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RITAMARIA BUCCIARELLI LA FRASE SEMPLICE TRASFORMAZIONI –MANIPOLAZIONI DELLA F S 1

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RITAMARIA BUCCIARELLI

LA FRASE SEMPLICE

TRASFORMAZIONI –MANIPOLAZIONI DELLA FS

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Premessa

La linguistica moderna nasce con le riflessioni di Ferdinand de Saussure durante i suoi corsi all'Università di Ginevra tra il 1906 -1911, riflessioni che hanno posto al centro del dibattito linguistico la definizione dello statuto epistemologico dello studio del linguaggio. Il progetto di Saussure è ambizioso e completamente innovativo: accantonando il suo talento di linguista storico, egli si pone domande cruciali sull'oggetto di studio della linguistica, spostando l'asse degli interessi dalla comparazione e ricostruzione storica delle lingue alla definizione del reale circuito comunicativo messo in atto dai parlanti. Del pensiero saussuriano, come è noto, è stato tramandato il Corso di Linguistica generale, edito da allievi sulla base di appunti e di note manoscritte. La grande innovatività di Saussure risiede soprattutto nella partizione (dialettica) tra lingua come sistema mentale disseminato tra i parlanti (langue) e circuito comunicativo messo in atto dalle concrete esecuzioni dei parlanti (parole). Un'altra partizione importante è quella tra asse paradigmatico (associativo, in absentia) e asse sintagmatico (sequenziale, lineare) delle espressioni linguistiche. In Europa, dopo il successo del Corso di linguistica generale di Saussure grazie alla sua rivalutazione negli anni Venti ad opera del Circolo di Praga, dalla nozione di sistema, di fonema e di sintagma si svilupperà una linguistica molto attenta allo studio dei suoni (la fonetica e la fonologia) e alla morfologia (in senso lato, con l'introduzione della categoria del monema) e addirittura alla sperimentazione teorica di una semantica basata sul metodo dei tratti distintivi della fonetica e della fonologia. Il sistema di Saussure diventa un modello per altre discipline che individuano nella struttura un oggetto di studio più rigoroso di quello offerto da approcci storicistici: ciò deriva dal successo dell'altra coppia di assi indicata dal linguista ginevrino, quella della sincronia (struttura) e della diacronia (storia). Il modello si diffonde con tale successo da portare, negli anni Sessanta, alla nascita dello strutturalismo, come movimento di studi da

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contrapporre allo storicismo di stampo idealistico. Diventano oggetto privilegiato dello studio linguistico tutti gli elementi compresi dal modello saussuriano nella langue: fonemi, morfemi, sintagmi. Le frasi, confinate dagli editori del Corso di Linguistica Generale (CGL) di Saussure nel regno irripetibile della parole, sfuggono alla possibilità di una trattazione a livello del sistema. Certo, la nozione di sintagma introduce una importante categoria combinatoria, teoricamente non limitata alle combinazioni di parole immediatamente precedenti il livello della frase. Soltanto le frasi idiomatiche o fisse, però, sono contemplate, esplicitamente nell'edizione del CGL, a livello di langue. La lettura filologica delle fonti manoscritte del CGL permise a Robert GodeI e Tullio De Mauro (nell'edizione italiana del CGL del 1967) di chiarire che il linguista ginevrino pensava in realtà a una tipologia di sintagmi e di frasi, all'interno della langue, ma la rilettura filologica fu tardiva rispetto al successo che aveva avuto quella che è giusto definire la vulgata saussuriana del CGL, così come fu percepita ed esaltata dal Circolo di Praga negli anni Venti.Lo studio della sintassi avrà solo un impulso indiretto da parte del pensiero saussuriano. Dobbiamo aspettare le ricerche del linguista americano Leonard Bloomfield, negli anni Trenta, per avere una rilettura della nozione di sistema saussuriano applicata anche a combinazioni di parole che vanno oltre il sintagma. Con Bloomfield e con il metodo dei costituenti immediati, le combinazioni vengono ri-analizzate come morfemi, sintagmi e, finalmente, frasi, producendo schemi ed etichettature che permettono di considerarne l'equivalenza strutturale.In questo modo, non solo si riesce a descrivere l'insieme delle varietà sintagmatiche all'interno di una struttura unica, ma addirittura è possibile riunire in qualità di equivalenze morfemiche anche diverse strutture di frase.L'analisi in costituenti presentava però delle debolezze. Un'evidenza come la somiglianza intuitiva, ma inequivocabile, tra frase attiva e frase passiva, per esempio, non poteva essere trattata agevolmente limitandosi all'osservazione dei costituenti immediati: era necessario analizzare separatamente le due strutture, duplicando inutilmente l'apparato descrittivo.Una soluzione decisiva di questo tipo di problemi, foriera di una nuova rivoluzione epistemologica, verrà ad opera di Zellig Harris negli anni Quaranta. Partendo dalla nozione di morfema bloomfieldiano, e dal metodo

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della commutazione o equivalenza tra diversi contenuti lessicali possibili dei morfemi, Harris arriva agevolmente, proprio attraverso la nozione di equivalenza, a quella di trasformazione. Sono le intere sequenze di morfemi e sintagmi, che formano le frasi, ad essere messe in corrispondenza. La frase attiva e quella passiva vengono analizzate come frasi in relazione reciproca di trasformazione. Da quest' assunto di base al riconoscimento che ci sono categorie di parole (per esempio i verbi) che determinano il funzionamento dell'intera frase, governando la saturazione dei complementi, il passo è breve. Su questa base, Harris individua l'esistenza di strutture di frase elementare (o nucleare) composte da operatori (per esempio i verbi) e argomenti (i complementi).In Europa, un po' defilato rispetto alle grandi correnti della linguistica postsaussuriana e americana Tesnière (1953, 1959) assegna alla reggenza dei verbi, all'interno delle frasi, un ruolo determinante. Tesnière ha introdotto anche una nuova terminologia, non sempre accettata, in cui al posto di « reggenza » (fr. rection, ingl. government) appare « valenza » (fr. valence, ingl. valency ) , mentre per il concetto, tutt' altro che chiaro al suo tempo (e nemmeno del tutto chiarito), di complemento obbligatorio del verbo Tesnière ha proposto il termine di « attante » (fr. actant). Il successo, seppur non immediato, della teoria di Tesnière ha dato un forte impulso non solo a studi teorici, ma anche alla costituzione di lessici sistematici di valenze dei verbi.

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Capitolo primo

LA GRAMMATICA GENERATIVO TRASFORMAZIONALE

Introduzione

Harris, che ha avuto modo di conoscere e di seguire inizialmente, sviluppa una nozione di trasformazione più astratta, cercando di riprendere anche la tradizione grammaticale della partizione in soggetto e predicato e proponendo una sorta di derivazione delle frasi, così come appaiono in superficie da una « struttura profonda », attraverso trasformazioni che mettono in gioco delle regole di riscrittura che derivano dalla teoria dei grafi di ambito algebrico. Nel 1957 pubblica un piccolo libro (Le strutture della sintassi) in cui la sua interpretazione di trasformazione si coniuga con l'idea harrisiana di una batteria di frasi elementari. Chomsky delinea un progetto di sintassi in cui vengono assunti alcuni principi di base:il linguista ha il compito di descrivere la competenza linguisti, mentale (la competence, assimilabile alla langue saussuriana) di un parlante-ascoltatore ideale;le concrete realizzazioni linguistiche, con tutte le loro idiosincratiche variabilità, non costituiscono oggetto primario della linguistica O performance, assimilabile alla parole saussuriana) ; la competenza linguistica è descrivibile facendo ricorso ad un modello matematico combinatorio che tenga conto del contesto di frase in cui le combinazioni di parole vengono realizzate (Chomsky arriva per approssimazione alla definizione di una grammatica formale sensibile al contesto, dopo aver mostrato i limiti della grammatica for male basata sugli automi finiti e quella della grammatica formale libera dal contesto);

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il modello formale di grammatica deve riuscire ad assegnare una struttura sintagmatica appropriata a tutte le frasi che rispettano le regole di una lingua naturale (questo procedimento è definito «generativo », nel senso che la grammatica deve generare soltanto le fra si grammaticali di una lingua e non altro);la sintassi è da considerarsi uno studio delle combinazioni di parole ( cui viene assegnato lo statuto di grammaticalità o di «buona formatezza» ) distinto nettamente dallo studio del significato (la componente semantica), il quale interviene soltanto in un secondo momento, come interpretazione semantica (lo stesso ragionamento è fatto per quanto riguarda la componente fonologica); la sintassi utilizza un sistema di riscrittura algebrica che ha una rap-presentazione ad albero, in cui ai livelli più alti agiscono simboli categoriali (sintagma nominale, nome, sintagma verbale, verbo) e ai livelli più bassi agiscono concreti elementi lessicali (terminali), che fanno parte del vocabolario o lessico della grammatica;si individua nelle trasformazioni lo strumento che permette di rendere conto di realizzazioni di combinatorie di parole che, ad una analisi superficiale, come quella in costituenti immediati, non riescono ad essere interpretate come correlazioni o equivalenze con altre combinatorie di parole;viene riconosciuta l'importanza di individuare le strutture elementari (o nucleari) di frase, a partire dalle quali possono essere derivate, per trasformazione, anche frasi complesse. Il progetto del 1957 produce un fiorire di studi trasformazionali per descrivere l'inglese ed altre lingue ed è sufficientemente compatibile con il modello elaborato da Harris. Maurice Gross, lavora inizialmente alla definizione delle proprietà matematiche delle grammatiche formali da utilizzare per descrivere le lingue. Le trasformazioni sono viste da lui come un potente strumento per scoprire nuovi fatti linguistici, una sorta di acceleratore di particelle che permette al linguista di individuare meccanismi, elementi e dati che non si presentano direttamente all'os-servazione.Tra il 1957 e il 1964 assistiamo ad un ricco dibattito, soprattutto in ambito anglosassone, ma con interessanti sviluppi anche in Europa, sia sul modello

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generativo-trasformazionale, sia sul rapporto tra componente sintattica, semantica e lessico {come inventario degli elementi terminali).Con Aspetti della teoria della sintassi {1965), Chomsky ridefinisce il programma della grammatica generativo-trasformazionale, delineando un modello che verrà denominato « teoria standard estesa », in cui enuncia i nuovi principi teorici e metodologici che intende portare avanti. Li possiamo riassumere così:

definizione del lessico come lista di entrate lessicali caratterizzate da tratti di selezione {animato, inanimato ecc.) e, in particolare, per quanto riguarda i verbi, come lista di sotto categorizzazioni, cioè richieste o selezioni di tratti lessicali specifici per i complementi necessari;netta separazione tra struttura profonda e struttura superficiale;consolidamento della componente trasformazionale che appartiene al cuore della sintassi;netta separazione tra componente sintattica {generativa), semantica e fonologica {interpretative);abbandono della necessità di individuare le strutture di frase elementari o nucleari.

In Aspetti, Chomsky prende posizione in modo radicale contro i tentati vi di introdurre una semantica generativa, afferma il primato della sintassi e manifesta l'idea di poter rendere conto delle irregolarità del lessico con regole di natura sintattico-trasfromazionali.Il programma di Aspetti avrebbe potuto portare ad una descrizione lessico-sintattica delle lingue realizzando un lessico in base alle regole di selezione e di sottocategorizzazione, ma non verrà mai realizzato. Maurice Gross si fa avanti per realizzarlo (vedi Elia, 1992).Gross aveva cominciato nel 1968 a descrivere i 3000 verbi francesi che reggono una completiva, applicando il modello generativista elaborato da Rosenbaum (1967). Termina una prima versione ne11975, utilizzando un data base elettronico. Mano a mano che va avanti nel lavoro si allontana dal paradigma chomskiano, fino ad entrare in aperta polemica con l'impostazione della grammatica generativo-trasformazionale.

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Che cosa era successo? I 3000 verbi francesi analizzati reagivano male alle ipotesi fatte da Rosenbaum per l'inglese: le eccezioni erano più numerose delle regole. Le classificazioni effettuate, appena si portava il numero delle proprietà analizzate per ogni verbo al di sopra di cinque o sei, mostravano che ogni verbo aveva un suo comportamento individuale quasi completamente indipendente da ogni altro.Nonostante ciò, era comunque possibile, individuando almeno una proprietà definizionale di una classe di verbi importante, costruire una classificazione basata su una cinquantina di classi semplici. Il problema è tutto nel carattere non definitivo della classificazione, o almeno di una sua parte importante. La scoperta di nuovi fenomeni, la revisione di alcune ipotesi porta ad un aggiornamento delle classi e ad una manutenzione periodica dell' intera classificazione.Gross aveva scoperto che le strutture sintattiche non possono essere separate dal concreto e imprevedibile comportamento delle singole entrate lessicali. Ogni generalizzazione fatta senza un rigoroso lavoro di classificazione e di verifica/falsifica delle ipotesi di partenza è votata al fallimento. È per questo che la posizione di Chomsky e quella di Gross risultano ormai inconciliabili. Le regole introdotte dalla grammatica generativo-trasformazionale si riducevano, per Gross, proprio ad eccezioni, una volta esteso il campo d'indagine. Se le eccezioni sono così numerose da non poter essere più definite tali, allora è probabile che la competenza linguistica non sia così innata come viene affermato nel modello della teoria standard estesa, ma che gran parte di essa venga acquisita nel corso degli anni della nostra vita. Se così fosse, ci suggerisce Gross, bisognerebbe ripensare in un modo completamente nuovo al ruolo giocato dalla memoria nei processi di acquisizione e di produzione della sintassi di una lingua. Negli ultimi anni, Maurice Gross si era concentrato essenzialmente sulle combinazioni fisse da una parte, e sul carattere abile di molti complementi non essenziali (modo, tempo, luogo, aspetto) dall' altra, alla ricerca dell' « irregolare », per poterlo spiegare esaustivamente, forgiando nuove tipologie di regole, adatte a rappresentare la straordinaria memoria linguistica dell’uomo.

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1. Questo è avvenuto soprattutto in Germania e con riferimento al tedesco. La Valenzbibliographie di Helmut Schumacher (1988) contava 2377 titoli relativi a 23 lingue diverse e a 41 coppie di lingue esaminate contrastivamente. Il loro numero è certamente cresciuto nel frattempo di molto.2. Dalla fine degli anni Sessanta ad oggi, Chomsky ha semplificato progressivamente il modello di Aspetti, fino ad arrivare al modello attuale detto m/n/mal/sta (vedi Chomsky, 1995) e Graffi (2001). Ad essere minimo è: il numero dei livelli, ridotto alla norma logica (associata al sistema concettuale-intenzionale) e alla forma fonetica (associata al sistema articolatorio-percettivo); il numero dei principi; il «costo» delle derivazioni. Scopo fondamentale del paradigma chomskiano è definire la grammatica universale innata che, nell'atto di realizzarsi, viene proiettata nelle lingue concrete attraverso una serie di pa/metn specifici delle singole lingue.

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1 Metodi tra ricostruzione storica e descrizione sincronica di una lingua

Il sordo percepisce il mondo attraverso gli occhi esperti ; la lingua è sulla punta delle sue dita. Quando ebbi il desiderio di imparare qualcosa sul silenzio e sul linguaggio gestuale, mi misi a parlare al sordo1. (Arden Neisser) [1983]

Nel corso di un ultradecennale lavoro di sperimentazione condotto presso il Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università di Salerno in collaborazione con altri Centri di ricerca e, in particolare, con il Laboratoire d’Automatique et Linguistique (C.N.R.S.-Paris 7), sono stati messi a punto nuovi metodi per l’indagine linguistica basati essenzialmente sulla costruzione di lessici-sintattici che, giovandosi delle opportunità offerte dalla elaborazione informatica, mirano ad una descrizione, la più esaustiva e formalizzata possibile di una data lingua. Le ricerche fanno parte del progetto Lessico-Grammatica della lingua italiana (L.G.L.I)2. Il modello teorico di riferimento è rappresentato dalla grammatica “a operatori e argomenti”di Z.S.Harris (1957,1963, 1970). Ne è derivato un approccio rigorosamente analitico in cui, fermo restando la centralità della sintassi e la rigorosità delle regole trasformazionali, la grammatica di una lingua non va interpretata più come modello astratto, ma viene piuttosto indagata a partire da concreti enunciati. L’attività è stata incentrata sull’approfondimento dei metodi per l’indagine linguistica ed è stata finalizzata anche all’individuazione di modalità di applicazioni curriculari per una moderna glottodidattica. Il rapporto tra linguistica e informatica può essere concepito,

1 YULE: (2000:18)2 EMDA (1981:11ss)

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con Gross (1975), come una relazione concernente un dominio fortemente transdisciplinare in cui la linguistica ha realizzato modelli, procedure di tipo informatico per raffinare, formalizzare i propri dati e i propri metodi. Le applicazioni della linguistica all’informatica sono state molteplici, basti ricordare l’analisi sintattica automatica e il trattamento automatico dei dati linguistici. Inoltre, questa esplorazione ha migliorato le conoscenze nel settore dell’elaborazione di parser, cioè di analizzatori automatici. Il principio teorico-metodologico fondamentale è che la struttura comunicativa delle lingue è basata sulla compresenza di diversi livelli articolatori formali (fonemi, monemi o morfemi, sintagmi e frasi), che organizzano il significato, e sulla centralità della frase, intesa come unità minima in cui si realizza un discorso comunicativo. Questo approccio permette di impostare una descrizione rigorosa anche del cosiddetto “linguaggio dei segni”, utilizzato largamente dalle comunità internazionali dei sordi e pertanto si può rivelare uno strumento utile per il disabile sensoriale. Il linguaggio dei segni è dotato, come le lingue storico-naturali, di livelli articolatori minimi (le lettere), di morfemi lessicali, di morfemi grammaticali e di strutture di frase. Le parole, le frasi, la lingua abitualmente parlata hanno radici profonde nella nostra vita psicologica e nella nostra costituzione fisica. Per chi è interessato a capire come funziona il linguaggio umano questa è la prima cosa di cui vale la pena rendersi conto. Le parole circondano il presente, ogni istante del nostro presente. Ci accompagnano quando parliamo con altri o leggiamo e scriviamo, ma anche nel silenzio e perfino nei sogni. E dal presente più immediato si distendono verso il passato e si protendono verso il futuro, coinvolgendo anche pensieri, volontà e coscienze umane3.Dalla prima infanzia le parole impegnano la capacità di memoria degli esseri umani e attraverso essa legano il presente al passato.Il passato cui abbiamo accennato è anzitutto quello a termine brevissimo, fatto in genere di pochi secondi, sei o sette secondo gli psicologi. È un passato che nella percezione comune, irriflessa, ci appare fuso e confuso con l'immediato presente, ma che in realtà presente non è o già non è più. Osserviamo: mentre diciamo o scriviamo le parole di una frase dobbiamo 3 YULE (1997: 232).

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tenerle a mente per seguitare a dire e scrivere parole coerenti con quelle appena usate e con il progetto di frase che, in genere, abbiamo in mente. La nostra voce o la mano con cui scriviamo o digitiamo è guidata dal progetto di frase e dalla memoria a breve che ne abbiamo. Anche mentre ascoltiamo o leggiamo dobbiamo fare qualcosa di analogo, dobbiamo a ogni momento che passa ricordarci quello che abbiamo appena udito o letto per ricostruire infine, dopo qualche secondo, l'intera frase che qualcuno ha realizzato per noi.Molto prima degli psicologi e dei neurologi che da poco più d'un secolo studiano la memoria, molto prima dei non molti linguisti che si occupano della relazione tra parole e memoria, di ciò, di questo stretto rapporto tra la parola e il passato più brevemente trascorso, si avvide assai bene già sant'Agostino 054-430 d.C.). Anche per questa sua attenzione egli è restato per secoli il più acuto esploratore introspettivo della memoria. Oggi di-sponiamo in proposito di ricerche sperimentali e di nozioni teoriche più sofisticate. Ma il modo in cui Agostino descrive la memoria a breve termine e in particolare la memoria linguistica è ricco di formulazioni che ci ap-paiono ancora nitide e adeguate (De musica, VI 8, 21, De Genesi ad litteram XII 16,33, Confessiones XI 27, 34-28,38). Il tener fermo nella memoria a breve termine ciò che si viene esperendo è una precondizione necessaria per fissare il profilo della frase che una voce o un testo vengono realizzando e questo ci è indispensabile per connettere fine e inizio e quindi per capire ciòche ascoltiamo o leggiamo. Inoltre nelle Confessioni Agostino nota con acutezza che tale precondizione è necessaria anche per tenere fermo in mente il progetto di esecuzione di una frase, di un canto. Eseguiamo nel tempo la realizzazione di una frase. Senza tenere a mente il progetto della frase mentre la diciamo o scriviamo, non sapremmo realizzare la frase. Senza la memoria a breve termine non sapremmo produrre la sequenza di parole di una frase intera. Quella che gli psicologi chiamano 'memoria a breve' deve essere continuamente al lavoro per consentirci di programmare di dire e per effettivamente dire cose che abbiano una direzione, un senso, e per intendere direzione e senso delle parole altrui. Dunque da un lato il nostro passato più immediatamente prossimo pesa sul nostro istantaneo parlare e sul comprendere parole di altri. E, d'altro lato, nel parlare e nell'intendere, le parole ci obbligano a riconnetterci a quegli istanti appena trascorsi. Le parole, insomma, ci obbligano a tenere continuamente attivo un ponte che, attraverso la memoria a breve termine, collega il presente e il passato appena trascorso4. 4 GRAFFI-SCALISE (2002:110)

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Possiamo tutti osservare e sappiamo oggi anche sperimentalmente che dopo alcuni secondi la memoria a breve termine tende in generale a svanire dalla nostra consapevolezza. Essa è sostituita, anzi è incalzata da altre memorie a breve che si succedono. Ma non tutto si perde nelle distese del passato. Dalla memoria a breve, molte esperienze e in particolare l'esperienza che abbiamo delle parole passano in buona parte nella memoria a lungo termine e in essa si depositano. È forse suggestivo credere che parole molto lette o dette o ascoltate si consumino, come sassi che rotolano troppo per troppi secoli e millenni. Ma questo può valere e vale per parole relativamente rare messe alla moda da qualche snobismo intellettuale o da trovate pubblicitarie. Del resto, il fastidio per parole alla moda troppo dette non va confuso con la dimenticanza. In generale, invece, le parole che più abbiamo bisogno di dire o capire e che più spesso, quindi, sentiamo, leggiamo o diciamo, quelle parole attraverso i mille e mille loro passaggi nella memoria a breve termine rifluiscono poi nello spazio della memoria a lungo termine. Qui, come sappiamo anche sperimentalmente, parole che già vi erano rafforzano e precisano la loro fisionomia ogni volta che le replichiamo o ne udiamo una replica. E spesso anche le parole nuove che udiamo o leggiamo per la prima volta e che capiamo o cerchiamo di capire vanno a depositarsi accanto alle parole già memorizzate. E lo stesso vale per le parole che, pur raramente, eccezionalmente, possa accadere di foggiare per la prima volta.Abbiamo detto spesso, e non abbiamo detto sempre: la memoria a lungo termine ha dei limiti e lascia da parte parole che ci cadano sotto gli occhi solo qualche volta senza suscitare interesse. Come sappiamo dagli studi di lessicologia1, nei testi e discorsi prodotti nella lingua di un popolo di lunga tradizione e di complessa articolazione produttiva, sociale e culturale, esistono centinaia di migliaia di parole, anzi, se mettiamo nel conto anche le terminologie di scienze come la chimica, la zoologia, la botanica, nei testi scritti e nei discorsi pronunciati in una lingua appaiono milioni di parole diverse. I dizionari generali, anche i più estesi, ne registrano soltanto alcune centinaia di migliaia. Si tratta in grandissima parte di parole note solo a ristretti gruppi di persone specializzate in una particolare attività di lavoro o di studio. Del mare di parole apparse nei testi di una lingua una persona linguisticamente molto colta e di buona memoria serba in mente solo alcune decine di migliaia di parole che, all' occorrenza, sa riconoscere e capire, estraendole dalla sua memoria a lungo termine.

Così le parole rioperano sulla memoria e costituiscono un elemento forte

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della nostra identità personale, familiare, sociale, culturale, nazionale. Si capisce perciò che molti popoli, anche quando hanno appreso e usato altre lingue, hanno però conservato gelosamente la propria nativa e tradizionale. Giapponesi e coreani appresero nei secoli e usano ancora il cinese mandarino e i suoi ideogrammi, ma non hanno abbandonato le loro lingue native, che anzi mantengono ben vive. Nell'Europa medievale le classi appena istruite conservarono o appresero tutte il latino, ma all' ombra di questo rinsaldarono le loro parlate vulgares, popolari (theotisca lingua, tedesco, questo voleva dire: lingua del vulgus, del popolo), che così fiorirono e si affermarono. In Mrica le grandi lingue dette «di civilizzazione», e cioè l'arabo e le lingue europee coloniali (francese, inglese, portoghese, spagnolo), e le lingue locali transglottiche4, come il suahili, non hanno cancellato le circa duemila lingue locali. Del resto non c'è da andare lontano nel tempo e nello spazio: in Italia, durante l'età della Repubblica, dopo il 1946, i cittadini hanno imparato (quasi) tutti l'italiano, ma molti (sei su dieci) conservano memoria e uso di uno dei tanti dialetti. In una lingua, nei suoi suoni, nelle sue parole con i loro sfumati significati è depositata la memoria profonda e l'identità di un popolo.

Proprio perché così radicate col passato a breve e a lungo termine sia nostro sia altrui le parole possono avere a che fare col nostro presente più immediato. Ci permettono di interagire con gli altri, di capire gli altri e di farci capire. Ci permettono di riflettere interiormente su ciò che abbiamo vissuto o stiamo vivendo e di confrontarci con altri e capire meglio noi stessi. Ci permettono di elaborare emozioni, idee, paure, fantasie,sogni, ragionamenti, speranze e, soprattutto e di continuo, più o meno attendibili programmi e progetti per lenostre azioni e intraprese future.Lo abbiamo appena evocato: paure, speranze, progetti. Le parole non ci legano solo al passato, non ci sono preziose solo nel presente. Anche ci aprono porte verso il futuro. TI futuro più immediato impegna la memoria a breve termine per consentirci di finire la frase che abbiamo cominciato o per capire, come spesso è necessario, dove e come vanno a finire le frasi altrui. Ma anche il futuro più lontano entra in gioco attraverso le parole e la memoria a lungo termine. Nelle e con le parole di cui disponiamo prendono corpo istruzioni per azioni successive, ordini, progetti, programmi, prescrizioni5. Passato prossimo e remoto, presente, futuro più im-mediato e più lontano, l'intera vita di un essere umano è coinvolta nelle e dalle parole. Esse nascono dalle esperienze reali e possibili, dal convergere delle 5 DE BUERIIS (2002: 63) .

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capacità diemozione, azione, intelligenza di cui ogni essere umano è dotato e rioperano potentemente su queste capacità, le consolidano, le strutturano, le rendono comunicabili e comuni. Ce lo ricorda non un umanista, ma un grande fisico teorico, Albert Einstein (1879-1955). «La maggior parte di quanto sappiamo e crediamo ci è stata insegnata da altri per mezzo di una lingua che altri hanno creato. Senza la lingua la nostra capacità di pensare sarebbe assai meschina e paragonabile a quella di altri animali superiori»: comincia così Come io vedo il mondo.Chi ha una formazione umanistica o è comunque estraneo agli studi sulla fisiologia della memoria potrebbe forse essere indotto in inganno dalla sottolineatura che abbiamo fatto delle valenze psicologiche, in tellettuali e storiche che, attraverso la memoria, dobbiamo riconoscere alle parole. Quelle indubbie valenze esistono perché le parole e frasi si radicano anzitutto nella nostra fisicità, nel nostro essere corporeo. Ciò vale con tutta evidenza per la voce, in cui prendono corpo i 'significanti', il versante esterno di parole e frasi. Come ha scritto un grande fonetista britannico, David Abercrombie (Elements o/ GeneraI Phonetics, Edinburgh University Press, Edinburgh 1967, p. 1), «parliamo con tutto il corpo». Le emissioni di aria dai polmoni e le vibrazioni della glottide si fanno diverse perché le la-voriamo e conformiamo col diverso atteggiarsi della cavità orale, ma la voce che così ne nasce sarebbe quasi impercettibile se non venisse amplificata dalle sue risonanze nella cassa del torace (di qui ci arrivano le onde acustiche che udiamo); e sarebbe assai poco variata senza la guida del cervello. Un grande fonetista, Paul Passy (1859-1940), osservava nella sua insuperata Petitephonètique des principales langues européennes, che l'apparato vocale umano non si deve paragonare a unostrumento, ma a un complesso di strumenti, a fiato, a corda, a arco, a percussione... Non funzionerebbe senza un direttore d'orchestra. La capacità di usare il cervello è decisiva per articolare la voce, per coordinare i delicati gesti della bocca e degli organi della voce al fine di ottenere le sottili differenziazioni che ci permettono di distinguere diverse famiglie di suoni e di toni. E il cervello ha una funzione altrettanto importante nel (come si dice giustamente) tendere l'udito e tra i rumori selezionare il suono della voce che vogliamo udire e, in questa, per cogliere il variare di ritmi e toni e il succedersi di suoni significativi e per integrare quel che percepiamo con la forma delle parole che conosciamo. E anche nell' apprendere e nell'usare gli equivalenti della voce, il relativamente raro sign

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language, il linguaggio gestuale delle comunità di sordomuti (di cui parleremo più oltre, p. 108, n. 1) e il più comune leggere e scrivere c'è un impegno per tutto il nostro corpo: muscoli, vista, arti, cervello. Evidente nell' esercizio produttivo e percettivo dei linguaggi segnati dei sordomuti, esso è presente anche nello scrivere e nel leggere. Agli intellettuali per i quali leggere, scrivere, apprendere appaiono attività facili, perché diventate per loro abituali, una grande e tragica personalità del Novecento, Antonio Gramsci (1891-1937), ricordava, dal chiuso delle carceri fasciste, che c'è fatica, fatica muscolare come egli specificava, nel sapere stare ad ascoltare, nello star seduti a leggere, a scrivere, a studiare parole. Del resto oggi sap-piamo che senza l'apporto chimico e fisico di tutto il corpo non si fissano tracce in quella memoria a lungo termine, essa stessa fisicamente costituita in rapporto con l'intero corpo, di cui abbiamo già sottolineato l'importanza per la vita delle parole e delle lingue. E ciò vale non solo per le voci e i significanti: non ricorderemmo quelle voci senza attribuire a esse un senso, il senso che abbiamo esperito con tutto il nostro essere. Chi immagina che le parole abbiano un versante tutto fisicità, quello della vocalità che produciamo e udiamo, e un versante di puro spirito, quello dei significati e sensi studiati dalla semantica e dalla grammatica, appare fuori strada: è di nuovo con tutto il nostro corpo che viviamo l'esperienza di dare un senso alle voci e, poi, di serbare a lungo nella memoria voci collegate a sensi e sensi a voci, cioè parole6.

Capitolo secondo

LA FONETICA Breve exursus

6 DE BUERIIS (2002 : 64) .

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... «credere di fare fonetica»: è indispensabile riuscire a farla davvero, con il metodo della fonetica naturale o, semplicemente, metodo fonetico. Infatti, non basta percepire, bisogna recepire; non ci si deve accontentare di scorrere superficialmente, si deve osservare ed esaminare attentamente: non è affatto sufficiente vedere, ……7

La fonetica (dal greco φωνή (phoné) «suono») è la scienza dei suoni del linguaggio, oggi intesa come studio dei suoni secondo i metodi delle scienze naturali più che secondo metodi linguistici; è la scienza che si occupa dell'aspetto fisico dei suoni, i quali vengono osservati e descritti in tutte le scansioni e le ondulazione . L’aspetto invece più strettamente linguistico dei suoni, in quanto capaci di essere intesi come distinti, e di avere funzione distintiva in una lingua, è studiato dalla fonologia, che nacque proprio come scienza che intendeva studiare non tutti i suoni di tutte le lingue e il meccanismo della loro produzione, ma il numero ristretto dei fonemi delle singole lingue e la loro organizzazione. Per fonema oggi si intende il suono come unità fonica determinabile acusticamente e mentalmente, appartenente a un determinato sistema linguistico, segnale funzionante ai fini della comprensione. Questa distinzione oggi abbastanza netta fra fonetica e fonologia una volta era intesa diversamente, o addirittura non sussisteva; fu enunciata chiaramente solo nel 1928. al Congresso internazionale di linguistica dell’Aja, quando furono presentate le tesi del Circolo linguistico di Praga elaborate da tre suoi membri. R. Jakobson. N. S. Trubetzkoy e S. Karcevskij; e meglio ancora quando fu pubblicato nel 1939 il lavoro fonda-mentale di Nicolai Trubetzkoy, i Grundzuge der Phonologie ( Fondamenti di fonologia)8, il termine fonetica indica la scienza storica che studia i mutamenti dei suoni nel tempo (fonetica evolutiva), mentre il termine fonologia indicava quello che è per noi la fonetica, scienza che descrive l'aspetto materiale dei suoni, di tutti i suoni possibili. Queste definizioni sono adesso abbandonate, ma alcuni autori continuano a definire diversamente, o ad usare il termine fonetica per tutti i fatti relativi ai suoni del linguaggio (e allora la fonologia non sarebbe che una sezione della fonetica); in Italia G. Bonfante chiama fonematica la

7 MALMBERG (1997: 26 ).8 De SAUSSURRE (1990: 28 ss).

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fonologia, e la fonologia la scienza che studia i mutamenti fonetici avvenuti nel tempo (fonetica evolutiva). Quindi il significato attuale di fonetica è connesso alla comparsa della fonologia e del concetto di fonema della Scuola di Praga, e da questi determinato. Anche per la Scuola di Copenaghen il fonema è l'unità fonologica, mentre il suono è l'unità fonetica; questa distinzione non è più messa in discussione9. La trascrizione fonetica nota i suoni fra parentesi quadre [ ], quella fonologica nota i fonemi fra sbarre10. La fonetica si dice statica quando studia i suoni di una lingua in un dato momento della sua evoluzione; evoluzione o storica se ne studia lo sviluppo storico, cioè compara due diversi stadi di una o più lingue (ad esempio il francese lin [lε˜] con il latino līnum. La fonetica si dice descrittiva quando descrive particolareggiatamente il meccanismo di produzione dei suoni e tutte le loro possibili sfumature: acustica quando studia la struttura fisica dei suoni, le onde sonore prodotte da vibrazioni, la loro frequenza, ecc. La fonetica articolatoria o fisiologica studia l'apparato fonatorio umano, coi suoi organi, e il modo con cui questi producono i suoni. Infine la fonetica sperimentale o strumentale, sorta per la necessità di una registrazione e classificazione obbiettiva dei suoni, si avvale di strumenti e apparecchi che in forma visiva dànno un'idea dei suoni (il chimografo che registra le vibrazioni e le rappresenta con curve, rendoscopio, il laringoscopio, l'oscillografo, la radiografia degli organi fonatori per vederne la posizione nel'momento in cui viene pronunciato un dato suono, la palatografia, la spettrografia, ecc.). La fonetica strutturale si identifica con la fonologia. L'alfabeto fonetico internazionale è un alfabeto fonetico usato dai linguisti per rappresentare in maniera univoca ciascuno degli svariati suoni (foni) che l'apparato vocale umano può produrre, così 9 Nota: attorno al Circolo linguistico di Copenagben si formò attorno al 1930 una scuola linguistica, i cui massimi esponenti furono V. Brandal, L. Hjelmslev, H. J. Undall. Il Circolo pubblica dal 1939 la rivista « Acta Linguistica».

10Il sistema di trascrizione fonetica qui usato è quello della International Phonetic Association (IPA), società fondata nel 1886, il cui alfabeto fonetico internazioliale è valido per tutte le lingue. In Italia sono in uso anche altri alfabeti fonetici, che assolvono la stessa funzione; cfr. nel Dizionario d'Ortografia e di Pronunzia, o nel Dizionario Enciclopedico Italiano.

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come le unità distintive del linguaggio chiamate fonemi. È considerato uno standard per la rappresentazione fonetica e fonemica di tutte le lingue. Molti dei suoi simboli sono presi dall'alfabeto latino o derivati da esso, alcuni sono presi dall'alfabeto greco, e altri sono apparentemente scorrelati da un qualunque alfabeto. Lo sviluppo originale partì dai fonetisti inglesi e francesi sotto gli auspici della International Phonetic Association, fondata a Parigi nel 1886 (sia l'organizzazione che l'alfabeto sono noti come IPA). L'alfabeto ha subito una serie di revisioni durante la sua storia, tra cui una delle più importanti è stata codificata nella IPA Convention di Kiel (1989). Ci sono state poi ulteriori modifiche nel 1993 e alcune correzioni nel 1996.I suoni identificati dalle consonanti dell'alfabeto latino corrispondono in genere all'uso nella lingua italiana e sono ad esempio identico [b], [d], [f], [l], [m], [n], [p], [r], [t], [v], perchè un principio basilare dell'IPA è dare un singolo carattere per ogni suono, disambiguando nei casi in cui una singola lettera corrisponde a più suoni oppure più lettere che formano un singolo suono. Altri suoni corrispondono a particolari casi: [k] è il suono duro di casa, [g] quello anch'esso dura di gatto, [s] ha il suono sordo di sotto, [z] è la s sonora di rosa. I simboli corrispondenti alle vocali ([a], [e], [i], [o], [u]) suonano come in italiano, tenendo conto che e e o devono essere pronunciate chiuse come in édera e odóre.La maggior parte degli altri simboli condivisi con l'alfabeto latino, come [c], [h], [j], [w], [x] e [y], corrispondono a suoni che tali lettere rappresentano in altre lingue. [j] e [w] hanno il suono di i e u usate come semivocali: ieri, uomo. [h] è il suono aspirato iniziale dell'inglese hat; [x] è il ch aspirato tedesco in Bach, o la j nello spagnolo mujer; [y] è la y o ü tedesca in Büro, o la u francese di bureau. I simboli con forma simile alle lettere latine in genere corrispondono a suoni simili. Ad esempio, tutte le consonanti retroflesse hanno lo stesso simbolo delle consonanti alveolari equivalenti, tranne che in basso viene aggiunto un gancetto che punta a destra.I segni diacritici possono venire combinati con i simboli IPA per trascrivere valori fonetici leggermente modificati, o articolazioni secondarie. Ci sono

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anche simboli speciali per caratteristiche soprasegmentali, come accento e tono11.

fig. 4

fig. 4.1

Ciascuna lingua rappresenta tutti i suoni di tutte le lingue del mondo. La lingua italiana ne seleziona circa una trentina tra consonanti e vocali13. Le consonanti sono prodotte dal passaggio non libero dell'aria: che incontra un

11 Le Tabelle sono state tratte da: http://venus.unive.it/12Le Tabelle sono state tratte da: http://venus.unive.it/ 13SCALISE (1983: 77).

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ostacolo o nella chiusura totale temporanea del canale vocale, o nel suo forte restringimento, in modo che si senta il rumore del passaggio forzato dell'aria. Si distinguono per il modo di articolazione in momentanee, continue. Le momentanee presuppongono la chiusura completa del canale vocale, e sono così dette perché "non sono pronunciabili più a lungo del momento stesso necessario a produrre il rumore; devono quindi appoggiarsi a qualche vocale o altro suono continuo. Le momentanee sono le occlusive. Le continue invece possono durare indefinitamente nel tempo, almeno finché c'è aria . nei polmoni, perché il passaggio di questa non è interrotto, ma solo ostacolato. Le continue comprendono spiranti, liquide, nasali. Le occlusive e le spiranti si distinguono per grado di articolazione, in sonore e sorde , a seconda che. siano o no accompagnate dalla vibrazione delle corde vocali, per cui la corrispondente sonora di [p] è [b], di [k] è [g]. Le consonanti ,inoltre si suddividono in forti e lenì, infatti l'articolazione di una consonante può avvenire con maggiore o minor forza: quando la cor-rente d'aria è più intensa e la resistenza offerta dall'occlusione è maggiore, si ha un'esplosione più violenta; la consonante così prodotta si dice forte. Possiamo dire che in generale le dentali [t]e [d] sono più forti delle velari [k] e [g] perché l'occlusione dentale avendo luogo contro la superficie dura e limitata dei denti, comporta un'esplosione più intensa che non l'occlusione provocata dalla lingua contro il velo palatale. La distinzione fra forti e leni è significativa quando oppone le due serie fra loro; comunemente (in italiano,francese) le sorde [p], [t], [k], sono anche forti, e le sonore [b], [d],[g] leni . Le spiranti sorde [f], [s], sono forti,mentre le altre sono leni,come le semivocali, le liquide e le nasali. Nella lingua italiana la scansione in forti e leni è superflua da momento che le forti coincidono con le sordi e le leni con le sonore. Le vocali e le consonanti si possono distinguere per una maggiore o minore estensione nel tempo, o lunghezza; e la durata di un suono è la caratteristica meglio misurabile con gli strumenti. La durata assoluta di un suono si misura in centesimi di secondo, ed è stato osservato che certi suoni sono sempre più lunghi di altri, proprio per il loro tipo d’articolazione, perché gli organi richiedono un certo tempo per assumere ogni data posizione14. Cosi ad esempio i dittonghi sono sempre più lunghi dei monottonghi, le vocali aperte sono per loro natura più lunghe di quelle

14 ALBANO LEONI MATURI (1998: 234).21

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chiuse, e queste più lunghe comunque delle consonanti. Tra le consonanti le occlusive sono per loro natura più difficilmente estendibili nel tempo, e le sorde sono più lunghe delle sonore .15Si è già accertato che la lunghezza delle vocali ha in molte lingue una sua funzione. distintiva ; anche per le consonanti ci può essere una differenza di lunghezza, e nel caso delle occlusive, una lunga si differenza per la maggior durata della fase implosiva con conseguente maggior intensità d'esplosione. Quando una consonante lunga è divisa in due dalla frontiera sillabica si dice geminata. Nella lingua italiana geminata è sinonimo di consonante lunga; nella nostra lingua le geminate sono sentite in modo chiarissimo, per la loro grande intensità, e sono distintive: fatto [fatto].

fig. 4.2

15 ONESTI ( 1974: 31 ss).16 La Tabella è stata tratta da: http: //venus.unive.it/canipa/

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Le consonanti del codice della lingua italiana risultano così suddivise17: Plosive; Fricative; Assibilate; Sibilanti; Nasali; Laterali; Vibranti;

Le plosive sono pronunciate con una chiusura completa del canale vocale e si distinguono in: Labiali = sorde : 'pɛ:pe - 'ka:mpo; = sonore: bam'bi:no- a'bsi:de; Dentali = sorde :'pɛ:pe ' -ka:mpo =sonore : bam'bi:no- a'bsi:de Palato-Velari =sorde: kɔ:rno- 'ba:ko = sonore : 'ma:go- 'dɔ:gma

Le fricative sono prodotte mediante il passaggio della corrente d’aria attraverso degli ostacoli ,quale l’ organo della parola ( nella lingua italiano risultano essere solo in posizione labio-dentale) e sono:

Labio-dentale = sorde : 'fa:re- 'li:ɱfa; = sonore 'va:do _'da:vo

17 HALL (1971: 26 ss).23

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Le assibilate durante la produzione il canale vocale viene chiuso completamente e la tensione iniziale diviene sempre più molle , sino a raggiungere nella distensione il limite dei suoni costrittivi18:

Dentali con l’occlusione nella posizione per [t] o per [d] e con la distensione nella posizione per [s] o per [z];

= sorde ʦuk'kɛ:ro- s'pa:tʦjo = sonore 'ʦɛ:ta 'pra:nʦo;

Palatali con l’occlusione nella posizione per una plosiva alveolare-prepalatale[t>] o [d>], e con la distensione in quella per [˘s] o[z˘];

=sorde : ba:ʧo 'ɔ:nʲʧa =sonore . 'ma:nʲʤa ʤar'di:noLe sibilanti possono avere due articolazioni e cioè la dentale e la palatale in due posizioni di articolazioni;

Le dentali hanno due suoni distinti =sorde : 'sɔ:rdo kas'ta:ɲɲo; = sonore: z'dɛ:ɲɲo 'a:sma;

La palatale in finale di parola è breve , ma tra vocali è sempre lunga;

Le nasali sono : Labiale[m] con due varianti foniche:

[ɱ] con una consonante continua nasale labio-dentale, davanti alle labio-dentali [f-v]; iɱ'fa:tti; koɱ'vjɛ:ne; [m ] davanti a consonante o vocale bilabiale[p-b]; 'ma:le; e'za:me

Dentale- Velare [n] con due varianti foniche: [ŋ] davanti a plosive velari[Kg]; 'ba:ŋka 'fu:ŋgo [n] sempre; 'na:no 'dɛ:nte

Palatali ….. sempre lunga quando si trova tra vocali;18 CAMILLI ( 1965: 8).

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Le laterali sono:

Dentali [l] : lo'da:re

Palatali ;: s'pɛ:kki z'ba:ʎʎo 19

Le vibranti : per alcuni parlanti è un’unica vibrazione della punta della lingua contro il lato interno dei denti superiori, per altri invece è una vibrazione dell’ugola.

I parametri per classificare le vocali sono l'altezza della lingua (cioè, quando la lingua si alza o si abbassa verso il palato rispetto alla posizione di «ripo-so»), l'avanzamento o l'arretramento della lingua, l'arrotondamento o meno delle labbra, la realizzazione di questi movimenti in modo teso o rilassato. Se la lingua assume una posizione alta si produrranno suoni come [i] o [u], se assume una posizione bassa si produrranno suoni come [a]. Se la lingua è in posizione avanzata si produrrà una [i] o una [e], se in posizione arretrata una [u] o una [o]. Se le labbra sono arrotondate si produrranno vocali come [u] o [o], se non sono arrotondate si produrranno vocali come [i] ed [e]. In

19 Le parole sono state tratte da: HALL (1971: 21ss). La trascrizione fonetica è la risultanza di un cd- font fonetico prodotto con ©ed incluso nella pubblicazione dall’autore

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italiano le vocali [e] ed [o] possono essere sia (semi)aperte che (semi)chiuse e vi è una sola [a]: ciò dà luogo ad un sistema eptavocalico inscrivibile in un triangolo20:

21 fig. 4.4

20 CONTINI ( 1959: 263).

21 http://www.istc.cnr.it/mostralis/index.html

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2.1 Descrizione scientifica dei foni.

E’ necessario essere in grado di “percepire”sufficientemente quel suono, fino a ricondurlo a un “fono” ben preciso, che lo possa rappresentare adeguatamente.Subito dopo, bisogna esser in grado di” riprodurre quel suono, tramite il fono adeguato, soprattutto grazie all'imitazione, anche immediata, cioè subito dopo averlo sentito In terzo luogo, è indispensabile riuscire a produrre quel fono, sulla base della cinestesia (o consapevolezza dei movimenti articolatòri e fonatòri necessari), anche in assenza dello stimolo uditivo immediato; guidandosi, però, con la memoria uditiva: particolare di quel suono d'una lingua precisa, o generale, determinata dal confronto coi foni simili, sulla base Infatti, il quarto punto fondamentale è definitivo è proprio quello, come si dice, di riuscire a “simboleggiare “quel fono particolare, trovando il simbolo piu adatto, fra qualche centinaio (non solo qualche decina) d'elementi. Se poi, a ragion veduta, nessuno dei simboli disponibili è in grado di rappresentare degnamente un fono particolare, bisogna riuscire a identificarne la posizione, rispetto a tutti gli altri noti, in modo da capire se davvero costituisce un altro fono, per il quale servirà un simbolo adeguato, da escogitare secondo i criteri generali della necessità, della distinguibilità e della disponibilità consultando il Maf22.L'acustica poi non è in grado di distinguere l'importanza d'ogni singola caratteristica; perciò, finisce col porre sullo stesso livello ciò che è essenziale (: fondamentale e tipico), oppure complementare (: ugualmente abbastanza importante) e ciò che, invece, è accidentale (: di puro disturbo,

22 Cf . Maf. = Manuale aggiornato di fonetica CANEPARI (2005:23).27

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nel senso d'un banale appiattimento o, al contrario, d'un' eccessiva differenziazione acritica).dell' esperienza d'ascolto e produzione di foni di molte lingue. La competenza fonologica dei nativi si basa soprattutto sull’essenziale: competenza fonotonetica dell’analista utilizza anche il complementare; la competenza strumentale non distingue l'accidentale dagli altri due (e, troppo spesso, confonde soltanto). Un altro grande vantaggio dell'impiego oculato d'un considerevole numero d'accurati simboli segmentali (afoni e fonemi) e soprasegmentali (prosodici: durata, accento, intonazione e ton[ed]i) consiste nel fatto che, in questo modo, si forniscono già molte importanti informazioni su ciò che un tempo si definiva « base/impostazione articolatola». A guardar bene, usando simboli precisi, si forniscono tutte le fondamentali informazioni fono-tono-articolatorie, che -già da sole- portano (e spontaneamente) al confronto coi sistemi fonici d'altri idiomi, se trascritti altrettanto fedelmente. Infatti, emergono subito tutte le differenze, anche intonative, che non sarebbe possibile includere utilizzando altri metodi, piu teorici e molto piu approssimativi: è indispensabile riuscire a farla davvero, secondo il metodo della fonetica naturale, semplicemente, metodo fonetico. Infatti, non basta percepire, bisogna recepire; non ci si deve accontentare di scorrere superficialmente, si deve osservare ed esaminare attentamente: non è affatto sufficiente sentire e vedere, è necessario ascoltare e guardare (ovviamente, le trascrizioni e gli svariati diagrammi: vista, udito e anestesia sono impre-scindibili) . Secondo quest'impostazione globale, ogni sistema fonico è un organismo a sé; completo e autonomo. Ha i suoi fonemi, con tutti i tassofoni, e ha i prosodemi, con le realizzazioni particolari (per durata, accento, toni e intonazione). Per fare un semplice esempio, un elemento vocalico d'un idioma, per quanto simile a quello d'un altro idioma, dev' essere in relazione solo con gli altri elementi vocalici (ma anche consonan-tici e prosodici) del proprio sistema fonico, nel proprio spazio fonemico . Ogni sistema fonico è un organismo a sé; completo e autonomo, ha i suoi fonemi, con tutti i tassofoni, e ha i prosodemi, con le realizzazioni particolari (per durata, accento, toni e intonazione). Un elemento vocalico d'un idioma, per quanto simile a quello d'un altro idioma, dev' essere in relazione solo

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con gli altri elementi vocalici (ma anche consonantici e prosodici) del proprio sistema fonico, nel proprio spazio fonetico. Per codificare e decodificare si deve fare sempre riferimento costante solo a ciò che fa parte del sistema specifico della lingua che si vuole usare. Tras-leggere va indica «lèggere una trascrizione in modo adeguato», ricorrendo ai veri foni (e toni e intonazione) che appartengono alla lingua trascritta. Non significa, al contrario, «leggere una trascrizione alla buona», semplicemente coi foni del proprio accento personale. Altrimenti, il risultato è un ibrido incredibile e improponibile che cerchiamo d'esemplificare, qui, ricorrendo ad espedienti tipografici, che potranno suggerire l'effetto che ci proponiamo, per mostrare le «stonature», che fanno restare ben lontani dallo scopo -utile e divertente- del metodo fonetico. La coesione è fondamentale all'interno d'un sistema unitario e omogeneo perciò se utilizziamo i foni e gli elementi prosodici di una lingua diversa dalla propria lingua materna bisogna rispettare i foni della lingua che utilizziamo. Gli elementi d'una lingua non sono mai esattamente come quelli dell’altra; almeno, per i rapporti diversi che intercorrono con gli altri elementi della stessa lingua. La vocale [i] della lingua italiana è simile alla Vocale [i] della lingua spagnola e portoghese (brasiliano o lusitano), o del francese; però, la vocale [i] dello 'oppone solo ad altri quattro fonemi vocalici [e, a, o, u, ] quello brasiliano s'oppone ad altri sei [e, , a, ɔ,o,u]. Anche un sistema che sembra simile ad un altro sono delle differenze di foni. Ogni lingua ha un sistema fono-tonetico d’una zona o di un gruppo sociale localizzabile . Pertanto se si vuole indagare sulla fonetica di una lingua, si deve analizzare e indagare prima bene sulla lingua materna per fare dei confronti necessari in modo oggettivo e sistematico. La fonetica articolatoria studia i suoni di una lingua sotto l'aspetto della loro produzione attraverso l'apparato fonatorio, descrive quali organi intervengano nella produzione dei suoni, in quale posizione s'incontrino e come queste posizioni interferiscano con il percorso dell'aria in uscita dai polmoni attraverso la bocca, il naso o la gola per produrre suoni differenti e non si occupa di tutte le attività che intervengono nella produzione di un suono, ma seleziona solamente quelle che attengono al luogo di articolazione. I simboli fonetici sono solo abbreviazioni della descrizione

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articolatoria di un suono, nonché una sua approssimazione in determinate classi detti foni, dal momento che nessuno è in grado di riprodurre due volte lo stesso identico suono. I simboli più utilizzati sono quelli dell'AFI, l'Associazione fonetica internazionale, conosciuta anche come IPA.Gli organi che intervengono nel processo di fonazione, possono essere mobili o fissi. Sono organi mobili le labbra, la mandibola, la lingua e le pliche vocali ("corde vocali"), chiamati anche gli organi articolatòri o semplicemente gli articolatóri. Variando la posizione di questi, il parlante modifica il flusso dell'aria polmonare. Sono invece organi fissi i denti, la radice dei denti, il palato duro e il palato molle (velo palatino). I suoni si producono quando si portano in contatto due articolatóri, per esempio il (fono) bilabiale [p], che si produce col contatto di entrambe le labbra; così quando si pongono in contatto due organi articolatòri il suono che si ottiene si nomina con gli organi che si avvicinano o si congiungono in un punto d'articolazione particolare: per esempio [f] si definisce fono labiodentale, perché il labbro inferiore entra in contatto con gli incisivi superiori. L'organo mobile è la lingua e non si fa in genere riferimento ad essa (tranne in casi particolari, come per i rari foni linguolabiali) per denominare il fono, così [t], che si produce, quando la punta della lingua tocca la parte posteriore (in inglese piuttosto la radice, gli "alveoli") degli incisivi superiori si chiama semplicemnete dentale (alveolare in inglese).Il modo d'articolazione si determina per la disposizione degli articolatóri mobili nella cavità buccale e come impediscono o restringono il passaggio dell'aria. Questa azione può consistere nell'interruzione istantanea e completa del passaggio dell'aria, con i foni cosiddetti occlusivi che sono di tipo momentaneo. Nei foni cosiddetti nasali ugualmente si ha interruzione completa del flusso dell'aria nella bocca, ma è aperta il passo nasale per fare uscire il flusso nella cavità nasale ottenendo così un fono continuo Nei foni cosiddetti laterali la lingua si accosta solo alla parte centrale della cavità buccale lasciando passare l'aria dalle parti o anche da una parte sola (foni unilaterali). Nei foni vibranti la lingua vibra ripetutamente (almeno più di tre volte) creando una serie di brevissime occlusioni. Nei foni vibrati il meccanismo è intermedio tra quello occlusivo e quello vibrante: consiste di una rapidissima singola occlusione, di articolazione assai più instabile che negli occlusivi veri e propri. Nei foni costrittivi gli articolatóri non chiudono

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il passaggio ma provocano un restringimento per l'aria che produce una caratteristica frizione (e si chiamano per questo anche fricativi benché il termine non sia articolatorio ma piuttosto acustico). Se il passaggio è più largo, la frizione non si produce e il fono si dice approssimante il passaggio dell'aria è continuo ma in qualche modo alterato e reso instabile dalla posizione degli articolatóri. Tutti questi modi di articolazione si chiamano contoidi. Nei vocoidi invece, il passaggio dell'aria è completo, continuo, stabile e senza nessun restringimento.Ci sono alcune articolazioni particolari. I contoidi cosiddetti semiocclusivi (acusticamente affricati) hanno due fasi strettamente legate l'una all'altra: una fase occlusiva e una costrittiva. Entrambe sono omorganiche, cioè devono avere lo stesso punto d'articolazione; inoltre l'occlusione rimane in qualche modo presente anche nella fase di rilascio costrittiva: per questi sono stati definiti anche: foni occlusivi con rilascio udibile costrittivo. Questa è anche la ragione per cui scriverli con due simboli è errata: si deve usare il monogramma (presente nelle estensioni fonetiche d’Unicode anche se non previsto ufficialmente nelle ultime revisioni dell'IPA) . Esistono altre notazioni non ufficiali IPA: per esempio, il simbolo dell'occlusiva con un circonflesso sopra come in esperanto, oppure l'uso di caratteri usati nelle lingue slave o baltiche che utilizzano l'alfabeto latino c per [t-\s], č per [t-\S]. Esistono poi particolari "conoidi sillabici" (intensi e generalmente allungati) che possono costituire apice sillabico e al contrario ovoidi asillabici (più brevi e meno forti di quelli comuni) che possono solo essere elementi (asillabici) di un dittongo. I vocoidi si distinguono per la varie posizone della lingua: in particolare il punto mediano del dorso è spesso preso come punto di riferimento. A seconda dell'altezza (la posizione rispetto al palato) e dell'(anteriorità-)posteriorità (la posizione rispetto al palato anteriore e al velo palatino) si distinguono vocoidi alti, medi e bassi secondo l'asse verticale (sono necessari spesso gradi intermedi, come medio-bassi, medio -alti e simili) e anteriori (o palatali), centrali e posteriori (o velari) sull'asse orizzontale (anche qui spesso sono necessari gradi intermedi come antero-centrali e postero-centrali secondo il grado di precisone richesto). A seconda della presenza o meno dell'arrotondamento labiale poi si distinguono vocoidi arrotondati (procheili) e non-arrotondati (aprocheili). I vocoidi più frequenti nelle varie lingue sono [a], [i] e [u], che rappresentano

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anche il massimo degli spostamenti del punto media del dorso della lingua sulle due assi (orizzonatale e verticale). In particolare [a] è di gran lunga il fono più frequente ed è presente nella maggior parte delle lingue del mondo. Gli orogrammi hanno dei segni convenzionali, che aiutano a comprenderli (e a distinguerli fra loro). Perciò, è importante conoscerli be-ne, per utilizzare -al meglio- il ricco apparato iconografico. Negli orogrammi vocalici è importantissimo osservare attentamente dov' è collocato il segnale che indica il centro del dorso della lingua. Ancora pin importante è osservare la posizione precisa nel vocogramma bianco (o trasparente) in miniatura, al centro della cavità buccale (rispetto alle posizioni pin precise raggiungibili nei vocogrammi normali, pin grandi) e la forma assunta da tutto il dorsa, al fine di confrontare i vari orogrammi vocalici fra di loro (o una parte di loro, come -per esempio- quelli riguardanti una data lingua).Ugualmente importanti, perché connesse fra loro, sono pure l'osservazione della posizione delle labbra (soprattutto per i vocoidi arrotondati) e dell'apertura mandibolare, che è ricavabile dallo spazio visibile fra gl'incisivi superiori e inferiori.Tutto questo deve portare alla vera conoscenza delle articolazioni vocoidali e dei vari movimenti che contribuiscono a determinarle, alfine di possedere una panoramica attiva - e non semplicemente passiva. L’attivismo mestico passivo non produce buone conoscenze .Una giusta analisi e descrizione dei vocoidi d'una data lingua avviene tramite i vocogrammi veri e propri, che riescono a mostrare le sfumature in modo molto accurato e pertanto consideriamo ciò che si può «trovare» nei vocogrammi, che vanno osservati con molta calma, analizzandoli e scrutandoli, in tutte le loro graduazioni, se vogliamo ben avvicinarci allo studio di una lingua. Essa si manifesta per vocoidi, tonalità,e contoidi23 e anche un infinitesimale differisce sul tonogramma e orogramma. Gli orogrammi, che sono fondamentali per le consonanti, abbiamo alcune convenzioni, piu o meno intuibili. Per esempio, per i nasali, è sufficiente che il velo sia abbassato, ma anche nel caso d'articolazioni nasalizzate, come i vocoidi o contoid24i . C'è anche la prenasalizzazione e l'esplosione nasale .

23 DE MAURO (1999: 236).24 DE MAURO (1999: 153 ss ).

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Gli occlusivi, il velo è sollevato e, come pure per i nasali, c'è un contatto tra due (o piu) articolatori.Gli orogrammi dei costrittivi esibiscono un avvicinamento consistente tra due (o piu) articolatori , oltre a un'utile convenzione (anche se meno oggetti-va, o meno palese), che consiste in una riga nera orizzontale, subito sopra la base degli orogrammi, che allude, in qualche modo, alla costrittività (in questo caso, al rumore di frizione prodotta dall' aria, nel punto di massimo restringimento). Se la riga non è continua, ma divisa in tre segmenti (come per [j), abbiamo un conto ide semi-costrittivo (intermedio fra costrittivo e approssimante). I costrittivi solcati, c'è anche un tratto curvo posto sulla corona della lingua, che vuole ricordare, appunto, il solco longitudinale, tipico di questi contoidi. Nel caso dei semi-costrittivi, anche il tratto del solco è segmentato. Ovviamente, queste indicazioni appaiono anche negli orogrammi degli occlu-costrittivi.

2.2 Descrizione scientifica dei orogrammi

Per descrivere la struttura fonetica del suono parte dalla osservazione e descrizione scentifica degli organigrammi vocalici L’osservazione costituisce il primo momento di analisi perché esplora l’iter di produzione del suono. Legenda

Posizione del segnale = che indica il centro del dorso della lingua e ancora osservare la posizione precisa del vocogramma bianco, situato al centro della cavità buccale e la forma assunta da tutto il dorsoal fine di confrontare i vari orogrammi vocalici.

Osservazione della posizione delle labra= per i vocoidi arrotondati; Apertura mandibolare;

I vocogrammi sono divisi in 30 caselle, dove si collocano i segnali adeguati, a seconda della forma data alle labbra. Quindi, i segnali rotondi indicano labbra arrotondate (come per [u, o, ɔ]), e quelli quadrati, labbra

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neutre (o stese, comunque,non-arrotondate, come per[i, e, ɛ, a]) , anche se vero che orogrammi vocalici (con vocogrammi piccoli), i segnali sono rotondi o quadrati, in corrispondenza alle labbra, ma si vedono decisamente meglio quelli dei vocogrammi (grandi), dove è fondamentale usarlì adeguatamente.C sono anche vocoidi che possono ricorrere accentati o non-accentati; per questi, i segnali sono nero-bianchi, cioè neri col centro bianco, come avvie-ne in italiano per [i, e, a, o, u]: lidi, rete, casa, solo, cultu(ra) ['li:di,’re:te,'ka: za,’so:lo kul'tu:(ra)].

Segnali diversi per vocoidi:

25 fig. 4.5

Possiamo incontrare quadrotati o(quadrati e rotati di 45° ), per indicare posizioni labiali semi-arrotondate, intermedie .

25Le Tabelle sono state tratte da: CANEPARI (2005: 26).

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E’ utile , oltre che la forma dei segnali la colorazione: bianca indica vocoidi non-accentati come in [o] : grido, poche [gri:do; poi:ke]; la colorazione nera indica vocoidi sempre accentati: no [‘n ɔ].

Segnali per varianti:

fig.4.6

La colorazione può essere di colore grigio, per indicare varianti ( contestuali come i tassofoni o per accenti regionali come i geofoni o di gradazioni sociali, piu o meno marcate sociofoni27I tassofoni nella lingua italiana rientrano nei nove suoni [i, e, E,ɛ,ɔ, , o, u], che realizzano i sette fonemi vocalici (/ i,e ,ɛ,a, ɔ, u/). A volte, può esser necessario escogitare qualche differenza iconica, o cromatica, per poter indicare alcune realizzazioni tipiche (senza dover aggiungere vocogrammi supplementari), in dipendenza. dalla. posizione- nella. parola. rispetto- ai confini, o alll'accento, o alla struttura sillabica, o alla minore frequenza d'uso, o alla semplice possibilità di ricorrere, che saranno chiare, osservando i contesti indicati (attorno al vocogramma), o spiegate verbalmente (nel testo). La soluzione pi frequente è impiego di bordi tratteggiati, soprattutto per «vocoidi bianchi» (: non-accentati).

26 Le Tabelle sono state tratte da: CANEPARI (2005:27).

27 Le Tabelle sono state tratte da: CANEPARI 82005:27).

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I dittonghi (ovviamente formati da due vocoidi tautosillabici [cioè: nella stessa sillaba], che si mostrano tramite il segnale adeguato per il punto di partenza, che viene fatto proseguire, fino alla posizione esatta del secondo- elemento del dittongo, con una linea nera continua. Se il punto d'arrivo è un vocoide non-arrotondato, è sufficiente la linea; se, invece, è un vocoide arrotondato, s'aggiunge, alla fine, un pallino piccolo. Se il punto d'arrivo d'un dittongo è semi-arrotondato il" segnale piccolo da usare è «quadrotato» , come lo sarebbe pure l'eventuale segnale grande del primo elemento, con analoga posizione labiale.D'altra parte, attorno al vocogramma, si collocano le trascrizioni fonemiche e fonetiche, che completano le informazioni:

Dittonghi accentati :

141fig 4.7

I dittonghi possono essere estesi, quando hanno una linea abbastanza lunga, oppure ristretti, quando la linea è piuttosto corta. Oltre a questi dittonghi di-timbrici, con vocoidi diversi all'inizio e alla fine, ce ne possono essere di monotimbrici, col secondo elemento uguale a quello iniziale, ma collocato in un punto diverso della rispettiva casella.Questi ultimi sono senz' altro parecchio ristretti e, spesso, la linea è brevissima, tanto. che, soprattutto nel caso di dittonghi montimbrici, che corrispondano-quasi a dei fonemi vocalici lunghi, la linea tratteggiata si può, benissimo, ridurre a un breve segmento, o al semplice pallino, se il secondo elemento è arrotondato.

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La geminazione vocalica, o sdoppiamento vocoidale, si ha quando si tratti di vocoidi non sono brevi, ma nemmeno di dittonghi monotimbrici (come risulta dai vocogrammi); comunque, è lo stesso vocoide ripetuto, nella fonosillaba, ma senza il benché minimo spostamento all'interno della casella del vocogramma: [aa].Quando un dittongo ha il primo elemento uguale a quello d'un monottongo, presente nello stesso vocogramma, s'indicano simultaneamente il monottongo e il dittongo, grazie all'impiego d'una linea tratteggiata, invece che continua (che indicherebbe semplicemente un dittongo). Eventuali varianti di dittonghi, inoltre, sono indicate con un segnale grigio e con la linea continua (oppure, se si tratta d'una variante non-accentata, il segnale sarà bianco con il bordo nero tratteggiato, come la linea):

Monottonghi e dittonghi con eguali punti di partenza:

I dittonghi, si possono classificare di tre tipi: d’apertura (quando il secondo elemento è più basso) , di chiusura (col secondo elemento piu alto), e di centratura (quando si passa a [ə], o a [ɜ]). Nella figura suindicata i dittonghi con la linea atre segmenti , presenti nel primo e terzo vocogramma,[ aɜ] o

fig.4.9

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nel secondo e terzo, [ŀə], possono esser considerati di chiusura/apertura, oppure di centratura, a seconda dell'interpretazione fonologica anche anche se lo stesso idioma presenta, o no, dittonghi simili in altre posizioni del vocogramma.

Dittonghi -di chiusura, -d'apertura e-di -centratura.

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fig. 4.10

Costrittivi non-solcati e solcati

Per gli approssimanti, c'è -visibilmente- piu spazio fra gli articolatori e manca la riga orizzontale (dei costrittivi); ci può, però, essere una freccia nera, leggermente piu piccola di quella dei laterali, per indicare la contrazione laterale, o lateralizzazione aggiuntiva, che accompagna e caratterizza alcuni degli approssimanti . I semi-approssimanti hanno una riga orizzontale punteggiata28 Le Tabelle sono state tratte da: CANEPARI (2005: 29).

fig. 4.11

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I contoidi vibranti, vibrati e vibratili sono caratterizzati da un pallino scuro posto sull'articolatore mobile (apice, uvula, labbro). Inoltre, per i vibranti, s'aggiunge una parte tratteggiata, e, per i vibratili, due Per i fibra(n)ti costrittivi, c'è anche la tipica riga orizzontale nera vicino alla base.

fig.4.12

I laterali si riconoscono dalla freccia sulla parte della lingua che costituisce il punto d'articolazione fondamentale. Se la freccia è nera, si tratta di contoidi bilaterali; se èbianca, d'unilaterali. Se questi ultimi sono anche costrittivi, c'è pure la riga orizzontale nera. Se, invece, sono laterale vibrato e laterale o vibrizzato.

Bilaterali e Unilaterali

29

fig. 4.13

Gli orogrammi degli occlu-costrittivi presentano una piccola parte nera, che rappresenta il momento occlusivo di questi contoidi è omorganico al punto d'articolazione del momento costrittivo, che lo segue immediatamente, 29 Le Tabelle sono state tratte da: http: //venus.unive.it/.

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formando la seconda parte di questi foni unitari, anche se composti (con durata globale corrispondente a quella d'altri contoidi, occlusivi o costrittivi, non a quella di sequenze di due foni).Ovviamente, hanno anche la riga nera vicino alla base della figura. Inoltre, gli occlu-costrittivi solcati, presentano pure il tratto curvo (per il solco). Gli occlu-costrittivi vibra(n)ti, in piu, hanno il pallino scuro, oltre al tratteggio bianco per i vibranti. Se si tratta d'occlu-costrittivi laterali, il momento occlusivo è mostrato da una specie d' ovoide nero, con una freccia bianca sovrapposta, che indica la contrazione laterale per il passaggio unilaterale, in quello stesso punto.Per gli oro grammi dei contoidi non-pneumonici, dobbiamo fare alcune osservazioni, cominciando da quelli deiettivi, che -indipendentemente dalle caratteristiche occlusive o occlu-costrittive- presentano, come spiegato ai , il tipico spostamento del dorso verso l'indietro, indicato dalla freccia nera che va verso destra.Per gli eiettivi e gl'iniettivi , gli orogrammi sono necessariamente piu grandi, giacché è fondamentale mostrare lo spostamento della laringe, indicato dalle frecce (quasi) verticali: verso l'alto per gli eiettivi e verso il basso per gl' iniettivi.La parte della laringe si dovrebbe mostrare anche per gli orogrammi che volessero indicare pure la differenza fra contoidi non-sonori e sonori, come, per esempio, per [k, g], per cui si dovrebbe ricorrere alla , con due orogrammi separati e piu grandi, per far vedere che, per [k], la glottide è aperta e non vibra, mentre, per [g], è chiusa, non saldamente, e vibra, producendo la «voce» che distingue [g] da [k].Un compromesso, per risparmiare spazio, potrebbe essere quello d'impiegare due degli oro grammi limitati (ma piu che sufficienti) e di mostrare, non proprio la glottide, ma una specie di vibrazione dell' onda sonora, ponendo una linea ondulata, là dove comincerebbero a farsi notare l'aria e la «voce», come nella parte bassa dell'ultimo orogramma .Ma, generalmente, basta mostrare i normali orogrammi, senza distinzione per la sonorità, che viene giustamente affidata ai simboli, purché siano rigorosi. Se proprio si dovesse insistere particolarmente, per qualche lingua specifica, soprattutto

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30 fig. 4.14

I palatogrammi , la parte grigia indica il contatto durante l'articolazione di .determinati contoidi; il ricorso ai palato grammi è possibile anche per la verifica dei vocoidi, in particolare non-posteriori; ma, descrittivamente e didatticamente, i vocogrammi e gli oro grammi sono molto più utili. L'eventuali parti piu scure indicano il punto di contatto completo (della fase occlusiva dei contoidi occlu-costrittivi), mentre, ovviamente, quelle grigie si riferiscono alla fase (omorganica) costrittiva, che è quella caratterizzante. Se si confrontano i palatogrammi dei costrittivi e quelli degli occlu-costrittivi corrispondenti, questa peculiarità è subito chiara.I dorsogrammi presentano un' altra prospettiva, non piu longitudinale, ma trasversale, e servono soprattutto per mostrare la differenza fra lingua piatta (posizione non-marcata, giacché richiede un minor numero di trattifonici) e lingua solcata oppure contratta lateralmente (o lateralizzata), che costituiscono le due posizioni marcate, rispetto all'altra.I labiogrammi di profilo (come nelle , l'eventuali frecce indicano la direzione dei movimenti tipici, attivati da determinati muscoli facciali. I labiogrammifrontali quelle appena indicate) si spiegano da soli, anche per quanto riguarda lo spazio verticale, progressivamente maggiore, in dipendenza dall' apertura mascellare.Inoltre, mette in rilievo la differenza fondamentale che c'è tra vibranti, vibrati e vibratili, per quanto riguarda il tipo e il numero di contatti.Altri diagrammi utili sono i laringogrammi , che sarà bene analizzare con attenzione. Ovviamente, si tratta di laringogrammi ottici (e fissi in un 30Le Tabelle sono state tratte da: http://venus.unive.it/

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particolare istante, oltre che schematici), come si possono vedere con un laringoscopio, o specchietto da otorino(laringoiatra); non dei laringogrammi acustici, che misurano le vibrazioni delle pliche vocali, cioè un compromesso d'oscillazione fra [r, f, l, 1], rispettivamente vibrato, vibrato laterale (o lateralizzato), laterale vibrato (o vibratizzato) e laterale (senza il prevalere effettivo d'uno di loro, nella pratica abituale.

I tonogrammi, che sono divisi in tre fasce sovrapposte (di tonalità alta, media e bassa [non assoluta, ma relativa alla voce d'ogni singolo parlante]). Sia nelle protonie che nelle tonie , come pure per i toni, le linee, collocate ad altezze (e con direzioni) diverse, indicano fono-sillabe accentate, mentre i punti indicano fono-sillabe non-accentate; linee intermedie, come grandezza, ovviamente, indicano fono-sillabe semi-accentate (con accento secondario, ma con la tonalità indicata dalla collocazione nel tonogramma).Nelle trascrizioni fonotonetiche, gli accenti secondari sono indicati da due puntini vicini (e piu piccoli del punto isolato), con direzioni diverse, secondo le necessità tonetiche; l'accento secondario di tonalità media, per esigenze di perspicuità(per non confonderlo con un trattino di separazione sillabica) è segnato con [,$]. In fondo, anche l'accento primario, per gli stessi motivi, è segnato ['$]. Fonosillabe «senz'accento» (o meglio con accento debole, cioè pia debole del secondario) non hanno nessun segno; mentre, nelle lingue tonali, le fonosillabe con tono medio e con accento debole sono precedute da un punto ad altezza media.

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2.1 Teorie grammaticali a confronto

Saranno le teorie dei padri della linguistica moderna a convincerci come la linguistica può essere uno strumento utile per il sordo. Secondo Chomsky limitare il campo di indagine a un corpus determinato di prodotti linguistici non permette di rendere conto di una delle caratteristiche più importanti del linguaggio umano: la creatività, intesa come la capacità del parlante di produrre e capire un numero potenzialmente infinito di frasi. Questa capacità fa parte del sapere linguistico dei parlanti definito da Chomsky con

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il termine di competence: la competenza è appunto il sistema interiorizzato di regole grazie al quale l’individuo è in grado di costruire e comprendere frasi nuove, di interpretare una frase ambigua e di operare trasformazioni. Tali complessi meccanismi non possono essere solo il risultato di stimoli prodotti dall’ambiente e il frutto di acquisizione della lingua, insomma non sono solo una risultante dell’ambiente, ma eplicitazioni di apprendimenti innati. Se il bambino apprende la lingua produce e manipola le frasi esplicitando contenuti nuovi in età prescolare, dobbiamo supporre che possiede già abilità in potenza innate e principi universali che determinano la struttura del linguaggio; questi principi universali comuni a tutte la lingue costituiscono gli”universali linguistici”. E’ ipotizzabile che questi principi governino anche le strutture superficiali mimico-gestuali del linguaggio dei segni, il quale, dopo una prima fase di apprendimento quale L2, diventa, con ogni probabilità un medium naturale e non di “trasferimento” tra lingua naturale mentale (non udita) e sistema concreto di segnatura. Nella teoria di Chomsky la grammatica deve essere un modello della competenza del parlante e non della sua esecuzione, vale a dire tutti i processi mentali che gli consentono di generare un numero illimitato di frasi. La grammatica generativa o sintagmatica deve essere in grado di predire tutte le possibili frasi di una lingua, assegnando a ciascuna di esse una descrizione strutturale che chiarifichi i rapporti relazionali esistenti nella frase. La grammatica genererà tutte le strutture sintattiche ben formate della lingua, mentre escluderà quelle mal formate. Questo criterio viene definito”tutte e solo”(cioè la produzione di nuove frasi grammaticali).31

La grammatica sintagmatica è costituita da simboli descrittori delle categorie linguistiche che interagiscono e formano dei costrutti cognitivi finiti. I piu’ comuni, impiegati per la descrizione della frase semplice, sono:

31 YULE: (1997-118).44

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F= FRASE SN = sintagma nominale SV = sintagma verbale N= NOME V= VERBO ART= ARTICOLO

AGG = AGGETTIVOSAvv = sintagma avverbiale

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F= FRASESN SV

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La struttura delle frasi si fonda sulla sequenza lineare dei costituenti e la stessa sequenza è dimostrabile, organizzata gerarchicamente con la suddivisione dei costituenti etichettati in un “diagramma ad albero”. Tale grafico può considerarsi statico perché rappresenta staticamente la struttura della frase e nel contempo anche dinamica perché può produrre un numero infinito di frasi. Queste regole sono chiamate a “struttura sintagmatica”32

Nell’approccio chomskyano, la struttura di base è determinata dalla scomposizione di ogni possibile frase in due gruppi: il sintagma nominale, che ha la funzione del soggetto, e il sintagma verbale, che rappresenta il predicato.

F

SN SV

32 YULE: (1997)46

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F SN SV

La caratteristica fondamentale della struttura sintagmatica è costituita dal fatto che riproducono frasi con ordine delle parole e dei costituenti fissi . La realizzazione di concreti discorsi è data dall’intervento di regole di trasformazione, che governano lo spostamento, la sostituzione, la cancellazione e l’inserimento di materiale linguistico. Ecco degli esempi di frase analizzati con i diagrammi ad albero:

Carlo aiuto Gino ieri

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F

SN SV

V SAVV

F

Ieri Gina aiutò Franca

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SN SV

SAvv V SN

2.3 Sistemi, norme e processi

Tutte le lingue sono sottoposte a paradigmi di significazione, definiti dalla semiotica diagrammi motivati di un contesto istituzionale, e realizzano la loro istanza linguistica nella dimensione della norma, che è scaturita dai modelli a cui i sintagmi si conformano e dai quali risultano semanticamente condizionati.Secondo Saussurre nella dicotonomia langue-parole si separa il “collettivo dall’individuale” cioè la lingua dalla parola. Pertanto la lingua è un tesoro depositato dalla pratica della parola nei soggetti appartenenti alla stessa comunità. Un sistema grammaticale esiste virtualmente in ciascun cervello o

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in un insieme di individui, perché la lingua non è completa nel singolo, ma nella massa.La lingua appartiene al parlante e la disambiguazione della frase, può avvenire solo in un contesto frastico. La sintassi, studio delle frasi, si situa, come viene da pensare con Saussurre, tra la lingua come sistema mentale disseminato tra i parlanti (langue) e il circuito comunicativo messo in atto dalle concrete esecuzioni dei parlanti 33.

Per descrivere la lingua e in particolare la sintassi dal punto di vista lessico-grammaticale è necessario effettuare le seguenti operazioni:individuare il verbo nella frase;individuare i tipi di frase (a verbo ordinario; a verbo supporto; le idiomatiche);enucleare le manipolazioni di trasformazioni e di sostituzione;descrivere le possibili combinazioni dei verbi (sperimentando le concrete possibilità testuali).Lo studio della distribuzione lessicale implica l'individuazione e la classificazione delle forme di frasi possibili in italiano, cioè una tassonomia che, in qualche modo, porta ad un’analisi esplorativa concreta di un discorso. Tale indagine tassonomica, nell'ambito degli studi sintattici, del lessico di una lingua nella sua totalità ha come conseguenze:la constatazione e l'illustrazione di fenomeni e problemi nuovi;la rilevazione obiettiva delle dimensioni di un dato fenomeno;la individuazione della base sperimentale da utilizzare a sostegno della formulazione di leggi di carattere generale.

Quando si cerca di procedere ad una tassonomia delle forme di frasi possibili in italiano, integrata, come s'è detto, dalla considerazione della loro distribuzione nel lessico e si proietta, quindi, l'insieme di tali forme di frase sull'intero lessico verbale dell'italiano, si è portati alla constatazione diretta del fatto che è possibile identificare tre diverse componenti della sintassi dell'italiano corrispondenti, grosso modo, a tre tipi differenti di relazioni esistenti tra i verbi e le restanti componenti della frase.

33 VIETRI (2004-XII)50

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Un primo tipo, caratterizzato dalla cooccorrenza di verbi e di forme nominali e sul quale operano le normali regole di selezione e di cooccorrenza (frasi libere). Un secondo tipo, caratterizzato dalla cooccorrenza di una classe particolare di verbi operatori, i verbi supporto (V sup), semanticamente 'vuoti' che fungono da ausiliari del nome e dell'aggettivo, e di particolari forme nominali, V-n, ed aggettivali, V-a, (frasi a verbo supporto). Un terzo tipo, caratterizzato in primo luogo da quello che è stato tradizionalmente definito un « rapporto anomalo » tra verbi e forme nominali, un rapporto di tipo 'idiomatico' tale che il significato della frase non è ricavabile da un calcolo semplice dei predicati (frasi idiomatiche) .

Capitolo terzo

LA FRASE SEMPLICE

Dalle frasi libere alle frasi fisse

Le frasi libere sono quelle unità che hanno possibilità ampia di commutazione all’interno del contesto frastico nelle strutture di base. Si è proceduto, quindi, ad una classificazione sintattica dei verbi italiani e le prime indicazioni che ne sono risultate sono state: a) Ia maggioranza delle

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strutture di base è rappresentata da strutture che presentano al massimo tre argomenti elementari;b) si nota una preponderanza massiccia di complementi diretti e, in misura minore, di complementi preposizionali distribuiti essenzialmente secondo la presenza delle preposizioni Loc = : (a + in + su + da + ecc.), a, di, da, Sim = : (con + a + da); c) le completive, che sono state analizzate in correlazione con le proprietà nominali che le caratterizzano, sono state inserite all'interno delle strutture di frase semplice come argomenti non elementari (operatori in funzione di argomento). Per individuare la frase semplice dobbiamo eliminare man mano i vari complementi fino ad ottenere la più piccola sequenza di elementi dotata di significato. Pertanto definiremo “ frase semplice” la più piccola sequenza di elementi dotata di significato e sintatticamente ben formata. All'interno della frase semplice dobbiamo però distinguere tre tipi di frase: le frasi a verbo ordinario, le frasi a verbo supporto e le frasi a verbo composto. Le frasi a verbo ordinario sono quelle in cui il verbo impiegato ha un significato "lessicale" o "pieno" e sono denominati a “0” valenze.

Nella lingua italiana, come in molte altre lingue, esiste una classe particolare di operatori verbali che intrattengono relazioni semantiche e sintattiche notevolmente diverse da quelle dei verbi semplici. possiamo osservare che FARE, AVERE e ESSERE non hanno un particolare significato lessicale (per es., del tipo « fabbricare », « possedere », « esistere » ecc.Osserveremo che all'interno della relazione di sinonimia sono individuabili differenze minime di significato che, tuttavia, si presentano sistema-ticamente.Esistono, però, casi di Vsup in relazione con sintagmi nominali o aggettivali privi di rapporti morfofonologici con altri verbi.L'analisi in Vsup permette di rendere conto sistematicamente di gran parte dei nomi, degli aggettivi e degli avverbi come forme prossime ad un operatore verbale. I verbi supporto non vanno considerati alla stessa stregua delle costruzioni cosiddette idiomatiche, in quanto entrano in strutture con classi produttive di forme nominali ed aggettivali, cioè con elementi dotati di un'alta possibilità di commutazione, mentre, al contrario,

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le frasi idiomatiche, per definizione, implicano l'invariabilità o, comunque, un bassissimo grado di possibilità di commutazione delle forme nominali o aggettivali. Ovviamente, intere frasi con verbo supporto possono essere considerate idiomatiche, anche se presuppongono un attento lavoro di analisi per distinguerle delle normali frasi a verbo supporto. Possiamo concludere affermando che lo studio delle strutture di frase semplice ha implicato innanzittutto una classificazione lessico-grammaticale dei verbi, nel senso che le strutture sono state analizzate a partire dalle concrete possibilità di combinazione dei verbi con forme nominali. E’ evidente che, dato un verbo, la struttura di frase semplice, (definizionale di classe) di esso non è accessibile <<direttamente>> all'osservazione: sono state necessarie prove sperimentali per esplicitarla, il che conferma un'ipotesi classica dell'esistenza di una competenza esclusivamente <<implicita>> nel parlante.Una struttura di base non è un indicatore sintagmatico della <<Base>> è la descrizione astratta del numero e della forma dei complementi pertinenti per ogni verbo della lingua, e come tale è la base a partire dalla quale è possibile procedere ad un'analisi più profonda sia delle proprietà lessico-sintattiche di ogni verbo, sia delle strutture sintattiche della frase e del discorso.Un lavoro di approfondimento e di decomposizione lessico-sintattica, deI tipo presentato qui rapidamente, si applica all'insieme di tutte le strutture individuate per analizzare euristicamente un testo.

3.1 Il lessico-grammatica

Per la teoria lessico-grammaticale ogni parola racchiude in sè almeno una frase semplice, che ne rappresenta le condizioni di uso sintattico e semantico. Le parole più facilmente rappresentative di questa posizione sono i verbi, che implicano una serie di restrizioni sulla forma, il numero e la natura dei loro complementi cosiddetti nucleari o pertinenti.

Per ogni verbo, come abbiamo mostrato in EMDA 1983 e in altri lavori citati in bibliografia, sono state analizzate circa 200 combinazioni sintattico-semantiche in base a una batteria di proprietà combinatorie.

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Lavorando su un lessico di circa 7.000 verbi sono state individuate 63 classi in base ad almeno una proprietà che è stata indicata come definizionale della classe.

Le tavole di classificazione lessico-grammaticale (cf. per esempio D' Agostino 1983, Elia 1984a, 1984b) sono di difficile lettura e prive di esempi esplicativi per ogni colonna. In questo volume presentiamo un campione esteso di frasi di esempio che illustrano in che senso un determinato verbo va considerato appartenente ad una determinata classe.34

La frase semplice è la più piccola sequenza di elementi dotata di significato e sintatticamente ben formata. La sintassi studia le costruzioni grammaticali o meglio definite ,sequenze di parole dominate da regole. La frase rappresenta l’unità massima in cui vigono delle relazioni di costruzioni. Tra le singole frasi , poi, esistono interconnessioni interne di natura diversa. Le tecniche grammaticali appartengono alla sintassi e studiano accordi relazioni ,manipolazioni , sostituzioni ecc, mentre le tecniche interfrastiche appartengono alla stilistica e alla retorica e organizzano il discorso dal punto di vista comunicativo35. Nei linguaggi sintagmatici ogni frase è composta da elementi nucleari ben ordinati e obbligatori nella fs e da elementi extranucleari facoltativi.

Il verbo è l’elemento nucleare della frase e la determina , infatti nella frase noi distinguiamo:Frase a verbo a 0 valenze;Frase a verbo monovalente, bivalenti ecc.

Le frasi a verbo ordinario sono quelle in cui il verbo impiegato ha un significato "lessicale" o "pieno". Nelle frasi:Piove (avalente),La mamma legge (monovalente); Mario ha tirato le cuoia ( a verbo composto) "Mario è morto"

34 ELIA, VIETRI(2000:1)35 RENZI, SALVI, CARDINALETTI (2000:17)

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"Questa ultima frase è detta anche frase idiomatica perché ha un significato metaforico o figurato; esso, cioè, non è derivabile dal significato letterale. Diversamente dalle frasi a verbo ordinario e da quelle a verbo supporto, nelle frasi a verbo composto gli elementi predicativi non è né il verbo tirare le cuoia Il predicato della frase è rispettivamente, l'intera sequenza tirare le cuoia ed è per questo che essa è chiamata verbo composto .

Abbiamo visto che la frase semplice è l'unità minima di discorso dotata di significato e ben formata sintatticamente. All'interno della frase semplice dobbiamo però distinguere tre tipi di frase: le frasi a verbo ordinario, le frasi a verbo supporto e le frasi a verbo composto.

3.2 Il verbo nella frase

La frase sia sintagmatica che paradigmatica è composta da elementi nucleari ed eventuali extra nucleari. I primi sono obbligatori e secondi sono facoltativi.Gli elementi nucleari delle frase sono il verbo e i suoi argomenti. E’ il verbo che determina i suoi argomenti o valenze. Pertanto,nelle grammatiche descrittive vengono definiti”operatori” proprio perché selezionano gli argomenti.

Si hanno così :

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Verbi a 0 valenze , quando il verbo compone una Fs

Piove

http://www.ens.it/lis/tour/segnialfabeto.htm36

Verbi monovalenti, se il verbo seleziona un solo argomento

http://www.ens.it/lis/

Verbi bivalenti, se il verbo seleziona due argomenti

La mamma vive in Italia

36 http://www.ens.it/lis/tour/segnialfabeto.htm56

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Le frasi a verbo supporto

Nelle frasi a verbo supporto non è il verbo a selezionare gli argomenti , ma l’operatore nominale o aggettivale:

Luca ha fatto la preghiera a Maria di andarsene Diventa operatore l’elemento”preghiera” perché seleziona gli argomenti Maria e Luca

Devo bere

bere devo37http://www.ens.it/lis/tour/segnisintassi1.htm

Nel linguaggio dei segni il segno si trasforma in codice segnato e ne assume le caratteristiche all’interno della struttura frastica e i criteri che determinano sia gli argomenti nucleari (verbo, complementi ecc.) ed extranucleari sono:Criterio nozionale o semantico: gli elementi nucleari indicano i partecipanti all’evento espresso dal verbo;

37 ens.it/lis/tour/segnisintassi1.htm57

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Restrizione di selezione: il verbo impone delle restrizioni sugli elementi che possono fungere da i suoi argomenti, ma non esistono selezioni per gli argomenti extranucleari.Pertanto , gli argomenti e gli elementi extranucleari possono essere rappresentati da frasi. Definiremo” frase complessa” una frase composta da più proposizioni.

Le rappresentazioni ad albero costituiscono gli elementi cardine della grammatica generativo trasformazionale. La frase nella GGT ha una struttura ad albero e pertanto le parole costituiscono formazioni a grappolo e si producono sintagmi con strutture ad apice, grazie alle nostre abilità innate e acquisite. Nelle lingue sintagmatiche l’asse ordinato della frase è da attribuire ai suoi costituenti, ma soprattutto agli universali linguistici. Lo studio e le indagini delle “grammatiche descrittive”, negli ultimi decenni ha dimostrato che la frequenza degli ordini degli elementi nelle lingue si è esteso anche alle lingue dei segni. Da rilevazioni di dati è emerso che mentre il visivo-gestuale permette di commutare istantaneamente graduazioni emotive, sensazioni ecc., l’acustico-vocale necessità di infinitesimali spazi di operazioni cognitive a ventaglio. Pertanto Laudanna afferma che nella lingua dei segni notiamo la presenza di ordine che è anche delle lingue orali e che sull’ASL l’ordine di designazione della lingua è:

SOGGETTO VERBO OGGETTO

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SVO

Secondo Fischer l’ordine delle parole è relativamente libero se nella sequenza sussistono manipolazioni di trasformazioni, di sostituzione ecc. In tali circostanze gli ordini possibili sono:

O, S V,VO,S;

Nella LIS è stato dimostrato che : Il soggetto precede il verbo e l’oggetto quando l’operatore seleziona due argomenti;(SVO- SOV);La struttura sintattica e il sistema semantico determinano i costituenti della frase;L’influenza morfologica sulla flessibilità dell’ordine;Principi cognitivi di modalità d’uso;Manipolazioni e sostituzioni del segnante38. Individuazione di una frase semplice : I tre tipi di frase semplice

Le frasi a verbo ordinario Le frasi a verbo supporto Le frasi a verbo composto

38 LAUDANNA(1999-217-218)59

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Struttura definizionale e sotto-struttura

Struttura definizionale La sotto-struttura

3.4 L' analisi distribuzionale e trasformazionale

.La distribuzione nominale e le proprietà distribuzionali Nomi inalienalienabili Il plurale obbligatorio Nomi concreti e nomi astratti Nomi non ristretti

Proprietà distribuzionali e strutture definizionali

L' analisi trasformazionale

Frase di base e frase trasformata

Le trasformazioni di sostituzione

Pronominalizzazione Enfasi Le trasformazioni di spostamento Permutazione Dislocazione Estrazione Cancellazione

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Riduzione Passivizzazione Interrogativa

In questa unità approfondiremo il concetto di unità minima di discorso, cioè il concetto di frase semplice. Nella prima sezione studieremo che cosa è, come si individua e quali sono i vari tipi di frase semplice. Nella seconda sezione vedremo che cosa si intende per struttura definizionale e che cosa è invece una sotto-struttura. Nella terza sezione studieremo l' analisi e le proprietà distribuzionali. Nella quarta sezione vedremo invece in che modo l'analisi distribuzionale è collegata all'individuazione di una struttura definizionale. Nella quinta sezione introdurremo l' analisi trasformazionale mentre nella sesta e nella settima sezione tratteremo i due tipi principali di trasformazioni. Infine nell' ultima sezione vedremo in che modo le trasformazioni sono usate come tests formali e analizzeremo la diversa natura dei complementi.

Prerequisiti

I principali prerequisisti sono contenuti nella sesta unità.

Obiettivi

Alla fine di questa unità sarai in grado di:

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- individuare una frase semplice e distinguerne tre tipi: una frase a verbo ordinario, una frase a verbo supporto e una frase a verbo composto o frase fissa;

- distinguere la struttura definizionale di una frase semplice dalla sua sotto-struttura;

- analizzare un verbo e i nomi che con esso possono combinarsi, secondo l' analisi distribuzionale nominale;

- distinguere una frase di base da una frase trasformata;

- applicare le trasformazioni di sostituzione e spostamento e a distinguere tra loro il complemento di verbo, di frase e di nome. Questa unità introduce lo studente alla descrizione e alla manipolazione di frasi e discorsi (in una lingua naturale). frase semplice verbo ordinario verbo supporto verbo composto frase idiomatica struttura definizionale sotto-struttura distribuzione nominale proprietà distribuzionale nome umano (Num) nome non umano (N-um) nome inalienabile (Npc) plurale obbligatorio (Npl) nome concreto nome astratto nome non ristretto (Nnr) frase di base o di partenza frase trasformata o derivata

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trasformazione di sostituzione commutazione pronominalizzazione pronome personale pronome indefinito pronome dimostrativo pronome indefinito clitico particella preverbale particella postverbale enfasi oppositivo-disgiuntivo trasformazione di spostamento permutazione permutazione a specchio movimento o risalita dei clitici dislocazione estrazione frase scissa frase pseudo-scissa cancellazione riduzione Equi passivizzazione inserzione interrogativa preposizione locativa complemento di verbo complemento di frase complemento di nome frase relativa

In questa sezione vedremo che cosa è la frase semplice e come la si individua. Inoltre, distingueremo tre tipi di frase semplice: le frasi a verbo

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ordinario, le frasi a verbo supporto e le frasi a verbo composto (o frasi idiomatiche).

3.3 Individuazione di una frase semplice

La frase semplice è la più piccola sequenza di elementi dotata di significato e sintatticamente ben formata. Così l' esempio seguente è una frase semplice:

1. Maria fonda un club

mentre non sono frasi semplici né (2):

2. Maria fonda un club con gli amici ogni anno

nè (3):

3. Maria fonda un club con gli amici

perché, sebbene esse siano dotate di significato, non costituiscono unità minime di discorso. Naturalmente una frase del tipo:

4. *Maria fonda

è un discorso sintatticamente e semanticamente mal formato; diremo quindi che è una frase non accettata. Indichiamo la non accettabilità di una frase con l'asterisco (*).

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Riconsideriamo gli esempi di frase (1)-(4). Il verbo che abbiamo adoperato è fondare. Nella frase (2) tale verbo è seguito da tre complementi, in (3) da due complementi e in (1) da un solo complemento. Per individuare la frase semplice dobbiamo eliminare man mano i vari complementi fino ad ottenere la più piccola sequenza di elementi dotata di significato e sintatticamente ben formata. Nell' esempio (2) possiamo eliminare il complemento ogni anno. Otteniamo così la frase (3) in cui il complemento con gli amici può essere omesso: il risultato è la frase (1). Se però in (1) eliminiamo il complemento diretto un club otteniamo una frase non accettata, cioè non dotata di significato e sintatticamente malformata come l'esempio (4). Tra i quattro esempi quindi solo la frase (1) è una frase semplice perché è l' unità minima di discorso accettabile sia nel contenuto che nella forma. Diremo quindi che fondare è un verbo a due complementi: il soggetto (Maria) e il complemento diretto (un club).

5. Eva fa una passeggiata con Max alle cinque 6. Eva perde la testa per gli uomini con calcolata saggezza

Anche in questo caso possiamo eliminare man mano i complementi non necessari al significato delle frasi (5) e (6). Otteniamo quindi le due frasi semplici:

7. Eva fa una passeggiata 8. Eva perde la testa per gli uomini

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ATTIVITA'

1. Tra i seguenti esempi individua la frase semplice:

a) Eva mangia un gelato con Gigi b) Eva mangia un gelato c) Eva mangia un gelato ogni giorno

2. La frase semplice è:

a) una frase minima sintatticamente mal formata b) un discorso minimo sintatticamente e semanticamente ben formato c) una unità minima di discorso semanticamente mal formata

3. Individua tra i seguenti esempi la frase semplice:

a) Aldo dà uno schiaffo a Gianni b) Aldo dà a Gianni c) Aldo dà uno schiaffo a Gianni ogni volta che lo incontra

4. Nella frase Marta ha preso fischi per fiaschi è possibile eliminare:

a) un complemento b) due complementi c) nessun complemento

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1.2. I tre tipi di frase semplice

Abbiamo visto che la frase semplice è l'unità minima di discorso dotata di significato e ben formata sintatticamente. All'interno della frase semplice dobbiamo però distinguere tre tipi di frase: le frasi a verbo ordinario, le frasi a verbo supporto e le frasi a verbo composto. Riesaminiamo le frasi semplici (1), (7) e (8) che riportiamo qui di seguito:

9. Maria fonda un club 10. Eva fa una passeggiata 11. Eva perde la testa per gli uomini

Diciamo che la frase (9) è una frase a verbo ordinario, (10) è una frase a verbo supporto mentre (11) è una frase a verbo composto. Nei tre paragrafi che seguono esamineremo le caratteristiche principali di questi tre tipi di frase.

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ATTIVITA'

5. Quanti tipi di frase semplice esistono ?

a) un solo tipo b) nessun tipo c) tre tipi

6. La frase Maria fonda una società:

a) è una frase a verbo ordinario b) non è una frase verbo ordinario c) è una frase complessa

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3.4 Le frasi a verbo ordinario

Le frasi a verbo ordinario sono quelle in cui il verbo impiegato ha un significato "lessicale" o "pieno". Nelle frasi:

12. Max fonda un club 13. Max regala un libro a Eva

i verbi sono rispettivamente fondare e regalare. Ma fondare seleziona un soggetto (Max) e un complemento (un club) mentre regalare seleziona un soggetto (Max) e due complementi (un libro, a Eva). Adottando la teoria predicativa, diciamo che fondare è un predicato a due argomenti e cioè Max e club, mentre regalare è un predicato a tre argomenti e cioè Max, libro ed Eva. Possiamo rappresentare quindi le frasi (12) e (13) come segue:

Fondare (Max, club) Regalare (Max, libro, Eva)

I predicati fondare e regalare sono dotati di significato pieno o lessicale; il loro significato si combina con il significato degli argomenti e tale composizione produce il significato dell'intera frase. Chiameremo quindi i verbi come fondare e regalare (tutti i verbi transitivi e intransitivi in generale) verbi ordinari. Diremo che le frasi (12) e (13) sono delle frasi (semplici) a verbo ordinario. Approfondiremo i verbi ordinari nella unità 8.

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ATTIVITA'

7. I verbi ordinari:

a) non sono dotati di significato b) sono solo i verbi transitivi d) sono semanticamente "pieni"

8. Il verbo costruire nella frase Gianni costruisce un palazzo seleziona:

a) un complemento diretto b) un complemento indiretto c) un complemento diretto ed uno indiretto

9. Secondo la teoria predicativa il verbo costruire è un predicato:

b) a un solo argomento d) a tre argomenti e) a due argomenti

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3.5 Le frasi a verbo supporto

Consideriamo ora le seguenti frasi:

14. Maria ha fiducia in Luca 15. Max fa una passeggiata 16. Max è in ammirazione davanti a Maria

l'elemento predicativo dovrebbe essere nella frase (14) il verbo avere, in (15) il verbo fare, e in (16) essere. Dovremmo quindi rappresentare le tre frasi rispettivamente nel modo seguente:

Avere (Maria, fiducia, Luca) Fare (Max, passeggiata) Essere (Max, ammirazione, Maria)

Ma osserviamo che la sequenza avere fiducia equivale semanticamente al verbo fidarsi, fare una passeggiata a passeggiare e infine essere in ammirazioneequivale al verbo ammirare. I verbi fidarsi, ammirare sono predicati a due argomenti mentre passeggiare è un predicato a un solo argomento. Li rappresentiamo come segue:

Fidarsi (Maria, Luca) Passeggiare (Max) Ammirare (Max, Maria)

Deduciamo quindi che gli elementi predicativi nelle frasi (14), (15) e (16) sono i nomi fiducia, passeggiata ed ammirazione. I verbi avere, essere e fare nelle frasi (14)-(16) sono chiamati verbi supporto; essi, diversamente dai verbi ordinari, non hanno di per sé significato lessicale. Infatti, se esaminiamo le frasi:

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17. Maria fa una torta 18. La Fiat fa automobili

osserviamo che in (17) fare equivale a un verbo ordinario come preparare o cucinare, mentre in (18) equivale a un verbo ordinario come produrre o costruire. Nella frase (15) invece non possiamo sotituire fare con nessuno dei verbi ordinari appena indicati. Infatti i seguenti esempi non sono accettati:

*Max (prepara + cucina + produce + costruisce) una passeggiata

(In parentesi, il segno "+" separa i verbi, ma possiamo avere anche nomi, aggettivi, ecc.. Nel caso in cui uno di questi elementi non dovesse essere accettato viene preceduto da un asterisco). Diciamo quindi che le frasi (14)-(16) sono frasi che impiegano verbi supporto. I verbi supporto sono dei verbi che non hanno significato lessicale, essi cioè sono semanticamente "vuoti". Infatti la funzione principale del verbo supporto è grammaticale: esso indica cioè il tempo, il modo, il numero e la persona come indicano le frasi:

Maria aveva fiducia in Luca Max e Lia farebbero una passeggiata La rappresentazione corretta delle frasi (14)-(16) è quindi la seguente:

Fiducia (Maria, Luca) Passeggiata (Max) Ammirazione (Max, Maria)

Il numero degli argomenti dei nomi fiducia, passeggiare, ammirazione e dei verbi fidarsi, passeggiare e ammirare è identico. Approfondiremo i verbi supporto nella unità 9.

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ATTIVITA'

10. Le frasi Mario fa una fotografia a Paola e Maria ha timore di Luca:

a) la prima è una frase a verbo ordinario e la seconda a verbo supporto b) sono due frasi complesse c) sono due frasi a verbo supporto 11. La frase Mario fa una fotografia a Paola:

b) può essere parafrasata con il verbo fotocopiare c) può essere parafrasata con il verbo fotografare d) non può essere parafrasata con il verbo fotografare

12. Qual' è la rappresentazione della frase Mario fa una fotografia a Paola ?

a) fotografia (Mario, Paola) c) fare (Mario, fotografia, Paola) e) fotografare (Maria) 13. Il verbo fotografare e il nome fotografia:

a) non sono in relazione fra loro b) sono in relazione morfofonologica c) non sono in relazione morfofonologica

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3.6 Le frasi a verbo composto

Le frasi a verbo composto sono frasi del tipo:

19. Mario ha tirato le cuoia "Mario è morto" 20. Leo ha piantato Maria in asso "Leo ha abbandonato Maria all'improvviso"

Queste frasi, dette anche frasi idiomatiche, hanno un significato metaforico o figurato; esso, cioè, non è derivabile dal significato letterale di tirare e cuoia, piantare e asso. Diversamente dalle frasi a verbo ordinario e da quelle a verbo supporto, nelle frasi a verbo composto gli elementi predicativi non sono né i verbi tirare e piantare, nè i nomi gomito e asso. Il predicato delle due frasi è, rispettivamente, l'intera sequenza tirare le cuoia e piantare in asso ed è per questo che essi sono chiamati verbi composti. Li rappresentiamo come segue:

Tirare le cuoia (Mario) Piantare in asso (Leo, Maria)

Il verbo composto tirare le cuoia è un predicato a un argomento (Mario) mentre il verbo composto piantare in asso è un predicato a due argomenti (Leo e Maria). Approfondiremo i verbi composti nella unità 11.

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ATTIVITA'

14. Le frasi Il piatto piange e Gianni ha detto pane al pane a Gigi sono:

a) frasi a verbo composto b) frasi a verbo ordinario c) frasi complesse

15. La frase idiomatica Max ha preso il toro per le corna vuol dire:

a) Max ha affrontato una situazione b) Max è scappato c) Max ha afferrato un toro

16. Qual' è la giusta rappresentazione di una frase idiomatica come Gigi brucia le tappe ?

a) bruciare (Gigi, tappe) b) bruciare le tappe (Gigi) c) Gigi (tappe, bruciare)

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2. Struttura definizionale e sottostruttura

In questa sezione vedremo come si rappresenta formalmente la sintassi dei verbi. In particolare vedremo che cosa è una struttura definizionale e che cosa è invece una sotto-struttura.

2.1. Struttura definizionale

La struttura definizionale di un verbo è la rappresentazione sintattica di quel verbo. Consideriamo le due frasi semplici:

21. Maria beve il latte 22. Maria sorride a Leo

bere è un verbo transitivo a un complemento diretto (il latte), mentre sorridere è un verbo intransitivo a un solo complemento indiretto (a Leo). Possiamo rappresentare questi due verbi come segue:

bere (a) N0 V N1

sorridere (b) N0 V Prep N1

in cui V e Prep sono rispettivamente le abbreviazioni per verbo e preposizione (nel caso del verbo bere la preposizione è a). Inoltre, N indica il nome o gruppo nominale mentre gli indici numerici 0 e 1 indicano l'ordine di successione dei nomi nella frase. Così, N0 è il soggetto e N1 il primo complemento del verbo (complemento diretto per bere e complemento indiretto per sorridere). Diciamo che (a) e (b) sono le rappresentazioni sintattiche dei verbi bere e sorridere. In altre parole, (a) e (b) rappresentano la forma di frase minima dei verbi bere e sorridere. Si ricordi che una frase minima è la più piccola unità di discorso semanticamente e sintatticamnete

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ben formata. Chiamiamo (a) e (b) le strutture definizionali dei verbi bere e sorridere.

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ATTIVITA'

17. La struttura definizionale di un verbo:

a) rappresenta sintatticamente la forma minima di frase b) è la rappresentazione sintattica della forma di frase complessa c) è la rappresentazione fonologica di un verbo

18. La struttura definizionale del verbo fondare nella frase Maria fonda una società è:

a) N0 V b) N0 V Prep N1 c) N0 V N1

19. La struttura definizionale del verbo litigare nella frase Maria litiga con Giorgio è:

a) N0 V Prep N1 b) N0 V c) N0 V N1

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2.2. Sotto-struttura

Possiamo imbatterci in discorsi (orali o scritti) in cui il complemento diretto di bere o il complemento indiretto di sorridere non sono presenti. Possiamo avere cioè: 23. Maria beve 24. Maria sorride

in casi come questi diciamo che la struttura definizionale dei verbi bere e sorridere è (a) e (b) ma che essi accettano anche una sotto-struttura del tipo: (c) N0 V

La sotto-struttura (c) è la rappresentazione formale di (23) e (24). Osserviamo che il passaggio da struttura a sotto-struttura può provocare sistematiche variazioni di significato, non tutte predicibili. Ad esempio, la frase (23), può significare "Maria è un'alcolista".

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ATTIVITA'

20. Il verbo dire in una frase come Mario dice una bugia a Eva:

a) non accetta alcuna sottostruttura b) accetta sia la sottostruttura N0 V che N0 V N1 c) accetta la sottostruttura N0 V N1

21. La sottostruttura indica:

a) la possibilità di omissione di uno o più complementi di un verbo b) l' aggiunzione di uno o più complementi ad un verbo c) la rappresentazione sintattica della forma minima di frase di quel verbo

3. L'analisi distribuzionale

In questa sezione vedremo che cosa si intende per distribuzione nominale e che cosa sono le proprietà distribuzionali di un verbo.

3.1. La distribuzione nominale e le proprietà distribuzionali

Per distribuzione nominale si intende l' analisi del verbo in base ai tipi di nomi che possono combinarsi con esso. Riconsideriamo le frasi (21) e (22) e proviamo a sostituire N0 e N1 con altri nomi (o gruppi nominali). Così, nelle frasi (21) e (22) N0 può essere anche diverso da Maria:

Il mio amico Quel bambino beve il latte Il padre di Lia

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Il mio amico Quel bambino sorride a Leo Il padre di Lia

Ma, mentre la sostituzione di N1 nella frase (22) produce frasi accettate:

al mio amico Maria sorride a quel bambino al padre di Lia

in (21) la stessa sostituzione non produce frasi accettate:

il mio amico *Maria beve quel bambino il padre di Lia

Ciò significa che il soggetto di bere e sorridere deve essere un nome umano, che indichiamo con Num. Anche il complemento indiretto di sorridere è un nome umano, mentre il complemento diretto di bere deve essere un nome non umano, che indichiamo con N-um. Quindi non tutti i tipi di nomi (che abbiamo notato con N) possono combinarsi o co-occorrere con i verbi bere e sorridere. Cioè, i verbi selezionano uno o più tipi di nomi o classi di nomi. Così Num indica la classe dei nomi umani mentre N-um indica la classe dei nomi non umani. Possiamo così riassumere l'analisi della "distribuzione nominale" dei verbi bere e sorridere:

(d) N0 = Num per bere e sorridere (e) N1 = Num per il verbo sorridere (f) N1 = N-um per il verbo bere

(d), (e) e (f) sono considerate proprietå distribuzionali dei rispettivi verbi. La sintassi, cioè le possibilitå di combinazione dei verbi bere e sorridere con i nomi è definita, in prima battuta, da:

- la struttura definizionale ((a) e (b));

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- la sottostruttura ((c));- le proprietå distribuzionali ((d), (e) e (f)).- Proviamo ora a rappresentare il verbo bere:

_______________________________________ | N0 V N1 | |________________________________ | | N | N | | N | N | N | | | | | | | 0 | | U | - | | U | - | | | M | U | | M | U | V | | | M | | | M | | |_____|____|__________|____|____|_____| | | | | | | | | + | - | bere | - | + | + | | ... | ...| ...... | ...| ...| ... |

Figura I

Nella figura I la prima linea orizzontale indica la struttura definizionale dei verbi. Le prime due colonne verticali, a partire da sinistra, indicano le due possibilitå distribuzionali di N0, cioè Num e N-um. La terza e la quarta colonna verticale indicano le due possibilitå distribuzionali di N1, cioè Num e N-um. L'ultima colonna verticale indica invece una proprietå strutturale e cioè la possibilità di avere la sottostruttura N0 V. Ogni colonna, cioè ogni proprietà, è marcata " + " se tale proprietà è accettata, mentre è marcata " - " se non è accettata.

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Rappresentiamo invece il verbo sorridere come segue:

_______________________________________________ | N0 V Prep N1 | N | |___________________________________________| 0 | | N | N | | | N | N | | | U | - | | | U | - | V | | M | U | | | M | U | | | | M | | | | M | | |____|____|____________|________|_____|_____|___| | | | | | | | | | + | - | sorridere | a | + | - | + | |... | ...| ...... | ... | ... | ... | ..|

Figura II

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ATTIVITA'

22. La distribuzione nominale analizza:

a) la combinazione di un verbo con un/i nome/i b) la struttura definizionale di un verbo d) la combinazione di soli verbi

23. Nella frase (1), il complemento diretto, una bugia, può essere sostituito: a) solo da un nome umano b) da un nome non umano c) da nessun tipo di nome

24. Le proprietà distribuzionali del soggetto e del complemento diretto del verbo dire nella frase (1) si possono così riassumere:

a) N0 =: Num, N1 =: Num b) N0 =: N-um, N1 =: Num c) N0 =: Num, N1=: N-um

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3.2. Nomi inalienabili

Consideriamo ora le seguenti frasi: 25. Mario ha toccato il quadro 26. Leo ha toccato Maria

l'oggetto diretto del verbo toccare può essere sia un nome non umano (il quadro) che un nome umano (Maria). Ma l'oggetto diretto di toccare può anche essere un nome che entra in un rapporto di appartenenza con il nome umano, come in:

27. Leo ha toccato le (gambe + mani) di Maria

Questo tipo di nome, cioè gambe e mani è chiamato nome "inalienabile" o nome che indica una "parte del corpo", da cui l'abbreviazione Npc. Notiamo anche che il significato della frase (26) è più impreciso o generico rispetto a (27). Prendiamo ora la frase: 28. Leo ha massaggiato Maria

anche in questo caso possiamo avere un Npc:

29. Leo ha massaggiato la (schiena + testa) di Maria

ma non un nome non umano: 30. *Leo ha massaggiato il quadro

Invece con il verbo cicatrizzare un nome "parte del corpo" in posizione oggetto diretto produce una frase accettata: 31. Quella pomata ha cicatrizzato la ferita di Max

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Mentre con un nome umano (Num) o un nome non umano (N-um) otteniamo delle frasi non accettate:

32. *Quella pomata ha cicatrizzato Max 33. *Quella pomata ha cicatrizzato il quadro

Così, nella rappresentazione lessicale e sintattica dei verbi toccare, massaggiare, cicatrizzare, avremo:

- il verbo toccare è marcato " + " rispetto alle proprietå distribuzionali Num, N-um e Npc;

- il verbo massaggiare è marcato " + " rispetto alle proprietå distribuzionali Num e Npc , ma " - " rispetto a N-um; - il verbo cicatrizzare è marcato " + " per quanto riguarda Npc, ma " - " rispetto a Num e N-um.

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ATTIVITA'

25. Un nome inalienabile:

a) indica una parte del corpo in relazione con un nome umano b) è in rapporto di appartenenza con un nome non umano c) non è in nessun rapporto con altri nomi

26. Il verbo accarezzare accetta come complemento diretto:

a) solo un nome umano b) solo un nome inalienabile e) un nome inalienabile e un nome umano

27. Date le due frasi Maria accarezza Gianni e Maria accarezza il collo di Gianni, il significato:

a) è più preciso nella prima che nella seconda frase b) è più preciso nella seconda che nella prima frase c) è identico nelle due frasi

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3.3. Il plurale obbligatorio

Consideriamo la seguente frase: 34. Luca distribuisce baci alla folla

l'oggetto diretto N1, cioè baci, è un nome non umano il cui numero è obbligatoriamente plurale. Infatti, la seguente frase non è accettata:

35. *Luca distribuisce un bacio alla folla

Questo tipo di nome è indicato appunto con N pl obbl in cui pl vuol dire "plurale" e obbl "obbligatorio". L'accettabilitå di frasi come:

36. Luca distribuisce pane alla folla

in cui N1, cioè pane è al singolare, non ci deve trarre in inganno. Infatti nomi come pane, latte, burro, ecc. sono nomi "massa" che di per sé hanno un valore plurale. Prendiamo ora la frase:

37. Mario ha riunito Maria, Luca e Lia nel suo ufficio

il verbo riunire vuole anch'esso un oggetto diretto plurale obbligatorio, che nel caso di (37) è rappresentato da nomi propri, cioè da nomi umani. Infatti la frase:

38. *Mario ha riunito Maria nel suo ufficio

non è accettata.

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ATTIVITA'

28. Il plurale obbligatorio indica che un verbo:

a) accetta solo nomi umani al plurale b) accetta solo nomi non umani al plurale c) può accettare nomi umani o non umani al plurale

29. Date le due frasi Mario colleziona libri antichi e Mario dispensa baci, il complemento diretto N1 è:

a) un nome umano plurale obbligatorio b) un nome non umano plurale obbligatorio c) un nome non umano plurale facoltativo3.4. Nomi concreti e astratti

Consideriamo le frasi:

quella donna 39. Max ammira quel quadro l' intelligenza

l'oggetto diretto del verbo ammirare può essere cioè sia un nome umano (quella donna) che un nome non umano (quadro, intelligenza). Ma, mentre quadro è un nome concreto, intelligenza è un nome astratto. Tuttavia nella frase:

40. I suoi discorsi annoiano la sala

l'oggetto diretto del verbo annoiare è un nome concreto ma riceve una interpretazione di tipo "non umano". Infatti la sala, in questo caso non è altro che l'abbreviazione di la gente nella sala. Quindi è la proprietå distribuzionale Num ad essere marcata " + " mentre N-um è marcato " - ". Infatti possiamo sostituire la sala con:

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41. I suoi discorsi annoiano qualcuno

ma non con:

42. *I suoi discorsi annoiano qualcosa

Così, nella frase:

43. Luca ha letto Moravia

Moravia indica un nome umano ma riceve l'interpretazione "non umano" perché Moravia, in questo caso, non è altro che l'abbreviazione di gli scritti di Moravia. La proprietå distribuzionale N-um è marcata " + " mentre Num è marcato " - ". Infatti possiamo sostituire Moravia con:

44. Luca ha letto qualcosa

ma non con:

45. *Luca ha letto qualcuno

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ATTIVITA'

30. Indicare quale tra i seguenti è un nome concreto:

a) libro b) passione c) Maria

31. Indicare quale tra i seguenti è un nome astratto:

a) sigaretta b) schiena c) dolore3.5. Nomi non ristretti

Prendiamo le seguenti frasi:

Lia Questo film L'amore diverte Mario Che tu parta Viaggiare

quella donna questa torta Mario adora la sincerità che gli si regalino penne vedere film

Osserviamo che sia il soggetto di divertire che l'oggetto diretto di adorare possono essere: un nome umano (Lia, quella donna), un nome concreto (questo film, questa torta), un nome astratto (l' amore, la sinceritå) una frase a tempo finito (che tu parta, che gli si regalino penne) e una frase a tempo infinito (partire, vedere film). La posizione soggetto di divertire e la

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posizione oggetto diretto di adorare possono essere occupate sia da sostantivi di una qualsiasi natura semantica che da frasi. Indichiamo questa particolare proprietå distribuzionale con la notazione Nnr che vuol dire nome non ristretto, e cioè un nome che non è ristretto a una particolare classe di nomi. Osserviamo inoltre che nel caso del verbo divertire il soggetto umano può essere attivo, come in: Lia (volontariamente) diverte Mario

o non attivo:

Lia (involontariamente) diverte Mario

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ATTIVITA'

32. Un nome non ristretto è:

a) un nome che appartiene a più classi di nomi b) un nome che opera delle restrizioni sul verbo d) un nome astratto

33. Il verbo amare regge come complemento diretto:

a) solo un nome umano b) solo un nome umano e un nome non umano c) un nome non ristretto

34. Date le frasi:

Milena Quel libro Il dolore angoscia Gianni Che tu parta Studiare

diciamo che il verbo angosciare regge:

a) N0 e N1 non ristretti b) N0 non ristretto e N1 umano c) N0 e N1 non umani

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4. Proprietà distribuzionali e strutture definizionali In questa sezione vedremo in che modo le proprietà distribuzionali aiutano ad individuare dei verbi il cui comportamento lessico-sintattico è identico.

4.1. Nomi inalienabili e strutture definizionali

Nel paragrafo 3.2. abbiamo visto che il verbo massaggiare accetta come oggetto diretto sia un nome umano che un nome inalienabile. Ma massaggiare non è l'unico verbo che ha questa caratteristica. Infatti anche i verbi baciare, pettinare, accarezzare, pizzicare, palpare presentano lo stesso tipo di proprietà. Diciamo quindi che questi verbi, aventi un medesimo comportamento distribuzionale, appartengono alla stessa classe. Ed ecco allora che la proprietå distribuzionale Npc diventa parte integrante della struttura definizionale di questa classe di verbi che sarå la seguente (vedi unità 8):

N0 V N1pc di N1c:

Maria bacia la guancia di Luca Maria pettina i capelli di Luca Maria accarezza il volto di Luca Maria pizzica la pancia di Luca Maria palpa la guancia di Luca

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ATTIVITA'

35. I verbi di una stessa classe:

a) si comportano sintatticamente in modo equivalente b) si comportano fonologicamente in modo contrario c) hanno lo stesso significato 36. I verbi come cicatrizzare, coagulare, fratturare, accettano come oggetto diretto:

a) solo un nome umano b) solo un nome "parte del corpo" c) solo il nome parte del corpo polso5. L'analisi trasformazionale

In questa sezione studieremo che cosa è una frase di base e che cosa è invece una frase trasformata o derivata.

5.1. Frase di base e frase trasformata

Nel paragrafo 2.1. abbiamo visto che la struttura definizionale dei verbi bere e sorridere è, rispettivamente:

bere (a) N0 V N1

sorridere (b) N0 V Prep N1

Ma i verbi bere e sorridere possono realizzarsi nei discorsi in vari modi, cioè non solo nelle forme delle frasi (21) e (22), ma anche nel modo seguente:

(21) Maria beve il latte (22) Maria sorride a Leo

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(21a) Maria lo beve (22a) Maria gli sorride

(21b) Lei beve il latte (22b) Lei sorride a Leo

(21c) Maria beve qualcosa (22c) Maria sorride a qualcuno

(21d) E' il latte che beve Maria (22d) E' Maria che sorride a Leo

(21e) Che cosa beve Maria? (22e) A chi sorride Maria?

Le frasi (21)-(21e) e (22)-(22e) sono sinonime, hanno cioè lo stesso significato. Però diciamo che (21) e (22) sono le frasi di base dei verbi bere e sorridere. Le frasi (21a)-(21e) e (22a)-(22e) sono le frasi trasformate o derivate. Indichiamo con P la frase di base o di partenza e con T la frase trasformata o derivata. Le frasi (21a)-(21e) e (22a)-(22e) si derivano per mezzo di trasformazioni: in particolare, distinguiamo le trasformazioni di sostituzione e le trasformazioni di spostamento.

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ATTIVITA'

37. Date le frasi: 1. Maria mangia un gelato 2. Maria lo mangia

diciamo che:

a) (1) è la frase trasformata e (2) è la frase di base b) (1) e (2) sono entrambe frasi di base c) (1) è la frase di base e (2) è la frase trasformata

38. Date ancora le frasi (1) e (2), diciamo che:

a) sono antonime b) sono sintatticamente identiche c) sono sinonime

39. Date le frasi:

1. Paolo dice una bugia a Eva 2. Maria mangia un gelato

diciamo che:

a) (1) è la frase di base e (2) è la frase trasformata b) (1) e (2) sono entrambe frasi di base c) (1) e (2) sono semanticamnete identiche

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6. Le trasformazioni di sostituzione

Sono trasformazioni di sostituzione tutte quelle finalizzate a sostituire un elemento con un altro elemento. Perché si parli di trasformazione è necessario che non vengano sostituite parole dotate di significato lessicale pieno ed autonomo con altre parole dello steso tipo. Così, la frase:

Eva corre in giardino

può essere manipolata con sostituzioni varie. Ad esempio, possiamo sotituire Eva con un altro nome (proprio o comune): (Lia + il ragazzo) corre in giardino ma anche il verbo o il complemento preposizionale possono essere sostituiti (o commutati):

Lia (va + scappa) in giardino Lia va in (camera + chiesa)

Con questo tipo di sostituzione si viene a creare una mancanza di relazione tra la frase di partenza e le frasi con le sostituzioni. Questa sostituzione è detta commutazione, e viene usata dal linguista per verificare e controllare la congruenza di alcune sue ipotesi. Per esempio, se nella frase di partenza commutiamo corre con Lia otteniamo un frase inaccettabile: *Eva Lia in giardino

Una trasformazione, invece, deve rispettare la condizione del mantenimento costante dello stesso significato della frase di partenza nella frase trasformata. E' necessario cioè che l'interpretazione del significato della frase trasformata sia obbligatoriamente legata al significato della frase di partenza. La sostituzione di una parola come Eva con una parola come lei, che è un pronome, è una trasformazione perchè il significato della frase:Lei corre in giardino fa riferimento ad una frase, nota al parlante, in cui al posto di lei c' è una parola che definisce un umano.

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ATTIVITA'

40. Una trasformazione:

a) deve sostituire una parola con significato pieno con altre parole dotate di significato lessicale b) non deve sostituire una parola semanticamente piena con altre parole che hanno significato lessicale c) trasforma una parola semanticamente piena in una parola semanticamente vuota

41. Se ad una frase di base applichiamo la commutazione:

a) non c' è più alcuna relazione fra la frase di base e quella trasformata b) c' è relazione fra la frase di base e quella trasformata c) frase di base e frase trasformata sono identiche

42. Condizione necessaria per una trasformazione è che frase di base e frase trasformata:

a) siano in relazione semantica b) non siano in relazione semantica c) siano solo in relazione sintattica

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6.1. Pronominalizzazione

La pronominalizzazione è quella trasformazione di sostituzione che ci permette di sostituire un nome con un pronome. Così, nella frase (1) che riportiamo qui di seguito:

Maria fonda un club

possiamo sostituire N0 e N1 con dei pronomi, cioè con delle particelle che sostituiscono un nome. Così, ad esempio Maria può essere sostituito da un pronome personale:

Lei fonda un club

o da un pronome indefinito:

Qualcuno fonda un club

così come possiamo sostituire N1 con un pronome dimostrativo:

Maria fonda questo

o con un pronome indefinito:

Maria fonda qualcosaNella sostituzione pronominale la pausa gestuale rappresenta l’enfasi fonetica:

Nella frase 1 Io vado a cinema2 Io vado a cinema3 Io vado a cinema

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# #http://www.ens.it/lis/tour/segnisintassi2.htm39

# #

40 ens.it/lis/tour/segnigrammatica1.htm

39 ens.it/lis/tour/segnigrammatica1.htm40 ens.it/lis/tour/segnigrammatica1.htm

101

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# # #41

ens.it/lis/tour/segnigrammatica1.htm

Nella frase gestuale1. Enfasi del gesto cinema;2. Enfasi del pronome 3. Enfasi dell’operatore

Esistono poi dei pronomi che si chiamano clitici. I clitici sono delle particelle che sostituiscono un nome e che possono essere collocate prima o dopo il verbo. Se sono collocate prima del verbo sono dette particelle preverbali:

Maria fonda un club --> Maria lo fonda Maria sorride a Leo --> Maria gli sorride

Se sono collocate dopo il verbo si chiamano particelle postverbali:

Mario vuole fondare un club --> Mario vuole fondarlo Fonda un club ! --> Fondalo !

A Maria piace sorridere a Leo --> A Maria piace sorridergli Sorridi a Max ! --> Sorridigli !

41 ens.it/lis/tour/segnigrammatica1.htm102

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Se il verbo è seguito da un complemento preposizionale di tipo locativo (è cioè un complemento di luogo), la pronominalizzazione si serve dei clitici ci e vi:

La mia casa è lì

42

Il tuo libro è qui

43

42 ROMEO (1990: 85)43 ROMEO (1990:86)

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I segni di localizzazione servono ad indicare il movimento o lo stato in luogo di qualcosa o qualcuno attraverso l'indice e/o il classificatore. I due modi per realizzare illocativo sono equivalenti, il loro uso è a discrezione del segnante.

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ATTIVITA'

43. La pronominalizzazione è quella trasformazione in cui il pronome sostituisce:

a) solo un nome concreto b) un verbo c) un nome

44. I clitici sono delle particelle pronominali che possono essere collocate:

a) solo dopo un verbo b) solo prima di un nome c) sia prima che dopo un verbo

45. La frase seguente:

1. Maria dice una bugia a Lia

è in relazione con la frase:

2. Max vuole dirle una bugia

diciamo che le è

a) una particella preverbale b) un articolo definito c) una particella postverbale

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46. Date le frasi:

1. Marta si reca a casa 2. Maria scappa da Roma

le forme pronominalizzate sono: a) Marta ci si reca Mario ne scappa

b) Mario vi si reca Mario vi scappa c) Mario vi si reca Mario lo scappa

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6.2. Enfasi

L'enfasi focalizza, un elemento o più elementi in una frase. Per enfatizzare un elemento ci serviamo di una particolare intonazione che indichiamo ortograficamente con ______ posto sotto l'elemento da enfatizzare e da una pausa che indichiamo ortograficamente con #. Nella frase:

Maria fonda un club

possiamo enfatizzare il soggetto, cioè Maria: Maria # fonda un club

il verbo, cioè fonda: Maria # fonda # un club

o il complemento diretto, cioè un club:

Maria fonda # un club

o più elementi alla volta. Il significato delle frasi in cui uno o più elementi sono enfatizzati non subisce una grande modificazione. Tuttavia l'enfasi fa sì che l'elemento focalizzato si opponga a un altro elemento. Questo aspetto è detto oppositivo-disgiuntivo. Così, abbiamo:

Maria # e non Lia # fonda un club

Maria # fonda # e non distrugge # un club Maria fonda # un club # e non una societå segreta

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# ens.it/lis/tour/segnigrammatica1.htm fonda un club

#La mamma#fonda un club

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ATTIVITA'

47. In una determinata frase l' enfasi enfatizza:

a) solo il nome b) solo il verbo c) uno o più elementi

48. L' enfasi:

a) contrappone due elementi tra loro b) sostituisce un elemento con un altro c) elimina un elemento della frase

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7. Le trasformazioni di spostamento

Le trasformazioni di spostamento sono quelle trasformazioni che ci permettono di spostare l'ordine degli elementi in una frase. Esse sono la permutazione, la dislocazione, l' estrazione, la cancellazione, la riduzione, il passivo e l' interrogativa.

7.1. Permutazione

In italiano l'ordine delle parole è abbastanza elastico grazie all'enfasi. Infatti se nella frase:

Maria fonda un club

permutiamo N1, se cioè anteponiamo un club al verbo, otteniamo una frase non accettata se l' intonazione è neutra:

*Maria un club fonda

ma se focalizziamo o enfatizziamo l'elemento permutato la frase è perfettamente accettabile:

Maria # un club # fonda

se poi aggiungiamo l'elemento oppositivo, che rappresentiamo, e non X la frase è ancora più naturale:

Maria # un club # fonda e non una società segreta

Un altro tipo di permutazione è la permutazione a specchio che abbiamo con il verbo essere:

Mario è il presidente Il presidente è Mario

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o con altri verbi in cui si scambia il soggetto con il complemento:

Tristi prospettive risultano dal tuo discorso Dal tuo discorso risultano tristi prospettive

e ancora con una inversione dei complementi:

La tua richiesta corrisponde alla mia domanda Alla tua richiesta corrisponde la mia domanda

L'ultimo caso di permutazione si ha nella pronominalizzazione con i clitici preverbali e postverbali che indichiamo come movimento dei clitici a sinistra del verbo:

Maria fonda un club Maria lo fonda

Maria vuole fondare un club

44

Frase permutata ma inaccettabile nel linguaggio LIS;

44 ens.it/lis/tour/segnigrammatica1.htm111

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http://www.ens.it/lis/tour/segnisintassi2.htm45

45 http://www.ens.it/lis/tour/segnisintassi2.htm112

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Maria lo vuole fondare

ma il movimento o risalita dei clitici a sinistra del verbo è soggetto a delle restrizioni come nei seguenti esempi:

*Lo Maria fonda *Maria vuole lo fondare

FRASE (LIS)Permutazione

Io vado a cinema;Io # a cinema # vado (frase inaccettabile);

ma se focalizziamo o enfatizziamo l'elemento permutato la frase è perfettamente accettabile:

Io # a cinema # vado

se poi aggiungiamo l'elemento oppositivo, che rappresentiamo, e non X la frase è ancora più naturale:

Io # a cinema vado e non a teatro

113

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ATTIVITA'

49. L' ordine delle parole in italiano:

a) è unicamente soggetto-verbo-oggetto c) è unicamente oggetto-soggetto-verbo e) è flessibile

50 Data la frase Maria mangia un gelato diciamo che la frase permutata è:

a) Maria # un gelato # mangia b) Maria divora un gelato c) Maria lo mangia

51. Data la frase Mario è il professore abbiamo la permutazione a specchio in:

a) Chi è Mario ? b) Il professore è Mario c) Mario # è # il professore

114

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7.2. Dislocazione

La dislocazione è una trasformazione che pronominalizza un elemento della frase e contemporaneamente colloca l'elemento pronominalizzato fuori della frase mediante un segno di pausa:

Maria fonda un club *Maria lo fonda un club Maria lo fonda # un club

A questo punto possiamo anche applicare la permutazione:

Un club # Maria lo fonda

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ATTIVITA'

52. La dislocazione è una trasformazione che implica:

a) la pronominalizzazione e lo spostamento dell' elemento pronominalizzato in un' altra frase b) solo la pronominalizzazione e) la permutazione a specchio

53. Data la frase Maria mangia un gelato diciamo che la dislocazione si ha in:

a) Maria lo mangia # un gelato b) Maria lo mangia c) Un gelato # Maria mangia

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7.3. Estrazione

L'estrazione è una manipolazione che ci permette di focalizzare un particolare elemento nella frase. Possiamo avere due tipi di estrazione: la frase scissa e la frase pseudoscissa. La frase scissa si ottiene inserendo la sequenza Essere ... che. I puntini sospensivi vengono sostituiti dall'elemento da focalizzare. Tale elemento può essere il soggetto e quindi abbiamo:

Maria fonda un club E' Maria che fonda un club

o il complemento diretto: E' un club che Maria fonda

Possiamo anche estrarre un avverbio:

Maria fonda un club oggi E' oggi che Maria fonda un club

o una intera frase:

Maria fonderà un club quando avrå il tempo E' quando avrà il tempo che Maria fonderå un club

Non possiamo invece estrarre un verbo:

Maria fonda un club *E' fonda che Maria un club

a meno che il verbo non indichi una intera frase, come in:

Maria ama ballare E' ballare che Maria ama

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Otteniamo invece una frase pseudo-scissa inserendo la sequenza Essere ... ciò che. I puntini sospensivi vengono sostituiti dall'elemento da focalizzare. In questo caso tale elemento può essere solo un complemento diretto pronominalizzabile con ciò. Ad esempio, un nome non umano:

Maria fonda un club E' un club ciò che Maria fonda

o una intera frase:

Maria ama ballare E' ballare ciò che ama Maria

nel caso di complementi preposizionali il pronome che si modifica secondo la flessione del pronome relativo:

Maria tiene al successo

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ATTIVITA'

54. L' estrazione ci permette di:

a) estrarre solo il soggetto di una frase b) focalizzare solo il verbo di una frase c) evidenziare una parte di frase

55. Data la frase Maria mangia un gelato diciamo che la frase scissa è:

a) E' Maria che mangia un gelato b) E' Maria che mangia c) E' Maria ciò che mangia un gelato 56. La frase pseudo-scissa *E' Maria ciò che mangia un gelato non è accettata perché:

a) non si può estrarre un soggetto b) si può estrarre solo un verbo c) il complemento diretto segue il verbo

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7.4. Cancellazione

Nella sezione 2 abbiamo visto che in alcuni casi l' omissione di un complemento appartenente alla struttura definizionale (o di base) di un verbo, cioè la sua cancellazione, produce una frase accettata. Così, la struttura definizionale del verbo mangiare è:

N0 V N1 =: Luca mangia un panino

mentre la sua sotto-struttura è:

N0 V=: Maria mangia

Molte volte possiamo cancellare delle preposizioni. Così, nella frase:

Maria bada a che Lia non si ubriachi

possiamo cancellare la preposizione a. Il risultato è una frase accettata: Maria bada che Lia non si ubriachi

Esaminiamo ora la frase:

Luca sa che Piero ha sbagliato

dove Luca è il soggetto del verbo sapere mentre Piero è il soggetto del verbo sbagliare. Nel caso in cui il soggetto di sapere sia identico a quello del verbo sbagliare come in:

Lucai sa che Lucai ha sbagliato

il secondo soggetto, cioè il soggetto di sbagliare deve essere obbligatoriamente cancellato (l' indice i indica appunta la coreferenza fra i due soggetti). Abbiamo quindi:

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Luca sa che ha sbagliato

Questo tipo particolare di cancellazione si chiama Equi. L'abbreviazione Equi indica l'equivalenza degli N, cioè dei nomi. (vedi unità 9).

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ATTIVITA'

57. Con la cancellazione o omissione di un complemento otteniamo:

a) sempre una frase accettata b) sempre una frase non accettata c) in alcuni casi una frase accettata in altri casi una frase non accettata

58. Nella frase Maria risiede a Roma:

a) possiamo cancellare la preposizione b) possiamo cancellare il verbo c) non possiamo cancellare nè il verbo nè la preposizione

59. La frase Maria desidera partire deriva da:

b) Maria desidera che Luca parta d) Mariai desidera che Mariai parta e) Mariai desidera che Mariaj parta

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7.5. Riduzione

La riduzione è una operazione che permette di derivare una frase all'infinito da una frase di tempo finito solo se si applica Equi. Riprendiamo la frase:

Lucai sa che Lucai ha sbagliato

abbiamo detto che a questo punto applicando Equi otteniamo:

Luca sa che ha sbagliato

la riduzione då poi:

Luca sa di avere sbagliato

se invece il soggetto del primo verbo non è identico a quello del secondo verbo abbiamo:

Luca sa che Piero ha sbagliato

In questo caso non possiamo applicare la riduzione perché, data la non-equivalenza dei soggetti, Equi non è ammessa. Infatti la frase: *Luca sa di Piero avere sbagliato

non è accettata. Per un ulteriore approfondimento vedi unità 9.

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ATTIVITA'

60. Se ad una frase a tempo a tempo finito applichiamo la riduzione otteniamo:

a) una frase di tempo infinito b) una frase pseudo-scissa c) un' altra frase di tempo infinito

61. Possiamo applicare la riduzione solo se:

a) solo se Equi è una trasformazione accettata b) solo in caso di estrazione c) solo se il soggetto è un nome non-umano

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7.6. Passivizzazione

La passivizzazione o trasformazione passiva implica tre operazioni o trasformazioni: La permutazione a specchio del soggetto con il complemento oggetto, l' inserzione dell' ausiliare essere seguito dal participio passato del verbo della frase da passivizzare, l' inserzione della preposizione da. Così, data la frase:

Maria mangia la pizza

otteniamo la frase passiva applicando le operazioni su indicate:

[perm] --> *La pizza mangia Maria[ins-aus] --> *La pizza è mangiata Maria[ins-DA] --> La pizza è mangiata da Maria

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ATTIVITA'

62. Qual'è la forma passiva della frase Maria fonda una società ?

a) E' una società che Maria fonda b) E' una società ciò che fonda Maria c) Una società è fondata da Maria

63. Perché la frase *Il gelato è mangiato Maria non è accettata:

a) perché non è stata introdotta la preposizione da b) perché non è stata applicata la permutazione c) perché non è stata applicata la estrazione7.7. Interrogativa

In questo paragrafo esaminiamo solo l' interrogativa diretta. Data la frase:

Maria mangia la pizza

in cui N0 è un nome umano e N1 è un nome non umano, l' interrogativa può applicarsi al soggetto o al complemento. Se si applica ad un nome umano l'interrogativa richiede l'inserzione del pronome interrogativo chi, e quindi abbiamo: __ | |Chi mangia la pizza ? | |Maria |__

mentre se si applica ad un nome non umano, l'interrogativa richiede l'inserzione del pronome interrogativo che cosa: __ | |Che cosa mangia Maria ?

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| |La pizza |__

Inoltre il cambiamento intonazionale nei discorsi orali viene rappresentato nei discorsi scritti dal punto interrogativo. La permutazione o l'inversione del verbo e del soggetto si ha quando l'interrogativa si applica al complemento:

Che cosa Maria mangia ? Che cosa mangia Maria ?

Nel caso in cui il verbo sia seguito da un complemento indiretto o preposizionale, come in:

Maria sorride a Lia

dove a Lia è il complemento indiretto, la forma pronominale interrogativa conserva la preposizione: __ | A chi Maria sorride ? | | A Lia |__

La permutazione del soggetto dà:

A chi sorride Maria ?

Se il complemento preposizionale è di tipo locativo la forma pronominale interrogativa è dove preceduta o meno dalla preposizione.

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ATTIVITA'

64. Data la frase Maria dice una bugia a Lia la forma interrogativa è applicabile:

a) solo al soggetto b) solo al complemento diretto c) al soggetto, al complemento diretto e a quello indiretto

65. La frase Che cosa dice Maria a Lia è una interrogativa applicata al:

a) soggetto b) complemento diretto c) complemento indiretto

66. La frase Dove si reca Mario ? è una interrogativa applicata:

a) al complemento diretto b) al soggetto c) al complemento indiretto, di tipo locativo

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Abbiamo detto che le trasformazioni sono le diverse realizzazioni nei contesti o nei discorsi comunicativi delle frasi di base. Ma in linguistica le trasformazioni non rappresentano unicamente ciò. Infatti esse sono considerate in primo luogo dei tests formali, cioè delle manipolazioni di cui ci serviamo per studiare il funzionamento di un determinato elemento o di una frase presi in esame. Nei seguenti paragrafi vedremo, infatti, come le trasformazioni aiutano il linguista ad individuare la natura di un complemento (diretto o indiretto) o a distinguere un complemento "nucleare" da un complemento "non nucleare".

8.1. Natura dei complementi

Le tre trasformazioni o tests formali che abbiamo studiato nella sezione precedente, e cioè la dislocazione (par. 7.2.), l' interrogativa (par. 7.7.), la passivizzazione (par. 7.6.), ci aiutano a distinguere un complemento diretto da un complemento indiretto. In genere i verbi che reggono un complemento diretto accettano la forma passiva mentre i verbi a complemento indiretto non la accettano anche se esistono delle eccezioni. Così, ad esempio, data la frase: Gigi beve il latte

la dislocazione dà: Gigi lo beve # il latte

l'interrogativa produce: __ | | Che cosa beve Gigi ? | | Il latte

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|__

infine il passivo dà:

Il latte è bevuto da Gigi

quindi l'accettabilità delle tre manipolazioni ci permette di asserire che, formalmente, il latte è l'oggetto diretto del verbo bere. Prendiamo adesso il verbo sorridere nella frase:

Maria sorride a Lia

La dislocazione då: Maria le sorride # a Lia

e l'interrogativa:

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__ | | A chi sorride Maria ? | | A Lia |__

mentre il passivo produce una frase non accettata: *Maria è sorrisa da Lia

Da ciò deduciamo che il complemento a Lia è un complemento indiretto. Ma nella frase: Maria obbedisce a Lia

la dislocazione då:

Maria le obbedisce # a Lia l'interrogativa: __ | | A chi obbedisce Lia ? | | A Maria |__

e infine il passivo:

Maria è obbedito da Lia

Da quest'ultimo test deduciamo che a Lia potrebbe essere un complemento diretto e quindi per verificare ciò riapplichiamo la dislocazione e

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l'interrogativa come se a Lia fosse davvero un complemento diretto. Ma sia la dislocazione:

*Lia la obbedisce # a Maria

che l'interrogativa: __ | | Chi obbedisce Lia ? * | | Maria |__

producono frasi non accettate. Da ciò deduciamo che obbedire regge un complemento indiretto tuttavia possiede la proprietå sintattica di passivo. Nella figura che segue il passivo è indicato quindi come proprietà sintattic | N0 V Prep N1 | N | P | |__________________________________________| 0 | A | | N | N | | | N | N | | S | | U | - | | | U | - | V | S | | M | U | | | M | U | | I | | | M | | | | M | | V | | | | | | | | | O | | | | | | | | | | | | | | | | | | | |_____|____|____________|_____|______|_____|___|___| | | | | | | | | | | + | - | sorridere | a | + | - | + | - | | + | - | obbedire | a | + | - | + | + | | ... | .. | ....... | ... | ... | ... | ..| ..|

Figura III

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I tests formali ci aiutano a distinguere la preposizione da che indica luogo, e che chiamiamo locativa, dalla preposizione da non locativa. Prendiamo le frasi:

46. Maria dipende da Luca 47. Luca viene da Roma 48. Gigi va da Giovanni

la dislocazione produce:

46a. Maria ne dipende # da Luca 46b. *Maria ci dipende # da Luca 47a. Luca ne viene # da Roma 47b. *Luca ci viene # da Roma

48a. *Gigi ne va # da Giovanni 48b. Gigi ci va # da Giovanni

La dislocazione permette al linguista di distinguere (46) da (48), ma non (46) da (47). Applichiamo quindi l'interrogativa: __ | 46c.| Da chi dipende Maria ? | | Da Luca |__ __ | | Da dove dipende Maria ? * | | Da Luca |__

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__ | 47c.| Da dove viene Luca? | | Da Roma |__

__ | | Da chi viene Luca ? * | | Da Roma |__ __ | 48c.| Dove va Gigi ? | | Da Giovanni |__ __ | | Da dove va Gigi ? * | | Da Giovanni |__ __ | | Da chi va Gigi ? | | Da Giovanni |__

Ma la forma interrogativa da chi? del verbo dipendere non è la stessa del verbo andare; infatti, la dislocazione per il verbo andare si costruisce con il pronome ci, mentre per il verbo dipendere viene impiegato il pronome ne.

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Il passivo non è accettato in nessuno dei casi.

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ATTIVITA'

67. Se un verbo è seguito da un complemento indiretto ed accetta la forma passiva, essa viene: a) considerata proprietà sintattica b) considerata struttura definizionale c) considerata proprietà distribuzionale

68. Date le frasi:

1. Maria discende da Eva 2. Mario corre da Giovanni

diciamo che :

a) nella frase (1) ma non in (2) la preposizione da è locativa b) nella frase (2) ma non in (1) la preposizione da è locativa c) sia nella frase (1) che in (2) la preposizione da è locativa

69. Nelle frasi (1) e (2) su indicate la dislocazione con il clitico ci dà:

a) una frase accettata in (1) ma non in (2) b) una frase accettata in (2) ma non in (1) c) frasi accettate in (1) e (2)

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8.2. Complementi di verbo, di frase, di nome

Nella sezione 2. abbiamo detto che la struttura definizionale di un verbo indica la struttura elementare o minima di quel verbo. In quel caso abbiamo adottato il test della omissione o cancellazione per identificare la struttura di frase elementare. In altre parole, la cancellazione ci permette di individuare i complementi essenziali, cioè selezionati dal verbo e legati ad esso. Essi si chiamano complementi nucleari o complementi di verbo. Così, nelle due frasi:

49. Gigi abita a Roma 50. Luca dorme a Roma

il complemento locativo a Roma è nucleare o di verbo in (49) mentre è non nucleare o di frase in (50). L'omissione in questi casi ci permette di distinguere i due verbi abitare e dormire. Infatti omettendo o cancellando a Roma otteniamo una frase accettata nel caso di (49) ma non in (50):

*Gigi abita Luca dorme

Invece, se applichiamo i tests formali della dislocazione e della interrogativa otteniamo risultati identici per entrambi i verbi:

Gigi ci abita # a Roma Max ci dorme # a Roma __ | | Dove abita Gigi ? | | A Roma |__

__ |

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| Dove dorme Luca ? | | A Roma |__

Al contrario, se prendiamo le frasi:

51. Maria dorme di giorno 52. Max ride di Ugo

l'omissione non ci då alcun risultato significativo:

Maria dorme Max ride

mentre i tests formali ci permettono di distinguere (51) da (52). Infatti: __

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| | Di che cosa dorme Maria ? * | | Di giorno |__

__ | | Quando dorme Maria ? | | Di giorno |__

__ | | Di chi ride Max ? | | Di Ugo |__ __ | | Quando ride Max ? * | | Di Ugo |__

Diciamo che di giorno in (51) è un complemento aggiuntivo, cioè è un complemento di frase, mentre di Ugo in (52) è un complemento di verbo, cioè un complemento essenziale, selezionato dal verbo ridere. I complementi di frase più importanti sono:

Tempo Quando ? Luca dorme di notte Modo Come ? Luca dorme di fianco Causa Perché ? Luca dorme per stanchezza

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Per che cosa ? Strumento Con che cosa? Locativo Dove ? Luca dorme a Roma Compagnia Con (chi, che cosa)? Luca dorme con Maria Fine A (che, qual) fine ?

Prendiamo ora le due frasi:

53. Marta racconta una storia a Maria 54. Lia vede un aereo a reazione

diciamo che a Maria è un complemento di verbo, mentre a reazione è un complemento di nome. I complementi di nome sono legati al nome e quindi sono dei complementi aggiuntivi, non nucleari. I complementi di nome sono introdotti dalle preposizioni di, da, a: la casa di Maria, costume da bagno, aereo a reazione. Inoltre i complementi di nome accettano l' inserzione di una frase relativa fra il nome e il complemento di nome:

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Lia vede la casa che è di Maria un costume da bagno un aereo che è a reazione

mentre questo tipo di inserzione non è possibile con i complementi di verbo:

*Marta racconta una storia che è a Maria La cancellazione non ci aiuta a distinguere il complemento di nome da quello di verbo. Infatti le frasi:

Marta racconta una storia Lia vede un aereo

sono entrambe accettate. Dobbiamo ricorrere quindi ai tests formali. La dislocazione dà:

Marta le racconta una storia # a Maria *Lia ci vede un aereo # a reazione

mentre l'ultima frase diventa accettabile in:

Lia lo vede # un aereo a reazione

L' interrogativa invece dà: __ | | A chi racconta una storia Marta ? | | A Maria |__ __ | | Chi racconta una storia Marta ?

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* | | A Maria |__ __ | | A che cosa vede un aereo ? * | | A reazione |__ __ | | Che cosa vede Lia ? | | A reazione |__

L'inserzione di una frase relativa in (53) produce una frase non accettata:

*Marta racconta una storia che è a Maria

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Consideriamo ora i seguenti esempi:

55. Maria accusa Gigi di furto 56. Luca ammira la casa di Eva

Diciamo che di furto è un complemento nucleare, cioè di verbo, mentre di Eva è un complemento di nome. La cancellazione non ci aiuta a distinguere i due tipi di complemento. Infatti le frasi:

Maria accusa Gigi Luca ammira la casa sono entrambe accettate. Dobbiamo ricorrere quindi ai tests formali. Ma né la dislocazione né l' interrogativa ci aiutano a distinguere i due tipi di copmplementi perchè producono gli stessi risultati:

Maria ne accusa Gigi # di furto Luca ne ammira la casa # di Eva __ | | Di che cosa Maria accusa Gigi? | | Di furto |__ __ | | Di chi ammira la casa Luca? | | Di Eva |__

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Questi esempi mostrano che neanche il test della forma interrogativa e della dislocazione sono sempre sufficienti a distinguere un complemento di verbo da un complemento di nome. In questo caso è quindi solo l'inserzione della relativa che ci permette di differenziare di Eva e di Gigi:

*Maria accusa Gigi che è di furto Luca ammira la casa che è di Eva

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ATTIVITA'

70. Il complemento di verbo è:

a) non aggiuntivo b) non essenziale c) legato al nome

71. Il complemento di frase è:

a) non aggiuntivo b) legato al verbo c) non essenziale

72. Date le frasi: 1. Marco risiede a Roma 2. Marco langue a Roma

il complemento indiretto a Roma è:

a) essenziale in (1) e (2) b) aggiuntivo in (1) e (2) c) essenziale in (1) e aggiuntivo in (2)

73. Il complemento di nome è:

a) non essenziale b) non aggiuntivo c) legato al verbo

74. Nella frase Paolo ha costruito un castello di carta, il complemento di carta è:

a) un complemento nucleare

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b) un complemento di frase c) un complemento di nome

75. Nella frase Lia desidera quel gioiello da tempo, da tempo è:

a) un complemento di nome b) un complemento di frase c) un complemento nucleare

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9. Conclusioni

9.1. Sommario

1. La frase semplice Si spiega che cosa è e come si individua una frase semplice; si distinguono inoltre i tre tipi di frase semplice.

2. Struttura definizionale e sotto-struttura Viene studiata la rappresentazione sintattica e formale dei verbi. Si distingue quindi la struttura definizionale dalla sotto-struttura di un verbo

3. L' analisi distribuzionale Si spiega come si fa ad individuare i nomi o le classi di nomi accettate dai verbi. Inoltre si vede come si organizza formalmente questo insieme di informazioni.

4. Proprietà distribuzionali e strutture definizionali Si spiega in che modo l'analisi distribuzionale ci aiuta a individuare classi omogenee di verbi

5. L' analisi trasformazionale Viene studiata la relazione fra una frase di base e una frase trasformata. Questa relazione si stabilisce grazie alle trasformazioni.

6. Le trasformazioni di sostituzione Si spiega che cosa sono le trasformazioni di sostituzione e se ne analizzano alcuni tipi.

7. Le trasformazioni di spostamento Si spiega che cosa sono le trasformazioni di spostamento e se ne analizzano alcuni tipi

8. Le trasformazioni come tests

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Si studia l'utilità delle trasformazioni al fine di distinguere i vari complementi: il complemento di verbo, di frase, e di nome.

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Capitolo quarto FRASE FISSA

La linguistica Computazionale

La linguistica computazionale, che descrive le lingue naturali con modelli matematici anche in vista di applicazioni informatiche, potrà aiutarci ad avere un rapporto più “umano” con l’informazione elettronica. Perché ciò accada è necessario che vengano costruiti dizionari e grammatiche in formato elettronico, cioè informatico. In questo contributo presenteremo alcuni strumenti linguistici che vanno in questa direzione46.Nell' ottica della costruzione completamente informatico-linguistica di un dizionario, il sottoscritto ha sviluppato e coordinato, insieme con Emilio D' Agostino, un sistema di dizionari elettronici (DELA), che si basa sullo standard europeo RELEX che fa largo uso del sistema INTEX di Max Silberztein <47> . Il sistema è composto da un dizionario di 110.000 forme morfologiche semplici (DELAS), circa 900.000 forme morfologiche semplici flesse (DELAF), un dizionario di 250.000 forme polirematiche semplici (DELAC), un dizionario di 600.000 forme polirematiche flesse (DELACF) e svariati dizionari bilingui polirematici per circa 800.000 forme bilingui

461 L' équipe di linguisti e tecnici del Dipartimento di Scienze della Comunicazione, è composta oltre che da A. Elia e da Emilio D' Agostino,da Maurizio Martinelli, Simonetta Vietri, Caterina D' Elia, Anna Cicalese, Franco Di Maio (che è il responsabile informatico della struttura di calcolo), Giustino De Bueriis. 471. Si tratta delle norme scaturite dal gruppo di lavoro internazionale sul lexique-grammaire diretto da Maurice Gross del LADL del CNRS presso l' Università di Paris 7. Questo sistema è stato industrializzato dalla LEXICON SpA di Salerno, nell' ambito del Consorzio LEXICON Ricerche, che ha come soci la Lexicon e l' Università di Salerno e sviluppa il Dizionario elettronico della lingua italiana DELI secondo il modello GENELEX.

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(DEBIS). I dizionari elettronici delle polirematiche (DELAC e DELACF) hanno una struttura superficiale molto semplice <48>, il problema è che la realizzazione delle prime 100.000 polirematiche è sopratutto un rompicapo linguistico-terminologico e non informatico: l' individuazione di una forma polirematica non è assolutamente evidente. Nella maggior parte dei campi tecnico-scientifici la terminologia è costituita da gruppi di parole che, in ambito lessico-grammaticale, sono chiamate parole composte, come ad esempio: schermo catodico, terminale grafico a colori, acceleratore di particelle, ecc.. Le parole semplici come laser sono piuttosto eccezionali, sebbene l' uso di acronimi sia corrente.Nell' ambito delle parole composte sono i nomi composti ad avere un ruolo centrale, a differenza delle altre parti del discorso che hanno invece un ruolo marginale. Infatti, lo studio dei testi tecnici e scientifici mostra che il vocabolario dei verbi utilizzati è relativamente povero. La maggior parte dei verbi utilizzati è costituito dai verbi supporto essere, avere e fare e le loro varianti, che sono soprattutto di natura stilistica

Le frasi semplici sono composte da frasi libere e frasi fisse. Le frasi fisse ha la caratteristica della non-composizionalità totale della frase e della non –composizionalità (fissità) parziale.

…… la fissità e le irregolarità di natura morfo-sintattica sono ampiamente diffuse e fortemente presenti nel lessico dell’italiano49.

Pur senza conoscere l'origine, la storia di queste frasi, siamo in grado di usarle e capirle correntemente. Così, ad esempio la frase piantare in asso vuol dire "abbandonare qualcuno a sé stesso". Alcuni studiosi sostengono

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49 Vietri (2004:146)150

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che essa fa riferimento al mito di Arianna che fu piantata in Nasso da Giasone. In Nasso è diventato col tempo in asso e oggi non capiamo neanche più cosa significhi l'intera frase, però siamo in grado di usarla. E ancora rompere il ghiaccio deriva - dice Lapucci - "dal latino scindere glaciem. Secondo Erasmo è una metafora presa dall'antico uso dei marinai che, trovando chiuso un braccio di fiume gelato, mandavano avanti gli uomini a rompere il ghiaccio e a liberare il cammino.

Le frasi fisse sonoA verbo ordinario;A verbo supporto;Frasi e sintagmi composti non composizionali;

La frase fissa a verbo ordinario è definita tale quando si avverte la presenza di un operatore verbale con almeno un argomento che vengono denominati “fissi”. Le frasi fisse a verbo ordinario sono anomale dal punto di vista lessicale e distribuzionale ,ma hanno comunque una struttura sintattica regolare La funzione di predicato non è svolta né da un verbo, come nelle frasi a verbo ordinario, né da un nome o un aggettivo, come nelle frasi a verbo supporto, ma dalla intera sequenza verbo-nome. In alcune grammatiche frasi come quelle che abbiamo finora citato sono chiamate frasi fatte o frasi idiomatiche. Noi le chiameremo invece frasi fisse o frasi a verbo composto. Esse hanno le seguenti caratteristiche: la non-composizionalità; la distribuzione fissa; il legame fra verbo e nome;

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La distribuzione fissa rappresenta la fissità o invariabilità di almeno un nome o gruppo nominale e il verbo.Diremo quindi che la distribuzione nelle frasi fatte è fissa, invariabile. Naturalmente, c' è una gradualità nella fissità distribuzionale: in alcuni casi la distribuzione è fortemente ristretta o fissa (ad esempio nelle frasi finora esaminate). In altri casi invece la distribuzione è meno ristretta o fissa. Anche nella lingua dei segni vi sono frasi fisse che appartengono alla cultura dei sordi ma che possono anche essere influenzate dalla lingua italiana (e quindi dalla cultura udente) e pertanto è da considerare le stesse teorie per i linguaggi ottici:Pertanto è dunque possibile condurre un discorso scientifico dei linguaggi settoriali nella lingua dei segni.

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I gesti al pari delle parole indicano in questa icona una frase fissa composta da l’operatore verbale “Abbassare” e dall’argomento “orecchie”, non è prevedibile il calcolo semantico del singolo gesto. Insomma ha la fissità degli elementi che compongono la sequenza che non è ben chiaro come definire o annotare queste frasi. 50 ROMEO 1990

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Questo tipo di frase fissa a verbo ordinario dimostra che la semantica del gesto è pari a quella della parola e pertanto descrivendo questa frase avremo possiamo dire che il gesto può descrivere i “Tratti” e la classificazione della idiomatica in questione:

N0 V= cioè al frase è composta da “Nome +V”

51 Rodersi il fegato

Il significato delle frasi è non-composizionale cioè non è derivabile da una calcolo semantico non possiamo determinare il significato di “Abbassare le orecchie” O”Rodersi il fegato” conoscendo solo i significati delle singole parole. Esaminando le frasi: Erodersi il fegatoRodersi il fegato

51ROMEO 1990153

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Nella prima frase il significato è letterale mentre, comunemente si dice che la seconda frase ha un significato figurato o metaforico. Ma, se tale frase è una metafora possiamo analizzarla così come tradizionalmente vengono analizzate le metafore. Diremo quindi che in tale frase è stata violata la restrizione di selezione del verbo. Il soggetto deve essere marcato [+ animato], come nella prima frase mentre nella seconda è marcato [+ concreto]. La prima frase è interpretabile perché il verbo erodersi trasferisce il tratto [+ umano] su fegato.

La particolarità delle idiomatiche consiste proprio nel fatto che il loro significato non è prevedibile dalle singole parole nella frase. Quindi il significato delle idiomatiche non è il prodotto di un calcolo logico.

Rodersi il fegato

questa frase è ambigua. Essa può avere un significato letterale e un significato figurato o idiomatico. Il significato letterale è prevedibile a partire dal significato del verbo rodersi e del nome il fegato. Il significato figurato o idiomatico che corrisponde a "essere ansiosi" non è ricavabile da rodersi il fegato. In questo senso, diciamo che il significato delle frasi fisse è non-composizionale: esso non deriva cioè dalla composizione interna di una frase. Il contesto discorsivo ci aiuta a capire se la stessa sequenza di elementi risedersi il fegato ha un significato letterale o figurato.

LA FRASI A VERBO SUPPORTO Le frasi fisse a verbo supporto, definito un verbo semanticamente “vuoto” e in cui l’operatore non è il verbo, ma può essere l’intera sequenza di verbo supporto seguito da nome o aggettivo come:

Fare scena muta;

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Fare scena muta;

Tra le frasi fisse includiamo oltre le frasi fisse a verbo ordinario, supporto e frasi e sintagmi composti non composizionali presentano un massimo contenuto informativo all’interno di di una percentuale anche bassa di parole composte (politematiche) di uso tecnico-settoriale. Per parola composta , si intende un sintagma con svariate funzioni (nome,verbo, agg, ecc)che risponde ai criteri52:

Alta difficoltà di analisi composizionale basata sul significato dei singoli elementi del sintagma;Fissità elevata di parti lessicali o grammaticali;Cooccorrenza con alto livello di frequenza di due o più elementi del sintagma; con selezioni delle varianti di significato di ogni elemento,determinata dall’uso invalso di un dominio settoriale;

La nozione di fissità non si applica solo alle frasi e quindi ai verbi, ma anche a tutte le altre categorie grammaticali: nomi, aggettivi, avverbi, ecc.. In tal caso si parlerà di nomi composti, aggettivi composti, avverbi composti, ecc.:Espressioni come cavallo di battaglia e bicchiere di vino, che hanno la stessa struttura N DI N, e se ne esamina la distribuzione nominale, ci si rende conto che in bicchiere di vino si può sostituire bicchiere con bottiglia, fiasco, brocca, ecc., e vino con latte, acqua, olio, birra, ecc.; invece, in cavallo di battaglia non si può sostituire nessuno dei due componenti. Infatti sostituire cavallo con asino, o battaglia con combattimento significherebbe perdere il significato idiomatico che corrisponde a "attività in cui una persona eccelle".

52 ELIA (2002:72).155

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Proprio come per le frasi idiomatiche, che possono essere ambigue, possono avere cioè un significato letterale ed uno figurato, lo stesso accade anche per le parole composte. Naturalmente, è il contesto in cui si trovano realizzate che aiuta a dare la giusta interpretazione alle parole composte. Per esempio, se la parola viso pallido si trova in un contesto dove si parli di bianchi e di indiani, difficilmente le si darà il significato letterale di "viso senza colorito, emaciato". Quindi anche i nomi, gli aggettivi e gli avverbi possono essere non composizionali. Così le sequenze testa di cuoio, camicia rossa sono nomi composti in frasi come:

Il governo ha mobilitato le teste di cuoio perrisolvere il dirottamento aereoNelle prime due frasi, le sequenze testa di cuoio e camicia rossa sono nomi composti perché il loro significato non è ricavabile da un semplice calcolo semantico. Cioè, dal significato dei nomi testa e cuoio non deduciamo il significato del nome composto testa di cuoio che è "soldato di una squadra speciale". Dal significato del nome camicia e dall' aggettivo rossa non deduciamo "garibaldino" che è il significato del nome composto camicia rossa. Nelle ultime due frasi, invece, testa di cuoio e camicia rossa sono composizionali, il loro significato è ricavabile dai significati di singoli elementi della sequenza.Prendiamo ora la frase:Maria ha acconsentito alla tua richiesta a denti stretti

53 ROMEO (1990:40)156

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la sequenza a denti stretti è un avverbio composto il cui significato è non composizionale. E cioè, se sommiamo il significato del nome dente al significato dell'aggettivo stretto non riusciamo a ricavare il significato dell'intera sequenza a denti stretti che è "controvoglia".

LE PAROLE COMPOSTE

Le parole composte unite si trovano facilmente in tutti i dizionari sotto forma di lemma, come qualsiasi parola semplice. Invece, le parole composte separate sono più difficilmente reperibili nei dizionari perché si trovano sparse all'interno di un lemma come esempi d' uso. E' per questo motivo che siamo portati a considerare le parole composte unite come delle parole semplici e a trattare diversamente e a parte tutti gli altri tipi di parole composte su indicati.

Uno studio esaustivo sulle parole composte, dunque, comporta delle difficoltà maggiori rispetto ad uno studio sulle parole semplici, e questo, oltre che per i motivi cui abbiamo appena accennato riguardo al reperimento delle parole composte nei dizionari, anche per altre due importanti ragioni: 1) per la gran mole di dati (si è calcolato che le parole composte sono circa tre, quattro volte più numerose di quelle semplici);

2) perché non si è ancora giunti ad una definizione che accontenti tutti i linguisti sul concetto di composizione e che permetta di avere dei criteri in comune sul reperimento e il riconoscimento dei dati.

A tal proposito, ci si aspetterebbe un aiuto dalle grammatiche, le quali invece si limitano a considerare composte solo le forme che si presentano graficamente unite (pomodoro) e quelle separate da un trattino (pesce-gatto), ignorando spesso le forme ad elementi separati da uno spazio bianco (chiusura lampo o macchina da scrivere).

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L'importanza di uno studio che riguardi anche queste ultime forme è sottolineata dal fatto che queste spesso differiscono dalle altre solo per la diversa grafia. Infatti, è una incongruenza dovuta a tale carenza di informazione il fatto che parole come pescecane si scrivano unite, pesce-gatto con il trattino e pesce spada in due parole separate.

Sull'origine e sull' esatta definizione delle parole composte esistono varie teorie: facciamo una rapida panoramica soffermandoci su quelle teorie che sono state di maggiore interesse ai fini delle ricerche attuali.

Come abbiamo potuto vedere finora dagli esempi mostrati, è evidente che gli studi condotti sulle parole composte non sono né soddisfacenti né completi. Per ottenere dei risultati concreti è necessario individuare un metodo che renda la ricerca produttiva. La prima cosa importante da fare è reperire il maggior numero di dati utilizzando come fonte principale i dizionari e aggiornando tale corpus consultando quotidiani, riviste specializzate o dalla viva voce dei parlanti. Questo primo approccio deve essere seguito da una fase di studio vero e proprio che consiste nell'individuazione prima, e nell'applicazione poi, di una serie di tests atti a verificare se sequenze qualsiasi di parole (N + N, N + AGG, V + N, ecc.) sono delle parole composte. Dato l'enorme numero di combinazioni possibili, si decide di limitare la ricerca a quelle combinazioni che hanno nel lessico vita autonoma. Pertanto non si considerano:

a) le parole composte ottenute per derivazione perché sono formate da morfemi che non hanno una vita autonoma nel lessico; b) le parole composte con suffissi o prefissi di origine greca o latina, come neurochirurgo;

c) le sigle, come ENS

d) le lessicalizzazioni di sigle, come cigiellista;

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e) le parole composte unite, come rompighiaccio, perché si comportano come quelle semplici.

Si considerano, invece, quelle combinazioni di parole che si presentano:

separate da un trattino, come pesce-gatto;separate da uno spazio bianco, come libero arbitrio o baco da seta.

Le parole composte a elementi separati sono quelle che pongono dei problemi per quanto riguarda il riconoscimento, soprattutto automatico, poiché corrispondono a strutture sintattiche riscontrabili in strutture normali. Infatti se confrontiamo le frasi:

Max è sparito in un batter d'occhioMax è sparito in una casa di pietraMax è sparito in un campo di lavoro

esse appartengono alla stessa struttura superficialeMa un'analisi approfondita mostra che la stessa sequenza N Prep N è diversa in ciascuna frase: nella prima si tratta di un avverbio fisso, nella seconda di un gruppo nominale qualsiasi e solo nella terza siamo in presenza di un nome composto.

Sotto l'etichetta di parola composta si includono: parole composte totalmente fisseparole composte parzialmente fissefraseologiatermini tecnici

Un esempio di parola totalmente fissa è dato da:

cavallo di battaglia

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dove gli elementi sono non composizionali, cioè nessuno di essi può essere sostituito senza che il nome perda il significato idiomatico di "attività in cui una persona eccelle". Un esempio di parola composta parzialmente fissa è dato da:

passo di danza

il cui significato è composizionale, si tratta, infatti, di un tipo di passo, il quale può essere anche di valzer, di marcia, di parata. Gli elementi fissi in questo caso sono il primo termine e la preposizione, infatti:

*movimento di danza*passo della danza*passo di una danza

Per fraseologia si intende tutto ciò che normalmente nei dizionari si trova nella descrizione del lemma. Per esempio, sotto la parola acqua, si trovano i composti:

acqua correnteacqua di Coloniaacqua di roseacqua distillata, ecc.

Nomi, aggettivi, verbi e avverbi direttamente o per mezzo di preposizioni e congiunzioni si combinano in vari modi per formare nomi, aggettivi, verbi, avverbi, preposizioni e congiunzioni composte. La funzione grammaticale di una parola composta non è ricavabile dalle funzioni degli elementi che le compongono: una preposizione + un nome possono generare un avverbio (a manciate), un verbo + una congiunzione + un verbo possono generare un aggettivo (usa e getta). Se si fa qualche considerazione statistica su una lista di circa 80000 parole composte si calcola che circa il 70% di essi è costituito da NAGG e NPN e che circa l'80% di essi è costituito da nomi. Aggettivi, avverbi, congiunzioni e preposizioni formano il restante 20%.

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I nomi composti sono simili ai nomi semplici sia da un punto di vista sintattico che distribuzionale. Infatti, i nomi composti possono avere le stesse funzioni grammaticali dei nomi semplici e possono apparire in distribuzioni nominali dove non sono distinguibili dai nomi semplici.Per quanto riguarda, invece, la formazione del plurale, i nomi composti si comportano in maniera differente dai nomi semplici e dalle regole del plurale che questi seguono. Sebbene la maggior parte delle grammatiche si siano interessate alle parole composte quasi sempre a proposito della formazione del plurale, questo resta ancora il punto di maggior disaccordo. Le forme flesse variano da una grammatica all'altra, in genere tutte le possibilità sono contemplate:

- si flette il primo ma non il secondo termine:

carta carbonecarte carboni

- si flette il secondo ma non il primo termine:

carta pecoracarta pecore

- si flettono entrambi i termini

argento vivo*argenti vivi

Ma accanto a queste regole solitamente vengono accostate altrettante eccezioni. Una soluzione a questo problema è quella di segnalare per ogni termine la variazione delle forme dei singoli componenti della parole composta. Così, dati i due nomi composti ricevuta di ritorno e carta di credito, la regola del plurale è costituita da una tavola che dà il numero singolare o plurale dei due componenti:

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plurale N1 N2

ricevuta di ritorno + -

carta di credito + -

Questa tavola ci dice che ricevuta di ritorno e carta di credito al plurale flettono solo il primo nome. I nomi composti hanno forme e contenuti eterogenei, come mostrano gli esempi andata e ritorno, piede a terra, qui pro quo, dove si combinano in modi diversi le varie parti del discorso. Per esempio, le composizioni interne più ricorrenti dei nomi composti sono:

NAGG(nome + aggettivo) vedova biancaNN (nome + nome) uomo ranaIl modificatore “avverbiale”Resumé.L’ auteur présente la classification des adverbes figés elaborée dans le cadre du lexique-grammaire. Le repertoire consiste de 4000 formes, qui, inserées dans le programme INTEX, sont utilisés pour améliorer le niveau de la reconnaissance automatique des textes.

Da un punto di vista lessicale e sintattico, l’ avverbio può essere rappresentato da un' ampia gamma di strutture, che, per quanto riguarda la lingua italiana, possono così essere schematizzate:

- avverbi tradizionali di forma monolitica (subito, molto);

- avverbi tradizionali in -mente;

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- sintagmi nominali o preposizionali (basso basso, senza tregua);

- sintagmi derivanti da frasi a verbi finito o infinito(comparative in come, gerundi, participi passati).

Noi ci soffermeremo sugli avverbi realizzati da sintagmi nominali o preposizionali, genericamente indicati con il termine locuzioni avverbiali. Tali sintagmi, nell’ ambito della teoria lessico-grammaticale, possono essere a distribuzione libera o fissa, rientrando nella seguente casistica delle combinazioni possibili:

a) con un grado elevato di variabilità di co-occorrenza tra le parole, per cui è possibile parlare di combinazioni a distribuzione libera:

con (eleganza, amore, devozione,...)

b) con un grado ridotto di variabilità di co-occorrenza tra le parole, per cui è possibile parlare di combinazioni a distribuzione ristretta:

da un (momento, giorno, anno,...) all' altro

c) con un grado nullo o quasi nullo di variabilità di co-occorrenza tra le parole, per cui è possibile parlare di combinazioni a distribuzione fissa:

chiaro e tondo, alla ventura

Da un punto di vista semantico, si può osservare che il tipo c) può avere delle interpretazioni idiomatiche, cioè delle interpretazioni che non possono essere fatte in base ad un calcolo composizionale del significato dei singoli elementi. Una certa parte di queste combinazioni fisse e idiomatiche è molto probabilmente il residuo storico di operazioni metaforico-metonimiche ormai cristallizzate. E' per questo, tra l' altro, che possiamo arguire che l' uso del tipo c) in un discorso è legato più a esigenze di rapidità che non di ricchezza comunicativa. Mentre le metafore e le metonimie (o altre "figure") vive necessitano addirittura di un lavoro

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supplementare di decodifica e di interpretazione, le combinazioni fisse e idiomatiche, che vengono apprese a memoria, sono delle scorciatoie semantiche, per le quali non è neanche necessario "conoscere" il valore dei singoli componenti.

Per quanto riguarda gli avverbi fissi e idiomatici, va aggiunto che il loro uso è talmente corrente che in molti casi sfugge il carattere di fissità o di idiomaticità.

In base ai principi metodologici del lessico-grammatica abbiamo costituito un primo repertorio di sintagmi nominali e preposizionali avverbiali dell' italiano di tipo c), basandoci su diversi spogli di dizionari e di corpora elettronici.

Il repertorio da noi costituito riguarda circa 4.000 forme, classificate, da un punto di vista esclusivamente formale, in 9 classi morfosintattiche.

Questo primo reportorio è stato realizzato in formato elettronico al fine di essere utilizzato dal sistema INTEX.

Avverbi semplici e composti

Definizione di avverbio

Piuttosto che parlare di avverbio nel senso della categoria grammaticale tradizionale, stabiliremo che

(1) a parità di struttura lessico-sintattica, esistono due tipidi complementi:a. quelli essenziali, selezionati da un verbo (diretti o

preposizionali);b. quelli avverbiali, non selezionati da un verbo e non

essenziali alla sua caratterizzazione lessicale e sintattica (circostanziali);

(2) sia i complementi essenziali che quelli avverbiali possono avere due tipi di strutture:

a. a combinazione libera degli elementi; b. a combinazione composta e fissa degli elementi.

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All' interno del campo delineato da (1)b e da (2)b, possiamo osservare alcune caratteristiche dei complementi avverbiali:

1. essi rispondono a pronomi interrogativi di tipo circostanziale:

- come si difese Eva dal leone?- a mani nude

- quanto ha pagato Max quella statua?- un occhio della testa

- quando arriverà Alex?- da un istante all' altro

- perché‚ Anna non è potuta venire?- per cause di forza maggiore

- dove abita Giulia?- in capo al mondo

2. essi godono di un' ampia mobilità all' interno della frase:

In ogni momento Max pensava ad AnnaMax in ogni momento pensava ad AnnaMax pensava in ogni momento ad AnnaMax pensava ad Anna in ogni momento

3. essi possono avere diversi livelli di portata o dominio:

sul verbo:

Sergio mangia a crepapelle

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sul nome e sul verbo:

Anna pregava a mani giunte Max di non partireQuest' anno le gonne si portano al ginocchio

sull' aggettivo e sul verbo:

Anna piace da morireGiulia è bella da morire

sulla frase:

Max è già partito, d' altra parte

sul verbo e sulla frase:

Anna sa di preciso che Max non è partitodi preciso, Anna non ha mai detto ciò

4. essi possono avere diversi gradi di fissità:

esistono strutture con classi produttive come "Ntmp", cioènomi indicanti tempo, durata, data:

N0 dimagrire di "Ntmp" in "Ntmp" =:

Max dimagrisce di anno in annoMax dimagrisce di mese in meseMax dimagrisce di giorno in giornoMax dimagrisce di ora in ora...

5. essi possono coincidere con casi di complementi fissi entro frasi idiomatiche, o, quantomeno, con distribuzione molto ristretta:

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Anna beveva a garganellaPioveva a dirotto

infatti, se da una parte entrambi gli avverbi rispondono alla domanda come?, è difficile trovare altri contesti non metaforici in cui altri verbi siano compatibili con essi;

6. essi possono coincidere con casi di determinanti nominali postposti:

Max aveva penne (a bizzeffe, a carrettate, a profusione)

*Max aveva bizzeffe di penneMax aveva carrettate di penneMax aveva (E + una) profusione di penne

1.2. Analisi sintattica dell' avverbio

Se consideriamo degli operatori nel senso harrisiano, dobbiamo.Per far giustificare sintatticamente l’ introduzione dei complementi

avverbiali nella frase dobbiamo ricorrere a un particolare tipo di verbo supporto54, i cosiddetti verbi supporto di occorrenza del tipo succedere, avere luogo, prodursi, che ci permettono di collegare la frase (3) alla (4), nella quale la (3) è incassata in N0, cioè nella completiva soggetto:

(3) Max guardava la TV (in salotto + di notte)

(4) Il fatto che Max guardava la TV succedeva (in salotto + di notte)

Nei casi di complementi avverbiali a portata nominale, è necessario ricorrere ai verbi supporto di occorrenza essere e stare, che hanno un comportamento alternativo agli altri verbi supporto:54 Si veda per una esauriente discussione Gross 1986.

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(5) Max chiedeva perdono in ginocchio

(6) Max era + stava in ginocchio

(7) *Il fatto che Max chiedeva perdono era + stava in ginocchio

(8) *Il fatto che Max chiedeva perdono succedeva in ginocchio

L' introduzione dell' avverbio in ginocchio, a differenza di quelli della frase (3) non è introducibile in modo analogo attraverso (8); d' altra parte, con essere e stare, mentre abbiamo la frase (6) perfettamente accettabile, non possiamo introdurre l' avverbio con lo stesso meccanismo della (8) in quanto la (7) risulta inaccettabile. La soluzione che si impone è quella di una introduzione coreferenziale che permetta di collegare (5) e (6) attraverso (9) che, stabilita la coreferenza di Max con Max, cancelli il verbo supporto e ci conduca a (5):

(9) Max chiedeva perdono // Max (era + stava) in ginocchio

Anche le altre soluzioni possibili, quelle con la relativizzazione di (6) in (5) o il trattamento per inciso appositivo di (6) con forma gerundiva come in (10)

(10) Max, (E + che stava + stando) in ginocchio, chiedeva perdono

mettono in luce la differenza di inserimento dei due tipi di avverbio. Le forme del tipo N0 (essere + stare) Prep W sono trattate in Vietri 1990 e Linsalata 1990 come frasi fisse e idiomatiche. Nel nostro repertorio abbiamo inserito, a titolo esplorativo, diverse forme di questo tipo, anche se la maggioranza sono avverbi introducibili grazie ai verbi supporto succedere, avere luogo.

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4.1 I principi della classificazione

In questo capitolo presentiamo le nove classi di avverbi composti che abbiamo costituito in base alla teoria lessico-grammaticale, esplicitata nel capitolo precedente.

In questa versione non abbiamo inserito nessun verbo a sinistra dell' avverbio. In generale il lettore potrà ricostruire facilmente una frase esemplificativa ricorrendo ai tipi che seguono (ricordando che per una migliore accettabilità l' avverbio composto può dover essere spostato):

1) N0 fare qualcosa AVVes:

Max ha parlato chiaro e tondo con AnnaAnna è andata da Max con passo decisoAlex ha chiesto perdono a mani giunte

2) N0 avere qualcosa AVVes:

Max ha libri in abbondanzaAnna ha penne a bizzeffeAlex ha giocattoli a carrettate

3) Qualcosa succedere W AVVes:

Negli ultimi tempi è successo di tuttoPer accidente mi è successo di cadereQueste cose in linea di massima succedono solo a Pippo

4) F, AVVes:

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D' altronde, non ho fameSono proprio bravo, modestia a parteAnna comprende Max, malgrado tutto

La classificazione è puramente formale, cioè rispetta dei criteri di combinazione morfosintattica indipendenti sia dallo spettro di compatibilità tra avverbio e altre parti del discorso, sia dal valore semantico dell' avverbio stesso.

In una stessa classe morfosintattica sarà possibile trovare avverbi che sono stati inseriti in relazione alla compatibilità che hanno con verbi particolari, come in auto in frasi del tipo

(1) Max corre, è imprudente, fa il pazzo in auto

"Max guida l' automobile in modo scorretto"

in cui osserveremo che il fattore di fissità è dato dalla preposizione in che non può essere articolata, pena la perdita del significato di (1):

(2) Max *corre, è imprudente, =/=fa il pazzo nell' auto

e avverbi ad alta compatibilità come in fin dei conti, ad ogni costo:

(3) Ugo dorme molto, corre troppo, fuma poco... in fin dei conti

(4) Eva parlerà, partirà, si sposerà... ad ogni costo

Le classi che presentiamo, in questa versione, sono nove. I tipi astratti di costruzione sono essenzialmente tre:

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(A) Prep (E+Det) (E+Agg) C1 (E+Agg) da cui abbiamo

1. Prep C1 PC =:a freddo

2. Prep Det C1 PDETC =:all' occorrenza

3. Prep (E+Det) Agg C1 PAC =: a caro prezzo

4. Prep (E+Det) C1 Agg PCA =:a mani giunte

(B) Prep (E+Det+Agg) C1 (E+Agg) Prep (E+Det+Agg) C2 (E+Agg) da cui abbiamo

5. Prep (E+Det) C1 di (E+Det) C2 PCDC =: a prezzo di costo

6. Prep (E+Det) C1 Prep (E+Det) C2 PCPC =: di volta in volta

(C) (E+Prep) (E+Det) C1 (E+Cong+Prep) (E+Det+Agg) C2

da cui abbiamo

7. (E+Prep) (E+Det) C1 Cong (E+Det) C2 PCONG =: chiaro e tondo

8. (E+Det) C1 Prep (E+Det) C2 CPC =: su per giù

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9. (E+Det) C1 (E+Det) C2 CC =: meno male

Il valore dei singoli elementi della combinatoria (Prep, Det, Agg, Cong, C) è piuttosto variabile, dal momento che nella costruzione dell' avverbio composto (fisso e/o idiomatico) le prerogative funzionali e grammaticali delle categorie tradizionali dei singoli elementi si trovano ad essere molto ridotte se non addirittura annullate del tutto.

Potremmo dire che, innanzitutto, i tre tipi di struttura astratta riguardano il numero degli elementi di tipo "sostantivale" con carattere di fissità e/o idiomaticità (l' elemento C) e la presenza o assenza di preposizioni in posizione iniziale (sintagma preposizionale SP o nominale SN):

(A) SP con 1 elemento C (B) SP con 2 elementi C connessi da preposizione(C) SP con 2 elementi C connessi da congiunzione SN con 2 elementi C connessi da preposizione SN con 2 elementi C giustapposti

Una volta stabiliti questi criteri, si può osservare che, nel costruire le classi, noi abbiamo accorpato sotto le categorie C, Det, Prep e Agg elementi diversi, dal momento che il valore di queste categorie va inteso in modo abbastanza elastico quando si tratta della natura composto-idiomatica dell' avverbio.

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4.3 Gli acronimi

Un automa finito è un dispositivo astratto caratterizzato da un insieme finito di stati, un insieme finito di simboli e delle transizioni. All'interno dell'insieme finito di stati distinguiamo lo stato iniziale, degli stati intermedi e uno o più stati finali. Gli automi definiscono le sequenze di simboli in base al percorso che va da sinistra a destra, cioè da uno stato iniziale a uno stato finale. Nella rappresentazione qui di seguito:

S0 S1 S2 S3 S4 t1 t2 t3 t4

lo stato iniziale è S0, mentre S1, S2, S3 sono stati intermedi e S3 è lo stato finale. I collegamenti tra gli stati rappresentano le transizioni; così la transizione t1 collega lo stato iniziale S0 allo stato intermedio S1, la transizione t2 collega S1 a S2, la transizione t3 connette lo stato intermedio S2 allo stato S3, e infine la transizione t4 collega S3 allo stato finale S4. Lo stato finale viene rappresentato con un doppio circolo. Questo tipo di rappresentazione è detto grafo e gli stati sono anche definiti come nodi. L'idea di utilizzare gli automi per descrivere una lingua naturale già presente in Shannon, viene ripresa da Chomsky 1957. In effetti, Chomsky parla del modello degli automi finiti per eliminarlo molto rapidamente a favore dei livelli superiore della sua gerarchia. L'argomentazione di Chomsky per escludere gli automi finiti come modello adeguato delle lingue naturali è fondata sulla presenza di strutture incassate (non borneés = aperte), come le proposizioni condizionali:

se S1 allora S2

Queste strutture sono analoghe a quelle dei linguaggi di programmazione e paragonabili quindi ad alcune sequenze algebriche del tipo ab, aabb, aaabbb, ... e in generale tutte le sequenze consistenti di n occorrenze di a seguite da n occorrenze di b. A tale proposito Silberztein 1993 ricorda che le RTN, cioè le reti a transizione estesa (= Recursive Transition Network), definite ricorsivamente, costituiscono un meccanismo molto più potente degli automi finiti in quanto automi in cui è data la possibilità di inserire dei nodi

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ausiliari che sono essi stessi RTN. Essi sono adeguati nella descrizione di linguaggi algebrici o context-free. Un aspetto non privo di interesse della storia dei modelli matematici usati in linguistica descrittiva è proprio quello della rapida eliminazione degli automi finiti. Chomsky li scarta perché essi sono troppo potenti e troppo limitati insieme per descrivere correttamente le frasi di una lingua naturale. D'altro canto, l'approccio lessico-grammaticale di Maurice Gross mette in luce l'esistenza di una forte limitazione alla “libertà combinatoria" delle frasi semplici. Gross attira l'attenzione sul fatto che le frasi cosidette libere comportano delle restrizioni sintattiche e distribuzionali dipendenti dalle singole entrate verbali. Successivamente, in una seconda fase della sua ricerca, individua, per il francese, più di 20.000 frasi fisse e circa 10.000 avverbi composti caratterizzati da fissità di parte, o di tutti gli elementi. Negli ultimi anni la sua ricerca si concentra sull'individuazione di sequenze semi-fisse di tipo neutro come avere luogo, rendersi conto. e di quelle più o meno tecniche come ad esempio abaisser une perpendiculaire à une droite. Ebbene, proprio per la descrizione di questi tipi di frase e sintagmi ad alto livello di fissità, il modello ad automi finiti si rivela estremamente utile e potente. Adattandolo per rappresentare fenomeni linguistici per così dire “periferici", locali, si riesce a semplificare il modello descrittivo generale. Gross (1993) ipotizza anche la realizzazione di un dispositivo che integra il formalismo a stati finiti; tale dispositivo che è equivalente al componente trasformazionale va ad agire sulla rappresentazione a stati finiti ponendo delle restrizioni sulle strutture di frase.Per restringere il nostro tipo di ricerca e indirizzarla all’individuazione dei predicati in cui il complemento frastico sia effettivamente presente è indispensabile la realizzazione di automi. Gli automi vanno costruiti tenendo presente unicamente alcune delle proprietà strutturali presenti nelle tavole matriciali elaborate per ogni classe di predicati. Tale classificazione è basata su 18 classi e 5 sotto-classi ed permetterà di analizzare circa 2700 predicati.Per esempio, la classe 43 contiene 298 predicati che hanno per struttura definizionale N0 V (Ch F)1, accettano quindi una completiva in posizione oggetto diretto. La completiva può essere introdotta, in alcuni usi verbali, non solo dalla congiunzione che ma anche dalla congiunzione se, infine il complemento frastico può realizzarsi, in determinate condizione di coreferenza, sotto forma di infinitiva introdotta o meno dalla preposizione di:

Gigi (desidera + crede) (che + *se) Davide se ne vadaGigi decide (che + se) Davide comprerà un libroGigi (desidera + ((crede + decide) di) andarsene

L’automa che rappresenta queste proprietà essenziali per il riconoscimento dei predicati di questa classe lessico-grammaticale è il seguente:

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VChF43

L’inserimento previsto tra il verbo e l’infinitiva è necessario per poter individuare frasi come videro una donna correre.

I verbi contenuti nella classe 47, a differenza della 43, presentano nella struttura definizionale un complemento preposizionale di tipo nominale:

(43) N0 V (Ch F)1 Prep N2

Gigi dice che partiranno presto a Davide

Tale complemento può essere omesso, pronominalizzato oppure permutato:

Gigi dice che partiranno prestoGigi gli dice che partiranno prestoGigi dice a Davide che partiranno presto

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Nell’automa che abbiamo costruito per tale classe l’inserimento dovrebbe permettere il riconoscimento delle completive anche in quei casi in cui tra il verbo e la completiva è presente il complemento preposizionale:

VChF47

Il grafo relativo alla classe 47 rappresenta, oltre alla permutazione del complemento preposizionale, la possibilità di una completiva introdotta dalla congiunzione se e di una infinitiva introdotta dalla preposizione di.

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La classe 44 contiene quei verbi che hanno come struttura definizionale N0 V a che Fcong, accettano cioè una completiva al congiuntivo o una infinitiva introdotta dalla preposizione a:

Gigi bada a (che si mangi + mangiare) bene

La forma se F o se F è accettata solo dai verbi badare e riflettere:

Davide riflette se partire o rimanere

La classe 44 contempla una sotto-classe, la 44b, che contiene quei verbi che reggono una completiva introdotta però da il fatto che:

Gigi si ribella al fatto che non possa uscire

l’infinitiva sarà invece introdotta da il fatto di:

Gigi si ribella al fatto di non poter uscire

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L’automa che diamo qui di seguito contempla sia la classe 44 sia la sotto-classe 44b.

VChF44

Un problema particolare lo pongono quei verbi in cui la completiva appare in posizione soggetto, cioè i verbi delle classi (41) e (42):

(41) (Ch F)0 V N1

Che Gigi parta angoscia Lucia

(42) (Ch F)0 V Prep N1

Che Gigi ritorni piace a Lucia

Bisogna far presente però che l’uso della completiva introdotta dal che è raro tanto che la forma il fatto Ch F è stilisticamente più naturale.

Il fatto che Gigi parta angoscia LuciaIl fatto che Gigi ritorni piace a Lucia

Inoltre, osserviamo che, sempre a livello stilistico, è più comune l’uso in cui l’N1 è sottoposto a pronominalizzazione e/o la permutazione della completiva:

Che Gigi parta mi angoscia

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Mi angoscia che Gigi parta

La completiva è collegata all’infinitiva che, a livello stilistico, è più naturale se postposta al verbo:

Partire mi angosciaMi angoscia partire

Nel nostro automa che contempla sia la classe 41 sia la classe 42 abbiamo rappresenato solo il caso in cui sia la completiva sia l’infinitiva, introdotta o meno dalla preposizione di, vengano postposte al verbo:

VChF41-42

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Per la classe 56 che contiene verbi modali, come potere, dovere, che reggono solo l’infinitiva e verbi che ricevono un’interpretazione modale come continuare, abbiamo costruito l’automa:

VInf56

In base a tali criteri saranno costruiti gli automi relativi alle 18 classi dei predicati individuati.

L’applicazione degli automi renderà possibile effettuare l’analisi linguistica di un testo; l’output ottenuto dopo aver applicato la funzione di <Locate pattern> evidenzierà questa volta esclusivamente i predicati (preceduti dall’indicazione della classe) che realizzano un complemento frastico, come nell’esempio che segue:

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Quella mattina a Dorotea <V+43>sentii che non c'era bene della vita che non <V+56>potessi aspettarmi. Nel seguito degli anni imiei occhi sono <V+56>tornati a contemplare le distese del deserto e le piste delle carovane; ma ora <V+43>so che questa è solo una delle tante vie che mi si aprivano quella mattina a Dorotea».

I predicati di questo tipo dovrebbero essere circa 600. Sarà possibile inoltre ottenere un file di concordanze, di cui riportiamo qui di seguito un esempio.

à che la città ci sia veramente. Dunque <V+42>basta che io sottragga eccezioni al mio modello, uardo la risposta il cenno di qualcuno, <V+42>basta che qualcuno faccia qualcosa per il solo piendere il linguaggio di Ipazia. Ora <V+42>basta che senta nitrire i cavalli e schioccare lea, più incombe il pericolo delle frane: <V+42>basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, unosto che occupa nell'ordine della città <V+56>bastano a indicarne la funzione: la reggia, la prigione, laente o del caso, ma ne l'una né l'altro <V+56>bastano a tener su le loro mura. D'una città non godi lo visioni comunque destinate all'oblio, <V+42>bastava giocare una partita secondo le regole, e contem

e, ma conoscevo già l'albergo in cui mi <V+42>capitò di scendere ; avevo già sentito e detto i miei dialoia di scampo. I primi arrivati non <V+54>capivano che cosa attraesse questa gente a Zobeide, l'impero è malato e, quel che è peggio, <V+43>cerca d'assuefarsi alle sue piaghe. Il fine delle mie espll'impero è malato e, quel che è peggio, <V+56>cerca d'assuefarsi alle sue piaghe. Il fine delle mie espl

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io. 149 Le città e il cielo. 4. <V+49>Chiamati a dettare le norme per la fondazione di Perinzia io. 149 Le città e il cielo. 4. <V+58>Chiamati a dettare le norme per la fondazione di Perinzia certo è che chi abita Zenobia e gli si <V+47>chiede di descrivere come lui vedrebbe la vita felice, è semr far posto alle nuove. Tanto che ci si <V+47>chiede se la vera passione di Leonia sia davvero

Nei casi in cui i predicati habbiano un doppio uso, appartengono cioè a più di una classe, il sistema AFIDA etichetterà le sequenze più di una volta. E’ il caso della quartultima e terzultima linea dell’esempio in cui chiamare è stato classificato sia come predicato appartenente alla classe 49 sia come predicato della classe 58. AFIDA evidenzierà inoltre i casi in cui esiste omografia tra verbo e nome o aggettivo, come in:

no. KUBLAI: - Questa non mi pare una <V+43>congettura che ci convenga. Senza di loro mai potremmo

eva un piatto di ragù sotto la pergola, <V+41>contenta di servirlo all'ombrellaio che festeggia un buon af

gli usi verbali non a completiva ma che sono seguiti da una congiunzione come richiesto nell’automa:

no le forme che la città avrebbe potuto <V+43>prendere se non fosse, per una ragione o per l'altr

e, in modo simile, quei casi in cui, dato l’automa, la sequenza individuata è un errore, come in:

volta ai corpi nudi pelle contro pelle <V+56>cercando come mettersi per prendere l'uno dall'altro più piace

La ricerca AFIDA produrrà dunque un lingware per la documentazione automatica, in linea con i prodotti e le ricerca del Diopartimento di Scienze della Comunicazione nel campo dell’ industria delle lingue.

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Conclusioni

Per poter applicare correttamente la metodologia sintattico-descrittiva cui facciamo riferimento al linguaggio dei segni, è necessario specificare innanzitutto alcune sue caratteristiche proprie. A differenza delle lingue naturali a base orale e dotate di scrittura, il LS utilizza dei tratti pertinenti che si riferiscono all’universo cinesico-prossemico dei gesti umani e delle espressioni facciali. I parametri di riferimento piu’ importanti sono:

movimento delle mani (simmetrici con due mani che compiono la stessa azione, asimmetrici con una mano che compie un movimento diverso da quello dell’altra), che si differenziano per

posizione iniziale e posizione finale (di chiusura) direzione; tipo di movimento; posizione reciproca delle mani;

espressione facciale (il cui impiego, in alcuni casi, è aggiuntivo e determina una differenza stilistica o una differenza categoriale – nome/verbo, per esempio);

configurazione (rapporto specifico tra le mani e le dita);

luogo (che è delimitato, in generale, dallo spazio corporeo del segnante dalla testa fino all’anca, oppure riguarda lo spazio neutro tra il segnante e il suo interlocutore).

Un aspetto importante del LS è la compresenza di segni a valore iconico e di segni a valore arbitrario. Quelli a valore iconico sono basati su un rapporto di somiglianza con la realtà referente, spesso mediato da relazioni metonimiche o generalmente metaforiche, quelli a valore arbitrario sono evidentemente immotivati dal punto di vista del referente.

Le unità lessicali del LS hanno una propria struttura “morfologica” diversa da quella delle unità lessicali di una lingua naturale fonologica e dotata di scrittura. Anche se sono presenti quasi tutte la parti del discorso: nomi, verbi, pronomi, aggettivi, avverbi, congiunzioni e gli articoli e le preposizioni vengono rese con particolari aggiunzioni di parametri cinesico-gestuali ai nomi e ai verbi, è

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indubbio che il plurale dei nomi e il tempo e l’aspetto dei verbi viene reso con parametri esterni e aggiuntivi ad una forma unica degli uni e degli altri (i verbi, per esempio, sono segnati al’infinito).

Come nelle lingue naturali, si è in presenza di ambiguità sia lessicale che sintattica. Per fare un esempio, prendiamo la differenza tra la classe nome e la classe verbo: vedremo che i parameri in gioco, a partire da una configurazione simile per il nome o per il verbo, verranno utilizzati in modo diverso.

Movimento mani

Espr.facciale lento continuo breve velocesomiglianza arbitrarietà

Verbo + + + - - +-

Nome - - - + + -+

Dal punto di vista della classificazione tra forme semplici e composte (o polirematiche), osserviamo la stessa partizione nel LS sia alivello di nomi, che di verbi, agetivi e avverbi, con l’aggiunta di particolari idiomatistmi tipici del LS.

Come nelle lingue naturali, possiamo osservare varianti diatopiche e regionali, oltre la presenza di veri e propri idioletti.

Dal punto di vista sintattico osserveremo che le categorie di tempo e aspetto, ben presenti nel LS, hanno anche una funzione diversa da lingue naturali come l’italiano. Innanzitutto il tempo verbale viene rappresentato a livello del luogo della segnatura, in base al corpo del segnante: il Passato è rappresentato utilizzando lo spazio che si situa sopra e dietro le spalle, il Presente è rappresentato nello spazio neutro o nello spazio aderente al segnante, il Futuro è rappresentato nello spazio che si situa davanti al segnante.

A livello di produzione di frase, la segnatura dell’avverbio PRIMA ad inizio di frase, la situa al passato, la segnatura di un avverbio di FUTURO ad inizio di frase, la situa al futuro.

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Molto interessante la presenza del segno FATTO inserito subito dopo il verbo, che sta ad indicare l’aspetto compiuto e quindi una rappresentazione temporale del passato.

Analogamente, il segno DOVERE prima di un verbo, accompagnato spesso dall’articolazione labiale deve, sta ad indicare l’immediato futuro dell’azione.

L’analisi dettagliata della struttura del LS, alla luce dei metodi che abbiamo prima presentato, permetterà di portare l’utilizzo del sistema ad un livello di maggiore consapevolezza linguistica e di conseguenza ad un livello di migliore fruibilità per la comunità dei sordi.

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Indice

Premessa………………………………………………………………………pag.4

Capitolo I

La Grammatica generativo-trasformazionale e il lessico-grammatica

Introduzione…………………………………………………… pag.9

1 Metodi tra ricostruzione storica e descrizione sincronica di una lingua.

Capitolo II

Capitolo secondo

LA FONETICA…………………………………….. ………………pag 16

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2.1 Breve exursus2.1 Teorie grammaticali a confronto2.2 Sistemi, norme e processi

Capitolo III

La frase semplice…………………………………………………………

3 Dalle frasi libere alle frasi fisse 3.1 Il lessico-grammatica 3.2 Il verbo nella frase 3.3 Individuazione di una frase semplice 3.4 Le frasi a verbo ordinario 3.5 Le frasi a verbo supporto 3.6 Le frasi a verbo composto

Capitolo IV

La frase fissa………………………………………………………pag151

4.1 La linguistica Computazionale 4.2 I principi della classificazione 4.3 Gli acronimi

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La sintassi, alla fine degli anni Cinquanta, ha ricevuto un importante impulso di rinnovamento grazie alla Grammatica Generativo Trasformazionale del linguista americano Noam Chomsky. Trent'anni dopo, un suo collega francese, Maurice Gross, dà vita a un nuovo metodo di analisi sintattica: il lessico-grammatica. L'ipotesi teorica di partenza è che non è possibile descrivere la sintassi di una lingua senza tener conto del suo lessico, se si vuole evitare che, a un'analisi esaustiva, le eccezioni risultino più numerose delle regole. In que-sto quadro di riferimento, è la frase a essere presa come unità di misura e non più la parola. Nel volume, l'autrice, dopo aver illustrato con chiarezza i principi metodologici dellessico-grammatica, presenta l'analisi di quasi 4000 verbi, a partire dai quali viene elaborata una classificazione di 62 strutture di frase semplice dell'italiano, corredata da centinaia di esemplificazioni. Le frasi «polirematiche», i gruppi di parole idiomatici, i complementi circostanziali e awerbiali, l'analisi automatica dei testi e una ricca batteria di esercizi comple-tano il libro e ne fanno un'aggiornata ed esauriente presentazione della sintassi italiana. Ritamaria Bucciarelli prof di Linguistica delle Minorazioni Uditive presso La S.I.C.S è ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell'Università di Salerno. Ha pubblicato, oltre a numerosi articoli su riviste internazionali, i volumi Lessico e sintassi delle espressioni idiomatiche(La Grammatica delle Emozioni) 2003.

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