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La chiesa - fondazionecarifano.it · Ella ha beni stabili ... facciata con due snelli e gai altari ... sicuro giudizio ch’io or non voglio avventurare e chiuderò il capitolo

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La chiesadel Gonfalonea SaltaraIl tempo e la memoria

«Salendo dalla strada del borgo lunghesso la via che mena a Cartoceto, quasi presso a s. Pier Celestino, in una piazzetta chiusa che gli serve di peristilio, si erge un bel tempio moderno nomato del Gonfalone, perché ivi ha sede la compagnia di questo nome che suole pure chiamarsi del SS. Crocifisso. Ella ha beni stabili anche nel territorio di Fano ed è aggregata al famoso Gonfalone ossia [dei]“Sacconi” di Roma, come appare dalla bolla in pergamena miniata del 1610, sotto il pontificato di Paolo V ed il priorato del principe romano Massimo Massimi. Dal mss. Fabriziano si appara che ai suoi dì si appellava la “Scuola”, avea annesso un ospedale di sua proprietà e possedeva un monte frumentario. La regge un Priore, un depositario e un cancelliere. Semplice, proporzionata è l’architettura e il disegno della chiesa e della facciata con due snelli e gai altari di fianco a colonne dorate aventi

due tele mediocri dell’Assunta e di s. Antonio da Padova. A me però, se non erro, sembra non dispregevole l’abbozzo od arazzo a figure ben contornato, rappresentante la deposizione di Cristo dalla croce, che si osserva all’Altar maggiore con alcuni quadrucci ad olio ai fianchi dello stesso altare. Gli intelligenti ne daranno un più sicuro giudizio ch’io or non voglio avventurare e chiuderò il capitolo notando che la confraternita ha sepoltura comune, dove si legge questa goffa epigrafe: “Confratrum SSmi Cruxi Confalon Sepulcrum. Ordinaria Auctoritate Extructum Anno MDCCCXLV” ed un leggiadro campanile a tre campane moderne fuse secondo l’iscrizione che allego, nel 1816: “Rdo D. Liborio Sacchini Depositario, Josepho Beltrami Priore liquata fuerunt mense Julii MDCCCXVI. Opus Nicolai De Clara Pisaurensis”».Così Alessandro Billi fornisce un quadro sintetico della Confraternita del Gonfalone nella

Pagina a lato, particolare del tabernacolo dell’altare maggiore della chiesa del Gonfalone.

Sopra, bassorilievo in pietra murato sulla torre malatestiana di Saltara raffigurante il drago, simbolo araldico della comunità.

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sua pubblicazione “Ricordo storico di Bargni e Saltara” stampata dalla tipografia Giovanni Lana di Fano nel 1866, al capitolo “Confraternite di Saltara e loro Chiese”, pp. 44, 45.Le altre tre confraternite allora attive erano quelle del SS. Sacramento, del Suffragio e del Rosario. Fa qui gioco segnalare come, nell’attualità, la Confraternita del SS. Crocifisso e di S. Maria del Gonfalone, con sede in Saltara, già non più in funzione da tempo, viene dichiarata estinta con decreto del

Ministro dell’Interno solo in data 12 aprile 2012.

Dai documenti pubblicati più avanti da Giuseppina Tombari si può constatare come in tempi più antichi il sodalizio titolare fosse citato come quello del Crocifisso e così pure la chiesa – o “oratorio” come talvolta è descritto – in cui operava la “Schola”, alla quale erano collegati, un piccolo ospedale e la gestione di un Monte frumentario, istituzione quest’ultima fondamentale in un’area a prevalente economia agricola che garantiva ai contadini bisognosi la provvista di sementi.Poche le informazioni al momento disponibili prima e durante il XVI secolo, mentre più documentate appaiono le vicende a partire dal successivo, a cominciare dall’iscrizione scolpita sul portale “Anno Domini 1649” riferita all’intervento edilizio sulla facciata, e quando, ad esempio, nel 1654 si parla della costruzione dell’altare di Sant’Antonio – “da Padova”, su cui la bella tela del forsempronese Gianfrancesco Guerrieri è stata ora ricollocata – che poi nel 1762, assieme a quello prospicente della cosiddetta Concezione, in seguito adornato col dipinto dell’Assunzione di Maria, viene

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Sotto, particolare di una cartolina anni ‘20/30, con la fontana del drago e la chiesa del Gonfalone di cui si vede la scalinata d’accesso che parte dal borgo, diversa dall’attuale (Foto fornita da Getulio Berardi, Saltara).

A lato, Portale della chiesa che riporta incisa la scritta “Anno Domini 1649”, data riferita ai lavori di ristrutturazione della facciata.

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spostato più all’esterno rispetto alla navata in modo di far assumere ad entrambe le mense la dignità di cappelle.Però è nel 1764 che l’interno del tempio religioso assume l’elegante e gentile fisionomia di struttura tardo barocca, con sobria adesione alle vezzosità e frivolezze del rococò, realizzata soprattutto con largo impiego dei materiali dello stucco, come è oggi godibile all’occhio a ripristino avvenuto. Ugualmente in gesso, ma più propriamente barocco e anteriore, è lo scenografico soffitto a cassettoni, ad imitazione di quelli di legno intagliato, con decorazione dipinta a motivi di finto marmo e racemi vegetali.Alla data del 1788 è appuntata invece la notizia della costruzione del nuovo campanile all’esterno della sacrestia le cui modalità costruttive e stilistiche

A fianco, particolare del soffitto di gesso dipinto a motivi floreali della chiesa del Gonfalone. Sullo sfondo, verso l’ingresso, s’intravede il Cristo in gloria del riscoperto Giudizio universale.

Nella pagina a lato, gruppo dei beati risorti, accolti dagli angeli davanti alla porta del Paradiso. Dettaglio del Giudizio universale.

Nelle pagine successive, la navata della chiesa, verso il presbiterio, la balconata della cantoria sopra l’ingresso e la zona retrostante all’altare maggiore che immette alla sacrestia, a ripristino avvenuto.

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corrispondono anch’esse a quello tuttora in essere con la sua fiabesca cuspide a cipolla.Il tempio del Gonfalone nella sua ripristinata armonica grazia, amalgama di barocco e rococò, costituisce un dato esemplare di quanto si possa riuscire a inventare, pur con una dotazione limitata di risorse e in un ambiente periferico, col talento di maestranze misconosciute al livello della fama, ma educate alla disciplina della misura e del buon gusto.Appena un accenno in anteprima, il più è trattato nella scheda dedicata, all’autentica, davvero insospettata, sorpresa presentatasi in fase di restauro, nascosta sotto uno strato di ridipinture e di interventi alterativi per l’apertura di finestroni e la costruzione di una cantoria con organo nella retrofacciata della chiesa. Pian piano, con impegno paziente, è tornato alla luce, pur con le gravi ferite inferte da tali lavori succedutisi nel tempo, un esteso affresco, fine 1400 inizi ‘500, raffigurante il Giudizio Universale. Una rappresentazione corale vivamente interpolata tra celesti rapimenti e sulfurei vapori, di suggestivo impatto, testimonianza sopravvissuta di storia dell’arte davvero insolita

da riscontrare, perlomeno nel territorio della nostra provincia. Purtroppo, nella ricerca d’archivio effettuata, non è ancora emersa notizia al riguardo, a meno che non si voglia supporre possa nascondersi, in merito alla copertura dell’affresco, nel laconico ordine che, nella visita pastorale

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del 1594, viene emesso di “scrostare e imbiancare i muri dell’Oratorio”.