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- La prevenzione vaccinale oggi - Le malattie esantematiche - Mononucleosi Infettiva - Meningite

La prevenzione vaccinale oggi Le malattie esantematiche ... · Nell‟infezione naturale, il tipo di microrganismo, la sua via di entrata nell‟ospite e la sede di ... Recente esposizione

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- La prevenzione vaccinale oggi

- Le malattie esantematiche

- Mononucleosi Infettiva

- Meningite

La prevenzione vaccinale oggi

Sturiale M, Moschella E, Loddo I, Meduri S, Grosso Chirico V, Caruso R, Piraino B, Cuppari C,

Salpietro DC

Vaccino: definizione

Sostanza impiegata per indurre una risposta immunitaria contro le malattie infettive e costituita da

tossine prodotte da microrganismi o dai microrganismi stessi responsabili delle infezioni, trattati in

modo da renderli incapaci di causare la malattia. Somministrando il vaccino, il sistema immunitario

dell'organismo riconosce come estranee le tossine o i microrganismi anche se inattivati e produce

anticorpi specifici e, in particolare, le cellule-memoria (linfociti che "memorizzano" le

caratteristiche delle cellule estranee). Questo stato di immunità che si produce con la vaccinazione

fa sì che, quando il soggetto, nel corso della vita, viene a contatto con il microrganismo, le cellule-

memoria lo riconoscono e sono in grado di dare un'attivazione più veloce e più potente dell'intero

sistema immunitario tale da impedire lo svilupparsi della malattia (profilassi attiva).

Nel 1796, Edward Jenner dimostra la possibilità di conferire l‟immunità contro il vaiolo con

l‟inoculazione del virus del vaiolo vaccino; nel 1979 l‟OMS dichiara l‟ eradicazione della malattia

con sospensione della campagna vaccinale in Italia nel 1981.

REQUISITI FONDAMENTALI PER L’EFFICACIA DI UN VACCINO

- SPECIFICITA‟: si devono individuare determinanti antigenici specifici

- PROTEZIONE: i determinanti antigenici devono indurre immunità protettiva

- IMMUNOGENICITA‟: la formulazione deve indurre il sistema immunitario a montare una

risposta effettrice, nella sede idonea

- INDUZIONE DI MEMORIA IMMUNOLOGICA: la risposta immunitaria deve portare alla

costituzione di memoria immunologia di lunga durata, anche in ambiente “antigen-free”

- INNOCUITA‟: alla sua somministrazione deve seguire una percentuale minima di effetti

collaterali, che deve essere commisurata con la gravità della malattia

- PRATICITA‟ DI IMPIEGO

Nell‟infezione naturale, il tipo di microrganismo, la sua via di entrata nell‟ospite e la sede di

concentrazione prevalente determinano il tipo di risposta immunitaria, che sarà la più idonea alla

sua eliminazione. La risposta umorale esercita un ruolo fondamentale nella neutralizzazione dei

virus e delle tossine batteriche e nel prevenire l‟adesione di microrganismi extracellulari ai recettori

sulle cellule ospiti, mentre l‟immunità cellulare è necessaria per eliminare i patogeni intracellulari

Anche per i vaccini il tipo di formulazione e la via di somministrazione influenzano il tipo di

risposta e l‟efficacia; i vaccini sono in grado di indurre una immunità protettiva con formazione di

cellule B di memoria.

TIPI DI VACCINI

• Vaccini costituiti da microrganismi viventi e attenuati (antimorbillo, antipolio tipo Sabin)

• Vaccini costituiti da microrganismi inattivati (anticolerico, antipolio tipo Salk, tifo, pertosse,

rabbia)

• Vaccini costituiti da componenti antigenici purificati (antinfluenzale)

• Vaccini costituiti da anatossine (antidifterico,antitetanico)

All‟interno del preparato vaccinico non è presente solo il principio attivo (virus, batteri, tossine) ma

componenti a basso ed alto peso molecolare possono dare sensibilizzazione allergica come

conservanti/stabilizzanti/adiuvanti (Hg/lattice…); antibiotici (neomicina/kanamicina…); residui

della lavorazione (gelatina).

Allo stato attuale possiamo distinguere i seguenti tipi di vaccini:

Microrganismi uccisi (attraverso mezzi fisici come il calore o i raggi UV o mezzi chimici).

N.B. si fa uso di questa particolare categoria di vaccini quando non si riesce ad ottenere una

attenuazione stabile di un microrganismo; non sono comunque i grado di offrire una immunità

pari ai vaccini vivi/attenuati

Microrganismi vivi ed attenuati: (l‟attenuazione si ottiene attraverso passaggi seriati in animali

adattati o in particolari terreni di coltura; in genere l‟immunità che si ottiene da questi vaccini è

duratura nel tempo)

Frazioni di microrganismi

Antigeni microbici purificati

Anatossine (o tossoidi)

Vaccini anti-idiotipo

Vaccini da manipolazioni genetiche

VACCINAZIONI OBBLIGATORIE PER L'INFANZIA

• Antidifterica (D): La difterite è una malattia batterica grave (mortale, nonostante la terapia, nel 5-

10% dei casi) trasmessa principalmente per via aerea. La difterite è dovuta all'azione di una tossina

che può agire sul tessuto cardiaco, sui reni, sul fegato, sul sistema nervoso causando danni anche

permanenti.

• Antitetanica (T): Il tetano è una grave malattia batterica (mortale in oltre il 50% dei casi) causata

da un bacillo presente nell'ambiente, che può penetrare attraverso ferite anche banali e produce una

tossina potentissima, che agisce sulle terminazioni nervose, provocando spasmi muscolari

incontenibili. Il numero dei casi in Italia è drasticamente diminuito con l'introduzione della

vaccinazione.

Costituiti da tossoide (anatossina) difterica e tetanica inattivato con formolo; hanno un‟efficacia del

95%

• Antipoliomielitica: La poliomielite è una malattia causata da virus che, dopo avere provocato

un'infezione a livello intestinale possono localizzarsi nel sistema nervoso, causando la paralisi di uno

o più arti e/o dei muscoli respiratori; la mortalità della malattia varia dal 2 al 10%. Esistono due tipi

di vaccino contro la poliomielite, entrambi molto efficaci con una immunizzazione già alla 2° dose

pari al 90%:

CALENDARIO 2008 - 2010Vaccino

3°mese(1)5° mese

mese

mese11° mese

13°

mese

4°-6°

anno

anno

12°

anno

13°-15°

anno

DTPa-IPV-

Hib-HB

esavalente

(2)

DTPa-IPV-

Hib-HB

DTPa-

IPV-Hib-

HB

DTPa-IPV-

Hib-HB

DTPa

-IPV

dTpa

(3)

MPR MPR MPR

VaricellaVaricella Varicella

Varicella

(4)

PCVPCV PCV PCV

Men C

(5)Men

C

Men

C

(5a)

HPV HPV

(6)

HPV

(7)

Influenza Influenza (8)

Rotavirus

(9) Rota

- IPV: si somministra con un'iniezione intramuscolare, è stato preparato da Salk nel 1954 con virus

inattivato; dagli anni '80 è usato un vaccino IPV potenziato;

- OPV: si somministra per via orale, è stato messo a punto da Sabin nel 1957, contiene i virus vivi,

ma attenuati in modo che non possano provocare la malattia. In Italia è stato introdotto nel 1964; il

vaccino di Sabin contenendo un virus vivo, può provocare, anche se raramente (circa un caso ogni

700.000 dopo la prima dose di vaccino, più raramente dopo le dosi successive), una sindrome

poliomielitica paralitica post-vaccinazione. I ceppi virali viventi presenti nel vaccino OPV possono,

replicandosi nell‟intestino del ricevente, andare incontro a mutazioni che fanno loro riacquistare

caratteristiche di virulenza perse con l‟attenuazione; per questo, con una frequenza stimata in un

caso ogni 2.000.000 di dosi somministrate, il vaccino antipolio orale può provocare una malattia del

tutto simile alla poliomielite da virus selvaggio.

• Antiepatite B (HB): L‟epatite B è una malattia che si trasmette attraverso il contatto con sangue o

con altri liquidi biologici infetti, o può essere trasmessa da madre infetta a figlio durante la

gravidanza.

Molto spesso l'infezione da HBV non si presenta con una sintomatologia definita, ma sia le forme

manifeste che quelle inapparenti possono andare incontro a cronicizzazione, in percentuali tanto

maggiori quanto minore è l'età al momento dell'infezione, con conseguenze (epatite cronica attiva,

cirrosi epatica, cancro del fegato) che si manifestano a distanza.

Il vaccino contiene solo una parte del virus ottenuta con tecniche di ingegneria genetica; il vaccino si

somministra con un'iniezione intramuscolare; il vaccino è molto efficace (tra 80 e 95 % dei vaccinati

sviluppa l'immunità); il vaccino è ben tollerato e rari sono le reazioni avverse. Non dimenticare la

protezione del neonato nato da madre HBsAg + già in sala parto attraverso la somministrazione di

dose vaccinale a T0 e Ig anti-HBs in sito diverso entro le 12 h a seguire; poi ulteriore dose vaccinale

al 1° e al 2° mese con controllo al 12° mese:

Se anti-HBs > 10 mIU/ml: stop follow-up

Se anti-HBs < 10 mIU/ml: ulteriore dose vaccinale e controllo;

Se HBsAg +: stato di portarore

VACCINAZIONI CONSIGLIATE PER L'INFANZIA

• Antimorbillo: Il morbillo è una malattia provocata da un virus della famiglia dei Paramixovirus

che si trasmette per via aerea, causando febbre alta, faringite, congiuntivite ed una caratteristica

eruzione cutanea (esantema). Otiti, laringiti, broncopolmoniti, encefaliti sono complicazioni

frequenti del morbillo.

L'encefalite post-morbillosa, che si manifesta in un caso su mille, può essere mortale nel 15% dei

casi e provocare danni permanenti (epilessia, sordità, ritardo mentale) nel 40% dei casi. Per la

persistenza del virus del morbillo a livello cerebrale il danno neurologico può manifestorsi a

distanza di anni dalla malattia, come panencefalite sclerosante subacuta (PESS), rara ma gravissima

malattia neurologica ad esito inevitabilmente infausto.

• Antiparotite: La parotite è una malattia virale (Paramixovirus) trasmessa per via aerea, che si

manifesta solitamente con una caratteristica tumefazione delle ghiandole salivari. Il virus della

parotite esercita la sua azione anche su altre ghiandole e su altri tessuti con possibili complicazioni

quali pancreatiti, meningo-encefaliti, tiroiditi, nefriti, pericarditi e, nei soggetti in età adulta,

infiammazioni agli organi della riproduzione (nel maschio orchite o epididimite, prostatite e nelle

femmine mastite, ooforite).

• Antirosolia: La rosolia è una malattia virale esantematica trasmessa per via aerea da un rubivirus,

della famiglia dei Togaviridae, che in età infantile ha andamento benigno, anche se non sono rare le

complicazioni (miocarditi, pericarditi, epatiti, infiammazioni del sistema nervoso, sordità).

L'infezione contratta da una donna in gravidanza può essere causa di aborto o di gravi anomalie

fetali (Sindrome da rosolia congenita).

VACCINO MPR

Le reazioni avverse sono conseguenza della replicazione del virus vivo attenuato.

Si osservano nelle persone suscettibili, quindi la frequenza di reazioni avverse è minore dopo

somministrazione della seconda dose; inoltre ipazienti che hanno già avuto malattia, non hanno un

rischio aumentato di reazioni avverse al vaccino

• Eventi comuni (dopo 7-14 gg)

– Febbre 5-15%

– Rash 5%

– Tumefazione parotidea 1-2%

• Eventi rari

– Convulsioni febbrili 1/30.000

– Trombocitopenia (entro 2 mesi) 1/30.000

N.B. L‟incidenza di encefalite nei vaccinati è sovrapponibile a quella della popolazione generale

Il vaccino MPR può essere usato nella stessa seduta con altri vaccini. Si può praticare

contemporaneamente al vaccino antivaricella ma non si devono mescolare i due vaccini, vanno

usate sedi e siringhe diverse; se però non si somministrano nella stessa seduta deve trascorrere

almeno un mese tra l‟uno e l‟altro.

Vaccino MPR: Controindicazioni e precauzioni

Malattie acute moderate o gravi (febbre >38°C)

Reazioni allergiche gravi a precedenti vaccinazioni o a componenti del vaccino

Immunosoppressione

Recente somministrazione di emoderivati

Gravidanza: Come tutti i vaccini vivi attenuati, il vaccino MPR è controindicato in gravidanza:

infatti la gravidanza va evitata per il mese successivo alla vaccinazione ma comunque la

somministrazione accidentale in gravidanza non è un‟indicazione all‟interruzione della

gravidanza stessa. Osservando dei bambini nati da madri vaccinate erroneamente 2 settimane

prima o entro le prime 6 settimane di gestazione, si è visto come nessun nato presentava

malformazioni ma alcuni piccoli manifestavano la positività sierologica, con un rischio

massimo totale di malformazioni a causa delle vaccinazioni durante il 1° trimestre pari a 1.2-

1.3%.

False controindicazioni alla somministrazione di MPR

Malattia acuta lieve (anche febbrile <= 38°C)

Terapia antibiotica in corso

Recente esposizione a una malattia infettiva

Convalescenza da una malattia

Reazioni locali o febbre lieve dopo una precedente vaccinazione

Gravidanza di un familiare convivente

Storia di allergia non correlata ai componenti del vaccino

Storia familiare e personale di convulsioni e malattie neurologiche

Storia familiare di SIDS

Sindrome di Down

• Antipertosse (P): La pertosse è una malattia batterica acuta dell'albero tracheobronchiale, causata

da Bordetella pertussis, un batterio gram negativo, immobile e asporigeno, che nel soggetto non

immune si manifesta con un quadro tipico di accessi di tosse spasmodica. Può presentare quadri di

gravità variabile a seconda dell'età: sono caratteristici, appunto, gli accessi di tosse convulsiva, cui

segue un periodo di assenza di respiro (apnea) più o meno prolungato e vomito. Nei bambini molto

piccoli sono relativamente frequenti le complicazioni a carico del sistema nervoso (encefalopatia),

con possibili danni permanenti, sia a causa della scarsa ossigenazione del sangue durante gli accessi

di tosse, sia per l'azione diretta di una tossina prodotta dal batterio della pertosse. Altre possibili

complicazioni sono laringiti, broncopolmoniti, convulsioni. Da alcuni anni si usano vaccini contro

la pertosse acellulari, costituiti non dall'intera cellula della Bordetella Pertussis, ma solo da alcune

sue parti con effetti collaterali significativamente ridotti (che in passato consistevano in febbre

elevata, pianto inconsolabile, collasso). Hanno una efficacia pari

all‟85%.

• Anti-Haemophilus influenzae b (Hib): Haemophilus influenzae è un microrganismo che

determina un ampio spettro di patologie: molto comuni sono le infezioni delle mucose quali otite

media, sinusite, bronchite, congiuntiviti, polmoniti, infezioni del tratto urinario; di solito non danno

luogo a sepsi e quindi non sono pericolose per la vita. Le patologie invasive gravi avvengono

soprattutto nei neonati e in generale nei bambini al di sotto dei 5 anni di età. Le più importanti

patologie invasive sono meningiti, epiglottiti e polmoniti settiche. Il ciclo vaccinale di base prevede,

per i nuovi nati, la somministrazione di tre dosi nel primo anno di vita (3°, 5° e 12° mese).

Sono disponibili sia vaccini monovalenti contro il solo Hib, che vaccini combinati con altri antigeni.

Per il ciclo vaccinale di base nei nuovi nati vengono utilizzati attualmente soprattutto vaccini

esavalenti (DTP, IPV, Epatite B, Hib).

• Antipneumococco: vaccino coniugato eptavalente (contenete ovvero i sottotipi batterici

responsabili della quasi totalità di meningiti e sepsi da pneumococco) è raccomandato nei bambini

di età inferiore a 5 anni, che presentino alcune condizioni che li espongono a maggior rischio

ovvero:

- anemia falciforme e talassemia

- asplenia funzionale e anatomica

- broncopneumopatie croniche, esclusa l‟asma

- condizioni associate ad immunodepressione

- diabete mellito

- insufficienza renale e sindrome nefrosica

- infezione da HIV

- alcune immunodeficienze congenite

- malattie cardiovascolari croniche

- malattie epatiche croniche

- perdita di liquido cerebrospinale

- i portatori di difetti del complemento

- altre malattie che espongano a rischio di patologia invasiva

È possibile vaccinare con vaccino 7-valente coniugato bambini che abbiano almeno 2 mesi di vita.

Se il bambino è vaccinato durante il 1° anno di vita sono necessarie 3 dosi (con un intervallo di

almeno un mese tra una dose e l'altra), ed una 4a dose è prevista durante il 2° anno di vita; se il

bambino è vaccinato durante il 2° anno di vita sono necessarie 2 dosi (con un intervallo di almeno

due mesi tra una dose e l'altra). Se il bambino ha più di 2 anni è sufficiente un'unica dose.

La vaccinazione antipneumococcica può essere associata ad ogni altro tipo di vaccinazione ed ha

una efficacia pari al 90% con un buon profilo di sicurezza.

• Antimeningococco sierotipo C: La meningite è una malattia infettiva che provoca

un'infiammazione delle membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale (le meningi).

La forma virale (meningite asettica), è quella più comune, solitamente non ha conseguenze gravi e

si risolve nell'arco di una decina di giorni. La forma batterica, invece, è più rara ma estremamente

più seria e può avere conseguenze letali.

Gli agenti batterici sono diversi e il più temuto è il Neisseria meningitidis detto meningococco, di

cui esistono diversi ceppi (i più comuni A, B, C, Y e W135). Altri agenti batterici sono lo

streptococcus pneumoniae (pneumococco) e l'haemophilus influenzae tipo b (Hib).

La meningite da Hib è la forma più frequente di meningite batterica nei bambini di età inferiore a 2

anni ed è spesso responsabile di danni permanenti (sordità, ritardo mentale, epilessia).

La vaccinazione antimeningococcica è ben tollerata. La maggior parte delle reazioni è di solito

temporanea.

Sono possibili reazioni locali (rossore, gonfiore, dolore, tumefazione) nella sede dell'iniezione;

alcuni bambini possono presentare reazioni sistemiche quali febbre, disturbi intestinali (vomito,

diarrea, inappetenza), irritabilità, disturbi del sonno. Rare sono le reazioni di tipo allergico e disturbi

del sistema nervoso (quali ad esempio convulsioni ed ipotonia). Il vaccino è fortemente

raccomandato ai bambini con deficit immunitari, più a rischio di contrarre gravi infezioni.

La raccomandazione è estesa anche a tutti i bambini, soprattutto se frequentano una collettività

infantile e agli adolescenti.

Non devono essere vaccinati i bambini con età inferiore a 2 mesi e deve rimandarsi in bambini con

malattia acuta.

• Antivaricella: È possibile vaccinare bambini che abbiano almeno 12 mesi di vita; nei bambini

da 1 a 12 anni di vita è necessaria 1 dose di vaccino

ma a partire dai 13 anni sono necessarie 2 dosi (con un intervallo di 4-8 settimane tra una

somministrazione e l'altra); il vaccino è fortemente raccomandato ai soggetti oltre i 13 anni d'età che

non abbiano già contratto la malattia (perché più a rischio di contrarre complicazioni gravi). Non

devono essere vaccinati:

- bambini con età inferiore a 12 mesi

- soggetti che negli ultimi 3-5 mesi abbiano ricevuto trasfusioni di sangue o terapie con

immunoglobuline.

N.B.: La vaccinazione va rimandata nei pazienti con malattia acuta o in presenza di una malattia o

di una terapia cronica (cortisonici).

La vaccinazione antivaricella è ben tollerata con effetti minimi; sono possibili reazioni locali

(rossore, gonfiore, dolore, tumefazione) nella sede dell'iniezione. Alcuni bambini possono

presentare reazioni sistemiche quali febbre, e manifestazioni cutanee varicelliformi diffuse o

localizzate nella sede dell'iniezione (2-5 elementi).

Sono estremamente rare reazioni di tipo allergico e disturbi del sistema nervoso.

NB: È prudente non somministrare ac.salicilico nelle 6 settimane successive alla vaccinazione

(perché è dimostrata un'associazione tra l'assunzione di questo farmaco durante la varicella e la

comparsa della sindrome di Reye).

Oggi la vaccinazione anti-varicella può essere somministrata contemporaneamente, in un‟ unica

soluzione con la vaccinazione MPR.

I soggetti vaccinati generalmente non sono contagiosi, ma è prudente che per 6 settimane evitino

contatti con donne gravide che non abbiano già contatto la malattia, neonati e soggetti con deficit

immunitari

• Anti HPV: L'HPV è responsabile di un'ampia gamma di patologie dell'apparato genitale tra cui i

condilomi, le lesioni cervicali e le neoplasie anogenitali, in particolare il tumore del collo

dell'utero. Ad oggi sono stati identificati più di 120 genotipi di Hpv, che infettano l'uomo. Quelli

più frequentemente implicati nel carcinoma della cervice uterina sono il 16 (60% dei tumori) e il 18

(10%), per cui, il 70% dei tumori della cervice uterina è associato alla presenza di Hpv 18 o 16.

Esiste attraverso la vaccinazione la possibilità di prevenire, nelle adolescenti e nelle giovani donne

sessualmente attive il tumore del collo dell'utero; questo è un vaccino antigenico e può essere

BIVALENTE (utilizzando HPV 16 e 18) o QUADRIVALENTE (in cui si trovano anche HPV 6 e

11, sierotipi meno comuni) .La somministrazione è consigliata prima dell‟inizio dei rapporti

sessuali ed è particolarmente vantaggiosa perché induce una protezione prima di un eventuale

contagio con HPV. Tra le controindicazioni più importanti ricordiamo la gravidanza.

• Anti- influenza: Alla base dell‟epidemiologia dell‟influenza c‟è la tendenza del virus influenzale

di variare la propria struttura antigenia superficiale attraverso “scambi proteici” tra i vari ceppi,

creando dei virus in grado di aggirare la barriera immunitaria presente nella popolazione con

esperienza di pregressa infezione. Sono disponibili vaccini anti-influenzali costituiti da virus

inattivato (non in Italia), vaccini SPLIT (in cui le particelle antigeniche sono disgregate da solventi)

e vaccini a sub-unità (contengono solo Emoagglutinina e Neuroamminidasi).

Chi vaccinare per l‟influenza stagionale?: Bambini di età superiore ai 6 mesi, ragazzi e adulti fino a

65 anni affetti da:

- malattie croniche a carico dell‟apparato respiratorio

- malattie dell‟apparato cardio-circolatorio, comprese le cardiopatie congenite e acquisite

- diabete mellito e altre malattie metaboliche

- malattie renali con insufficienza renale

- malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie

- tumori

- malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi,

immunosoppressione indotta da farmaci o da HIV

- malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinali

- patologie per le quali sono programmati importanti interventi chirurgici

- patologie associate ad un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie

(ad es. malattie neuromuscolari)

- bambini e adolescenti in trattamento a lungo termine con acido acetilsalicilico, a rischio di

Sindrome di Reye in caso di infezione influenzale

• Antiepatite A: La vaccinazione è consigliabile in aree endemiche o nei casi di possibile

esposizione al contagio (ad es.: militari, personale sanitario, addetti alla preparazione degli alimenti,

tossicodipendenti). La vaccinazione include la somministrazione per via intramuscolare in zona

deltoidea, di 2 dosi, di cui la seconda ad un mese di distanza dalla prima. Effetti collaterali possono

essere: irritazione e tumefazione in sede di iniezione, febbre, cefalea, nausea. Il vaccino non va

somministrato a soggetti con diatesi emorragiche o disturbi ematologici ai bambini al di sotto di 1

anno; va sconsigliato durante la gravidanza e l'allattamento.

Le controindicazioni all'effettuazione di una vaccinazione sono distinguibili in:

Controindicazioni assolute

1. Disordini immunitari: in generale, si sconsiglia la somministrazione di vaccini preparati con

microrganismi vivi attenuati (cioè virus vivi privati della capacità di causare malattia ma

ancora in grado di stimolare le difese dell'organismo come, ad esempio, il vaccino di Sabin

contro la polio, il vaccino contro il morbillo, la rosolia e la parotite) alle persone che hanno

una ridotta capacità di difendersi, che cioè hanno alterazioni del sistema immunitario.

Queste possono essere dovute a vari fattori:

o malattie congenite che comportano la diminuzione o l'assenza degli anticorpi

prodotti naturalmente;

o riduzione delle difese immunitarie conseguente a tumori maligni o ad altre patologie

come l'infezione da virus dell'AIDS (HIV) o per terapie particolari, ad esempio

somministrazione di alte dosi di farmaci contenenti cortisonici.

Un'eccezione a quanto detto è data dal vaccino contro il morbillo che, anzi, è consigliato nei

soggetti con infezione da HIV nei quali la malattia è molto più rischiosa della vaccinazione.

2. Gravi reazioni dopo la prima somministrazione: chi ha avuto una grave reazione allergica o

una malattia neurologica importante in seguito alla somministrazione di una dose di vaccino

non dovrà proseguire il ciclo di quello specifico vaccino. Pertanto, è sempre opportuno

riferire al medico vaccinatore eventuali reazioni vaccinali.

Controindicazioni temporanee

1. Gravidanza: in generale è opportuno rimandare le vaccinazioni con microrganismi vivi

attenuati nelle donne in stato di gravidanza. Se una donna non è mai stata vaccinata contro il

tetano, dovrebbe effettuare l'antitetanica nel periodo compreso tra il quarto e l'ottavo mese di

gravidanza.

2. Somministrazione recente di Immunoglobuline (≤ 11 mesi) escluso il caso di profilassi

post-esposizione al morbillo

3. Terapia immunosoppressiva a lungo termine (> 2 settimane)

4. Terapia antiblastica e terapia radiante

5. Trapianto di organi solidi

6. Trapianto di cellule staminali ematopoietiche

7. Presenza di malattie acute: qualsiasi vaccinazione deve essere rinviata quando è in corso

una malattia acuta con febbre oltre 38°C o in presenza di disturbi generali che il medico

considera importanti.

8. Storia personale di allergia alla penicillina o di allergie non legate a componenti dei

vaccini.

Precauzioni

1. Alcune immunodeficienze come la Sindrome di Di George

2. Presenza di malattie acute, moderate o gravi con o senza reazioni febbrili

3. Reazione allergica grave al lattice (per le preparazioni che contengono lattice nella

siringa)

4. Storia di artrite prima o dopo somministrazione di MPR o rosolia

5. Storia di trombocitopenia o porpora trombocitopenia dopo una prima dose di MPR,

specialmente se entro le prime 6 settimane

6. Tubercolosi

False controindicazioni alle vaccinazioni

Come abbiamo visto, le vere controindicazioni sono molto poche; purtroppo, ancora tanti bambini

vengono vaccinati con ritardo o non vengono vaccinati affatto a causa di condizioni erroneamente

ritenute vere controindicazioni. Ricordate che il vostro bambino può essere vaccinato anche in

presenza delle seguenti condizioni:

Febbre non oltre 38°C o diarrea lieve in un bambino altrimenti in buono stato di salute

Terapia antibiotica in corso o convalescenza di una malattia

Nati pretermine (prima di 9 mesi), anche di basso peso

Malattie del sistema nervoso che non tendono a progredire

Sindrome di Down

Ittero neonatale pregresso

Modeste reazioni locali o generali alla somministrazione di un vaccino

Storia familiare di allergie

Allergia alle uova o mancato inserimento delle uova nella dieta

Recente esposizione ad un caso di malattia infettiva

Storia familiare di convulsioni in soggetti da vaccinare per la pertosse o il morbillo

Stato di gravidanza della madre o di altra donna facente parte della famiglia

Eczemi o altre dermatiti localizzate, dermografismo

Allattamento o età fertile

Contemporanea effettuazione del test tubercolinico o positività del test

Immunodeficienza dei fagociti, del complemento, lievi di IgA o sottoclassi di IgG

Infezione da HIV senza grave immunodepressione

Trattamento con GCs topici, o sistemici a basse dosi

REAZIONI AVVERSE

Come tutti i farmaci, anche i vaccini possono causare delle reazioni avverse; le reazioni gravi

causate da vaccini sono rarissime con una frequenza di anafilassi pari a 1-3 casi su milione di dosi

somministrate.

Le reazioni possono essere:

LOCALI: dolore, gonfiore, arrossamento nella sede di iniezione solitamente di lieve o moderata

entità, regressione spontanea

GENERALI:

- più comuni: febbre, rash cutaneo, pianto insistente, convulsioni febbrili. Tutti prevenibili con

terapia specifica;

- molto rare e gravi: encefalite, sindrome di Guillan Barré, piastrinopenie, shock anafilattico.

Rispetto al criterio temporale:

Intervallo di tempo molto breve (minuti)

1. Spasmi respiratori (affettivi o di singhiozzo): Episodio tipico nei lattanti e nei bambini.

Dopo una fase più o meno lunga di pianto intenso, il bambino sospende il respiro in fase

espiratoria e appare manifestamente agitato. Si osserva un rossore del viso e cianosi

peribuccale, che tende ad intensificarsi per tutta la durata della crisi. Se persiste più a lungo

può esserci una breve perdita di coscienza o anche un irrigidimento in opistotono o delle

mioclonie isolate.

2. Crisi d‟ansia

3. Svenimento – collasso: In circa un quarto dei casi si verificano movimenti tonico–clonici (in

genere agli arti). Le caratteristiche cliniche presenti sono polso centrale presente, anche se

debole e bradicardico, (a differenza di quello che si verifica in caso di shock anafilattico);

respirazione rallentata o con apnee di pochi secondi (a differenza di quello che si verifica in

caso di crisi d‟ansia).

4. Episodio di ipotonia-iporesponsività (HHE): Episodio caratterizzato da diminuzione o

perdita acuta del tono muscolare, accompagnato da pallore, o cianosi, o mancata risposta

agli stimoli ambientali, o torpore prolungato; può essere preceduto da irritabilità o febbre. Si

verifica 1-24 ore dopo la vaccinazione, eccezionalmente dopo alcuni minuti.

5. Manifestazioni di ipersensibilità immediata:

LIEVE: quando i sintomi si limitano ad una eruzione orticarioide e/o a un rigonfiamento

immediato nel punto di iniezione o quando, pur essendovi il coinvolgimento di altri sistemi o

apparati non si hanno turbe funzionali importanti (es: starnuti, lacrimazione, tosse, vampate

vasomotorie, prurito, broncospasmo lieve, angioedema di Quinke…)

GRAVE: quando predominano i sintomi cardiorespiratori e neurologici fino allo stato di shock con

ipoperfusione grave da ipovolemia relativa, con o senza broncospasmo e/o laringospasmo o edema

della glottide.

ANAFILASSI: Si definisce anafilassi quell‟insieme di reazioni che si presentano immediatamente

dopo o al massimo nei trenta minuti successivi all‟inoculazione del vaccino ; la brevità

dell‟intervallo lascia presagire abitualmente una reazione più severa; possono essere attribuibili al

vaccino reazioni anafilattiche insorte entro le 24 ore dalla somministrazione

Bibliografia

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2. Gallo G, Mel R, Rota MC (Eds). Guida alle controindicazioni alle vaccinazioni. Roma: Istituto

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Le malattie esantematiche

Cuppari C, Meduri S, Barone C, Salpietro V, Sancetta F, Comito D, Talenti A, Chirico V, Briuglia S,

Sturiale M

La febbre e l‟esantema sono frequenti in età pediatrica. Esistono 6 diversi tipi di esantemi infettivi.

Nonostante la maggior parte degli esantemi dell‟infanzia associati a febbre siano autolimitantesi e a

prognosi benigna, alcuni mettono a rischio la vita del paziente e richiedono trattamento immediato.

Si tratta per lo più di malattie virali con disseminazione ematogena di cui l‟esantema costituisce il

momento clinico di maggiore evidenza e più caratteristico. Eccezione fa la scarlattina che è una

malattia tossinica da Streptococco B-emolitico.

1° Morbillo (o Rubeola o Morbillo dei 10gg)

2° Scarlattina Streptococcica

3° Rosolia

4° Varicella

5° Eritema infettivo

6° Esanteme Subitum o Critico o Infantum

Morbillo

È una infezione virale acuta, altamente contagiosa, caratterizzata nello stadio finale dalla comparsa

di un esantema maculo-papulare che si espande in modo progressivo a partenza dal collo e viso, per

poi interessare il tronco e successivamente braccia e gambe, accompagnato da febbre elevata. È

endemico in tutto il mondo e compare in forma EPIDEMICA durante i mesi primaverili ogni 3-4

anni (la diffusione della malattia ha bisogno di trovare una popolazione non immunizzata

abbastanza ampia). L‟agente infettante è il Morbillivirus, un paramixovirus a RNA. La massima

disseminazione del virus avviene nel periodo prodromico (che varia da 3-5 gg) tramite le goccioline

di saliva, con indice di contagiosità notevolmente elevato (95%). I bambini tra 4-6 mesi solitamente

non sono colpiti grazie all‟immunità acquisita per via transplacentare dalle madri che hanno avuto il

morbillo o che sono state immunizzate. Il virus del morbillo colpisce principalmente la cute e le

mucose (nasofaringe, bronchi, tratto gastrointestinale e congiuntive). La lesione essenziale del

morbillo si verifica attorno ai capillari di tali strutture con comparsa di essudato sieroso e

proliferazione di cellule mononucleate. Solitamente si verifica iperplasia del tessuto linfoide e nella

cute la reazione è particolarmente evidente a carico delle ghiandole sebacee e dei follicoli piliferi.

Il morbillo riconosce un periodi di incubazione della durata di 10-12 giorni con segni e sintomi

sfumati cui segue un periodo prodromico caratterizzato da una sintomatologia legata all‟enantema.

La localizzazione sulla mucosa nasale provoca starnuti e secrezione siero-mucosa; la localizzazione

congiuntivale determina arrossamento, lacrimazione e fotofobia; la presenza della linea di Stimson

(linea di infiammazione congiuntivale, ben marcata sui margini palpebrali) può suggerire il

morbillo prima della comparsa delle macchie di Koplik che compaiono al cavo orale, in

corrispondenza dei molari inferiori, di colorito bianco grigiastro, solitamente delle dimensioni di un

granello di sabbia, che presentano un‟areola chiara, rossastra (segno patognomonico del morbillo).

Possono durare anche 12 h e non essere rilevate all‟esame obiettivo. L‟interessamento della laringe

e della trachea è responsabile della tosse continua insistente e stizzosa mentre il coinvolgimento del

tratto gastrointestinale può determinare talvolta vomito e diarrea. A questi sintomi si accompagnano

malessere, cefalea e febbre, che aumenta progressivamente fino a superare 40°C. Al termine del

periodo prodromico la febbre cade per 6-12 h per riaccendersi con la comparsa dell‟esantema;

questo inizia solitamente con delle macule pallide, non pruriginose, sulla parte supero-laterale del

collo, dietro le orecchie, lungo l‟attaccatura dei capelli e sulla parte posteriore delle guance.

Le lesioni individuali divengono gradualmente maculo-papulari, dal momento in cui l‟esantema si

estende rapidamente sull‟intero volto, collo, parte superiore del torace (il tutto nelle prime 24 h).

In questa fase i linfonodi angolo-mandibolari e della regione cervicale posteriore sono solitamente

aumentati di volume. Durante le successive 24 h l‟esantema si estende a schiena, addome, arti

superiori e cosce; quando finalmente raggiunge i piedi comincia a scomparire dal volto. L‟esantema

scompare verso il basso con la stessa sequenza con la quale è comparso, quindi in senso cranio-

caudale. Dopo la scomparsa dell‟esantema, segue una desquamazione furfuracea e una colorazione

brunastra, che scompaiono entro 7-10 gg. La gravità della malattia è direttamente correlata

all‟estensione e confluenza dell‟esantema presentandosi quindi in forma lieve quando l‟esantema

non è confluente o forma grave quando l‟esantema è confluente e la cute è completamente coperta,

compresi palmo delle mani e pianta dei piedi, con volto gonfio e sfigurato.

La diagnosi è solitamente suggerita dal quadro clinico.

Le complicanze possono verificarsi più comunemente a carico dell‟apparato respiratorio (legate

all‟azione diretta del virus come laringite, tracheite, bronchite e polmonite interstiziale o alla

sovrapposizione batterica come otite e broncopolmonite) o del sistema nervoso centrale quali

l‟encefalite acuta post-morbillosa (0.5/1000) che si verifica in genere a 2-5 giorni di distanza dalla

comparsa dell‟esantema ed è probabile espressione di una reazione immunitaria virus indotta e la

panencefalite sclerosante subacuta (1:100000) ad inizio insidioso e decorso lento con caratteristiche

alterazioni EEG e anatomo-istologiche, che colpisce a molta distanza dalla presunta infezione (anni)

a sua volta decorsa spesso senza esantema, in tal caso l‟encefalite è dovuta ad una lunga persistenza

del virus nell‟encefalo.

Diagnosi differenziale: il rash del morbillo deve essere differenziato da quello della rosolia,

infezioni da echo-, coxsachie- ed adenovirus, mononucleosi infettiva, toxoplasmosi,

meningococcemia, scarlattina, malattia da rickettsie, malattia di Kawasaki ed eruzione da farmaci.

Prevenzione: la quarantena ha scarso valore poiché la contagiosità avviene durante lo stadio

prodromico, quando ancora non si sospetta un morbillo. Molta importanza invece deve essere

attribuita alla immunizzazione attiva (vaccinazione - vedi capitolo relativo).

Trattamento: indicati antipiretici per la febbre alta, il riposo a letto e un‟adeguata assunzione di

liquidi. La terapia antibiotica si impone qualora vi siano complicanze batteriche (otite, polmonite)

Scarlattina Streptococcica o Quarta malattia

La malattia è il risultato di un‟infezione da streptococco che elabora esotossine pirogeniche

immunologicamente distinte (A-B-C) che funzionano da superantigeni. Quasi sempre insorge come

complicanza di una tonsillite streptococcica e, più raramente, di una contaminazione settica esterna

(da ferita accidentale o chirurgica). Oggigiorno è eccezionale vedere una scarlattina della gravità di

un tempo, e la grande maggioranza dei casi presenta un esantema debole o addirittura mal

riconoscibile, febbre non elevata e scarsi segni di accompagnamento (oggi chiamiamo scarlattina

quella che una volta era denominata quarta malattia). La trasmissione si verifica attraverso il

contatto con le secrezioni respiratorie di soggetti con infezioni streptococciche in atto, ed è facilitata

da ambienti affollati (asili, scuole). Il periodo di incubazione varia da 1 a 7 gg. L‟esordio è

improvviso (nell‟arco di 24 h) ed è caratterizzato da febbre, vomito, cefalea, faringite e brividi.

A livello orofaringeo, e in particolare le tonsille, appaiono iperemiche ed edematose, spesso coperte

da essudato purulento; il palato e l‟ugola possono essere arrossati e coperti da petecchie e il dorso

della lingua, durante i primi giorni, presenta una patina biancastra attraverso la quale emergono

papille rosse ed edematose (lingua a fragola bianca) con successiva desquamazione nei giorni a

seguire (lingua a fragola rossa). Dal momento dell‟esordio, entro 12-48h compare l‟esantema tipico

caratterizzato da lesioni papulari puntiformi eritematose che scompaiono alla digitopressione. In

alcuni individui l‟esantema può essere palpabile prima di essere visibile, con una consistenza simile

a pelle d‟oca. L‟esantema inizia alle ascelle, all‟inguine ed al collo, ma entro 24 h diviene

generalizzato. Le lesioni generalmente non interessano il volto, mentre la fronte e le guance

appaiono arrossate e l‟area intorno alla bocca è pallida (pallore circumorale); zone di

iperpigmentazione che non svaniscono alla digitopressione possono comparire nelle pieghe

profonde, in particolare nelle pieghe ante cubitali (linee di pastia). La temperatura corporea

aumenta improvvisamente e raggiunge i 39.5-40°C al secondo giorno, e gradualmente ritorna nella

norma entro 5-7 gg in un paziente non trattato; in seguito ad antibioticoterapia con penicillina la

defervescenza si verifica solitamente entro 12-24 h.

Rosolia

È una infezione solitamente caratterizzata da lieve sintomatologia, un esantema morbilliforme di

grado lieve associati a linfadenopatia dolente alla palpazione dei linfonodi in sede post-occipitale,

retro auricolare e cervicale posteriore. Prima dell‟introduzione del vaccino (1969) comparivano

Pandemie di Rosolia ogni 6-9 anni soprattutto in Primavera. Nelle popolazioni chiuse circa il 100%

degli individui suscettibili possono infettarsi venendo a contatto soprattutto con sangue, feci, urine e

secrezioni naso-faringee dei soggetti infetti; il virus è stato evidenziato nel nasofaringe 7 gg prima

della comparsa dell‟esantema e 7-8 gg dopo la sua scomparsa. La malattia si manifesta negli

adolescenti e nei giovani/adulti; quando colpisce le donne nel primo trimestre di gravidanza può

provocare la Sindrome Rubeolica Congenita. L‟agente eziologico è un virus a RNA del genere

Rubivirus della famiglia dei Togaviridae. La rosolia è una malattia lieve, non sempre esantematica,

anzi spesso asintomatica ( la sua importanza e‟ legata solo alla infezione embrionaria). Il periodo di

incubazione varia da 14-21 gg; il periodo prodromico (1-3 gg) è caratterizzato da lievi sintomi

catarrali che possono passare inosservati.

Il segno più caratteristico è rappresentato dalla linfadenopatia. Nessun altra patologia provoca un

ingrossamento doloroso di questi linfonodi in misura tale quale la rosolia. La linfadenopatia

compare almeno 24 h ore prima dalla comparsa dell‟esantema e può persistere per 1 settimana.

L‟esantema può essere preceduto da un enantema caratterizzato da discrete macchie di colore rosa

sul palato molle (macchie di Forchheimer), che possono confluire in una macchia rosa ed estendersi

alle fauci. L‟esantema è caratterizzato da maculo-papule rosee, lievemente pruriginose, non

confluenti, del diametro di 3-4 mm a rapida evoluzione, quindi, mentre scompare dal volto,

compare al tronco (in un‟unica “pousse‟‟ in seconda giornata); l‟esantema può essere confluente

soprattutto al viso e assumere in 2° giornata un aspetto a capocchia di spillo, simil-scarlattiniforme,

soprattutto al tronco. L‟eruzione solitamente si attenua intorno al 3° giorno. La desquamazione è

modesta. La mucosa faringea e le congiuntive sono debolmente infiammate ma, a differenza del

morbillo, non c‟è fotofobia. Spesso è presente modesta splenomegalia. Tra le manifestazioni

collaterali, vi è una dolenzia, anche vivace, delle articolazioni che possono apparire tumefatte.

La diagnosi è clinica; da un punto di vista laboratoristico può essere posta in seguito al riscontro di

IgM. La profilassi si avvale della vaccinazione (vedi capitolo relativo) e di gamma globuline

standard nella gravida recettiva che decide di proseguire la gravidanza.

La Sindrome Rubeolica Congenita è una grave malattia multisitemica con un ampio spettro di

espressioni cliniche e sequele. Il rischio per i difetti congeniti e per la malattia sono maggiori

durante la 1° infezione materna, e compaiono in circa il 90% dei neonati le cui madri acquisiscono

l‟infezione prima della 11° settimana di gravidanza, diminuendo del 10-20% alla fine del 1°

trimestre con rischio globale per il trimestre del 70%. L‟infezione materna dopo la 16° settimana

presenta un basso rischio per difetti congeniti sebbene possa avvenire l‟infezione del feto. Durante

il periodo embrionale infatti le cellule si trovano in uno stato di attiva replicazione e quindi recettive

per la replicazione virale, in questo stadio si verificano: inibizione o rallentamento della mitosi e

necrosi cellulare, tutto ciò causerà gravi embriopatie malformative che vengono raggruppate sotto il

nome di Triade di Gregg:

1. Cataratta

2. Malformazioni cardiache

3. Sordità per malformazione dell'organo del Corti.

Nel neonato la diagnosi di sindrome rubeolica congenita si basa sulla sieroconversione delle IgM in

IgG o in caso di aumento di circa 4 volte del titolo delle IgG.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 1039.5-39.0-38.5-38.0-37.5-37.0-36.5-

Rush

Adenomegalia

Congiuntivite

Rinite

Varicella

La varicella è una malattia infettiva altamente contagiosa provocata dal virus della Varicella zoster

(Vzv), della famiglia degli Herpes virus e nella maggioranza dei casi colpisce i bambini tra i 5 e i 10

anni.L‟uomo è l‟unico serbatoio noto di questo virus: la malattia si trasmette quindi soltanto da

uomo a uomo. Il virus provoca un‟infezione latente nei gangli delle radici posteriori dei nervi

spinali, la sua riattivazione può manifestarsi con l‟herpes zoster.

Modalità di trasmissione. La varicella è una delle malattie infettive più contagiose, soprattutto nei

primi stadi dell‟eruzione. La trasmissione interumana avviene per via aerea mediante le goccioline

respiratorie diffuse nell‟aria attraverso la tosse o gli starnuti, o per contatto diretto con lesione

cutanee da varicella o zoster. La contagiosità inizia da 1 o 2 giorni prima della comparsa

dell‟eruzione e può durare fino alla comparsa delle croste. Durante la gravidanza, il virus può essere

trasmesso all‟embrione o al feto attraverso la placenta.

Sintomi, decorso clinico e complicanze. Sebbene il periodo di incubazione varia da 10 a 21 giorni,

la malattia in genere inizia 14-16 giorni dopo l‟esposizione. I sintomi prodromici sono comuni,

soprattutto nei bambini più grandi: febbre, malessere, anoressia, cefalea e occasionalmente dolori

addominali di lieve entità. Quasi tutti i bambini suscettibili esposti manifestano un esantema

cutaneo (o rash), febbre non elevata e lievi sintomi generali come malessere e mal di testa. Per 3-4

giorni, piccole papule rosa pruriginose compaiono su testa, tronco, viso e arti, a ondate successive.

Le papule evolvono in vescicole, poi in pustole e infine in croste granulari, destinate a cadere;

caratteristica è la coesistenza delle lesioni in diverso stadio evolutivo. La varicella è in genere una

malattia benigna che guarisce nel giro di 7-10 giorni. La malattia tende ad avere un decorso più

aggressivo nell‟adolescente e nell‟adulto, e può essere particolarmente grave se colpisce persone

immunodepresse. Le complicanze della varicella sono rare nei soggetti sani e si verificano per lo

più in stati di immunodeficit. Possono verificarsi superinfezione batterica delle lesioni cutanee,

trombocitopenia, artrite, epatite, atassia cerebellare, encefalite, polmonite e glomerulonefrite.

Tra gli adulti la complicanza più comune è la polmonite. L‟infezione produce immunità permanente

in quasi tutte le persone immunocompetenti: raramente una persona può sviluppare due volte questa

malattia. Tuttavia, il virus non viene eliminato dall‟organismo, ma rimane latente (in genere per

tutta la vita) nei gangli delle radici nervose spinali. Nel 10-20% dei casi il virus si risveglia a

distanza di anni o di decenni, solitamente dopo i 50 anni, dando luogo all‟herpes zoster, noto

comunemente come “fuoco di Sant’Antonio”. Lesioni a grappolo di tipo vescicolare si presentano al

torace, a volte accompagnate da dolore localizzato. Il dolore che persiste oltre un mese viene

chiamato neuralgia posterpetica. Se la varicella viene contratta da una donna all‟inizio di una

gravidanza (nei primi due trimestri di gestazione) può trasmettersi al prodotto del concepimento,

causando una embrio-fetopatia (Sindrome della varicella congenita: lesioni cutanee cicatriziali,

microftalmia, cataratta, corioretinite, atrofia ottica, danno cerebrale/encefalite, danni ai nervi

sensitivi, microcefalia, idrocefalia, calcificazioni, deficit motorio/sensoriale, anisocoria). I bambini

che sono stati esposti al virus della varicella in utero dopo la ventesima settimana di gestazione

possono sviluppare una varicella asintomatica e successivamente herpes zoster nei primi anni di

vita. Se invece la madre ha avuto la malattia da cinque giorni prima a due giorni dopo il parto, può

verificarsi una forma grave di varicella del neonato, la cui mortalità può arrivare fino al 30%.

Terapia e prevenzione. Generalmente, la terapia è solo sintomatica. Per il prurito possono essere

utilizzati antistaminici, mentre per la febbre il paracetamolo. I bambini con varicella non devono

essere trattati con salicilati (aspirina), perché questo aumenta il rischio di sindrome di Reye. Nei

casi più a rischio di complicanze (adolescenti, persone con malattie respiratorie croniche o in

trattamento con steroidi) e nei casi secondari familiari si può ricorrere a farmaci antivirali come

l‟acyclovir. La terapia antivirale non è raccomandata nei bambini immunocompetenti o altrimenti

sani, visto che, somministrata per via orale entro 24 ore dall‟inizio dell‟esantema, determina

solamente una modesta riduzione dei sintomi. Nei pazienti immunodepressi è raccomandata la

terapia antivirale per via venosa. In generale, si consiglia di isolare i pazienti per evitare la

diffusione del contagio. È raccomandato che i bambini colpiti dalla malattia restino a casa da scuola

per almeno cinque giorni dalla comparsa delle prime vescicole. Dal 1995 è disponibile un vaccino,

costituito da virus vivo attenuato. Le persone a elevato rischio di varicella grave (alcuni neonati,

soggetti immunocompromessi) devono ricevere le immunoglobuline per via intramuscolare

(immunoprofilassi passiva) se esposte a persone con la varicella. Queste vanno somministrate

quanto prima e fino a 96 ore dopo l‟esposizione. La vaccinazione dei bambini suscettibili entro 72

ore e non oltre le 120 ore dall‟esposizione può prevenire e modificare significativamente la

malattia. L‟acyclovir per via orale non è raccomandato come profilassi.

Eritema Infettivo o Quinta Malattia

L‟eritema infettivo o quinta malattia è dovuta al Parvovirus B19, e rappresenta una infezione molto

comune presente in tutto il mondo; le epidemie delle comunità mostrano picchi stagionali in

primavera. Il Parvovirus B19 è un piccolo virus a DNA che si moltiplica nelle cellule in mitosi e

che a causa del loro genoma limitato, per riprodursi, necessitano della presenza di fattori cellulari

dell‟ospite nella fase S tardiva di replicazione. Il bersaglio principale dell‟infezione è la linea di

cellule eritroidi, soprattutto le progenitrici eritroidi vicino allo stadio di pro eritroblasto; il tropismo

delle cellule eritroidi è correlato all‟antigene del gruppo sanguigno eritrocitario P, che agirebbe da

recettore per il parvovirus B19. Il virus, una volta penetrato all‟interno del pro eritroblasto, lo lisa,

portando ad una progressiva deplezione e ad un arresto transitorio della eritropoiesi; in tal caso

l‟immunità umorale è fondamentale per controllare l‟infezione. La trasmissione si verifica

attraverso il contatto con le secrezioni respiratorie di soggetti con infezioni, e la popolazione

recettiva è rappresentata da soggetti immunocompetenti tra i 5 e 15 anni in cui la malattia si

manifesta in modo relativamente benigno, da soggetti immunodepressi in cui l‟infezione può essere

responsabile di Anemia aplastica, da donne in gravidanza il cui prodotto del concepimento può

manifestare idrope fetale. Dal momento dell‟ infezione, nei soggetti immunocompetenti ad una

prima fase viremica, segue una riduzione della conta reticolocitaria. Clinicamente la fase

prodromica è caratterizzata da lieve sintomatologia e comprende febbre di grado lieve, cefalea e

sintomi respiratori, la malattia invece si manifesta fondamentalmente attraverso 3 stadi:

1° STADIO eritema al volto descritto come „faccia schiaffeggiata”.

2° STADIO l‟eritema si diffonde rapidamente o contemporaneamente al tronco e parti prossimali

degli arti; mani e piedi solitamente non sono interessate

3° STADIO rapido schiarimento centrale delle lesioni maculari, con risultante aspetto reticolato

simile ad un “merletto”.

La risoluzione completa delle manifestazioni avviene nel giro di 1-3 settimane, senza

desquamazione. Talora artrite e artralgie si manifestano come complicanza della V° malattia e si

risolvono dopo 2-4 settimane (il Parvovirus B19 è considerato la causa + comune di artrite virale);

le femmine adulte o adolescenti sono maggiormente colpite.

Sesta Malattia

(Esantema Subitum; Esantema Infantum; Esantema Critico; Roseola Infantum)

È un esantema virale dovuto all‟ Herpes Virus 6 (HHV6) che ha maggiore incidenza in primavera,

viene trasmesso con la saliva e determina una infezione permanente. L‟infezione primaria si verifica

precocemente nel corso della vita e il neonato è di regola protetto dagli Anticorpi materni (più del

90% dei neonati è sieropositiva per Ab anti HHV6, e ciò riflette il passaggio transplacentare).

Il picco di acquisizione dell‟infezione primaria da HHV6, tra i 6-15 mesi di vita, corrisponde al

picco di acquisizione della VI° malattia; ciò corrisponde alla scomparsa degli anticorpi materni e

generalmente viene infettato dagli stessi genitori (la madre in primis lo protegge e successivamente

lo infetta!). Da un punto di vista patogenetico il virus entra nell‟ospite attraverso la mucosa

congiuntivale, nasale e orale, con successiva viremia soprattutto nelle cellule mononucleate del

sangue periferico. Dopo l‟infezione acuta, il virus si stabilisce in forma latente all‟interno dei

monociti di ghiandole salivari, rene, polmone e SNC. Clinicamente la Roseola è una malattia

esantematica che si presenta con febbre di grado elevato tipica dei primi anni di vita.

Il periodo prodromico è generalmente asintomatico o caratterizzato da lievi sintomi delle alte vie

respiratorie. La malattia sintomatica è generalmente preannunciata dalla comparsa di febbre elevata

(fino a 39-40°C) che persiste per 3/5 giorni e poi si risolve tipicamente in modo “brusco” (per crisi).

Entro le prime 24/48 h di febbre il numero di leucociti è elevato spesso con aumento dei neutrofili;

dal 2°-3° giorno di febbre si assiste ad una riduzione dei globuli bianchi determinando a volte

neutropenia. Il rush compare entro 12/24 h dalla risoluzione della febbre e si verifica in non più del

20% dei casi; si presenta rosa chiaro, non confluente, a piccoli elementi (no vescicole, no pustole)

che inizia a livello del tronco e si diffonde a collo e parte prossimale delle estremità. La sesta

malattia è la causa più comune di convulsioni febbrili in questa fascia di età (5-10% dei casi) e

rappresenta la causa più nota di febbre senza focolaio nel 1° anno di vita; è una malattia

autolimitantesi che non richiede trattamento. Gli antipiretici possono essere utili per controllare la

febbre e ridurre il rischio di convulsione febbrile.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 1039.5-39.0-38.5-38.0-37.5-37.0-36.5-

Rush

Irritabilita’

Mononucleosi Infettiva

Sturiale M, Deak A, Vicchio P, Loddo I, Colavita L Caruso R, Russo B, Randazzo A, Munafò C,

Gallizzi R

La mononucleosi infettiva (MI) è certamente una delle più interessanti, oltre che delle più diffuse,

malattie virali dell‟età evolutiva. Si distingue dalle altre malattie infettive dell‟infanzia per la scarsa

contagiosità, e dunque per il suo verificarsi, tendenzialmente, in età relativamente avanzata,

scolastica o adolescenziale, ma prima o poi colpisce quasi il 100% dei nati. È una malattia in cui

l‟interazione virus-sistema immune è particolarmente complessa e protratta; e anche per questo

motivo la sua espressione clinica è tanto meno tipica quanto meno matura è la risposta immune,

cioè quanto più è piccolo il bambino. Una difettosa risposta immune dà per contro luogo ad

evoluzione maligna (linfoma, carcinoma nasofaringeo, immundeficienza).

Il virus di Epstein-Barr (EBV) è stato scoperto nel 1964 in una coltura di cellule di un tumore

relativamente frequente in Africa, il linfoma di Burkitt e, solo successivamente,nel 1968 è stato

dimostrato che l‟EBV causa la mononucleosi infettiva in base alla sierologia di quest‟ultima; infatti

l‟EBV è responsabile del 90% delle forme cliniche di mononucleosi infettiva. Il rimanente 10% è

dovuto al CMV, al Toxoplasma gondii, all‟adenovirus, ai virus delle epatiti, all‟HIV e al virus della

rosolia.

L‟EBV (Fig.1) appartiene alla famiglia degli Herpersviridae, assieme al virus dell‟Herpes simplex

(HSV), al virus della varicella-zoster (VZV), al virus citomegalico (CMV) e al virus della VI

malattia (HV-6). Come tutti questi virus, è un DNA-virus, caratterizzato dalla forma icosaedrica del

nucleocapside, dal complesso mantello (envelope), e dalla persistenza nell‟organismo colonizzato,

con possibilità di occasionali gettate moltiplicative sintomatiche o non.

Esistono 2 sierotipi, rispettivamente 1 e 2. Il tipo 1 è il più diffuso nella popolazione sana; il tipo 2

si trova volentieri in soggetti immunodepressi, e non di rado è espressione di una seconda infezione.

Fig.1 Struttura di EBV

Epidemiologia dell’infezione da EBV

L‟EBV si ritrova solo nell‟uomo; in tutto il mondo, il 90-95% degli adulti è positivo.

Nei Paesi industrializzati è molto comune l‟infezione nei primi anni di vita ma circa un terzo dei

soggetti contrae l‟infezione da EBV nell‟ adolescenza e nell‟età giovane-adulta, più frequentemente

con manifestazione clinica. Nei Paesi in via di sviluppo: è più comune l‟infezione precoce (90%

entro i primi 5 anni) e più spesso asintomatica.

La trasmissione avviene generalmente con la saliva (malattia del bacio), che presenta in genere una

carica virale non elevata per tempi lunghi (più di un anno dopo l‟infezione e, occasionalmente, tutto

il resto della vita). Per questo motivo non esiste un periodo contumaciale, ma non esiste nemmeno

un periodo di sicura non infettività. L‟immunità permanente limita la possibilità di infezione a un

singolo episodio infettivo o al massimo a due episodi, da sierotipi diversi (evento raro, per la

protezione da immunità crociata). È possibile inoltre, il contagio indiretto attraverso oggetti (piatti,

posate, ecc) nonché attraverso il sangue. Di rado l‟EBV è trasmesso per via sessuale.

Patogenesi

I tessuti-bersaglio sono le cellule epiteliali del faringe (che costituiscono di regola anche la sede

dell‟inoculo) e successivamente il tessuto linfatico, prevalentemente quello tonsillare (dove si

svolge l‟interazione tra virus e sistema immunitario). È nei linfociti B che il virus cresce e

sopravvive nel corso della vita. L‟interazione tra virus e sistema immune è ben conosciuta e

costituisce un modello patogenetico unico (Fig.2).

Il virus, si è detto, cresce nei linfociti B: nel nucleo dei linfociti colonizzati si evidenzia fin dai

primi giorni un antigene EB, chiamato appunto antigene nucleare (EBNA). Questi linfociti vengono

immortalizzati e stimolati a produrre anticorpi policlonali eterofili (cioè con affinità verso antigeni

di altri animali, tipicamente equini, bovini, ovini, roditori) e verso autoantigeni. Mentre questi

ultimi sono responsabili delle numerose e transitorie complicanze autoimmuni della malattia

(piastrinopenia, anemia emolitica ecc.), gli anticorpi eterofili sono responsabili della positività delle

reazioni diagnostiche (quella originale di Paul-Bunnel-Davidson,di agglutinazione delle emazie di

montone dopo adsorbimento su rene di cavia, e quelle più recenti e più facilmente ed

economicamente riproducibili, sviluppate da questa, commercialmente Mono-test, Mono-spot ecc.).

Contro l‟immortalizzazione dei B linfociti EBNA positivi si scatena una risposta T-linfocitaria che

la blocca (T-memoria), senza poterla eliminare del tutto (come si è detto, il virus sopravvive tutta la

vita, propriamente all‟interno dei linfociti B immortalizzati dagli EBNA). In una parte della

popolazione linfocitaria compaiono altri antigeni virali: un antigene precoce, Early Antigen, di cui

una forma diffusa (D) si trova sia nel nucleo che nel citoplasma, mentre la forma ristretta (R) è solo

Fig.2

citoplasmatica; e un antigene del capside virale VCA, citoplasmatico. La comparsa degli antigeni

citoplasmatici accende una reazione immuno-sierologica che porta alla morte dei linfociti

colonizzati. Una risposta umorale complessa viene elaborata sia contro lo EBNA che contro VCA,

EA-R e EA-D (Tab I). Gli anticorpi anti-EBNA, anti-VCA e anti-EA costituiscono i marker

dell‟infezione, in atto (IgM) o pregressa (IgG). In particolare sono gli anti-EBNA che sanciscono

l‟avvenuta guarigine, mentre gli anti-EA e gli anti-VCA da soli possono coesistere con uno stato di

infezione incompletamente dominata. I test diagnostici correnti si basano sul dosaggio delle IgM e

IgG anti-VCA (Tab I e II).

La comparsa di anticorpi anti-EA non è obbligatoria, e il loro alto titolo ha un certo grado di

associazione con le forme più severe e col carcinoma naso-faringeo (EA-D) o col Burkitt (EA-R).

La lunga persistenza di IgM e/o la mancata formazione di anti-EBNA si associano a forme di

immunodeficienza primitiva o secondaria. Il mancato blocco della immortalizzazione porta alla

sindrome di Duncan o X-linked proliferative disease (XLP), con anemia aplastica,

ipogammaglobulinemia, linfoma.

Manifestazioni cliniche

La malattia è più spesso asintomatica o caratterizzata da sintomi aspecifici e la maggior parte dei

soggetti sieropositivi non ricorda di avere superato la malattia. Tanto più piccolo è il bambino tanto

meno chiari sono i sintomi, tant‟è che nei lattanti e nei bambini dei primi anni l‟infezione passa

completamente inosservata. Anche la presenza di anticorpi eterofili non è la regola.

Questi si ritrovano in genere a partire dal quarto giorno dall‟esordio clinico, ma possono fare

difetto. La loro presenza è però altrettanto specifica (anche se meno sensibile) rispetto alla presenza

degli anticorpi anti-EBNA, VCA, EA.

Il periodo d‟incubazione viene stimato nell‟adolescente fra i 30 e i 50 giorni, mentre nei bambini

risulta più breve (<15 gg). Nei casi classici il quadro emato-clinico è inconfondibile: angina

pseudomembranosa: le tonsille sono ingrandite e arrossate e in più del 50% dei casi sono coperte di

essudato bianco- grigiastro, con ipertrofia dell‟anello di Waldeyer e disturbo alla respirazione, alla

fonazione e alla deglutizione; sul palato molle si riscontrano piccole petecchie. La comparsa di

tumefazioni linfonodali è la regola (90% dei casi) spesso con splenomegalia non dolente (60% dei

casi), associata a linfocitosi relativa e assoluta, eccesso di monociti, spesso con moderata

piastrinopenia e/o neutropenia. A breve distanza (1-2 giorni) dall‟inizio della malattia i linfonodi

laterocervicali si fanno tumefatti e dolenti, raggiungono un diametro di 2-4 cm. Molto spesso sono

interessate anche le catene linfonodali occipitali e cervicali posteriori. Nel più di 60% dei casi è

evidente una splenomegalia di modesta entità, indolente, molle. In rari casi si può avere la rottura

della milza. Nel 10% dei pazienti si associa epatomegalia che documenta l‟interessamento del

fegato associata ad un‟aumento delle transaminasi epatiche. Un elemento molto utile per il sospetto

precoce è l‟edema palpebrale, soprattutto quella superiore. Un esantema è presente nel 15% dei

pazienti, maculo-papulare, rubeoliforme: l‟esantema diventa la regola se il paziente viene trattato

con ampicillina o amoxicillina, si tratta di un‟eruzione maculo-papulare, pruriginosa molto estesa.

Il quadro è accompagnato da febbre, che supera sempre i 39°C e a volte i 40°C.

La malattia tende alla guarigione spontanea. La febbre e l‟interessamento del cavo orale persistono

in genere per 7-10 giorni; la linfadenopatia di rado può superare 2-3 settimane. Nei bambini la

malattia è a decorso più breve, con febbre di solito modesta.

Non sono rari i casi atipici come per esempio quelli associati alla sindrome di Gianotti-Crosti

(GCS). Tale sindrome è stata descritta per la prima volta da Gianotti nel 1955, ed è caratterizzata

da un‟eruzione cutanea di tipo papulare, simmetrica, a decorso autolimitantesi, spesso in

associazione ad un‟infezione virale sottostante.

Complicanze della mononucleosi infettiva (Tab.3)

Quasi tutte le complicanze possibili per una malattia virale sono descritte per la MI: da quelle

dovute a localizzazione d‟organo (epatite, comune; meningoencefalite, rara) a quelle da

autoimmunità (neutropenia, anemia emolitica, piastrinopenia, sindrome di Guillain-Barré,

mielopatia trasversa). L‟epatite non va trattata.

Ematologiche Anemia emolitica autoimmune

Trombocitopenia

Granulocitopenia

Rottura della milza

Neurologiche Encefalite

Meningo-encefalite

Paralisi dei nervi cranici (VI soprattutto)

Sdr.di Gullain-Barré

Convulsioni

Mielite trasversa

Epatiche Epatite

Sdr.di Reye

Cardiache Pericardite

Miocardite

Polmonari Polmonite interstiziale

Tab.3 Complicanze della mononucleosi infettiva

Il virus viene immortalizzato nei linfociti B colonizzati, la cui proliferazione è stabilmente

controllata da linfociti-T memoria. Questo equilibrio non sempre è raggiunto, e la sindrome XLP ne

è la più vistosa evidenza. In alcuni casi la risposta immunologica è incompleta, specie per quel che

riguarda gli anticorpi anti-EBNA, la cui comparsa indica una conclusione positiva del conflitto tra

virus e sistema immune. Nella maggior parte di questi casi l‟evoluzione è clinicamente

asintomatica; in altri, segni di malattia (febbre, adenopatia, polmonite interstiziale) possono

persistere a lungo. In queste forme è indicato un trattamento con gancyclovir (più efficace) o con

acyclovir (più tollerato).

Molto raramente si può sviluppare un‟infezione cronica attiva da EBV, che è molto rara ed è

definita dalla presenza di tre caratteristiche:

Malattia grave di durata > 6 mesi

Evidenza istologica di malattia d‟organo come polmonite,epatite, ipoplasia midollare

Dimostrazione di Antigeni di EBV o EBV-DNA nei tessuti (spesso con titoli anticorpali

specifici estremamente elevati);

Diagnosi dell’infezione da EBV

Si basa su:

quadro clinico

caratteristico aspetto dei globuli bianchi all‟esame diretto

prove sierologiche specifiche e aspecifiche

in casi dubbi può essere utile la ricerca di EBV-DNA su sangue

Diagnosi differenziale

L‟infezione da EBV non va confusa con la sindrome mononucleosica, che è una condizione poli-

eziologica, per lo più da virus (rosolia, citomegalovirus, virus epatitico) ma anche da toxoplasma e

da ipersensibilità a farmaci, con tonsillite e/o adenopatia laterocervicale, raramente splenomegalia,

sieronegativa sia per anticorpi eterofili sia per anticorpi anti-EBV. In genere la linfocitosi è meno

marcata, e le cellule atipiche sono meno numerose rispetto alla MI da EBV. La maggior parte delle

MI oligosintomatiche e/o eterofilo-negative sono da CMV.

La leucemia difficilmente o mai può essere mimata da una MI. Anche il quadro ematologico

(variopinto in un caso, monomorfo nell‟altro) difficilmente dà luogo a confusione.

La MI è una causa possibile, ancorché infrequente di febbricola oligosintomatica.

La sindrome di stanchezza cronica post-infettiva è in qualche caso indotta da EBV. In questi casi, il

quadro sierologico può essere caratterizzato da una scarsa risposta degli anticorpi anti-EBNA, con

buona risposta degli anticorpi anti-EA; ma la maggior parte degli studiosi considera questa forma

piuttosto come una complicanza neuropsichica di una malattia mal diagnosticata che come

l‟espressione di una vera malattia cronica. Il trattamento con acyclovir non è risultato efficace.

Prognosi. Eccelente. La gran parte dei sintomi scompare dopo 2-4 settimane.

Trattamento. la mononucleosi infettiva non complicata non richiede terapia. I cortisonici sistemici

(prednisone 1 mg/kg/die, per 7 giorni) sono indicati solo in caso di complicazioni (splenomegalia

grave, anemia emolitica, convulsioni e meningite, miocardite, pericardite) o se l‟ingrossamento

tonsillare diviene ostruttivo. Gli antivirali (aciclovir) hanno dimostrato in alcuni studi di diminuire

la replicazione virale e l‟escrezione orofaringea durante il trattamento, ma la loro efficacia clinica

non è stata provata, tranne forse nei pazienti con infezione da HIV. L‟attività sportiva competitiva

deve essere evitata durante le prime 2-3 settimane di malattia o finché è presente splenomegalia,

perché traumi addominali possono portare a rottura splenica.

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Meningiti

Vicchio P, Loddo I, Barone C, Chirico V, Salpietro V, Mallamaci, Piraino B, Gallizzi R, Arrigo T

La meningite è un‟infiammazione della pia madre e dell‟aracnoide.

Il ritardo diagnostico-terapeutico aumenta la percentuale di mortalità, il rischio di complicanze nella

fase acuta e gli esiti a distanza. Secondo i CDC (Center of Disease Control) americani l‟incidenza

della meningite nel mondo è di 0,5-5 casi per 100.000 persone. In Europa e negli Stati Uniti,

secondo i dati dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità, la maggior parte dei casi è data da

meningococco sierogruppo B e C. In Africa le epidemie sono associate soprattutto ai ceppi di

meningococco A e C, mentre il ceppo A è il principale responsabile delle epidemie in Asia.

La mortalità della malattia è del 14%, soprattutto nella forma fulminante e tra i pazienti che

guariscono un altro 10-15% subisce danni permanenti. Ogni anno in Italia si verificano circa 900

casi di meningite batterica. Di questi, circa un terzo sono causati dal meningococco, ed un altro

terzo da pneumococco, mentre gli altri casi sono causati da altri batteri (listeria, stafilococchi,

streptococchi, micobatteri, e.coli) o restano senza causa identificata. In Italia l‟incidenza della

meningite da meningococco è minore rispetto al resto d‟Europa: ogni anno vengono segnalati circa

200-300 casi, pari a 3-5 casi per milione di abitanti, rispetto a una media europea di 12 per milione

(fonte Eu Ibis). La letalità è del 14% circa, simile a quanto osservato in altri Paesi occidentali. La

meningite da pneumococco è più frequente tra adulti ed anziani: nel 2006, il 79% dei casi ha

interessato persone di età superiore ai 24 anni. Anche la meningite da pneumococco ha un‟elevata

letalità pari a circa il 10% (Cnesps - Istituto superiore di sanità - 2001-2009).

Eziologia

L‟eziologia è variabile e varia a seconda dell‟età del bambino (Tab.1).

Tab.1 Agente infettivo più probabile in base all’età.

Le vie di penetrazione dei germi nel sistema liquorale sono molteplici e possono essere di tipo

diretto (per contiguità dai seni paranasali, dall‟orecchio medio attraverso la mastoide, dall‟orecchio

interno); ematica; linfatica; iatrogena (interventi chirurgici, manovre invasive); a tergo (encefaliti).

Presentazione clinica

La febbre è il singolo sintomo clinico più presente nei soggetti con meningite acuta batterica, molto

sensibile (83%) nei bambini con età superiore all‟anno di vita, ma poco specifico (44%), essendo

presente in tantissime altre condizioni infettive e non. Nei bambini sotto l‟anno di vita la febbre

diventa un segno poco frequente con una sensibilità che scende al 67%. Altri importanti segni e

sintomi della meningite batterica acuta sono le crisi convulsive, l‟irritabilità, il vomito, l‟ipotermia

(nei lattanti), le alterazioni dello stato di coscienza, i segni meningei, i segni neurologici focali e i

sintomi neurovegetativi.

Segni meningei: cefalea, rigidità nucale (difficoltà nel flettere il collo), segno di Brudzinski (la

flessione del collo produce la flessione delle ginocchia e delle anche), segno di Kerning (dolore

durante l‟estensione delle gambe), fontanella tesa e pulsante (bombè), decubito laterale a cane di

fucile.

Segni neurologici focali: edema della papilla, crisi parziali complesse, risposta estensoria plantare,

anomalie della deambulazione, iperreflessia osteo-tendinea.

Sintomi neurovegetativi: dermografismo rosso ritardato e persistente, bradicardia, turbe del respiro

Più piccolo è il bambino meno specifici possono essere i segni e/o i sintomi.

Tab.2 Sensibilità e specificità dei segni e/o sintomi indicativi di meningite

Diagnosi

Gli esami da effettuare in prima battuta, nel sospetto di meningite batterica, oltre agli esami

ematochimici di I livello (emocromo, indici di flogosi, funzionalità di organi ed apparati),

consistono essenzialmente nell‟esecuzione della Puntura Lombare (PL), emocoltura, TC e/o RM

encefalo, ecografia transfontanellare (se fontanella anteriore pervia), fundus oculi.

PUNTURA LOMBARE

La raccolta e l‟analisi del liquor rappresentano le tappe fondamentali nella diagnosi di meningite,

consentendo sia l‟accertamento diagnostico che la definizione dell‟etiologia e quindi la possibilità

di effettuare una terapia mirata. Essa andrebbe effettuata:

n tutti i soggetti con sospetta meningite

-25% dei casi si associa una meningite)

generali

Controindicazioni (Linee guida - European Journal of Neurology 20086):

Assolute: la puntura lombare non andrebbe effettuata se vi sono:

1. Ipertensione endocranica

2. Infezione cutanea locale nella sede della procedura

3. Idrocefalo ostruttivo, edema cerebrale o erniazione delle tonsille

Relative: la puntura lombare può essere effettuata se sono state corrette le seguenti condizioni:

1. Sepsi o ipotensione

2. Alterazioni della coagulazione (CID, conta piastrinica <50.000/mm3,

terapia con warfarina)

3. Deficit neurologici focali *

4. Glasgow Coma Scale (< 8) *

5. Crisi epilettiche*

*In tutti questi casi, la TC o RMN cerebrale dovrebbe essere effettuata preliminarmente.

La PL va ripetuta dopo 36-48ore se si osserva una risposta lenta al trattamento.

Meningite

acuta

batterica

Meningite virale/

meningoencefalite

Meningite

cronica

(TBC)

Normale

Tab.3 Caratteristiche del liquor cefalo-rachidiano (CSF) normale e patologico

Terapia

Il management iniziale del paziente con meningite consiste nello stabilizzare eventuali alterazioni

dei parametri vitali (pervietà delle vie aeree, circolazione, livello di coscienza). Se sono presenti

episodi convulsivi questi andranno immediatamente trattati, così come anomalie elettrolitiche e/o

della glicemia. La somministrazione di ossigeno, la prevenzione dell'ipoglicemia e dell'iponatremia,

il trattamento anticonvulsivante e le misure atte a ridurre l'ipertensione endocranica e a prevenire la

fluttuazione nel flusso cerebrale sono fondamentali per il trattamento dei pazienti con meningite

batterica.

È chiaro che il trattamento antibiotico andrebbe avviato appena fatta la diagnosi eziologica di

meningite acuta batterica, dopo l‟identificazione dell‟agente causale (coltura del liquor). Esistono

comunque situazioni (problemi clinici o logistici) in cui la terapia antibiotica deve essere avviata in

maniera empirica. Da considerare il dato che non esistono, ad oggi, trials randomizzati sull‟outcome

dei pazienti in base al tempo di inizio della terapia antibiotica. In tal caso è opportuno fare alcune

considerazioni terapeutiche:

1. Terapia empirica in base all‟età

2. Capacità di penetrazione dell‟antibiotico a livello del SNC

3. Fattori concomitanti (es. allergie)

Una Cochrane del 2007 ha messo a paragone le cefalosporine di 3° generazione con altri antibiotici

convenzionali (ampicillina + cloramfenicolo, penicillina + cloramfenicolo), prendendo in

considerazione 19 studi di cui 15 pediatrici. In questa Cochrane si valutavano come outcomes

primari il decesso, la presenza di sequele cliniche e la sordità. I risultati hanno mostrato come non

vi siano differenze significative nell‟impiego dell‟uno o dell‟altro schema terapeutico. La durata

della terapia, a seconda dell‟agente eziologico, varia dai 7 a > 21 giorni.

Le meningiti virali non richiedono terapia specifica tranne nell‟eventualità di un coinvolgimento del

parenchima cerebrale (encefalite). In tal caso sarà opportuno l‟impiego di farmaci antivirali e.v.

quali l‟acyclovir (meningoencefalite da VZV o HSV), ganciclovir o foscarnet (CMV) e

antiretrovirali (HIV). Se è assente il coinvolgimento encefalico saranno impiegate terapie di

supporto (controllo della febbre, analgesia).

La meningite tubercolare nei Paesi in cui non vi sono particolari resistenze antibiotiche risponde al

seguente schema terapeutico:

• isoniazide (10 mg /kg) per 6–9 mesi;

• rifampicina (15–20 mg /kg) per 6-9 mesi;

• pirazinamide (35 mg /kg) per i primi 2 mesi.

Terapia cortisonica

Numerosi studi hanno dimostrato che il desametasone riduce la mortalità e le complicanze (sordità,

sequele neurologiche) della meningite acuta batterica da Haemophilus influenze, mentre nei casi

sostenuti da altri germi l‟effetto positivo del cortisone è controverso. Pur tuttavia l‟impiego del

cortisone è ampiamente accettata nel trattamento delle meningiti nei paesi industrializzati. Tale

trattamento sembra essere, invece, controindicato nelle meningiti tubercolari e nelle meningiti in

soggetti HIV-positivi. La somministrazione del cortisone è consigliata subito prima o

contemporaneamente alla prima dose di antibiotico, secondo il seguente schema: Desametasone

(0,15 mg/Kg ogni 6 ore per 4 giorni) subito prima o contemporaneamente alla prima dose ev di

antibiotico. La posologia e la durata del trattamento con cortisonico in alcuni casi dovrebbe essere

guidata da specifiche indicazioni cliniche (insufficienza adrenergica da meningococciemia o

aumento della pressione endocranica). Esso determinando una riduzione dell‟infiammazione degli

spazi subaracnoidei e della permeabilità della barriera emato-encefalica, potrebbe diminuire la

capacità di penetrazione nel liquor degli antibiotici ed, in particolare, i pazienti che ricevono

trattamento con vancomicina per una meningite da pneumococco penicillino-resistente richiedono

un attento monitoraggio clinico e del liquor.

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