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1 La Musica, il piacere La Musica, il piacere

La Musica, Il Piacere - Patrizia Brion

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"La musica esprime ciò che non può essere detto e su cui è impossibile rimanere in silenzio"Victor Hugo

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Che cos'è la Musica? - bibliotecadellamusica.com

Perchè la musica - natiperlamusica.it

Musica e mente - lamentemente.com

Le proprietà della musica - anagen.net

Spencer e Darwin: cosa lega la musica alle nostre emozioni? - athenenoctua.it

Musica ed Emozioni - amadeux.net

Il piacere della musica "visto" dal cervello - Le Scienze - lescienze.it

Galileo - Giornale di Scienza | Musica, il piacere è nell’attesa - galileonet.it

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Che cos'è la Musica?- bibliotecadellamusica.com

Secondo la mitologia antica la musica è un dono del dio Apollo e delle Muse ed è una delle massime espressioni artistiche dell'uomo. Dal punto di vista pratico, si considera musica un insieme ordinato di suoni. Naturalmente i criteri con cui si stabilisce tale "ordine" sono di natura puramente convenzionale e variano a seconda delle culture. Il suono è essenzialmente una vibrazione dell'aria, un'onda prodotta in svariati modi che noi esseri umani percepiamo attraverso l'apparato uditivo ed elaboriamo con la mente, grazie alla quale distinguiamo rumore, musica, parole e tutti gli altri suoni che giungono alle nostre orecchie.

Come ogni vibrazione anche il suono possiede tre caratteristiche principali: - Forma dell'onda: dalla forma che l'onda assume dipende il timbro del suono. La forma

dell'onda varia a seconda dello strumento che la emette: un pianoforte produrrà un'onda di forma differente rispetto ad un flauto o ad una voce umana, e questo ci permette di distinguere il suono dei vari strumenti musicali, come pure il timbro delle varie voci.

- Ampiezza d'onda: dall'estensione dell'onda dipende l'intensità del suono e di conseguenza il suo volume.

- Frequenza: la frequenza dell'onda, ovvero il numero delle sue ripetizioni in un certo intervallo di tempo è quel parametro del suono che ne determina l'intonazione e che ci consente di suddividere il suono in basse frequenze (proprie delle note gravi) e alte frequenze (tipiche delle note acute).

Queste tre proprietà che permettono di distinguere un suono da qualsiasi altro sono espressione di quella che è la struttura del suono: timbro, volume e intonazione.

Bisogna però fare una distinzione importantissima: il suono non è sinonimo di nota. La nota è un suono ma un suono non deve essere per forza una nota. I suoni sono alla base delle note e le note stanno alla base della musica, questo significa che la musica è composta da note, non da suoni. La differenza sostanziale sta nel fatto che una nota è un suono di timbro e volume qualsivoglia, ma di frequenza stabilita.

L'orecchio umano è in grado di percepire vibrazioni di frequenza all'incirca dai 20 ai 15000 Hz. Sotto i 20 Hz i suoni non sono udibili perché troppo gravi, mentre sopra i 15000 si trovano gli ultrasuoni, che non possono essere uditi per il motivo contrario, cioè perché sono troppo acuti.

Nella musica convenzionale la gamma di frequenze utilizzate coincide con gli estremi del pianoforte (o dell'organo), poiché questi sono gli unici strumenti in grado di raggiungere contemporaneamente i due limiti opposti dell'estensione musicale; ne consegue che tutte le note prodotte dagli altri strumenti, o dai vari tipi di voce umana, possono essere riprodotte col pianoforte o con l'organo. La frequenza più bassa che è possibile suonare in un moderno pianoforte a 88 tasti (il primo tasto a sinistra, un LA) è di 27,5 Hz, mentre la più alta (l'ultimo a destra, un DO) è di 4186 Hz. All'interno di questa gamma sono presenti migliaia di intonazioni differenti (56,57,58 ..., 4184, 4185, 4186) e se ad

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ogni Hertz si facesse corrispondere una nota diversa, la tastiera di un pianoforte sarebbe così lunga che per adoperarla servirebbero un centinaio di pianisti.

Per questo noi occidentali usiamo scegliere le nostre note di riferimento dividendo tutta la gamma di frequenze in brevi intervalli regolari chiamati semitoni. Di tutti i semitoni in cui è suddivisa la gamma di frequenze che stiamo considerando, solo dodici sono effettivamente differenti tra loro come "colore", dodici note (partendo da un DO: DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI, più 5 tasti neri) che si ripetono in successione ogni volta che la frequenza raddoppia, quindi di volta in volta più acute:

DO1(261,5 Hz), #, RE1, #, MI1, FA1, #, SOL1, #, LA1(440Hz), #, SI1, DO2(523 Hz), #, RE2, #, MI2 FA2, #, SOL2, #, LA2(880Hz), #, SI2, DO3(1046 Hz), # RE3 ecc...

La distanza che separa note di frequenza doppia (DO1,DO2; RE1,RE2; MI1,MI2; ecc...) si chiama ottava. L'ottava suddivisa in 12 semitoni è il fondamento del nostro sistema tonale. La successione temporale dei toni produce la melodia, la compresenza di più voci dà vita all'armonia. Il ritmo (prodotto dalle differenti durate dei toni), il metro (cioè l'ordinamento della battuta in unità temporali accentate e non accentate) e il tempo (la misura del decorso temporale) determinano l'andamento temporale e danno forma al brano musicale.

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Perché la musica - natiperlamusica.it

La musica svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo globale dell'individuo.

Agisce sugli stati d’animo più profondi e sulle emozioni, è nutrimento della mente e dello spirito, ma anche divertimento, gioco, strumento per sviluppare le potenzialità espressive e creative della persona.

Vera e propria forma di comunicazione, la musica entra in gioco nella vita del bambino fin dai suoi inizi e gli permette di interagire con gli altri e con l’ambiente.

Il fare musica in famiglia, giocando con la voce e con i suoni, rafforza il legame affettivo tra adulto e bambino ed è fonte di benessere.

La qualità dell’ambiente musicale in cui il bambino cresce incide profondamente sulle capacità di capire, di apprendere e di amare la musica.

La musica aiuta il bambino a:

sviluppare le proprie capacità di ascolto e di osservazione dell’ambiente sonoro; ascoltare se stesso e gli altri; esprimere idee ed emozioni; sviluppare la propria immaginazione e creatività; potenziare le proprie capacità comunicative; accrescere la capacità di attenzione e concentrazione; esercitare la memoria.

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Musica e mente -

lamentemente.com

Secondo gli studi effettuati dal neurologo canadese Robert Zatorre, della Mc Gill University di Montreal, il cervello dell’uomo reagisce alla musica con l’attivazione di alcuni centri del piacere, una reazione che avviene anche durante le cosiddette “attività gratificanti“, come l’assunzione di droga, mangiare o l’attività sessuale. Le reazioni alla musica sono ben definibili ed identificabili, in quanto alterano in modo percettibile il battito cardiaco e il tono muscolare. Ad un gruppo di studenti è stata fatta ascoltare della musica particolarmente “emozionante” in modo da provocare i brividi e la pelle d’oca. A questo punto l’attività cerebrale è stata esaminata con una tomografia a emissione di positroni (Pet), controllando anche altri parametrifisiologici del corpo, come il battito cardiaco, il ritmo respiratorio, la temperatura della pelle e la tensione muscolare. È curioso notare che la musica è un’attività astratta, a differenza del cibo e del sesso, ed è quindi priva di uno specifico valore biologico. Per spiegare questa reazione si ricorre ad un motivo molto più antropologico che scientifico: oggi la musica è intesa come intrattenimento ma nelle società primitive la pratica musicale era legata alle esigenze primarie, quali sesso e cibo, poiché era usata in tutti i rituali, come quelli di caccia e quelli di iniziazione.

Per molto tempo si è sostenuto che il linguaggio attivasse l’emisferocerebrale sinistro e la musica quello destro ma oggi si hanno informazioni che cambiano un po’ le cose. Le reazioni sono

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molto più complesse, specialmente per quanto riguarda i musicisti. I diversi elementi che compongono la musica (tono, ritmo, armonia, melodia ecc.) si distribuiscono su entrambi gli emisfericerebrali. Il cervello è però in grado di “riconoscere” la musica e la reazione è diversa da altri stimoli uditivi, come voci o rumori. Non risultano invece differenze fra le reazioni cerebrali stimolate da una sinfonia di Beethoven, una canzonetta e una musica proveniente da una cultura completamente diversa da quella dell’ascoltatore. Lo studioso Steven Demorest, dell’Università di Seattle, usando la risonanzamagnetica ha dimostrato che un’antica melodia cinese produce nel cervello degli ascoltatori la stessa risposta provocata da un brano di musica classica.

La musica si conferma come un linguaggio ed un’esperienza universale, accessibile a tutti. Secondo il francese Emmanuel Bigand, dell’Università di Digione, ci sono studi che dimostrano che i musicisti professionisti e dei semplici ascoltatori utilizzano gli stessi strumenti cognitivi per analizzare un brano musicale. Sembra che tutti i bambini al di sotto dei sei anni siano dotati in maniera naturale, anche se elementare, dell’orecchio assoluto, cioè della possibilità di riconoscere l’altezza di una singola nota. Quest’abilità viene persa dalla maggior parte delle persone durante la crescita. Però tra musicisti e semplici ascoltatori esiste qualche differenza nell’attivazione delle aree cerebrali. Secondo Marina Bentivoglio, dell’Università di Verona, in alcuni casi sembra che le “disfunzioni” di cui soffrivano grandi compositori abbiano influenzato la loro creatività. Tutto questo senza tornare alla teoria esposta in Genio e follia dallo psichiatra Cesare Lombroso, secondo la quale i criminali sono il prodotto di fattori ereditari ed atavici.

Negli ascoltatori inesperti l’ascolto della musica attiva la parte destra del cervello, quella più intuitiva (visibile in rosso). Nei musicisti si attiva la parte più razionale, cioè quella destra.

Queste ricerche confermano anche un luogo comune, cioè che la musica fa bene. Oggi non si crede più all’”effetto Mozart“, teoria secondo la quale sarebbe bastato ascoltare brani di questo autore per raggiungere grandi prestazioniintellettuali. Ma la musica aiuta i bambini a sviluppare il linguaggio e a coordinare i movimenti. Secondo uno studio dell’Università di Sheffield un corso di musica può aiutare un bambino dislessico a superare parte delle proprie difficoltà, mentre alcuni ricercatori dell’Università di Liverpool arrivano ad azzardare che i musicisti, sviluppando particolarmente l’area del cervello relativa al linguaggio, riescono in questo modo a prevenire alcuni danni legati all’invecchiamento. Bisogna però fare attenzione a non considerare le tecniche di indagine come una moderna frenologia, la teoria scientifica, affermatasi nel secolo XIX e oggi abbandonata, secondo cui dalla conformazione del cranio era possibile risalire allo sviluppo di certe zone del cervello, sedi di particolari funzionipsichiche. Quando si studiano i cervelli non si può generalizzare, perché le variabili individuali sono tante.

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Le proprietà della musica - anagen.net

Non c'è dubbio che la musica e le immagini (video/film) sono da tempo entrati a far parte della nostra vita quotidiana con tutta una serie di proprietà. Personalmente sono un amante di ogni genere, l'aspetto importante è l'emozione, di qualsiasi tipo che un pezzo musicale o un video può generare in noi. Una canzone, un motivo può cambiare un attimo, una situazione, una giornata. Così come quando dopo un film ci si renderà conto di vedere il mondo in altra maniera. I miglior film possono dare infinite emozioni. E' anche indubbio che sia una forma d'arte ed anche tra le più belle. E può arrivare ad essere una fonte di piacere per l'anima di cui non si può fare a meno neanche per un giorno. Nel sentire sulla pelle quello che il poeta ha voluto trasmetterci con quella tal poesia? Secondo una ricerca presentata al meeting di New Orleans dell'American Society of Hypertension, basta mezz'ora di musica al giorno per abbassare di 3 punti la pressione sistolica e di 4 quella diastolica : non ci sono generi consigliati, basta ascoltare la musica che si ama, spiegano gli autori. Classica o Jazz, blues o rock. Non conta il genere, l'importante è che sia la musica che piace. Uno studio dell'Istituto di cardiologia dell'Università di Nis (Serbia) ha mostrato che l'ascolto del brano preferito innesca da parte del cervello la produzione di endorfine, i cosiddetti neurotrasmettitori della felicità, in grado non solo di regalare una sensazione di benessere psichico ma anche di rafforzare l'endotelio, il tessuto che riveste i vasi sanguigni, linfatici e del cuore. Ecco perché la musica preferita, nel momento che dà piacere, andrebbe a proteggere il sistema cardiovascolare. E' stata condotta un'indagine all'ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza su 40 pazienti con ipertensione lieve o moderata; a loro è stata fatta ascoltare per otto minuti l'Adagio di Mozart dal Divertimento n.7K 205 : al termine del brano nei volontari la pressione sistolica, ossia la massima, era scesa in media di 6,5mm Hg e quella diastolica (minima) di 3,5 mm Hg con un calo anche delle pulsazioni cardiache (-4,6 al minuto in media).La buona musica andrebbe ascoltata con un vero impianto di alta fedeltà sia in casa sia un auto, quindi il mio consiglio è quello di indirizzarsi verso componenti "audiophile". Non lesinate nell'allestire un impianto sul quale ascoltare la musica. Vi è realmente una differenza enorme tra lo stesso disco ascoltato su un impianto di pochi soldi e un impianto decente (non si parla di spendere una fortuna comunque). E la differenza enorme è nelle emozioni diverse che porta l'ascolto di un disco su un impianto economico e un impianto vero. I "compattoni" che vediamo spesso negli ipermercati sono quanto di meglio si possa fare per NON godere MAI delle vere emozioni che procura la musica : sono fatti per distorcere il suono enfatizzando spesso i toni bassi o gli acuti e stravolgendo completamente il messaggio dei dati contenuti nel supporto musicale. Il risultato è suono "piatto", privo di corretta dinamica e timbrica, molto affaticante, alla fine è soltanto un danno. E' assolutamente necessario se si vuole ascoltare la musica correttamente e godere delle potenziali emozioni :per l'ascolto in casa B&W, Nad, Denon, Sonus Faber, Marantz, Naim, Yamaha, Teac; per il video Sharp, Philips, Harman Kardon, Denon, GB&L, Chario, Panasonic, Sony, etc. L'alta fedeltà (Hi-Fi) ha come fine la riproduzione fedele della musica. Le emozioni che può dare un vero impianto di HI-FI sia nell'audio sia nel video possono essere forti e sorprendenti, tanto da poterli inserire nella lista dei piaceri della vita più interessanti. Lo sforzo per realizzare un vero impianto HI-FI può essere ampiamente ripagato quando ci si siederà ad una poltrona o si inizierà a muoversi in una stanza colti da una forza irrefrenabile. La musica, la melodia che si impossessa di noi e ci costringe a muoverci come mai ci saremmo aspettati, bisognosi di tradurre in movimenti e ondate muscolari tutte le nostre sensazioni. E più l'animo è sensibile e più facilmente si lascia travolgere dalla musica. La musica

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riprodotta bene può creare uno stato di benessere molto piacevole, un piacere fisico oltre che mentale.Sembra avere davanti a sé l'orchestra, l'artista sembra entrare dentro si noi e può farsi avanti istintivamente e irrefrenabilmente la voglia di danzare e cantare!Da non dimenticare che esiste anche la musicoterapia! Un filone molto interessante della musica è il cantautorato, la canzone d'autore. Quando la musica e la parola sotto forma di poesia si incontrano per generare una delle forme d'arte più belle e profonde. Un cantautore può definirsi come un artista che scrive di una canzone parole e musica (o comunque in stretto connubio con un paroliere od un musicista) ed esprime così la sua arte. Un cantautore secondo me è colui che scrive canzoni prima per sé stesso come bisogno interiore per comunicare. I formati MP3 (per la musica) e quello MP4 (audio/video) hanno fatto la loro comparsa già da qualche tempo. Può essere certamente molto comodo per trasportare in poco spazio centinaia di pezzi musicali e di video della propria collezione originale. E' comodo portare con se un lettore MP3/MP4 mentre si fa attività fisica, mentre si viaggia, per lavoro, etc. E' tuttavia da ricordare che la qualità della musica nel formato MP3 è assolutamente inferiore ai cd ad esempio. Infatti il formato MP3 è un formato compresso, ovvero la musica viene compressa (non è più il brano di partenza) per occupare meno spazio sul supporto di memorizzazione! Tra gli artisti in ambito musicale che personalmente preferisco: Bob Dylan, Bruce Springsteen, The Beatles, Van Morrison, Mozart, Chopin, Bach, Beethoven, Frank Zappa, Händel,Fabrizio De André, Francesco De Gregori, Francesco Guccini, Giorgio Gaber, King Crimson, Miles Davis, Leonard Cohen, Lou Reed, Neil Young, Paolo Conte, Pierangelo Bertoli, Pink Floyd, Rino Gaetano, Robert Wyatt, Soft Machine, Syd Barrett, Tangerine Dream, Television, Joy Division, The Doors, The Police, Cat Stevens, Nick Drake, The Rolling Stones, The Velvet Underground, Vasco Rossi, Creedence Clearwater Revival, David Bowie, Franco Battiato, Tim Buckley, Love, The Who. Sembra che nell'uomo la capacità di comprendere la musica sia innata, a differenza degli animali che invece sono molto spesso del tutto indifferenti a melodie ed armonie, intendendole come semplici rumori.Nell'uomo il senso della musica esiste già in età prenatale : è stato dimostrato che il feto reagisce positivamente alle melodie e in modo negativo alle frasi musicali che contengono vere e proprie stecche. Una spiccata sensibilità alle note inoltre, ci avrebbe donato la capacità di parlare e comunicare. Secondo l'Università del Maryland (Usa) quando si ascolta una canzone che non piace i vasi sanguigni si restringono del 6% in mezz'ora, se invece piace si allargano del 32%. Perché? Perché l'organismo produce più ossido nitrico una sostanza che dilata arterie e capillari, proteggendoli dagli infarti (un meccanismo simile alle pillole del sesso).Secondo lo psicologo Glenn Schnellenberg dell'Università di Toronto, la musica potenzia le capacità intellettive aiutando a ottenere migliori risultati in qualsiasi compito. L'importante è che il brano ci piaccia : uno stimolo gradevole aumenta il benessere e rilassa. Mozart ad esempio può essere in grado di sopraffare il dolore, allontanandolo e disperdendolo, come se le sue note aleggiassero sopra la sofferenza fino a portarla via. Imparare a suonare uno strumento tra i 6 e gli 8 anni di vita migliora le connessioni cerebrali e rende più abili in compiti che richiedono destrezza nei movimenti , ciò è evinto da una ricerca canadese pubblicata sul Journal of Neuroscience.Vi è mai capitato di ascoltare un brano e .... essere catapultati indietro nel tempo, in atmosfere passate, in epoche passate, fare un salto nel tempo tramite la musica, le sensazioni musicali?Si può essere rapiti dalla sconvolgente bellezza di un brano e ritrovarsi a piangere all'improvviso, senza sapere se siano lacrime di felicità o tristezza, sperimentando il sublime o provando una profonda sensazione di calma interiore. La musica può dare moltissimo, non privatene, non rinunciate al bellissimo viaggio alla scoperta dei migliori artisti nell'ambito musicale.Il neurologo britannico Jack Lewis ha anche stilato una lista di 11 canzoni dall'effetto antidepressivo, lo studioso afferma che queste canzoni stimolano il sistema limbico e l'area della ricompensa, zone cruciali per le emozioni piacevoli:

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Prince - Sexy Dancer BB King - Let The Good Times Roll The Beach Boys - Surfing USA Bob Marley - Three Little Birds Muddy Waters - Got My Mojo Working Boney M – Sunny The Darkness - I Believe In a Thing called Love Scissor Sisters - Take Your Mama Outkast - Hey Ya M People - Moving on Up Tchaikovsky- 1812 OvertureLa vita di chi ascolta un capolavoro artistico come i migliori dischi della storia può cambiare per sempre. Chi tira le reti...chi vive in Calabria...chi reagisce d'istinto...chi fa il contadino...chi scrive poesie...chi ha torto o ragione...chi odia i terroni...chi vive d'amore...chi vive da solo...chi spazza i cortili...ma il cielo è sempre più blu....Rino Gaetano

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Spencer e Darwin: cosa lega la musica alle nostre emozioni?-

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La musica viene spesso definita come la “ lingua della passione” 1. Ognuno di noi fa quotidianamente esperienza del misterioso parallelismo che sembra sussistere tra suono musicale ed emozione, tra onde generate dalla vibrazione di un corpo e stati psico-fisici complessi come la melanconia, l’allegria, l’esaltazione o la commozione. Ma come può istituirsi un nesso causale tra realtà così eterogenee? Come può la musica, senza passare per la significazione di concetti, oggetti o eventi, esprimere e comunicare stati emozionali con la facilità e l’immediatezza che le sono proprie? In effetti noi, contrariamente a quanto avviene con le lingue, non “impariamo” i significati delle note o delle melodie in cui vengono composte; esse semplicemente “ci parlano”. Che sorta di lingua è allora questa “lingua della passione”? È necessario

ammettere che determinati suoni posseggano un intrinseco potere evocativo, arrendendosi di fronte alla loro misteriosa rivelazione? Per cercare una risposta può essere utile indagare prima un altro problema; quello circa le origini stesse della musica . Herbert Spencer 2 affronta la questione in un saggio del 1858 intitolato “The Origin and Function of music”. Il suo punto di partenza è la constatazione del fatto che ogni tipo di emozione eccita in modo irriflesso tanto la mente quanto il sistema motorio-muscolare che la esprime esternamente, rendendola pubblica. Anche la voce, prodotta da uno specifico apparato corporeo, è un mezzo di espressione emotiva e, come tale, viene alterata in vari modi a seconda dei diversi sentimenti ed in modo proporzionale alla loro intensità. Spencer mostra come un parlato emotivamente “caldo” risulti stravolto nelle sue caratteristiche sonore rispetto ad un parlato “freddo” ordinario, sia per quanto riguarda l’intensità sia il timbro, gli intervalli di emissione, il tono e la sua velocità di variazione. “Queste peculiarità vocali che indicano un sentire eccitato sono quelle che distinguono il canto dal parlato ordinario. Tutte le alterazioni della voce che abbiamo mostrato essere il risultato fisiologico di dolore o piacere, sono portate ai loro massimi estremi nella musica vocale” 3

Se l’origine della musica è nel canto vocale, allora questa stessa sorge da una sistematica combinazione ed estremizzazione delle modificazioni sonore imposte alla voce dall’emozione. L’uomo nel canto compie un‘operazione culturale che “forza” il linguaggio naturale delle espressioni emotive creando un nuovo linguaggio “ideale” delle emozioni, che pur ponendosi in continuità con esso lo potenzia. La musica diventa così una pratica che insieme conserva, tramanda e rielabora l’intero patrimonio emotivo della specie nella sua componente legata al suono, ottenendo il potere di

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suscitare nell’ascoltatore emozioni nuove, complesse e mai vissute né immaginate prima, “svegliandovi sentimenti dormienti dei quali egli non ha mia concepito la possibilità e dei quali non conosce il significato”. 4

Tornando al problema iniziale, perché la musica è in grado di suscitare emozioni? La risposta di Spencer è chiara: essa viene codificata culturalmente sulla base di un “parlare alterato emotivamente” che nel corso della storia umana viene gradualmente sistematizzato ed accentuato facendosi dapprima recitazione, poi poesia epica, lirica ed infine canto vero e proprio. Proprio questo andare dal parlato emozionato al canto garantisce e spiega il percorso inverso, dal canto all’emozione, in quanto:

“L’espressione di queste varie modificazioni vocali è innata. […] Noi abbiamo acquisito una stabile associazione di idee tra tali suoni e i sentimenti che li causano. Quando lo stesso suono è emesso da qualcuno […] noi non solo gli attribuiamo il sentimento corrispondente, ma in un certo grado questo sorge in noi […]. Dunque le varie modificazioni di voce […] sono lo strumento tramite cui eccitiamo la nostra simpatia.” 5

La musica si basa sull’espressione delle emozioni, queste costituiscono la base dell’empatia sociale, la musica è dunque in grado di far provare agli altri i sentimenti che esprime. Essa tuttavia non si limita a fare ciò, ma, secondo Spencer, retroagisce sulle modalità di interazione sociale e sul linguaggio stesso, potenziando notevolmente le capacità umane di condividere intersoggettivamente i propri stati mentali per mezzo della voce. Ciò avverrebbe tramite un arricchimento delle componenti prosodiche-intonazionali che, nell’ambito dell’uso pragmatico del linguaggio, hanno un’enorme rilevanza sia nel determinare il significato del proferimento, sia nell’ influenzare il destinatario del discorso. 6

La soluzione di Spencer sembrerebbe funzionare, ma quanto il canto e la musica sono esclusivamente portati storico-culturali umani culminanti nelle emozionalità creative di Mozart, Beethoven e Chopin? Possiamo infatti osservare come la capacità musicale sia distribuita nel mondo animale e come essa sia il più delle volte legata funzionalmente alla sessualità e alle passioni limitrofe, ovvero a comportamenti ed esigenze che già si presentavano in natura molto prima della comparsa di homo sapiens: le rane e i rospi posseggono organi vocali continuamente usati durante la stagione dell’amore; alcuni ragni maschi producono una stessa nota ripetuta ritmicamente; ci sono gibboni in grado di salire e scendere per un ottava tramite intervalli di mezzi toni, per non parlare di topi, cani e uccelli canori.

Darwin riporta questi esempi nel suo capolavoro del 1871, “L’origine dell’uomo e la selezione sessuale”. Egli legge e cita il saggio di Spencer nel paragrafo in cui affronta il tema della musica, condividendone l’impostazione pur rovesciandone la tesi. Vedendo la musicalità come qualcosa di strettamente legato alla competizione-selezione sessuale, ovvero alla possibilità dell’individuo di essere scelto/accedere al partner, egli ne ipotizza la presenza già nei nostri progenitori scimmieschi e dunque nelle forme più remote di umanità, come se, a causa di fattori filogenetici, non potesse esserci uomo senza un qualche senso della musicalità. Le emozioni che la musica risveglia in noi sarebbero dunque, secondo un principio di associazione ereditaria tra toni-ritmo-emozioni, un vago ed indistinto riflesso delle emozioni che agitavano i corteggiamenti dei nostri antichi progenitori. La musica, infatti

“Risveglia i più gentili sentimenti della tenerezza e dell’amore, che possono passare poi prontamente alla devozione. […] Inoltre essa suscita in noi il piacere del trionfo e il glorioso ardore del guerriero. È probabile che queste stesse emozioni siano avvertite anche dagli uccelli quando il maschio innalza il suo canto a pieno volume rivaleggiando per la femmina.” 7

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Il rapporto tra musica e linguaggio viene dunque invertito: essa non è, come per Spencer, un’elaborazione culturale tarda che mescola linguaggio ed espressione emotiva, ma una pratica molto più remota, radicata e distribuita nel mondo vivente. Se il gibbone e l’allodola cantano senza possedere il linguaggio, allora è plausibile pensare che “anche i progenitori dell’uomo, sia maschio che femmina, prima di acquisire il potere di esprimersi amore reciproco in linguaggio articolato, tentavano di affascinarsi col ritmo e con note musicali”. 8. Il dialogo fra questi due autori spiega dunque il problema dal quale eravamo partiti: quell’elaborazione culturale umana che è la musica, in realtà, nelle sue radici profonde, è molto meno astratta e molto meno specie-specifica di quello che si sarebbe disposti comunemente a pensare. Essa è “motivata emozionalmente”; parla al nostro animo in quanto sorge dal collegamento tra la componente mentale delle nostre emozioni e la loro espressione fisica. Soltanto in virtù di tale legame essa può tornare a suscitare quelle violente passioni che, durante la lotta ancestrale per l’accesso alla riproduzione, hanno dato il “la” al primo canto della storia.

Il cammino che da questo “primo canto” la musica ha svolto all’interno della società umana è sicuramente enorme. La sua importanza, i ruoli diversi e complessi che vi ha svolto sono forse da ricercarsi proprio in questa sua natura “anfibia”, posta tra natura e cultura, nonché nei legami che intrattiene con altri fenomeni che condividono la sua stessa ambiguità, come l’espressione delle emozioni, la socialità ed il linguaggio. La valorizzazione della musica è rintracciabile infatti in diverse culture che, fin dai tempi più remoti, le hanno riservato un ruolo di primo piano nelle pratiche sociali e nel cuore della propria sapienza, ovvero nei racconti relativi alla generazione del kosmos. Negli antichi miti mediterranei, africani, australiani e amerindi nei quali gli dei creano cantando e non parlando, possiamo infatti vedere emergere le prime intuizioni ed elaborazioni simboliche circa quel legame potente ed intrinseco tra musicalità ed origine, musicalità e generazione, musicalità e passione che Spencer ed in particolar modo Darwin hanno tentato di chiarire esplicitamente nelle rispettive opere.Bibliografia: . C. Darwin, “L’origine dell’uomo e la selezione sessuale”, Roma, Newton Compton, 2011; . H. Spencer, The Origin and Function of music, in Essays: scientific, political and speculative Vol. II, Londra, Williams and Norgate, 1891.

Athene Noctua è un centro studi di stampo filosofico che volge il suo sguardo, penetrante e significativo, su una disciplina che per sua natura è “indeterminatezza, e ha sempre bisogno di far luce sulla sua propria essenza” (M. Heidegger) . L’iniziativa è promossa principalmente da studenti della facoltà di Filosofia, attenti ad operare un’analisi il più possibile completa ed interessante su un ampio numero di temi.

L’intento è fare di questo progetto un focolaio multidisciplinare, che “accenda” nel lettore l’interesse e la curiosità per temi ed autori, sia di spicco che di nicchia.

Come lo sguardo della civetta, con la sua fissità penetrante induce inevitabilmente a riflettere, a scrutare nei meandri delle notti più buie in cerca di un lume salvifico, questo spazio ha lo scopo di squarciare le tenebre con degli spunti di riflessione.

Gli “occhi della dea”, divengono dunque per questo progetto un emblema della ricerca, del riscoprire la luce e tutte le sue sfaccettature; uscire dalla buia e “vera tragedia della vita” sfruttando questo nuovo sguardo, carico di profonde simbologie. La fiamma della conoscenza e della passione per la filosofia, che illuminano e rischiarano il nostro cammino.

Athene Noctua, perché?Athene Noctua altro non è che il nome scientifico della ben più conosciuta civetta; questo

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viene fatto risalire alla Grecia antica dei filosofi e dei miti ove la civetta giocava un ruolo davvero importante. Atena, la dea della saggezza e della sapienza, veniva anche chiamata Glaukõpis, ovvero “occhi della civetta“. Sono proprio gli occhi di questo piccolo rapace notturno, così luminosi e accorti, l’emblema stesso della meditazione e della ricerca più profonda che squarcia le tenebre, lacera con la sua luce l’impenetrabilità della notte, disvela il nascosto.

Ciò che davvero colpisce e ci cattura è lo sguardo della civetta. I suoi occhi tondeggianti sembrano contenere un composto alchemico che irradia una calda luce nel freddo buio; ma lo sguardo della civetta non è rassicurante. Chi osserva Athene Noctua negli occhi si perde nel suo stesso sguardo, viene conquistato e catturato da un senso di “Unheimlich”.

“Il moderno Diogene – Prima di cercare l’uomo, si deve aver trovato la lanterna.” scriveva Nietzsche nel secondo volume di “Umano, troppo umano”; ed è proprio questo l’obbiettivo dello sguardo rapace di Athene Noctua. Chi si perde in questi occhi accesi nell’oscurità non trova verità, ma illimitata saggezza. La saggezza è meraviglia, stupore, arte, ma per possederla è necessaria una lanterna che illumini il cammino. Crediamo sia proprio questo il motivo che spinge Platone ad affermare che “la vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce“.

Athene Noctua, i lettori.Sempre Nietzsche, sempre in “Umano, troppo umano”: “Peggiori lettori. – I peggiori lettori

sono quelli che si comportano come soldati durante un saccheggio: si prendono quello di cui possono aver bisogno, insudiciano e scompigliano il resto e bestemmiano su tutto“. Athene noctua nasce come progetto universitario, come luogo di crescita, incontro e studio. Non c’è, e non deve esserci, spazio per pubblicazioni semplici e retoriche, ma, al contrario, Athene noctua deve essere il territorio di conquista di studi universitari al di fuori dei corsi di facoltà. Qui la filosofia si studia, non si legge.

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Musica ed Emozioni -

amadeux.net

Musicoterapia: Musica ed emozioni

Molto importante è la relazione tra musica ed emozioni. In questo processo viene coinvolta l'amigdala che riceve rapidi input direttamente dal talamo prima che ci sia una elaborazione da parte della corteccia. Nell'architettura del cervello l’amigdala(13) ha una posizione privilegiata in qualità di sentinella delle emozioni capace all’occorrenza di espropriare il resto del cervello dalle sue funzioni. L’amigdala funziona come un archivio della memoria emozionale ed è quindi depositaria del significato stesso degli eventi; la vita senza l’amigdala è un’esistenza privata di molti significati personali. Ciò spiega le risposte immediate e a volte imbarazzanti nei riguardi della musica: come per es. commuoversi ascoltando un brano. La corteccia invece impiega più tempo per reagire agli input musicali, richiamando alla memoria particolari ricordi legati alla musica ascoltata. L'amigdala ha strette connessioni anche con l'ipotalamo che valuta il comportamento emotivo e garantisce una rapida risposta agli stimoli in entrata, soprattutto per quelli importanti per la sopravvivenza.

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Il sistema nervoso autonomo, costituito da simpatico e parasimpatico, è uno dei maggiori componenti neurologici delle emozioni. Il simpatico attiva il corpo aumentando la frequenza cardiaca, stimolando la secrezione di adrenalina e di altri neurotrasmettitori e la trasformazione del glicogeno per produrre energia. Il parasimpatico invece è un inibitore che abbassa la frequenza cardiaca, stimola la digestione e la secrezione salivare. E' stato verificato che differenti tipi di musica possono stimolare sia il simpatico che il parasimpatico. Ascoltare musica sembra stimolare anche il rilascio di endorfine coinvolgendo il sistema limbico che contiene un gran numero di recettori per gli oppioidi endogeni. Questo risulta particolarmente importante in relazione alle terapie effettuate con suono e musica. Sappiamo infatti che la musica ha la

caratteristica peculiare di transitare senza mediazioni dagli apparati uditivi del sistema limbico, che è il centro dove sorgono le risposte emotive, mentre il linguaggio verbale moderno agirebbe più che altro sui piani analitici e logici dell'emisfero sinistro.

L'emozione è una energia più ancestrale e naturalmente "primitiva" come può esserlo l'onda del mare, paragonabile all'onda del "mare interiore" dell'uomo. Le emozioni rappresentano quindi un livello primordiale più vicino ai centri delle energie del profondo, proprio perché più "primitivo" e non razionale, ma non per questo non intelligente, anzi, depositario di una intelligenza non mediata ed intuitiva che spesso sorprende la razionalità. Caricare una parola di emozione e di significato equivale a renderla vicina alla musica e quindi di dotarla di potenzialità vibratoria in grado di far vibrare i Chakra e di armonizzare l'essere umano durante il movimento delle energie interiori.Le prime "emozioni" che raggiungono gli esseri viventi sono trasmesse da mezzi elastici, quali l'acqua del mare, il liquido amniotico ecc… e sono di tipo ritmo-sonico (musicale), come il battito del cuore materno. Con il suono e le vibrazioni, pertanto, siamo in grado di raggiungere le componenti emozionali più profonde. L'evoluzione degli esseri viventi ha determinato un progressivo aumento del livello di coscienza che è passata da una coscienza puramente emozionale, necessaria per la sopravvivenza e la perpetuazione della specie, sino a raggiungere la consapevolezza di sé, con una "psicologizzazione" delle emozioni medesime che sono gli archetipi più profondi della nostra personalità.Il corpo umano è un sistema concepito per vibrare; infatti udiamo, captiamo, inglobiamo non solamente attraverso le orecchie e il sistema neuro-cerebrale, ma anche per mezzo di un insieme di recettori sparsi un po' dovunque sul corpo: il corpo al suono, risponde con un altro suono. Il corpo si comporta come un diapason che messo accanto ad un altro diapason si mette a vibrare alla stessa frequenza. Il corpo umano in stato di riposo vibra ad una frequenza intorno agli 8 cicli al secondo, che è anche la frequenza delle onde cerebrali "Alpha" prodotte dal cervello in stato di rilassamento, come non a caso la frequenza fondamentale della vibrazione terrestre è la medesima. E' un tentativo perenne del corpo di aderire per mezzo del suono all'ordine e all'equilibrio dell'ambiente in cui vive. Dall'altro lato il corpo stesso è uno strumento che emette vibrazioni e suoni propri. Alcuni come i ritmi del respiro e del battito cardiaco sono udibili, e se disponessimo di un apparato uditivo adatto, potremmo perfino "sentire" la nostra armonia personale. Il corpo riceve musica, la trasforma interiormente in emozione e risponde con vibrazioni proprie, con una musica propria.

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La musica è il mezzo per intrattenere i giusti rapporti con la Natura, per conservare la coesione di un gruppo umano, per mantenere l'equilibrio psicofisico di ciascun membro della comunità e l'unione tra il corpo e lo spirito. Esiste un sottile scambio emotivo e fisico tra ascoltatore, esecutore e il resto del pubblico. Una delle caratteristiche dei concerti e delle esecuzioni dal vivo è che si ascolta sia con la propria energia che con quella collettiva. L'accumulo di attenzione da parte del pubblico crea un intenso campo energetico che può esercitare una forte influenza sia nella produzione dei suoni sia negli effetti sul corpo e sulla mente dei presenti. Gli effetti e le influenze della musica sono tanto più evidenti quanto più siamo disposti a fare esperienza, quanto più siamo abbandonati alla musica che stiamo sperimentando tanto più le sue energie agiscono su di noi. La musica è molto potente, ma la sua capacità di agire sul nostro essere e di vitalizzarci diminuisce in relazione ad eventuali tensioni, resistenze, chiusure mentali, pensieri critici, atteggiamenti analitici, impazienza, distrazioni ecc. Se invece offriamo alla musica un corpo e una psiche rilassati, una mente aperta, essa vi penetra rivitalizzando.Fare o ascoltare musica non è un semplice passatempo, bensì un atto di comunione (Yoga) tra le forze dell'Universo che influenzano lo stato fisico, psichico, morale e di coscienza dell'essere umano. Nella terapia sonora e musicale è determinante il livello di coscienza individuale che crea un'onda portante del suono. E' il livello di consapevolezza dell'individuo che produce un certo suono, ciò che verrà trasmesso alla persona ricevente a livello subliminale. Se sono collerico e produco un suono, la mia collera vi si imprimerà e verrà percepita a livello sottile da chi riceverà quel particolare suono modellato dalle emozioni e dai sentimenti. Quello che va oltre la frequenza sonora è lo scopo, il proposito e la volontà e coinvolge la persona in tutti i suoi aspetti, fisici, mentali, affettivi e spirituali. L'intenzione con cui vengono creati suoni e musica può creare effetti positivi e rinforzanti o negativi e debilitanti.Il prof. Marco Ferrini descrive così la musica e la consapevolezza dell'ascolto:"La musica può essere arte quando è fornita sottoforma di esperienza estetica, oppure può essere conoscenza quando è sottoforma di insegnamento. L'atteggiamento è quello di recepire con attenzione alta che colga anche ciò che non va, parlo quindi di attivare lo stato critico in cui si opera quell'importante discernimento fra ciò che è reale e non reale, corretto e non corretto, giusto o ingiusto. Bisogna riconoscere le stonature, gli errori, le strutture fallaci, sia in arte, sia nelle scienze, nella religione, in filosofia, in psicologia. Apertura al massimo ma anche con il massimo di attenzione perché chi ascolta sia consapevole non solo di ciò che sta ascoltando, ma anche di se stesso e dell'operazione che sta facendo ascoltando. Non si può essere addormentati, storditi, narcotizzati, sarebbe come lasciarsi andare ad uno stato di abbandono inferiore, pericoloso, che scivola nell'oblio. L'ascolto deve essere attento e rapito. Questa attenzione non compromette e non minaccia lo stato di rapimento, anzi lo salvaguarda dall'infiltrazione di condizionamenti, di virus che lo disturberebbero."Qui il prof. Ferrini descrive il rapporto tra musica ed emozioni:"[…]Conosco a livello di neuroscienza, di neuropsicologia, quali sono le strutture cerebrali che producono e provocano le emozioni. So, anche per esperienza e conoscenza dell'antica filosofia, psicologia e scienza dei Veda, che le emozioni appartengono ad una realtà superiore. Si chiamano Rasa ed è solo la loro distorsione che sperimentiamo attraverso il nostro sistema nervoso. Qualsiasi artista ci proponga un'opera d'arte, suscita in noi degli stati d'animo e la vera arte ha proprio lo scopo di portarci al livello più alto nel ritrovare quelle emozioni che sono vicine ai rasa, ovvero alle emozioni spirituali. E' chiaro che quelle emozioni, essendo appartenenti non a questo mondo, ma al mondo delle idee, direbbe Platone, sono fuori dal tempo e dallo spazio, quindi non si può dire che il pianto e il riso, la gioia e il dolore siano veramente in contraddizione, perché non esiste un prima e un dopo. La

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mia esperienza è: queste coppie di apparenti opposti non sono in contraddizione, su livello di esistenza trascendente: sono complementari nel produrre una gioia di tipo superiore. Ovvero: dolore e gioia cessano di essere opposti e vengono ad armonizzarsi su di un piano che li trascende entrambi. E' per questo che nei grandi artisti si passa dalla gioia al dolore, dal riso al pianto senza percepire un contrastante stato d'animo, ma un'ispirazione sempre crescente, perché a quel livello gli opposti servono l'uno all'altro per lanciarci sempre più in alto".Così invece descrive la carica emotiva delle onde psichiche nel suo libro "Psicologia del ciclo della vita":"La carica emotiva acquisita al momento della percezione e trasformata in vritti dagli organi di senso, non si arresta al piano mentale né all'ego riflesso, e neanche si ferma alla buddhi o intelletto, ma continua il viaggio e si deposita nell'inconscio, incidendo una traccia invisibile ma permanente, altamente operativa sul carattere (samskara). La corsa della vritti dunque non termina con il raggiungimento della buddhi. Quando una cosa l'abbiamo analizzata profondamente, ci sentiamo soddisfatti perché abbiamo assolto bene un compito, ma la carica emotiva di quella cosa finisce in una dimensione che non ha limiti fisici: l'inconscio. Questo termine richiamerà alla vostra memoria Freud, Jung ed altri psicologi occidentali più recenti, tuttavia, come spiegato in precedenza, la dimensione inconscia della psiche era già nota migliaia d'anni or sono ai saggi indiani col nome di karmashaya, il luogo dove si depositano emozioni, pensieri e percezioni, i quali, se opportunamente elaborati e compresi, non sono condizionanti per l'individuo.Nel karmashaya le impressioni o samskara si aggregano per analogia, secondo le loro particolari caratteristiche: paure con paure, rancori con rancori, frustrazioni con frustrazioni, atti di generosità con atti di generosità e via dicendo; singole cariche emotive tendono a strutturarsi assieme, a far corpo a sé, creando così neoplasie psichiche sovraccariche emotivamente. Di per sé un solo samskara non sarebbe sufficiente a turbare la volontà del soggetto, ma quando si sommano diventano potenti e talvolta aggressivi, lo destabilizzano e arrivano perfino a travolgerlo, creando una disintegrazione della personalità.Soggetti inibiti, affetti da turbamenti della personalità, rimangono come paralizzati tra il fare una cosa e il non farla e possono indugiare un tempo esasperatamente lungo, odiando sé stessi. Nel loro inconscio si sono create in questo caso tendenze (vasana) tra loro in conflitto, che generano complessi, frustrazioni e fobie strazianti.Il contenuto del karmashaya si manifesta sul piano della coscienza in diverse maniere; una delle principali è il sogno. L'esperienza onirica, a volte negativa e a volte positiva, è di notevole importanza ai fini dell'integrazione della personalità. I contenuti inconsci possono peraltro affiorare anche a seguito di uno spavento, di una grave crisi affettiva, di una perdita, di un lutto; meno spesso a causa di emozioni intensamente piacevoli".(13) L’amigdala è un centro del sistema limbico del cervello. Il termine deriva dalla parola greca che significa mandorla. É un gruppo di strutture interconnesse, a forma appunto di mandorla, posto sopra il tronco cerebrale, vicino alla parte inferiore del sistema limbico.

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Il piacere della musica "visto" dal cervello - Le Scienze -

lescienze.it

Due nuovi studi indagano sugli aspetti cerebrali del piacere che si prova ascoltando musica. Il primo rivela che un brano musicale suscita piacere anche quando lo si ascolta per la prima volta grazie all'attivazione di alcune aree legate ai meccanismi di aspettativa e ricompensa. Il secondo studio dimostra invece che al di là delle differenze individuali, l'ascolto della musica classica evoca in tutti lo stesso schema di attivazione delle strutture cerebrali (red) La musica è presente in tutte le culture fin dalla preistoria, ma ancora non è chiaro quale sia l’origine della gratificazione che proviamo ascoltandola. Due studi appena pubblicati contribuiscono ora a far luce sui meccanismi cerebrali coinvolti nel piacere della musica.

Come si legge su "Science", Valorie N. Salimpoor e colleghi del Montreal Neurological Institute della McGill University hanno analizzato i processi neurali di volontari che ascoltavano per la prima volta alcuni brani musicali. Per dare modo agli sperimentatori di valutare il grado di piacere evocato dalla musica, i soggetti partecipavano a una sorta di asta in cui potevano fare un’offerta per riascoltare un determinato brano.

“Visualizzando l'attività di una particolare area cerebrale, il nucleus accumbens, coinvolto nei meccanismi di ricompensa, è stato possibile prevedere in modo affidabile se i soggetti avrebbero offerto del denaro per riascoltare un certo brano”, spiega Salimpoor.

Il piacere della musica "visto" dal cervello© Oliver Eltinger/CorbisIl coinvolgimento del nucleus accumbens conferma recenti indicazioni de fatto che l'effetto emotivo della musica attiverebbe meccanismi di aspettativa e di anticipazione di uno stimolo desiderabile, mediati

dal neurotrasmettitore dopamina: quando si tratta di un brano già familiare, il meccanismo dell’aspettativa sarebbe evocato dall'anticipazione mentale dei passaggi più godibili. Nella ricerca di

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Salimpoor colleghi, tuttavia, la musica non era conosciuta, ma la risonanza magnetica funzionale ha mostrato che le aree attivate e la mediazione dopaminergica erano le stesse dei brani già noti. La causa, secondo i ricercatori, è una “conoscenza implicita” della musica, ottenuta nel corso degli anni interiorizzando la struttura della musica caratteristica di una certa cultura.

L’attività del nucleus accumbens, inoltre, non è isolata, ma coinvolge anche la corteccia uditiva, che conserva le informazioni sui suoni e sulla musica: nel corso dei test, quanto più il pezzo era gratificante, tanto più intensa era la comunicazione incrociata tra le diverse regioni cerebrali. Questo risultato supporta l'idea secondo cui la capacità di apprezzare la musica faccia riferimento non solo agli aspetti emotivi, ma anche a valutazioni di carattere cognitivo.

Sempre in tema di reazioni cerebrali alla musica, Vinod Menon e colleghi della Stanford University School of Medicine, autori di un articolo pubblicato sullo “European Journal of Neuroscience”, hanno dimostrato che l'ascolto della musica classica evoca un unico schema di attivazione delle aree del cervello a dispetto delle differenze tra le persone.

Il piacere della musica "visto" dal cervello© Hybrid Images/cultura/CorbisIl team ha registrato l'attivazione di diverse aree cerebrali di volontari che ascoltavano brani di William Boyce, un compositore inglese del XVIII secolo, oppure brani di “pseudo-musica”, cioè successioni di stimoli uditivi ottenuti alterando i brani di Boyce con appositi algoritmi al computer. E' stata così identificata una rete distribuita di strutture cerebrali i cui livelli di attività seguivano un andamento simile in tutti i soggetti durante l'ascolto dei brani musicali, ma non durante quello della pseudo-musica.

“Con il nostro studio abbiamo dimostrato per la prima volta che, nonostante le differenze individuali, la musica classica evoca in soggetti diversi un unico schema molto coerente di attività in varie strutture della corteccia fronto-parietale, comprese quelle coinvolte nella pianificazione del movimento, della memoria e dell’attenzione”, spiega Menon. Queste regioni, in particolare, partecipavano ognuna con un proprio tasso di attivazione all’elaborazione di quanto veniva udito, contribuendo a dare un senso, con il proprio specifico contributo, alla struttura complessiva dei brani musicali.

Particolarmente curiosa appare l’attivazione preferenziale dei centri di pianificazione motoria in risposta alla musica ma non alla pseudo-musica: secondo gli autori, si tratta di un “correlato neurale”

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della tendenza spontanea ad accompagnare l’ascolto della musica con movimenti del corpo, come nella danza, o semplicemente battendo le mani.

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Galileo - Giornale di Scienza | Musica, il piacere è nell’attesa - galileonet.it

Immaginate di entrare in casa, c’è silenzio. Finalmente potete ascoltare la vostra musica preferita. Inserite il CD nel lettore, e il brano comincia a suonare. Vi sentite finalmente appagati. Ma il vero piacere è nell’attesa: aspettare l’arrivo di un passaggio melodico particolare genera una sensazione altrettanto gratificante. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Istituto Neurologico di Montréal (Canada) coordinati da Valorie N. Salimpoor, che hanno pubblicato i loro risultati su Nature Neuroscience. Utilizzando tecniche di imaging come la Risonanza magnetica funzionale e la Tomografia a emissione di positroni (PET), i ricercatori hanno analizzato cosa avviene nel cervello di un campione di persone durante l’ascolto della loro musica strumentale preferita.

I ricercatori sono partiti dall’assunto per cui la musica innesca il rilascio di dopamina in una zona del cervello chiamata nel corpo striato, una regione del cervello composta dal nucleo lenticolare e da quello caudato: quest’ultimo governa l’apprendimento stimolo-risposta ed è molto attivo nei momenti di “attesa”. La dopamina è un neurotrasmettitore che ha un ruolo importante nella motivazione e nella ricompensa, tanto che la sua produzione aumenta con l’assunzione di cibo o droghe, l’attività sessuale, e con l’ascolto di musica.

Il lavoro dei ricercatori si è però concentrato sui 15 secondi che precedono l’apice dell’ascolto. I neuroscienziati hanno infatti notato che in questo lasso di tempo si verifica un incremento della dopamina nel nucleo caudato, che tuttavia compie un percorso diverso da quella rilasciata durante l’apice, provocando, quindi, un diverso tipo di piacere. E’ proprio l’attesa, dunque, a fungere da prima ricompensa, come una sorta di equivalente culturale dell’esperimento di Pavlov: studiando il comportamento dei cani, lo scienziato russo aveva notato che gli animali cominciavano a salivare alla visione del cibo. Associando per alcune volte uno stimolo acustico alla presentazione del cibo, e poi presentando solo lo stimolo acustico senza il cibo, i cani cominciavano a salivare come se fossero in presenza del cibo stesso. Dunque, nell’attesa dell’arrivo del cibo. In modo analogo funzionerebbe il cervello umano nell’attesa del passaggio musicale preferito.

Questi risultati, sostengono gli scienziati, possono aiutare a capire perché la musica ricopra un valore così importante all’interno delle diverse culture, e sono utili per comprendere meglio il funzionamento del cervello nell’ascolto della musica.

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