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IPOTESI SULL'ILIADE Xeúuvrtg òè to ofrpo núl,tv ríov (XXTV,8O1) Muovendo dauna ricognizione delle suggestioni omeriche in Pa- solini (cfr. "Notizie daFtia", in Atti del Convegno,Igg5,"Pasolini. Il maestro delle primule", Provincia di Pordenone, 1997), soprat- tutto per alcuni testi poetici e alcuni film, non abbiamopotuto fare a meno di riflettere sullo stesso Omero e specialmente sull'Iliade, se- condo una dtrezione interpretativache la stessa utlizzazionepasoli- niana di Omero implicitamentesembrava suggerire. Per essere più precisi,si davain Pasoliniuna identificazione del personaggio di Et- tore con lafigwa dí Cristo, risultando dunque esso la prima imma- gine cristica, ante litteram, deTTaletteratura occidentale. Insomma, se Cristo è morto per la salvezza dell'Umanità,Ettore stato il passo conseguenziale) sarebbe morto per la salvezza di Troia. Dunque, do- vevamotrovare in Omero e in specienell'Iliade le "prove" di tale congettura " diiLnata" . In effetti l'Iliade non prevede la presadi Troia, anchese il mito che la raccontaè senz'altropresentead Omero, che non può elu- derlo; per cui, ad esempio, nel XII libro, a proposito del muro co- struito dai Greci a protezione del loro accampamento e delle loro navi, si dice: "dopo che, nel decimo anno, la città di Priamo fu di- strutta e gli Achei sulle navi partirono verso la patrLa - allom Apollo e Poseidone decisero di abbattere iI muro" (w. 15-18, trad. Ciani). Ma ricorrono in questiversi di evrdenza del mito due parole che potrebbero aiutarct a considerare gli stessi subliminalmente contrari a quel che si dice: nól"rq e t! ÌXog. Allusioni al mito comenoi lo co- nosciamo (già dall'Odissea e "fino" all'Eneide) sono sparse altrove nel poema;né d'aJtra parte pretendiamoche Omero namasse scien- temente una versíonecontraria di esso,di certo già molto noto e come tale attesodall'uditorio. Ma nelle pieghe subliminali della co- scíenza poeticadel Nostro prende consistenza, ci pare,un diverso fi nale; che, se non può farsi consapevole, si delinea da alcuni punti chiave del poema, in esso"disseminato". Potremmo subito partire da versi evidenti, quali quelli del XV libro, che costituiscono le pa-

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Page 1: ipotesi sull'iliade

IPOTESI SULL'ILIADE

Xeúuvrtg òè to ofrpo núl,tv ríov(XXTV,8O1)

Muovendo dauna ricognizione delle suggestioni omeriche in Pa-solini (cfr. "Notizie daFtia", in Atti del Convegno,Igg5, "Pasolini.Il maestro delle primule", Provincia di Pordenone, 1997), soprat-tutto per alcuni testi poetici e alcuni film, non abbiamo potuto farea meno di riflettere sullo stesso Omero e specialmente sull'Iliade, se-condo una dtrezione interpretativa che la stessa utlizzazione pasoli-niana di Omero implicitamente sembrava suggerire. Per essere piùprecisi, si dava in Pasolini una identificazione del personaggio di Et-tore con lafigwa dí Cristo, risultando dunque esso la prima imma-gine cristica, ante litteram, deTTaletteratura occidentale. Insomma, seCristo è morto per la salvezza dell'Umanità, Ettore (è stato il passoconseguenziale) sarebbe morto per la salvezza di Troia. Dunque, do-vevamo trovare in Omero e in specie nell'Iliade le "prove" di talecongettura " diiLnata" .

In effetti l'Iliade non prevede la presa di Troia, anche se il mitoche la racconta è senz'altro presente ad Omero, che non può elu-derlo; per cui, ad esempio, nel XII libro, a proposito del muro co-struito dai Greci a protezione del loro accampamento e delle loronavi, si dice: "dopo che, nel decimo anno, la città di Priamo fu di-strutta e gli Achei sulle navi partirono verso la patrLa - allom Apolloe Poseidone decisero di abbattere iI muro" (w. 15-18, trad. Ciani).

Ma ricorrono in questi versi di evrdenza del mito due parole chepotrebbero aiutarct a considerare gli stessi subliminalmente contraria quel che si dice: nól"rq e t!ÌXog. Allusioni al mito come noi lo co-nosciamo (già dall'Odissea e "fino" all'Eneide) sono sparse altrovenel poema; né d'aJtra parte pretendiamo che Omero namasse scien-temente una versíone contraria di esso, di certo già molto noto ecome tale atteso dall'uditorio. Ma nelle pieghe subliminali della co-scíenza poetica del Nostro prende consistenza, ci pare, un diverso finale; che, se non può farsi consapevole, si delinea da alcuni puntichiave del poema, in esso "disseminato". Potremmo subito partireda versi evidenti, quali quelli del XV libro, che costituiscono le pa-

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role di risposta del "padre di uomini e dei" alla "augustaBta" (w.49-77) e particolamente i verci 64-7I, laddove Zeus preannunciain breve Iatrarna dell'Iliade al futuro, affermando che Ettore uccideràPatroclo e Achille ucciderà Ettore, vendicando il compagno; dopo diche, passando dal futuro ad dv + ottativo, Zeus afferma che potrebbeprodurre (ma i traduttori, prevenuti, traducono senz'altro col futuro)una conroffensiva dei Greci, schiacciati dall'assalto troiano presso lenavi, fino alla conquista di llio: conquísta che cade fuori dalla tîamaconosciuta dell'Iliade e che significativamente è detta nelle forme delpossibile, di conro al certo preannunciato al futuro e che senz'altroci viene cantato nel poema. Perché mnZeus (id est Omero) avrebbedovuto lasciare nella sfera del possibile la presa di Troia? Pur contutte le contestualizzazionipossibili di senso resta ilfafto: un lapsus?Ma può un poeta escludere o allontanare con un semplice lapsus ciòche era noto e incontrovertibile? Owero, quale migliore strada perun genio di allontanarsi dal mito comune che quella di vieppiù ricon-fermarlo, ma in modo inaspettato e altamente ragico? E se la presadi Troia in realtà vi fosse già nell'Iliade e fosse simbolicamente raffi-gutata e sintetizzata, îaggîumata, diremmo, nel sangue e nella pol-vere del capo di Ettore? A dircelo è lo stesso poera nel )O(II libro,dopo lo súazio del corpo dell'eroe troiano operato da Achille e ilpianto versato dall'intera ciuà, con una inoedibile similitudine di ag-ghiacciante intensità: "Ed era proprio come se Ilio ricca & poggr/tutta, da c;rna a fondo, crollasse distrutta dal fuoco" (w. 410-11,trad. Giammarco).

Ettore sta per Ilio, Ettore muore al posto di llio, Ettore muoreper salvare llio. C'è un verso che sembra dire, più di ogni altro,questa estrema idenaficazíone di Ettore con la città; ed è un versofamosissimo dell'altrettanto famosissimo VI canto: quello dell'in-contro di Ettore e Andromaca alfe porte Scee. Il verso è il 401:'"Ao'ruúvurr'' olog yùp'epúeto "Il,rov "Ertrrlp". Si noti I'accosta-mento nel nome del figlioletto di Ettore di "signore" e "città" equello finale di Ilio ed Ettore (in posizione merrica altamente rile-vante, secondo Fraenkel). Si tratta di un verso che trtizia coi nomi co-muni e finisce coi nomi proprí, entrambi strettamente connessí: tantopiù che si crea una soîta di chiasmo dei casi, con alf intemo gli accu-sativi óvorts e "Il,tov (nome comune + nome proprio) e all'esterno inominativi óo'ru ed'Ertcrrp. Inoltre il significato esplicito nfforzaquest'idea, affermando che "egli solo salvava Ilio" (e si noti l'uso

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dello stesso verbo che vale a rappresentare il trascinamento del corpodi Ettore da parte di Achille: come a dire che attraverso il suo mar-tirio salvava Troia: "tpíq ò'elruoog nepi ofrpo"): il valore medio delverbo e'puo nel verso 40J seinbra alludere all'assunzione su di sé daparte di Ettore del destino di Troia. Che il mito sia "contestato" dal-l'interno e cioè genialmente ricreato pur senza mostrarlo apertamentece lo indica anche ciò che si può supporre della morte prematura diAchille (che perciò non awerrebbe). Quando Ettore morente chiedead Achille di restituire alla sua casa il suo corpo e Achille oppone unnetto e crudele rifiuto, ecco che Ettore awerte: "Bada però che ioper te non sia causa dell'ira dei numi / il giorno che Paride e FeboApollo t'uccideranno / presso le porte Scee" (anche qui non c'è ilfuturo, ma rév + congiuntivo dell'eventualità: XXII, 358-60, trad'.Giammarco). Nonostante tutto Achille restituirà il corpo di Ettorea Priamo e dunque perché dovrebbe awerarsi I'awertimento di Et-tore che era legato alla cudeltà e al primitivo rifiuto dí Achille?

Certo l'awertimento di Ettore è rivolto all'ira degli dei, ma cisembra che questa per effetto di "trascinamento" coinvolga tuttalaprevisione. Ma torniamo ancora al ruolo "iliaco" di Ettore, aiutan-doci, per supportarlo, con un epiteto, raro, riferíto ad Achille:nrol"ínopOoq, fratello del pirgopolinice plautino. Si tratta di un epiteto che ricome solo quattro volte per Achille, dunque altamente significativo: una prima volta (VIII, 372) e una secondavolta (XV, 77)viene usato nello stesso contesto (dunque un verso formulare) relati-vamente al fatto che Zeus ha promesso a Teti di rendere onore adAchille, conquistatore di città; onore che egli aveva perduto allorchéAgamennone gli aveva tolto di prepotenza Briseide, giusto donodella sua funzione principale nell'esercizio acheo, come confermaAndromaca a colloquio con Ettore: "Ho perduto mio padre e miamadre; il padre me 1o uccise Achille glorioso quando distrusse labella città - noÀ.rv rcépo'ev - dei Cilici, Tebe dalle alte porte" (VI,

4I3-16, trad. Ciani).Latenariconenza ()OC[,550) è quasi una anti-cipazione dello scontro con Ettore; dtfatti, l'incerrezza di quest'ul-timo - se combattere o fuggire - viene antrcipata da Agenore, al-lorché vede Achille "distruttore di città". E veniamo all'ultima occor-rcnza dí tale epiteto che si distingue dalle precedenti nel caso, primaaccusativo e ora dativo retto da'opqí.

Si tratta della contesa sofia tra gIi deí "sul corpo di Ettore e suAchille disruttore di città": perché avrebbe dor,uto usare per l'ul-

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tima e più significativavolta Omero tale epiteto riferito ad Achilleinsieme al corpo di Ettore? Cosa avrebbe a che f.arc L distruttoredi città col corpo del nemico se questo non fosse la città, owero per-sonificazione di Troia? Anche una pdronornasia di rsilog e tércoq(mura di Troia-figlio: detto da Priamo) con un e'pòv tra i due terminiche potrebbe riferirsi ad entrambi (mie mura! figlio miol) sembrairrobustire tale identificazione (XXII, 56). Inolme segnaliamo I'equi-vùenza merica e quasi fonica di due espressioni ricorrenti poihevolte e metricamente sostituibili come flprúporo norq (4) e flptú-poro no)"rq (2).

Infine vorremmo concludere con il grido di angoscia da parte diAndromaca, la quale temendo per la sorre del marito gli rívolge parolealtrimenti incomprensibili se non nella nostra versione: "Infeli ce,latuafona saràLa tua rovina; non hai pietà del figlio ancora bambino e dime, sventurata, che presto resterò vedova perché gli Acbei ti assali-ranno tra poco, e ti uccideranno.,." (a buon intenditor...). La moglieteme per la sua vita e gli rinfaccia il suo ardore, che renderà vedóvalei stessa e orfano il figlio e lui cosa risponde? "...In cuore io lo so bene:verrà il giorno in cui la sacra città dí Ilio perirà... " (vv. 407 -I0: corsivonostro; 447 -48, trad. Ciani). Se Ettore assume sul proprio capo il pesodi Troia, chi può essere il cavallo che ne determina la distruzione, senon Achille? Che in ambito indoeuropeo si dia spesso identificazionetra uomini e cavalli è fatto senza discussione e che Chirone, maestro diAchille, ne sia I'esempio più nobile di contaminazione la dice lungasulla possibilità che Achille assuma sembianze "cavalline".

Intanto la sua p{vtg "rovinosa" certamente può configurare ilgruppo dei Greci nascosti nel ventre del cavallo di legno e ahrettantorovinosi per Troia quanto Achille lo è per Ettore oltre che per glistessi Achei (cfr. Odissea, VIII, 492 sgg.; non è curioso che la distru-zione di Troia sia naftata non da Odisseo, ma da Demodoco adOdisseo come una faaola commoventissima?).

La sua " animalttà" sembra sottolineata dall'aggettivo l,óoroqusato in I, 189 riguardo al petto di Achille ("e'v orrlOsoorvì,o,oíoto'r"); il sostantivo Xaír\ (criniera) sembra riferito solo a ca-valli e a Paride in quanto paragonato ad un cavallo e come essereumano solo ad Achille (X)ilII, l4I) e Agamennone e poi a qualchedio. Quindi la più clamorosa prova ci sembra contenuta nell'incontrotra Ettore e Andromaca col loro figlioletto Astianatte (VI, 466-7I).Nella paura dell'infante per il cimiero cavallino di Ettore, che sí

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stempera nelle risa dei genitori, viene preconizzata quella dello stessoEttore di fronte al vero cavallo, Achille, questa volta fonte di piantoper tutta la città. E qui I'hapax inmoyuírr1v riferito al pennacchio(l.óoov) dell'elmo testimonia la terribilità (Eetvov) della vista e chesi sia ad un punto chiave del poema: I'espressione 'od'orporaulq

rópuOoq (dall'alto dell'elmo) riferita al bimbo che vede ondeggiareil pennacchio in cima sembra sostituire un'espressione più usualeche fa riferimento a)fa cima di un monte (cfr. V. Di Benedetto,Nel laboratorio di Omero, Torino 7994, p.116) e che ci úchiana allamemoria l'immagine del cavallo in Virgilio (cfr. Eneide, II, 15, doveesso si erge instar rnontis davanti aTroia) e anche I'immagine del gigantesco Achille quale lo vede Ettore prima del fatale duello (XXII,92):'"Ayt)"flo neì,óptov". Con la morte di Ettore e i funerali dí Pa-troclo si spegne definitivamente la "furia cavafliÍta" di Achille: muorel'Achille vecchio della pflwq e rinasce un Achille conciliato a collo-quio con Priamo, "imago" di Peleo.

Si tratta di un Achille che a questo punto porebbe chiedersi(come al libro IX, w. 337 -38): "Ma perché dunque gli Acheí devonocombattere i Teucri?". Tanto più che Priamo gli augura, dopo averaccettato il riscatto: "che tu possa goderne e possa tornare nella tuaterra, tu che mi hai lasciato vivere e vedere la luce del sole" (XXIV,,56-rS, trad. Cianii). Infine fanno un accordo e Priamo annuncia isuoi piani per il funerale di Ettore sotto la promessa di una treguada parte di Aclille "per tutto il tempo che hai chiesto": "Per novegromi lo piangeremmo (&v yoúorpev) nel palazzo reale, il decimolo seppelliremmo e avrebbe luogo il banchetto funebre,l'undicesimoinnalzeremmo un tumulo ed il dodicesimo tomeremo a combattere,se è necessario" (w. 664-7).

Viene ripresa in parallelo, per antítesi, la previsione di Zeus nellibro XV: laddove Zeus usa il futuro (reahzzato) Priamo usa l'ottativo(reahzzato), mentre l'ottativo di Zeus sulla fine di Troia si specchiacol futuro di Priamo sulla ripresa dei combattimenti: ciò che il diodà per certo si reùizza, ciò che I'uomo dà per certo si reaJnzerà?Oltre tutto nel finale, rispetto al piano tracciato da Priamo, vi èuna dismasia di giomi. Il poema si chiude col banchetto che avrebbedovuto precedere il tumulo I'undicesimo giorno, ma questo viene giàdato per fatto prima del banchetto. Quindí è come se I'azione invecedi procedere verso la dodicesima aurora regredisse al giorno già fis-sato per il banchetto.

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Viene cancellato il dodicesimo giorno della ripresa dei combattimenti: è come se il poeta volesse dire che la '11,íou néporg n'aura paslieu" (per parcÍrasare il titolo del drammaturgo francese Giraudoux).D'altra parte l'ultima parcIa dell'Iliade (un epiteto raro di Ettore:"domatore di cavalli") sembra volerci dire che è stato Ettore conla sua morte (... "eta come se Trcia ttttta bruciasse dalle fonda-menta"...) a "domaîe" il vero cavallo di Troía, Achille; egli che è ..morto davanti alle mura della propria città per allontanué du .rru

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il giorno fatale (cfr. Odissea, I./Itr, 524-5). ,

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Nota bibliografica: le ffaduzioni consultate, utiltzzate o meno, sono quelle note .della Calzecchi Onesti (Torino, 1950), di Tonna (Milano, L976), della Ciani (Ve-neÀa, L990), di Cerri (Milano, 1996), dt Giammarco (Roma, L997) e di Paduano i(Torino, 1997). \

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