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Articolo originale
Parole chiave:
Atrofia del mascellare
Innesto di cresta iliaca
Rialzo di seno
mascellare
Aumento di cresta
mascellare
Sopravvivenza
implantare
Keywords:
Maxillary atrophy
Iliac crest graft
Sinus lift
Maxillary bone
augmentation
Dental implant survival
Ricevuto il:
29 ottobre 2009
Accettato il:
27 aprile 2010
Disponibile online:
19 giugno 2010
castagnolamarco@
libero.it
*Autore di riferimento:
(M. Castagnola)
1827-2452/$ - see front matter ©doi:10.1016/j.ios.2010.05.005
Innesto di cresta iliaca e rialzo del seno mascellare nella ricostruzione delle gravi atrofie posterioriIliac crest bone grafting with sinus lift for restoration
of severe posterior atrophy
M. Castagnolaa,*, R. Saccob, L. De Michelic
Istituto Stomatologico Italiano di Milano (Direttore Scientifico: Dott. Luca De Micheli)a Reparto di Protesi b Casa di cura (Responsabile: Dott.ssa Maurizia Macchi) c Reparto di Parodontologia
Riassunto
Obiettivi: Scopo di questo lavoro è di proporre e valutare nel tempo una metodica per riabi-litare i quadranti latero-superiori gravemente atrofici in accordo con quanto proposto dalla letteratura internazionale.Materiali e metodi: In un mascellare superiore destro in cui era presente un grave difetto osseo è stato effettuato un innesto onlay con osso preleva-to dalla cresta iliaca contestualmente a un rialzo di seno mascellare per ripristinare la morfologia crestale e creare l’altezza adeguata. Dopo quattro mesi sono stati inseriti tre impianti e dopo altri nove mesi le corone in metallo-ceramica sono state fissate agli impianti medesimi.Risultati: A cinque anni di distanza, un controllo radiografico mostra un livello osseo perimplantare in perfetto accordo con i criteri di Albrektsson.Conclusioni: La terapia combinata di rialzo del seno mascellare con innesto crestale di osso prelevato dalla cresta iliaca può essere conside-rata un’alternativa terapeutica perseguibile per la riabilitazione delle gravi atrofie posteriori del mascellare.© 2010 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.
IT 2010 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.
Abstract
Objectives: The aim of this study was to evaluate the long-term effects of a method for restoring a severely atrophic upper distal jaw, which is in accordance with proposals in the international literature.Materials and methods: Bone was harvested from the iliac crest and onlay-grafted to the maxillary crest to correct a severe atrophic defect. During the same procedure, sinus lift was performed to restore the normal morphol-ogy of the crest and to increase the height of the residual bone. Four months later, three implants were inserted, and after other nine months metal-ceramic crowns were cemented to implants.Results: The 5-year follow-up visit revealed peri-implant bone levels that met Albrektsson criteria for implant success.Conclusions: The combination of sinus lift and onlay grafting of bone harvested from the iliac crest can be a valid option for the restoration of a severely atrophic posterior maxilla.© 2010 Elsevier Srl. All rights reserved.
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CLINICAL IMPLICATIONS
L’innesto onlay di cresta iliaca in abbinamento al rialzo di seno mascellare permette di risolvere
situazioni di grave atro� a posteriore in cui, a causa dell’anatomia del difetto, non è indicato
utilizzare un prelievo dalla calvaria. Questa modalità di trattamento permette di inserire
correttamente gli impianti, migliora l’estetica e il supporto dei tessuti molli e garantisce funzione,
comfort e durata alla struttura protesica.
Onlay grafting of iliac crest bone combined with sinus lift is the treatment of choice for severely
posterior maxillary atrophy with anatomical characteristics that preclude the use of calvarial
grafts. This approach allows the correct insertion of implants, enhances soft-tissue support,
improves esthetic results, and guarantees the long-term function and comfort of the prosthesis .
Introduzione
La perdita severa di osso alveolare nei settori po-steriori del mascellare superiore crea grosse pro-blematiche estetico-funzionali e riabilitative. Le gravi atrofi e, infatti, compromettono l’estetica soprattutto nei casi di linea alta del sorriso con uno slivellamento dell’altezza dei denti rispetto ai controlaterali. Inoltre, i rapporti anatomici scorretti tra gengiva e dente in un contesto di fornice ridotto limitano di molto l’autodetersione, con impacchettamento dei residui alimentari e ulteriore disagio per il paziente. Anche le manovre di igiene risultano diffi coltose, se non impossibili, in assenza di una corretta profondità del vestibolo. Negli anni sono state proposte numerose tecniche per il trattamento delle atrofi e mascellari attraver-so interventi combinati di innesti ossei e impianti osteointegrati. Nel 1980, Breine e Branemark [1] furono i primi a studiare gli effetti dell’inserimento di impianti in osso innestato. Gli autori inserirono impianti nel mascellare residuo e posizionarono attorno particolato osseo prelevato dalla testa ti-biale. La percentuale di osteointegrazione fu bassa (25%) e l’innesto osseo fu perso quasi completa-mente dopo un anno. Utilizzando, invece, impianti preventivamente integrati nella metafi si prossimale della tibia e innestando il blocco ottenuto alla cresta residua con impianti lunghi il 60% degli impianti,
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sopravvisse dopo un anno, mentre il 50% del vo-lume osseo innestato si riassorbì. Contemporane-amente, Tatum [2] , riprendendo i lavori di Boyne e James [3] , ideò una tecnica per innestare osso all’interno del seno mascellare previo rialzo della mucosa schneideriana. Scopo dell’intervento era di aumentare l’altezza ossea a disposizione per l’inse-rimento di impianti nella zona mascellare posteriore. Nei primi anni Ottanta, Mish e Dietsh [4] comincia-rono ad associare il rialzo di seno mascellare a un innesto onlay cortico-midollare prelevato dalla parte antero-mediale della cresta iliaca per risolvere i difet-ti tridimensionali del mascellare con ottimi risultati, arrivando a ottenere il 99% di sopravvivenza implan-tare a otto anni con riassorbimento perimplantare sovrapponibile a quello in osso nativo. Negli anni successivi molti autori [5–10] hanno proposto con successo innesti di osso autologo prelevati dalla cresta iliaca, associati o meno a rialzo di seno ma-scellare e posizionamento differito di impianti per risolvere gravi atrofi e mascellari, concludendo che questa tecnica è sicura e predicibile.
Caso clinico
La paziente, di 43 anni, si presenta alla nostra osser-vazione per dolore e tumefazione in zona 16. L’orto-pantomografi a evidenzia una frattura dell’elemento
Innesto di cresta iliaca e rialzo del seno mascellare
Fig. 1
Frattura verticale
di 16 e lesione
endo-parodontale
insanabile di 17.
Fig. 1
Fig. 2
Particolare dell’entità
del difetto crestale.
Fig. 2
in questione non diagnosticata da lungo tempo. Il processo settico ha compromesso il legamento del 17 causando un’estesa lesione che ha costretto all’avulsione di entrambi gli elementi (fig. 1). Dopo sei mesi, a guarigione avvenuta, residua un ampio difetto a volta di circa 26 mm di lunghezza per 9 mm di altezza con marcata perdita di sostanza in zona 17. Il caso pone un serio dilemma su come rico-struire l’osso perduto per poter in seguito inserire tre impianti e riabilitare così il quadrante (fig. 2).Le opzioni a disposizione per l’aumento verticale delle creste mascellari gravemente atrofiche pre-vedono la rigenerazione ossea guidata, il rialzo di seno mascellare, l’innesto di interposizione e l’inne-sto osseo in blocco associato o meno al rialzo di seno mascellare. Sono tutte opzioni ampiamente validate dalla letteratura e garantiscono un risultato clinico sovrapponibile. La scelta terapeutica deve essere effettuata in base all’anatomia del difetto, al grado di mancanza verticale e alla disponibilità del paziente [10,11].Nel caso in esame, l’ampiezza del difetto controin-dica la rigenerazione e il rialzo di seno mascellare da solo non risolve i seri problemi di atrofia della cresta. L’innesto di interposizione trova qui una sua con-troindicazione legata alla forma arcuata del difetto, per cui la scelta terapeutica cade sull’innesto osseo a onlay associato a rialzo del seno mascellare. Per quanto riguarda il sito donatore, abbiamo dovuto usare un sito extraorale. I più utilizzati sono la cal-varia e la cresta iliaca anteriore: l’osso della calvaria ha un’origine membranosa e mantiene più a lungo il proprio volume quando innestato nel distretto oro-facciale rispetto all’osso della cresta iliaca, che è di origine encondrale [12–16]. L’ipotesi più accreditata è legata alla diversa microarchitettura ossea più che alla diversa origine embriologica. Il diverso rapporto tra osso corticale e midollare garantirebbe all’inne-sto di calvaria una più rapida rivascolarizzazione e un miglior mantenimento del suo volume nel tempo [17,18].Secondo il lavoro sperimentale di Ozaki e Buchman [19], se si separano le componenti corticale e midollare dell’osso della cresta iliaca, la componen-te corticale non mostra un diverso grado di riassor-bimento rispetto alla calvaria. Non è quindi l’origine embriologica a dettare la differenza, bensì la diversa ar-chitettura. Nonostante queste evidenze sperimentali,
alcuni autori [7,9,20] hanno riportato risultati clinici soddisfacenti sulla sopravvivenza implantare a bre-ve, medio e lungo termine dopo aumento volume-trico con innesti prelevati dalla cresta iliaca.
Fase chirurgica
L’intervento è stato condotto in anestesia generale previa ospedalizzazione il giorno precedente.È stato raccolto consenso informato scritto prima dell’intervento.Nel primo tempo chirurgico si è allestito il campo operatorio per il prelievo dalla cresta iliaca. Dopo infiltrazione locale con mepivacaina 2% con adre-nalina 1:100.000 per ridurre il sanguinamento, è stata eseguita l’incisione dei piani cutaneo e sot-tocutaneo, cui è seguita la scheletrizzazione della faccia mediale della cresta iliaca (fig. 3). Sono state eseguite le linee osteotomiche con una sega reci-procante e con l’ausilio di uno scalpello per osso è stato liberato il prelievo cortico-midollare preventi-vamente misurato con un compasso nella zona del
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Fig. 6
Si notino la gravità
del difetto arciforme
e la permanenza
dei picchi ossei mesiale
al 18 e distale al 13
che garantiranno
l’apporto ematico
e cellulare all’innesto.
Fig. 6
Fig. 4
Rimozione del prelievo
cortico-midollare
dalla faccia antero-
mediale della cresta
iliaca.
Fig. 4
Fig. 5
Prelievo in soluzione
fisiologica.
Fig. 5
Fig. 3
Scheletrizzazione
della faccia anteriore
della cresta iliaca.
Fig. 3
Fig. 7
Zeppatura del seno
mascellare e riempimento
dei difetti di superficie
con particolato midollare
prelevato dalla cresta
iliaca. Si noti la lamina
corticale inserita
a protezione
della membrana
per permettere un
riempimento del seno
senza vuoti.
Fig. 7
difetto (figg. 4 e 5). Dal letto del prelievo è stato rac-colto osso spongioso con un cucchiaio chirurgico per il riempimento del seno mascellare. Infine, sono state eseguite le suture dei piani profondi e quindi del piano cutaneo con sutura intradermica.È stato poi allestito un nuovo campo operatorio a livello della bocca e, previa anestesia locale con me-pivacaina 2% con adrenalina 1:100.000 per ridurre il sanguinamento, si è eseguita un’incisione crestale dal 17 al 13 con svincoli mesiale e distale ed è stato ribaltato un lembo mucoperiosteo, che evidenzia la gravità del difetto (fig. 6). Lo scollamento è prose-guito fino alla base del processo zigomatico, quindi è stata eseguita l’antrostomia con il sollevamento della membrana schneideriana. Lo spazio ottenuto è stato delimitato cranialmente dall’inserimento a incastro di una stecca ossea fino a raggiungere la parete laterale del naso, creando così il nuovo pavimento del seno mascellare. La scatola rigida così ottenuta ha permesso di compattare l’osso spongioso prelevato senza il pericolo di lasciare vuoti o di creare sovradistensioni della mucosa del seno con il rischio di lacerazioni e conseguenteURGERY 4/2010
fuoriuscita del materiale di innesto. Il blocco cortico-midollare è stato sagomato per adattarsi al difetto e quindi fissato all’osso basale con viti chirurgiche. Le irregolarità di superficie sono state colmate con osso particolato (fig. 7). Dopo rilascio periostale, il lembo è stato riposizionato e suturato con punti staccati in seta.Il decorso postoperatorio è avvenuto senza complicanze e la paziente è stata dimessa in terza giornata.
Innesto di cresta iliaca e rialzo del seno mascellare
Fig. 8
Immagine radiografica
dell’innesto prima
della rimozione
delle osteosintesi.
Fig. 8
Fig. 9
Scopertura degli
impianti. Si noti
l’ottimo mantenimento
dell’innesto a 10 mesi
dal suo inserimento.
Fig. 9
Fig. 10
Scopertura degli impianti.
Lembo mucoperiosteo
a incisione palatale
posizionato apicalmente
agli impianti per garantire
un’adeguata banda
di gengiva aderente.
Fig. 10
Fig. 12
Si noti il ripristino
di una buona armonia
tra denti e cresta ossea.
Fig. 12
Fig. 11
Corone in metallo-
ceramica cementate.
Si noti l’ottimo
adattamento dei tessuti
molli ai manufatti.
Fig. 11
Fase implantare
Dopo quattro mesi in assenza di disturbi è stato eseguito un controllo radiografico che ha evidenziato una buona integrazione dell’innesto con soddisfa-cente mantenimento dei volumi innestati (fig. 8). Si è quindi proceduto alla pianificazione dell’inserimento implantare previa ceratura diagnostica e appronta-mento di una mascherina chirurgica.L’intervento è stato eseguito alla poltrona. Dopo anestesia locale è stato elevato un lembo muco-periosteo nella zona innestata, che ha permesso di rimuovere le viti di osteosintesi e verificare l’ottimo consolidamento e mantenimento dell’innesto. Sono stati inseriti tre impianti Nobel Biocare MK III TiUnite Ø 3,75 × 13 mm e dopo sei mesi è stata effettuata la scopertura, avendo cura di ricreare una banda adeguata di gengiva aderente posizionando apical-mente il lembo scolpito nel palato (figg. 9 e 10).Dopo tre mesi per la guarigione e la maturazione dei tessuti si è proceduto alla fase protesica.
Tre abutment Ti-Adapt sono stati modellati per accogliere le corone in metallo-ceramica unite fra di loro. A lavoro ultimato si notano l’ottimo adatta-mento dei tessuti perimplantari e il soddisfacente risultato estetico, considerata la gravità del difetto di partenza (figg. 11 e 12).Un controllo radiografico eseguito a cinque anni di distanza evidenzia un ottimo mantenimento dei livelli ossei in perfetto accordo con i criteri di Albrektsson [21] (fig. 13).
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Fig. 13Fig. 13
Rx di controllo a
cinque anni: ottimo
mantenimento dei tessuti
ossei perimplantari.
Conclusioni
Le considerazioni che si possono trarre da questo caso clinico e dalla disamina della letteratura indi-cano come ogni terapia che prevede la ricostru-zione di estesi difetti del mascellare debba essere attentamente valutata e pianificata onde scegliere l’opzione terapeutica migliore per quella specifica situazione. Le variabili più importanti da considerare a nostro avviso sono l’estensione e la forma del difetto che condizionano il tipo e la sede di prelievo, oltre naturalmente la disponibilità del paziente ad accettare la tecnica [10,11].Sebbene i dati sperimentali sembrino affermare la superiorità dell’osso di origine membranosa rispetto a quello di origine encondrale [12–16], in accordo con quanto riportato da altri autori [5–10,20] non abbiamo riscontrato una significativa diminuzione del volume osseo innestato durante il periodo di guarigione e riteniamo che, in casi selezionati in cui l’impiego di osso di origine membranosa non sia consigliabile o possibile, l’innesto eseguito con pre-lievo dalla cresta iliaca rappresenti ancora oggi una soluzione alternativa perseguibile con successo.
Conflitto di interessi
Gli autori dichiarano di non aver nessun conflitto di interessi.
Finanziamento allo studio
Gli autori dichiarano di non aver ricevuto finanzia-menti istituzionali per il presente studio.
URGERY 4/2010
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