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® Pesaro-Urbino www.inmagazine.it Anno VI - N. 3 - OTTOBRE-NOVEMBRE 2011 Moto Benelli Cent’anni rombanti Roberto Renili Intreccio di voci Ginestreto Sulla collina delle ginestre Gianni D’Elia Il poeta in riva al mare Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 20/02/2006 n. 6 - E 3,00

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®Pesaro-Urbino w w w. i n m a g a z i n e . i t

Anno VI - N. 3 - OTTOBRE-NOVEMBRE 2011

Moto Benelli Cent’anni rombanti

Roberto Renili Intreccio di voci

Ginestreto Sulla collina delle ginestre

Gianni D’Elia

Il poeta in riva al mare

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Sommario

Questa volta più che mai il talento nelle sua varie forme pare essere in modo evidente il filo conduttore di questo InMagazine pesarese. Si par-te con un accostamento del quale tutti coloro che sanno cogliere cer-te atmosfere sapranno apprezzarne la piena armonia: i versi di Gianni D’Elia e i motori della Benelli che quest’anno celebra 100 anni di vita. Talento, anche se di altro genere, è quello dei negozi storici che da de-cenni «firmano» ancora il centro cittadino, ormai entrati nel suo im-maginario collettivo. E poi il talento musicale (non poteva mancare da noi) del Coro Filarmonico Rossini e del suo conduttore Maestro Rober-to Renili. E come chiamare, se non

talento, il designer Marco Morosini e la sua «Brandina» e l’ingegnere At-tilio Marchetti Rossi che «crea» dal legno. Ancora talento poetico con Piersanti e Doplicher per i trent’an-ni della poesia della metamorfosi e per le sculture di Leonardo Nobili. E poi il talento di noi che leggiamo, in modo che sappiamo cogliere la bellezza non compromessa di Gine-streto sui colli pesaresi e la bontà dei salumi che Corsini ancora produce come quelli che sapevano d’infanzia. C’è anche un omaggio al talento del Martini che compie un secolo. E infi-ne un invito al talento per le ragazze dell’Olimpia Pesaro che quest’anno si cimentano in un duro campionato di serie B di basket femminile.

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Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (PU)

Direttore Responsabile: Andrea Masotti

Redazione centrale: Roberta Brunazzi, Francesca Ricci

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

Impaginazione: Sabrina Montefiori

Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli

Ufficio commerciale: Lucia Accardo, Irena Coso, Laura De Paoli

Collaboratori: Benedetta Andreoli, Alberto

Berardi, Paolo Angeletti, Franco Bertini,

Simonetta Campanelli, Elisabetta Ferri, Ettore

Franca, Silvia Sinibaldi, Simona Spagnoli,

Beatrice Terenzi, Maria Rita Tonti

Fotografi: Laura De Paoli, Leonardo Mattioli,

Luca Toni

Chiuso per la stampa il 11/10/2011

Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47100 Forlì tel. 0543.798463 - fax [email protected] Coordinamento redazione Pesaro: Simonetta Campanelli via Pantano, 163 - cell. 335.5262743 [email protected]

| EDITORIALE di Franco Bertini e Andrea Masotti |

6 Annotare Brevi IN14 Essere Gianni D’Elia20 Guidare Moto Benelli24 Lavorare Negozi storici28 Suonare Roberto Renili32 Visitare Ginestreto38 Fotografare Concorso Brandina

40 Costruire

Attilio Marchetti Rossi42 Degustare

Salumi Corsini44 Assaporare

Martini46 Ricordare

Poesia della Metamorfosi48 Creare

Leonardo Nobili50 Giocare

Olimpia Pesaro

IN Magazine | 5

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Alfonso Leoni, sentimenti in gioco

Urbino - La città di Urbino rende omaggio al ceramista e scultore

Alfonso Leoni (Faenza 1941-1980), dedicandogli una retrospettiva

alla Casa Natale di Raffaello dal 31 ottobre al 27 novembre 2011.

La mostra è curata da Gian Carlo Bojani e voluta da Marta Leoni,

moglie dell’artista scomparso a soli 39 anni nel 1980. L’esposizione

riunisce 90 opere degli anni ’60 e ‘70, di cui 25 inedite, che testimoniano

l’audace sfida alla materia portata avanti da Leoni. I suoi “ciotoloni”

ricordano orologi privi di coperchio, i “carrarmati” miniaturizzati sono vicini alle armi-giocattolo di Pino

Pascali, i “geometrici”, i “traforati”, le composizioni optical realizzate con

carta, fino alle “torsioni” in maiolica colorata, ai “flussi” e ai “piegati”, nati dalla sperimentazione della “trafila”

industriale. Fino alle “porcellane” degli ultimi anni, ready-made ottenuti

dall’assemblaggio di frammenti e scarti di stoviglie durante il periodo di

progettazione alla Villeroy e Boch in Germania. Info: 0722 320105

Benvenuti al Nord

Piobbico - Il comune pesarese di Piobbico è stato scelto come location

per girare alcune scene del film “Benvenuti al Nord”. Sul set sono

arrivati gli attori Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro,

Paolo Rossi, Valentina Lodovini, Giacomo Rizzo, Nando Paone, Nunzia

Schiano, assieme al regista Luca Miniero e gli sceneggiatori Fabio

Bonifacci e Massimo Gaudioso. Sull’onda del successo di “Benvenuti

al Sud”, il nuovo film è attesissimo soprattutto a Piobbico. L’uscita nelle

sale è prevista per gennaio 2012: il sindaco Giorgio Mochi, così come i

cittadini impegnati come comparse, saranno senz’altro in prima fila. (S.C.).

Ph. Ezio Foschini

Evagarden tra opere e Trucco

Pesaro - Evagarden make up, da sem-pre vicina al mondo dell’arte e della musica, ha voluto partecipare al Rof, regalando a tutti gli spettatori del

Festival rossiniano e ai clienti di Eva-garden make up lounge il simpatico ventaglio “Diamoci delle arie” (nella foto). Creato ad hoc per l’occasione, Evagarden in un evento parallelo ha voluto anche raccontare, attraverso un video, la sua personale interpre-tazione della continua contrapposi-zione tra buio e luce, completamento l’uno dell’altro che, nel loro divenire, danno vita all’ombra, elemento che definisce e sottolinea i volumi. Dark and light, in contrasto e in equilibrio nel make up della collezione di que-sta stagione, come dentro l’animo di ogni donna un po’ romantica e un po’ dark. Dopo musica e teatro d’e-state, l’autunno è tempo di moda e fashion per scoprire le tendenze della stagione fredda del Dark Light. (S.C.)

Fano - Atmosfera calda e romantica al Bistrot Cile’s, con appliques e abat-jours, lampadari tipo chandelier con ornamenti in corda e conchiglie e, per la sera, luci soffuse e candele su ogni tavolo. E in cucina la qualità che affianca la quantità: pesce fresco e porzioni generose sempre garanti-ti. E non manca l’intrattenimento, con eventi di grande cucina. Questa volta in scena sono stati gli chef Lu-igi Pomata, vincitore della passata edizione del Festival del Brodetto a Fano, e Marco Bistarelli, presiden-te onorario dei Jeunes Ristorateures D’Europe e artefice del piatto cult del locale, la carbonara di pesce (nella foto i due chef assieme alla patron del Ci-le’s Bistrot). Insomma, un’avventura gourmet imperdibile. I due cuochi hanno deliziato gli ospiti con alcune tra le più sublimi ricette, abbinate ai

vini della cantina Stefano Antonuc-ci. La serata si è protratta fino a tar-da notte, e non sono mancate inatte-se performance dell’ultimo minuto. Grande soddisfazione del patron di Cile’s che, ancora una volta, ha por-tato a Fano due degli chef emergenti della cucina italiana. (S.C.)

Serata di chef al ristorante Bistrot Cile’s

6 | IN Magazine

Annotare | Brevi IN

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Corsa in bici con coppa Gelato

Gabicce Mare - Tra il 9 e l’11 settembre si è disputata a Gabicce Mare la dodicesima edizione del Campionato del mondo di ciclismo per giornalisti (WPCC), organizzata dal comune marchigiano. Tra le sfide anche una gara per Giovanissimi, con oltre cento partecipanti, conclusa con un party nel locale di via Vittorio Veneto: la gelateria “Affresco by Giotonda” ha offerto coni e coppette di gelato artigiana-le a tutti, prima della premiazione con coppe e medaglie. Gelato offerto anche ai 130 bambini che hanno sfilato con le bandiere di tutto il mondo alla cerimonia inaugurale. Per l’inedito design e la qualità dei suoi gelati, nel giugno scorso “Affresco by Giotonda” è stata inserita anche nel pro-gramma della mostra “La Bellezza delle Cose”, organizzata dall’Associazione per il Disegno Industriale Marche. (S.C.)

Fiumana: serate jazz lungo il Foglia

Pesaro - Con l’invito ad assaporare arti che si fonda-no, in riva al fiume e secondo il New York style, dopo il successo dell’anno scorso torna il jazz di classe all’O-steria Fiumana di Pesaro. In collaborazione con la Fon-deria Bucci alla piccola osteria fluviale, ogni venerdì i musicisti accompagnano la cena con menù di terra e di mare, proposta dallo chef Stefano Bragina. Il calen-dario spazia dallo standard jazz al jazz etnico siciliano, fondendosi con arte e poesia. www.fiumana.net (S.C.)

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Moto Benelli a pieno ritmo

Pesaro - Con l’aiuto del Registro Storico omonimo la Moto Benelli

ha predisposto varie iniziative per il centenario dalla fondazione: un

Raid Europa Benelli estivo, con equipaggi pesaresi in visita agli importatori e Moto Club Benelli

in Europa; un Benelli Open Day a metà settembre con test e prove dei

mezzi; un’affollata festa alla Palla di Pomodoro. Claudio Consonni

(nella foto), direttore tecnico della azienda pesarese, ha raccontato che, terminata la cassa integrazione, si è

tornati a lavorare a pieno ritmo per far fronte alle richieste che arrivano

dalla nuova frontiera, il Sud America. Entro fine anno, infatti, verranno

spediti 1300 pezzi in Venezuela. Si tratta dei modelli TreK e TNT, in parte

montati e riassemblati sul posto, oltre alla già nota moto Keeway.

Obiettivo dell’azienda è aumentare la qualità di moto e scooter provenienti

dalla Cina, e a far testare i mezzi alla stampa per fugare ogni dubbi: la

Benelli esiste ancora! (E.F.)

Invito a Palazzo, eventi speciali

Pesaro - Anche quest’anno la Banca dell’Adriatico ha aderito ad “Invito

a Palazzo”, iniziativa voluta dall’Abi giunta alla decima edizione. L’istituto bancario ha aperto la sua collezione

d’arte organizzando anche due eventi speciali dedicati al 150° anniversario

dell’Unità d’Italia. Si tratta di una Mostra Documentaria che racconta

fatti ed eventi dell’Unità d’Italia realizzata in collaborazione con

l’Archivio di Stato di Pesaro e Urbino. L’altro appuntamento, “La civiltà del

cuore”, è stato un momento di lettura con Ivana Baldassarri su testi di

Edmondo De Amicis. Lucia Ferrati e Christina Della Chiara sono state le voci narranti, accompagnate dal

suono del violino di Edoardo Brandi.

Dondup, debutto Londinese

Londra - Anteprime di spicco per le collezioni uomo e donna SS 12 di Dondup, nota azienda italiana capita-nata da Massimo Berloni (presidente e AD) e Manuela Mariotti (Fashion Designer), che da un anno fa parte del gruppo L Capital LVMH. La pre-sentazione, tenuta in estate nel quar-tiere di Wapping Wall di Londra, è stata ripetuta in autunno a Milano, durante Milano collezioni. Occasione importante per lanciare il marchio nel mercato europeo e far conoscere alla stampa e ai buyers londinesi il nuo-vo showroom del brand marchigiano (70 Metropolitan Wharf - studio 205). “Londra - dice Massimo Berloni - è una tappa importante per l’espansio-ne del marchio all’estero, non poteva-

mo non presentare le nostre collezioni e showroom in modo diverso da come abbiamo sempre fatto in Italia. La se-rata londinese è stata un augurio per i nostri collaboratori e per la nuova avventura in questo new market”.Al cocktail sono intervenuti giorna-listi e buyers di spicco come Adrian Gibson di Harvey Nichols. Presenti anche il modello Andres Velencoso, testimonial da anni della collezione maschile e compagno della cantante Kylie Minogue; la modella Alice Dellal che, insieme a Tolula Adeyemi, attrice e modella, ha curato il dj set dell’even-to; Giulia Maresca, Jessica Rampezzot-ti, Luca Leone, Tatjana Pesko e Lewe Lewis (nelle foto Manuela Mariotti con i modelli Andres Velencoso e Alice Devall).

Brandina si prepara all’Inverno

Pesaro - Anteprime della stagione invernale in tutte le BB-Bottega Bran-dina. Crystallina, la nuova borsa Lux, insieme al portafoglio Duty Free e all’astuccio Day Use sono i nuovi mo-delli della collezione Brandina. Nuovi modelli, nuovi colori: sono i riflessi della nuova stagione alle porte, Pan di Zucchero, Asinara, Basiluzzo.A Natale sarà presentata anche la col-lezione Bobtail, borse incredibilmente

soffici e calde. Brandina è inoltre or-gogliosa di informare la clientela che nelle BB - BOTTEGA BRANDINA i prezzi rimarranno invariati nonostan-te l’aumento Iva. (S.C.)

8 | IN Magazine

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Pesaro - Il 59’  restaurant dell’Ho-tel Excelsior è come una casa raffi-nata in stile anni ’50, aperta ad un pubblico attento al buon cibo e all’at-mosfera. Qui il mare entra in tavola direttamente dalle ampie vetrate del ristorante, nei piatti preparati dagli chef con il pesce freschissimo pescato ogni giorno dai pescherecci di Pesa-ro e Fano. L’Executive Chef dell’Ho-tel Excelsior propone una selezione di piatti della tradizione culinaria locale e nazionale, scegliendo accuratamen-te le materie prime e gli ingredienti

per comporre un mix di alta qualità e dal gusto raffinato. Tra i prodotti che troviamo nei piatti proposti ci sono l’olio di Cartoceto, il formaggio di fossa, il tartufo di Acqualagna, i fun-ghi porcini marchigiani e tanti altri prodotti di qualità. Lo chef compone con minuzia i menù, restando fedele alla tradizione ma con quel tocco di originalità che rende le portate esclu-sive e ricercate. Accanto ai prodotti locali è possibile trovare anche pro-dotti dal sapore internazionale.www.excelsiorpesaro.it (S.C.)

Excelsior, sapori e Profumi autentici

Ph. Thomas Libis

I corti in festival

Fano - Va in scena sabato 22 ottobre la 23esima edizione del “Fano International Film Festival”, che concentra in un’intensa giornata di cinema proiezioni e premiazioni. È “One short day”, giornata dedicata al cortometraggio ospitata al Teatro della Fortuna. Dalle 9 del mattino fino a notte inoltrata è prevista la proiezione di circa 500 “corti”, giunti dall’Italia e da diversi Paesi stranieri per concorrere alla manifestazione ideata e diretta da Fiorangelo Pucci e organizzata dall’associazione “Fotovideocineclub” di Fano, con il patrocinio e la collaborazione di Comune di Fano, di Provincia e Regione. L’evento è suddiviso in tre fasi, con proiezioni di corti pre selezionati da una giuria e conclusione con la premiazione e relativa proiezione dei lavori premiati nelle diverse categorie (nella foto il regista Andrea Zaccariello, premiato nel 2010 per il miglior corto della rassegna). www.fanofilmfestival.it (B.A.)

Ph.

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Design d’eccellenza

Pesaro - Importanti riconoscimenti per ma:design, studio pesarese di graphic design e comunicazione di Massimiliano Patrignani e Monica

Zaffini. Il primo è l’Honor Award 2011 dei SEGD Design Awards,

assegnato per il miglior progetto di segnaletica museale realizzato

al MAXXI di Roma. “Un sistema di segnaletica elegantemente

integrato all’architettura. Unico, appropriato per il luogo, poco

invasivo, assolutamente innovativo”, così ha motivato il premio la giuria americana. A ma:design è andata

anche la Menzione d’Onore del Compasso d’Oro ADI XXII Edizione per

il progetto alla moderna mediateca eFFeMMe23BibliotecaLaFornace, nel

Comune di Moie di Maiolati Spontini (Ancona), dove è stato realizzato un sistema di immagine e segnaletica

vicino al mondo del fumetto, dell’arte pop e della tipografia sperimentale.

www.madesign.it

Ph. Andrea Sestito

La bellezza di Atzori per serate Speciali

Pesaro - Una vetrina accattivante e un ambiente riservato, fuori da sguardi indiscreti, per gli articoli della bellezza di Atzori. Il nuovo ne-gozio di Tanya Cetta, recentemente inaugurato in Galleria Roma, pro-pone alle donne moderne la bellez-za con un marchio tutto italiano, dalle origini sarde e dall’amenità ichunsa: Atzori sa bellesa. Una ricca selezione di abiti, calzature e acces-sori aggiuntivi per dare risalto al fa-scino femminile e mettere in rilievo l’intrigante charme di ogni donna,

con una completa varietà di articoli per serate speciali. Non solo affasci-nanti e sedutivi abiti per occasioni particolari o romantiche, ma anche una scelta vasta di scarpe da ballo e un’ampia gamma di accessori: bor-se, bigiotteria e gioielli, cosmetici e diversi dettagli moda per perso-nalizzare il look femminile delle serate speciali, senza perdere trop-po tempo e senza spendere troppo, con ottima proporzione tra qualità e prezzo. Insomma, tutto per il ballo e non solo… ma di più. (S.C.)

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Il Circo Capovolto dall’ottica Venturi

Pesaro - “Il Circo Capovolto” è ap-prodato all’ottica Venturi, in viale Cialdini, per l’annuale appuntamen-to dedicato ai più piccoli. Divertenti attività hanno coinvolto i numerosi partecipanti in questo progetto le-gato all’educazione alla “salute” dei bambini. L’evento si arricchisce ogni anno di nuove attrazioni e si orienta sempre più concretamente verso la sensibilizzazione dei partecipanti al rispetto dell’ambiente, della natura e della qualità della vita. Le ricette bio-logiche di Verderame, l’animazione

di Pesaro Village, le stravaganze del prestigiatore, la guida all’arte pittori-ca su tela per aspiranti artisti hanno incuriosito e coinvolto grandi e picci-ni. Un successo per l’ottica Venturi, che ha promosso “La buona visione” con il contributo di aziende leader del settore. Il prossimo obiettivo di Venturi è quello di estendere il pro-getto alla “Buona Lettura”, attraverso attività legate ai libri e alla qualità del vedere, profonda e sostanziale, per approfondire conoscenza, cultura e curiosità personali. (S.C.)

ManifestArci, nuovo periodico

Pesaro - Si chiama “ManifestArci” il nuovo periodico provinciale dell’Arci presentato nella sala dei Mosaici di Pesaro. “Si tratta di un nuovo strumento informativo che nasce dalla volontà di mettersi in rete e farsi conoscere”, spiega il presidente provinciale dell’Arci Ornella Pucci (nella foto assieme a Gianfranco Boiani e Giovanna Marcheggiani). Dodici pagine ideate, su progetto grafico, da Giovanna Marcheggiani. “Un giornalino all’epoca di internet non deve essere visto come un’operazione retrò”, aggiunge Gianfranco Boiani. “Molti non sono tipi da blog, ma piuttosto da carta stampata. E stampare ha ancora il suo valore in una società che brucia tutto in fretta. Per leggere occorre trovare il tempo di fermarsi”. Esisterà comunque anche una versione virtuale di “ManifestArci”. www.arci.it (B.F.)

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Ratti, nuova boutique con Lanvin

Bologna - La boutique Ratti, a Bolo-gna al numero 15 di via Clavature, ha riaperto lo scorso 14 settembre. Dopo una stagione di chiusura per riorganizzazione, l’opening è sta-to fatto con un cocktail offerto alla clientela bolognese. Lanvin è presen-te al piano terra come “mono-marca” abbigliamento e accessori, mentre ai piani superiori è allestito il “corner” Dior, oltre alle collezioni Tom Ford,

Ralph Lauren, Rochas, Nina Ricci, Alberta Ferretti, Ermanno Scervino, De Cotiis, Siviglia Atelier, Blancha, Ja-yAhr e Marc Jacobs (borse). Riprende così la lunga e fruttuosa relazione tra la maison pesarese Ratti e Bologna, all’insegna della grande qualità e ri-cerca del meglio offerto dalla moda italiana e internazionale (nella foto Mi-chèle Huiban, direttore generale Lanvin, assieme a Silvana Ratti).

Bandiera Trasparente a Carpegna

Carpegna - Fa bella mostra di sé, in piazza Conti a Carpegna, la prima

“Bandiera Trasparente” d’Italia. È stata assegnata il 31 luglio al Comune di Carpegna dalla Provincia di Pesaro

e Urbino, Arpam Marche, Università di Urbino ed Azienda ospedaliera di

Pesaro, per “la purezza, salubrità e qualità dell’aria, come risulta da

certificazione scientifica a livello territoriale”. Il vessillo, realizzato in

materiale trasparente e flessibile è collocato su un’asta di due metri

e venti, e verrà sostituito da una bandiera definitiva a cui sta lavorando

la nota industria di cristalli curvati Fiam. Alla cerimonia di consegna

sono intervenuti, tra gli altri, il presidente della Provincia Matteo

Ricci (ideatore del riconoscimento), il sindaco di Carpegna Angelo Francioni e l’assessore alla Cultura e Politiche

sociali Luca Pasquini. www.provincia.pu.it;

www.comune.carpegna.pu.it B.A.)

Errata corrige Nel numero 2 di Pesaro IN

Magazine (luglio/agosto 2011) la foto pubblicata a pagina 48 era di Luciano

Rossetti, e non di Leo Mattioli come erroneamente indicato. Ce ne

scusiamo con gli interessati.

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LOVEIS IN THE HAIR

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Essere | Gianni D’Elia

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Il tocco poetico di Gianni D’Elia s’increspa leggero tra le onde della baia di casa, rifrangendosi con disperata vitalità. Per entrare nel cuore e nell’anima di Pesaro, porta d’accesso verso l’universale.

testo Franco Bertini - foto Luca Toni

Il poeta in riva al Mare

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Sentinella, a che punto è la notte? È la domanda biblica che ti passa per la testa mentre sali la piccola scala a chiocciola che nella bella e sempli-ce casa di famiglia sulla tranquilla via Passeri ti porta alla mansarda e dunque allo studio di Gianni D’E-lia, amorevolmente ingombro di libri. La stanzetta è una specie di tolda e di torretta di guardia sulle mura di una città da tempo in at-tesa di quei barbari che, dai e dai, adesso sembra stiano arrivando davvero. E oggi non c’è miglior sen-tinella di un poeta per fiutare tempi, accadimenti e presagi. Apre la pic-cola finestra con le persiane che dà sui tetti del centro storico di Pesaro, ‘Si indovina il mare e si vede un pizzi-co del colle San Bartolo e dell’Ardizio’. Sembra una semplice notazione pa-noramica, ma è il disvelamento del-la nascita dell’idea poetica: “Apri la finestra, vedi il lampo di luce di un piccione e poi i lucernai delle case vicine, cubetti di ghiaccio che di sera s’illuminano d’azzurro...”. Una vita fatta di amore per la ri-

cerca della verità e della sua voce - quella di Pasolini, dice, “è chiara come quella dei classici” - e per “le sudate carte” non può essere rias-sunta così, ma la sua ultima raccolta “Trentennio - Versi scelti e inediti 1977 - 2007” (Einaudi, 2010) dà il senso della durata e dell’estensione del cammino di D’Elia. D’altronde la biografia di un poeta non può es-sere che nei suoi versi. Quel titolo già evoca anche il versante politico, polemico e civile della sua poesia, tema importante specie con riferi-mento alla personalità, alla figura e all’opera di Pier Paolo Pasolini. È con un pizzico di commozione che tira fuori una vecchia foto in bianco e nero dai margini consu-mati in cui si vede un giovane con in braccio un bimbo: “È la foto di Ninetto Davoli con suo figlio - dice -, Pasolini l’aveva nel portafoglio quando venne ucciso”. Poi, senti-nella nella notte, ecco il bollettino sull’avanzata dei barbari così come la vede lui dalla sue torretta di guar-dia: “La poesia può essere la nostra

ideologia invece della religione o della politica. Politica ed economia ci sfiniscono, ci uccidono il cuore, opprimono con dimensione totali-taria la vita delle persone, la poesia è ascolto del mondo, protegge dai fondamentalismi; la speranza sta nella disperata vitalità degli scrit-tori civili, nell’amicizia; la felicità è memoria del passato”. E nel passato di D’Elia, come nel suo futuro, c’è il mare, che sempre più si rivela ele-mento primigenio e matrice della vita e della sua poesia. Come avvie-ne che il passaggio dall’impoetico al poetico lo si sente anche se non lo si capisce criticamente?Noi semplici lettori ‘sentiamo’ que-sto passaggio e anche il suo conti-nuo affinarsi attraverso il tempo. Scriveva D’Elia a proposito del mare di casa sua e nostra: ‘Quante volte ho provato a raccontarti / tenda azzurra in fondo al viale, panno /steso, lenzuolo, bandiera increspata / spec-chio abbacinante di mercurio, rada / nel controluce, distesa larga argentata / verde prateria dal garbino accappona-

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ta’. Scrive oggi in quello che è una specie di anticipo di un poemetto su Pesaro al quale sta lavorando fin dal 2006, in uscita da Einaudi nel 2015 e che si chiamerà ‘Fiori del mare’, con chiaro riferimento all’a-mato Baudelaire: ‘Oh, perdersi come un bimbo nella culla, / al suono remo-tante della Baia, / che da millenni qui rilecca l’aria, / al frangersi dell’onda, tra te e il nulla!...’. La Baia è la pesa-rese Baia Flaminia (“uno dei posti più belli al mondo”, dice. “Pavarotti ci prese casa, l’amico poeta Loi l’a-mava e Stendhal la ricordava bella e con boschi fino all’acqua”). I versi sono per ora contenuti nell’elegan-te cartoncino ‘Vox Pisauri’ (Edizio-ni Pulcinoelefante), con una ‘eco foto-pittorica’ di Baia Flaminia di Gabriele Geminiani. “Il nome di Dio ignoto - racconta D’Elia sedu-to al suo piccolo tavolo di lavoro e di studio - per me è il mare: il suo rumore è uguale a quello che senti-vano i romani e i popoli che venne-ro prima di loro’. Si vede che pensa proprio alla Baia Flaminia, laggiù, sotto la falesia del colle San Barto-lo dove la ‘civilizzazione’ estiva dei bagni e della spiaggia lascia il posto a una natura che forse è ancora la stessa di secoli addietro. Certo lo è il frangersi delle onde e sull’eco di quel rumore antico come il mondo, D’Elia aggiunge che “etica e poetica stanno perfettamente insieme men-tre oggi c’è solo la retorica dell’e-

tica”. Ha un’aria rassicurante lo studio di D’Elia, un buon odore di carta stampata, “... nel particolare dell’arte c’è il generale e l’universa-le, per cui il vero problema di ogni scrittore è quello di universalizzare il particolare, far sì che la propria voce sia la voce del luogo, di tutti o di molti...”. Sono sue parole di anni fa che ancora oggi appaiono un pic-colo manifesto della sua poetica.Per lo meno di quelli che noi amia-mo di più, quelli per cui se Umberto Saba è Trieste allora Gianni D’Elia è Pesaro che, dice lui stesso, di Trie-ste ha un po’ ‘la grazia scontrosa’. Mentre parlo con D’Elia nella quie-te del suo studio l’estate già inclina verso le prime foschie settembrine. Il tono della sua voce risveglia un suadente ‘è tempo di andare...’ che sa di autunno che arriva, sicuri come siamo che anche i versi di D’Elia ci aiuteranno ancora ad entrare nel cuore e nell’anima di Pesaro come porta d’accesso verso l’universale.Lo ascolto e ripenso con gratitudi-ne alla piccola chiave personale che mi ha regalato e che mi ha consenti-

to di cogliere una briciola di verità dietro a qualcosa che ho fatto per decenni e di cui non avevo mai per-cepito potesse significare altro da quello che mi appariva: ‘Ricordi la poesia del campo vuoto / il tocco della palla che risuona / sul linoleum, sliscia-to dal gioco / e al ragno di tribune vuote tira / uno, laggiù, solo, alto, palleggian-do, / e alzando poi la mano al volto, il lancio / nel cerchio del canestro... / da ragazzino al palasport sognando...’.La poesia è capace di andarsi a cac-ciare dovunque, perfino su un campo di basket. Purché nei paraggi ci sia un rabdomante come Gianni D’Elia ad offrirtela su un piatto d’argento. “Poesia come eresia - dice lui - nel senso di deviazione, scelta diversa rispetto all’ortodossia...”. Potrem-mo aggiungere scelta fra verità e ap-parenza. Come sempre, all’ombra immensa di Marcel Proust. A darmi la botta finale è proprio D’Elia: “Pa-solini è il nostro Proust, l’hanno già detto in molti...”. Adesso è davvero tempo di scendere dalla torre di guardia. Sentinella, a che punto è la notte? E Gianni D’Elia, che vigi-la di lassù, ci ha fatto capire che la risposta è ancora e sempre quella biblica, ‘viene il mattino, poi ancora la notte... domandate, domandate... torna-te!’. Scherzi della poesia. Meno male che ogni tanto c’è. Grazie Gianni. IN

A fianco, la foto di Ninetto Davoli con il figlio che Pasolini aveva in tasca al momento della sua morte, gelosamente conservata da Gianni D’Elia. Nelle pagine precedenti il poeta pesarese nel suo studio di via Passeri.

Chi è Gianni D’Elia

Gianni D’Elia, classe 1953, è nato, risiede e lavora a Pesaro. Scrittore, docente, saggista, critico, traduttore, ma soprattutto poeta con ruolo e presenza precisi, definiti e riconoscibili nella letteratura e nella pubblicistica nazionali. Le sue ultime raccolte di versi “Trovatori” e “Trentennio”, sono state pubblicate da Einaudi e accolte con favore dalla critica e, cosa rara per la poesia, anche dal pubblico. Per Einaudi ha tradotto Gide e Baudelaire; ricca anche la sua opera su Pasolini. Ha da sempre capelli lunghi e sempre più brizzolati, su un sorriso dolce e triste insieme.

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Un secolo di storia per la gloriosa Benelli, marchio motociclistico nato dalla passione di sei pionieristici fratelli pesaresi. Artefici di un successo divenuto mondiale, costellato di titoli e record.

testo Elisabetta Ferri - foto Leo Mattioli

Cent’anni Rombanti

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Guidare | Moto Benelli

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Ha attraversato un secolo di storia rombando la gloriosa Benelli. An-che un marchio motociclistico può contribuire a raccontare la storia di un paese, e di un territorio in particolare, attraverso il lavoro, la passione e l’ingegno di chi ci ha messo le mani e dei campioni che hanno portato lustro attraverso le loro vittorie.

La storia inizia nella primavera del 1911, in una famiglia numerosa, senza la figura paterna. Sei fratelli nei quali una mamma, avveduta e fiduciosa, crede: Giuseppe, Giovan-ni, Filippo, Francesco, Domenico e Antonio Benelli. Il più grande già uomo, il più piccolo ancora con i pantaloni al ginocchio. Impiantano a Pesaro, in via Mosca, una “Officina Meccanica di Precisione”. Un carat-tere fra l’artigiano e il casalingo accompagna i primi passi dell’of-ficina che in breve tempo acquista una certa notorietà e si trasferisce, nel 1916, in via del Lazzaretto. Ma il sogno dei fratelli Benelli è co-struire motociclette e nel 1919 il primo motore diviene realtà: un due tempi di 75 cc che però, appli-

cato alla forcella anteriore di una bicicletta, non dà risultati soddisfa-centi. Nel dicembre del 1921 - alla Terza Esposizione Internazionale del Ciclo e Motociclo di Milano - fa la sua comparsa la prima vera mo-tocicletta Benelli: il “Velomotore”, una motoleggera di 98 cc a 2 tempi. Proprio con un tipo più spinto di tale motocicletta, Tonino Benelli

comincia a cogliere quelle vittorie che faranno conoscere la casa pe-sarese in tutta Europa. Il brillante esordio di Tonino avviene l’11 mag-gio del 1924 alla Parma-Poggio di Berceto, dove si classifica 3° nella categoria 350. Nel 1926 Giuseppe Benelli disegna una nuova moto-cicletta con motore a 4 tempi di 175 cc che permette innumerevoli trionfi a Tonino Benelli, campione d’Italia nel 1927, 1928, 1930 e 1931.

Il successo spinge ad ampliare la fabbrica ed i fratelli Benelli acqui-stano, nel 1932, i padiglioni della segheria Molaroni in viale Princi-pe Amedeo, ora viale Mameli. Im-portante l’impresa del 17 giugno 1934: Alberti in sella alla nuova cilindrata 250 conquista il record mondiale del chilometro lanciato alla media di 181,818 km/h. Quin-di, nel 1939, il britannico Mellors vince il Tourist Trophy all’isola di Man, la più importante ed impe-gnativa delle corse motociclistiche europee. La Casa pesarese è all’a-pice - vi lavorano circa 800 dipen-denti - quando la seconda guerra mondiale distrugge tutto: bombar-damenti e spoliazioni riducono la fabbrica ad un cumulo di macerie. Si riparte nel ‘47 e i successi spor-tivi della rinata Benelli culminano nel 1950 con la conquista, da parte di Ambrosini, del Campionato del Mondo della classe 250. Nascono in seguito le motociclet-te Motobi, con il classico motore

A fianco, i sei fratelli Benelli. In apertura, un’immagine storica

della fabbrica, risalente agli anni ‘30.

Dall’officina meccanica ai circuiti

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ad uovo a 2 e 4 tempi, di piccola e media cilindrata, mentre nel 1951 arriva il Leoncino: a decretarne il clamoroso successo di vendite è la conquista nel ‘53 del primo Motogiro d’Italia con il bologne-se Tartarini. Nel 1962 si arriva alla fusione dei due marchi Benelli e Motobi. Sono gli anni eroici del-le vittorie di Grassetti, quindi con Provini e Pasolini della 250 quattro cilindri, sino alla conquista del se-

condo titolo iridato, nel ‘69, col pi-lota australiano Kelvin Carruthers. Negli anni Sessanta una vasta gamma di modelli caratterizza la produzione: dai ciclomotori alla Tornado, maximoto bicilindrica di 650 cc, l’ultima originale creazio-ne Benelli. Nel ‘72, infatti, la Casa pesarese viene acquisita dall’im-prenditore argentino Alejandro De Tomaso. Nel 1988 la Benelli è in agonia: a salvarla da un futuro

incerto è un ex operaio, l’indu-striale pesarese Giancarlo Selci, titolare del gruppo Biesse che la rileva nell’89. Quindi, a salire in sella alla Benelli è il gruppo Mer-loni di Fabriano che nel ‘95 acqui-sisce il pacchetto di maggioranza dello storico marchio. Ed eccoci ai giorni nostri: dal 2005 la Benelli fa parte del gruppo cinese Qianjiang, che prosegue la produzione delle maximoto. IN

A fianco, il pilota australiano Kelvin Carruthers, campione del mondo

1969 con Benelli 250. Sotto, la sala dei cimeli del Museo Benelli.

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Lavorare | Negozi storici

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Tradizione e innovazione insieme, con qualità dei prodotti e dei servizi garantiti nel tempo. La formula del successo tramandata da cinque negozi storici cittadini, marchio doc di pesaresità.

testo Silvia Sinibaldi e Simonetta Campanelli foto Laura De Paoli

Abbiamo tutti sognato davanti alle loro vetrine divenute tutt’uno con i luoghi in cui abitano. Emanano il profumo della tradizione, creando un senso di fedeltà e sicurezza. Sono cinque tra i commercianti più noti e più affidabili della città. I loro negozi appartengono alla memoria delle nostre famiglie.Pronunciare i vostri nomi significa evocare un segno di pe-saresità: cosa fa di voi un marchio inconfondibile, il tempo o la qualità? “Sicuramente ambedue le cose. La nostra attività - raccontano Milly e Simonetta De Angelis - ha più di 60 anni di vita, e passa per quattro generazioni. I miei nonni - aggiunge Milly - aprirono il negozio prima del ‘48 e tanti clienti ancora se li ricordano. Poi l’attività passò a mia mamma Giancarla e a mia zia Simonetta e ora, dopo la morte di mia madre, io e mia zia siamo ancora qui. Spero che mia figlia Flavia si aggiunga al team. Tutto ciò, insieme alla qualità delle merce che trattiamo, fa di noi un negozio di fiducia”. “Certamente la qualità. Ma se essa è un presup-posto - spiega Gilberto Mancini - va sempre associata alla professionalità”. Per Sergio Ginepro “La qualità nel tempo! Dal 1897 i nostri negozi sono sempre stati sinonimo di qua-lità e poi di pesaresità; a questi principi non abdichiamo”. Conferma Enrico Andrea Ricci “La qualità nel tempo”. Per Benito Gasparini Bonpani, conosciuto come Benito Ros-si “La tradizione aiuta, ma occorre molta professionalità”.Il tempo dunque tra le parole chiave. Ma come si resiste alle stagioni felici e a quelle difficili rimanendo sempre se stes-si? “Partiamo sempre dalla nostra professionalità, capaci-tà, e serietà con un occhio alle esigenze del cliente e alla ricerca continua di capi di abbigliamento e lingerie nuovi” è la ricetta delle De Angelis, e Ginepro spiega anche come

Quelle storiche Vetrine

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realizzarla: “Con grandi difficoltà ma senza venire mai a meno al ser-vizio assicurato alla clientela, che significa qualità al giusto prezzo, assistenza alla vendita, servizio di sartoria interna, consigli utili e non solo per vendere”. E Rossi ribadi-sce: “Con molta esperienza e pro-fessionalità”. “A quelle felici senza troppe illusioni, la felicità è sem-pre una condizione passeggera. In condizioni difficili i marinai ridu-cono le vele” è invece la metafora di Ricci mentre Mancini aggiunge: “Non abbandonandosi facilmente agli entusiasmi o alle delusioni e coltivando costantemente la passio-ne per il proprio lavoro, con una buona dose di tenacia e filosofia”.Vale ancora il detto “Il cliente ha sempre ragione”? “Certamente”, spiega Emilia Filippetti (in arte Milly De Angelis). “Questo vale e varrà sempre. Il cliente va ascol-tato e assecondato rispettando le sue esigenze”. Di diverso avviso Gilberto Mancini, “Non penso che oggi si dia più credito a quella che è rimasta più una battuta che un concetto”. Media le due posizio-ni Sergio Ginepro: “Vale ancora ma le variabili sono importanti, l’educazione e la buona fede da parte dell’interlocutore ci aiutano a ricollocare il problema al posto giusto, sempre usando le corrette maniere. Il nostro personale è pre-parato dall’esperienza decennale a ragionare”. Ironizza invece Enrico Andrea Ricci: “Se ha ragione, a vol-te garantendo una notevolissima disponibilità”. “L’ottica è un settore tecnico - chiu-de il giro Benito Rossi - quindi il

cliente non ha sempre ragione”.Come ci si sente ad essere l’incarna-zione di una tradizione? “Mio non-no iniziò l’attività con il negozio di cappelleria agli albori del 1900”, racconta Mancini. “Io rappresen-to la terza generazione, fatto gra-tificante ma che richiede anche grande senso di responsabilità e impegno costante”. “Personalmen-te - aggiunge Ginepro - mi sento investito del mio personaggio, co-nosciuto e riconosciuto. Ho sem-pre preso il mio lavoro molto se-riamente, come un’attività che non ammette improvvisazione”. “Anche per Rossi essere arrivati alla terza generazione è frutto di serietà e re-sponsabilità, “in un percorso che ci rende molto orgogliosi”.È il tempo che vi rende solidi punti di riferimento o la vostra continua ricerca per migliorare? “Entrambe le cose. Il fatto di essere qui dopo tanti anni - sostiene Milly De Ange-lis - significa che il cliente capisce la qualità della merce che propo-niamo, e ciò avviene proprio per-chè siamo sempre alla ricerca di capi che abbiano stile e qualità allo stesso tempo. Il rinnovarsi e il mi-gliorarsi sono basilari in qualsiasi attività, figuriamoci per la moda”. Conferma Mancini: “Entrambi i concetti: la tradizione deve essere alimentata costantemente dal rin-novamento e dall’aggiornamento”. Per Rossi, infine, “Non è sufficien-te la tradizione, bisogna adeguarsi continuamente”  “Si diventa punto di riferimento - spiega ancora Gine-pro - quando per un lungo periodo si mantiene la stessa immagine e standard qualitativo, quando gli

Sopra, dall’alto, Enrico Andrea Ricci e Gilberto Mancini. In apertura, Emilia Filippetti, alias Milly, con la figlia Flavia Badioli e Simonetta De Angelis (in alto). Sotto a sinistra, Benito Gasparini Bonpani, conosciuto come Benito Rossi dell’omonima Ottica, assieme alla figlia Lucia Gasparini Bonpani; sotto a destra Sergio Ginepro.

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addetti alle vendite non cambiano continuamente ma catalizzano la fiducia del cliente, al quale dobbiamo es-sere però in grado di proporre il frutto di una ricerca che segua il mutare dei tempi, con articoli nuovi che non prescindano dal famoso rapporto qualità/prezzo”. Ricci ribadisce: “Entrambe le condizioni”.Quando sentite che nella vostra attività c’è qualcosa che va al di là del mestiere? “Quanto il cliente ci interpella per risolvere un suo problema” racconta Benito Rossi. “Il nostro è un lavoro bellissimo - rispondono con passione Milly e Simonetta De Angelis - che ci permette di instau-rare un rapporto che va al di là del semplice dualismo cliente-negoziante. Con tante nostre clienti abbiamo un rapporto di stima e affetto sincero consolidato negli anni”.

Per Gilberto Mancini “Quando ti accorgi di essere riuscito ad instaurare un rapporto che non è solo commerciale ma soprattutto umano, di condivisione di situazioni, idee ed emotività”. Un sentimento che torna nelle parole di Sergio Ginepro: “Rapporti che abbiamo con la nostra clientela, anche internazionale che torna ogni anno a fare spese, ci fanno capire di aver avviato una situazione particolare che va al di là del nostro mestiere; riceviamo confidenze e attenzioni alle nostre riflessioni in merito, magari anche solo un saluto di passaggio e ciò ci fa molto piacere; il cliente viene trattato con amicizia e consigliato con com-petenza e sincerità”. “Sempre - conclude Enrico Andrea Ricci - con 110 anni di attività è nel Dna”. IN

Prodotti e servizi di qualità

Tradizione e qualità

“I negozianti storici - spiega Roberto Borgiani, direttore provinciale di Confesercenti - sono l’ossatura del commercio, perché uniscono tradizione e qualità essendo in prima persona coloro che selezionano capi e prodotti e ne garantiscono il corretto rapporto tra qualità e prezzo. Rappresentano un valore aggiunto anche nel rapporto con la clientela e oggi hanno bisogno di essere difesi dal predominio degli esercizi a marchio unico. Una sfida non facile soprattutto per chi non è proprietario dei locali che, specialmente in centro storico, è chiamato a pagare affitti esorbitanti”.

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Dall’attività amatoriale alle produzioni sinfonico-corali. Una storia fatta di impegno e passione raccontata da Roberto Renili, direttore del Coro Filarmonico Rossini.

testo Maria Rita Tonti - foto Luca Toni

Intreccio di Voci

Suonare | Roberto Renili

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È il decano della coralità pesarese. Da quasi quarant’anni il Maestro Roberto Renili, docente al Conservatorio “Ros-sini” di Pesaro, si dedica alla valorizzazione e alla diffu-sione del repertorio corale. Ha fondato e diretto diverse compagini corali con le quali, oltre ai concerti in Italia, ha effettuato tournèe di successo all’estero.Come è cominciata questa avventura? “Tutto è iniziato alla fine degli anni ‘70. Non avevo ancora vent’anni quando, con un gruppo di giovanissimi, decidemmo di costituire il coro San Carlo nell’omonima parrocchia pesarese. Inizial-mente il repertorio era liturgico ma di lì a qualche anno iniziò una vera e propria attività concertistica. Con pro-grammi di polifonia sacra e profana e qualche incursione nella musica gospel iniziammo a partecipare a rassegne e festival corali, a tenere concerti in Italia e ad effettuare tournèe all’estero, ottenendo ottimi piazzamenti in concor-si internazionali”.

Nel 1979 è stato chiamato a dirigere il Coro del Club Alpino Italiano. “Stavo concludendo i miei studi al Conservatorio e all’Università quando mi fu offerta la possibilità di guidare una formazione maschile che si stava costituendo. Dopo non pochi dubbi decisi di accettare e nel gennaio 1979 nac-que il Gruppo Corale CAI, che proponeva un repertorio di canti popolari. Dopo i primi concerti il coro, lentamente ma inevitabilmente, si avviò verso scelte musicali diverse e di lì a poco divenne coro lirico, allargandosi, a partire dal ’92, anche ad una sezione femminile”. Quindici anni fa lei ha fondato il Coro Filarmonico di Pesa-ro divenuto poi Coro Filarmonico Rossini. “Dopo anni di attività amatoriale per il San Carlo e il Coro del CAI era giunto il momento di entrare nel mondo della musica con la ‘emme’ maiuscola, collaborando con orchestre stabili, cantanti e strumentisti di fama, enti lirici, teatri di tradizio-ne e istituzioni pubbliche, senza perdere tuttavia l’identità di associazione di non professionisti. Ovviamente fu una sfida complessa: si doveva tagliare col passato - che aveva regalato grandi soddisfazioni - per dar vita ad un’attività semi-professionale. Non tutti aderirono al progetto. In ogni caso nel gennaio ’96 cominciammo a lavorare su

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produzioni sinfonico-corali con un gruppo di oltre 60 coristi, opere li-riche, musiche di spessore sia per quanto riguardava l’organico - ri-cordo l’esecuzione della IX Sinfo-nia di Beethoven in piazza Maggio-re a Bologna con 200 persone sul palco - che per la durata e la diffi-coltà dei programmi da affrontare”.ll coro organizza due importanti rassegne: i Concerti del Filarmoni-co e l’Estate Musicale Pesarese. Che obiettivi si propongono? “Le due rassegne derivano dalle precedenti Estate Corale e Corincontro. Con la nascita del Coro Filarmonico è sta-to naturale trasformare la rassegna in una manifestazione di più ampio

respiro, con orchestre, cantanti, di-rettori. Le maggiori esigenze eco-nomiche hanno anche reso neces-sario un biglietto d’ingresso, fatto che non ha scoraggiato il nostro pubblico, che anzi è aumentato”.A che tipo di pubblico si rivolge una formazione come quella da lei diret-ta? “Ai concerti assiste un pubblico eterogeneo. Si tratta di persone che generalmente non frequentano le sale da concerto, ma sono incurio-site dalla ‘popolarità’ dei program-mi e forse anche attratte dal costo ridotto del biglietto. Un pubblico che alla fine esce soddisfatto per essersi avvicinato alla ‘musica clas-sica’. Non mancano poi i turisti, spe-

cie francesi e tedeschi, giovani ma anche famiglie, che costituiscono circa il 50% delle presenze”.Trattandosi di un coro ‘stabile’, che tipo di rapporto si instaura con i co-risti? “Un rapporto di reciproca fiducia nel rispetto dei ruoli e del-le rispettive responsabilità, in un clima di familiarità. I coristi sono consapevoli che la guida è il diretto-re ma, come dico spesso, c’è un’au-torità superiore a cui dobbiamo obbedire: è ciò che è scritto sulla partitura che di volta in volta dob-biamo realizzare, approfondendo la ricerca di ciò che il compositore vuole trasmettere attraverso di noi a chi ci ascolta”. IN

Sotto, il Maestro Roberto Renili circondato dai coristi del Filarmonico Rossini.

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Visitare | Ginestreto

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Una pieve ricca di tesori d’arte e palazzi circondati da una natura verdeggiante. È l’antico feudo di Ginestreto, adagiato su un colle tra i campi e il mare.

testo Maria Rita Tonti - foto Leo Mattioli

Sulla collina delle Ginestre

“Le particularità di Ginestreto sono che ello è posto in una collina de le più belle che se possino trovare, piena tutta de frutti et olive e vigne, lontano da Pesa-ro cinque miglia verso Fano e Urbino. E lì nascono bonissimi vini, et ha bo-nissimo aere”. Così scriveva nel 1512 Baldassarre Castiglione, al quale il Duca di Urbino aveva promesso il feudo di Ginestreto. Sono trascor-si cinquecento anni ma il fascino del luogo e del paesaggio è rima-sto pressoché intatto. Il nucleo più antico del paese - il cui nome trae origine dal cinquecentesco “in gi-nestretis”, cioè zona ricoperta di ginestre - è rappresentato dalla Pieve, a circa due chilometri dal centro abitato, isolata fra i campi in vista del mare. L’edificio ha origini molto antiche, come testimonia il sarcofago del VII - VIII secolo d.C. rinvenuto nei pressi, attualmente conservato nel Museo Diocesano di Pesaro. La chiesa fu ricostruita nel XIII secolo, epoca a cui risale l’elegante abside semicircolare, ri-volta ad oriente. La Pieve racchiude un vero e proprio tesoro: al suo in-

terno, infatti, un imponente com-plesso di affreschi si snoda lungo le pareti. Scoperti per caso nel 1851, si tratta di dipinti votivi, risalenti al XV - XVI secolo, in cui le imma-gini dei santi taumaturghi, come San Rocco e San Sebastiano, che proteggono dalla peste, o Sant’An-tonio abate, vengono ripetute se-condo un preciso rituale. In quegli anni, precisamente nel 1499, la Pie-ve si arricchisce di un’importante opera d’arte: la pala raffigurante Madonna con bambino e i santi Rocco, Pietro, Ubaldo e Sebastia-no, destinata all’altare maggiore, dipinta da Bartolomeo di Gentile, allievo di Giovanni Santi, padre di Raffaello. Il dipinto è attualmen-te conservato nella chiesa di San Pietro in Rosis, costruita alla fine del Cinquecento entro le mura del castello. Entrando nell’edifi-cio sacro il visitatore è colpito dai preziosi arredi lignei che hanno una storia suggestiva. I sontuosi apparati barocchi, dipinti in oro e verde marmorizzato, apparteneva-no in origine alla cinquecentesca

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chiesa della confraternita dedicata ai santi Rocco e Sebastiano che si trovava a Pesaro, in Via San Fran-cesco. Essi furono affidati, prima della distruzione della chiesa nel 1954, all’arciprete di Ginestreto, don Edo Terenzi, che adattò i tre altari di San Rocco allo spazio del-la chiesa, salvandoli dalla distru-zione e dall’oblio. I santi Rocco e Sebastiano, a conferma della de-vozione e della fiducia che i fedeli riponevano in loro, compaiono ac-canto alla Madonna in “un bellissi-mo quadro in tavola” del riminese Bartolomeo Coda collocato sopra l’altare maggiore. Oltre all’organo settecentesco, opera dell’organaro veneto Gaetano Callido, sono di rilevante interesse storico artistico quattro tele, una delle quali, Ma-donna in gloria col Bambino e i santi Lucia e Nicola, riporta nella parte inferiore il ritratto del ca-nonico Lodovico Schirpi che fece ricoprire gli affreschi delle pieve per cancellare ciò che rappresen-tavano quanto a credenze e super-stizioni. Le quattro tele sono state restaurate a cura della Fondazione Scavolini che ha la sua sede di rap-presentanza proprio all’ingresso del paese, nella ex Villa Montani. Il restauro dell’edificio e del par-co, effettuato nella seconda metà degli anni ’80, ha restituito alla villa tutta la sua bellezza e il suo fascino. La nobile famiglia pesare-se dei Montani nella seconda metà del Cinquecento viveva stabilmen-te a Ginestreto e nel tempo inve-stì consistenti capitali per abbel-lire quella che in origine era una casa di campagna e che solo con In alto, la pieve del XIII secolo che racchiude notevoli tesori d’arte. Sotto, una via del borgo.

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cretando quelle emozioni che sono il motore del progetto creativo; emozioni sfogliate e ricomposte insieme alla coppia per ottenere un’esperienza da ricordare tutta la vita.La filosofia aziendale prevede due tipologie di progettazione: una statica - pianificazio-ne di dettagli accessori - ed una dinamica - organizzazione della totalità del matri-monio - entrambe essenziali per garantire tranquillità e sicurezza in un giorno speciale.Lo Studio, inaugurato nella sua nuova sede nel centro storico di Pesaro, offre la professionalità e la passione di un team di esperti che da anni opera nel settore del cool hunting, del marketing e della comu-nicazione, per realizzare eventi ad ampio raggio sempre in linea con i desideri e le esigenze del cliente, dal giorno del sì, alla progettazione di mostre ed eventi unici.

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gli interventi seicenteschi divenne “casino di villeggiatura”. Nel Sette-cento l’edificio, che doveva evocare l’opulenza terriera dei proprietari, si arricchì all’interno di preziose decorazioni, che suggeriscono un possibile intervento del canonico Gianandrea Lazzarini. Salendo verso il castello si lascia sulla destra la minuscola chiesa di S. Antonio e ‘l’impietrata’, una ripida strada pe-donale che conduce direttamente alla chiesa di S. Pietro. Al bivio per Sant’Angelo in Lizzola si gira a de-stra verso l’ex campo sportivo, sul quale si affaccia il convento delle suore Maestre Pie dell’Addolorata che fino ai primi anni ’60 del Nove-cento hanno svolto un importante ruolo educativo e di aggregazione sociale. Il convento, abbandonato

per decenni, è stato ristrutturato ed ora, con l’appellativo di Oasi San Giuseppe, accoglie gruppi di pellegrini per esperienze di spiri-tualità. Il paese, che conta alcune decine di abitanti, ha mantenuto un’atmosfera quasi sospesa nel tempo. Il forno, l’alimentari, la macelleria, la stessa scuola elemen-tare sono chiusi da anni. Gli unici due punti di ritrovo sono il bar, all’inizio del paese, a lungo gestito dalla famiglia Corsini, quella del salumificio, e, sempre nel borgo, il Circolo socio culturale “Ginestre-tese”. Ma specie d’estate, davanti alle case o sulle mura del castello, se ne stanno seduti a prendere il fresco e a chiacchierare gli anziani del paese, per i quali il tempo sem-bra essersi fermato. IN

A fianco, villa Montani, appartenuta alla omonima nobile famiglia pesarese e oggi sede della Fondazione Scavolini. Sotto, la facciata della piccola chiesa dedicata a Sant’Antonio.

Un giorno a Casa Ezelina

Chi volesse trascorrere qualche giorno a Ginestreto può contare su un delizioso Bed & Breakfast

che si trova in paese, immerso nel verde. È “Casa Ezelina” di

Gabriella Mosca: il nome è quello della nonna della proprietaria,

che ha vissuto qui tutta la vita. La casa padronale e quella rurale sono state restaurate nel pieno

rispetto delle strutture, dei materiali e degli arredi d’epoca.

Si può soggiornare in confortevoli miniappartamenti contraddistinti

dai nomi di alcune piante del luogo. Una struttura tranquilla e

raffinata, ideale come base per incursioni sulla costa

o nell’entroterra.

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SMAGLIATURE? NON PIÙ UN PROBLEMA!

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Creative e divertenti, le immagini premiate al concorso fotografico Brandina Holiday Photo Festival 2011 raccontano momenti speciali vissuti in vacanza. In premio borse, accessori e abbonamenti a In Magazine

Al mare, in montagna, nelle città d’arte: sono tante le location per-fette per portare con sè Brandi-na, scelte e immortalate dai par-tecipanti al concorso fotografico Brandina Holiday Photo Festi-val 2011. Il concorso prevedeva

l’invio di una o più foto di un momento particolare e curioso, vissuto durante le vacanze con una borsa Brandina al f ianco. Sulla pagina di Facebook di Brandina sono arrivate tantissi-me foto, scatti originali e con ta-

gli diversi che la giuria composta dagli esperti del Marco Morosini Studio ha selezionato, indicando le migliori. Oltre ai premi Brandi-na, i quattro vincitori riceveranno anche un abbonamento annuale alla rivista InMagazine.

Scatti vincenti con Brandina

Questi i vincitori del concorso fotografico Brandina Holiday Photo Festival 2011, con i rispettivi premi assegnati:

Laura Camillucci vince una borsa Brandina Lux

Davide Gennari vince una borsa Brandina Beach

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Fotografare | Concorso Brandina

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I vincitori possono ritirare i premi a loro assegnati presso la BB-Bottega Brandina di Riccione a partire da venerdì 14 ottobre, data in cui verranno anche pubblicate le foto nella galleria dedicata al concorso, visitabile sul sito www.brandinatheoriginal.it

Michele Mariotti vince un paio di occhiali Brandina Frangisole

Sara Ronchi vince una T-shirt Brandina

Claudia Giuliani vince due astucci Remember

Marco Centrella vince una tazza Brandina

Claudio Bocchini vince un Diario di Viaggio Brandina

A questi si aggiungono tre premi speciali, assegnati dalla giuria ad altrettante immagini che si sono distinte per la loro originalità:

IN Magazine | 39

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La struttura e la forma legate ad un’unica idea, estetica e funzionale. Ingegneria e architettura si fondono nelle opere di Attilio Marchetti Rossi, specializzato nelle costruzioni in legno.

È leggero ma garantisce solidità e resistenza al fuoco, bello ed eco-sostenibile. Il legno, materiale da costruzione alternativo equivalen-te al calcestruzzo, sta conoscendo una seconda giovinezza. Prima di questo boom solo un ingegnere pe-sarese, nel pieno dell’ubriacatura per i grandi interventi in vetro e cemento sul modello delle Torri Gemelle dell’architetto americano Minoru Yamaski, è stato pronto a scommettere sulla riscoperta di questo materiale. Si chiama Attilio Marchetti Rossi e nel 1980, quan-do arrivò alla laurea in Ingegneria Civile a Bologna col massimo dei voti, mai avrebbe immaginato che l’anno sabbatico che si era conces-so al termine degli studi si sarebbe rivelato decisivo per il suo futuro professionale. “Volevo a tutti i co-sti ottenere la borsa di studio per perfezionare il mio inglese in Cana-da”, racconta. “La vinsi solo perché, nella domanda, scrissi che volevo specializzarmi nelle costruzioni in legno”. Una combinazione che gli porterà fortuna: da allora, dopo es-sere divenuto consulente delle più grandi aziende di prefabbricati di legno in Italia ed Europa, l’intra-prendente ingegnere ha progettato ben 2616 strutture, tra cui le princi-pali in grande luce di legno lamel-lare mai realizzate in Italia. Sono

suoi i progetti di cantierizzazione dell’Auditorium di Roma dell’archi-tetto Renzo Piano, la copertura del nuovo Palaghiaccio di Torino per le Olimpiadi invernali 2006 e lo Sta-dio Olimpico del nuoto di Riccione. Ma non è solo per la particolarità del materiale che Marchetti Rossi si considera un ingegnere atipico. “Lavoro da sempre gomito a gomito con gli architetti - spiega - e questo è inusuale per la categoria cui appar-tengo. A mio avviso la struttura va a braccetto con la forma, soprattutto le grandi volte sono la coinciden-za dell’idea con la forma architet-tonica. Non a caso luminari come Calatrava o Herzog, con il quale sto lavorando alla realizzazione del nuovo stabilimento della Loccioni ad

Ancona, sono ingegneri e architet-ti”. Marchetti Rossi è anche “profeta in patria”: prossimamente realizze-rà il nuovo padiglione dell’ospedale di Senigallia e “Casa Lolek”, centro riabilitazione di quattro piani a Montecchio. E sogna di tornare a lavorare nell’hangar di via dei Par-tigiani. “Il palazzetto - spiega - non è un grande malato ma solo un vec-chietto con i reumatismi, che può essere curato. Bisogna solo coprirlo con una cupola leggera, in legno, in grado di trasformarlo in una struttura polifunzionale per sport e spettacoli”. Il modello da seguire è secondo lui l’Auditorium di Roma, o il Teatro Valdera di Pontedera. “Lì funziona - conclude - potrebbe funzionare anche da noi”. IN

testo Simona Spagnoli - foto Luca Toni

L’ingegnere del Legno

40 | IN Magazine

Costruire | Attilio Marchetti Rossi

Page 41: InMagazine Pesaro 03-2011

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Page 42: InMagazine Pesaro 03-2011

Nel ‘400 famosa per i fichi, oggi Ginestreto vanta una fiorente produzione di insaccati. Con i Salumi Corsini che, dalla fine dell’800 ad oggi, tengono alto il nome della migliore tradizione marchigiana.

Nella seconda metà del ’500, da Ginestreto, come racconta lo stori-co don Gabucci, partivano cesti di fichi per Francesco Maria II Del-la Rovere che, pare, ne inviasse in parte alle corti degli Asburgo, in Austria. A Ginestreto, oggi, non trovate più i fichi, forse neanche le piante. Trovate di meglio, però, se vi rivolgete alla Salumi Corsini, ap-pena fuori il paese verso Sant’Ange-lo, dove Nazzareno Corsini, già alla fine dell’ ’800, “…’mazèva i baghèn” e, itinerante nelle colonìe, “…fèva le carni”. Hanno continuato il figlio Alfredo, i nipoti Nazzareno e Franco e, sempre in crescita, oggi l’impre-sa tocca ad Alfredo il quale, oltre che nel solco del nome, insieme a Katia, la sua compagna, prosegue l’attività. Peccato che otto anni di burocrazia ancora non siano riusci-ti a consentire l’ampliamento del laboratorio che ha bisogno di spazi maggiori e d’aumentare il persona-le. La Salumi Corsini ha la sua forza nella ricerca della qualità delle car-ni, nella lavorazione meticolosa e in una stagionatura favorita dalla po-sizione collinare dello stabilimento, dove moderne celle computerizza-te assicurano un perfetto procede-re della maturazione dei prodotti, che grazie ad un servizio assicurato

da propri automezzi capillarmente e ogni giorno giungono ai punti vendita, dal negozietto agli iper, dell’Italia centrale. Tutta la filiera è costantemente monitorata nel rispetto dell’HACCP, mentre a vigi-lare e certificare è l’International Food Standard (IFS), cui la grande distribuzione chiede di selezionare i fornitori dai quali pretende pro-dotti “sicuri”, conformi alle norme di legge e rispettosi dei capitolati di contratto. Ogni settimana, da due grandi macelli di Piacenza e Mantova, 7-800 maiali di razze se-lezionate, certificati “Gran Suino Padano DOP” - quindi nati e alle-vati nell’area e nel modo fissato dal disciplinare - arrivano a Ginestrato per le mani esperte dei 24 dipen-denti che li trasformano in pro-sciutti crudi o cotti, culatelli, sal-sicce fresche e stagionate, salami,

zamponi, cotechini, lonze, lonzini, mortadelle, pancette, coppe di te-sta, ciccioli. Quello che distingue la produzione - scommessa corag-giosa e che si dimostra vincente - è aver affiancato ai prodotti “da glo-balizzazione” i prodotti dell’artigia-nità tradizionale marchigiana che non prevede additivi “moderni” ma solo sale, pepe, aria e… tempo.Un prosciutto che, fresco, pesa 17-18 kg, condito al sale grosso e aro-matizzato col pepe, dopo i canoni-ci 18 mesi di stagionatura è sceso a 10-11 kg ed altrettanto succede per gli altri elaborati. Sta di fatto che la linea “sale&pepe”, partita quasi solo su ordinazione, oggi rappre-senta il 30% della produzione, nel rispetto di una filosofia che preferi-sce la qualità alla quantità: magari poco, quindi, ma buono, anzi… molto buono. IN

testo Ettore Franca - foto Leo Mattioli

Il sapore della Qualità

La linea sale&pepe

Sui banchi dei negozi la linea “sale&pepe” paga ancora lo scotto delle carni così “condite” che, insaccate o no, col tempo e a scapito della vista, tendono ad imbrunire ma ricambiano con i sapori “di una volta”. I consumatori attenti più al gusto che all’occhio cominciano ad orientarsi sulla salumeria di antica “marchigianità” piuttosto che quella, bella rossa, sostenuta dalla chimica degli antiossidanti e dei conservanti, magari già preconfezionata nelle vaschette che i tempi moderni propongono. Sapori che forse s’erano dimenticati, avvezzi ormai al “dolce” del nitrito di sodio (E259) o del nitrato di potassio (E252) e dell’ascorbicato di sodio (E301). E se fosse meglio tornare al sale&pepe?

42 | IN Magazine

Degustare | Salumi Corsini

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Compie cent’anni il principe dei cocktail,

inventato da un barman ligure emigrato a

New York. Gin secco e vermouth dry miscelati

in dosi giuste e il Martini è pronto. Per gente dal

palato fine.

“Prendiamone un altro” disse la ra-gazza. “Lo sai che non ne ho mai be-vuti prima di conoscerti”. “Lo so. Ma li bevi talmente bene”. Tratto da “Di là dal fiume, tra gli alberi” di He-mingway. In meno di due capitoli i protagonisti si bevono almeno una dozzina di Martini. Il Martini resta ancora oggi il prin-cipe dei cocktail e il modo più lette-rario di bere. Anche se è una fama costruita a metà del secolo scorso quando per Lilian Helmann, berlo appariva “romantic, even chic”, per l’immancabile Hemingway signi-ficava “drinking is fun”; secondo Faulkner “civilization begins with distillation”; Scott Fitzgerald viveva la “medicinal illusion of gin” e Duke Ellington viveva quell’epoca “smo-king, drinking, never sleeping”. Ma la sintesi migliore è nei versi di Hugh Auden: “Potrebbe una tigre/

bere Martini, fumare sigarette/ e durare quanto duriamo noi?”.Sicuramente il Martini è preferi-to dalla gente giusta. Altri esem-pi? Luis Bunuel amava dire che il Martini è il potere dell’immagina-zione; Mae West sospirava: “devo liberarmi di questi abiti bagnati ed infilarmi in un Martini Dry”. Irrag-giungibile Dorothy Parker, scrittri-ce e giornalista del New Yorker: ”Amo bere il Martini, due sono il massimo, al terzo finisco sotto al tavolo, al quarto sotto il mio ac-compagnatore”.Ma come si fa un Martini degno di questo nome?La ricetta ufficiale è semplice: 8/10 di Gin secco, meglio se London Dry, e 2/10 di vermouth dry. Ma le proporzioni possono variare a secondo del gusto personale. He-mingway amava usare il vermouth

solo per aromatizzare il ghiaccio. Il Martini va rigorosamente me-scolato e mai shakerato. Anche se questo ha scatenato scuole di pensiero: da una lato Ian Fleming (inventore di James Bond e della linea ‘agitata’) e dall’altra Somer-set Maugham, secondo il quale gin e vermouth dovevano comunque fondersi. Ma la ricetta ufficiale (e secondo noi la migliore) spiega che vermouth e gin vanno ‘rimestati’, velocemente con un lungo cucchiaio nel mixing glass, affinché il ghiac-cio, che deve “schioppettare”, non si sciolga. Quindi filtrato e ver-sato nella caratteristica coppetta ghiacciata da cocktail e guarnito a piacimento con oliva o scorzetta di limone. Varianti. E potete immaginare che, visto il pubblico a cui si è sempre rivolto, queste siano tantissime. Se

testo Paolo Angeletti - foto Luca Toni

È qui la Festa?

Assaporare | Martini

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Page 45: InMagazine Pesaro 03-2011

sostituite l’oliva con una cipollina otterrete un Gibson; sostituendo il gin con la vodka, un Vodkatini (quello di 007). La variante più esotica e intrigante prevede di ag-giungere un’ostrica cruda, otterrete così l’Oyster Martini. Bere bene dunque è molto difficile ma se volete regalarvi un’emozione vera questa si chiama Martini. Nella sua coppa brinata, trasparente, con un’oliva o una scorzetta di limone. Secco, secchissimo. Anzi di più.In questi giorni si discettava sulle sue origini e si è deciso di festeggiarne i cent’anni di vita. E probabilmente un’inven-zione ma bisogna aggiungere che ogni occasione è quella giusta e non serve mai un alibi per bere un Martini. Il riferimento della sua genesi è relativa ad un barman ligure, emigrato in America da Arma di Taggia, che nel 1910 miscelò per primo vermouth e gin nel bar dell’hotel Knickerbocker di New York. Quell’immigrato si chiamava Martini... Dunque da allora è trascorso un secolo e un modo di bere e affrontare la vita: chi beve Martini si riconosce. Da come cammina ed entra al bar. Che non è mai un bar qualunque. Calzano scarpe sobriamente adeguate e soprattutto comode, come la loro giacca: tweed o velluto d’inverno, lino in estate. Mai camicie inamidate. La cra-vatta appare ma non troppo. Gente di classe, insomma.

Uomini (e donne vere). Se solo sospettano che il barman non sia all’altezza evitano con cura ogni possibile imba-razzo (proprio e del barman) e, piuttosto, optano per un bicchier d’acqua. Fredda e sparkling. Sicuramente sanno come sorridere della vita senza ricorrere all’ultima bar-zelletta e all’adulazione. E la compagna di chi beve Mar-tini? “Appartiene - suggerisce un noto esperto di Martini, Mauro Lotti - alla schiera non affollatissima delle signore che sanno sedurre con eleganza e non essere decorative”. E allora beviamo un Martini proprio al modo di He-mingway: con il Beefeater, all’ora del tramonto e in nu-mero dispari...P.S.: questo Martini lo bevo idealmente con Alessandro, Eros, Cesare Patrignani presidente Martini Club Pesaro (nella foto insieme a Paolo Angeletti, ndr), Caterina, Camilla, Andrea, Diego, Luca, Daniela, Mariadele... IN

Il principe dei cocktail

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L’esperienza di Poesia della Metamorfosi, articolato progetto poetico nato a Fano una trentina di anni fa, oggi vivo ricordo in chi visse quella intensa stagione culturale.

Come dimenticare l’entusiasmo di quegli anni. Si poteva toccare il cielo con un dito. Si pensava che la bellezza avrebbe salvato il mondo e che la poesia lo avrebbe ingentilito. A Fano nacque allora la Poesia del-la metamorfosi. Si partì da un gran-de convegno nel 1982: A proporlo furono un poeta triestino, Fabio Doplicher, ed uno urbinate, Umber-to Piersanti. Dal convegno nacque nel 1984 una “poderosa” antologia ed un progetto di “Centro interna-zionale”, il tutto accomunato dallo stesso titolo: Poesia della metamor-fosi. Ero allora Presidente della Commissione cultura della Pro-vincia di Pesaro Urbino e, insieme all’assessore Guido Fabbri, chiesi ai due presentatori della proposta, di “darci tutto ma non quell’effimero che allora andava tanto di moda”. Fano ebbe così il suo Centro, le sue pubblicazioni, i suoi incontri con i grandi poeti del mondo, le serate indimenticabili lungo le sponde dell’Adriatico e persino escursioni notturne a Recanati per provare ad un poeta sovietico di non eccelsa cultura che Leopardi non era nato in Toscana, come lui sosteneva con fervore e con una punta di arro-ganza. Nonostante ciò effimero ugualmente fu se oggi di “Poesia della metamorfosi” e di un “Centro

di poesia” a Fano non si parla nem-meno più. Oggi vanno di moda le “Notti bianche”, e spesso l’unico spirito che vagola è l’alcool. Quelle voci che venivano da terre lontane, quelle voci che gridavano nel de-serto, sospese tra il dolore di vivere e l’immortale speranza non si odo-no più. Le belle piazze assetate di bellezza alle quali ci aveva abituato “Poesia della metamorfosi” con la sua ansia consapevole di vivere nel presente, di non lasciarselo sfuggi-re, non ci sono più. Eppure sono passati appena trenta anni da quel 1981, in cui cominciammo a parla-re e a credere che almeno la poesia avrebbe potuto e dovuto essere non effimera. Ma così non fu ed oggi non serve piangere.Si provi oggi a parlare di Poesia agli amministratori locali: “Una cosa per pochi, anzi per pochissi-mi, anzi per nessuno: non interes-sa”. Eppure non è vero e l’effimera, purtroppo, esperienza di Poesia della metamorfosi lo dimostra. Fa-bio Doplicher è scomparso da anni, Umberto Piersanti è diventato uno tra i più importanti poeti italiani, molti dei grandi che ci fecero pro-vare forti emozioni sono tornati a vivere in solitudine e a spargere parole nel vento, in attesa di fare altrettanto con le loro ceneri. IN

testo Alberto Berardi - foto Luca Toni

L’eco di versi Lontani

Piersanti e Doplicher, i protagonisti

Umberto Piersanti (nella foto in alto), nato ad Urbino nel

1941, insegna Sociologia della letteratura presso l’Università

“Carlo Bo”. Ha pubblicato raccolte di versi presso prestigiosi editori, tre romanzi, due opere di critica,

e realizzato il lungometraggio “L’età breve”, oltre a tre film-

poemi e quattro rappresentazioni visive su altrettanti poeti per

la televisione. Fabio Doplicher (Trieste, 1938 - 2003) è stato

uno dei poeti più versatili della letteratura del ‘900. Ha ottenuto

nel 1984 il Premio Montale con “La rappresentazione”, “libro di

ispirazione unitaria - scrisse Mario Luzi - che supera la casualità di una ‘raccolta’, degno del premio

per lo stile e la particolare coloritura dell’immagine

e della metafora”.

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Ricordare | Poesia della Metamorfosi

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La mostra pesarese di Leonardo Nobili punta di dito contro la mercificazione del corpo umano nell’era contemporanea. Tra pittura e scultura, performance e installazioni.

Sono le “Anime dissolte nella ma-teria” le protagoniste della mostra di Leonardo Nobili, allestita nella Galleria Della Pergola a Pesaro, in via Diaz 14, fino al 25 settembre scorso. L’eclettico artista le ha pro-poste in opere di pittura e scultura, oltre che in immagini fotografiche, video-art, installazioni e perfor-mance, per stigmatizzare una so-cietà in cui l’elemento spirituale spesso finisce per soccombere a fronte di un imperante materiali-smo. “L’intento è quello di denun-ciare, con diversi linguaggi artistici, la mercificazione del corpo umano, ridotto ad oggetto o a prodotto di consumo in un sistema ‘usa e getta’, in cui vengono dimenticati i valo-ri spirituali dell’uomo”, sottolinea l’artista nato a Montelabbate, dove il Comune nel 2009 gli ha dedicato lo “Spazio Nobili” Museum. Tra le opere di spicco “Crisalide”, scultura in gesso, vetroresina e plastica raf-figurante un cadavere femminile interamente avvolto dalla pellicola

trasparente. A rendere ancora più forte l’impatto durante l’inaugura-zione, è stata la performance rea-lizzata con una modella dalla pel-le chiara e dai capelli rossi, anche lei avvolta nel cellophane e stesa, come se fosse morta, accanto alla scultura. Un’umanità sofferente e sempre più umiliata ricorre poi nei tre recenti video-art, presentati nel corso della mostra: “Scalo merci”, “Rifiuti umani” e “Materiali”. Il pri-mo è un video tratto dalla perfor-mance “Rifiuti urbani”, realizzato il 29 maggio all’ex-scalo merci di Porto Sant’Elpidio dove, tra carta, plastica e vetro riciclati dall’artista per conferire una dignità ad og-getti di rifiuto che hanno perso l’i-dentità, spunta la ‘materia umana’, “anch’essa ridotta ad oggetto di ri-fiuto, dalla società dei consumi”. Di grande suggestione scenografica è stata anche la performance “Rifiuti umani”, realizzata il 3 giugno scor-so su di una zattera nella laguna ve-neziana, in cui i corpi, “come relitti

umani, scarti della società, senza più valore né dignità, in attesa di una nave della salvezza”, si contor-cono per liberarsi dal cellophane che li avvolge. Suggestive sono poi le installazioni esposte a Pesaro, “Codice del tempo” e “Lacrime del cielo”, in cui un chiodo conficcato nelle pagine di un libro che rappre-senta la Storia fa sgorgare lacrime blu che cadono a terra. IN

testo Benedetta Andreoli - foto Leo Mattioli

Anime dissolte nella Materia

Ottobre a New York

“Nel mese di ottobre realizzerò a New York una nuova performance dal titolo ‘Timbri congelati’ su invito di ‘Betty & Francis’, Studio per l arte contemporanea”, ci anticipa Leonardo Nobili. Che spiega: “La performance consiste nell’impacchettare, con pellicola trasparente, corpi di persone trattati come pacchi postali, sigillati e timbrati, pronti per la spedizione. È previsto un doppio evento: uno in uno spazio degradato nel Bronx, l’altro in una zona vicino al porto, nei capannoni dove si lavorano le carni, Meat packing distric”.

Sempre di più la bellezza va oltre la sua percezione più effimera e viene considerata come un concreto segno di salute e benessere. Un bel sorriso è un biglietto da visita che facilita le relazioni interpersonali. Non solo strumento di seduzione ma anche di successo nel lavoro. Migliorare l’estetica del proprio sorriso diventa quin-di una scelta che può coinvolgere importanti aspetti della nostra psicologia relazionale, spesso sottovalutati nella loro reale importanza nella nostra vita quotidiana.

L’importanza di un sorriso

Parlarne per risolvereIl criterio di approccio è quello di parlare con il paziente e approfondire in-sieme quelle che possono essere le soluzioni e le terapie personalizzate da effettuare. La prima visita e i preventivi sono gratuiti.

Particolare attenzione è dedicata all’estetica dentale grazie all’utilizzo delle migliori e più innovative tecniche:ortodonzia invisibile permette in tempi brevissimi di allineare i denti in pieno comfort con appa-recchi nascosti alla vistasbiancamenti immediati nell’arco di mezz’ora, grazie all’utilizzo di lampade a led che rendono il sor-riso bianco e brillantefaccette in ceramica integraliin soli due giorni si possono modificare straordinariamente il sorriso rivesten-do con una pellicola sottilissima denti consumati o scuriti.

Il nostro staff copre tutte le esigenze dall’ortodonzia del bambino, endodonzia e protesi fisse e mobili, alla parodontologia e implantologia computerizzata.

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48 | IN Magazine

Creare | Leonardo Nobili

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Sempre di più la bellezza va oltre la sua percezione più effimera e viene considerata come un concreto segno di salute e benessere. Un bel sorriso è un biglietto da visita che facilita le relazioni interpersonali. Non solo strumento di seduzione ma anche di successo nel lavoro. Migliorare l’estetica del proprio sorriso diventa quin-di una scelta che può coinvolgere importanti aspetti della nostra psicologia relazionale, spesso sottovalutati nella loro reale importanza nella nostra vita quotidiana.

L’importanza di un sorriso

Parlarne per risolvereIl criterio di approccio è quello di parlare con il paziente e approfondire in-sieme quelle che possono essere le soluzioni e le terapie personalizzate da effettuare. La prima visita e i preventivi sono gratuiti.

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Punto di riferimento per lo sport cittadino,

l’associazione sportiva dilettantistica

Olimpia Pesaro riparte con la stagione cestistica e non solo. Puntando sui

nuovi talenti.

L’Associazione sportiva dilettanti-stica Olimpia Pesaro rappresenta da ormai molti anni una delle re-altà più significative e consolidate dello sport pesarese. L’Olimpia, fondata nel 1958, ha visto nel 2002 un forte incremento delle ragaz-ze. In seguito a questa crescita la dirigenza ha deciso di dare la pos-sibilità a tutte di giocare: e così è stata fondata una seconda società, lo Sport’s School.“Le società operano soprattutto nel basket femminile - spiega il presidente Roberto Esposito - de-dicandosi esclusivamente alla promozione sportiva e al puro di-lettantismo. Le squadre senior par-tecipanti al campionato di Serie B

Nazionale e di Serie C Regionale (girone Marche e Umbria) sono composte esclusivamente da ra-gazze provenienti dal nostro ricco vivaio”. Ma l’attività non si ferma solo al settore femminile: “Negli ultimi due anni - prosegue Espo-sito - abbiamo anche due squadre maschili che disputano il campio-nato di Promozione maschile nella provincia di Pesaro e Urbino. Ge-stiamo inoltre un centro di avvia-mento allo sport riconosciuto dal Coni, e partecipiamo con le squa-dre senior e con quelle giovanili a tutti i campionati gestiti dalla Fe-derazione Italiana Pallacanestro e a diversi tornei organizzati dai centri di promozione sportiva”.

La società pesarese si presenta così nella nuova stagione 2011/12: 70 tesserati per lo Sport’s School, 50 per l’Olimpia e 60 per il mi-nibasket. “Negli ultimi anni dal nostro vivaio sono uscite ragazze che giocano in serie A1 e hanno pure vestito la maglia azzurra, di-sputando vari campionati Europei con le Nazionali giovanili. Ma an-che ragazze che oggi giocano in serie A2 e altre che giocano in B Eccellenza. Due atlete del nostro vivaio, oltre a far parte della Na-zionale Under 18 sono state sele-zionate anche per College Italia, un progetto della Federazione che coinvolge 15 cestiste in tutta Italia di età compresa fra i 15 e 17 anni, riunite al Centro di preparazio-ne Olimpica dell’Acqua Acetosa di Roma e gestite dallo staff tecnico, medico e organizzativo del settore Squadre nazionali femminili”. Al-tre due ragazze, infine, fanno par-te dallo scorso anno dell’organico della Nazionale Under 20. IN

testo Beatrice Terenzi - foto Leo Mattioli

Il vivaio delle Campionesse

L’organico della società

Questo l’organico completo della società Olimpia Pesaro. I presidenti sono Roberto Esposito e Gabriele De Santi; dirigente e direttore sportivo è Daniele

De Grandis. Lo staff tecnico è invece composto da Sabrina Montaccini (responsabile), Laura Fabbri, Gianluca Bellucci, Luca Mosca, Davide Tonucci,

Emi Gjnai, Sara Braida, Giorgia Canestrari e Chiara De Grandis.

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Giocare | Olimpia Pesaro

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A Member of

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