Incontri_2_2015

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    Periodico della Famiglia Cottolenghina

    n. 2 marzo 2015Periodico quadrimestrale

    Sped. in abb. postale

    Comma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71

    Indirizzo: Via Cottolengo 14

    10152 Torino - Tel. 011 52.25.111

    C.C. post. N. 19331107

    Direzione Incontri

    Cottolengo Torino

    [email protected]

     Direttore responsabile

    Don Roberto Provera

     RedazioneSalvatore Acquas - Mario Carissoni

    Collaboratori 

    Don Emanuele Lampugnani - Fr. Beppe Gaido -Patrizia Pellegrino - Gemma La Terra - Nadia Monari

    Progetto grafico

    Salvatore Acquas

     Jmpaginazione

    Valter Oglino

    Stampa Tipografia Gravinese

    Via Lombardore 276/F - Leinì (TO) - Tel. 011 99.80.654

    La Redazione ringrazia gli autori di articoli e foto,

    particolarmente quelli che non è riuscita a contattare .

    Incontri è consultabile su: www.cottolengo.org

    entrate a cuore aperto

    http://chaariahospital.blogspot.com/

    Questa rivista è ad uso interno della Piccola

    Casa della Divina Provvidenza (Cottolengo)

    II punto - a Dio, carissimo Dante 3Don Roberto Provera 

    L’esperienza del mistero della crocein San Giuseppe Cottolengo 4-5Don Emanuele Lampugnani 

    La nostra Pasqua 6-7Redazione 

    Qui serviamo il mondo 8-9Suore di clausura di Cavoretto 

    Giorni lontani di un’antica primavera 10-11Mario Carissoni 

    Gli occhi delle mamme 12-13Fratel Beppe Gaido 

    Sul filo della memoria-Granaio della memoria 14-15a cura di Salvatore Acquas 

    Fratel Luigi Bordino Beato! 16-17Don Francesco Balzaretti 

    Ordinazione presbiterale don Vincent e don Shijo 18Redazione 

    Notizie cottolenghine: Chaaria e India 19I fratelli di Chaaria e di India 

    Ho visto un Angelo! 20-21Don Andrea Scrimaglia 

    Ecuador 22-23Daniele, Mattia e Marco 

    Le vie del Sacro24-25Patrizia Pellegrino 

    Briciole di carità 26-27Redazione 

    Volontari al Cottolengo: amanti perché amati 28-29Redazione 

    Notiziario della Parrocchia Cottolengo 30-31Redazione 

    Speranza 32Madre Teresa di Calcutta 

    SOMMARIOARIO

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    Spiritualità

    Elemento essenziale e decisivodella santità cristiana, comu-ne a tutti i santi e quindi

    anche a san Giuseppe Cottolengo èl’esperienza del mistero dellacroce.

    È importante subito sottolineareche il Cottolengo, diversamente daaltri santi, non ebbe particolari problemi nel suo rapporto conl’autorità ecclesiastica e civile, néfu colpito da particolari sofferenzefisiche, se non da qualche forma dicardiopatia.L’opposizione di qualche canonicoal trasferimento del “Deposito del Corpus Domini ” fu sì un’afflizio-

    L’esperienza del misterodella croce in

    San Giuseppe CottolengoIn tutte le difficoltà,

    portando quotidianamente 

    tutte queste “croci”,

    San Giuseppe Cottolengo

    continuò in manierasublime ed affidarsi

    alla Divina Provvidenza,

    segno questo della sua

    grande fede e sigillo

    della sua santità.

    ne, ma di breve durata.San Giuseppe Cottolengo fecel’esperienza della croce soprat-tutto nel vivere l’abbandono alla Divina Provvidenza con grande 

    fedeltà, anche nei momenti più 

    difficili, al fine di realizzare l’ispirazione carismatica del 2 

    settembre .

    Scrive don Magliano, «anche inmezzo alle angustie in cui si trova- 

    va o quando doveva provvedere a 

    qualche inaspettata emergenza,

    egli non si perdeva mai d’animo,

    non si lamentava mai, e non rallen- 

    tava la sua attività nell’esercizio 

    della carità; e spesso nelle maggio- 

    L’esperienza del misterodella croce inSan Giuseppe Cottolengo

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    Spiritualità

    ri difficoltà egli ripeteva quel motto 

    di San Francesco d’Assisi: tanto è il 

    bene che io aspetto, che ogni pena 

    mi par diletto.» Nel dicembre del 1838, a causa diuna situazione veramente critica, ilCottolengo si rivolge al Re, « pro- strato, anzi boccone per terra » per  

    supplicarlo di venire incontro allaPiccola Casa la quale si trovava «ingravissime urgenze di dover soddi- 

    sfare parecchi provveditori.»Un’ulteriore situazione difficile per il Cottolengo è documentatadalla lettera al farmacista PaoloAnglesio del 29 agosto 1840, nellaquale il santo chiede la somma diL. 1000. Consapevole che la ri-

    chiesta è gravosa non esita a scri-vere: «So che mi for mo un oggetto di disprezzo ma sì forti sono gli 

    impegni per il giorno d’oggi che 

    non posso fare a meno nuovamen- 

    te di raccomandarmi a Lei; mi 

    creda se potessi far altrimenti non

    La disturberei.» 

    I tardivi pagamenti per la mancan-za di mezzi economici creavanonon pochi problemi ai creditori. Il

    Granetti ricorda che il Cottolengo«venne citato due volte davanti la Curia ecclesiastica da un suo credi- 

    tore; il servo di Dio comparì all’ora 

    indicata ed all’invito rispondeva 

    con tutta modestia: “So che sondebitore e desidero di pagare, e la 

    Provvidenza manderà da far onore 

    agli affari; al presente non posso...Sappiamo che mancano gli uomini,

    e mai mancherà la Provvidenza, e 

    questa risarcirà ogni dànno ”».

    Ma il Cottolengo non mancò di

    sperimentare talvolta anche grandeconsolazione come narra suor Pa-trizia: «Il signor Pansa, si portò dal venerabile per esigere da lui un

    grosso credito. Egli mi disse che il 

    signor Pansa avesse pazienza per- 

    ché al presente non poteva pagarlo.

    A queste parole il signor Pansa si 

    irritò; il venerabile allora si ritirò 

    nella sua camera dopo aver invita- 

    to il signor Pansa ad aspettare.

    Poco dopo il venerabile uscì, ed io 

    vidi il signor Pansa partire tutto 

    contento. Seppi poi da suora Te- 

    lesfora, che lo udì dal venerabile,

    che egli quando s’era ritirato nella sua camera, s’era posto a pregare 

    ai piedi della statua della Ma- 

    donna, e che per tre volte sentì una 

    voce a dirgli: “alzati, prendi la 

    somma e paga”. Alla terza volta si 

    alzò e trovò la somma precisa da 

    dare al signor Pansa .»Dure prove afflissero il Cottolengonegli ultimi mesi di vita. Infatti agli

    inizi del 1842 vide morire vari col-laboratori fra cui prematuramenteanche madre Marianna NasiTutti questi sono spiragli che lascia-no intravedere come la vita quoti-diana del Cottolengo fosse menoidilliaca di quanto potesse apparireai visitatori che sovente si recavanonella Piccola Casa. Difficoltà finan-ziarie, debiti ingenti, lamentele dei

    creditori, lutti non resero agevole lasua vita, egli però continuava a sen-tirsi interiormente spinto dalla Di-vina Provvidenza a proseguire nellesue opere di carità.In tutte le difficoltà, portando quo-tidianamente tutte queste “croci”,San Giuseppe Cottolengo continuòin maniera sublime ed affidarsi allaDivina Provvidenza, segno questo

    della sua grande fede e sigillo dellasua santità.Guardando il suo esempio, possia-mo allora rinnovare la nostra fedein Dio Padre Provvidente, per tro-vare nuove motivazioni e nuovaforza nel portare giorno per giornole nostre “croci”, certi che il Si-gnore non ci lascerà mai soli.

    Don Emanuele Lampugnani

    ...egli però continuavaa sentirsi interiormente

    spinto dalla DivinaProvvidenza 

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    Spiritualità

    La nostra Pasqua

    Tutti gli anni, dopo il velo e lenevi dell’inverno, a poco a

     poco, nell’aria torna un mitetepore e dalla terra rinnovataaffiora la nuova vita. Intanto, i

    campi rinverdiscono di nuoveerbe, le piante si rivestono difoglie e le aiuole dei giardini siriempiono di fiori dai mille co-lori.La primavera, dunque, è proprioquesta vivace e incontenibileesplosione di vita che rinasce vit-toriosamente. Sì. perché la vita,mortificata dall’inverno, risorgeovunque e trionfa.

    È Pasqua. Una nuova, inesauribile sorgentedi vita è stata infusa nel mondo: Cristo risorto. Alleluia! “

      “

    La nostra Pasqua

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    Spiritualità

    gnore, perché Egli ha sconfitto laMorte ed anche noi suoi seguacidovremo risorgere.La celebrazione della Pasqua. Se

    liturgicamente è la celebrazionedi un avvenimento storico, unicoè pure la celebrazione deglieffetti salvifici che ne derivano.Ora, gli effetti salvifici dellaPasqua sono senza fine e sempreofferti a tutti gli uomini fino allafine dei tempi.Per questo, la Pasqua ha una vir-tualità e una potenzialità di sal-

    vezza senza limiti.Il primo compito allora del cri-stiano oggi è quello di dare

     prova di fedeltà a Cristo. Al suomessaggio e al suo dono di sal-vezza. Ecco dunque, che laPasqua diventa anche nostra.È la nostra vita quotidiana che

    Anche la gente avverte tutta que-

    sta novità di vita.

    I cuori, infatti, si aprono allagioia fragorosa e alla speranza,

    dopo la tristezza, il silenzio e lasolitudine dell’inverno.Ed ecco giungere la Pasqua.La Pasqua non è un avvenimento

    che si esaurisce nello spazio di

    una giornata. La Pasqua deve

    durare come continua la vita:

    l’eco di Pasqua deve accompa-

    gnare tutti i nostri giorni. Perché

    ci deve sempre parlare di ri-

    surrezione.Cristo Gesù è morto ed è risorto. Noi uomini siamo legati allaPassione e Morte redentrice delSignore, perché anche noi dob-

     biamo soffrire e morire. Noiuomini, siamo pure legati allaRisurrezione gloriosa del Si-

    deve essere in consonanza conCristo e con il suo Vangelo.Il mondo dei non credenti cichiede delle “prove” per credere.Le sole prove che possiamo dare

    sono vivere e mostrare il Vangelo

    con coraggio, senza mai stancarsi.

    Queste prove ci qualificano comeveri e autentici discepoli diCristo Risorto.

    La Redazione 

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    S

    ono una “giovane “ di 78

    anni, nata e cresciuta fra lecolline dell’Albese, in un paesaggio agricolo profumato diviti e peschi in fiore. Fin da pic-colissima – avevo 4 anni – Gesùmi chiamò ed io confidai allamamma il mio proposito: «Vo-glio farmi suora». Col passaredel tempo, il mio desiderio sifaceva ardente, finché, compiuti i18 anni, fui accolta fra le postu-

    lanti della Piccola Casa di Torinodove professai i voti religiosi.Per 20 anni vissi come suora divita apostolica svolgendo diversemansioni.Tutto mi era gradito, tutto facile,

     perché il mio sguardo era punta-to su Gesù, il mio Diletto. Poi ilmio Maestro mi chiamò dinuovo, questa seconda chiamata,mise il fuoco nelle mie ossa, per 

    cui la risposta fu immediata e

    totale. Mi alzai, lascai subito i

    miei “affari” e seguii il Maestro.Era il 1 ottobre 1974. Primogiorno scolastico, di quei tempi,ed io mi posi alla Scuola di Gesù,avendo come angelo santa Teresadi Gesù Bambino. Il Maestrocamminava davanti e io gli tene-vo dietro, in silenzio e con ilcuore sospeso nella pace.Conoscevo per diretta esperienzache dove Egli passa fiorisce qual-

    cosa di bello, si presentano dolcisorprese e si aprono orizzonti disperanza.Attraversammo la città comin-ciammo a salire su per la collina.Il momento era solenne: allespalle lasciavo una storia tantoamata, che avvertivo però stretta,

     per iniziarne un’altra, quella cheda tempo desideravo e sognavo.Giungemmo sul colle ed improv-

    visamente il quadro cambiò;

    dinanzi a noi si profilò una disce-

    sa quasi a picco. Significativo!Quella prendemmo ed eccoci,

     percorsi pochi metri, in fondo, uncaseggiato vasto con una portici-na, sopra la quale era scritto, ilnome di quello che era – che è – un Monastero di clausura.Vi entrai, sul mezzogiorno. C’eragran silenzio e il cuore respiròlargo: «qui abiterò – mi dissi – 

     perché l’ho desiderato. Questo è

    il luogo del mio riposo».Parlo del Monastero cottolenghi-no “Il Carmelo”.Qui era salito, nella primaveradel 1841, san Giuseppe Bene-detto Cottolengo, fondatore dellaPiccola Casa della Divina Prov-videnza in Torino, per dare unaFamiglia di Suore di Vita Con-templativa che fossero sostegnoalle Sorelle impegnate nel servi-

    zio ai fratelli ammalati, ai poveri

    Quiserviamo

    il mondo

    Ho avuto quaggiù il cento per uno.Ora attendo, per la bontà misericordiosa del nostro Dio

    l’Incontro faccia a faccia con Lui.

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    Giorni lontani diun’antica Primavera

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    Una domenica, di quelle final-mente  primaver ili che invi-tano a fare una passeggiata,

    esco e  me  ne vado  pigramente aspasso, per r espirare in tranquilli-tà un  poco d’aria pura. Giron-zolando qua e là senza una mèta,mi r itrovo dentro un’antica bor ga-

    ta periferica, proprio di fronte allasua Chiesa; un passo, due gr adinie sono sul sagrato. Ne varco le porte principali che trovo s palan-cate, mi sporgo per vedere l’inter-no e subito vengo avvolto da bellemelodie e dalle note  possenti diun organo. Pia cevolmente sorpre-so, mi f ermo un momento sull’in-gresso; poi, quasi attratto, decidodi var care la soglia  e mi ritrovodentro; chiesa vecchiotta ma

     bella, ricca di statue e affreschi ben conservati; illuminata a granfesta e colma di fedeli composti eattenti. Santa Messa solenne, conal cuore della celebrazione il ritodella Prima Comunione ad un belgruppo di adolescenti. Li vedotutti là davanti, ordinati, ben

    vestiti di una lunga tunica biancauguale per tutti che avvolge i gio-vani corpi, nascondendo i vestiti-ni nuovi, indossati oggi per la prima volta, ma dalle buonemamme preparati per quest’occa-sione chissà già da quanto tempo.Le bambine sono riconoscibili per i bei capelli ordinati e raccolti congraziosi cerchietti appena sopra lanuca, i maschietti per la loro irre-quietezza. Senza averla cercata,

    mi son così trovato avvolto daun’atmosfera bella, ricca diimmagini e suggestioni che senzaaccorgermene mi fanno scivolarenei ricordi di un giorno lontanotanto simile a questo e mi conse-gnano ad un rincorrersi di memo-rie che, pur senza allontanarmi

    dal presente, mi hanno portato nel passato e confermato che imomenti belli sono senza tempo,non si cancellano e sono motivodi ritrovata felicità che si rinnova,sussurri che scorrono attraversol’anima.Mi ritrovo così nei giorni lontanidi un’antica primavera, appenaterminati i corsi di catechismo,allora tenuti dal delegato del-l’Azione Cattolica. Ricordo bene:

    Racconto

    e... impossibile purtroppo evitarlo... la fine ingloriosadi quanto di lindo era sopravvissuto del vestitino nuovo! “

    Giorni lontani diun’antica Primavera

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    tempi di preparazione sempreuguali, metodi mai scritti marigorosamente applicati, giornisempre uguali tranne la domeni-ca, che per noi rampolli era dispeciale libertà; pranzo da termi-narsi in fretta e furia e poi subitovia di corsa per essere i primi sul piazzale della chiesa e lì giocarespensierati sino alla chiamata dei

    catechisti. Tutti in chiesa, in fila, arecitare la preghiera all’AngeloCustode, quindi studio della dot-trina. Lezioni ogni giorno appenafinite quelle della scuola elemen-tare, fedelmente precedute dameticolosa indagine sulla fedeltànella recita delle preghiere di mat-tino e sera. Rammento che, versola conclusione dei corsi, arrivava-no i passi più difficili: l’esame di

    coscienza, i sensi di colpa avverti-ti o meno, i peccati nei quali era-vamo caduti o nei quali potevamoincorrere, quelli che si rimedianosolo con confessione, pentimentoe promessa a non ripetersi; poi la prima confessione, con subito un piccolo disappunto: perché le bambine inginocchiate nel con-fessionale dietro la grata e invecenoi maschietti in sacrestia, sedutiviso a viso con il sacerdote? Poi le

    grandi prove della cerimonia con ilmomento più importante: riceverel’ostia, da ingoiare senza mai masticarla . Non è mica stato tantofacile! Arriva il giorno tanto attesoe sospirato: la Messa della “PrimaComunione”; evento agognato equanto mai liberatorio per le mam-me, molto festeggiato da famiglie e parentado, catecumeni e comunità

     parrocchiale tutta. Cam pane assor-danti e in festosa libertà, coro algran completo, organista in cami-cia bianca con cravatta, banchiriservati, a destra i maschietti e asinistra le femminucce. Ognuno al posto assegnato, seri e molto atten-ti almeno per il momento, a proteg-gere l’integrità dell’abitino cucito

    su misura dalle mani sante dellenostre mamme. Finalmente ilgran momento: l’emozione diingoiare delicatamente l’Ostia

    Sacra, la benedizione del Par-roco, gli abbracci, i baci e lefoto. Terminata la funzione reli-giosa ecco il piccolo rinfrescoofferto dal parroco nei localidella Casa del Popolo e poi tuttia casa per il rituale pranzo della gran festa di norma preparato dainonni, con inviti allargati ai parenti e alla maestra elementa-re. Verso fine pranzo, mentre i

    grandi, ancora seduti, concentra-vano la loro attenzione su cosaavrebbe fatto seguito al dolce,nella generale disattenzione ifurbetti si fiondavano verso il piazzale, dove già attendavanogli amici e ...impossibile pur- troppo evitarlo... la fine inglorio- sa di quanto di lindo era soprav- vissuto del vestitino nuovo! Una scampanellata dall’altare mi

    richiama al presente; è terminatala distribuzione ai fanciulli, tutti possono ora accostarsi all’altare,mi avvicino e tendo le maniverso quell’Ostia che… ormaiho imparato a ingoiare bene.

    Mario Carissoni 

    Racconto

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    Èin piedi alle mie spalle, ad una

    manciata di centimetri. La

    sento respirare vicino a me,

    avverto addirittura il calore che

    emana dalla sua pelle. Mi guarda,

    ansiosa ed implorante: gli occhioni

    neri compiono una vorticosa gim- 

    kana tra me ed il suo bimbo che stocercando di rianimare sul fasciato-

    io. Talvolta lascia che la sua spalla

    sfiori delicatamente la mia, quasi

    una spinta per incoraggiarmi a fare

    di più. La sua fiducia è illimitata,

    totale l’abbandono nelle mie mani

    che si muovono veloci sulla sua

    creatura: io sono il dottore bianco,

    nel suo immaginario più o meno un

    semidio, che sa e può tutto. Dove

    potrebbero venire queste mamme se

    non da me? Chi potrebbe aiutare i

    loro piccoli se non il medico

      bianco?

    Gli occhi sono colmi di terrore

    guardando il piccolo, di speranza

    quando carpiscono dal mio volto

    qualche segnale positivo. Segue

    attentamente le mie dita mentre

     pompo ossigeno nei polmoni e

    accompagna con lo sguardo le mie

    Testimonianza

    “ ” La gioia e il dolore nel silenzio di uno sguardo

    GLIOCCHI

    DELLEMAMME

    GLIOCCHI

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    mani mentre iniettano un farmaco

    in vena o premono ripetutamente

    sul piccolo torace per il massaggio

    cardiaco. La mamma sta sempre in

    silenzio: non parla e non chiede,

    quasi a non disturbare la sacralità

    delle mie azioni.

    Quando riesco a salvare il piccolo,

    la mia gioia è tutta interiore; vorrei

    abbracciare quella mamma che si è

    fidata ciecamente, ma la cultura

    locale lo impedisce. In quei mo-

    menti di gioia solenne, mi devo

    aspettare un timido sorriso accom-

     pagnato da uno sguardo pieno di

    affetto. Raramente dalle sue labbraaffiora la parola “grazie”, ma

    avverto la riconoscenza in tutte le

    sua membra, mentre le consegno il

     piccolo e lo deposito tra le sue

     braccia accoglienti.

    Quando non ce la faccio in questa

    mia battaglia per la vita, gli occhi

    della mamma dapprima vagano

    sperduti, fissando quindi il mio

    volto e poi quello del bimbo: non

    riesce a capire come possa essereaccaduto quanto in cuor suo già

     percepiva! Non sono io il dottore

     bianco, l’onnipotente? Non può

    quindi essere vera l’evidenza. Il

     bimbo non può essere morto!

    Cerca di catturare il mio sguardo

     per cogliere la verità; mi basta

    guardarla intensamente per un

    attimo e trasmetterle tutto il mio

    sgomento ed il senso di fallimento.

    Lei capisce ancor prima che io

     parli. A volte ha il coraggio di

    abbozzare la tremenda domanda:

    “è morto?”; allora mi basta annui-re con il capo, senza proferire

    verbo. La mamma piange e sin-

    ghiozza sommessamente.

    Accarezza il suo bambino e poi si

    ritira, chiusa nel suo dolore. Una

    disperazione silenziosa e colma di

    dignità. Poche gridano e si dispe-

    rano. Quanto affetto passa tra i

    miei occhi e quelli delle mamme

    da noi ricoverate! Quanto dolore e

    quante gioie riusciamo a condivi-

    dere nel silenzio di uno sguardo!

    Quanto rispetto vorrei essere capa-

    ce di trasmettere a questi gigantid’umanità, le nostre mammine,

    così fragili ed indifese, ma forti e

    dignitose!

    Fr Beppe Gaido 

     Testimonianza

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    Sul filo della memoria  a cura di Salvatore Acquas

    Ricordi

    “Il pregio di una fotografia sta nell’immediatezza del suo linguaggio: istanti, esperienze e persone.” 

    Il Cottolengo di Biella, nel corri- doio d’ingresso del reparto Ma- donna del Rosario, ha allestita 

    un’esposizione impostata su un percorso fotografico e improntato su figure di suore residenti nella 

     propria struttura dal titolo emble- matico: “Testimonianza di fede e di amore.“ Inaugurata domenica 16 dicembre 2014 e si protrarrà per tutta la durata dell’Anno della Vita Consacrata, in altre parole sino al 2 febbraio 2016. Tempi e spazi este- si e tali da consentirne possibilità di visita a molti, cottolenghini e non. Scopo e fine dell’esposizione dare visibilità e offrire i messaggi 

    di fede e di amore che queste sorel- le nutrono nel loro cuore in questi ultimi anni della loro esistenza umana. Le loro vite sono state donate e questo continuo dono si esprime oggi in volti e messaggi di sapienza offerta a tutti, anziani e giovani, come piccoli semi di spiri- tualità e fiducia. Incontrarle nelle immagini e accoglierne le parole è certo motivo di arricchimento spi- 

    rituale. La notizia in ambito locale 

    è stata largamente diffusa, noi de- sideriamo portarla a conoscenza e offrirla ai nostri lettori. Qui di se- guito riportiamo la notizia così com’è apparsa sul giornale locale “Il Biellese” del 28 novembre 

    2014.

    UN TESTAMENTOSPIRITUALE

    PER CHI VERRÀ DOPO

    L’idea di sviluppare un percorsofotografico sulle “Vite Consa-crate” è nata due anni fa, in occa-sione dell’allora proposto Anno

    della Fede (2012-2013) da partedi Papa Benedetto XVI e signifi-cativamente si realizza oggi al-l’inaugurazione dell’anno chePapa Francesco ha dedicato allaVita consacrata. L’intento è statoquello di dare visibilità a suoreanziane, che per la loro condizio-ne di salute vivono invece in unarealtà generalmente sconosciuta elontana dalla normale vita sociale,come anche avviene per le perso-ne che sono residenti in strutture

    socio sanitarie come le RSA. Lesuore anziane sono portatrici di unagrande esperienza di vita e soprat-tutto di una vita di fede, che si èmanifestata nella fedeltà alla loroconsacrazione a Dio fino alla con-

    clusione della loro avventuraumana. Questa loro esperienza divita è sembrata una sorta di tesoroumano, un “granaio della memo-ria”, i cui semi, qualora venganoraccolti e seminati nel cuore delle

    “Testimonianza di fede e di amore.“

    “GRANAIO

    DELLA MEMORIA” ,i cui semi, qualora vengano raccolti e seminatinel cuore delle persone, possono portare fruttidi speranza, di fede, di forza nella sofferenzae di senso della vita, con i valori umani e spiritualiche ne conseguono.

    Coraggio, ci saranno tante prove,

    ma il Signore sta sempre vicino.

    Signore, sono tutte occasioni che mi dai

    per conquistare il Paradiso.

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    Prendo tutto per amor di Dio e dico:

    “mi costa, ma lo faccio per amor di Dio”

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    Ricordi

    persone, possono portare frutti di speranza, di fede, di forza nella sof-ferenza e di senso della vita, con i valori umani e spirituali che ne con-seguono. Questi “semi” sono stati raccolti, durante un lungo percor-so, mediante incontri, dialoghi e interviste, realizzate dalla volontaria

    Anna Rosa, e mediante immagini di volti, sguardi e gesti, dal fotogra-fo Sergio Ramella, con la sua intuizione estetica, accompagnata dallasensibilità che gli è propria. Nella realizzazione del percorso fotogra-fico si è cercato, nella misura del possibile, di abbinare le immaginidei volti e delle persone con i messaggi di vita effettivamente detti daloro. L’intento non è quello di illustrare la vita consacrata, ma di pro-porre figure di persone consacrate anziane, che, con il loro bagagliodi esperienza umana, di quotidiana fedeltà e di sapienza di fede, pos-sono dare coraggio a chi si trova, come loro, nella situazione di anzia-nità e sul finire della propria esistenza.È un messaggio rivolto anche ai giovani, perché colgano che cosa alla

    fine rimane di ciò che si è fatto e vissuto, che cosa rende compiuta unavita. Una parola e un volto sono un messaggio per tutti. Questo spie-ga perché le figure sono state fotografate singolarmente e non nellaloro vita di gruppo. Sono tanti piccoli “testamenti spirituali” persona-li, consegnati alle generazioni che le seguono, come piccole perle diun dono che arricchisce la vita. “Mi sono rallegrato quando mi hanno detto che andrò

    nella casa del Signore”, questo pensiero del Santo

    Cottolengo l’ho fatto mio.

    Lascio un servizio, ne prendo un altro, ma tutto quello che faccio

    è per il Signore.

    Nella mia vita ho cercato di amare. Ama

    e dona l’amore e l’amore cresce.

    Dona amore e ne riceverai tanto.

    Il Signore ci dà la forza di portare la croce,

    se non abbiamo questa forza ci ripieghiamo

    su noi stessi.

    Quando non pensiamo a Lui...

    è Lui che pensa a noi.

    Non lasciate mai la preghiera, se lasciate la preghiera

    è finito tutto... Bisogna essere coerenti

    con quello che si dice.

    a qui c’è tanto tempo, si va in cappella, ci si può

    sedere in un banco e chiamare il Signore

    che ci venga vicino per discorrere un po’.

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    Quando leggerete questo nostro ultimo 

    numero, la tanto attesa conclusionedell’iter per la beatificazione delVenerabile fratel Luigi Bordino saràormai vicinissima alla conclusionee la nostra attesa ritroverà finalmenteil respiro di una felicità grande, tantodesiderata. Il 2 maggio, mese cheparticolarmente ricorda la Vergine Mariatanto amata dal nostro, fratel Luigi saràproclamato Beato e tutti noi con luipotremo vivere il giorno della sua grande 

    festa. Una nuova stella brillerà nel cielodella Piccola Casa, per illuminarel’esempio di vita santa che tutti noidobbiamo conoscere e imitare.Una santità costruita negli anni, giornoper giorno coll’esercizio dell’umiltàin ogni gesto dell’avere, ma soprattuttodel dare, così come bene apparein questo scritto del compiantodon Balzaretti, per lunghi anni Direttoree Redattore della Rivista Incontri.

     N

    ello stendere alcuni mieiricordi di Fratel Luigi, riten-

    go anzitutto opportuno sotto-lineare come, nel contesto di vitadella società odierna, sia di prima-ria importanza richiamare l’atten-zione sulla sua figura di uomo einsieme di religioso del nostrotempo. Considero Fratel Luigi unesempio per i laici cristiani,soprattutto per quelli impegnati inun campo professionale comequello infermieristico, per la Pic-

    cola Casa e per la sua FamigliaReligiosa, la Congregazione deiFratelli di San Giuseppe Cotto-lengo che ha avuto il privilegio diannoverarlo tra i suoi figli miglio-ri. Di Fratel Bordino, che ho cono-sciuto di persona e con il quale hocondiviso momenti particolari,rilevo in particolare due aspettiche distinsero la sua vita alCottolengo. La vita interiore fattad’intimità con Gesù Eucaristia e la

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     Testimonianza

    FRATELLUIGI BORDINO

    BEATO!

    I miei ricordi di Fratel Luigi Bordino

    FRATELLUIGI BORDINO

    BEATO!

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     Testimonianza

    vita professionale alla cui basesono sacrificio e amore al pros-simo. La Messa (per diversi anniservì quella così detta della leva-ta, alle 5.15) e la Comunionequotidiana erano i momenti pri-vilegiati della sua vita spirituale,la centrale, per così dire, cheriforniva le sue energie di bene.Lo troviamo, appena aveva unritaglio di tempo, davanti al San-tissimo Sacramento in profondoraccoglimento, le mani giunte elo sguardo al Tabernacolo.I primi contatti con lui, per lo

     più nella sacrestia della chiesa principale della Piccola Casa,quelli in cui ebbi modo di cono-scere più a fondo la sua persona-lità religiosa, risalgono al 1948.Fratel Bordino fresco di profes-sione religiosa, io suddiacono.Con passo misurato – non corre-va mai, perché era sempre pun-tuale – Fratel Luigi, saliva i gra-dini della scaletta ed entrava in

    sacrestia; si segnava adagio conl’acqua santa, genufletteva beneretto e sostava in breve adora-zione. Indossata la cotta, atten-deva l’inizio delle funzioni,sempre in devoto silenzioLo ricordo fedelissimo alla pre-ghiera comune in chiesa, la vocechiara e possente nel guidare lerecita del Pater e del Rosario, lasua puntuale precisione nell’ese-

    cuzione delle sacre cerimonie.Questi ed altri particolari, osser-vati per tanti anni, possono a

     prima vista, sembrare comuni,ma era il modo in cui egli licompiva che aveva qualcosa dispeciale.Penso che Fratel Luigi sia statoun religioso che ha vissuto lerealtà ordinarie della sua vitaspirituale in modo straordinario.

    Oltre alle note particolari che, a

    mio parere, hanno costituitol’aspetto peculiare della sua vitareligiosa ne ricordo alcune diquelle che riguardano l’attivissi-ma vita professionale come infer-miere. Si tratta, ben inteso, di par-ticolari meno importanti di altri inquesto settore, ma rivelano lavirtù di Fratel Luigi anche nelcampo professionale.Alla scrupolosa cura verso gliammalati interni della PiccolaCasa, Fratel Luigi aggiungevauna grande sensibilità che lo ren-deva attento anche delle necessità

    di quelli esterni e gli faceva trova-re tempo e mezzi per alleviare leloro sofferenze. [ … ] Quanto hafatto grande questo religioso cot-tolenghino è stato l’aver cercatodi vivere fedelmente e costante-mente con Colui che aveva segui-to: Gesù, corrispondendo docil-mente alla grazia divina, e l’aver lavorato nella Piccola Casa per 

     portare la carità di Cristo e del

    santo Cottolengo agli ammalati ea tutti i bisognosi.

    Don Francesco Balzaretti 

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    Notizie Cottolenghine

    10-20 gennaio 2015India

    Ordinazione presbiterale

    di don Vincent e don ShijoLa Piccola Casa dice il suo “Deo gratias” per le recenti ordinazioni di duenuovi sacerdoti cottolenghini, Don Vincent Xavier Lourdusamy il 10 gennaio

    in Tamil Nadu e Don Shijo Solomon il 20 gennaio in Keralanelle rispettive parrocchie.

    Deo Gratias! 

     Accoglienza al paese di VincentUn momento del rito dell’ordinazione di Vincent

    Momento del rito dell’ordinazione

    di Vincent

    Imposizione

    delle mani

    durante il rito

    dell’ordinazione

    di Shijo

    Un momento del rito della S. Messa di Shijo

    Foto di

     gruppo dopol’ordinazione

    di Shijo

    Un momento del rito della S. Messa di Shijo

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    è stata la prima volta in Kenya eTanzania, e quindi per lui tutte le mis-sioni visitate, sono state qualcosa diassolutamente nuovo. Ringraziamoanche don Paolo per l’affetto e l’entu-siasmo che ha dimostrato per Chaaria.I due sacerdoti italiani sono statiaccompagnati a Chaaria dal rettore delseminario di Nairobi don Filippo, cheringraziamo per la disponibilità e per l’amicizia. A Padre Lino e a DonPaolo auguriamo un felice ritorno inItalia...

    I Fratelli di Chaaria 

    LA PROVVIDENZA

    HA TANTE STRADE

    La Provvidenza trova mille modi

     per sostenere l’opera di chi siaffida ad essa e si mette al servi-

    zio delle persone che più hanno biso-gno. A noi il compito di dimostrarcigrati dei benefici ricevuti e contempla-re le sue vie per fidarci una volta di piùdi Dio. I Fratelli presenti nelle duecase in India hanno recentemente toc-cato con mano l’aiuto concreto arriva-to dalla generosità di chi, da luoghi

    lontani, senza molto conoscere dellarealtà delle nostre case, ha dato confiducia parte dei suoi averi per soste-

    nere il servizio che i cottolenghinistanno conducendo a favore delle per-sone che assistono. La ‘via’ usata que-sta volta dalla Provvidenza è l’associa-zione di volontari Cottolengo Mission

    Hospital Chaaria che tra i suoi fini pre-vede di “promuovere iniziative per raccogliere fondi da destinare alleMissioni Cottolenghine all’estero”.Impegnata da anni a sviluppare e coor-dinare il volontariato e aiutare econo-micamente le attività dei Fratelli aChaaria in Kenya, l’Associazione ha

     progressivamente allargato il suo rag-gio di azione all’Ecuador e ultima-mente anche all’India. È così che nel

     bilancio di fine anno dell’Associa-zione sono figurate le voci di spesaanche per le case di Palluruthy e diParavur in Kerala dove operano iFratelli cottolenghini indiani: la primaha visto il finanziamento per l’acqui-sto di letti ortopedici, di una piccolaautoclave, di medicinali, di depuratori

     per l’acqua e di una lavatrice; allaseconda è stato possibile l’imbiancatu-ra completa dei locali, l’acquisto diuna lavatrice, una macchina per cucire

    e una cyclette, il tutto a favore degliospiti. Ma già l’inizio dell’anno havisto continuare quest’aiuto che ci per-mette di realizzare ancora una tettoia

     per la casa di Paravur e la tinteggiatu-ra alla casa degli ospiti di Palluruthy.Per tutto questo si eleva il ringrazia-mento dei Fratelli e di quanti operanoe vivono nelle nostre realtà anzituttoalla Divina Provvidenza e a tutti quan-ti vi hanno contribuito. Non mancheràil ricambio con la preghiera da parte

    dei nostri “padroni”, una preghiera chevale molto agli occhi di Dio.

    I Fratelli in India 

    Notizie Cottolenghine

    R ingraziamo di cuore il SuperioreGenerale della Piccola Casa del-la Divina Provvidenza per averci

    visitati qui a Chaaria. Padre LinoPiano è in Kenya e Tanzania per unavisita alle comunità cottolenghine ed

    ha un’agenda molto stipata, perciò nonsi ferma mai più di un giorno (o almassimo due) nello stesso posto. AChaaria ha dedicato una giornata inte-ra e qui ha trascorso anche la notte; ciògli ha permesso di rendersi conto di

     persona di tutti i miglioramenti cheabbiamo apportato sia alla strutturache al servizio negli ultimi due anni.Ha visitato con ammirazione la“nuova” sala operatoria anche all’in-

    terno, siccome non avendola ancoravista finita. Si è complimentato per lanuova maternità che gli è parsa bella efunzionale. Abbiamo sentito la presen-za paterna e l'affetto di don Lino, conil quale si è discusso anche di proble-matiche importanti per il futuro dellanostra missione e per la sua sostenibi-lità. Siamo riusciti a condividere insie-me pranzo e cena, perché miracolosa-mente risparmiati dalle emergenze inquei due momenti comunitari. Con

    Padre Lino era a Chaaria anche donPaolo Boggio, rettore del seminariocottolenghino di Torino: per don Paolo

    Padre Lino e Don Paolo

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    Ho fatto un’escursione in altamontagna in compagnia deicompagni di studio. Siamo

    rimasti in vetta fino a tarda ora. Iltempo era bello, il sole di agostosplendeva ancora anche versosera; tutto invitava a prolungare la

     permanenza fuori casa.All’improvviso l’imprevisto. Mi

    ero attardato a raccogliere stellealpine, perdendo di vista gli altri.Ma non mi ero preoccupato perchéconoscevo bene sentiero e monta-gna. Mentre mi sporgo verso ilvuoto per raggiungere una stellaalpina, mi scivola la terra sotto i

     piedi. Istintivamente, con entram- be le mani, lasciando cadere i fioriche tenevo, cerco un appiglio per fermare la scivolata, ma non ne

    trovo e precipito per diversi metri

    Racconto

    Ho visto un Angelo...

    sul bordo del burrone. Mentre storotolando sui sassi sempre piùvicino al vuoto, mi metto a urlareaiuto. Ma credo che nessuno misenta: i miei compagni sono giàavanti e hanno girato dalla partesinistra della montagna; sonofuori portata di voce; altri non c’ènessuno in giro. Allora mi assale

    un senso di disperazione e mitrovo perduto; in quel momento

     perdo i sensi. Mi risveglio non soquanto tempo dopo, con un acutodolore alla gamba destra. Pian

     piano ritorno in me e mi guardo:sanguino da qualche parte e sono

     pieno di ammaccature; soprattuttovedo la gamba destra impigliata inmezzo ai sassi che me la stringo-no forte procurandomi fitte di

    dolore. Provo a piegarmi in avan-

    ti, con molto sforzo cerco di smuo-vere i sassi. Impossibile! Provo eriprovo fin che sono sfinito maniente da fare; le pietre sono gros-se ed io nella mia posizione non

     posso fare forza. Mi fermo per  prendere fiato e mi guardo attorno:sta diventando buio e non si senteanima viva. Silenzio e solitudine

    che mi stringono al cuore; provouna forte angoscia e mi metto a

     piangere. Mentre sono così dispe-rato, intravedo nella semi oscurità,una figura di persona che si avvici-na. Avanza leggera in mezzo aisassi; sembra quasi che il suo

     piede li sfiori appena. Oh! Prov-videnza! Esclamo; e il cuore inco-mincia ad allargarsi.“Tu, per favore, mi dai una ma-

    no?” Mi metto a gridare, per paura

    “ Mi aiuti per favore sono impigliato nei sassi...Coraggio, alzati e seguimi. La sua voce è dolce e melodiosa e stranamente mi riempie di sicurezza.

    Ho visto un Angelo...

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    che non mi veda.. Ma quella per-sona viene proprio verso di me emi si ferma davanti. È quasi buio,ma stranamente, la vedo bene infaccia. È un bel giovane che mifissa con occhi luminosi; vestitocon abiti leggeri, non da montagnae non sembra per nulla affaticatodalla salita che deve aver fatto.“Mi aiuti, per favore, sono impi-gliato nei sassi…”“Coraggio, alzati e seguimi” Lasua voce è dolce melodiosa e stra-namente, mi riempie di sicurezza.“Ma non posso: i sassi mi blocca-no la gamba!”“Su, prova ancora e abbi fiducia!”Lo guardo perplesso e incredulo.Provo ancora una volta a muoverela gamba… viene via subito, senzafatica né dolore.“Ma… ma è un miracolo! Primanon riuscivo neanche…”“Non parlare, affrettati che ètardi!”Mi alzo, ancora tutto indolenzito esporco, ma riesco a camminarebene. Mi avvio subito dietro quelgiovane che sta già andando avan-ti in fretta. Però, lo sto guardando,più che camminare, sembra chesfiori appena il sentiero. Infattinon fa alcuna fatica, neanche suisassi. Allora mi affretto e lo rag-giungo.“Senti: scusami, non ti ho neanchechiesto il nome: chi sei? Come maisei ancora qui in alta montagna aquest’ora?”“Lo capirai da solo più tardi; ades-so affrettiamoci perché viene nottee ti stanno già cercando.”La situazione appare sempre piùinverosimile! Non oso più parlaree lo seguo in silenzio. Lui cammi-na veloce, ma anch’io non socome, riesco a stargli dietro pur non vedendo il sentiero perché èormai buio. In breve tempo giun-giamo in fondo alla montagna,

    dove il sentiero si allarga e diven-ta piano, inoltrandosi nella vallelungo il torrente.“Ora prosegui da solo; conosci ilsentiero e incontrerai presto i com-

     pagni che ti cercano. Addio!“Aspetta… come posso ringraziar-ti? Fermati un mo… non c’è più!Ma dove sei?...Sparito.”

    Mi sarebbe tanto piaciuto cono-scerlo meglio; invece… Ma ora de-vo affrettarmi per non fare nottefuori casa. Prendo deciso il sentie-ro che ora conosco bene anche se è buio e cammino. Ma la gambaimprigionata dalle pietre, riprendea farmi male e sento di nuovo varidolori per il corpo. Devo subito ral-lentare il passo per non cadere.Tuttavia, fatti pochi passi, sentodelle voci sommesse che si avvici-nano. Tendo l’orecchio per sentiremeglio e mi rendo conto che sono icompagni che vengono in cerca dime. “Ma che cosa ti è successo?Ad un certo punto, non ti abbiamo

     più visto; ma non ci siamo preoc-cupati, sapendo che conosci benela montagna e sei più in gamba dinoi. Però adesso ci stavamo preoc-

    cupando perché è ormai notte…”“Vi ringrazio amici, ma vi raccon-terò tutto a casa; ora sono troppostanco e questa gamba mi fa moltomale; non vorrei perdere altrotempo.”La notte è lunga e dolorosae piena di personaggi misteriosi. Almattino mi alzo sempre con i mieimali; decido quindi di andare afarmi vedere dal dottore. Ma prima passo nella nostra cappellina per ringraziare il Signore dello scam- pato pericolo. Prego un momentodavanti al Tabernacolo, poi vadodavanti al bel quadro dove è dipin-to un Angelo custode che accompa-gna un bambino nell’attraversareun ponte, (quadro che mi ha sempreattirato per la bellezza) per ringra-ziare anche il mio Angelo custode.Ma… rimango sbalordito: l’Angelodipinto è il ritratto perfetto di quelgiovane che ho visto nella notte!Mi stropiccio gli occhi per guarda-re meglio; non ci sono dubbi: è pro- prio lui! Allora ho visto unAngelo!...Ma non è possibile!...forse è un’allucinazione… sa-rebbe troppo bello! No, non lodico a nessuno, se no mi prendonoin giro! Eppure l’ho visto; nonstavo sognando.

    Don Andrea Scrimaglia 

    Racconto

    Senti: scusami,non ti ho

    neanche chiestoil nome: chi sei? 

    “”

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     Testimonianza

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    Fundacion sanitariadel Cottolengo

    Siamo un gruppo di volontari diTorino, Mattia D’Eredità,Daniele Romano e Marco Leo-

    ne, appena rientrati in Italia dopo

    un’esperienza di volontariato inEcuador. Dalla fine di novembrealla fine del 2014 siamo stati ospi-ti delle suore di San GiuseppeBenedetto Cottolengo, comunitàcottolenghina lì presente sin dal2002. Le nostre storie come volon-tari non hanno percorsi paralleli;abbiamo Mattia il più giovane cheè uno studente di venti anni e que-sta per lui è la prima esperienza

    missionaria; Daniele ingegnere di

    trentasette anni è invece alla suaseconda; infine Marco, assistentesanitario già alla sua quinta espe-rienza si reca in Ecuador in mis-

    sione per progetti di cooperazioneinternazionale della Regione Pie-monte.

     Nella casa delle suore diManta nel barrio di SantaMartha uno dei quartieri più

     poveri della città, siamo arri-vati alle undici di sera,accolti dalle sorelle con ungeneroso bicchiere rinfre-scante di succo di frutta fre-

    sca e con il saluto scritto

    nella casa a caratteri enormi:“Bienvenidos”… L’accoglienzafraterna apre il cuore all’incontrocon il prossimo!

    Il mattino seguente subito dopo lacolazione ci siamo recati alla

    “ Il ve  r o mi  s  siona  rio, c  he non sme tte mai di e  ssere d i  sce  polo, sa c  he G e  sù c a  mmi  na c on l u i, lavor a c on l u i.”

    EcuadorEcuador

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    mo come stessee la sua rispostaera sempre: “meglio di ieri ”.Questo fa capire la forza delle per-sone e come riescano a ritrovare lavita vera pur sotto un cumulo didisgrazie. Nelle attività svolte ogni

    giorno con malati, poveri e fami-glie in difficoltà, abbiamo vissutoe sperimentato dal vero ciò chedice il Papa nell’Evangelii gau-dium: “Il vero missionario, che non smette mai di essere discepo- lo, sa che Gesù cammina con lui,lavora con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’im- 

     pegno missionario. Se uno non lo scopre presente nel cuore stesso 

    dell’impresa missionaria, presto  perde l’entusiasmo e smette di essere sicuro di ciò che trasmette,gli manca la forza e la passione. E una persona che non è convinta,entusiasta, sicura, innamorata, nonconvince nessuno“.

    Daniele, Mattia e Marco 

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    Fundacion sanitaria del Cotto-lengo, dove avremmo prestato ser-vizio nei giorni a seguire. Questastruttura, fondata nel 2012, è insie-me un ospedale e una casa di ripo-so dove venivano accolti partico-

    larmente anziani e malati terminali;sono però presenti anche ospiti gio-vani che hanno subìto incidentistradali o portatori di malattiegravi.Nella fondazione ci sono circa cin-quantacinque ospiti, in cameredistribuite in padiglioni differentisecondo il loro stato di salute.Disponibile per tutti la fisioterapiae la terapia occupazionale praticata

    nel salone “multimediale”. I dipen-denti lavoratori sono in tutto 33,distribuiti tra cuochi, medici, infer-mieri, fisioterapisti, addetti allepulizie, lavanderia, sorveglianzaecc… Per maggiori informazioniabbiamo creato un sito web:https://sites.google.com/site/mis-sioneecuador La cosa che ci ha colpito nellastruttura è il modo di com’è tratta-

    to l’ospite e il legame che c’è trapazienti e personale; molto diversoda un classico ospedale italiano,qui sembra di essere in una grandefamiglia, sicuramente è anche per ilnumero dei pazienti, ma la cura chegli operatori hanno per i malati èqualcosa di speciale, che viene dalcuore.Molte volte ci siamo trovati spiaz-zati; per esempio quando abbiamo

    conosciuto il passato di alcuni

    lavoratori della struttura che noiavevamo sempre pensato “norma-li”, senza storie sconvolgenti;intuizioni che pian piano ritrovianche per il modo di fare della per-sona. Le suore non hanno pregiu-

    dizi nei loro confronti, anzi credo-no nel loro riscatto.Senza dubbio l’esperienza in mis-sione ti mette a contatto con unmondo completamente sconosciu-to a quanti vivono nei Paesi svi-luppati, ti fa toccare con mano ciòche è strettamente necessario nellavita di un uomo, provare la sensa-zione che si ha nel non possederenulla, non avere alcun tipo di sicu-

    rezza per il futuro, ma essere comunque felici e positivi in tutto quello che succede . Quest’ultimafrase l’abbiamo ritrovata spesso inun ragazzo della fondazione dinome Danièl: ha trentatré anni equalche anno fa ha avuto un gros-so incidente in moto ed ora hagrosse difficoltà nel muoversicamminare e parlare, ma è lucidodi testa; ogni giorno gli chiedeva-

     Testimonianza

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    Spiritualità

    dinanzi a Pilato e con la croce”; altermine della rappresentazione

    ecco i simulacri di Gesù morto edella Madonna Addolorata con per-sonaggi che indossano costumid’epoca, mentre i figuranti delCristo, portano sul volto una ma-schera di cera per dare uniformitàalla rappresentazione.È a Castelvetrano, cittadina in pro-vincia di Trapani, che nel giorno diPasqua detta “Domenica dell’An-gelo” si svolge una rappresenta-

    zione singolare. Nella piazza prin-cipale una folla festante indossaabiti dai colori vivacissimi e calza

    scarpe rigorosamente bianche edalla chiesa che si affaccia sulla

     piazza, esce la statua dell’Ad-dolorata con un mantello nero chelascia trasparire solamente il viso

    rigato di lacrime. Un grande tam- buro apre la processione, è vigoro-samente percosso diffondendo uncupo suono funebre, seguito dauna fila di bimbe della primacomunione in abiti bianchi e, per tradizione, con indosso collane,

     bracciali e spille d’oro; sfilanoquindi gli Incappucciati, congre-gazione religiosa propria dell’Ad-dolorata. Di questi sono visibili

    solo gli occhi e infine ecco che lastatua si mette in cammino e die-tro essa la folla di tutti gli altrifedeli. Lentamente la processionesi avvia alla volta della piazza,dove attende una grande follasilenziosa, si ode solamente il bat-tito lugubre del tamburo. In conco-mitanza, dalla parte opposta dellachiesa dov’è uscita l’Addolorata,un’altra processione si avvia

    anch’essa alla volta della piazza,mentre un Angelo sorretto da por-tantini si avvicina saltellandoverso la Madonna e pare Le dicache Suo figlio Gesù è risorto, maLei non gli crede e l’Angelomestamente ritorna alla chiesa dadove è uscito. Questa rappresenta-zione è ripetuta per ben tre volte,alla terza l’Angelo è seguito porta-to a spalle da Gesù Risorto; qui

    Maria si rallegra e nello stessomomento le cade il mantello divelluto nero e Lei appare in tutta lasua bellezza. Contemporanea-mente dalla Sua corona spiccano ilvolo colombe bianche che volteg-giano sulla folla festante e da allo-ra tutte le campane suonano a festae annunziano che: “È Pasqua,Gesù è risorto”

    Patrizia Pellegrino 

     processione riceve numerose offer-te dal popolo, invocata nel dolore oringraziata “per grazie ricevute”.A Marsala il Giovedì Santo di ognianno, per le strade cittadine si svol-ge la processione dei “Misteriviventi”, un’usanza che molto pro- babilmente deriva da riti che eranocelebrati nel Medioevo sui sagrati

    delle chiese. Sono poi sei le rappre-sentazioni proposte sulla vita diGesù, tra queste “Gesù da Erode,

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    BRICIOLE DI CARITÀ

    Volontariato

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    La porta socchiusa

    Arrivai il 30 aprile del 2010. Dopoun mese scrissi queste prime impres-sioni.“ Benvenuta!” Me lo diceval’aria profumata del giardino, conl’armonia ordinata dei fiori e delleverdi aiuole all’ombra degli alberiantichi. Il benvenuto che forse mi ha

     più commossa è stato quello dellacara Serafina, la quale già la secon-da volta che mi vide mi aveva chia-mata per nome, e io non sapevo chifosse. Avevo notato di lei solo il pal-lore, la spossatezza, ma anche la dol-cezza. In seguito, nella chiesa ador-na di tanti fiori bianchi capii chi erastata. Me lo dissero il dolore, il rim-

     pianto, le lacrime e l’amore di tutti.Questo era dunque il Cottolengo: unmondo dove ogni persona vieneaccettata, curata e stimata per i suoivalori umani, alla luce dell’amore diDio. Compresi di essere arrivata acasa, dopo tante vicende dolorosedella mia vita. E la nostra chiesadove la Madonna apre le braccia inun gesto materno dolce e composto,mi ha fatto vivere momenti intensi dispiritualità cristiana. Per il mio cam-mino verso la conquista di una vitavissuta nella carità, questo soggiornoè di fondamentale importanza. Sperodi essere degna dell’amicizia che ilDirettore e le Suore mi hanno mani-festato e mi auguro che mi restiancora energia per il mio modesto elimitato contributo alla vita di questa

    grande famiglia. Mi sono affacciata.Ma quanta luce dietro la porta soc-chiusa!

    Maria Luisa dal Cottolengo di Pisa 2014 

    Dalla Piccola Casadi Torino

    Volontaria alla Piccola Casa Cot-tolengo di Torino, sono arrivata l’ot-to marzo 1990. All’inizio ho svoltoil mio servizio nel Padiglione SantiInnocenti presso la famiglia Santa

    Eliana. Ora sono nelle infermerie diMadre Scolastica A e B e in MariaCarola dove aiuto le nostre suore per l’attività di geromotricità, con tantagioia e partecipazione da parte loro.Pensate, una ha 101 anni! Vengo allaPiccola Casa entusiasta e rilassata,lasciando a casa tutti i miei problemiin modo da essere pienamente pre-sente con le mie amate suore.

    Rita Borgo 2014 

    Sono una delle tante volontarie delCottolengo sin dal lontano 5 ottobre1995. Il martedì mattino svolgo lamia attività presso le infermeriedelle suore anziane di Casa Betania,mentre il venerdì mattino vado inMadre Nasi A e B, Madre Nasi B eMadre Anania per l’attività di gero-motricità delle nostre suore, di cuialcune in carrozzina. Una di loro hagià 103 anni!

    Sento che il volontariato mi arricchi-sce e mi stimola a dare tanto alle

     persone anziane. Venire è una festa

    e vedere le nostre suore parteciparecon fatica, considerando la loro età,ma grande entusiasmo è una gioiaindescrivibile.

    Enza Merola 2014 

    Giulio, un autenticocottolenghino - Pisa

    In un bel giorno del lontano 1958,

    una suora vincenziana, riconoscibilea quel tempo per la bianca “cornet-ta” (grande copricapo dalle biancheali svolazzanti), si presentò all’in-gresso del Cottolengo pisano, conun ragazzino di 12 anni: Giulio. Do -

     po un breve incontro con Suor Teo-dora, la direttrice del tempo, la suoravincenziana si accomiatò e Giuliorimase, per iniziare la nuova vita difiglio del Cottolengo.

    A quel tempo parte degli ospiti eracostituita da ragazzini e Giulio nontardò a fare comunella con loro,sbizzarrendosi nei giochi propri diquell’età. Nell’ampio giardino c’e-rano lo scivolo, una piccola giostra,l’altalena; tutte attrezzature costruiteda Fratel Gioacchino per rendere piùlieta l’esistenza dei piccoli cottolen-ghini. Gli anni passavano e, abban-donati i giochi propri dell’infanzia,

    Giulio non tardò a manifestare unacerta attitudine a svolgere semplici

    BRICIOLE DI CARITÀ

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    Volontariato

    attività occupazionali nel campodell’educazione artistica: famosi isuoi grandi “puzzle”. Importan-tissimo poi il suo servizio in lavan-deria per tanti anni, quale “braccio

    destro” di suor Rosamaria. Imparò aservire la Messa, accolito inappunta- bile è tutt’ora sempre presente per ilservizio all’altare. Ma soprattuttoGiulio ama il Cottolengo, che ritieneessere a buon diritto, la sua casa. Sevede una lampadina inutilmenteaccesa tempestivamente la spegne;se secondo lui il servizio svolto daun volontario non è ottimale, lo re-darguisce… perché, giustamente,

    desidera che nella sua casa tutto fun-zioni a dovere! Caro Giulio, gli annidella nostra gioventù sono un ricor-do sempre più lontano, i nostri ca-

     pelli (i pochi rimasti) sempre più bianchi, gli acciacchi aumentano,molti nostri amici sono ormai inParadiso e ci aspettano; affidiamocialla loro intercessione e alla miseri-cordia di Dio. Grazie Giulio!

    Fr. Pietro - Pisa - 2014 

    I ragazzi del servizio civileda Pisa

    Gioia per averconosciuti gli ospiti

    Che io sia qui a scrivere può esserevisto da due diverse prospettive: unagioiosa, perche posso dirvi due

     parole sulla mia esperienza, e una un po’ malinconica: sono giunta infattial termine del mio percorso alCottolengo. Non nascondo che nonsia semplice descrivere appieno ciòche ho vissuto e quanto mi ha dato.Preferirei illustrarlo con una serie di

     parole che esprimono le emozioni provate durante questo anno: amore,dolcezza, malinconia, pazienza, bel-lezza, amicizia, letizia. Gioia per 

    aver conosciuto gli ospiti e aver con-

    diviso con loro tanti bei momentiche difficilmente scorderò. Rin-grazio tutti quelli che lo hanno reso

     possibile, dai sacerdoti alle suore, atutto il personale (in particolare le

    OSS del reparto M. Nasi) alla super- pazienza di Fabiana e naturalmenteai miei cari colleghi e compagni diavventura. Ma un grazie va soprat-tutto agli ospiti, che con la semplici-tà e l’affetto nonostante i miei limi-ti, hanno contribuito a migliorarmigiorno per giorno.

    Samantha 

    Concludo con la

    consapevolezza…

    Siamo arrivati al termine del nostro percorso qui al Cottolengo. Una con-clusione in termini contrattuali, manon per quanto riguarda il ricordoche conserverò per i numerosi nonniadottati e per quel filo invisibile chein qualche modo ci terrà legati per sempre. Ho vissuto un’esperienzameravigliosa che mi ha insegnato la

    vita reale, quella fatta di regole e diamore. Desidero ringraziare tutti: in primis gli ospiti, che, in questo cam-mino, sono stati i mi gliori insegnanti(talvolta anche severi…); i colleghi,i quali hanno contribuito a renderequesto tempo ricco di vitalità e gioia;alle OSA di Santa Teresina dallequali sono stata sostenuta e che,anche attraverso qualche piccoloconflitto, mi hanno consentito di

    ampliare gli orizzonti mentali sullarelazione d’aiuto, anche su me stes-sa. Grazie infine ai religiosi: mi han -no mostrato nel quotidiano il Verbo.Così concludo con la consapevolez-za che quanto appreso è solo l’iniziodi una lunga strada e con l’augurio aimiei “nonni” che possano sempredonare la pace, come hanno fatto conme, alle persone con cui entrerannoin contatto. Con tutto il cuore,

    Sara 

    Ho imparatoad essere…

    Circa un anno fa, alla ricerca di unlavoro, feci domanda di servizio

    civile al Cottolengo, ignaro di qualisarebbero state le sfide che avreiaffrontato. Adesso sono giunto, as-sieme ai miei preziosi compagni, altermine di questa “esperienza divita” e sono qui a fare i conti su ciòche ha significato. La pubblicità concui si sponsorizza il servizio civiledice: “un’esperienza che ti cambiala vita”. È un motto che coglie nelsegno. I cambiamenti avvengono

    quotidianamente durante il percor-so, senza volerlo, ed è riduttivolimitarsi soltanto ad un avvenimen-to. Sono fiero di aver svolto il servi-zio al Cottolengo: qui ho imparatoad essere al “servizio per gli altri”donando una delle risorse più pre-ziose, il tempo.Via via, ci rendiamo conto che nonsiamo noi a dare, ma è più vero chericeviamo, affetto, attenzioni che

    non si possono comprare… Di certomi resterà impressa la citazionedella cara Osvalda, che dai primigiorni mi ha soprannominato “il

     bello” portando alla nausea il perso-nale di Santa Teresina. Ringraziocon tutto me stesso i miei compa-gni, le operatrici tutte, le suore ed i

     preti, per avermi aiutato a cresceredurante questo cammino.

    Carlo

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    Volontariato

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    A volte ci sono realtà che pur 

     parlando poco di sé… hanno

    molto da dire con la prassi più

    che con le Parole.

    La Piccola Casa della Divina

    Provvidenza fondata da San

    Giuseppe Benedetto Cotto-

    lengo rientra tra queste realtà che

    silenziosamente nella città di

    Torino gridano forti messaggi e

    difendono vitali valori.

    Cosa ha da dire la Piccola Casa

    all’uomo di oggi? Qual è il mes-

    saggio che incarna?

    Ogni figlio della Piccola Casa 

    racconta con la sua gioia di vive- 

    re che l’Amore gratuito ricevuto 

    dal Padre e dai fratelli può far 

    risorgere l’uomo da qualsiasi 

    abisso e trasfigurarlo a tal punto 

    da trasformare le sue ceneri in un

    fuoco ardente di Amore.

    Questa gioia di vivere e il desi-

    derio di farsi dono  per gli altri

    “Ogni figlio della Piccola Casa racconta con la sua gioia di vivereche l’Amore gratuito ricevuto dal Padre e dai fratelli può far risorgerel’uomo da qualsiasi abisso e trasfigurarlo a tal punto da trasformare

    le sue ceneri in un fuoco ardente di Amore.

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    Volontariato

    contagiano coloro che approdano

    alla Piccola Casa:

    risvegliando quelle seti profonde

    che sono proprie dell’essere

    umano: amore, amicizia, solida-

    rietà, semplicità, essenzialità;

    contribuendo alla difficile rina-

    scita spirituale e fisica dell’uomodi oggi spesso affaticato dalle

    nuove povertà e dalle tante paure

    che lo sovrastano;

    difendendo la dignità della vita

    dal concepimento al suo termine.

    Molti pensano che la Piccola

    Casa sia una “cittadella della sof- 

    ferenza”.

    L’esperienza di vita concreta, ditempo trascorso in questa realtà faricredere, spiazza e aiuta a viverecon più coraggio il quotidiano.L’incontro con la sofferenza è un

    momento ineludibile nella vita di

    ogni persona ma ciò che limita e

    spaventa a volte può diventare

     prezioso terreno di crescita e

    maturazione personale capace di

    colorare e donare senso alla

    nostra vita.

    Ogni abitante della Piccola Casa

    racconta la scoperta del “valore 

    nascosto della sofferenza”, non

    solo a parole ma, con il suo sorri-

    so, la sua voglia di vivere, il suodesiderio di donare “ciò che si è,

     più che ciò che si ha”.

    In un contesto pluralistico comequello odierno la CARITÀ nelnome di Cristo è ciò che anima efacilita la scoperta del significato“rivelativo della sofferenza” indi- pendentemente da ogni “cre do”, daogni “storia”, da ogni “vissuto”.

    A coloro che si affacciano sullasoglia della Piccola Casa questoviene offerto: l’esperienza dellagioia del dono, lo sperimentarsicome Provvidenza per l’altro, ilvivere l’altro come Provvidenza eil conoscere, incontrare, servireCristo nella preghiera e nel po vero.

    La Redazione “  Ogni abitante della Piccola 

    Casa racconta la scopertadel “valore nascosto della

    sofferenza”, non solo a parolema, con il suo sorriso, la sua 

    voglia di vivere, il suo desideriodi donare “ciò che si è,più che ciò che si ha ” .

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    CATECHESI PARROCCHIA S.G.B.COTTOLENGO

    La nostra comunità parrocchiale dedica ogni anno una settimana di

    fine settembre alle iscrizioni al catechismo dei bambini/ragazzi dietà compresa tra i 7 e i 13 anni. Per ogni anno di catechesi è allesti-

    ta una stanza, dove le catechiste accolgono, singolarmente, le fami-

    glie interessate. Durante l’incontro, oltre a comunicare i vari

    appuntamenti dell’anno catechistico, si coglie l’occasione di dialo-

    gare con ognuna di esse, capire e conoscere i problemi, le difficol-

    tà, le attese. All’inizio dell’anno catechistico tutte le famiglie iscrit-

    te, dall’anno A (primo anno) fino all’anno E (ultimo anno) vengono

    presentate alla comunità durante la S. Messa domenicale delle ore

    10 . Per contraddistinguere i diversi anni i ragazzi indossano fazzo-

    lettoni di diversi colori: verde, viola, giallo, azzurro e rosso. Piace ai

    ragazzi questo segno di distinzione che li fa sentire parte di un grup-po. Il ritmo degli incontri è settimanale e prevede una pausa inver-

    nale di tutto il mese di gennaio, il cui recupero si effettua con l’ag-

    giunta di tre domeniche annuali, nelle quali i bambini, dopo la S.

    Messa, seguono un normale incontro di catechismo, mentre i geni-

    tori partecipano a un incontro di formazione.

    ANNO A: Le famiglie che iscrivono al primo anno di catechesi i loro

    bambini, vengono accolte da una catechista Questa li informa che

    la comunità ha scelto, già da molti anni, di seguire le indicazioni

    diocesane: coinvolgere inizialmente i genitori, quali primi educa-

    tori anche nella vita di fede dei loro figli, offrendo loro un cammino

    di riscoperta che consiste in un incontro settimanale, con inizio anovembre e termine a marzo; è possibile scegliere tra più opzioni

    di giorni e orari, per facilitarne la frequenza. Ogni gruppo è accom-

    pagnato da un catechista che svolge un itinerario suddiviso in tre

    tappe: IL VOLTO MISERICORDIOSO DEL PADRE/ GESU’/ IL DISCE-

    POLO. Nonostante le comprensibili obiezioni che la proposta susci-

    ta nei genitori, per via della mancanza di tempo e per gli impegni di

    lavoro, il cammino è svolto, dalla maggior parte di essi, con assidui-

    tà e impegno. Ascoltare la Parola di Dio, condividere le esperienze

    e i dubbi, sentirsi solidali nelle difficoltà crea un clima di amicizia,

    che rende questa esperienza positiva. I genitori diventano così i

    primi testimoni per i loro bambini, e la scelta dell’iscrizione al catechismo

    è un po’ più consapevole. La famiglia riprende un percorso di fede da pro-

    tagonista, sostenuta e accompagnata dalla comunità parrocchiale.

    ANNO B e ANNO C: si svolgono gli itinerari di catechesi che hanno comemomento fondamentale la celebrazione dei sacramenti della Ricon-

    ciliazione e dell’Eucarestia. La prima celebrazione del sacramento della

    Riconciliazione avviene in tempi distinti da quella dell’Eucarestia. I geni-

    tori che lo desiderano possono continuare a seguire incontri di formazio-

    ne nello stesso orario del catechismo dei loro figli in tutti e due gli anni.

    ANNO D e ANNO E: si svolgono itinerari di catechesi che hanno come

    momento fondamentale la celebrazione del sacramento della Con-

    fermazione. Dopo questo tempo, i ragazzi/e possono continuare la loro

    formazione accompagnati dagli animatori e dal vice parroco.

    NELLA LETTERA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO, MONS.

    CESARE NOSIGLIA, “L’AMORE PIU’ GRANDE” vengono indicati alcuniorientamenti e proposte per il cammino dell’iniziazione cristiana, a cui

    dobbiamo tendere, non essendo ancora attive nella nostra comunità: al

    punto 14 della Lettera Pastorale…promuovere un’adeguata formazione

    di èquipe di catechisti e accompagnatori delle coppie che desiderano

    battezzare il proprio figlio…attivare in ogni parrocchia un percorso di

    incontri, anche solo mensili ma continuati, con gli stessi bambini, dai tre

    anni in su, in modo da mantenere comunque un efficace rapporto anche

    con le loro famiglie… Al punto 15 della Lettera Pastorale… tempo della

    fanciullezza e prima adolescenza: dopo la celebrazione dei sacramenti di

    Riconciliazione e dell’Eucarestia, prevedere un anno di mistagogia in cui

    vivano esperienze di riconciliazione, un’attiva partecipazione alla Messa

    domenicale, iniziative di carità e di apertura alla missione della Chiesa

    universale. La traditio del Padre nostro termina questo tempo. Alla cele-

    brazione della Cresima…segue un periodo, annuale o biennale, di mista-

    gogia, durante la quale si approfondiscono temi della Parola di Dio con-

    nessi alla vita concreta dei ragazzi e si offrono esperienze di servizio e di

    missione, di animazione della liturgia (canto) della comunità in vari ambi-

    ti del suo vissuto: La traditio del Comandamento nuovo dell’amore ter-

    mina questo tempo.

    PER L’AMBITO DELLA CATECHESI

    MADDALENA TUCCI

    PARROCCHIAS.G.B. COTTOLENGO

    NOTIZIARIO

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    RICORDO DI DON ALFREDO VALLO

    Don Alfredo Vallo nacque ad Avigliano (PZ) il 4 febbraio 1921 da madre lucana e padre canavesano di Villa Castelnuovo (paese natale del-l’abate Gian Bernardo De Rossi, famoso orientalista, e di Costantino Nigra). Rimasto orfano di madre in tenera età, venne a Torino e lo alle-

    vò la cugina, madrina di battesimo, fervente cristiana. A cinque/sei anni imparò a servire giornalmente la S. Messa nella parrocchia diNostra Signora del Carmine. Un giorno ricevette cinque lire d’argento e una monetina di nichel in dono; incontrò un povero e non esitò adonargli la moneta d’argento. Iniziò il percorso verso il sacerdozio nell’ottobre 1932 fra i “Tommasini” (nella Piccola Casa aveva due ziesuore: una era addetta alla cucina e l’altra apparteneva al Monastero Cuor di Gesù; lo accompagnarono sempre con la preghiera).Successivamente passò nel Seminario diocesano di Torino e fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1944; celebrò la sua prima S. Messa al Cottolengo-Piccola Casa.Sempre fedele all’insegnamento cottolenghino, il suo impegno quotidiano era la preghiera e l’amore per il prossimo, in particolare per i bimbi sofferenti, gliammalati e i bisognosi. Nominato Rettore del Santuario della Beata Vergine della Sanità di Savigliano (CN) nel 1951, vi rimase fino al 2011 e per vent’anni con-temporaneamente fu parroco nella frazione San Salvatore. Si dedicò totalmente agi altri; nulla era “suo”, condivideva tutto. Aveva una vecchia coperta tuttarattoppata; gliene regalarono una nuova, ma un povero gli chiese una coperta e, felice di non aver ancora buttato via quella vecchia, gli diede la nuova e tornòa usare quella logora. Nel 2011 per gravi motivi di salute dovette ritirarsi presso la “Fraternità Sacerdotale” di Bra-Madonna dei Fiori. Diceva: “Anche da que-sta camera, come alla Sanità, vedo la Madonna e sono felice”. Parco nel cibo, modesto nel vestito, mite e affabile di carattere, sempre sorridente e disponi-bile verso gli altri, rigido con se stesso, fermo nei dogmi della fede, stimato da tutti, chiuse la sua vita terrena presso l’Ospedale Cottolengo di Torino il 21

    dicembre 2014. GIULIANA GAUDE (sorella)

    31

    LETTORI DELLA PAROLA DI DIO

    Era la domenica mattina dell’11 gennaio e, come di consueto, furono dati gliavvisi riguardanti le iniziative della settimana. Seppi così che c’era la possibi-lità di partecipare a un corso base (quattro incontri) per i lettori “della Parola

    di Dio” presso la parrocchia del Santo Volto e decisi di iscrivermi. Ecco gliargomenti tratti e le mie impressioni. 20 gennaio: “Identità e ruolo del letto-re: il lettore al servizio della Parola“. Quella sera ciò che più mi colpì e mifece riflettere fu la definizione “altoparlante di Dio“, cioè l’intermediario del-l’alleanza tra Dio e il suo popolo, affinché la sua Parola, diventata Scrittura,ridiventi Parola oggi e faccia continuare il dialogo tra Dio e il suo popolo riu-nito per ascoltarlo. Il lettore ha la responsabilità di far comprendere e giun-gere fino al cuore la Parola, utilizzando la voce con il tono, le pause, il ritmo,l’intonazione e l’interpretazione adatte al testo letto, per creare l’interesse equindi coinvolgere l’assemblea dei fedeli. 27 gennaio: “Dio parla al suopopolo: la liturgia della Parola“. La prima domanda che ci fu rivolta dal prof.Barberis all’inizio dell’incontro fu: “Quale parte della celebrazione, secondo

    voi, è più importante?”. Molti risposero: “La liturgia eucaristica e poi la litur-gia della Parola”. Egli ci corresse, dicendo che sono entrambe importanti,perché devono essere collegate tra di loro. Secondo l’introduzione delMessale, Cristo è realmente presente sia nella Parola sia nell’Eucaristia.Spiegò le varie parti della liturgia della Parola, precisando il tipo di testo, chie quando intervenire e l’atteggiamento da assumere nei diversi momenti. Mistupì sentire che l’acclamazione al Vangelo non deve mai essere recitata, macantata. Non mi rendevo conto che, essendo un grido di gioia, il parlare nonbasta per esprimere la nostra lode a Dio. 3 febbraio: “La voce della Parola: illettore al lavoro I“. 10 febbraio: “La voce della Parola: il lettore al lavoro II“.In questi ultimi due incontri dalla teoria passammo alla pratica. Ci insegnaro-no i gesti, il modo di porci davanti all’assemblea, i diversi toni da usare nelleggere il testo. Gli incontri purtroppo sono finiti, ma spero che quanto

    appreso mi permetta di svolgere questo compito con più consapevolezza eresponsabilità.

    ANNA INSOLIA

    BATTESIMI NOV/DIC 2014BATTESIMI GENN/FEBBR .2015

    ALBANO NICOLE

    ALECCE SOFIA

    DI STEFANO DANIELE

    FIORE NICOL MARIA

    MANCINO ALESSANDROMARRESE GAIA

    RITROVATO DAVID

    STRINA MATTIA

    TUKU VALERIA

    MARCONE FEDERICO

    DEFUNTI NOV./DIC. 2014DEFUNTI GENN/FEBBR 2015

    ABRARDI CELESTINA anni 82; AQUINO ROCCO 66;

    BERGONZO GIUSEPPE 80; BONAFFINI SALVATORE 76;

    CAGNOTTO MARIO 76; CARATOZZOLO ROSARIA 79;

    CARRAPETTA TERESA 75; CASARIN LUIGI 84;CAVALLONE FILOMENA 71 CERVA BERT GIOVANNI 81;

    D’AMATO ANTONIETTA 59; FACCIOLO CATERINA 82;

    FIERAMOSCA CARMELA 65; GIROTTO SILVIO 84;

    GRASSO FRANCESCO 86; GROSSO GUACCIANO

    RACHELE 85; LODO FRANCESCO 83; MATTIELLI

    EROS 74; MOCCIOLA ANGELA MARIA 89;

    NAPOLI STEFANO 82; NIKODIMOVICH FRANCESCA 55;

    PRATO LUCIANA 84; ALTOBELLO GIUSEPPE anni 70;

    CARDUCCI ANTONIA GIUSEPPA 90; DALLERE IRENE 83;

    DE ANGELIS MARIA FLORA 85; DI CARLO MICHELE 75;

    DI GIROLAMO GIOVANNI 86; FANELLI GIUSEPPINA 86;

    FENOCCHIO GEMMA 82; FURFARO ANGELA 93;

    LI CALZI CALOGERO 83; MASSARIA ANNA 92;PACELLI PASQUALE 88; POZZATI ANGELINA 82;

    POZZO LUCIANO MARIO 73; RIVIEZZO PRINCIPIO 87;

    ROSSI GIOVAN BATTISTA 93; TONIN LINA 80.

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    SPERANZA

    O signore risorto, fa’ che ti apraquando bussi alla mia porta.Donami gioia vera per testimoniare

    al mondo che sei morto e risorto per sconfiggere il male.

    Fa’ che ti veda e ti serva nel fratello

    sofferente, malato, abbandonato, perseguitato…

    Aiutami a riconoscertiin ogni avvenimento

    della vita e donami uncuore sensibilealle necessità del mondo.

    O Gesù risorto, riempiil mio cuore di piccole

    opere di carità, quelle

    che si concretizzanoin un sorriso, in un atto di pazienza e di accettazione,

    in un dono di benevolenza edi compassione, in un atteggiamento

    di perdono cordiale, in un aiutomateriale secondo le mie

     possibilità.

    Madre Teresa di Calcutta