni di euro, di cui cin-quanta provenienti dai fondi strut-turali e dieci milioni dalle casse dipalazzo Santa Lucia e del Cnr, ser-viranno a sostenere un programmaoperativo che ha come principaleobiettivo di aggregare gli istituti diricerca che lavorano in campo bio-medico. Partner del nuovo Polosaranno anche il Comune, Theletone l’Airc, l’Associazione Italiana perla Ricerca sul Cancro.E’ il giusto tributo a un fermento

scientifico che negli ultimi anni nonha fatto altro che distinguersi,imponendosi a livello internaziona-le. Igb, Ibp e Tigem sono le sigleche sintetizzano i successi dellaricerca biomedica condotta inCampania. Igb è l’Istituto diGenetica e Biofisica “AdrianoBuzzati-Traverso”, Ibp e l’Istitutodi Biochimica delle Proteine eTigem è il sopraccitato IstitutoTheleton, sostenuto da fondi pub-blici e privati, che proprio Ballabioda Milano, dove era nato nel 1996,quattro anni dopo fece trasferire aNapoli. Attraverso la loro attività ecollaborazione si è arrivati a impor-tanti risultati. Dalla recente identi-ficazione di un nuovo gene respon-sabile di una forma di sordità eredi-taria a quello dell’obesità fino algene dell’ipertensione arteriosa iso-lato nell’ambito del Parco Geneticodel Cilento e Vallo di Diano, proget-to portato avanti dalla scienziataGraziella Persico recentementescomparsa.Nei confronti della for-tunata genia di scienziati campanila Regione sta dimostrando il suoimpegno. “Il nostro obiettivo èquello di riportare a Napoli tantigiovani ricercatori”, ha detto il pre-sidente Antonio Bassolino. Prestorientrerà nella sua Campania anchelo scienziato napoletano AntonioGiordano che in nome della ricercaera emigrato negli Stati Uniti. A luitoccherà ora un incarico di granderesponsabilità: dirigere il “Crom”,il centro oncologico di Mercoglianoper la ricerca e produzione di nuovifarmaci antitumorali.

[ Caterina Scilipoti ]

L’Osservatorio Astronomico di Capodimonte

Nel 1992 per la prima volta la navi-cella spaziale Space Shuttle nonriceve comandi da un centro statu-nitense. E’ un gruppo di scienziatinapoletani a controllare lo Shuttlenel centro spaziale Mars(Microgravity advanced researchand support center) di Gianturco.Nato nel 1988 come società consor-tile fra Aeritalia e Università deglistudi di Napoli Federico II, il Marsè il primo centro di ricerca italianonel campo della fisica dei fluidi enel supporto degli sperimentatori dimicrogravità. Negli ultimi 20 anniha condotto oltre 20 missioni spa-ziali tra voli parabolici, razzisonda, Space Shuttle e stazione spa-ziale internazionale con controllo inremoto degli apparati di bordo. Nel 2003 la società è diventata al100% un’azienda di Finmeccanicaed è presieduta da Luigi Longoniche è anche segretario generale del-l’associazione europea delle indu-strie spaziali e della difesa. Dalle conoscenze maturate in ambi-

to aerospaziale il Mars ha sviluppatoprodotti e tecnologie applicabilianche in ambito industriale e nelsociale. Gli scienziati stanno cercan-do di applicare le leggi che regolanoil comportamento di un fluido almovimento di una folla di persone infuga durante un evento catastrofico.L’obiettivo è quello di predisporreun piano di evacuazione nelle zone arischio vulcanico o soggette a terre-moti come l’area flegrea.La palazzina del Centro Mars sorgenel cuore di Napoli Est in un’ areaper anni simbolo del degrado nelMezzogiorno. Ma è proprio qui che l’alta tecnolo-gia trova una delle sue forme piùavanzate. La moderna sala control-lo permette infatti la gestione diesperimenti a bordo di differentipiattaforme spaziali, mentre il labo-ratorio, tra i più importanti inEuropa, è il cuore degli esperimentispaziali con particolare riguardoalla fisica dei fluidi.

[ Giuseppe Porcelli ]

Page 6: inchiostro - unisob.na.it · medaglia di “Gomorra” non diventi anche il punto di partenza per il riscatto? Speranza e riscatto ... nuovo re Ferdinando II fa di Napoli una città

10 i luoghi le imprese 11inchiostroaprile 2007

Campania felix. Così la chiamavanoi Romani ma negli ultimi anni moltisi sono chiesti se mai la regionesarebbe diventata nuovamente lameta preferita dai turisti. Bellezzenaturali uniche al mondo e cittàd’arte hanno da sempre esercitatoun fascino indiscusso sui turisti.Ma l’allarme criminalità, che siripete ciclicamente su giornali e intv sia straniere che nazionali, hascoraggiato i turisti sia straneri cheitaliani ad arrivare e soprattutto asoggiornare in Campania. L’annopiù negativo è stato il 2005, quandola regione ha registrato l’andamentopeggiore d’Italia, sia negli arrivi conmeno il 2% che nelle presenze, conmeno il 3,5%.Ma nell’ultimo anno quali sono statigli afflussi di turisti nella regione?Nel 2006, secondo le ricerchedell’Osservatorio turistico dellaCampania, le presenze sono state diquasi 2 milioni e 4,6 milioni gli arri-vi nella regione. L’aumento è statooltre il 3% rispetto il 2005: maggiorigli arrivi e le presenze di turististranieri, in particolare francesi einglesi, rispetto agli italiani.Non tutte le province hanno fattoregistrare un trend positivo: le diffi-coltà maggiori le ha avvertite pro-prio il capoluogo. Napoli ha vistocrescere gli arrivi del 4% ma le pre-senze sono calate dell’1%. La dimi-nuzione dei turisti stranieri e lapubblicità negativa dei media sullasicurezza hanno influito sul calodelle presenze. Un trend che non siè invertito nemmeno per le feste difine anno. Sfumata la tradizionaleimpennata del turismo tanto attesa

Non è nato a Capri e sull’isola nonha una casa di proprietà. EppureRoberto Ciuni, giornalista di originesiciliana, una carriera nelle piùimportanti testate nazionali fino alladirezione del Mattino, è cittadinobenemerito di Capri: ci vive daquasi trent’anni - in affitto – preci-sa. E di Capri è uno dei maggioriconoscitori, autore dei libri: “Laconquista di Capri” (Sellerio, 1990),“I peccati di Capri” (New Deal,1998), “La piazzetta di Capri” e“Stelle e strisce sui Faraglioni - GliAmericani a Capri (1943-1945)”,editi dalla Conchiglia. Per parlare di Capri, vorreicominciare proprio dalla sua espe-rienza. Perchè ha scelto Caprifino a farne la sua patria elettiva?“Mia madre era innamorata diCapri. Il mio interesse è nato daisuoi racconti. Ma a farmela scegliereè stata la mia irriducibile natura diBastian contrario. Mi dicevanoCapri mondana, strampalata,fighetta, omosessuale…”E invece?“Ho potuto gustare la Capri vera:quella dei contadini, della vita sem-plice, dei cibi genuini. Per non par-lare della natura. Capri è un miste-ro geologico: non ha acqua ma èricca di vegetazione. Ci sono oltre900 varietà botaniche”.Lei come ama trascorrere iltempo?“Mi piacciono le escursioni. C’è unpersonaggio con cui faccio bird wat-ching, cioè l’osservazione degliuccelli. E’ lo schiappaiuolo”.Schiappaiuolo? Che cosa significa?“È un termine dialettale che indicatre attività insieme: rocciatore,pescatore e cacciatore”. Ma come è nato il mito di Capri? “Ha avuto inizio con i viaggiatoridell’800: cercavano la classicità enello stesso tempo lo spettacolo dellanatura. Quello che il Romanticismo

chiedeva, era a Capri. E poi? Che altro ancora?“Un altro momento cruciale è statala scoperta della Grotta Azzurra.Ma la nuova vera fortuna sono statigli americani, che durante la guerral’hanno scelta come luogo per farriposare le truppe. Questo ha spinto la fama di Caprioltreoceano”. Una fama, però, soprattutto legataalla mondanità. C’è il rischio cheporti Capri al decadimento? “C’è, perché le mode passano.Bisogna fare delle scelte politiche perconservare le tradizioni e l’identità diCapri. Dire che a Capri si può vivereanche senza spendere troppo”. Capri ‘low cost’. Ad esempio?“Usare i mezzi pubblici, scegliere ibed&breakfast. Ci sono anche bar eottime trattorie a buon prezzo”. Un aggettivo che riassuma Capri.“Ho paura degli aggettivi. Possodire la differenza tra me e miafiglia. Lei fa le sue vacanze in giroper il mondo, mentre io sto a Capri.Quando torna è soddisfatta, ma noncome me. A Capri anche la violenzadel mare dà pace. Capri mi rendesoave….”

[ Caterina Scilipoti ]

Parla Roberto CiuniCapri capitaledella naturae dell’anima

“Devono saper apprezzare”. Parola del presidente della Fondazione Ravello Domenico De Masi

Pacchetto ‘Costiera’ per i curiosi consapevoli

Le bellezze naturali, i reperti archeologici e l’arte moderna continuano ad attirare turisti

Città di mare con visitatori

durante le vacanze natalizie e ilperiodo di capodanno, gli alberga-tori si lamentano del calo dei turistiche si fermano in città. Ma nontutte le località della provincia sonocaratterizzate dal segno negativo:Capri, Castellammare, Pompei ePozzuoli sono stati visitati più daglistranieri mentre Ischia e Procidahanno registrato qualche difficoltàin più. Tra le province spicca

‘Torna a Surriento’ è una delle can-zoni napoletane più conosciute nelmondo. E’ nata nel 1902, quandoGiuseppe Zanardelli, allora presi-dente del Consiglio dei ministri, visi-tò la città. Un turista d’eccezione.Ancora oggi pare che gli abitantidella penisola sorrentina prediliga-no un turismo selezionato, o meglio,“consapevole”, come lo definisce ilpresidente della FondazioneRavello Domenico De Masi. “La nostra terra è una piccola perla- dice il sociologo -, un territoriomolto ristretto. Troppi turisti affo-gano la sua bellezza”.La ‘divina costiera’ comprende lezone litoranee che vanno da Vietrisul Mare fino a Positano lungo unpercorso di soli 50 chilometri: 19comuni, tra cui Amalfi patrimonioappartenente all’Unesco. “Per il Ravello Festival, uno deiprimi tre in Italia e tra i primi cin-

que in Europa, abbiamo scelto diincentivare un calo del turismo -spiega De Masi - . La nostra strate-gia ha portato a una diminuzionedel 15 % di turisti, che ha compor-tato il 300 % di guadagno. E’ chia-

ro che la penisola sorrentina non habisogno di un turismo ‘volgare’, dimassa, ma di un turismo intelligen-te, che sappia apprezzare il territo-rio, la cultura locale, la cucina eun’accoglienza calda, senza essereinvadente. Il turista deve desidera-re di tornare”. Un ‘pacchetto costiera’, quindi, cheinclude iniziative culturali per gliamanti del bello. Mostre, concerti emanifestazioni: tutto al servizio diun turista che si avvicina sempre dipiù allo stereotipo del viaggiatore

Le costiere sorrentina e amalfitananon presentano solo bellezzenaturali. C’è dietro i loro panoramianche una fiorente attività legatasoprattutto all’artigianato checontribuisce ad accrescere la lorovisibilità nel mondo. Vietri sul Mare. Comune di anticatradizione ceramica. Scambi com-merciali di oggetti vietresi sonodocumentati già nell'899, quandosi esportavano vasi e stoviglie allavolta di Taranto. Le stesse viuzzedel centro storico sono un vero eproprio museo en plein air. Nellasola cittadina si possono contareben 23 negozi d’artigianato, 2musei sul mondo della ceramica, 6studi d’arte e 13 fabbriche diceramica. Positano. Vi operanooltre cinquanta aziende del settoremoda che esportano all’esterooltre il 70% della loro produzione.A queste si affiancano i negozi divendita al dettaglio che popolanole stradine degradanti verso laspiaggia“. Le botteghe di venditadel prodotto sono tuttavia solo la

punta dell’iceberg di un compartoproduttivo – fatto di laboratori,meno visibili, dedicati alla produ-zione più che alla vendita” com-menta Michele Cinque, giornalistapositanese.Amalfi. Tra cantieri, centri nautici,officine meccaniche, studi tecnicinavali, il giro d’affari legato allanavigazione è uno dei più fiorentidella cittadina. Amalfi non è solofamosa per la sua tradizione mari-nara, ma anche per le sue antichecartiere. Già nel 1200, grazie agliscambi con il mondo arabo, gliamalfitani vennero a conoscenzadei segreti per la produzione dellacarta. Sorrento. Per la tutela dellimone di Sorrento c’è un consor-zio di cui fanno parte 128 piccoleaziende agricole a conduzionefamiliare. Infine, la tarsia lignea:nella città sono presenti ben 17piccole imprese di artigiani inta-gliatori di legno senza contare ipiccoli negozi che vendono al det-taglio.

[ Caterina Morlunghi ]

Salerno, con un aumento del 5%,dovuto probabilmente alla fortepresenza turistica sulla CostieraAmalfitana e a Positano, mete irri-nunciabili soprattutto durante levacanze estive. Turismo significaanche introiti. E quanto spendono ituristi nella regione? Per soggiorno,trasporto e aereo il 37% degli stra-nieri e quasi il 10% degli italianispende mediamente più di 1.000

euro per una vacanza in Campania.Oltre i due terzi degli stranieri e il34% degli italiani ne spende circa lametà. Naturalmente la regione atti-ra soprattutto turismo di stampoculturale, che porta la Campania alsettimo posto in Italia (e secondanel Mezzogiorno dopo la Sicilia)tra le regioni inserite nei circuitidelle città d’arte.

[ Elena Della Rocca ]

da ‘Gran Tour’, che negli anni siadiventato cliente fisso di un risto-rantino sul mare, abbia il suoalbergo di fiducia e lo spettacolopreferito. Non è un caso che daquattro anni il Comune, laProvincia e la Camera diCommercio di Salerno promuovano‘Fareturismo’, una manifestazioneche non solo offre opportunità dilavoro ai giovani, ma contribuiscedi fatto allo sviluppo turistico delMezzogiorno.Così come allo stesso fine contri-

buiscono le tante iniziative dellacostiera. Prima fra tutte la neonata‘Primavera Sorrentina 2007’, uncartellone di eventi che va dal 2marzo all’8 luglio, il periodo chesolitamente viene considerato bassastagione turistica. Ci sono gli appuntamenti fissi comeil Festival di Jazz di Maiori, il‘Gustamaiori’, la moda di Positano,il Festival della Danza. Non è trascurata la tradizione.Basti pensare alla processioneamalfitana della Passione nella sera

del venerdì santo. “Tutti gli eventi della costiera sonopatrocinati e promossi dallaRegione e dalla Provincia - informaDe Masi -. Per quanto riguarda ilRavello Festival, abbiamo notatouna strana noncuranza da parte delComune, al contrario dellaSoprintendenza ai Beni Culturali diSalerno che ha collaborato molto”.Lo sforzo di tutte la città di costie-ra, quindi, è evidente: dare ai turi-sti un prodotto di qualità. In cam-bio, essere un turista di qualità.

[ Ornella Mincione ]

Artigianato, gioielli e meraviglie

I visitatori stranieri in Campania sono aumentati del 3% nell’ultimo anno

Polo d’attrazione, di eventi culturali,di moda, di spettacolo e di grandimarchi campani: siamo aMarcianise. Qui il “Polo della Quali-tà”. Con le sue trecento aziende uni-sce Marinella a Kiton, Chantecler aGianni Carità, Eddy Monetti aTramontano, Mario Valentino aSartoria Partenopea e molti altriaffermati marchi della gioielleriacome Altanus, Giannotti e Di Mare.Il Polo della Qualità, struttura pro-duttiva inaugurata lo scorso gennaiodal governatore della CampaniaAntonio Bassolino e che ha visto, tragli altri ospiti, il ministro GiulianoAmato, è considerato il primo esem-pio in Italia di centro multifunziona-le dedicato alla moda e alla gioielle-

giallo, che segna il ritorno dellavitalità e dell’energia anche negliatteggiamenti dei consumatori,finalmente più ottimisti”.Il Tarì si propone all’avanguardiaanche per ricerca, formazione edesign, grazie a una fondazionepresieduta dal sociologo DomenicoDe Masi che potrà vantare altreprestigiose collaborazioni, comequelle del centro ricerche della Fiate del fondatore di Imprenditorialitàgiovanile, Carlo Borgomeo. “Compito della Fondazione - spiegail presidente del Tarì, GianniCarità - sarà orientare e coordinareprogetti di ricerca, di innovazione edi formazione promuovendo il coin-volgimento dei soggetti interessati ediffondendo i risultati della ricercatra i potenziali fruitori, ancheattraverso attività di consulenzaspecialistica e di formazione”.E’ lo stesso De Masi, invece, a chia-rire il significato del suo ruoloall’interno dell’organismo: “Daròimpulso alla creatività: il Tarì rap-presenta a tutti gli effetti un para-digma di quell’estetica del bello chestudio ormai da 15 anni. Non c’èsolo un Mezzogiorno che non cre-sce, ma c’è anche un Mezzogiornoche ha voglia di unire le forze e disfatare il mito dell’individualismomeridionale”.

[ Renato d’Emmanuele ]

In principio fu Achille Lauro. Oggi,invece, l’uomo simbolo della filoso-fia del “self made man” è GianluigiAponte, l’armatore sorrentino cheha conquistato i mari di tutto ilmondo.Proprio a bordo delle navi dellaflotta Lauro l’attuale presidentedella società Msc ha iniziato la suacarriera, che dalla penisola sorren-tina l’ha portato a Ginevra, doveha sede la Mediterranean ShippingCompany S.A., oggi la secondacompagnia al mondo per il traspor-to di container, dopo la daneseMaersk-Sealand, colosso che daoltre 150 anni detiene il primato nelsettore. L’avventura della Msc inizia 30anni fa, con un investimento di soli5 mila dollari. Oggi è un gigante che muove unvolume d´affari valutato in ottomiliardi di euro.Un passo alla volta, partendo da undiploma all’istituto nautico e dallapassione per il mare, GianluigiAponte ne ha fatta di strada: dallasua prima nave, chiamata“Patricia”, fino alle 280 portacon-tainer attuali. La strategia iniziale era semplice:rilevare vecchie navi a prezzo strac-ciato e riconvertirle al trasporto dicontainer.

La Campania del lusso e della moda è quiA Marcianise la casa comune delle griffe

Crociere, viaggi nel mondo con il cuore a Napoli

Pur sentendosi legatissimo allaterra in cui affondano le sue radici,Aponte ha scelto la Svizzera pervivere e lavorare E insieme a lui,numerossissimi giovani della peniso-la sorrentina si sono trasferiti aGinevra, per lavorare nella compa-gnia marittima. A Piano diSorrento, però, il comandante haacquistato due anni fa due ville, incui sorgono alcuni uffici della socie-tà. Tra la terraferma e il mare, laMsc può contare oggi su oltre 30mila dipendenti. A dispetto di chi crede che perdiventare grande un’azienda abbia

bisogno di operazioni finanziarieche comportano l’apertura versol’esterno, la Msc ha dimostrato chesi possono raggiungere traguardieccellenti anche restando un’azien-da di famiglia. Oltre alla competizione sul mercatodel trasporto merci, un’altra sfidaattende la Msc: quelladell’America’s Cup. La società di Aponte è infatti spon-sor della barca sudafricanaShosholoza, capitanata dal coman-dante Salvatore Sarno, che dirige lasede di Durban della Msc.

[ Francesca Milano ]

La nave da crociera Msc Musica

Un milione di metri quadrati e quattro miliardi di fatturato

Un “vulcaniello” farà da cerniera tra il Cis e l’Interporto di Nola

La società di Aponte è la seconda al mondo per il trasporto merci

L’avventura della Msc Trecentoventicinque punti vendita,quattromila dipendenti, cento areemerceologiche per un fatturatocomplessivo di oltre quattro miliar-di di euro l’anno. È il Cis di Nola,una vera e propria città del merca-to che si estende per oltre un milio-ne di metri quadrati a due passi daNapoli.Il Cis é oggi il primo interlocutorenella grande distribuzione dei mer-cati internazionali nell’intero baci-no del Mediterraneo. Otto vasteisole integrano e supportano unsistema interportuale di trecentoettari, progettato per movimentarefino a trenta milioni di tonnellate dimerci all’anno.A capo di questa ciclopica strutturaè Gianni Punzo, Cavaliere del lavo-ro, classe 1937. Punzo è esponenteemblematico della “Napoli dabere”, quella che, nonostante tutto,continua a produrre.A quaranta anni, insieme a uno

stuolo di investitori napoletani,fonda il Cis. In breve gli operatoriaumentano tanto da rendere possi-bile la fondazione di una finanzia-ria ad hoc, la Cisfi. E’ solo il primopasso.Nel 1987 Punzo costituisce

Interporto Campania Spa, societàconcessionaria della Regione per lagestione dell’unica realtà di inter-scambio portuale a sud della capita-le. Fa anche a tempo a diventareprotagonista del progetto ‘VulcanoBuono’, l’avveniristico centro poli-funzionale progettato dall’architet-to Renzo Piano.‘O vulcaniello’ sorge tra il Cis e

l’Interporto, e farà da cerniera alledue strutture.Una vera e propria ‘montagna’ cheospiterà tra l’altro un albergo dellacatena Holiday Inn, un centro com-merciale Auchan-Rinascente, unamultisala cinematografica e unavasta zona parcheggio con oltre8.000 posti auto.Nella realizzazione del progetto

grande attenzione è stata dataanche alla sostenibilità ambientale:attorno alla struttura nascerà un

enorme parco verde, con oltre 2000alberi. A gestire questo gioiello saràla società Vulcano Spa, joint ventu-re guidata da Punzo con quoteripartite tra il Cis (55%), Auchan eSimon Property (al 45%).“Il nostro progetto – dice Punzo - siè trovato di fronte il problema ditutti i centri polivalenti: come evita-re il banale accostamento dei volu-mi edilizi e delle funzioni, e dareinvece un’identità unica e riconosci-bile ad attività terziarie così diver-se”. La risposta, Piano l’ha trovatanel Vesuvio.“Il complesso è scavato dentro una

collina artificiale, che vista da lon-tano si presenta ai visitatori comeun pacifico vulcano.L’altezza del ‘cratere’ varia tra i

venticinque e i quarantuno metri,riproducendo il dislivello del crate-re del Vesuvio.Le funzioni del centro sono dispostesu più piani e organizzate intorno aun giardino centrale. Questo giardi-no si presenterà come un grandespazio aperto di oltre centosettantametri di diametro”.Il centro servizi, costato 180 milioni

di euro, si estende su una superficiecomplessiva di 450 mila metri qua-drati. Il centro promette di favorirelo sviluppo dell’intera area, produ-cendo un indotto importante.A regime, dovrebbe essere in gradodi accogliere dai 1500 ai 2000addetti. “Si tratta di uno straordi-nario investimento - ha sottolineatodi recente il Governatore dellaRegione Campania Bassolino -Insieme con il Cis e l’Interporto sista creando una struttura di altacompetizione a livello internaziona-le”. Quello di Nola, ha ribadito ilpresidenete, “sarà il più grandecentro commerciale delMezzogiorno, con una vastissimaserie di servizi. Si va a completare così il distrettoproduttivo costituito da Interporto,Cis e Vulcano Buono, che realizzaun modello nuovo di aggregazione diimprese del terziario avanzato”.

[ Alessandro Potenza ]

ria “Made in Campania”. “Il nostrocentro - spiega il presidenteGuglielmo Aprile - è solo una partedella struttura che accoglierà 300aziende d’élite della nostra regione,un moderno consorzio che rappre-senta un modello di aggregazione dialta qualità, capace di proporre neimercati internazionali imprese digrande valore produttivo”.L’investimento di circa 150 milioni dieuro, afferma Aprile, è interamentedi natura privata, e “conferma lavolontà di farcela. Le ditte si muove-ranno al tempo stesso in modo auto-nomo ma compatto, come dita divise,ma di una stessa mano. La produzio-ne orafa e l’alta moda sono in nettamaggioranza, ma l’università vuole

entrare nel disegno operativo”.L’impegno di un nutrito gruppo diimprenditori campani darà occupa-zione a mille nuovi addetti e garanti-rà il mantenimento del posto di lavo-ro a circa duemila collaboratori. “Lenuove figure professionali del Polo -aggiunge Aprile - saranno formatecon stage e corsi professionali, perun’immagine della Campania daesportare con orgoglio anche all’este-ro”. I trecento soci del consorzio siuniranno poi per decidere le even-tuali sinergie con altre realtà. Lamissione di impresa del Polo dellaQualità è “il prestigio e la forza diciascuno per l’immagine e il successodi tutti”, afferma il presidente.L’impegno: diventare parte integran-te del Sistema Moda Italia.Una delleultime novità del centro commercialeè “Polo della Qualità Channel”.Questo il nome della televisione delcentro del lusso di Marcianise cheavrà al suo interno una propria retetelevisiva terrestre e digitale, per tra-smettere in tempo reale le sfilate e lealtre attività che si svolgeranno alPolo della Qualità. Il canale temati-co sulla moda campana permetteràpiù facilmente al Polo della Qualitàdi veicolare informazioni in tutto ilmondo, che potrà assistere alle sfila-te delle migliori aziende campaneconsorziate”.

[ Giulia Cajetana Nardone ]Il Polo della Qualità

Un fatturato di 800 milioni di euroannui. 370 aziende consorziate.3500 visitatori quotidiani, una cifrache raddoppia durante le fiere,quando si aggiungono anche un cen-tinaio di espositori esterni. 400milapresenze annuali. Il 30% del pro-dotto delle aziende destinato all’ex-port (in prevalenza paesi europei edel mediterraneo, Stati Uniti,Russia, Cina).Sono questi numeri del Tarì, il poloorafo di Marcianise inaugurato 11anni fa e sempre più lanciato comepunta di eccellenza in grado di com-petere con distretti industriali delNord Italia come Valenza Po,Vicenza e Arezzo, con un radica-mento sui mercati più risalentenegli anni. Il consolidamento è dimostratodalle cifre dell’ultima fiera tenutasiprima di Natale, “Tarì in mostra”,che ha chiuso i battenti con unincremento del 7,5 per cento dellepresenze degli operatori del settore,con una partecipazione significativaanche di buyer provenienti dalleregioni del Nord, ed in particolaredalla Lombardia. Spiega il presi-dente del Tarì Gianni Carità:“Ritorna alla grande il gioielloimportante. Non solo i brillanti, maanche tanto colore: corallo e fanta-sia si sono visti in tutte le vetrine,insieme al grande rientro dell’oro

Da 11 anni il polo orafo mette la ricerca al servizio dell’export

Tarì, gioiello del Sud

Dopo il successo con i container, Gianluigi Aponte hadeciso di scommettere anche sui passeggeri. Una scommessa vinta, a giudicare dal successo della MscCrociere nata nel 1987 sulle ceneri della vecchiaStarlauro: oggi la compagnia conta otto navi.Con il varo di Msc Orchestra nel 2007 la flotta salirà a 9unità e nel 2008 a 10 unità con l’arrivo di Msc Poesia.Ma la crescita non si ferma: è stata confermata anche lacostruzione di due nuove navi di ultima generazione, MscFantasia, della quale lo scorso 9 settembre è stato effet-tuato il primo taglio di lamiera, e Msc Serenata, in arrivorispettivamente nel 2008 e nel 2009.Queste saranno le navi più grandi mai costruite da unarmatore europeo.

Le navi da crociera di Aponte fanno rotta verso tutti iluoghi turistici più belli del mondo.E tra questi non poteva mancare Napoli, terra madredella compagnia.“Il nostro successo parte da Napoli – spiega DomenicoPellegrino, direttore generale Msc Crociere – una cittàricca di tradizione. Per questo abbiamo deciso di condivi-dere con i nostri ospiti le bellezze di questa regione.Grazie alle sinergie createsi con le istituzioni e i touroperator siamo in grado di portare i nostri ospiti nellepiù belle e ambite mete della Campania, ma anche negliangoli più nascosti e nelle località più insolite e menoturistiche come il museo Capodimonte e i Campi Flegrei”.

[ F . M . ]

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inchiostroaprile 200712 le infrastrutture

Nelle fermate della metropolitana collinare opere di Kounellis, Paladino, Jodice e Chia. E Londra ci copia

Quando la stazione diventa opera d’arte

È prevista per il 2008 l’inaugura-zione della stazione per i treni adAlta Velocità Napoli – Afragola, chesarà realizzata dall’architetto ira-niano Zaha Hadid.Il progetto propone uno schemaarchitettonico che realizza un nododi trasporti ben organizzato e siimpone con un segno forte sul terri-torio per annunciare l’ingresso aNapoli.La stazione Napoli –Afragola sarà un nodo fondamenta-le per i treni che percorrono lalinea Napoli – Roma (in direzioneNord) e per quelli che viaggianoverso Salerno – Battipaglia – Reggio

Linea 6, la città correNapoli viaggia ad alta velocità

Il progetto della stazione della Tav ad Afragola

Calabria (in direzione Sud). Nel progetto si prevede la costruzio-ne di un ponte che legherà le duefasce del parco che si estendono suilati dei binari. In questo modo si

verrà a creare un effetto di conti-nuità tra l’area delimitata dall’anel-lo viario e il paesaggio circostante.Il volume della stazione si sviluppain lunghezza per circa 350 metri ein altezza per 25 metri. La peculia-rità è la costruzione di una vetratadi oltre 5000 metri quadrati conshaders per il controllo e la diffu-sione della luce solare diretta eorientata al recupero dell’energiasolare. L’esterno della galleria è inmateriale metallico e i 6000 mqdelle vetrate di facciata sono “afilo” con il rivestimento esterno.

[ Nicola Salati ]

Sale di un museo ideale, dove l’artecontemporanea entra in rapportocon la città e la sua vita di ognigiorno. Sono le “stazioni dell’arte”della metropolitana di Napoli, ognifermata un museo a disposizione diqualsiasi utente, passante o passeg-gero. Sculture, foto e installazioniquasi buttate lì, a portata di mano,mentre si va a prendere il treno,creano sorprendenti combinazionidi antico e moderno nelle stazioni diMaterdei, Salvator Rosa, QuattroGiornate, Museo e Dante. Qui arti-sti come Gae Aulenti, MimmoPaladino, Jannis Kounellis eMimmo Jodice hanno trasformatodei “non luoghi” di passaggio inspazi di fruizione artistica dotati diprecisa identità.Nella stazione Quattro Giornate, adesempio, rivive la memoria dei gior-ni che resero Napoli libera, attra-verso le tele e i bassorilievi di Nino

Longobardi e le donne combattentidi Marisa Albanese. A piazzaDante, nei cinque piani ricoperti divetro e acciaio progettati da GaeAulenti, il viaggiatore si imbattenelle scarpe e nei trenini diKounellis, imprigionati sotto pezzidi binari. E poi le foto di MimmoJodice nel sottopassaggio che uniscela stazione Museo a quella Cavourdella linea 2, che accostano leimmagini del terremoto dell’80 aimosaici pompeiani prima dell’eru-zione del Vesuvio; o l’originale dellaTesta Carafa, messa a disposizionedal Museo Archeologico Nazionaleper la stazione Museo. Suggestioni estimoli che intendono avvicinarel’arte alla gente comune, spesso lon-tana da musei e gallerie, secondo ilconcetto di “Museo Obbligatorio” diAchille Bonito Oliva.Un progetto ambizioso, che ha rice-vuto attenzioni e riconoscimenti in

Italia e all’estero. Le prime cinqueStazioni sono state esposte allaBiennale di Venezia del 2002 e insi-gnite della “Medaglia d’Oro” dallaBiennale di Milano nel 2003, men-tre l’amministrazione di Londraguarda al progetto partenopeo per

il programma di ristrutturazione dialcune delle stazioni del “tube”.Le stazioni dell’arte fanno partedella linea 1, anche detta“Collinare”, e sono il fulcro dei 13km della prima linea di metropoli-tana vera e propria del capoluogo

partenopeo. Ogni giorno circa100mila persone salgono sui 10 con-vogli attualmente in esercizio.Ci sono voluti 30 anni tra i primiprogetti della “Collinare” del 1963 el’inaugurazione del primo tratto trale stazioni Vanvitelli e Colli Aminei,ma da allora i lavori per implemen-tare la rete metropolitana sembranoaver cambiato marcia. Negli ultimidieci anni sono state inauguratecirca dieci stazioni e altre cinquesaranno aperte entro tre anni. Iprogetti delle due nuove “stazionidell’arte” di Capodichino-Aeroporto e Santa Maria del Piantosono stati presentati dall’architettoamericano Richard Rogers.Insomma, a circa 40 anni dalleprime promesse, anche Napoli avràla sua metropolitana. In questocaso, però si tratterà anche di unmuseo.

[ Mario Leombruno ]

L’opera di Michelangelo Pistoletto nella stazione di piazza Dante

inchiostroAnno VII numero 3Aprile 2007Chiuso in redazioneil 22 marzo 2007

Periodico a cura della Scuoladi giornalismo dell’Universitàdegli Studi Suor Orsola Benincasadiretta da Paolo Mieli

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CaporedattoreMario Leombruno

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In redazioneGaetano Agrelli, Eugenio Francesco Bonanata, Anna Clemente, Ornella d’Anna, Elena Della Rocca, Daniele Demarco, Renato d’Emmanuele, Pasquale De Vita, Diego Dionoro,

Nadia Fiore, Marco Lombardini, Caterina Morlunghi, Giulia Cajetana Nardone, Iolanda Palumbo, Laura Pirone, Giuseppe Porcelli, Alessandro Potenza, Nicola Salati, Caterina Scilipoti, Patrizia Varone.

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Oltre due chilometri di lunghezza.Un tunnel a doppio binario comple-tamente sotterraneo che collega lestazioni Mostra, Augusto, Lala eMergellina. È la linea 6 della metro-politana. Alla cerimonia inaugura-le, il 7 gennaio, c’era anche il presi-dente del Consiglio Romano Prodi,mentre gli utenti hanno iniziato adusufruirne a partire dal 4 febbraio.L’idea originaria, maturata neglianni ’90, era quella di creare unalinea tranviaria in superficie checollegasse la parte occidentale dellacittà, Fuorigrotta, con quella orien-tale, S. Giovanni a Teduccio.

In seguito, come spiega l’addettostampa di Metronapoli, GildaDonadio, si è realizzato “un trattosotterraneo”. Ma a differenza dellametropolitana in senso stretto, lalinea si presenta sul modello londi-nese, come una linea più leggera,meno posti a sedere, vagoni piùstretti. Per il momento resta un progetto,ma per dirla con Donadio “la verarivoluzione nei trasporti è rimanda-ta al 2011, quando piazzaMunicipio diventerà stazione diinterscambio tra la linea 1 e la 6”.

[ E. B. ]

la Feltrinelli | Libri e Musica Calendrio eventi Aprile 2007 Napoli piazza dei Martiri

lunedì 2 aprile ore 11,30rivistea scuola di scritturaPresentazione di INK, inserto letterario diInchiostro, testata della Scuola di Giornalismodell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa.La rivista, a cura di Silvia Zoppi, contiene alcunibrevi testi poetici e narrativi degli allievi del Master in Scrittura Creativa diretto da Sergio Campailla.