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Jon Kabat-Zinn - Vivere Momento Per Momento

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Mindfulness book

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Dello stesso autore in edizione TEA:

Dovunque tu vada, ci sei giàIl genitore consapevole (con Mila Kabat–Zinn)Riprendere i sensiVivere momento per momento

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Jon Kabat–ZinnVivere momento

per momentoTraduzione di

Augusto Sabbadini

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Per informazioni sul le novi tàdel Gruppo edi toria le Mauri Spagnol vi s i ta :www.illibraio.itwww.infinitestorie.it

TEA — Tascabi l i degl i Edi tori Associati S.p.A., Mi lanoGruppo edi toria le Mauri Spagnolwww.tealibri.it

Prima edizione in Ita l ia presso red! nel 1993 con i l ti toloGuida alla meditazione come terapiaSeconda edizione i ta l iana presso Corbaccio, lugl io 2005 © 2004 by Jon Kabat–Zinn, Ph.D.This trans lation i s publ i shed by arrangement withThe Bantam Del l Publ i shing Group, a divis ion of Random House, Inc.© 2012 Garzanti Libri s .p.a ., Mi lanoEdizione su l i cenza del la Garzanti Libri s .p.a Ti tolo origina leFull Catastrophe Living Prima edizione TEA Pratica marzo 2010Quarta ri s tampa TEA Pratica marzo 2013

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Introduzione all'edizionedel quindicesimo anniversario

Sono trascorsi quindici anni dalla primapubblicazione di questo libro: ringrazio gli editori Dell eRandom House per averlo ripubblicato. Le speranze e leintenzioni che mi hanno sostenuto nello scriverlo nonsono cambiate in questo frattempo. Si sono solorafforzate. Poiché si basa su un intimo contatto con ilmomento presente, la pratica della consapevolezza nonrisente del passaggio del tempo. Non foss'altro che perquesto, la sua applicabilità alla condizione umana e alricco potenziale di cui la nostra mente e il nostro corpodispongono per far fronte allo stress, al dolore e allamalattia non diminuisce con il trascorrere degli anni.

Tuttavia ritornando col pensiero al 1990, quando uscìla prima edizione di questo libro, non possiamo nonconstatare che in questo lasso di tempo il mondo ècambiato immensamente, impensabilmente, forse più diquanto sia mai avvenuto in passato in un periodoaltrettanto breve. Basta pensare alla diffusione deicomputer portatili e dei cellulari, a Internet, all'impattodella rivoluzione digitale su quasi ogni aspetto delnostro mondo, all'accelerazione del ritmo di vitaventiquattr'ore al giorno e sette giorni alla settimana, per

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non parlare dei grandi cambiamenti sociali, economici epolitici avvenuti su scala globale in questo periodo. Larapidità dei mutamenti non è destinata con ogniprobabilità a diminuire e i suoi effetti si faranno sentiresempre più e saranno sempre più inevitabili. Possiamoaffermare che la rivoluzione scientifica e tecnologica e ilsuo impatto sulla nostra vita siano solo agli inizi. Èchiarissimo che l'adattamento a questi effetti comporteràuno stress crescente nel corso dei prossimi decenni.

Il mio obiettivo originario nello scrivere il libro eraquello di fornire uno strumento per controbilanciaretutte le forze che tendono a trascinarci fuori di noi stessie finiscono per farci perdere di vista le cose piùimportanti. Ci lasciamo catturare tanto immediatamentedall'urgenza delle cose che abbiamo da fare, dai pensierie da ciò che ci sembra importante, che è molto facilecadere in uno stato cronico di tensione e di ansia e viverela nostra vita con il pilota automatico. Questo stressviene solo accresciuto quando ci troviamo ad affrontareun'infermità grave, un dolore o una malattia cronica.

Il modo di essere descritto in questo libro emergenaturalmente dalla pratica della consapevolezza. Essopuò aprirci la porta verso una più profonda conoscenzadi noi stessi e una mobilitazione di risorse interne chetutti possediamo: risorse che ci permettono di imparare,di crescere, di guarire e di trasformarci nell'arco di tuttala vita, partendo dal punto in cui ci troviamo, qualunqueesso sia.

Alla luce dei cambiamenti avvenuti negli ultimi

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quindici anni e di quelli che ci aspettano in futuro, laconsapevolezza è oggi più che mai rilevante comeefficace e affidabile contrappeso allo stress, per garantiree rafforzare la salute, il benessere e forse perfino il nostroequilibrio psichico.

Mentre godiamo del privilegio di poter comunicarecon chiunque continuamente, di poter istantaneamentecontattare ogni persona, dovunque si trovi e in qualsiasimomento, ironicamente troviamo sempre più diffìcileentrare in contatto con noi stessi. Quel che è peggio, cisembra di avere a disposizione sempre meno tempo perfarlo, benché ciascuno di noi continui a disporre dellestesse ventiquattr'ore al giorno. Il fatto è che riempiamoquelle ore di tanto fare che non abbiamo quasi più iltempo per essere, né per 'respirare'. Il secondo capitolodel libro 1 è intitolato Vivere momento per momento. Ilmessaggio di questo titolo è ancora valido e continuerà aesserlo per tutti noi. La maggior parte del tempo non cirendiamo conto della ricchezza del momento presente edel fatto che abitare con maggiore consapevolezzaquesto momento, il solo che possediamo, dà forma almomento successivo e, se siamo in grado di sostenerequesta attenzione, plasma il futuro e trasforma la qualitàdella nostra vita e delle nostre relazioni. Il solo modo incui possiamo influire sul futuro è appropriandoci delmomento presente, comunque esso ci appaia. Solo così cisi dà la possibilità di scoprire come vivere quella vitache in effetti ci appartiene. Un altro scopo del libro eraquello di rendere la meditazione e la consapevolezza dei

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fatti comprensibili e ordinari per la gente comune, cioèper tutti noi, perché tutti noi, essendo fatti di mente ecorpo, inevitabilmente soffriamo di un aspetto o di unaltro della condizione umana. Siamo tutti soggetti allavecchiaia, alla malattia e alla morte. La vera domanda, lavera avventura è: come possiamo vivere la nostra vita,finché ne abbiamo la possibilità? Come possiamorapportarci con quello che ci viene incontro in modisalutari, profondamente nutrienti e utilizzare l'interospettro delle nostre esperienze, il bello, il brutto e ilcattivo, l'intera catastrofe del vivere di cui parla Zorba?Siamo tanto capaci di vivere la gioia e la soddisfazionequanto la sofferenza? Riusciamo a sentirci a casa nellanostra pelle mentre siamo travolti dal maelstrom? Aprovare un senso di agio e di benessere, perfino digenuina felicità? Migliaia di persone hanno trovato nelcammino descritto in questo libro un aiuto per affrontarela loro personale versione dell'intera catastrofe, sia essadi natura medica o di altro tipo. Molti mi hanno dettocose come «la pratica della consapevolezza mi ha salvatola vita», oppure «mi ha restituita a me stessa».

Non mi stanco mai di ascoltare queste parole, non ledo mai per scontate. Per me esse sono una conferma diquanto noi esseri umani siamo degli esseri miracolosi, diquanto possiamo essere creativi e immaginativi quandonutriamo la parte migliore e più profonda di noi con ladelicatezza, la pazienza e la compassione verso noistessi. Chiaramente siamo tutti insieme in questoprocesso. La consapevolezza non è solo una buona idea

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o una bella filosofìa. È qualcosa che dobbiamo incarnaremomento per momento, se deve avere per noi uneffettivo valore. Questo ci richiede, se la cosa ci sta acuore, di praticare.

* * *

Molte cose sono accadute dalla prima pubblicazione

di questo libro. La Stress Reduction Clinic (Clinica per lariduzione dello stress) di cui si parla nel libro, che è oradiretta dal mio collega e amico di lunga data Dr. SakiSantorelli, continua a prosperare, in gran parte grazie allasua attenta guida in anni difficili per la medicina. Nelsettembre 2004 la clinica ha celebrato i venticinque annidi attività continuativa. Oltre 17.000 pazienti hannoseguito in questi anni il programma per la riduzionedello stress di otto settimane. Gli insegnanti e ilpersonale attuali della clinica sono impareggiabili nelloro impegno per un'efficace articolazione della praticadella consapevolezza, nella qualità del lavoro chesvolgono e nei profondi effetti che hanno sulle personeche partecipano al programma, aiutandole per quantopossibile a conoscersi meglio e a divenire piùpienamente se stesse. E i miei colleghi e io siamoprofondamente grati anche agli insegnanti e al personaleche hanno servito la clinica in passato e hannocontribuito al suo successo in questi venticinque anni.

Negli ultimi quindici anni il lavoro descritto in questo

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libro ha conosciuto una diffusione in ospedali, cliniche ecentri di assistenza medica in tutto il mondo anche grazieal programma televisivo del 1993 Healing and the Mind(La guarigione e la mente) con Bill Moyers e a molti altriprogrammi televisivi e articoli su giornali e riviste.Questo lavoro viene ora chiamato Mindfulness–basedstress reduction (riduzione dello stress mediante laconsapevolezza, MBSR). Nel 1995 la Clinica per lariduzione dello stress è stata incorporata nel Center farMindfulness in Medicine, Health Care and Society(Centro per la consapevolezza nella medicina,l'assistenza medica e la società) dell'Università delMassachusetts, acronimo CFM. Il centro offre programmidi riduzione dello stress mediante la consapevolezzanelle scuole e nelle aziende, oltre a lavorare con ipazienti e a offrire programmi di formazione per ilpersonale medico interessato. Il Centro per laconsapevolezza è anche l'ambito in cui si svolge il nostroprogramma di ricerca.

Dal 1992 al 1999 abbiamo gestito nel centro della cittàdi Worcester (una zona degradata e svantaggiata) unaclinica gratuita per la riduzione dello stress, con annesso'asilo–nido consapevole' e servizio di trasporto gratuitoper i partecipanti. I corsi erano sia in inglese sia inspagnolo. Questa clinica e le centinaia di persone da essaservite hanno fornito una valida dimostrazionedell'universalità del programma di riduzione dello stressmediante la consapevolezza e della sua adattabilità acontesti multiculturali. Abbiamo gestito anche un

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programma di quattro anni per detenuti e personale delMassachusetts Department of Corrections (il dipartimentopenitenziario dello Stato del Massachusetts): ilprogramma ha coinvolto un largo numero di detenuti eha contribuito a ridurre il livello di stress e di ostilitànelle carceri. Un nostro collega ha addestrato nellapratica della consapevolezza gli atleti delle squadre dibaseball Chicago Bulls e Los Angeles Lakers durantevari campionati. Per ulteriori informazioni sul Centro perla consapevolezza e sulla Clinica per la riduzione dellostress, sui corsi di formazione offerti e sulla collocazionegeografica dei programmi di riduzione dello stressmediante la consapevolezza di cui siamo a conoscenzapotete visitare il sito web del centro,www.umassmed.edu/cfm.

Molte cose sono accadute nel campo della medicina

negli ultimi quindici anni. Le tecniche terapeutiche chetengono conto delle interazioni corpo–mente sono oggimolto più diffuse e accettate di quanto non fossero nel1990. In particolare si è largamente sviluppata la ricercasulla riduzione dello stress mediante la consapevolezza.Esistono attualmente oltre cento pubblicazioniscientifiche sui vari aspetti delle applicazioni clinichedella consapevolezza — e il loro numero continua acrescere rapidamente.

L'esperimento descritto nel capitolo Guarire di questolibro, riguardante l'effetto della meditazione su personeaffette da psoriasi e sottoposte a trattamento con luce

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ultravioletta, è stato in seguito replicato e i risultati sonostati pubblicati nel 1998. In tale studio abbiamo trovatoche il tasso di guarigione nei meditatoli era quattro voltesuperiore a quello del gruppo di controllo dei nonmeditatoli.*

* Kabat–Zinn, J., Wheeler, E., Light, T., Skillings, A., Scharf, M., Cropley, T.G.,

Hosmer, Bernhard, J., Influence of a Mindfulness–based stress reductionintervention on rates of skin clearing in patients with moderate to severepsoriasis undergoing phototherapy (UVB) and photochemotherapy (PUVA)(Influenza di un intervento di riduzione dello stress mediante laconsapevolezza sul tasso di guarigione in pazienti affetti da psoriasi damoderata a grave sottoposti a fototerapia [UVB] e a fotochemioterapia

[PUVA]). Psychosomatic Medicine 1998; 60:625-632.

Un altro studio, condotto in collaborazione con il Dr.

Richard Davidson e colleghi dell'Università delWisconsin, ha esaminato gli effetti di un intervento diriduzione dello stress mediante la consapevolezza nonsu pazienti, bensì su personale sano ma stressato diun'azienda durante l'orario di lavoro. Nel corso delleotto settimane del programma abbiamo osservato neipartecipanti cambiamenti nell'attività elettrica di aree delcervello coinvolte nell'espressione delle emozioni (nellacorteccia cerebrale prefrontale). La natura di questicambiamenti suggeriva che i meditatoti fossero in gradodi gestire emozioni come l'ansia e la frustrazione moltopiù efficacemente (in modi che oggi riteniamoemotivamente più intelligenti) rispetto al gruppo dicontrollo, che non partecipava al programma ma sisottoponeva a tutti gli stessi esami di laboratorio. Inoltre,

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quando abbiamo iniettato in tutti i soggetti coinvoltinell'esperimento un vaccino antinfluenzale, abbiamotrovato che nel gruppo dei meditatoti si verificava unarisposta immunitaria significativamente più forte e siosservava una significativa correlazione fra laproduzione di anticorpi e la variazione positivadell'attività elettrica cerebrale, mentre nel gruppo dicontrollo non veniva rilevata alcuna correlazione delgenere.2 Varie ricerche sugli effetti della consapevolezzacondotte lungo queste e altre linee sono attualmente incorso — e molte altre sono in fase di progettazione.

I campi della medicina psicosomatica e della medicinaintegrativa hanno raggiunto una loro maturità negli annitrascorsi dalla pubblicazione di questo libro. 'Medicinaintegrativa' è il termine generale di cui oggi ci serviamoper indicare sia gli approcci terapeutici basati sulleinterazioni corpo–mente, sia altre modalità terapeutichescientificamente convalidate di quella che viene detta avolte medicina complementare o alternativa. Vi è oggiu n Consorzio accademico sulla medicina integrativa cheriunisce rappresentanti di ventidue facoltà di medicinadegli Stati Uniti e del Canada — e il loro numero varapidamente crescendo. I praticanti della medicinaintegrativa concordano in generale nel ritenere laconsapevolezza il 'contenitore' della loro prassiterapeutica. Senza la consapevolezza e quella presenzanon giudicante che essa incoraggia e nutre nel terapeuta,la dimensione sacra del rapporto fra medico e pazienteva fin troppo facilmente perduta e il profondo potenziale

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di apprendimento, crescita, guarigione e trasformazionepersonale presente in ogni essere umano durante tutta lavita viene ignorato o addirittura maldestramenteostacolato.

* * *

La meditazione basata sulla consapevolezza ha

conosciuto una sempre più ampia diffusione nellasocietà in questi quindici e più anni. Sempre più personeintraprendono questo semplice cammino verso unmaggiore equilibrio mentale e un maggiore benessere.La meditazione basata sulla consapevolezza stadiventando sempre più una componente naturale delpaesaggio americano — ed è in questa atmosfera e inquesto spirito che vi do il benvenuto a questa nuovaedizione del mio libro. Il testo non è cambiato, a partel'aggiunta di questa nuova Introduzione e di unabibliografìa aggiornata.

Possa la vostra pratica della consapevolezza crescere efiorire e nutrire la vostra vita e il vostro lavoro momentoper momento e giorno per giorno.

Jon Kabat–Zinn1° giugno 2004

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LA PRATICA DELLACONSAPEVOLEZZA

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Affrontare la catastrofe

La clinica per lo stress

Questo libro è un invito a intraprendere un viaggio diautoesplorazione, di crescita e di guarigione ed è basatosu dieci anni di esperienza clinica con oltre quattromilapersone. Esse hanno iniziato questo viaggio, che peralcuni continua per tutta la vita, partecipando a un corsodi otto settimane presso il Medicai Center dell'Universitàdel Massachusetts.

Il corso, che si chiama Programma per la riduzione dellostress e per il rilassamento (Stress Reduction and RelaxationProgram), ma spesso viene detto semplicemente 'clinicaper lo stress', è un programma di tipo nuovo in un nuovocampo della medicina, la medicina comportamentale. Lamedicina comportamentale si occupa dell'effetto che ifattori psicologici ed emotivi, i modi in cui pensiamo e cicomportiamo, hanno sulla nostra salute e sulla nostracapacità di recupero da traumi e malattie.

Le persone che arrivano alla clinica per lo stress sonoin genere sofferenti o malati che desiderano guarire oottenere almeno un certo sollievo dai loro disturbi. Essesono di solito indirizzate alla clinica dai loro medicicuranti per una gamma di disturbi che vadall'ipertensione alle malattie cardiache, dal cancroall'AIDS. Sono persone di ogni età. Nella clinica

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imparano a prendersi cura di sé, non come alternativa,ma come essenziale complemento ad altre forme diterapia medica.

Nel corso degli anni molti ci hanno chiesto diimparare le stesse cose che insegniamo ai nostri pazienti.

Il corso per la riduzione dello stress è essenzialmenteun autoaddestramento intensivo all'arte di vivereconsapevolmente. Questo libro è una risposta a quellerichieste: vuole essere una guida pratica per chiunque, inbuona salute o malato, desideri trascendere le proprielimitazioni mediante la via della consapevolezza eraggiungere un livello più alto di salute e benessere.

Il nostro lavoro è un addestramento sistematico allapratica della consapevolezza, una forma di meditazioneoriginariamente sviluppata dalle tradizioni buddisteasiatiche. In parole semplici, questa pratica consiste nelmantenere desta l'attenzione momento per momento. Laconsapevolezza si coltiva imparando a rivolgeredeliberatamente l'attenzione a cose che normalmenteignoriamo. È un approccio sistematico allo sviluppo diuna nuova saggezza e padronanza della nostra vita,basato sulle nostre intrinseche capacità di rilassamento edi osservazione interna.

La clinica per lo stress non è un servizio in cui ipartecipanti siano ricettori passivi di aiuto e di consigliterapeutici. Essa è un veicolo di apprendimento attivo, incui la gente impara a servirsi dei punti di forza che giàpossiede e ad aiutarsi da sé a migliorare il proprio statodi salute e il proprio benessere. In questo processo di

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apprendimento il nostro punto di vista è che, finché unapersona respira, la parte di lei che funziona è più forte diquella che non funziona, per quanto malata e senzasperanza essa possa sentirsi. Ma per mobilitare leproprie capacità interne di crescita e guarigioneoccorrono una certa assunzione di responsabilità, uncerto sforzo e una celta energia. Per questo a voltediciamo alla gente che 'può essere stressanteintraprendere il programma per la riduzione dellostress'.

Il problema dello stress

Non c'è nessun farmaco che possa renderci immuniallo stress e al dolore, che sia in grado di risolveremagicamente i problemi della nostra vita e di guarirci.Muoverti verso la guarigione e la pace interiore richiedeuno sforzo cosciente da parte tua. Significa imparare alavorare proprio con quello stress e quel dolore di cuivuoi liberarti.

Il livello di stress nella nostra vita è oggi così grandeche sempre più persone decidono di cercare di capirlomeglio e di imparare a controllarlo in una certa misura,rendendosi conto che nessun altro può risolvere ilproblema per conto loro. Questo impegno personale èancora più importante se, oltre alle normali pressioni delvivere a cui tutti siamo sottoposti, soffri di una malattiacronica o di un'invalidità che introduce nella tua vita un

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elemento di stress particolare. Il problema dello stressnon ammette soluzioni facili e rapide.Fondamentalmente lo stress è una componente naturaledel vivere a cui non è possibile sottrarsi, come non èpossibile sottrarsi alla condizione umana. Alcuni cercanodi evitarlo cingendosi di barriere protettive che liseparano dalle esperienze della vita; altri cercano disfuggirgli desensibilizzandosi in vari modi.Naturalmente, evitare dolori e disagi inutili è unamanifestazione di buon senso e tutti abbiamo bisogno diquando in quando di prendere le distanze dai nostriguai. Ma se la fuga diventa il modo abituale dirapportarci ai nostri problemi, quegli stessi problemifiniscono per moltiplicarsi. Non scompaionomagicamente: ciò che scompare, o perlomeno si eclissa, èla nostra capacità di crescere, cambiare e guarire. Alla finfine, affrontare i problemi è il solo modo per superarli.

Navigare nella vita

Affrontare le difficoltà della vita con metodi checonducano a soluzioni efficaci e ad uno stato di armoniainteriore è un'arte. Un elemento di quest'arte consistenell'orientare la nostra vita in modo tale da servirci dellapressione generata dal problema stesso per attraversarlo,proprio come un navigante orienta la vela per utilizzarela pressione del vento. Navigare direttamentecontrovento è impossibile; e navigare soltanto con il

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vento in poppa ci permette di andare in una soladirezione, quella in cui tira il vento. Ma, se sappiamoorientare la nostra vela ed essere pazienti, spessoarriviamo alla meta che ci siamo prefissi e conserviamouna certa padronanza della nostra rotta.

Se vuoi servirti della pressione dei tuoi problemi pernavigare in questo modo devi imparare a metterti insintonia con le esperienze della tua vita, così come ilnavigante entra in sintonia con la sensazione della barca,dell'acqua, del vento e della rotta che vuole seguire. Edevi imparare a navigare in ogni sorta di circostanzestressanti, non solo quando splende il sole e il ventosoffia esattamente nella direzione che vuoi.

Tutti sappiamo che le condizioni atmosferichesfuggono al nostro controllo. Il buon marinaio impara aleggerle attentamente e a rispettarne la potenza. Se èpossibile, evita la tempesta; ma, se non è possibile e ci sitrova in mezzo, sa quando è il momento di ammainare levele, serrare i portelli, gettare l'ancora e aspettare che laburrasca si acquieti, tenendo sotto controllo quello che ècontrollabile e lasciando andare il resto. Il marinaio, persviluppare le capacità occorrenti in queste circostanze, habisogno di addestramento, pratica e molta esperienza.Sviluppare le capacità occorrenti per affrontareefficacemente le varie condizioni atmosferiche della tuavita è precisamente lo scopo dell'addestramento all'artedi vivere consapevolmente.

Il tema della padronanza delle situazioni è diimportanza centrale per lo stress. Nel mondo operano

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molte forze che sono per noi del tutto incontrollabili ealtre che magari riteniamo al di là del nostro controllo,ma non lo sono in realtà. La capacità di influire sullecircostanze della nostra vita dipende in larga misura dacome vediamo le cose. Le convinzioni che abbiamo sunoi stessi, e il modo in cui vediamo il mondo e le forzeche agiscono in esso influiscono su ciò che ci apparepossibile o meno, su quanta energia abbiamo adisposizione per agire e sulle scelte che indirizzano l'usodella nostra energia.

Per esempio, se ti senti minacciata, se ti sembra diessere sul punto di essere sopraffatta dalle pressionidella vita, la tua esperienza interna sarà di ansia rispettoa tutte le cose che potrebbero farti perdere il controllodella situazione. Queste cose possono essere reali oimmaginarie: fa poca differenza ai fini dello stress chesubisci e dell'effetto che hanno sulla tua vita. Il senso diminaccia può accendere in te sentimenti di rabbia e diostilità, magari un comportamento aggressivo derivantedall'impulso a proteggerti. In tali momenti le nostreinsicurezze più profonde erompono e possono dar luogoa comportamenti distruttivi per noi stessi o per altrepersone, lasciandosi dietro strascichi dolorosi. Se soffridi una malattia cronica o di un'invalidità che tiimpedisce di fare le cose che eri abituata a fare, interesfere di controllo della tua vita possono andare in fumo.Se per giunta la tua condizione ti provoca dolore e sequesto dolore non risponde bene alle terapie mediche, ilsenso di impotenza può essere aggravato dalla

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sensazione che nessuno, neppure i medici, è veramentein grado di aiutarti.

Ma la nostra preoccupazione di mantenere le cosesotto controllo non si limita ai grandi problemi della vita.Alcuni degli stress più insidiosi provengono propriodalle nostre reazioni ad eventi piccolissimi,insignificanti, che minacciano in qualche modo il nostrosenso di padronanza delle situazioni: un guasto allamacchina mentre stiamo andando a un appuntamentoimportante, i bambini che disobbediscono per la decimavolta, la coda al supermarket o all'ufficio postale.

La catastrofe del vivere

Non è facile riassumere in poche parole l'interagamma delle esperienze che ci mettono a disagio, che ciprovocano dolore e che alimentano un sotterraneo sensodi paura, insicurezza e impotenza. Se dovessimo farneun elenco, esso comprenderebbe certamente la nostravulnerabilità e mortalità. Potremmo includervi anche latendenza collettiva dell'umanità alla crudeltà e allaviolenza, nonché l'immensa mole di ignoranza e avidità,illusione e inganno che governa le nostre azioni e leazioni umane in generale.

Come definire la somma delle debolezze, limitazioni einadeguatezze umane, delle malattie e invalidità con cuidobbiamo convivere, degli incidenti, delle sconfitte e deifallimenti che abbiamo vissuto o che temiamo, delle

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ingiustizie e dello sfruttamento di cui abbiamo sofferto oa cui cerchiamo di sfuggire, della perdita di personeamate e, prima o poi, del nostro stesso corpo? Unametafora che esprima tutto ciò dev'essere una metaforanon sentimentale. Deve rappresentare anche il fatto chevivere non è un disastro, solo perché siamo esposti allapaura e al dolore; deve contenere la gioia insieme allasofferenza, la speranza insieme alla disperazione, lacalma insieme all'agitazione, l'amore insieme all'odio, lasalute insieme alla malattia.

Quando cerco di descrivere l'immensità dellacondizione umana che tutti prima o poi nella vita citroviamo a dover affrontare e in qualche modotrascendere, mi torna sempre alla mente una battuta delf i l m Zorba il greco, tratto dal romanzo di NikosKazantzakis. Quando l'inglese si rivolge a Zorba e glichiede: «Zorba, sei mai stato sposato?», la risposta diZorba è più o meno: «Non sono forse un uomo? Certoche sono stato sposato. Moglie, casa, figli, tutto quanto...l'intera catastrofe!»

Non è un lamento, e neppure Zorba vuol dire cheessere sposato e avere figli sia una disgrazia. La suarisposta contiene invece un supremo apprezzamentodella ricchezza della vita e insieme dell'inevitabilità deisuoi dilemmi, dolori, tragedie e ironie. La via di Zorbaconsiste nel danzare nella tempesta di questa 'catastrofe',nel celebrare la vita, nel riderne e ridere di sé, anche difronte al fallimento e alla sconfitta. In questo modo eglinon è mai schiacciato dalle circostanze a lungo, non

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viene mai in ultima analisi sconfitto, né dal mondo nédalla sua propria non indifferente follia.

Chiunque abbia letto il libro può immaginarefacilmente quanto vivere con Zorba possa essere statoletteralmente 'catastrofico' per sua moglie e per i suoifigli: non di rado l'eroe pubblico che tutti ammirano silascia dietro una scia di sofferenze nella vita privata.Tuttavia, fin dal mio primo incontro con quella frase hosentito che l'intera catastrofe' coglie qualcosa delcoraggio dello spirito umano nell'affrontare gli aspettipiù difficili della vita, e nel trovare in essi lo spazio percrescere in forza e in saggezza. Per me affrontare l'interacatastrofe significa scoprire e affrontare la parte piùumana di noi stessi. Non c'è un solo essere umano almondo che non si trovi di fronte alla propria versionepersonale dell'intera catastrofe.

'Catastrofe' in questo contesto non significa disastro:significa piuttosto la pregnante enormità dell'esperienzadel vivere. Include le grandi crisi e disgrazie, ma anchela somma di tutte le piccole cose che possonocontrariarci. Ci ricorda che la vita è un fluire continuo,che tutto ciò che appare permanente è in realtà solomomentaneo e costantemente in via di trasformazione.Questo vale per le nostre idee, per le nostre relazioni,per le cose che possediamo, per ciò che creiamo, per ilnostro corpo, per tutto.

In questo libro studieremo l'arte di abbracciare l'interacatastrofe. Vogliamo impararla affinché le tempeste dellavita, invece di toglierci forza e speranza, ci insegnino a

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vivere, a crescere e a guarire, in questo mondo fluido,mutevole e a volte doloroso. Quest'arte ci impone diimparare a guardare noi stessi e il mondo in modonuovo, e a lavorare con il nostro corpo, con i nostripensieri, con le nostre emozioni e percezioni in modonuovo; e ci richiede di imparare a ridere un po' di più(anche di noi stessi), cercando nello stesso tempo diconservare il nostro equilibrio il più possibile.

Oggi l'intera catastrofe è in evidenza su molti fronti.Una scorsa ai quotidiani è sufficiente a delineare uninterminabile fiume di sofferenze e di infelicità, in granparte inflitte da un essere umano a un altro o da ungruppo di esseri umani a un altro. La radio e latelevisione riversano su di noi una massa di immaginistrazianti di violenza e dolore, descritte con giornalisticodistacco, come se la morte e la sofferenza di esseri umaniin Medio Oriente, in India, in Sudafrica, in Cina o in Italiafossero eventi naturali quanto quelli del bollettinometeorologico che segue le notizie.

E anche se non leggiamo i giornali e non guardiamo latelevisione, la catastrofe del vivere ci è sempre accanto.Si manifesta nelle pressioni a cui siamo sottoposti a casae sul lavoro, nei problemi e nelle frustrazioni cheincontriamo, negli equilibrismi che ci sono richiesti persopravvivere in questo mondo frenetico e competitivo.Possiamo estendere l'elenco di Zorba e includere, oltrealla moglie o al marito, alla casa e ai bambini, il lavoro, iconti da pagare, i genitori, gli amanti, i suoceri, la morte,la povertà, la malattia, gli incidenti, le ingiustizie, la

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rabbia, i sensi di colpa, la paura, la disonestà, laconfusione e così via. La lista delle situazioni stressantidella vita è interminabile; e cambia continuamente,perché nuovi avvenimenti si producono continuamente econtinuamente ci richiedono un qualche tipo diadattamento o di risposta.

Situazioni umane

Chi lavora in un ospedale non può fare a meno diessere toccato dalle infinite variazioni dell'interacatastrofe che incontra ogni giorno. Ciascuno dei pazientiche arrivano alla clinica per lo stress porta con sé lapropria versione personale della catastrofe, così come,del resto, ciascuno di coloro che nell'ospedale lavorano.

Il programma per la riduzione dello stress viene disolito suggerito dai medici in relazione a patologiespecifiche: malattie cardiovascolari, cancro, malattiepolmonari, ipertensione, cefalea, dolori cronici, crisiconvulsive, disturbi del sonno, attacchi di panico,disturbi digestivi connessi allo stress, malattie dellapelle, disfonie e molte, molte altre patologie. Ma questeetichette diagnostiche nascondono più di quanto rivelinodelle persone. L'intera catastrofe è costituita non solodalla loro malattia, ma dal complesso intreccio delle loroesperienze e relazioni passate e presenti, delle lorosperanze, dei loro timori e della loro visione di ciò chesta loro accadendo. Ciascuno, senza eccezione, ha una

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storia personale specifica che dà significato e coerenza almodo in cui percepisce la propria vita, la propriamalattia e il proprio dolore, e a ciò che ritiene possibile omeno.

Spesso queste storie sono strazianti. Non di rado lapersona ha la sensazione di aver perduto il controllo nonsolo del proprio corpo, ma di tutta la propria vita. Sisente sopraffatta dall'ansia e dalla paura, spessocomplicate da relazioni familiari dolorose. Ascoltiamocontinuamente racconti di sofferenza fisica ed emotiva espesso di frustrazione rispetto all'operato dellamedicina. Incontriamo persone in preda all'ira o ai sensidi colpa, profondamente carenti di autostima e fiduciaper essere state schiacciate dalle circostanze della vita,spesso fin dall'infanzia. E non di rado troviamo personeche sono state letteralmente schiacciate da violenzefisiche e psicologiche.

Alcuni di questi pazienti non hanno ottenuto alcunmiglioramento malgrado anni di terapia medica. Moltinon sanno più dove rivolgersi in cerca d'aiuto e arrivanoalla clinica un po' come a un'ultima spiaggia, sfiduciati,ma ancora disposti a tentare le vie più inverosimili nellasperanza di ottenere un po' di sollievo.

Dopo alcune settimane di corso, per molti di loro giàsi va delineando una nuova relazione con il propriocorpo, con la propria mente e con i propri problemi. Disettimana in settimana la loro faccia e il portamento delloro corpo cambiano. Dopo otto settimane, alla fine delprogramma, anche l'osservatore più distratto non può

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fare a meno di essere colpito dai loro sorrisi edall'atteggiamento più rilassato.

Pur essendo arrivati alla clinica con uno scopodefinito, quello di imparare a rilassarsi e ad affrontare lostress, è chiaro che questi pazienti hanno imparato moltodi più. Spesso alla fine del corso i sintomi sono menonumerosi e più lievi e la persona manifesta più fiducia,ottimismo e assertività. In generale ha un atteggiamentodi maggiore accettazione e pazienza nei confronti delleproprie limitazioni e infermità. Ha più fiducia nellapropria capacità di sopportare il dolore fisico e psichicoe di affrontare i problemi della vita. È meno ansiosa,depressa e arrabbiata. Si sente più padrona di sé anche inquelle situazioni stressanti che in passato le facevanoperdere completamente il controllo. In sintesi, è in gradodi gestire molto meglio 'l'intera catastrofe' della propriavita, l'intera gamma delle esperienze esistenziali,compresa, in alcuni casi, quella dell'imminenza dellamorte.

Un paziente che ha recentemente partecipato alprogramma, aveva lasciato il lavoro in seguito a unattacco cardiaco. Da quarantanni esercitava un'attivitàimprenditoriale, viveva accanto alla sua azienda e,secondo le sue parole, non si era mai preso un giorno divacanza: il lavoro era la sua vita. Il cardiologo lo avevaindirizzato alla clinica dopo un cateterismo cardiaco (unaprocedura diagnostica per le malattie coronariche),un'angioplastica (una procedura per dilatare unrestringimento in un'arteria coronarica) e la

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partecipazione a un programma di riabilitazionecardiaca.

Quando lo vidi nella sala d'attesa aveva un'aria cosìsconvolta e disperata che, malgrado avesse unappuntamento con il mio collega, Saki Santorelli, misedetti a parlargli sull'istante. Egli disse, in parterivolgendosi a me e in parte fissando il vuoto, che avevaperso ogni voglia di vivere e che non sapeva nemmenocosa fosse venuto a fare alla clinica... la sua vita era finita,non aveva più significato, lui non trovava più gioia innulla, neppure nella moglie e nei figli, e non avevanessun desiderio di fare alcunché.

Dopo otto settimane lo stesso uomo aveva occhiscintillanti. Nell'incontro che avemmo alla fine del corsomi disse che si era reso conto di aver dato tutta la suavita al lavoro senza sapere quello che perdeva e che cosìfacendo si era quasi ammazzato. Si era reso conto di nonaver mai espresso ai suoi figli il suo amore, quandoerano piccoli; ma lo avrebbe fatto ora, finché era ancorain tempo. Guardava al futuro con entusiasmo e speranza;e, per la prima volta, riusciva a pensare di venderel'azienda. Prima di andarsene mi abbracciò: forse era laprima volta che abbracciava un altro uomo in vita sua.

Da un punto di vista clinico, la sua condizione fisicanon era diversa da quando era arrivato, otto settimaneprima. Ma, mentre allora viveva come un uomo malato efinito, ora si sentiva più sano e felice. Aveva scoperto lagioia di vivere, malgrado la malattia e tutti gli altriproblemi che lo assillavano. Era tornato a vedersi non

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più come un malato di cuore, ma come un essere umanointero.

Che cosa ha causato la sua trasformazione?Probabilmente molti fattori hanno contribuito. Ma unelemento importante è stato certamente la suapartecipazione al corso che ha affrontato con moltoimpegno. All'inizio temevo che non sarebbe arrivato infondo, perché oltre tutto abitava a ottanta chilometridall'ospedale e per una persona depressa un viaggio delgenere non è poco. Ma rimase e si impegnònell'esperimento che gli proponevamo malgrado il suoscetticismo iniziale.

Un altro paziente, di circa settantanni, soffriva didolori fortissimi ai piedi quando arrivò alla clinica. Sipresentò alla prima lezione su una sedia a rotelle. Lamoglie, che lo accompagnava, tornò ad accompagnarloogni volta, aspettandolo fuori per tutte le due ore dellalezione. Il primo giorno, quando ciascuno condivisequalcosa di sé, quest'uomo disse che i piedi gli facevanocosì male che avrebbe voluto tagliarseli via. Non vedevaa che cosa la meditazione avrebbe potuto servirgli, maera disposto a tentare qualunque cosa. Tutti quanti cisentimmo molto toccati dal suo dolore.

Qualcosa in quel primo incontro deve avergli apertouno spiraglio, perché nelle settimane che seguirono siimpegnò con grande determinazione nel lavoro suldolore ai piedi. Alla seconda lezione arrivò con lestampelle, invece della sedia a rotelle. Più avanti ridusseil suo sostegno a un semplice bastone. Alla fine del corso

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ci disse che il dolore non era cambiato un gran che, ma ilsuo atteggiamento verso di esso era cambiatoprofondamente. Da quando aveva cominciato a meditareil dolore gli sembrava più sopportabile; e ora, dopo ottosettimane, i suoi piedi non erano più per lui unproblema tanto grave. Sua moglie confermò che eradiventato un uomo più felice e più attivo.

Trasformazioni di questo genere accadono spessonella clinica per lo stress e sono generalmente punti disvolta importanti nella vita dei nostri pazienti. Essecorrispondono a un allargamento di quelle che essiconcepiscono come le proprie possibilità. Di solito, almomento di andarsene queste persone vengono aringraziarci per il miglioramento ottenuto. Ma in verità ilmiglioramento dipende interamente dal loro impegno.Ciò di cui ci ringraziano è di aver dato loro l'occasioneper contattare le loro risorse interne, di aver creduto inloro e di non averli abbandonati, di aver dato loro glistrumenti per questa trasformazione. È con piacere chefacciamo loro notare che, per portare a termine ilprogramma, loro hanno dovuto credere in se stessi e nonarrendersi. Hanno dovuto trovare il coraggio peraffrontare l'intera catastrofe della loro vita, nei momentipiacevoli e spiacevoli, quando le cose andavano comeloro volevano e quando no, quando si sentivano padronidella situazione e quando no. Hanno usato tutte questeesperienze, insieme ai loro pensieri e alle loro emozioni,come strumenti per guarirsi. All'inizio si erano chiesti seil programma avrebbe potuto fare qualcosa per loro. Alla

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fine hanno scoperto che loro stessi possono fare qualcosadi molto importante per sé, qualcosa che nessun altro almondo può fare per loro.

La consapevolezza

Negli esempi appena narrati ciascuno dei duepazienti ha raccolto la sfida della clinica per lo stress: lasfida a vivere ogni momento della propria vita comeimportante, come qualcosa che conta e con cui lavorare,anche i momenti di dolore, di tristezza, di disperazione odi paura. Questo 'lavoro' richiede soprattutto la praticaregolare, disciplinata dell'attenzione, della consapevolezzamomento per momento, una completa appropriazione diogni istante della nostra esperienza, buono o cattivo,bello o brutto. È questa l'essenza del vivere l'interacatastrofe.

La capacità di essere consapevoli è presente inciascuno di noi. Tutto quello che occorre è coltivarel'attenzione al momento presente. Lo sviluppo dellaconsapevolezza è cruciale nelle trasformazioni vissutedai nostri pazienti. Possiamo rappresentarci laconsapevolezza come una lente che concentra le energiedisperse e reattive della nostra mente in un'unicasorgente di energia coerente, che diviene disponibile pervivere, per risolvere i problemi e per guarirci.Abitualmente, senza rendercene conto, sprechiamoenormi quantità di energia reagendo automaticamente e

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inconsciamente agli eventi esterni e alle nostreesperienze interne. Coltivare la consapevolezza significaimparare a usare e focalizzare questa energia sprecata.Così facendo impariamo anche a entrare in uno stato dirilassamento profondo, che nutre e rigenera il corpo e lamente. In questo stato ci è più facile vedere con maggiorechiarezza il modo in cui viviamo e abbiamo perciò lapossibilità di apportare dei cambiamenti per guarirci eper migliorare la qualità della nostra vita. Inoltreimpariamo a canalizzare più efficacemente la nostraenergia in situazioni di stress, quando ci sentiamominacciati o indifesi. Questa energia ha la sua sorgentein noi stessi: perciò essa è sempre potenzialmentedisponibile.

Coltivando la consapevolezza scopri dentro di tespazi di profondo rilassamento, calma e chiarezza. Ècome scoprire un territorio sconosciuto, o forse solovagamente intuito in passato, che contiene un grandepozzo di energia positiva, disponibile per capire testesso e per guarirti. È facile entrare in questo territorio:il cammino che conduce a esso ti è tanto vicino quanto iltuo corpo, la tua mente e il tuo respiro. Ed è sempreaccessibile: è sempre lì, presente in te, qualsiasi siano ituoi problemi o i tuoi guai. Sia che ti trovi ad affrontareuna malattia, il dolore fisico o semplicemente una vitastressante, l'energia di questo spazio interno può essertidi immenso aiuto.

Le pratiche di sviluppo sistematico dellaconsapevolezza sono il cuore della meditazione

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buddista. Esse sono state coltivate per oltre 2500 anni nelmondo buddista sia monastico sia laico in varie partidell'Asia. Recentemente questo tipo di meditazione si èdiffuso in tutto il mondo. Ciò è dovuto in parteall'invasione cinese del Tibet e alle guerre nel Sud–estasiatico che hanno costretto all'esilio molti monaci emaestri buddisti; in parte ai molti giovani occidentali chesono andati in Oriente a imparare la meditazione; e inparte alla presenza in Occidente di numerosi maestri Zene di altre tradizioni, richiamati dal crescente interesse perla meditazione che si va manifestando in questa parte delmondo. Benché le pratiche per lo sviluppo dellaconsapevolezza siano per lo più insegnate nel contestodel buddismo, la loro essenza è universale. Laconsapevolezza è essenzialmente attenzione; è guardareprofondamente dentro di sé in uno spirito diautoindagine e autocomprensione. Perciò essa puòessere appresa e praticata, come facciamo nella clinicaper lo stress, senza fare riferimento alle tradizioniorientali. La consapevolezza si regge sull'autoritàdell'esperienza diretta, come potente veicolo diautocomprensione e di guarigione. In verità, uno deisuoi punti di forza è proprio il fatto di non dipendere daalcun sistema di credenze né da alcuna ideologia, dimodo che i suoi benefici sono accessibili a chiunque. E,nello stesso tempo, non è casuale che essa ci giunga dallatradizione buddista, che si propone come fini supremi laliberazione dalla sofferenza per tutti gli esseri viventi ela dissoluzione delle illusioni.

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Vivere momento per momento

Compagni di viaggio

Guardando la trentina di partecipanti al corso che staper cominciare, qui nella clinica per lo stress, mi stupiscodel progetto che ci riunisce. Immagino che tutti quanti sidomandino che cosa sono venuti a fare stamattina inquesta stanza piena di sconosciuti. Vedo la faccialuminosa e gentile di Edward e penso al peso che siporta sulle spalle, giorno per giorno. Edward è unfunzionario di una compagnia di assicurazioni, hatrentaquattro anni e ha l'Aids. Guardo Peter, un uomod'affari di quarantasette anni che ha avuto un attaccocardiaco un anno e mezzo fa ed è qui per imparare arilassarsi in modo da evitare di averne un altro. Sedutaaccanto a Peter c'è Beverly, allegra e ciarliera, e accanto alei suo marito. A quarantadue anni Beverly ha avuto unaneurisma cerebrale che l'ha resa irriconoscibile a sestessa e ha rivoluzionato la sua vita. Poi c'è Marge,quarantaquattro anni, che è venuta da noi su indicazionedella clinica per il dolore. Era infermiera in un reparto dioncologia fino a qualche anno fa, quando riportò lesionialla schiena e ad entrambe le ginocchia cercando disostenere un paziente che stava cadendo. Soffre di doloritanto acuti da impedirle di lavorare e cammina a faticacon il bastone. Ha già subito un intervento a un

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ginocchio e ora, oltre tutto, sta per affrontareun'operazione per un tumore all'addome di cui i medicinon sono in grado di diagnosticare la natura prima dioperare. Non si è ancora ripresa dallo scompiglio chel'incidente ha gettato nella sua vita. È tesa come unacorda di violino e scatta per un nonnulla.

Accanto a Marge c'è Arthur, un poliziotto dicinquantasei anni che soffre di severe emicranie eattacchi di panico. Poi Margaret, settantacinque anni,insegnante in pensione, che soffre di insonnia.

Accanto a Margaret siede Phil, camionista del Quebec,

anche lui mandatoci dalla clinica per il dolore. Si èinfortunato nel sollevare un carico e da allora è in cassainfortuni per dolori cronici alla parte bassa della schiena.Non può più guidare ed è alla ricerca di un modo perrendere più sopportabile il dolore. Sta cercando anche dicapire che altro lavoro può fare per mantenere lafamiglia, che comprende quattro bambini piccoli.

Accanto a Phil c'è Roger, un falegname trentenne chesoffre anche lui di dolori alla schiena in seguito a unincidente sul lavoro. Sua moglie, che è in un'altra sezionedel corso, dice che Phil abusa di sedativi da anni e che èdiventato la principale fonte di stress della sua vita. Èstufa di lui e vuole divorziare. Guardandolo, midomando dove la vita lo porterà e se riuscirà a rimettersiin sesto. Di fronte a me, dall'altra parte della stanza, c'èHector, portoricano, di professione lottatore. È quiperché vorrebbe imparare a controllare i propri accessi di

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rabbia, che gli provocano scoppi di violenza e dolori alpetto. La sua corporatura massiccia è una presenzaimponente nella stanza.

I medici ci hanno mandato tutte queste persone perridurre il livello di stress di cui soffrono; e noi li abbiamoinvitati a ritrovarsi una mattina alla settimana in questocorso per le prossime otto settimane. «Perché, in realtà?»mi domando, guardandomi intorno. Il livello disofferenza collettiva nella stanza, stamattina è immenso.È veramente un gruppo di persone travolte dall'Interacatastrofe' della propria vita, emotivamente non menoche fisicamente.

Per un istante mi meraviglio della nostra audacianell'invitarli a intraprendere questo viaggio. Mi ritrovo apensare: «Che cosa mai possiamo fare per tutti loro? Eche cosa possiamo fare per gli altri centoventi cheinizieranno il corso per la riduzione dello stress durantequesta settimana, giovani e vecchi, singoli, sposati edivorziati, lavoratori, pensionati, invalidi e benestanti?Quanto possiamo influire sulla loro vita? Che cosapossiamo fare per loro in otto brevi settimane?» L'aspettointeressante di questo lavoro è che in realtà non facciamonulla per loro. Se cercassimo di aiutarli, falliremmomiseramente. Quel che facciamo, invece, è invitarli a fareloro stessi una cosa radicalmente nuova per sé e cioèprovare a vivere intenzionalmente momento permomento.

Il lavoro della clinica per lo stress è cosìapparentemente semplice che solo quando ci si

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coinvolge personalmente si capisce in che cosa consistarealmente. Esso parte dal punto in cui le persone sitrovano nella loro vita, qualsiasi esso sia. Siamodisponibili a lavorare con chiunque, purché siadisponibile a lavorare con se stesso. E non ci arrendiamomai, neppure quando la persona si scoraggia, fa deipassi indietro o 'fallisce' ai propri occhi. Per noi ognimomento è un nuovo inizio, una possibilità diricominciare, di ricollegarci con noi stessi. Da un certopunto di vista, il nostro lavoro consiste solo nel dare allepersone il permesso di vivere ogni momento pienamentee completamente, e nel mostrare alcuni strumenti perfarlo sistematicamente. Facciamo conoscere loro deimodi per ascoltare il proprio corpo e la propria mente eper cominciare a fidarsi della propria esperienza. Quelloche offriamo alla gente, in realtà, è la scoperta che esisteun modo di essere, un modo di affrontare i problemi, unmodo di affrontare l'intera catastrofe', che rende la vitapiù ricca e più gioiosa. Ad esso si accompagna anche unmaggior senso di padronanza di sé e delle situazioni.Questo modo di essere lo chiamiamo la via dellaconsapevolezza. Le persone che sono venute quistamattina incontreranno questo nuovo modo di essere,nel corso del viaggio che stanno iniziando nella clinicaper lo stress. Avremo occasione di ritrovarle, insieme adaltre, durante l'esplorazione della via dellaconsapevolezza in cui anche noi ci stiamo imbarcando.

Non fare

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Se in un momento qualsiasi entri nella stanza dove sisvolge il corso, la cosa più probabile è che troverai tutti aocchi chiusi, immobili, seduti in silenzio o sdraiati sulpavimento. Questo stato di cose può durare da dieciminuti a tre quarti d'ora per volta.

A un osservatore esterno può sembrare strano oaddirittura un po' folle. Sembra che non stia succedendoniente. E in un certo senso è proprio così. Ma è un 'niente'molto ricco e complesso. Le persone che vedi non stannoammazzando il tempo, fantasticando o dormendo: quelloche stanno facendo è un duro lavoro, benché invisibile.Stanno praticando il non fare. Stanno attivamenteosservando ogni momento, sforzandosi di rimanerepresenti e consapevoli, momento per momento; stannopraticando la consapevolezza.

In altre parole, stanno praticando l'essere. Una voltatanto, stanno intenzionalmente sospendendo ogni formadi attività e si stanno rilassando nel momento presentesenza cercare di riempirlo con nulla. Permettono al lorocorpo e alla loro mente di riposarsi nel presente,qualsiasi pensiero o emozione occupi la loro mente ecomunque si senta il loro corpo. Stanno focalizzandol'attenzione sulle esperienze base del vivere. Si danno ilpermesso di essere presenti nel momento, lasciando chele cose siano esattamente così come sono, senza cercaredi cambiare nulla.

Per essere ammesso al corso ciascuno di loro hadovuto impegnarsi a dedicare un certo tempo ognigiorno a questa pratica di 'essere semplicemente'. L'idea

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fondamentale è quella di creare un'isola, di essere nelmare del fare in cui le nostre vite sono costantementeimmerse, un intervallo di tempo in cui lasciamo che ogniattività si fermi.

Imparare a fermare tutto il fare e passare alla modalitàdell'essere, imparare a dedicare tempo a te stesso, arallentare il ritmo e a nutrire in te calma eautoaccettazione; imparare a osservare l'attività della tuamente momento per momento, a osservare i tuoi pensierie a lasciarli scorrere senza esserne coinvolto e dominato;imparare a creare spazio per nuovi modi di vederevecchi problemi e per cogliere l'interconnessione di tuttele cose; questi sono alcuni degli insegnamenti dellaconsapevolezza. Per rendere possibile questo tipo diapprendimento occorre solo che ti rilassi in momenti dipuro e semplice 'essere' e che coltivi la consapevolezza.

Più la tua pratica è sistematica e regolare, più lapotenza della consapevolezza cresce in te e ti aiuta.Questo libro vuole fornirti una mappa per questoviaggio, così come le lezioni settimanali del corso per lariduzione dello stress servono da guida alle persone chevi partecipano.

Ma, come sai, una mappa non è il territorio chedescrive. Analogamente, non devi illuderti che la letturadel libro sia il viaggio vero e proprio. Il viaggio deviviverlo tu personalmente, coltivando la consapevolezzanella tua vita. E, se ci pensi un momento, come potrebbeessere altrimenti? Chi potrebbe fare questo lavoro alposto tuo? Il tuo medico? I tuoi parenti o amici? Per

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quanto altri possano desiderare di aiutarti a raggiungereuno stato di maggiore salute e benessere, l'aiutofondamentale può venire solo da te. Dopo tutto, nessunopuò vivere la tua vita al posto tuo; e qualsiasi sia l'affettoche un'altra persona prova per te, esso non può e nondeve sostituirsi al tuo prenderti cura di te stesso. Daquesto punto di vista coltivare la consapevolezza èproprio come mangiare.

Sarebbe assurdo pretendere che qualcun altromangiasse al posto tuo; e quando vai al ristorante non tisfami né sfogliando il menu né ascoltando il camerieredescrivere il cibo. Perché il cibo ti nutra devieffettivamente mangiarlo. Analogamente, per trarrebeneficio dalla consapevolezza e capire perché è tantopreziosa devi effettivamente praticarla.

Attenzione e presenza

Fino a qualche anno fa la parola 'meditazione' era, permolti, sospetta e associata a immagini di ciarlataneriemistiche. Ciò era in parte dovuto all'ignoranza del fattoche, l'essenza della meditazione, consiste semplicementenel fare attenzione alla propria esperienza. Questo fatto èoggi più conosciuto; e, poiché l'attenzione èun'esperienza di tutti, almeno occasionalmente, lameditazione non ci appare più tanto esotica o estraneaalla nostra vita quanto potevamo un tempo pensare.

Tuttavia, quando attraverso la meditazione

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cominciamo a osservare un po' più da. vicino il modo incui funziona la nostra mente, troviamo che la maggiorparte del tempo la nostra attenzione è rivolta piuttosto alpassato o al futuro che al presente. Perciò, di solitosiamo solo parzialmente consapevoli di ciò che accadenel presente. Perdiamo molti momenti della nostra vitaperché non siamo del tutto presenti a viverli. Di questopossiamo accorgerci particolarmente attraverso lameditazione, ma è una caratteristica di ogni momentodella nostra vita: l'inconsapevolezza domina la nostramente la maggior parte del tempo e perciò influisce sututto ciò che facciamo. Osservandoci, scopriamo chefunzioniamo quasi sempre 'con il pilota automatico',meccanicamente, senza renderci pienamente conto diquello che stiamo facendo o vivendo. È come se, granparte del tempo, non fossimo 'in casa'. O come se, in altreparole, fossimo svegli solo per metà. Per familiarizzarticon questo concetto puoi pensare a un'esperienza che sipresenta comunemente guidando la macchina. Ti saràcapitato di andare in un certo posto e di non ricordarequasi nulla di quello che hai incontrato lungo il percorso.Probabilmente il tuo 'pilota automatico' era in funzione.Non eri del tutto presente: eri presente solo,sperabilmente, quanto basta per guidare con sicurezza esenza problemi.

Anche se cerchi deliberatamente di fare attenzione auna certa azione, che sia guidare o qualsiasi altra cosa,scoprirai probabilmente che ti è difficile restare presentea lungo. La nostra attenzione viene facilmente distratta.

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La mente tende a vagare: dopo un po' ti trovi a essereimmerso in pensieri o fantasie.

I nostri pensieri sono tanto potenti, soprattutto inmomenti di crisi o di turbamento emotivo, da annebbiarefacilmente la consapevolezza del presente. Anchequando siamo relativamente calmi rapiscono tutti i nostrisensi. Un altro esempio tratto dalla guida: succede avolte che una certa impressione, un'immagine, un suono,rapiscano la mente e la trattengano un po' più a lungo diquanto sarebbe raccomandabile per la sicurezza dellaguida. Mentre l'auto continua ad avanzare, la mente restaindietro, si sofferma su quella mucca in mezzo al prato,su quel camion, o quel che sia che ne ha catturatol'attenzione, incurante delle nuove impressioni checontinuano ad arrivare. Ma non è forse quasi semprecosì, qualsiasi cosa tu stia facendo? Nota quantofacilmente, in qualsiasi situazione, la tua attenzioneviene distratta dal momento presente, portata via dallacorrente dei pensieri. Prova a osservare quanto spessonel corso di un giorno ti trovi a pensare al passato o alfuturo. Resterai sorpreso. Puoi verificare la forzad'attrazione esercitata dal pensiero eseguendo questosemplice esperimento. Chiudi gli occhi e stai seduto conla schiena diritta, senza irrigidirti. Porta l'attenzione altuo respiro. Non cercare di controllarlo, lascia che accadada sé e semplicemente sentilo, sii consapevole del suoscorrere, del suo entrare e uscire. Prova a mantenerel'attenzione concentrata sul respiro in questo modo pertre minuti.

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Se sopraggiunge il pensiero che è sciocco o noioso starsemplicemente seduto a osservare il respiro che entra eche esce, nota che questo è semplicemente un pensiero,un giudizio della tua mente. Lascia che questo pensieropassi e riporta l'attenzione al respiro. Alla fine dei treminuti, nota come ti sei sentito durante l'esperimento enota per quanto tempo la tua mente si è distratta,perdendo la consapevolezza del respiro. Che cosasarebbe successo se avessi continuato per dieci minuti,per mezz'ora, per un'ora?

La mente di quasi tutti noi tende a vagare e a saltarefacilmente da una cosa all'altra. Ciò rende difficilemantenere l'attenzione concentrata su una cosa, peresempio sul respiro, per un certo tempo, se nonimpariamo a calmare e a stabilizzare la nostra mente.Questo esperimento di tre minuti è un assaggio di checos'è la meditazione. Meditazione è osservaredeliberatamente il tuo corpo e la tua mente, lasciandoche le tue esperienze scorrano liberamente di momentoin momento e accettandole così come sono. Meditazionenon significa rifiutare i pensieri o bloccarli o reprimerli.Non significa controllare alcunché, eccetto la direzionedella tua attenzione.

Tuttavia, sarebbe sbagliato ritenere che la meditazionesia un processo passivo. Dirigere l'attenzione e restare inuno stato di autentica calma non reattiva, richiede moltaenergia e molto impegno. Eppure, paradossalmente, lavia della consapevolezza non comporta alcuno sforzoper raggiungere un certo risultato o una particolare

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esperienza. Essa richiede invece che tu ti permetta diessere nella realtà che è la tua, di familiarizzarti con latua esperienza momento per momento. Perciò, sedurante i tre minuti dell'esperimento non ti sei sentitoparticolarmente rilassato o se l'idea di osservare ilrespiro per mezz'ora ti sembra inconcepibile, nonpreoccuparti. Il rilassamento viene da sé con lacontinuità della pratica; lo scopo di questo esercizio erasolo quello di farti notare che cosa succede quando provia concentrare l'attenzione su una cosa. Se cominci a fareattenzione a ciò che passa per la tua mente, momento permomento, durante il giorno, probabilmente scoprirai cheuna parte notevole del tuo tempo e della tua energia èassorbita da ricordi, fantasticherie, rimpianti legati alpassato. E una parte altrettanto grande, o forse maggiore,è assorbita dall'attesa, dalla pianificazione, dallepreoccupazioni e dalle fantasticherie riguardo al futuro ea ciò che vorresti o non vorresti che accadesse. Per via diquesto traffico interno che ci occupa quasi continuamenteperdiamo gran parte della ricchezza di esperienza dellanostra vita; o quanto meno tendiamo a sottovalutarne ilvalore e il significato.

Per esempio, stai guardando un tramonto, colpito dalgioco di luce e di colori fra nubi e cielo. Per un momentosei veramente presente, lo assorbì, lo vedi veramente.Poi entra in gioco il pensiero, e magari ti ritrovi acommentare la scena con qualcuno che è lì con te, a direcom'è bello il tramonto oppure a parlare di qualcos'altroche ti ha fatto venire in mente. Parlando, disturbi

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l'esperienza preziosa di quell'attimo. Perdi quellaparticolare qualità di percezione del sole, del cielo, dellaluce. Sei in balia dei tuoi pensieri e dell'impulso diesprimerli. Le tue parole rompono l'incantesimo. O magari nondici nulla, ma il pensiero o il ricordo che sono affiorati ti hannodistratto dal tramonto. A questo punto sei assorbito daltramonto che si trova dentro la tua testa anziché daltramonto reale che hai davanti agli occhi. Magari pensi distare ancora godendoti il tramonto, ma in realtà ora lovedi attraverso il filtro del ricordo di altri tramonti o altreassociazioni che ti ha evocato. Tutto questo può accaderea un livello del tutto subliminale; e, quel che più conta,dura solo un attimo. Poi passa, con il continuo mutaredelle situazioni e delle sensazioni.

Quasi sempre puoi sopravvivere anche in uno stato diparziale consapevolezza di questo tipo. Almeno sembra.Ma quello che perdi è più importante di quanto forse tucreda. Se abitualmente vivi i momenti della tua vitasenza essere pienamente presente in essi, perdi alcunedelle esperienze più preziose della vita, come entrare inrapporto con le persone che ami, con i tramonti o conl'aria pura del mattino.

Perché? Perché sei troppo occupato da ciò che ritieniimportante in quel momento per fermarti, per darti iltempo di ascoltare, di osservare. Forse hai troppa frettaper fermarti un attimo, per guardare negli occhi o pertoccare la persona che ti sta accanto, per essere presentenel tuo corpo. Quando funzioniamo in questo modoautomatico, mangiamo senza gustare veramente,

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guardiamo senza veramente vedere, tocchiamo senzasentire nulla, udiamo senza udire e parliamo senzasapere veramente che cosa stiamo dicendo. E, peresempio mentre stiamo guidando, queste assenze,quando superano una certa soglia, possono avereconseguenze drammatiche.

L'utilità della consapevolezza, non si limita perciò alfatto di permetterci di godere più profondamente deitramonti. Quando la mente è dominatadall'inconsapevolezza, tutte le nostre decisioni e lenostre azioni ne risentono. Perdiamo il contatto con ilnostro corpo, e con i suoi segnali e messaggi, il che a suavolta può causare altri guai fisici, di cui non ci rendiamonemmeno conto di essere responsabili. E vivere in unostato di cronica inconsapevolezza, ci fa perdere granparte di ciò che è bello e significativo nella vita. Nonsolo, ma, come nell'esempio della guida, o nei casi didipendenza dall'alcol, da sostanze stupefacenti o anchedal lavoro in maniera compulsiva, l'inconsapevolezzapuò essere letale, rapidamente o lentamente.

Sapere di non sapere

Quando cominci a fare attenzione a quel che succedenella tua mente, scopri che sotto la superficie c'è unagrande attività mentale ed emotiva. Questo flussoincessante di pensieri e di emozioni può assorbire unagrossa parte della tua energia e può impedirti di vivere

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anche solo qualche istante di quiete, di pienezza e digioia.

Quando la mente è in preda all'insoddisfazione eall'inconsapevolezza, il che accade più spesso di quantomolti di noi siano disposti a riconoscere, è difficile esserecalmi e rilassati. Più facilmente ci sentiamo divisi eirrequieti. I nostri pensieri e desideri sono spesso inconflitto fra di loro.

Questa condizione mentale può limitare notevolmentela nostra capacità di agire e perfino di vedere conchiarezza le situazioni. A volte non sappiamo neppureche cosa stiamo pensando, sentendo o facendo. E, quelche è peggio, non sappiamo di non saperlo. Crediamo disapere che cosa stiamo pensando, sentendo o facendo.Ma si tratta tutt'al più di una conoscenza parziale: inrealtà siamo trascinati dalle nostre attrazioni erepulsioni, inconsapevoli della tirannia dei nostripensieri e dei comportamenti autodistruttivi che spessone derivano.

Socrate era famoso ad Atene per il suo motto «Conosci testesso». Un giorno uno dei suoi discepoli gli disse: «Socrate, tucontinui a dire 'Conosci te stesso'. Ma tu, conosci te stesso?»Socrate rispose: «No, ma so di non conoscermi».

In questo viaggio della pratica della consapevolezza,verrai a scoprire in prima persona qualcosa del tuo nonconoscerti. Non è che la consapevolezza sia la risposta atutti i problemi della vita. Quel che succede invece è chei problemi della vita appaiono più chiaramente, visti allaluce di una mente chiara. Il solo fatto di divenire

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consapevole dell'illusione della mente, che credecostantemente di sapere, è un passo importante versoquesta chiarezza: è il primo passo per attraversare il velodelle tue opinioni e vedere le cose come sono realmente.

Ascoltare il corpo

Un aspetto importante della nostra vita e della nostraesperienza, che a causa dell'automatismo delle nostrereazioni tendiamo a ignorare, è il rapporto con il nostrocorpo. Spesso siamo appena in contatto con il nostrocorpo, a stento ci rendiamo conto di ciò che sente. Diconseguenza, spesso siamo insensibili agli effetti che sudi esso hanno l'ambiente, le nostre azioni e perfino inostri pensieri ed emozioni. Quando ignoriamo questeinterconnessioni, a volte abbiamo la sensazione che ilnostro corpo abbia reazioni imprevedibili e nonriusciamo a capire perché.

Come vedremo più avanti, i sintomi fisici sonomessaggi che il corpo ci invia per farci sapere come sta equali sono i suoi bisogni. Quando ci abituiamo a faresistematicamente attenzione al corpo e siamo più incontatto con esso, acquistiamo anche la capacità di capirequello che ci vuole comunicare e di rispondere inmaniera appropriata. Imparare ad ascoltare il corpo è divitale importanza per la nostra salute e per la qualitàdella nostra vita.

Anche una cosa semplice come rilassarsi può essere di

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una difficoltà frustrante quando siamo inconsapevoli delnostro corpo. Lo stress della vita di ogni giorno generatensioni localizzate in particolari gruppi di muscoli, peresempio nelle spalle, nella mandibola, nella fronte. Perrilassare queste tensioni devi prima di tutto accorgertiche ci sono, devi sentirle. Devi essere in grado didisinserire il 'pilota automatico' e di riprendere in manoil controllo del tuo corpo e della tua mente. Comevedremo, per far questo devi concentrare l'attenzione sulcorpo, percepire le sensazioni che provengono dai varimuscoli e inviare ai muscoli il messaggio di rilassare letensioni. Se sei abbastanza consapevole, questo lo puoifare già nel momento in cui la tensione si staproducendo: non occorre che aspetti di sentirti rigidocome un pezzo di legno. Se lasci che la tensione siaccumuli, essa diventa tanto abituale che ti dimentichicome ci si sente quando si è rilassati e diventa molto piùdifficile ritrovare il rilassamento. Quando soffriamo didisturbi fisici o mentali, spesso ci aspettiamo che imedici siano in grado di rimetterci in sesto. A volte ciò èpossibile; ma, come vedremo, la nostra collaborazioneattiva è essenziale nella maggior parte delle terapie.Questo è particolarmente vero per quelle condizionicroniche per cui la medicina non dispone di curerisolutive. In tali casi, la qualità della nostra vita dipendein larga misura dalla conoscenza che abbiamo del nostrocorpo e della nostra mente, e dalla capacità di migliorarela nostra salute entro i limiti, sempre sconosciuti, delpossibile. Assumerti la responsabilità di conoscere

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meglio il tuo corpo, ascoltandolo attentamente ecoltivando le tue risorse interne di guarigione, è ilmiglior modo di collaborare con i tuoi medici. È qui cheinterviene la meditazione: essa dà potenza e sostanza aquesto impegno e catalizza il lavoro di guarigione.

Un piccolo esercizio

Il modo in cui presentiamo per la prima volta lameditazione nella clinica per lo stress, sorprende semprei nostri pazienti. Spesso la gente si aspetta che lameditazione sia qualcosa di insolito, di mistico, distraordinario. Per eliminare subito queste aspettative,distribuiamo a ciascuno dei presenti tre chicchi di uvapassa e li mangiamo uno per volta, consapevolmente,concentrando l'attenzione su quello che stiamo facendo evivendolo attimo per attimo. Se vuoi, puoi fare anche tuquesto esperimento, dopo averne letto la descrizione.

In primo luogo guardiamo attentamente il chicco diuvetta, lo osserviamo come se non avessimo mai vistouna cosa simile in vita nostra. Con i polpastrelli nepalpiamo la consistenza, mentre notiamo le sfumature dicolore e la forma delle superfici. Facciamo attenzione aipensieri che si presentano riguardo all'uva passa o alcibo in generale. Se, mentre guardiamo il chicco diuvetta, proviamo sensazioni di attrazione o repulsione,se ci piace o non ci piace, notiamo anche questo. Poi loannusiamo per un po'. Infine, consapevolmente, lo

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portiamo alle labbra, osservando il movimento delbraccio e della mano e la salivazione che comincia aprodursi quando il corpo e la mente sono in attesa diricevere del cibo. Continuiamo a fare attenzione mentrelo mettiamo in bocca e lo mastichiamo lentamente,assaporando il gusto di un singolo chicco di uva passa.E, quando siamo pronti a deglutire, osserviamol'impulso di deglutire mentre va crescendo, in modo davivere anche questa fase consapevolmente. Alla fineproviamo a immaginare o 'sentire' il nostro corpo di unchicco di uvetta più pesante. L'effetto che questoesercizio ha sulle persone è invariabilmente positivo,anche per coloro a cui non piace l'uvetta. I commenti deipartecipanti sono, di solito, che questa diversaesperienza del mangiare è molto piacevole, che hannoassaporato un chicco di uvetta per la prima volta in vitaloro e che anche un singolo chicco di uvetta può esserenutriente. Spesso qualcuno osserva che se mangiassimosempre in questo modo mangeremmo meno e avremmoun rapporto più gratificante ed equilibrato con il cibo. Disolito qualcuno nota l'impulso automatico a mettere inbocca anche gli altri due chicchi prima di aver finito dimangiare il primo e riconosce in quel momento che èquello il suo modo di mangiare abituale. Poiché molti dinoi usano il cibo come consolazione, specialmentequando ci sentiamo ansiosi o depressi, questo piccoloesercizio di mangiare al rallentatore, consapevoli di tuttociò che facciamo, mette in luce quanto siano potenti eincontrollati molti dei nostri impulsi riguardo al cibo.

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Nello stesso tempo, esso rivela quanto mangiare possaessere un gesto semplice e soddisfacente e quanto piùautocontrollo sia possibile quando introduciamo laconsapevolezza in quello che stiamo facendo, momentoper momento.

Il fatto è che, quando cominci a fare attenzione inquesto modo, il tuo rapporto con le cose cambia. Vedi dipiù e vedi più a fondo. Cominci a cogliere un ordineintrinseco e collegamenti che finora ti sfuggivano: peresempio, il rapporto che esiste fra gli impulsi che sipresentano alla tua mente e il fatto di mangiare troppo odi trascurare i messaggi che il corpo ti manda. Facendoattenzione, diventi letteralmente più sveglio. È comerisvegliarsi dall'abitudine di agire meccanicamente,inconsapevolmente. Quando mangi consapevolmente,sei in contatto con il cibo che mangi perché la mente nonè distratta, non si sta occupando d'altro, è attenta al fattodi mangiare. Quando guardi il chicco d'uvetta, lo vediveramente. Quando lo mastichi, lo assapori veramente.

Fare attenzione a quello che stai facendo momento permomento è l'essenza della pratica della consapevolezza.L'esercizio del chicco d'uva passa lo chiamiamo'meditazione del mangiare'. Aiuta le persone a capire chenon c'è niente di strano o di insolito nel meditare o nellaconsapevolezza. Si tratta soltanto di fare attenzione allatua esperienza istante per istante. Questo porta a vederele cose in modo nuovo e ad essere in modo nuovo,perché l'attimo presente, quando viene riconosciuto eonorato, rivela un segreto specialissimo, anzi magico: il

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presente è il solo momento di cui disponiamo. Il presente è ilsolo momento in cui possiamo conoscere qualcosa. Ilpresente è il solo momento per percepire, sentire,imparare, agire, cambiare, guarire. Per questo diamo unvalore tanto grande alla consapevolezza momento permomento. Impararla richiede una certa pratica. Ma lapratica stessa porta in sé la propria ricompensa: rende lenostre esperienze più vivide e la nostra vita più reale.

La pratica della consapevolezza

Come vedremo nel prossimo capitolo, perintraprendere la pratica della consapevolezza è utileintrodurre deliberatamente una nota di semplicità nellatua vita. Puoi fare ciò riservando ogni giorno un certotempo a momenti di relativa quiete, dedicando un certotempo a mettere a fuoco le esperienze base del vivere: ilrespiro, le sensazioni fisiche, il flusso dei pensieri nellatua mente. Ben presto questa pratica di meditazionestrutturata si riversa nella tua vita quotidiana ingenerale, nel senso che spontaneamente ti troverai aprestare più attenzione a tutto quello che fai, momentoper momento. La consapevolezza ti accompagneràdurante una parte sempre maggiore della tua giornata,non solo durante il tempo dedicato specificamente alla'meditazione'.

Pratichiamo la consapevolezza ricordandoci di esserepresenti in tutti i momenti della nostra vita. Possiamo

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portare via la spazzatura consapevolmente, mangiareconsapevolmente, guidare consapevolmente.Pratichiamo la consapevolezza navigando attraverso tuttigli alti e i bassi della vita, attraverso le tempeste delcorpo e quelle della mente, le tempeste esterne e quelleinterne. Possiamo imparare a fare attenzione alla nostrapaura e al nostro dolore, restando nel contempo centratie radicati in qualcosa di più profondo dentro di noi, inuna saggezza discriminante che ci aiuta ad attraversare ea trascendere paura e dolore, e a trovare pace e speranzanella nostra situazione così com'è. Quando diciamo'praticare la consapevolezza', usiamo la parola pratica inun senso speciale. In questo contesto, 'pratica' nonsignifica una prova, un esercizio per mettere a punto unacerta capacità da utilizzare in un altro momento. Nelcontesto della meditazione, 'pratica' significa 'esserepresenti deliberatamente'. Il mezzo e il fine dellameditazione, in realtà, coincidono. Non cerchiamo diarrivare a una meta, cerchiamo solo di essere dove siamogià e di esserci pienamente. Probabilmente la nostrameditazione diverrà più profonda nel corso degli anni;ma non è per questo che la pratichiamo. Anche il viaggioverso una maggiore salute è in realtà uno sviluppospontaneo. La consapevolezza, la capacità di percezioneinteriore e, in verità, anche la salute si sviluppano da sé,se siamo disponibili a essere presenti momento permomento e a ricordarci che abbiamo da vivere solo ilmomento presente.

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I fondamenti della pratica

I sette pilastri

Per coltivare la consapevolezza e utilizzarla perguarire non basta seguire meccanicamente delleistruzioni. Nessun processo di apprendimento autenticofunziona così. L'apprendimento e la trasformazione sonopossibili solo in uno stato di apertura e ricettività. Nellapratica della consapevolezza dovrai portare tutta testessa. Non basta assumere una posizione meditativa easpettare che succeda qualcosa.

L'atteggiamento con cui ti accosti alla pratica è dicruciale importanza: è il terreno in cui potrai coltivare latua capacità di calmare la mente e rilassare il corpo, diconcentrarti e vedere con chiarezza dentro di te. Se ilterreno del tuo atteggiamento è povero, cioè se il tuoimpegno e l'energia che porti alla pratica dellaconsapevolezza sono scarsi, ti sarà difficile coltivarecalma e rilassamento con una certa continuità. Se ilterreno è inquinato, cioè se cerchi di importi ilrilassamento e sei ansiosa di ottenere dei risultati, noncrescerà nulla e presto ti convincerai che per te 'lameditazione non funziona'.

Coltivare la consapevolezza meditativa è un processodi apprendimento del tutto nuovo. La nostra mente ècosì abituata a pensare di sapere quali sono i nostri

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bisogni e i risultati a cui dobbiamo arrivare, che è facilecadere nella trappola di cercare di controllare il processoe dirigerlo a modo nostro. Ma questo atteggiamento èesattamente l'opposto di quello che facilita il lavoro dellaconsapevolezza e della guarigione.

La pratica della consapevolezza richiede solo chefacciamo attenzione e guardiamo le cose così come sono.Non occorre che cambiamo nulla. E la guarigionerichiede un atteggiamento di ricettività e accettazione,richiede una sensibilità alle connessioni e alla totalità.Nessuna di queste cose può essere forzata, proprio comenon puoi costringerti ad addormentarti. Puoi creare lecondizioni adatte per il sonno e poi lasciarti andare. Lostesso vale per il rilassamento: non lo si ottiene con laforza di volontà. Lo sforzo di rilassarsi produce solotensione e frustrazione. Se ti accosti alla pratica dellameditazione avendo già deciso fra te e te che nonfunziona, è difficile che possa esserti utile. Non appenaproverai qualche dolore o senso di disagio, ti dirai:«Ecco, lo sapevo che i miei dolori non se ne sarebberoandati», oppure: «Lo sapevo che non sarei riuscita aconcentrarmi». Troverai confermato il tuo pronosticonegativo e abbandonerai la pratica. Se ti accosti allapratica della meditazione nell'atteggiamento del 'verocredente', sicura che questo è il cammino che fa per te,che la meditazione è 'la risposta giusta', è probabile chepresto ti ritroverai delusa. Appena ti accorgerai di essereancora la stessa di sempre e che il lavoro dellaconsapevolezza richiede energia e dedizione, non solo

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romantica fede nel valore della meditazione, il tuoentusiasmo si raffredderà notevolmente.

Secondo la nostra esperienza nella clinica per lo stress,i pazienti che si accostano alla pratica con unatteggiamento scettico ma aperto sono quelli cheottengono i risultati migliori. L'atteggiamento di questepersone è simile a quello di uno scienziato cheintraprende un esperimento: «Non so se questo lavorofunzionerà o meno, ho i miei dubbi, ma sono disposto asperimentare, a metterci tutta la mia energia e a vedereche cosa succede».

Perciò l'atteggiamento con cui pratichiamo determinain larga misura i benefici a lungo termine della pratica.

Per questa ragione, coltivare deliberatamente certiatteggiamenti aiuta a ottenere il massimo dal processodella meditazione. Le intenzioni creano le premesse perciò che può accadere. Mantenere vivi certi atteggiamentiverso la pratica è in effetti parte integrantedell'addestramento alla consapevolezza; è un modo percanalizzare la nostra energia con la massima efficacia, aifini della crescita e della guarigione.

Nella pratica, così come la insegniamo nella clinicaper lo stress, sette aspetti dell'atteggiamento con cui ciaccostiamo alla meditazione sono i pilastri fondamentalidel lavoro. Essi sono: non giudizio, pazienza, 'mente delprincipiante', fiducia, non cercare risultati, accettazione e'lasciare andare'. Questi atteggiamenti vanno coltivatideliberatamente nella pratica. Essi non sonoindipendenti: ciascuno di essi è legato a tutti gli altri.

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Quando sviluppi un particolare aspetto, questo accelerala crescita di tutti gli altri. Poiché sono i fondamenti diuna solida pratica di meditazione, li descriverò in questocapitolo, prima di parlare delle tecniche specifiche, cosìche tu possa familiarizzarti con essi fin dall'inizio. Unavolta avviata la pratica, può valere la pena che tu rileggadi quando in quando questo capitolo per ricordarti dicontinuare a nutrire il terreno del tuo atteggiamento,affinché la tua pratica della consapevolezza possacrescere rigogliosa e fiorire.

Non giudizio

Coltiviamo la consapevolezza assumendol'atteggiamento di testimoni imparziali nei confrontidella nostra esperienza. Questo richiede che tu ti rendaconto del costante flusso di giudizi e di reazioni alleesperienze interne ed esterne in cui sei coinvolta, e cheimpari a distaccartene. Quando cominciamo a fareattenzione all'attività della nostra mente, spesso cistupiamo di scoprire che giudichiamo costantemente ilcontenuto della nostra esperienza. Quasi tutto ciò chevediamo o con cui entriamo in contatto viene etichettatodalla mente come 'buono' o 'cattivo'. Reagiamo ad ogniesperienza in termini di quello che riteniamo essere ilsuo valore per noi. Alcune cose, persone ed eventi sonoclassificati 'buoni' perché, per una ragione o per l'altra, cifanno sentire bene. Altri vengono altrettanto

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immediatamente classificati 'cattivi' perché ci fannosentire male. Il resto viene classificato come 'neutro'perché ci sembra che non abbia una particolareimportanza per noi. Le cose, persone ed eventi cheappartengono a quest'ultima categoria li escludiamoquasi dal campo della nostra attenzione: di solito sonoquelli che troviamo più noioso osservare. L'abitudine diclassificare il contenuto della nostra esperienza in base agiudizi, innesca un insieme di reazioni meccaniche di cuinon ci rendiamo conto e che spesso non hanno alcunfondamento obbiettivo. La costante attività giudicantedella mente ci rende difficile trovare uno stato di paceinteriore: la mente si comporta come uno yoyo, che tuttoil giorno va su e giù lungo la corda dei nostri giudizipositivi e negativi

Se vuoi verificare per te stessa questa descrizione,prova a fare attenzione a quante volte nel corso di dieciminuti, mentre sei occupata in una delle tue normaliattività quotidiane, sorge in te un giudizio del tipo 'mipiace' o 'non mi piace'. Per arrivare a una gestione piùefficace dello stress, il primo passo è renderci conto diquesta attività di giudizio automatica della nostra mente,aprendo la possibilità di liberarci dalla tirannia deigiudizi.

Durante la pratica della consapevolezza, è importantericonoscere questa attività giudicante della menteogniqualvolta si presenta e assumere l'atteggiamento diun testimone imparziale, osservandola semplicemente.Quando un giudizio si presenta, non occorre che lo

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reprimi. Basta che tu te ne renda conto. Non si tratta digiudicare il giudizio come 'sbagliato', complicandoulteriormente le cose. Per esempio, supponiamo che tustia praticando l'osservazione del respiro, comenell'esperimento del capitolo scorso e come faremospesso in seguito. A un certo punto può darsi che la tuamente dica qualcosa come «Che noia». O: «Questo nonfunziona». O: «Non ci riesco». Questi sono giudizi.Quando si presentano, è importante che tu li riconoscacome tali e che ricordi che la pratica comporta unasospensione dei giudizi e la semplice osservazione diqualsiasi cosa si presenti, compresi i tuoi pensierigiudicanti, senza lasciarti coinvolgere e senza agire su diessi in alcun modo. Poi ritorni all'osservazione delrespiro.

Pazienza

La pazienza è una forma di saggezza. Essa nasce dallacomprensione e accettazione del fatto che le cose hannoun loro naturale tempo di maturazione. Un bambino puòprovare ad aiutare una farfalla a uscire dalla crisalideaprendo il guscio: ma questo 'aiuto' non èparticolarmente benefico per la farfalla. Un adulto sa chela farfalla può uscire dalla crisalide solo al momentogiusto e che il processo non può essere acceleratoartificialmente.

In questo spirito, durante la pratica della

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consapevolezza, coltiviamo la pazienza nei confronti delnostro corpo e della nostra mente. Ci ricordiamodeliberatamente che non c'è ragione di irritarci con noistessi perché la nostra mente è costantemente occupata agiudicare o perché ci sentiamo tesi, agitati o spaventati operché pratichiamo già da un po' di tempo senza averottenuto risultati. Invece, ci lasciamo lo spazio per viverequeste esperienze. Perché? Perché sono comunque lanostra esperienza del momento! Sono la nostra realtà, lanostra vita così come si sta manifestando in questomomento. Perciò trattiamo con lo stesso rispetto cheavremmo per la farfalla racchiusa nella crisalide. Perchécercare di scavalcare certi momenti per arrivare ad altri'migliori? Dopo tutto, ciascun momento è la nostra vitacosì com'è in quel momento. Praticando la meditazione,inevitabilmente scopriamo che la mente ha una spiccatatendenza a 'far di testa sua'. Come abbiamo già visto nelcapitolo scorso, una delle sue attività favorite è quella divagare nel passato e nel futuro e perdersi nei pensieri.Alcuni pensieri sono piacevoli, altri sono carichi di ansiae di dolore. Ma sia in un caso sia nell'altro il pensieroesercita una tremenda attrazione sulla nostra attenzione.Durante gran parte della nostra pratica, i pensierisopraffanno la percezione del momento presente. Lapazienza è particolarmente preziosa quando la mente èagitata. Ci aiuta, nello stesso tempo, ad accettare questatendenza della mente al vagabondaggio e a ricordarci dinon lasciarci coinvolgere nei suoi viaggi.

Pazienza significa anche sapere che non occorre

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riempire tutti i momenti della nostra vita di attività e dipensieri, per arricchirli. Anzi, proprio il contrario è vero.Pazienza è essere semplicemente aperti a ogni momentoe accettarlo nella sua pienezza così com'è, sapendo che,come la farfalla nella crisalide, le cose maturano quandoè il loro tempo.

'Mente del principiante'

La ricchezza dell'esperienza del momento presente èla ricchezza della vita stessa. Troppo spesso lasciamo chei nostri pensieri e le nostre presunte conoscenze ciimpediscano di vedere le cose così come sono. Tendiamoa dare per scontato il quotidiano e perdiamo di vista lastraordinarietà dell'ordinario. Per cogliere la ricchezzadel momento presente, dobbiamo coltivare quella che èdetta, nello Zen, 'mente del principiante': una mente cheè disposta a guardare ogni cosa come se la vedesse per laprima volta.

Questo atteggiamento è particolarmente importantenel praticare le tecniche di meditazione descritte neiprossimi capitoli. Qualsiasi sia la tecnica praticata, èimportante che ci accostiamo ad essa con la 'mente delprincipiante', lasciando cadere ogni aspettativa basata suesperienze precedenti. L'apertura della 'mente delprincipiante' ci permette di restare ricettivi a nuovepossibilità e di evitare di cadere nell'atteggiamento diroutine 'dell'esperto', che spesso crede di sapere più di

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quanto non sappia in effetti. Nessun momento è uguale aun altro: ciascun momento è unico e contiene possibilitàuniche. La 'mente del principiante' ci ricorda questasemplice verità.

Un esperimento interessante è coltivare la 'mente delprincipiante' nella vita di tutti i giorni. Quando incontriuna persona che ti è familiare, prova a chiederti se lavedi con occhi limpidi, così com'è, o se la vedi attraversoil filtro dei tuoi pensieri e delle tue opinioni su di lei.Puoi fare questo esperimento con i tuoi figli, con tuamoglie o tuo marito, con i tuoi amici e colleghi, perfinocon i tuoi animali domestici, se ne hai. Puoi farlo con iproblemi che ti si presentano quotidianamente. Puoifarlo quando sei in mezzo alla natura: riesci a vedere ilcielo, le stelle, gli alberi, l'acqua, le pietre così come sonoin questo momento, con mente limpida e sgombra?Oppure li vedi attraverso il velo dei tuoi pensieri?

Fiducia

Sviluppare una fiducia di fondo nella tua esperienza enelle tue sensazioni, è parte integrantedell'addestramento alla meditazione. È meglio fidartidella tua intuizione e della tua propria autorità, anche sepuoi fare degli 'sbagli', piuttosto che cercare sempre unaguida fuori di te. Se in un certo momento una certa cosanon la senti giusta, perché non rispettare la tuasensazione? Perché scartare o sottovalutare quello che

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senti solo perché una certa autorità o un certo gruppo dipersone la pensa diversamente?

Questa fiducia in te stessa e nella tua fondamentalesaggezza è molto importante in tutti gli aspetti dellapratica della meditazione. Essa ti sarà particolarmenteutile nella pratica dello yoga: facendo i vari esercizi, èimportante che rispetti i messaggi del tuo corpo quandoti dice di fermarti o di alleggerire una certa posizione,altrimenti potresti farti male.

Alcuni, quando si addentrano nella pratica dellameditazione, si fanno talmente influenzare dallareputazione e autorità dei loro insegnanti da nonrispettare più le proprie sensazioni e intuizioni. Vedononell'insegnante una persona molto più 'avanzata' e saggiae ritengono di doverlo imitare in tutto, obbedire evenerare come un modello perfetto. Questoatteggiamento è del tutto contrario allo spirito dellameditazione, che sottolinea il fatto di essere te stessa e ditrovare in te la tua guida. Chiunque imiti un'altrapersona, per quanto autorevole e saggia, va nelladirezione sbagliata.

È impossibile diventare uguale a qualcun altro: la solacosa a cui puoi aspirare è diventare più pienamente testessa. È questa, anzi, la motivazione fondamentale perintraprendere il cammino della meditazione. Gliinsegnanti e i libri possono solo indicare la direzione. Èimportante essere aperta e ricettiva a quello che puoiimparare dagli altri, ma in ultima analisi solo tu puoivivere la tua vita, ciascun momento di essa.

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Praticando la consapevolezza, pratichi ancheun'assunzione di responsabilità, la responsabilità diessere te stessa e di imparare ad ascoltarti e ad averefiducia nel tuo essere. Più coltivi questa fiducia nel tuoproprio essere, più troverai facile aver fiducia anchenegli altri e contattare la loro bontà di fondo.

Non cercare risultati

Quasi tutto quello che facciamo lo facciamo perottenere un certo risultato. Ma nella meditazione questoatteggiamento può essere un ostacolo. In questo lameditazione è diversa da ogni altra attività: perché,malgrado richieda un lavoro e una concentrazione dienergia particolari, in ultima analisi la meditazione è nonfare. Non ha altro scopo che quello di permetterti diessere te stessa. L'ironia è che lo sei già! Sembra unparadosso e una follia: ma questo paradosso puòindicarti un nuovo modo di rapportarti a te stessa, unmodo in cui il cercare di arrivare da qualche parte lasciasempre più il posto al semplice essere. Questo ècoltivare l'atteggiamento di 'non cercare risultati'.

Per esempio, ti siedi a meditare e pensi: «Adesso mirilasso». Oppure: «Non sentirò più il mio dolore». O:«Diventerò una persona migliore». O: «Raggiungeròl'illuminazione». Così facendo, hai già programmatoun'idea di come dovresti essere. Ad essa si accompagnainevitabilmente l'idea che non vai bene così come sei. Il

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presupposto sottostante è: «Se fossi più rilassata, o piùintelligente, o più impegnata, o più questo, o più quello,se il mio cuore fosse più sano, se il ginocchio non mifacesse male, allora sarei ok. Così come sono ora, nonvado bene.» Questo atteggiamento è un ostacolo allosviluppo della consapevolezza, che richiedesemplicemente di fare attenzione a qualsiasi cosa stiasuccedendo al momento. Se sei tesa, fai attenzione allatensione. Se provi dolore, stai con il dolore meglio chepuoi. Se ti stai criticando, osserva l'attività della mentegiudicante. Osserva semplicemente. Ricorda: cilimitiamo a permettere qualunque cosa viviamo dimomento in momento, semplicemente perché è ciò che è,è la nostra vita in quel momento.

I pazienti che arrivano alla clinica per lo stress,vengono in genere su indicazione dei loro medici curantiper qualche problema specifico. Quando si presentano,chiediamo di mettere a fuoco tre obiettivi, chedesiderano raggiungere. Ma poi, spesso con loro grandesorpresa, suggeriamo loro di non cercare di fareprogressi verso il raggiungimento di quegli obbiettivinel corso delle otto settimane. Se un obbiettivo è quellodi ridurre il dolore o l'ipertensione o l'ansia,raccomandiamo loro di non cercare di alleviare il dolore,di abbassare la pressione o di liberarsi dall'ansia, bensìsoltanto di restare nel presente e di seguire attentamentele istruzioni per la meditazione.

Come vedremo più oltre, nella meditazione la viamigliore per ottenere risultati è quella di non cercare di

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ottenere risultati, e di concentrare invece l'attenzione sulvedere e accettare le cose così come sono, momento permomento. Con pazienza e con una pratica regolare, ilmovimento verso i risultati avverrà da sé. Esso sarà unosviluppo spontaneo: tu ti limiti a fargli spazio e ainvitarlo dentro di te.

Accettazione

Accettazione significa vedere le cose così come sononel momento presente. Se hai mal di testa, accetta che haimal di testa. Se pesi qualche chilo in più di quantovorresti, accettalo come una descrizione dello statoattuale del tuo corpo. Prima o poi è inevitabile accettareche le cose sono così come sono, anche quando si trattadi una diagnosi di cancro o della morte di una personaamata.

Spesso arriviamo all'accettazione solo dopo averattraversato periodi emotivamente difficili di rimozionee di rabbia. Questi passaggi sono fasi naturali delcammino verso l'accettazione e fanno parte del processodi guarigione. Ma, lasciando da parte per ora le grandicalamità della vita, le ferite la cui guarigione richiede disolito parecchio tempo, nella vita di ogni giorno spessosprechiamo una gran quantità di energia nel resistere aciò che già di fatto è così com'è. Cercando di forzare lesituazioni a essere come vorremmo che fossero creiamosolo ulteriori tensioni che ostacolano la guarigione, la

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crescita e il cambiamento positivo.Per esempio, se ti senti grassa e il tuo corpo non ti

piace e sei disposta ad apprezzarlo solo il giorno in cuiavrà il peso che vuoi tu, questo atteggiamento non tiaiuta, genera un circolo vizioso. Non amando il tuocorpo, sei meno sensibile alle sue esigenze e menocapace, per esempio, di fornirgli l'alimentazione di cuiha bisogno. Se vuoi uscire da questa situazionefrustrante, sarà bene che tu prenda in considerazione lapossibilità di amarti così come sei ora, perché ora è il solomomento in cui puoi amarti. Ricorda, ora è il solomomento che hai a disposizione per qualsiasi cosa! Ognicambiamento passa in primo luogo attraversol'accettazione di te stessa così come sei.

Quando assumi questo atteggiamento, dimagrirediviene meno importante e diviene anche molto piùfacile. Coltivando l'accettazione crei le condizionipreliminari per la trasformazione.

Accettazione non significa che deve piacerti tutto di teo che devi assumere un atteggiamento passivo erinunciare ai tuoi principi e ai tuoi valori. Non significache devi essere soddisfatta delle cose così come sono orassegnata. Non significa che non devi cercare di liberartidelle tue abitudini autodistruttive o che devi tollerarel'ingiustizia, per esempio, e rinunciare a ogni impegnoper cambiare il mondo. L'accettazione di cui parlo èsemplicemente una disponibilità a vedere le cose cosìcome sono. È l'atteggiamento che pone i presupposti peruna azione appropriata nella tua vita, di qualsiasi cosa si

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tratti. È molto più facile agire con convinzione e conefficacia quando abbiamo una chiara immagine di comestanno le cose, che quando la nostra visione è velata dagiudizi e desideri. Nella pratica della meditazione,coltiviamo l'accettazione prendendo ogni momento cosìcome viene e vivendolo nella sua pienezza. Noncerchiamo di sovrapporre all'esperienza le nostre idee sucosa dovremmo sentire, pensare o vedere, bensì restiamoricettivi a ciò che sentiamo, pensiamo e vediamo inquesto momento. Di una cosa possiamo essere certi: checiò che è oggetto della nostra attenzione in questomomento cambierà, offrendoci l'occasione di coltivarel'accettazione di ciò che si presenterà nel momentosuccessivo.

'Lasciare andare'

Si dice che in India vi sia un sistema particolarmenteastuto per catturare le scimmie. Il cacciatore fa un buco inun guscio di noce di cocco, abbastanza grande da lasciareappena passare la mano della scimmia. Poi fa due buchipiù piccoli, vi fa passare una corda e fissa la noce dicocco alla base di una palma. Dentro alla noce di coccomette una banana. La scimmia scende dall'albero, infilala mano nel guscio e afferra la banana. La forma del bucoè tale che la mano aperta della scimmia ci passa, ma ilpugno chiuso no. Alla scimmia, per liberarsi, basterebbelasciare andare la banana. Ma, se dobbiamo credere al

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racconto, sembra che la maggior parte delle scimmie nonsia disposta a farlo. Spesso la nostra mente restaintrappolata proprio come quelle scimmie, malgradotutta la nostra intelligenza. Perciò coltivare il nonattaccamento, la capacità di lasciare andare, èfondamentale per la pratica della consapevolezza.Quando cominciamo a fare attenzione alla nostraesperienza interna, ben presto scopriamo che ci sonopensieri, sentimenti e situazioni che la mente vuoletrattenere. Se sono piacevoli, cerchiamo di prolungarequesti pensieri, sentimenti e situazioni o di rievocarlicontinuamente.

Analogamente, ci sono pensieri, sentimenti eesperienze che cerchiamo di evitare, da cui vogliamoproteggerci perché sono spiacevoli, dolorosi ospaventosi. Nella pratica della meditazione, mettiamodeliberatamente da parte la tendenza della mente adattaccarsi a certi aspetti della nostra esperienza e arespingerne altri. Lasciamo invece che l'esperienza siaquello che è e la osserviamo istante per istante. Il nonattaccamento, il lasciare andare, è una forma diaccettazione delle cose così come sono. Quando notiamoche la mente tende ad attaccarsi a qualcosa o a respingerequalcosa, possiamo ricordarci di lasciare andare quegliimpulsi, di proposito, per vedere che cosa succede.Quando ci ritroviamo a giudicare la nostra esperienza,possiamo lasciare andare quei giudizi. Ci limitiamo aregistrarli, senza dare loro ulteriore energia. Accettandolicome esperienza del momento, li lasciamo andare.

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Similmente, quando si presentano pensieri legati alpassato o al futuro, li osserviamo e li lasciamo andare. Seuna cosa ha una presa tanto forte sulla nostra mente checi è difficile lasciarla andare, possiamo dirigerel'attenzione sulla sensazione del trattenere. Trattenere èl'opposto di lasciare andare. Così facendo, possiamoimparare molte cose sui nostri attaccamenti e sul loroeffetto nella nostra vita, e anche sull'effetto dei momentiin cui finalmente lasciamo andare. La disponibilità aesaminare attentamente i nostri attaccamenti, in ultimaanalisi, ci aiuta a scoprire molte cose anchedell'esperienza opposta. Perciò, sia che 'riusciamo' alasciare andare o meno, la pratica della consapevolezzacontinua a insegnarci qualcosa, se siamo disposti aosservare.

L'esperienza di lasciarsi andare non è un'esperienzastrana e sconosciuta: la incontriamo ogni sera quando ciaddormentiamo. Ci sdraiamo su una superficie morbida,in un luogo tranquillo, spegniamo la luce e lasciamoandare la nostra mente e il nostro corpo. Se nonriusciamo a lasciarci andare, non riusciamo adaddormentarci. Quasi tutti abbiamo vissuto momenti incui la mente non voleva acquietarsi quando andavamo aletto. È questo uno dei primi segni di un livello di stresselevato. Magari non riuscivamo a liberarci di certipensieri che ci coinvolgevano troppo. In quei momenti secerchiamo di costringerci a dormire è peggio. Perciò, sela sera riesci ad addormentarti, sei già un'esperta nellasciarti andare! Ora basta che impari ad applicare questa

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capacità anche alle situazioni della vita desta.

Impegno e autodisciplina

Coltivare il non giudizio, la pazienza, la fiducia, la'mente del principiante', il non cercare risultati,l'accettazione e il 'lasciare andare' ti aiuterà molto amantenere e ad approfondire la pratica delle tecniche dimeditazione che incontrerai nei prossimi capitoli.

Oltre a questi atteggiamenti, ti occorrerà anche unparticolare tipo di energia e di motivazione. Laconsapevolezza non cresce semplicemente perché haideciso che è una buona idea essere più consapevole. Persviluppare una solida pratica di meditazione, ti occorreanche un forte impegno a lavorare su di te e abbastanzaautodisciplina da perseverare nella pratica quandoincontri delle difficoltà.

Nella clinica per lo stress la regola base è che tuttipraticano: nessuno è semplicemente spettatore. Lapresenza di parenti o amici è accettata solo se siimpegnano a praticare esattamente come i pazienti,quarantacinque minuti al giorno, sei giorni allasettimana. Medici, studenti di medicina, infermieri eterapisti di varie discipline che fanno internato nellaclinica, devono tutti impegnarsi a praticare lo stessoprogramma di meditazione dei pazienti. Senza questaesperienza personale, non sarebbero in grado di capire ilpercorso dei pazienti e il tipo di sforzo che occorre per

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lavorare sulle energie della propria mente e del propriocorpo.

L'impegno che richiediamo ai partecipanti durante leotto settimane del corso è simile a quello di unallenamento atletico. Un atleta che si allena per una certagara non si esercita soltanto quando ne ha voglia, peresempio quando è bel tempo o ci sono dei compagni chesi allenano con lui o quando ha tempo. Si esercitaregolarmente, ogni giorno, con il bello o con il bruttotempo, quando è di buon umore e quando non lo è.

Ai nostri pazienti suggeriamo lo stesso atteggiamento.Fin dall'inizio diciamo loro: «Non occorre che ti piaccia;basta che lo fai. Alla fine delle otto settimane ci dirai se tiè servito oppure no; per ora, quello che ti chiediamo è dimantenere la continuità della pratica.»

Per molti di loro l'impegno di un allenamentointensivo è in se stesso un'esperienza nuova, e ancorapiù nuova è l'esperienza di un lavoro sistematico nellasfera dell'essere. La disciplina della pratica richiede, inuna certa misura, una riorganizzazione della vita, percreare un intervallo di tempo indisturbato diquarantacinque minuti il giorno per la meditazione.Questo intervallo di tempo non si materializza per magianella vita di nessuno: esso richiede che tu ridistribuiscala tua giornata e le tue priorità in modo tale da liberare iltempo per la pratica. Questo è uno dei versi per cui,partecipare al programma per la riduzione dello stress,può comportare un ulteriore stress a breve termine. Tuttinoi insegnanti della clinica consideriamo la meditazione

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parte integrante della nostra vita e della nostra crescitapersonale. Perciò non chiediamo ai nostri pazienti unimpegno che non sia anche il nostro. Sappiamo quel chechiediamo perché lo facciamo anche noi: conosciamo losforzo che occorre per fare spazio nella propria giornataalla pratica della meditazione, e conosciamo anche ilvalore di vivere in questo modo. Tutti coloro chedesiderano entrare a far parte del personale della clinica,devono avere alle spalle anni di addestramento allameditazione e portare avanti una solida praticaquotidiana di meditazione. I pazienti sentono, perciò,che il programma che viene loro proposto non è unpalliativo, bensì un 'addestramento avanzato' allamobilitazione delle risorse interne, per guarire e peraffrontare le difficoltà della vita. Il nostro impegnopersonale comunica la nostra convinzione che il viaggioche invitiamo i nostri pazienti a intraprendere èl'avventura di una vita intera, un'avventura degna diessere vissuta e un'avventura in cui ci troviamo insieme.Il senso di essere impegnati in un'impresa comunefacilita la perseveranza nella disciplina della praticaquotidiana.

Per attingere alle risorse che la meditazione puòmobilitare in te, ti suggeriamo di scegliere un particolareintervallo di tempo da dedicare alla pratica, ogni giorno,o almeno sei giorni alla settimana, per almeno ottosettimane. Già il solo fatto di dedicare a te stessa questolasso di tempo ogni giorno sarà un cambiamentopositivo nel tuo stile di vita. Le nostre vite sono tanto

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complicate e la nostra mente è tanto occupata e irrequietache, specialmente all'inizio, è necessario sostenere eproteggere la pratica della meditazione riservandole untempo e, quando è possibile, anche un luogo speciale, unluogo in cui ti senti particolarmente a tuo agio.

Questo tempo e questo spazio devono essere protettidalle interruzioni, in modo tale che tu possa permettertidi essere semplicemente, senza doverti preoccupare dinulla. Non sempre questo è possibile; ma, se è possibile,è di grande aiuto programmare le cose in questo modo.Una misura del tuo impegno è il fatto di essere dispostaa staccare il telefono o di lasciare che qualcun altroprenda messaggi per te. Essere a casa solo per te stessa ègià un grande 'lasciare andare' e già di per sé questo puòdarti un grande senso di pace. Una volta preso l'impegnodi praticare in questo modo, l'autodisciplina entra ingioco nel portarlo avanti. Impegnarci per qualcosa chedesideriamo è facile, ma perseverare nel cammino anchequando incontriamo degli ostacoli e ancora non vediamo'i risultati', questo dà la vera misura del nostro impegno.È qui che interviene la tua scelta cosciente di praticareogni giorno, che tu ne abbia voglia o meno, che siacompatibile con altri impegni della giornata o meno, conla determinazione di un atleta.

Praticare regolarmente non è così difficile comepotrebbe sembrare, una volta che hai deciso di farlo e haistabilito un certo tempo da dedicare alla pratica.

Tutti abbiamo una certa capacità di autodisciplina. Perfar da mangiare ogni giorno ci vuole una certa disciplina.

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Per alzarsi la mattina e andare a lavorare ci vuole unacerta disciplina. E certamente ci vuole anche per dedicaretempo a te stessa. Nessuno ti paga; e probabilmente nonavrai il sostegno dei compagni di pratica di cuidispongono i partecipanti ai nostri programmi. Dovraitrovare da te le tue motivazioni.

Forse la possibilità di reggere meglio alle pressionidella vita o di essere più sana e più felice o di essere piùrilassata e fiduciosa è per te una motivazione sufficiente.In ultima analisi sei solo tu che puoi decidere perché tiassumi questo impegno.

Alcuni incontrano una certa resistenza a prendersitempo solo per se stessi. L'etica cristiana ci hacondizionato a sentirci in colpa quando facciamoqualcosa per noi stessi. Alcuni scoprono di avere unavocina interna che dice loro che questo è egoismo o chenon meritano questo tempo e questa attenzione. Spessoriconoscono in essa messaggi ricevuti nell'infanzia: «Nonessere egoista, pensi solo a te stessa. Occupati piuttostodei tuoi fratelli».

Se senti di non meritare di prenderti tempo per testessa, perché non fare anche di questo sentimento untema di osservazione nella tua pratica dellaconsapevolezza? Da dove proviene? A quali pensieri ogiudizi è associato? Riesci ad accettarli? Sono veri?

Se ritieni che aiutare gli altri sia la cosa piùimportante, può valer la pena di considerare che lamisura in cui sei in grado di farlo dipende dal tuoproprio equilibrio. Prendere tempo per 'accordare il tuo

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strumento' non è quindi una scelta egoistica: è piuttostouna scelta intelligente. Per fortuna, anche coloro cheincontrano questo tipo di resistenza la superanorapidamente quando si rendono conto degli effetti dellapratica della consapevolezza non solo sulla qualità dellaloro vita, ma anche su quella dei loro rapporti con glialtri. Suggeriamo a ciascuno di trovare il proprio orariomigliore per praticare. Il mio è la mattina presto. Mipiace alzarmi un'ora prima di quanto farei altrimenti emeditare o fare yoga. Mi piace essere in piedi senza averniente da fare salvo vivere nel presente e stare con lecose così come sono, mentre la mia mente è sveglia ericettiva. So che non dovrò rispondere al telefono e che ilresto della famiglia dorme, così che non ho la sensazionedi sottrarre del tempo che dedicherei a loro. Lameditazione e lo yoga la mattina presto hannoun'influenza positiva su tutto il resto della mia giornata.Quando comincio la giornata in uno spazio di quiete e diattenzione, nutrendo la sfera dell'essere e coltivando lacalma e la concentrazione, sono più consapevole erilassato per tutto il giorno, riesco a riconoscere meglio iprimi segni di stress e a gestirli più efficacemente.Quando dedico tempo al mio corpo e faccio un po' diesercizio, stirando le giunture e i muscoli, il mio corpo sisente più vivo ed energico. Giungo anche a conoscerlomeglio e durante la giornata sono più attento ai punti ditensione o di dolore, per esempio la parte bassa dellaschiena o il collo. Ad alcuni dei nostri pazienti piacepraticare la mattina presto, ad altri no, oppure non hanno

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la possibilità di farlo. Lasciamo che ciascuno sperimentie scelga per sé il momento più indicato. La solaeccezione è che all'inizio non è consigliabile praticare lasera tardi, perché è difficile mantenere desta l'attenzionee la concentrazione quando si è stanchi.

È importante essere ben svegli quando si pratica laconsapevolezza. Se mi sento addormentato la mattinaquando mi alzo, mi spruzzo acqua fredda sulla facciafinché non mi sento perfettamente sveglio. Questo puòsembrare un po' spartano, ma deriva solodall'apprezzare l'importanza di essere del tutto sveglinella pratica. Consapevolezza è essere completamentesvegli. Non si coltiva la consapevolezza rilassandosi finoal punto in cui sopravviene il sonno. Perciò suggeriamoai nostri pazienti di fare tutto quel che occorre per esserecompletamente svegli quando praticano, anche unadoccia fredda se è necessario. La potenza della tuameditazione sarà pari alla potenza della tuadeterminazione a diradare la nebbiadell'inconsapevolezza. Confusione, fatica, depressione eansia sono stati mentali potenti, che possono sabotareanche le migliori intenzioni di praticare regolarmente.Sono quelli i momenti in cui la tua determinazione ha ilmassimo valore e ti sorregge nella continuità dellapratica. Una pratica regolare contribuisce a darti unacerta stabilità e capacità di recupero anche nei momentidi turbamento emotivo, di confusione e di inerzia. Sonoquesti alcuni dei momenti più fruttuosi per praticare:non con l'intenzione di liberarti della confusione o dei

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sentimenti spiacevoli, ma con quella di osservarli eaccettarli.

Visione

Nell'attraversare le tempeste che incontrerai durante ilviaggio verso la consapevolezza, un sostegno importantesarà la tua visione personale, la visione di ciò chedesideri per te stessa. Magari è una visione di che cosa ochi potresti essere una volta liberata dalle rispostemeccaniche della tua mente e dalle limitazioni del tuocorpo. Per alcuni è una visione di salute raggiante, peraltri di rilassamento, di amore, di pace, di armonia o disaggezza. La tua visione è ciò che è più importante perte, ciò che ritieni fondamentale per essere il meglio di testessa, in pace con te stessa e intera.

Il prezzo dell'interezza non è niente di meno di unimpegno totale e di una salda fiducia nella tua capacitàdi manifestare quell'impegno in ogni momento. C.G.Jung ha detto: «Il raggiungimento dell'interezza richiedeche la persona metta in gioco tutto il proprio essere.Niente che sia meno di questo basta: non esistonoscorciatoie, surrogati o compromessi.» Quello cheproponiamo ai nostri pazienti e a noi stessi, in ultimaanalisi, è qualcosa di più della disciplina di una praticaquotidiana: perché è solo quando la meditazione diventaun modo di vita che essa rivela tutta la sua potenza.

Con queste premesse, che ti possono aiutare ad

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entrare nell'atteggiamento e nello spirito più proficui perla pratica della meditazione, possiamo ora addentrarcinella pratica stessa.

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L'alleato respiro

Ritmi del corpo

Ritmo e pulsazione sono caratteristiche intrinsechedella vita, dal movimento delle ciglia che permette aibatteri di spostarsi, all'alternanza dei cicli dellafotosintesi e della respirazione nelle piante, ai ritmicircadiani del nostro corpo. I ritmi del mondo viventesono immersi nei ritmi più vasti del pianeta: il ciclo delgiorno e della notte, quello delle stagioni, il crescere e ildecrescere delle maree, i cicli del carbonio, dell'azoto edell'ossigeno e così via. Anche il nostro corpo è legatoall'ambiente circostante da un continuo scambio ritmicodi materia e di energia. Secondo un calcolo, in mediaogni sette anni il nostro corpo rinnova tutti gli atomi chelo compongono. Già questo è un fatto di un certointeresse: cosa sono io, se ben poca della materia checompone il mio corpo resta immutata nel corso di unsolo decennio della mia vita?

Una forma importante di questo scambio di materia edi energia con l'ambiente è la respirazione. Con ognirespiro scambiamo molecole di anidride carbonica, chevengono espulse dal nostro corpo, con molecole diossigeno dell'aria circostante. Eliminazione con ogniespirazione, rinnovamento con ogni inspirazione. Sequesto processo si interrompe per più di qualche

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minuto, al cervello viene a mancare l'ossigeno e subiscedanni irreversibili.

Il respiro ha un compagno di lavoro essenziale, che èil cuore. Prova a pensarci: questo straordinario muscolonon smette mai di pompare durante una vita intera.Comincia a pulsare ben prima che veniamo alla luce econtinua, giorno dopo giorno, anno dopo anno, senza unattimo di riposo, per tutta la nostra vita. E può persinoessere mantenuto in funzione artificialmente per qualchetempo dopo la nostra morte.

Come il respiro, il battito del cuore è uno dei ritmifondamentali della vita. Il cuore invia sangue ricco diossigeno attraverso le arterie e il sistema di capillari adesse collegati a tutte le cellule del corpo, fornendo lorol'ossigeno necessario per il loro funzionamento. E manoa mano che consegnano il loro ossigeno, le cellulesanguigne si caricano di anidride carbonica, che è ilprincipale prodotto di scarto dell'attività dei tessutiviventi. L'anidride carbonica viene portata al cuoreattraverso le vene e di lì ai polmoni, donde vieneriversata nell'atmosfera attraverso l'espirazione.All'espirazione segue un'altra inspirazione, che di nuovoossigena le molecole portatrici di emoglobina, le quali aloro volta di nuovo vengono pompate in tutto il corpodalle contrazioni del muscolo cardiaco. Questa èletteralmente la pulsazione della vita in noi, il ritmodelle maree dell'oceano primordiale interiorizzato, ilflusso di materia e di energia che ci attraversa.

Respiriamo dal momento in cui nasciamo a quello in

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cui moriamo. Il ritmo del respiro cambia notevolmente inrapporto all'attività che svolgiamo e allo stato emotivo incui ci troviamo: esso accelera durante un'intensa attivitàfisica o quando siamo emotivamente turbati e rallentadurante il sonno o il rilassamento. Un esperimentointeressante consiste nell'osservare il tuo respiro quandosei eccitato, arrabbiato o sorpreso e quando sei rilassato,e nel notare le differenze. A volte il respiro è regolare,altre volte è irregolare o perfino affannoso. Il respiro puòessere in una certa misura controllato coscientemente:possiamo trattenere il respiro per un certo tempo oppurepossiamo variarne il ritmo e la profondità. Ma, lento orapido, controllato o spontaneo, il respiro accompagnaogni momento e ogni esperienza della nostra vita. Disolito è per noi del tutto scontato e non gli prestiamoalcuna attenzione se non quando succede qualcosa che ciimpedisce di respirare normalmente. Oppure quandocominciamo a meditare.

Il respiro ha una funzione importantissima per lameditazione e per la guarigione: esso è un alleato e unmaestro incredibilmente potente nel lavoro dellaconsapevolezza. È particolarmente fruttuoso concentrarel'attenzione sulle pulsazioni fondamentali del corpodurante la meditazione, perché esse sono cosìintimamente connesse con l'esperienza di vivere. Inteoria potremmo concentrarci sul battito del cuore,anziché sul respiro; ma l'osservazione del respiro èmolto più facile.

Il fatto che sia un fenomeno ritmico, la cui pulsazione

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e ampiezza variano continuamente, lo rende ancora piùprezioso come oggetto di osservazione. Osservando ilrespiro durante la meditazione impariamo afamiliarizzarci con il continuo cambiamento di ogni cosa.Impariamo ad essere flessibili e a restare attenti a unprocesso che modifica il suo ritmo, a volte in manieraspettacolare, in rapporto con il nostro stato emotivo.

Il respiro è inoltre uno straordinario supporto dellaconsapevolezza nelle varie situazioni della vitaquotidiana. Finché siamo in vita resta con noi: nonpossiamo dimenticarlo a casa. È sempre presente e sipresta sempre ad essere osservato, qualsiasi cosa stiamofacendo o vivendo, dovunque siamo. Sintonizzarci sulrespiro ci riporta istantaneamente nel qui e ora.Immediatamente ancora la nostra consapevolezza nelcorpo, in un processo vitale fondamentale, ritmico efluido.

Osservare il respiro

Il modo più facile e più efficace per iniziare unapratica di meditazione, è quello di concentraresemplicemente l'attenzione sul respiro, e vedere che cosasuccede mentre cerchiamo di mantenervela. È lo stessoesercizio che abbiamo fatto nel capitolo 'Vivere momentoper momento'; la sola differenza è che ora lo estendiamooltre la durata di tre minuti. Ci sono vari punti del corpodove possiamo osservare il respiro. Uno di questi è,

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ovviamente, le narici: quando osservi il flusso delrespiro attraverso le narici, nota la sensazione prodottadall'inspirazione e dall'espirazione. Un altro punto è ilpetto, di cui puoi osservare l'espansione e la contrazione.Un altro ancora è la pancia, che quando è rilassata sisolleva e si abbassa con il respiro.

Indipendentemente dal punto di osservazione chescegli, l'idea fondamentale è mantenere laconsapevolezza delle sensazioni che accompagnano ilrespiro in quel particolare punto del corpo, momento permomento. Per esempio, senti l'aria che entra e che esceattraverso le narici; senti il movimento dei muscolirespiratori nel torace; senti la pancia che si alza a siabbassa. Consapevolezza del respiro significa soltantoquesto: semplicemente fare attenzione. Non significacercare di forzare il respiro in alcun modo, di renderlopiù profondo, di rilassarlo o di cambiarne il ritmo. Ilrespiro entra ed esce dal tuo corpo perfettamente da annisenza che tu ci abbia mai pensato: non c'è bisogno dicontrollarlo ora, solo perché hai deciso di prestargliattenzione. Anzi, in questo contesto lo sforzo di cercaredi controllare il respiro può essere controproducente. Ilsolo sforzo deve essere quello di restare consapevoledella sensazione prodotta da ogni inspirazione e da ogniespirazione; se vuoi, puoi includere anche la sensazioneche accompagna l'inversione del flusso del respiro. Unaltro equivoco comune, quando la gente ascolta per laprima volta le istruzioni per l'osservazione del respiro, èquello di interpretarle nel senso che si tratti di pensare al

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respiro. Non si tratta affatto di questo: fare attenzione alrespiro non significa pensare al respiro; significa sentire lesensazioni che accompagnano il respiro e seguirle neiloro mutamenti.

Nella clinica, di solito scegliamo di osservare ilrespiro nella pancia, piuttosto che attraverso le narici onel petto. In parte questa scelta è dovuta al fatto che, agliinizi della pratica, questo tipo di osservazione èparticolarmente rilassante. Tutti coloro che praticanoun'arte o professione in cui il respiro è importante, comei cantanti, i suonatori di strumenti a fiato, i ballerini, gliattori, i cultori delle arti marziali, conoscono il valoredella respirazione nella pancia e del concentrare laconsapevolezza in quella parte del corpo. Così facendo,hanno più fiato e un migliore controllo del respiro.

Il solo fatto di osservare il respiro nella pancia ha uneffetto calmante. Come la superficie del mare si increspaquando soffia il vento, così anche la mente tende adagitarsi e a divenire reattiva in presenza di turbolenzeesterne. Ma se scendi quattro o cinque metri sotto lasuperficie del mare trovi solo un lievissimo movimento:a quella profondità l'acqua è calma anche quando lasuperficie è tempestosa. Lo stesso accade quandoquando 'scendiamo' nella pancia: ci sintonizziamo su unaregione del corpo sottostante all'agitazione della mentepensante e intrinsecamente più calma. Questo è un buonmetodo per ristabilire l'equilibrio e la calma quando cisentiamo turbati o siamo agitati da molti pensieri. Nellameditazione il respiro funge da ancora per l'attenzione.

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Concentrando l'attenzione sul respiro, in qualsiasi puntodel corpo, ti cali al di sotto dell'agitazione superficialedella mente ed entri in una regione di rilassamento,calma e stabilità. La superficie resta agitata, come lasuperficie del mare quando è increspata dalle onde; matu, semplicemente facendo attenzione al respiro perqualche istante, vieni a trovarti al riparo dall'azione deiventi della mente. Questo è un metodo estremamenteefficace per trovare un centro di pace al tuo interno e haun effetto stabilizzante sulla mente.

In qualsiasi momento, quando ritorni a quella parte dite che è calma e stabile, la tua prospettiva sulle cosecambia immediatamente. Vedi le cose più chiaramente esei in grado di agire a partire da un equilibrio interno,anziché essere sbattuto di qua e di là dall'agitazionedella mente. Questo è uno dei motivi per cuiconcentrarsi sul respiro nella pancia è particolarmenteutile: la pancia è letteralmente il centro di gravità delcorpo e si trova molto più in basso della testa e dellaturbolenza dei pensieri. Per questo fin dall'inizioscegliamo di fare amicizia' con la pancia: in essatroviamo un'alleata per raggiungere la calma e laconsapevolezza.

Qualsiasi momento in cui porti l'attenzione al respiroin questo modo diventa un momento di consapevolezzameditativa. È un modo molto efficace per sintonizzartisul momento presente, sul tuo corpo e sui tuoisentimenti, non solo mentre stai praticando una tecnicaspecifica di meditazione, ma in qualsiasi situazione della

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vita.Mentre osservi il respiro, tenere gli occhi chiusi può

aiutarti ad approfondire la tua concentrazione. Ma si puòmeditare anche con gli occhi aperti. Se preferisci fare inquesto modo, lascia lo sguardo sfocato e mantienilo fissosulla parete che hai di fronte o sul pavimento, senzamuoverlo.

Porta all'osservazione del respiro la stessa sensibilitàche abbiamo dedicato a mangiare i tre chicchi di uvettanel capitolo 'Vivere momento per momento'. In altreparole, sii consapevole delle tue sensazioni in ogniistante. Mantieni più che puoi l'attenzione sul respiro pertutta la durata dell'inspirazione e per tutta la duratadell'espirazione. E, quando noti che la tua mente si èdistratta, semplicemente, delicatamente, riconducilaall'osservazione del respiro.

Respirazione diaframmatica

Molti dei nostri pazienti hanno trovato che il tipo direspirazione detto 'respirazione diaframmatica' o'addominale' o 'di pancia', è loro particolarmente utile. Èun tipo di respirazione che comporta il rilassamento deimuscoli addominali. Può darsi che già sia il modo in cuinormalmente respiri. Se non lo è, può darsi che tenda adiventarlo, mano a mano che ti abitui a fare attenzione alrespiro, perché è una forma di respirazione più lenta eprofonda di quella 'di petto'. Tutti respiriamo in questo

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modo durante i primi anni di vita. In senso lato, tutti itipi di respirazione sono 'diaframmatici' in quantocoinvolgono l'uso del diaframma. Per visualizzare lecaratteristiche specifiche di questo tipo di respirazione èutile sapere qualcosa di più su come l'aria entra ed escedai polmoni.

Il diaframma è un grande foglio muscolare a forma dicupola, attaccato al bordo inferiore della gabbia toracica.Esso separa gli organi del petto (polmoni, cuore e grandivasi sanguigni) da quelli dell'addome (stomaco, fegato,intestini eccetera). Essendo ancorato alla gabbia toracica,il diaframma si tende e si abbassa quando si contrae (vediFigura 1). Questo abbassamento aumenta il volume dellacavità toracica in cui sono situati i polmoni e causa unadecompressione all'interno di essi. La diminuzione dipressione risucchia aria dall'esterno del corpo. È questala fase dell'inspirazione.

Dopo essersi contratto, il diaframma si rilassa e risalea occupare la sua posizione di riposo. Così facendo,diminuisce il volume della cavità toracica e comprimel'aria contenuta nei polmoni, che fuoriesce dal corpoattraverso il naso (e attraverso la bocca, se è aperta). Èquesta la fase dell'espirazione. Perciò, in ogni forma direspirazione, l'aria entra nei polmoni quando ildiaframma si contrae e si abbassa, ed esce dai polmoniquando il diaframma si distende e si alza. Se i muscolidelle pareti addominali sono contratti, quando ildiaframma si contrae e scende, spingendo contro gliorgani contenuti nella cavità addominale, esso incontra

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resistenza. Perciò non è in grado di scendere molto afondo: la respirazione tende ad essere superficiale epiuttosto alta nel petto. Nella respirazione addominale,l'idea è quella di rilassare i muscoli della pancia il piùpossibile. Allora, quando il respiro entra, l'addome siespande leggermente (da sé) sotto la pressione delladiscesa del diaframma. Il diaframma può scendere più afondo, l'inspirazione è più lunga e i polmoni siriempiono di una quantità maggiore d'aria. Diconseguenza più aria viene espulsa nell'espirazione, cheè anch'essa più lunga; l'intero ciclo respiratorio risultapiù lento e più profondo.Se non sei abituato a rilassare la pancia, i primi tentatividi respirare in questo modo potranno sembrartifrustranti. Ma se perseveri senza forzare, ben presto essoti diverrà naturale. I bambini non hanno bisogno dirilassare la pancia quando respirano: sono già rilassati!Ma quando abbiamo sviluppato un certo grado ditensione cronica, come spesso accade in noi adulti, puòvolerci un certo tempo per imparare a rilassare i muscoliaddominali. Ma ne vale certamente la pena.

All'inizio ti può aiutare sdraiarti sulla schiena oppuredistenderti su una sedia a sdraio, chiudere gli occhi eappoggiare una mano sulla pancia. Nota il leggeromovimento della tua mano quando il respiro entra eesce. Se la tua mano si alza durante l'inalazione e siabbassa durante l'esalazione, stai respirandodiaframmaticamente. Non dev'essere un movimentoviolento o forzato e non occorre che sia molto ampio.

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Figura 1

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La sensazione è un po' come quella di un pallone che

si gonfia leggermente con l'inspirazione e si sgonfia conl'espirazione. Se è già così ora, bene. Se no, beneugualmente: verrà da sé, col tempo e con la praticadell'osservazione del respiro. Incidentalmente, nella tuapancia non c'è nessun pallone che si gonfi d'aria: è soloun modo per descrivere la sensazione prodotta dalmovimento. La sola cosa che si gonfia d'aria sono ipolmoni, che si trovano nel petto!

La potenza del respiro

Quando inviammo un questionario a varie centinaiadi pazienti che avevano seguito il corso per la riduzionedello stress, una delle domande era quale fosse stato perloro l'insegnamento più importante che avevano trattodal corso. La maggior parte di essi rispose: il respiro. Èparadossale in un certo senso, dato che tutti lororespiravano già da sempre, prima di arrivare alla clinica.Come mai il respiro, un'attività che già li accompagnavada tutta una vita, era diventato improvvisamente cosìimportante e prezioso?

La risposta sta nel fatto che, quando cominciamo ameditare, il respiro acquista per noi un significatoparticolare. Quando gli dedichiamo un'attenzionesistematica, tutto il modo in cui ci rapportiamo ad essocambia radicalmente. Come abbiamo visto, il respiro ci

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aiuta a concentrarci. Ci riporta a noi stessi e ci ricorda diaffrontare la nostra esperienza consapevolmente, ancoratinel presente. La consapevolezza del respiro ci aiuta acalmare il corpo e la mente. Ci aiuta a osservare i nostripensieri e sentimenti con più distacco e con occhio piùdiscriminante. Vediamo le cose con più chiarezza e dauna prospettiva più vasta, perché siamo più consapevolie più svegli. E a questa consapevolezza si accompagna lasensazione di avere più scelte a disposizione, di esserepiù liberi di scegliere risposte efficaci e appropriate insituazioni di stress, anziché essere sopraffatti dalle nostrereazioni automatiche, perdendo l'equilibrio e il sensodella nostra identità. Tutto questo si sviluppa dallasemplice pratica di osservare il respiro, quando ti cidedichi regolarmente. Inoltre scoprirai che è possibileindirizzare il respiro verso parti specifiche del corpo, perportare energia di guarigione a parti malate o lenire ildolore, oltre a calmare e stabilizzare la mente.

Il respiro ci aiuta anche a entrare in spazi di profondacalma e concentrazione. La pratica di focalizzarel'attenzione su un'unica cosa accresce la nostra capacitàdi concentrazione. E il fatto di restare con il respiro,qualsiasi esperienza interna si presenti, ci porta a lungoandare a stati di grande pace e consapevolezza. È comese il respiro contenesse in sé un potere segreto, a cuipossiamo attingere semplicemente seguendone ilcammino.

Questo potere si manifesta quando manteniamosistematicamente l'attenzione concentrata sul respiro per

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periodi di tempo prolungati. Gradualmente, con lapratica, acquistiamo una crescente fiducia nel respirocome nostro fedele alleato. Per questo, credo, i nostripazienti dicono tanto spesso che il respiro èl'insegnamento più importante che hanno tratto dalcorso. Proprio sotto il tuo naso c'è una fonte di energiasegreta, capace di trasformare la tua vita. Tutto quel cheoccorre per attingervi è approfondire la tua capacità diattenzione e la tua pazienza.

È la semplicità stessa della pratica di osservazione delrespiro che le conferisce il potere di svincolarci dallapresa abituale e compulsiva delle preoccupazioni dellamente. Gli yogi lo sanno da molti secoli: il respiro è ilfondamento universale delle tecniche di meditazione.

Pratica strutturata e non

Ci sono due modi principali di praticarel'osservazione del respiro. Uno consiste nel dedicare allapratica un tempo specifico, durante il quale sospendiogni altra attività, assumi una posizione particolare edimori per un certo tempo nella consapevolezza delrespiro che entra e che esce, come descritto sopra.Praticando regolarmente in questo modo, approfondiscila tua capacità di mantenere l'attenzione concentrata sulrespiro per periodi prolungati. Questo aumenta la tuacapacità di concentrazione in generale e la mente divienepiù calma, meno reattiva sia ai pensieri sia alle pressioni

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esterne. Mano a mano che ti addentri nella pratica, lacalma acquista una propria stabilità e diviene piùrobusta e costante. Allora dedicare tempo allameditazione, qualsiasi sia la tecnica che usi, viene asignificare per te tornare 'a casa', al tuo essere piùprofondo, a uno spazio di pace e di rigenerazione.

Il secondo modo di praticare l'osservazione delrespiro, è farvi attenzione di quando in quando duranteil giorno, dovunque ti trovi e qualsiasi cosa tu stiafacendo. In questo modo il filo della consapevolezzameditativa, con il rilassamento fisico e psichico e lacapacità di percezione interna che lo accompagnano,viene intrecciato nel tessuto della tua vita quotidiana.Questo tipo di pratica lo chiamiamo 'meditazione nonstrutturata'. Esso è almeno altrettanto prezioso della'meditazione strutturata', ma viene facilmentedimenticato e perde gran parte della sua potenza se nonè associato a una regolare pratica strutturata. La praticastrutturata e quella non, nel lavoro con il respiro, sicompletano e si arricchiscono a vicenda. La cosa miglioreè portarle avanti entrambe. Il secondo tipo di pratica,naturalmente, non occupa nemmeno un attimo di tempo:richiede solo che te ne ricordi.

La consapevolezza del respiro è centrale per tutti gliaspetti della pratica della meditazione. Ce ne serviremodurante la meditazione seduta, l'esplorazione del corpo,lo yoga e la camminata meditativa, che sono tuttepratiche strutturate. Ce ne serviremo anche in varimomenti della giornata per sviluppare una continuità di

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consapevolezza nella nostra vita. Se perseveri nellapratica, non è lontano il giorno in cui il respiro saràdivenuto per te un vecchio amico e un potente alleato nelprocesso di guarigione.

Esercizio 11. Assumi una posizione comoda, sdraiato sullaschiena o seduto. Se sei seduto, tieni la colonnavertebrale diritta e rilassa le spalle.2. Chiudi gli occhi, se la cosa non ti mette a disagio.3. Porta l'attenzione alla pancia, sentendolasollevarsi o espandersi leggermente conl'inspirazione e abbassarsi o sgonfiarsi leggermentecon l'espirazione.4. Mantieni l'attenzione concentrata sul respiro,restando con ciascuna inspirazione per tutta la suadurata e con ciascuna espirazione per tutta la suadurata, come se cavalcassi le onde del tuo respiro.5. Quando noti che la tua mente si è allontanata dalrespiro, nota cosa l'ha distratta e poi, delicatamente,riporta l'attenzione alla pancia e alla sensazione delrespiro che entra e che esce.6. Se la tua mente si allontana dal respiro millevolte, il tuo compito è semplicemente quello diricondurla al respiro ogni volta, qualsiasi sia lanatura della preoccupazione che l’ha distratta.7. Fai questo esercizio per quindici minuti il giorno,a un'ora che ti è comoda, ogni giorno, che tu neabbia voglia o meno, per una settimana. Sperimenta

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com'è per te includere una disciplina dimeditazione nella tua vita. Fai attenzione anche acom'è per te passare quindici minuti al giornosemplicemente in compagnia del tuo respiro, senzafare nulla. Esercizio 21. Sintonizzati sul respiro in vari momenti dellagiornata, osservando il movimento del respiro nellapancia durante due o tre cicli respiratori.2. Fai attenzione ai tuoi pensieri e sentimenti inquel momento, osservandoli semplicemente, senzagiudicarli e senza giudicare te stesso.3. Nello stesso tempo, sii consapevole di eventualicambiamenti nel modo in cui le cose ti appaiono enel modo in cui ti senti con te stesso.

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Meditazione seduta

Nutrire la sfera dell'essere

All'inizio del corso per la riduzione dello stress,ciascuno viene invitato a dire che cosa l'ha motivato aparteciparvi e che cosa spera di ottenere dal corso. Lasettimana scorsa, Linda ha detto di sentirsi sempre comese avesse alle calcagna un grosso autotreno che laincalza. Molti di noi si sono riconosciuti in quella efficaceimmagine, che ha suscitato sorrisi e cenni di assenso intutta la stanza. Io le ho chiesto che cosa fosse per leiquell'autotreno. Lei ha risposto che l'autotreno erano isuoi impulsi, le sue voglie (Linda tende all'obesità), isuoi desideri; in una parola, la sua mente. La mente eral'autotreno che la incalzava, che non le dava pace.

Abbiamo già visto che il nostro comportamento e inostri sentimenti sono guidati dal gioco di attrazioni erepulsioni della mente. Se ti osservi, non trovi forse chela tua mente è costantemente occupata dalla ricerca disoddisfazione, dal tentativo di fare andare le cose comevuoi tu, di ottenere ciò che desideri e di allontanare ciòche temi?

Un effetto di questa costante preoccupazione dellamente è che spesso riempiamo le nostre giornate di coseda fare e poi corriamo per cercare di farle tutte, senzaparticolarmente godercene nessuna, perché abbiamo

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troppa fretta, siamo troppo occupati, troppo in ansia. Cisentiamo schiacciati dai nostri impegni, dalle nostreresponsabilità, dai nostri ruoli, anche quando quello chefacciamo è per noi importante e lo facciamo di nostrainiziativa.

Viviamo immersi nel mondo del fare. Raramenteentriamo in contatto con colui che agisce questo fare o, inaltre parole, con la sfera dell'essere. Ritrovare il contattocon la sfera dell'essere non è difficile: basta ricordarsi diessere consapevoli. I momenti di consapevolezza sonomomenti di pace anche in mezzo a un'attività intensa.

Quando tutta la tua vita è orientata verso il fare, lapratica della meditazione ti offre un rifugio di stabilità esaggezza in cui puoi trovare equilibrio e prospettiva. Èun modo per arrestare la corrente del fare e prendertitempo per ricordarti chi sei, in uno stato di rilassamentoe benessere. La meditazione può darti la forza el'autoconoscenza necessarie per ritornare al fare da unospazio diverso, a partire dal tuo essere. Allora un certoequilibrio, una certa pazienza, una pace interiore e unachiarezza si riversano in tutto ciò che fai e la pressionedel fare ti sembra meno pesante o addirittura scomparedel tutto.

La meditazione è non–fare. È la sola attività umana,che io sappia, che non mira a ottenere un risultato, bensìsottolinea semplicemente l'essere ciò che già sei.Normalmente siamo tanto occupati dal fare, dal cercaredi ottenere, dal pianificare, dal reagire che quando cifermiamo ad ascoltare semplicemente noi stessi

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dapprima la cosa ci sembra molto strana.Abbiamo bisogno di un po' di tempo per

familiarizzarci con l'esperienza di stare semplicemente incompagnia della nostra mente. È un po' come ritrovareun amico che non abbiamo visto da molti anni: all'iniziopuò esserci un po' di imbarazzo, non sappiamo più chisia la persona che abbiamo di fronte, non sappiamo comecomportarci. Può volerci un certo tempo per ritrovare illegame, per familiarizzarci di nuovo l'uno con l'altro.

L'abitudine a fare costantemente è tanto forte che perricordare il valore dell'istante presente dobbiamoricorrere a misure insolite e in un certo senso drastiche.Per questo è importante dedicare un periodo di tempospecifico ogni giorno alla pratica della meditazione. È unmodo per fermare il movimento del fare, per ricordarcidi noi stessi e per nutrire la sfera dell'essere. Trovarenella tua giornata un intervallo di tempo specifico peressere semplicemente, per non fare, può sembrartidapprima un rituale forzato e artificioso. Finché non entrinel vivo della pratica, ti può sembrare di aggiungere unulteriore impegno alla tua agenda già sovraccarica:*»Adesso, oltre a tutti gli impegni e a tutto lo stress cheho addosso, devo anche trovare il tempo per meditare!»Da un certo punto di vista questo è vero e non c'è mododi evitarlo. Ma, una volta che ti rendi conto della vitaleimportanza di nutrire il tuo essere, di calmare il tuocuore e la tua mente, di trovare un equilibrio interno peraffrontare le tempeste della vita, l'impegno e ladisciplina necessari a praticare si sviluppano

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spontaneamente. Quando veramente ti rendi conto che lameditazione nutre la parte più profonda di te, non haipiù difficoltà a farle spazio nella tua vita.

Posizione

Il nucleo della pratica della meditazione è lameditazione seduta. Stare seduti, come respirare, èun'esperienza familiare a tutti, niente di speciale. Quelloche caratterizza la meditazione seduta, come caratterizzala pratica dell'osservazione del respiro, è naturalmente laconsapevolezza.

Per praticare la meditazione seduta, in primo luogodobbiamo trovare un tempo e uno spazio speciali dadedicarle, come suggerito nel capitolo 'I fondamentidella pratica'. Poi ci sediamo, assumendo una posizioneinsieme sveglia e rilassata, che ci permetta di stare anostro agio senza muoverci per un certo tempo, erestiamo con calma e accettazione nel momento presente,senza cercare di riempirlo con nulla. Conosci già questoatteggiamento per averlo sperimentato nei vari esercizidi osservazione del respiro.

È utile assumere una posizione eretta e fiera, con latesta, il collo e la schiena allineati verticalmente. Questaposizione permette al respiro di scorrere più liberamenteed è inoltre l'espressione esterna di un atteggiamento diautonomia, accettazione e attenzione che vogliamocoltivare all'interno.

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Di solito ci sediamo su una sedia o sul pavimento. Seusi una sedia, l'ideale è una sedia con lo schienale dirittoe con il piano a un'altezza che ti permetta di appoggiarele piante dei piedi per terra. Noi suggeriamo ai nostripazienti di tenere la schiena un po' staccata dalloschienale, in modo che la schiena si sorregga da sé(Figura 2a). Ma se hai bisogno di appoggiarti alloschienale anche questo va bene. Se preferisci stare sedutasul pavimento, usa un cuscino spesso e non troppomorbido, che tenga le tue natiche sollevate da terra diuna decina di centimetri. Un guanciale ripiegato in dueserve benissimo allo scopo; oppure puoi comperare unapposito cuscino da meditazione o zafu. Ci sono diverseposizioni inginocchiate o a gambe incrociate permeditare seduti sul pavimento. Quella che io uso piùspesso è la cosiddetta posizione 'birmana' (Figura 2b), agambe incrociate, con un tallone vicino all'inguine e laseconda gamba ripiegata davanti alla prima. Leginocchia arrivano a toccar terra o meno a seconda diquanto sono flessibili le tue giunture: la posizione è piùcomoda se le ginocchia toccano terra. Alcuni preferisconostare inginocchiati con un cuscino fra le gambe (Figura2c).

Meditare seduti o inginocchiati sul pavimento dà unapiacevole sensazione di contatto con la terra e diautonomia. Ma non è importante stare seduti sul

pavimento piuttosto che su una sedia o sedere a gambeincrociate piuttosto che in un'altra posizione. Alcuni deinostri pazienti lo preferiscono, ma la maggior parte di

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essi usa una sedia con schienale diritto. Alla fin fine,nella meditazione ciò che importa non è su cosa stai

seduta, ma la sincerità del tuo impegno. Che tu sieda suuna sedia o per terra, mantenere una posizione corretta èinvece molto importante nella pratica della meditazione.

La posizione è un atteggiamento esterno che aiuta acoltivare un atteggiamento interno di dignità, pazienza e

autoaccettazione. I punti principali da ricordare aproposito della posizione sono: cerca di tenere laschiena, il collo e la testa allineati lungo un asse

verticale; rilassa le spalle; tieni le mani in una posizionecomoda. Di solito le appoggiamo sulle ginocchia o sullecosce, come nella Figura 2, oppure le teniamo in grembo,

con le palme rivolte verso l'alto, le dita della manosinistra sovrapposte a quelle della destra e le punte dei

pollici che si toccano appena.

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Irrequietezza

Dopo aver assunto la posizione prescelta, portiamol'attenzione al respiro. Lo sentiamo entrare e lo sentiamouscire. Restiamo presenti, momento per momento, unrespiro dopo l'altro. Sembra semplice e lo è. Prestiamocompleta attenzione all'inspirazione e completaattenzione all'espirazione, lasciando che il respiro fluiscada sé e sentendo tutte le sensazioni associate al respiro,dalle più fisiche alle più sottili.

È semplice, ma non è facile. Probabilmente puoi stareseduta davanti alla televisione o in auto per ore senzanemmeno accorgertene. Ma appena provi a stare sedutasoltanto a osservare il tuo respiro, il tuo corpo e la tuamente, senza nessuna distrazione e nessuna meta daraggiungere, la prima cosa che noti è che una parte di tedopo un po' si ribella.

Dopo un minuto, due, tre o quattro, il corpo o lamente comincia ad averne abbastanza e a chiederequalcos'altro: un cambiamento di posizione o addiritturaun'occupazione completamente diversa. Questo èinevitabile. È proprio a questo punto che il lavoro diauto–osservazione diviene particolarmente interessante efruttuoso. Normalmente, non appena la mente si agita, ilcorpo la segue. Se la mente è irrequieta, il corpo diventairrequieto. Se la mente dice: «Ho sete», qualche istantedopo il corpo si trova ad aprire lo sportello delfrigorifero. Se la mente dice: «Mi sto annoiando», primaancora che tu te ne accorga il corpo è in piedi e sta

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cercando qualcosa da fare per tenere la mente occupata.Dato che uno dei tuoi massimi desideri è probabilmentequello di stare in pace e rilassarti, forse all'inizio tistupirai che la mente si annoi tanto in fretta stando con sestessa e che il corpo diventi così facilmente irrequieto. Tichiederai che cosa ci sia dietro a questo impulso tantopotente a riempire ogni momento con qualcosa, dietro albisogno di occupazione o di divertimento non appenahai un momento 'vuoto'. Che cosa induce il corpo e lamente ad aborrire la quiete? Nella pratica dellameditazione non cerchiamo di rispondere a questedomande. Ci limitiamo semplicemente a osservarel'impulso ad alzarci o i pensieri che ci passano per latesta. E, invece di alzarci e fare quello che la mente hadeciso per noi, garbatamente ma con fermezzariportiamo l'attenzione alla pancia e semplicementecontinuiamo a osservare il respiro, momento permomento. Possiamo anche chiederci per qualche istantecome mai la mente sia fatta in questo modo; mafondamentalmente pratichiamo l'accettazione di ognimomento così com'è, senza reagire al fatto che sia cosìpiuttosto che altrimenti. Perciò restiamo seduti econtinuiamo a seguire il respiro che entra e che esce.

Istruzioni base per la meditazione

Le istruzioni base per praticare la meditazione sedutasono semplicissime. Osserviamo il respiro mentre entra

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ed esce. Concentriamo tutta la nostra attenzione sullesensazioni che accompagnano l'inspirazione el'espirazione, proprio come abbiamo fatto negli esercizidei capitoli precedenti. E, quando ci accorgiamo che lanostra attenzione si è spostata altrove, dovunque essa siaandata, ci limitiamo a notarlo, a lasciare andare il nuovooggetto di attenzione e a riaccompagnare cortesementel'attenzione al respiro, al movimento del respiro nellanostra pancia.

Se hai provato a fare gli esercizi suggeriti nei capitoliprecedenti, probabilmente avrai notato che la mentetende a vagare parecchio. Forse ti sarai ripropostafermamente, più volte, di mantenere l'attenzioneconcentrata sul respiro. Ma dopo un po', inevitabilmente,ti sei accorta che la mente se n'era andata da un'altraparte, dimenticando completamente il respiro.

Ogni volta che ti accorgi di questo, semplicementeriporta l'attenzione al movimento del respiro nellapancia, qualsiasi sia l'oggetto che l'ha distratta. Se la tuamente si allontana dal respiro cento volte, cento volte,con calma, non appena ti accorgi della distrazione, lariporti all'osservazione del respiro. In questo modoalleni la mente a essere più stabile e meno reattiva. Enello stesso tempo impari a dar valore a ogni istante, aprendere ogni istante come viene, senza dar più valore aun istante che a un altro. Riportando continuamentel'attenzione al respiro, ogni volta che se ne allontana,coltivi la tua capacità naturale di concentrazione, propriocome come si coltiva la forza muscolare con l'attività

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ripetitiva del sollevamento pesi. Lavorandosistematicamente con le resistenze della tua mente (nonlottando contro di esse) sviluppi una forza interiore. Econtemporaneamente pratichi la pazienza e il non–giudizio. Senza rimproverarti per il fatto che la tuaattenzione si è allontanata dal respiro, ti limiti, consemplicità e senso pratico, a ricondurla al respiro,gentilmente ma con fermezza.

Sensazioni fisiche di disagio

Come noterai non appena cominci a praticare lameditazione seduta, ogni minima cosa basta a distoglierela tua attenzione dal respiro. Una grossa fonte didistrazione è l'irrequietezza fisica. Dopo un po' che seiseduta nella stessa posizione, il corpo comincia a sentirsiintorpidito. Di solito rispondiamo automaticamente aquesti messaggi del corpo cambiando posizione, senzaneppure rendercene conto. Durante la meditazioneseduta, è utile invece resistere ai primi impulsi che ciindurrebbero a muoverci e dirigere l'attenzione sullesensazioni di disagio, accogliendole senza giudicarle.

Perché? Perché non appena si presentano allaconsapevolezza, queste sensazioni entrano a far partedella nostra esperienza, momento per momento, e quindidiventano un utile oggetto di osservazione e di indaginein se stesse. Ci permettono di notare l'automatismo dellenostre reazioni, e di osservare che cosa succede quando

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la mente perde il filo della consapevolezza del respiroed entra in agitazione.

In questo modo il dolore alle ginocchia,l'indolenzimento alla schiena o la tensione alle spalle,anziché trattarli come distrazioni indesiderabili e cercaredi farli scomparire, puoi includerli nel campo della tuaconsapevolezza e semplicemente accettarli.

Questo approccio ti fornisce un nuovo modo dirapportarti al disagio fisico: per quanto scomode, questesensazioni corporee diventano per te potenziali alleate emaestre nel percorso dell'autoconoscenza.

Anziché essere solo degli ostacoli che si frappongonofra te e il tuo scopo di mantenere l'attenzione concentratasul respiro, si trasformano in altrettante occasioni persviluppare la tua capacità di concentrazione, di calma edi consapevolezza. Coltivare questa flessibilità, che dà ilbenvenuto a qualsiasi cosa si presenti, anziché insistere suuna sola cosa, per esempio l'osservazione del respiro, èuna delle caratteristiche più preziose della via dellaconsapevolezza. In pratica questo significa che cisforziamo di restare con le sensazioni di disagio fisicoquando si presentano durante la meditazione, nonnecessariamente fino al punto in cui diventano dolorose,ma almeno fino a superare il punto in cui normalmentereagiremmo cambiando posizione. Le accompagniamocon il respiro, le accogliamo e cerchiamo di mantenere lacontinuità della consapevolezza momento per momentoin loro presenza. Poi, se dobbiamo cambiare la posizionedel corpo per ridurre l'indolenzimento, anche questo lo

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facciamo con consapevolezza, prestando attenzione a ogniistante e a ogni fase del movimento.

Tutto questo non vuol dire che nella meditazione nondiamo importanza alle sensazioni di disagio fisico e aldolore. Al contrario, come vedrai in seguito, scopriamoche possiamo imparare molto da una più profondaconoscenza del dolore fisico.

Ma il modo per conoscere più a fondo questesensazioni è accoglierle quando si presentano, anzichécercare di mandarle via perché non ci piacciono.Restando presenti con le sensazioni di disagio eaccettandole come parte della nostra esperienza delmomento, anche se non ci piacciono, scopriamo che èpossibile rilassarsi nel dolore fisico. È questo uno degliinsegnamenti che le sensazioni di disagio fisico, durantela meditazione, ci offrono.

A volte, rilassarsi nelle sensazioni di disagio o didolore riduce l'intensità del dolore. Più pratichi, piùimpari a ridurre l'intensità del dolore o, per lo meno, arenderti trasparente ad esso. E in ogni caso, che il dolorediminuisca o meno, lavorare deliberatamente sulle tuereazioni al disagio fisico ti aiuta a sviluppare calma edequanimità, qualità che ti saranno utili per affrontaremolte altre sfide e situazioni stressanti della vita.

I pensieri

Oltre alle sensazioni di disagio fisico, molti altri fattori

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contribuiscono a distrarre la tua attenzione dal respirodurante la meditazione. La distrazione principale ècostituita dal pensiero stesso. Il solo fatto che hai decisodi meditare non significa che la tua mente si mettatranquilla e collabori!

Quando cominciamo a meditare ci accorgiamo divivere immersi in una corrente ininterrotta di pensieri,che si presentano indipendentemente dalla nostravolontà, uno dopo l'altro, in rapida successione. Moltidei nostri pazienti, quando tornano alla clinica dopo laprima settimana di pratica a casa, provano grandesollievo scoprendo di non essere i soli i cui pensieri,durante la meditazione, si precipitavano attraverso laloro mente come una cascata, al di là di ogni possibilecontrollo. Si sentono rassicurati scoprendo che anche glialtri hanno una mente che funziona nello stesso modo. Difatto, è semplicemente la natura della mente. Questascoperta è per molti una rivelazione. Mette in moto oprepara una esperienza profonda, che alcuni ritengonol'insegnamento più prezioso del corso, e cioè laconstatazione di non essere i propri pensieri. Questadisidentificazione dà loro la possibilità di rapportarsi (odi non rapportarsi) ai propri pensieri in molti più modiche in precedenza.

All'inizio della pratica della meditazione seduta,l'attività dei pensieri distrae continuamente l'attenzionedal compito primario che ti sei prefissa, e cioèl'osservazione del respiro. Per dare continuità e impulsoalla meditazione dovrai continuare a ricordarti di

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ritornare al respiro, quali che siano i pensieri che hannoassorbito la mente in quell'istante.

I pensieri che occupano la tua mente possono essereper te importanti o meno, ma in ogni caso vivono unasorta di vita propria. Se sei sotto stress, la mente tenderàad essere preoccupata dalla tua situazione, da che cosadovresti fare o avresti dovuto fare, da che cosa nondovresti fare o non avresti dovuto fare. I pensieri, inquesto tipo di situazione, hanno spesso una grossa caricadi ansia.

In momenti di minore stress, i pensieri che ti passanoper la testa possono essere meno carichi emotivamente,ma non per questo sono meno efficaci nel distrarre la tuaattenzione. Ti puoi trovare a pensare a un film che haivisto o a ripetere dentro di te il ritornello di una canzone.Oppure ti puoi trovare a pensare alla cena, ai figli, aigenitori, alle vacanze, alla salute, ai conti da pagare o aqualsiasi altra cosa.

I pensieri si susseguono nella tua mente, per lo più aldi sotto della soglia della consapevolezza, fino almomento in cui improvvisamente ti accorgi che non staipiù osservando il respiro e non sai nemmeno da quantotempo, né attraverso quale catena di associazioni seiarrivata a pensare a quello a cui stai pensando in questomomento.

A questo punto semplicemente ti dici: «Va bene, oratorno a osservare il respiro e lascio andare i pensieri cheho in questo momento, qualsiasi essi siano». Controlli latua posizione e raddrizzi la schiena, se trovi che ti sei

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ingobbita, come spesso accade quando perdiamo laconsapevolezza.

Nella meditazione trattiamo tutti i pensieri comedotati dello stesso valore. Cerchiamo di essereconsapevoli del loro emergere e riportiamo l'attenzioneal respiro, indipendentemente dal contenuto del pensiero e dalfatto che esso ci sembri importante e illuminante onoioso e banale. Osserviamo i pensieri semplicementecome eventi che si presentano nel campo della nostraconsapevolezza e ci rifiutiamo di lasciarci coinvolgeredal loro contenuto, per quanto emotivamente carichi essipossano essere. Notiamo il contenuto del pensiero e nenotiamo la carica emotiva, cioè la forza con cui essodomina la mente in quel momento; poi, per quantointensa possa essere tale carica, deliberatamente lolasciamo andare e riportiamo l'attenzione al respiro eall'esperienza di essere presenti nel nostro corpo, sedutiin meditazione.

Lasciare andare i pensieri tuttavia non vuol direreprimerli. È questo un malinteso frequente: molticomprendono le istruzioni per la meditazione nel sensoche si tratti di reprimere i pensieri o le emozioni. Inqualche modo si convincono che pensare sia 'male' e cheuna 'buona' meditazione sia quella in cui il pensiero èassente o quasi.

Cercare di reprimere i pensieri genera solo unamaggiore tensione e un maggiore senso di frustrazione.Complica i problemi, anziché produrre pace e chiarezza.Perciò vale la pena di sottolineare il fatto che nella

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meditazione il pensiero non è male e neppure indesiderabile. Ciòche importa è la consapevolezza dei tuoi pensieri e delle tueemozioni, e il modo in cui rispondi loro.

La consapevolezza non ha nulla a che fare con ilreprimere i pensieri o con il cercare di tenerli a distanzaper calmare la mente. Meditando, non cerchiamo difermare la cascata dei pensieri. Ci limitiamo a fare lorospazio, a osservarli e a lasciarli andare, servendoci delrespiro come ancora per l'attenzione o come base a cuiritornare. In questo modo troverai che meditare è ognivolta un'esperienza diversa.

A volte ti senti relativamente calma, rilassata eindisturbata da pensieri o emozioni. Altre volte ipensieri e le emozioni sono così forti e ricorrenti chepuoi solo fare del tuo meglio per osservarli, e per restarecon il respiro il più possibile negli intervalli fra unpensiero e l'altro. Per la meditazione non è importante quantointensa è l'attività dei pensieri, ma piuttosto quanto riesci adaccoglierli nel campo della tua consapevolezza, momento permomento.

Pensieri e realtà

È incredibile quanto sia liberatorio renderti conto che ituoi pensieri sono semplicemente pensieri e non sono'te', né tantomeno la realtà. Per esempio, se pensi didover fare certe cose durante la giornata e non loriconosci semplicemente come un pensiero, crei con ciòuna realtà che ti può opprimere, costringendoti a fare

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tutte quelle cose.Peter, che come abbiamo visto, ha avuto un attacco

cardiaco ed è venuto al corso per cercare di prevenirneun secondo, se ne è accorto una sera in cui si è ritrovato alavare la macchina davanti a casa alle dieci passate.Improvvisamente si è reso conto che non era necessariofarlo: era solo l'ultimo atto di una giornata frenetica,passata a cercare di fare tutto quello che riteneva didover fare. E, accorgendosi che in questo modo stavamaltrattando se stesso, si è reso conto anche che ciò chegli aveva impedito di accorgersene prima era la totaleidentificazione con il pensiero delle cose da fare.

Anche a te sarà capitato di trovarti in situazioni delgenere, e di sentirti spesso tesa, ansiosa, ossessionatadalle cose da fare. Perciò, se mentre stai meditando sipresenta il pensiero di tutte le cose che hai da fare oggi, èimportante che tu lo riconosca come un pensiero, senzalasciarti trascinare inconsapevolmente a interrompere lameditazione e a gettarti in qualche attività. Se riesci adisidentificarti da questo pensiero e a osservarlo conchiarezza, ti risulterà anche molto più facile organizzarele tue priorità e vedere che cosa è realmente necessariofare. Saprai quando è il momento di staccare e rimandareil resto al giorno dopo.

Il solo fatto di riconoscere i tuoi pensieri come tali, tilibera dalla realtà distorta che possono creare e ticonsente di gestire la tua vita, con maggiore fluidità.Questa liberazione dalla tirannia della mente pensantenasce spontaneamente dalla pratica della meditazione.

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Dedicando un certo tempo ogni giorno al non fare eall'osservazione del respiro, della mente e del corpo,coltiviamo simultaneamente calma, consapevolezza edistacco. Mano a mano che la mente è meno identificatacon il contenuto dei pensieri, la sua capacità diconcentrazione e di calma cresce. Ogni volta chericonosciamo un pensiero come tale e ritorniamoall'osservazione del respiro, rafforziamo laconsapevolezza. E impariamo a conoscerci e ad accettarcidi più, non come vorremmo essere, ma proprio cosìcome siamo.

Allargare il campo di osservazione

Nel corso per la riduzione dello stress, la meditazioneseduta viene introdotta nella seconda lezione. Ipartecipanti la praticano per dieci minuti al giorno, come'compito a casa' durante la seconda settimana, assiemeall'esplorazione del corpo, che incontrerai nel prossimocapitolo. Più avanti nel corso, aumentiamo gradualmentela durata della pratica fino a quarantacinque minuti pervolta e contemporaneamente allarghiamo la sfera delleesperienze a cui facciamo attenzione.

Durante le prime settimane osserviamosemplicemente il respiro che entra e che esce. Potremmocontinuare all'infinito con questo tipo di pratica, senzaarrivare mai ad esaurirla. Si approfondisce sempre più.La mente diventa sempre più rilassata e la

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consapevolezza sempre più salda.Nella meditazione le tecniche più semplici, come

l'osservazione del respiro, sono tanto profonde eliberatorie quanto quelle più complesse, che la genteerroneamente a volte ritiene 'più avanzate'. Osservare ilrespiro non è in alcun modo meno 'avanzato' che fareattenzione ad altri aspetti della propria esperienzainterna ed esterna. Ciascuna di queste tecniche ha unasua funzione nel coltivare la consapevolezza e lasaggezza.

Fondamentalmente, sono la sincerità del tuo sforzo ela profondità della tua attenzione che contano e non tantola tecnica che usi o su cosa concentri l'attenzione. Se latua attenzione è totale, qualsiasi oggetto diviene unaporta per entrare nella consapevolezza di ogni istante.

Con il passare delle settimane allarghiamogradualmente il campo dell'attenzione nella meditazioneseduta. Oltre al respiro includiamo le sensazioni in varieparti del corpo, la sensazione del corpo nel suo insieme,i suoni e infine il processo del pensiero stesso. A volteconcentriamo l'attenzione su una sola di queste cose;altre volte le osserviamo tutte sequenzialmente nel corsodi un'unica seduta, per finire con l'osservazione diqualsiasi cosa si presenti, senza privilegiare nessunoggetto di osservazione particolare.

Questo tipo di pratica viene detto, a volte, 'praticadella consapevolezza senza scelta'. Essenzialmenteconsiste in un atteggiamento di ricettività a tutto quelloche emerge momento per momento. Per quanto semplice

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possa sembrare, questa pratica richiede una capacità diattenzione molto forte, che si coltiva più facilmentelavorando su un oggetto particolare di osservazione, peresempio il respiro. Esso è un'ancora molto efficace per laconsapevolezza meditativa, per mesi o anche per anni.

Per questa ragione spesso è preferibile, negli stadiiniziali della pratica, limitarsi all'osservazione delrespiro o a quella del corpo nel suo insieme. Per ora tisuggerirei di praticare come descritto negli esercizi, allafine di questo capitolo. Più oltre, nel capitolo 'Comecominciare', troverai un programma completo di ottosettimane, simile a quello seguito dai pazienti dellaclinica per lo stress, per sviluppare ulteriormente la tuapratica di meditazione.

Esperienze di integrità

Nel corso, durante le prime sessioni di meditazioneseduta, di solito c'è nella stanza parecchia irrequietezza,un frequente cambiare posizione e aprire e chiudere gliocchi. Per alcuni stare semplicemente seduti senza fareniente sembra del tutto impossibile. Dopo alcunesettimane, mano a mano che le persone si abituano alnon fare e a rilassarsi nell'essere, il silenzio e l'immobilitànella stanza diventano impressionanti, malgrado lesedute durino ormai venti o trenta minuti per volta.

Ben presto molti di loro scoprono che meditare puòessere un'esperienza entusiasmante. A volte, meditando,

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non sentiamo di compiere alcuno sforzo: ci rilassiamosolo nella quiete del puro e semplice essere, accettandoogni momento così come si presenta.

In quei momenti ci sentiamo interi. E quei momentisono accessibili a tutti. Da dove vengono? Non vengonoda nessuna parte: sono già da sempre presenti in noi.Ogni volta che ti siedi in posizione eretta e rivolgil'attenzione al respiro, anche per breve tempo, puoiritrovare l'esperienza della tua integrità, l'equilibriointrinseco della tua mente e del tuo corpo,indipendentemente dallo stato particolare che mente ecorpo si trovano ad attraversare. Sederti in meditazionediviene allora rilassarti nella pace del profondo del tuoessere, sotto le turbolenze superficiali della mente.

E il segreto è semplicissimo: osservare e lasciareandare, osservare e lasciare andare, osservare e lasciareandare.

Esercizio 1. Sedere con il respiro1. Pratica la consapevolezza del respiro, sedendo inposizione comoda ma eretta, per almeno dieciminuti per volta, almeno una volta al giorno.2. Ogni qualvolta ti accorgi che la tua attenzionenon è più con il respiro, nota dove è andata. Poilascia andare l'oggetto che l'ha catturata e ritorna aosservare il respiro nella pancia.3. Col tempo, estendi la durata delle sedute fino ache riesci a stare seduta in meditazione permezz'ora o più. Ma ricorda: quando sei

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completamente nel presente il tempo scompare.Perciò la durata delle meditazioni non è tantoimportante quanto la tua presenza e la tuadisponibilità a fare attenzione, e a lasciare andare,momento per momento.Esercizio 2. Sedere con il respiro e con il corpo1. Quando la tua pratica si è rafforzata, nel sensoche riesci a mantenere l'attenzione sul respiro conuna certa continuità, prova a espandere il campodella tua consapevolezza 'intorno' al respiro e'intorno' alla tua pancia, includendo la sensazionecomplessiva del tuo corpo seduto in meditazione.2. Mantieni questa consapevolezza del respiro e delcorpo nel suo insieme e, quando l'attenzionedivaga, riconducila al respiro e al corpo.Esercizio 3 Sedere con i suoni1. Se vuoi, puoi includere la consapevolezza deisuoni. Questo non significa cercare di ascoltare deisuoni; significa soltanto udire quel che c'è da udirementre siedi in meditazione, momento permomento, senza farti coinvolgere internamente ingiudizi o pensieri a proposito dei vari suoni. Li odisemplicemente come puri suoni. E odi anche isilenzi che permeano i suoni e quelli che liseparano.2. Puoi praticare in questo modo anche con lamusica, ascoltando ogni nota nel momento in cui siproduce e ascoltando il silenzio che separa le note.Puoi anche 'respirare la musica', facendo entrare i

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suoni nel tuo corpo con l'inspirazione ed esalandolicon l'espirazione. Puoi immaginare che il tuo corposia trasparente ai suoni, che essi entrino ed escanoattraverso i pori della tua pelle.Esercizio 4. Sedere con i pensieri e le emozioni1. Quando la tua consapevolezza del respiro èdiventata abbastanza stabile, prova a concentrarel'attenzione sul processo del pensiero stesso. Lasciaandare il respiro e osserva soltanto i pensieri,mentre entrano nel campo della tua attenzione ementre se ne vanno.2. Cerca di percepirli come 'eventi' che siproducono nella tua mente.3. Osserva il loro contenuto e la loro carica emotiva,e cerca, se ti riesce, di non lasciarti trascinare a'pensare ai pensieri' o a scorrere inconsapevolmenteda un pensiero all'altro. Mantieni la posizione diosservatrice, testimone del processo del pensiero.4. Nota che ciascun pensiero non dura a lungo. Èimpermanente: viene e se ne va. Sii consapevole diquesta impermanenza.5. Nota che alcuni pensieri ricorronocontinuamente.6. Nota quei pensieri che sono centrati sui concettidi 'io', 'me', 'mio' e nota quale risposta essi suscitano(o non suscitano) in te, l'osservatrice, la testimoneimparziale e non giudicante.7. Nota quei pensieri che tendono a configurare unsé che si preoccupa dell'andamento della tua vita.

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8. Nota i pensieri che riguardano il passato e quelliche riguardano il futuro.9. Nota i pensieri che hanno una carica di avidità,desiderio o attaccamento.10. Nota i pensieri che hanno una carica diavversione, rifiuto, dispiacere o odio.11. Nota i tuoi sentimenti e le tue emozioni,osservali emergere e svanire.12. Nota le associazioni fra le emozioni cheemergono e il contenuto dei tuoi pensieri.13. Se ti perdi in tutte queste cose, ritornasemplicemente a osservare il respiro.Questo esercizio richiede una notevoleconcentrazione. Nei primi stadi della pratica èconsigliabile farlo solo per brevi periodi, per esempioper due o tre minuti durante ciascuna seduta.Esercizio 5. Sedere con la 'consapevolezza senza scelta'1. Siedi semplicemente. Non attaccarti a nulla, noncercare nulla. Sii completamente aperta e ricettiva aqualsiasi cosa si presenti nel campo della tuaconsapevolezza, lasciando che ogni cosa venga evada, osservando, nell'atteggiamento di testimonesilenziosa.

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Essere nel corpo

Vivere il corpo

Non finisco mai di stupirmi del fatto che riusciamo aessere estremamente sensibili all'aspetto del nostrocorpo e nello stesso tempo per nulla in contatto con esso.Ciò vale anche per il corpo degli altri. La nostra societàha il culto delle apparenze in generale e dell'aspettofisico delle persone in particolare. L'immagine del corpoviene usata nella pubblicità di qualsiasi prodotto, dallesigarette alle automobili. Come mai? Perché fa levasull'identificazione con certi tipi di immagine:l'immagine di un bel corpo di uomo o di donna evocanella gente il desiderio di avere quell'aspetto per sentirsispeciale, migliore, più felice.

In molti di noi l'ossessione dell'aspetto fisico è legata auna profonda insicurezza. Spesso siamo cresciutisentendoci goffi e poco attraenti, soprattutto durantel'adolescenza, quando questo tipo di sensibilità è al suoapice. Il nostro corpo, per una ragione o per l'altra, non cipiaceva.

Di solito la ragione è che non corrispondeva a unacerta immagine ideale, che qualcun altro incarnava pernoi e da cui ci sentivamo ben lontani. Perciò, se nonavevamo un certo tipo di corpo, eravamo ossessionati dache cosa fare per averlo o per compensare il fatto di non

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averlo o schiacciati dalla sensazione di essere 'sbagliati'.All'estremo opposto c'è la situazione di quelli di noi

che avevano il corpo 'giusto': spesso per loro il prezzo èstato l'infatuazione di sé o la dipendenza dall'attenzioneche ricevevano.

Anche se queste preoccupazioni si attenuano con iltempo, l'insicurezza di fondo riguardo al corpo rimane.Molti di noi continuano a sentire, sotto sotto, che il lorocorpo è troppo grasso o troppo corto o troppo lungo otroppo vecchio o troppo brutto; è come se loparagonassero costantemente con un certo modello diperfezione.

Molti purtroppo non arrivano mai a sentirsi del tutto aproprio agio nel loro corpo. Non arrivano mai a sentirsi acasa. Questo rende loro difficile rilassarsi nel contattofisico, toccare ed essere toccati, e perciò vivere l'intimità.Col passare degli anni questo disagio viene acuito dallacoscienza del fatto che il corpo invecchia, che perdeinesorabilmente l'aspetto e le qualità giovanili. Questomodo di 'sentire' il nostro corpo non può trasformarsi senon si trasforma il modo in cui 'viviamo' il corpo. Essoderiva in primo luogo da una maniera ristretta dirapportarci a esso. I pensieri e i giudizi che nutriamo inrelazione al nostro corpo, limitano drasticamente lagamma di sentimenti che ci permettiamo di vivere.

Quando diamo energia semplicemente al fatto divivere il nostro corpo, rifiutandoci di lasciarci invischiarenella sovrastruttura dei giudizi, la visione del nostrocorpo e di noi stessi cambia radicalmente.

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Tanto per cominciare, è straordinario ciò che il corposa fare! Cammina, parla, sta seduto, si alza, prende lecose, valuta le distanze nello spazio, digerisce il cibo,esplora le sensazioni tattili. Tutte queste cose cisembrano scontate: di solito non le apprezziamo finchénon ci vengono a mancare per via di un incidente o diuna malattia. Solo allora ci rendiamo conto di com'erabello quando eravamo in grado di fare tutto ciò che oranon possiamo più fare. Perciò, prima di convincerci cheil nostro corpo è troppo grasso, magro, alto, bassoeccetera, non vale la pena di esplorare quanto siameraviglioso semplicemente avere un corpo, quali chesiano il suo aspetto e le sue qualità? Il segreto di questaesplorazione consiste nel fare attenzione al corpo edesserne consapevoli senza giudizi. Hai già cominciato afarlo prestando attenzione al respiro nella meditazioneseduta. Quando porti l'attenzione alla pancia e al suosollevarsi con il respiro o al passaggio dell'aria che entrae che esce dalle narici, ti sintonizzi sulle sensazioni deltuo corpo in rapporto con la vita stessa. Di solito questesensazioni le escludiamo dal campo dell'attenzioneperché sono tanto familiari da svanire in uno sfondoindifferenziato. Riportandole alla consapevolezza tiriappropri della tua vita e del tuo corpo, rendendotiletteralmente più reale e più vivo.

L'esplorazione del corpo

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Una tecnica potente per riprendere contatto con ilcorpo è quella che chiamiamo 'esplorazione del corpo'.Essa si esegue stando sdraiati sulla schiena e consiste nelconcentrare l'attenzione successivamente sulle varie partidel corpo. Grazie al minuto esame del corpo che essacomporta, questa tecnica contribuisce a sviluppare laconcentrazione e la flessibilità dell'attenzione.Cominciamo portando l'attenzione alle dita del piedesinistro e lentamente risaliamo lungo il piede e la gamba,facendo attenzione a tutte le sensazioni che proviamo.Nel contempo, immaginiamo di fare entrare e uscire ilrespiro attraverso ciascuna zona del corpo cheincontriamo. Arrivati al bacino, scendiamo alle dita delpiede destro e risaliamo lungo la gamba destra. Poipercorriamo il tronco, facendo attenzionesuccessivamente al fondo della schiena, all'addome, allaparte alta della schiena, al petto e alle spalle.

Di lì passiamo alle dita di entrambe le mani,simultaneamente e risaliamo lungo le due braccia,tornando alle spalle. Poi percorriamo il collo e la gola, levarie parti della faccia, la nuca e la sommità del capo.

Concludiamo la meditazione respirando attraverso unimmaginario buco in cima alla testa, come le balene.Immaginiamo che il respiro attraversi tutto il corpo,entrando attraverso la sommità del capo e uscendoattraverso le dita dei piedi, poi entrando attraverso ledita dei piedi e uscendo attraverso il 'buco' in cima allatesta.

A questo punto spesso si ha una sensazione di grande

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leggerezza e fluidità, come se il corpo fosse svanito, ofosse diventato trasparente, come se la sua sostanza sifosse sciolta. Resta solo il respiro che scorre liberamenteattraverso i contorni del corpo.

Completata l'esplorazione del corpo, restiamo sdraiatiin silenzio, in uno spazio di consapevolezza che a voltetrascende completamente il corpo. Dopo un po', quandoci sentiamo pronti a ritornare, rientriamo nel corpo, nellasensazione complessiva del corpo. Torniamo a sentirlocome solido. Muoviamo leggermente le mani e i piedi.Magari ci massaggiamo la faccia e ci dondoliamo un po'prima di aprire gli occhi e prepararci a ritornare alleattività quotidiane.

L'idea centrale nell'esplorazione del corpo è quella disentire ciascuna parte del corpo e soffermarci in essa,restando presenti con l'attenzione. Facciamo entrare euscire il respiro attraverso quella particolare zona, e poila 'lasciamo andare', spostando l'attenzione alla zonasuccessiva. Mentre lasciamo andare le sensazioni cheincontriamo in ciascuna parte del corpo, assieme aipensieri e alle immagini che possono evocarci, anche imuscoli di quella parte del corpo si rilassano e lascianoandare molte tensioni accumulate. Può essere d'aiutoimmaginare che le tensioni e il senso di fatica a esseassociato escano dal corpo con l'espirazione, mentre ogniinspirazione carica il corpo di energia, vitalità erilassamento.

Sviluppare la sensibilità

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Nella clinica pratichiamo intensivamentel'esplorazione del corpo per almeno quattro settimane. Èla prima pratica di consapevolezza in cui i nostri pazientisi impegnano per un periodo prolungato.

Assieme all'osservazione del respiro, costituisce ilfondamento di tutte le altre tecniche di meditazione,compresa la meditazione seduta. È attraversol'esplorazione del corpo che essi imparano a mantenerel'attenzione focalizzata per un certo tempo.

È la prima tecnica di cui si servono per sviluppare laconcentrazione, la calma e la consapevolezza. Attraversodi essa molti di loro incontrano le prime esperienze dibenessere e di uno stato fuori dal tempo, nella praticadella meditazione. È per tutti un eccellente punto dipartenza per una pratica di meditazione strutturata,come suggerito nel programma proposto nel capitolo'Come cominciare Durante le prime due settimane inostri pazienti praticano l'esplorazione del corpo almenouna volta al giorno, sei giorni alla settimana, guidati daun nastro registrato; il che significa quarantacinqueminuti al giorno di lenta e minuziosa esplorazione delcorpo!

Nelle seconde due settimane la praticano un giorno sìe uno no, alternandola con gli esercizi di yoga proprostisull'altra faccia del nastro, se sono in grado di farli.Altrimenti continuano con l'esplorazione del corpo, ognigiorno. È lo stesso nastro ogni giorno ed è lo stesso corpoogni giorno! Il punto, naturalmente, per te come per loro,è accostarti all'esplorazione del corpo con la 'mente del

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principiante', ogni volta come se incontrassi il tuo corpoper la prima volta, scoprendolo momento per momento elasciando andare aspettative e preconcetti.

Ci sono varie ragioni per cui introduciamol'esplorazione del corpo nelle prime settimane del corso.Una è che si fa restando sdraiati, il che è molto piùcomodo che stare seduti con la schiena diritta perquarantacinque minuti. Per molti, specialmente all'inizio,è più facile rilassarsi stando sdraiati. Un'altra è che lacapacità di portare sistematicamente l'attenzione inqualunque punto del corpo e dirigervi l'energia, èpreziosa per l'opera di autoguarigione. Per fare ciòoccorre una certa sensibilità al corpo e alle sensazioni cheprovengono dalle sue varie parti, e l'esplorazione delcorpo è uno strumento perfetto per sviluppare e raffinarequesta sensibilità. In essa molti ritrovano la primaesperienza positiva del proprio corpo dopo molti anni.

Nello stesso tempo, l'esplorazione del corpo aiuta acoltivare la consapevolezza momento per momento.Quando la mente si distrae, la riportiamo alla parte delcorpo in cui ci trovavamo quando il filo dell'attenzione siè interrotto, proprio come la riconduciamoall'osservazione del respiro nella meditazione seduta.Dopo un po' che pratichi regolarmente l'esplorazione delcorpo, cominci a notare che il tuo corpo non è più lostesso, ogni volta. Ti rendi conto che il corpo cambiacontinuamente: perfino le sensazioni che provi nelle ditadei piedi, per esempio, possono essere diverse ognivolta o anche da un momento all'altro, nel corso di una

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singola meditazione. Queste osservazioni possono fartiscoprire molte cose su come ti senti nel tuo corpo.

La storia di Mary

Mary frequentò il corso per la riduzione dello stressdieci anni fa e praticò scrupolosamente l'esplorazionedel corpo durante le prime quattro settimane. Alla fine diquel periodo, durante una sessione di feedback digruppo, disse che per lei tutto andava bene finché nonarrivava al collo e alla testa. Lì si sentiva 'bloccata' e nonriusciva a superare quella zona e ad arrivare allasommità del capo. Io le suggerii di provare aimmaginare che il respiro le uscisse dalle spalle escorresse intorno alla regione bloccata. Qualche giornodopo Mary venne a trovarmi per parlare di quello che leera successo.

Aveva ripreso l'esplorazione del corpo conl'intenzione di sperimentare lo stratagemma che le avevosuggerito. Ma, prima ancora di arrivare al collo, avevanotato per la prima volta nelle istruzioni registrate sulnastro, la parola 'genitali'. Udire quella parola le avevarievocato immagini che si era immediatamente resaconto di avere represso fin dall'età di nove anni. Fra icinque e i nove anni, Mary era stata continuamentesottoposta a molestie sessuali da parte del padre.Insieme a quei ricordi, le si era ripresentato anche ilricordo di un episodio traumatico legato alla morte del

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genitore. All'età di nove anni era sola nel soggiorno dicasa con il padre (la madre era al piano di sopra),quando questi ebbe un attacco cardiaco e morì. Mary,secondo il suo racconto, non sapeva che cosa fare e nonfece nulla.

È facile immaginare la piena di sentimenticontraddittori che possono averla paralizzata in quelmomento. Quando la madre scese nel soggiorno, trovò ilmarito morto sul pavimento e Mary seduta in un angolo.Infuriata con la bambina per non aver chiamato aiuto, lapicchiò con una scopa sulla testa e sul collo.

Tutta questa esperienza, compresi i quattro anni disevizie subite, era stata repressa per quarantacinque annie non era emersa neppure nel corso di vari anni dipsicoterapia. Ma il rapporto fra il blocco nel colloincontrato durante l'esplorazione del corpo e il traumaseguito alla morte del padre è evidente. Non possiamoche meravigliarci ancora una volta della capacità delnostro sistema psicofisico di reprimere ciò che non è ingrado di affrontare in altro modo. Mary crebbe e divenneuna donna relativamente normale, sposata e con figli.

Ma nel corso degli anni il suo corpo cominciò asoffrire di una serie di malattie croniche che andaronocostantemente peggiorando: ipertensione, malattiecoronariche, ulcere, artrite, lupus e infezioni ricorrentidelle vie urinarie. Quando arrivò da noi, all'età dicinquantaquattro anni, la sua cartella medica era unfascicolo di dimensioni imponenti e i medici avevanoadottato un sistema di numerazione a due cifre per

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indicare i suoi disturbi. L'anno prima aveva subitoun'operazione di bypass per una trombosi coronarica,mentre altre arterie coronariche, anch'esse occluse, eranostate considerate inoperabili. Frequentò il corso insiemeal marito, che soffriva anch'egli di ipertensione. Uno deidisturbi che più la tormentavano era l'insonnia: passavalunghe ore sveglia, sdraiata a letto o alzata, nel cuoredella notte.

Alla fine del corso, Mary dormiva normalmente setteore per notte, la sua pressione era scesa da 165/105 a110/70 e i dolori alla schiena e alle spalle si eranonotevolmente attenuati. Ma, mentre i sintomi fisici eranomigliorati considerevolmente, lo stato di turbamentoemotivo, per effetto delle emozioni liberate dai ricordiriemersi, si era acuito.

Per affrontare la situazione, Mary intensificò lapsicoterapia. Continuò, intanto, a praticare l'esplorazionedel corpo e ritornò per un follow–up due mesi dopo lafine del programma. A quel punto anche il suo statoemotivo si era rilassato, grazie al lavoro di articolazionee di elaborazione delle emozioni emerse, e i dolori fisicisi erano ulteriormente attenuati.

Nel corso degli anni che seguirono, Mary mantenneuna costante pratica di meditazione, usando soprattuttol'esplorazione del corpo. Restò in contatto con la clinicae, lei che in passato era stata tanto timida da essere quasiincapace di dire il proprio nome di fronte a un gruppo,cominciò a parlare con i pazienti, a condividere lapropria esperienza di meditazione e a rispondere alle

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loro domande. Scoprì con meraviglia questa sua nuovadote di esprimersi in pubblico e se ne servì, entrando afar parte di un gruppo di sostegno psicologico perpersone con esperienze traumatiche di incesto.

Nel frattempo, la malattia cardiaca e il lupuscontinuarono ad aggravarsi e a richiedere frequentiricoveri ospedalieri. Mary affrontò il tutto con grandeaccettazione ed equanimità. I medici si stupivanocontinuamente della sua capacità di controllare lapropria pressione sanguigna e di sopportare le stressantie dolorose procedure a cui era sottoposta. A volte ledicevano: «Mary, questo ti farà male, sarà meglio chepratichi la tua meditazione».

La notizia della sua morte mi arrivò un sabatomattina, quando nella clinica abbiamo la nostra sessionedi una giornata intera. Andai nella sua stanza a dirleaddio. Da qualche tempo Mary sapeva che la fine eravicina, e l'aveva accolta con un senso di pace di cui si erastupita lei stessa. Un giorno aveva detto che, pur essendocontenta che le sue sofferenze sarebbero presto finite, ledispiaceva di non avere a disposizione qualche anno inpiù per godere del suo nuovo 'sé libero e consapevole',fuori dalle mura dell'ospedale.

Le dedicammo la sessione di quella giornata. Nellaclinica sentiamo ancora oggi la sua mancanza. Molti deisuoi medici curanti vennero al funerale e avevano lelacrime agli occhi. Da lei tutti quanti abbiamo imparatoqualcosa su che cosa nella vita è veramente importante.

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Repressione e malattia psicosomatica

Nel corso degli anni ci è capitato di incontrare piùvolte persone con traumi sessuali o psicologici durantel'infanzia e con problemi medici gravi in età adulta.Sicuramente ciò suggerisce una possibile correlazione frala repressione di queste esperienze infantili, che in certecircostanze è il solo meccanismo di adattamento e disopravvivenza disponibile per il bambino, e l'insorgeredi conseguenze somatiche in seguito. Mantenere sepoltedentro queste esperienze traumatiche deve in qualchemodo produrre un enorme stress nel corpo, che può conil tempo minare la salute fisica.

Ma l'esperienza di Mary non deve suggerire chechiunque pratichi l'esplorazione del corpo incontri ilriemergere di materiale psicologico represso. Ciò accaderaramente. Per lo più i benefici di questa tecnica dimeditazione consistono nel collegare la mente coscientealle sensazioni ed emozioni del corpo. Praticandolaregolarmente, entriamo in contatto con sensazioni chenon avevamo mai avvertito o a cui non avevamo maifatto attenzione. E gradualmente impariamo anche arilassarci sempre più e a sentirci 'a casa' nel nostro corpo.

Difficoltà

Inizialmente si possono incontrare vari tipi didifficoltà nell'esplorazione del corpo. Alcuni sono

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sconcertati dal fatto di non provare nessuna sensazionein una certa parte del corpo. In altri casi, quando c'è unaparte del corpo sofferente, il dolore può essere così forteda rendere difficile concentrarsi su qualsiasi altra parte.Per altri, la difficoltà consiste nel restare svegli: quandosi rilassano non riescono a mantenere la consapevolezza,semplicemente si addormentano. Nessuna di questedifficoltà è un ostacolo serio, se sei deciso ad andare afondo nella pratica. Anzi, tutte queste esperienze tioffrono dei messaggi importanti riguardo al tuo corpo.

Supponiamo, per esempio, che quando concentril'attenzione sulle dita di un piede non senti nulla.Questo 'non sentire nulla' allora è la tua esperienza delledita del piede in quel particolare momento. In se stessociò non è né bene né male, è semplicemente la tuaesperienza del momento. Perciò la noti, la accetti e vaiavanti. Non è necessario che tu muova le dita del piedeper produrre delle sensazioni, benché anche questo siaaccettabile, se ti fa sentire più a tuo agio, all'inizio dellapratica.

Quando c'è una parte del corpo sofferente, è unasituazione in cui l'esplorazione del corpo èparticolarmente potente e fruttuosa. Poniamo, peresempio, che tu soffra di un dolore cronico nella partebassa della schiena. Quando ti sdrai per farel'esplorazione del corpo, provi un acuto dolore nellaparte bassa della schiena, dolore che non riesci adalleviare con nessun piccolo aggiustamento dellaposizione.

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Cominci comunque con il portare l'attenzione alrespiro e poi alle dita del piede sinistro, facendo entraree uscire il respiro attraverso le dita del piede. Ma ildolore continua a richiamare la tua attenzione allaschiena e ti impedisce di concentrarti sul piede o suqualsiasi altra parte del corpo.

Un modo di procedere, in questo caso, è continuare ariportare l'attenzione alle dita del piede e a ridirigervi ilrespiro, ogni volta che ti accorgi che la tua attenzione si èspostata alla schiena. Così continui risalendosistematicamente lungo la gamba sinistra, poi la destra,poi il bacino, facendo attenzione alle sensazioni inciascuna parte del corpo che percorri e ai pensieri e allesensazioni che si producono.

Naturalmente, può darsi che gran parte di questipensieri e sensazioni sia in rapporto con il dolore allaschiena. Mentre percorri il bacino e ti avvicini alla partebassa della schiena, resta aperto e ricettivo, notando conprecisione le sensazioni che si presentano mentre entri inquesta zona, come hai fatto per tutte le altre. Adessoinspiri ed espiri attraverso la parte bassa della schiena,consapevole di qualsiasi pensiero, sensazione oemozione si presenti. Soffermati respirando, finché nesenti il bisogno. Poi, quando sei pronto, lascia andare laparte bassa della schiena, deliberatamente, e spostal'attenzione alla parte alta della schiena e al petto. Inquesto modo attraversi la regione di massima intensità,provando pienamente tutte le sensazioni, quando viene ilsuo turno. Ti permetti di vivere tutte le sensazioni, in

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tutta la loro intensità, osservandole, accompagnandolecon il respiro, e poi lasciandole andare e procedendooltre. Un altro modo di affrontare il dolore localizzato inuna parte del corpo, consiste nel lasciare che l'attenzionevada direttamente alla parte sofferente.

Questa strategia è indicata quando il dolore è cosìintenso che la concentrazione su altre zone del corporisulta troppo difficile. Invece di esploraresuccessivamente le varie zone, ti limiti allora a inspirareed espirare attraverso la parte dolente. Immagini chel'energia fresca dell'inspirazione penetri nei tessuti fino aessere completamente assorbita; e immagini che dolore,tossine, malattia, tutto ciò che la parte del corposofferente desidera ed è disposta a lasciare andare, vengascaricato all'esterno dall'espirazione. Mentre fai questocontinui a mantenere desta l'attenzione momento permomento, notando che anche in presenza dellasofferenza più acuta la qualità delle sensazioni cambiada un momento all'altro. A volte noti cambiamenti anchenell'intensità delle sensazioni. Se il dolore decresce, puoiprovare a riportare l'attenzione alle dita del piede e ariprendere l'esplorazione del corpo nella sequenzadescritta. Più oltre nel libro, troverai anche altrisuggerimenti per affrontare il dolore mediante laconsapevolezza.

L'esplorazione del corpo come processo di purificazione

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L'insegnante da cui ho imparato la tecnicadell'esplorazione del corpo veniva da un'esperienzaprofessionale come chimico. Una delle sue metaforefavorite consisteva nel descrivere l'esplorazione delcorpo come una 'raffinazione a zone'. La raffinazione azone è una tecnica industriale per purificare i metalli.Essa consiste nel fare scorrere un forno circolare su tuttala lunghezza di una barra metallica. Il calore del fornoliquefà il metallo nella zona investita e le impuritàpresenti restano nella fase liquida. Il metallorisolidificato che esce dal forno ha un grado di purezzamolto superiore a quello iniziale. Alla fine deltrattamento tutte le impurità si trovano concentrate aun'estremità della barra, che viene tagliata e scartata, e siottiene così un lingotto metallico purificato. Possiamoimmaginare l'esplorazione del corpo come un analogoprocesso di raffinazione attiva del corpo. Il 'calore'dell'attenzione investe successivamente le varie zone,raccogliendo tensioni e dolore e trasportandoli fino allasommità del capo, dove, con l'aiuto del respiro, vengonoscaricati fuori dal corpo, che resta purificato. Ogni voltache esplori il tuo corpo in questo modo, puoivisualizzare il processo come un'opera di raffinazione odisintossicazione, che ti guarisce, restituendo al tuocorpo un senso di integrità.

Questa descrizione potrebbe indurre a pensare chel'esplorazione del corpo serva per un fine specifico, lapurificazione del corpo. Lo spirito in cui la pratichiamo,tuttavia, resta quello di non cercare risultati. Lasciamo

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che qualsiasi purificazione possa avvenire, si produca dasé. Noi ci limitiamo a perseverare nella pratica.Perseverando nella pratica, gradualmente impari acogliere l'integrità del tuo corpo nel momento presente.Questo senso di integrità può essere vissuto qualsiasisiano i problemi del tuo corpo. Una o più parti possonoessere malate, o dolenti, o perfino mancanti: ciònonostante, anch'esse puoi abbracciarle in questaesperienza dell'integrità del corpo.

Ogni volta che pratichi l'esplorazione del corpo,perciò, lasci che quel che vuole uscire esca. Non ti sforzidi lasciare andare' le tensioni o il dolore o di purificare ilcorpo. Lasciare andare è in realtà accettare la tuasituazione così com'è. Non è abbandonarti alle tue paure.È viverti come più vasto dei tuoi problemi, più vasto deltuo dolore, del tuo cancro, della tua malattia cardiaca,più vasto del tuo corpo; è identificarti con la totalità deltuo essere, anziché con il corpo, con la malattia o con lapaura. Questa esperienza di una totalità più ampia deituoi problemi viene da sé, con la pratica regolaredell'esplorazione del corpo: la alimenti ogni volta cheespiri da una particolare zona del corpo e lasci andare lesensazioni che hai incontrato per procedere oltre,consapevolmente.

Accettazione

Nella pratica dell'esplorazione del corpo, il punto

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chiave è mantenere la consapevolezza momento permomento, osservando come un testimone distaccato ilrespiro e le sensazioni, una zona del corpo dopo l'altra,dai piedi alla testa. La qualità dell'attenzione e ladisponibilità a essere presente con qualsiasi esperienzasi produca, è molto più importante di ognivisualizzazione di rilascio di tensioni o di purificazione.

Se cerchi di liberarti delle tensioni puoi riuscirci omeno; ma non è pratica della consapevolezza. Ma, seresti presente in ogni momento e, nello stesso tempo,semplicemente lasci che il respiro e l'attenzionepurifichino il corpo, in questo contesto diconsapevolezza e di accettazione, allora stai veramentepraticando la consapevolezza e attingendo al suo poteredi guarigione.

Questa distinzione è importante. Nell'introduzioneall'esplorazione del corpo, il nastro di cui ci serviamonella clinica dice che il modo migliore di praticarla è noncercare di ottenere risultati, ma fare semplicemente lameditazione per se stessa. I nostri pazienti ascoltanoquesto messaggio ogni giorno. Ciascuno di loro ha unproblema grave per cui riceve assistenza medica e percui si è rivolto alla clinica. Eppure gli viene dettoripetutamente che il modo migliore per ottenerequalcosa dalla meditazione è non cercare di ottenerenulla, lasciare andare ogni aspettativa, anche quella chelo ha indotto a ricorrere alla clinica. Questo modo dipresentare il lavoro della meditazione mette i nostripazienti in una situazione paradossale: sono venuti per

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ottenere un qualche risultato positivo e l'indicazione è dinon cercare di ottenere nulla. Li incoraggiamo invece adessere pienamente presenti nella situazione in cui sono,in uno spirito di accettazione, sospendendo ognigiudizio, per tutte le otto settimane del corso. Perchéadottiamo questo approccio? La situazione paradossaleche esso crea, invita a esplorare il non cercare risultaticome modo di essere. E inoltre invita a ripartire da zero,a esplorare un nuovo modo di vedere e di sentire,abbandonando i criteri di successo o insuccesso basati suun modo di vedere abituale. Adottiamo questoapproccio perché lo sforzo per arrivare a una meta, chederiva di solito da un rifiuto della realtà presente, èspesso il tipo di sforzo sbagliato ai fini della crescita, delcambiamento e della guarigione. Il punto di vista dellameditazione è che, solo attraverso l'accettazione dellarealtà delle cose così come sono, per quanto spaventoseo dolorose esse possano essere, cambiamento, crescita eguarigione possono prodursi. Le nuove possibilità sonocontenute all'interno della realtà del momento presente:occorre solo scoprirle e alimentarle perché possanosvilupparsi. Perciò pratichiamo l'esplorazione del corpo,giorno dopo giorno, in ultima analisi né per liberarci diqualcosa, né per purificare il corpo e neppure perrilassarci. Questi possono essere i motivi che ci hannoindotto a praticare, e può darsi che di fatto ci sentiamomeglio e più rilassati per effetto della pratica. Ma perpraticare correttamente, momento per momento, dobbiamoessere disposti a lasciare andare anche questi motivi.

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Allora l'esplorazione del corpo diventasemplicemente un modo per stare con noi stessi e con ilnostro corpo, per vivere l'integrità del nostro essere nelmomento presente.

Esercizio1. Sdraiati sulla schiena in un posto comodo, su unmaterassino, sul pavimento o sul tuo letto (maricorda che nella meditazione lo scopo è esseretotalmente svegli, non addormentarsi). Indossa abiticomodi e caldi o copriti con una coperta, se lastanza è fredda.2. Lascia che i tuoi occhi si chiudano.3. Senti la tua pancia sollevarsi e abbassarsi conogni respiro.4. Prenditi qualche istante per sentire il tuo corponel suo insieme, dalla testa ai piedi, l'involucrodella tua pelle, le sensazioni tattili nei punti in cuiil tuo corpo tocca il pavimento o il materasso.5. Porta l'attenzione alle dita del piede sinistro.Nello stesso tempo prova a dirigere o canalizzare ilrespiro nelle dita del piede, come se entrasse euscisse attraverso le dita del piede. Può darsi che tici voglia un po' di pratica per cogliere questasensazione. Puoi aiutarti immaginando che ilrespiro entri dalle narici e scenda lungo il tronco ela gamba sinistra, fino alle dita del piede, e poirisalga per la stessa via, uscendo dalle narici.6. Abbandonati a qualsiasi sensazione provenga

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dalle dita del piede sinistro. Prova a distinguere levarie sensazioni e a osservarne i mutamenti. Se almomento non senti niente, anche questo va bene:lasciati sentire questo 'non sentire niente'.7. Quando sei pronto a lasciare le dita del piede,inspira più profondamente e più consapevolmenteattraverso le dita del piede, e con l'espirazionelascia che esse si dissolvano nella tua visioneinterna. Resta per un po' con il respiro, inspirandoed espirando. Poi passa alla pianta del piede e,sequenzialmente, al calcagno, alla parte superioredel piede e alla caviglia, sempre inspirando edespirando attraverso ciascuna parte, osservando lesensazioni che si presentano, poi lasciandoleandare e passando oltre.8. Come negli esercizi di consapevolezza delrespiro e nella pratica della meditazione seduta,riporta l'attenzione al respiro e alla parte del corpoche stai esplorando ogni volta che noti che la mentesi è distratta.9. In questo modo percorri progressivamente lagamba sinistra e tutto il resto del tuo corpo, comedescritto nel testo di questo capitolo, sempremantenendo l'attenzione concentrata sul respiro esulle sensazioni presenti nelle varie parti del corpo,respirandoci dentro e poi lasciandole andare. Seprovi dolore, puoi sperimentare i suggerimenticontenuti nel paragrafo Difficoltà di questo capitoloe nel capitolo 'Lavorare con il dolore fisico'.

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10. Pratica l'esplorazione del corpo, lentamente,almeno una volta al giorno. Questa tecnica è laprima meditazione strutturata che i nostri pazientipraticano in maniera intensiva all'inizio del corso,quarantacinque minuti al giorno, sei giorni allasettimana, per almeno due settimane.11. Se tendi ad addormentarti, prova a praticare congli occhi aperti.

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Lo yoga come meditazione

Tornare a casa

Probabilmente ti sei resa conto, a questo punto, cheintrodurre la consapevolezza in qualsiasi attività,trasforma quest'ultima in meditazione. Illuminata dallaconsapevolezza, qualsiasi attività diventa un'occasioneper espandere la tua visione della realtà e la tuaconoscenza di te stessa. In questo senso, la pratica dellameditazione è soprattutto ricordare, ricordarti di esserecompletamente sveglia, anziché immersa nel sonnodell'automatismo e nelle nebbie della mente. Mi piace laparola 'ricordare' in questo contesto, perché suggeriscequalcosa che il cuore già conosce e va solo riconosciuta.Io credo che una delle ragioni per cui i nostri pazienti siappassionano tanto rapidamente alla meditazione, è cheessa li induce a ricordare qualcosa che già sanno, ma inqualche modo non sanno di sapere o non sono in gradodi contattare, e cioè il fatto di essere già interi. È facileritrovare la nostra integrità perché non abbiamo bisognodi andare a cercarla lontano. Di fatto è sempre presentein noi, magari solo come una vaga sensazione o unricordo dell'infanzia. Ci è profondamente familiare: è unricordo che si riconosce immediatamente, come tornare acasa dopo una lunga assenza. Essere perduti nel mondodel fare e sconnessi dal nostro essere è come essere

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lontani da casa. Quando ci ricolleghiamo con il nostroessere, anche per pochi istanti, lo sentiamoimmediatamente: è come tornare a casa. Un aspettoimportante di questo ritorno a noi stessi, è sentirci a casanel nostro corpo. Essere presenti nel nostro corpo è ilprimo passo per prendercene cura, sia che siamo malatioppure sani. Ci sono molti modi per coltivare questapresenza nel corpo. Osservare il respiro e praticarel'esplorazione del corpo sono due metodi efficaci cheabbiamo già incontrato. Un altro metodo meraviglioso,sia per la sua potenza nel trasformare il corpo sia per ilsenso di benessere che ci dà, è lo hatha yoga.

Hatha yoga come meditazione

La pratica consapevole dello yoga è la terzameditazione strutturata fondamentale di cui ci serviamonella clinica, assieme alla meditazione seduta eall'esplorazione del corpo. Essa consiste in una serie didelicati stiramenti dei muscoli e delle giunture, eseguitilentamente e con una continua attenzione al respiro e allesensazioni. Questi movimenti portano il corpo adassumere varie posizioni, che vengono mantenute per uncerto tempo.

Molti dei nostri pazienti preferiscono lo yoga sia allameditazione seduta sia all'esplorazione del corpo. La suaattrazione deriva in parte dal rilassamento, dalla forza edalla flessibilità del corpo che risultano dalla sua pratica

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regolare. Ma un pregio non trascurabile è anche il fattoche, dopo alcune settimane di pratica della meditazioneseduta e dell'esplorazione del corpo in quasi totaleimmobilità, lo yoga rappresenta una forma dimeditazione in movimento! La pratica consapevole delloyoga non produce solo rilassamento, forza e flessibilità.Essa è anche un ulteriore metodo per conoscerti piùprofondamente e per vivere l'integrità del tuo essere,qualsiasi siano le tue condizioni di salute. Lo yoga sipresenta all'apparenza come una forma di ginnastica eapporta tutti i benefici della ginnastica, ma è molto piùche ginnastica: praticato consapevolmente è meditazione,esattamente come le altre tecniche che abbiamoincontrato. Nella pratica consapevole dello yoga,assumiamo lo stesso atteggiamento assunto nellameditazione seduta e nell'esplorazione del corpo: lofacciamo senza forzare e senza proporci alcuna meta. Ciesercitiamo ad accettare il nostro corpo così com'è nelpresente, momento per momento.

Nello stiramento dei muscoli e nella ricerca diequilibrio impariamo ad avvicinarci ai nostri limiti senzamai attraversarli, con una consapevolezza costante.Pratichiamo la pazienza con noi stessi. Portiamo ciascunmovimento fino al nostro limite, respirando nellaposizione e soffermandoci in quella delicata e creativaregione di confine che sfida il corpo a esplorare nuovepossibilità senza violarne i limiti.

Questo è molto diverso da quel che si fa nella maggiorparte dei corsi di ginnastica o di aerobica, e anche in

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molti corsi di yoga. In questi ambiti, solitamente si tendea sottolineare il progresso, il risultato, senza prestareparticolare attenzione alla dimensione del vivere ilmomento presente e alla consapevolezza dellesensazioni. L'esercizio fisico orientato verso il corpotende di solito a trascurare la dimensione dell'essere, cheè invece tanto importante nel lavorare con il corpoquanto nel lavorare con la mente.

Anche la fisioterapia, che mira specificamente adaiutare il recupero del corpo dopo operazionichirurgiche o ad alleviare il dolore, spesso ignoral'importanza del respiro e del rilassamento. Non di radoi nostri pazienti (e i loro fisioterapisti) riferisconostraordinari miglioramenti nelle loro sessioni difisioterapia, quando cominciano a trasferire anche in quelcontesto l'attenzione al respiro e l'atteggiamentogenerale, imparati nella pratica consapevole dello yoga.Quando coltiviamo attivamente la dimensionedell'essere nell'esercitare il corpo, quella che viene disolito considerata ginnastica si trasforma in meditazione.In questo modo, fra l'altro, essa diviene fattibile epiacevole anche per persone che non sarebbero in gradodi affrontare lo stesso livello di esercizio in un contestopiù accelerato e più orientato verso i risultati.

Rispettare i propri limiti

Nella clinica, la regola base è che ciascuno deve

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assumersi la responsabilità di fare attenzione aimessaggi del proprio corpo, mentre pratica lo yoga.Questo significa ascoltare attentamente quello che ilcorpo ti dice e rispettarlo, eccedendo se mai in prudenza.

Nessuno può assumersi questa responsabilità al postotuo. Se vuoi crescere e guarire, devi prenderti laresponsabilità di ascoltare il tuo corpo da te. Il corpo diciascuno è diverso: perciò ciascuno deve imparare aconoscere i propri limiti. E il solo modo di imparare aconoscerli è esplorarli delicatamente e consapevolmenteper un periodo di tempo prolungato.

Facendo questo scopri che, qualsiasi siano le tuecondizioni fisiche, quando lavori con perseveranza econsapevolezza in prossimità dei tuoi limiti, queglistessi limiti tendono a espandersi. Per esempio, il puntofino a cui puoi portare una certa posizione o il tempo percui sei in grado di mantenerla non sono dati fissi eimmutabili. Perciò, anche le tue opinioni su quello chepuoi o non puoi fare non devono essere rigide: il tuocorpo, se lo ascolti attentamente, ti può rivelare unarealtà in continuo mutamento.

Questa osservazione non è certo nuova: gli atleti se neservono continuamente per migliorare le loroprestazioni. Esplorano continuamente i propri limiti. Lasola differenza è che loro lo fanno per raggiungere certiobbiettivi; mentre noi lo facciamo per conoscerci meglio,esattamente così come siamo. Incidentalmente, anche noiscopriremo che i nostri limiti si espandono; ma questoverrà da sé, noi non ce ne preoccupiamo né ce lo

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prefiggiamo come fine della pratica.

Uso e disuso del corpo

Una ragione per cui è particolarmente importante, perle persone con problemi fisici, imparare ad avvicinarsi aipropri limiti nell'esercizio del corpo, è il fatto che,quando una parte del corpo è lesa o sofferente, tendiamoa ritirarci da quella parte del corpo e a non usarla affatto.Questo è a breve termine un meccanismo di protezionedel tutto sensato: il corpo ha bisogno di periodi diconvalescenza e di riposo.

Ma il meccanismo di protezione a breve termine,spesso si trasforma in uno stile di vita a lungo termine.Col tempo, un'immagine limitante del nostro corpo siinsedia nella nostra visione di noi stessi e, se non ce nerendiamo conto, possiamo pian piano identificarci conessa. Invece di scoprire quali sono i nostri limiti peresperienza diretta, li assumiamo come dati, in base a ciòche crediamo essere la realtà o in base a cose che ci sonostate dette da medici o da familiari preoccupati.Inconsapevolmente, costruiamo un muro che ci separadalle nostre possibilità di vita e di benessere.

Questo spirito può indurci a considerarci vecchi,malati o invalidi, a lasciarci andare all'inerzia e atrascurare il nostro corpo completamente. Magaripossiamo arrivare a passare la giornata a letto o aconvincerci che non siamo in grado di uscire di casa e

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prenderci cura delle nostre faccende quotidiane. Pianpiano, intorno a questa immagine di noi stessi sisviluppa tutto un comportamento malato. La nostra vitapsicologica viene ad essere sempre più centrata sullamalattia o invalidità, mentre tutto il resto vieneaccantonato e va inesorabilmente atrofizzandosi insiemeal nostro corpo. Perché, anche quando il corpo èfondamentalmente sano, se non viene mantenuto inattività esso perde gradualmente alcune delle suecapacità.

Il corpo è una realtà costantemente mutevole, cherisponde alle richieste che gli facciamo. Se non gli vienemai chiesto di chinarsi o di accovacciarsi o di torcersi, lasua capacità di compiere questi movimenti decresce conil tempo. Tecnicamente questo declino viene detto'atrofia da disuso'.

Quando stiamo a letto per un periodo prolungato, peresempio durante la convalescenza dopo un'operazionechirurgica, il corpo perde buona parte della sua massamuscolare, specialmente nelle gambe. Le cosce siassottigliano giorno per giorno. Se non viene usato, iltessuto muscolare si atrofizza: si decompone e vieneriassorbito dal corpo. Quando ci alziamo e ricominciamoa muoverci, pian piano si ricostruisce.

Un quarto di secolo fa, il trattamento standard per iconvalescenti da un attacco cardiaco era un periodoprolungato di riposo a letto. Oggi i medici suggerisconodi alzarsi, camminare e fare esercizio fisico pochi giornidopo un attacco cardiaco, perché si sono resi conto che

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l'inattività aggrava i problemi del convalescente.Naturalmente il livello di esercizio dev'esserecommisurato alle condizioni fisiche del paziente, inmodo da non superare mai quelli che sono al momento isuoi limiti, bensì produrre un 'effetto di allenamento' peril cuore. L'esercizio diviene più vigoroso man mano cheil cuore si rafforza.

Benefici delio yoga

Lo yoga è una splendida forma di esercizio fisico pervarie ragioni. Una è che è molto delicato. È benefico inogni condizione fisica e, praticato regolarmente,combatte il processo di atrofia da disuso. Si può fareyoga anche a letto o su una sedia a rotelle. Lo si può farein piedi, sdraiati o seduti. Di fatto lo yoga si può fare inqualsiasi posizione: qualsiasi posizione può servire dapunto di partenza per la pratica. I soli requisiti sono chela persona respiri e che sia in grado di compiere qualchemovimento volontario.

Un'altra ragione è che accresce la forza e la flessibilitàdi tutto il corpo. È come il nuoto, nel senso che coinvolgeogni parte del corpo. Eseguito vigorosamente, rafforzaanche il sistema cardiovascolare. Ma il modo in cui lopratichiamo nella clinica non è come eserciziocardiovascolare: i pazienti che hanno bisogno diesercizio vigoroso associano alla pratica dello yoga ilnuoto, la corsa, il ciclismo o altre simili attività

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energiche.Ma la cosa più straordinaria dello yoga è quanta

energia esso genera. Se ti senti esausta, fai un po' di yogae ti sentirai completamente rigenerata in pochi minuti.Quei pazienti che durante le prime due settimane delcorso trovano difficile rilassarsi nell'esplorazione delcorpo scoprono in genere con entusiasmo, durante laterza settimana, di riuscire facilmente a rilassarsi nelloyoga. Di fatto è quasi impossibile non rilassarsi, a menodi non soffrire di dolori cronici intensi.

Io faccio yoga quasi ogni giorno da vent'anni. Mi alzopresto la mattina, mi spruzzo sulla faccia un po' di acquafredda per svegliarmi completamente e faccio qualcheesercizio di yoga, in uno spirito di attenzione e diconsapevolezza. Alcune volte ho la sensazione che il miocorpo letteralmente si rimetta in sesto. Altre volte non ècosì. Ma sempre mi sento più in contatto con il mio corpoper tutta la giornata, avendo dedicato un po' di tempo lamattina a esercitarlo, a nutrirlo, ad ascoltarlo, a esserepresente in esso.

A volte lo faccio per un quarto d'ora, solo qualcheposizione base per le gambe, la schiena e le spalle. Altrevolte per mezz'ora o per un'ora. Le mie lezioni di yoga disolito durano due ore, perché voglio che la gente abbiatutto il tempo per godere dell'esperienza di centrarsi nelcorpo e di esplorare i propri limiti nelle varie posizioni.Ma anche solo cinque o dieci minuti al giorno, comepratica abituale, sono preziosi.

Tuttavia, se vuoi seguire il programma di

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addestramento alla consapevolezza, di otto settimane,che ti proponiamo nel capitolo 'Come cominciare', tisuggeriamo di dedicare allo yoga quarantacinque minutial giorno, a giorni alterni, a partire dalla terza settimana,alternandolo con l'esplorazione del corpo.

Pratica

La parola yoga deriva da una radice sanscrita chesignifica 'unire'. Yoga è unire la mente e il corpo; opiuttosto penetrare nell'esperienza della loro essenziale,originaria unità. Se vuoi, puoi anche pensarlo comeesperienza dell'unità o connessione del tuo essereindividuale con la totalità dell'esistenza. La parola haanche altri significati più tecnici, che non ci interessano inquesto contesto, ma il senso fondamentale è sempre lostesso: realizzare un'unione, una connessione, ritrovarel'integrità per mezzo di una pratica disciplinata. Ilproblema, per quanto riguarda lo yoga, è che parlarnenon equivale alla pratica reale, e che anche le istruzioni ele illustrazioni di un libro possono solo in misuralimitata sostituire l'insegnamento diretto. Un supportoalla pratica di cui i nostri pazienti si servono sono i nastriregistrati, che li guidano attraverso le varie sequenze diposizioni, liberandoli dalla necessità di impararle amemoria o di consultare continuamente il libro.

In ogni caso, la tua comprensione dello yoga sisvilupperà principalmente attraverso la tua esperienza

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personale, facendolo. Le spiegazioni e illustrazionicontenute in questo capitolo possono aiutarti a risolverequalche dubbio e incertezza. Inizialmente puoi seguirel'ordine suggerito dalle Figure 3 e 4. Una volta che tisarai familiarizzata con la pratica, potrai anche crearti letue proprie sequenze di posizioni.

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Posizione del corpo ed esperienza interna

Abbiamo già notato l'importanza della posizione nellameditazione seduta. Atteggiare il corpo in un certo modopiuttosto che in un altro, ha un effetto importante sul tuostato mentale ed emotivo. La consapevolezza di questolinguaggio del corpo ti permette di influire sulle tueesperienze interne semplicemente cambiando posizione.

Questo è importante nella pratica dello yoga. Ognivolta che assumi una nuova posizione, assumi un nuovoorientamento fisico e quindi anche una diversaprospettiva interna. Perciò, puoi pensare le varieposizioni come altrettante occasioni per praticare laconsapevolezza dei tuoi pensieri, umori e sentimenti,oltre che del respiro e delle sensazioni fisiche, associati aqueste diverse configurazioni del tuo corpo.

Per esempio, raccogliersi in posizione fetalecapovolta, appoggiando a terra le spalle e la parteposteriore del collo (posizione 21 di Figura 3), spessoinduce un radicale cambiamento di prospettiva sullecose e di umore. Anche piccoli particolari, come laposizione in cui tieni le mani stando seduta (con lepalme rivolte verso l'alto o verso il basso, appoggiate ingrembo oppure no, con i pollici che si toccano o meno),influiscono su come ti senti in una particolare posizione.Tutte queste cose sono un terreno di osservazioneprezioso per sviluppare la consapevolezza deimovimenti di energia nel tuo corpo. Durante la praticadello yoga, osserva i vari modi, alcuni dei quali molto

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sottili, in cui le tue sensazioni, i tuoi pensieri e tutto iltuo senso di identità cambiano, adottando diverseposizioni e mantenendole per un certo tempo. Fatto inquesto modo, lo yoga può arricchire la tua esperienzaenormemente e i suoi benefici possono estendersi moltoal di là della maggiore flessibilità del corpo e delrafforzamento dei muscoli.

Come cominciare1. Sdraiati sulla schiena, su una stuoia o su unmaterassino. Se non puoi stare sdraiata sullaschiena, scegli una posizione che ti permetta dirilassarti.2. Porta l'attenzione al movimento del respiro esenti la tua pancia alzarsi e abbassarsi con ciascunainspirazione ed espirazione.3. Prenditi un po' di tempo per sentire il tuo corponel suo insieme, dalla testa ai piedi. Sentil'involucro della pelle che lo avvolge e senti lesensazioni tattili nei punti dove il corpo poggia sulmaterassino.4. Come nella meditazione seduta enell'esplorazione del corpo, mantieni l'attenzionenel presente. Qualora se ne allontanasse, nota cosal'ha distratta, poi riconducila al momento presente ealla consapevolezza del corpo.5. Assumi lentamente e con delicatezza le varieposizioni illustrate nelle Figure 3 e 4, o avvicinatipiù che puoi ad esse. Cerca di mantenerle per un

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certo tempo, restando consapevole del respiro nellapancia. Quando una posizione è asimmetrica e lafigura ne mostra soltanto la variante destra osinistra, eseguila da entrambi i lati, come indicato.6. Mentre sei in una data posizione, fai attenzionealle sensazioni che provi nelle varie parti del corpo.Se vuoi, fai entrare e uscire il respiro attraverso laparte del corpo dove senti che lo stiramento ha lamassima intensità. L'idea è quella di rilassarti piùche puoi in ciascuna posizione e di entrare nellesensazioni con l'aiuto del respiro.7. Tralascia ogni posizione che potrebbe aggravareun tuo problema o disturbo. Se hai problemi al collo oalla schiena, consulta il tuo medico o fisioterapista prima dipraticare quelle posizioni che comportano uno stiramentodel collo o della schiena. Questo è un campo in cui deviusare il buon senso e assumerti la responsabilità del tuocorpo.Molti pazienti della clinica, con problemi al collo oalla schiena, riescono a fare almeno alcuni degliesercizi, ma li fanno con molta prudenza, senzaforzare in alcun modo. Pur essendo delicati, questiesercizi sono più potenti di quel che potrebbesembrare e possono provocare danni anche gravi senon vengono eseguiti lentamente, consapevolmentee con progressione graduale nel tempo.8. Non entrare in competizione con te stessa. Se tiaccorgi che lo stai facendo, notalo e lascialo andare.Lo spirito dello yoga è uno spirito di

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autoaccettazione, è esplorare i tuoi limitidelicatamente, amorevolmente, nel rispetto del tuocorpo. Non è cercare di superare i tuoi limiti peravere una figura più snella al mare l'estateprossima o per essere più atletica. Questosuccederà naturalmente, se pratichi con costanza;ma se tendi a forzare i tuoi limiti, anziché rilassartiin essi, rischi solo di farti del male. Perciò staimolto attenta e, se vuoi eccedere in qualcosa, eccediin prudenza.9. Benché non si veda nelle Figure 3 e 4 (per ragionidi spazio), fra una posizione e l'altra vi è sempre unafase di riposo. A seconda della posizione che precedee di quella che segue, puoi rilassarti stando sdraiatasulla schiena o in altra posizione comoda. Durantequesta fase, resta consapevole del respiro,momento per momento; senti la pancia sollevarsi eabbassarsi. Se sei sdraiata, senti i tuoi muscolirilassarsi, e con ogni espirazione lasciatisprofondare un po' di più nella stuoia o nelmaterassino. Lasciati andare sempre piùprofondamente, abbandonati all'onda del respiro.Durante la sequenza da eseguire in piedi, fra unaposizione e l'altra puoi rilassarti stando in piedi:senti il contatto dei piedi con il pavimento e lasciache le spalle scendano un po' di più con ogniespirazione. In entrambi i casi, mentre i tuoimuscoli si rilassano, lascia andare anche ognipensiero che si presenti alla mente e continua a

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lasciarti trasportare dalle onde del respiro.10. Due regole generali possono aiutarti nellapratica.La prima è quella di espirare con ogni movimentoche contrae l'addome e la parte frontale del corpo, ed i inspirare con ogni movimento che espandel'addome e la parte frontale del corpo. Per esempio,espiri mentre sollevi una gamba stando sdraiatasulla schiena (posizione 14 di Figura 3); ma inspirimentre sollevi una gamba stando sdraiata sullapancia (posizione 19 di Figura 3). Questo vale per ilmovimento in se stesso: mentre mantieni laposizione con la gamba sollevata, lasci che ilrespiro segua il suo corso naturale.11. La seconda regola generale è quella di restare inciascuna posizione abbastanza a lungo da rilassartiin essa. Se ti trovi a lottare con la posizione,abbandonati al respiro. Appena entrata in unaposizione, probabilmente noterai che irrigidisciinconsciamente varie parti del corpo. Dopo un po' iltuo corpo si accorge di queste tensioni nonnecessarie e le rilassa, entrando più profondamentenella posizione.Con ogni inspirazione, lascia che la posizione siespanda un po'; e con ogni espirazione, lasciatisprofondare un po' di più, esplora i tuoi limiti conl'aiuto della forza di gravità. Cerca di non contrarremuscoli che non hanno bisogno di essere coinvoltinel movimento. Per esempio, rilassa i muscoli del

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viso, se ti accorgi che sono tesi.12. Resta sempre entro i limiti del tuo corpo.Esplora la zona di confine fra il territorio in cui iltuo corpo si trova del tutto a suo agio e quello doveinvece ti dice: 'Per ora fermati qui'. Non spingertimai fino al punto in cui provi dolore. Un certosforzo è inevitabile, se vuoi lavorare in prossimitàdei tuoi limiti. Ma impara a riconoscere il limite danon superare e a entrare nello sforzo lentamente econsapevolmente, in modo che questa esplorazionenutra il tuo corpo, anziché danneggiarlo.

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Meditare camminando

Camminare consapevolmente

Un modo semplice per introdurre la consapevolezzanella vita di ogni giorno, è praticare la meditazione delcamminare. Come probabilmente ti immagini, questosignifica portare l'attenzione all'esperienza di camminarenel momento in cui stai camminando. Significasemplicemente camminare consapevolmente. Una dellecose che si scoprono meditando, è che niente è semplicecome sembra e questo vale anche per il camminare. Lacomplicazione principale è che ci portiamo dietro lamente, camminando come facendo qualsiasi altra cosa.Raramente cammini semplicemente, anche quando vai'solo a fare due passi'. Di solito vuoi arrivare da qualcheparte e la mente è assorbita dal pensiero di dove staiandando e di cosa farai lì, e tende a servirsi del corpocome chauffeur (guidatore) che la porti a destinazione. Sela mente ha fretta, il corpo si affretta. Se la mente vienedistratta da qualcosa per via, il corpo si ferma e la testa sivolta. Nel frattempo, ogni sorta di pensieri ti passano perla testa (come del resto accade anche durante lameditazione seduta). E tutto questo succedeautomaticamente, senza la minima consapevolezza daparte tua. La meditazione del camminare richiedeun'attenzione cosciente all'esperienza del camminare in

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se stessa. Vuol dire sentire il contatto dei tuoi piedi conil terreno, le tue gambe che si muovono oppure tutto iltuo corpo che cammina. Puoi anche includere, insieme atutte queste sensazioni, la consapevolezza del respiro.Puoi cominciare cercando di essere pienamenteconsapevole di un piede che si solleva da terra, avanza,scende a toccare terra, poi del peso che si sposta su diesso, dell'altro piede che si solleva a sua volta e così via.Come in ciascuno degli altri metodi che abbiamo visto,se l'attenzione si allontana dai piedi (o dalle gambe odalla sensazione complessiva del corpo che cammina),semplicemente, appena te ne accorgi, ve la riporti.

Per approfondire la concentrazione, durante questapratica non ti guardi intorno, bensì mantieni lo sguardorivolto verso terra davanti a te. Non ti guardi neppure ipiedi: sanno benissimo camminare da soli.L'osservazione che coltivi è un'osservazione puramenteinterna, consapevolezza delle sensazioni del camminare.

Il miracolo di camminare

Di solito tendiamo a dare per scontata una capacitàelementare come quella di camminare. Ma, quandocominci a osservarla coscientemente, ti rendi conto che èuno stupefacente esercizio di equilibrio. Da bambino haiimpiegato circa un anno per imparare questostraordinario 'numero' di equilibrismo. Tutti sappiamocamminare; ma a volte, quando ci sentiamo osservati (e

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magari anche quando ci osserviamo noi stessi!), ci puòcapitare di sentirci goffi e impacciati, anche fino al puntodi perdere l'equilibrio. Quando esaminiamo la questionenei dettagli, ci rendiamo conto che non sappiamoveramente che cosa facciamo quando camminiamo:neppure il camminare è una cosa tanto semplice. Inospedale, ogni giorno siamo in contatto con persone chehanno perso questa funzione fondamentale, per via diuna lesione o di una malattia. Alcuni di loro noncammineranno mai più. Per queste persone, lapossibilità di fare anche solo un passo senza esseresorretti è un miracolo. Raramente ci fermiamo adapprezzare il miracolo di camminare.

La pratica

Praticando la meditazione del camminare, non ciproponiamo di andare da nessuna parte. Ci basta esserepresenti in ogni passo, consapevoli di essere lì dovesiamo. Per rafforzare questo spirito, camminiamo intondo oppure avanti e indietro nella stanza.

Questo aiuta la mente a mettersi in pace, perchéletteralmente non ha nessuna meta a cui arrivare e nientedi interessante che possa tenerla occupata: dopo un po',la mente si rende conto che non c'è niente verso cui possaaffrettarsi e che tanto vale stare con le sensazioni delmomento presente. Questo non vuol dire che sia facileconservare questa presenza in ciascun passo, senza uno

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sforzo cosciente da parte tua. La mente ha un vastorepertorio di diversivi. Può mettersi a giudicarel'esercizio, trovandolo idiota e inutile. O può distrarsigiocando con il ritmo del movimento e con l'equilibriodel corpo. Oppure può mettersi a guardare intorno epensare ad altro. Se la tua consapevolezza è forte, ti rendiconto di queste distrazioni e riporti l'attenzione allesensazioni del camminare.

All'inizio conviene concentrare l'attenzioneesclusivamente sul movimento dei piedi e delle gambe.Dopo un certo tempo, quando la tua concentrazione si èrafforzata, puoi includere la sensazione complessiva delcorpo in movimento. Puoi meditare camminando aqualsiasi velocità. A volte camminiamo moltolentamente, tanto lentamente che un passo puòrichiedere un intero minuto. Questo ci consente dipercepire ogni fase del movimento, attimo per attimo.Altre volte camminiamo con un ritmo più naturale.

Durante la giornata di meditazione, descritta nelprossimo capitolo, proviamo anche a meditarecamminando molto velocemente. L'idea di questaparticolare meditazione è restare consapevoli anchedurante il movimento rapido. Non è facile, in questocaso, mantenere la consapevolezza di ogni fase delmovimento e di ogni passo; ma puoi ugualmentepraticare la consapevolezza spostando l'attenzione sullasensazione complessiva del corpo in movimento nellospazio. Applicando questa tecnica nella vita di ognigiorno, anche quando stai andando in gran fretta da

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qualche parte, puoi restare consapevole, se te ne ricordi.Per praticare sistematicamente la meditazione delcamminare, scegli un posto dove puoi camminarelentamente avanti e indietro indisturbato per almeno,diciamo, dieci minuti. Siccome la gente tende a stupirsidi vedere una persona camminare lentamente avanti eindietro senza scopo apparente, è consigliabile scegliereun posto dove nessuno ti osserva, per esempio la tuacamera o il soggiorno di casa tua.

Scegli una velocità che ti faciliti l'eserciziodell'attenzione: potrà essere diversa di volta in volta, main generale è bene che sia più lenta della tua camminatanormale. E, per mantenere una forte concentrazione, èuna buona idea mantenere lo stesso oggetto diattenzione per una intera sessione anziché cambiarlocontinuamente. Se decidi di osservare le sensazioni deipiedi che camminano, resta con i piedi, anziché passare aun certo punto alle gambe o al corpo nel suo insieme.

Qualche tempo fa si presentò per iscriversi al corsoper la riduzione dello stress una giovane donna in unostato ansioso così estremo da non riuscire a star ferma unattimo. Durante il colloquio iniziale continuò ad agitarsi,ad alzarsi e sedersi e a tormentare il filo del telefono.

Capimmo subito che per lei praticare la meditazioneseduta o l'esplorazione del corpo, anche per breviperiodi, sarebbe stato impossibile. Ma, malgrado questoestremo nervosismo, intuitivamente sentiva che lameditazione l'avrebbe aiutata, se solo fosse riuscita atrovare il modo per farla.

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Per quella donna la meditazione del camminare ful'ancora di salvezza. La adottò come sostegno per trovareun minimo di stabilità negli incontri più drammatici coni suoi demoni interni, quando si sentiva mancarecompletamente il terreno sotto i piedi.

Gradualmente il suo stato andò migliorando e, nelcorso di qualche anno, cominciò a praticare anche le altretecniche. Ma fu la meditazione del camminare ad aiutarlaquando nessun'altra tecnica era possibile. Camminareconsapevolmente può essere una meditazione tantoprofonda e potente quanto la meditazione seduta,l'esplorazione del corpo o lo yoga.

Meditare camminando nella vita di ogni giorno

Dopo aver praticato la meditazione del camminare inmaniera strutturata per un certo tempo ed essertifamiliarizzato con essa, ti risulterà facile applicare lastessa consapevolezza in molte circostanze della vita diogni giorno. Quando vai a fare la spesa o a fare dellecommissioni, per esempio, è una buona occasione perpraticare la tua consapevolezza del camminare.

Spesso, quando abbiamo delle cose da fare, ciprecipitiamo dall'una all'altra finché non abbiamo finito,e non di rado alla fine ci sentiamo esausti. Ci serviamo dinoi stessi come di una macchina, ripetendomeccanicamente una routine familiare e monotona.

Ma, se togli il 'pilota automatico' e provi a camminare

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consapevolmente mentre vai da un posto all'altro,l'esperienza diviene molto più vivida e più interessante.Alla fine ti sentirai anche più calmo e meno stanco.

Di solito, quando pratico la consapevolezza delcamminare in questo modo, porto l'attenzione allasensazione complessiva del corpo in movimento e alrespiro. Puoi camminare normalmente oppure rallentareleggermente il passo per intensificare l'attenzione.Esteriormente la tua camminata apparirà del tuttonormale, nessuno noterà nulla di particolare; mainteriormente può essere per te un'esperienza moltodiversa.

Molti dei nostri pazienti fanno una camminata ognigiorno per mantenere il corpo in esercizio. Questaroutine diventa per loro molto più piacevole quando viintroducono la consapevolezza del respiro e delmovimento dei piedi e delle gambe, passo per passo.

Ogni volta che cammini è una buona occasione perpraticare la consapevolezza. Ma di quando in quando èutile farlo anche come pratica strutturata, scegliendo unposto isolato e camminando avanti e indietro,consapevole di ogni passo, momento per momento,sensibile al contatto dei tuoi piedi con la terra,totalmente presente esattamente lì dove sei.

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Una giornata di consapevolezza

Un insolito sabato mattina

È una bella mattina di giugno, con il cielo azzurro elimpido, senza una nuvola. La gente comincia adarrivare alle otto e un quarto, portando coperte, cuscini esacchetti del pranzo: sembra più un gruppo dicampeggiatori che di pazienti di una clinica. Nellaspaziosa e accogliente sala riunioni, inondata dal soleche entra dalle grandi finestre, c'è un grande cerchio disedie blu che fa tutto il giro della sala e tanti cuscini dameditazione colorati sul pavimento. Alle nove meno unquarto centoventi persone si sono raccolte nella sala, coni cappotti, le borse e le colazioni al sacco stivati sotto lesedie. Quindici di loro hanno seguito il corso in passatoe sono tornati oggi, o per ripetere l'esperienza della'giornata di consapevolezza' o perché l'avevano persa laprima volta.

Sam, che ha settantaquattro anni, e suo figlio Ken, diquaranta, hanno entrambi partecipato al corso negli anniscorsi. Hanno deciso di venire oggi per 'ricaricare' la loropratica di meditazione e anche perché hanno pensato chesarebbe stato bello passare una giornata a meditareinsieme. Sam è in gran forma. Il sorriso gli va da unorecchio all'altro, mentre mi abbraccia e mi dice quanto ècontento di ritrovarsi qui. Piccolo, magro, ha l'aria

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rilassata e gioviale. È difficile riconoscere in lui l'uomocon i nervi a fior di pelle che si è presentato alla clinicadue anni fa, con il volto teso e un caratteristico nodo allamascella. Il suo problema era una personalità di tipo A,con una grossa carica di rabbia. Per sua stessaammissione, da quando era andato in pensione erainsopportabile in casa e questo aveva causato graviscrezi con la moglie e con i figli. Gli dico come lo trovobene e lui mi dice: «Jon, sono un altro uomo». Kenassente e aggiunge che Sam non è più ostile, irascibile echiuso come un tempo. Adesso va d'accordo con tutta lafamiglia, è allegro e rilassato, perfino socievole.Scherziamo un po' insieme fino all'inizio della sessione,che avviene alle nove in punto.

A parte i 'laureati' degli anni scorsi come Sam e Ken,tutti gli altri sono attualmente alla sesta settimana delcorso. Abbiamo riunito tutte le sezioni del corso questosabato per la giornata di meditazione, che fa parteintegrante del corso e si svolge sempre fra la sesta e lasettima settimana.

Mi guardo intorno e noto la varietà delle persone edelle età. Ci sono diverse teste canute e alcuni giovani diventi o venticinque anni. La maggior parte dei presentiha età compresa fra i trenta e i cinquantanni.

Alcuni di loro sono medici, tutti partecipanti al corso.Uno è un primario di cardiologia che, dopo averindirizzato alla clinica vari suoi pazienti, ha deciso diiscriversi al corso lui stesso. Anziché il solito camicebianco con cravatta e stetoscopio, oggi indossa una felpa

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sportiva e pantaloni da ginnastica. È senza scarpe, cometutti noi. I medici in sala oggi sono semplicemente esseriumani come tutti gli altri, anche se l'ospedale è il loroposto di lavoro: oggi sono qui soltanto per se stessi.

C'è anche Norma Rosiello, che ha partecipato al corsonove anni fa e da sei anni lavora come segretaria ereceptionist nel nostro ufficio.

Norma, in un certo senso, è il cuore della clinica: è laprima persona che i pazienti incontrano quando arrivanoed è da lei che spesso ricevono rassicurazione eincoraggiamento. Prima o poi Norma ha parlato con tuttele persone che si trovano qui oggi. Fa il suo lavoro contanta grazia, sicurezza e indipendenza che a volte cidimentichiamo completamente della mole di lavoro chepassa per le sue mani.

Quando arrivò alla clinica nove anni fa, soffriva didolori acuti alla faccia e alla testa che la costringevano aricorrere al pronto soccorso almeno una volta il mese.Lavorava come parrucchiera, ma le giornate di lavoroche perdeva per via dei dolori erano più di quelle cheriusciva a fare, e questa situazione si trascinava per lei daquindici anni, malgrado innumerevoli visitespecialistiche. Nella clinica, in un tempo relativamentebreve, imparò a controllare il dolore con la meditazione,anziché con i ricoveri ospedalieri e con i tranquillanti.Poi cominciò a lavorare con noi come volontaria,venendo di quando in quando a dare una mano. Alla finela convinsi ad accettare l'impiego come nostra segretariae receptionist, malgrado non sapesse scrivere a macchina e

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non avesse mai lavorato in un ufficio. Ero convinto chesarebbe stata la persona ideale per quel compito e che,avendo sperimentato il lavoro della clinica in primapersona, sarebbe riuscita a parlare con i pazienti comenessuna segretaria che lo facesse semplicemente perlavoro avrebbe mai potuto fare. Norma ha imparato abattere a macchina e a svolgere le varie altre mansioniche il lavoro di ufficio richiede. E, quel che è piùnotevole, nel corso di sei anni è stata a casa forse seigiorni in tutto, per i suoi dolori. Guardandola, mistupisco della sua trasformazione in questi anni. Sonocontento di averla qui oggi: ha scelto di dedicare unagiornata del suo tempo libero a meditare con noi.

Alle nove, il mio amico e collega Saki Santorelli dà ilbenvenuto al gruppo e ci invita tutti a 'sedere', cioè acominciare a meditare. Le voci di decine diconversazioni nella stanza, che si sono attutite quandoSaki ha preso la parola, tacciono completamente quandoSaki ci invita a sedere e a portare l'attenzione al respiro.Si 'ode' letteralmente un'onda di silenzio pervadere lastanza, mentre centoventi persone rivolgono insieme laloro attenzione all'interno. È un crescendo di quiete, cheogni volta mi commuove.

Così cominciano sei ore di silenziosa pratica dellaconsapevolezza, in questo bel sabato di primavera. Dopola prima seduta, Saki dice qualche altra parola diintroduzione alle pratiche della giornata. Venendo qui,dice Saki, tutti quanti abbiamo scelto, oggi, disemplificare drasticamente la nostra vita. Invece di fare

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commissioni, pulire la casa, andare fuori città o quel chedi solito facciamo durante il fine settimana, oggiabbiamo scelto di trovarci qui, insieme, unicamente aosservare la nostra esperienza momento per momento,ad approfondire la nostra capacità di concentrarci erilassarci.

Per semplificare ulteriormente le cose, ci sono alcuneregole che Saki ci invita a osservare per tutta la giornata.Una di queste è non parlare, non guardarsi negli occhi enon comunicare in alcun altro modo. Questo ci aiuterà aentrare più profondamente nella pratica e a conservare lanostra energia per la meditazione, anziché disperderla invarie forme di interazione con gli altri, come facciamo disolito.

In sei dense ore di 'non fare' possono emergere moltisentimenti. Per alcuni la giornata è piacevole e rilassantefin dall'inizio. Per altri i momenti di pace e dirilassamento sono intercalati con esperienze menopiacevoli, di dolore fisico, di ansia, di noia, di sensi dicolpa eccetera. Anziché riversare tali sentimenti sullapersona seduta accanto a noi, disturbando la suaconcentrazione e dando energia alle nostre reazioniautomatiche, Saki ci consiglia oggi di osservare qualsiasicosa si presenti, e accettare semplicemente i nostrisentimenti e le nostre esperienze, momento permomento.

Il silenzio e l'isolamento ci aiuteranno a penetrare piùintimamente nei movimenti della nostra mente e delnostro corpo, anche quelli che troviamo spiacevoli.

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Praticheremo il semplice stare con le cose così comesono; come abbiamo fatto, del resto, nelle ultime seisettimane, solo che ora lo facciamo per un'intera giornata,in circostanze che intensificano la pratica e possonomagari anche renderla più stressante.

Saki ci ricorda che abbiamo scelto deliberatamente didedicare la giornata a questo processo. Sarà una giornatadi consapevolezza, una giornata per stare con noi stessiin un modo per cui di solito non riusciamo a trovare iltempo o la voglia. In genere, quando abbiamo del tempolibero tendiamo a riempirlo immediatamente conqualcosa che ci tenga occupati, che ci aiuti a 'passare' iltempo. Oggi non avremo nessuno di questi diversivi,niente che ci intrattenga e ci distragga. La giornata è soloper stare con quello che sentiamo e con il nostro respiro,seduti, camminando e in ciascuna delle praticheattraverso cui gli istruttori ci guideranno.

Perciò, Saki ci consiglia anche di lasciare andare ogniaspettativa che possiamo avere, compresa quella di unagiornata piacevole e rilassante, e dedicare tutta la nostraenergia soltanto a essere presenti, consapevoli, attentialla nostra esperienza, qualsiasi essa sia, momento permomento.

Cronaca di pura presenza

Elena Rosenbaum e Kacey Carmichael, le altre dueistruttrici della clinica, guidano il ritmo della giornata

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assieme a Saki e a me. Dopo l'introduzione di Sakifacciamo un'ora di yoga, lentamente, dolcemente,consapevolmente. Dando le istruzioni per questa partedella giornata, ricordo a tutti quanto sia importanteascoltare attentamente i messaggi del nostro corpo eseguirne le indicazioni.

Alcuni pazienti, particolarmente fra coloro che hannodolori alla schiena o al collo, si limitano a stare seduti aun lato della stanza e guardano o meditano. Altri fannosolo quegli esercizi che sanno di poter affrontare. I malatidi cuore osservano l'andamento delle loro pulsazioni,come hanno imparato a fare nella clinica di riabilitazionecardiaca, e mantengono le posizioni solo fintantoché ilritmo cardiaco resta entro l'intervallo appropriato.Ciascuno fa quel tanto o quel poco con cui si sente a suoagio.

Dopo lo yoga, meditiamo seduti per mezz'ora. Poipratichiamo la consapevolezza del camminare per unadecina di minuti, facendo il giro della stanza. Poi dinuovo venti minuti di meditazione seduta. Tutto questolo facciamo in silenzio, con consapevolezza. Oggil'energia nella stanza è vibrante: la maggior parte deipresenti sono svegli e concentrati, sia durante lameditazione seduta sia nel camminare. Il silenzio èsquisito.

Anche il pranzo avviene in silenzio, in modo dapermetterci di mangiare consapevoli che stiamomangiando, consapevoli di mettere in bocca il cibo, dimasticarlo, di gustarlo, di deglutirlo, consapevoli della

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pausa fra un boccone e l'altro. Durante il pranzo, noto unpaziente che mangia leggendo il giornale. La lettura èuna distrazione Vietata' dalle regole della giornata. Nelproporre quelle regole, la nostra speranza è sempre chetutti ne capiscano il valore, almeno come esperimento, esi assumano la responsabilità di osservarle. Il mio primoimpulso è quello di andare da lui e invitarlo a portarel'esperimento fino in fondo. Ma, chissà? Magari mangiareconsapevolmente è per lui uno sforzo eccessivo, almomento. Forse essere presente qui è tutto quello chepuò chiedere a se stesso in questo momento. Chissàcom'è stata la sua mattinata? Sorrido del mio zelorigorista, lo osservo e lo lascio andare.

Camminata pazza e immobilità della montagna

Il pomeriggio comincia con mezz'ora di passeggiatasilenziosa, durante la quale ciascuno camminaconsapevolmente dove vuole. Poi facciamo lameditazione 'sull'amore e il perdono' (descritta nelcapitolo 'Guarire'). Questa semplice meditazione riempiespesso la stanza di singhiozzi e di lacrime dicommozione, di tristezza e di gioia. Dopo di essa,sediamo in silenzio e poi di nuovo lentamentecamminiamo.

A metà pomeriggio, per tenere su l'energia, facciamola 'camminata pazza'. A quasi tutti piace questocambiamento di ritmo, anche se alcuni devono limitarsi a

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stare seduti e a guardare. La camminata pazza consistenel camminare molto velocemente, cambiando direzioneprima ogni sette passi, poi ogni quattro, poi ogni tre, coni pugni chiusi e la mascella contratta, senza guardarcinegli occhi e, naturalmente, consapevoli di ciò cheavviene istante per istante. Alla fine della camminatapazza, camminiamo all'indietro, lentamente, a occhichiusi, cercando di dirigerci verso il centro della stanza.A un certo punto ci troviamo tutti in una massa compattada qualche parte della stanza e la persona che guida lameditazione ci suggerisce di appoggiare la testa sullaspalla, testa, petto o schiena più vicina, sempre a occhichiusi, il che suscita grandi risate e alleggerisce latensione che si è andata accumulando con l'approfondirsidella concentrazione.

La seduta più lunga del pomeriggio comincia conquella che chiamiamo la 'meditazione della montagna'.

Ci serviamo dell'immagine della montagna perrinfrescare nelle persone lo spirito della meditazioneseduta quando, verso la fine della giornata, la faticacomincia a farsi sentire. Nella meditazione dellamontagna viviamo il nostro corpo, seduto inmeditazione, come una montagna imponente,solidamente unita alla terra, immobile. Le nostre bracciasono i pendii della montagna; la nostra testa è la cimanevosa, che svetta sopra le nuvole; il nostro corpo è lamaestosa massa della montagna.

Sediamo in silenzio, semplicemente presenti, come lamontagna 'sta seduta', imperturbata dal passaggio dal

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giorno alla notte e dalla notte al giorno, imperturbata dalmutare delle condizioni atmosferiche e delle stagioni. Lamontagna è sempre silenziosa, sempre radicata per terra,sempre bella nel suo essere così com'è, quando è copertadi neve e quando verdeggia di boschi, quando svetta nelcielo limpido e quando è avvolta dalle nuvole.

Questa immagine ci restituisce la nostra forza e lanostra determinazione, mentre il sole comincia a svanirenella stanza. Ci ricorda che possiamo vivere i processiche avvengono nella nostra mente e nel nostro corpocome 'condizioni atmosferiche interne'; e ci aiuta arimanere in pace e saldi come montagne durante letempeste della mente e del corpo.

Così la giornata passa, momento per momento,respiro per respiro. Molti stamattina non si ritenevanocapaci di reggere un'intera giornata di attenzioneunicamente in compagnia di se stessi. Ma sono già le tredel pomeriggio e tutti sono ancora qui, più che maiassorbiti dalla quiete che regna nella stanza.

Condivisione di esperienze

A questo punto sospendiamo la regola del silenzio e ildivieto di comunicazione per condividere le esperienzedella giornata. Seduti in cerchio, cominciamo a faredomande e a scambiarci quello che abbiamo visto eimparato. La pace è tanto grande, che questaconversazione fra centoventi persone diventa subito

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molto intima. È come se condividessimo un'unica grandemente fra tutti noi e semplicemente ce ne riflettessimovari aspetti, gli uni agli altri. Una donna dice che durantela meditazione del perdono è riuscita a provare un po' diamore per se stessa, e che è riuscita a perdonare un po' ilmarito per i molti anni di maltrattamenti e violenze chel'hanno quasi uccisa. Si è sentita molto bene nelperdonarlo, anche solo per quel poco che le è statopossibile; nel perdonare lui qualcosa è guarito dentro dilei.

Si è resa conto di non essere costretta a portarsiaddosso la propria rabbia per sempre, come un immensopeso. Sente che ora può riprendere a vivere e lasciarsitutto questo dietro le spalle.

Un'altra donna dice che per lei, in questo momento,perdonare non è la cosa più sana. Ha fatto la parte dellavittima per tutta la vita, perdonando tutti e mettendosempre i bisogni degli altri davanti ai suoi.

Oggi si è resa conto di aver bisogno di vivere lapropria rabbia. Per la prima volta l'ha toccata e si èaccorta di averla sempre rifiutata in passato. Sente checiò di cui ha bisogno al momento, è diventare piùconsapevole del suo sentimento dominante e onorarlo.«Il perdono,» dice, «può aspettare». La discussione duraun'ora, intervallata da lunghe pause di silenzio, come sefossimo entrati tutti insieme in uno spazio che non habisogno di parole. Abbiamo la sensazione che il silenziocomunichi qualcosa di più profondo di quanto riusciamoa esprimere a parole. Ci congiunge e ci fa sentire in pace,

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a nostro agio.Così la giornata volge al termine. Sediamo in

meditazione per un quarto d'ora e poi ci salutiamo. Samha ancora un largo sorriso stampato sul viso. È evidenteche ha avuto una buona giornata. Ci abbracciamo ancorauna volta e ci ripromettiamo di tenerci in contatto. Alcunisi fermano ad aiutarci ad arrotolare le stuoie ed ametterle via.

Durante la settimana seguente, nelle lezioni normalidel corso, dedichiamo un po' di tempo a parlare delleesperienze della giornata di meditazione. In una diqueste sessioni di condivisione di esperienze, Bernicedice di essersi sentita così nervosa prima di venire, che lanotte di venerdì non aveva praticamente dormito. Allecinque del mattino di sabato, in un ultimo disperatotentativo di rilassarsi, aveva fatto per la prima voltal'esplorazione del corpo senza la guida del nastro. Consuo stupore, la cosa aveva funzionato. Ma si era alzataancora annebbiata per la notte insonne e aveva deciso dinon essere in grado di passare la giornata seduta assiemea tante persone in silenzio. Inspiegabilmente, a un certopunto aveva cambiato idea e si era trovata in macchina,in viaggio verso l'ospedale. Durante tutto il percorsoaveva ascoltato continuamente il nastro dell'esplorazionedel corpo, perché il suono della mia voce la rassicurava.Bernice racconta questo con aria colpevole e poi scoppiaa ridere, insieme a tutti gli altri, perché tutti sanno chenon devono usare i nastri per la meditazione mentreguidano.

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Durante la mattinata, continua Bernice, c'erano stati tremomenti in cui era quasi fuggita dalla stanza in preda alpanico. Ma non lo aveva fatto. Invece aveva ricordato ase stessa che era libera di andarsene quando voleva, chenessuno la teneva prigioniera.

Rinquadrare la situazione in questo modo era bastatoa permetterle di restare con la propria ansia, respirandocidentro ogni volta che si presentava. E nel pomeriggio,con suo grande stupore, il senso di panico erascomparso. Anzi, si era sentita insolitamente in pace.Aveva scoperto, per la prima volta in vita sua, chepoteva 'restare presente' con i suoi sentimenti eosservarli, senza farsi prendere dal panico.

Non solo aveva scoperto che anche i sentimenti piùspiacevoli dopo un certo tempo passano, ma avevatrovato una nuova fiducia nella propria capacità difronteggiarli. Malgrado la notte insonne, malgrado tuttele circostanze 'facessero presagire il peggio', la giornatanon era stata poi così malvagia. Nel pomeriggio avevaperfino vissuto lunghi periodi di pace e di rilassamento.Bernice è entusiasta di questa scoperta. Sente che puòesserle particolarmente utile in quanto soffre del morbodi Crohn, una malattia cronica infiammatoriadell'intestino che le provoca intensi dolori addominaliquando è tesa e sotto stress. Il racconto di un episodio dipanico in una galleria, vissuto durante l'infanzia da unaltro partecipante al corso, trova una speciale risonanzain Bernice, che ci confessa di non essere mai andataall'aeroporto di Boston perché non si sente in grado di

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attraversare il Callahan Tunnel. Prima della fine dellalezione, però, aggiunge che l'attraversamento di unagalleria probabilmente non è un'esperienza più difficiledi quella di sopravvivere alla giornata di meditazione. E,visto che la seconda cosa è riuscita a farla, non c'è ragioneper cui non debba essere in grado di fare anche la prima.

Ora pensa di farla, un po' come una prova, un rito dipassaggio per verificare la propria crescita nel processodella consapevolezza.

Fran descrive la sua esperienza della giornata disabato, come una «curiosa» sensazione di essere «solida»e «libera». Dice che anche il semplice stare sdraiata sulprato dopo pranzo è stato un'esperienza speciale. Si èresa conto di non essere stata sdraiata su un prato aguardare il cielo da quando era ragazzina. Fran ora haquarantasette anni. Il suo primo pensiero, dopo averprovato quel senso di benessere, è stato: «Che spreco!»Con riferimento a tutti quegli anni in cui non è stata incontatto con se stessa. Io la invito a riconoscere, tuttavia,che quegli anni sono ciò che l'ha portata ora alla suaattuale esperienza di solidità e libertà, e ad osservarel'impulso a giudicarli negativamente con lo stessodistacco che adotta per tutti gli altri giudizi, durante lameditazione. Una giovane psichiatra dice di essersisentita molto scoraggiata. Le è stato molto difficilemantenere l'attenzione concentrata sul respiro o sulcorpo. È stato come «trascinarsi nel fango». Si è trovatacontinuamente a dover «ricominciare da capo, risaliredal fondo».

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Le sue parole danno lo spunto a una vivacediscussione, perché qualcuno osserva che c'è una grossadifferenza fra 'ricominciare da capo' e 'risalire dal fondo'.Ricominciare da capo suggerisce semplicemente esserepresenti nel momento, lasciare che ogni respiro sial'inizio del resto della nostra vita. Risalire dal fondo dàinvece l'idea di aver perso terreno, di dover recuperare,di essere sommersa e di dover riemergere. Insieme alpeso e alla resistenza della metafora del fango, rende piùche mai comprensibile il suo scoraggiamento.Rendendosi conto in un attimo di tutto ciò, riconoscendol'atteggiamento della propria mente, la donna ride dicuore.

La pratica della meditazione è uno specchio. Cipermette di osservare i problemi che il nostro pensierocrea, i piccoli (o non tanto piccoli) trabocchetti dellamente, di cui a volte restiamo prigionieri.

Ciò che noi stessi abbiamo reso difficile diventa facile,quando vediamo la nostra mente riflessa chiaramentenello specchio della consapevolezza. In un attimo dipercezione interna, la confusione della giovanepsichiatra si dissolve, lasciando lo specchio vuotoalmeno per un attimo. E lei scoppia a ridere.

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Consapevolezza nella vitaquotidiana

La scoperta di Jackie

Jackie tornò a casa dopo la giornata di meditazionedel corso, nel tardo pomeriggio di sabato. Era stanca, masoddisfatta: sentiva che era stata una buona giornata. Inprimo luogo ce l'aveva fatta a reggere sette ore e mezzadi silenzio e praticamente di non fare niente. Anzi, le erapiaciuto stare in silenzio assieme a tanti altri. Erasorpresa di quanto si sentiva bene, dopo quella cheaveva creduto dovesse essere una prova tanto ardua.

Arrivando a casa, trovò un biglietto del marito in cuiegli diceva che era andato a sistemare alcune cose nellaloro casa di campagna, a qualche centinaio di chilometridi distanza, e che si sarebbe fermato a dormire là. Lamattina le aveva accennato, in effetti, a questa possibilità;ma Jackie non lo aveva preso sul serio, perché lui sapevabene che lei aveva paura di stare in casa da sola e,particolarmente, che non avrebbe certamente volutorestare sola dopo una giornata tanto difficile. Se almenolo avesse saputo prima, Jackie avrebbe organizzato lecose in modo da non restare sola in casa, come avevasempre fatto in passato.

Jackie aveva passato pochissimo tempo da sola in vita

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sua. Quando le figlie vivevano ancora in casa, le avevasempre incoraggiate a uscire con amici, a stare incompagnia, al che le ragazze a volte rispondevano: «Ma,mamma, a noi piace stare sole». Questo le era semprerisultato incomprensibile. Per lei la solitudine era puroterrore.

Appena letto il messaggio del marito, il primoimpulso di Jackie fu quello di prendere il telefono,chiamare un'amica e chiederle di venire a cena e restare adormire con lei. Stava già componendo il numero,quando si fermò e pensò: «Perché ho tanta fretta diriempire queste ore che ho davanti? E se provassi aviverle pienamente, momento per momento, come hocercato di fare durante la giornata di oggi?» Depose ilricevitore e decise di rientrare nello spirito della'giornata di consapevolezza' che aveva appena vissuto.Dopo di che, decise anche che poteva, per la prima voltada quando era ragazza, restare in casa da sola esemplicemente viversi quell'esperienza. Come Jackie miraccontò qualche giorno dopo, fu un'esperienza preziosa.Anziché sentirsi sola e in ansia, si sentì pervadere da unsenso di gioia che l'accompagnò tutta la sera. Volendotenere le finestre aperte e respirare l'aria della notte,riuscì, non senza difficoltà, a spostare il suo letto inun'altra stanza, dove si sentiva più sicura. Restò alzatafino a tardi, godendosi il senso di libertà che essere solaa casa sua le dava. Il mattino dopo si svegliò presto,ancora euforica, e guardò sorgere il sole.

Jackie ha fatto quella sera una scoperta

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importantissima. A cinquantanni passati ha scoperto cheil tempo della sua vita le appartiene. Quella notte e lamattina seguente le hanno rivelato che ogni momentopuò essere sentito, vissuto e assaporato, se lei lo vuole.

Comunicandomi la sua nuova consapevolezza, Jackiesi disse tuttavia preoccupata di non riuscire mai più aripetere l'esperienza di pace di quella notte. Io le fecinotare che quella preoccupazione era semplicemente dinuovo un pensiero riferito al futuro, e che era stataproprio la sua disponibilità a vivere nel presente cheaveva reso possibile l'esperienza speciale di quella notte.La scoperta di potere star bene da sola, era stata resapossibile dalla scelta di tenere vivo il fuoco dellaconsapevolezza, acceso dalla pratica di meditazione ditutta la giornata precedente.

Riesaminammo insieme come era riuscita quella seraa restare nella 'modalità dell'essere' arrivando a casa eincontrando una situazione inaspettata. In primo luogo,si era colta a cercare di riempire il tempo libero e dievitare di stare sola con se stessa. Invece di fare ciò,aveva scelto coscientemente di restare nel presente, diaccettarlo e di viverlo così com'era in quel momento.Perciò la invitai a considerare il fatto che forse non avevasenso preoccuparsi né di 'ripetere' l'esperienza di quellasera né di 'perderla'. La felicità che aveva vissuto avevala sua origine in lei, ed era alimentata dal suo coraggio edalla sua scelta di portare consapevolezza anche nei suoitimori.

Mentre parlavamo, Jackie si rese conto che questa

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dimensione del suo essere le appartiene e che puòattingervi quando vuole. Tutto quel che le occorre è ladisponibilità a essere consapevole e a modificare le suepriorità, in modo da apprezzare e proteggere, anzichésfuggire, il tempo che può passare da sola con se stessa.

Il dono della consapevolezza

La pace che Jackie ha provato quella notte possiamoviverla in qualunque momento, in qualunque situazione,se il nostro impegno nella pratica della consapevolezza èforte. È un grande dono che possiamo farci. Vuol direriprenderci la totalità della nostra vita, anziché vivere perle vacanze o per quei momenti speciali in cui tutto saràperfetto e ci darà lo sperato senso di serenità e di pace.Naturalmente, tali aspettative sono sempre frustrate.

Si tratta di portare calma, equilibrio interiore e visionelimpida nella vita quotidiana. Così come è possibileessere consapevoli ogni volta che camminiamo e nonsoltanto quando pratichiamo la meditazione delcamminare, possiamo cercare di fare attenzione,momento per momento, a tutte le attività e le esperienzedella nostra vita di ogni giorno.

Possiamo trasformare in meditazione il fatto diapparecchiare la tavola, mangiare, lavare i piatti, lavare ipanni, fare le pulizie, portare via l'immondizia, lavorarenell'orto, tagliare l'erba, lavarci i denti, farci la barba, fareil bagno o la doccia, giocare con i bambini, portare la

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macchina dal meccanico, andare in bicicletta, prenderel'autobus o il metrò, parlare al telefono, abbracciare unapersona, baciarla, toccarla, fare l'amore, accudire unapersona che ha bisogno del nostro aiuto, andare allavoro, lavorare o semplicemente stare seduti sullasoglia di casa. Qualsiasi cosa puoi vivere, puoi farne unameditazione. E, come abbiamo già visto, portareconsapevolezza a un'attività o a un'esperienza laarricchisce, qualsiasi essa sia. La rende più viva, piùbrillante, più reale. Questo senso di pienezza echiarezza, che abbiamo incontrato nella praticadell'esplorazione del corpo e dello yoga, può investiretutte le attività della tua vita quotidiana. La praticameditativa strutturata, accresce la tua capacità diincontrare ogni esperienza della tua vita in unatteggiamento di consapevolezza, momento permomento. Se pratichi con regolarità, la consapevolezzatende a riversarsi anche in tutte le altre situazioni dellatua vita. La tua mente diventa più calma e meno reattiva.

Mano a mano che l'esperienza della consapevolezzanella vita di ogni giorno ti diventa più familiare, tiaccorgi che non solo vivere nel presente è possibile, ma èanche piacevole, anche mentre sbrighi faccendequotidiane come lavare i piatti. Ti accorgi che non haibisogno di fare in fretta a lavare i piatti per potertidedicare a qualcosa di più importante o più divertente,perché nel momento in cui lavi i piatti quella è la tua vita.

Come abbiamo visto, se vivi solo parzialmente deimomenti della tua vita perché la tua mente è altrove,

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perdi qualcosa di essenziale. Perciò, prova ad accogliereogni piatto, tazza o pentola così come viene, consapevoledi tutti i movimenti del tuo corpo nel prenderli in mano,insaponarli, strofinarli e risciacquarli; consapevole, nellostesso tempo, dei movimenti del tuo respiro e deimovimenti della tua mente. Puoi adottare questoapproccio in tutto quello che fai, da solo o con altri. Vistoche lo fai, perché non farlo con tutto te stesso? Quandoagisci consapevolmente, il tuo fare emerge da uno spaziointerno di non fare. Diventa più significativo e richiedemeno sforzo.

Se riesci a essere presente durante le attività abitualidella tua vita quotidiana, se sei disposto a ricordarti chequelle attività possono essere esperienze di calma e diattenzione, oltre che compiti che è necessario svolgere,esse non solo ti risulteranno più piacevoli, ma offrirannopercezioni illuminanti su di te e sulla tua vita.

Lavare i piatti, pulire la casa

Per esempio, mentre lavi i piatti consapevolmente ti sipuò presentare in modo molto vivido la realtàdell'impermanenza di tutte le cose. Eccoti qui a lavare ipiatti di nuovo. Quante volte hai già lavato i piatti in vitatua? E quante altre volte li laverai ancora in futuro? Checos'è questa attività che chiamiamo lavare i piatti'? Chilava i piatti? Esaminando profondamente l'attività dilavare i piatti puoi scoprire tutto il mondo riflesso in

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essa e puoi imparare molto su te stesso. Se lavi i piatticon tutto il tuo essere, con vivida attenzione e con mentericettiva, i piatti possono insegnarti qualcosa diimportante, possono diventare uno specchio della tuamente.

Non si tratta semplicemente di una riflessionefilosofica, del tipo che la vita è un fiume interminabile dipiatti da lavare, o qualcosa del genere, dopo di che tornia lavare i piatti meccanicamente come hai sempre fatto.Si tratta invece di lavare i piatti con la totalità di te stesso,presente, vivo, sveglio, consapevole della tendenza aricadere nella modalità del 'pilota automatico', econsapevole magari anche delle tue resistenze, dellatendenza a rimandare o del risentimento che provi versoqualcuno che potrebbe aiutarti e non lo fa. E laconsapevolezza può portarti anche a decidere diapportare dei cambiamenti alla tua vita. Magari puòindurti a far sì che qualcun altro si assuma la sua partedel lavaggio dei piatti!

Prendi le pulizie in casa come un altro esempio. Sedevi pulire la casa, perché non farlo consapevolmente?

Molte persone mi dicono che per loro è impossibilevivere nel disordine, che passano il tempocontinuamente a pulire, a raccattare, a rimettere a posto ea spolverare. Ma quanta di questa attività è consapevole?Quanto sono attenti al proprio corpo nel pulire? E sichiedono mai quanto pulito è 'pulito'? Esaminano mai ilproprio attaccamento al fatto che la casa si presenti in uncerto modo? Si chiedono mai quali benefici ne traggono?

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O magari gli pesa farlo? E sanno quando è il momento difermarsi? O che altro potrebbero fare con la stessaenergia? O perché si sentono portati ossessivamente apulire? Incorporando la pulizia della casa nella tuapratica di meditazione, questo compito di routinediventa un'esperienza completamente nuova. E puòdarsi che di conseguenza ti trovi a farlo diversamente, odi più, o di meno. Se sceglierai di farlo di meno, non saràperché non ti importa più dell'ordine e della pulizia, mapiuttosto perché avrai esaminato più a fondo te stesso, iltuo rapporto con l'ordine e la pulizia, i tuoi bisogni e letue priorità. Questo autoesame è semplicementeconsapevolezza senza giudizio, è un'attenzionespassionata che penetra attraverso il velo diinconsapevolezza che di solito copre le nostre attività,specialmente quelle più quotidiane.

Vivere ora

Forse questi suggerimenti sul lavaggio dei piatti esulla pulizia della casa ti faranno venire delle idee sucome fare altre cose con più consapevolezza, su comeosservare con occhio più limpido la tua mente e lesituazioni della tua vita. Il punto importante è che ognimomento della tua vita è un momento che puoi viverepienamente, un momento da non perdere.

In senso ultimo, la sfida che la pratica dellaconsapevolezza ci propone è quella di renderci conto che

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ora è il momento. Ora è la mia trita. Come mi vogliorapportare a essa? Lasciando che essa semplicemente 'miaccada'? Prigioniero delle circostanze, degli obblighi, delmio corpo o della mia malattia, del mio passato?Continuando a reagire automaticamente in modo ostile,difensivo a certe provocazioni, in modo allegro a certealtre e in modo impaurito ad altre ancora?

Quali sono le mie scelte? Ho veramente la possibilitàdi scegliere? Esamineremo più a fondo questi temiparlando delle reazioni allo stress, e dell'influenza che leemozioni hanno sulla nostra salute. Per ora, la cosaimportante è comprendere il valore di un allargamentodella pratica della consapevolezza alla vita quotidiana.C'è forse qualche momento della tua giornata che nondiventerebbe più ricco e più significativo se tu lo vivessiin maniera più sveglia, attenta e consapevole?

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Come cominciare

Un programma per avviare la tua pratica di meditazione

Se vuoi iniziare a praticare sistematicamente, e se haiprovato le varie tecniche di meditazione mano a manoche ne abbiamo parlato, forse a questo punto ti chiederaiqual è il modo migliore di procedere. Cominciare con lameditazione seduta o con l'esplorazione del corpo?Oppure con lo yoga? Come incorporare i suggerimentisull'osservazione del respiro? Quanto spesso praticare equanto tempo per volta? Come utilizzare la meditazionedel camminare? E come applicare la consapevolezzanella vita quotidiana?

Nei capitoli precedenti ho già accennato a comecombiniamo fra loro i vari aspetti della pratica nellaclinica. In questo capitolo ti fornisco una serie diindicazioni specifiche per avviare una tua praticaquotidiana della consapevolezza, basata esattamente sulprogramma del corso per la riduzione dello stress. Inquesto modo, mentre continui a leggere il resto del libro,puoi anche praticare proprio come se fossi iscritta alcorso. Oppure, se vuoi, puoi leggere il libro fino infondo prima di decidere se vuoi iniziare una pratica dimeditazione. Ulteriori indicazioni per sviluppare emantenere una pratica regolare di meditazione sonocontenute negli ultimi capitoli.

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Se quanto hai letto finora ti dice qualcosa, è una buonaidea cominciare a praticare a questo punto. Questo ècertamente quello che dovresti fare se fossi iscritta alcorso.

Tutte le istruzioni per praticare e tutti i discorsi sullameditazione, sul valore della consapevolezza per unavita più piena, per la guarigione, per il benessere, per lariduzione dello stress eccetera, sono secondari rispettoalla pratica stessa. Farla è il punto fondamentale.

Nella clinica cominciamo a praticare fin dalla primalezione. Il materiale che incontrerai nel resto del librosarà per te più ricco e avrà maggior significato se, mentreleggi, starai già coltivando una tua pratica dellaconsapevolezza. Perciò, se a questo punto ti senti portataa cominciare un programma di meditazione strutturato,questo capitolo ti fornisce le indicazioni su comepraticare nel corso delle prossime otto settimane. Nonoccorre, naturalmente, che impieghi otto settimane aleggere il resto del libro; può darsi che tu finisca dileggerlo mentre sei nella seconda settimana di pratica,per esempio.

L'importante a questo punto è cominciare, se seipronta a prendere questo impegno con te stessa; ed èauspicabile che, una volta cominciato, porterai fino infondo il programma di otto settimane. Questo ècertamente quello che noi raccomandiamo. Come ho giàraccontato, ai nostri pazienti diciamo: «Non occorre che tipiaccia, basta farlo». Otto settimane possono dartiun'esperienza personale e una carica sufficienti per

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portare avanti la pratica autonomamente per anni, sedecidi di farlo.

Il punto da cui cominciare, naturalmente, è il respiro.Se non hai ancora fatto l'esperimento di osservare ilrespiro per tre minuti (vedi il capitolo 'Vivere momentoper momento'), magari puoi farlo ora, tanto per esseresicura di capire che cosa significa mantenere l'attenzioneconcentrata sul respiro e riportarvela quando si distrae.

Un regime di pratica quotidiana minima potrebbeessere, semplicemente, l'osservazione del respiro percinque o dieci minuti al giorno, in posizione seduta osdraiata, in un momento della giornata che ti è comodo.Rileggi il capitolo 'L'alleato respiro', e comincia afamiliarizzarti con la sensazione della tua pancia che sigonfia e si sgonfia con l'inspirazione e l'espirazione. Poisegui le istruzioni degli Esercizi 1 e 2 alla fine di quelcapitolo. La cosa più importante è praticare ogni giorno.Anche se riesci a dedicare alla pratica solo cinque minutial giorno, cinque minuti di consapevolezza possonoessere molto salutari e tonificanti.

Ma, come ho detto, ai partecipanti al corso per lariduzione dello stress noi chiediamo di impegnarsi apraticare almeno quarantacinque minuti al giorno, seigiorni alla settimana, per almeno otto settimane; e tiraccomanderei caldamente di prendere un simileimpegno con te stessa, se sei disposta a farlo. Ticonsiglierei anche di rileggere, di quando in quando, icapitoli di questa prima parte del libro, per rinfrescare ilricordo delle descrizioni delle tecniche e dei

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suggerimenti per la pratica.

Prima e seconda settimana

Per le prime due settimane di pratica, ti suggeriamodi fare l'esplorazione del corpo così com'è descritta nelcapitolo 'Essere nel corpo'. Falla ogni giorno, che tu neabbia voglia o meno, per circa quarantacinque minuti.Sta a te trovare qual è il momento della giornata miglioreper praticare; ma tieni presente che l'idea è di 'svegliarela tua consapevolezza', non di addormentarti, e ciò è piùfacile quando non sei molto stanca. Se tendi adaddormentarti, fai l'esplorazione del corpo con gli occhiaperti.

Oltre all'esplorazione del corpo, pratica l'osservazionedel respiro per dieci minuti, in posizione seduta, in undiverso momento della giornata. Per cominciare acoltivare la consapevolezza nella vita di ogni giorno(quella che chiamiamo 'pratica non strutturata'), prova afare attenzione, momento per momento, ad alcuneattività abituali, come svegliarti la mattina, fare la doccia,asciugarti, lavarti i denti, vestirti, mangiare, guidare lamacchina, fare la spesa. La lista delle possibilità èinfinita; il punto è semplicemente essere cosciente di quelloche fai mentre lo stai facendo e anche dei tuoi pensieri esentimenti, momento per momento. Se ti sembra troppo,prova a scegliere un'unica attività ogni settimana: peresempio, prova a ricordarti di essere pienamente

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presente ogni volta che fai la doccia. E puoi ancheprovare a mangiare, almeno una volta alla settimana,nello stesso atteggiamento di consapevolezza.

Terza e quarta settimana

Dopo aver praticato così per due settimane, cominciaad alternare l'esplorazione del corpo con la primasequenza di posizioni yoga (Figura 3): un giornol'esplorazione del corpo, il giorno dopo lo yoga. Segui leraccomandazioni contenute nel capitolo 'Lo yoga comemeditazione'. Ricorda di fare solo quello che senti diessere in grado di fare, eccedendo casomai in prudenza,e di ascoltare attentamente i messaggi del tuo corpomentre pratichi.

Consulta preventivamente il tuo medico ofisioterapista se hai dolori cronici, problemi ossei omuscolari, malattie cardiache o polmonari. Continua apraticare l'osservazione del respiro in posizione seduta,estendendo la durata delle sessioni a quindici o ventiminuti al giorno.

Come pratica non strutturata, durante la terzasettimana prova a essere consapevole di un eventopiacevole della tua vita ogni giorno, nel momento in cuiavviene. Tieni un calendario degli eventi osservati,annotando che cos'è stata l'esperienza, se l'hai osservatamentre avveniva (questo è il compito, ma ciò non vuoldire che riesca sempre!), come si sentiva il tuo corpo in

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quel momento, quali pensieri e emozioni erano presentie che cosa significa per te quell'esperienza ora, nelmomento in cui scrivi. Uno schema di calendario chepuoi utilizzare si trova in appendice a questo libro.Durante la quarta settimana fai la stessa cosa per unevento spiacevole o stressante, ogni giorno, di nuovocercando di esserne consapevole mentre avviene.

Quinta e sesta settimana

Durante la quinta e la sesta settimana ti suggeriamo disostituire l'esplorazione del corpo con periodi più lunghidi meditazione seduta (fino a quarantacinque minuti pervolta). Pratica seguendo le indicazioni degli esercizi allafine del capitolo 'Meditazione seduta'.

Puoi dedicare l'intera sessione all'osservazione delrespiro (Esercizio 1) oppure puoi gradualmenteespandere il campo della consapevolezza, includendo lesensazioni fisiche (Esercizio 2), i suoni (Esercizio 3), ipensieri e le emozioni (Esercizio 4) o qualsiasi cosa sipresenti ('consapevolezza senza scelta', Esercizio 5).Ricordati di usare il respiro come ancora per l'attenzionein tutte queste pratiche.

All'inizio, probabilmente, il modo migliore per trarrebeneficio dalla pratica della meditazione seduta ècontinuare a utilizzare il respiro come oggetto diosservazione primario, almeno per alcune settimane oalcuni mesi. Nelle fasi iniziali della pratica, includere

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vari oggetti nel campo dell'attenzione può produrre unsenso di incertezza e un'eccessiva preoccupazione di'praticare correttamente'. Per risolvere questepreoccupazioni tieni presente che, qualsiasi sia l'oggettodi osservazione, il respiro o altro, se la tua energia èconcentrata in una paziente auto–osservazione, momentoper momento, e se riconduci l'attenzione al suo oggettoogni volta che se ne allontana, senza rimproverarti ogiudicarti, stai 'praticando correttamente'.

Se invece cerchi di ottenere una sensazioneparticolare, calma, rilassamento, concentrazione o quelche sia, stai cercando di arrivare da qualche altra parterispetto a dove di fatto sei; in tal caso, ricordati di esseresemplicemente presente con ciò che stai osservando.Paradossalmente, come abbiamo visto, è questo il modomigliore per 'arrivare da qualche parte' e per svilupparecalma, rilassamento, concentrazione eccetera. Tuttequeste cose verranno da sé con il tempo, se persevericorrettamente nella pratica.

Durante la quinta e la sesta settimana i nostri pazientipraticano, a giorni alterni, quarantacinque minuti dimeditazione seduta e quarantacinque minuti di yoga. Senon fai lo yoga, puoi alternare la meditazione seduta conl'esplorazione del corpo oppure sedere tutti i giorni. Èquesto, inoltre, un buon momento per introdurre lapratica della meditazione del camminare, come descrittonel capitolo 'Meditare camminando'.

A questo punto, probabilmente, vorrai anchecominciare a decidere per conto tuo quando, quanto e

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che cosa praticare. Dopo quattro o cinque settimane dipratica, molti si sentono pronti a cominciare a fare leproprie scelte e a mettere a punto un proprio programmadi meditazione personale, usando le nostre indicazionisolo come suggerimenti.

È bene che alla fine delle otto settimane tu abbia resola pratica una cosa tua, adattandola ai tuoi impegni, aituoi bisogni, alle tue capacità e alla tua personalità,scegliendo la combinazione di tecniche strutturate e nonche funziona meglio per te.

Settima settimana

Fino alla settima settimana i pazienti della clinica siservono di nastri registrati, come guida nella praticadell'esplorazione del corpo, dello yoga e dellameditazione seduta. Durante la settima settimana, perstimolare il passaggio a una pratica autonoma,suggeriamo loro di smettere di usare i nastri, se appena èpossibile. A questo punto essi continuano a dedicare allameditazione quarantacinque minuti al giorno, madecidono per conto proprio quale combinazione delle tretecniche principali (meditazione seduta, esplorazione delcorpo e yoga) praticare. Li incoraggiamo a sperimentare,usando magari due tecniche o anche tutte e tre lo stessogiorno. Per esempio: mezz'ora di yoga seguita daquindici minuti di meditazione seduta, oppure mezz'oradi meditazione seduta e un quarto d'ora di yoga in un

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diverso momento della giornata. Alcuni, a questo punto,non si sentono ancora pronti a praticare in questo modo:quando non sono guidati e sta a loro decidere che cosafare, non riescono a rilassarsi nella stessa misura. Questonon è un problema: noi auspichiamo che tutti, con iltempo, interiorizzino la pratica e si trovino a loro agio ameditare per conto proprio, senza la guida di nastri olibri; ma, sviluppare questa fiducia in se stessi, richiedeun tempo variabile da individuo a individuo.

Ottava settimana

Durante l'ottava settimana i nostri pazienti tornano ausare i nastri. Abbandonare l'uso dei nastri e poiriprenderlo è un processo molto istruttivo. Spesso lepersone odono dei particolari delle istruzioni che nonavevano mai notato prima o vedono la strutturaprofonda delle varie pratiche in un modo nuovo. Uneffetto analogo può avere per te, a questo punto,rileggere le istruzioni relative alle varie tecniche, inquesta prima parte del libro.

In questa fase sei ormai tu a decidere la tecnica o letecniche che vuoi usare. Puoi praticare solo lameditazione seduta o solo lo yoga o solo l'esplorazionedel corpo, secondo la situazione in cui sei; oppure puoicombinare due tecniche o tutte e tre in vario modo.Anche se forse non te ne rendi ancora conto, è importanteche a questo punto tu abbia acquisito una certa

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familiarità con tutte e tre le tecniche. Questa conoscenzapuò giovarti in maniera molto pratica. Per esempio, puòdarsi che tu voglia di quando in quando usarel'esplorazione del corpo o lo yoga, anche se la tua praticaquotidiana è la meditazione seduta. L'esplorazione delcorpo è utilissima quando sei a letto malata, quandosoffri di dolori acuti o quando non riesci adaddormentarti. E un po' di yoga può essere a volte digrande aiuto, per esempio quando sei stanca e haibisogno di rivitalizzarti, oppure quando senti che certeparti del tuo corpo sono rigide e tese. L'ottava settimana,essendo l'ultima del programma guidato, è anche laprima della tua pratica autonoma. Noi diciamo ai nostripazienti che l'ottava settimana dura per tutto il restodella loro vita. La concepiamo come un inizio, molto piùche come una fine.

La pratica della meditazione non finisce soltantoperché non ci siamo più noi a dirti che cosa fare: a questopunto avrai preso in mano il timone della tua barca e, sehai praticato con regolarità e disciplina, avrai abbastanzacapacità ed esperienza per guidare la tua pratica dimeditazione.

Alla fine del libro troverai altri suggerimenti permantenere viva e per approfondire la tua pratica dellaconsapevolezza con il passare degli anni. Essiriguardano non solo le tecniche strutturate, ma anche laconsapevolezza nella vita quotidiana e il suo uso peraffrontare meglio le situazioni che ti si presentano. Ma,probabilmente, quando sarai arrivata a quel punto del

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libro, avrai già scoperto idee anche migliori per contotuo.

Nei prossimi capitoli parleremo di un nuovo modo dipensare la salute e la malattia, e del rapporto cheintercorre fra esso e la tua pratica della consapevolezza;poi esamineremo lo stress e il mutamento nellaprospettiva della meditazione; e infine studieremodiverse applicazioni della consapevolezza per affrontarele varie forme di malattia e di stress.

Mentre procedi nella lettura del libro, tiraccomandiamo di portare avanti il tuo programma dimeditazione. Così, mentre vieni a conoscere meglio ilprocesso della consapevolezza e le sue implicazioni,simultaneamente il processo stesso si va sviluppandonella tua vita e nel tuo cuore.

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UN NUOVO MODO DIPENSARE

LA SALUTE E LA MALATTIA

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Una visione del mondo intrasformazione

Conoscenze utili

Se vuoi che la pratica della meditazione metta radicinella tua vita e fiorisca, devi sapere perché pratichi.Altrimenti come riuscirai a sostenere il non fare, in unmondo in cui solo il fare sembra avere valore? Che cosati indurrà ad alzarti presto la mattina per stare seduto aosservare il tuo respiro, mentre tutti gli altri se ne stannoal calduccio a letto? Che cosa ti indurrà a dedicare uncerto tempo a 'essere soltanto', mentre gli ingranaggi delmondo girano e i tuoi impegni e le tue responsabilità tichiamano? Che cosa ti stimolerà a portare laconsapevolezza in ogni attività della tua vita quotidiana,momento per momento?

Per sostenere il tuo impegno e mantenere lafreschezza della tua pratica di meditazione nel corso deimesi e degli anni, è importante sviluppare una visionepersonale, che guidi i tuoi sforzi e nei momenti critici tiricordi il valore di questo insolito cammino. A voltequesta visione sarà il solo appoggio di cui disporrai permantenere viva la tua pratica.

In parte, questa visione nascerà dalle circostanzespecifiche della tua vita, dai tuoi valori e dalle tue

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convinzioni. In parte essa emergerà dalla tua esperienzadi meditazione, dalla disponibilità a imparare da ognicosa: dal tuo corpo, dai tuoi atteggiamenti, dalla tuamente, dal tuo dolore, dalla tua gioia, dagli altri, dai tuoierrori, dai tuoi insuccessi, dai tuoi successi, dalla natura;in breve, da ogni momento che vivi.

Se coltivi la consapevolezza, non c'è una solaesperienza della tua vita che non possa insegnartiqualcosa, rispecchiando la tua mente e il tuo corpo. Maun altro elemento della tua visione verrà dalla tuaconoscenza del mondo, e da dove e come ti vedi situatoin esso. Se la tua salute è una parte importante di ciò cheti spinge alla pratica della meditazione, conoscere erispettare il tuo corpo, valutare ciò che la medicina può onon può fare per te, comprendere l'influenza della mentesulla salute e sulla malattia saranno elementi importantidella tua visione. La solidità della tua visione dipenderà,in larga misura, da ciò che sai e da quanto sei disposto aimparare in questo campo. Proprio come la pratica dellameditazione, questo apprendimento richiede un costanteimpegno a ricercare e una continua disponibilità amodificare i tuoi punti di vista, mano a mano cheincontri nuove conoscenze e raggiungi nuovi livelli dicomprensione e di sensibilità. Nella clinica per lo stressincoraggiamo i nostri pazienti ad approfondire laconoscenza del loro corpo, e dell'influenza che la loromente ha sul loro stato di salute, come un aspettofondamentale della loro avventura di crescita eguarigione. Lo facciamo illustrando brevemente le

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trasformazioni che la ricerca e il pensiero scientificorecenti stanno introducendo nella pratica della medicina,ed esplorando le implicazioni di questi sviluppi per lanostra vita e per la nostra pratica di meditazione.

Unità corpo–mente

La clinica per lo stress appartiene alla divisione dimedicina comportamentale del Medicai Center,Università del Massachusetts.

La medicina comportamentale è una nuova correntedella medicina, che sta rapidamente espandendo leconcezioni tradizionali di salute e malattia. Il nuovopunto di vista da essa introdotto, stimola l'emergere diuna più ampia visione della medicina in generale, unavisione che riconosce la fondamentale unità di mente ecorpo. La medicina comportamentale riconosce lanecessità che i pazienti, ove possibile, partecipinoattivamente alla cura della propria salute, imparino aconoscerla, a conservarla e a migliorarla.

Essa ritiene molto importante una più efficacecomunicazione fra pazienti e medici, in modo che i primisiano in grado di comprendere, tanto a fondo quanto lodesiderano, ciò che i medici dicono loro, che siano a lorovolta compresi dai medici e che i loro bisogni sianoriconosciuti e rispettati. In questo spirito, presentiamo aipartecipanti al corso per la riduzione dello stress certisviluppi della medicina comportamentale, di modo che

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possano meglio comprendere quello che viene lororichiesto nella clinica e perché. Forse lo sviluppo piùimportante in medicina comportamentale è ilriconoscimento del fatto che non possiamo più pensarela salute e la malattia come caratteristici! e cheappartengono separatamente al corpo o alla mente,perché corpo e mente sono strettamente connessi.

La nuova prospettiva considera di fondamentaleimportanza pensare in termini di totalità e diinterconnessione e osservare attentamente le interazioni fracorpo, psiche e comportamento sia nella ricerca sia nellapratica terapeutica. Essa ritiene che la scienza medicanon riuscirà mai a descrivere un processo dinamicocomplesso come la salute o una malattia cronica, senzaprendere in esame il funzionamento di tutto l'organismo,anziché limitarsi all'analisi di singole parti e organi, perquanto importante possa essere il loro ruolo. Lamedicina, oggi, riconosce sempre più l'influenza sullasalute dello stile di vita, delle tendenze di pensiero edemotive, delle relazioni e dei fattori ambientali. Il nuovomodello abbandona la visione di corpo e mente comerealtà fondamentalmente separate, e cerca invece diarticolare una visione molto più ampia di ciò chechiamiamo 'corpo', 'mente', 'salute' e 'malattia'.

Il nuovo paradigma

Questa trasformazione della medicina viene a volte

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descritta come un 'cambiamento di paradigma', unpassaggio da una visione complessiva del mondo aun'altra. Non c'è dubbio che non solo la medicina, maanche la scienza nel suo insieme stia attraversando unasimile trasformazione, mano a mano che le implicazionidelle rivoluzioni concettuali avvenute nel corso diquesto secolo, vengono meglio comprese e assorbite.

In gran parte, il nostro modo di pensare la realtà fisicanel contesto del vivere quotidiano (le nostre impliciteassunzioni riguardo al mondo, al nostro corpo, allamateria e all'energia) è basato su una visione scientificaobsoleta, che risale essenzialmente a trecento anni fa. Lascienza sta oggi introducendo modelli più sottili eglobali, più capaci di rispecchiare la nostra attualecomprensione dell'interconnessione di spazio e tempo,materia ed energia, mente e corpo, e perfino cosmo ecoscienza.

In questa parte del libro incontrerai alcuni di questinuovi modi di pensare il mondo in termini di totalità edi interconnessione, e le loro implicazioni per lamedicina e per la salute. Seguiremo due fili conduttoriprincipali, intimamente legati fra loro e alla pratica dellameditazione.

Il primo ha a che fare con la nostra capacità di vedere.Nel prossimo capitolo esamineremo più da vicino ilmodo in cui vediamo (o non vediamo) le cose, e il modoin cui le pensiamo e ce le rappresentiamo. Questoinfluisce direttamente sul modo in cui vediamo i nostriproblemi e sulla nostra capacità di affrontare lo stress e

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la malattia. Esploreremo i concetti di totalità einterconnessione e la loro importanza per la salute e perla guarigione, tema su cui ritorneremo nell'ultimocapitolo di questa parte.

Il secondo filo conduttore è un'esposizione dellanuova prospettiva che la medicina comportamentale stasviluppando. Esso riguarda le interazioni di corpo emente, la loro influenza sulla salute e le implicazioni diquesta nuova concezione per la pratica terapeutica e peruna più profonda comprensione del significato stesso di'guarire'.

Nell'insieme, i due filoni possono contribuire adampliare la tua visione della pratica di meditazione. Essisuggeriscono che, sia l'attenzione alla tua personaleesperienza sia la conoscenza degli sviluppi della ricercamedica, possono dare un contributo al tuo processo diguarigione. Tuttavia, se le informazioni presentate inquesta parte del libro vengono assimilate solo dalla tuamente pensante, esse ti saranno di scarsa utilità pratica.

Questa parte e la successiva, sullo stress, voglionosoprattutto stimolare un maggiore interesse eapprezzamento per la squisita bellezza e complessità deltuo corpo, e per la sua straordinaria capacitàautoregolarsi e di guarirsi. Esse non si propongono difornire un quadro dettagliato di discipline specializzate,ma piuttosto di espandere la tua visione di te stessocome essere pensante, senziente e interagente, e del tuorapporto con il mondo.

Mi auguro che le informazioni presentate in queste

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pagine possano aiutarti a sviluppare una maggiorefiducia nel tuo corpo e nella tua mente, e una più chiaravisione delle motivazioni per intraprendere una praticadi meditazione; una visione che ti sostenga nell'uso delpotere di guarigione della consapevolezza, nella tua vita.

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Totalità

Interconnessioni

Hai mai guardato un cane vedendolo in tutta la sua'caninità'? Un cane è una realtà miracolosa, se lo vediveramente. Che cos'è? Da dove è venuto? Dove va? Checosa fa qui? Perché ha questa forma? Com'è la suavisione delle cose? Quali sono i suoi sentimenti?

I bambini tendono a vedere le cose in questo modo. Laloro visione è fresca. Incontrano le cose come se fossesempre la prima volta. La nostra visione a volte è stanca.Vediamo 'solo un cane'. 'Se ne hai visto uno, li hai vistitutti'. Perciò vediamo a malapena.

Vediamo più attraverso i nostri pensieri e le nostreopinioni che i nostri occhi. I pensieri sono un velo che ciimpedisce di guardare il mondo con occhi limpidi. Ciòche entra nel campo visivo viene identificato dalla mentepensante e immediatamente inquadrato: 'un cane'.Questa mente ci impedisce di vedere il cane nella suatotalità: essa elabora e classifica rapidamente il segnale'cane', e poi passa subito a elaborare nello stesso modo lapercezione o il pensiero successivo.

Ci sono molti modi di guardare una cosa o un eventoo un processo. Un cane è solo un cane: in un certo sensonon ha niente di speciale. Ma nello stesso tempo èstraordinario, perfino miracoloso. Tutto dipende da

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come lo guardi. Possiamo dire che è, nello stesso tempo,ordinario e straordinario. Quando l'atteggiamento dellatua mente cambia emergono nuove possibilità. Anzi,tutto ti appare sotto una luce nuova quando riesci avedere le cose simultaneamente a vari livelli, quandoriesci a vedere la totalità e l'interconnessione assiemeall'individualità e alla separazione. Il tuo pensiero siallarga. Questa può essere un'esperienza profondamenteliberatoria. Può portarti al di là delle tue preoccupazionipersonali. Può far emergere una prospettiva più ampia.Sicuramente cambierà il modo in cui ti rapporti al cane.

Quando osservi le cose attraverso la lente dellaconsapevolezza, durante la pratica della meditazione onella vita quotidiana, invariabilmente cominci adapprezzarle in modo nuovo, perché le tue stessepercezioni cambiano. Esperienze ordinarie ti possonoimprovvisamente apparire straordinarie. Questo nonsignifica che smettano di essere anche ordinarie: ciascunadi esse continua a essere semplicemente quello che è.Solo che tu ora la cogli maggiormente nella sua pienezza.

Prendiamo ancora una volta come esempio ilmangiare. Mangiare è un'attività ordinaria: lo facciamocontinuamente, di solito senza grande consapevolezza esenza pensarci particolarmente. Lo abbiamo notato, peresempio, nella meditazione del chicco di uvetta. Eppure,il fatto che il tuo corpo sia in grado di digerire il cibo e ditrarne energia è straordinario.

Il processo con cui ciò avviene è organizzato e regolato,

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a ogni livello, in maniera squisita: a cominciaredall'attività della lingua, che permette la masticazionetenendo il cibo fra i denti, passando dalla catena diprocessi biochimici che scompongono il cibo e loassorbono nell'organismo per fornire energia ericostruire cellule e tessuti, fino all'eliminazione deiprodotti di scarto, in modo da evitare l'accumulo ditossine e lasciare il corpo in equilibrio metabolico ebiochimico.

In realtà, tutto ciò che il tuo corpo fa normalmente èmeraviglioso e straordinario, anche se forse non ci pensimai. Camminare è un altro buon esempio. Se sei maistata nell'impossibilità di camminare, sai quanto sia unacosa preziosa e miracolosa. È una capacità straordinaria.E non meno straordinari sono il vedere e il parlare, ilpensare e il respirare, e qualsiasi altra attività del tuocorpo. Se ci pensi un attimo, ti renderai conto che il tuocorpo compie innumerevoli miracoli, che tu dainormalmente per scontati. Quando è stata l'ultima voltache hai pensato allo straordinario lavoro che fa il tuofegato, per esempio? È l'organo interno più grosso delcorpo e mantiene l'armonia metabolica, realizzandotrentamila reazioni enzimatiche al secondo. LewisThomas, rettore del Memorial Sloan–Kettering CancerCenter, ha scritto nel suo libro The Lives of a Cell (Le vite diuna cellula) che preferirebbe trovarsi al posto dipilotaggio di un 747, pur non sapendo nulla di aerei, chea dirigere il funzionamento del proprio fegato. E che dire

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del tuo cuore o del tuo cervello e di tutto il resto delsistema nervoso? Ci pensi mai, quando funzionano bene?E che dire della capacità che i tuoi occhi hanno di vedere,le tue orecchie di sentire, le tue braccia e le tue gambe dimuoversi come vuoi, i tuoi piedi di sostenere il corpo inequilibrio? Tutte queste funzioni sono straordinarie. Ilnostro benessere dipende, in ogni momento, dalfunzionamento integrato dei nostri organi di senso, deimuscoli e dei nervi, delle cellule, degli organi e dei varisistemi di organi. Il nostro corpo è un 'universo' in sé,composto da oltre dieci milioni di milioni di cellule,tutte derivate da una sola cellula, organizzate in tessuti,organi, sistemi e strutture, con un'intrinseca capacità diautoregolarsi globalmente e di mantenere l'equilibrio el'ordine interno. Si auto–organizza e si auto–guarisce.

Il corpo mantiene il suo equilibrio interno grazie a uninsieme di circuiti di feedback, delicatamente calibrati,che collegano fra loro tutti gli aspetti dell'organismo. Peresempio, quando fai uno sforzo, magari correndo osalendo le scale, il tuo cuore automaticamente pompapiù sangue, fornendo ai muscoli più ossigeno perpermettere loro di far fronte al fabbisogno accresciuto.Quando lo sforzo è finito, la portata del cuore torna allivello normale e i muscoli si rilassano. Se lo sforzo èdurato un certo tempo, esso può aver generato parecchiocalore: questo ti fa sudare, perché così il corpo siraffredda. Se sudi parecchio, ti viene sete e bevi: inquesto modo il corpo si assicura che il fluido perdutovenga ripristinato. Tutti questi sono processi di

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regolazione interconnessi, governati da circuiti difeedback.

Tali interconnessioni sono intrinseche ai sistemiviventi. Quando la pelle è lacerata, vengono emessisegnali biochimici che attivano i processi cellulari dicoagulazione del sangue, in modo da arrestarel'emorragia e rimarginare la ferita. Quando nel corpo è inatto un'infezione da microorganismi, quali batteri ovirus, il sistema immunitario si mobilita per isolarli eneutralizzarli. Se qualcuna delle nostre cellule, a causa diun difetto nei circuiti di feedback che ne controllano lacrescita, diviene cancerosa, un sistema immunitario sanomobilita certi particolari linfociti detti naturai killer; capacidi riconoscere i mutamenti strutturali sulla superficiedelle cellule cancerose e di distruggerle prima chepossano far danno.

Se l'interconnessione è importante per l'integrità fisicae la salute del corpo, essa non è meno importantepsicologicamente e socialmente. I sensi ci permettono dicollegarci con la realtà esterna, oltre che con i nostri statiinterni. Le informazioni che ci forniscono sull'ambiente esulle persone, ci permettono di formarci un'impressionecoerente del mondo, di funzionare in uno 'spaziopsicologico', di imparare, di ricordare, di ragionare.

Perciò l'organizzazione del corpo consentel'instaurarsi di un ordine psicologico, che nasce daquello fisico e nello stesso tempo lo contiene. A ciascunlivello del nostro essere, incontriamo una totalità che è asua volta immersa in una totalità più ampia.

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La rete di interconnessioni va al di là della nostrapsiche individuale. Pur essendo ciascuno di noi,individualmente, una totalità, apparteniamo anche a unatotalità più ampia, siamo collegati attraverso la nostrafamiglia, gli amici, le persone che incontriamo, allasocietà, all'umanità nel suo insieme e, in senso ultimo,alla totalità della vita sul pianeta.

Alcune di queste connessioni le percepiamo con inostri sensi e con le nostre emozioni; altri, più vasti ciclinaturali ci sono noti solo attraverso il ragionamentoscientifico. (Benché vada detto che le comunitàtradizionali hanno sempre conosciuto e rispettato, a loromodo, queste interconnessioni.) Per fare solo qualcheesempio, dipendiamo dallo strato di ozononell'atmosfera, che ci protegge da radiazioni ultravioletteletali; dipendiamo dalle foreste pluviali e dagli oceani,che riciclano l'ossigeno che respiriamo; dipendiamo daun livello relativamente stabile di anidride carbonicanell'aria, che ammortizza le variazioni globali ditemperatura.

Una teoria scientifica, l'ipotesi Gaia', propone diconsiderare tutto quanto il pianeta come un organismovivente autoregolantesi, e prende il nome dalla dea grecadella terra, Gaia. Questa ipotesi reintroduce, su basiscientifiche, una visione essenzialmente condivisa datutte le culture tradizionali, in cui gli esseri umani sonointerconnessi e interdipendenti con tutti gli esseri e conla terra stessa.

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Prendere in considerazione l'intero sistema

La percezione dell'interconnessione e della totalitàpuò essere coltivata attraverso la pratica dellaconsapevolezza. Per fare questo, dobbiamo penetrareattraverso il velo di abitudini di pensiero inconsapevoliche influiscono sul nostro modo di vedere gli eventi enoi stessi, il velo di pregiudizi e convinzioni, attrazioni erepulsioni che inconsciamente ci portiamo dietro dalpassato. Per illustrare l'automatismo dei nostri schemi divisione e di pensiero, e insieme la potenza di unapproccio che tiene presente la totalità, nella primalezione del corso per la riduzione dello stressassegniamo ai partecipanti l'esercizio seguente come'compito a casa'. Di solito l'esercizio stesso causa lorouna discreta dose di stress, in quanto, invariabilmente,parecchi si aspettano di venir giudicati in base alla lororisposta.

Di proposito non diciamo nulla sul significatodell'esercizio nel contesto del corso. Lo chiamiamo ilproblema dei nove punti. Può darsi che tu lo conosca giàdalla tua infanzia. È un esempio vivido e facilmentecomprensibile di come il nostro modo di percepire unproblema possa limitare la nostra capacità di risolverlo.Il suo uso nel corso per la riduzione dello stress ci è statosuggerito da Ilan Kutz.

Il problema è questo. Qui sotto c'è un disegnocomposto da nove punti. Devi collegare tutti i puntitracciando quattro segmenti rettilinei, senza mai alzare la

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matita dal foglio e senza tornare a ripercorrere unsegmento già tracciato. Prima di procedere oltre, dedicaanche tu cinque o dieci minuti a cercare la soluzione delproblema (se non la conosci già).

Invariabilmente la maggior parte delle personecomincia in un angolo e traccia tre lati del quadrato,dopo di che risulta chiaro che, comunque venga tracciatoil quarto segmento, uno dei punti resta escluso.

Si possono tentare molte varianti di questo approccio,tutte ugualmente insoddisfacenti. La mente a questopunto entra in uno stato di frustrazione e più soluzionitenta, più si sente frustrata. Nella lezione della settimanaseguente, chiediamo a tutte le persone che nonconoscono la risposta di osservare attentamente leproprie reazioni mentre un volontario disegna lasoluzione sulla lavagna.

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Il momento in cui scopri (o ti viene mostrata) lasoluzione di questo problema, specialmente se ci hailottato per un po' di tempo, può essere una piccolailluminazione. La sorpresa sta nel rendersi conto che lasoluzione consiste nell'estendere le linee al di là deiconfini del quadrato immaginario formato dai novepunti. Nulla nella formulazione del problema te loimpediva: ma la tendenza automatica della mente èquella di 'restringere il campo' del problema al quadratoformato dai nove punti, anziché contemplare tutte lepossibilità fornite dall'intera superficie del foglio.

Il problema dei nove punti mostra che a volte, perchésia possibile risolvere certi problemi, occorre guardarliin una prospettiva più ampia. Occorre cogliere larelazione che lega le varie parti isolate del problema, sucui si è concentrata la nostra attenzione, all'insieme piùampio a cui appartengono. Questa è quella che vienedetta una 'visione sistemica'.

Se non identifichiamo correttamente il sistema nellasua interezza, non raggiungeremo mai una soluzionesoddisfacente del problema perché ci sfuggirà sempre unaspetto cruciale, quello della totalità.

Il problema dei nove punti ci insegna che, perrisolvere certi tipi di problemi, dobbiamo imparare aespanderci al di là dei nostri modi abituali di vedere, dipensare e di agire. Se non lo facciamo, i nostri tentativi disoluzione vengono frustrati dai nostri stessi pregiudizi epreconcetti. L'incapacità di abbracciare 'il sistema' nelsuo insieme ci impedisce di vedere altre scelte e nuovi

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approcci possibili. In questo modo creiamo da noi inostri limiti, attraverso i nostri stessi processi dipensiero. Senza poi renderci conto, o dimenticandoci, diessere stati noi a crearli, e ritrovandoci prigionieri diquei limiti che ci appaiono insuperabili.

Salute, interezza, medicina e meditazione

Forse non ti sorprenderà scoprire che la parola inglesehealth (salute) è legata a whole (intero). L'interezza implicaintegrazione, interconnessione di tutte le parti di unsistema o di un organismo, completezza. L'interezza èper sua natura sempre presente. Anche una persona a cuiè stato amputato un braccio o che ha perso qualche altraparte del corpo o che si trova di fronte alla morte a causadi una malattia incurabile, resta semprefondamentalmente intera. Ma per vivere la propriainterezza, dovrà affrontare l'esperienza della perditafisica o del significato della prognosi fatale. Questocertamente comporterà cambiamenti profondi nella suavisione di sé, del mondo, del tempo e anche della vitastessa. È questo processo di affrontare le cose così come sonoche costituisce il processo di i guarigione.

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Se ogni organismo vivente è una totalità in sé, esso èanche immerso in una totalità più ampia. Il nostro corpoè una totalità; ma, come abbiamo visto, scambiacontinuamente materia ed energia con l'ambiente. Perciòesso è completo, ma anche in costante mutamento. Esso èimmerso in una totalità più ampia: l'ambiente, il pianeta,l'universo. Vista in questa luce, la salute è un processodinamico, non è qualcosa che si 'ottiene' e si trattiene.

L'idea di totalità è contenuta non solo nelle parolehealth e healing (salute e guarigione), oltre che,naturalmente, nella parola holy (santo), ma anche neisignificati profondi delle parole 'meditazione ' e'medicina'. David Bohm, un fisico teorico il cui lavoro ècentrato sull'idea di totalità, indica l'etimologia dientrambe queste parole nel latino mederi (curare), che asua volta deriva da una radice indoeuropea che significa'misurare'.

Quest'ultima connessione può a prima vista risultaresorprendente. Che cosa ha a che fare il concetto di misuracon quelli di meditazione e medicina? Nulla, sepensiamo alla misura come confronto fra le dimensionidi un oggetto e quelle di un campione standard esterno.Ma 'misura' ha anche un altro significato, più platonico,corrispondente all'idea che tutte le cose hanno, per usarele parole di Bohm, la loro 'giusta misura interna', che lerende quello che sono, che dà loro le loro proprietà. Lamedicina, in questa luce, appare come l'arte diripristinare la 'giusta misura interna', quando essa èalterata dalla malattia o da una lesione.

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E la meditazione, dallo stesso punto di vista, è ilprocesso di percezione diretta della 'giusta misurainterna' del proprio essere, attraverso un'introspezioneattenta e non giudicante. La 'giusta misura interna' inquesto contesto è semplicemente un altro nomedell'interezza, della totalità. Allora, non è dopotutto cosìstravagante trovare in un grande ospedale moderno, unaclinica il cui lavoro è basato sulla meditazione.

Il problema dei nove punti suggerisce che il modo incui guardiamo un problema, e più in generale il modo incui percepiamo noi stessi e il mondo, influisceprofondamente su quello che ci è possibile.

Vedere con gli occhi della totalità, significariconoscere che niente accade isolatamente e che iproblemi vanno considerati nel loro contesto globale. Inquesto modo, possiamo percepire la rete diinterconnessioni sottostante alla nostra esperienza escioglierci in essa.

Vedere in questo modo porta alla guarigione. Ci aiutaa riconoscere che siamo esseri straordinari e miracolosi,senza perdere di vista il fatto che, contemporaneamente,non siamo niente di speciale, semplicemente parti di unatotalità più ampia in costante evoluzione, onde del mareche si sollevano e ricadono in quel breve attimo chechiamiamo una vita.

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Guarire

Trasformazioni

Quando, nel descrivere le esperienze delle personeche frequentano la clinica per lo stress, parlo diguarigione, alludo soprattutto a una profondatrasformazione della loro visione. Questa trasformazioneè legata all'incontro con la propria interezza, attraverso lapratica della meditazione.

Quando, nella calma di un attimo, cogliamo un lampodella nostra completezza; quando, durante l'esplorazionedel corpo o la meditazione seduta o lo yoga, ci viviamocome interi e nello stesso tempo appartenenti a unatotalità più ampia, comincia a farsi strada un modoprofondamente nuovo di affrontare i nostri problemi e lanostra sofferenza.

Questa nuova visione crea un contesto del tuttodiverso in cui esaminare e affrontare i nostri problemi,per quanto gravi possano essere. È il passaggio dallapercezione di ciò che è frammentario e isolato, a quelladella totalità e della connessione. Con questocambiamento di prospettiva, passiamo dal sentirci inbalia degli eventi e senza speranza (impotenti epessimisti) a un senso di possibilità, di accettazione, dipace e di centratura.

Guarire comporta sempre una trasformazione del

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modo di vedere e di sentire. A volte, ma non sempre, èanche accompagnato da una sostanziale riduzione deisintomi e da un miglioramento delle condizioni fisichedella persona.

Questa trasformazione, quando le persone siimmergono nella pratica della consapevolezza, puòavvenire in molti modi diversi.

Alcuni hanno, durante la meditazione, esperienzeimprovvise e drammatiche che li portano a nuovi modidi vedere se stessi e il mondo. Più spesso, la gentedescrive la propria esperienza di meditazione parlandosemplicemente di momenti di profondo rilassamento edi fiducia. A volte quei momenti non sembrano neppureparticolarmente importanti, sul momento. Letrasformazioni graduali che si producono attraverso lapratica della consapevolezza possono essere moltosottili. Eppure sono spesso altrettanto, o anche più,profonde di quelle drammatiche e improvvise.

Spettacolari o impercettibili, questi cambiamenti diprospettiva corrispondono al fatto che cominciamo avedere con gli occhi della totalità. In essi troviamo lacapacità di agire con maggiore equilibrio e sicurezza nelmondo, specialmente in situazioni di stress o dolore. Giànella prima settimana del corso, Phil, un camionistacanadese quarantasettenne che si era prodotto unalesione alla schiena tre anni prima, a causa di unincidente di sollevamento, ebbe un'esperienza notevoledurante l'esplorazione del corpo.

Stava facendo la meditazione a casa. Il dolore alla

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schiena era intenso e Phil pensò: «Oh mio dio, non so sece la faccio a fare questa cosa». Ma, siccome aveva presol'impegno con se stesso di tentare il tutto per tutto,continuò.

Dopo una ventina di minuti, cominciò a sentire 'ilrespiro diffuso in tutto il corpo' e si trovò completamenteassorbito in quella straordinaria sensazione che tutto ilsuo corpo respirasse. Si disse: «Fantastico!» Poi si accorsedi un'altra cosa: non provava più nessun dolore.

Durante quella settimana, ogni volta che ripetèl'esplorazione del corpo, ritrovò la stessa esperienza.Phil arrivò alla seconda lezione raggiante. La secondasettimana fu esattamente il contrario. Niente funzionavapiù. Phil continuò a praticare l'esplorazione del corpoogni giorno, ma il dolore era forte come sempre. Nessuntentativo riusciva a far tornare le sensazioni che avevaprovato la prima settimana.

Nella lezione seguente io gli suggerii che forse stavasforzandosi troppo di ritrovare le esperienze dellasettimana precedente. Forse ora era entrato in una lottacontro il suo dolore, cercando di liberarsene per ritrovarequelle sensazioni piacevoli.

Phil andò a casa, deciso a esplorare questosuggerimento e a lasciare che nella meditazioneaccadesse quel che doveva accadere, senza cercare diarrivare a nessuno scopo particolare. Da quel momentole cose andarono più lisce. Non appena ebbe smesso dilottare con il dolore, riuscì di nuovo a concentrarsi e asentirsi calmo durante l'esplorazione del corpo. Scoprì

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che l'intensità del dolore diminuiva mano a mano che lasua concentrazione si approfondiva. Di solito, egli disse,il dolore era ridotto a circa la metà, a volte anche meno,alla fine dei quarantacinque minuti.

Un cammino personale

Alcuni, come Phil, hanno immediatamente esperienzepotenti praticando l'esplorazione del corpo. Ma per altri,possono passare anche diverse settimane prima cheprovino un po' di rilassamento o incontrino una nuovaprospettiva. Tuttavia, se indaghiamo a fondo, scopriamoche per tutti sotto la superficie qualcosa di positivosuccede, se praticano regolarmente l'esplorazione delcorpo durante le prime due settimane del corso.

A volte la trasformazione si manifesta solo quando sipassa alla pratica dello yoga: l'uso più attivo del corpo faemergere un cambiamento di prospettiva, che si è andatocostruendo gradualmente nell'inconscio durante lesettimane del lavoro con l'esplorazione del corpo.

Alla fin fine, il processo di guarigione hacaratteristiche diverse per ciascuno. Guarire è sempreun'esperienza unica e profondamente individuale.Ciascuno di noi, sano o malato, deve affrontare leparticolari circostanze della sua vita, trovare la propriavia.

La pratica della meditazione, intrapresa in uno spiritodi autoesplorazione e autoindagine, trasforma la nostra

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capacità di affrontare e abbracciare l'intera catastrofe'. Maperché questa trasformazione avvenga nella tua vita,occorre che tu ti prenda la responsabilità di adattare lapratica in modo da farla tua, in modo da 'possederla', inmodo che corrisponda alla tua vita e ai tuoi bisogni. Letue scelte particolari dipenderanno dalle circostanzedella tua vita e dal tuo temperamento.

Qui entra in gioco la tua immaginazione e creatività.Come abbiamo visto, la meditazione è, prima di tutto, unmodo di essere. La guarigione nasce dalla pratica dellameditazione come modo di essere. È molto più difficile chela meditazione porti alla guarigione se cerchi diservirtene come strumento per arrivare a un fine, anchese quel fine è 'ritrovare la tua interezza'.

Nella prospettiva della meditazione, d'altronde, sei giàintero. Perciò che senso ha cercare di diventare quello chegià sei? Quel che occorre soprattutto è abbandonarsi allasfera dell'essere. Questo è ciò che guarisce,fondamentalmente. Nella clinica, ci stupiamocontinuamente dei molti modi in cui i nostri pazientiadattano la pratica alla propria vita e degli effettiimprevedibili che ne risultano. La maggior parte di loroarriva alla clinica per imparare a rilassarsi. Ma spesso sene vanno trasformati oltre ogni iniziale speranza. Hector,per esempio, il lottatore portoricano arrivato alla clinicaperché soggetto a frequenti accessi d'ira incontrollabili ea forti dolori al petto, al momento di andarsene eracapace di un autocontrollo molto maggiore, ma avevaanche scoperto in sé una delicatezza e sensibilità

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profonda che in precedenza non si era mai accorto diavere. Bill è arrivato alla clinica anni fa, suraccomandazione del suo psichiatra. Faceva il macellaioed era rimasto vedovo, padre di sei figli, dopo il suicidiodella moglie. Bill è ora vegetariano e mi ha confidatorecentemente: «Jon, la pratica mi ha approfondito alpunto che non sono più neanche capace di mentire!»Attualmente sta avviando un proprio gruppo dimeditazione.

Edith ha imparato a meditare nel programma diriabilitazione polmonare, per cercare di controllare lecrisi in cui le mancava il respiro. In seguito ha portatoavanti la pratica per conto proprio e anni dopo mi hadetto di essersene servita per controllare il doloredurante un intervento di cataratta, quando i medici,dopo averle detto all'ultimo momento di non poterlepraticare l'anestesia generale per via della sua malattiapolmonare, avevano cominciato a infilarle aghinell'occhio.

Nat era un uomo d'affari di mezza età, gravementeangosciato per via di una grave ipertensione anche sottofarmaci (era stato licenziato dal lavoro due settimaneprima) e dell'esito positivo di un test Hiv, dopo che lamoglie aveva contratto l'Aids (presumibilmente in unatrasfusione sanguigna ricevuta durante un'operazione diappendicite) e ne era morta.

Era in condizioni così precarie che un'infermiera loaccompagnò personalmente all'ufficio della clinica peraccertarsi che si iscrivesse al corso. Otto settimane dopo,

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la sua pressione sanguigna era tornata normale, riuscivaa controllare molto meglio il suo temperamentoirascibile, aveva una relazione migliore con il propriounico figlio e guardava la vita con ottimismo, malgradoil test Hiv–positivo. Edward è un giovane malato diAids. Non ha saltato un solo giorno di pratica in sei mesi.Ora non ha più i nervi a fior di pelle sul lavoro.Recentemente ha provato a servirsi del respiro per tenerea bada la paura del dolore durante uno dei periodicicontrolli del midollo osseo a cui viene sottoposto, e nonha sentito alcun dolore.

Nessuno di questi 'risultati' era prevedibile. Eppuresono venuti tutti direttamente dalla pratica dellameditazione.

Naturalmente un aspetto del tuo appropriarti dellapratica, come vedremo, consiste nel fare attenzione a tuttii particolari della tua vita che possono direttamenteinfluenzare la tua salute. Per esempio, l'alimentazione,l'esercizio fisico, abitudini dannose come il fumo, l'alcolo l'abuso di sostanze stupefacenti, atteggiamenti negativicome l'ostilità o il cinismo, e tutta la particolarecostellazione di stress e difficoltà che ti trovi adaffrontare. Coltivare la consapevolezza in tutti questiambiti, nutre il processo di trasformazione personale chederiva dalla pratica della meditazione.

Guarire è sempre possibile

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Guarire, nel senso in cui intendo questa parola, nonsignifica Venire curati' per una malattia. Come vedremonel prossimo capitolo, ci sono ben poche cure per lemalattie croniche e per i disturbi legati allo stress. Puòessere possibile o meno curarci per una certa malattia oinvalidità; ma è sempre possibile guarire. Guarire, inquesto senso, significa rapportarci in modo diverso allanostra malattia, alla nostra invalidità, perfino alla nostramorte, imparando a guardarla con gli occhi della totalità.Come abbiamo visto, questa possibilità nasce dallapratica di certe arti fondamentali, come quella di entrarein noi stessi e immergerci in stati di profondorilassamento, e quella di vedere e trascendere le nostrepaure e i confini del nostro corpo e della nostra mente.

Nei momenti di profonda quiete ti accorgi di esseregià intero, già completo nel tuo essere, anche se il tuocorpo prova dolore, o ha il cancro, una malattia cardiacao l'Aids, anche se non sai quanto tempo hai ancora davivere o quali esperienze dolorose ti aspettano.

Le esperienze di interezza, di totalità, sono accessibiliai malati cronici esattamente come alle persone sane. Inqueste esperienze, nei momenti in cui sei collegato con iltuo essere, spesso provi una tangibile sensazione diessere più ampio della tua malattia e dei tuoi problemi.Perciò, sentire che hai 'fallito' se, dopo aver praticato perun certo tempo la meditazione, provi 'ancora' dolore ohai 'ancora' una malattia cardiaca, il cancro o l'Aids,significa fraintendere completamente il senso dellapratica. Non meditiamo per fare scomparire nulla. Sia che

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siamo fondamentalmente sani, sia che abbiamo unamalattia terminale, nessuno di noi sa quanto tempo ha davivere. La vita si svolge di momento in momento. Laconsapevolezza guarisce insegnandoci a vivere ciascunmomento il più pienamente possibile.

Un giorno, mentre stava meditando, una donna con uncancro al seno ebbe la chiara percezione di non essere ilcancro. In un attimo sentì vividamente che lei era latotalità della persona; il cancro era soltanto un processoin corso nel suo corpo.

Fino a quel momento la sua vita era stata corrosadall'identificazione con la malattia e con la condizione di'malata di cancro'. Rendersi conto di 'non essere il cancro'la fece sentire più libera. Riuscì a pensare alla propriavita con più chiarezza, e decise di usare il cancro comestimolo a crescere e a vivere più pienamente il tempo chele restava da vivere.

Impegnandosi a vivere ogni momento della propriavita il più pienamente possibile e ad usare il cancro,anziché rimproverarsi di averlo, aveva posto lecondizioni per guarire, per affrontare le cose nella lororealtà e per dissolvere i confini. Si rendeva conto che,malgrado nutrisse la speranza che questo approcciopotesse influire positivamente sul cancro stesso, nonc'era nessuna garanzia che il tumore sarebbe regredito oche avrebbe vissuto più a lungo. Ma il suo impegno avivere più consapevolmente non era in funzione di queirisultati: era legato al desiderio di vivere la vita il piùpienamente possibile in ogni caso. E, nello stesso tempo,

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voleva restare aperta alla possibilità che il suo nuovoatteggiamento verso la vita potesse influirepositivamente anche sulla sua malattia.

Mente e risposta immunitaria

Ci sono indicazioni sempre più consistenti della realtàdi una tale possibilità. Nel corso dell'ultimo decennio ènata una nuova disciplina, detta psiconeuroimmunologia, oPNI, molto ben descritta in termini divulgativi nel libroThe Healer Within (Il guaritore interno) di Steven Locke,della Harvard Medicai School, e Douglas Colligan. Glistudi in questo nuovo campo indicano che i numerosi eraffinati meccanismi di difesa dell'organismo checostituiscono il sistema immunitario, sono regolatialmeno in parte, come il termine'psiconeuroimmunologia' suggerisce, dal sistemanervoso. E il sistema nervoso, ovviamente, è il sostratofisico della vita della mente. Questo significa che lascienza ha, oggi, almeno un'ipotesi di lavoro plausibileper spiegare come i nostri pensieri e le nostre emozionipossano, in certe circostanze, influenzare la nostrasuscettibilità alla malattia.

Molti studi recenti hanno mostrato che le esperienzedi vita stressanti tendono a influire sull'attività delsistema immunitario. Janice Kielcot–Glaser, Ron Glaser ecolleghi, dell'Ohio State University College of Medicine,hanno mostrato che negli studenti di medicina l'attività

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delle cellule naturai killer (NK) calava e risaliva inmaniera correlata con la maggiore o minore pressione acui erano sottoposti nel corso dei loro studi. Durante gliesami, l'attività delle cellule NK e altre funzioniimmunitarie risultavano ridotte in confronto ai livelli 'ariposo'. Gli stessi ricercatori e altri, hanno mostrato ancheche separazioni, divorzi e situazioni di solitudine sonospesso associati a una funzionalità immunitaria ridotta; eche la pratica di tecniche di rilassamento può avereeffetti benefici. Si ritiene che alcune delle funzioniimmunitarie misurate in questi studi, per esempiol'attività delle cellule NK, svolgano un ruolo importantenella difesa dell'organismo dal cancro e dalle infezionivirali.

Molti esperimenti su animali, suggeriscono checondizioni di stress gravi producono carenze nellafunzionalità immunitaria e una diminuita resistenza alcancro e ai tumori. Recentemente, anche alcuni studicondotti su esseri umani indicano connessioni notevolifra stress, carenze immunitarie e malattie come il cancro.Un tema importante per la ricerca futura, sarà la misurain cui la mente può influire direttamente sulla guarigionedi specifiche malattie, non soltanto attraverso icambiamenti di stile di vita che può produrre, perquanto importanti essi possano essere, ma ancheinfluenzando il funzionamento del sistema immunitario.Secondo Robert Ader, della Rochester UniversityMedicai School, tuttavia, non è ancora dimostrato inmaniera conclusiva che i cambiamenti nelle funzioni

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immunitarie, osservati negli studi su esseri umani,possano essere messi in rapporto con l'incremento o ildecremento di patologie specifiche. Perciò, è bene esserecauti nel valutare il significato dei risultati finoraottenuti. Sarà interessante vedere che cosa ci porterà laricerca futura in questo campo in rapida espansione.Nella University of Massachusetts Medicai Schoolabbiamo condotto un esperimento, tendente a mettere inluce un effetto diretto della mente su un processo diguarigione specifico. In collaborazione con JeffreyBernhard e i suoi colleghi della divisione didermatologia e con Jean Kristeller della divisione dimedicina comportamentale, abbiamo studiato un gruppodi persone affette da psoriasi. La psoriasi è una malattiadella pelle in cui le cellule cutanee hanno uno sviluppoanomalo, formando chiazze squamose. L'estensione dellamalattia subisce delle variazioni, che appaiono correlatecon stress emotivi e con altri fattori. La terapia standard èun trattamento con luce ultravioletta, detto fototerapia, cherallenta la crescita delle cellule cutanee. Il paziente sta inpiedi, nudo, in una scatola cilindrica simile a una cabinatelefonica, le cui pareti sono interamente coperte dalampade a luce ultravioletta. I trattamenti avvengono disolito tre volte la settimana e sono di durata crescente. Civogliono di solito molte sessioni perché la pelle si risanicompletamente.

Nel nostro studio, ventitré persone affette da psoriasia cui era stato prescritto il trattamento fototerapico, sonostate assegnate in modo casuale a due gruppi. Ai

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membri di un gruppo è stato insegnato a concentrarsi sulrespiro e a fare attenzione alle sensazioni corporeementre si trovavano nella cabina. Con il prolungarsidelle sessioni di fototerapia, a queste indicazioni è stataaggiunta quella di visualizzare il fatto che la luceultravioletta rallentasse la crescita delle loro cellulecutanee, ostacolando il meccanismo della lorosuddivisione. I pazienti dell'altro gruppo, invece,ricevevano semplicemente il trattamento fototerapicostandard, senza alcun particolare addestramentomentale. I risultati sono stati che, in un trattamento diquaranta sessioni durato dodici settimane, le chiazzecutanee dei meditatori sono guarite molto piùrapidamente di quelle dei non–meditatori. Alla fine deltrattamento, nel gruppo dei meditatori, in dieci personesu tredici le chiazze erano completamente scomparse,mentre lo stesso risultato era stato ottenuto da due solepersone su dieci, nel gruppo che aveva ricevuto il puro esemplice trattamento fototerapico. Pur essendo soltantoun esperimento preliminare, questo studio suggerisceche qualcosa nell'attività dei meditatoli abbia influitosulla guarigione, al di là del semplice effetto della luceultravioletta. Occorrerà ripetere questo esperimento econdurne altri simili, prima di poterlo interpretare concertezza come un esempio di effetto diretto della mentesulla guarigione. Allo stato attuale delle cose, ècomunque un risultato interessante e promettente.

Meditare per guarire?

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I risultati della psiconeuroimmunologia sono statiampiamente divulgati dalla stampa popolare. Avendoletto di ricerche come quelle a cui ho accennato, moltepersone malate di cancro o di Aids vogliono oraimparare a meditare, per aiutare il proprio sistemaimmunitario a combattere la malattia più efficacemente.È possibilissimo che la pratica della meditazione, e divisualizzazioni specifiche, possa influiresignificativamente sulla funzionalità del sistemaimmunitario; ma questa congettura, come abbiamonotato, è attualmente ancora lungi dall'essere dimostrata.

Dal nostro punto di vista, una persona che arriva allaclinica per lo stress con una forte aspettativa che lameditazione rafforzi il suo sistema immunitario, si trovapiuttosto ostacolata che agevolata nel suo processo diguarigione. Un investimento troppo forte in questo sensopuò essere un ostacolo, perché la qualità e lo spiritodella pratica sono facilmente corrosi da qualsiasiorientamento verso un fine. Se l'essenza dellameditazione è non fare, cercare di capovolgerla,mettendola al servizio di un tuo scopo, vuol diredistorcere quelle qualità di abbandono e di accettazioneche sono, a nostro avviso, il fondamento stesso dellaguarigione. E questo resterebbe vero, anche se fossedimostrato che la meditazione influisce direttamentesulla capacità del sistema immunitario, di combattereprocessi patologici.

Questo non vuol dire che non si possano includere,nella meditazione, pratiche con fini specifici. Ci sono

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innumerevoli modi per inglobare nella pratica,visualizzazioni e meditazioni con scopi particolari, comeper esempio nella meditazione della montagna,nell'esperimento sulla psoriasi citato sopra e nellameditazione sull'amore che vedremo fra poco. Tutte letradizioni di meditazione al mondo, si servono a volte divisualizzazioni per evocare particolari stati mentali. Cisono meditazioni sull'amore, su Dio, la pace, il perdono,l'assenza di sé, l'impermanenza, la sofferenza; e ci sonomeditazioni sull'energia, gli stati del corpo, le emozioni,la compassione, la generosità, la saggezza, la morte e,naturalmente, la guàrigione. L'uso di immagini, e il fattodi indirizzare la propria energia e attenzione verso finispecifici, sono parte integrante di tutte queste pratiche.

Ma è importante sottolineare che sono tutte praticheparticolari, intraprese nell'ambito di una disciplinasistematica e nel contesto della meditazione come modod'essere.

Se le adottiamo come tecniche isolate a cui ricorrerequando stiamo male o vogliamo qualcosa,inevitabilmente trascuriamo questo contesto più ampio.Anzi, in genere non ci accorgiamo nemmeno che esista.In ogni caso, la saggezza e il potere contenuti nellaprospettiva del 'non fare' vanno perduti e con essi anchel'efficacia più profonda delle specifiche visualizzazioni.In questo approccio c'è poca saggezza e potenzialmentemolte frustrazioni, delusioni e molto spreco di energia.

Io credo che, per essere efficace ai fini dellaguarigione, l'uso delle visualizzazioni debba essere

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integrato in un contesto più ampio, che riconosca e onoriil non fare e il non cercare risultati. Altrimenti gli esercizidi visualizzazione possono facilmente degenerare infantasie e perdere la saggezza e il potere di guarigionedella semplice pratica della consapevolezza.

Anche quando il fine è il controllo dell'ipertensione,che si può ottenere attraverso la meditazione, come varistudi clinici hanno dimostrato, non è saggio meditareprimariamente per quello scopo. Ciò tende a rendere lameditazione meccanica e troppo governata dallecategorie di 'successo' e 'insuccesso'. Nella clinica per lostress, noi riteniamo che sia più efficace semplicementepraticare regolarmente e lasciare che la pressionesanguigna si regoli da sé. In base alle nostre esperienze,crediamo che una riduzione dei sintomi si verifichi piùfacilmente se nella pratica coltivi attivamente il non fare,anziché preoccuparti di sintomi particolari o dell'attivitàdel tuo sistema immunitario. Ai pazienti che arrivanoalla clinica, sia che soffrano di ipertensione, cancro oAids, diciamo che va benissimo nutrire la speranza dicontrollare la propria pressione o di migliorare lafunzionalità del proprio sistema immunitario, così comeva bene voler imparare a rilassarsi. Ma dal momento incui decidono di seguire il corso, bisogna che mettano daparte i loro obiettivi e si dedichino alla pratica in sé e persé. Se poi la loro pressione decresce, l'attività delle lorocellule NK aumenta o il dolore diminuisce, tanto meglio

Vogliamo che i nostri pazienti sperimentino lepossibilità del loro corpo e della loro mente, liberi dalla

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pressione di ottenere un certo effetto fisiologico in uncerto lasso di tempo. Per portare un senso di calma allamente e al corpo, occorre che siamo disposti a smetteredi volere qualsiasi cosa, ad accettarci e ad accettaresemplicemente le cose così come sono, con cuore apertoe ricettivo. Questa pace e questa accettazione sonol'essenza sia della saggezza sia della guarigione.

Meditazione sull'amore

L'energia di guarigione può essere diretta anche versoaltre persone, oltre che verso il tuo corpo. E questo è,nello stesso tempo, un modo molto efficace per guarirete stesso, perché empatia, compassione e amore hannoun effetto purificante sulla mente. Quando questisentimenti positivi vengono evocati in una mente resarelativamente calma e stabile dalla meditazione, essipossono venire efficacemente diretti verso altre persone.

Nella giornata di meditazione del corso per lariduzione dello stress, includiamo una meditazionesull'amore per permettere alla gente di sperimentare lapotenza di sentimenti di bontà, generosità, amore eperdono in una mente calma e concentrata.

La risposta è invariabilmente commovente: vengonoversate molte lacrime, di gioia e di dolore. Questameditazione tocca in molti cuori una corda moltoprofonda. Può aiutarci a coltivare emozioni positive e alasciare andare vecchi odi e rancori. Abbiamo già

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incontrato nel capitolo 'Una giornata di consapevolezza',alcune esperienze di partecipanti a questa meditazione.

Cominciamo la meditazione sull'amore, stabilizzandoe calmando la mente con la consapevolezza e con ilrespiro. Poi evochiamo coscientemente sentimenti dia mo re verso noi stessi, magari dicendo internamentequalcosa come: «Possa io essere libero dall'ira edall'odio; possa io essere pieno di compassione e ditenerezza verso me stesso».

Poi evochiamo l'immagine di qualcun altro, magariuna persona che ci è cara. Possiamo visualizzareinteriormente quella persona o sentirla presente nelnostro cuore, mentre le auguriamo felicità: «Possa egli, oella, essere felice; possa essere libero, o libera, dal doloree dalla sofferenza; possa egli, o ella, provare amore egioia». Continuiamo, includendo anche altre persone checi sono vicine e che amiamo: genitori, figli, amici.

Poi individuiamo una persona con cui abbiamo unrapporto difficile, magari qualcuno che non ci piace everso cui non proviamo sentimenti amichevoli.Intenzionalmente coltiviamo sentimenti di compassione,bontà e generosità verso quella persona, abbandonandoil nostro risentimento e la nostra antipatia e ricordandociinvece di guardarla come un essere intero, che meritaamore e tenerezza, un essere che prova dei sentimenti,che prova dolore e ansia, che prova sofferenza.

Se quella persona ci ha fatto del male, deliberatamentela perdoniamo nel nostro cuore, lasciando cadere lanostra ira, il nostro rancore e il sentirci feriti; lasciando

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cadere il nostro attaccamento ad avere ragione e ilsentirci giustificati nel non amarla. E anche le chiediamodi perdonarci se, consciamente o inconsciamente, leabbiamo fatto del male.

Puoi fare questo con persone vive o morte.Perdonando e chiedendo perdono, il tuo cuore puòprovare un profondo senso di liberazione da emozioninegative che lo hanno appesantito a lungo. È per lamente e per il cuore un profondo processo dipurificazione, di accettazione delle cose così come sono,di distacco da sentimenti e ferite del passato.

Poi continuiamo a dirigere il nostro amore verso altri,magari verso persone che sentiamo meno fortunate dinoi e che potrebbero aver bisogno di energia positiva.Possiamo espandere il campo del nostro amore ancora dipiù, irraggiando la nostra tenerezza verso tutti coloro chesoffrono, che sono oppressi, che hanno bisogno di affettoe di cure. E la meditazione può allargarsi anche oltre:possiamo dal nostro cuore irraggiare amore e tenerezzain tutte le direzioni, abbracciando tutti gli esseri viventisul pianeta terra, e, se vogliamo, lo stesso pianetavivente.

Alla fine ritorniamo al nostro corpo, ritorniamo alrespiro e concludiamo la meditazione cullando nelnostro cuore i nostri sentimenti di calore, generosità eamore verso tutti gli esseri.

Questa meditazione mi è sempre sembrata un po'strana e artificiosa finché non l'ho provata e non ne hoconstatato la potenza. Praticata regolarmente, ti aiuta a

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essere più generoso con te stesso e con gli altri, e avedere tutti gli esseri come degni di compassione e ditenerezza. Allora, anche quando sorgono dei conflitti, latua mente riesce a vedere chiaramente la situazione e iltuo cuore non si chiude in sentimenti egoistici che sono,in senso ultimo, autodistruttivi.

In sintesi, la guarigione è una trasformazione del tuomodo di vedere, piuttosto che una cura di certi sintomi.Comporta il riconoscimento della tua interezza e, nellostesso tempo, del tuo essere connesso a ogni altra cosa.Soprattutto, comporta il sentirti in pace con te stesso.Come abbiamo visto, e come vedremo più a fondo neiprossimi capitoli, questo può dar luogo anche a unradicale miglioramento nei sintomi e ad una nuovacapacità di generare salute e benessere.

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Medici, pazienti, persone

Successi e limiti della medicina moderna

La medicina e le scienze biologiche sono oggi inrapida evoluzione. Sappiamo di più sulla struttura e sulfunzionamento degli organismi viventi di quantoabbiamo mai saputo in passato. Le ricerche biologicheprocedono a ritmo febbrile e ogni giorno portano anuove scoperte.

Dal 1944, anno in cui il DNA è stato identificato comeportatore dell'informazione genetica, la biologiamolecolare ha rivoluzionato la pratica della medicina,fornendole una base scientifica che si è rivelataimmensamente feconda e continua a essereestremamente promettente.

Oggi abbiamo una certa comprensione della basegenetica e molecolare di varie malattie. Sappiamo che lenostre cellule contengono dei geni, detti protooncogeni,che controllano certe funzioni normali della cellula, maquando vengono alterati da una mutazione possono darluogo alla crescita di un tumore. Disponiamo di unarsenale raffinato e in continua espansione di farmaci,per curare molte malattie infettive e per regolare varierisposte fisiologiche dell'organismo quando diventanoeccessive. Siamo in grado di prevenire e curare lemalattie cardiache molto meglio di dieci anni fa. Per

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esempio, se riusciamo a intervenire in tempo su unapersona che ha un infarto in atto o che lo ha appenaavuto, possiamo iniettare nel flusso sanguigno enzimispecifici (streptochinasi o TPA) che dissolvono il grumodi sangue nell'arteria coronarica e riduconoconsiderevolmente i danni al miocardio.

Negli ultimi vent'anni abbiamo acquisito unasofisticata tecnologia diagnostica computerizzata,comprendente l'ecografia, la tomografia assialecomputerizzata (TAC), la tomografia con emissione diprotoni (PET) e la risonanza nucleare magnetica (MRI),che consente ai medici di guardare dentro il corpoumano e di osservarne il funzionamento in variecircostanze. Progressi analoghi si sono verificati nellachirurgia. L'uso del laser in operazioni oculistiche, peresempio per riparare il distacco di retina, è ormaiabituale. Esistono articolazioni artificiali che possonosostituire quelle del ginocchio o dell'anca di persone chesoffrono di forme gravi di artrite, permettendo loro dicamminare senza dolore. Gli interventi di bypasscardiaco e perfino i trapianti di organi sono ormai eventinormali. Tuttavia, pur avendo conoscenze più estese chein passato, pur disponendo di tecniche migliori per ladiagnosi e la cura di molte malattie, c'è ancora un campoimmenso che resta sconosciuto. Non si può dire che lamedicina moderna sia sul punto di mandare in pensionei medici, sradicando la malattia. Malgrado i rapidiprogressi della genetica, della biologia molecolare ecellulare e della neurofisiologia, la nostra comprensione

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degli organismi viventi, anche i più semplici, è ancorarudimentale. E quando arriviamo al dunque, allacapacità della medicina di curare certi malati, scopriamodei limiti molto reali e grandi zone di ignoranza.

È naturale aver fede nella medicina moderna, dati isuoi successi spettacolari. Ma nello stesso tempo, spessotendiamo a sopravvalutare quello che la medicina sa epuò fare. A volte ne scopriamo i limiti molto reali soloquando è il nostro corpo, o quello di una persona cheamiamo, a soffrire o essere ammalato. Allora magari cisentiamo delusi, frustrati o adirati per via delladiscrepanza fra le nostre aspettative e le possibilità realidella medicina. Ma è di solito ingiusto incolpare unsingolo medico, o un gruppo di medici, di quelli chesono i limiti della medicina: Tutto sommato, ci sono benpoche cure disponibili o in vista per molte formecroniche di dolore e per le malattie croniche, che sonotuttavia fra le cause fondamentali di sofferenza,invalidità e morte nella nostra società. È molto meglio,quando è possibile, prevenire queste condizioni chetrovarsi a doverle curare. Ci sono poi molte malattie lecui cause sono, sconosciute; e altre le cui cause sonolegate a fattori sociali sui quali, sia l'individuo sia lamedicina come essa è attualmente concepita eorganizzata, hanno ben poche possibilità di influire:povertà, sfruttamento, condizioni di lavoro nocive,situazioni ambientali tossiche e stressanti, abitudiniculturali dannose.

Sappiamo parecchio sulla biologia molecolare di certe

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forme di cancro e per alcune di esse vi sono anchetrattamenti efficaci. Ma la maggior parte delle forme dicancro sono ancora pochissimo capite e non hanno cureefficaci. Tuttavia, anche in quei casi ci sono persone chesopravvivono molto più a lungo del previsto. A volte siè verificata una regressione e completa scomparsa deltumore, anche senza alcuna cura medica. La medicinanon sa quasi nulla del perché o del come questo succede.Eppure sappiamo che succede: questo fatto, in se stesso,può essere motivo di speranza per quelle persone chehanno esaurito le possibilità della medicina moderna.

Importanza dei fattori psicosociali

La maggior parte dei medici riconosce il ruolo dellamente e dei fattori sociali nella guarigione. Spesso imedici parlano di Volontà di vivere' e molti di lorol'hanno osservata nei loro pazienti. Tuttavia nessuno lacapisce e si tende a invocarla in maniera un po' magica,di solito quando tutte possibilità terapeutiche sono stateesaurite: «Non c'è più niente che siamo in grado di fare,ma può ancora accadere un miracolo. Ci sono miracoliche la medicina non è in grado di spiegare ò diprovocare.»

D'altro canto, se la persona è convinta di stare permorire e perde ogni speranza, questa rassegnazione diper sé diminuisce le probabilità di ripresa. Si è osservato,in vari casi, che quanto una persona è motivata a vivere

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influisce sulla sopravvivenza. L'atteggiamento emotivo eil sostegno della famiglia e degli amici, hanno anch'essiun effetto importante sulla capacità di recupero di unapersona gravemente malata.

Eppure, fino a ieri, ai medici non veniva insegnato adaiutare i pazienti a mobilitare le loro risorse interne perguarire; e neppure a rendersi conto di quando il lorostesso comportamento di medici sabotava proprio quellerisorse cruciali per il paziente.

Troppo spesso la raffinatezza scientifica e tecnologicadella medicina moderna si accompagna a un approccioimpersonale al paziente, come se la conoscenza medicafosse tanto potente di per sé, da rendere la comprensionee la collaborazione del paziente, nel trattamento, fattoridi importanza marginale. Quando un medico assumequesto atteggiamento, quando fa sentire un paziente,direttamente o indirettamente, inadeguato, ignorante o,peggio, in qualche modo colpevole per il fatto di esseremalato o di non rispondere al trattamento in manierasoddisfacente, quando i sentimenti della personavengono semplicemente ignorati, ci troviamo di fronte aesempi di cattiva pratica medica. George Engel, professoremeritus alla University of Rochester Medicai School, dalungo tempo si batte per una formazione dei medici cheinsegni loro a osservare i pazienti con la stessa cura e lostesso rigore scientifico che di solito dedicano all'esamedei risultati di laboratorio e delle radiografie. Il dottorEngel è uno dei maggiori sostenitori di un nuovomodello di pratica medica, detto modello biopsicosociale,

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che tiene conto dell'impatto dei fattori psicologici esociali sulla salute e sulla malattia, e adotta unaprospettiva sistemica, trattando il paziente come unapersona intera. Messi a punto oltre dieci anni fa, i criteriproposti da George Engel stanno influenzando tutta unagenerazione di giovani medici, che imparano a spingersioltre i limiti del modello tradizionale nella loro praticamedica.

Fino a un decennio fa, l'effetto dei fattori psicologicisulla malattia fisica era sostanzialmente ignorato neicurriculum di studi di medicina, benché sia noto fin daitempi di Ippocrate che la mente svolge un ruolosostanziale, e a volte determinante, nella salute e nellamalattia. L'esclusione della sfera mentaledall'educazione dei medici corrispondeva, del resto, auna dicotomia più generale che ha caratterizzato ilpensiero occidentale fin dal diciassettesimo secolo,quando Cartesio introdusse la suddivisione della totalitàdell'essere nelle regioni separate di 'corpo' (soma) e'mente' (psyche).

Questa è, a un certo livello, una semplificazioneefficace, ma spesso tendiamo a dimenticare che mente ecorpo sono separati solo astrattamente, dal punto di vistadel pensiero. Il dualismo cartesiano di mente e corpo hapermeato la cultura occidentale, fino al punto di mettereal bando l'intera sfera delle interazioni corpo–mentecome legittimo campo di ricerca scientifica. Solorecentemente, mano a mano che le debolezze delparadigma dualistico sono divenute evidenti, è iniziato

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un capovolgimento di tendenza.Una debolezza del modello standard della medicina

moderna è l'incapacità di spiegare come mai, fra personeesposte agli stessi agenti patogeni e nelle stessecondizioni ambientali, alcune si ammalano e altre no. Ledifferenze genetiche possono rendere conto in una certamisura di questa variabilità, ma chiaramente giocanoanche altri elementi. Secondo il modello biopsicosociale,fra questi elementi i fattori psicologici e sociali hanno unruolo importante. Essi includono le convinzioni el'atteggiamento della persona, la misura in cui si senteamata e appoggiata dalla famiglia e dagli amici, glistress psicologici e ambientali a cui è soggetta, e leabitudini. La scoperta dell'influenza dei fattoripsicologici sul sistema immunitario ha fornito almodello biopsicosociale un appoggio notevole,indicando un plausibile canale biologico per spiegarequeste interazioni mente–corpo.

La medicina comportamentale

Come abbiamo visto, il bisogno di concettualizzare lasalute e la malattia in un quadro più ampio di quellotradizionale, ha portato alla formulazione di un nuovoparadigma, che è ancora nella sua infanzia, ma ha giàripercussioni sostanziali sulla pratica della medicina.Una di queste ripercussioni è lo sviluppo di una nuovadisciplina, detta medicina comportamentale. La medicina

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comportamentale è stata introdotta istituzionalmente nel1977. Essa riconosce esplicitamente che mente e corposono profondamente interconnessi e che lo studio diqueste interconnessioni è di vitale importanza per unapiù piena comprensione della salute e della malattia. Èun approccio interdisciplinare che combina scienze delcomportamento e scienze biomediche, nella speranza cheil loro fecondarsi a vicenda fornisca un'immagine piùglobale dei processi della malattia e della guarigione diquanto possono fare le une o le altre separatamente.

La medicina comportamentale riconosce che le nostreabitudini di pensiero ed emotive hanno un ruoloimportante nella salute e nella malattia. Riconosce che leconvinzioni e gli atteggiamenti delle persone, riguardoal loro corpo e alla malattia, possono facilitare o meno laguarigione; e che, in generale, il modo in cui viviamo, ciòche pensiamo, che cosa facciamo esercitano un'influenzaimportante sulla nostra salute.

La medicina comportamentale offre nuove speranze aquelle persone che normalmente il sistema sanitario èincapace di aiutare, e che lascia spesso malate, frustrate eamareggiate. In programmi come quello della clinica perlo stress, i pazienti incontrano la possibilità di farequalcosa per se stessi, parallelamente agli approcci medicipiù tradizionali. In questi programmi essi imparano asviluppare strategie personali per affrontare i loroproblemi, anziché delegarli a 'esperti', da cui ci si aspettache li risolvano o li facciano magicamente sparire. Questiprogrammi sono strumenti che permettono alla gente di

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lavorare per la propria salute, di trasformare l'immagineche ha delle proprie capacità e di imparare a rilassarsi ead affrontare più efficacemente lo stress della vita. Nellostesso tempo, essi offrono ai partecipanti la possibilità ditrasformare il loro stile di vita in modi utili alla lorosalute e al loro benessere. E il passo forse più importanteche le persone hanno la possibilità di compiere,nell'ambito di questi programmi, è un'espansione delloro modo di vedere se stesse e la loro relazione con lavita e con il mondo.

Coinvolgendo i pazienti in una definizione di praticamedica allargata (che comprende la mente oltre che ilcorpo, i comportamenti, i sentimenti e gli atteggiamentioltre che i sintomi e le procedure), la medicinacomportamentale propone un modello di partecipazioneche sposta il baricentro della responsabilità per la salute,da un'esclusiva dipendenza nei confronti dei mediciverso una maggiore assunzione di responsabilitàpersonale. Il paziente viene incoraggiato a contaremaggiormente sui propri sforzi personali, che ha lapossibilità di gestire in misura molto maggiore di quantopossa fare con gli ospedali, le terapie e i medici.

Nella clinica per lo stress, una parte minore matuttavia importante di questo processo di assunzione diresponsabilità, consiste nel familiarizzarsi con alcuni deirisultati della medicina comportamentale che illustranol'importanza delle interazioni mente–corpo.

Queste informazioni permettono alla gente di formarsiun'idea più precisa del perché di certe raccomandazioni

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mediche, e insieme contribuiscono a demistificare laconoscenza medica, rendendo partecipi i pazienti delmodo in cui si arriva a certe affermazioni 'di fatto'. Nellaclinica per lo stress, incoraggiamo i partecipanti avalutare per conto proprio le implicazioni e i limiti diquesti risultati, e a fare domande sulla loro rilevanza nelproprio caso specifico. In questo modo, i nostri pazientisi rendono conto che la scienza conferma attualmentequello che a un certo livello si è sempre saputo: e cioèche ciascuno di noi svolge un ruolo importante per lapropria salute e per il proprio benessere. Possiamosvolgere questo ruolo più efficacemente se riusciamo aosservare e a modificare certi aspetti del nostro modo divivere: i nostri atteggiamenti, pensieri e convinzioni, lenostre emozioni, il nostro rapporto con gli altri e i nostricomportamenti.

Tutti questi elementi hanno una spiccata influenzasulla nostra salute; tutti sono in rapporto con lo stress econ la nostra capacità di affrontarlo; tutti, infine, sonodirettamente influenzati dalla pratica dellaconsapevolezza. Nel prossimo capitolo esamineremotutta una serie di indicazioni che suggeriscono unanuova prospettiva unificata mente–corpo, e sottolineanol'importanza di diventare consapevoli delle nostreabitudini di pensiero, emotive e di comportamento.

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Mente e corpo

Modi di pensare e salute

I nostri modi di pensare determinano comepercepiamo e interpretiamo la realtà, compreso il nostrorapporto con noi stessi e con il mondo. Tutti abbiamomodi particolari di spiegare ciò che ci accade. Il nostrostile di pensiero determina le nostre motivazioni peragire e le nostre scelte, il grado di fiducia che abbiamo innoi stessi, le nostre convinzioni su come funziona ilmondo e sul posto che occupiamo in esso.

Ottimismo e pessimismoMartin Seligman e i suoi colleghi all'Università di

Pennsylvania hanno studiato le differenze, dal punto divista della salute, fra persone che possono esseredescritte come essenzialmente ottimiste o essenzialmentepessimiste. Questi due gruppi di persone tendono aspiegarsi quelli che il dottor Seligman chiama gli 'eventinegativi ' (bad events) che capitano loro in modinettamente diversi. (Gli 'eventi negativi' comprendono lecatastrofi naturali, come inondazioni e terremoti, lesconfitte personali, come la perdita di un lavoro ol'essere rifiutati da una persona amata, le malattie, gliincidenti e ogni sorta di altre esperienze stressanti.)

La persona pessimista tende ad assumersi la colpa diun evento negativo, e a ritenere che gli effetti di esso si

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protrarranno nel tempo e si manifesteranno in moltiaspetti diversi della sua vita. Seligman descrive questostile attributivo, come viene tecnicamente chiamato, comelo stile: «È colpa mia, durerà per sempre, influirà su tuttoquello che faccio». In forma estrema, questoatteggiamento sconfina in quello che viene detto ilpensiero catastrofico e corrisponde a uno stato grave didepressione e di disperazione.

L'ottimista interpreta lo stesso evento in modospiccatamente diverso. In generale, non tende adattribuirsi la colpa di ciò che è accaduto; se lo fa, èpiuttosto interpretandolo come un errore occasionale erimediabile. Vede gli eventi negativi come di portatalimitata, sia sotto il profilo della durata nel tempo siasotto quello del danno che possono produrre. Tende amettere a fuoco le conseguenze specifiche di ciò che èsuccesso, senza generalizzazioni che ne amplino glieffetti in maniera sproporzionata. Il suo atteggiamento ètipicamente: «Be, questa volta è andata male, ma conqualche piccola modifica la prossima volta andràbenone!»

Seligman e colleghi hanno mostrato che in seguito aun evento negativo, i pessimisti hanno una maggioreprobabilità di incorrere in stati depressivi e mutamentiormonali e immunitari che danno luogo a una maggioresuscettibilità alla malattia, e di sviluppare sintomi fisici.In uno studio condotto su malati di cancro, questiricercatori hanno mostrato che esiste una correlazione frastile attributivo e durata di vita: i pessimisti muoiono

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prima.In un altro studio, essi hanno esaminato famosi

giocatori di baseball del passato e hanno trovato chequelli con stile attributivo pessimistico sono mortimediamente in età più giovane in confronto a quellitendenzialmente ottimisti. La conclusione che Seligmanha tratto da questi studi, è che non sono tanto gli eventistressanti che ci accadono in se stessi che aumentano ilrischio di malattia, quanto il modo in cui liinterpretiamo. Uno stile interpretativo fortementepessimista sembra avere conseguenze particolarmentetossiche. Il lavoro del dottor Seligman suggerisce che unmodo di vedere più o meno pessimista, possacontribuire a spiegare la maggiore o minore suscettibilitàalla malattia di alcune persone, a parità di altri fattoricome età, sesso, fumo, alimentazione, eccetera. Incambio, un atteggiamento ottimistico sembra avere uneffetto protettivo rispetto alla depressione, alla malattia ea una morte precoce.

FiduciaUno stile di pensiero che sembra avere un effetto

molto potente sullo stato di salute, è quello che vienedetto 'senso di efficacia' (self–efficacy). Esso corrispondealla fiducia nelle proprie capacità e alla convinzione dipotere esercitare un certo controllo sugli eventi dellapropria vita, anche di fronte a circostanze impreviste estressanti.

Albert Bandura e colleghi, della Medicai Schooldell'Università di Stanford, hanno mostrato che un forte

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senso di efficacia, è il più attendibile parametropredittivo di esiti positivi in tutta una varietà disituazioni mediche, fra cui il recupero nel post–infarto, lacapacità di affrontare dolori artritici gravi e quella direalizzare cambiamenti di stile di vita utili per la salute(come smettere di fumare). Questi ricercatori hannostudiato, per esempio, il senso di efficacia in un gruppodi pazienti di sesso maschile sottoposti a riabilitazionepost–infarto. A parità di gravità della patologia cardiaca,coloro che erano convinti di avere un cuore robusto e diessere in grado di recuperare pienamente tendevano aperseverare negli esercizi di riabilitazione, senza esserescoraggiati dalle normali sensazioni di mancanza di fiatoe fatica che accompagnano ogni programma di eserciziofisico. Essi tendevano ad accettare il senso di fatica comenaturale e a concentrare l'attenzione invece sui beneficidel programma, sul fatto di sentirsi più forti, di essere ingrado di fare di più eccetera. Al contrario, i pazienti conun minore senso di efficacia, erano più propensi ainterpretare la fatica come un'indicazione di debolezzacardiaca e ad 'abbandonare o ridurre il programma diesercizi. Ulteriori studi hanno mostrato che il senso diefficacia può essere sviluppato con un opportunoaddestramento. Persone con un basso senso di efficaciapossono imparare a fidarsi maggiormente della propriacapacità di agire, e ad esercitare un certo controllo susfere della loro vita che in precedenza apparivano lorocome del tutto incontrollabili.

Resistenza psicologica

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La dottoressa Kobasa ha studiato persone checonducono vite particolarmente stressanti (manager,avvocati, guidatori d'autobus eccetera). In ciascungruppo, prevedibilmente, ha trovato alcuni individuimolto più sani di altri, pur essendo tutti sottoposti allostesso insieme di circostanze stressanti, e si è chiesta sevi siano particolari tratti della personalità cheproteggono una persona dagli effetti negativi dellostress. Ha indicato questo complesso di tratti con iltermine 'resistenza psicologica' (psychological hardiness) o,come a volte si dice, 'resistenza allo stress'.

Secondo la dottoressa Kobasa, gli individui resistentiallo stress presentano in misura spiccata trecaratteristiche psicologiche: senso di controllo, impegno esenso di sfida. Il 'senso di controllo' si avvicina a quello cheBandura descrive come 'senso di efficacia': le persone chehanno un forte 'senso di controllo' sono convinte di poteresercitare un'influenza sull'ambiente circostante, di poterfare accadere determinate cose.

Le persone 'impegnate' sono quelle totalmentecoinvolte nelle loro attività quotidiane e che in essedanno il meglio di sé. Infine, il 'senso di sfida' consistenel considerare i cambiamenti e le avversità appuntocome sfide che fanno naturalmente parte della vita, e cheoffrono altresì la possibilità di un'ulteriore crescita esviluppo.

Gli individui che posseggono in misura notevolequesta caratteristica, tendono perciò a interpretare lesituazioni nuove come occasioni, anziché come minacce,

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come fanno invece altri con un orientamento piùconservatore.

Senso di coerenzaAaron Antonovsky ha studiato persone sopravvissute

a situazioni di stress estremo, come i campi diconcentramento nazisti.

Secondo Antonovsky, la salute fisica e mentalecomporta un continuo ripristino dell'equilibrio, cheviene continuamente compromesso da varie influenze.Egli si è chiesto che cosa consenta a certe persone diresistere a livelli di stress estremo, in cui le risorsenecessarie al ripristino dell'equilibrio sonocontinuamente sotto attacco.

Il dottor Antonovsky ha trovato che una risorsapsicologica importante dei sopravvissuti ai campi disterminio nazisti era un intrinseco senso di coerenza,caratterizzato da tre componenti, che egli ha chiamatocomprensibilità, gestibilità e significatività.Fondamentalmente, le persone con un forte senso dicoerenza hanno fiducia nella possibilità di capire glieventi della loro vita esterna e interna; nelle proprierisorse per gestire le difficoltà che incontrano; e nel fattoche tali difficoltà costituiscono delle sfide in cui essepossono trovare significato e impegnare tutte le loroenergie.

Il ruolo delle emozioni

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Gli studi a cui ho accennato finora mettono a fuocosoprattutto l'aspetto cognitivo, cioè l'influenza sullasalute di modi di pensare e atteggiamenti. Una linea diricerca parallela a questa si è occupata del ruolo delleemozioni sulla salute. Ovviamente, pensieri ed emozionisi influenzano a vicenda ed è spesso difficile in unadeterminata situazione separare i loro effetti. Oraesamineremo alcune ricerche che riguardano soprattuttoil rapporto fra tendenze emotive e salute. Da qualchetempo si discute parecchio sull'esistenza o meno di certitipi di personalità, maggiormente suscettibili a certemalattie. Alcuni studi, per esempio, suggeriscono che visia una personalità 'predisposta al cancro', unapersonalità 'predisposta alle malattie coronariche' e cosìvia.

Emozioni e cancroLa personalità predisposta al cancro viene spesso

descritta come tendente a nascondere i propri sentimenti,molto 'centrata sugli altri', e nello stesso tempocaratterizzata da un profondo senso di alienazionerispetto agli altri e dal non sentirsi amata né meritevoledi amore. Queste caratteristiche sono spesso associatealla mancanza di un rapporto affettivo stretto con igenitori nei primi anni di vita. Buona parte delleindicazioni a sostegno di questa correlazioneprovengono da uno studio quarantennale condotto daCaroline Bedell Thomas, della Johns Hopkins MedicaiSchool. La dottoressa Thomas ha cominciato negli anniQuaranta a raccogliere una consistente massa di

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informazioni psicologiche sugli studenti che entravanonella Johns Hopkins Medicai School e poi ha seguitoquesti individui nel corso degli anni, mano a mano cheinvecchiavano e, alcuni, si ammalavano e morivano.

In questo modo si è trovata a disporre delleinformazioni necessarie a mettere in rapporto, da un lato,le esperienze infantili riferite da questi studenti dimedicina e le loro caratteristiche psicologiche quandoerano giovani e sani e, dall'altro, le malattie in cui essisono incorsi durante i quarant'anni seguenti. I risultatihanno dimostrato, fra l'altro, che una particolarecostellazione di caratteristiche in giovane età, era associata a unamaggiore probabilità di avere il cancro in età più avanzata. Fraqueste caratteristiche c'erano un atteggiamentoambivalente verso la vita e verso i rapporti umani, e lamancanza di rapporti affettivi soddisfacenti con i genitoridurante l'infanzia. Bernie Siegel, un chirurgo associatocon l'Università di Yale e autore dei libri Amore, medicinae miracoli e Pace, amore e benessere, ritiene che vi sia unaforte correlazione fra sopravvivenza al cancro e capacitàdi amare se stessi e di ricevere amore. I suoi libririferiscono molti casi di persone malate di cancro che sisono servite dell'esperienza della malattia per scoprireuna nuova capacità di amarsi.

Sulla base della sua vasta esperienza con i malati dicancro, e consapevole del suo ruolo di guaritore oltre chedi chirurgo che asporta tumori dal corpo delle persone, ildottor Siegel sottolinea l'importanza cruciale diesaminare la propria vita emotiva, se si decide di

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lavorare con il cancro per sostenere il processo diguarigione.

Egli raccomanda caldamente la meditazione ai malatidi cancro e afferma: «Non conosco nessun'altra attivitàche da sola possa produrre un miglioramento altrettantogrande della qualità della vita».

Nell'esaminare i risultati delle ricerche che mettono inrapporto fattori cognitivi ed emotivi con lo stato disalute, è importante tenere ben presente che è sbagliato,in base al fatto che una correlazione statistica è statarilevata fra certe caratteristiche della personalità e unacerta malattia, assumere che quel determinato modo diessere o di pensare causi quella determinata malattia. Èpiù esatto dire che può in una certa misura accrescere ilrischio di incorrere in quella malattia, dove la misura incui ciò è vero, dipende da quanto stretta è la correlazionee da molti altri fattori.

È importante tenere presente che gli studi clinicigenerano solo relazioni statistiche, non corrispondenzeunivoche. È ben lungi dall'essere vero che tutte lepersone che hanno certi tratti si ammalino di cancro; cosìcome non è ovviamente vero che tutti i fumatorimuoiano di cancro polmonare, enfisema o malattiecardiache, benché sia ormai dimostrato al di là di ognidubbio, che il fumo è un fattore di rischio per questemalattie.

La relazione è statistica: ci sono crescenti indicazioniche certi tratti psicologici e di comportamento possonopredisporre una persona ad ammalarsi di certe forme di

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cancro; mentre altri tratti possono avere un'influenzaprotettiva o accrescere le probabilità di sopravvivenza. Inquesto senso, i nostri sentimenti verso, noi stessi e glialtri e la nostra tendenza a esprimerli o meno, sembranoessere particolarmente importanti.

I All'Università di Glasgow, in Scozia, David Kissen ecollaboratori hanno condotto una serie di esperimenti sumalati di cancro al polmone, a partire dalla fine deglianni Cinquanta. In uno di questi studi, essi hannoanalizzato la storia personale di varie centinaia dipazienti con disturbi toracici, raccolta all'atto del loroingresso in ospedale, prima che fosse fatta una diagnosi.Alcuni di questi pazienti risultarono in seguito avere uncancro polmonare. I ricercatori trovarono che le lorostorie personali presentavano un'incidenzasignificativamente maggiore di avversità infantili, comeuna famiglia infelice o la morte di uno dei genitori,rispetto a quelli con altre diagnosi. (Questo risultato ècoerente con le osservazioni più recenti della dottoressaThomas alla Johns Hopkins Medicai School.)

Vi era anche un'incidenza maggiore di avversità nellavita adulta, come relazioni interpersonali travagliate. E,fatto di notevole interesse, i ricercatori notarono chequesto gruppo di persone aveva complessivamentemaggiori difficoltà a esprimere le proprie emozioni.

Parlando di eventi spiacevoli, particolarmente eventilegati al rapporto con altre persone (per esempio, litigiconiugali o la morte di una persona cara), essi spessoriferivano la cosa in un tono neutro e distaccato che

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sembrava ai ricercatori non corrispondere al loro realeturbamento emotivo.

L'altro gruppo di pazienti (con diagnosi diverse dalcancro), nel riferire episodi dolorosi analoghi, avevainvece un comportamento emotivamente più espressivo,come ci si può normalmente aspettare.

Lo stesso studio stabilisce anche una spiccatacorrelazione fra incapacità di esprimere le emozioni emortalità da cancro al polmone. Fra i pazienti condiagnosi di cancro, quelli con il più basso grado diespressività emotiva risultarono avere una mortalitàannua quattro volte e mezzo superiore a quella deimalati con il grado di espressività più alto.

Questo risultato valeva per tutte le categorie difumatori e non fumatori, benché, ovviamente, i fumatoriaccaniti avessero una mortalità annua dieci voltesuperiore a quella di coloro che non avevano maifumato. Il cancro è una condizione in cui i meccanismibiochimici che tengono sotto controllo la crescita dellecellule cessano di funzionare efficacemente. Diconseguenza alcune cellule si moltiplicanoselvaggiamente, spesso formando delle masse dettetumori. Molti scienziati ritengono che la formazione dicellule cancerose sia un processo normale, che in misuralimitata avviene continuamente nell'organismo. Unsistema immunitario sano, riconosce e distrugge talicellule prima che possano produrre danni.

Secondo questo modello, è quando il sistemaimmunitario è indebolito da danni fisici diretti o dagli

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effetti di stress psicologici, che non riesce più a eliminareefficacemente il piccolo numero di cellule cancerose chesi producono continuamente e la loro moltiplicazionediviene incontrollata. Allora, secondo il tipo di cancro, lecellule cancerose sviluppano una propria irrorazionesanguigna e formano una massa tumorale, oppureentrano in circolazione in tutto l'organismo, comeavviene nella leucemia.

Naturalmente, una persona può essere esposta alivelli tanto massicci di sostanze cancerogene dasopraffare anche un sistema immunitario sano. Ciò èavvenuto in molte zone dove venivano scaricati materialitossici. Analogamente, massicce dosi di radiazioni, comequelle prodotte dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki odall'incidente di Chernobyl, possono provocare il cancroanche in organismi perfettamente sani. Lo sviluppo diogni forma di cancro, quindi, è un fenomeno complesso,che coinvolge i nostri geni e i nostri processi cellulari, ilnostro comportamento individuale e l'ambiente.

Anche se fosse definitivamente dimostrato che vi èuna correlazione statistica importante fra emozioninegative e cancro, affermare che il cancro di una certapersona è stato causato da emozioni inespresse o daconflitti irrisolti sarebbe comunque del tuttoingiustificabile. Equivarrebbe a incolpare in modo sottile(o non tanto sottile) la persona della propria malattia. Lagente purtroppo lo fa spesso, inconsapevolmente, forsenel tentativo di razionalizzare una realtà dolorosa eminacciosa.

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Quando riusciamo a 'spiegarci' una tale realtà, la cosaci rassicura e ci fa sentire meglio. Ma è una violazionedell'integrità psichica dell'altro, basata sull'ignoranza esu supposizioni. Tende inoltre a spostare l'attenzionedella persona dal presente al passato, quando più chemai essa ha bisogno di concentrare le proprie energie nelpresente, per affrontare la realtà di una malattiapotenzialmente letale. Disgraziatamente questo modo divedere, che individua la 'causa' del cancro in qualchecarenza psicologica, è oggi di moda in certi ambienti.Esso contribuisce molto più alla sofferenza che allaguarigione. Tutto quel che sappiamo sulla malattia esulla guarigione indica che per guarire dobbiamocoltivare l'accettazione e il perdono, non il rimprovero el'autocondanna. Se la persona che ha il cancro è convintache fattori emotivi hanno contribuito alla sua malattia, èsuo diritto pensarlo. Può essere utilissimo esplorarequesto tema, o può non esserlo affatto, secondo lapersona e il modo in cui affronta la cosa. Per alcuni,rendersi conto che il modo di rapportarsi alle emozioniin passato può aver contribuito alla loro malattia, è unaiuto ad assumersi il controllo della propria vita. Perloro significa che, facendo più attenzione a questa sfera emodificando il proprio comportamento, possonocontribuire alla propria guarigione. Ma questaprospettiva non deve mai essere imposta da altri.L'esplorazione in questa direzione va intrapresa congrande compassione e delicatezza, sia da partedell'interessato sia da parte di un eventuale medico o

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terapista che l'aiuta. La ricerca di fattori che possono avercontribuito alla malattia è utile solo se condotta in unospirito di non–giudizio, generosità e accettazione di sé edel proprio passato.

Non sapremo mai con certezza se determinati fattoripsicologici hanno contribuito o meno all'insorgere di unacerta malattia in una data persona. Poiché mente e corponon sono separati, il nostro stato di salute è sempreinfluenzato, in una certa misura, da fattori psicologici.Ma, quando la malattia è stata diagnosticata, la ricerca dicause psicologiche ha un'importanza secondaria. Moltopiù importante, a quel punto, è assumersi laresponsabilità di ciò che occorre fare nel presente.

Dato che ci sono molte indicazioni che fattori emotivipositivi facilitino la guarigione, una diagnosi di cancropuò essere un punto di svolta importante nella vita diuna persona, il momento per mobilitare risorse diottimismo, coerenza, efficacia e impegno, e per rendersimeno suscettibile all'interferenza di stati d'animopessimisti e del senso di impotenza. Rivolgeredeliberatamente amore, accettazione e tenerezza verso disé, è un ottimo punto di partenza.

Ipertensione e malattie coronariche

Ci sono indicazioni che reprimere le emozioni possaessere un fattore di rischio anche per l'ipertensione, oltreche per il cancro. In questo campo, l'attenzione dei

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ricercatori si è concentrata soprattutto sulla rabbia. Lepersone che tendono a esprimere la rabbia quandovengono provocate, hanno mediamente pressionesanguigna più bassa di quelle che tendono a reprimerla.In uno studio condotto su 431 uomini di Detroit,Margaret Chesney, Doyle Gentry e collaboratori hannotrovato che il gruppo con pressione sanguigna piùelevata, era costituito da individui con una situazione dilavoro o familiare stressante e con una spiccata tendenzaa reprimere la propria rabbia. Sembra che la capacità discaricare la rabbia abbia un effetto protettivo rispettoall'ipertensione. Forse l'indagine più approfonditaeseguita finora sui rapporti fra caratteristichepsicologiche e malattie croniche, è quella relativa allapersonalità predisposta alle malattie cardiache. Daparecchi anni si ritiene che esista, in effetti, un tipo dicomportamento particolarmente a rischio per le malattiecoronariche, che è stato chiamato comportamento di tipo A.Ma alcune ricerche recenti hanno indicato che,probabilmente, un solo aspetto dell'intero spettro delcomportamento di tipo A, com'esso era statoinizialmente descritto, è correlato con le malattiecardiache. l'tipi A' vengono descritti come individuicompetitivi e mossi da un forte senso di urgenza. I lorogesti e le loro parole tendono a essere rapidi e bruschi.Essi sono generalmente impazienti, aggressivi e ostili.

La personalità opposta viene detta di tipo B. I tipi B,secondo Meyer–Friedman, che è uno dei creatori diquesta tipologia, sono più rilassati dei tipi A, hanno un

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minore senso di urgenza, sono meno irritabili eaggressivi, e sono più inclini a momenti dicontemplazione. Essi non sembrano, tuttavia, esseremeno produttivi dei tipi A.

I primi risultati sulla correlazione fra comportamentodi tipo A e malattie cardiache vennero da un vastoprogetto di ricerca, denominato Western CollaborativeGroup Study. Quello studio classificò una popolazione di3500 uomini in tipi A e B quando erano sani e nonpresentavano alcuna indicazione di patologia cardiaca.Otto anni dopo i ricercatori riesaminarono la stessapopolazione per vedere chi di loro avesse sviluppatomalattie cardiache. Risultò che nei tipi A la frequenza dimalattie coronariche era da due a quattro volte superioreche nei tipi B, con la massima differenza nella fascia d'etàpiù giovane. Molti altri esperimenti confermarono ilrapporto fra comportamento di tipo A e malattiecoronariche, e dimostrarono che esso vale tanto per ledonne quanto per gli uomini.

Ma recentemente alcuni studi, in particolare quelli diRedford Williams e collaboratori, della Duke UniversityMedicai School, hanno messo a fuoco, in particolare, lacomponente 'ostilità' del comportamento di tipo A ehanno trovato in questa caratteristica, presa a sé, unindicatore di rischio cardiaco più marcato che non il tipoA nel suo complesso.

In altre parole, un tipo A con un basso livello diostilità, pur essendo competitivo e con un forte senso diurgenza, è molto meno a rischio per le malattie cardiache

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di uno che manifesta un forte senso di ostilità.Inoltre, un alto punteggio di ostilità è risultato correlato non

solo con un'alta incidenza di infarto del miocardio e di morte permalattia cardiaca, ma anche con la mortalità per cancro e peraltre cause.

Uno studio affascinante è stato condotto dal dottorWilliams e collaboratori su una popolazione di mediciche venticinque anni prima, quando erano studenti,erano stati sottoposti a un test psicologico per misurare ilgrado di ostilità. I ricercatori hanno trovato che coloro iquali avevano ricevuto in gioventù un basso punteggiodi ostilità, a distanza di venticinque anni presentavanoun'incidenza di malattie cardiache che era circa un quartodi quella del gruppo con un alto punteggio di ostilità.

E, quando hanno esaminato i dati relativi allamortalità in genere, i risultati sono stati altrettantosignificativi. Dal momento in cui si erano laureati, solo il2% dei medici che avevano ottenuto nel test un bassopunteggio di ostilità erano morti, mentre nello stessoperiodo erano morti il 13% di quelli con un altopunteggio di ostilità.

Williams descrive l'ostilità come «una mancanza difiducia nella bontà di fondo degli altri», basata sulla«convinzione che gli altri siano in genere cattivi, egoisti enon affidabili». Egli sottolinea che questo atteggiamentoha di solito radici nei primi anni di vita, è legato alcomportamento dei genitori e riflette probabilmente unarresto nello sviluppo di una 'fiducia di fondo' nella vita.Esso contiene una forte dose di cinismo, come indicano

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due delle risposte nel questionario sul livello di ostilità:«La maggior parte delle persone fa amicizia perché gliamici possono essere utili». E: «Ho spesso lavorato sottopersone che si attribuiscono il merito del lavoro fatto dailoro subalterni, mentre scaricano su di essi la colpa deglierrori commessi».

Questo studio indica nettamente che un atteggiamentoostile e cinico verso il mondo può, di per sé, predisporrealla malattia e alla morte precoce, molto più di unatteggiamento fiducioso. Sembra che ostilità e cinismosiano altamente tossici per la salute.

Questi e altri risultati sono illustrati nel libro diRedford Williams The Trusting Heart (Il cuore fiducioso),dove egli sottolinea anche che tutte le tradizioni religiosehanno sempre incoraggiato lo sviluppo di unatteggiamento di fondamentale fiducia.

Motivazioni e salute

David McClelland, un famoso psicologo che halavorato in passato a Harvard e che ora si trovaall'Università di Boston, ha studiato i rapporti framotivazioni psicologiche e salute per oltre vent'anni.

Egli ha individuato un particolare tipo motivazionaleche è più suscettibile ad ammalarsi di altri: sono lepersone che hanno un forte bisogno di affermare il loropotere nei rapporti interpersonali. Il loro desiderio dipotere scavalca il loro bisogno di socievolezza.

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Questi individui tendono a essere aggressivi,competitivi, pronti alla discussione e desiderosi diaffermare il proprio status e prestigio personale. Sisentono molto minacciati quando il loro senso di potereviene frustrato. Secondo McClelland, le persone diquesto tipo tendono ad ammalarsi molto più facilmentedi altre quando sono sotto stress.

Il tipo motivazionale opposto consiste di persone conuna forte propensione alla socievolezza: amano stare conla gente, essere amichevoli e riuscire simpatiche aglialtri, non in vista di un qualche fine ulteriore, ma comefine in sé. Questo tipo sembra avere una spiccataresistenza alle malattie.

Influenze sociali sulla salute

Ci sono molte indicazioni che anche i fattori sociali,che naturalmente sono strettamente intrecciati con quellipsicologici, abbiano un ruolo importante agli effetti dellasalute. Sappiamo da lungo tempo che le personesocialmente isolate tendono a essere psicologicamente efisicamente meno sane, e a morire prima di quelle chehanno una fitta rete di rapporti con gli altri. Per esempio,la mortalità è più elevata nelle persone non sposate, atutte le età, che nelle persone sposate. Sembra che ilsentirsi collegati con altri esseri umani sia essenziale perla salute. Lo si capisce intuitivamente: tutti sentiamo ilbisogno di appartenere, di sentirci parte di una comunità

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di qualche tipo, di avere rapporti con gli altri. Gli studidi David McClelland sui tipi motivazionali, indicano chela soddisfazione di questo bisogno è importante per lasalute. L'importanza dei rapporti sociali per la salute èstata confermata da vari studi importanti condotti sugrandi popolazioni, in America e in altri paesi, nel corsodegli ultimi vent'anni. Le persone con pochi rapportisociali (in termini di matrimonio, legami familiari,amicizie, appartenenza ad associazioni di varia natura)hanno una mortalità, nel decennio successivo almomento della rilevazione, da due a quattro voltesuperiore a quella delle persone con molti rapportisociali (tenuto conto di tutti gli altri fattori: età, malattieprecedenti, reddito, consumo di alcol e tabacco, attivitàfisica eccetera).

Anche semplicemente il rapporto con un animaledomestico sembra avere un effetto benefico sulla salute.Studi condotti da James Lynch, dell'Università delMaryland, hanno dimostrato che le persone che hanno un'animale amico' sopravvivono più a lungo a un infarto; eche la semplice presenza dell'animale può contribuire adabbassare la pressione sanguigna.

Un notevole studio sulle interazioni fra esseri umani eanimali, condotto all'Università dell'Ohio, prese le mosseda un'anomalia notata da alcuni ricercatori durante unesperimento destinato a studiare le correlazioni fraun'alimentazione ricca di grassi e di colesterolo e lemalattie cardiache nei conigli. I ricercatori notarono chegli animali nelle gabbie delle file più in basso nel

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laboratorio, presentavano un'incidenza di malattiecardiache molto minore di quelli nelle gabbie più in alto,pur essendo geneticamente identici, alimentati nellostesso modo e trattati nello stesso modo.

Questo fatto appariva inspiegabile, e causava grandestupore fra i ricercatori, finché uno di essi notò che glianimali non venivano in effetti trattati esattamente nellostesso modo: uno degli addetti al laboratorio aveval'abitudine di togliere di quando in quando un coniglioda una delle gabbie in basso, accarezzarlo e parlargli.

Questa scoperta indusse i ricercatori a eseguire unaltro esperimento, questa volta in condizioniaccuratamente controllate, in cui alcuni conigli venivanotrattati affettuosamente e altri no, mentre tutti eranosottoposti alla stessa dieta con alto contenuto di grassi edi colesterolo. I risultati dimostraronoinequivocabilmente che le carezze rendevano i coniglipiù resistenti alle malattie cardiache. I conigli trattati conaffetto, presentavano malattie mediamente del 60% menogravi degli altri. L'intero esperimento fu ripetuto unaseconda volta, per accertare che non si trattasse di unacombinazione fortuita, e diede esattamente lo stessorisultato.

Conclusioni

In sintesi, tutti gli studi che abbiamo visto sopra emolti altri, confermano che la nostra salute fisica è

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intimamente legata al nostro modo di pensare e disentire e alla qualità dei nostri rapporti con gli altri e conil mondo. Essi indicano che certi atteggiamenti verso lavita e certi modi di rapportarci alle nostre emozionipredispongono alla malattia.

Pensieri e convinzioni che alimentano un senso didisperazione e impotenza, ostilità e cinismo verso gli altri,mancanza di impegno e di entusiasmo verso la vita, incapacità diesprimere le emozioni e isolamento sociale sembrano avere effettiparticolarmente tossici.

D'altro canto, altri modi di pensare, sentire erapportarci sembrano associati a una maggior resistenzafisica e alla salute. Le persone con una prospettivafondamentalmente ottimistica, che tendono a vedere le avversitàcome impermanenti, fiduciose nel fatto che ci sono sempre sceltepossibili e che è sempre possibile esercitare un certo controllosulle situazioni, dotate di senso dell'umorismo e capaci di ridereanche di sé, tendono a essere più sane. Altri tratti psicologici chehanno un effetto positivo sulla salute comprendono: senso dicoerenza (la convinzione che la vita sia comprensibile, gestibile esignificativa), un intenso coinvolgimento nella vita (cheinterpreta gli ostacoli come sfide) e fiducia nella propria capacitàdi cambiare, in modi che si ritengono importanti. Fra i trattisociali positivi ci sono la socievolezza e un fondamentale senso difiducia nel prossimo.

Poiché tutti gli studi che abbiamo esaminato sono dinatura statistica, non possiamo mai dire che un certomodo di pensare o un certo atteggiamento ha causato unacerta malattia. Possiamo solo dire che fra le persone concerti atteggiamenti e certe convinzioni, un numero

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maggiore si ammala o muore prematuramente, quale chene sia la ragione.

Come vedremo nel prossimo capitolo, la salute a lamalattia sono pensabili piuttosto come poli opposti inuna gamma continua di condizioni, che come statialternativi (nel senso che possiamo essere o 'malati' o'sani'). In ogni momento nella nostra vita agiscono su dinoi molte forze diverse: alcune tendono a spingerci versola malattia, altre spostano l'equilibrio verso la salute. Sualcune di queste forze esercitiamo un certo controllo, opossiamo esercitarlo se mobilitiamo le nostre risorse;altre sono al di là delle possibilità di controllo diqualsiasi individuo.

Il limite oltre il quale il nostro sistema soccombe non ènoto con esattezza e probabilmente varia da persona apersona, e anche per la stessa persona in vari momentidella sua vita. Ma questo gioco dinamico delle forze cheinfluenzano la nostra salute è continuamente in atto,dovunque ci troviamo sulla scala continua salute–malattia, e cambia continuamente.

Uso di queste conoscenze nella pratica

La rilevanza di queste conoscenze per ciascuno di noi,come individui, sta soprattutto nella possibilità didivenire consapevoli dei nostri pensieri ed emozioni, edelle loro conseguenze fisiche, psicologiche e sociali. Seriusciamo a osservare in noi stessi la tossicità di certi

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pensieri, convinzioni e comportamenti nel momento incui sorgono, possiamo agire per diminuire la presa chehanno su di noi. Le informazioni presentate in questocapitolo possono indurci a essere più consapevoli deimomenti in cui ci sentiamo pessimisti o cinici, o deimomenti in cui reprimiamo la nostra rabbia, e aosservare le conseguenze che derivano da questipensieri, emozioni e atteggiamenti.

Per esempio, puoi osservare come si sente il tuo corpoquando reprimi la rabbia. Che cosa succede poi quandola lasci uscire? Che effetto ha sugli altri? Analogamente,puoi osservare le conseguenze di sentimenti di sfiducia eostilità verso gli altri. Ti inducono a volte a trarreconclusioni sbagliate o a dire cose di cui dopo ti penti?Riesci a osservare il dolore che questi sentimenti causanoagli altri quando si manifestano? Riesci a osservarel'effetto che hanno dentro di te? D'altro canto, puoi anchefare attenzione ai pensieri e ai sentimenti positivi. Comesi sente il tuo corpo quando provi gioia? Quando haifiducia? Quando sei generoso e pieno di attenzioneverso le persone? Quando affronti un ostacolo come unasfida? Quando ami? Che effetto hanno queste tueesperienze interne sugli altri? Riesci a vedere gli effettiimmediati che le tue emozioni positive hanno su di te?Riesci a vedere l'effetto che hanno sul dolore e sull'ansiadi altre persone? In quei momenti, provi un maggioresenso di pace? Se riusciamo a renderci conto per esperienzapersonale, oltre che in base ai risultati delle ricerche, checerti atteggiamenti e certi modi di rapportarci a noi stessi

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e agli altri hanno un effetto benefico sulla salute,possiamo coscientemente nutrire in noi stessi questequalità, giorno per giorno e momento per momento.Possono diventare per noi nuove scelte, nuovi modi divedere le cose e di essere nel mondo.

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Connessione

Importanza del contatto fisico

Il bisogno di connessione è forse il più fondamentalefra i fattori mentali che influiscono sulla salute. Gli studisul rapporto fra relazioni sociali e salute certamentesembrano indicarlo. Essi mostrano che già il puro esemplice numero di relazioni che ci legano ad altri esseriumani, tramite il matrimonio, la famiglia, le amicizieeccetera, è fortemente correlato con la mortalità. Il fattoche questa correlazione si manifesti anche quando taliconnessioni vengono prese in considerazione soloquantitativamente, mostra quanto potente sia il ruolo cheesse hanno nella nostra vita: suggerisce che perfinorelazioni negative o stressanti possono essere menonocive alla salute dell'isolamento. Pochissimi di noisanno essere felici in solitudine.

Molti studi eseguiti su animali confermanol'importanza del contatto con altri esseri viventi per lasalute. Come abbiamo visto, affetto e carezze hanno uneffetto benefico sulla salute sia delle persone sia deglianimali. Gli animali allevati in isolamento non hannomai un comportamento normale da adulti e tendono amorire più precocemente di quelli allevati fra i lorosimili. In esperimenti condotti da Harry Harlow,dell'Università del Wisconsin, alla fine degli anni

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Cinquanta, delle scimmiette di quattro giorni d'età,separate dalla madre, si attaccavano a una 'madresurrogata' di pezza e passavano più tempo in contattocon questa 'madre' morbida che con una 'madre'metallica che dava latte!

Il famoso antropologo Ashley Montagu ha documentatola profonda importanza del contatto fisico per ilbenessere fisico e psicologico degli esseri umani in unlibro, intitolato Il linguaggio della pelle.

Il contatto fisico è uno dei modi umani fondamentalidi rapportarsi. Stringersi la mano e abbracciarsi sonorituali simbolici che comunicano un'apertura e unsentirsi collegati, forme simboliche di riconoscimentodell'essere in relazione. E, quando sono compiuti conconsapevolezza, questi gesti diventano molto di più,toccano una sfera di rapporto profonda e diventanocanali per l'espressione di sentimenti.

Quando invece ci tocchiamo in maniera meccanica eabitudinaria, il significato cambia dalla connessione allasconnessione, e si genera un senso di frustrazione e difastidio. A nessuno piace venir trattato meccanicamente,e certamente a nessuno piace venir toccatomeccanicamente.

Pensiamo al fare l'amore, una delle più intime formedi contatto fisico: quando il tocco è automatico emeccanico, ci viene a mancare un senso di affetto e di

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legame, sentiamo che l'altra persona non è del tuttopresente. Magari in quel momento la sua mente èaltrove. Quando questo succede, la rottura del flusso dienergia fra due persone erode i sentimenti positivi che lilegano. Se questo contatto meccanico diventa abituale,porta a un senso di alienazione e risentimento orassegnazione. Ma di solito questa tendenzaall'inconsapevolezza e questa sconnessione dall'altrapersona nel fare l'amore è sintomatica di unasconnessione più generale, che probabilmente simanifesta nella relazione in vari altri modi, e nonsoltanto a letto.

Possiamo dire che il grado di connessione e diarmonia fra la nostra mente e il nostro corpo, riflette ilgrado di consapevolezza che portiamo all'esperienza delmomento presente. Se non sei in contatto con te stessa, èmolto difficile ché i tuoi rapporti con gli altri sianosoddisfacenti. Più ti centri in te stessa, più ti diventafacile essere centrata e sensibile anche nei tuoi rapporticon gli altri.

Esperienze infantili di contatto

Nel capitolo precedente abbiamo visto che, secondoalcuni studi, la mancanza di contatto affettivo con igenitori nei primi anni di vita è correlata con unmaggiore rischio di cancro in età adulta. Sembra che leesperienze precoci di connessione abbiano un'estrema

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importanza per la nostra salute da adulti. Tutti gliatteggiamenti positivi di cui abbiamo parlato nelcapitolo scorso, e in particolare la fiducia e l'inclinazionealla socievolezza, sono probabilmente radicatinell'infanzia. Se tali esperienze infantili positive, perqualsiasi ragione ci sono venute a mancare, per poterevivere la nostra interezza da adulti dovremo dedicareparticolare attenzione a coltivare queste qualità. Di fatto,per tutti noi le prime esperienze della vita sono stateletteralmente, biologicamente, esperienze diconnessione, di intimo contatto. Tutti siamo venuti almondo attraverso il corpo di un altro essere. Tuttieravamo un tempo parte di nostra madre, contenuti nelsuo corpo e a lei collegati. Tutti portiamo il segno diquel collegamento.

I chirurghi, quando devono fare un'incisione mediananel corpo di un paziente, evitano di incidere l'ombelico:nessuno vuole perdere il proprio ombelico, per inutileche sia. È una traccia che indica donde siamo venuti, lanostra tessera di iscrizione alla razza umana.

Appena il bambino è nato, immediatamente cerca unaltro canale di connessione con il corpo della madre, e lotrova nell'allattamento, se la madre è consapevole diquesto canale e lo permette. Succhiare il latte dal senomaterno è ricollegarsi, reimmergersi nell'unità con lamadre in un modo diverso.

Il bambino o la bambina è ora fuori, il suo corpicino èseparato da quello materno; ma continua a trarre vita

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dalla madre attraverso il seno, a toccarla, a venireriscaldato dal suo corpo, avvolto dal suo sguardo e dalsuono della sua voce. Questi momenti di connessionenei primi giorni e mesi di vita cementano il legame framadre e bambino, mentre questi pian piano impara avivere come un essere separato.

Senza un adulto che si prenda cura di loro, i piccoliumani sono del tutto incapaci di provvedere a se stessi.Protetti in seno alla rete di collegamenti della famiglia,crescono e si sviluppano, completi e perfetti in se stessi,eppure completamente dipendenti dagli altri per lasoddisfazione di tutti i loro bisogni fondamentali. Tuttinoi siamo stati un tempo così completi e nello stessotempo così dipendenti.

Mano a mano che siamo cresciuti, abbiamo scopertoprogressivamente la nostra separatezza e individualità.Abbiamo scoperto il nostro corpo, i pronomi 'me' e 'mio',i sentimenti, la capacità di maneggiare oggetti. Mentrecrescono e imparano a vivere separatamente, i bambinihanno bisogno di continuare a sentirsi collegati percrescere psicologicamente sani. Hanno bisogno di sentirsiparte di una rete di relazioni. Non possono più essere unacosa sola con la madre nel vecchio modo, ma hannobisogno della continuità di un legame affettivo persentirsi interi. Non si tratta tanto di dipendenza oindipendenza, quanto di interdipendenza.

L'energia che alimenta questo senso di connessionenaturalmente è l'amore. Ma anche l'amore va nutrito, per

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poter fiorire pienamente, anche fra genitori e figli.L'amore significa poco se lo provi nel profondo del tuocuore, ma la sua espressione è continuamente inibita odistorta da sentimenti di rabbia, risentimento oalienazione. Significa poco se il tuo modo principale diesprimerlo consiste nel cercare di costringere i tuoi figliad adeguarsi a come pensi che dovrebbero essere.

E le cose vanno anche peggio se in quei momenti nonti rendi conto di quello che stai facendo e di come vienevissuto dai tuoi figli.

La via per sviluppare la nostra capacità di amareconsiste nel diventare più consapevoli dei nostrisentimenti, qualsiasi essi siano; nell'imparare a osservarlisenza giudizi, con pazienza e accettazione. Anche lapratica regolare della meditazione sull'amore, anche soloper pochi attimi al giorno, nutre la nostra capacità diprovare a esprimere sentimenti di amore incondizionato.

Un tempo, la maggior parte dei pediatri riteneva che ineonati fossero insensibili, che non provassero dolorenello stesso modo degli adulti o che, se lo provavano, lacosa non influisse sulla loro vita adulta perché se nedimenticavano in seguito. Essi perciò pensavano che nonimportasse come venivano trattati i bambini appena nati.Le madri probabilmente avevano sentimenti moltodiversi; ma anche il rapporto istintivo di una madreverso il proprio bambino viene fortemente influenzatodalle norme culturali e particolarmente dalle autorevoliaffermazioni dei medici.

Gli studi compiuti sui neonati negli ultimi vent'anni

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hanno confutato radicalmente l'idea che i neonati sianoinsensibili al dolore e ignari del mondo esterno. Sembrainvece che i bambini siano sensibili e consapevoli giànell'utero. A partire dalla nascita e anche prima, la loro'visione' del mondo e i loro sentimenti vengono plasmatidai messaggi che ricevono dall'ambiente. Certi studisuggeriscono che se madre e neonato vengono separatisubito dopo la nascita per un periodo prolungato, il lorolegame non riesce a svilupparsi in modo normale e ilrapporto affettivo fra madre e figlio risulta disturbato. Èimpossibile dire con certezza come questo possa tradursiin problemi fisici o psicologici per il figlio, venti otrent'anni dopo, ma è verosimile che ci sia un rapporto.La lontananza affettiva dei genitori durante l'infanzialascia una ferita profonda, che ce ne rendiamo conto omeno. È una ferita che può guarire; ma va riconosciutacome tale, come un collegamento spezzato, per renderepossibile una guarigione psicologica profonda.

Questa ferita può manifestarsi anche in un senso dialienazione dal nostro stesso corpo. Anche di questopossiamo guarire. A volte il rapporto ferito con il nostrocorpo grida aiuto; ma spesso queste grida non vengonoriconosciute o non vengono ascoltate.

Che cosa occorre per avviare il processo di guarigionedi queste ferite? In primo luogo occorre riconoscere checi sono. Secondo, occorre una pratica sistematica diascolto del nostro corpo, e di ricollegamento con esso econ i nostri sentimenti positivi verso di esso.

È probabile che la mole di violenza psicologica sottile,

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perpetrata sui bambini dai genitori, dagli insegnanti e daaltri adulti, inconsapevoli delle loro azioni e dell'effettoche esse hanno, sia immensamente più vasta di quelladella violenza fisica e psicologica diretta sui bambini,che pure nella nostra società ha proporzioni epidemiche.

Questa violenza sottile continua a influenzare unagenerazione dopo l'altra, esseri umani, in termini delloro rapporto con se stessi e di quelle che ritengonoessere le proprie possibilità. Portiamo in noi le feritedovute a questo trattamento, sotto forma di molteconnessioni mancanti. Cerchiamo di compensare questecarenze in vari modi. Ma finché le ferite non verrannoguarite, anziché nascoste e negate, i nostri sforzi dicompensazione non porteranno all'interezza e alla salute.È molto più facile che portino alla malattia, comeabbiamo visto in non pochi esempi.

Feedback e autoregolazione

Gary Schwartz, uno psicologo che ha lavoratoall'Università di Yale e che ora collabora con l'Universitàdell'Arizona, ha proposto un modello, basato su unaprospettiva sistemica, che individua l'origine ultimadella malattia nella sconnessione e quella della salutenella connessione. Nel capitolo Totalità' abbiamo vistoche i sistemi viventi mantengono l'equilibrio, l'armonia eil loro ordine interno, grazie alla capacità diautoregolarsi per mezzo di circuiti di feedback che

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collegano le varie funzioni e i vari organi.L'autoregolazione è il processo con cui un sistemavivente riesce, nel contempo, a mantenere la stabilità delproprio funzionamento e ad adattarsi a nuove circostanze.Il dottor Schwartz si serve del termine 'sregolazione'(disregulation) per indicare ciò che succede in un sistemache normalmente si autoregola, per esempio un essereumano, quando l'equilibrio dei suoi circuiti di feedbackva perduto. La sregolazione deriva dalla sconnessione dicircuiti di feedback essenziali.

Un sistema sregolato perde la sua stabilità dinamica,diventa meno ritmico e più disordinato. Il comportamentodisordinato di un sistema vivente viene di solitodescritto come malattia. La natura specifica della malattiadipende da quali organi o sottosistemi si allontananomaggiormente dal loro funzionamento ordinato.

Gary Schwartz sottolinea che una delle principalicause di sconnessione negli esseri umani è ladisattenzione, vale a dire il non prestare attenzione aifeedback del nostro corpo–mente, necessari per il suofunzionamento armonioso. In questo modello, ladisattenzione produce sconnessione, la sconnessionesregolazione, la sregolazione disordine e il disordinemalattia. Il processo, tuttavia, può funzionare anche nelsenso opposto, cosa che è molto importante per laguarigione: l'attenzione produce connessione, laconnessione regolazione, la regolazione ordine e l'ordinesalute.

Perciò, senza entrare nei dettagli fisiologici dei circuiti

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di feedback, possiamo dire che la qualità delle nostreconnessioni interne e di quelle che ci legano al mondoesterno, determina la nostra capacità di autoregolazionee guarigione. E la qualità di quelle connessioni puòessere mantenuta o ripristinata prestando attenzione aifeedback appropriati.

Perciò la domanda importante è: quali sono i feedbackappropriati a cui fare attenzione? Qualche esempioconcreto può aiutarti a cogliere la semplicità e la potenzadi questo modello, e il suo rapporto con la pratica dellameditazione. Quando tutto il tuo organismo, corpo emente, è relativamente sano, provvede a sé senzabisogno di particolare attenzione. Una delle cose belledel corpo è che normalmente la nostra biologia funzionada sola. Il cervello regola continuamente ilfunzionamento di tutti i nostri organi, in base al feedbackche riceve dal mondo esterno e dagli organi stessi. Maalcune funzioni vitali rientrano nella sferadell'esperienza cosciente e possono essere modificatecoscientemente. Un esempio sono i nostri istinti primari.Quando abbiamo fame, mangiamo. Il messaggio 'fame' èun feedback che proviene dall'organismo. Quandoabbiamo fame mangiamo e quando siamo sazismettiamo di mangiare. Il messaggio 'sazietà' è anch'essoun feedback dell'organismo, che indica che il corpo haricevuto abbastanza cibo. Questo è un esempio diautoregolazione.

Se mangi per ragioni diverse dal fatto che il tuo corpoti invia un messaggio 'fame', per esempio perché ti senti

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ansiosa o depressa, emotivamente svuotata oinsoddisfatta, e cerchi di riempirti come puoi, questa èuna forma di disattenzione ai feedback del tuoorganismo. Questa disattenzione può dar luogo a unasregolazione, specialmente se diventa uncomportamento abituale e automatico. Finisci permangiare compulsivamente, scavalcando i feedback deltuo corpo che ti dicono che ha già ricevuto abbastanzacibo. In questo modo, il semplice processo di mangiarequando abbiamo fame e smettere di mangiare quandosiamo sazi può diventare sregolato e dar luogo adisturbi, i disturbi legati all'alimentazione, tanto comuninella nostra società.

Anche il dolore e la malattia sono messaggi a cui fareattenzione, in quanto ci comunicano bisogni importantidell'organismo. A volte invece, senza rendercene conto,reagiamo scollegandoci dal nostro corpo e scavalcando isuoi messaggi, tendenti a ripristinare l'equilibrio el'ordine.

Per esempio, se hai mal di stomaco per aver mangiatocerti cibi, per lo stress o per via di un consumo eccessivodi alcol o tabacco, e la tua risposta è semplicementeprendere delle pastiglie contro l'acidità di stomaco econtinuare a vivere esattamente nello stesso modo, staiignorando un feedback importante del tuo corpo.Torneremo sul tema dell'attenzione ai messaggi delcorpo, nel capitolo 'Ascoltare il corpo'.

Quando siamo sani, funzioniamo relativamente beneanche senza prestare particolare attenzione al nostro

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corpo, perché la maggior parte dei collegamenti e deicircuiti di feedback funzionano autonomamente. Maquando il sistema è squilibrato, il ripristino della saluterichiede una certa attenzione per ricostruire i collegamenti.Diviene importante fare attenzione ai feedback del corpoper sapere se i nostri comportamenti ci portano versouna maggiore salute o meno. Anche quando siamorelativamente sani, più ci sintonizziamo e diventiamosensibili nell'ascoltare il nostro corpo, più siamo in gradodi aiutare l'intero sistema a raggiungere un miglioreequilibrio e una maggiore stabilità. Il guarire e l'ammalarcisono processi che attengono continuamente in noi, e il loroequilibrio relativo, in un dato momento della nostra vita, dipendedall'attenzione che portiamo all'esperienza del nostro corpo edella nostra mente, e dalla misura in cui ci accettiamo erispettiamo le connessioni interne del nostro sistema.

Consapevolezza e connessione

La maggior parte di noi non è particolarmentesensibile né al proprio corpo né ai propri processimentali. Di questo ci rendiamo conto fin troppo benequando cominciamo a praticare la consapevolezza. Avolte ci stupiamo di quanto sia difficile fare attenzione alnostro corpo o osservare i nostri pensieri. Lavorandosistematicamente per portare tutta la nostra attenzione alcorpo, come facciamo nell'esplorazione del corpo, nellameditazione seduta o nello yoga, letteralmenteintensifichiamo la nostra connessione con l'organismo. Di

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conseguenza impariamo a conoscerlo meglio, a fidarcenee ad interpretarne correttamente i segnali. Impariamoanche a sentirci a nostro agio nel corpo, uniti con ilnostro corpo in uno stato di profondo rilassamento, e aregolarne coscientemente il livello di tensione in modiche non sono possibili senza consapevolezza.

Lo stesso vale per i nostri pensieri, per le nostreemozioni e per il nostro rapporto con l'ambiente.Quando siamo consapevoli dei processi mentali, ciaccorgiamo più prontamente delle disattenzioni, deglierrori del nostro pensiero e dei comportamentiautodistruttivi che spesso ne derivano. Come abbiamovisto, la grande illusione della separatezza di cui siamopreda, insieme con i nostri profondi condizionamenti, leferite che portiamo dentro e il nostro generale livello diinconsapevolezza, possono avere conseguenze tossiche esquilibranti per il nostro corpo e la nostra mente. Ilrisultato finale può essere un senso di profondainadeguatezza nell'affrontare l'intera catastrofe' dellanostra vita. D'altro canto, più siamo consapevolidell'interconnessione dei nostri pensieri, delle nostreemozioni, delle nostre scelte e delle nostre azioni, piùriusciamo a vedere con gli occhi della totalità, piùefficaci siamo nell'affrontare ostacoli, sfide e stress che lavita ci propone.

Se vogliamo essere in grado di mobilitare le nostrerisorse interne più potenti al servizio della salute e delbenessere, dobbiamo imparare ad attingere a esse anchein quelle situazioni di grave stress in cui a volte siamo

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immersi. A questo scopo, nella terza parte del libroesamineremo in primo luogo cosa sia lo stress. Poiosserveremo i modi in cui normalmente reagiamo a esso,i modi in cui può sconvolgere il nostro corpo e tutta lanostra vita; e infine vedremo come sia possibile servircidello stress per crescere, per guarire e per sentirci in pacecon noi stessi.

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LO STRESS

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Conoscere lo stress

Il nome corrente dell'intera catastrofe, al giorno d'oggi,è 'stress'. Un concetto così vasto è inevitabilmente di unacerta complessità. Ma la sua essenza è anche moltosemplice: è un concetto che abbraccia un'ampia gammadi esperienze umane, con cui la gente si identificaimmediatamente. Quando dico a qualcuno che il miolavoro ha a che fare con la riduzione dello stress,invariabilmente la risposta è: «Servirebbe anche a me».Ciascuno sa esattamente che cosa significhi 'stress',almeno nel proprio caso.

Ma lo stress si presenta a molti livelli e nasce da variecause. Ognuno di noi ne ha una propria versione, i cuidettagli possono anche cambiare continuamente, ma ilcui meccanismo generale di solito perdura nel tempo.Per capire che cosa sia lo stress nel senso più ampio deltermine e per imparare ad affrontarlo in moltecircostanze diverse, conviene pensarlo in una prospettivasistemica. In questo capitolo esamineremo l'origine delconcetto di stress, vari modi di definirlo e un principiounificante per gestirlo meglio nella nostra vita.

Lo stress come risposta di adattamento

Hans Selye per primo ha reso famoso il termine

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'stress', negli anni Cinquanta, sulla base dei suoi studi difisiologia animale in condizioni di sopravvivenzadifficili o insolite. Nell'uso popolare, la parola stress èvenuta a significare tutte le varie pressioni a cui siamosottoposti nella vita, e viene usata per indicare sia glieventi che ci mettono in difficoltà sia l'effetto che hannosu di noi. Questo uso confonde, cioè, quelli che nellaterminologia scientifica si chiamano lo stimolo e larisposta.

Selye preferì chiamare 'stress' solo la rispostadell'organismo; e introdusse invece un nuovo termine,stressor, 'stressore', per indicare lo stimolo che producetale risposta. Egli definì lo stress come «la risposta non–specifica dell'organismo a qualsiasi pressione orichiesta», intendendo con organismo l'intero sistemamente–corpo.

Lo studio dello stress è reso più complesso dal fattoche la 'pressione o richiesta' che costituisce lo stressorepuò essere un evento interno, oltre che un eventoesterno. A volte un certo pensiero o sentimento, peresempio, può essere causa di stress (uno stressore);mentre, in altre circostanze, lo stesso pensiero osentimento può essere una risposta a uno stimoloesterno, e quindi una manifestazione dello stress.

Il genio di Selye consistette nel sottolineare la non–specificità della risposta dello stress. Egli sostenne chel'aspetto più interessante e fondamentale dello stress, è ilfatto che sia una risposta fisiologica generalizzata con cuil'organismo cerca di adattarsi alle richieste e pressioni a

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cui è soggetto, qualsiasi esse siano. Selye chiamò questarisposta general adaptation syndrome (sindrome generale diadattamento) e vide in essa un mezzo con cui gliorganismi riescono a mantenere la propria efficienza, e avolte a preservare la vita stessa, in presenza di pericoli,traumi e cambiamenti.

Egli sottolineò che lo stress è un elemento naturaledella vita e come tale inevitabile. Tuttavia, nello stessotempo, esso richiede un adattamento da partedell'organismo.

Selye si rese conto che in certe circostanze lo stresspuò dar luogo a quelle che egli chiamò 'patologiedell'adattamento'. In altre parole, i nostri tentativi dirispondere a una pressione o a un cambiamento diqualsiasi natura possono in se stessi rappresentare unfattore di squilibrio, se sono inadeguati o sregolati. Daciò segue che, più siamo in grado di fare attenzione ali'efficacia della nostra risposta agli stressori cheincontriamo, più possibilità abbiamo di evitare reazionisregolate che aggravano la nostra condizione.

Come abbiamo visto parlando degli studi di MartinSeligman su ottimismo e salute, non è tanto il potenzialestressore in sé, quanto il modo in cui lo percepiamo e loaffrontiamo, che fa sì che esso sia causa di stress o meno. Losappiamo tutti per esperienza personale. A volte unapiccola cosa può scatenarci una reazione emotiva deltutto sproporzionata al fatto in se stesso. Altre volteriusciamo ad affrontare non solo piccoli fastidi, ma ancheemergenze gravi, quasi senza sforzo.

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In una certa misura, la nostra possibilità di affrontareefficacemente uno stressore dipende dalla sua intensità.A un estremo della gamma di possibilità ci sono queglieventi stressanti che sono tanto violenti da ucciderci,indipendentemente da come li percepiamo, se nonriusciamo a evitarli: per esempio, l'esposizione a dosimassicce di sostanze tossiche o di radiazioni, o unincidente stradale grave. All'altro estremo, ci sono molteforze che agiscono su di noi continuamente e che insituazioni normali nessuno trova particolarmentestressanti. Per esempio, tutti siamo continuamentesottoposti all'attrazione gravitazionale della terra e aicambiamenti del tempo e delle stagioni. La forza digravità è un'esperienza tanto costante che tendiamo anon notarla neppure: non ci rendiamo quasi conto dicome ci adattiamo a essa, per esempio spostando il pesoda una gamba all'altra quando stiamo in piedi.

Ma, se il nostro lavoro ci costringe a stare in piedi suun pavimento di cemento per otto ore al giorno,sicuramente diventeremo molto consapevoli degli effettistressanti della forza di gravità.

Se non sei né un operaio metalmeccanico né unaddetto alla manutenzione dei grattacieli né untrapezista, di solito la forza di gravità è l'ultima delle tuepreoccupazioni in fatto di stress.

Ma l'esempio della forza di gravità illustra il fatto chemolti stressori sono inevitabili e che il nostro organismovi si adatta continuamente. Come dice Selye, lo stress èun aspetto naturale della vita. L'esistenza di queste

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richieste a cui l'organismo deve rispondere non è, in sestessa, né un bene né un male: è semplicemente unarealtà.

A metà fra gli stressori letali, come alte dosi diradiazioni o veleni, e quelli essenzialmente benigni,come la forza di gravità, c'è un'ampia gamma di casi inc u i è il modo in cui percepisci e affronti la situazione adeterminare in larga misura quanto stress essa ti provoca.

Utilizzando in maniera cosciente e intelligente le tuerisorse interne, puoi ridurre il livello di stress che vivi.Inoltre, non occorre che inventi un nuovo modo diaffrontare lo stress per ogni evento stressante cheincontri: puoi invece sviluppare un modo per affrontare icambiamenti in generale, i problemi in generale, lepressioni della vita in generale. Il primo passo,naturalmente, consiste nel riconoscere di essere sottostress.

Lo stress come transazione con l'ambiente

Richard Lazarus, un ricercatore nel campo dello stress,che lavora all'Università di California, a Berkeley,suggerisce che il modo più fruttuoso di considerare lostress da un punto di vista psicologico, sia cometransazione fra l'individuo e l'ambiente. Secondo il dottorLazarus, lo stress psicologico è «una particolarerelazione fra la persona e l'ambiente, che la persona vivecome al limite delle proprie risorse e come un pericolo

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per il proprio benessere». Questo significa, comeabbiamo già visto, che un evento può essere piùstressante per una persona (la quale, per esempio,dispone di meno risorse per affrontarlo) che per un'altra;e significa anche che l'interpretazione della 'transazione'è cruciale ai fini del suo essere un fattore di stress omeno. Se interpreti un evento come una minaccia per iltuo benessere, esso ti provoca stress. Ma se lo vedi inun'altra luce, magari lo stesso evento non è per te affattostressante o lo è in misura molto minore.

Questa è una buona notizia, perché, data unaparticolare situazione, ci sono di solito molti modipossibili di vederla e di affrontarla. Il modo in cuiinterpretiamo e valutiamo i nostri problemi, determina ilmodo in cui li affrontiamo e il grado di stress che essi ciprovocano. Ciò significa che abbiamo la possibilità diesercitare un controllo maggiore di quanto normalmentecrediamo sulle cause del nostro stress. Da un lato, cisaranno sempre, nell'ambiente in cui viviamo, moltipotenziali stressori che non possiamo eliminare. Ma ilmodo in cui ci vediamo in rapporto a essi cambia la relazione, eperciò cambia la misura in cui li viviamo come pericolo per ilnostro benessere e al limite delle nostre risorse.

Stress e consapevolezza

Tutti sappiamo, per esperienza, che spesso non cirendiamo conto della misura in cui, un certo modo dirapportarci al nostro ambiente esterno o interno, drena le

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nostre risorse. A volte, per esempio, il nostro stile di vitamina la nostra salute e ci esaurisce fisicamente ementalmente, senza che ce ne accorgiamo. Atteggiamentinegativi verso noi stessi e gli altri, convinzioni limitantirispetto a ciò che possiamo o non possiamo fare,rappresentano ostacoli sostanziali che ci impediscono dicrescere, di guarire e di affrontare efficacemente momentidifficili. E anche questi fattori possono agire sotto lasoglia della nostra consapevolezza.

Proprio perché la percezione e la valutazione hannoun ruolo determinante nella nostra capacità di adattarci edi rispondere in maniera appropriata a cambiamenti,dolore e pericoli per il nostro benessere, il primo passoper affrontare efficacemente lo stress è capire ciò che ci stasuccedendo. In questo senso, è importante coltivare lacapacità di percepire la nostra esperienza nel suocontesto globale, come abbiamo fatto nel problema deinove punti (nel capitolo 'Totalità'). Possiamo cosìcogliere relazioni e feedback di cui magari prima non cirendevamo conto. Possiamo imparare a vedere la nostrasituazione di vita più chiaramente, e ridurre il livello distress ulteriore che deriva da reazioni abitualiinappropriate, in situazioni difficili.

Questa consapevolezza ci aiuta anche a liberarci dallamorsa di molte credenze inconsce che limitano la nostracrescita. Cambiando il nostro modo di vedere le cose,possiamo cambiare anche il nostro modo di rispondere aesse.

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Il ciclo della reattività

Gli esseri umani, in realtà, sono straordinariamenteresistenti allo stress. In un modo o nell'altro, riusciamo asopravvivere e ad avere i nostri momenti di piacere, dipace e di pienezza. Siamo tutti esperti nel cavarcela invari tipi di situazioni difficili e nel risolvere problemi.Troviamo un sostegno in credenze religiose o in attività esvaghi che ci danno gioia e un senso di appartenenza.Siamo rallegrati dal condividere amore eincoraggiamento con la nostra famiglia e con i nostriamici.

Tuttavia, per quanto stabile possa essere il nostroequilibrio psico–fisiologico, a volte esso viene spintooltre i limiti entro i quali è capace di adattamento, versola sregolazione e il disordine. La salute può venireminata da abitudini di comportamento dannose, che sisommano alle pressioni della vita che dobbiamoaffrontare continuamente. In ultima analisi, le nostrereazioni automatiche agli eventi stressanti cheincontriamo, sono responsabili di gran parte dello stressche viviamo.

Queste reazioni automatiche, che emergono da unospazio di inconsapevolezza, acuiscono lo stresscomplicando problemi che in partenza erano magarirelativamente semplici. Ci impediscono inoltre di vederecon chiarezza, di risolvere i problemi creativamente, di

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esprimere efficacemente le nostre emozioni e, in sensoultimo, di raggiungere la pace interiore. Ogni volta chereagiamo inconsapevolmente, ci allontaniamo un po' dipiù dal nostro equilibrio intrinseco. Una vita di reazioniinconsce accresce notevolmente il rischio che si produca,a un certo punto, un crollo e una malattia grave.

Stressori esterni e interni

Immagina per un momento di essere la personaraffigurata in Figura 6. Questa persona rappresenta latotalità del tuo organismo, il sistema corpo–mente, checomprende il tuo senso di identità psicologico, le tuepercezioni, i tuoi pensieri e le tue emozioni, oltre alcorpo con tutti i suoi vari sistemi di organi (alcuni deiquali sono menzionati nel riquadro).

Una serie di eventi stressanti esterni, tutte le forzebiologiche, fisiche, sociali, economiche, politiche, a cuisei sottoposto, agiscono su di te dal di fuori: essi sonoindicati in figura dalle freccette poste sopra alla persona.Al tuo interno, la mente genera a sua volta una serie dipressioni e stimoli, che in figura sono chiamati eventistressanti interni e sono indicati dalle freccette interne alriquadro, sul petto della persona.

Come abbiamo visto, anche pensieri ed emozionipossono essere cause importanti di stress,indipendentemente dal loro grado di aderenza a unarealtà esterna.

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Per esempio, il semplice pensiero di avere unamalattia letale, anche se non corrisponde a verità, puòessere un potente stressore con effetti molto debilitanti.Alcune cause di stress tendono a protrarsi nel tempo, e lechiamiamo 'stressori cronici'. L'assistenza a un parenteinvalido è un esempio di stressore cronico. Altri eventistressanti sono più localizzati nel tempo, e li chiamiamo'stressori acuti'. Una scadenza da rispettare (per esempiola scadenza per la presentazione della dichiarazione deiredditi) può essere un esempio di stressore di questotipo. Alcuni stressori sono prevedibili (come la scadenzaper la dichiarazione dei redditi), altri sono in largamisura imprevedibili (per esempio, un incidentestradale). Nella Figura 6, le freccette sopra alla persona eall'interno del riquadro indicano il complesso di tutti glistressori esterni o interni, acuti e cronici, che agiscono sudi essa in un determinato momento.

La reazione di combattimento o fuga

Quando ci troviamo di fronte a una situazione che ciappare come una minaccia fisica o psicologica per ilnostro essere, si instaura una particolare reazione. Avolte la minaccia è lieve e dà luogo a una reazioneminima. Ma se la minaccia ha per noi una notevole caricaemotiva, l'organismo mette automaticamente in motouna reazione di allarme.

La reazione di allarme è il modo in cui il corpo si

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prepara a una rapida azione difensiva o offensiva. Ilnostro sistema nervoso è organizzato in modo dafunzionare in questo modo, per esempio nelle situazioniche mettono in pericolo la nostra vita. In questesituazioni, la reazione di allarme ci permette dimobilitare tutta la potenza delle nostre risorse interne.

Walter B. Cannon, il fisiologo che ha lavorato allaHarvard Medicai School nei primi decenni del secolo, hastudiato la reazione di allarme in varie situazionisperimentali. In un caso ha osservato le reazionifisiologiche di un gatto minacciato da un cane cheabbaia. Cannon ha chiamato la risposta dell'organismodel gatto 'reazione di combattimento o fuga' (fight or flightreaction), perché i cambiamenti fisiologici che comportasono quelli che servono a preparare l'animale minacciatoa combattere o a fuggire.

La stessa reazione fisiologica avviene anche negliesseri umani. Quando ci troviamo improvvisamente difronte a una minaccia, la reazione di combattimento ofuga si sviluppa quasi istantaneamente e produce unostato di sovreccitazione, caratterizzato da forti tensionimuscolari e da emozioni intense (terrore, paura, ansia,rabbia eccetera). Ciò avviene tramite una rapida cascatadi segnali nervosi e la liberazione di 'ormoni dellostress', il più noto dei quali è l'epinefrina (adrenalina).

In stato di sovreccitazione le percezioni sensorialisono acuite, in modo da permetterci di ricevere ilmassimo di informazione nel più breve tempo possibile:le pupille si dilatano, i peli del corpo si rizzano,

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diventiamo istantaneamente molto svegli e attenti. Ilritmo e la forza delle contrazioni del muscolo cardiaco

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(e di conseguenza la pressione sanguigna) crescono, inmodo che la portata del cuore quadruplica o quintuplicain pochi attimi. Ciò aumenta l'irrorazione sanguigna deigrandi muscoli degli arti, che dovranno entrare in azionein caso di combattimento o fuga.

Contemporaneamente, il flusso di sangue diretto alsistema digestivo e la digestione stessa si arrestano.Dopo tutto, se stai per essere aggredito da una tigre,continuare a digerire il cibo che hai mangiato non è lacosa più urgente: la digestione continuerà comunquenello stomaco della tigre, se non riesci a fuggire. Sia ilcombattimento sia la fuga richiedono la massimacircolazione di sangue nei muscoli. Questo dirottamentodel flusso sanguigno è all'origine della sensazione di'chiusura allo stomaco' che a volte abbiamo nei momentidi stress. Tutti questi cambiamenti fisici ed emotiviavvengono grazie all'attivazione di un particolare ramodi quello che viene detto il sistema nervoso autonomo. Ilsistema nervoso autonomo regola le attività interne delcorpo, come il battito cardiaco, la pressione del sangue,la digestione. Il suo ramo che governa la reazione dicombattimento o fuga è il sistema simpatico, che ha lafunzione di accelerare i processi interni del corpo,mentre l'altro ramo, il sistema parasimpatico, serve arallentarli e a rilassarli.

L'ipotalamo controlla l'attività di entrambi i rami ed è'l'interruttore centrale' del sistema nervoso autonomo.L'ipotalamo è una regione che appartiene al cosiddettosistema limbico, situato profondamente all'interno del

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cervello, che può essere descritto come il 'centro delleemozioni' e che è collegato non solo al sistema nervosoautonomo, ma anche al sistema endocrino e a quellomuscolo–scheletrico. Questi cammini interconnessipermettono una risposta fisiologica ed emotiva, integrataagli eventi esterni.

Il sistema limbico è uno dei principali centri dicontrollo dei nostri meccanismi di regolazione biologica.Quando esso attiva il sistema nervoso simpatico,stimolando certe regioni specifiche dell'ipotalamo, siproduce una massiccia scarica di segnali nervosi cheinfluiscono sul funzionamento di tutti gli organi delcorpo. Alcuni di questi segnali viaggiano direttamentelungo le fibre nervose, altri provocano la secrezione diormoni e neuropeptidi nel flusso sanguigno. Ormoni eneuropeptidi sono dei messaggeri chimici, che sidiffondono in tutto il corpo trasmettendo informazione eattivando determinate risposte in vari tessuti e gruppi dicellule. Quando arrivano a destinazione, si legano conrecettori molecolari specifici, comunicando così il loromessaggio. Possiamo immaginarceli come delle 'chiavichimiche' che azionano certe risposte nel corpo. Èpossibile che tutti i nostri stati emotivi dipendano dallasecrezione di ormoni e neuropeptidi. Alcuni di questiormoni svolgono un ruolo importante nella reazione dicombattimento o fuga. Per esempio, Pepinefrina e lanorepinefrina vengono immesse nel flusso sanguignodalla midollare del surrene, la zona più interna delleghiandole surrenali, quando tali ghiandole vengono

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stimolate da segnali inviati attraverso il sistema nervososimpatico. Sono queste sostanze che ci dannoun'immediata eccitazione e un senso di accresciutapotenza nelle situazioni di emergenza. Altri ormonivengono secreti dalla corteccia surrenale in seguito allastimolazione di un'altra ghiandola nel cervello, laghiandola pituitaria. L'effetto complessivo di tutti questisegnali viene detto, in Figura 6, 'reazione di stress'. Sicapisce bene come la reazione di combattimento o fugaaccresca le probabilità di sopravvivenza di un animale inuna situazione pericolosa improvvisa. Funziona nellostesso modo anche per noi: ci aiuta ad affrontaresituazioni in cui la nostra vita è in pericolo. Perciò, non èaffatto un male disporre di questa capacitàfondamentale. Le cose cominciano ad andar malequando non siamo in grado di servircenecostruttivamente e agisce in noi in modo incontrollato.Negli animali, la reazione di combattimento o fuga vienespesso attivata dall'incontro con predatori. Ma agisceanche quando essi difendono la propria posizionesociale nell'ambito della propria specie o attaccano laposizione sociale di un altro membro del loro gruppo.Questi conflitti si concludono, in genere, con la fuga o lasottomissione di uno dei due contendenti.

Le nostre reazioni in situazioni di conflitto non sonomolto diverse da quelle degli animali, eccetto per il fattoche gli esseri umani si uccidono a vicenda in conflittiinterni alla specie, molto più di quanto facciano gli altrianimali. Pur avendo a disposizione molte più scelte,

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anche noi tendiamo a restare prigionieri di schemi dicomportamento di attacco, di sottomissione o di fuga. Egran parte dello stress che viviamo deriva da minaccereali o immaginarie alla nostra posizione sociale, nonalla nostra vita. La reazione di combattimento o fuga si scatenaogni volta che ci sentiamo minacciati, anche quando non esistealcun pericolo per la nostra vita.

Sovreccitazione cronica

Disgraziatamente, la sovreccitazione caratteristicadella reazione di stress può diventare un modo di vita.Molti dei nostri pazienti si sentono costantemente tesi eansiosi. Soffrono di tensioni croniche nei muscoli dellespalle, della mandibola, della faccia, della fronte, dellemani. Ciascuno di noi sembra avere una parte del corpopreferenziale in cui accumula le tensioni. Spesso il ritmocardiaco è permanentemente accelerato. Internamente lapersona si sente nervosa, ha palpitazioni o aritmiecardiache, ha il palmo delle mani costantemente sudato.Sicuramente queste reazioni sono per lo più sollecitateda situazioni di stress quotidiane, non da situazioni dipericolo di vita. Esse si producono perché il nostro corporeagisce automaticamente a ciò che percepisce comeminaccia o pericolo, anche se non ci capita spesso diincontrare delle tigri. Questa reazione di stressincontrollata, quando diventa cronica, può avere graviconseguenze per la nostra salute fisica e psicologica.

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Perciò è importante che ne diventiamo consapevoli e cirendiamo conto di quanto facilmente essa venga attivata.Come vedremo nel prossimo capitolo, la consapevolezzaè la risorsa cruciale per capovolgere l'abitudine di tuttauna vita a reagire costantemente alle situazioni di stress.

Che cosa facciamo, di solito, in tutte quelle situazioniin cui la reazione di combattimento o fuga si sviluppadentro di noi, ma non possiamo né combattere néfuggire, sia perché entrambe le cose sono socialmenteinaccettabili sia perché sappiamo benissimo che noncostituiscono una soluzione? Ci sentiamo minacciati,feriti, impauriti, arrabbiati. Gli ormoni dello stressmettono tutto il nostro organismo in stato di allarme. Lapressione sanguigna aumenta, il cuore batte forte, imuscoli sono tesi, lo stomaco è un nodo di tensione. Ilmodo più comune di affrontare queste situazioni èreprimere le nostre emozioni il più possibile. Leseppelliamo. Facciamo finta di nulla, le nascondiamoagli altri e a volte anche a noi stessi. Cerchiamo dicontrollare la nostra eccitazione. Per far ciò la cacciamodentro di noi: reprimiamo i segni esterni della reazionedi stress e la interiorizziamo. Ci comportiamo come nientefosse e tratteniamo tutta lo nostra carica emotivaall'interno. Un vantaggio del combattimento e della fugaè il fatto che stancano: passata la situazione diemergenza, l'animale si riposa. La pressione del sangue eil ritmo del cuore tornano ai livelli normali, il flussosanguigno si ridistribuisce attraverso il corpo, i muscolisi rilassano, tutto l'organismo si dispone al recupero

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dell'energia spesa. Interiorizzando la reazione di stressnon arrivi alla stessa risoluzione. Non raggiungi l'apicedell'eccitazione e non hai la scarica fisica conconseguente recupero. Invece continui a portarti dentrol'eccitazione, sotto forma sia di ormoni che provocano ilcaos nel tuo corpo sia di pensieri e sentimenti cheagitano la tua mente. Ogni giorno ci imbattiamo in uncerto numero di situazioni che in misura più o menogrande mettono a dura prova le nostre risorse. Se ognivolta che incontriamo un aspetto dell'intera catastrofe lanostra risposta è una piccola (o non tanto piccola)reazione di combattimento o fuga, di cui reprimiamo lemanifestazioni esterne e assorbiamo l'energia dentro dinoi, arriveremo a sera in uno stato di grande tensione.

Se poi questo diventa un modo di vita e nondisponiamo di alcun modo sano per scaricare la tensioneaccumulata, con il passare delle settimane, dei mesi edegli anni finiremo per trovarci in uno stato disovreccitazione cronica, che potrà diventare per noi tantoabituale da sembrarci perfino 'normale'. Ci sono indizisempre più consistenti che una stimolazione cronica delsistema nervoso simpatico possa dar luogo, a lungoandare, a problemi come ipertensione, aritmie cardiache,disturbi digestivi, mal di testa cronici, mal di schiena,disturbi del sonno e a uno stato cronico di ansia.

Naturalmente, ciascuno di questi disturbi diviene asua volta una fonte di stress. Sono altrettanti stressoriaddizionali che reagiscono su di noi, aggravando i nostriproblemi. Questo è il significato della freccia che in

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Figura 6 ritorna da questi sintomi di sovreccitazionecronica verso la persona.

Strategie di adattamento inappropriate

Tutti usiamo varie strategie per affrontare le pressionia cui siamo sottoposti. Alcuni riescono ad adattarsimolto bene a circostanze personali estremamente difficilie si sono creati le proprie strategie per farlo. Sannoquando fermarsi e prendersi del tempo libero, hannodegli hobby e altri interessi per distrarsi dallepreoccupazioni, sanno darsi buoni consigli e guardare lecose in prospettiva. Queste sono le persone resistentiallo stress.

Ma molti di noi affrontano lo stress in modi che sonoin realtà autodistruttivi. Questi tentativi di sopportaremeglio lo stress vengono chiamati in Figura 6, 'strategiedi adattamento inappropriate', perché tendono a lungoandare ad accrescere lo stress, anziché ridurlo.Inappropriate significa perciò malsane, tali dapeggiorare la situazione a lungo termine.

Una comune strategia di adattamento inappropriataconsiste nel negare l'esistenza del problema. «Io teso?Non sono affatto teso» dice la persona con questatendenza, mentre tutto il suo corpo manifesta tensioniaccumulate ed emozioni inespresse. Per alcuni è moltodifficile ammettere di essere rinchiusi in una pesantearmatura corporea ed emotiva, e di avere dentro molto

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dolore e rabbia. Ed è difficile scaricare la tensione se nonammetti neppure che esista. Se quando qualcuno mettein dubbio la tua negazione del problema hai unareazione emotiva molto forte, se provi rabbia orisentimento, questo è un segno certo che stai resistendoa qualcosa dentro di te.

Oltre alla negazione, ci sono molte altre strategie diadattamento malsane. Esse sono malsane precisamenteperché, in un modo o nell'altro, aiutano a evitare diaffrontare i problemi reali. Un esempio classico èrifugiarsi in un'attività di lavoro frenetica e compulsiva.

Se la tua vita familiare è stressante e insoddisfacente,il lavoro può essere un'ottima scusa per stare il piùpossibile lontano da casa. Se inoltre sei stimato daicolleghi, il tuo lavoro ti dà un certo senso di potere e diprestigio sociale, se ti senti produttivo e creativo, è facileimmergerti completamente nel lavoro. È una forma digratificazione che può dare assuefazione, come l'alcol.Ed è un alibi socialmente accettabile per non rendersidisponibili alla famiglia: c'è sempre più lavoro da fare diquanto riuscirai mai a farne. Alcuni perciò si anneganonel lavoro. Di solito lo fanno con le migliori intenzioni almondo, inconsapevoli della loro riluttanza ad affrontarealtri aspetti della loro vita e della necessità di trovare unequilibrio più sano.

Un'altra tendenza che tutti abbiamo, in una certamisura, è quella a ricorrere a qualche tipo di drogaquando siamo sotto stress. Per affrontare il disagio ciserviamo di alcol, nicotina, caffè e farmaci di vario tipo.

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L'attrazione di queste sostanze nasce dal desiderio disentirci meglio in un momento difficile. E tutti abbiamomolti momenti difficili. Il livello di assuefazione a questotipo di droghe nella nostra società è una drammaticatestimonianza del grado di insoddisfazione nella vitadelle persone, e del potente bisogno di momenti ditranquillità e di rilassamento.

Per molti è impossibile affrontare la giornata senzabere un caffè o due o tre. Le sigarette sono,inconsapevolmente, un modo comunissimo persopportare momenti di stress o di ansia. Accendi unasigaretta e inali il fumo, facendo un respiro profondo: ilmondo si ferma per un attimo e provi un temporaneosenso di tranquillità, di soddisfazione e di rilassamento.Sei di nuovo in grado di affrontare la situazione, fino alprossimo momento di stress.

L'alcol è un'altra potente droga per alleviare lo stress eil disagio emotivo. Rispetto al fumo o al caffè, offre ivantaggi supplementari di rilassare i muscoli e didistrarti dal peso dei tuoi problemi. Dopo qualchebicchiere la vita sembra più tollerabile. Molti si sentonoottimisti, socievoli e fiduciosi solo dopo aver bevuto. Ele persone in compagnia delle quali bevono, tendono afornire loro un certo appoggio emotivo e sociale e aconfermare l'idea che bere aiuti ad affrontare meglio ledifficoltà.

Anche il cibo può venire usato come una droga persopportare il disagio emotivo. Molti mangiano quando sisentono ansiosi o depressi. Mangiare diventa una

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stampella con cui si sorreggono in momentiemotivamente difficili, e una ricompensa con cui sigratificano.

Se provi un senso di vuoto dentro di te, è naturale chetu senta il desiderio di colmarlo: mangiare è un modomolto immediato di rispondere a questo impulso. Se nonaltro, ti riempi fisicamente. Il fatto che non ti facciarealmente stare meglio non ti impedisce di continuare aprovarci. Usare il cibo come gratificazione emotiva puòdiventare un'assuefazione potente. E come tutte leassuefazioni è difficile da rompere, anche quando tirendi conto di averla, a meno che tu disponga di unastrategia e di una forte determinazione nell'attuarla. Unaltro appoggio esterno a cui la gente ricorre spesso, percercare un minimo di benessere psicologico, sono glipsicofarmaci. I tranquillanti sono la categoria di farmacipiù prescritta negli Stati Uniti, specialmente alle donne.L'idea è: se ti senti a disagio, se non riesci a dormire, se tisenti ansiosa, ti arrabbi continuamente con i bambini, seiiperreattiva a ogni piccolo problema sul lavoro e in casa,prendi una di queste pastiglie e le cose andranno piùlisce, ti sentirai più padrona della situazione. Questoatteggiamento verso gli psicofarmaci, come 'prima lineadi difesa', è molto diffuso fra i medici. I farmaci sono unastrategia facile e funzionano. Perché non usarli? Perchénon dare alla persona un mezzo comodo ed efficace percontrollare meglio le proprie difficoltà? È una scelta inlarga misura data per scontata, un contesto tacito nel cuiambito si pratica la medicina.

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I medici sono continuamente bombardati dallapubblicità delle case farmaceutiche e dai lororappresentanti, che offrono loro campioni gratuiti del piùrecente preparato da provare sui propri pazienti, oltre adagende, calendari, penne e oggetti vari, tutti coperti dinomi di farmaci. Le case farmaceutiche riescono a far sìche la medicina venga praticata in mezzo a un mare dimessaggi pubblicitari ben visibili.

L'uso dei farmaci in sé non è sbagliato. Tutti sappiamoche i farmaci hanno una funzione estremamenteimportante nella terapia. Ma il clima creato da questecampagne pubblicitarie e da queste aggressive tecnichedi vendita esercita una forte influenza inconscia suimedici, che tendono a chiedersi quale farmacoprescrivere, anziché porsi in primo luogo il problema seil passo più opportuno sia prescrivere un farmaco.

Naturalmente questo atteggiamento verso i farmacinon è limitato ai medici, ma pervade l'intera società.Siamo una cultura: farmacodipendente. I pazienti spessovanno dal medico con la precisa aspettativa che vengaloro prescritto un farmaco. Se non se ne vanno con unaricetta, hanno la sensazione di non essere stati veramentepresi in considerazione.

I prodotti che non richiedono prescrizione medica,venduti direttamente in farmacia (analgesici, rimedisintomatici per il raffreddore e l'influenza, lassativi eantidiarroici), da soli costituiscono negli Stati Unitiun'industria con un giro d'affari di molti miliardi didollari. Siamo sommersi da un fiume di messaggi che ci

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dicono: se il tuo corpo non si comporta come vorresti,prendi il prodotto 'X' e tutto tornerà normale.

Il consumo delle droghe illegali nasce, in ultima analisi, dallo stessoatteggiamento mentale che produce la dipendenza dai farmaci: senon ti piace il modo in cui stai, prendi qualcosa che ti faccia sentiremeglio. Quando le persone si sentono alienate dalle norme eistituzioni sociali dominanti, tendono a cercare sollievo al propriosenso di disagio con i mezzi più facili e potenti disponibili. Le droghesono un mezzo facile e di effetto immediato. Negli Stati Unitiattualmente il loro uso è diffuso in tutti gli strati sociali: dall'abuso dialcol e cannabis fra gli adolescenti a quello delle cosiddette 'droghericreative' (come la cocaina) negli strati più abbienti della società,all'epidemia di eroina nei ghetti urbani.

Nella maggior parte dei casi, l'uso abituale di sostanzechimiche, legali o illegali, per ottenere un certo senso dibenessere e di rilassamento è un esempio di strategia diadattamento inappropriata. Esso è particolarmentemalsano quando diventa l'unico o principale modo dicontrollare le nostre reazioni allo stress. È malsanoperché, anche se può fornire un sollievo temporaneo, alungo andare accresce lo stress e non ci aiuta adaffrontare efficacemente i problemi della nostra vita né ilmondo così com'è.

Il fatto che, in ultima analisi, queste strategie creinoulteriori pressioni e ulteriore stress è indicato in Figura 6dalla freccia che parte dall'assuefazione a varie sostanzee ritorna verso la persona. Queste dipendenze tendonoad annebbiare la nostra visione e a sabotare la nostra

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ricerca di modi di vita più sani. In questo senso esse ciimpediscono di crescere e di guarire.

Le sostanze con cui cerchiamo di combattere lo stresssono, inoltre, fonte di stress per il nostro corpo. Lacaffeina contribuisce ai disordini della pressionesanguigna e del cuore; la nicotina e altre sostanzepresenti nel fumo del tabacco accrescono il rischio dimalattie cardiache, polmonari e cancro; l'alcol è correlatocon varie malattie del fegato, del cuore e del cervello; lacocaina accresce il rischio di aritmie cardiache e arrestocardiaco improvviso. Tutte queste sostanze dannoassuefazione psicologica; nicotina, alcol e cocainaproducono inoltre un'assuefazione fisiologica.

Crollo

Una persona può vivere per anni prigioniera del cicloformato da stress, reazioni allo stress e tentativiinappropriati di adattamento, seguiti da ulteriore stress,ulteriori tentativi di adattamento, e così via. Ilsuperlavoro, l'uso del cibo per coprire la sofferenzaemotiva e quello di farmaci e droghe, possonotamponare una situazione squilibrata per lungo tempo.Di solito, se sei disposto a esaminare la tua situazione, tiaccorgi che va peggiorando nel tempo, non migliorando.Se ti trovi in una situazione di questo genere,probabilmente le persone che ti stanno vicino cercano diindurti ad ammetterlo e a cercare rimedio. Ma è facile

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ignorare i suggerimenti altrui, e anche i messaggi del tuocorpo e della tua mente, quando il ciclo della reattivitàallo stress è diventato un'abitudine di vita. Le tueabitudini ti danno un minimo senso di sicurezza e disollievo di cui non sei disposto a privarti, anche se tistanno uccidendo. In senso ultimo, tutte le strategie diadattamento inappropriate producono assuefazione.Come la Figura 6 suggerisce, prima o poi gli effetticumulativi delle reazioni allo stress e dei mezziinappropriati per tenerle sotto controllo, portano a uncrollo di qualche tipo. Le modalità specifiche dipendonoin larga misura dalla tua costituzione genetica,dall'ambiente in cui vivi e dal particolare stile diadattamento che hai adottato: l'anello più debole dellacatena è quello che cede per primo. Se hai una storiafamiliare di malattie cardiache, può darsi che ti venga uninfarto, specialmente se altri fattori di rischio in questosenso (come il fumo, un'alimentazione ricca di grassi oun comportamento tendenzialmente cinico e ostile)hanno un peso importante nella tua vita.

Oppure può darsi che si produca una sregolazionedel sistema immunitario che può facilitare l'insorgere diun cancro. Anche in questo caso, la tua costituzionegenetica, l'esposizione a sostanze cancerogene, la tuaalimentazione e il rapporto che hai con le tue emozionipossono rendere questa evoluzione più o menoprobabile. Una caduta della funzionalità immunitariadovuta allo stress genera anche una maggioresuscettibilità alle malattie infettive. Qualsiasi organo o

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sistema può essere l'anello debole che alla fine si spezzae dà luogo alla malattia: per alcuni può essere la pelle,per altri i polmoni, per altri i vasi cerebrali (conconseguente ictus), per altri ancora l'apparato digerente oi reni. Oppure il crollo può essere legato a un incidente,per esempio una lesione a una vertebra del collo o delfondo della schiena, aggravata da uno stile di vitamalsano. Qualsiasi forma questa crisi prenda, se nonporta alla morte essa costituisce un'ulteriore importantefonte di stress, che va ad aggiungersi a tutte quellepreesistenti. Nella Figura 6, il crollo è l'origine di un'altrafreccia diretta verso la persona, che richiede un ulterioree ancora maggiore adattamento.

Depressione

C'è un altro ramo, nel ciclo della reattività allo stress,non rappresentato in Figura 6. Esso può essereimportante quando una situazione di stress inevitabile siprotrae a lungo, per esempio quando abbiamo laresponsabilità di prenderci cura di un parente anziano emalato o di un bambino invalido. In questi casi, aglistressori consueti della vita quotidiana si sommal'insieme, potenzialmente schiacciante, di quelli legatialle pressioni della situazione particolare. Se la personache si trova in questa situazione non riesce a svilupparedelle strategie di adattamento adeguate a breve e a lungotermine, lo stress, come abbiamo visto, può produrre

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uno stato di sovreccitazione permanente, con reazioni diirritabilità scatenate anche da motivi insignificanti.

A lungo andare una sovreccitazione continua, senzasostanziale possibilità di influire sulle cause di stressfondamentali, genera un senso di disperazione e diimpotenza e tende a capovolgersi in depressione cronica.La depressione porta a tutto un diverso complesso dialterazioni dell'equilibrio ormonale e del funzionamentodel sistema immunitario che, come la sovreccitazione, coltempo mina la salute e produce malattia.

Il crollo nel ciclo della reattività allo stress non hanecessariamente carattere prevalentemente fisico. In certicasi le risorse psicologiche vengono drenate fino alpunto che si produce quello che a volte viene detto un'esaurimento nervoso'.

La persona ha la sensazione di aver perso ognicapacità di funzionare nella vita normale. Questacondizione può essere tanto grave da richiedere ilricovero in ospedale e la somministrazione di farmaci.Essa è accompagnata da una completa perditadell'entusiasmo vitale, della capacità di provare piacereper quelle cose che in passato accendevano la nostravoglia di vivere. La persona che vive questa forma diesaurimento si sente alienata dal lavoro, dalla famiglia,dagli amici; le sembra che niente abbia più significato eniente le dia più gioia. È uno stato di profondadepressione che impedisce di funzionare efficacementenel mondo. E, come nel caso del crollo fisico, anchequesto crollo psicologico diviene, a sua volta, un

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ulteriore fonte di stress con cui la persona deve fare iconti in un modo o nell'altro.

Il ciclo costituito da uno stressore, che porta a unareazione, seguita da interiorizzazione, seguita datentativi inadeguati di mantenere il controllo dellasituazione, che producono altri stressori, altre reazioni ecosì via, fino a una crisi acuta e a volte anche alla morte,è per molti di noi un modo di vita abituale. Quando seiprigioniero di questo circolo vizioso, ti sembrasemplicemente che 'così sia la vita', che non ci siano altrepossibilità. Magari lo giustifichi dicendoti che tutto ciò faparte dell'invecchiare, che è un deterioramento dellasalute normale, una normale perdita di energia e dientusiasmo legata all'età. Ma restare schiavi del ciclodella reattività allo stress non è né normale néinevitabile. Come abbiamo visto, abbiamo molte piùscelte e risorse per affrontare i nostri problemi di quelleche solitamente conosciamo. L'alternativa sana allaprigionia, in questo ciclo autodistruttivo, consiste nellosmettere di reagire allo stress e cominciare invece arispondere a esso. Questo è il cammino dellaconsapevolezza nella vita quotidiana.

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Rispondere allo stress

Risposta anziché reazione

Ritorniamo così all'importanza della consapevolezza.Il primo passo (e quello più importante) per rompere ilcircolo vizioso della reattività allo stress è diventareconsapevole di quello che ti succede esattamente nelmomento in cui sta accadendo. In questo capitoloesamineremo come farlo. Riprendiamo in considerazionela situazione della persona raffigurata in Figura 6, cheabbiamo analizzato nel capitolo scorso. Come abbiamovisto, in qualsiasi momento una combinazione distressori esterni e interni può mettere in moto una catenadi emozioni e di comportamenti che abbiamo chiamatoreazione allo stress.

La Figura 7 riproduce lo stesso ciclo della reattivitàillustrato in Figura 6; ma essa contiene anche (a destra)un cammino alternativo, detto risposta allo stress. Larisposta allo stress è l'alternativa sana all'automatismodella reazione allo stress. Rappresenta l'insieme diquelle che possiamo chiamare strategie di adattamentoappropriate, in contrapposizione ai tentativi inappropriatiche abbiamo visto nel capitolo scorso.

Non è inevitabile percorrere il cammino della reazionedi combattimento o fuga o quello dell'impotenza e delladepressione ogni volta che sei sotto stress: puoi fare una

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scelta diversa. Ed è qui che entra in gioco laconsapevolezza. Essere consapevole momento permomento ti permette di influire sul corso degli eventi,proprio quando è massima la tendenza a reagireautomaticamente e a entrare in sovreccitazione e intentativi di adattamento inappropriati. La reazione allostress, per definizione, è automatica e inconscia. Nonappena porti consapevolezza a ciò che sta succedendo inuna situazione di stress, hai già modificato la situazionein modo essenziale, perché smetti di muovertiinconsciamente e 'con il pilota automatico'. Seipienamente presente mentre l'evento stressante avviene.E siccome tu sei parte integrante della situazione,aumentando la tua consapevolezza cambi l'intera situazioneprima ancora di agire. Questo cambiamento interno èimportantissimo, perché ti apre tutta una serie di scelteper influire su ciò che accadrà in seguito. Introdurreconsapevolezza in un momento di questo genererichiede solo una frazione di secondo, ma può fare unadifferenza decisiva per l'esito di una situazionestressante. È il fattore che determina se segui il percorsodella reazione allo stress o se prendi la rotta alternativadella risposta allo stress.Vediamo come puoi imboccare quest'altra via. Se resticentrata e riconosci sia la natura stressante dellasituazione sia i tuoi impulsi a reagire, hai già introdottonella situazione una dimensione nuova. Non sei piùcostretta a reprimere i pensieri e le emozioni cheemergono, per non perdere il controllo. Puoi permetterti

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di sentirti minacciata, ferita o arrabbiata; puoi permettertidi sentire la tensione muscolare nel tuo corpo. Coscientee presente, sei in grado di riconoscere tutti questiturbamenti per quello che sono, cioè semplicementepensieri, emozioni e sensazioni.

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Questo passaggio dalla reazione inconsapevole alriconoscimento consapevole riduce l'intensità dellareazione e la sua presa su di te. Allora hai la possibilitàdi scegliere: puoi ancora, se vuoi, seguire il percorsodella reazione, ma non sei costretta. Non ti trovi più areagire automaticamente, sempre nello stesso modo,quando qualcosa tì tocca. Puoi invece rispondere in basealla tua maggiore consapevolezza di ciò che stasuccedendo.

Centratura

Sarebbe aspettarci troppo da noi stessi pensare chequesta centratura e consapevolezza in situazioni di stressdebba sorgere istantaneamente dal nulla quando neabbiamo bisogno, che dobbiamo essere in grado diimporci di restare calmi quando non lo siamo. Ma non sitratta affatto di questo. In realtà, hai preparatogradualmente nel tempo il tuo corpo e la tua mente arispondere in questo modo. Hai coltivato e approfonditoqueste qualità con la pratica della meditazione. Soloaddestrandoci sistematicamente alla consapevolezzapossiamo sperare che la nostra calma e attenzionediventino abbastanza forti da permetterci di risponderein maniera equilibrata e creativa in situazioni di stress.La capacità di rispondere consapevolmente allo stress sisviluppa ogni volta che durante la meditazioneproviamo disagio, dolore o forti emozioni e riusciamo a

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osservare tutto ciò e a lasciare che sia così com'è, senzareagire. Come abbiamo visto, la pratica stessa consolidain noi modi alternativi di rispondere agli impulsi reattiviche si producono momento per momento. Ci faconoscere un tipo di controllo completamente diverso.

Scegliere il cammino della risposta allo stress,ovviamente non significa che non ti sentirai mai piùminacciata o impaurita o arrabbiata, che non farai maipiù niente di sciocco o autodistruttivo. Ma significa chesarai consapevole di questi impulsi più spesso, quandosono presenti. La tua consapevolezza potrà a volteridurre l'eccitazione che provi, a volte no: dipenderàdalle circostanze. In generale, la consapevolezza riduce ilgrado di eccitazione o comunque ti permette diriprenderti più facilmente dopo.

In Figura 7, ciò è indicato dal fatto che le oscillazionicontenute nel riquadro della 'risposta allo stress' sonopiù piccole in confronto a quelle del riquadro 'reazioneallo stress'. In molte situazioni un'intensa eccitazione euna forte tensione muscolare sono del tutto appropriate,in altre no. Nell'uno e nell'altro caso, il modo in cuiaffronterai la situazione dipenderà dal tuo grado diconsapevolezza.

In alcune situazioni, la minaccia che vivi può avere ache fare più con il tuo stato d'animo che con l'eventostressante in sé. Diventando consapevole in questimomenti, ti rendi conto di come la tua visione squilibratadelle cose possa generare una reazione eccessiva einappropriata, non proporzionata a ciò che le circostanze

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richiedono. Allora puoi provare a lasciare andare la tuainterpretazione limitata e a vedere che cosa succede seaffronti la situazione con più calma e chiarezza. Perchénon fare questa prova, almeno una volta o due? Checos'hai da perdere?

Sperimentando in questo modo, ti stupirai scoprendoquante cose che un tempo ti mettevano immediatamentein agitazione ora non ti turbano più. Magari non tisembreranno più nemmeno particolarmente stressanti:non perché tu ti sia rassegnata, ma perché sei piùrilassata e hai più fiducia in te stessa. Rispondere inquesto modo alle pressioni che incontriamo nella vita èun'esperienza che ci mette in contatto con il nostropotere. Conservi il tuo equilibrio mentale e corporeo,resti, come a volte si dice, centrata.

Il respiro

Come si coltiva la capacità di rispondere allo stressnella vita quotidiana? Nello stesso modo in cui si coltivala consapevolezza nella pratica della meditazione:momento per momento, radicandoci nel nostro corpo enel respiro. Quando incontri una provocazione o unasituazione stressante, quando senti che si stasviluppando una reazione di combattimento o fuga, puoicercare di portare la consapevolezza alla tensione deimuscoli facciali e delle spalle, al cuore che comincia abattere forte, alle sensazioni che provi nello stomaco, a

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qualsiasi cosa stia succedendo nel tuo corpo.Nota anche se senti salire emozioni di rabbia, paura o

dolore. Magari puoi anche dire a te stessa: «Eccomi inuna situazione di stress». Oppure: «Questo è il momentoper fare attenzione al respiro e centrarmi». Laconsapevolezza crea le condizioni per rispondere inmaniera appropriata qui e ora. Se sei abbastanza svelta, avolte puoi cogliere la reazione allo stress prima che sisviluppi completamente e trasformarla in una risposta.

Per questo ci vuole una certa pratica. Ma nonpreoccuparti: se la tua vita assomiglia a quella dellamaggior parte di noi, le occasioni per far pratica non timancheranno. Se sei disponibile, ogni situazione cheincontri diventa un'occasione per praticare la rispostaallo stress.

Puoi star certa che non riuscirai a rispondere anzichéreagire in tutte le situazioni: questa sarebbeun'aspettativa non realistica. Ma già cercare di vivereciascuno di questi momenti in una prospettiva diversatrasforma le occasioni di stress in sfide e porte che siaprono verso una crescita.

Gli eventi stressanti diventano i venti che soffianonelle tue vele e ti permettono di navigare. Come succedecon i venti, certamente non riuscirai a seguire sempreesattamente la rotta che vuoi. Ma ti troverai in unaposizione più favorevole per utilizzare la situazionecreativamente, per far sì che lavori per te o perproteggerti meglio da essa.

Il punto di partenza, naturalmente, è il respiro. Se

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riesci a portare l'attenzione al respiro anche solo per unattimo, ciò ti dà la possibilità di affrontare quell'attimo (el'attimo che viene dopo di quello) con consapevolezza. Eil respiro di per sé ha un'influenza calmante,specialmente quando lo senti scorrere nella pancia. Ècome un vecchio amico: ti ancora, ti dà stabilità, come unpilastro di un ponte saldamente ancorato alla roccia,intorno al quale l'acqua scorre. Oppure è come scenderequalche metro sotto la superficie del mare, dove l'acquaè sempre calma anche quando sopra c'è burrasca.

Il respiro ti riconduce alla calma e allaconsapevolezza, quando per un momento le perdi. Tirende consapevole del tuo corpo, delle tensioni che senti.Ti ricorda di esaminare i tuoi pensieri e le tue emozioni.Magari ti fa vedere quanto sei reattiva e ti permette diidentificarti meno con la tua reazione. Quando resticentrata di fronte a un evento stressante ti riesce moltopiù facile renderti conto dell'intero contesto dellasituazione, qualunque esso sia. L'impulso a lottare o afuggire, a proteggerti o ad arrenderti ti appareinquadrato nell'intero contesto, insieme a tutti gli altrifattori rilevanti in quel momento. Vedere le cose inquesto modo ti permette di restare più calma findall'inizio e di ritrovare il tuo equilibrio piùrapidamente, quando lo perdi.

Rompere il circolo vizioso

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Da uno spazio di calma e di consapevolezza, ti èmolto più facile affrontare i problemi creativamente evedere nuove scelte, immaginare nuove soluzioni. Incircostanze difficili vieni meno spesso travolta dalle tueemozioni e ti riesce più facile mantenere l'equilibrio eguardare le cose in prospettiva. Se la causa originariadello stress è già passata, ti rendi conto che in quelmomento qualsiasi cosa sia successa è già successa. È giàpassato. Renderti conto di questo ti consente diconcentrare tutta la tua energia nel presente, peraffrontare i problemi che richiedono la tua attenzione ora.

Concentrando l'energia in questo modo, anche insituazioni molto stressanti, recuperi più prontamente iltuo equilibrio mentale e fisiologico, la tua omeostasi. Notache in Figura 7 il cammino della risposta allo stress, adifferenza di quello della reazione, non rimanda nuovefrecce verso la persona: la risposta allo stress non generaulteriore stress. Rispondi e la cosa è finita. Vai avanti. Ilmomento successivo porta meno strascichi di quelloprecedente, perché li hai già affrontati nel momento incui si sono prodotti. Rispondere consapevolmente allostress, momento per momento, minimizza la tensione cheaccumuliamo dentro di noi. Disporre di un modoalternativo per affrontare le pressioni a cui siamosottoposti quotidianamente riduce anche la dipendenzadalle strategie di adattamento inappropriate a cuiricorriamo tanto spesso quando ci sentiamo tesi e di cuirestiamo prigionieri.

Una donna che ha seguito il corso per la riduzione

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dello stress alcuni anni fa ci ha raccontato di essersiaccorta che per lei l'impulso più forte a prendere unasigaretta durava circa tre secondi, più o meno il tempoche occorre per un respiro. Le era allora venuta l'idea diconcentrare l'attenzione sul respiro e di 'cavalcare l'onda'del desiderio di fumare in questo modo, senza togliere lasigaretta dal pacchetto. Quella donna non fuma più unasigaretta da due anni e mezzo. Mano a mano che ilrilassamento e la pace mentale ti diventano più familiari,grazie alla pratica della meditazione, ti riesce anche piùfacile evocarli quando ne hai bisogno. Quando sei sottostress puoi darti il permesso di 'cavalcare l'onda' dellostress. Non occorre né che la reprimi né che scappi.Traballerai un po', naturalmente: ma molto meno diquando sei in balìa della tua reattività automatica.

Risposte creative

Ogni settimana i pazienti della clinica raccontanoaneddoti, a volte istruttivi, a volte divertenti, su come sisono trovati ad affrontare situazioni di stressdiversamente da come facevano in passato.

Elizabeth ha provato a stare semplicemente zittaquando la sorella le ha rivolto uno dei suoi solitiattacchi, anziché reagire all'ostilità con ostilità. La sorellaè rimasta tanto stupita di quel silenzio che si sono messea parlare e ne è seguita la loro prima vera comunicazioneda molti anni.

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Doug si è trovato coinvolto in un incidente stradale incui nessuno è rimasto ferito. La colpa era dell'altro. Inpassato, Doug ha raccontato, sarebbe andato su tutte lefùrie, inveendo contro l'altro guidatore per averglirovinato la macchina e avergli fatto perdere tutto queltempo in una giornata piena di impegni. Invece si èritrovato a dire a se stesso: «Nessuno si è fatto male,l'incidente è già avvenuto, partiamo da questo punto».Ha portato l'attenzione al respiro e ha proceduto, conuna calma di cui lui stesso si è stupito, ad affrontare tuttii dettagli della situazione che andavano affrontati.

Marsha è arrivata una sera alla lezione guidando ilfurgone nuovo del marito. Le ultime parole del marito,mentre Marsha usciva di casa, erano state: «Per l'amordel cielo, stai attenta al furgone». E Marsha era stataattentissima. Aveva guidato con estrema prudenza.

Per essere certa che il furgone stesse al sicuro durantela lezione, aveva deciso di lasciarlo nel garagedell'ospedale, anziché nei parcheggi all'aperto. Eraentrata in garage e, proprio in quel momento, avevasentito un tremendo fracasso sopra di sé. Il limitatore dialtezza all'ingresso del garage aveva tagliato di netto illucernario di plastica a cupola sul tetto del furgone, dicui lei si era completamente dimenticata.

Per un attimo, immaginandosi la reazione del marito,Marsha fu presa dal panico. Poi fece una risata e si disse:«Non riesco a credere di aver potuto combinare questoguaio; ma il danno ormai è fatto». Perciò venne allalezione e ci raccontò tutta la storia, compresa la sua

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meraviglia di essere riuscita a controllare il panico, arestare calma e a vedere perfino il lato comico della cosa.Suo marito, si era resa conto, avrebbe dovuto comunqueaccettare il fatto che la cosa era già accaduta.

Keith era terrorizzato dal dentista, perché il dolore glifaceva molta paura. Ogni volta rimandava il piùpossibile. Un giorno gli venne in mente che potevameditare sulla poltrona del dentista. Poteva portarel'attenzione al respiro e sentire il suo corpo sprofondarenella poltrona. Scoprì che poteva far questo anche mentreil dentista gli trapanava la bocca, restando calmo ecentrato. Da allora l'esperienza del dentista è per lui unacosa completamente diversa.

Nella quarta parte del libro parleremo in dettaglio ditutta una serie di applicazioni della pratica dellaconsapevolezza. In essa troverai molti altri esempi dipersone che sono riuscite ad affrontare lo stresscreativamente, rispondendo invece di reagire. Forse aquesto punto, se hai cominciato a praticare lameditazione per conto tuo, avrai scoperto che anche turispondi in maniera un po' diversa alle pressioni dellatua vita: e questa, naturalmente, è la cosa più importante.

Come abbiamo visto, intraprendere il cammino dellarisposta consapevole allo stress non significa che nonreagirai mai più e che non sarai a volte sopraffatta dallarabbia, dal dolore o dalla paura. Ma è importante capireche rispondendo allo stress non cerchiamo di reprimerele nostre emozioni. Cerchiamo invece di imparare alavorare con tutte le nostre reazioni, fisiche ed emotive,

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in modo da essere meno in loro balìa e da vedere piùchiaramente come possiamo rispondere alla situazioneefficacemente.

Quel che ti succederà in una data situazione dipendedalla gravità dell'evento e dal significato che avrà per te.Non è possibile sviluppare preventivamente unastrategia da utilizzare in tutte le situazioni di stress.Rispondere allo stress richiede consapevolezza,momento per momento. Dovrai usare la tuaimmaginazione, e fidarti della tua capacità di trovarenuovi modi di guardare le cose e di rispondere a ciascunmomento.

Ogni volta che incontri lo stress in questo modo,esplori un territorio sconosciuto. A volte ti renderaiconto di non voler più reagire nella vecchia maniera, manon saprai come rispondere in modo nuovo. Ognioccasione sarà diversa da tutte le altre. Le scelte chepotrai fare dipenderanno dalle circostanze. Ma, almeno,quando affronti la situazione con consapevolezza haitutte le tue risorse a disposizione. Sei libera di esserecreativa.

Coltivando la consapevolezza, la tua capacità diessere pienamente presente può emergere anche nellecircostanze più difficili, può abbracciare tutto il campodell'intera catastrofe. A volte ridurrà il tuo dolore e avolte no. Ma la consapevolezza porta un certo tipo diconsolazione anche in mezzo alla sofferenza. Potremmochiamarla la consolazione della saggezza e della fiducia,la consolazione di essere interi.

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LA CONSAPEVOLEZZA ALLAVORO

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Ascoltare il corpo

Sintomi

I farmaci per alleviare sintomi di vario genere sonoun'industria da molti miliardi di dollari. Il più lieve maldi testa, mal di stomaco o raffreddore basta a far sì che lagente si precipiti in farmacia alla ricerca della pillolamagica per fare sparire il disturbo. Ci sono farmaci perrallentare l'attività dell'intestino, altri per accelerarla, altriper neutralizzare l'acidità di stomaco, altri ancora persedare l'ansia e per dormire.

Tutte queste medicine servono soprattutto a ridurre ildisagio prodotto da vari sintomi e spesso sonoabbastanza efficaci. Ma il problema è che le causeall'origine dei sintomi non possono venire affrontatesopprimendo temporaneamente i sintomi.

L'abitudine di ricorrere immediatamente a farmaci peralleviare i sintomi, riflette un atteggiamento mentale cheli considera come puri inconvenienti, inutili ostacoli chesi frappongono fra noi e le cose che vogliamo fare o ilmodo in cui vogliamo vivere.

Ma i sintomi sono spesso messaggi del corpo e cidicono che qualcosa è fuori equilibrio. Sono dei feedbackdi sregolazione. Ignorando questi messaggi o, peggio,sopprimendoli, corriamo il rischio di incorrere insquilibri più gravi in seguito. E, cosa forse ancora più

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importante, facendo questo non impariamo ad ascoltareil nostro corpo e a fidarcene.

La maggior parte dei pazienti arriva alla clinica per lostress con un numero notevole di disturbi e sintomi. Inmedia, durante le otto settimane del corso, il numero disintomi che la gente riferisce decresce di circa un terzo. Èuna riduzione notevole in un periodo tanto breve.Eppure, durante il corso ci occupiamo pochissimo deisintomi e quando lo facciamo non è nella prospettiva diattenuarli o mandarli via.

In primo luogo, in un gruppo di venti–trentacinquepersone, quasi tutte ansiose e preoccupate dei propridisturbi e desiderose di liberarsene, concentrarsi suiproblemi di ciascuno tenderebbe a incoraggiare unatteggiamento molto focalizzato su di sé e un'comportamento malato'. Essendo la nostra mente quelche è, un contesto del genere produrrebbe interminabilidiscussioni sulla malattia, anziché sulla trasformazionepersonale. Nella clinica per lo stress, scegliendo dirivolgere l'attenzione a ciò che 'funziona' nelle personeanziché a ciò che 'non funziona', pur senza negare ciò chenon funziona, riusciamo a oltrepassare la fissazione suidettagli della malattia e ad arrivare al centro dellafaccenda, cioè alla possibilità di contattare la nostrainterezza così come siamo nel momento presente.

Saggia attenzione

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Invece di discutere i sintomi come disturbi daeliminare, quando ce ne occupiamo lo facciamo peraddentrarci nell'esperienza dei sintomi, nel momentostesso in cui dominano la nostra mente e il nostro corpo.Il modo in cui ci accostiamo a essi, potrebbe esseredescritto come saggia attenzione. Saggia attenzionesignifica portare la stabilità e la calma dellaconsapevolezza ai nostri sintomi, e al modo in cuireagiamo a essi. La chiamo 'saggia' per distinguerla daltipo di attenzione che di solito prestiamo ai nostriproblemi e disturbi. Se, per esempio, hai una malattiacronica grave, è comprensibile che tu sia preoccupato, emagari anche spaventato e depresso dei cambiamenti cheavvengono nel tuo corpo e dei loro possibili sviluppi. Diconseguenza dedichi ai tuoi sintomi molta attenzione,ma di solito non è un'attenzione utile, un'attenzione cheaiuta a guarire. Il più delle volte è reattiva, carica digiudizi e di preoccupazioni centrate su di te. È l'oppostodella saggia attenzione. La via della consapevolezzaconsiste nell'accettarci così come siamo in questomomento, con o senza sintomi, con o senza dolore, con osenza paura. Invece di rifiutare la nostra esperienza comeindesiderabile, ci chiediamo: «Che cosa mi dice questosintomo? Che cosa mi rivela del mio corpo e della miamente in questo momento?»

Ci permettiamo, almeno per un momento, di entrarenella piena sensazione del sintomo. Questo richiedecoraggio, specialmente quando il sintomo è doloroso oquando abbiamo paura della morte. Ma puoi almeno

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fare un piccolo esperimento, avvicinarti un pochino alsintomo, diciamo per dieci secondi, tanto per guardarloun po' più da vicino.

Quando facciamo questo, incontriamo anche leemozioni che il sintomo ci provoca. Se proviamo rabbia,rifiuto, paura, disperazione o rassegnazione, cerchiamodi osservare anche queste cose il più spassionatamentepossibile. Perché? Per la sola ragione che è la nostraesperienza in questo momento. Questo è il luogo in cuici troviamo. Se vogliamo guarire e muoverci verso unmaggiore benessere, dobbiamo partire da dove siamo,non da dove vorremmo essere. Il movimento verso lasalute parte dal qui e ora. Perciò, osservare attentamentei tuoi sintomi e le tue emozioni, accettando entrambi perquello che sono, è della massima importanza. Visti inquesta luce, i sintomi e le emozioni che ti suscitanoappaiono come messaggeri, venuti a comunicarti coseimportanti riguardo al tuo corpo e alla tua mente.Anticamente, quando un re non gradiva il messaggio chegli arrivava, faceva tagliare la testa al messaggero. Ilnostro comportamento verso i sintomi è spesso di questogenere. Ma uccidere il messaggero e ignorare ilmessaggio non è un modo intelligente per cercare laguarigione. La cosa più dannosa che possiamo fare èignorare le connessioni che chiudono i circuiti difeedback cruciali e ripristinano l'autoregolazione el'equilibrio. La vera sfida, quando abbiamo dei sintomi, èascoltare veramente il loro messaggio e prendercelo acuore: vale a dire, realizzare pienamente la connessione.

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Quando nella clinica un paziente mi dice che durantel'esplorazione del corpo o la meditazione seduta haavuto mal di testa, generalmente la mia risposta èqualcosa come: «Va bene. Dicci anche come hai lavoratocon il mal di testa.» Quel che intendo è: hai colto questaoccasione per esaminare l'esperienza che chiami 'mal ditesta', che magari è un problema che ti perseguita nellavita di ogni giorno anche quando non stai meditando?L'hai osservata con saggia attenzione? Hai portato allesensazioni che hai provato, consapevolezza eaccettazione? Hai osservato i tuoi pensieri in quelmomento?

O la mente è saltata automaticamente nel rifiuto e nelgiudizio, magari sentendo di 'non riuscire a meditare' odi non essere capace di rilassarti o che la meditazionenon funziona o che i tuoi mal di testa sono incurabili?

Disidentificazione

Tutti noi possiamo avere questi pensieri negativi emolti altri. Vanno e vengono. Come ogni altra reazione,la sfida che essi ci propongono è quella di osservarlisemplicemente come pensieri. Facendo ciò, puoi ancheaccogliere il mal di testa nella tua esperienza presente,perché c'è comunque, che ti piaccia o meno. Riesci adecifrarne il messaggio, ascoltando attentamente come sisente ora il tuo corpo? C'è qualche umore o emozioneche ha preceduto il mal di testa? Riesci a identificare un

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evento che lo ha messo in moto? Che cosa provi ora? Tisenti ansioso, depresso, triste, deluso, scoraggiato,irritato? Riesci a stare con quello che senti in questomomento? Riesci a osservare le tue reazioni con saggiaattenzione? Riesci a osservare i tuoi pensieri e le tueemozioni semplicemente come pensieri ed emozioni?Riesci a cogliere l'impulso a identificarti con essi, aviverli come 'il mio mal di testa', 'la mia irritazione', 'i mieipensieri? Riesci a lasciare andare il 'mio' e ad accettare ilmomento semplicemente per quello che è? Osservando ilmal di testa, esaminando la costellazione di pensieri e diemozioni che lo accompagnano (la reazione, il giudizio,il rifiuto di come ti senti, il desiderio di sentire qualcosadi diverso), magari a un certo punto ti accorgerai che tunon sei il mal di testa, a meno che non ti ci identifichi tustesso. Forse non è il tuo mal di testa, ma solo un mal ditesta, o forse solo una sensazione nella testa che non habisogno di nessun nome.

Il linguaggio che usiamo è molto rivelatore dellatendenza a personalizzare i nostri sintomi e malattie. Peresempio, diciamo: «ho il mal di testa», «ho l'influenza»,«ho la febbre». Sarebbe più giusto descrivere il mal ditesta, l'influenza, la febbre come processi dinamici di cuifacciamo esperienza, non stati che ci appartengono.

Legando automaticamente e inconsciamente ognisintomo a 'io' e 'mio', la mente già ci sta preparandodiversi trabocchetti. Dobbiamo renderci conto di questatendenza all'identificazione e coscientemente lasciarlaandare per potere ascoltare più profondamente il

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messaggio del sintomo, non oscurato dalle nostrereazioni.

Quando osservi un sintomo con pienaconsapevolezza, che sia tensione muscolare opalpitazioni cardiache, difficoltà di respirare, febbre odolore, è molto più facile ricordarti di rispettare il tuocorpo e ascoltarne i messaggi. Quando non riusciamo ametterci in un vero rapporto di ascolto e neghiamo ilsintomo o ce ne preoccupiamo in maniera ossessiva edesagerata, ci creiamo seri problemi. Di solito il tuo corpofa di tutto per farti arrivare i suoi messaggi, anchequando non ha una buona connessione con la tua mentecosciente. Un sacerdote che ha partecipato al corso per lariduzione dello stress ha descritto così la sua esperienza,dopo alcune settimane di meditazione. Si accorgeva orache per anni il suo corpo aveva cercato di indurlo arallentare la sua attività frenetica, dapprima facendoglivenire dei mal di testa mentre lavorava. Lui non ci avevafatto caso e i mal di testa erano peggiorati.

Poi il corpo gli aveva creato un'ulcera. Ma ancora luinon lo aveva ascoltato. Allora gli aveva fatto venire unattacco cardiaco. Questo lo aveva spaventato abbastanzada cominciare a prendere sul serio la situazione. Ora eragrato che gli fosse venuto il colpo al cuore e loconsiderava un dono. Perché avrebbe potutoammazzarlo, ma non l'aveva fatto. Gli aveva lasciatoun'altra possibilità. E sentiva che forse era per luil'ultima occasione per cominciare a rispettare il suocorpo e ad ascoltarne i messaggi.

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Lavorare con il dolore fisico

Dolore acuto e cronico

La prossima volta che ti capiterà di darti unamartellata su un dito o di urtare con il gomito contro unospigolo, puoi fare un piccolo esperimento diconsapevolezza. Prova a osservare l'esplosione disensazioni che provi e la cascata di improperi, mugolii emovimenti improvvisi che essa produce. Il tutto avvienein un secondo o due: se riesci a diventare consapevoledelle tue sensazioni in un tempo così breve, noteraiprobabilmente che smetti di imprecare o di lamentarti e ituoi movimenti diventano meno violenti.

Concentra l'attenzione sulle sensazioni nel puntotraumatizzato e nota come cambiano: dolore lacerante,fitte, dolore pulsante, bruciore, indolenzimento siaccavallano e si susseguono come un caleidoscopio diluci colorate proiettate su uno schermo. Continua aseguire l'evoluzione delle sensazioni mentre curi ilpunto colpito, comprimendolo, applicandogli delghiaccio, mettendolo sotto l'acqua o facendo qualsiasialtra cosa senti di fare.

In questo piccolo esperimento, se la tuaconcentrazione è forte, noterai forse un centro di calma altuo interno, da cui osservi lo svolgersi di tutto l'episodio.Ti sentirai, magari, come se fossi completamente

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distaccata dalle sensazioni che provi: come se non fossetanto il 'tuo dolore' quanto semplicemente 'dolore'. Puòessere un luogo di pace situato 'all'interno' del dolore o'dietro' il dolore. E se non provi niente di tutto questo,puoi sempre riprovare la prossima volta che ti capiteràdi urtare energicamente contro qualcosa.

Una martellata su un dito o una collisione violenta conun ostacolo produce un dolore immediato, quello chechiamiamo un dolore acuto. I dolori acuti sono di solitomolto intensi, ma durano poco. O se ne vanno da soli,come nel caso di una contusione, o richiedono misureimmediate per porvi rimedio, per esempio un interventodi pronto soccorso.

Se nei momenti in cui accidentalmente ti fai maleprovi a esaminare attentamente quello che provi,scoprirai che il modo in cui ti rapporti alle tue sensazionifa una grossa differenza in termini del dolore e dellasofferenza complessiva che la situazione ti causa.Influisce anche sulle tue emozioni e sul tuocomportamento. Può essere una vera rivelazionescoprire che hai a disposizione tutta una gamma di sceltenel rapportarti al dolore fisico, oltre a quella di esserneautomaticamente sopraffatta.

Dal punto di vista della medicina, il dolore cronico, queltipo di dolore che dura nel tempo e che non è facilmenteeliminabile, è un problema molto più difficile del doloreacuto. Il dolore cronico può essere costante ointermittente e può variare grandemente di intensità, dafitte laceranti a un vago indolenzimento. La medicina, in

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genere, riesce a trattare il dolore acuto molto meglio deldolore cronico. Le cause di un dolore acuto sono disolito facilmente identificabili e curabili. Ci sono invecedolori cronici che non vengono eliminati né da farmaciné da interventi chirurgici. A volte la loro causa non èben definita. Se un dolore, che inizialmente può essersipresentato come acuto, dura più di sei mesi o continua apresentarsi in maniera ricorrente, viene consideratocronico. Nel resto di questo capitolo parleremo deidolori cronici e dell'uso della consapevolezzanell'affrontarli.

Il dolore come messaggero

È importante tener presente che tutti i pazienti dellaclinica per lo stress sono stati sottoposti a controllimedici esaurienti prima di imbarcarsi nel viaggio dellameditazione. In presenza di dolori cronici, questo èassolutamente necessario per escludere o confermare lapresenza di processi patologici che potrebbero richiedereun intervento medico immediato. Il lavoro dellaconsapevolezza va portato avanti insieme a ogni altraprocedura medica necessaria ad alleviare o eliminare ildolore. Non sostituisce le cure mediche, bensì può essereun vitale complemento a esse. Come abbiamo visto inprecedenza che lo stress in sé non è un male, così ildolore in sé non è un male: è anzi uno dei messaggeridel corpo più importanti. Se fossi insensibile al dolore,

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potresti provocare gravi danni al tuo corpo senzaneppure accorgertene, per esempio toccando un oggettodi metallo rovente. Oppure potresti avere un'appendiceperforata e non accorgerti di nulla. Il dolore acuto cheproviamo in queste circostanze ci segnalaimmediatamente che c'è qualcosa che non va. Ci dicesenza ambiguità che occorre intervenire prontamente eporre rimedio alla situazione. Nel primo caso, ritiriamoistantaneamente la mano dall'oggetto rovente; nelsecondo, ci precipitiamo al più vicino ospedale.L'intensità del dolore letteralmente ci pungola ad agire.Ci sono persone che nascono con difetti congeniti neicircuiti nervosi associati alle sensazioni di dolore. Perqueste persone è molto difficile imparare quelleelementari norme di prudenza che tutti noi diamoassolutamente per scontate. Senza rendercene conto, nelcorso degli anni abbiamo imparato dal dolore fisicomolte cose, su noi stessi, sul nostro corpo e sul mondoche ci circonda. Il dolore è un insegnante molto efficace.Eppure scommetto che la maggior parte delle personetende a vedere nel dolore esclusivamente 'un male'. Lanostra società ha una spiccata avversione al dolore, eperfino all'idea del dolore. Per questo inghiottiamoimmediatamente una pastiglia ai primi segni di mal ditesta. Come vedremo, questa avversione al dolore è unostacolo per imparare a convivere con un dolore cronico.

Dolore e sofferenza

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L'avversione al dolore è in realtà un'avversione allasofferenza mal riposta. Di solito non distinguiamosofferenza e dolore, ma ci sono differenze importanti frale due cose. Il dolore è un ingrediente naturale delleesperienze della vita. La sofferenza è una delle possibilirisposte al dolore fisico o emotivo. Essa ha a che fare coni nostri pensieri e sentimenti, e con il modo in cuiinterpretiamo la nostra esperienza.

Anche la sofferenza è un'esperienza naturale. A volte,anzi, si parla della condizione umana comeintrinsecamente caratterizzata dalla sofferenza. Ma èimportante ricordare che la sofferenza è solo una dellerisposte possibili all'esperienza del dolore. Anche unlieve dolore può causarci grande sofferenza, se peresempio temiamo che sia indicazione di un tumore o diqualche altra grave malattia. Lo stesso dolore puòsembrarci una cosa da nulla, solo un piccolo disturbo,quando siamo rassicurati dagli esiti negativi di tutti gliesami e sappiamo che non c'è pericolo che sia una cosaseria. Perciò non è sempre il dolore in sé, ma piuttosto ilmodo in cui reagiamo a esso, a determinare il grado disofferenza che viviamo. Ed è la sofferenza la cosa che piùci fa paura, non il dolore.

Dolori cronici e medicina

Naturalmente nessuno vuole essere costretto a viverecon un dolore cronico. Ma la realtà è che è una situazione

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molto diffusa. Il costo economico sia personale siasociale dei dolori cronici è altissimo. Si è calcolato chesolo i dolori lombosacrali, sommando il costo delle curee la perdita di produttività, costano ogni anno agli StatiUniti trenta miliardi di dollari. I costi psicologici edemotivi non sono meno impressionanti.

Un dolore che si trascina nel tempo può diventaretotalmente paralizzante, può corrodere la qualità dellavita. Ti può macinare a poco a poco, rendendotiirritabile, depressa, incline al lamento e alladisperazione. Non ti senti più padrona del tuo corpo nécapace di guadagnarti da vivere, per non parlare digoderti quelle situazioni che di solito ci danno piacere erendono la vita significativa. Il guaio è che, benché lecure per i dolori cronici siano molto migliorate rispetto aquelle che erano disponibili vent'anni fa, nella maggiorparte dei casi esse hanno tutt'al più un successo parziale.

Molte persone, dopo un lungo e frustrante calvario ditentativi che a volte comprende degli interventichirurgici e in genere un certo numero di chemioterapie,finiscono per sentirsi dire dai medici che dovranno'imparare a convivere' con il dolore. Ma nella maggiorparte dei casi non viene detto loro come. Il consiglio di'imparare a convivere' con il dolore dovrebbe esserel'inizio di un percorso, non la fine.

Nei casi più fortunati, che sono tuttora l'eccezionepiuttosto che la regola, la persona sofferente disponedell'appoggio del personale di una clinica per il doloreinterdisciplinare. Valutazione e counseling psicologico

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vengono allora inclusi in un programma di cura che puòcomprendere di tutto, dalla chirurgia al blocco nervoso,infiltrazione con steroidi dei trigger–points, lidocaina ininfusione continua, miorilassanti, analgesici, terapiaoccupazionale, agopuntura e massaggio. La funzione delcounseling è quella di aiutare la persona a organizzare lapropria vita, in modo da controllare in una certa misurail dolore, conservare una prospettiva ottimistica e difiducia nelle proprie risorse, e intraprendere quelleattività di lavoro o di svago che rientrano nelle suepossibilità.

La clinica per il dolore del nostro ospedaleraccomanda a molti dei suoi pazienti il corso per lariduzione dello stress. Il criterio decisivo per questaindicazione è la disponibilità della persona a prendersila responsabilità di fare qualcosa per sé, specialmentequando il dolore non risponde bene alla terapia medica.

I pazienti il cui atteggiamento è quello di volere che imedici 'risolvano il problema' per loro, non sono ingenere buoni candidati. A volte essi interpretano ilsuggerimento di un approccio psicologico alla terapiadel dolore, nel senso che i medici non considerino il lorodolore 'reale'. Il paziente, in genere, vuole che il medicointervenga sul suo corpo per 'aggiustare il guasto', cosafin troppo naturale quando il modello culturaledominante considera il corpo alla stregua di unamacchina.

Ma il nostro corpo non è una macchina. Un problemanei dolori cronici è che spesso la loro causa non è del

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tutto chiara. I vari esami sovente non danno grandiindicazioni, benché la persona soffra intensamente. E,anche in quei casi in cui si individua esattamente lacausa del dolore, spesso non c'è molto che si possa fareper attenuarlo.

Perciò il paziente che ricorre ai medici in uno spiritosimile a quello con cui porterebbe l'auto da unmeccanico, sperando nell'intervento chirurgico,nell'iniezione o nella pillola magica che risolva tutto, vaspesso incontro a una dolorosa disillusione. Raramentenelle condizioni di dolore cronico le cose sono tantosemplici.

Nell'ottica del nuovo paradigma il dolore non è unproblema 'puramente corporeo', è un problemasistemico. Certi impulsi sensoriali che hanno origine allasuperficie del corpo o internamente, vengono trasmessilungo le fibre nervose al cervello, dove vengonoregistrati e interpretati come 'dolore'. Ma le funzioniemotive e cognitive superiori intervengono a modificarela percezione del dolore in molti modi. La prospettivasistemica apre molte possibilità di usare deliberatamentela mente per influire sull'esperienza del dolore. Perquesto la meditazione può essere di grande aiuto perimparare a convivere con il dolore. Perciò, se un medicosuggerisce che una certa disciplina mentale può essertidi aiuto, ciò non significa che il tuo dolore non sia reale.Significa che il tuo corpo e la tua mente non sono mondidistinti e separati, e che perciò c'è sempre nel dolore unacomponente mentale. E perciò hai anche sempre la

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possibilità di influire in una certa misura sull'esperienzadel dolore, mobilitando le tue risorse mentali.

Gli studi che conduciamo ogni anno nella clinica perlo stress mostrano, in media, una notevole riduzione dellivello di dolore nei nostri pazienti, durante le ottosettimane del corso. Ci serviamo di un questionario dettoMcGill–Melzack

Pain Rating Index (Indice di quantificazione del doloreMcGill–Melzack), che fornisce un procedimento divalutazione riproducibile.

In uno studio, per esempio, il 61% dei pazienti condolori cronici ottenne una riduzione del dolore (misuratodall'indice McGill–Melzack) superiore al 50% e il 72%una riduzione superiore al 33%. Parallelamente allariduzione del dolore, l'immagine del proprio corpo diquei pazienti ebbe un miglioramento del 30%. Risultatidi questo genere, che ritroviamo ogni anno, si applicanoa molti tipi diversi di dolore: persone con mal di testa,sciatica, dolori alla schiena, al collo, alle spalle, al viso,alle braccia, al petto, all'addome, alle mani, ai piedi,causati da una varietà di disturbi (artrite, ernia al disco,distrofie simpatiche eccetera). Questo suggerisce chemolti tipi di dolore rispondono all'approccio dellaconsapevolezza, che comporta soprattutto ladisponibilità ad aprirsi al dolore e ad imparare da esso,anziché chiudersi e cercare di mandarlo via.

Pratica della consapevolezza e dolore

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Allora, da dove cominciare? Se soffri di un dolorecronico, forse a questo punto hai già cominciato apraticare alcuni degli esercizi di consapevolezzasuggeriti nella prima parte del libro. Forse a un certopunto, durante la lettura del libro o durante la praticadella meditazione, ti sei trovata a riflettere sulla tuasituazione da un diverso punto di vista o hai sentito ildesiderio di fare attenzione a cose che prima davi perscontate. Magari hai anche cominciato a praticare una opiù delle tecniche di meditazione del programmasuggerito nel capitolo 'Come cominciare'.

Se non lo hai fatto, la prima cosa da fare a questopunto è impegnarti con te stessa a dedicare un certotempo alla pratica, cominciando con l'esplorazione delcorpo per almeno quarantacinque minuti al giorno, seigiorni alla settimana; e impegnarti a perseverare nellapratica anche se non senti subito che ti porta a qualcherisultato.

Tutti i suggerimenti contenuti nella prima parte diquesto libro sono tanto pertinenti al tuo lavoro con ildolore quanto alla pratica di coloro che non soffrono didolori cronici. Per esempio, è importante coltivare gliatteggiamenti descritti nel capitolo 'I fondamenti dellapratica'. Stai attenta alla tendenza a pensarti come una'malata'. Ricorda periodicamente a te stessa che sei unapersona umana intera, a cui capita di trovarsi a doveraffrontare intelligentemente una situazione di dolorecronico. Questa ridefinizione della tua situazione èparticolarmente importante se hai alle spalle una lunga

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storia di dolore, e ti senti sconfitta e sfiduciata per viadelle tue esperienze passate.

Più di chiunque altro avrai ben presente che affrontareil dolore non ti esonera dalla necessità di affrontareanche tutti gli altri problemi e difficoltà della vitaquotidiana. Puoi lavorare con gli altri tuoi probleminello stesso modo in cui lavori con il dolore.

Se a volte ti senti scoraggiata e depressa, è importantericordarti che puoi ancora provare gioia e piacere. Secoltivi questa visione più ampia di te stessa, lameditazione troverà un terreno molto più fertile percrescere e dare frutti. E magari scoprirai che ti aiutaanche in vari altri modi inaspettati, che non hanno nientea che fare con il dolore.

Come abbiamo visto nel capitolo precedente, cercaredi far andar via il dolore non è un obiettivo immediatomolto utile. A volte, con la pratica della consapevolezzail dolore sparirà o si attenuerà e diverrà piùsopportabile. Quello che succederà dipenderà da diversecircostanze, su alcune delle quali non hai la possibilità diinfluire. Molto dipenderà dal tipo di dolore: peresempio, il mal di testa tende a scomparire rapidamentee definitivamente, più facilmente dei dolori alla partebassa della schiena. Alleviare un mal di schiena di solitorichiede più lavoro, su un periodo di tempo più lungo.

Qualsiasi sia il tuo tipo di dolore, la cosa migliore èimmergerti nella pratica regolare della meditazione,tenendo presenti gli atteggiamenti suggeriti nel capitolo'I fondamenti della pratica', e stare a vedere che cosa

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succede. La tua capacità di controllare il dolore o undiverso modo di viverlo nasceranno dalla praticadell'esplorazione del corpo, della meditazione seduta,dello yoga (se è consigliabile nel tuo caso) edell'espansione della consapevolezza nella vitaquotidiana.

Uso dell'esplorazione del corpo

L'esplorazione del corpo è sicuramente la tecnica piùindicata all'inizio se soffri di dolori cronici, specialmentese ti riesce doloroso stare seduta. La puoi praticaresdraiata sulla schiena o in qualsiasi altra comodaposizione distesa. Chiudi gli occhi, porta l'attenzione alrespiro e osserva la tua pancia che si alza e si abbassadolcemente con il respiro che entra e che esce. Poi, comedescritto nel capitolo 'Essere nel corpo', usa il respiro perdirigere l'attenzione verso le dita del tuo piede sinistro.Comincia a lavorare da lì, restando consapevolemomento per momento.

Quando la tua attenzione è concentrata su una partedel corpo, l'idea è quella di mantenervela, sentendo tuttele sensazioni (o l'assenza di sensazioni, se non sentinulla) e facendo 'entrare' e 'uscire' il respiro da quellaparte del corpo. Ogni volta che espiri, cerca di lasciareaffondare il tuo corpo un po' più profondamente nellasuperficie su cui sei sdraiata, rilassando tutti i muscoli elasciando andare le tensioni accumulate.

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Al momento di lasciare una parte del corpo perpassare alla successiva, lascia che si dissolvacompletamente nella tua attenzione interna e rilassati peralcuni respiri prima di concentrarti sulla regioneseguente. Procedendo in questo modo, risali la gambasinistra, poi la destra, poi tutto il resto del corpo. Leistruzioni base su come lavorare con la mente quandodivaga, si applicano anche qui (eccetto quando il doloreè tanto forte che non riesci a concentrarti su nient'altro:per questo vedi il seguente paragrafo 'Lavorare con ildolore molto intenso'). Quando noti che la mente se ne èandata da qualche altra parte, osserva dove si trova e poidelicatamente riaccompagnala alla parte del corpo su cuiti stavi concentrando.

Vai piano, esplorando in questo modo tutto il tuocorpo. Quando arrivi a una zona dolente, vedi se ti riescedi trattarla come ogni altra parte del corpo, facendoentrare e uscire il respiro attraverso di essa, osservandoattentamente le sensazioni, permettendoti di sentirle elasciando che tutto il tuo corpo si rilassi e siammorbidisca con ogni espirazione.

Quando senti che è il momento di andare oltre (sei tua decidere quel momento), lascia completamente quellaparte del corpo (se vuoi, mentre espiri puoi salutarlasilenziosamente dentro di te) e cerca di restare perqualche attimo in uno spazio di calma e rilassamento.Poi, anche se il dolore non diminuisce, passa alla regionesuccessiva e dalle tutta la tua attenzione.

Se le sensazioni di dolore in una certa parte del corpo

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cambiano in qualche modo, nota precisamente la naturadel cambiamento.

Prendine nota nella tua consapevolezza e poi vaiavanti nell'esplorazione del corpo. Non è utile aspettartiche il dolore se ne vada. Ma puoi trovare che cambia diintensità, che diviene temporaneamente più forte o piùdebole, che le sensazioni cambiano, da acute a sorde opruriginose o brucianti o pulsanti. È utile ancheosservare ogni pensiero o reazione emotiva che siproduca in te riguardo al dolore, al tuo corpo, allameditazione o a qualsiasi altra cosa. Semplicementecontinua a osservare e lasciare andare, osservare elasciare andare, respiro per respiro, momento permomento. Qualsiasi cosa noti durante l'esplorazione delcorpo, riguardo al dolore o a pensieri ed emozioni,osservala in uno spirito di non giudizio, restandoconcentrata sull'esplorazione del corpo. Nella clinica perlo stress pratichiamo questa meditazione ogni giorno persettimane. Può essere noioso, a volte esasperante. Maquesto non è un problema: anche la noia el'esasperazione possono essere viste come pensieri esentimenti, e lasciate andare. Come ho già raccontato piùvolte (e vale in particolare per l'esplorazione del corpo)noi diciamo ai nostri pazienti: «Non occorre che tipiaccia, basta farla».

Il fatto che trovi l'esplorazione del corpo rilassante einteressante oppure noiosa ed esasperante è irrilevanteai fini della sua utilità. È probabilmente la tecnicamigliore per iniziare il lavoro sul dolore. Dopo qualche

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settimana puoi cominciare ad alternarla con lameditazione seduta e con lo yoga, se vuoi. Ma ancheallora, non avere troppa fretta di abbandonarel'esplorazione del corpo. Non entusiasmarti troppo dei'successi' e non deprimerti troppo degli 'insuccessi'. Ognigiorno è diverso. Anzi, ogni momento è diverso: perciònon trarre conclusioni affrettate dopo una o due sessioni.Il lavoro di crescita e guarigione richiede tempo. Ci vuolepazienza e costanza nella pratica della meditazione suun periodo di varie settimane, se non di mesi o anni.

Se soffri di un dolore cronico da anni, puoiragionevolmente aspettarti che in pochi giorni se ne vadasolo perché hai cominciato a meditare? Ma, specialmentese hai già tentato invano ogni altra via, che cosa hai daperdere, praticando regolarmente per otto settimane?

C'è forse un uso migliore di quei quarantacinqueminuti al giorno che riprendere contatto con te stessa,qualsiasi siano i tuoi pensieri e sentimenti, e permettertidi soggiornare in uno spazio di puro essere? Neimomenti di scoraggiamento, osserva i sentimenti discoraggiamento e lasciali andare e venire, mentrecontinui a perseverare nella pratica.

Lavorare con il dolore molto intenso

Nei momenti in cui il dolore è così intenso daimpedirti di dirigere l'attenzione verso qualsiasi altraparte del corpo, interrompi l'esplorazione del corpo e

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concentrati direttamente sulla sensazione di dolore.Ci sono vari modi, oltre a quelli di cui abbiamo già

parlato, per lavorare con il dolore. Per tutti questi modi,la chiave è la tua incrollabile determinazione a dirigerel'attenzione, delicatamente ma con fermezza, sul e neldolore, per quanto tremendo sia. Dopo tutto, il dolore èla tua esperienza del momento, perciò puoi cercare diaccettarlo almeno un po', semplicemente perché questa èla tua realtà ora.

A volte, quando ti addentri nel dolore e lo incontriapertamente, ti semberà di essere impegnata in una lottacorpo a corpo o di essere sottoposta a una tortura. È utilericonoscere che questi sono solo pensieri. Il lavoro dellaconsapevolezza non vuol essere una battaglia contro ildolore: lo è solo se tu lo fai diventare tale. Se lo trasformiin una lotta, si produce più tensione e quindi anche piùdolore. Consapevolezza è cercare di osservare e accettarele tue sensazioni e i tuoi stati emotivi, momento permomento. Ricorda: stai cercando di imparare dal tuo dolore, diconoscerlo meglio, non di liberartene o di sfuggirgli. Se riesciad assumere questo atteggiamento e a restare calma perla durata di un respiro, o anche solo di mezzo respiro,hai già fatto un passo nella direzione giusta. A partire daquesto punto, può darsi che ti riesca di fare altri passi:restare calma e aperta in presenza del dolore durantedue o tre respiri o magari più a lungo.

Nella clinica ci serviamo dell'immagine 'mettere fuoridalla porta uno zerbino con la scritta Benvenuto' perdescrivere il modo di lavorare con il dolore durante la

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meditazione. Poiché il dolore è comunque presente inquesto momento, facciamo il possibile per accettarlo erestare ricettivi.

Cerchiamo di rapportarci a esso nella maniera piùneutra possibile, osservandolo senza giudizi, entrandonelle sensazioni in dettaglio. Questo significa aprircianche alle sensazioni più brucianti, qualsiasi esse siano.Le accogliamo con il respiro e stiamo con esse momentoper momento, lasciandoci portare dalle onde del respiroe dalle onde della sensazione.

Spesso ci chiediamo: «Quanto è forte il dolore ora, inquesto preciso momento?» Se provi a interrogarti inquesto modo, probabilmente scoprirai che, anchequando il dolore è fortissimo, se ti chiedi «In questomomento è tollerabile?», il più delle volte risponderai chesì, per ora lo è. L'unico guaio è che dopo questomomento viene il momento successivo, e quello dopoancora, e tu 'sai' che ciascuno di essi porterà ancora piùdolore.

Come fare allora? Prendi un momento per volta,prendi ciascun momento come viene. Prova a stare alcento per cento nel presente. Poi fai la stessa cosa con ilprossimo attimo, e con il prossimo, se occorre per tutti iquarantacinque minuti della pratica. Se a un certo punto,invece, l'intensità del dolore si attenua, puoi ritornareall'esplorazione del corpo.

Definizioni e giudizi

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C'è un'altra cosa molto importante che puoi fare, oltrea osservare le sensazioni in se stesse, cioè essereconsapevole dei pensieri e delle emozioni che tisuscitano. In primo luogo, puoi accorgerti chesilenziosamente, dentro di te, definisci queste sensazionicome 'dolore'. Anche questo è un pensiero, è un'etichetta:non è l'esperienza stessa.

Forse non è necessario dar loro un nome. Forse il fattodi chiamarle 'dolore' le fa sembrare anche più forti. Provaa fare questo esperimento con te stessa. Ci possonoessere molti altri pensieri e sentimenti di vario tipo cheappaiono e scompaiono, commentano, reagiscono,giudicano, si lamentano. Frasi come 'questo dolore miuccide', 'non ce la faccio più', 'per quanto ancora dovròsopportarlo?', 'questa non è vita', 'non c'è speranza', 'nonce la farò mai' possono passarti per la testa, prima o poi.Può darsi che vadano e vengano continuamente. Nessunodi questi pensieri è il dolore in sé. Riesci a rendertene conto,durante la pratica? È una scoperta fondamentale. Nonsolo questi pensieri non sono il dolore in sé, ma nonsono neppure te! E non sono nemmeno, con ogniprobabilità, particolarmente veri. Sono solocomprensibilissime reazioni della tua mente, quandonon è disposta ad accettare il dolore e vorrebbe che lecose fossero diverse da come sono. Se osservi lesensazioni che provi come sensazioni pure e semplici, tirenderai conto anche che questi pensieri non ti servono inquesto momento, anzi peggiorano le cose. Allora,lasciando andare i pensieri, puoi provare ad accettare le

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sensazioni per quello che sono, semplicemente perché cisono già e sono la tua realtà del momento.

Tuttavia, per poterti lasciare andare ad accettare lesensazioni, devi prima renderti conto che sono i tuoipensieri che le definiscono come 'negative'. La tua mentenon vuole accettare quelle sensazioni, né ora né mai:vuole semplicemente che se ne vadano. Ma nota che nonsei tu che non le accetti; sono i tuoi pensieri. E tu sai già,perché ne hai fatto esperienza, che i tuoi pensieri nonsono te. Questo cambiamento di prospettiva ti fascorgere un'altra possibilità per affrontare il dolore? E seprovassi, come esperimento, a lasciare andaredeliberatamente quei pensieri quando il dolore èintenso? Se provassi a lasciare andare quella parte dellatua mente che vuole a tutti i costi che le cose stiano comevuole lei, anche di fronte all'evidenza che in questomomento è impossibile? Se provassi ad accettare le cosecosì come sono in questo momento, anche se le detesti,anche se odi questo dolore? Se provassi a ritirartidall'odio e dalla rabbia e a sospendere ogni giudizio,accettando semplicemente il momento presente?

Il testimone

Ti può anche colpire il fatto, a un certo punto,specialmente se trovi un momento di calma in mezzoalla turbolenza interna, che la tua consapevolezza è distintadalle sensazioni, dai pensieri e dalle emozioni che

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contempla. La parte di 'te' che è consapevole non provadolore, né è in alcun modo affetta da questi pensieri edemozioni.

Puoi notare che, quando durante la pratica dellameditazione ti identifichi con pensieri, emozioni osensazioni corporee, c'è una turbolenza e sofferenzamolto maggiore di quando resti semplicemente testimonedi tutto quanto, senza intervenire né giudicare,identificata solo con l'osservare, con la consapevolezzastessa. L'atteggiamento del testimone è quello checerchiamo di adottare in tutta la pratica dellameditazione.

Ma verso la fine dell'esplorazione del corpo, sulnastro registrato che la guida, c'è una sequenza esplicitache ti invita a questa 'consapevolezza senza scelta', aquesto disidentificarti da tutto quanto il teatrodell'esperienza interna: respiro, sensazioni, percezioni,pensieri, emozioni.

Alla fine dell'esplorazione del corpo, possiamoaccogliere nel campo della consapevolezza tutti i nostripensieri ed emozioni, tutto ciò che ci piace e non ci piace,tutti i nostri concetti su noi stessi e sul mondo, le nostreidee e opinioni, perfino il nostro nome, edeliberatamente lasciare andare tutto quanto. A questopunto puoi provare a entrare in sintonia con il sensodella tua completezza in questo momento, così come sei,senza bisogno di aver risolto i tuoi problemi, corretto letue cattive abitudini, pagato i tuoi debiti o essertilaureata. Riesci a sentirti intera e completa in questo

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momento, e nello stesso parte di una totalità più grande?Riesci a sentirti puro 'essere', quell'aspetto di te che è aldi là del tuo corpo, del tuo nome, dei tuoi pensieri esentimenti, delle tue idee, opinioni, concetti; al di làanche dell'identificazione come persona di sessofemminile o maschile e di una certa età particolare?

Lasciando andare tutto questo, può darsi che arrivi aun punto in cui tutti i concetti si dissolvono in puraquiete, in cui resta solo la consapevolezza, un conosceresenza alcun 'oggetto' da conoscere. In questa quiete tiaccorgerai che, qualsiasi cosa 'tu' sia, certamente non seiil tuo corpo, benché il corpo sia a tua disposizione perlavorarci, prendertene cura e servirtene.

Se non sei il tuo corpo, tanto meno sei il tuo dolore.Imparando a soggiornare nella sfera dell'essere, il tuorapporto con il dolore subisce importanti cambiamenti.Queste esperienze possono portarti a sviluppare un tuomodo per affrontare il dolore, per fargli spazio, perconvivere con esso, come hanno fatto tanti dei nostripazienti.

Naturalmente occorre praticare regolarmente, come hogià ripetuto più volte. È più facile parlare della sferadell'essere che viverla. Per farla diventare una realtàdella tua vita che puoi contattare in qualsiasi momento,ci vuole determinazione e impegno. Occorre un certotipo di scavo, una sorta di archeologia inter: na, perriportare alla luce la tua interezza intrinseca, copertacom'è da strati di opinioni, attrazioni e repulsioni,abitudini e reazioni automatiche. Il lavoro della

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consapevolezza non ha nulla di romantico osentimentale; né la tua interezza intrinseca è un costruttoromantico o sentimentale. È una realtà presente, come loè sempre stata. Fa parte della natura umana, così come faparte della natura umana avere un corpo e provaredolore. Se soffri di dolori cronici e senti che questoapproccio ti corrisponde, può essere il momento diprovarlo per conto tuo. Il solo modo per fare ciò ècominciare a praticare e continuare a praticare. Scopri ecoltiva in te momenti di calma, pace e consapevolezza,servendoti del tuo dolore come insegnante e come guida.È un duro lavoro, e ci saranno dei momenti in cui avraivoglia di smettere, se non ottieni 'risultati' veloci intermini di riduzione del dolore. Ma nel fare questolavoro devi ricordarti che comporta pazienza, dolcezza,amore verso te stessa e perfino verso il tuo dolore.Comporta lavorare in prossimità dei tuoi limiti, madelicatamente, senza sforzarti eccessivamente, senzaesaurirti, senza cercare a tutti i costi di sfondare gliostacoli.

I progressi verranno da sé, a loro tempo, se metti tuttala tua energia nell'esplorazione di te stessa. Laconsapevolezza non attacca le resistenze come unbulldozer. Devi lavorarci delicatamente intorno, un po'qui e un po' là, mantenendo viva nel cuore la tua visione,specialmente nei momenti più dolorosi e difficili.

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Mal di schiena e mal di testa

Mal di schiena

Chi non ha mai avuto dolori cronici non ha idea diquanto un mal di schiena cronico possa rovinare tutta lavita di una persona. Coloro che soffrono di dolori cronicialla schiena, sono esclusi da tutti i lavori in cui occorresollevare oggetti, guidare o stare in piedi, e in molti casinon possono lavorare affatto. Alcuni vivono per anni conl'indennità di malattia, cercando di riprendersiabbastanza da poter tornare al lavoro, oppure aspettandoche venga loro riconosciuta la pensione di invalidità.Spesso, per essere riconosciuti come invalidi, bisognasuperare ostacoli e battaglie legali.

Vivere con entrate ridotte ed essere costretti a casa pergiorni, settimane, mesi, a volte anni, è frustrante edeprimente non solo per la persona in questione, maanche per tutta la sua famiglia e i suoi amici. A lungoandare, tende a far sentire tutti quanti frustrati earrabbiati.

Anche quando un mal di schiena non ti rendepermanentemente invalido, ma ti costringesemplicemente a stare costantemente all'erta, i suoi effettisono debilitanti e deprimenti. Semplici gesti comechinarti sul lavandino mentre ti lavi i denti o entrarenella vasca da bagno o uscire da un'automobile, possono

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scatenare settimane di dolori tanto acuti da costringerti aletto. Non solo il dolore in se stesso, ma anche laminaccia del dolore che può aggredirti se ti muovi inmodo sbagliato, limita la tua possibilità di condurre unavita normale. Migliaia di gesti vanno fatti lentamente econ attenzione, senza dare nulla per scontato. Sollevareoggetti pesanti è per te impensabile e anche sollevareoggetti leggeri presenta un certo rischio.

Anche nei momenti in cui non provi dolore,l'instabilità e la vulnerabilità di questa parte centrale deltuo corpo ti dà un senso di precarietà e insicurezza.Magari non riesci a stare eretto o a camminare in manieranormale. Magari devi stare in guardia ogni volta chequalcuno ti si avvicina velocemente, perché potrebbeurtarti e farti perdere l'equilibrio. È difficile sentirti a tuoagio nel tuo corpo quando il suo fulcro centrale è tantoinstabile e vulnerabile. A volte il disastro succede anchequando stai attento. Non ti sembra di aver fatto nessunmovimento sbagliato, eppure i muscoli della tua schienasi contraggono e comincia un dolore che può duraregiorni o settimane. In un certo momento puoi starediscretamente bene e il momento dopo sei in preda a undolore lancinante. In genere, coloro che soffrono di maldi schiena hanno giornate 'buone' e 'cattive'; ed è moltodifficile vivere alla giornata, senza sapere come ti sentiraidomani e che cosa sarai o non sarai in grado di fare. Tirende difficili sia il lavoro sia i rapporti sociali.

Un dolore cronico alla schiena quasi ti costringe aessere consapevole, perché i risultati di un momento di

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inconsapevolezza dei tuoi gesti possono esseredisastrosi. E, se vuoi esercitarti sistematicamente perrafforzarti e riuscire a fare almeno alcune delle cose che tipiacerebbe fare, la consapevolezza è per teassolutamente essenziale.

Fra i pazienti della clinica per lo stress con doloricronici alla schiena quelli che ottengono i miglioririsultati nel controllare il dolore sono quelli checoltivano un programma di riabilitazione a lungotermine.

Grossi miglioramenti in fatto di mobilità e dolorerichiedono in genere più di otto settimane. È piùrealistico pensare in termini di sei mesi o un anno, oanche due, procedendo con pazienza e costanza,indipendentemente da quelli che possono essere isuccessi iniziali.

Tuttavia, la qualità della tua vita può cominciare amigliorare fin dalla tua prima esplorazione del corpo.Questo è particolarmente vero se sei disposto a lavoraresul tuo corpo e sui tuoi dolori, lentamente esistematicamente. Una strategia del genere dovrebbeincludere una ragionevole visione dei risultati a cui puoiarrivare con un lavoro sistematico. Può essere utileimmaginarti come sarà la tua schiena fra tre anni, o fracinque anni, se porterai avanti un programma diesercizio fisico regolare, misurato e consapevole, chesviluppi forza e flessibilità in tutto il corpo.

Uno scienziato di grande successo che conosco,sofferente di dolori cronici, dedica un'ora ogni mattina a

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'rimettere in sesto il suo corpo', prima di uscire di casa eaffrontare il mondo. È bene pensarti come un atleta inallenamento. Un approccio a lungo termine diriabilitazione della tua schiena può comprendere gliesercizi di fisioterapia che ti sono stati prescritti o quegliesercizi di yoga che ti senti di fare, dopo aver verificatocon il fisioterapista o con il medico che siano adatti al tuocaso. Ricorda che lo yoga va fatto con particolarelentezza e delicatezza quando hai dolori alla schiena.

Prenderti cura del tuo corpo con una routine regolaredi esercizio fisico è ancora più essenziale per te che perchi non ha problemi alla schiena. Ricorda: quello che nonusi, perdi. Non prendere il mal di schiena come scusaper non esercitare tutto il resto del corpo.

Magari puoi camminare o usare una cyclette onuotare. Magari puoi fare un po' di yoga. Non occorreche tu faccia l'intera sequenza: fai solo gli esercizi cheriesci a fare e salta quelli che senti che non vanno beneper te o che il tuo medico ti ha sconsigliato.

Nella clinica per lo stress siamo convinti che, se vuoiriabilitare il tuo corpo, devi fare qualcosa per renderloelastico e rafforzarlo ogni giorno o almeno a giornialterni, anche se per cinque minuti soltanto all'inizio (vediil capitolo 'Lo yoga come meditazione').

Oltre a lavorare sul tuo corpo in questi modi, tisuggeriamo di praticare quotidianamente l'esplorazionedel corpo come nucleo della tua strategia diriabilitazione. Usala come un momento dedicato a'rientrare nel tuo corpo', a contattarlo profondamente e a

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lavorare con il dolore quando si presenta.Una delle cose più salutari che puoi fare per il tuo

corpo durante la giornata è servirti ogni tanto del respiroper 'entrare dentro' al dolore e ammorbidirlo, propriocome nell'esplorazione del corpo (vedi il paragrafo 'Usodell'esplorazione del corpo').

Inspirando, puoi dirigere il respiro verso la partedella schiena che ti fa male. E con il rilassamento cheaccompagna ogni espirazione, puoi visualizzare ildolore che si ammorbidisce e si dissolve. Lavora giornoper giorno, momento per momento, prendendo ognimomento così come viene. Lascia andare ogni aspettativadi sentirti in un certo modo o di provare meno dolore, esemplicemente osserva il respiro al lavoro.

Guarire è veramente un viaggio, con i suoi alti e bassi.Perciò, non stupirti se a volte ti sembra di fare un passoavanti e due indietro. È così per tutti. Se coltivi laconsapevolezza, e ti servi dei consigli e del sostegno deltuo medico e dei tuoi amici, riuscirai ad adattarti aimutamenti e a cambiare rotta quando è necessario. Lacosa più importante è aver fiducia nella tua capacità diperseverare attraverso tutti gli alti e i bassi, senzaperdere di vista la tua interezza e il viaggio verso la suarealizzazione.

Portare consapevolezza in tutte le tue attivitàquotidiane, è particolarmente prezioso quando soffri didolori alla schiena. Come abbiamo visto, a volte ancheprendere una matita, aprire una finestra o uscire dallamacchina 'nel modo sbagliato' (non è stupefacente che

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possa esserci per te un modo sbagliato di fare questecose così semplici?) può scatenare una crisi. Perciò, piùsei consapevole di quello che fai, meglio è.

Fare le cose 'con il pilota automatico' può portartigrossi guai. Come probabilmente sai bene, èparticolarmente importante evitare un sollevamento euna torsione simultanei. Prima solleva, piegando leginocchia e tenendo l'oggetto vicino al corpo, poi voltati.

Quando esci dalla macchina, ti giri e ti alzi in piedinello stesso tempo? Non farlo. Fai prima un movimento,poi l'altro. Fare attenzione a tutte queste piccole cose puòcontribuire molto a proteggerti dal dolore. Ed è digrande aiuto accompagnare ogni tuo movimento con laconsapevolezza del respiro e della posizione del corpo.

Lo yoga dei lavori domestici

Poi c'è il problema dei lavori domestici. A volte nonpotrai fare assolutamente niente. Ma altre volte sarai ingrado di fare certi lavori, se ti muovi con delicatezza econsapevolezza, e puoi considerarli parte del tuoprogramma di esercizio fisico. Passare l'aspirapolvere,per esempio: molti dei movimenti che comporta sonopericolosi per chi ha mal di schiena. Ma con un po' difantasia e di attenzione puoi trasformare questaoperazione in una forma di yoga consapevole. Perentrare con il tubo aspirante sotto il letto o sotto il divanopuoi metterti a quattro zampe, o accovacciato, se questa

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posizione ti è possibile, chinandoti lentamente econsapevolmente, e guidando i movimenti con il respiro,proprio come quando fai gli esercizi di yoga.

In questo modo ti renderai conto anche di quando iltuo corpo ne ha avuto abbastanza. È importanteascoltarlo: fermati e continua domani o dopodomani.Quando ti fermi, fai cinque o dieci minuti di yoga perrilassarti e distendere i muscoli che possono essersicontratti.

Va da sé che non è così che la maggior parte dellepersone passano l'aspirapolvere. Ma sperimentando,scoprirai che un po' di consapevolezza, associata a tuttociò che impari attraverso lo yoga e la pratica dellameditazione, può trasformare compiti noiosi in occasioniterapeutiche, e limitazioni frustranti in possibilità diguarigione.

Lavorando al limite delle tue possibilità e ascoltandocontinuamente i messaggi del tuo corpo, ti rafforzeraimano a mano con il passare delle settimane e dei mesi.Naturalmente, anche chi non ha mal di schiena puòpassare l'aspirapolvere in questo modo, evitando magaridi farselo venire! E se questa operazione è del tuttoimpossibile nel tuo caso, puoi provare a fare qualchealtro lavoro domestico nello stesso spirito.

Nella clinica per lo stress suggeriamo alle persone condolori alla schiena di provare, adottando un approcciocauto e sperimentale, a recuperare quelle parti della lorovita che risentono maggiormente della loro condizione. Ildolore non significa che tu debba abbandonare il tuo

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corpo al suo destino. È una ragione in più perimpegnarti a rafforzarlo, in modo che sia in grado diservirti meglio. Abbandonare il sesso o camminare o farele pulizie o abbracciare le persone non contribuisce amigliorare la tua situazione. Sperimentaconsapevolmente. Scopri quello che funziona per te, ilmodo che ti permette di fare le cose. Non privartiautomaticamente, per paura o autocommiserazione, diquelle normali attività della vita che la rendonosignificativa e le danno coerenza.

Ricorda: se dici «Non ci riesco», sicuramente non ciriesci. È una di quelle profezie che producono la propriaconferma, creano la propria realtà. Ma, essendo solo unpensiero, non è detto che corrisponda alla realtà. Quandoti accorgi di star dicendo dentro di te «Non posso» o«Non ci riuscirei mai», puoi provare a sostituire questipensieri con: «Forse, può darsi, in qualche modo... potreiprovarci, con consapevolezza».

Mal di testa

La maggior parte dei mal di testa non sono sintomi diun tumore al cervello o di altra grave malattia, benchétali preoccupazioni possano facilmente sorgere in chisoffre di dolori al capo costanti, cronici e gravi. Ma, se unmal di testa persiste o è estremamente intenso, èimportante sottoporsi ad almeno un controllodiagnostico completo per escludere tali cause

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patologiche, prima di intervenire con la meditazione ocon i farmaci.

Tutti i pazienti con mal di testa cronici che arrivanoalla clinica per lo stress hanno avuto un esameneurologico completo, che comprende di solito una Tacper escludere la possibilità di un tumore al cervello.

La maggioranza delle persone con mal di testa cronicirisponde bene alla pratica della meditazione. Una nostrapaziente con una storia di vent'anni di emicrania, per cuiprendeva un antidolorifico ogni giorno, era stata curatapresso molte cliniche specializzate senza beneficio.

A due settimane dall'inizio del corso, ebbe due giorniconsecutivi senza emicrania, cosa che non le succedevada vent'anni. Poi l'emicrania scomparve per tutta ladurata del corso e per qualche tempo anche dopo la fine.Se hai avuto un mal di testa cronico e costante, bastal'esperienza di vederlo scomparire una volta permostrarti che una cosa del genere è possibile. Questopuò cambiare completamente il modo di rapportarti altuo corpo e al tuo disturbo, e può darti nuova fiducianella possibilità di controllare una cosa che prima tisembrava incontrollabile.

Recentemente, nel corso, un'anziana paziente haraccontato che l'idea di 'dare il benvenuto' ai suoi doloril'aveva colpita particolarmente. Perciò, la volta dopo cheaveva sentito venire la sua solita emicrania, si era sedutain meditazione e le aveva parlato.

Le aveva detto qualcosa come: «Vieni pure, se vuoi,ma devi sapere che non mi farò più tiranneggiare da te.

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Oggi ho parecchie cose da fare e non posso dedicartitanto tempo». Questo approccio aveva funzionato moltobene ed era stato per lei una scoperta.

Alla fine dell'esplorazione del corpo, c'è una fase incui respiriamo attraverso un immaginario buco in cimaalla testa, simile allo sfiatatoio delle balene. L'ideaconsiste nell'immaginare che il respiro entri ed esca daquesto buco. Molti pazienti della clinica che soffrono dimal di testa si servono del 'buco sulla testa' come valvoladi sfogo per i loro dolori. Per far questo, inspiri ed espirisemplicemente attraverso la sommità del capo e lasci chela tensione, il senso di pressione o qualsiasi altrasensazione provi nella testa, esca dal corpo attraverso ilbuco. Naturalmente questo è più difficile se non haisviluppato la tua capacità di concentrazione praticandoregolarmente la meditazione. Ma, se hai praticato questotipo di respirazione ogni giorno nell'esplorazione delcorpo, è facile intervenire in questo modo sui sintomi delmal di testa appena si manifestano, prima che sitrasformino in un dolore intenso.

Anche se la tua pratica è ancora agli inizi, questatecnica può alleviare e a volte anche eliminarecompletamente il mal di testa.

La maggior parte delle persone che arrivano allaclinica con un mal di testa cronico, riferiscono che, manoa mano che cominciano a praticare la meditazioneregolarmente, sia la frequenza sia l'intensità dei doloridiminuiscono. La meditazione influisce su entrambe lecose e può essere usata in due modi: può essere usata

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per alleviare un mal di testa presente, con la tecnica dellarespirazione attraverso il buco immaginario in cima allatesta, e serve anche per prevenire il mal di testa, grazie alrilassamento complessivo prodotto da una praticaregolare, che spesso elimina i presupposti fisiologici chedanno origine al mal di testa.

Connessioni

Mano a mano che la tua pratica si approfondisce,noterai che i tuoi mal di testa non sorgono dal nulla. Essihanno di solito delle premesse identificabili. Il fatto è chei processi fisiologici che danno origine al mal di testanon sono ben capiti e le premesse psicologiche vengonospesso ignorate o rimosse. Certamente le situazionistressanti fanno venire il mal di testa; e molti,specialmente coloro che soffrono di mal di testa legati atensioni muscolari, si rendono conto almeno di questocollegamento.

Ma ad altri sembra di svegliarsi la mattina con il maldi testa, o di venire aggrediti dal mal di testa anche inmomenti in cui non si sentono in una situazione di stress:magari durante il weekend o in altri momenti in cui sisentono meno esposti del solito a pressioni.

Qualche settimana di pratica della consapevolezzaspesso fa cambiare idea a queste persone e fa loroscoprire delle connessioni, in precedenza ignorate,riguardo al loro mal di testa. A volte si accorgono di

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essere molto più tese di quanto pensavano, anchedurante i weekend. Oppure si accorgono di certi pensierio preoccupazioni che precedono immediatamentel'arrivo del mal di testa. Questo può accadere anchequando sei appena sveglio, prima ancora di uscire dalletto. Un pensiero carico d'ansia può produrre unatensione immediata, anche quando non te ne rendi contoaffatto. Così è possibile 'svegliarsi con il mal di testa'.

Questo è un altro modo in cui la consapevolezza, neivari momenti della tua vita di ogni giorno, può essertiutile. Ti aiuta a fare attenzione al tuo corpo e al tuorespiro fin dal momento in cui ti svegli la mattina. Puoianche dirti, nel momento in cui ti svegli: «Ora mi stosvegliando». Oppure: «Ora sono sveglio». Pian pianoquesta consapevolezza ti permetterà di cogliere cose cheprima ti sfuggivano: per esempio, il rapporto fra un certopensiero che ti si presenta appena sveglio o qualcosa chesuccede durante i primi minuti della giornata e un maldi testa che ti viene, immediatamente o nelle oreseguenti. Quando ti accorgi di queste connessioni, puoicercare di cortocircuitare la sequenza di avvenimentiinterni che dà origine al mal di testa. Puoi illuminare conla consapevolezza il pensiero stressante nel momentostesso in cui si presenta, vedendolo come un pensiero elasciandolo andare. Oppure puoi prendere delle misureper modificare una situazione stressante che ti disturba.

Può darsi anche che tu ti accorga che il mal di testa tiviene più spesso in certi momenti e luoghi, e cheidentifichi così dei fattori ambientali, come inquinamento o

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sostanze allergeniche, che possono essere la causa deltuo mal di testa.

Per alcune persone il mal di testa cronico è un simbolodi tutto ciò che è disconnesso e sregolato nella loro vita,corpo, famiglia, lavoro, ambiente: l'intera catastrofe.Hanno un tale livello di stress nella loro vita quotidiana,che non sanno da dove cominciare per capire da doveviene il mal di testa. Se questo corrisponde alla tuasituazione, può aiutarti sapere che per cominciare nonoccorre che tu risolva nessuno dei tuoi problemi. Tuttoquel che occorre è cominciare a praticare, e a fare piùattenzione a quello che ti succede durante la giornata.Col tempo, il movimento verso l'autoregolazioneavviene naturalmente. Possono occorrere anni perdistricarti completamente da una situazione del genere;ma il tentativo stesso, insieme alla disponibilità adaccettarti così come sei e ad avere pazienza, puòalleviare molto i tuoi mal di testa, ben prima che tutti ituoi problemi siano risolti.

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Lavorare con la sofferenza emotiva

Consapevolezza delle emozioni

Il corpo non ha il monopolio del dolore. Il doloreemotivo, il dolore nel nostro cuore e nella nostra mente,è molto più frequente e altrettanto debilitante del dolorefisico. Esso può prendere varie forme.

C'è il dolore dell'autocondanna, come quando cirimproveriamo di aver fatto o di non aver fatto qualcosa,quando ci sentiamo stupidi o sentiamo di non valerenulla. Se abbiamo fatto del male a qualcuno ci sentiamoin colpa, ci rimproveriamo e proviamo rimorso.

C'è il dolore dell'ansia, delle preoccupazioni e dellapaura. C'è il dolore della perdita e del lutto, quellodell'umiliazione, della vergogna e della disperazione. Avolte portiamo sepolto nel nostro cuore per molti anniuno di questi dolori, come un pesante fardello segreto,magari a nostra insaputa. Come succede con il dolorefisico, anche al dolore emotivo puoi applicare laconsapevolezza e puoi usarne l'energia per crescere e perguarire. La chiave è che tu sia disponibile a osservare latua sofferenza, a esaminarla, ad aprirti a essacoscientemente e a lavorare con essa, proprio comefaresti con un dolore fisico.

L'importanza di accettare il presente così com'è,nell'affrontare il dolore emotivo, non sarà mai

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sottolineata abbastanza. Che si tratti dello spavento diessere portata d'urgenza all'ospedale con un attaccocardiaco o dell'umiliazione di essere portata via dallapolizia nel mezzo della notte, davanti ai vicini di casaallarmati (com'è capitato a una nostra paziente), la cosaimportante è la tua disponibilità a ricorrere allaconsapevolezza precisamente in questi momenti. Nellavorare con le emozioni, la consapevolezza, nelmomento stesso in cui l'emozione si manifesta, è la cosadi importanza cruciale. La nostra tendenza,naturalmente, è quella di evitare il dolore emotivo echiuderci a esso più che possiamo; oppure, a volte,quella di lasciarci automaticamente travolgere dalla suapiena.

Nell'uno e nell'altro caso, siamo troppo coinvolti, lanostra mente è troppo turbata per permetterci diesaminare consapevolmente, in una prospettiva ditotalità, questi momenti. A meno, cioè, che non l'abbiamoaddestrata a considerare i propri turbamenti, per quantodolorosi possano essere, come occasioni persperimentare nuove risposte anziché reagire nei solitimodi autodistruttivi. In ultima analisi, il male che cifacciamo negandoci le nostre emozioni o lasciandocitravolgere da esse, non fa che aumentare la nostrasofferenza. Come il dolore fisico, anche il dolore emotivocerca di comunicarci qualcosa. Anch'esso è unmessaggero. È importante riconoscere i nostri sentimenti,almeno di fronte a noi stessi, incontrarli e viverli in tuttala loro intensità. Non c'è altro modo per attraversarli e

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uscire dall'altra parte.Se li ignoriamo, reprimiamo o sublimiamo, vanno in

suppurazione come ferite tenute nascoste; nonguariscono e non ci danno pace. E se li esageriamo e lidrammatizziamo senza consapevolezza, restiamocontinuamente in preda alla loro turbolenza senza mairaggiungere un punto di risoluzione.

Impermanenza

Se sei disposta a esaminare con attenzione la tuasofferenza emotiva, ti accorgerai di certe profonde veritàche ti possono aiutare a guarire. Una delle piùimportanti illuminazioni che puoi avere è quelladell'inevitabilità del cambiamento. Che ci piaccia omeno, l'impermanenza è la natura di tutte le cose e di tutte lerelazioni. Lo abbiamo visto nel caso del dolore fisico: neabbiamo osservato le variazioni di intensità e il flussodelle diverse sensazioni, così come abbiamo osservato ilmutare dei nostri pensieri e delle nostre emozioniriguardo al dolore. Esaminando il dolore emotivo nelmomento stesso in cui lo provi, scopri che anche qui ituoi pensieri e sentimenti appaiono, scompaiono ecambiano con molta rapidità.

In periodi di grande stress può accadere che certipensieri e sentimenti ricorrano con frequenza, checontinuino a ripresentarsi, facendoti rivivere all'infinitouna cosa che è successa, portandoti a chiederti mille

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volte in quale altro modo avresti potuto comportarti ocome sia potuto accadere ciò che è accaduto. A volte titrovi a rimproverare continuamente te stessa o un'altrapersona oppure a chiederti continuamente che cosa nesarà di te ora. Ma se in quei momenti sei consapevole, seti osservi attentamente, noterai che anche questi pensieri,sentimenti e immagini ricorrenti hanno un inizio e unafine. Sono come onde che si sollevano nella mente e poisi placano. Noterai anche che non si ripresentano maiesattamente identici: ogni volta che ritornano, sonoleggermente diversi dall'onda precedente.

Noterai che anche l'intensità delle emozioni ha i suoicicli. A volte provi un dolore sordo, un momento dopomagari sei in preda a un'intensa angoscia o furia, poipaura, poi spossatezza. A volte ti dimentichicompletamente il tuo dolore per qualche istante.

L'intensità del dolore non è costante: muta, cresce ecala, va e viene, proprio come il respiro va e viene.Osservando tutti questi cambiamenti, ti renderai contoche nulla di quello che vivi è permanente.

Il testimone che osserva dentro di te è semplicementeconsapevole di ciò che avviene momento per momento,nulla di più. Non rifiuta nulla, non condanna nulla enessuno. Non desidera che le cose stiano diversamente,non è neppure turbato.

La consapevolezza è come un campo di intelligenzacompassionevole nel centro del tuo cuore, che assorbetutto e diffonde pace nella tempesta delle emozioni. Ècome una madre, che è fonte di pace, distacco e serenità

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per il bambino angosciato. La madre sa che ciò che turbatanto il bambino in questo momento passerà: perciò puòconsolarlo, rassicurarlo, pacificarlo attingendo alprofondo del proprio essere.

Coltivando nel nostro cuore la consapevolezza, a voltepossiamo dirigere questa compassione materna versonoi stessi.

A volte è bene prenderci cura di noi stessi, come se laparte di noi che soffre fosse il nostro bambino. Perchénon dar prova di delicatezza ed empatia verso noi stessi,nei momenti in cui ci apriamo a vivere completamente ilnostro dolore? Trattarci con la stessa amorevolezza cheuseremmo per una persona cara sofferente, è unameditazione con un profondo potere di guarigione. Ciaiuta a coltivare un amore e una compassione che nonconoscono confini.

Approccio centrato sul problema e approccio centratosulle emozioni

Per lavorare consapevolmente con le emozioni,comincia con il riconoscere quello che senti e pensi inquesto momento. Può essere utile fermarticompletamente, anche solo per pochi istanti, e stare con ildolore, respirarci dentro, sentirlo, senza cercare dispiegartelo razionalmente, di cambiarlo o di cancellarlo.Già questa breve pausa ti porta in uno spazio dimaggiore calma. E, ancora una volta, è utile ricordarti di

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guardare la situazione dal punto di vista della totalità.Nella sofferenza emotiva ci sono due componentiprincipali che interagiscono fra loro: una è lacomponente delle tue emozioni, l'altra è quella dellasituazione, o del problema, che ti suscita quelle emozioni.Mentre stai con il tuo dolore, puoi provare a rivolgerel'attenzione al tuo stato emotivo in se stesso,indipendentemente da ciò che è successo o che stasuccedendo. E quando si tratta di agire, puoi provare aconcentrarti sul problema, indipendentemente dalle fortiemozioni che ti suscita.

Se riesci a distinguere queste due componenti deldilemma, è più facile che tu riesca a trovare la via versouna soluzione efficace dell'intera situazione, compreso iltuo dolore. Quando invece emozioni e problema simescolano insieme, come spesso accade, è molto difficilevedere le cose chiaramente e agire con decisione. Questaconfusione, di per sé, genera ulteriore dolore esofferenza.

Prova a mettere a fuoco il problema. Chiediti se lo staivedendo nella sua totalità. Poi chiediti se c'è qualcosache puoi fare per contribuire a risolvere il problema inquesta sfera. Se il problema ti sembra troppo grande peraffrontarlo tutto insieme, cerca di scomporlo in parti piùpiccole. Poi agisci. Fai qualcosa. Ascolta la tua intuizione,il tuo cuore. Puoi cercare di risolvere la situazione oalmeno di ridurre il danno per quanto è possibile.

D'altro canto, ci sono momenti in cui non è possibilefare assolutamente nulla. Se ti sembra che questa sia la

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tua situazione, allora veramente non fare nulla. Pratica ilnon fare! In momenti del genere puoi usare la tuaesperienza del non fare per stare semplicemente con lecose così come sono. Questa è una risposta altrettantoreale di qualsiasi cosa tu possa fare. A volte è la rispostapiù appropriata.

Muovendoti con consapevolezza nel presente, sia checiò significhi fare qualcosa o non fare nulla, ti lasci ilpassato alle spalle. La situazione complessiva cambiaper effetto delle tue decisioni, e questo influisce sulproblema. Questo modo di affrontare una situazioneemotivamente dolorosa viene detto, a volte, centrato sulproblema. È un approccio che ti aiuta ad agireefficacemente malgrado il turbamento emotivo che vivi eti aiuta a evitare di fare cose che potrebbero peggiorareulteriormente la situazione. Parallelamente a questoapproccio, puoi concentrare l'attenzione su quello chesenti.

Osserva l'origine della tua sofferenza: è senso dicolpa, paura, lutto? Quali pensieri ti passano per latesta? Corrispondono alla realtà? Riesci a limitarti aosservare la dinamica dei tuoi pensieri e delle tueemozioni con piena accettazione, come se fossero unatempesta o una grande onda marina, fenomeni dotati distruttura e vita proprie? Influiscono sul tuo giudizio esulla tua capacità di vedere le cose con chiarezza?Tendono a spingerti a fare cose che potrebberopeggiorare la situazione, anziché migliorarla?

Rivolgere una saggia attenzione alle emozioni è

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quello che si dice un approccio centrato sulle emozioni.Come abbiamo visto, introdurre consapevolezza nellatempesta emotiva già influisce sulla sua risoluzione e tiaiuta a sopportarla. Un altro passo in questa direzioneconsiste nel coltivare modi alternativi di rapportarti alletue emozioni. Puoi cullarle nella tua consapevolezzacome una madre amorevole, puoi trattarti con amore edelicatezza in mezzo al tuo dolore.

Nei momenti di sofferenza emotiva è molto utileportare avanti parallelamente i due approcci, quellocentrato sulla consapevolezza delle emozioni e quellocentrato sul problema. Entrambi sono essenziali perrispondere efficacemente a situazioni stressanti odifficili.

Quando ci concentriamo sul problema, come abbiamovisto, cerchiamo di vederne con chiarezza l'origine e ledimensioni senza essere annebbiati dai nostri sentimenti.Cerchiamo di discernere cosa è necessario fare, qualisono i potenziali ostacoli e quali risorse interne edesterne abbiamo a disposizione. Per procedere in questomodo può essere necessario esplorare cose che non haimai tentato prima, chiedere consiglio e aiuto ad altri,magari acquisire nuove capacità. Ma se scomponi ilproblema in singoli aspetti e li affronti uno per volta,scoprirai di essere in grado di agire efficacemente anchein momenti di grande sofferenza emotiva. A volte questoapproccio può contribuire a calmare il tuo turbamentoemotivo o perlomeno darti una tregua abbastanza lungada permetterti di non peggiorare le cose.

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L'approccio centrato sul problema presenta anche deipericoli, specialmente se ti dimentichi che è solo uno didue corsi d'azione paralleli. Ci sono persone che tendonoa rapportarsi a tutte le situazioni in modo oggettivo,come problemi da risolvere. Così facendo si separano daipropri sentimenti e spesso tendono a ignorare anche isentimenti degli altri con cui sono coinvolti.Quest'abitudine non porta a un modo di vivereequilibrato e può generare molta sofferenza inutile.

Quando ti concentri sulle emozioni, osserva i tuoipensieri e sentimenti nella prospettiva dellaconsapevolezza, ricordandoti che puoi lavorarci. Puoianche allargare la prospettiva intorno alle tue emozioni,immergendole in un contesto di consapevolezza piùampio. A volte questo ampliamento viene dettoreframing, cioè 'reinquadrare', collocare la situazione inun diverso quadro. Puoi farlo con le tue emozioni, con ilproblema in sé o con entrambi. Trasformare un ostacoloin un'occasione o una sfida è un esempio direinquadramento. Un altro esempio è contemplare la tuasofferenza nel contesto della sofferenza di altri, chevivono magari situazioni peggiori della tua. Ilreinquadramento ultimo è la consapevolezza stessa, nelcui ambito possiamo percepire la realtà delle cose cosìcome sono.

I momenti di turbamento emotivo, i momenti ditristezza, rabbia, paura, lutto, i momenti in cui cisentiamo feriti, sperduti, umiliati, frustrati, sconfitti, sonoquelli in cui abbiamo più che mai bisogno di contare

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sulla forza e stabilità del nostro centro.Sono i momenti in cui abbiamo bisogno di sapere che

siamo in grado di attraversare la tempesta e accrescere lanostra umanità in questo viaggio. In momenti del genereè utile fermarsi e darsi uno spazio di quiete. Osservandola nostra sofferenza emotiva in uno spirito diaccettazione, di apertura e di delicatezza verso noi stessi,e nello stesso tempo adottando un approccio centrato sulproblema, troviamo il punto di equilibrio fra rispettare ilnostro dolore e agire efficacemente nel mondo. Questomodo di affrontare la situazione riduce il rischio diessere accecati dalle emozioni e restarne prigionieri. Laconsapevolezza dei nostri pensieri e sentimenti,soprattutto in rapporto con altre persone, ci aiuta moltoad agire efficacemente anche in mezzo alla sofferenza. Enello stesso tempo getta il seme per la guarigione delcuore e della mente.

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Lavorare con la paura, il panico el'ansia

Paura e ansia

C'è una bella scena nel film Starting Over,; in cui BurtReynolds e una giovane donna (Jill Clayburg) si trovanonel reparto mobili di un grande magazzino, quando leiviene presa da un attacco di ansia. Mentre cercadisperatamente di farla tornare in sé e di aiutarla aritrovare il controllo, lui si guarda intorno e si accorge diavere intorno una folla di persone attonite. Allora grida:«Presto, qualcuno ha un Valium?» Immediatamentecento mani frugano nelle borsette e nelle tasche deicappotti.

Questa è certamente l'età dell'ansia. Molti dei nostripazienti soffrono di ansia, legata allo stress della lorovita e aggravata dai problemi di salute. L'ansia è unodegli stati mentali che incontriamo con più frequenza nelnostro lavoro. La cosa non è particolarmentesorprendente, visto che stress e ansia sono tantostrettamente collegati.

Se siamo onesti con noi stessi, dobbiamo ammettereche sotto la superficie della nostra vita c'è un abisso dipaure. Di quando in quando, anche nei più solidi fra noi,affiorano alcune di queste paure. Può essere paura della

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morte o paura di essere abbandonati. Può essere pauradella violenza, del dolore, della solitudine, dellamalattia, dell'invalidità, della vecchiaia o paura che unapersona amata soffra o muoia.

Abbiamo paura del fallimento e del successo,abbiamo paura di deludere gli altri e paura per il futurodella terra. Quasi tutti ci portiamo dentro molte paure diquesto genere. Sono sempre presenti, ma affiorano soloin certe circostanze. Alcune persone sono capaci diaffrontare le loro paure meglio di altre. Normalmente ilmodo in cui ci rapportiamo alla paura consiste nelcercare di ignorarla o per lo meno di tenerla nascosta. Maaffrontare la paura in questo modo aumenta il rischio diincorrere in conseguenze dannose di altro tipo. A voltesviluppiamo comportamenti di adattamento inadeguati,come la passività oppure l'aggressività per compensarela nostra insicurezza. Oppure, quando non riusciamo piùa controllare la paura repressa, ne veniamocompletamente sopraffatti. A volte, per evitare diaffrontare le nostre paure, ci concentriamoossessivamente su sintomi fisici o su altrepreoccupazioni che ci appaiono meno minacciose.

Molti non riescono a difendersi dalla paura edall'ansia, neppure a prezzo di queste scelte discutibili.Quando non siamo in grado di affrontarlaadeguatamente, l'ansia può limitare molto la nostracapacità di funzionare nel mondo. E naturalmente inducemolti di noi ad adottare quelle strategie inappropriateche abbiamo visto nel capitolo 'Il ciclo della reattività'.

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La pratica della consapevolezza ha un impattopositivo sull'ansia attraverso il cammino della rispostaallo stress, di cui abbiamo parlato nel capitolo'Rispondere allo stress'. Come puoi immaginare, illavoro della consapevolezza consiste nell'osservarel'ansia stessa con attenzione e senza giudizio.Osserviamo deliberatamente la paura e l'ansia quando sipresentano, come facciamo con il dolore. Avvicinandotialle tue paure e osservandole quando affiorano, assiemea tutti i pensieri, le emozioni e le sensazioni corporee chele accompagnano, impari a riconoscerle per quello chesono e a rispondere in maniera appropriata. Così seimolto meno portato a esserne sopraffatto o a compensarein modi autodistruttivi.

La parola paura suggerisce uno stato emotivo causatoda qualcosa di specifico. In certe circostanze tuttiproviamo paura, e perfino terrore: è una componenteessenziale della reazione di combattimento o fuga.Essere improvvisamente incapaci di respirare, peresempio, è un'esperienza che fa paura: coloro chesoffrono di malattie polmonari devono affrontare spessoquesto tipo di spavento. Essere aggrediti o venire asapere di avere una malattia incurabile, sono altri esempidi situazioni spaventose.

In circostanze come queste, l'insieme delle esperienzee dei pensieri spaventosi possono produrre uno stato dipanico, una sensazione di completa perdita del controllo.Il panico, in una situazione minacciosa, è una reazionemolto pericolosa, perché ci fa perdere la testa proprio nel

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momento in cui abbiamo bisogno di restare calmi e dirispondere alle circostanze con rapidità e chiarezza. Uansia è un altro stato emotivo fortemente reattivo, masenza una causa chiaramente identificabile: è piuttostouno stato di insicurezza e di agitazione generalizzato,che può essere attivato da molte cose diverse. A voltesembra che non abbia proprio nessuna ragione diesistere. Ci si può sentire in ansia senza sapere perché.Come abbiamo visto nel capitolo 'Mal di schiena e mal ditesta', può succedere anche di svegliarsi la mattinasentendosi tesi e ansiosi. Se soffri cronicamente di ansia,la tua ansia è spesso sproporzionata alle pressioniesterne a cui sei soggetto.

Può darsi che ti sia difficile mettere il dito sulla causaultima del tuo stato emotivo. Magari ti preoccupicontinuamente, anche quando non c'è niente che non va enon c'è nessun particolare pericolo che incombe. Seicontinuamente teso, hai la sensazione che ci sia semprequalcosa da cui devi difenderti. I sintomi di questo statodi ansia cronica o generalizzata comprendono tremori,insicurezza, tensioni muscolari, irrequietezza, facilitàall'affaticamento, mancanza di fiato, tachicardia,sudorazione abbondante, bocca secca, capogiro, nausea,sovreccitazione, difficoltà di concentrazione, difficoltà adormire, irritabilità.

Alcune persone soffrono, inoltre, di attacchi acutid'ansia o di panico, episodi in cui provano una pauraintensa senza alcuna ragione apparente. Spesso nonhanno nessuna idea del perché un attacco di panico si è

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prodotto o di quando potrà venire il prossimo.La prima volta che succede una cosa del genere ti può

sembrare di avere un infarto, perché lo stato ansiosoacuto è spesso accompagnato da sintomi fisici comedolore al petto, capogiro, mancanza di fiato esudorazione abbondante. Puoi provare un senso diirrealtà e ti può sembrare di morire, di impazzire o diperdere il controllo.

Se il tuo medico è in grado di riconoscere questisintomi come un attacco di panico, sei sulla buona stradaper trovare il tipo di assistenza che ti occorre. Purtroppo,molte persone con attacchi di panico finiscono al prontosoccorso, dove viene detto loro che non hanno nulla evengono rispediti a casa senza nessuna assistenza otutt'al più con una ricetta per dei tranquillanti. Puòessere rassicurante sapere che cos'è un attacco di panicoe sapere che non stai morendo o impazzendo. Ma la cosapiù importante è sapere che è possibile affrontare questetempeste della mente e del corpo, cambiando il tipo diattenzione che rivolgi ai tuoi pensieri e alle tue reazioni.È per questo che i medici ci mandano i loro pazienti chesoffrono abitualmente di attacchi d'ansia.

La storia di Claire

Claire, una donna di trentatré anni felicemente sposatae madre di un bambino di sette anni, arrivò alla clinicaper lo stress quando era al sesto mese della sua seconda

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gravidanza. Soffriva di ansia e di attacchi di panico daundici anni, dal momento in cui era morto suo padre.Negli ultimi quattro anni gli attacchi erano diventatimolto più gravi, al punto di impedirle di vivere una vitanormale. Claire era cresciuta in una famigliaappartenente a una minoranza etnica, in un climaestremamente protettivo. Al momento della morte delpadre aveva ventidue anni ed era fidanzata. Avevapromesso al padre che, se lui fosse morto prima delladata fissata per le nózze, si sarebbe sposataimmediatamente, come in effetti accadde. Il padre diClaire morì di giovedì, fu sepolto il sabato e domenicaClaire si sposò. A quell'epoca non sapeva nulla delmondo, avendo sempre vissuto in famiglia.

Fino a quel momento Claire si era sempre ritenuta unaragazza felice e ben inserita. I suoi stati ansiosicominciarono poco dopo la morte del padre e ilmatrimonio. A volte si sentiva nervosa e andava in ansiaper piccole cose, sapendo lei stessa che non eranoimportanti e magari neppure reali. Cominciò a temere diimpazzire. L'ansia andò aumentando con il passare deglianni e Claire divenne sempre meno capace di controllarele sue paure.

Quattro anni prima del suo arrivo alla clinica per lostress, Claire cominciò ad avere degli attacchi di panicoche la portavano a perdere conoscenza. Andò da unneurologo, che le prescrisse dei tranquillanti e le disseche i suoi sintomi erano di natura ansiosa.

Da allora la massima paura di Claire fu quella di fare

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una brutta figura in pubblico svenendo davanti a unafolla di persone. Aveva paura a guidare la macchina e aduscire da sola. Entrò in cura da uno psichiatra, checontinuò a prescriverle tranquillanti. Le suggerì anchedei farmaci antidepressivi, che Claire però si rifiutò diprendere.

Dopo un certo tempo, Claire e suo maritocominciarono ad avere la sensazione che l'approccioterapeutico dello psichiatra consistesse essenzialmentein un lavaggio del cervello' per indurla ad assumerefarmaci, anziché prendere seriamente in esame i suoiproblemi esistenziali come persona. Lo psichiatra lavisitava solo per prescriverle un nuovo farmaco. Sia luisia un suo collaboratore che incontrava Claireregolarmente, le ripetevano continuamente che i farmacierano l'unica soluzione del suo problema, che lei erasemplicemente 'fatta così', una di quelle persone chehanno bisogno di farmaci per vivere, come chi soffre diipertensione o di una disfunzione tiroidea.

La goccia che fece traboccare il vaso fu il conflitto conlo psichiatra, quando Claire si accorse di essere di nuovoincinta. Claire decise di rinunciare a ogni tipo dipsicofarmaco appena seppe della gravidanza. Lopsichiatra si oppose decisamente a questa scelta e Clairedecise di interrompere il rapporto terapeutico con lui.

Cominciò a cercare delle alternative. Fece delle sedutedi ipnosi, che migliorarono un po' la situazione. Ma sisentiva ancora molto nervosa e ansiosa. A un certo puntoil suo neurologo le suggerì di provare la clinica per lo

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stress. Era arrivata al punto in cui l'ansia le rendevadifficile salire in macchina e andare da qualche parte.Non sopportava di trovarsi in mezzo alla gente. Avevacontinuamente palpitazioni cardiache. Non eraassolutamente abituata ad affrontare situazioni stressantidi qualsiasi tipo, da sola. Perciò, incinta di sei mesi, siiscrisse al corso per la riduzione dello stress.

Già nella prima lezione, Claire scoprì con meravigliadi essere riuscita a rilassarsi durante l'esplorazione delcorpo. I soliti pensieri e la solita ansia eranomisteriosamente scomparsi per due ore, malgrado sitrovasse in una situazione tutt'altro che familiare,sdraiata in una stanza assieme a trenta sconosciutiammassati come sardine sui loro materassini.

Claire fu entusiasta dell'esperienza: le confermava chec'era qualcosa che lei stessa poteva fare per liberarsi delsuo cronico nervosismo. Cominciò a praticare ognigiorno. A ogni incontro del corso aveva qualcheprogresso da riferire, con aria entusiasta e fiduciosa.

Un giorno ci disse che aveva smesso di ascoltare laradio in macchina e invece osservava il respiro, che ledava un senso di calma. Questo era uno dei variesperimenti che aveva intrapreso spontaneamente, perintegrare la pratica della meditazione nella vitaquotidiana. Cominciò a permettersi di entrare nellatensione e osservarla, quando si sentiva tesa. Durante leotto settimane del corso ebbe un solo attacco di panico,relativamente lieve: mentre prima, quando era sottotranquillanti, ne aveva diversi ogni giorno.

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Ora Claire sta molto meglio. È più fiduciosa e non hapiù paura di perdere il controllo in pubblico. Non ha piùpaura di camminare in una strada affollata. Anzi, quandoesce di casa, ha preso l'abitudine di parcheggiare aqualche isolato di distanza da dove deve andare, perrilassarsi praticando la camminata consapevole. Dormetranquillamente ogni notte, cosa che non le accadeva daundici anni.

È preoccupata per il bambino che porta in grembo, pervia degli psicofarmaci che ha preso durante le primesettimane di gravidanza. Ma queste paure non si sonotrasformate in panico. Non si sente più sopraffatta dallecose. Ha fiducia nella propria capacità di affrontarle,'quando verrà il momento'. In passato non sarebbe mairiuscita a dire una cosa del genere: la più lieveapprensione la gettava in uno stato di estremaagitazione.

Attualmente è al nono mese di gravidanza e meditaogni giorno, la mattina presto. Mette la sveglia allecinque e mezza, sta un quarto d'ora a letto, poi si alza efa la sua meditazione. Alterna lo yoga alla meditazioneseduta. La meditazione seduta le piace di piùdell'esplorazione del corpo ed è quella che pratica più diogni altra.

Post scriptum. Ho parlato con Claire a un anno didistanza e mi ha aggiornato sulla sua vita. Non ha piùpreso psicofarmaci e non ha più avuto attacchi di panico.Ha avuto cinque o sei episodi non gravi di ansia, che èriuscita a controllare da sola.

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Il bambino ha dovuto essere operato a diciotto giornidalla nascita, per una stenosi pilorica (un restringimentodella valvola situata fra lo stomaco e l'intestino, cheinduce il vomito e ostacola un adeguato assorbimentodel nutrimento). Per tutto quel tempo Claire ha vissutopraticamente all'ospedale con il bambino, concentrandosisul respiro per restare calma e lucida, e non permetterealla mente di perdersi in fantasie terrificanti.

Il bambino ora sta bene e cresce bene. Claire dice chenon sarebbe mai stata capace di affrontare una situazionesimile, se non avesse imparato quello che ha imparatonella clinica per lo stress.

La storia di Claire dimostra che l'ansia e il panico sonocontrollabili con la pratica della meditazione, almeno peruna persona fortemente motivata. La sua esperienza equella di molti altri pazienti della clinica, indica che lameditazione si presta a essere usata come terapia dipronto intervento in tali condizioni, anziché ricorrereimmediatamente agli psicofarmaci; e questa è unapossibilità particolarmente incoraggiante per queipazienti che sono contrari a prendere farmaci.

Questo non significa che non ci siano usi appropriatidegli psicofarmaci nella cura dell'ansia e del panico.Certi tranquillanti e antidepressivi si sono rivelatiutilissimi per controllare episodi acuti di ansia e attacchidi panico, aiutando la persona a superare la crisi e atornare a un'autoregolazione. Gli psicofarmaci vengono avolte usati efficacemente, in congiunzione con una buonapsicoterapia, che può utilizzare tutta una gamma di

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tecniche, dalla terapia cognitiva all'ipnosi ed ai varimetodi per la riduzione dello stress. Tuttavia,l'esperienza di Claire è purtroppo tutt'altro che atipica:molti pazienti con disturbi ansiosi, hanno la sensazioneche gli psicofarmaci che vengono loro prescritti nonservano un gran che, e che siano un surrogato che evita almedico il compito di ascoltare le persone per guidarle aritrovare uno spazio di autoregolazione ed equilibriointerno.

Claire era decisa ad affrontare la propria ansia e adimparare a gestirla da sé, perché si rendeva conto che ladipendenza dai tranquillanti rafforzava la sua visione disé come un rottame umano. Ed è riuscita a dimostrare ciòche il suo istinto le indicava: che non era costretta avivere tutta la vita come un'invalida, schiava di farmaciper gestire i propri stati mentali, come se fossero unadisfunzione tiroidea.

Pensieri ansiosi e consapevolezza

Vediamo ora come puoi servirti della pratica dellameditazione per lavorare con l'ansia e con il panico inmodo che non siano più i padroni della tua vita. Questisuggerimenti vogliono essere un complemento alletecniche che abbiamo esplorato nel capitolo scorso peraffrontare la sofferenza emotiva. La meditazione è unlaboratorio perfetto per esplorare modi di affrontarel'ansia e il panico. Nella pratica cerchiamo di riconoscere

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e di accettare ogni tensione che sentiamo nel corpo, eogni pensiero o emozione che ci attraversa, restando nelcontempo radicati nella sfera dell'essere. Non occorre cheagiamo in alcun modo sulle sensazioni corporee osull'ansia: basta che ne diventiamo consapevoli esmettiamo di giudicarle e condannarle.

In questo modo, attraverso la pratica dellaconsapevolezza, momento per momento, il tuo corpo e latua mente imparano a sviluppare uno stato di calma cheè interno o sottostante al senso di ansia. Questo èesattamente quello che ha fatto Claire. Più pratichi laconsapevolezza, più vieni a trovarti 'a tuo agio nella tuapelle'. Più ti rilassi, più ti accorgi che tu non sei la la tuaansia né le tue paure e che non è necessario che essecontrollino la tua vita.

Quando cominci ad assaporare qualche momento dipace e di rilassamento, ti rendi anche conto che l'ansianon è uno stato emotivo costante: essa varia di intensità,va e viene come qualsiasi altra cosa. È uno stato mentalepasseggero, proprio come la noia o la felicità.

Capire che tu non sei i tuoi pensieri e le tue emozioni,e che non sei costretto a crederci o a reagire a essi o adesserne schiavo, è un passo importante in questoprocesso di apprendimento.

Mentre concentri l'attenzione sull'oggetto principaledella tua pratica di meditazione, puoi percepire i tuoipensieri e le tue emozioni come eventi discreti di brevedurata, proprio come onde sul mare. Sono onde che siformano nel mare della tua coscienza e dopo un attimo

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ricadono. Puoi osservarle come 'eventi nel campo dellatua consapevolezza'.

Osservando lo scorrere dei tuoi pensieri, momentoper momento, noterai che essi hanno cariche emotivediverse. Alcuni sono pesantemente negativi, carichi diansia, insicurezza, paura, previsioni catastrofiche eautocondanna. Altri sono positivi, ottimisti, gioiosi,aperti, pieni di accettazione e di amore. Altri ancora sononeutri, senza un contenuto emotivo positivo o negativo,semplici constatazioni di fatto.

Il nostro pensiero si sviluppa con processi di reazionee di associazione piuttosto caotici, rielaboracontinuamente il proprio contenuto, costruiscecontinuamente mondi immaginari e riempie il silenzio diattività. I pensieri dotati di una forte carica emotiva,tendono a ricorrere continuamente. Quando sipresentano, catturano la tua attenzione come una potentecalamita e la distraggono dalla consapevolezza delrespiro o delle sensazioni corporee. Quando osservi ipensieri semplicemente come pensieri, astenendotideliberatamente dal reagire al loro contenuto e alla lorocarica emotiva, ti liberi in una certa misura dalla loroattrazione o repulsione. Ti lasci risucchiare da essi un po'meno spesso. Più potente è la carica emotiva, più ilpensiero tende a catturare la tua attenzione e a distrartidal momento presente. Il tuo compito consistesemplicemente nell'osservare e lasciare andare, osservaree lasciare andare, a volte implacabilmente, sempreintenzionalmente e coraggiosamente. Si tratta solo di

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osservare e lasciare andare.Praticando così, con tutti i pensieri che si presentano

durante la meditazione, 'buoni', 'cattivi' o 'neutri', conforte o debole carica emotiva, troverai che piano piano ipensieri con un contenuto di ansia e di paura, tiappariranno meno potenti e spaventosi. Avranno unaminor presa sulla tua attenzione, perché li vedraisemplicemente come pensieri e non come realtà.

Diventerà più facile ricordarti che non sei costretto alasciarti possedere da essi. E ti accorgerai di come tustesso contribuisci alla forza di certi pensieri, temendolie paradossalmente, con ciò stesso, tenendolicostantemente in vita. Osservare i pensieri in questa lucerompe il circolo vizioso in cui un pensiero ansioso nerichiama un altro e poi un altro, finché ti senti annegarein un mare di paure e insicurezze che tu stesso haicreato.

Invece, impari ad affrontare i pensieri con una caricad'ansia, uno per volta: un pensiero ansioso, lo guardi, lolasci andare, ritorni alla calma; un altro pensiero ansioso,lo guardi, lo lasci andare, ritorni alla calma. E così via,pensiero per pensiero, restando ancorato allaconsapevolezza del respiro (come se fosse questione divita o di morte, se occorre) per superare i momenti piùtempestosi.

Attrazione e repulsione

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Esaminando profondamente i tuoi processi mentalinella prospettiva della calma e della consapevolezza,scoprirai, come abbiamo già notato più volte, che granparte dei tuoi pensieri e delle tue emozioni sonomotivati da qualche tipo di disagio. C'è il disagiodell'insoddisfazione del presente, del desiderio chesucceda una certa cosa o del desiderio di possedere unacerta cosa che, pensi, ti farebbe sentire più completo, piùsoddisfatto. È l'impulso a ottenere ciò che vogliamo e aconservarlo, come nel caso della scimmia aggrappata allabanana che abbiamo incontrato nel capitolo 'I fondamentidella pratica'. Se esamini profondamente questoimpulso, troverai che la sua natura profonda, per quantospiacevole sia ammetterlo, è avidità: è il volere 'di piùper me'.

Può essere più denaro, più potere, piùriconoscimento, più amore: qualsiasi sia la naturadell'attrazione, significa che a livello profondo non tisenti intero così come sei.

Poi c'è la motivazione opposta, il complesso dipensieri ed emozioni legati al volere che certe cose nonsuccedano, al volere liberarti di certe cose che ti sembrache ti impediscano di stare meglio, di essere più felice.L'impulso che anima questi pensieri e sentimenti èrepulsione, rifiuto, odio.

La pratica della consapevolezza dei nostri pensieri edel nostro comportamento ci permette di notare quantofacilmente restiamo prigionieri di queste duemotivazioni opposte, di ciò che ci piace e che vogliamo

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(avidità) e di ciò che non ci piace e non vogliamo(avversione), al punto che tutta la nostra vita diventaun'oscillazione fra il tentativo di soddisfare i nostridesideri e quello di sfuggire alle cose per cui proviamoavversione.

Questo cammino consente ben pochi momenti di pacee felicità. Come potrebbe essere diversamente? C'èsempre una ragione di ansia. Puoi non ottenere quelloche desideri. Oppure, in qualsiasi momento, puoiperdere quello che hai già. O magari puoi ottenerequello che vuoi e scoprire che, dopo tutto, non era ciòche volevi veramente. Continui a sentirti incompleto. Senon sei consapevole dell'attività della tua mente, nonnoti nemmeno che questo accade. Un velo diinconsapevolezza, un'antica abitudine a funzionare 'colpilota automatico' continua a farti rimbalzare da una cosaall'altra, per lo più sentendoti in balia delle situazioni. Laragione di fondo è il fatto che sei convinto che la tuafelicità dipenda essenzialmente dall'ottenere quello chedesideri. Questo processo consuma molta della nostraenergia e ci impedisce di renderci conto che è possibiletrovare un centro di armonia in noi stessi, anche inmezzo all'intera catastrofe dei nostri timori e della nostraansia. Che tu soffra di ansia o meno, il solo modo perliberarti dalla tirannia dei tuoi pensieri è guardarli perquello che sono e cogliere i semi, a volte sottili, maspesso neppure tanto sottili, di avversione o di desiderioche contengono. Quando riuscirai a distaccarti e a vedereche tu non sei né i tuoi pensieri né le tue emozioni, che

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non sei costretto a crederci e tantomeno ad agire diconseguenza, quando riuscirai a vedere chiaramente chemolti dei tuoi pensieri sono fantasie piene di giudizi e diavidità, avrai trovato la chiave per capire le tue paure ela tua ansia.

Nello stesso tempo avrai trovato la chiave permantenere l'equilibrio. Paura, panico e ansia non sarannopiù, allora, dei demoni incontrollabili. Li vedrai invececome stati mentali naturali, che puoi accettare e con cuipuoi lavorare come con qualsiasi altro stato mentale.

A quel punto ti accorgerai con meraviglia che idemoni non ti perseguitano più tanto. Magari non sifanno più vedere per lunghi periodi. Ti chiederai dovesiano finiti e perfino se siano mai esistiti. Di quando inquando vedrai ancora levarsi un po' di Rimo, tanto perricordarti che il drago è ancora nella tana e che la paura èuna componente naturale del vivere, ma non una cosa datemere.

Esprimere le emozioni

La scelta di lavorare consapevolmente con i pensieriche hanno una forte carica emotiva, anziché essernetravolti, non significa che le emozioni forti siano'sbagliate', 'cattive' o 'pericolose'. Non significa chedobbiamo sforzarci di tenerle sotto controllo o direprimerle o che non dobbiamo dare valore alla loroespressione.

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Osservare consapevolmente le tue emozioni,accettarle e poi lasciarle andare non significa cercare diinvalidarle o di liberartene. Significa soltanto essereconsapevole di quello che vivi.

Non significa neppure che non devi agire in base aituoi pensieri ed emozioni o che non devi esprimerli intutta la loro forza! Significa invece che, quando scegli diagire, lo fai con più chiarezza ed equilibrio, perché vedila situazione in prospettiva e non sei trascinato da unareattività cieca. Allora la forza delle tue emozioni puòessere applicata creativamente a risolvere (o adissolvere) i problemi, anziché contribuire, come spessoavviene quando non sei centrato, ad accrescere ledifficoltà e a causare sofferenza a te e agli altri. Questo èun altro esempio della complementarietà dei dueapprocci, quello centrato sulle emozioni e quellocentrato sul problema, nel lavoro della consapevolezza.Quando il rapporto che abbiamo con i nostri pensieri e lenostre emozioni cambia, ci accorgiamo anche che ilnostro modo abituale di parlarne e di rappresentarcelicontiene un pregiudizio di identificazione.

Quando diciamo: «Sono ansioso» o: «Sonoterrorizzato», ci identifichiamo sottilmente con l'ansia ocon il terrore. Sarebbe più esatto dire: «Ho molti pensieriansiosi o spaventosi». In questo modo sottolinei che nonti identifichi con il contenuto dei tuoi pensieri. Puoisemplicemente esserne consapevole e accettarli. Allora sirompe il circolo vizioso con cui i pensieri generanoulteriore paura, panico e ansia. Essi diventano, invece,

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occasioni per osservare con chiarezza il contenuto dellatua mente.

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Stress del tempo e insonnia

Viaggi fuori dal tempo

«Pratica il non–fare e ogni cosa andrà a posto da sola»Lao–tzu Tao Te Ching.

Nella nostra società, il rapporto con il tempo è

diventato una delle principali fonti di stress. In certi stadidella vita abbiamo costantemente la sensazione di nonavere mai abbastanza tempo per fare tutto quello chedovremmo fare. In altre età della vita, il tempo sembranon passare mai: ore e giorni sembrano interminabili,non sappiamo che cosa fare di tutto il tempo cheabbiamo a disposizione. Per quanto folle possasembrare, voglio suggerire che l'antidoto allo stress deltempo è il 'non fare' e che tale antidoto è efficace tantonella situazione in cui 'non hai abbastanza tempo' quantoin quella in cui 'hai troppo tempo'. La sfida consiste nelmettere alla prova quest'affermazione, e verificare se iltuo rapporto con il tempo si trasforma grazie alla praticadel non fare.

Se ti senti già sopraffatta dalla mancanza di tempo, tichiederai, forse, come possa essere d'aiuto sottrarretempo a tutto quello che hai da fare per praticare il nonfare. E se sei sola e annoiata, e il tempo libero è l'unicacosa che hai a disposizione in abbondanza, ti chiederai in

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che modo il non fare possa riempire questo grande bucoche ti opprime.

La risposta è semplice e naturale: la pace interiore sitrova fuori dal tempo. Se prendi l'abitudine di passare unpo' di tempo, ogni giorno, in uno stato di quiete interna,anche se è solo per due minuti, o cinque o dieci, in queimomenti esci dal flusso del tempo.

La calma, il rilassamento e la centratura che incontri inquesto 'viaggio fuori dal tempo', ti accompagnano al tuorientro e possono trasformare la tua esperienza deltempo, nella vita di ogni giorno. Impari a fluire con iltempo, nel corso della giornata, facendo semplicementeattenzione al momento presente, anziché combatterlo oesserne travolta.

Più ti abitui a dedicare un certo tempo, ogni giorno, alnon fare, più tutta la tua giornata diventa 'non fare': vienesoffusa da una consapevolezza radicata nel momentopresente, che si trova quindi fuori dal tempo. Forse,praticando la meditazione seduta, l'esplorazione delcorpo o lo yoga hai già notato che la consapevolezza nonrichiede alcun tempo, la consapevolezza è istantanea eriempie semplicemente ogni momento, gli infonde piùvita. Se ti manca il tempo per fare tutte le cose chevorresti fare, la consapevolezza ti regala tempo,offrendoti la pienezza di ogni momento che hai adisposizione. Qualsiasi cosa stia succedendo, ti dà lapossibilità di restare in contatto con il tuo centro, e dipercepire e accettare le cose così come sono. In questoatteggiamento puoi anche renderti conto di quello che la

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situazione richiede, in maniera prospettica e senzaindebita ansia. E puoi agire e farlo, lasciando che il tuoagire sgorghi dal tuo essere, da uno stato di pace.

D'altro canto, poniamo che tu sia in una situazione incui non sai che cosa fare di tutto il tempo che hai adisposizione. Il tempo ti pesa. Magari ti senti vuota,separata dal mondo e da tutte le cose significative che viavvengono. Magari non sei in grado di lavorare o diuscire di casa; magari passi la maggior parte del tempo aletto e leggere ti stanca. Magari sei sola, senza amici,senza famiglia o lontana da essi. In che modo il non fareti può aiutare? Ti sembra che il 'non fare' sia quello chestai già facendo tutto il tempo ed è appunto ciò che ti faimpazzire! In realtà, anche se non te ne rendi conto, seiimmersa in una continua attività. Probabilmente 'fai'dell'infelicità, della noia e dell'ansia. Probabilmentepassi un certo tempo, forse anche gran parte del tempo,in compagnia dei pensieri e dei ricordi del passato,rivivendo momenti piacevoli e disgrazie. Magaricontinui a 'produrre' rabbia per cose accadute moltotempo fa. Oppure 'fai' solitudine, risentimento,autocommiserazione, senso di impotenza. Tutte questeattività mentali drenano la tua energia. Ti stancano e tifanno sembrare le ore interminabili.

La nostra esperienza soggettiva del passaggio deltempo sembra legata all'attività del pensiero. Pensiamo alpassato, pensiamo al futuro. Il tempo è lo spazio cheintercorre fra i nostri pensieri e ne misura lo scorrereincessante. Osservando i nostri pensieri andare e venire,

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coltiviamo la capacità di soggiornare nel silenzio e nellaquiete che abitano dietro al flusso dei pensieri, in unpresente atemporale. Il presente è sempre qui, è sempreora: è fuori dal flusso del tempo. Non fare significalasciare andare tutto quanto. Soprattutto significa lasciareandare i tuoi pensieri. Significa lasciarti essere. Se ti sentiprigioniera del tempo, il non fare è un modo per evadereda questa prigione ed emergere in una dimensione senzatempo.

Così facendo esci anche, almeno momentaneamente,dal tuo isolamento, dalla tua infelicità, dal tuo bisognodi sentirti occupata, utile, significativa per gli altri.Collegandoti con te stessa, fuori dal flusso del tempo,stai già facendo la cosa più significativa che tu possafare: stai rappacificandoti con la tua mente e contattandola tua interezza.

Il passato e il futuroconsentono solo un minimo di consapevolezza.Essere coscienti è non appartenere al tempo.(T.S. Eliot Burnt Norton, in Quattro quartetti.)

Tempo per il lavoro del 'non fare'

Potresti considerare tutto il tempo che hai adisposizione, come un'occasione per intraprendere illavoro interiore dell'essere e della consapevolezza.Allora, anche se il tuo corpo non funziona 'comedovrebbe', anche se sei relegata in casa o a letto, hai pursempre la possibilità di trasformare la tua vita in

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un'avventura, ogni momento della quale è prezioso esignificativo. Se ti impegni nel lavoro dellaconsapevolezza, il tuo isolamento fisico prende un altrosignificato. Il dispiacere e il rimpianto di non potereessere attiva esteriormente, sono controbilanciati dallagioia di altre possibilità che si aprono; tutto il tempo cheprima ti pesava, diviene tempo disponibile per il lavorodell'essere, per il 'non fare', per la consapevolezza el'autocomprensione. È un lavoro che non ha fine e di cuinon sappiamo dove ci condurrà. Ma dovunque sia, ciporterà lontano dalla sofferenza, dalla noia, dall'ansia edall'autocommiserazione. Gli stati mentali negativi nonsopravvivono in una dimensione fuori dal tempo. Comepotrebbero sopravvivere, quando tu diventi la pacestessa? La consapevolezza concentrata è un crogiolo incui gli stati mentali negativi subiscono unatrasmutazione. E se le tue condizioni fisiche tipermettono di fare, perlomeno, certe attività nel mondoesterno, l'abitudine a soggiornare nella dimensione delnon fare ti aiuterà a intuire come puoi collegarti conpersone e iniziative, in modi che siano soddisfacenti perte e utili agli altri. Ciascuno di noi ha qualcosa da offrireal mondo. Anzi, in verità, ciascuno di noi ha qualcosa chenessun altro può offrire, qualcosa di unico einfinitamente prezioso, il proprio essere. Se pratichi il nonfare, scoprirai forse che il tempo libero, anzichéopprimerti con la sua enormità, non ti basta mai per faretutto quello che vorresti fare. In questo lavoro, puoi starcerta che non sarai mai disoccupata.

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Il sonno: un'attività sacra

Fra tutte le nostre attività abituali, il sonno è una dellepiù straordinarie e meno apprezzate. Pensaci: una voltaal giorno ci sdraiamo su una superficie comoda e perqualche ora ci assentiamo dal nostro corpo. Ed è per noiun periodo di tempo sacro. Siamo tanto attaccati allenostre ore di sonno, che raramente siamo disposti asacrificarne volontariamente qualcuna per fare una cosache ci sta a cuore. Spesso sentiamo qualcuno dire: «Senon dormo le mie otto ore, sono uno straccio». E sesuggerisci a una persona di alzarsi un'ora prima per fareuna cosa che desidera fare, ma per cui non trova mai iltempo, il più delle volte la tua proposta viene recepitacome una provocazione. La gente si sente minacciataquando si parla di toglierle il sonno.

Eppure, ironicamente, i disturbi del sonno sono fra iprimi e più comuni sintomi di stress. Non riesci adaddormentarti perché non riesci a calmare l'attività dellamente, oppure ti svegli nel mezzo della notte e non riescia riprendere sonno o tutt'e due le cose. Spesso ti giri e tirigiri nel letto cercando di rilassarti, ti ripeti quanto èimportante la giornata di domani, quanto hai bisogno diriposo. Invano: più cerchi di addormentarti, più seisveglia.

Il fatto è che è impossibile costringerti adaddormentarti. È uno di quegli stati, come ilrilassamento, a cui puoi solo abbandonarti. Più cerchi diaddormentarti, più crei tensione e ansia, che ti tengono

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sveglia.Riuscire a dormire è un indice di armonia nella tua

vita. Dormire a sufficienza è uno dei fattori base dellasalute. Quando ci viene a mancare il sonno, i nostripensieri, umori e comportamenti diventano nervosi esconnessi, il corpo è stanco e più esposto ad ammalarsi.

Cicli naturali

Le nostre abitudini di sonno sono intimamente legateai cicli del mondo naturale. Il pianeta compie unarotazione sul suo asse in ventiquattr'ore, producendol'alternarsi della luce e dell'oscurità, e molti importanticicli degli organismi viventi, i cosiddetti ritmi circadiani,sono sintonizzati su questo ciclo. I ritmi circadiani simanifestano nelle fluttuazioni della secrezione dineurotrasmettitori nel cervello e nel sistema nervoso, enella biochimica di tutte le nostre cellule. Questifondamentali ritmi planetari sono incorporati nel nostroorganismo. I biologi parlano di un 'orologio biologico',controllato dall'ipotalamo, che regola il ciclo del sonno edella veglia e che può venire disturbato, per esempio,dai viaggi aerei o dal lavoro notturno. Siamosincronizzati con i cicli del pianeta e le nostre abitudinidi sonno riflettono questa sincronia. Quando essa vieneturbata, abbiamo bisogno di un certo tempo perritrovarla.

Se hai difficoltà a dormire, può darsi che il tuo corpo

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voglia comunicarti qualcosa sul tuo modo di vivere.Come tutti gli altri messaggi del corpo–mente, questacomunicazione merita la tua attenzione. A volte indicasolo che stai attraversando un periodo particolarmentestressante: quando le cose ritorneranno alla normalità, iltuo sonno migliorerà da sé.

A volte vuole segnalarti invece, per esempio, che iltuo corpo non fa abbastanza esercizio fisico. Attivitàcome camminare, fare yoga, nuotare contribuisconosostanzialmente a un buon sonno riposante, come puoifacilmente sperimentare. Spesso le persone sonoconvinte di aver bisogno di più sonno di quanto siaveramente loro necessario. Il bisogno di sonnodiminuisce mano a mano che invecchiamo. Ci sonopersone per le quali quattro ore di sonno sono più chesufficienti, ma magari sono convinte di soffrired'insonnia e di dover riuscire a dormire più a lungo.

Notti insonni

Nella clinica raccomandiamo ai nostri pazienti,quando non riescono ad addormentarsi, di alzarsi e farequalcosa: preferibilmente qualcosa che a loro piaceoppure che sono contenti di sbrigare.

Quando non riesco a dormire, preferisco pensare cheforse non ho bisogno di sonno in quel momento, anche seprovo il desiderio di dormire. La seconda cosa chefaccio, allora, è alzarmi a meditare. (La prima è agitarmi

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nel letto nervosamente finché non mi rendo conto diquello che sto facendo.) Mi alzo, mi avvolgo in unacoperta, mi siedo sul mio cuscino da meditazione eosservo l'attività della mia mente. Questo mi dà lapossibilità di esaminare che cosa ci sia di così pressante einquietante da impedirmi di dormire.

A volte basta mezz'ora di meditazione a calmare lamente, tanto da permetterti di riaddormentarti. Certevolte la meditazione ti porta a intraprendere altreattività: ti metti a lavorare a un tuo progetto favorito,programmi cose da fare, leggi un buon libro o ascoltimusica. Altre volte ti porta ad accettare semplicemente ilfatto che che sei tesa, irritata, ansiosa e ad essereconsapevole di questo. La notte è anche un buonmomento per fare yoga, se sei alzata. Per rapportarti alsonno in questo modo rilassato, durante le notti insonni,devi in primo luogo riconoscere e accettare il fatto che seicomunque già sveglia. Fare previsioni catastrofiche sucome tutto andrà male l'indomani, perché non haidormito abbastanza, non ti aiuta un gran che. E cercare dicostringerti ad addormentarti non serve. Perciò, perchénon adottare la prospettiva che 'domani è un altrogiorno', visto che comunque la realtà del momentopresente è che sei sveglia? Perché non scegliere di esseresveglia completamente? Come ho accennato nel primocapitolo, la pratica della consapevolezza provienesoprattutto dalla tradizione della meditazione buddista,benché sia presente in una forma o nell'altra in tutte letradizioni spirituali. Il buddismo non ha alcun Dio, cosa

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che lo rende una religione molto particolare. Ha inveceun principio centrale, che si ritiene incarnato in manieraesemplare da una persona storica, detta il Buddha. Siracconta che un giorno un uomo si accostò al Buddha,che era ritenuto un grande saggio e maestro, e gli chiese:«Sei un dio?» Buddha rispose: «No. Sono sveglio.»

L'essenza della pratica della consapevolezza consistenel risvegliarci dal sonno della semi–incoscienza in cuisiamo quasi costantemente immersi. Funzioniamo 'con ilpilota automatico' tanto spesso, che si può ben dire chesiamo più addormentati che svegli, anche quando siamosvegli. Se ci impegnamo con noi stessi a cercare di esserepienamente svegli quando siamo svegli, anche il nostromodo di vedere l'insonnia cambia, insieme a molte altrecose. Qualsiasi momento nel corso delle ventiquattr'orein cui ti trovi a essere sveglia, può trasformarsi inun'occasione per praticare la piena consapevolezza el'accettazione delle cose così come sono, compresoeventualmente il fatto che la tua mente è inquieta e chenon riesci a prendere sonno. Adottando questoatteggiamento, il più delle volte il tuo sonno trova da séun proprio ritmo. Magari non viene quando pensi chedovrebbe venire o non dura quanto pensi che dovrebbedurare: ma i 'dovrebbe' non servono a un gran che.

Addormentarsi

Se questo approccio ti sembra troppo radicale, pensa

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un attimo alle alternative possibili. I sonniferi sonoun'industria da molti milioni di dollari. L'esistenza diquesta industria è un indice della nostra perditacollettiva di omeostasi, è un indice di quanto sia diffusaquesta forma di sregolazione del nostro sistema corpo–mente. Molte persone riescono ad addormentarsi solocon i sonniferi. Il controllo e la regolazione dei loro ritmicorporei vengono delegati a un agente chimico. Nondovrebbe questo essere un estremo rimedio, a cui siricorre soltanto quando ogni altra via è preclusa?

Nella clinica, involontariamente, facciamo veniresonno a molti. Il fatto è che l'esplorazione del corpo èmolto rilassante. Se la pratichi quando sei stanca,facilmente ti immergi nel sonno, anziché in uno stato dirilassata attenzione. Per questo alcuni devono fare unosforzo notevole per restare svegli durante l'esplorazionedel corpo. Certe persone non riescono a restare svegliefino alla fine della meditazione, per settimane. Altridormono già prima di arrivare al ginocchio sinistro!

Ai pazienti il cui problema principale è l'insonnia,permettiamo di usare il nastro dell'esplorazione delcorpo per addormentarsi la sera, a condizione chepromettano di servirsene anche a un'ora diversa, almenouna volta al giorno, per 'svegliarsi'. E funziona!

La maggior parte delle persone con problemid'insonnia riferiscono un netto miglioramento dopoqualche settimana di pratica e molti abbandonano l'usodei sonniferi prima della fine del corso. Per alcuni è piùfacile e ugualmente efficace per addormentarsi,

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concentrare l'attenzione sul respiro stando sdraiati aletto, seguendo il respiro mentre entra e continuando aseguirlo mentre esce, con ogni espirazione, lasciando cheil corpo affondi un po' di più nel materasso. Puoiimmaginarti di espirare fino ai confini dell'universo e dirichiamare il respiro da quelle lontane regioni, finchénon rientra nel tuo corpo. Pensiamo un attimo a come ciaddormentiamo. Ci sdraiamo su una superficie morbida,chiudiamo gli occhi e ci rilassiamo. Tutto comincia adannebbiarsi e partiamo per il paese dei sogni.

Praticando l'esplorazione del corpo, in posizionesdraiata e con gli occhi chiusi, è importante cheimpariamo ad accorgerci quando, con l'approfondirsi delrilassamento, arriviamo a un bivio. In una direzione cisono l'annebbiamento, l'incoscienza e il sonno. Questa èuna strada che è importante percorrere regolarmente: cimantiene sani e rinnova le nostre risorse fisiche epsichiche. Nell'altra direzione c'è la meditazione, che èuno stato di rilassamento accompagnato da unaconsapevolezza acuita. Anche questo è uno stato moltonutriente, che vale la pena di coltivare regolarmente.Fisiologicamente e psicologicamente è molto diverso dalsonno. L'ideale è coltivare entrambi questi stati e saperscegliere quando è il momento di immergerci nell'uno onell'altro.

Usare creativamente l'insonnia

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Il nostro attaccamento al sonno di solito ci induce apreoccuparci molto quando perdiamo ore di riposo. Mase accetti il fatto che il tuo corpo è capace diautoregolarsi e di correggere da sé alcuni degli squilibriin cui incorre, puoi servirti dell'insonnia come veicoloper la crescita, così come abbiamo visto che puoi usarealtri sintomi fisici: o il dolore o l'ansia. Personalmente,sono da poco uscito da un lungo periodo di sonnoirregolare. Durante undici anni ho avuto ben poche nottidi sonno ininterrotto. Prima mia moglie allattava, poi ibambini hanno continuato a svegliarsi spesso la notte,fino all'età di quattro o cinque anni. Mia moglie ed ioabbiamo deciso fin dall'inizio di accettare questi lororitmi, anziché cercare di costringerli ad adeguarsi allanostra idea di come dovesse essere il loro sonno. Questoha significato alzarsi tre o quattro volte per notte, giornodopo giorno, anno dopo anno.

Ogni tanto andavo a letto prestissimo in modo darecuperare un po' di sonno. Ma per lo più il mio sistemasi è abituato a dormire meno e a sognare meno e me lasono cavata piuttosto bene per tutti quegli anni.

Credo che uno dei motivi per cui questo ritmo non miha spossato né mi ha fatto ammalare, sia il fatto che nonho opposto resistenza. Ho accettato la situazione e me nesono servito per la mia pratica di meditazione. Spesso mitrovavo a camminare avanti e indietro la notte con unbambino in braccio, cullandolo, cantandogli,coccolandolo. Usavo il camminare, il canto, il dondolioper centrarmi nella consapevolezza del bambino, dei

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suoi sentimenti, del suo corpo, del mio corpo, del nostrorapporto. Avrei preferito stare a letto: ma poiché nonc'ero e non ci potevo essere, tanto valeva usare il fatto distare sveglio per essere veramente sveglio.

Vedendo le cose in questa luce, stare alzato la notte èdiventato per me una forma di pratica e un'occasione dicrescita come padre e come essere umano. Adesso ibambini dormono tranquillamente tutta la notte. Maancora ogni tanto mi capita di svegliarmi nel mezzo dellanotte, a volte perché la mia mente è occupata da moltipensieri, che non se ne vanno anche se cerco di mandarlivia. Allora mi alzo e faccio un po' di meditazione sedutao un po' di yoga o entrambi. Poi, a seconda di come misento, torno a letto oppure lavoro a qualche progetto chevoglio finire. C'è molta pace e molto silenzio nel cuoredella notte. Nessuna telefonata, nessun disturbo. La luna,le stelle, le prime luci dell'alba sono uno spettacolostraordinario e mi fanno sentire collegato a tutto questomeraviglioso universo. La mente di solito si rilassa, nonappena smetto di volermi riaddormentare e decido diusare queste ore per la consapevolezza. Ciascuno di noiè diverso e ha diversi ritmi. Alcuni funzionano meglio lanotte, altri la mattina presto. È molto utile scoprire comepuoi usare le ventiquattr'ore della giornata nel modo cheti corrisponde meglio. Questo puoi scoprirlo soloascoltando attentamente la tua mente e il tuo corpo, elasciando che ti insegnino quello che hai bisogno diimparare.

Come al solito, questo vuol dire superare un po' di

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resistenza al cambiamento e alla sperimentazione, epermetterti la gioia di esplorare i confini della tua vita. Iltuo rapporto con il sonno è un tema utilissimo per laconsapevolezza. Preoccupandoti meno del sonnoperduto e concentrandoti maggiormente sull'esserecompletamente sveglia, puoi imparare molte cose su dite.

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Alimentazione

L'alimentazione oggi

Non è possibile mantenersi sani nella nostracomplessa società, senza fare almeno un po' diattenzione a ciò che mangiamo e beviamo. Il nostrorapporto con il cibo è cambiato tanto radicalmente nelcorso di poche generazioni, che è necessaria una nuovaforma di intelligenza, ancora a uno stadio embrionale,per scegliere i cibi utili fra le innumerevoli possibilitàche ci vengono proposte. Il rapporto con l'alimentazionenei paesi cosiddetti sviluppati è diventato enormementepiù complesso. La maggior parte delle persone sonofisicamente e psicologicamente lontane dalla produzionedel cibo.

Benché biologicamente continuiamo a mangiare pervivere, psicologicamente si può dire che molti di noivivano per mangiare, tanto centrale è il coinvolgimentopsicologico, non direttamente legato alla fame, che hannocon il cibo. Inoltre, siamo bombardati da una continuaofferta di alimenti che non esistevano neppure cinque odieci anni fa: alimenti prodotti industrialmente, chehanno solo una lontana parentela con ciò che vienecoltivato o allevato. Nei paesi sviluppati ogni tipo dicibo è disponibile in qualsiasi stagione, grazie a unsistema di distribuzione che lo fa arrivare da

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grandissime distanze in pochi giorni. In questi paesi, ilnumero di persone che vivono del cibo che coltivano,cacciano o raccolgono è divenuto trascurabile. Siamodiventati una società di consumatori.

Per certi versi la popolazione dei paesiindustrializzati è probabilmente più sana oggi di quantofosse in passato. Alcuni ritengono che un elementodeterminante di questo miglioramento sia una migliorealimentazione. Ma in realtà, molti dati indicano che lasalute degli abitanti dell'Occidente è oggi minacciata datutta una serie di malattie legate all'alimentazionesovrabbondante e in particolare a un consumo eccessivodi certi cibi: malattie della ricchezza. Parallelamente aciò, un'altra minaccia per la salute è la presenza, neglialimenti, di centinaia di sostanze chimiche chel'organismo umano non ha mai incontrato in precedenzanel corso della sua evoluzione, perché semplicementenon esistevano. Molte di queste sostanze, residui diconcimi e pesticidi, additivi e conservanti aggiuntidall'industria alimentare, sostanze tossiche provenientida un ambiente sempre più inquinato che passano nellacatena alimentare, costituiscono un fattore di rischioancora impossibile da valutare. Esse possono produrresquilibri dell'omeostasi e danni alle cellule e ai tessuti.

Checché ne dicano gli esperti, non sappiamo ancoraquali saranno gli effetti di alcune di queste sostanze nelcorso di tutta una vita, o gli effetti che avranno sullefuture generazioni. Stiamo giocando a una specie diroulette russa chimica, quasi sempre all'insaputa del

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consumatore, che ne è l'involontario protagonista.Poiché il cibo che mangiamo, a lungo andare esercita

un'influenza notevole sulla nostra salute, è importanteche, se già non lo facciamo, cominciamo a fare attenzione,in modo sensato, non allarmista e non fanatico, a tutto ciòche immettiamo nel nostro corpo. Il detto 'tu sei quelloche mangi' contiene qualcosa di più di una briciola diverità.

Grassi e colesterolo

Per esempio, non è un'esagerazione affermare che ladieta tipica degli americani è un fattore determinantedell'alta incidenza di malattie cardiache in America, oggi.Ciò è dovuto in gran parte agli alti livelli di colesterolo egrassi, particolarmente grassi animali, che contiene. Ilcolesterolo è una sostanza grassa che si trova soltantonegli alimenti di provenienza animale e che svolge unruolo importante nello sviluppo delle malattiecoronariche.

Per provocare malattie coronariche negli animali dilaboratorio, gli sperimentatori li sottopongonosemplicemente a una dieta che è l'equivalente di burro,uova e prosciutto, per circa sei mesi. Questa dieta èefficacissima nell'ostruire le arterie cardiache.

Burro, carni rosse, hamburger, salsicce e gelati, cibifondamentali nell'alimentazione americana, hanno tuttiun alto contenuto di colesterolo e grassi animali. In Cina

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e in Giappone, dove la dieta contiene meno carne egrassi animali e più pesce, riso e verdure, l'incidenzadelle malattie cardiache è molto minore. D'altro canto, inquesti paesi si riscontra un'incidenza maggiore di certicancri, come quello all'esofago o allo stomaco, che siritiene correlata con un maggiore consumo di cibiconservati o fermentati sotto sale e di cibi affumicati. Ilrapporto fra alimentazione e cancro è meno chiaro diquello fra alimentazione e malattie cardiache, ma ci sonoindicazioni dell'importanza della dieta nel cancro alseno, al colon e alla prostata.

Anche qui, la quantità complessiva di grassi ha unpeso significativo. Sembra che in coloro che hannoun'alimentazione ricca di grassi, certe funzioniimmunitarie (per esempio, l'attività delle cellule naturaikiller; che, come abbiamo visto, si ritiene contribuisca aproteggere l'organismo dal cancro) siano ridotte. Quandoqueste persone cambiano tipo di alimentazione eriducono la quantità di grassi sia animali sia vegetali checonsumano, l'attività delle cellule naturai killer aumenta.

Molti studi su animali hanno messo in evidenzacorrelazioni fra alimentazione e cancro: anche in questistudi i grassi svolgono il ruolo principale. Un eccessivoconsumo di alcol, particolarmente congiunto al fumo,sembra anch'esso contruibuire a certi tipi di cancro.

Guarire con l'alimentazione

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Recentemente, Dean Ornish e collaboratori,dell'Istituto per le ricerche sulla medicina preventiva diSausalito, in uno studio rivoluzionario hannodimostrato, per la prima volta in maniera rigorosa, chenelle malattie cardiache è possibile otteneremiglioramenti senza fare uso di farmaci, semplicementecambiando alimentazione e stile di vita. Il dottor Ornishsi è servito di tecniche di misurazione raffinate, fra cuiuna tecnica di angiografìa quantitativa per misurareesattamente l'ostruzione delle arterie e la Pet permisurare il flusso sanguigno che la attraversa.

I suoi esperimenti hanno dimostrato che, praticandouna dieta vegetariana in cui i grassi contribuivano circa il10% delle calorie, integrata da regolari camminate, yogae meditazione, persone affette da malattie coronarichegravi hanno realizzato netti miglioramenti del flussosanguigno cardiaco e una netta riduzione delleostruzioni nelle arterie coronariche. In questi pazienti,inoltre, il livello di colesterolo nel sangue è cadutosensibilmente: il decremento osservato è stato maggioredi quanti siano mai stati riscontrati usando farmacispecifici.

Il lavoro del dottor Ornish è una spettacolaredimostrazione della capacità di recupero del corpoumano, della sua capacità di guarirsi, capovolgendo inquesto caso il decorso dell'aterosclerosi.

Dato che l'aterosclerosi coronarica (il restringimento

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delle arterie cardiache) si sviluppa per decenni prima didar luogo a effetti avversi manifesti, questa scoperta èmolto promettente: suggerisce la possibilità di arrestaree capovolgere un processo patologico che è in corsoanche da lungo tempo. E questi pazienti non si sonoserviti di medicine, ma hanno semplicemente cambiato illoro modo di vivere e di mangiare.

Cambiare il modo di mangiare

Ma cambiare il tuo rapporto con il cibo non è cosìfacile, anche se decidi che vuoi o devi farlo per ragioni disalute: lo dimostrano i vani sforzi che la gente fa perattenersi alle diete dimagranti. Se per qualsiasi ragionedecidi che vuoi cambiare la tua alimentazione, per esserepiù sano o per guarire da una malattia, dovrai applicarticon profondo impegno, disciplina e intelligenza, inmaniera non ansiosa e non paranoica.

Ciò significa che dovrai diventare più consapevole deltuo rapporto con il cibo a vari livelli: dovrai renderticonto dei tuoi comportamenti automatici, dei tuoipensieri e sentimenti, e anche delle abitudini socialilegate al cibo. Sono ambiti in cui non ci è facile osservarcisistematicamente e senza giudizio, se non partiamo daun forte impegno a liberarci delle abitudini malsane e asviluppare un modo di vita più coerente e integrato.

La pratica della consapevolezza è particolarmenteutile per realizzare e mantenere cambiamenti nel nostro

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modo di mangiare. In verità la consapevolezza, e in unacerta misura anche il cambiamento, si estendonoautomaticamente alla sfera dell'alimentazione mano amano che la tua pratica di meditazione si rafforza ecominci a fare attenzione a tutte le tue attivitàquotidiane. Forse hai già avuto modo di osservarlo: èquasi impossibile non esaminare anche il nostro modo dimangiare, quando cominciamo a introdurreconsapevolezza in ogni momento della giornata.

Il cibo certamente occupa un posto di primo pianonella nostra vita. Dedichiamo tempo ed energia acomprarlo, prepararlo, servirlo, mangiarlo, all'ambientefisico e sociale in cui mangiamo, e al lavaggio e riordinoche seguono ogni pasto. Tutte queste attività offronomolte occasioni di consapevolezza. Inoltre, possiamofare attenzione alla qualità del cibo che mangiamo, acome è stato coltivato o prodotto, da dove viene, checosa contiene. Possiamo fare attenzione a quantomangiamo, quanto spesso, quando e a come ci sentiamodopo aver mangiato.

Possiamo fare attenzione a come ci sentiamo dopoaver mangiato certi cibi in particolare, e alla differenzafra mangiare in fretta e mangiare lentamente. Possiamorenderci più consapevoli dei nostri attaccamenti, dellagolosità per certi cibi, delle abitudini alimentari nostre edei nostri figli. Tutte queste cose saltano all'occhioquando cominci a fare attenzione alla sferadell'alimentazione. Per quasi tutti noi è difficile cambiareabitudini, e le abitudini alimentari non fanno eccezione.

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Mangiare è un'attività sociale con un'alta carica emotiva,e il nostro rapporto con il cibo è condizionato e rafforzatodalle consuetudini di una vita intera.

Mangiare significa per noi molte cose: vari sentimentisono legati al fatto di mangiare certi cibi particolari, certequantità di cibo, in certi luoghi, in certi momenti, concerte persone. Queste associazioni possono essere parteintegrante del nostro senso di identità e di benessere, epossono rendere un cambiamento di dieta ancora piùdifficile di altri cambiamenti nel nostro stile di vita.

Consapevolezza alimentare

Forse il modo migliore per cominciare è non cercare dicambiare nulla, e semplicemente fare attenzione a quelloche mangi e all'effetto che ha su di te. Cerca di notareprecisamente quali cibi ti piacciono e che gusto hannomentre li mangi. La prossima volta che ti siedi a tavola,prova a guardare veramente quello che c'è nel tuo piatto.Osserva che consistenza ha, che colore, che forma, cheodore. Che sensazione ti dà guardarlo? Assaggialo. Chesapore ha? È gradevole o sgradevole? Come ti sentisubito dopo averlo mangiato? È il cibo che desideraviveramente? È un cibo che ti fa bene?

Nota anche come ti senti un'ora o due dopo avermangiato. Com'è il tuo livello di energia? Il cibo ti hareso più energico o ti ha appesantito? Come sta la tuapancia? Che cosa ne pensi ora di ciò che hai mangiato?

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Quando i pazienti della clinica cominciano aesaminare le loro abitudini alimentari in questo modo,fanno subito varie osservazioni interessanti.

Alcuni scoprono di mangiare certe cose più perabitudine che per gusto o scelta. Altri si accorgono checerti cibi sono per loro di difficile digestione eproducono un senso di affaticamento dopo mangiato,cosa a cui non avevano mai fatto attenzione inprecedenza. Molti riferiscono di gustare il cibo molto dipiù, quando mangiano con consapevolezza.

Molti nostri pazienti apportano cambiamentisostanziali alla propria alimentazione ben prima cheaffrontiamo questo tema in maniera sistematica, cosa cheavviene solo verso la fine del corso. Questi cambiamentinascono spontaneamente da una maggiore attenzionealle proprie abitudini alimentari, che deriva dalla praticadella consapevolezza nei vari momenti della giornata.

Quasi nessuno dei nostri pazienti arriva alla clinicaper cambiare alimentazione o per dimagrire. Eppure,spontaneamente, molti di loro cominciano a mangiarepiù lentamente, a sentirsi sazi con una minor quantità dicibo e a diventare più consapevoli dei propri impulsi aservirsi del cibo per soddisfare bisogni psicologici.Alcuni dimagriscono durante le otto settimane del corso,senza prefiggerselo specificamente, semplicemente pereffetto di questa attenzione. L'esperimento di mangiareconsapevolmente il chicco di uvetta, e il 'compito a casa'di consumare almeno un pasto la settimanaconsapevolmente e in silenzio, hanno già cominciato a

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dare i loro frutti quando ci addentriamo esplicitamentenel tema dell'alimentazione. A quel punto, quasi tutti ipartecipanti al corso sono già convinti che potrebberomangiare molto meglio e alcuni di loro hanno giàcominciato a cambiare il loro modo di mangiare.

Ma, anche quando hai deciso di cambiarealimentazione per guarire, per mantenerti sano o perridurre il rischio di malattie cardiache e cancro, non èfacile cominciare e nemmeno attenersi ai cambiamentinel corso del tempo. Le abitudini alimentari hanno unaloro inerzia che va rispettata e con cui è necessariolavorare intelligentemente.

Per esempio, molti di noi si servono del cibo comesostegno psicologico. Quando siamo ansiosi, mangiamo.Quando ci sentiamo soli, mangiamo. Quando ciannoiamo, mangiamo. Quando ci sentiamo insoddisfatti,mangiamo. Quando tutto il resto ci viene a mancare,mangiamo. Non lo facciamo per nutrire il corpo. Per lopiù, lo facciamo per sentirci meglio emotivamente o perpassare il tempo.

I cibi che mangiamo, in funzione antistress, spessocontribuiscono sostanzialmente a una cattivaalimentazione. Le ricompense e i contentini che ci diamoin queste situazioni, tendono a essere cibi dolci e ricchi,come cioccolato, caramelle, paste, gelato, tutti alimentiricchi di grassi e carichi di zuccheri; oppure cibi salati egrassi, come patatine e cracker di vario tipo.

Raccomandazioni dietetiche

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Se vuoi migliorare il tuo stato di salute, esaminare latua alimentazione è di fondamentale importanza. Ilpunto non sono solo i grassi animali e il colesterolo. Cisono molte indicazioni che, in primo luogo,semplicemente mangiamo troppo. Gli americaniconsumano mediamente tremila calorie il giorno: eppuresono, come tutti i popoli dei paesi sviluppati, unasocietà relativamente sedentaria. Non bruciamo le calorienella stessa misura delle generazioni passate. Molti dinoi lavorano prevalentemente seduti e si spostano inauto o con i mezzi di trasporto pubblici. Andare inmacchina o stare seduti a un tavolo non brucia caloriecome il camminare o fare un lavoro fisico.

Il solo fatto di mangiare un po' meno, anche senzaapportare nessun altro cambiamento alla tua dieta, ti dàbuone probabilità di migliorare il tuo stato di salute.Esperimenti condotti su animali hanno dimostrato cheun'alimentazione che fornisca tutte le sostanze nutritivenecessarie, ma con un apporto calorico ridotto, allunga lavita. Molti ricercatori ritengono che ciò valga anche pergli esseri umani, e hanno dimostrato cheun'alimentazione equilibrata e moderata contribuisce arafforzare le funzioni immunitarie.

Nella clinica, esaminiamo assieme ai nostri pazienti leindicazioni di varie organizzazioni scientifiche emediche che si occupano di alimentazione in America.La National Academy of Medicine, per esempio,suggerisce di ridurre o eliminare il consumo di sottaceti,cibi affumicati e carni lavorate per via della loro

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probabile correlazione con certi tipi di cancro. In pratica,ciò significa, fra l'altro, abbandonare o ridurredrasticamente il consumo di salumi e carne in scatola. LaAmerican Heart Association raccomanda di ridurre ilconsumo di carni rosse, bere latte scremato oparzialmente scremato, eliminare la panna e i formaggigrassi, e limitare il consumo di uova, che contengonocirca 300 milligrammi di colesterolo l'una. (Per confronto,la dieta Ornish ha un contenuto di colesterolo di circadue milligrammi al giorno.)

Che cosa puoi mangiare invece dei cibi che questeorganizzazioni ti suggeriscono di eliminare o ridurre?Viene raccomandato di accrescere il consumo di frutta everdura, preferibilmente cruda o cotta moderatamente,in modo da non perdere le preziose sostanze nutrientiche contiene. Alcune verdure, come broccoli e cavolfiori,sembrano avere un effetto preventivo rispetto a certi tipidi cancro, forse per via degli antiossidanti naturali checontengono. Ugualmente raccomandata è l'inclusionenella dieta di cereali integrali: grano, granoturco, riso,avena. Puoi mangiarli nel pane, come fiocchi a colazioneo come minestra. Sono la migliore fonte di carboidraticomplessi, che dovrebbero rappresentare circa il 75% delnostro assorbimento calorico. Oltre a fornire carboidraticomplessi e altre sostanze nutrienti, i cereali integrali, lafrutta e la verdura hanno un alto contenuto di fibraalimentare, proveniente dal guscio del seme o dai tessutivegetali.

La fibra forma la massa su cui i muscoli delle pareti

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intestinali possono esercitare la loro azione, pertrasportare il cibo da un estremo all'altro del tubodigerente. In presenza di una massa fibrosa, il transitodel cibo attraverso l'intestino viene accelerato e le tossinepresenti nei prodotti di scarto della digestione vengonoeliminate in maniera più efficiente.

In sintesi, fare attenzione al tuo rapporto con il cibo èimportante per la tua salute. Ascoltare il tuo corpo eosservare l'attività della tua mente riguardo al cibo, puòaiutarti a realizzare e a mantenere cambiamenti salutarinella tua alimentazione. Se la tua pratica di meditazioneè forte, entrerai naturalmente più in contatto con il ciboche mangi e con gli effetti che ha su di te. Sarainaturalmente più consapevole dei tuoi desideri e vogliedi certi cibi che non ti fanno bene, li riconoscerai piùprontamente, semplicemente come pensieri ed emozioni, esarai più disposto a lasciarli andare, senza doverlisoddisfare in maniera compulsiva. Quando funzioniamo'con il pilota automatico', tendiamo ad agire (in questocaso mangiare) prima, poi ad accorgerci di quello cheabbiamo fatto e a ricordarci che in effetti non volevamofarlo. La pratica regolare della consapevolezza diquando mangiamo, che cosa mangiamo, che sapore haciò che mangiamo, da dove viene, che cosa contiene ecome ci fa sentire dopo averlo mangiato, contribuiscemolto a far avvenire cambiamenti naturali in questa sferadella nostra vita, tanto importante e tanto caricaemotivamente.

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Suggerimenti per la consapevolezza alimentare1. Comincia a fare attenzione a tutta questa sferadella tua vita, così come hai imparato a fare con iltuo corpo e con i tuoi pensieri durante lameditazione.2. Prova a consumare tutto un pasto,consapevolmente e in silenzio. Rallenta imovimenti, in modo da poter osservare tutto ilprocesso attentamente (vedi la descrizionedell'esperimento dell'uvetta nel capitolo 'Viveremomento per momento'). Prova a staccare iltelefono quando mangi.3. Osserva i colori e la consistenza del tuo cibo.Chiediti da dove viene, come è stato coltivato oprodotto. È stato prodotto industrialmente?Contiene additivi o conservanti? Immagina il lavorodi tutte le persone che si sono date da fare per farloarrivare sulla tua tavola. Immaginalo appartenente,un tempo, alla natura. Riesci a vedere gli elementinaturali, la terra, il sole, la pioggia, nella frutta,nella verdura e nei cereali che mangi?4. Chiediti se vuoi accogliere questo cibo nel tuocorpo prima di mangiarlo. Quanto vuoi avernenella tua pancia? Ascolta i messaggi del tuo corpomentre, mangi. Riesci ad accorgerti di quando ilcorpo dice 'basta'? Che cosa fai a quel punto? Cheimpulsi sorgono nella tua mente?5. Fai attenzione a come si sente il tuo corpo nelleore che seguono un pasto. Si sente leggero o

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pesante? Stanco o energizzato? Hai molto gas nellapancia o altri sintomi di digestione irregolare?Riesci a collegare questi sintomi a certi cibi o a certecombinazioni alimentari a cui puoi essereparticolarmente sensibile?6. Quando fai la spesa, leggi le etichette sulleconfezioni degli alimenti. Che cosa c'è dentro? Sonoricchi di grassi? Contengono sale o zuccheroaggiunto? Quali sono gli ingredienti principali?(Per legge gli ingredienti devono essere elencati inordine di abbondanza: i primi sono gli ingredientipresenti in maggiori quantità.)7. Osserva i tuoi desideri e la tua gola. Che cosa limette in moto? Che cosa desideri veramente?Ottieni quello che desideri mangiando questa cosa?Sei capace di mangiarne solo un po'? Seidipendente da questo cibo? Sei in grado, per questavolta, di osservare semplicemente il desiderio comeun pensiero o un'emozione e lasciarlo andare?Riesci a immaginare qualcosa di più sano esoddisfacente che potresti fare in questo momento,anziché mangiare?8. Quando prepari il cibo, prova a farloconsapevolmente. Prova la meditazione di pelare lepatate o tagliare le carote. Riesci a esserecompletamente presente nell'atto di pelare otagliare? Prova a fare attenzione al respiro e a tuttoil tuo corpo, mentre prepari le verdure o cucini.Che effetto ha fare le cose in questo modo?

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9. Esamina le tue ricette favorite. Che ingredienticontengono? Qual è la quantità di panna, burro,uova, grassi, zucchero, sale in ciascuna di esse? Sedecidi che non vuoi più mangiare queste cose,prova a esaminare le alternative possibili. Ci sonooggi molti libri di deliziose ricette con un bassocontenuto di grassi, colesterolo, sale e zucchero.Alcune ricette sostituiscono la panna con lo yogurtmagro, il burro e il grasso con l'olio di oliva, e lozucchero con succhi o polpa di frutta.

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Un mondo sotto stress

Inquinamento alimentare

Non saremo mai in grado di controllarecompletamente la nostra alimentazione, in un mondoinquinato. Troppi fattori sconosciuti potrebbero avere uneffetto tossico a lunga scadenza. Magari la tua dieta èsana, a basso contenuto di colesterolo, grassi, sale,zucchero e ricca di carboidrati complessi, frutta, verdurae fibra; ma rischi comunque di ammalarti perché l'acquache esce dal rubinetto di casa tua è inquinata dagliscarichi industriali, il pesce che mangi contiene mercurio,la frutta e la verdura sono contaminate da residui diantiparassitari. Perciò, pensando al rapporto fraalimentazione e salute, è importante concepirlo in sensopiù ampio di quanto facciamo normalmente. La qualitàdel cibo, dove è stato coltivato o pescato, com'è statoallevato e che cosa gli è stato aggiunto, sono tuttevariabili importanti. La consapevolezza di tutti questiaspetti, fra loro interconnessi, ci permette almeno discegliere che cosa mangiare abitualmente e che cosamangiare solo occasionalmente, di fare illazioniragionevoli in assenza di conoscenze certe.

Forse dovremmo allargare la nostra definizione dicibo o alimento: a me piace chiamare 'cibo' tutto quelloche assorbiamo e che ci dà energia o ci permette di

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utilizzare l'energia contenuta in altri cibi. In questosenso, l'acqua va certamente considerata un alimento, eun alimento assolutamente vitale. Così anche l'aria cherespiriamo. La qualità dell'acqua che beviamo e dell'ariache respiriamo influisce direttamente sulla nostra salute.Nel Massachusetts l'acqua potabile di alcune città èinquinata al punto che sono costrette a far venire l'acquada altre città; e anche molti pozzi rurali sono inquinati.

A Los Angeles ci sono giornate di 'allarme perinquinamento atmosferico', per via della concentrazionedi varie sostanze chimiche nell'aria. In quei giorni vienesuggerito ai bambini, alle persone anziane e alle donneincinte di restare in casa. A Boston, arrivando da ovest, avolte si vede distintamente una cappa di smog di coloregiallo–bruno sovrastante la città. È impensabile che siasano respirare quell'aria, giorno dopo giorno, per tuttauna vita. Molte città sono oggi in queste condizioni, lamaggior parte dell'anno.

Chiaramente dobbiamo cominciare a preoccuparciindividualmente della qualità dell'acqua e dell'aria cherespiriamo. Possiamo filtrare l'acqua del rubinetto, cheusiamo per bere e per cucinare, oppure comprare acquain bottiglie. È un peccato che l'acqua debba diventare unulteriore aggravio del bilancio domestico, ma a lungotermine è probabilmente saggio affrontare questa spesa,specialmente se sei incinta o se vuoi che i tuoi figlibevano acqua anziché bibite. Naturalmente, la scelta dafare dipende sia dalla qualità dell'acqua potabile nellatua zona sia dalla qualità dell'acqua imbottigliata che

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puoi comperare: a volte la seconda non è migliore dellaprima.

Proteggerti dall'inquinamento atmosferico è un altroproblema. Se vivi sottovento rispetto a una zonaindustriale o semplicemente all'interno di una grandecittà, c'è ben poco che tu possa fare a livello individuale.Forse puoi cercare di evitare la compagnia dei fumatori etrattenere il fiato quando un autobus ti passa accanto.Solo un'azione politica e legale di grande portata puòinfluire sulla qualità dell'aria che respiriamo e dell'acquache beviamo. Queste sono alcune delle ragioni per cui,se ti sta a cuore la tua salute, potresti utilmente investireun po' di energia e tempo nella politica ecologica esociale del tuo territorio. Prenderci cura del mondonaturale è interesse e compito comune di tutti noi. Èfacile inquinare l'ambiente e molto più difficile ripulirlo.Non siamo in grado, individualmente, di controllare ilgrado di inquinamento del cibo che mangiamo:dipendiamo, per questo, da istituzioni che hanno ilcompito di mantenere incontaminate le derratealimentari. Se queste istituzioni non assolvono al lorocompito o se i loro standard e le loro procedure dicontrollo sono inadeguati, la nostra salute e quella dellefuture generazioni è messa a repentaglio dainnumerevoli minacce che stiamo soltanto cominciando acapire. Per esempio, il DDT e il bifenile policlorurato,usato dall'industria elettronica, sono oggi onnipresenti innatura: li troviamo nei nostri grassi corporei e,purtroppo, anche nel latte materno. Pesticidi proibiti

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negli Stati Uniti, come il DDT, vengono tuttora vendutidall'industria chimica americana ai paesi del TerzoMondo. Ironicamente, essi sono usati su raccolti chevengono poi esportati negli Stati Uniti, come caffè oananas, cosicché i veleni venduti dagli americaniall'estero ritornano a casa nel loro cibo. I produttori dipesticidi sanno benissimo tutto ciò; ma i consumatori, ingenerale, lo ignorano.

In America crediamo di essere protetti dalla nostralegislazione sanitaria; ma essa non si applica aglialimenti che importiamo dai paesi centroamericani odalle Filippine. Inoltre, spesso nel Terzo Mondol'applicazione sul campo dei pesticidi è eseguita dalavoratori che non sono al corrente del pericolo chequesti prodotti rappresentano, e non sono stati istruiti aminimizzare l'inquinamento del cibo e a proteggere lapropria salute nel maneggiarli. Secondo datidell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ci sono ognianno, nel mondo, mezzo milione di casi diavvelenamento da pesticidi, fra cui migliaia di casi letali.Nel frattempo, su scala globale, l'immissionenell'ambiente di questi veleni continua a ritmoimpressionante: solo nel 1981 la produzione mondiale dipesticidi è stata di due miliardi di tonnellate. Qualipossano essere gli effetti a lungo termine di questasaturazione tossica della catena alimentare, è difficile davalutare, ma certo non saranno benefici.

Un pianeta piccolo

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Solo recentemente ci siamo resi conto di abitare unpianeta piccolo, il cui ecosistema può essere messo inpericolo, e a lungo andare distrutto, dalle nostre attività.

La nostra rete di interconnessioni comprende l'interopianeta. L'ecosistema planetario, proprio come il nostrocorpo, è un sistema dinamico robusto ma anche, per certiversi, fragile, con meccanismi omeostatici che possonoandare in crisi. Al di là di certi limiti, entra in fase dirottura. Se continuiamo a ignorare il fatto che la nostraattività collettiva può portare a squilibri irrecuperabilinell'ecosistema della terra, gettiamo il seme della nostraautodistruzione, non solo come individui ma anchecome specie.

Molti scienziati ritengono che siamo giàpericolosamente vicini al punto di rottura. Le attivitàumane stanno inquinando gli oceani in misuraimpressionante, spogliando le foreste europee con lepiogge acide e radendo al suolo le foreste pluvialitropicali, che forniscono una parte notevole einsostituibile dell'ossigeno che respiriamo. Inoltreportano al degrado dei terreni coltivabili, inquinanol'atmosfera con un eccesso di anidride carbonica, cheprovoca un aumento della temperatura della superficieterrestre, distruggono lo strato di ozono atmosferico, checi protegge dalle pericolose radiazioni ultraviolette, einquinano l'acqua che beviamo e l'aria che respiriamo, ilterreno, i fiumi, i laghi e la vita animale e vegetale, consostanze chimiche tossiche.

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Problemi che ci riguardano da vicino

Questi problemi possono sembrarci lontani, quandone sentiamo parlare alla televisione o sui giornali. Ma iloro effetti sulla nostra vita possono risultare tutt'altroche remoti nel corso del prossimo decennio o ventennio,se non poniamo un freno al deterioramentodell'ambiente. Essi possono diventare fonti di stressimportanti nella nostra vita e in quella delle futuregenerazioni. La distruzione dello strato di ozono puòportare a un tasso più alto di cancro della pelle. E lacontinua esposizione a sostanze chimiche nocive puòportare a una maggiore incidenza di molti altri tipi dicancro, malformazioni congenite nei neonati e aborti.

Leggiamo quotidianamente queste cose sui giornali.Ma spesso non prestiamo loro molta attenzione, come senon ci riguardassero personalmente o come se lasituazione fosse comunque senza speranza. E spessoabbiamo veramente la sensazione di non potere far nullaa livello individuale. Ma già il fatto di renderci piùconsapevoli e informati di questi problemi, del lororapporto con la nostra salute e con quella dell'interopianeta, è un primo passo significativo verso uncambiamento.

Come minimo puoi cambiare te stessa, rendendoti piùattenta e sensibile a queste tematiche. E tu sei unpezzetto di mondo: piccolo, ma forse più significativo diquanto credi. Cambiando te stessa e il tuocomportamento in modi anche modesti, per esempio

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contribuendo al recupero di materiali riciclabili, cambi inuna certa misura il mondo.

Tutte queste cose influiscono sulla nostra vita e sullanostra salute già ora, che ce ne rendiamo conto o meno. Esono fonte di stress psicologico, oltre che fisico.

Il benessere psichico dell'essere umano dipende anchedalla possibilità di immergersi nella naturaincontaminata, di ascoltare i suoni del mondo naturale,senza che siano coperti dal ronzio delle attività umane.E, in senso ancora più minaccioso, sapere che sul pianetasono accumulate armi nucleari capaci di distruggerel'intero mondo vivente nel giro di venti minuti, è unostress psicologico che tutti ci portiamo dentro,consapevolmente o meno. Se non cambiamoradicalmente il corso della storia, adottando un nuovomodo di pensare basato sulla comprensione dellatotalità, gli esempi del passato lasciano poco aditoall'ottimismo.

Dopotutto non è mai accaduto che un'arma fosseinventata e non fosse usata. Gli Stati Uniti stessi si sonoresi responsabili dell'annientamento di due città intere.Non sono solo 'gli altri' che, in determinate circostanze,sono pronti a scatenare la violenza nucleare sullepopolazioni civili: 'gli altri' siamo noi. Forse il punto èproprio smettere di pensare in termini di 'noi' e 'loro', ecominciare a pensare in termini di 'tutti noi'. I recenticambiamenti nei rapporti fra Est e Ovest, sono un segnoincoraggiante della possibilità di una maggiore armoniafra tutti gli abitanti del pianeta.

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Un'altra minaccia per la nostra salute e per l'ambienteche esige la nostra attenzione sono le scorie radioattiveprodotte dalla fabbricazione di armi nucleari e dallecentrali nucleari. Attualmente non disponiamo di alcunmodo realistico per impedire la contaminazione a lungoandare dell'ambiente con queste scorie radioattive,alcune delle quali restano pericolóse per centinaia dimigliaia di anni. L'industria nucleare e il governocontinuano a minimizzare il pericolo che le scorieradioattive rappresentano per la popolazione civile. Matale pericolo è innegabile.

Il plutonio è la sostanza più tossica che l'uomoconosca. Non esiste in natura: è interamente diproduzione umana e un solo atomo di questa sostanza èsufficiente a uccidere una persona. Quintali di plutonio,quanto basta a fabbricare numerose bombe atomiche'casalinghe', sono scomparsi dalle fabbriche di arminucleari americane.

Una dieta malsana

Informazioni simili meritano certamente la nostraattenzione, ci raggiungono ogni giorno, che ce neoccupiamo o meno. Viviamo immersi in un mare diinformazione: la tecnologia ha fatto della nostra era,un'era dell'informazione. Forse dovremmo includere nelnostro concetto di alimentazione anche le informazioni,le immagini e i suoni che incameriamo, per la maggior

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parte inconsapevolmente. Tutti questi apporti da partedei giornali, della radio e della televisione influisconosui nostri pensieri, sulle nostre emozioni e sulla nostravisione del mondo, molto più di quanto siamo in generedisposti a riconoscere. L'informazione stessa è diventata,sotto molti aspetti, un'importante fonte di stress.

Pensa, per esempio, al fatto che assorbiamocontinuamente i dettagli di ogni sorta di sciagure cheavvengono in ogni parte del mondo. Siamo immersi inun flusso continuo di informazioni relative alla morte,alla distruzione e alla violenza. È una dieta tantoquotidiana che a stento ce ne accorgiamo. Basta tenere laradio o la televisione accesa per qualche ora, perascoltare racconti dettagliati di catastrofi, stupri eomicidi.

Che effetto può avere su di noi, individualmente ecollettivamente, questo continuo dettagliatoaggiornamento su orrori e violenze di ogni genere, su cuinon abbiamo alcun potere di intervenire? Un effettoverosimile è quello di desensibilizzarci alle sciagurealtrui. Ciò che succede ad altri è solo un dettaglio nelmare di violenza in cui viviamo costantemente. Se non èun episodio particolarmente macabro, magari non lonotiamo nemmeno.

Ma entra comunque in noi, come del resto tutta lapubblicità che ci viene propinata. Puoi accorgertenequando mediti: ti accorgi che la tua testa è piena disuggestioni che provengono dai mezzi di comunicazionedi massa e dalla pubblicità. Di fatto, i pubblicitari sono

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pagati proprio per trovare i modi più efficaci per fareentrare il loro messaggio nella tua testa.

La televisione e i film sono una parte importante dellanostra dieta standard, particolarmente a partiredall'avvento dei videoregistratori. Nella famiglia mediaamericana, secondo certi studi, la televisione sta accesasette ore al giorno e i bambini la guardano per quattro–sette ore al giorno. È l'attività a cui dedicano più tempodella loro vita, dopo il sonno. Assorbono una quantitàimpressionante di informazioni, immagini e suoni, fracui innumerevoli scene frenetiche, violente, crudeli ecariche di ansia. Il tutto è artificiale, bidimensionale eprivo di ogni rapporto con le loro effettive esperienze divita (a parte l'esperienza del guardare la televisionestessa).

Immagini di estrema violenza e sadismo sonocontenute in particolare nei film dell'orrore, che sono uningrediente standard della dieta audiovisiva deibambini. Simulazioni macabre e precise di assassini,stupri e mutilazioni sono diventate molto popolari fra igiovanissimi, la cui mente è indifesa nei confronti diqueste distorsioni della realtà. Queste immagini hannoun enorme potere di perturbare lo sviluppo equilibratodella mente del bambino, particolarmente se nella suavita non ci sono elementi di uguale forza e di segnoopposto a controbilanciarle. A molti bambini la vita realeappare scialba in confronto ai film; e gli stessi produttoririescono a tener vivo l'interesse dei loro giovanispettatori, solo rendendo le immagini sempre più

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realistiche e violente.Non sappiamo che risultati darà questa dieta

televisiva dei nostri figli nei prossimi decenni; ma cisono già fin troppi resoconti di omicidi commessi daadolescenti, ispirati da scene di film, come se nella loromente la vita reale fosse solo un prolungamento dei filme la sofferenza dei loro simili non avesse alcun peso.Questa dieta di crudeltà sembra contribuire a unprofondo scollegamento dai sentimenti umani diempatia e compassione, al punto che molti bambini nonriescono più a identificarsi con il dolore di chi subisceuna violenza.

Un recente articolo sugli atti di violenza commessi daadolescenti negli Stati Uniti osservava che, mediamente,un ragazzo americano di sedici anni è già stato testimonepassivo di 200 000 atti di violenza, comprendentiqualcosa come 33 000 omicidi, alla televisione e nei film.

Questo bombardamento di immagini, suoni einformazioni è particolarmente stressante quando siprotrae ininterrottamente per molte ore al giorno. Seaccendi la televisione quando ti svegli la mattina, ascoltila radio in macchina mentre vai al lavoro, guardi inotiziari televisivi appena torni a casa la sera e poiguardi un film alla televisione, la sera, dopo cena, riempila tua vita di immagini che non hanno alcun rapportodiretto con la tua realtà. Per quanto interessante possaessere lo spettacolo, resta per te un eventobidimensionale. Ben poco di tutto ciò ha valore duraturo.

Questa dieta, che soddisfa la fame di costante

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stimolazione e intrattenimento della mente, esclude dallatua vita alcune importanti alternative. Ti toglie il tempoper stare in silenzio, per essere semplicemente, senza cheaccada nulla; ti toglie il tempo per pensare, per giocare,per vivere realmente.

La continua agitazione della mente, che incontriamocon tanta evidenza nella pratica della meditazione, èalimentata e intensificata dalla nostra dieta quotidiana diradio, televisione, giornali e film. Scarichiamocontinuamente nella nostra mente una valanga di stimoliartificiali a cui reagire, a cui pensare, di cui preoccuparsi,da cui essere ossessionati; come se non bastassero quelliprodotti dalla vita reale. Il paradosso è che lo facciamoper distrarci dalle preoccupazioni, per distogliere lamente dai nostri problemi, per divertirci e rilassarci. Manon funziona. Guardare la televisione non ha quasi maiun effetto fisiologicamente rilassante. È invece unbombardamento di stimoli sensoriali. E dà assuefazione:molti bambini sono TV–dipendenti e non sanno che cosafare del loro tempo quando la televisione è spenta. È unafuga tanto facile dalla noia, che i bambini non sonoportati a cercare alternative più creative, come il gioco, ildisegno, la lettura.

La televisione ha un effetto tanto ipnotico al punto chei genitori tendono a usarla come baby–sitter. Almenoquando è accesa stanno in pace per un po'. Loro stessi,del resto, sono analogamente dipendenti dalle telenovelaso dai telegiornali. Non si può fare a meno di chiedersiche effetto abbia questa dieta televisiva sui rapporti e

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sulla comunicazione, all'interno della famiglia.

Vivere in modo umano

Queste osservazioni sono solo spunti di riflessione.Ognuno di questi temi può essere visto sotto diverseluci. Non ci sono risposte 'giuste'; e la nostra conoscenzadella loro complessità è sempre incompleta. Ne parloqui soltanto come esempi del nostro rapporto con quelloche potremmo chiamare lo 'stress del mondo'. Voglionoessere uno stimolo a riesaminare le tue opinioni, i tuoicomportamenti e l'ambiente in cui vivi, per coltivare laconsapevolezza in tutti questi vari aspetti della tua vita.

Ciascuno di noi deve formarsi una propria visionedello stress del mondo. Lo stress del mondo agisce su dinoi, che ci piaccia o meno, anche quando cerchiamo diignorarlo. Nella clinica parliamo di queste cose perchénon viviamo in un vuoto: il mondo esterno e quellointerno sono tanto interconnessi quanto la mente e ilcorpo. Noi riteniamo importante che i nostri pazientisviluppino approcci coscienti per affrontare questi temi,se vogliono introdurre consapevolezza nella totalitàdella loro vita e far fronte a tutte le diverse forze cheagiscono su di loro.

Nessuno di questi problemi è insormontabile. Sonostati creati dalla mente umana e dalla sua espressione nelmondo esterno: possono venire risolti dalla menteumana, se impara a coltivare saggezza e armonia, e a

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vedersi in un contesto di totalità e interconnessione.Questa trasformazione della mente comporta un balzoche trascende gli impulsi della paura, dell'avidità edell'odio. Ciascuno di noi può contribuire a farlaaccadere, lavorando su di sé e sul mondo. Se arriviamo acapire che è impossibile essere sani in un mondostressato dall'inquinamento, al di là della sua capacità diriequilibrarsi e di guarire, forse possiamo imparare atrattare noi stessi e il nostro mondo diversamente. E forseanche qui impareremo a non cercare semplicemente difar scomparire i sintomi, ma ad affrontare le causesottostanti.

Come avviene per la nostra guarigione interna, ilrisultato dipenderà dalla sensibilità con cui sapremoaccordare il nostro strumento. Per avere un effettopositivo sull'ambiente dovremo saper tornarecontinuamente al nostro centro e coltivareconsapevolezza e armonia nella nostra vita individuale.Il problema non è l'informazione: ciò che dobbiamoimparare, ora, è a rivolgere una saggia attenzioneall'informazione di cui già disponiamo, a cogliernel'ordine e l'interconnessione, in modo da poterlautilizzare al servizio della nostra guarigione individualee collettiva.

La grande sfida, naturalmente, è come vivere in modoumano. Dato lo stress del mondo e quello alimentare, lostress del sonno e della mancanza di tempo, le nostrepaure e le nostre ansie, come facciamo, la mattinaquando ci svegliamo, ad affrontare una nuova giornata?

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Siamo in grado di essere un centro che irradia pace?Siamo in grado di vivere in armonia con il nostro essere,in questo momento stesso? Siamo capaci di servirci dellanostra intelligenza sia nella nostra vita interiore sia nelmondo esterno?

Il futuro del mondo è imprevedibile, anche solo adistanza di pochi giorni, benché il nostro futuropersonale sia intimamente legato a esso. Ma quello chepossiamo fare, e che spesso non facciamo, è vivere ilpresente il più pienamente possibile, momento permomento. Come abbiamo visto, è qui che nasce il futuro,sia il nostro sia quello del mondo. Quello che scegliamodi fare è importante. Conta.

Suggerimenti per affrontare lo 'stress del mondo'1. Fai attenzione alla qualità dell'aria che respiri,dell'acqua che bevi e del cibo che mangi.2. Osserva il rapporto che hai con l'informazione.Quanto tempo dedichi alla lettura dei giornali edelle riviste? Come ti fa sentire? È il miglior uso chepuoi fare di quel tempo? Le informazioni che riceviin questo modo, sono per te uno stimolo all'azione?Che tipo di azione? Tieni la televisione o la radioaccesa anche quando non le guardi o ascolti? Leggiil giornale per ore, tanto per 'ammazzare il tempo'?3. Fai attenzione all'uso che fai della televisione.Che programmi guardi? Che bisogni soddisfano inte? Come ti senti dopo averli guardati? Quantotempo passi davanti alla televisione? Qual è lo

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stato d'animo che ti porta ad accenderla? Qual è lostato d'animo che ti porta a spegnerla?4. Che effetto ha sul tuo corpo l'ingestionequotidiana di sciagure e immagini violente? Cheeffetto ha sulla tua psiche? Normalmente te nerendi conto? Nota se questo 'mondo sotto stress' tideprime o ti fa sentire impotente.5. Cerca di individuare alcuni problemi specificiche ti stanno a cuore e che, se ti impegnassi perrisolverli, ti farebbero sentire più coinvolta e piùefficace. Il solo fatto di fare qualcosa, anche se è unacosa molto piccola, ti può far sentire che le tueazioni contano, che sei collegata in manierasignificativa con il mondo. Forse puoi sentirti inquesto modo mettendo a fuoco un problemasociale, sanitario o ambientale importante per il tuoquartiere, la tua città o la tua regione; lavorandoci,magari per diffonderne la consapevolezza fra lagente, oppure per avviarlo a soluzione, se è unproblema già ben individuato.Poiché appartieni a una totalità più ampia,assumerti una parte di responsabilità nel processodi guarigione del mondo, ha un effetto salutareanche sulla tua guarigione interna. Ricorda il detto:«Pensa globalmente, agisci localmente». È veroanche il contrario: «Pensa localmente, agisciglobalmente».

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LA VIA DELLACONSAPEVOLEZZA

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Il viaggio continua

Ora che un altro ciclo del programma per la riduzionedello stress sta per concludersi, guardo ancora una voltacon meraviglia questo gruppo di persone, che solo ottosettimane fa si sono imbarcate insieme in questo viaggiodi autoconoscenza e di guarigione. Le loro facce sonodiverse ora. Il loro modo di stare seduti in meditazione èdiverso.

Stamattina abbiamo cominciato con venti minuti diesplorazione del corpo, poi venti minuti di meditazioneseduta. La quiete nella stanza era squisita. Mi è sembratoche avremmo potuto continuare a meditare per sempre.È come se avessero appreso qualcosa di molto sempliceche in passato, in qualche modo, sfuggiva loro. Sonoancora le stesse persone: nella loro vita non è cambiatoun gran che, su larga scala. Ma nello stesso tempo, in unsenso sottile, che diviene chiaro mano a mano cherivediamo insieme che cosa ha significato per loroarrivare a questo punto del viaggio, tutto è cambiato.Non vorrebbero smettere. Questo succede alla fine diogni corso. La sensazione è sempre quella di avereappena cominciato. Allora, perché smettere? Perché noncontinuare a incontrarsi ogni settimana e a praticareinsieme?

Smettiamo per varie ragioni, la più importante dellequali riguarda lo sviluppo dell'autonomia e

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dell'indipendenza. Ciò che abbiamo imparato in questeotto settimane, va messo alla prova nel mondo, dovepossiamo contare soltanto sulle nostre risorse interne.Questo è parte integrante del processo diapprendimento, è un aspetto importante del nostroappropriarci della pratica. La pratica non devenecessariamente interrompersi, solo perché il corso èfinito: l'unico scopo del corso è proprio che la praticacontinui. È un viaggio che dura tutta la vita. Questo èsolo l'inizio. Le otto settimane sono la spinta iniziale,oppure un aiuto per correggere la tua rotta. Con la finedel corso diciamo semplicemente alle persone: «Adessopossiedi i fondamenti della pratica. Adesso sei solo. Saiche cosa fare. Fallo.» Togliamo loro deliberatamente gliappoggi esterni, in modo che possano imparare a nutrirela consapevolezza da soli, e mettere a punto il loro mododi applicarla alla propria vita. Per essere in grado didarci la forza di affrontare l'intera catastrofe della nostravita, la nostra pratica di meditazione deve svilupparsiautonomamente, basandosi solo sulla nostramotivazione e sul nostro impegno, non sul sostegno diun gruppo o di una clinica. Quando abbiamo creato laclinica per lo stress, dieci anni fa, abbiamo pensato a uncorso con una durata ben definita, proprio in quest'ottica.Poi, se dopo sei mesi o un anno la gente voleva tornare,davamo loro questa possibilità, con corsi avanzati perportare la pratica più a fondo. Negli anni questo modelloha funzionato bene. I corsi avanzati sono moltofrequentati e i nostri ex–pazienti ritornano spesso per

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partecipare alla giornata di meditazione assieme a noi.Ma con l'avvicinarsi del decimo compleanno della

clinica, abbiamo discusso cambiamenti e nuovepossibilità da esplorare. Oggi, perciò, porto al corso unanuova proposta. Se i partecipanti sono interessati, orache le lezioni sono finite, potremmo continuare aincontrarci mensilmente, per scambiare esperienze everificare il processo di ciascuno dopo la fine del corso,per altri sei mesi. In questo modo ciascuno ha ancora lapossibilità di sperimentare la propria capacità disostenere da solo l'impulso della pratica, sviluppato inqueste otto settimane; ma, nello stesso tempo, riceveanche periodicamente un certo sostegno lungo ilcammino. L'accoglienza che questa proposta incontra èunanimemente favorevole. Tutti si mostrano ben dispostia prendere questo ulteriore impegno, che viene perciòdeciso.

Per te, lettore, è importante ricordare che lezioni,gruppi, sessioni di verifica, libri e nastri possono essereutili a un certo punto del cammino, ma non sono maiessenziali. L'essenziale è solo la tua visione e la tuadeterminazione a praticare. Meditare oggi e poi alzartidomani e meditare ancora, indipendentemente da quantiimpegni ci siano sulla tua agenda.

Se segui il programma tracciato nel capitolo 'Comecominciare', otto settimane dovrebbero essere sufficientiper portare la tua pratica di meditazione al punto in cuicominci a sentirla come naturale, e come un modo divivere che ti appartiene e che vuoi continuare. Ben prima

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della fine delle otto settimane ti sarai già reso conto che ilvero apprendimento viene dal tuo interno. Allora,quando ne senti il bisogno, puoi sostenere la tua praticadi meditazione rileggendo certe parti di questo libro,consultando i libri indicati nella bibliografia e, se ti èpossibile, trovando altre persone o gruppi con cuimeditare, di quando in quando.

Percorsi

Guardandomi intorno nella stanza, mi colpiscel'entusiasmo che tutti manifestano per i risultati ottenutiin un tempo tanto breve, e il rispetto che provano per ilcoraggio e l'impegno dei loro compagni di viaggio, oltreche per il proprio. L'alta frequenza alle lezioni del corsoè stata un segno di quell'impegno.

Edward non si è assentato neppure una volta. Hacominciato a praticare l'esplorazione del corpo, dietromio suggerimento, due mesi prima dell'inizio del corso,subito dopo il nostro primo incontro. Questo mi fasembrare la sua costanza ancora più straordinaria.

Sente che ne va della sua vita. Pratica ogni giorno,durante l'intervallo del pranzo, in ufficio o in macchina,nel parcheggio. Poi, appena arriva a casa, la sera, primadi ogni altra cosa fa l'esplorazione del corpo. Solo doposi mette a preparare la cena. Dice che praticare in questomodo gli ha sollevato il morale e continua ad aiutarlo adaffrontare gli alti e bassi della sua situazione di malato di

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Aids, l'indebolimento fisico e i molti esami a cui vienesottoposto.

Peter sente di avere apportato cambiamenti sostanzialialla sua vita, che lo aiuteranno a restare sano e ad evitareun altro infarto. Il lampo di consapevolezza che ha avutoquella sera che si è trovato a lavare la macchina nelvialetto di casa, è stato prezioso per lui. Anche luicontinua a praticare ogni giorno. Beverly si sente piùcalma e sente che riesce a essere se stessa anche nellegiornate più difficili. Ha imparato a usare creativamenteil suo addestramento alla meditazione, per restarecentrata quando viene sottoposta a procedure medicheche la spaventano.

Marge è stata operata di un tumore benignoall'addome subito dopo la fine del corso, perciò ho avutooccasione di parlarle solo vari mesi dopo. Mi haraccontato di essere rimasta cosciente durantel'intervento, durato un'ora ed eseguito sotto anestesiaepidurale, e di aver meditato tutto il tempo. Ha sentito imedici discutere fra loro di come tagliar via il tumore,ma è rimasta calma. Tornata a casa, si è servitacontinuamente della meditazione per accelerare laconvalescenza. Non ha avuto problemi con il dolorequando l'anestesia ha cominciato a svanire, come invecele era successo in altre operazioni subite in passato. Diceche prima del corso si sentiva tesa come una molla: ora sisente molto più rilassata e positiva, malgrado il dolorealle ginocchia non sia diminuito. I mal di testa di Artsono divenuti molto più rari e nelle situazioni di stress

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riesce a evitarli, concentrandosi sul respiro. È piùrilassato, anche se continua a sentire lo stress del lavoronella polizia. Aspetta con ansia il momento di andare inpensione. La forma di meditazione che gli è piaciuta piùdi tutte è lo yoga; e la giornata di meditazione è stata perlui un'esperienza di rilassamento senza precedenti, in cuiha perso completamente la nozione del tempo. Phil, ilcamionista franco–canadese, ha avuto alcune esperienzeimportanti nella sua pratica di meditazione. Il suo mododi esprimersi e la sua disponibilità a condividere tuttoquello che gli succedeva, gli hanno attirato la simpatia ditutti gli altri partecipanti. Ora si sente più capace diconcentrarsi e meno in balìa del dolore alla schiena, ilche lo porta a guardare con fiducia all'esame che sta persostenere, per diventare agente di assicurazioni. Senteche aver imparato ad apprezzare il tempo che passa infamiglia, ora che non guida più il camion, ha reso la suavita più ricca.

A otto settimane dall'inizio del corso, Roger restaancora parecchio turbato dalla sua situazioneesistenziale. È riuscito a seguire il corso fino in fondo,cosa che mi ha meravigliato, e si sente più rilassato emeno dipendente dai sedativi; ma ancora non riesce avedere come affrontare la sua situazione domestica. Haperso il controllo di sé almeno una volta e la moglie hadovuto chiedere un'ingiunzione del tribunale perimpedirgli di entrare in casa. Chiaramente ha bisogno diattenzione individuale. Ma è già stato in terapia inpassato e rifiuta per ora il mio suggerimento di tornarci.

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Eleanor è raggiante, stamattina. È arrivata alla clinicaperché soffriva di attacchi di panico. Non ne ha più avutidall'inizio del corso e sente che, se dovessero tornare,saprebbe come affrontarli. La giornata di meditazione èstata importantissima per lei. Ha toccato spazi di paceinteriore che non aveva mai incontrato in sessantanni divita.

Il primo giorno, Louise ci aveva detto che era stato ilfiglio a mandarla al corso, dicendole: «Mamma, a me èservito. Devi assolutamente farlo anche tu.» Ora senteche, fin dall'inizio, la pratica della meditazione hacominciato a cambiare il suo atteggiamento verso tutta lavita, oltre che verso il dolore e le limitazioni imposteledall'artrite reumatoide.

Ha scoperto di riuscire a penetrare 'dietro' al dolore,nell'esplorazione del corpo, e di poter richiamare questaesperienza nel corso della giornata. Qualche settimana faci ha raccontato, trionfante, di essere stata in gita con lafamiglia durante il weekend a Cooperstown, a vedere laBaseball Hall of Fame, cosa che non avrebbe mai ritenutopossibile prima. Quando si sentiva stanca di camminaree della folla, si sedeva, chiudeva gli occhi e, senzasentirsi imbarazzata, faceva la sua meditazione.

Loretta, che è arrivata alla clinica per un problema diipertensione, sente anch'essa che la sua vita è cambiata.Loretta è consulente di aziende private ed enti pubblici.Prima del corso, dice, era sempre spaventata al momentodi presentare ai clienti i suoi rapporti. Ora invece si sentemolto più tranquilla. Dice: «Che importanza ha se il mio

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lavoro non li soddisfa? Anzi, che cosa importa anche se èapprezzato? Mi sono resa conto che la cosa piùimportante è che io ne sia soddisfatta. Questo mi creamolta meno ansia e anche il mio lavoro è notevolmentemigliorato.»

Questa nuova consapevolezza, «che cosa importaanche se è apprezzato», dice molto sulla crescita diLoretta in queste otto settimane. Ha visto con chiarezzala possibilità di restare intrappolata dall'approvazione edalla lode, non meno che dalle critiche e dal timore difallire. Si è resa conto di dover definire le proprieesperienze nei propri termini, perché abbiano veramentesignificato per lei. Il resto è una complessa finzione, dicui è molto facile restare prigionieri. Hector sente diriuscire ora a controllare la sua rabbia molto meglio.Porta i suoi centotrenta chili senza sforzo, come unmassiccio ma delicato uccello. Come lottatore sapeva giàmantenersi centrato e radicato fisicamente: ora lo sa fareanche emotivamente.

Tutte queste persone e le molte altre che questasettimana hanno completato il corso per la riduzionedello stress hanno lavorato con impegno su di sé. Lamaggior parte di loro sono molto cambiati, malgrado ilnostro approccio nella clinica sia quello dell'accettazionee del non cercare risultati. I loro progressi non sonodipesi soltanto dal venire a lezione ogni settimana o dalsostegno del gruppo. Derivano soprattutto dai loro sforzidi meditatori solitari, dalla disponibilità a sedere,meditare ed essere, a restare in uno spazio di silenzio, a

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incontrare il proprio corpo e la propria mente, a praticareil non fare, anche quando la mente si ribella e chiedequalcosa di più facile e divertente. La maggior parte diloro si rende conto che, anche se le lezioni sono finite,questo è solo l'inizio. Il viaggio dura una vita intera. Sehanno trovato un cammino che ha senso per loro, non èstato perché qualcuno li ha convinti, ma per averloesplorato personalmente e averlo trovato valido. È ilsemplice cammino dell'attenzione, dell'essere svegli. Avolte lo chiamiamo la via della consapevolezza'. Perpercorrere la via della consapevolezza devi tener viva latua pratica di meditazione. Se non lo fai, il sentiero sicopre di vegetazione e diventa invisibile. Diventa moltomeno praticabile, anche se in qualsiasi momento puoisempre ritrovarlo, perché il sentiero è sempre presente.Anche se hai abbandonato la pratica per un certo tempo,non appena ritorni a osservare il tuo respiro, ritorni aessere attento al momento presente, eccoti qui di nuovo,eccoti di nuovo sul cammino della consapevolezza.

Di fatto, una volta che hai cominciato a coltivaresistematicamente la consapevolezza nella tua vita, èquasi impossibile smettere. Perfino il non praticarediventa una forma di pratica: ti aiuta a renderti contodelle differenze nel modo in cui ti senti e nella tuacapacità di affrontare stress e dolore, in confronto aquando pratichi.

Il modo per conservare e alimentare laconsapevolezza è darsi un ritmo quotidiano dimeditazione e mantenerlo. I prossimi due capitoli

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contengono alcune raccomandazioni per mantenere vivesia la pratica strutturata di meditazione sia la praticadella consapevolezza nei vari momenti della giornata, inmodo che la via della consapevolezza nel suo continuodispiegarsi, possa dare alla tua vita una chiarezzaduratura e un senso di direzione.

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Tener viva la pratica

Nel lavoro della consapevolezza la cosa piùimportante è tener viva la pratica. Il modo in cui si tieneviva la pratica è praticando! La meditazione devedivenire parte integrante della tua vita, come mangiare olavorare. Dedicare tempo alla pratica, all'essere, al nonfare, anche se questo richiede una completariorganizzazione della giornata, è come nutrirsi ognigiorno: ha la stessa importanza. Quali tecniche usi èmeno importante. Che tu ti faccia guidare o meno danastri registrati, non ha importanza. Tecniche e nastrisono solo modi per aiutarti a ritrovare te stessa. La cosaimportante è continuare a ritornare alla consapevolezzadel momento presente.

Il miglior consiglio, per qualsiasi problema sorgadurante la pratica della meditazione, è quello dicontinuare a praticare, di continuare a osservare ilproblema senza giudizio. Con il tempo, la meditazionetende a insegnarti da sé tutto quello che hai bisogno dicapire di volta in volta. Se continui a sedere con i tuoidubbi e i tuoi punti di domanda, essi tendono adissolversi nelle settimane seguenti. Ciò che sembravaimpenetrabile diviene penetrabile, ciò che sembravaoscuro diviene trasparente. È come lasciar sedimentare lamente. Thich Nhat Hanh, insegnante di meditazione,poeta e attivista per la pace vietnamita, parla della

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meditazione servendosi dell'immagine di un succo dimela torbido che si deposita in un bicchiere. Tu continuia sedere... e la mente pian piano sedimenta, diventatrasparente. Succede proprio così.

Mano a mano che la tua pratica si approfondisce,potrà esserti utile rileggere, di quando in quando, laprima parte di questo libro, La pratica della consapevolezza;così come potrà esserti utile rileggere quei capitoli dellaquarta parte, La consapevolezza al lavoro, che ti riguardanopiù da vicino. Molte cose che all'inizio ti sembranoovvie, con l'approfondirsi della pratica lo sono moltomeno. E certi dettagli acquistano un significato cheinizialmente ti era sfuggito. Perciò è utile rileggere leistruzioni di quando in quando: sono tanto semplici cheè facile fraintenderle.

Possibili problemi

Anche un'indicazione semplice come quella diosservare il respiro può essere fraintesa. Alcuni lainterpretano nel senso che si tratti di 'pensare al respiro'.Non è la stessa cosa: la pratica non consiste nel 'pensareal respiro', consiste piuttosto nello 'stare con il respiro',nell'osservarlo, nel sentirlo. È vero, quando la mentedivaga, pensare al respiro lo riporta al centro della tuaattenzione: dopo di che, tuttavia, lasci andare il pensieroe torni semplicemente a osservare.

Le istruzioni su come rapportarsi ai pensieri che si

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presentano durante la meditazione sono anch'esse spessofraintese. Non implicano che pensare sia male e che tudebba reprimere i pensieri per concentrarti sul respiro,sull'esplorazione del corpo o su una posizione yoga. Ilmodo di rapportarti ai pensieri è osservarli comepensieri, esserne consapevole come eventi nel campodella tua consapevolezza. Poi, a seconda della tecnicache stai praticando, puoi fare diverse cose. Se stai usandoil respiro come ancora dell'attenzione, puoi lasciareandare i pensieri, non appena ti accorgi che hannocatturato la tua attenzione, e ritornare a osservare ilrespiro. Lasciare andare non significa tuttavia cacciar via,reprimere o cancellare i pensieri: è una cosa molto piùdelicata. Vuole dire, semplicemente, lasciare che ipensieri facciano quello che vogliono, mentre tu riportil'attenzione al respiro e ve la mantieni più che puoi,momento per momento.

In un altro tipo di pratica, che a volte facciamo perqualche minuto alla fine di una sessione di meditazione,quella della 'consapevolezza senza scelta', osserviamo ilpensiero stesso. Portiamo l'attenzione al flusso delpensiero, senza preoccuparci particolarmente delcontenuto dei pensieri (pur essendone consapevoli), masemplicemente notando la loro presenza e cercando divederli semplicemente come pensieri, lasciandoli andaree venire senza venire risucchiati dal loro contenuto.

Nella pratica della consapevolezza non ci sonopensieri 'buoni' e 'cattivi'. Non censuriamo i nostripensieri, e non li giudichiamo, mentre li osserviamo.

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Forse troverai che questo non è facile, specialmente se seistata condizionata fin dall'infanzia a ritenere 'cattivi' certipensieri e a ritenerti 'cattiva' tu stessa per averli. Lapratica della consapevolezza è molto tollerante. Se uncerto pensiero o un certo sentimento è presente in noi,perché non ammetterlo ed esaminarlo? Se reprimiamo icontenuti che non ci piacciono, per privilegiare quelli checi piacciono, compromettiamo la possibilità di vedercicon chiarezza e di conoscere più profondamente la realtàdella nostra mente.

È qui che interviene l'accettazione. È molto importantericordarci di essere delicati e amorevoli con noi stessi,mentre ci apriamo alla consapevolezza non solo delrespiro, ma di qualsiasi cosa il momento presente ciporti. La tendenza della mente è invariabilmente quella adistrarci da una profonda osservazione di noi stessi, adallontanarci dalla consapevolezza del nostro statointerno. La mente è affascinata dalle circostanze esterne,da ciò che abbiamo da fare oggi, da ciò che stasuccedendo nella nostra vita. Ma quando questi pensiericatturano la nostra attenzione e ci lasciamo coinvolgeredal loro contenuto, in quel momento la nostraconsapevolezza svanisce. Perciò, la vera pratica nondipende dalla tecnica che usi, ma dal tuo impegno amantenere viva una saggia attenzione, momento permomento, dalla tua disponibilità a vedere e lasciareandare, a vedere e permettere, qualunque siano ipensieri che occupano la mente.

Durante la pratica possono sorgere altri problemi,

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oltre a quello di fraintendere le istruzioni. Uno è quellodi pensare che stai arrivando a dei risultati.

Non appena ti senti brava nella meditazione o noti cheti porta in 'stati speciali', fai molta attenzione a quello chesuccede nella tua mente. È naturale compiacersi di segnidi progresso, come calma e concentrazione più profonde,intuizioni liberatorie, maggiore rilassamento e fiducia e,naturalmente, sentirsi meglio nel proprio corpo. Ma èimportante lasciare accadere tutte queste cose senzaattribuirsene il merito.

Da un lato, abbiamo visto che non appena la mentecommenta una certa esperienza, te ne allontana e latrasforma in qualcos'altro. E poi, non c'è ragione di'attribuirti il merito di queste trasformazioni come sefossero il risultato di un tuo 'fare': dopotutto, l'essenzadella pratica di meditazione è non fare! La mente è capacedi aggrapparsi a qualsiasi cosa. Un momento ti può direcom'è meravigliosa la meditazione, il momento dopopuò cercare di convincerti del contrario. Né l'una nél'altra cosa vengono da una reale saggezza. L'importanteè riconoscere questo impulso a esaltare la tua pratica dimeditazione quando le cose vanno bene, e osservarloconsapevolmente come faresti con qualsiasi altropensiero, accettandolo e lasciandolo andare. Altrimenti,puoi facilmente essere portata a dire a tutti quanto sonomeravigliosi la meditazione e lo yoga, quanto ti hannofatto bene, come tutti dovrebbero praticarli e, pian piano,trasformarti più in un'agente pubblicitaria che inun'effettiva meditatrice. Più parli della tua pratica, più

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dissipi energia che ti servirebbe meglio se la incanalassinella pratica stessa.

Se starai attenta a questa trappola in cui un meditatorepuò facilmente cadere, la tua pratica acquisteràprofondità e maturità, e la tua mente imparerà a esseremeno governata dalle sue piccole illusioni. Per questo,nella clinica raccomandiamo fin dall'inizio ai nostripazienti di non dire a molte persone che hannocominciato a meditare; e, in particolare, di non parlaredella propria meditazione, bensì praticarla. Questo è il modomigliore per incanalare quelle energie mentali, piene dibuone intenzioni, ma spesso dispersive e confuse, efocalizzarle tramite la lente della consapevolezza.

Questi sono alcuni degli errori più comuni in cui ci sipuò imbattere nella pratica. Ti sarà facile correggerli se tiricorderai di quello che ho letto un giorno su unamaglietta. C'era scritto: «La meditazione: non è quelloche pensi!»

Il programma di otto settimane

Il capitolo 'Come cominciare' descrive il programmache usiamo nella clinica. Per comodità, questoprogramma è riassunto qui sotto. Ti suggerisco diseguirlo per le prime otto settimane e poi di continuareda sola, creando da te il tuo programma di meditazione.

Settimane 1 e 2.Esplorazione del corpo, 6 giorni la settimana, 45

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minuti il giorno. Meditazione seduta con consapevolezzadel respiro, 10 minuti il giorno.

Settimane 3 e 4.A giorni alterni, esplorazione del corpo e yoga (se

puoi farlo), 6 giorni la settimana, 45 minuti il giorno.Continua con la meditazione seduta, 15-20 minuti ilgiorno.

Settimane 5 e 6.A giorni alterni, meditazione seduta (30-45 minuti) e

yoga. Comincia a praticare la meditazione delcamminare, se non lo hai già fatto.

Settimana 7.Medita per 45 minuti il giorno, scegliendo da te le

tecniche, eventualmente combinandole fra loro.Settimana 8.Continua a praticare scegliendo da te le tecniche, ma

includi, almeno due volte, l'esplorazione del corpo.Dopo le otto settimane.Fai un po' di meditazione seduta ogni giorno. Se la

meditazione seduta è la tua forma di pratica principale,siedi per almeno 20 minuti e preferibilmente per 30-45minuti. Se l'esplorazione del corpo è la tua praticaprincipale, cerca di fare anche almeno 5-10 minuti dimeditazione seduta ogni giorno. Se è una 'giornataccia' e'non hai assolutamente tempo', siedi per tre minuti oanche solo per un minuto: è sempre possibile trovare unminuto di tempo. Ma, quando lo fai, lascia che quelminuto sia 'non fare concentrato': lascia andare il tempo emantieni l'attenzione sul respiro, per trovare calma e

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stabilità.Se ti è possibile, cerca di meditare la mattina. Ha un

effetto positivo su tutta la tua giornata. Altri momentibuoni per praticare sono: la sera appena torni a casa,prima di cena; prima di pranzo, a casa o in ufficio; la seratardi o la notte, specialmente se non sei stanca; qualsiasimomento... a volte tutti i momenti sono buoni permeditare.

Se senti che l'esplorazione del corpo è la tua forma dipratica principale, falla ogni giorno per almeno 20 minutie preferibilmente per 30-45 minuti. Fai yoga almeno quattrovolte la settimana, per 30 minuti o più. Ricordati di farloconsapevolmente, prestando particolarmente attenzioneal respiro e alle sensazioni fisiche, e riposandoti fra unaposizione e l'altra.

Forse troverai che ti è utile praticare in compagnia dialtri, di quando in quando. Io cerco di andare il piùpossibile a lezioni, conferenze e meditazioni di gruppo;e cerco anche di fare periodi di pratica intensivi,partecipando a ritiri di meditazione, che sono simili allanostra giornata di meditazione, ma più lunghi. Cerca ditrovare gruppi di persone nella tua zona, con cui tupossa praticare. Anche la lettura può sostenere la tuapratica: leggi ogni tanto qualche pagina dei librisuggeriti nell"Appendice bibliografica e documentaria' erileggi, di quando in quando, le parti di questo libro chesono per te più rilevanti al momento. Infine,semplicemente siedi, respira e, se lo senti, permettiti disorridere interiormente.

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Tener viva la consapevolezza nellavita quotidiana

Come abbiamo visto, l'essenza della pratica dellaconsapevolezza consiste nel fare attenzione a ciò chestiamo vivendo, momento per momento. Perciò, tenerviva la consapevolezza nella vita di ogni giorno significafare attenzione, essere sveglio, vivere pienamente i varimomenti della tua giornata. Può essere un divertimento.

In qualsiasi momento puoi chiederti: «Sonopienamente sveglio?» «So che cosa sto facendo in questomomento?» «Sono presente in quello che faccio?» «Checosa sente il mio corpo in questo momento?» «Com'è ilmio respiro?» «Quali pensieri occupano la mia mente?»

Abbiamo visto varie strategie' per introdurreconsapevolezza nella vita di ogni giorno. Puoi fareattenzione al camminare, allo stare in piedi, all'ascoltare,al parlare, al mangiare, al lavorare. Puoi osservare i tuoipensieri, i tuoi umori, le tue emozioni, le tue motivazioniper sentirti o per comportarti in un certo modo e,naturalmente, le sensazioni che provi nel tuo corpo.

Puoi sintonizzarti su altre persone, bambini o adulti:puoi osservare il loro linguaggio corporeo, le lorotensioni, le loro emozioni, la loro comunicazione verbale,le loro azioni e le conseguenze che hanno. Puoi fareattenzione all'ambiente in cui ti trovi, sentire l'aria sulla

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tua pelle, udire i rumori della natura, vedere le luci, icolori, le forme, il movimento.

In ogni momento di veglia hai la possibilità di essereconsapevole. Tutto quel che occorre è volerlo, e portarel'attenzione al momento presente. Ancora una volta èimportante sottolineare che 'fare attenzione' non significa'pensare'. Il pensare è solo una parte della tua esperienza.Può essere una parte più o meno importante; maconsapevolezza significa vedere il tutto, percepirel'intero contenuto e contesto di ogni momento.

È impossibile abbracciare questa totalità del momentocon il pensiero. Ma è possibile abbracciarla spingendocioltre il pensiero, entrando direttamente nella percezione,nel vedere, udire, sentire. La consapevolezza è vedere esapere che stai vedendo, udire e sapere che stai udendo,toccare e sapere che stai toccando, salire le scale e sapereche stai salendo le scale. Forse dirai: «Certo, so che stosalendo le scale, quando sto salendo le scale!». Ma ilpunto non è saperlo concettualmente, come un'idea,bensì essere presente, momento per momento, nell'esperienzadi salire le scale.

Praticando in questo modo ci liberiamo gradualmentedalla schiavitù del 'pilota automatico' e cominciamo avivere di più nel presente, e a conoscerne più a fondo leenergie. Allora, come abbiamo visto, abbiamo lapossibilità di rispondere in maniera più appropriata aicambiamenti e alle situazioni potenzialmente stressanti,perché siamo consapevoli della totalità del momento edel nostro rapporto con essa.

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Puoi trarre qualche idea per tener viva laconsapevolezza nella vita di ogni giorno, dalla riletturadel capitolo 'Consapevolezza nella vita quotidiana'. Ilcapitolo 'Come cominciare' contiene anche alcuni esercizidi consapevolezza quotidiana che suggeriamo nellaclinica per lo stress, oltre alla pratica di meditazionestrutturata. Il più importante di questi esercizi è fareattenzione al respiro in vari momenti della giornata.Come abbiamo visto, questo ci ancora nel presente e nelcorpo, e ci aiuta a essere centrati e svegli.

Un'altra pratica consiste nel fare attenzione ad attivitàabituali, come svegliarci la mattina, lavarci, vestirci,portar via l'immondizia, uscire a fare commissioni.L'essenza della pratica della consapevolezza è sempre lastessa. Consiste nel chiederti: «Sono qui ora?» «Sonosveglio?»

La domanda stessa, di solito ci rende più presenti, cimette più in contatto con quello che stiamo facendo.

Altri esercizi di consapevolezza1. Prova a essere consapevole per un minuto, ogniora.2. In vari momenti della giornata ancorati nellaconsapevolezza del respiro, dovunque ti trovi,tanto spesso quanto vuoi.3. Per una settimana, prova a essere consapevole diun evento piacevole, ogni giorno, mentre avviene.Registralo, insieme ai tuoi pensieri, alle emozioni ealle sensazioni fisiche che lo accompagnano, in un

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apposito calendario (vedi più avanti). Osservaeventuali regolarità.4. Per un'altra settimana, fai la stessa cosa con unevento spiacevole o stressante, ogni giorno. Dinuovo, registra le tue sensazioni fisiche, le tueemozioni e i tuoi pensieri in un calendario, e nota lesomiglianze che queste situazioni presentano.5. Durante un'altra settimana ancora, concentral'attenzione su una situazione di comunicazionedifficile, ogni giorno. Prendi nota in un calendario(vedi più avanti) di quello che è successo, di quelloche volevi, di quello che l'altra persona voleva, e diquali messaggi sono stati recepiti da te e dall'altro.Nota le regolarità. Osserva se questo esercizio ti facapire qualcosa dell'effetto che i tuoi stati mentalihanno sulla tua comunicazione con gli altri.6. Osserva il rapporto fra eventuali sintomi fisici,come mal di testa, dolori, palpitazioni, respiroaffannoso, tensioni muscolari eccetera, e gli statimentali che li precedono. Tieni un calendario diqueste osservazioni per una settimana.7. Sii consapevole dei tuoi bisogni di meditazione,rilassamento, esercizio fisico, alimentazione sana,sonno a sufficienza, amicizia, intimità, humor, erispettali. Questi bisogni sono i pilastri della tuasalute: se li soddisfi regolarmente, ti daranno unasalute solida, una maggior resistenza allo stress, unmaggior senso di soddisfazione e di coerenza.8. Dopo una giornata o un evento particolarmente

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stressante, prenditi tempo per rilassarti, e perritrovare l'equilibrio quel giorno stesso, se appena èpossibile. La meditazione, l'esercizio fisico, lacompagnia di amici e un buon sonno ristoratore,sono alcune cose che possono essereparticolarmente utili al tuo processo di recupero.In breve, ogni momento della tua vita desta è unmomento a cui puoi portare più calma econsapevolezza. I suggerimenti di questo libro nonsono che un primo esperimento, destinato a esseresuperato da quelli che scoprirai da te, mano a manoche coltivi la consapevolezza nella tua vita.

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La via della consapevolezza

La via

Nella nostra cultura, il concetto di 'via' o 'cammino', insenso esistenziale, non ci è particolarmente familiare. Èuna nozione che viene dalla Cina, quella di una leggeuniversale dell'essere, detta Tao o 'la via'.

Il Tao è il mondo che si dispiega secondo le proprieleggi. Nulla viene 'fatto', tutto semplicemente avviene.Vivere secondo il Tao significa non fare e non cercarerisultati. La tua vita si fa comunque da sé. Il punto èriuscire a vedere le cose in questo modo e a vivere inconformità di come le cose sono, a entrare in armonia conogni momento.

Questo è il cammino della percezione interna, dellasaggezza e della guarigione. È il camminodell'accettazione e della pace. È l'arte del viverecosciente, del conoscere le tue risorse interne ed esterne,e del sapere che, fondamentalmente, non esiste néinterno né esterno.

La nostra educazione contiene ben poco di tuttoquesto. Le nostre scuole non danno importanzaall'essere: in questo campo siamo abbandonaticompletamente a noi stessi.

I l fare è la moneta corrente dell'educazione moderna.Purtroppo, spesso è un fare frammentario e

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inconsapevole, non sostenuto dalla conoscenza di chi fa.È un fare affrettato, come se fossimo trascinati attraversola nostra vita dagli inesorabili ingranaggi del mondo,senza poterci mai permettere il lusso di fermarci e fare ilpunto della nostra situazione interna. La consapevolezzastessa non viene tenuta in particolare considerazionenella nostra cultura: non ci viene insegnato né il suovalore né come alimentarla.

Avrebbe potuto aiutarci parecchio se alle scuoleelementari ci avessero insegnato, magari per mezzo diqualche semplice esercizio, che noi non siamo i nostripensieri, che possiamo osservarli andare e venire senzaattaccarci a essi o identificarci. Magari non lo avremmocapito pienamente al momento, ma già solo sentircelodire sarebbe stato utile. Analogamente, ci sarebbe servitoimparare che il respiro è un alleato, che possiamo trovareuna maggiore calma, semplicemente osservandolo. Eanche imparare che possiamo permetterci di esseresemplicemente, che non dobbiamo necessariamente, peravere un'identità, darci da fare tutto il tempo per agire,competere, vincere. Queste cose non ci sono stateinsegnate da bambini. Ma non è mai troppo tardi: inqualsiasi momento decidi che è il momento di collegarticon il tuo essere, con la tua interezza, è il momentogiusto per cominciare. Nelle tradizioni yoga l'età di unapersona si misura dal momento in cui comincia apraticare, non dalla nascita. Perciò in questo momento, sehai cominciato a praticare durante la lettura di questolibro, hai forse qualche giorno o qualche settimana di

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vita! Bello, non ti pare?

Il viaggio dell'eroe

Per quanto strano possa sembrare, il vero lavoro cheinvitiamo i nostri pazienti a intraprendere, èl'esplorazione del concetto che c'è un modo di essere, divivere, di fare attenzione che è in sé stesso liberatorio, inquesto momento stesso, anche in mezzo a tutte lesofferenze e le turbolenze della vita. Ma esplorare questoconcetto solo come un'idea filosofica, sarebbe un mortoesercizio intellettuale, ulteriore informazione con cuisovraccaricare la tua mente già affollata. L'invito che tirivolgiamo è quello a praticare, nello stesso spirito deinostri pazienti, per fare della sfera dell'essere un alleatonella tua vita. È l'invito a percorrere il cammino dellaconsapevolezza, e a vedere da te i cambiamenti che siproducono quando cambia il tuo modo di vivere nel tuocorpo e nel mondo. Come abbiamo detto all'inizio, è uninvito a intraprendere un viaggio che dura tutta la vita, aconcepire la vita come un'avventura della coscienza.Quest'avventura ha tutte le caratteristiche del viaggio diricerca dell'eroe: è la ricerca di te stessa lungo i camminidella vita. Ti sembrerà forse esagerato, ma per noi, ipazienti della clinica sono eroi ed eroine greci impegnatinella loro personale odissea, travagliati dal fato e daglielementi; e che finalmente, intrapreso questo viaggio diguarigione e di interezza, si sono incamminati sulla via

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del ritorno a casa.Il paradosso è che in questa ricerca di noi stessi non

dobbiamo andare molto lontano. In qualsiasi momentosiamo già vicini a casa, molto più vicini di quantopensiamo. Se riusciamo a vivere la pienezza di questomomento, di questo respiro, possiamo trovare la pace quie ora. Possiamo trovarci a casa in questo momentostesso, nel nostro corpo così com'è.

Quando percorri il cammino della consapevolezza,l'attenzione sistematica che porti all'esperienza delvivere rende la tua vita più piena, più reale. Pocoimporta che nessuno ti abbia mai insegnato questa via:quando sei pronta per la ricerca, la ricerca stessa ti trova.È la natura della Via che le cose si sviluppino in questomodo. Ogni momento è veramente il primo momentodel resto della tua vita. Ora è veramente il solo momentoche hai da vivere.

Praticare la consapevolezza significa percorrere ilcammino della tua vita a occhi aperti: sveglia anzichéseminconscia, capace di rispondere alle situazionianziché reagire automaticamente, meccanicamente. Saiche stai seguendo un cammino, che sei desta econsapevole. Nessuno ti dice quale sia il cammino,nessuno ti può imporre la sua via'. In realtà c'è una solavia: ma essa si manifesta in tanti modi diversi, quantesono le persone che la percorrono.

Il nostro vero lavoro, quello con la L maiuscola, ètrovare la nostra via, navigando con i venti delmutamento, i venti dello stress, del dolore, della

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sofferenza, i venti della gioia e dell'amore. Finché ungiorno ci accorgeremo di non avere mai lasciato il porto,di non esserci mai allontanati dal nostro vero sé.

Al di là del successo e del fallimento

Non è possibile fallire in questo lavoro, se ti applichicon sincerità e costanza. La meditazione non è unapratica di rilassamento. Se fai un esercizio dirilassamento e alla fine non sei rilassata, hai fallito. Ma sestai praticando la consapevolezza, la sola cosaimportante è la tua disponibilità a osservare e a stare conle cose così come sono, in ogni dato momento, compresiil disagio, la tensione e i tuoi preconcetti riguardo alsuccesso e al fallimento. Se questa disponibilità c'è, nonpuoi fallire.

Analogamente, se affronti consapevolmente lo stressdella tua vita, la risposta viene da sé. Già il fatto diesserne consapevole è una risposta potente, che cambiatutto e apre nuove possibilità di crescita e di azione.

A volte queste possibilità non si manifestanoimmediatamente. A volte hai chiaro quello che non vuoipiù fare, ma non quello che vuoi fare. Ma neppure questisono momenti di fallimento: sono invece momenticreativi, momenti di non sapere, momenti in cui occorreessere pazienti, restare centrati nel non sapere. Anche laconfusione, l'agitazione e la disperazione possono esserecreative. Possiamo lavorare con esse, se siamo disposti a

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restare consapevolmente nel presente, momento permomento.

Questa è la danza di Zorba di fronte all'interacatastrofe. È una danza che ci porta al di là del successo edel fallimento, a un modo di essere che accoglie l'interospettro delle nostre esperienze di vita, delle nostresperanze e dei nostri timori. La Via dellaConsapevolezza ha una sua struttura. In questo libro cisiamo un po' addentrati in questa struttura. Abbiamovisto il suo rapporto con la salute e la guarigione, con lostress, con il dolore e la malattia, con tutti gli alti e bassidel corpo, della mente e della vita stessa. È un camminoda percorrere, una pratica quotidiana. Non è unafilosofia, ma un modo di essere.

È un modo di vivere i momenti della tua vita e viverlipienamente. È una via che diventa tua solo quando lapercorri tu stessa.

La consapevolezza è il viaggio di tutta una vita su uncammino che alla fine non porta da nessuna parte: solo ascoprire chi sei. La via della consapevolezza è semprepresente e sempre accessibile, in qualsiasi momento.Alla fin fine, la sua essenza può essere colta solo dallapoesia o dal silenzio della tua mente e del tuo corpo inpace.

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Silenzio

Perciò, arrivati a questo punto del nostro viaggioinsieme, lasciamo che questo momento sia cullato dallavisione del poeta Pablo Neruda, nella sua poesia Restarein silenzio.

Ora conteremo fino a dodicie tutti ci fermeremo.Per una volta sulla faccia della terra,non parliamo alcuna lingua;fermiamoci per un secondoe smettiamo di gesticolare tanto.Sarebbe un momento esotico,senza fretta, senza motori;ci troveremmo tutti insiemein un'improvvisa stranezza.I pescatori nel freddo marenon farebbero del male alle balenee l'uomo che raccoglie salesi guarderebbe le mani ferite.Quelli che preparano guerre verdi,guerre con i gas, guerre col fuoco,vittorie senza sopravvissuti,indosserebbero abiti pulitie camminerebbero con i loro fratelliall'ombra, senza far nulla.Quello che voglio non va confusocon l'inerzia totale.È della vita che si tratta;

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non faccio patti con la morte.Se non fossimo tanto ossessionatidal tenere la vita in movimento,e una volta tanto potessimo non far nulla,forse un immenso silenziointerromperebbe questa tristezzadi non capirci maie di minacciarci di morte a vicenda.Forse la terra ce lo può insegnare,come quando tutto sembra mortoe poi si dimostra vivo.Ora conterò fino a dodicie voi starete in silenzio e io me ne andrò.

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CALENDARIO DELLA CONSAPEVOLEZZA DI EVENTIPIACEVOLI O SPIACEVOLI Istruzioni: Per una settimana fai attenzione a un eventopiacevole al giorno mentre accade. In seguito annota indettaglio, su un calendario tipo questo, l'evento e comelo hai vissuto. La settimana seguente fai attenzione a unevento spiacevole al giorno e prendine nota in manieraanaloga.

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CALENDARIO DELLA CONSAPEVOLEZZADELLE COMUNICAZIONI DIFFICILI O STRESSANTI

Istruzioni: Per una settimana fai attenzione a unasituazione di comunicazione difficile o stressante algiorno mentre accade. In seguito annota in dettaglio, su uncalendario tipo questo, la tua esperienza.

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Bibliografia

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TEA Pratica

Ultimi volumi pubblicati358 Goldstein, Mar n, Cialdini, 50 segre della scienzadella persuasione359 Lee, La Sindrome da superstress360 Winterhoff, Figlio tiranni?361 Bay, Sorrentino, La dieta BaSo362 McKenna, Dormire è facile363 Ford, Perché le persone buone a volte si comportanomale364 Pohle, La strategia del topo365 Gill, The Meta Secret366 Hicks, Il denaro e la Legge dell'Attrazione367 Dahm, Come rovinarsi l'amore con successo368 Lieberman, Il leader vincente369 Chu, L'arte della guerra per donne370 Havener, So quel che pensi371 Littman, Hershon, lo odio la gente372 Dyer, Dieci segreti per il successo e l'armonia373 Vaillant, Come amano le donne374 Paungger, Poppe, L'agenda della luna 2011375 Lindenfield, Pronto soccorso emotivo376 Kahr, Indovina chi viene a letto377 Ford, Il bambino soddisfatto378 Fisher, Brown, Troviamo un accordo379 Strimpel, Ma che cavolo gli passa per la testa?

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380 Vermeeren, The Opus381 D. Wattles, La scienza del diventare ricchi382 Berg, La Kabbalah e il potere di cambiare ogni cosa383 Pei ree, Frequency384 Halls, Cat detective385 Paungger e Poppe, Se segui la luna tu o è permesso(al momento giusto)386 Muriana, Pettenò, Verbitz, volti della depressione387 Branden, La psicologia dell'amore romantico388 Hicks, La Legge dell'A razione e le relazioniaffettive389 Stern, Non mi puoi manipolare390 Watzlawick, Guardarsi dentro rende ciechi392 Lindenfield, 505 ricarica393 André, Quattro lezioni di pace interiore394 Paungger, Poppe, L'agenda della luna 2012395 Berg, La Kabbalah e i 72 Nomi di Dio396 Havener, Spitzbart, Te lo leggo negli occhi397 Halls, La Bibbia del gatto398 Bollo, Bambini, si mangiai399 Piloni, Trapani, Sesso: quello che i genitori nondicono400 Rosen, Rose, Trova la tua guida spirituale401 Bollo, Come scegliere la dieta giusta per te402 Paungger, Poppe, L'agenda della luna 2013403 Dixit, Nalebuff, L'arte della strategia404 Dyer, Niente scuse!

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note

1 Da cui prende il titolo l'edizione italiana di FullCatastrophe Living (N.d.R.).2 Davidson, R.J., Kabat–Zinn, J., et al. Alterations in brainand immune function pròduced by mindfulnessmeditation (Alterazioni nelle funzioni cerebrale eimmunitaria prodotte dalla meditazione basata sullaconsapevolezza). Psychosomatic Medicine 2003; 65:564-570.

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